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Luca Vargiu IL BELLO NATURALE NELLESTETICA CONTEMPORANEA [Pubblicato senza note in: Hortus Artis.

Natura & artificio, catalogo della manifestazione (Cagliari 10-13/6/1998), Origamundi, Cagliari 1998, pp. 22-23.] [22] Negli ultimi anni ambientalisti ed ecologisti si sono affacciati sui territori dellestetica filosofica, favorendo il rilancio di una tematica, quella del bello naturale, che da lunghissimo tempo era stata dimenticata e quasi del tutto rimossa. vero che per millenni c stata una solidariet tra bello artistico e bello naturale: essa era il fondamento implicito della teoria dellarte come imitazione della natura, teoria che risale al pensiero di Platone e di Aristotele. Ma a fine Settecento il clima cambia: Kant (la cui Critica del Giudizio del 1790) forse lultimo pensatore dellet moderna per il quale la bellezza di un fiore conta di pi della bellezza di un quadro. Gi con lui larte non si fonda pi sull'imitazione, ma viene concepita come creazione geniale dellartista; nella sua teoria, comunque, sussiste ancora un saldo rapporto tra arte e natura per Kant il genio la disposizione innata dellanimo per mezzo della quale la natura d la regola allarte1 che in seguito si allenta fino a spezzarsi. Lidealismo, infatti, considera anche la natura come un prodotto della capacit creativa dello spirito, del soggetto: di conseguenza, il bello naturale non pu pi essere concepito come un momento autonomo, ma costretto a sottomettersi al bello artistico. Le cose non mutano nella filosofia successiva e largomento tende cos, via via, a scomparire dal panorama filosofico, destinato al massimo a brevi cenni, a una presenza dovuta quasi soltanto per onor di firma e comunque sempre subordinata allarte. Lestetica diviene perci quasi esclusivamente filosofia dell'arte e addirittura le osservazioni sul bello naturale, come nota Theodor W. Adorno, appaiono codine, noiose, antiquate2, sempre sul punto di cadere nel banale, nel lezioso o nel Kitsch. Se questo il quadro dellestetica contemporanea, pu sorprendere constatare come la situazione sia cambiata in questi ultimi anni. Lesigenza di tornare a trattare il bello naturale come valore, per, non proviene dal tradizionale ambito estetico-filosofico, ma dal campo delletica ambientale: la nuova estetica della natura nasce dal bisogno di impostare un nuovo rapporto con lambiente in cui viviamo ed perci impensabile al di fuori del vasto movimento ecologista diffusosi negli ultimi decenni. Cos, a occuparsi della questione sono soprattutto scienziati e ambientalisti, da due punti di vista diversi ma complementari. Da un lato, alcuni autori insistono per opporsi alla concezione dominante che vuole le scienze naturali interessate soltanto allaspetto matematico-quantitativo dei fenomeni, secondo leredit galileiana per cui il libro della natura scritto in lingua matematica. Questa concezione, che porta a vedere nel mondo naturale solo cose oggettivabili e funzionali per un utilizzo da parte delluomo, deve essere riscattata dallunilateralit, facendo leva sulla presenza degli aspetti qualitativi ed emotivi, aspetti che non possono essere ricondotti (e ridotti) a schemi e modelli di derivazione matematica. Si tratta, insomma, di ricuperare la dimensione della qualit accanto a quella della quantit, in direzione di quella nuova alleanza tra mondo della vita e mondo naturale teorizzata dal premio Nobel per la chimica Ilja Prigogine. Come scrive lo scienziato Enzo Tiezzi,
1 Immanuel Kant, Critica del Giudizio, trad. it. di A. Gargiulo riv. da V. Verra, Laterza, Roma-Bari 1974, p. 166. 2 Theodor W. Adorno, Teoria estetica, trad. it. di E. De Angelis, Einaudi, Torino 1977, p. 105.

che in Italia stato forse il primo a parlare di estetica della natura, il compito quello di promuovere una filosofia della natura in cui lestetica sia determinante nello studio scientifico, nelle scelte economiche, nella politica e nellintrecciare i primi nuovi alfabeti di colloquio tra noi e la natura3. Dallaltro lato, invece, il discorso sul bello naturale si addentra pi direttamente nei territori dellecologia: per far ci, lestetica rinuncia alla sua autonomia disciplinare e diventa una parte delletica ambientale. Qui il bello di natura visto come un argomento per convincere le persone ad amare e a proteggere lambiente: la natura questo si dice va difesa non soltanto per evitare danni nel presente e ancor di pi nel futuro, ma anche perch bella. la posizione, fra gli altri, del filosofo tedesco Vittorio Hsle, che osserva: Se si vogliono ottenere risultati a lungo termine, dal punto di vista motivazionale pi importante insegnare alluomo a ricuperare la sensibilit per le bellezze della natura che mostrargli i mali morali che si accompagnano alla distruzione dellambiente4. Come vediamo, qui il centro del discorso limperativo etico della difesa della natura e il riferimento estetico considerato soltanto un valido argomento di persuasione rispetto a questo imperativo. Alla nuova estetica ambientale non mancano debolezze e ingenuit, come nota Paolo DAngelo, che allargomento ha dedicato un interessante studio5. Non sempre chiaro, infatti, se coloro i quali oggi si occupano di questo tema considerino il bello naturale come oggettivo o soggettivo, cio se per loro appartenga alla natura in quanto tale oppure dipenda dal nostro modo di considerarla. A parte qualche oscillazione, [23] la prima tesi che prevale, quella di una bellezza intrinseca alla natura e indipendente da ogni osservatore. Si capisce il perch: dal punto di vista argomentativo certamente molto pi forte motivare la difesa della natura appellandosi a un suo carattere oggettivo piuttosto che a unattribuzione fatta da noi. Nondimeno, anche facile obiettare che non tutto in natura bello e che la percezione della natura cambiata lungo i secoli, per cui non possiamo sapere come apparir domani ci che ci sembra bello oggi: tanto per fare un esempio, lammirazione per la natura selvaggia era impensabile prima del XVIII secolo, cio precedentemente alla diffusione della sensibilit preromantica e poi romantica. Ma ancora, se si vuol far leva sul carattere autonomo e indipendente del bello naturale, bisognerebbe fare riferimento a esperienze dirette della natura. Eppure, tutti gli esempi di bellezza naturale che questi autori portano non riguardano mai direttamente un luogo o un oggetto, ma passano sempre attraverso la mediazione dellarte e della letteratura, citando poesie e romanzi o riferendosi a dipinti: proprio come accade in un celebre passo del Werther di Goethe, in cui Lotte, contemplando insieme con Werther il paesaggio sotto la pioggia, esclama Klopstock!6 e filtra cos lesperienza della natura richiamandosi a unode del poeta tedesco. Allo stesso modo, i teorici dellestetica ambientale preferiscono evitare riferimenti diretti, probabilmente, come osserva DAngelo, nella consapevolezza di quel che gi Adorno sapeva: ogni esempio diretto di bellezza naturale, un fiore, un albero, un lago, rischia di apparirci banale, lezioso, insignificante7. Il problema di unesperienza autentica del bello naturale insomma, viene da pensare,
3 Enzo Tiezzi, Fermare il tempo. Un'interpretazione estetico-scientifica della natura , Cortina, Milano 1996, p. 117. 4 Vittorio Hsle, Filosofia della crisi ecologica, trad. it. di P. Scibelli, Einaudi, Torino 1992, p. 103. 5 Cfr. Paolo DAngelo, Il ritorno del bello naturale, in Cultura e scuola, XXXII, n. 125, 1993, pp. 206-216. 6 Johann W. F. Goethe, I dolori del giovane Werther, trad. it. di A. Spaini in Opere, Sansoni, Firenze 1989, pp. 87-123: 70. 7 Paolo DAngelo, Il ritorno del bello naturale, cit., p. 215.

oggi un fatto di sensibilit e di gusto, di educazione e di cultura, piuttosto che di teoria estetica. Forse larte o la letteratura possono, anzi devono, nuovamente educarci alla bellezza della natura, forse c bisogno di uno scrittore che sappia riscattare largomento dallinattualit, come ha tentato Roland Barthes con il discorso amoroso8. Forse, per, anche la filosofia ha qualcosa da dire, e non solo sul piano estetico ma anche su quello etico. C infatti il rischio che lecologismo, non tutto ma per lo meno alcune frange, pensi alla salvaguardia della natura come a un mezzo che ci permette di sfruttarla ancora, anzi di sfruttarla meglio (per noi, si intende). Ora, non si tratta di controbattere a questa tesi ponendoci dal punto di vista della natura stessa e mettendoci dalla parte di un fiore o di un sasso: non possibile, sarebbe una finzione. Si tratta, invece, molto pi umanamente, di sposare un modo di vedere che non sia attento solo al benessere materiale, ma sia capace di pensare luomo nella sua totalit e interezza, come un essere legato alle necessit materiali ma anche ricco di esigenze spirituali, finalisticamente orientate. In questa direzione pu essere daiuto riprendere in mano e ripensare la filosofia del giardino di Rosario Assunto. Nel pensiero di Assunto (scomparso nel 1994) troviamo molti temi affini a quelli dei movimenti ambientalisti: lui stesso sosteneva che il punto di vista estetico e quello ecologico fossero due facce della stessa medaglia. Egli si opponeva con decisione alla moderna et della tecnica, capace di pensare alla natura solo come un serbatoio di risorse da sfruttare per i fini delluomo e, proprio per questo, responsabile di tante distruzioni. Di qui lelaborazione di una filosofia che, assumendo come propri contenuti il paesaggio e il giardino, proponesse una via duscita estetica rispetto allatteggiamento utilitaristico tipico del mondo moderno. Certo, il giardino (ma anche il paesaggio, come insegnava Simmel prima di Assunto) gi educato o comunque in qualche modo mediato dallintervento dell'uomo. Ma questambiente, in un pensiero che considera lestetica come filosofia totale, in cui vero, bene e bello si affratellano e in cui si riconciliano natura e ragione, limmagine stessa di una filosofia cos concepita, anzi un sentimento-pensiero diventato luogo9, nel quale la natura si fa arte e larte si fa natura, come libert della natura nel mondo umano e storico (non libert dalla natura) e libert delluomo non sulla natura ma nella natura10. Il giardino, dunque, come luogo privilegiato e insieme modello della nostra percezione della natura, che fa tuttuno con il nostro essere pienamente noi stessi. Ma fino a che punto questa unipotesi praticabile? O non piuttosto la nostalgia di un paradiso perduto oppure, al contrario, una visione utopica? La domanda preoccupa noi e, chiss, forse preoccupava lo stesso Assunto, nonostante potesse permettersi di pensare, come nel neoclassicismo, allantichit come futuro11.

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Cfr. Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, trad. it. di R. Guidieri, Einaudi, Torino 1979. Rosario Assunto, Ontologia e teleologia del giardino, Guerini, Milano 1988, p. 24. Rosario Assunto, Filosofia del Giardino e filosofia nel Giardino, Bulzoni, Roma 1981, p. 20. Cfr. Rosario Assunto, Lantichit come futuro. Studio sullestetica del neoclassicismo europeo, Mursia, Milano 1973.

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