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(modulo 50)
Ornella Nembi
Universit di Firenze
Guida al modulo
UD 2 - La riforma goldoniana
Obiettivo di questa unit didattica la conoscenza delle ragioni, dei temi e dei caratteri di quella che
viene definita "riforma goldoniana".
Sottoobiettivo: conoscere i caratteri essenziali della Commedia dell'Arte.
Sottoobiettivo: conoscere le ragioni e le modalit di intervento di Goldoni sul teatro delle
maschere (Commedia dell'Arte).
Sottoobiettivo: conoscere l'efficacia dell'intervento di Goldoni riguardo al lavoro degli
attori (recitazione) e rispetto alla graduale modifica del gusto del pubblico.
Sottoobiettivo: conoscere le peculiarit della riforma riguardo all'uso della lingua e del
dialetto veneziano.
Attivit richieste
Lettura e studio dei materiali che compongono il modulo. Svolgimento degli esercizi.
UD 2 - La riforma goldoniana
2.1 - Educare attori e pubblico
2.2 - La difficile via verso il nuovo
2.3 - La querelle tra testo e scena
2.4 - La "riforma" degli attori
2.5 - Una lingua per il teatro
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mantello nero di Pantalone - alle maschere, al trucco e alla lingua che parlano (il dialetto degli
zanni, cio dei servi, l'italiano degli innamorati).
un tardo sopravvivere del costume seicentesco che gli impresari patrizi lasciano continuare
proprio fino a quando l'opera di Goldoni riuscir nell'intento di educare il pubblico borghese ad un
nuovo gusto. La Commedia dell'Arte e il melodramma, a Venezia, cos come nel resto della
penisola, assecondano il gusto e le abitudini di un pubblico conservatore e poco propenso alle
novit. Sui palcoscenici veneziani i comici dell'arte oltre a rappresentare un limitato numero di
personaggi, ripetono i medesimi "lazzi", cio le medesime battute, spesso inclini a una comicit
volgare e "facile" e le medesime situazioni appartenenti a un repertorio ormai noto. In questa tarda
elaborazione settecentesca, la commedia dell'arte ha ormai smarrito il fascino dell'invenzione,
attribuita fin dalla sua origine ai suoi straordinari attori-artigiani, maestri dell'improvvisazione, cio
del recitare senza basarsi sulla memorizzazione del testo scritto da un autore e abili inventori di
trame. Gli attori comici settecenteschi riducevano al minimo le varianti e assecondavano le
aspettative del pubblico. In questo modo il rischio dell'insuccesso era ridotto, ma il prezzo pagato
era l'esclusione di ogni rinnovamento.
gravitanti intorno alla corte di Cosimo III de' Medici. A partire dal debutto de Gl'inganni lodevoli,
rappresentato nel carnevale del 1706 dall'Accademia degli Acerbi, scrisse per teatri pubblici e per
teatri privati, spesso per collegi e per monasteri. Le sue commedie sono dominate da un
compromesso fra il realismo e le convenzioni della Commedia dell'Arte. Girolamo Gigli (16601722) fu particolarmente influenzato dal teatro francese, di cui divenne scaltro traduttore e originale
adattatore.
1.5 - I Mmoires come ricostruzione degli eventi biografici e della formazione culturale di
Goldoni
Un'indispensabile fonte per ricostruire i principali eventi della vita di Carlo Goldoni e le varie tappe
della sua esperienza artistica costituita dai Mmoires, scritti a Parigi nel 1783-1784 e sempre a
Parigi completati e pubblicati nel 1787 presso l'editore Duchesne. Sono l'ultima, ma non meno
importante opera di Goldoni. Come indica il titolo esatto (Mmoires de M. Goldoni, pour servir
l'histoire de sa vie, et celle de son thtre) si tratta pi che di un'autobiografia interiore, di una
rievocazione delle vicende esterne dell'uomo pubblico e della sua professione. In quest'opera
Goldoni volle giustificare la propria vocazione teatrale, presentando l'itinerario creativo come una
progressiva rivelazione a se stesso e agli altri del suo genio innato. In tal modo egli non spiega la
reale evoluzione della sua drammaturgia, ma fornisce comunque informazioni utili che, unite alla
lettura dei testi, consentono di interpretare le sue intenzioni e i suoi programmi. La memoria
inganna talvolta l'anziano scrittore che tuttavia si serv, per comporre la sua autobiografia, di
materiali preesistenti come la premessa all'edizione delle sue opere edite da Bettinelli e le prefazioni
ai diciassette tomi dell'edizione Pasquali, che arrivavano a coprire un arco di vita fino al 1743. Nel
corso dei Mmoires Goldoni rappresenta il mondo secondo un'ottica educata al teatro. Di ogni fatto
colto ci che dialogabile, mimico e comico. Molti episodi sono narrati secondo un gusto
realistico che d'improvviso lascia lo spazio a illuminazioni grottesche e sorprendenti.
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Carlo Goldoni
In una lettera scritta all'editore Bettinelli, come prefazione alla commedia Due gemelli veneziani,
l'autore ricostruisce la storia della sua formazione. Aveva letto autori contemporanei come il
Cicognini, il Fagiuoli, il Lemene, il Gigli, il Maggi cos come, tra gli antichi, Plauto, Terenzio,
Aristofane e Menandro. Di grande rilievo la lettura della commedia La Mandragola di Machiavelli.
L'opera considerata da Goldoni la migliore commedia italiana di ogni tempo. Verso i sedici anni
Goldoni aveva letto testi di Molire e pi tardi testi di altri scrittori francesi come Corneille,
Voltaire e i minori Destouches, Dufresny, Madame de Graffigny. La passione per il teatro
caratterizza fin dall'infanzia l'inquieta esistenza di Carlo Goldoni. La morte improvvisa del padre
nel 1731 lo costrinse ad assumersi le responsabilit familiari. Tornato a Venezia si laure in legge a
Padova e intraprese la carriera di avvocato, ma un avventato impegno matrimoniale lo costrinse di
nuovo alla fuga dalla citt lagunare. A Milano tent di far accettare un suo melodramma
Amalasunta, ma di fronte all'insuccesso prefer gettarlo alle fiamme. Nel 1734 incontr a Verona il
capocomico Giuseppe Imer e con lui torn a Venezia con l'incarico di scrivere testi per il teatro San
Samuele di propriet del nobile Michele Grimani.
basa su due principi complementari tra di loro: il primo principio dato dall'attenzione al mondo,
alla vita, all'esperienza individuale (anche autobiografica) che egli riproduce nella trama e nei
personaggi delle sue commedie. Il secondo ricavato dal mestiere di commediografo e
dall'abitudine a dover interagire continuamente con i propri attori alla ricerca del consenso del
pubblico.
Nella prima fase della sua carriera teatrale, quella che lo lega appunto al capocomico Imer, Goldoni
compose soprattutto tragicommedie in versi (tra cui il Belisario, suo primo successo e il Don
Giovanni Tenorio o sia il dissoluto) intermezzi e melodrammi. Nel 1736, durante una tourne a
Genova, conobbe Nicoletta Conio che spos e che divenne la compagna della sua intera esistenza.
Tra il 1737 e il 1742 diresse il teatro lirico Grimani di San Giovanni Grisostomo. Nel 1738 mise in
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scena al teatro San Samuele la sua vera prima commedia il Momolo cortesan (vedi 3.3) ma la sola
attivit teatrale non bastava a riequilibrare il dissestato bilancio familiare. Non furono sufficienti gli
introiti derivanti dalla professione legale e Goldoni fu costretto a fuggire da Venezia perseguitato
dai debitori. L'incontro con il capocomico Girolamo Medebac fu risolutivo. Di fronte alla proposta
avanzata dal Medebac Goldoni si impegn a sottoscrivere un contratto come scrittore stabile della
compagnia che recitava al teatro Sant'Angelo di Venezia. Fu cos che nel 1748 Goldoni abbandon
definitivamente la professione legale e torn a Venezia per dedicarsi esclusivamente al teatro.
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UD 2 - La riforma goldoniana
2.1 - Educare attori e pubblico
2.2 - La difficile via verso il nuovo
2.3 - La querelle tra testo e scena
2.4 - La "riforma" degli attori
2.5 - Una lingua per il teatro
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levarle da alcuna Commedia del tutto, ed ebbi la consolazione di veder smascellar dalle risa anche il popolo basso,
senza le storpiature, senza gli spropositi dell'Arlecchino. (Goldoni, Dedica, Il Molire: III, 1073)
Fig. 1: Giovanni De Pian, incisione raffigurante una scena de Il Feudatario, in Commedie del signor
Carlo Goldoni, dalle stampe di Antonio Zatta e figli, Venezia, 1788.
La preparazione di questi attori nelle azioni fisiche e la rapidit nell'adattamento dei dialoghi alle
improvvisazioni concertate giovarono moltissimo alle commedie goldoniane. Goldoni consider
l'improvvisazione quasi un vanto nazionale:
[] parlare in pubblico all'improvviso [] che pu dirsi temerariet nei comici ignoranti, una bella virt ne' comici
virtuosi; e ci sono tuttavia de' personaggi eccellenti che, ad onor dell'Italia e a gloria dell'arte nostra, portano in trionfo
con merito e con applauso l'ammirabile prerogativa di parlare "a soggetto", con non minore eleganza di quello che
potesse fare un poeta scrivendo (Goldoni, Il teatro comico: II, X).
Ma in quel metodo recitativo vi erano anche molti difetti. Il repertorio era ripetitivo e
l'improvvisazione degenerava spesso in performance arbitrarie che sfidavano il controllo
dell'autore. Goldoni intendeva modificare il gusto del pubblico, non solo moralizzando i costumi
teatrali, ma soprattutto presentando a teatro i valori illuministi del realismo, della verosimiglianza e
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della naturalezza. Il drammaturgo veneziano esige dai commedianti un esercizio di studio e di etica
professionale. Al teatro d'evasione contrappone un'esigenza morale, come fa dichiarare ad un suo
personaggio del Teatro comico:
Un povero commediante, che ha fatto el so studio segondo l'arte, e che ha fatto l'uso de dir all'improvviso ben o mal
quel che vien, trovandose in necessit de studiar e de dover dir el premedit, se el gh'ha reputazion, bisogna che el ghe
pensa, bisogna che el se sfadiga a studiar, e che el trema sempre, ogni volta che se fa una nova commedia, dubitando o
de no saverla quanto basta, o de no sostegnir el carattere come xe necessario (Goldoni, Il teatro comico: I, IV).
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inserite originariamente fra gli atti dei melodrammi seri. Poi erano entrate anche nelle abitudini del
teatro di prosa, della tragedia e della commedia, affrontando spesso il tema della satira del mondo
del teatro musicale. Goldoni vi sostitu un ambiente pi concreto e preciso, quello veneziano,
connotato da riferimenti alla vita quotidiana e dall'uso del linguaggio dialettale. Dalla Pelarina
(1729-30) al Gondoliere veneziano (1729), alla Pupilla (1734), alla Birba (1735), un crescendo di
complicazioni e d'intreccio, parallelo alla sempre maggiore precisione "veneziana". Fino ad arrivare
all'agilit rappresentativa di Monsieur Petiton (1736), burla intorno alle avventure di un cicisbeo
francese, una moglie capricciosa, un marito "alla moda" e la veneziana Lindora. La farsa musicale
tocca il suo vertice espressivo nei violenti battibecchi fra i protagonisti. Ancora pi precisa nella
descrizione ambientale La bottega del caff (1736) la cui musica fu scritta forse da Vivaldi. La
farsa, da non confondere con l'omonima commedia goldoniana rappresentata nel 1750 che si
riallaccia, tuttavia, all'intermezzo del 1736, una geniale miniatura di vita contemporanea, con
figure appena sbozzate ma nitide nei loro elementari caratteri.
Questo genere mantenne un ruolo secondario rispetto alla riforma goldoniana, ma fu il laboratorio
pi importante in cui lo scrittore educ la sua lingua e la sua ottica teatrale, partecipando alla
polemica per la rivalutazione della parola contro lo strapotere musicale dei musicisti, in sintonia con
Metastasio, Zeno e Baretti, e contro i distorti modelli della tradizione barocca. Egli stesso ne
cosciente : "I tratti comici da me di tempo in tempo impiegati negli Intermezzi erano i semi che io
gettavo nel mio campo per raccogliervi un giorno frutti maturi e piacevoli" (Goldoni, Mmoires: I,
XXXV).
Momolo entra in scena solo alla met del primo atto. La commedia inizia con l'arrivo presso la
locanda di Brighella di due giovani sposi (Silvio e Beatrice) giunti a Venezia per il Carnevale. Qui
conoscono il facchino Truffaldino, fratello della lavandaia Smeraldina, e l'imbroglione Ludro che
vince trenta zecchini all'ingenuo Silvio. Interviene Momolo, un giovane mercante deciso a non
perdere la propria libert di scapolo: dapprima si innamora di Beatrice, poi promette un futuro di
ballerina a Smeraldina e infine decide di sposare la ricca Eleonora Lombardi promettendo di
diventare marito fedele e di abbandonare la vita del "cortesan".
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Momolo il continuatore del Pantalone della Commedia dell'Arte, privato della maschera,
ringiovanito, non pi gretto e vizioso, ma saggiamente generoso e amante. Al puro oggetto di riso si
sostituisce un "carattere", non privo per del dinamismo della maschera precedente. Di fronte a lui i
personaggi comici tradizionali non vanno oltre le figure esili dei soliti "scenari". Sono ancora dei
tipi, riempiono di tensione corale le scene che servono a dare vivacit superficiale alla commedia.
Fig. 1: Giuliano Zuliani, incisione raffigurante una scena de La donna di Garbo, in Commedie del
signor Carlo Goldoni, dalle stampe di Antonio Zatta e figli, Venezia, 1788.
Alcune conseguenze: gli altri personaggi perdono ogni autonomia, diventando supporti passivi delle
evoluzioni di Rosaura. Le situazioni muovono soltanto da Rosaura, per cui lo stesso ambiente perde
ogni connotazione sociale concreta. Resta, tuttavia, come elemento interessante per i futuri sviluppi,
l'approfondimento del tema dell'"autocoscienza" nella figura della protagonista femminile. Rosaura
non solo conosce i caratteri dei suoi interlocutori-personaggi, ma li sa reinterpretare e dominare;
poi consapevole della finzione che ella recita. Nel doppio registro di donna scaltra il nucleo di
un'altra importante conquista del primo periodo veneziano del Goldoni: la scoperta della dialettica
interna del protagonista.
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gemelli veneziani. Il D'Arbes faceva parte della compagnia di Gerolamo Medebac che, in quel
tempo, recitava a Livorno. Tra il capocomico e lo scrittore si stabil un'intesa per lavorare insieme a
Venezia fin dall'anno seguente (1748). Cos sar: in aprile Goldoni lascia Pisa e l'avvocatura; in
autunno a Venezia ed inizia l'attivit presso il teatro Sant'Angelo di cui Medebac direttore.
si trova in questi testi a lungo ingiustamente trascurati. Ricordiamo la fortunata Arcadia in Brenta
(1749) musicata da Baldassarre Galuppi, Il mondo della luna (1750), Arcifanfano re dei matti
(1750), Il mondo alla roversa (1750), La buona figliuola (1757) che, musicata da Niccol Piccinni,
fu uno di pi grandi successi dell'opera buffa.
Quando nel 1748 Goldoni riassume il ruolo ufficiale di poeta comico presso il teatro Sant'Angelo
l'ambiente cittadino entra subito in fermento. La compagnia Medebac, a cui Goldoni rimane legato,
aveva molti nemici e rivali, spesso maldicenti e invidiosi, ma lo scrittore pi maturo e pi deciso a
mostrare al pubblico veneziano le novit delle proprie idee teatrali e conoscenze tecniche. Inizia
cos una sorta di battaglia aperta del teatro. Le polemiche, i libelli satirici, le parodie delle opere
teatrali iniziano a movimentare le stagioni teatrali veneziane. Nel dicembre 1748 vengono
pubblicati alcuni scritti satirici contro Goldoni. Nel carnevale successivo lo stesso autore sfida la
moda corrente e contrappone polemicamente ad un dramma popolare che si dava con successo al
teatro San Luca (La putta di Castello), la sua Putta onorata. L'anno comico seguente (1749-50) sar
la sua Vedova scaltra a essere parodiata, nella Scuola delle vedove dell'abate Pietro Chiari. Goldoni
risponde con un Prologo apologetico della "Vedova scaltra", nel quale difende la sua poetica del
"verosimile". Il pubblico si divide in due fazioni e il governo della Serenissima interviene
ristabilendo la censura teatrale e proibendo le due opere in questione. Da questo momento Goldoni
dovr tenere conto del nuovo e pericoloso rivale (vedi 6.2), ma dal confronto trover la forza per
chiarire a se stesso e al pubblico le ragioni della sua riforma.
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Fig. 1: Antonio Baratti, incisione raffigurante una scena de La vedova scaltra, in Delle Commedie
di Carlo Goldoni, perGiambattista Pasquali, Venezia, 1761.
D'altra parte il ritorno verso lo studio della societ pagato con lo squilibrio della struttura generale
del lavoro, caratterizzato dal ricorrere ai tipici supporti scenici del teatro seicentesco (il carattere
romanzesco, gli elementi patetici, l'eccessivo uso dei colpi di scena) gli stessi che Goldoni tentava
di superare con la sua riforma. Tali elementi conducevano soprattutto verso una minore
verosimiglianza dei caratteri.
Con il dittico della Putta onorata (1748-49) e della Buona moglie (1749-50) Goldoni approfondisce
l'analisi di precisi rapporti tra i gruppi sociali.
L'ambiente che ospita la storia della buona "putta" Bettina preciso e delimitato. Siamo a Venezia,
ora nella casa piccolo-borghese, ora nel palazzo dei nobili decaduti e viziosi, ora nella strada, lungo
i canali, nelle osterie. Si intrecciano i rapporti tra i diversi gruppi sociali. Nella prima commedia (La
putta onorata) i due popolani, Bettina e Pasqualino, riescono a sposarsi nonostante le manovre del
corrotto Conte Ottavio, corteggiatore della fanciulla; nella seconda (La buona moglie), Bettina,
infelice perch il marito, traviato dal malvagio Lelio, la tradisce, minacciata ancora dal Conte
Ottavio: la salva il buon savio Pantalone, padre di Pasqualino, che rafforza in lei l'amore e
l'attaccamento alla famiglia. Non mancano elementi per fare di queste due opere gli archetipi del
dramma borghese, lacrimoso e moralistico di fine Ottocento. Ai "tipi" del canovaccio se ne
sostituirebbero dei nuovi, patetici e moralistici, se Goldoni non fosse attento alle caratteristiche
sociali di questi. Ai modi nobiliari e ai vizi del Conte Ottavio si oppone la semplicit popolare,
impersonata da Bettina e da Catte, sua sorella, caratterizzate dalla freschezza di un linguaggio
vivace che riproduce pienamente la schiettezza dei valori morali.
all'interno della borghesia e che tende a imitare, con risultati spesso comici, nelle mode e nella
lingua, l'aristocrazia veneziana ormai decaduta.
Ma la filosofia positiva del mercante Pantalone, ha bisogno di esplicite dichiarazioni edificanti che
insistono sul principio di salvaguardia del nucleo familiare contro la corruzione generale. Un
parziale superamento della struttura a tesi segnato dalla Famiglia dell'antiquario (1749-50),
commedia conclusiva di questo primo ciclo goldoniano. La scena si svolge a Palermo. Il conte
Anselmo Terrazzani un vecchio maniaco che spende tutti i suoi averi in anticaglie, fidandosi di
servi furbi. In casa sono continui i litigi con la moglie, la contessa Isabella, e sua nuora Doralice,
figlia del ricco mercante Pantalone e moglie del conte Giacinto. Pantalone cerca di ricondurre alla
ragione il conte Anselmo Terrazzani. Con la complicit del servitore Brighella, Arlecchino,
travestito da armeno, vende al conte Anselmo una normale lanterna a olio facendogli credere che si
tratta del lume eterno del sepolcro di Tolomeo. Intanto Doralice litiga con Colombina, serva della
contessa, che, per vendicarsi, riferisce alla padrona che la nuora l'ha chiamata "vecchia". La lite
sembra non avere pi fine e a nulla valgono gli interventi di due cavalier serventi (dottor Anselmi e
cavalier del Bosco). Frattanto per smascherare i servi Brighella e Arlecchino Pantalone fa
intervenire un esperto antiquario e per amore della figlia decide di assumere il governo della casa.
Licenzia Colombina, divide le due rivali, assegnando alla suocera il piano superiore e alla figlia
quello inferiore, smaschera i due servi e tranquillizza il conte. La filosofia civile del mercante
Pantalone tutta calata nella concretezza dell'azione. Goldoni ottiene questo risultato con alcuni
accorgimenti di stampo realistico. Le due maschere di Brighella e Arlecchino affiancate dal Conte
Anselmo e dall'ipocrita Cavaliere, rappresentano il nucleo farsesco della commedia. Esse stanno in
continuo contrasto chiaroscurale con il saggio Pantalone che non sentenzia pi, ma agisce secondo i
principi del buon mercante per impedire la rovina della famiglia. Egli perde cos i connotati del
protagonista morale assoluto, ma intanto da "tipo" diventa sempre pi "carattere". Al centro
dell'azione si trovano invece due figure femminili dotate di caratteri che ormai si giovano di una
tecnica perfezionata e sperimentata.
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Pamela, La donna volubile (1750-51) per citarne solo alcune. L'analisi del personaggio-carattere
tende a diventare parallela all'attenzione per la concretezza delle situazioni, alla coralit delle figure
minori. Lo scopo ristabilire l'equilibrio dell'azione tra centro e periferia della scena.
Importante l'esercizio condotto nella Bottega del caff. La commedia si svolge in una piazza di
Venezia. Ridolfo, gestore del caff, viene a sapere che il giovane Eugenio ha perduto al gioco con il
conte Leandro ben centotrenta zecchini. La notizia giunge anche al maldicente Don Marzio che ha
prestato a Eugenio dieci zecchini in cambio degli orecchini della moglie. Ridolfo presta il denaro a
Eugenio che incorre nei pettegolezzi e nelle trame di Don Marzio. Quest'ultimo informa la moglie
di Eugenio, Vittoria, circa i vizi del marito e alimenta gli equivoci e le menzogne. Alla fine la
morale del buon Ridolfo prevale sul perfido operato di Don Marzio che isolato da tutti costretto ad
abbandonare Venezia. L'intreccio perfettamente fuso con il disegno del cavaliere Don Marzio,
anche se resta un certo isolamento di quest'ultimo. Notevole invece il risultato "corale", relativo
cio all'insieme di tutti i personaggi della commedia e non ad uno in particolare, ottenuto in I
pettegolezzi delle donne, ultima tra le sedici commedie nuove. La trama della commedia la
seguente: il giovane Beppo sta per consegnare alla sua promessa Checchina l'anello di
fidanzamento. Sgualda, la rigattiera, confida alla lavandaia Catte che Checchina non sarebbe la
figlia di Paron Toni, come tutti credono. Catte riferisce il pettegolezzo ad Anzoletta, la sarta che a
sua volta si confida con Eleonora. In poco tempo la notizia arriva a Beppo che non pi disposto a
sposare una figlia di nessuno. Interviene Pantalone che apprende la verit da Paron Toni.
Quest'ultimo conferma di aver incontrato un ricco mercante veneziano durante un viaggio a Corf,
dal quale aveva ricevuto l'incarico di accompagnare a casa la figlioletta. Il mercante era poi stato
fatto schiavo e Paron Toni aveva allevato Checchina come una figlia. L'arrivo del padre naturale di
Checchina scioglie ogni equivoco e pettegolezzo e i due giovani possono finalmente sposarsi.
Il tema del pettegolezzo serve ad unificare un mondo popolare di artigiani e gondolieri. Goldoni ha
dovuto rinunciare ad un personaggio dominante per riuscire a modellare un ritmo pi arioso e
complesso. Per far questo ancora una volta ha utilizzato i personaggi femminili.
5.3 - La locandiera
Al culmine delle tre intense annate al teatro Sant'Angelo, i due filoni (del personaggio-carattere e
del coro popolare) (vedi 4.2, 4.4 e 5.2) sembrano di molto avvicinati e producono due commedie
mature: La locandiera (consulta la Biblioteca ICoN alla voce Goldoni, Carlo) e La figlia
obbediente. Nella Figlia obbediente Goldoni riesce a ottenere una contemporanea crescita dei
personaggi. Si distingue il solito Pantalone con accanto figure diversamente originali: l'innamorato
Florindo, la malinconica figlia Rosaura a cui si oppongono l'intrigante Beatrice e il prepotente e
bizzarro Conte Ottavio. Tuttavia ancora forte la tendenza allo schematismo.
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Fig. 1: Pietro Scattaglia, incisione raffigurante una scena de La locandiera, in Commedie del signor
Carlo Goldoni, dalle stampe di Antonio Zatta e figli, Venezia, 1788.
Tali squilibri non sono del tutto eliminati neppure nella Locandiera [Fig. 1], che porta al massimo
grado il raffinamento del "carattere" protagonista. Perfetto l'equilibrio strutturale che si basa sui
temi della finzione e della passione. Il marchese di Forlinpopoli e il conte di Albafiorita si
contendono i favori della bella locandiera, mentre il cavaliere di Ripafratta, nemico delle donne,
disdegna le attenzioni della giovane ostessa. Mirandolina si impegna a farlo innamorare, ma deve
cercare di non dispiacere al cameriere Fabrizio, a cui il padre l'ha promessa in sposa. Anche con
l'aiuto di due commedianti, ospiti dalla locanda, travestite da nobildonne, riesce a sedurre il
misogino cavaliere, a dare una lezione ai pretendenti e, infine, a riprendere in mano le redini del
gioco dichiarando di volere sposare Fabrizio. Al centro dei rapporti fittizi Mirandolina che sulla
falsa apparenza fonda tutto il suo operare. La protagonista l'artefice di gran parte dell'azione, ma
non la sola. Alla base della sua azione c' il piacere di recitare e d'ingannare. La parte,
inizialmente assegnata alla prima donna Teodora Medebac, era stata passata da Goldoni ad una
giovane "servetta" alle prime esperienze sceniche. L'intera situazione pu essere quindi letta quasi
come la traduzione drammaturgica di un problema nato dietro le quinte della compagnia. La
biografia professionale degli attori favorisce la ristrutturazione della scrittura di Goldoni. Il
puntiglio con cui Mirandolina procede alla seduzione del Cavaliere altro non che la "messa in
scena" di un training attorico: come si pu passare dal ruolo di "servetta" a quello di "prima
amorosa". Nella Locandiera da notare anche la rivalutazione espressiva degli oggetti concreti e
della scenotecnica, che consentono alla protagonista di mettere in mostra una gestualit coerente
con il suo ruolo sociale. A questo realismo corrisponde uno sfondo non veneziano (la commedia
ambientata a Firenze) indicativo dell'aspirazione goldoniana per un teatro di dimensione nazionale.
rispetto ai "canovacci" della Commedia Dell'Arte. Il suo pi importante elemento il richiamo alla
"natura" che impone il confronto con la realt e dunque con il pubblico. I "libri" essenziali, come
dichiara Goldoni nella prefazione all'edizione Bettinelli, su cui si formato lo scrittore veneziano
sono il "mondo" e il "teatro". La sua innata fiducia nei valori della vita e la sua indole di uomo
socievole lo portano in ogni occasione a privilegiare l'attenzione ai rapporti fra le persone rispetto
all'osservazione delle singole personalit. Negli uomini coglie la stretta connessione tra carattere
individuale e connotati sociali. E siccome Venezia il suo osservatorio privilegiato Goldoni
inevitabilmente rappresenta nelle sue commedie una precisa distinzione tra classi sociali. I vizi pi
gravi sono rappresentati dall'ipocrisia, dall'immobilismo, dalla mancanza di lucidit. E dunque
bersaglio del comico sono anche i borghesi arricchiti e vanagloriosi o i popolani che tentano di
evadere dalla loro condizione sociale senza averne i mezzi. La sua simpatia per il popolo fondata
sul riconoscimento dell'eguaglianza di tutti gli uomini, pur nella differenza delle loro condizioni
sociali. Ovviamente questa aspirazione all'armonia e all'equilibrio tra le classi si scontra con la
realt veneziana in cui le tensioni sociali, anche nascoste, sono molto forti.
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1760. In questi sette anni di polemiche si concentrano importanti esperienze nella vicenda artistica e
personale di Goldoni. La polemica con l'abate spiega gran parte dei tentativi e degli errori che
separano le sedici commedie dalle maggiori opere goldoniane del 1761-62. La rivalit tra i due
culmina nel 1753-54. Spregiudicato teatrante, abile saccheggiatore di testi classici e contemporanei,
preoccupato solo del successo, Chiari riusciva ad essere spettacolare con astuti espedienti.
Riprendeva gli stessi soggetti goldoniani per mettere in scena delle parodie (cos a La vedova
scaltra di Goldoni aveva risposto con La scuola delle vedove, 1749); adattava romanzi francesi e
inglesi di successo cos come rimaneggiava episodi della storia romana per ricavarne spettacoli di
grande successo popolare. Dal 1751 aveva operato, con la compagnia Imer-Sacchi, nel teatro di San
Giovanni Grisostomo, spazioso e ricco di macchine, e aveva cos potuto far uso di artifici scenici
complessi che arricchivano le sue rappresentazioni.
Nel 1752 Chiari provoca apertamente Goldoni, scrivendo Molire marito geloso in versi
martelliani, dopo che lo stesso Goldoni ha rappresentato, nel 1751, una commedia in martelliani dal
titolo Molire. Goldoni cade nella tentazione di competere con il Chiari nel genere delle commedie
e tragicommedie romanzesche.
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6.5 - Il Campiello
Ancora pi animato Il Campiello [Fig. 1], anch'esso libero da eccessivi obblighi d'intreccio,
percorso da un ritmo musicale che evidente negli endecasillabi e nei settenari veneziani, ed anche
nell'andamento "cantato" delle battute, nella stessa coreografia dove si possono rintracciare
pantomime, scene ballate e cantate.
Fig. 1: Giuliano Zuliani, incisione raffigurante una scena de Il campiello, in Commedie del signor
Carlo Goldoni, dalle stampe di Antonio Zatta e figli, Venezia, 1788.
Il titolo della commedia dato dal nome del luogo in cui si svolge l'azione, cio una piazzetta di
Venezia. La trama racconta gli amori, le risse, i litigi, le gelosie e gli scherzi tra le donne del
popolo. Zorzetto inizia una specie di gioco del lotto che richiama tutte le popolane. L'istinto del
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pettegolezzo e della gelosia coinvolge le cinque protagoniste: Lucietta e Gnese con le rispettive
madri Cate e Pasqua e la vedova Orsola che entra in causa per difendere il figlio Zorzetto, fidanzato
di Gnese, il quale si scontra con Anzoletto, fidanzato di Lucietta. I litigi degli innamorati
coinvolgono tutti gli abitanti del campiello e anche due personaggi estranei, per origine sociale, alla
vita della piccola comunit: Gasparina e il napoletano cavalier Astolfi. La prima una nobile che
ama la vita popolana per vanit mentre il secondo partecipa per simpatia, benevolenza e un certo
distacco alla vivace vita della Venezia plebea. Goldoni nei Mmoires riferisce che "Il Campiello
piacque moltissimo [] avendo io gi assuefatti i miei spettatori a preferir sempre la semplicit al
bello artificioso, e agli sforzi dell'immaginazione l'ingenua natura" (Goldoni, Mmoires: parte II,
cap. XXXIII).
Anche qui il coro prevale sui "caratteri". Si parlato di melodramma, di toni mozartiani, ma
storicamente importante il fatto che lo scrittore abbia introdotto con piena dignit letteraria il popolo
sulla scena. Grazie a questa intuizione Goldoni scopre una zona della realt ancora capace di
suggerire ottimismo e vitalit. Di fronte al ritmo incalzante degli amori, degli inganni e dei giochi
popolari (siamo in tempo di carnevale) il personaggio del Cavaliere napoletano quasi una
proiezione dell'autore: osserva, estraneo e rapito, un teatro e una vita che non gli appartengono.
Goldoni, in questo esercizio di stile, comincia a individuare una vena malinconica.
La scena si svolge a Milano nella casa del vecchio Fabrizio, zio di Eugenia e Flaminia. Eugenia ha
litigato con Fulgenzio, suo innamorato, perch gelosa di Clorinda, cognata del medesimo. Intanto
Fabrizio presenta alle nipoti il cavaliere Roberto, che si prende gioco delle manie del vecchio.
Fulgenzio tenta di far pace con Eugenia, ma questa lo provoca con tale perfidia che il giovane
abbandona la casa deluso e arrabbiato. Flaminia, per amore della sorella, fa sapere al giovane che
Eugenia pentita. Nel frattempo giunge in casa di Fabrizio il cavaliere Roberto e inizia a
corteggiare Eugenia. Questa prima rifiuta le attenzioni del cavaliere, ma all'arrivo di Fulgenzio si
mostra premurosa con l'ospite, suscitando la gelosia dell'innamorato. I litigi, le ripicche, le scenate
si susseguono fino alla fine della commedia quando i due innamorati porranno fine ai loro bisticci.
Anche qui l'intreccio quasi inesistente, mentre prevale la schermaglia sentimentale, il sottile
conversare, un dialogo che svela la psicologia dei protagonisti per cenni delicati e frammenti di
discorso. In Eugenia torna il doppio piano di coscienza di Mirandolina, ma invertito: in primo piano
l'affetto autentico, che non riesce per a trovare le parole n i gesti adeguati per esprimersi: a un
pieno di amore corrisponde il ricorso a un linguaggio teatrale falso. A questo doloroso equivoco
partecipa Fulgenzio. Nel duetto, con concertata malizia drammaturgica, Goldoni manifesta
l'intreccio di paura e istinto che tormenta i due innamorati. Come Mirandolina appunto, essi temono
e insieme desiderano, l'ora della loro definitiva unione. La commedia vive il tempo di questo
tentativo di rimandare un destino enunciato fin dall'esordio: il matrimonio, conclusione tipica di
ogni canovaccio. Goldoni coglie i due protagonisti, nell'atto di aprire, come Mirandolina, una
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parentesi nel loro destino di sposi promessi. Anche il vecchio Fabrizio rappresenta lo stesso
angoscioso dilemma sotto altre forme. Anch'egli - come i due giovani - vorrebbe vivere, ma non sa.
Come loro, seppellisce di comici monologhi le sue pretese di ricco decaduto. Tutti, i vecchi come i
giovani, non sono all'altezza dei loro desideri.
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7.2 - La trilogia dei "vecchi": I Rusteghi, La casa nova, Sior Todero brontolon
Ai quattro Rusteghi (il cittadino Canciano, i mercanti Lunardo, Simon e Maurizio) che, per amore
della casa e dell'immobilismo economico e della tradizione, non tengono conto della felicit dei
figli e dei nipoti, si oppongono le mogli (Felice, Margarita, Marina) e i giovani figli (i promessi
sposi Lucietta e Felippetto). Le mogli si ribellano quando Lunardo combina il matrimonio di sua
figlia Lucietta con Felippetto, figlio di Maurizio, senza informarne n gli sposi n la moglie
Margherita. Allora Felice, moglie di Canciano, insieme a Marina, moglie di Simon, aiutano
Margherita. Le donne si mettono d'accordo, di nascosto ai mariti, di far incontrare i due fidanzati in
occasione del pranzo organizzato dai quattro "rusteghi". Felippetto, mascherato da donna arriva in
casa di Lunardo; ma il trucco viene scoperto. Lunardo vuole infliggere una dura punizione alle sue
donne, ma interviene siora Felice che con un'abile requisitoria riesce a riportare il buon senso.
Nella commedia Sior Todero brontolon, a Todero, carattere di avaro testardo e egoista, si
oppongono una donna animosa (Marcolina) e con lei i due giovani innamorati (Meneghetto e
Zanetta). Lo affiancano, invece, il debole figlio di Pellegrino, marito di Marcolina e lo stesso
Nicoletto, uno sciocco che Todero vorrebbe far sposare alla nipote perch ricco e suo dipendente.
Pellegrino e Marcolina vorrebbero dare in sposa la loro figlia Zanetta a Meneghetto. I due non
sanno come fare a convincere il vecchio Todero, padre di Pellegrino che vorrebbe risparmiare sulla
dote, facendo sposare alla nipote Nicoletto, figlio del suo fattore Desiderio. Interviene Marcolina
che induce Nicoletto a sposare la cameriera Cecilia. Nel frattempo Meneghetto, per amore di
Zanetta, rinuncia alla dote e Todero non pu pi opporsi alle nozze.
Nella Casa nova la medesima opposizione (lo zio Cristofolo e la giovane Cecilia) si svolge con
segni diversi: l'eccesso stavolta nella socievolezza della seconda, mentre la salvezza risiede nella
norma tradizionale del primo; la debolezza del marito Anzoletto accentua la forza della libert
femminile. Anzoletto ha sposato la pretenziosa Cecilia e per soddisfare i capricci di lei sta
precipitando la sua situazione economica. I lavori di decorazione e i nuovi arredamenti della nuova
casa rendono insostenibili i debiti e su questa situazione si appuntano le critiche del ricco zio
Cristofolo. Meneghina, sorella di Anzoletto, priva di dote non pu sposare il giovane Lorenzino. In
aiuto ai due giovani intervengono le signore Checca e Rosina, cugine di Lorenzino, che vivono in
un appartamento vicino ad Anzoletto. La signora Checca fa intervenire lo zio Cristofolo che
fornisce a Meneghina la dote necessaria al matrimonio. Nel frattempo Cecilia, travolta dai debiti,
costretta ad umiliarsi di fronte allo zio per ottenere il suo perdono e la sua protezione. Goldoni si
sforza di mettere in mostra l'equilibrio precario di queste tensioni, per suggerire allo spettatore la
sensazione di una societ in uno stato di precariet irrisolta tra vecchio e nuovo. Il riflesso di questo
motivo teatrale si trova nella tensione dello stesso linguaggio e nella precisione dei contrasti.
L'opposizione anche qui tra mobilit e stasi. I vecchi e i personaggi conservatori o deboli,
ripetono, come "tic" maniacali, un ritornello tipico. Sior Todero brontola: "Suppi", "mi son el
paron"; gli fa eco Pellegrin: "son qua mi; son paron anca mi"; si veda poi il "vegnimo a dir el
merito" di Lunardo, tanto pi comico in quanto in aperta contraddizione con la sua effettiva
irresolutezza. All'esterno di ogni nucleo familiare preme invece un linguaggio mobile che spesso
adotta toni buffoneschi, da carnevale. L'ottica dell'interno borghese e dei tempi d'azione domestici
d ordine e simmetria alla struttura delle scene, stende su tutta l'azione un tono di realismo
quotidiano, che nelle opere precedenti era rimasto in secondo piano e che ora satura tutte le scene. I
precetti del Teatro comico (vedi 5.1) sembrano divenuti pienamente operativi.
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Fig. 1: Antonio Baratti, incisione raffigurante una scena de Le baruffe chiozzotte, in Delle
Commedie di Carlo Goldoni, perGiambattista Pasquali, Venezia, 1761.
L'argomento motore della vicenda sempre amoroso: in una calle dove sta ricamando con la madre
e qualche amica, Lucietta, fidanzata del pescatore Titta Nane, accetta da Toffolo, giovane barcaiolo,
una fetta di zucca arrostita. Per il fatto si irrita Checca, che corteggiata da Toffolo: dal
pettegolezzo si arriva alla baruffa, che coinvolge mariti, fratelli e amici. Si ricorre alla giustizia e il
Coadiutore del Cancelliere criminale deve approntare la causa; la questione gli pare cos
insignificante che, con molto buon senso, decide di accomodare il litigio fuori del tribunale,
cosicch alla fine i matrimoni saranno tre: Titta Nane sposer Lucietta, mentre le due sorelle Orsetta
e Checca sposeranno rispettivamente Beppe e Toffolo.
Pettegolezzi, baruffe, gesti e parole, ritmo del dialogo, vere e proprie pantomime, testimoniano la
continuit con le precedenti commedie ambientate in esterni. Goldoni riesce a stabilire una perfetta
aderenza degli schemi teatrali gi sperimentati con la dinamica della vita popolare: qui egli non
esercita l'arte dell'ironia e del grottesco che aveva corroso i personaggi della nobilt e della
borghesia. I pescatori di Chioggia agiscono soprattutto, le loro battute sono brevissime, casuali
quasi, concatenate e senza pause.
7.5 - Dalla polemica con i Granelleschi allabbandono di Venezia: Una delle ultime sere di
carnovale
Eppure, nonostante i buoni successi la Venezia aristocratica e accademica lo avversa duramente. Gli
sono ostili, ad esempio, Carlo Gozzi e l'Accademia dei Granelleschi. Costoro, fin dal 1757,
sostenendo gli ideali puristi e conservatori, avevano condotto guerra aperta sia al Chiari che al
Goldoni, colpevoli - a loro avviso - di cattivo gusto letterario. Carlo Gozzi era intervenuto nella
polemica solo nel 1757, con La tartana degli influssi invisibili per l'anno bisestile 1756, un
almanacco satirico che accusava sia Chiari che Goldoni difendendo la tradizione della Commedia
dell'Arte. Nonostante il successo dei Rusteghi Carlo Gozzi aveva continuato la sua satira letteraria
ancora nei dieci canti della Marfisa bizzarra (finita nel 1768 e pubblicata nel 1771). Intanto aveva
messo in scena con grande successo un canovaccio, che egli chiama fiaba, dal titolo L'amore delle
tre melarance. Il successo ripetuto anche nell'opera successiva (Il corvo). In entrambe l'uso delle
tecniche della Commedia dell'Arte, del fiabesco e dell'elemento satirico risultano vincenti.
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Raggiunto il massimo di vitalit teatrale e di estensione tematica, Goldoni lascer Venezia. Non
senza per aver consegnato alla citt e al suo pubblico un addio commosso e nostalgico. Una delle
ultime sere di carnovale (1761-62) contiene il saluto che Anzoletto, disegnatore di ricami, in
partenza per la Russia, rivolge ad amici clienti e ammiratori veneziani. Attraverso il congedo di
questo personaggio Goldoni scrive un'opera autobiografica: anche lo scrittore sta per partire per la
Francia, stanco delle delusioni teatrali e politiche nell'ormai involuta Repubblica; ma il carnevale
corale che egli disegna intorno al suo personaggio vuole significare anche la registrazione
(malinconica e lucida) della fine di una fase storica. La civilt veneziana ha esaurito tutta la sua
energia vitale, ormai solo la pallida immagine riflessa del passato.
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Fonti
Tutte le opere di Carlo Goldoni citate nel modulo sono tratte da I capolavori di Carlo Goldoni, a
cura di G. Ortolani, Milano, Mondadori, 1970 (14 volumi).
Letture consigliate
Franca Angelini (1993), Vita di Goldoni, Roma-Bari, Laterza.
Francesco Fido (2000), Nuova guida a Goldoni: teatro e societ nel Settecento, Torino, Einaudi.
Siro Ferrone (1990), Carlo Goldoni. Vita, opere, critica, messinscena, Firenze, Sansoni.
Gianfranco Folena (1983), L'italiano in Europa. Esperienze linguistiche del Settecento, Torino,
Einaudi.
Laura Ricc (2000), Parrebbe un romanzo: polemiche editoriali e linguaggi teatrali ai tempi di
Goldoni, Chiari, Gozzi, Roma, Bulzoni.
Sitografia
- Carlo Goldoni, i testi on line:
http://www.liberliber.it/biblioteca/g/goldoni/index.htm
- Goldoni, i drammi per musica
http://www.carlogoldoni.it/carlogoldoni/
- Goldoni, biografia e testi
http://www.letteraturaitaliana.net/autori/carlo_goldoni.html
- Il sito del museo Casa di Goldoni a Venezia
http://museiciviciveneziani.it/frame.asp?musid=3&sezione=musei
- La commedia di Carlo Goldoni
http://www.italica.rai.it/speciali/invenzione_della_scena/il_settecento/la_commedia_di_goldoni/ind
ex.htm
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