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SAGGI

GIROLAMOBAMBARA

I processi produttivi
della Montecatini

llinizio del Novecento si inserisce nel contesto socio-economico di unarea a rilevante sviluppo agro-industriale qual la Piana di Milazzo, la struttura di quella che sar
la Montecatini S.p.A, al tempo configurata come Stabilimento di Milazzo della
Societ Prodotti Chimici, Colla e Concimi, con sede in Roma e fabbriche in Roma, Rifredi,
Barletta e Milazzo. Viene promossa alla fine del 1899 da Stefano Trifiletti di Milazzo e
Vincenzo e Ignazio Florio di Palermo, principali azionisti della relativa Societ per azioni,
che acquista, successivamente, mq. 60.000 di terreno in prossimit della Stazione ferroviaria.
Qui viene edificato un complesso industriale per la produzione di vari prodotti e concimi chimici per 1agricoltura. II Trifiletti ceder a titolo gratuito una parte dei terreni.
La produzione ha inizio nel 1901. Successivamente sar incorporata nella Societ generale
per lindustria mineraria e agricola e con il nome di Montecatini S.p.A. inizier, nel 1920, la produzione di concimi
chimici costituiti da perfosfati minerali (provenienti dallAfrica) e dossa che si
ottengono dal trattamento delle fosforiti o della farina ossea con acido solforico.
Lindustria di Milazzo lavora a ciclo completo producendo acido solforico col metodo delle camere di piombo mediante limpiego delle piriti (solfuro di ferro) provenienti dalle miniere di Grosseto.
Larea in cui sorge e opera la Montecatini, favorita da un buon porto e dalle strutture ferroviarie adeguate, di prevalente carattere industriale collegata
allAgricoltura. Infatti, nellarea stessa sorge una industria per lestrazione dellolio
di sansa al solfuro della Bonaccorsi e Lucifero ed un impianto per la distillazione
di piante aromatiche della Bonaccorsi DAmico e Vece, dove si produce la concreta degli olii essenziali di gelsomino, coltivati nella stessa Piana ad iniziativa
dellAvv. Vincenzo Vece. Ci sono ancora i Mulini Lo Presti, le quattro Tonnare
con opifici per la conservazione del pesce, ed infine una fiorente attivit agricola
basata sulla viticoltura e sulla ortofrutticoltura.
La Montecatini cesser lattivit nel 1959. Gli edifici, classificabili, oggi, nellambito dell archeologia industriale, sono sottoposti a vincolo congiunto architettonico, archeologico ed etno-antropologico dalla Regione Siciliana con DARS n.
5114 del 21.01.1998. Ma tutta limpalcatura industriale sopra descritta a cessare la
sua attivit, a partire agli anni sessanta, mentre si inserisce la Mediterranea
Raffinazione Siciliana Petroli, che incentiva listituzione della Centrale
Termoelettrica dellEnel, rimanendo isolata in un contesto ambientale non certo
vocato per tradizione a tale tipo di industria, e quindi compromettendo lo sviluppo
di altre attivit, quali quella turistica o quella agricola e iniziative collegate.
La Piana di Milazzo rimane cos inglobata nel consorzio di industrializzazione del
Tirreno, che comprende tredici Comu-ni da Villafranca Tirrena a Barcellona P.G., e
dove insistono piccoli nuclei industriali di vario tipo e di indirizzo eterogeneo.
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SCHEMA DI LAVORAZIONE PER LA PRODUZIONE
DI ACIDO SOLFORICO E PERFOSFATI
II processo industriale di produzione dellacido solforico
adottato dalla Montecatini fin dal primi anni trenta, epoca
a cui si pu fare risalire linizio delta attivit produttiva
vera e propria presso lo stabilimento di Milazzo, quello
denominato al NO o delle camere di piombo, sviluppatosi fin dal 1700 in Germania ed in Inghilterra e protrattosi fino agli anni sessanta, epoca in cui cessa, appunto,
lattivit dello stabilimento milazzese, essendosi, frattanto,
imposto il processo a contatto su catalizzatore al vanadio.
Fin dal 1921, la produzione di acido solforico a contatto
raggiungeva il 25,2% della produzione totale, per arrivare,
gradualmente, in crescendo al 48,9% nel 1938, e addirittura al 55,5% negli anni immediatamente successivi.
Oggi la produzione di acido solforico col processo delle
camere di piombo totalmente abbandonata, perci quanto resta degli impianti interessa solo larcheologia industriale. In effetti, il processo delle camere di
piombo adottato dalla Montecatini, a quellepoca, era preferito perch rappresentava una via
obbligata nel quadro del ciclo produttivo dello
stabilimento. Con tale procedimento, infatti,
Iacido che si otteneva (tra i 50 e i 55 beaum),
pari alla concentrazione del 62-69% circa, si
prestava in maniera ottimale per la preparazione
dei perfosfati, noti ed importanti concimi chimici molto richiesti allepoca, e verso cui, in complesso, era finalizzata lattivit produttiva dello
stabilimento.
Per meglio comprendere il ciclo produttivo e le
finalit di esso, ne descriviamo, qui di seguito,
succintamente, il processo.
La materia prima per lottenimento della anidride
solforosa da avviare alle successive fasi di lavorazione per la preparazione dellacido solforico,
era costituita dalla pirite (FeS2), minerale
disponibile ed abbastanza diffuso anche in Italia
(Isola dElba, Traverselle e Borosso in Piemonte,
Boccheggiano, Gavonano e Niccioleta in Toscana).
La pirite era anche economicamente competitiva con altre
fonti di anidride solforosa, poich allora era considerata
un minerale poco utile salvo che per la produzione industriale di acido solforico.
La pirite veniva immessa in focolai di mattoni refrattari, le
cui dimensioni di aggiravano sui mt. 1,5x1,8x1,8, muniti
di griglia di ghisa al disotto delle quali veniva insufflata
aria. Il combustibile normalmente era costituito dal coke.
Il vicino raccordo ferroviario favoriva lo scarico nei magazzini di deposito di materie prime (che in quello che
resta degli edifici della Montecatini possono essere ancor
oggi individuate) per essere avviate alle varie fasi di produzione. Reazione di combustione:
4 FeS2+11 O2=2 Fe2 03 +8 S02
Dalla predetta reazione chimica, lanidride solforosa
ottenuta veniva avviata allimpianto; mentre rimaneva
come sottoprodotto il sesquiossido di ferro, polvere
nerastra che spesso rimaneva ammassata negli spazi
esterni dello stabilimento.
Le ceneri ferrose venivano spesso avviate ad altri opifici
di lavorazione da cui era possibile, a volte, ottenere altri
prodotti ferrosi.
I gas caldi contenenti lanidride solforosa pervenivano ai
forni a nitro alla base della torre di Glover e subivano
un processo di ossidazione secondo il seguente schema
semplificato:

a) 2 NO +O 2 2 NO2
b) 4 NO + O2 2 N2O3
c) SO 2 + H2O + NO 2 H2 SO4 + NO
d) SO2 + H2O + N2O3 H2 SO4 + 2 NO
Lo schema generale della figura allegata da lidea dellintero processo.
In figura 2 schematizzato limpianto di produzione di
acido solforico configurabile con quello della
Montecatini per una produzione giornaliera di circa
quindici tonnellate di H2SO4 a 55 B.
Limpianto per ottenere gli ossidi di azoto necessari per la
ossidazione della SO2 erano del tipo al nitro, nel senso
che veniva impiegato il nitrato di sodio.
Tale processo verr successivamente sostituito da quello
allammoniaca che per ogni chilogrammo produceva to
stesso ossido nitrico di chilogrammi 2,25 di nitrato:
4NH3 +S02 4NO + 6H20 + 214,2 cal.

ALCUNI DATI ECONOMICI


Dai dati reperibili relativi agli anni 1935-1940, la pirite al
42% circa di zolfo, costava intorno a tre dollari per tonnellata, pari a 0,754 dollari per chilogrammo di zolfo.
Lo zolfo minerale era invece attestato sul costo di sedici
dollari per tonnellata pari a circa dollari 1,56 per chilogrammo. Soprattutto da ci derivava la convenienza di utilizzare la pirite rispetto allo zolfo.
Riferendoci sempre agli anni 1935 (E. R. Riechel,
Chimica industriale, ed. Utet, 1952), lacido delle camere
costava dollari 7,83 per tonnellata, ma nel 1939 scendeva
a 6,72 per tonnellata.
IMPIEGODELLACIDOSOLFORICO
La Montecatini e da considerarsi, soprattutto, non una
industria per la produzione di acido solforico, ma, piuttosto, per la produzione di concimi chimici e pi precisamente di perfosfati minerali dossa impiegati in agricoltura, allepoca.
Il processo consiste nel trasformare i fosfati tricalcici delle
fosforiti e delle polveri di ossa in fosfati monocalcici per
azione dellacido solforico a 55 B circa, secondo il
seguente schema di reazione:
Ca3(PO4)2+2H2SO4+4H20=CaH4(PO4)2+2CaSO4 . 2H20
Il fosfato monocalcico ottenuto e frammisto a solfato di
calcio, viene denominato appunto perfosfato con un contenuto medio di 16-18% in P2O5.
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Scopo del processo
chimico sopra schematizzato quello
di ottenere un fosfato, quale quello
monocalcico, solubile in H2O e quindi
direttamente utilizzabile dalle radici
delle piante a differenza dei fosfati
tricalcici insolubili,
se non in acido
(cloridrico e citrico)
e poco assimilabili
dalle stesse radici.
La materia prima, le
fosforiti ed i fosfati minerali, provenivano quasi esclusivamente dallAfrica del nord ed il porto di Milazzo rappresentava una struttura utile e funzionale per tale scopo.
Spesso al posto delle fosforiti venivano impiegate le
polveri dossa di color grigio e di odore poco gradevole
che era possibile percepire nelle vicinanze dei magazzini
di deposito. Tali polveri contenevano dal 20 al 25% di
P 2O 5 e l1-2% di Azoto. LAzoto era lelemento
nutrizionale delle piante che differenziava il fosfato minerale dal fosfato dossa.
Lavvento di nuovi concimi complessi dagli anni
cinquanta in poi soppianta lutilizzo dei perfosfati.
Pertanto, lo stabilimento della Montecatini, che negli
anni trenta rispondeva tecnologicamente, commercialmente ed economicamente alle esigenze produttivistiche
e di mercato, diventa ai primi anni sessanta obsoleto e
superato da nuove e pi avanzate tecnologie. LAmministrazione dellepoca ne dispone, quindi, nel quadro di
revisione dellassetto produttivistico generale, la
chiusura, preferita ad una eventuale riconversione.

INQUINAMENTO
Lo stabilimento della Montecatini del tempo, pu considerarsi, alla luce, per, della presa di coscienza odierna dei
problemi ambientali ed ecologici, una industria a rischio
ed ad elevato potere di inquinamento ambientale.
I vapori che fuoriuscivano dal camino principale erano
costituiti spesso da composti nitro-solforosi di color giallo rossastro che a seconda dei venti arrivavano ad essere
percepiti da molte aree della citta provocando fastidiosi
malesseri alla gola.
Gli stessi vapori producevano danni allagricoltura specie
nelle zone viciniori allo stabilimento, tanto che numerose
erano le liti intentate dai produttori vinicoli ed orticoli a
carico della Montecatini. Era possibile notare in
moltissime aree che ricadevano sotto linfluenza dei gas
emessi dallindustria, danni alle foglie delle viti e di altre
specie arboree, che presentavano piccole aree di colore
verde bruno necrotizzate tipiche dellazione tossica dellanidride solforosa. E non minori erano i danni provocati
dalle polveri che influivano sui processi metabolici della
superficie fogliare con conseguenti effetti fitotossici per
azione di elementi inquinanti di cui erano costituiti.

Inoltre, le vicinanze della fabbrica erano spesso luogo di


percezione di sgradevoli odori derivanti sia da depositi
delle materie prime che dai depositi dei sottoprodotti
derivati.
Solo negli anni successivi, per, gli aspetti ambientali ed
ecologici entreranno a far parte del bagaglio di conoscenze e di cultura delle stesse popolazioni, provocando
reazioni che oggi sarebbero ancor pi gravi e rilevanti.
Sul piano economico-sociale la Montecatini rappresent,
tuttavia, un elemento importante di sviluppo dellarea
anche per limpiego della manodopera e per le attivit
indotte.
possibile mettere a confronto i dati relativi alle industrie chimiche ed affini del milazzese dei censimenti del
1951 e del 1961, da cui emerge che, mentre le imprese
con quattro unita locali hanno n 95 addetti, nel 1961 le
stesse imprese si riducono a due, le unit locali a tre, ma
il numero di addetti si eleva a 129.
Mediamente, lo stabilimento dava lavoro a 100 addetti,
tranne negli ultimi periodi in cui, per i motivi gi addetti,
si riducevano notevolmente del 50% circa.

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SCHEMA DIMPIANTO DI PRODUZIONE DI ACIDO SOLFORICO


11,5x1,8x1,8)
La pirite veniva immessa in forni di mattoni refrattari (mt. La torre di Glover (4) un cassone
muniti di una griglia in ghisa al di sotto delta quale veniva insufflata aria dando luogo alla seguente reazione di combustione:
4 Fe S2 +11 O2 Fee 03+8SO2
Lanidrite solforosa ottenuta veniva inviata allimpianto, mentre 1ossido di ferro (sottoprodotto) avente forma di polvere nerastra spesso
veniva accumulato negli spazi esterni dello stabilimento.

2 Camera separa polvere.


3necessari
Forni al nitro. Limpianto per ottenere gli ossidi di azoto (NOx)
per 1ossidazione dellanidrite solforosa (SO ) era del tipo

2
al nitro, detto cosi perch veniva impiegato nitrato di sodio. Lanidrite
solforosa, per mezzo dei vapori nitrosi viene ossidata ad anidrite solforica e (???) nella torre di Glover, in presenza di acqua forma acido
solforico.

4Glover,
I gas caldi (350-400) dei bruciatori entrano prima nella torre di
dove innaffiati con nitrosa proveniente dalla torre di Gay-

Lussac (5), formano acido solforico (H2SO4) al 78% ed ossidi di


azoto.

rettangolare, piuttosto basso, costruito in lastre di piombo, sostenute da una armatura


esterna di acciaio e riempita con quarzo di
dimensioni assortite. Dalla base della torre di
Gay-Lussac, 1acido - ricco di vapori nitrosipassa, insieme ad acqua, al basso della torre
di Glover, dove si diluisce liberandosi dagli
ossidi dazoto. Allalto della torre giunge il
gas caldo, che trasporta con s i vapori nitrosi
e il vapor dacqua. Lacido della Glover, che
discende al basso. della torre, si raccoglie in
una bacinella di piombo, immersa in una seconda bacinella, dove to spazio anulare percorso da acqua orrente; in tal modo 1acido
viene raffreddato da 54 C (130 F) a 15-21
C (60-70 F).Lacido freddo, viene ora elevato, per mezzo di un elevatore a pressione o
per mezzo di una pompa, ad un piccolo serbatoio.

La torre di Gay-Lussac viene impiegata per recuperare il piu


possibile i vapori nitrosi che fuoriescono dallultima camera, che altrimenti andrebbero perduti. La torre, di sezione circolare (d=3,90 m.)
alta 21m. In questa, cade dallalto 1acido solforico prelevato dalla
torre di Glover, contemporaneamente entrano i gas nitrosi dalle
camere; 1acido durante la caduta scioglie soltanto gli ossidi di azoto,
lasciando sfuggire gli altri gas; in ogni caso lassorbimento non mai
totale.Il solfato acido di nitrosile (nitrosa) passa successivamente nella
torre di Glover, dove cadendo sempre dallalto, viene a contatto con
1anidrite solforosa (SO2) e rigenera 1acido solforico ed i gas nitrosi.

Contemporaneamente entrano anche nelle camere a piombo, dove


dallalto viene spruzzata acqua in minute goccioline che permette
anche in questo caso la formazione di acido solforico (H2SO4) ed
ossidi di azoto. Lacido si accumula sul fondo di queste camere, da
dove successivamente viene sifonato o pompato ai serbatoi di deposito, oppure direttamente ai carri-cisterna.

Elevatore a pressione per acido solforico

da Emil Raymond Ryegel, Chimica industriale, Utet, 1952.


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PLANIMETRIADELLOSTABILIMENTODELLAMONTECATINI

1- Alloggi
2- Portineria
3-Uffici
4-Mensa
5-Magazzino scorte
6-7-8 Deposito materie prime
9- Forni
10 -Officina meccanica
11- Depurazione polveri SO2
12- Camere a piombo
13- Forni al nitro per la depurazione e la lavorazione dellanidride solforosa. Produzione di ossidi
di azoto
14- Struttura per le torri di Glover e Gay Lussac
15- Deposito damigiane contenenti acido solforico

16- Trasformazione di acido solforico risposte


fornite limpero fosfato minerale e stoccaggio dei
prodotti finali
17- Deposito minerali
18- Falegnameria
19- Deposito pompe
20-21-22-23 Cabina trasformazione in energia
elettrica, servizi igienici, laboratori, analisi chimiche, deposito carburanti

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