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DIPARTIMENTO DI SOCIOLOGIA E
DI SCIENZA POLITICA
DAEDALUS
Quaderni di Storia e Scienze Sociali
Direzione scientifica
Vittorio Cappelli, Ercole Giap Parini, Osvaldo Pieroni
Redattori e collaboratori
Luca Addante, Olimpia Affuso, Rosa Maria Cappelli, Renata Ciaccio, Bernardino Cozza (), Barbara Curli, Francesco Di Vasto, Loredana Donnici,
Aurelio Garofalo, Teresa Grande, Salvatore Inglese, Francesco Mainieri,
Matteo Marini, Patrizia Nardi, Saverio Napolitano, Tiziana Noce, Giuseppina
Pellegrino, Maria Perri, Luigi Piccioni, Antonella Salomoni, Pia Tucci
Direzione e redazione
Dipartimento di Sociologia e di Scienza Politica dell'Universit della Calabria
87036 Arcavacata di Rende (Cosenza).
Tel. 0984 492568-67-65
E-mail: v.cappelli@unical.it; parini@unical.it; pieroni@unical.it
Direttore Responsabile Pia Tucci
Amministrazione
DAEDALUS - Laboratorio di Storia
Conto Corrente Postale n.:13509872
SOMMARIO
PASSATO/PRESENTE
p. 5
RICERCHE/MATERIALI
p. 27
p. 61
p. 85
LAVORI IN CORSO
p.105
RASSEGNE/DISCUSSIONI
p. 119
p.145
RECENSIONI
p.171
p.173
p.167
p.169
Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
OSVALDO PIERONI
L'ECOMOSTRO DIFFUSO.
PAESAGGI & IDENTIT: UNA RICERCA SUGLI ABUSI E LE.
OFFESE ALLAMBIENTE LUNGO LA COSTA CALABRESE.
Definizione di ecomostro
Lespressione ecomostro efficace neologismo divenuta di uso comune a seguito dellintervento di associazioni ambientaliste impegnate nella
denuncia di costruzioni, immobili, artefatti, ecc. tali da incidere con forte impatto negativo sulla qualit ecologica ed estetica del territorio. Inizialmente
essa si riferiva a grandi strutture immobiliari, come appunto lecomostro di
Fuenti, un brutto e voluminoso immobile che deturpava la costiera amalfitana, o il megapalazzo di Punta Perotti, che si ergeva come enorme paratia tra il
mare e la citt di Bari. Il termine, in seguito, ha assunto un significato meno
specifico, ovvero non solo riferito a interventi immobiliari di rilevante mole,
ed attualmente designa qualsiasi costruzione percepita come offensiva di contesti paesaggistici. Lart.9 della Costituzione della Repubblica Italiana indica,
fra i principi fondamentali, quello della tutela del paesaggio e del patrimonio
storico e artistico della Nazione. Tuttavia occorre notare come soltanto di recente si sia affermata, anche in campo legislativo, una concezione del paesaggio non puramente estetica, ma tale da coinvolgere non solo aspetti relativi alla ecologia dei luoghi, ma anche aspetti sociologici che riguardano la
stessa identit delle popolazioni. Basti qui citare la definizione normativa di
paesaggio introdotta dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto
legislativo n. 42 del 2004), che allart. 131 recita:
1. Ai fini del presente codice per paesaggio si intende una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o
dalle reciproche interrelazioni.
2. La tutela e la valorizzazione del paesaggio salvaguardano i valori che
esso esprime quali manifestazioni identitarie percepibili.
Natura, storia, identit si affiancano alla concezione estetica e romantica
del paesaggio, che assume una connotazione pienamente sociologica. Daltro
canto, tra i grandi padri della sociologia, spicca, seppur isolata agli inizi del
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Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
secolo scorso, la figura di Gorge Simmel che al paesaggio ed alla sua percezione dedica una serie di importanti saggi.
Bench lo stesso concetto di natura oggettiva dipenda dalla definizione
che un osservatore adotta (e quindi la realt stessa si presenta come molteplice e non unica, oggettiva in senso proprio), si soliti considerare analiticamente due aspetti del paesaggio: uno ancorato a quella che viene indicata
come estetica della natura, che ha a che fare non solo con la bellezza ma anche con lequilibrio e la qualit ecologica di un luogo, ad un altro che invece
si riferisce allimmaginario, alla percezione che va oltre il dato reale, al suo
senso simbolico.
In un passo dello Zibaldone Giacomo Leopardi individuava con profonda
acutezza questo duplice aspetto: Alluomo sensibile e immaginoso, che viva, come io sono vissuto gran tempo, sentendo di continuo e immaginando, il
mondo e gli oggetti sono in certo modo doppi. Egli vedr cogli occhi una torre, una campagna; udr con gli orecchi un suono duna campana; e nel tempo
stesso collimmaginazione vedr unaltra torre, unaltra campagna, udr un
altro suono. In questo secondo genere di obbietti sta tutto il bello e il piacevole delle cose. Trista quella vita (ed pur tale la vita comunemente) che non
vede, non ode, non sente se non che oggetti semplici, quelli soli di cui gli occhi, gli orecchi e gli altri sentimenti ricevono la sensazione .
Senza addentrarci qui in una discussione sul concetto di paesaggio, che
pur sarebbe interessante vista limportanza trasversale che oggi ha assunto
anche nellambito di studi specialistici (dallarchitettura allecologia ed alle
scienze naturali, dalla filosofia alla sociologia ed al diritto, etc.), nelle pagine
che seguono illustreremo i primi risultati di una indagine sul territorio calabrese, voluta dallAssessorato al Governo del Territorio ed allUrbanistica,
significativamente intitolata Paesaggi & Identit1. La ricerca sostanzialmente consistita in un accurato censimento delle offese al paesaggio ed alla
conformazione ecologica del territorio lungo le coste calabresi. In altri termini si trattato di individuare sistematicamente la presenza di ecomostri,
indipendentemente dalle dimensioni degli oggetti che tale termine indica.
La definizione del concetto di ecomostri si avvalsa da un lato
dellesame della letteratura scientifica relativa al paesaggio e dallaltro si
basata su di un primo screening delle coste calabresi giovandosi:
1
Lindagine stata affidata alla Universit Mediterranea ed allUniversit della Calabria. Il prof. Renato Nicolini ed il sottoscritto hanno diretto e coordinato la ricerca.
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Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
a) delle differenti documentazioni cartografiche (in particolare foto aeree) disponibili messe a confronto,
b) delle segnalazioni di abusi ed impatti paesaggistici note attraverso
comunicati delle associazioni ambientaliste,
c) dellesame delle notizie riportate dalla stampa, con particolare riferimento ai quotidiani calabresi,
d) dellesame de visu effettuato da chi scrive in determinati luoghi ritenuti particolarmente significativi in relazione alle peculiarit dei paesaggi calabresi,
e) dellesame relativo alla dislocazione delle aree naturalistiche di
pregio, ed in particolare dei siti classificati SIC e ZPS ed inclusi nei Parchi, delle aree umide e delle aree idrogeologicamente fragili,
f) della partecipazione a seminari e convegni aventi per oggetto tematiche attinenti loggetto dellintervento.
Si tenuto poi in particolare conto il concetto di paesaggio, nella nuova e
pi ampia accezione, quale quella fornita dalla Convenzione Europea del
Paesaggio (firmata a Firenze nel 2000). Questa stessa assume rilevanza strategica, considerando che il paesaggio costituisce elemento peculiare
dellidentit del contesto territoriale e sociale, tanto da fargli assumere una
valenza fondamentale per determinare la buona qualit della vita.
Tale lassunto della Convenzione Europea del Paesaggio che riconosce
la qualit e la diversit dei paesaggi quale elemento caratterizzante e fonte di
ricchezza per i contesti europei. Affermando limportanza di valorizzare le
aspirazioni delle popolazioni a godere di un paesaggio di qualit, ed evidenziando come la tutela del paesaggio non sia in contrasto con lo sviluppo economico, ma favorisca invece lo sviluppo sostenibile ed il coinvolgimento sociale.
Operativamente, gli Stati membri firmatari della Convenzione si impegnano a:
a.
riconoscere giuridicamente il paesaggio in quanto componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversit del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento
della loro identit;
b.
stabilire e attuare politiche paesaggistiche volte alla protezione,
alla gestione, alla pianificazione dei paesaggi tramite ladozione delle
misure specifiche previste dallart. 6 della stessa Convenzione;
7
Daedalus 2007
c.
d.
PASSATO/PRESENTE
avviare procedure di partecipazione del pubblico, delle autorit locali e regionali e degli altri soggetti coinvolti nella definizione e nella
realizzazione delle politiche paesaggistiche;
integrare il paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio,
urbanistiche e in quelle a carattere culturale, ambientale, agricolo,
sociale ed economico, nonch nelle altre politiche che possono avere
un'incidenza diretta o indiretta sul paesaggio.
In questa direzione si muovono le Linee Guida della Pianificazione Urbanistica della Regione Calabria, la novit dei Piani Strutturali rispetto ai Piani
Regolatori, e le modifiche proposte alla Legge Urbanistica della Regione Calabria (19/02).
Possiamo definire ecomostro, ai fini della nostra indagine, una costruzione (un oggetto, un manufatto, etc.) alla quale si riconoscono contemporaneamente i seguenti caratteri:
Presenza di forte discontinuit con il tessuto ambientale e/o urbano (impatto ambientale) ;
Impatto sociale negativo (incrementa le disuguaglianze, diminuisce la qualit della vita, lo spazio comune e le relazioni);
Impatto economico negativo (sottrazione e spreco di risorse, soprattutto le risorse immateriali e le risorse non riproducibili, genera speculazione e rendita parassitaria).
Un edificio al quale si riconoscono, tutte o in parte, le sopradette caratteristiche pu essere quindi assimilato al concetto di ecomostro e pu essere
definito tale sul piano:
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Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
sociale, poich costituisce elemento di disturbo nella vita degli abitanti del centro, che abbisognano di armonia ed equilibrio, non
di caoticit e di deterioramento dellimmagine e della realt quotidiana del paese;
morale, infine, perch lecomostro tollerato un centro perennemente attivo di incentivo allillegalit, alla speculazione ed alla
corruzione,
Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
Ecologia
Degrado
Paesaggio
Ecomostro
ed
impatto ecoterritoriale
Assetto
urbanistico
Norme
Cultura
identit
Societ
economia
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Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
Metodologia
Utilizzando le tecniche di Map Overlay sono state implementate, sulla base cartografica Ortofoto IT2000, le banche dati relative ai Limiti Amministrativi dei Comuni della Calabria, ai Rischi Idraulici individuati dal Piano
dAssetto Idrogeologico della Calabria, alle aree SIC e ZPS, alle aree protette, alle aree comprese entro 300 metri dalla linea di costa.
E stato cos possibile individuare e cartografare tutti i fabbricati e gli oggetti, esterni ai centri urbani, che presentano caratteristiche anomale e che
quindi hanno richiesto una verifica puntuale, effettuata de visu dai rilevatori.
Per ogni oggetto individuato si sono rese disponibili le informazioni relative alla presenza di condizioni di rischio idraulico, alla presenza di aree protette, aree SIC e aree ZPS ed stato specificato se esso compreso nella fasce entro i 50 metri dalla linea di costa. Metodologicamente sembra utile ricordare che lappartenenza dei casi individuati a tali condizioni stata effettuata attraverso una serie di operazioni di Selezioni Spaziali utilizzando la
Condizione Intersect.
Complessivamente attraverso questo tipo di indagine sono stati individuati 5.210 immobili; in tab. 1 viene rappresentata la suddivisione dei casi nelle
cinque Province calabresi.
Num. di casi indiPercentuale
viduati
CS
1.156
22,19
CZ
548
10,52
KR
915
17,56
RC
2.093
40,17
VV
498
9,56
100
TOTALE
5.210
Tab. 1 Distribuzione dei casi tra le Province
Provincia
Questo paragrafo stato redatto dal Dott. Giovanni Salerno, che ha collaborato
allindagine.
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Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
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Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
Nella prima fase, riferita alla definizione del concetto di Ecomostro, sono
stai considerati i criteri di individuazione e classificazione indicati nel 1
Rapporto di Ricerca. Il SIT stato strutturato in maniera tale da consentire,
per ogni fabbricato individuato e censito, di fornire un quadro della situazione urbanistica e della situazione giuridica pi in generale.
Nella fase che ha preceduto lindagine sul campo sono state individuate
tutte le caratteristiche del SIT sia in termini statici (che tipo di dati bisogner
archiviare ed utilizzare), sia in termini dinamici (che tipo di operazioni verranno effettuate sui dati archiviati). Questo passaggio, apparentemente banale, si mostrato in realt estremamente complesso ed una quanto pi esaustiva definizione parsa essenziale per garantire il funzionamento del SIT.
Nella seconda fase, ovvero relativa alla progettazione, lo schema concettuale precedentemente definito viene tradotto in un sistema di gestione della
base di dati. Lo schema che si intende seguire quello standard utilizzato per
la progettazione della base di dati e prevede in successione i seguenti step:
1. Progettazione concettuale: vengono rappresentate le specifiche informazioni della realt di interesse in termini di una descrizione formale e
completa, ma indipendente dai criteri di gestione dei dati utilizzati; la
progettazione concettuale strettamente connessa alla fase della definizione dei contenuti del SIT.
2. Progettazione logica: lo schema concettuale viene tradotto nel modello
di rappresentazione dei dati: il modello Entit-Relazioni.
3. Progettazione fisica: corrisponde al linguaggio di programmazione del
software prescelto.
Si passati quindi ad una prima fase di raccolta dati, e successivamente
alla fase di implementazione e quindi a quella di validazione, fasi che hanno
certificato la qualit dello schema del SIT; lultima fase, il funzionamento, ha
comportato un censimento completo di tutti i fabbricati individuati lungo le
coste calabresi (ed in tal modo ai casi individuati sono stati aggiunti altri, che
non risultavano dalla cartografia, mentre altri casi individuati cartograficamente si sono rivelati inesistenti poich gi demoliti o trasformati oppure
non conformi ai criteri di rilevazione).
Lo schema concettuale definito stato tradotto in un modello EntitRelazioni.
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Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
Lo schema logico definito stato tradotto in unarchitettura di dati utilizzata per la raccolta delle informazioni alfanumeriche collegate agli oggetti
geografici. I dati, vettoriali e alfanumerici, sono stati strutturati in un Personal
Geodatabase; la gestione della componente vettoriale avvenuta in ambiente
ArcGIS mentre per la componente alfanumerica stato utilizzato il software
Microsoft Access.
La raccolta dati
Venti architetti, in alcuni casi dotati di palmari per lindividuazione sul
terreno dei fabbricati censiti e di una maschera di Access, realizzata per
limmissione dei dati alfanumerici nel Geodatabase (fig. 3), hanno percorso
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Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
lintera fascia costiera calabrese verificando ad uno ad uno i casi censiti cartograficamente.
Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
palazzi condominiali alle villette a schiera, dalle ville uni e bi familiari a piccoli edifici, da campings e villaggi turistici a lidi cementificati, via via fino ad
aree demaniali privatamente appropriate ed a costruzioni mai terminate, abbandonate, disastrate.
Da un punto di vista giuridico potremmo distinguere tre macro tipi di abuso paesaggistico, che di seguito definiremo in termini pi generali offesa al paesaggio:
1. legale (ovvero legittimato dalla originaria inclusione in PRG);
2. legalizzato (cio ricompresso in varianti ai PRG oppure in aree dotate di
servizi pubblici ed opere di urbanizzazione);
3. illegale (in area demaniale, protetta, instabile, etc).
Per ci cha concerne lambito definito come legalizzato occorre dire che
talvolta si tratta di opere legali ma non legittime, ovvero in contrasto con
normative e leggi di livello superiore allambito comunale ( ad esempio:
Legge Galasso). In certuni casi gli oggetti in questione sono di propriet
pubblica.
Gli oltre 700 chilometri di costa calabrese sono stati suddivisi in zone paesaggisticamente significative tanto dal punto di vista della uniformit morfologica ed ecologica (a volte si tratta anche di aree archeologicamente significative oppure caratterizzate da insediamenti di specifica origine etnoculturale), quanto soprattutto dal punto di vista della percezione culturale
degli abitanti cha spesso hanno attribuito ad esse specifiche denominazioni,
come ad esempio Costa Viola, Costa dei Gelsomini oppure Riviera dei
Cedri, Area grecanica, etc., pi o meno recenti. Alcune aree cos denominate sono state talvolta suddivise in sottogruppi, sia a causa di dati ancorati a
vincoli di confine amministrativo, sia per una migliore e pi equilibrata distribuzione dei medesimi. In ogni caso tale definizione andr rivista e riaggiustata sulla base di nuove interviste qualitative e degli esiti dei laboratori
territoriali.
Le 30 aree, che potremmo definire come immagini di paesaggio, sono
elencate nella seguente tabella ed accanto a ciascuna di esse figura il numero
di offese al paesaggio censite.
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PASSATO/PRESENTE
1. Alto Tirreno
2. Riviera Cedri Nord
3. Riviera Cedri Sud e Foce del Lao
4. Litorale Paolano
5. Costiera dAmantea
6. Foce del Savuto e Le Vote
7. Costiera di Pizzo
8. Marina Vibonese
9. Tropeana (Costa degli Dei)
10. Capo Vaticano- Costa degli Dei
11. Joppolo Nicotera
12. Marina di Gioia
13. Costa Viola
14. Cannitello Villa San Giovanni (lo Stretto)
15. Foce del Gallico (Catona Reggio Nord)
16. Reggio Calabria
17. Costa dei Gelsomini
18. Locride
19. Siderno
20. Riviera dei Bronzi
21. Punta Stilo
22. Soverato e Golfo di Squillace
23.Isola Capo Rizzuto
24. Crotonese e Foce del Neto
25. Cirotano
26. Litorale Sila Greca
27. Rossano- Corigliano
28. Sibari
29. Approdo Miceneo
30. Jonica Superiore
17
20
29
134
188
46
35
50
79
69
218
92
147
230
73
845
492
289
63
155
95
33
587
287
361
447
125
194
4
107
66
5560
0.4
0,5
2,4
3,4
0.8
0,6
0.9
1,4
1,2
3,9
1,7
2,6
4,1
1,3
15,2
8,8
5,2
1,1
2,8
1,7
0.6
10,6
5,2
6,5
8,0
2,2
3,5
0,1
1,9
1,2
100,00
Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
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Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
Come si noter la distribuzione degli oltraggi investe ogni area e particolarmente intensa appare non soltanto in contesti fortemente urbanizzati ed
urbani come Reggio Calabria, ma anche in aree di pregio turisticamente note
: larea di Tropea, la Costa Viola, la Locride, larea di Soverato e, in particolare, larea di Isola Capo Rizzuto e del Crotonese, in larga parte paradossalmente vincolata come Riserva Marina Protetta ed area archeologica. In
questultima zona si addensa ben il 52% degli abusi illegali compresi in aree
marine protette.
Gli abusi compresi in aree protette (ZPS, SIC, Parchi e Marine) sono i
seguenti :
Area Marina Protetta
50
0,9
Area SIC
471
8,5
Area ZPS
165
3,0
Vincolo Archeologico
72
1,3
758
13,7
Ben 758 abusi in senso proprio, e quindi ricadenti nella categoria della illegalit,
si collocano in aree protette ed in particolare nellambito di Siti di Importanza Comunitaria (471 casi) e di Zone di Protezione Speciale (165 casi).
La distribuzione comunale dei casi che invadono le aree SIC investe le
municipalit di Bagnara (5), Belcastro (4), Borgia (1), Botricello (8), Bova
Marina (1), Brancaleone (2), Briatico (1), Condofuri (1), Corigliano Calabro
(1), Cropani (2), Crotone (3), Curinga (4), Cutro (2), Guardiavalle (3), Joppolo (2), Montegiordano (2), Nicotera (1), Palizzi (30), Palmi (23), Pizzo (1),
Reggio Calabria (215), Ricadi (83), Roseto Capo Spulico (1), Scilla (3),
Squillace (1), Stallett (66), Trebisacce (3), Villapiana (2). Il Comune di Reggio Calabria, assai vasto per estensione territoriale, accoglie quasi la met
degli abusi SIC individuati. Elevate concentrazioni di abusi sono state rilevate nellarea di pregio di Capo Vaticano, nellambito della Costa Viola ed in
particolare a Stallett.
La Costa Viola appare inoltre particolarmente colpita in relazione agli abusi compresi in Zone di Protezione Speciale: i casi individuati riguardano
Bagnara (36), Scilla (49), Villa San Giovanni (71). I restanti casi di tale categoria sono stai individuati a Belcastro (4), Botricello (1), Trebisacce (2), Villapiana (2).
Consistenti paiono anche le abusive offese edilizie collocate nellambito
di pregiate aree sottoposte a vincolo archeologico, si tratta di 72 casi per quasi totalit concentrati nel comune di Reggio Calabria, mentre un caso stato
rilevato nel comune di Locri.
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PASSATO/PRESENTE
550
9.9
8
120
84
129
341
0.1
2.2
1.5
2.3
6.1
Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
585
439
1024
10.5
7.9
18,4
Riflessioni conclusive
Il 48,1 dei casi si trova in area vincolata o protetta. Inoltre altri 50 casi insistono su aree demaniali e diversi altri ancora sono soggetti a vincoli paesaggistici derivanti da diverse normative, oltre quelle segnalate.
Nel 53,6% dei casi si tratta di strutture in cemento armato. Circa il 37%
dei fabbricati sono in buone condizioni ed altrettanto spesso si tratta di residenze isolate uni o bifamiliari.
In base ad una esplorazione fattoriale possiamo a questo punto sintetizzare alcune provvisorie osservazioni.
Avendo sottoposto ad analisi 17 variabili relative a vincoli da un lato ed a
servizi o forniture di urbanizzazione dallaltro, risulta che i primi cinque fattori spiegano oltre il 60 percento della varianza, mentre i primi tre raggiungono circa il 48%. Su questi ultimi ci soffermiamo.
Varianza Totale Spiegata
1
2
3
4
5
totale
4.419
2.568
1.127
1.109
1.036
% di varianza
25.994
15.104
6.632
6.522
6.092
21
% cumulata
25.994
41.099
47.731
54.253
60.344
Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
Matrice di componenti
Strade residenziali
Spazi di sosta e parcheggi
Fognature
Rete idrica
Rete Elettrica (ENEL)
Rete Gas
Pubblica Illuminazione
Verde Attrezzato
Area SIC
Area ZPS
Area Marina Protetta
Vincolo Codice Urbani
Servit Militari
Vincolo ferroviario
Rischio Idraulico
Legge Regionale 23
Vincolo archeologico
1
.771
.704
.802
.875
.865
.502
.807
.464
.061
.143
-.115
.085
-.008
.046
-.053
.054
.042
2
.169
-.245
.203
.178
.190
-.183
-.095
-.192
.530
-.142
-.012
.877
-.005
.387
-.003
.886
.534
3
.116
.156
-.101
-.155
-.138
.089
.027
.157
.566
.072
.024
-.100
.270
-.571
.076
-.014
.512
4
-.026
.150
.027
-.141
-.153
.466
.003
.421
-.119
-.635
.258
-.001
.056
.244
.309
.071
-.014
5
.006
-.090
.042
.064
.066
.079
.037
-.145
-.022
-.018
-.633
.022
.013
-.062
.760
.034
-.060
Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
Le ultime tre componenti mostrano valori relativamente contenuti in rapporto ad altri tipi di vincolo (ferroviario - .61 terza componente) e area ZPS (
-.47 quarta componente): in questo caso si tratta di relazioni negative. Va per notato che aree SIC ed aree ZPS presentano segno positivo allinterno della seconda componente. Il che significa che il anche il vincolo ecologico ambientale di tipo comunitario non risulta particolarmente efficace.
Siffatti risultati inducono a riflettere sulla relazione tra azione pubblica ed
interventi privati. Non si tratta a nostro avviso di sottoporre a critica la
normativa vincolistica, che pur potrebbe essere efficace, quanto piuttosto di
trovare una soluzione ottimale relativa allimplementazione di essa. Il richiamo e lattuazione delle norme che proteggono il paesaggio ed il territorio
possono essere oggetto di intervento della magistratura (e tuttavia va considerato che numerosi contenziosi non trovano soluzione per il reiterarsi di ricorsi
ed appelli), e senza dubbio lazione politico-amministrativa pu concorrere
alla corretta applicazione delle norme intervenendo attraverso interventi di
demolizione e/o ristrutturazione. Va per notato che i casi di abuso ed offesa
al paesaggio sono talmente numerosi che appare difficile se non impossibile
intervenire su larga scala. La questione si presenta in tutta la sua gravit sotto
il profilo culturale e della percezione diffusa che gli abitanti e gli stessi amministratori di livello locale hanno del proprio territorio. In altri termini, possiamo ipotizzare che limmagine del paesaggio sia percepita e vissuta in modo estremamente contraddittorio, laddove atteggiamenti e comportamenti collidono. E dunque necessario che lazione politico-amministrativa intervenga
sul piano culturale ed estetico, proponendo e recuperando valori che connettano unimmagine non corrotta del paesaggio alle identit locali.
La proposta che intendiamo avanzare, peraltro compresa negli impegni
previsti a conclusione della indagine sul campo, concerne lattivazione di laboratori territoriali per la riqualificazione del paesaggio. Si tratter di inaugurare interventi di animazione e discussione, coinvolgendo in primo luogo
quanti tra gli abitanti di un determinato luogo percepiscono il degrado paesaggistico e si mobilitano (o intendono mobilitarsi) per una ricostruzione del
paesaggio. Da questo punto di vista paiono attori importanti le associazioni
ambientaliste e culturali presenti su di un dato territorio, i comitati locali per
la difesa di beni ambientali e culturali, studiosi ed esperti che rivolgono uno
sguardo critico nei confronti dellattuale situazione e che operano in ambiti
riferibili alla articolazione del concetto di ecomostro (architetti, urbanisti, sociologi, economisti, giuristi, geologi, agronomi, etc.). Ovviamente imprescindibile il coinvolgimento di amministratori locali, sindaci in primo luogo,
e di tecnici delle amministrazioni locali.
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Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
Daedalus 2007
PASSATO/PRESENTE
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Daedalus 2007
RICERCHE/MATERIALI
VITTORIO CAPPELLI
Questo testo la versione italiana aggiornata e adattata in qualche punto di: Entre inmigrantes, socialistas y masones. La emigracin italiana en Colombia y en Centroamrica y un fantasmal atentado a Mussolini, saggio comparso sulla rivista argentina Estudios Migratorios Latinoamericanos [Buenos Aires, Cemla, a. 19, n. 57, 2005
(ma 2006), pp. 335-366].
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Daedalus 2007
RICERCHE/MATERIALI
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Daedalus 2007
RICERCHE/MATERIALI
Sul finire del secolo, tra il 1884 e il 1900, espatriano ufficialmente dal
Vallo di Diano quasi 31.000 persone (alle quali se ne aggiungeranno altre
22.000 nel primo quindicennio del Novecento). Il paese che d il maggior
contributo allesodo Padula, che nel 1871 ha 8.662 abitanti presenti, ridotti
a 4.553 nel 1911. Gli espatriati sono 4.546 tra il 1884 e il 1899, 2.372 tra il
1901 e il 1915.
Il circondario lucano di Lagonegro, posto tra il Vallo di Diano e il versante calabrese del Pollino, larea di pi precoce e massiccia emigrazione verso
le Americhe in partenza dalla Lucania. Molti paesi, nellultimo ventennio
dellOttocento, perdono migliaia di abitanti e cos anche i centri della vicina
Val dAgri. Il primato spetta a San Severino Lucano, che perde il 38% della
popolazione, seguono Montemurro con quasi il 30% e Viggiano con circa il
28%6.
Infine, il territorio calabrese del Pollino e la contigua costa tirrenica detengono anchessi una sorta di primato migratorio nella loro regione: gi
nellultimo ventennio dellOttocento i Comuni di questo territorio risultano
quasi tutti spopolati. Emergono sugli altri i casi di Morano Calabro e Lungro,
che in ventanni perdono rispettivamente il 34 e il 30% degli abitanti.
Dallintero circondario calabrese del Pollino, che fa capo a Castrovillari, partono in ventanni circa 45.000 persone7.
Ma gi nel 1874 un periodico locale, LOsservatore Tipografico, aveva
giudicato lemigrazione un fenomeno positivo, malgrado lallarme dei grandi
proprietari, che vedevano per questo avvenimento dellemigrazione deserti
di cultori le loro vaste tenute e mancare dei necessari artigiani le grandi e le
piccole borgate. Lo stesso giornale osservava che lemigrazione degli abitanti dellItalia meridionale per le Americhe prende piede e si sviluppa ogni
6
A. FRANZONI, Lemigrazione in Basilicata, Roma, Tipografia Nazionale Bertero, 1904; A. ROSSI, Vantaggi e danni dellemigrazione nel Mezzogiorno dItalia. Note di un viaggio fatto in Basilicata e in Calabria. Ottobre 1907, in Bollettino
dellemigrazione, 1908, n. 13; N. LISANTI, Lemigrazione lucana dallUnit al fascismo, in Lucani nel mondo, Rivista Basilicata Notizie, 1998, n. 1-2, pp. 11-20; R.
GIURA LONGO, DallUnit al fascismo, in Storia della Basilicata. 4. Let contemporanea, a cura di G. De Rosa, Roma-Bari, Laterza, 2002, pp. 83-110
7
Al termine del lungo ciclo migratorio, nel 1931, Morano si ritrover con 5.182
abitanti, dai quasi diecimila del 1881; Lungro conter 3.571 abitanti, sui 5.742 di cinquantanni prima. Cfr. V. CAPPELLI, Emigranti, moschetti e podest. Pagine di storia
sociale e politica nellarea del Pollino (1880-1943), Castrovillari, Il Coscile, 1995;
IDEM, Nelle altre Americhe. Calabresi in Colombia, Panam, Costa Rica, Guatemala,
Doria di Cassano Jonio, La Mongolfiera, 2004.
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Nel primo decennio del Novecento, nella celebre Inchiesta Nitti sulla Lucania e la Calabria, si osserva che lemigrazione ha perduto il suo carattere
quasi drammatico: si va e si viene dallAmerica con la pi grande facilit.
() dove una emigrazione ormai antica, si considera il viaggio in America
assai meno che un viaggio a Firenze o a Milano. () I contadini non vanno
verso lignoto: molti sono gi stati in America tre o quattro volte: si va, si
torna, si riparte13.
Anche a Morano, sul versante calabrese del Pollino, quasi tutti si dirigono
in America Latina, prediligendo Porto Alegre, nellestremo sud del Brasile,
ma concentrandosi anche in Colombia (in specie le citt della costa caraibica:
Barranquilla, Cinaga, Santa Marta, Cartagena), in Costa Rica (specialmente
a San Jos) e in Guatemala (nella capitale e a Quetzaltenango). La Colombia
dei moranesi anche uno dei destini privilegiati dagli emigranti del Vallo di
Diano e in specie di Padula, che vi formano una vasta comunit. E nella stessa Colombia si dirigono tanti emigranti calabresi di Scalea, molti dei quali
dal porto fluviale di Barranquilla si diramano nellinterno lungo le stazioni
commerciali del Rio Magdalena e nellomonima regione bananiera. Infine,
dallintero territorio calabrolucanocampano che stiamo considerando, molti si dirigono anche nelle maggiori isole dei Caraibi, in specie allAvana e a
Santo Domingo, per esercitarvi i mestieri artigiani, soprattutto la calzoleria e
la sartoria, i commerci e piccole attivit industriali14.
Linsieme di questi dati va collegato naturalmente al quadro economico
dellarea di partenza e alle sue stesse caratteristiche orografiche e idrografiche. Si tratta di un territorio piuttosto vasto, disposto lungo un asse di oltre
cento chilometri, che ricade in tre diverse regioni amministrative, ma ha evidelle quali 56 (il 36%) sono gestite da immigrati provenienti dal Salernitano; di questi, 45 (il 28%) provengono dal solo comune di Camerota (cfr. G. DANGELO, Ermenegildo Aliprandi e Gli Italiani in Venezuelain Orillas. Studi in onore di Giovanni
Battista de Cesare, Salerno, Edizioni del Paguro, 2001, pp. 105-115).
13
F.S. NITTI, Scritti sulla questione meridionale. Vol IV. Inchiesta sulle condizioni dei contadini in Basilicata e in Calabria (1910), tomo 1, a cura di P. Villani e A.
Massafra, Bari, Laterza, 1968, p. 154.
14
Per Cuba: D. CAPOLONGO, a cura di, Emigrazione e presenza italiana in Cuba,
4 voll., Roccarainola, Circolo Culturale B. G. Duns Scoto, 2002-2005; per la Repubblica Dominicana: E. ESPINAL HERNANDEZ, Aspecto genealgico de la inmigracin
italiana en Santiago, in Revista Races, 1994, luglio-dicembre; G. AZCARATE, Los
italianos en Amrica. Historia de familia, 2002 (http://rootsweb.com/~domwgw
/italianosamerica.htm); B. VEGA, Nazismo, fascismo y falangismo en la Repblica
Dominicana, Santo Domingo, Fundacin Cultural Dominicana, 1985.
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2a. In Colombia.
Tra le due guerre mondiali, levoluzione dellimpresa migratoria, la conquista di un pi elevato status economico e sociale, lo svilupparsi, nel caso
colombiano, dei rapporti tra gli immigrati moranesi e le comunit provenienti
da Padula e da Scalea, aprono la strada alladesione alla massoneria. Tra gli
immigrati provenienti da queste e da altre localit italiane26 sembra che siano
non pochi in Colombia gli aderenti a logge massoniche.
istituito con gli emigrati nelle Americhe, dove vengono inviate tra le cinque e le seicento copie del giornale (su 1.300 di tiratura dichiarata). In numerosi paesi
dellAmerica latina e a New York il periodico ha i suoi rappresentanti allestero,
che organizzano varie sottoscrizioni tra i compaesani emigrati. Nel periodo 1913-15,
si contano 212 sottoscrizioni individuali per un totale di 1.643 lire; nel dopoguerra
giungeranno frequenti contributi al giornale, divenuto comunista, soprattutto da Barranquilla, Cienaga e Santa Marta (in Colombia), da San Jos (Costa Rica), da Porto
Alegre (Brasile) e dal Guatemala. V. CAPPELLI, Emigranti, moschetti e podest, cit..
25
V. CAPPELLI, Emigrazione transoceanica e socialismo. Il caso di Morano Calabro, in Lemigrazione calabrese dallUnit a oggi, a cura di P. BORZOMATI, Roma,
Centro Studi Emigrazione, 1982, pp. 115-133; IDEM, Emigranti, moschetti e podest,
cit.; IDEM, Tra Macondo e Barranquilla. Gli italiani nella Colombia caraibica dal
tardo Ottocento alla Seconda guerra mondiale, in Altreitalie, luglio-dicembre 2003,
n. 27, pp. 18-52; IDEM, Nelle altre Americhe. Calabresi in Colombia, Panam, Costa
Rica, Guatemala, cit.; F. MAINIERI, inamerica. Emigranti moranesi in America Latina, in Contrade, maggio 1993, n. 1, pp. 4-63; N. SANTORO de CONSTANTINO, O Italiano da esquina. Imigrantes na sociedade porto-alegrense, Porto Alegre, Est, 1991.
26
Oltre a quelle indicate, assolutamente maggioritarie, si dirigono in Colombia
altre due piccole catene migratorie. La prima in partenza da Ghivizzano (un piccolo
centro della valle del Serchio, in provincia di Lucca), che ha inizio da una delle compagnie itineranti dei celebri figurinai, artefici e venditori di statuine di gesso (C.
SARDI, La Colombia e gli Italiani. Appunti, Lucca, Tipografia Editrice Baroni, 1915;
P. TAGLIASACCHI, Coreglia Antelminelli. Patria del Figurinaio, Comune di Coreglia
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In verit, gi nella fase pionieristica dellimmigrazione italiana la massoneria aveva giocato un ruolo fondamentale. Nel tardo Ottocento, aveva acquisito una drammatica notoriet il caso di Ernesto Cerruti, un garibaldino torinese che aveva tentato la fortuna in Colombia nel 1870. Insediatosi nella regione andina del Cauca, affiliato alla massoneria, Cerruti aveva sposato col
solo rito civile una nipote del generale Cipriano de Mosquera gi presidente
della repubblica e capo del radicalismo federalista colombiano ed era diventato in breve tempo il principale imprenditore del Cauca. Negli anni Settanta diventa protagonista della resistenza liberale, anticlericale e massonica
alla Regeneracin conservatrice e cattolica, che pi tardi lo far prigioniero e
gli confischer tutti beni. Ne deriver un lungo contenzioso diplomatico tra
Italia e Colombia, che si risolver solo nel 1899 con lintervento della marina
militare italiana e limposizione di un indennizzo per lesproprio illegale dei
beni di Cerruti27. Un caso meno eclatante dal punto di vista politico, ma non
meno vistoso dal punto di vista economico, quello di Juan Bautista Mainero, pioniere dellimmigrazione italiana, giunto giovanissimo, nel 1849, da
Pietra Ligure, nellantica citt coloniale di Cartagena. Alla fine
dellOttocento, lanziano immigrato che nel frattempo ha investito i profitti
delle imprese di navigazione fluviale e dei commerci tra Cartagena e le regioni dellinterno, entrando in possesso dei del patrimonio edilizio della
citt ricopre la carica di Soberano Gran Comendator del Supremo Consejo
Masnico Neogranadino, la pi antica organizzazione massonica, fondata a
Cartagena nel 1833, sotto la cui giurisdizione sono riunite allepoca logge
non solo colombiane ma anche messicane, costaricensi e panamensi28.
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Quelli di Cerruti e Mainero sono, ovviamente, dei casi limite, sia in termini di ascesa economica che di prestigio sociale, consacrato dal ruolo dirigente esercitato nella massoneria; ma si hanno anche altre tracce, a molteplici
livelli, della presenza di italiani nelle organizzazioni massoniche.
La cittadina costiera di Cinaga divenuta tra Otto e Novecento il centro
pi popoloso del Magdalena, superando Santa Marta, storico capoluogo del
dipartimento, grazie al boom della coltivazione delle banane promosso e sostenuto dalla United Fruit Company ospita una nutrita colonia di immigrati
italiani e una florida e attiva loggia massonica. Questa, che ha come sua sede
un sontuoso palazzotto in stile neoclassico, costruito appositamente nel primo
Novecento, annoverava tra i suoi fondatori, nel 1887, Jos de Andreis (Genova, 1828 Santa Marta, 1894), imprenditore agricolo, assieme ai fratelli Rafael e Virginio, ed esponente di una famiglia genovese, che risultava presente
a Cinaga gi alla met dellOttocento29. La colonia italiana, molto attiva nei
commerci e nella piccola industria nel primo Novecento, formata in gran
parte da moranesi, da padulesi e da scaleoti. Ne sono prova i cognomi italiani
pi diffusi a quel tempo nella cittadina colombiana: Baratta, Cela, Contalcure, DAmato, Di Napoli, Fuscaldo, Feoli, Gentile, Libonati, Lombardi, Mainieri, Mazzilli, Morelli, Moscarella, Paternostro, Russo, Severino, Voto30.
Ancora oggi, Ramn Illn Bacca uno scrittore samario (cio nativo di Santa Marta) ma dorigini familiari italiane segnala che los italianos tenan un
poder social significativo, precisando che todava los apellidos de origen italiano son en gran parte de clase alta31 .
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com documentato (almeno nel caso di Viggiano) fino al 193134. Ma la giovanile formazione socialista non un ostacolo, anzi sembra predisporre agli
interessi e alle pratiche massoniche.
Spostatosi da Cinaga a Barranquilla, Gennaro Viggiano, allinizio degli
anni Venti, assieme ai compaesani Giuseppe Aronne e Biagio Barletta, uno
dei corrispondenti del giornale socialista Vita Nuova, che mantiene strettissimi rapporti con gli emigrati. Biagio Barletta, commerciante di idee socialiste, in Colombia dal 1905, era rientrato una prima volta a Morano nel 191314, impegnandosi attivamente nelle battaglie politicoamministrative del Circolo Socialista, e nel 1917, assieme al compaesano Antonio Cela, aveva fondato a Barranquilla un calzaturificio, che sarebbe diventato ben presto una
delle pi floride industrie della citt35. questa lepoca, probabilmente, della
sua adesione alla massoneria. In essa sembra coniugarsi emblematicamente
lesplosivo sviluppo economico di Barranquilla la quale alla fine degli anni
Venti diventata, in quanto principale porto colombiano, una citt commerciale e industriale di 140.000 abitanti con i pi vasti processi di modernizzazione, sostenuti anche dal laicismo massonico e culminanti, nellintera Colombia, nella leadership liberalradicale di Alfonso Lpez Pumarejo (19301946)36.
Questa sorta di primavera sociale colombiana, che avr il suo tragico epilogo nel 1948 con limpressionante ondata di violenza successiva
allomicidio del leader populista Elicer Gaitn, resa possibile, in realt, da
diversi decenni di trasformazione anche culturale, durante i quali lhumus
mercantile della citt ha assegnato un ruolo non secondario alla massoneria.
Lo scrittore Ramn Illn Bacca, in un suo testo su Barranquilla tra Otto e
Novecento, ha rievocato efficacemente lallarme della chiesa locale rappresentato dagli scritti e dalle prediche di Padre Revollo, parroco di San Nicols,
34
V. CAPPELLI, Tra Macondo e Barranquilla. Gli italiani nella Colombia caraibica, cit.; IDEM, Nelle altre Americhe. Calabresi in Colombia, Panam, Costa Rica,
Guatemala, cit..
35
IDEM, Nelle altre Americhe, cit..
36
M. PALACIOS e F. SAFFORD, Colombia. Pas fragmentado, sociedad dividida.
Su historia, Bogot, Grupo Editorial Norma, 2002; J. VILLALN DONOSO, a cura di,
Historia de Barranquilla, Barranquilla, Ediciones Uninorte, 2000; E. POSADA CARB,
El Caribe colombiano. Una historia regional (1870-1950), Bogot, Banco de la Repblica-El ncora Editores, 1998; G. BELL LEMUS, a cura di, El Caribe colombiano.
Seleccin de textos histricos, Barranquilla, Ediciones Uninorte, 1988.
40
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V. CAPPELLI, Tra Macondo e Barranquilla. Gli italiani nella Colombia caraibica, cit..
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vece, il periodico El Progreso giudica la massoneria che a suo dire ha radici molto forti proprio nei dipartimenti del Caribe como un incentivo poderoso para la inmigracin en Europa, debido a que los prejuicios de la religin oponen a los diversos sectores en su exclusin dogmtica, y hoy la vida
moderna, en los pases adelantados, necesita trabajos, energa, accin. E lo
stesso giornale, nel 1912, ritiene che gli immigrati siriolibanesi in Colombia
impulsan el progreso, se casan y se quedan, siendo modelo de sobriedad y
honradez40 .
Insomma, tra Otto e Novecento, Barranquilla si definisce, in quanto citt
porto e cittmercato, come uno spazio culturalmente eterogeneo. Eduardo
Mrceles Daconte, uno scrittore colombiano nativo di Aracataca (lo stesso
luogo di nascita di Gabriel Garca Mrquez, nel dipartimento del Magdalena),
anchegli di origini italiane, sottolinea efficacemente queste caratteristiche
del Caribe colombiano:
El sincretismo trietnico es la base racial y cultural de la poblacin caribea. Los elementos espaoles, indgenas y africanos se constituyen en el patrimonio de nuestra civilizacin. No obstante, por su posicin geogrfica, la
regin caribea ha estado siempre sujeta a las migraciones, o como lugar de
trnsito comercial o turstico. A partir del siglo XIX, con la migracin de italianos, judios de diversas nacionalidades europeas, rabes cristianos y musulmanes, chinos, entre otros inmigrantes a la regin Caribe, nuestra cultura
se ha enriquesido con estas aportaciones que obligan a reconsiderar el tronco tritnico en favor de una fisionoma racial y cultural de naturaleza brida
o politnica y multicultural41 .
In questo crogiolo si svolge, dunque, nel primo Novecento lavventura
migratoria di Viggiano, Aronne, Barletta, Cela e degli altri immigrati calabresi di Barranquilla. Ma, prima di concentrarci sulla figura di Biagio Barletta, le cui fortune e le cui disavventure sono oggetto privilegiato di questo
saggio, proseguiamo con la nostra carrellata sulle frequentazioni massoniche
degli immigrati anche in altri luoghi e Paesi del Caribe e del Centroamerica.
40
R. VOS OBESO, La religiosidad en la vida de las mujeres barranquilleras, in
Boletn Cultural y Bibliogrfico, 1996, n. 42.
41
E. MARCELES DACONTE, El Caribe: balance y retos para siglo XXI, in El Heraldo, 20 agosto 2000.
42
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2b. In Guatemala.
Qualcosa di simile alle cose dette per la Colombia sembra accadere nei
Paesi centroamericani. Prendiamo in considerazione Costa Rica e Guatemala.
In questultimo Paese, in particolare nella piccola citt di Quetzaltenango (il
secondo centro urbano del Guatemala, capoluogo della regione de Los Altos),
secondo lo storico guatemalteco Arturo Taracena Arriola, si ebbe nel tardo
Ottocento
la participacin de un sorprendente ncleo de arquitectos, ingenieros, escultores, pintores y decoradores italianos, algunos de los cuales eran miembros de las Logias Fnix no. 2 y Estrella de Occidente no. 4 [fondate,
rispettivamente, nel 1888 e nel 1894]. Dicho grupo de artistas estaba enmarcado en el seno de una fuerte migracin italiana, que lleg a Guatemala a
finales del siglo XIX atrada por la poltica inmigratoria del rgimen liberal.
Muchos de sus miembros se asentaron en la ciudad de Quetzaltenango ()
para ejercer el comercio, la industria, las artesanas y la construccin42 .
Tra gli architetti e i costruttori italiani43, che ridefiniscono lo stile architettonico quetzalteco con una forte impronta classicista, suggerita e ispirata dalla grande influenza massonica, troviamo Carmine Rimola, giunto in Guatemala nel 1899. Si d il caso che Rimola provenga da Castrovillari, dove esercitava il mestiere di falegname e si era manifestato come fervente socialista,
iscritto al partito, e sostenitore del dirigente moranese Nicola De Cardona44.
Giunto in Guatemala, diventa in brevissimo tempo un apprezzato architetto
42
A. TARACENA ARRIOLA, La arquitectura regional quetzalteca: una proposicin
de unidad cultural, in Centroamericana, 2002, n. 10.
43
Alberto Porta, Lorenzo Durini, Gustavo Novella, Vittorio Cottone, ecc.. Cfr.
M. APPELIUS, Le terre che tremano (Guatemala, Salvador, Honduras, Nicaragua, Costa Rica, Panama), Milano, Edizioni Alpes, 1930, pp. 28-30; A. TARACENA
ARRIOLA, La arquitectura regional quetzalteca, cit..
44
Carmine Rimola (nato a Castrovillari nel 1868 da Rocco e da Caterina Rubini),
nel 1896 indicato dal Prefetto di Cosenza al Ministero dellInterno come falegname
iscritto al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani. Il Prefetto precisa che Rimola riceve e legge giornali sovversivi e che il 9 aprile ha preso parte al banchetto organizzato in occasione dellarrivo dellon. Enrico Ferri, celebre penalista socialista, che
difende lagitatore socialista moranese Nicola De Car-dona nella causa che il giorno
successivo si celebra nel Tribunale di Castrovillari per il reato di istigazione a delinquere. Tre anni dopo, la Prefettura registra, zelante, che Rimola il 2 settembre 1899
si imbarca a Napoli sul piroscafo Venezuela diretto in Panam. Archivio Centrale
dello Stato, Casellario Politico Centrale [dora in poi: ACS, CPC], b. 4332, f. 8399
(Rimola Carmine); b. 1644, f. 50476 (De Cardona Nicola).
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(sono suoi, a Quetzaltenango, ledificio neorinascimentale del Banco de Occidente, la facciata corinzia dellInstituto Nacional para Varones y Escuela
Practica, il Tempio Minerva, replica filologica di un tempio greco, e il Monumento al Len, dedicato a Manuel Estrada Cabrera, presidentepadrone del
Guatemala dal 1898 al 1920). Mantenendo frequenti rapporti, negli anni successivi, con i socialisti di Morano, negli anni Venti Rimola diventa presidente
della Societ Italiana di Beneficenza (del cui gruppo dirigente fanno parte
anche i commercianti moranesi Umberto Grazioso e Rocco Rosito), nonch
membro riconosciuto di una Loggia massonica45. Il socialismo giovanile di
Rimola condiviso anche da alcuni altri immigrati moranesi, come gli artigiani Rocco Caffaro e Umberto Grazioso, operanti, rispettivamente, nella sartoria e nella calzoleria46. Ma il contesto politico e sociale guatemalteco, con
una successione quasi ininterrotta di dittature militari, rende pressoch impraticabile questa vocazione ideologica socialista, sicch lintegrazione sociale e
i successi economici degli immigrati finiscono con lincrociare, piuttosto, le
organizzazioni massoniche. Peraltro, nel 1932, nessun immigrato proveniente
da Morano figura tra i dirigenti del Fascio allestero costituito in Guatemala47. Bisogner attendere, tuttavia, leffimera primavera democratica di
Juan Jos Arvalo e di Jacobo Arbenz (1944-1954), perch riemerga qualche
elemento della primitiva ispirazione politica degli immigrati moranesi, come
nel caso di Ernesto Capuano Del Vecchio, uno dei collaboratori del presidente Arbenz nella cosiddetta rivoluzione dottobre guatemalteca48.
45
quanto asserisce il ricco costruttore dorigine genovese Carlo Federico Novella, nelle vesti di console italiano, il quale afferma pure che la maggioranza degli
italiani di Quetzaltenango proviene da Morano Calabro (ACS, CPC, b. 4332, f. 8399,
Rimola Carmine).
46
V. CAPPELLI, Nelle altre Americhe, cit.; F. DE MARTINO, Corrispondenze
dallestero. Da Quetzaltenango - Guatemala, in Il Moto, 2 aprile 1911, a. VI, n. 1.
47
E. ALIPRANDI-V. MARTINI, a cura di, Gli italiani nellAmerica Centrale. II edizione (Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Panam), Santa
Tecla (El Salvador), Escuela Tipogrfica Salesiana, 1932
48
J.A. ZUIGA, Necesario unificarse para buscar la democracia en AL: Ernesto
Capuano, 2001, (www.jornada.unam.mx/2001/jun01/010624/038n2soc.html); E.
CAPUANO, Las causas de la crisis actual, in Debate, novembre 2001
(www.caldh.org/noviembre01.htm); D. POMPEJANO, Storia e conflitti del Centroamerica. Gli Stati dallerta, Firenze, Giunti, 1991; V. CAPPELLI, Guatemala di orrori e di
sorprese, in il Quotidiano della Calabria, 18 novembre 2007, pp. 48-49.
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mejor dicho son capitalistas y viven en Barcelona, son Colombianos; los otros son italianos y franceses, y un Venezolano de apellido Jojas y un italiano
que se llama Blas Barletta que actualmente estaba en Morano Italia y el les
suministraba muchos informes.
Estos seores se que unos de ellos iba a vivir en la Pension Bonina Milano
plaza del Duomo y los otros en los Hoteles vecinos, y otros seguian a Roma.
Creo que con estos datos, su Excelencia se pondr en guardia y podr prevenirse contra sementa atantado (sic).
Por la premura de mi viaje no me fue posible del mismo (sic) Italia darle el
aviso, directamente pero a algunos policias de Milano le di los informes en el
mes de diciembre que yo tuve la dicha de regresar a Italia. Ojala que estos
datos le lleguen oportunos son los deseos de este servidor suyo que b. s. m.
La denuncia, malgrado la sua evidente bizzarria, determina rapidamente
gli effetti desiderati: lunico italiano indicato da Carroll nella sua lettera, Biagio Barletta, viene arrestato a Morano Calabro il 4 aprile, viene subito dopo
condotto in Questura a Cosenza e infine tradotto in carcere. Il giorno successivo, in un rapporto della Prefettura di Cosenza al Ministero dellInterno, si
riferiscono le risultanze della perquisizione domiciliare e del primo interrogatorio al quale larrestato stato sottoposto.
Biagio Barletta, gi calzolaio socialista a Morano, vive dal 1905 a Barranquilla, dov diventato un industriale calzaturiero. Rientrato gi due volte in
Italia (nel 1913 e nel 1923), partito per la terza volta dalla Colombia il 3
gennaio 1926. Dopo essersi fermato per due mesi a Parigi, dove si affidato
per i suoi problemi di salute alla clinica di un tale dottor Abrami, giunto a
Morano il 24 marzo. Dunque, larresto del 4 aprile 1927 avvenuto dopo un
anno di permanenza presso la sua famiglia italiana (la moglie, Maria Vitola,
sposata nel 1923, non laveva seguito in Colombia; ed egli, a Barranquilla,
come molti altri immigrati, aveva formato unaltra famiglia)59. In quel frangente, Barletta, prima di essere arrestato, si accingeva a rientrare nella citt
colombiana.
Nella sua abitazione vengono sequestrate alcune lettere, dalle quali emerge che egli frequentava in Columbia (sic) compagnie di sovversivi, date
alcune allocuzioni che debbono interpretarsi offensive verso il Governo Na59
Dal matrimonio italiano nascono, negli anni Venti, tre figli (Colombia, Franco
e Maria), dallunione colombiana ne nascono, negli anni Trenta, altri due (Blas e
Francisco). Cfr. V. CAPPELLI, Nelle altre Americhe, cit., pp. 117-118; Testimonianza
di Blas Barletta, Barranquilla, novembre 2005.
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dedurre non si tratta che di relazioni commerciali e di amicizia, bench entrambi compartissero le stesse idee politiche e frequentassero la gi citata
loggia massonica che, del resto, non ha altro carattere che quello di luogo di
ritrovo frequentato specialmente da americani delle Repubbliche del Sud che
vi accorrono quando hanno occasione di venire a Barcellona per ritrovare gli
amici e i conoscenti.
Il legale nominato da Barletta, lavvocato cosentino Filippo Coscarella, in
attesa del completamento delle indagini, il 26 aprile chiede la scarcerazione
del suo assistito, che sar concessa il 4 maggio, dopo un mese esatto di carcerazione e di isolamento (anche dai parenti). Nei mesi successivi, Barletta rimarr ancora sotto sorveglianza e privo di passaporto. Potr tornare a Barranquilla solo lanno successivo, lasciando la moglie moranese in attesa del
terzo figlio.
In realt, gi nellestate del 1927 le risultanze delle indagini erano per il
Ministero dellInterno inequivocabili: a) il Carroll era persona poco seria, di
carattere nevrastenico, e, conseguentemente dovevasi attribuire scarsa importanza alle sue denunzie; b) il Carroll avrebbe avuto animosit contro il Barletta, perch questi, proprietario di un calzaturificio a Barranquilla, si era rifiutato di fargli credito; c) secondo dichiarazione della nostra R. Legazione a Bogot, il Barletta era noto pei buoni sentimenti patriottici ed era ritenuto incapace di macchiarsi della grave azione delittuosa attribuitagli.
Fin qui i fatti. Il malcapitato Biagio Barletta, per difendersi dalle accuse e
per sottrarsi alla carcerazione, era stato costretto ad occultare il suo passato
socialista e a tacere della sua attivit massonica, per asserire che a Morano
sono noti i [suoi] sentimenti di Italianit ed il [suo] ossequio alle Autorit.
Tant che dichiara di aver sottoscritto per circa 6.000 lire il Prestito del Littorio. Il 20 luglio, anche lavvocato Pasquale DAlessandria di Castrovillari,
nel tentativo di fargli riavere il passaporto, francamente esagera, definendolo
sincero ammiratore del Regime e affermando addirittura che la cosa pu
essere attestata dai connazionali di Barranquilla.
Si tratta di dichiarazioni di fede fascista poco credibili e francamente inutili, giacch al Ministero dellInterno risultano in modo inoppugnabile sia la
fede socialista che laffiliazione massonica di Barletta. N sortisce alcun effetto la raccomandazione che lavvocato DAlessandria invia a Roma, per
il suo cliente, al deputato fascista Amedeo Perna, medico originario di Mormanno, il quale trasmette la segnalazione al direttore generale della pubblica
sicurezza Arturo Bocchini.
Questultimo, il noto capo della polizia del regime fascista, non si lascia
certo convincere da un cos improbabile ravvedimento. Piuttosto, gli sono
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bastate poche settimane di ricerche per appurare linsussistenza del complotto denunciato dal farmacista colombiano. E tuttavia, le indagini confermano
le idee politiche antifasciste di Barletta (nonch dei suoi amici italiani di Barranquilla) e documentano la sua affiliazione massonica, la quale non si limita
agli incontri avvenuti nella Loggia di Barcellona, che si prospetterebbero
come una frequentazione quasi soltanto amicale dei colleghi in affari presso
lospitale sede massonica di calle Ataulfo, situata vicino alla Plaza Real e a
due passi dal porto della citt catalana. Lattivit massonica di Barletta, in
effetti, sembra essere qualcosa di pi consistente, se egli, come si detto, era
stato chiamato a celebrare il XX Settembre a Barranquilla con un discorso
scritto, pronunciato in spagnolo.
Peraltro, bisogna considerare che i Fasci allestero nei paesi latinoamericani ignorarono, in genere, la violenta campagna antimassonica che era stata
combattuta dal partito fascista in Italia. Il capo dei Fasci allestero Giuseppe
Bastianini aveva addirittura apprezzato il ruolo svolto talora in Sudamerica
dalla massoneria tra gli italiani immigrati60. E in ogni caso, tra il 1927 e il
1928, viene normalizzata lattivit dei Fasci allestero, stemperando il loro
carattere militante e affidando un generico patriottismo fascista, incentrato
sulla figura del Duce, allazione congiunta dei Consolati e dei Fasci nelle tante Case dItalia (non questa, per, come si accennato, la situazione di
Costa Rica, dove prosegue sempre pi aspro lo scontro ideologico e personale tra il segretario del Fascio, Giuseppe Corvetti, e il repubblicano Adriano
Ari, che fonda la Casa Italia di San Jos)61.
Alla luce di questa cornice politica generale va forse letta lattribuzione di
buoni sentimenti patriottici a Biagio Barletta da parte della Regia Legazione Italiana in Bogot. Ma questa fiducia sembra, tutto sommato, mal riposta.
Il Nostro, infatti, torner certamente ad occuparsi con impegno assorbente,
assieme al socio moranese Antonio Cela, della sua Fbrica Italiana de Calzado Faitala, quella stessa fabbrica che egli aveva descritto al commissario di pubblica sicurezza che lo interrogava nella Questura di Cosenza come
un calzaturificio dove lavorano 140 operai, nel quale vi sono circa 50 operai italiani fra i quali tutti i capi reparto. Ma la fabbrica Faitala, che tra gli
anni Venti e gli anni Trenta una delle imprese pi vivaci e importanti di
Barranquilla, significativamente non comparir in una rassegna sugli Italiani
60
L. DE CAPRARIIS, I Fasci italiani allestero, in Il fascismo e gli emigrati, a
cura di E. Franzina e M. Sanfilippo, Roma-Bari, Laterza, 2003
61
. V. CAPPELLI, Nelle altre Americhe, cit.
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nel nord della Colombia, pubblicata presso la Libreria Cervantes nel 1932.
Infatti, i curatori della pubblicazione, Ermenegildo Aliprandi e Virgilio Martini, non riescono a riunire nella loro rassegna tutti gli esponenti pi significativi della comunit italiana di Barranquilla e della cosiddetta Zona Atlantica, pur riuscendo a illustrare, complessivamente, 79 aziende o attivit artigianali, commerciali, industriali e professionali. Sicch, sono costretti a pubblicare nellultima pagina del fascicolo la seguente precisazione: Le Ditte
che, specialmente in Barranquilla, non figurano in questa opera sono di troppo scarsa importanza e si trovano a lottare duramente contro gravi difficolt
dovute precisamente alla difficile situazione commerciale di oggi [si allude,
evidentemente, alle conseguenze determinate in Colombia dal crollo di Wall
Street e dalla crisi del 29]. Ma alcune di notevole importanza fortunatamente pochissime non hanno aderito, pur potendolo fare benissimo, unicamente a causa dei sentimenti politici dei loro proprietari, sentimenti palesemente od occultamente contrari allideale Fascista62.
Aliprandi e Martini, dunque, pur cercando di sminuire lentit del problema, non possono nascondere del tutto che i non pochi immigrati italiani
assenti dalla rassegna sono antifascisti. E non possono farlo, evidentemente,
pi che per il numero delle assenze, soprattutto per limportanza economica e
sociale di alcuni, tra i quali va annoverato senzaltro Biagio Barletta, che peraltro in quel momento ben presente socialmente tra gli immigrati di Barranquilla, essendo il presidente del Club Italiano, che ha gi dieci anni di
vita e si mantiene distinto dal Fascio cittadino.
Dopo il rientro a Barranquilla, Barletta gode della fiducia crescente del
Banco de la Repblica e, assieme ad Antonio Cela, investe parte dei profitti
nella costruzione dellEdificio Barcel, nel centro della citt, mentre il clima politico e culturale cittadino si fa pi vivace e aperto. Del resto, proprio
nei due anni dellavventuroso soggiorno italiano di Barletta, la comunit italiana di Barranquilla aveva ribadito la sua irriducibilit al conformismo fascista. Il 4 agosto 1927, alcune migliaia di persone avevano manifestato contro
la condanna a morte degli anarchici italiani Sacco e Vanzetti, pronunciata ne62
E. ALIPRANDI-V. MARTINI, a cura di, Gli italiani nel Nord della Colombia.
Numero Unico Editato per lAnno Decimo, Barranquilla (Colombia), Talleres Grficos de la Librera Cervantes, 1932. La fabbrica Faitala di Barletta e Cela non comparir neppure nella pi ampia rassegna pubblicata dagli stessi autori sei anni dopo: E.
ALIPRANDI-V. MARTINI, a cura di, Gli italiani in Colombia. Los italianos en Colombia, Guayaquil (Ecuador), Talleres Artes Graficas Senefelder de Wilfrido A. Moreno, 1938.
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gli Stati Uniti, esprimendo il peso, linfluenza e gli orientamenti politici degli
italiani in citt63. Nellestate del 1928, il nuovo segretario del Fascio di Barranquilla aveva chiesto un intervento repressivo nei confronti degli immigrati
ostinatamente antifascisti al governatore del dipartimento, il generale Eparquio Gonzlez (contando forse sul fatto che il governatore molti anni prima
aveva sposato unitaliana). Lanziano generale aveva promesso tutto il suo
appoggio, adottando seri provvedimenti a carico di quasi tutta la colonia di
Morano Calabro, ma il caso vuole che egli venga pensionato politicamente subito dopo aver pronunciato la sua minacciosa promessa. Sicch, le attivit degli immigrati antifascisti proseguiranno regolarmente, coltivando le
memorie del socialismo giovanile e il presente delle pi fresche affiliazioni
massoniche, anche se dovranno fare i conti con ulteriori tentativi del fascismo
di nazionalizzare la colonia e con una presenza cattolica particolarmente
insistente in campo educativo e scolastico64.
In conclusione, lintera vicenda si presenta con i caratteri di unassoluta
singolarit, che ha il suo culmine nel fantomatico complotto di Barcellona.
Tuttavia essa illumina anche aspetti generali e non trascurabili della vicenda
migratoria che si svolge tra Europa e America Latina nella prima met del
Novecento, sia in rapporto allItalia liberale e fascista che in relazione alla
storia interna delle Americhe caraibiche, istmiche e andine. Emergono con
grande evidenza i nessi molteplici che legano lavventura migratoria al socialismo e alla massoneria, ponendo in risalto il rapporto problematico e conflittuale intrattenuto dagli immigrati con lItalia fascista e illuminando i percorsi
dintegrazione nei paesi daccoglienza in termini di laico contributo alla modernizzazione novecentesca. Emerge, infine, uno spaccato dellemigrazione
transoceanica in partenza da unarea del Mezzogiorno dItalia, che sfugge
drasticamente al vecchio stereotipo storiografico di un flusso tardivo, determinato e caratterizzato soltanto dalla disperazione e dalla miseria. E si
configura, invece, unesperienza migratoria non priva di visibili connotati politici e culturali, e una mobilit spesso dotata di ambizioni consapevoli e animata da un accentuato spirito imprenditoriale.
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decreto del 18174, rimasero in attivit fino a dopo lUnit dItalia5, la cui missione era quella di favorire lo sviluppo economico locale evidenziando le potenzialit regionali.
Lassociazionismo economico in generale, sia esso volontario o istituzionalizzato, e le Societ economiche meridionali in particolare, hanno animato
un ormai nutrito dibattito storiografico6, che ha messo in discussione la capacit di questi consessi di riuscire a rappresentare la cultura locale, ad esternare un proprio pensiero economico e a favorire il progresso.
Una parte del dibattito storiografico ha riguardato in particolare la sociabilit. stato notato come la realt napoletana fu contrassegnata da un sistema di reclutamento gestito con diffidenza dallo Stato attraverso il meccanismo della cooptazione, che cre di fatto una forma di associazionismo settario7. Posizioni pi sfumate hanno sottolineato come istituzioni quali le Societ economiche godevano di un certo margine di autonomia operativa e inoltre che i soci designati erano comunque liberi di accettare o rifiutare la carica8. Ulteriori riflessioni hanno condotto a ritenere che non vi fosse molta
4
Collezione delle leggi e decreti reali del Regno delle Due Sicilie, 2 ed., vol. I, Napoli
1812, pp. 410 ss.
5
Sebbene alcune rimanessero attive anche dopo lUnit, si ritiene che il decreto del 23 dicembre 1866, che istitu i Comizi agrari nei capoluoghi di circondario, abrog tacitamente le
Societ economiche. Cfr. R. DE LORENZO, Gruppi dirigenti e associazionismo borbonico
nellAppennino Centro-Meridionale: le Societ economiche, estratto da, E. NARCISO (a cura di),
Dal comunitarismo pastorale allindividualismo agrario nellappennino dei tratturi. Atti del
Convegno promosso dal Comune di Santa Croce del Sannio dallistituto Storico Giuseppe
Maria Galanti e dalla Comunit Montana Alto Tammaro, Santa croce del Sannio, Istituto
Storico Giuseppe Maria Galanti, 1993, p. 43.
6
Sebbene gli studi sullassociazionismo siano ormai molteplici, il dibattito storiografico ha
avuto alcuni importanti momenti di riflessione, spesso in occasione di convegni. Il primo, risalente al 1991, incentrato prevalentemente sullanalisi comparata di realt associative a livello
europeo. Gli atti sono stati pubblicati nel 1996 in Le Societ Economiche alla prova della storia
(secoli XVII-XIX). Atti del convegno internazionale di studi di Chiavari, Rapallo, Busco, 1996.
Nel 1994, secondo importante momento per la storiografia delle organizzazioni economiche
europee, diverse relazioni a riguardo sono state presentate all11 congresso internazionale di
Storia Economica e successivamente pubblicate nel numero monografico della rivista Histoire,
conomie et socit, aprile-giugno 1997. Per il pi recente filone di indagine, che riguarda prevalentemente la capacit delle accademie ottocentesche di divenire sede di elaborazione del pensiero economico, cfr. M.M. AUGELLO e M. E.L. GUIDI (a cura di), Associazionismo economico e
diffusione delleconomia politica nellItalia dellOttocento. Dalle societ economico-agrarie alle
associazioni di economisti, vol. I, Milano, Franco Angeli, 2000.
7
D. L. CAGLIOTI, Circoli, societ e accademie nella Napoli postunitaria, in Meridiana,
22-23, 1995, pp. 20-21.
8
R. DE LORENZO, Gruppi dirigenti, cit., p. 49.
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rante il regno borbonico, Bari, Societ Editrice Tipografica, 1954. Secondo Maria Ottolino, tale
giudizio deve essere ridimensionato alla luce della mancanza di finanziamenti e dellassenteismo
dei proprietari che non erano quindi in condizione di valutare limportanza e lefficacia dei suggerimenti tecnici proposti dalle Societ. Cfr. M. OTTOLINO, Le Societ Economiche in Puglia, in
Le Societ Economiche, cit., p. 189.
16
Per avere unidea del dibattito ottocentesco sullo sviluppo economico si veda G.
CINGARI, Il dibattito sullo sviluppo economico del mezzogiorno dal 1825 al 1840, in Problemi
del Risorgimento meridionale, Messina-Firenze, G. DAnna, 1965.
17
P. MACRY, Le lites urbane:stratificazione e mobilit sociale, le forme del potere locale
e la cultura dei ceti emergenti, in A. MASSAFRA (a cura di), Il Mezzogiorno preunitario. Economia, societ e istituzioni, Bari, Dedalo, 1988, p. 807
18
Cfr. J. DAVIS, Societ e imprenditori nel Regno borbonico 1815-1860, Bari, Laterza,
1979.
19
G. GIARRIZZO, Borghesia e provincia nel Mezzogiorno durante la Restaurazione, in Atti del 3 convegno di studi sul Risorgimento in Puglia. Let della Restaurazione (1815-1830), Bari, Bracciodieta, 1983, p. 30. L. ADDANTE, Cosenza e i cosentini.
Un volo lungo tre millenni, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2001, p. 27, specifica che durante il
Decennio francese si comp la scalata al potere della borghesia, grazie ai diritti politici concessi a
possidenti, intellettuali e commercianti. Tuttavia, durante la Restaurazione rimase il potere della
nobilt e la borghesia complet il suo trionfo solo con lUnit dItalia.
20
A. ALLOCATI, Le Societ economiche in Calabria, in Atti del II Congresso storico calabrese, Napoli, Deputazione di Storia Patria per la Calabria, 1961, pp. 413-15.
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21
A Cosenza, a partire dal periodo francese, furono in quattro ad avvicendarsi nella carica
di segretario perpetuo: Giuseppe Golia (1810-1812), Gabriele Silvagni (1812-1834), Raffaele
Valentini (1835-1849) e Vincenzo Maria Greco (1849-1865), cfr. A. MARCELLI, Sviluppo economico nella Cosenza ottocentesca attraverso gli atti della Societ Economica di Calabria Citra, Roma, Aracne editrice, 2006.
22
Sulla centralit della figura del segretario perpetuo si veda De Lorenzo, Gruppi dirigenti,
cit., p. 56.
23
Il territorio calabrese fino al 1816 si articolava nelle province di Calabria Citeriore (Cosenza) e Calabria Ulteriore. Successivamente, questultima si scompose in Calabria Ulteriore
Prima (Reggio Calabria) e Ulteriore Seconda (Catanzaro). Riferimenti e cronistoria in L. IZZO,
La popolazione calabrese nel secolo XIX, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1965, pp. 20-28.
24
Secondo E.E. HAGEN, On the Theory of Social Change: How Economic Growth Begins,
Londra, Tavistock Publications, 1964, il cambiamento economico strettamente collegato al
capitale umano. Questi, interrogandosi su quale potesse essere lelemento chiave dal quale scaturisse il cambiamento individu la personalit innovatrice, cio una persona aperta alle idee del
progresso in grado di elaborare e attuare progetti pertinenti alla realt in cui vive. Si veda anche il
commento di A. GERSCHENKRON, La continuit storica. Teoria e storia economica, Torino, Einaudi, 1976, pp. 393-399. Sullimportanza del legame tra struttura economica e fattore umano si
consulti C. M. CIPOLLA, La storia economica, Bologna, il Mulino, 2003, p. 93. Riguardo al metodo, si deve segnalare che luso della biografia ha ricevuto nel corso del tempo favori e ostilit.
Per il dibattito si veda ad esempio A. RIOSA (a cura di), Biografia e storiografia, Milano, Franco
Angeli, 1983; G. LEVI, Les usages de la biographie, in Annales, 6, 1999; S. ROMANO, Biografie del sistema economico italiano, in Storia contemporanea, 5, 1984; V. SGAMBATI, Le
lusinghe della biografia, in Studi storici, 2, 1995.
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Tra agronomia e amministrazione: Federico Cassetto, in Meridiana, 33, 1998, pp. 125-161;
26
Si veda V. PADULA, Condizione dellindustria nelle provincie napoletane e segnatamente nella nostra. II, in Il Bruzio, n 18 del 30. 04. 1864, p. 2.
27
L. ACCATTATIS, Biografie degli uomini illustri delle Calabrie raccolte a cura di Luigi
accattatis socio di varie accademie e societ italiane ed estere, vol. IV, Cosenza, Migliaccio,
1877, p. VI.
28
Nello stesso periodo in cui fu istituita la Societ dagricoltura, lAccademia riprese i suoi
lavori, interrotti nel 1794. Rappresentativa ancora oggi degli ingegni pi illuminati della societ
calabrese, possibile verificare nel corso dellOttocento la presenza degli stessi personaggi
nelluna e nellaltra associazione. Cfr. ACCATTATIS, LAccademia cosentina nei tre secoli e mezzo della sua esistenza, Cosenza, Tipografia del giornale La Lotta, 1891; F.M. AMANTEA,
Laccademia cosentina nella sua storia secolare e nelloggi, Venezia, Tip. Successori Fusi,
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sullAccademia cosentina, Napoli, Stamperia Reale, 1812.
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scienze, e pi tardi dei Georgofili di Firenze, del Reale Istituto di incoraggiamento di Napoli e di molte Societ economiche del Regno (Abruzzo Ultra
II, Basilicata, Catanzaro, Lecce, Bari, Terra di Lavoro, Principato Ultra). La
fama della sua ecletticit arriv anche all'estero, dove pare che Silvagni fosse
apprezzato per le sue doti letterarie. Fu coinvolto anche in progetti scolastici
come giur e come insegnante di matematica29.
L'attivismo di Silvagni in seno alla Societ economica non pass inosservato in ambienti politici. In molte circostanze il Ministro degli Affari Interni
gli invi lettere di lusinga e nel 1815 gli confer una medaglia onorifica. Ricevette elogi anche per gli studi agrari, per la redazione di modelli statistici e
per i suoi studi sulle malattie dei bovini, presi in considerazione in tutte le
province30.
Allinterno della Societ, Silvagni godeva della stima dei colleghi che riconoscevano in lui il centro ove riunivansi tutti raggi delle illuminate menti
dei [] consoci31, anche se non fu esentato da critiche principalmente rivolte ad una gestione individualistica dei lavori societari32.
Pi recentemente, chi si occupato, a vario titolo, delle Societ economiche calabresi, non ha potuto fare a meno di prendere in considerazione i numerosi scritti di Silvagni, a partire dalle relazioni che fanno parte della Statistica murattiana33. stato indicato da Renata De Lorenzo come esempio di
intellettuale periferico in grado di fornire una manualistica attenta agli usi
locali34, e da Antonio Allocati come un personaggio meritevole di aver reso
29
V. COLOSIMO, Biografia del fu dottor Gabriele Silvagni professore in medicina e chirurgia, socio ordinario dellAccademia cosentina e Segretario perpetuo della Societ Economica
della Calabria Citeriore, Cosenza, Migliaccio, 1839.
30
Ivi
31
R. VALENTINI, Rapporto del Segretario Perpetuo della Societ Economica della
Provincia di Calabria Citra, nellAdunanza Generale del 30 Maggio 1836; ricorrendo il
giorno Onomastico di S. M. il Re Nostro Signore, in Atti della Societ Economica di Calabria Citra, 1836, p. 79.
32
Ivi e V. COLOSIMO, Biografia, cit.
33
Per la provincia di Calabria Citra, la Statistica si avvalse di tre redazioni delle relazioni.
Gabriele Silvagni subentr nella fase finale, insieme a Vincenzo Le Piane, dopo che limpegno
di Francesco De Roberto, primo redattore statistico, manifest difficolt a rispondere con sollecitudine alle richieste ministeriali, Cfr. DEMARCO (a cura di), La Statistica del Regno di Napoli
nel 1811, Tomo I, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1988, pp. LXII, LIX e LXXIV; U.
CALDORA, Calabria napoleonica (1806-1815), Napoli, Fausto Fiorentino Editore, 1960; ID., La
Calabria nel 1811. Le relazioni della statistica murattiana, a cura di Vittorio Cappelli, Rende,
Centro Editoriale e Librario dellUniversit della Calabria, 1995.
34
R. DE LORENZO, Societ economiche e istruzione agraria nellottocento meridionale,
Milano, Franco Angeli, 1998, p. 142. Erroneamente la De Lorenzo attribuisce la paternit del
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rurgo fiscale a servizio del Tribunale. Nonostante avesse dimostrato di eccellere nella chirurgia, il mandato ebbe breve durata e cos, a partire dall'anno
successivo, ritorn a lavorare negli ospedali militari41.
Non si conosce esattamente per quali meriti Silvagni fu chiamato ad intervenire nei lavori della Societ economica, intraprendendo un tipo di attivit molto distante dai suoi interessi professionali.
Appena istituita la Societ dagricoltura (1810) fu nominato segretario
Giuseppe Golia42, magistrato e proprietario terriero originario di Marzi43. Pur
rimanendo tra le fila della Societ come membro ordinario, Golia si dimise
ufficialmente dal suo incarico direzionale per dedicarsi a tempo pieno alla
sua nuova carriera di giudice di pace di Rogliano. Tuttavia, pare che ad incidere sulla decisione furono soprattutto le pressioni esercitate dal governo centrale, che non lo riteneva adatto alla carica che rivestiva44.
La nomina di Silvagni, due anni dopo, coincise con la trasformazione delle Societ dagricoltura in Societ economiche grazie ad un provvedimento
che intendeva ampliare la sfera dazione alle manifatture e al commercio, oltre che, ovviamente, allagricoltura. Insieme al vertice, il governo murattiano
intese anche rinnovare e arricchire le fila della Societ, accordando la sua
preferenza a personaggi di spicco della provincia medici, avvocati, alti prelati e a impiegati statali45. Anche in epoca successiva, con la Restaurazione,
la Societ economica continu ad essere rappresentativa prevalentemente della classe borghese, escludendo le famiglie signorili e coinvolgendo maggiormente anche rappresentanti delle aree pi periferiche. In questo periodo aumentarono anche le adesioni ed infatti nel 1817 erano presenti ben 106 soci
(18 ordinari, 21 onorari e 67 corrispondenti), che resero la Societ cosentina
un esempio di particolare attivismo46. Filofrancese e conservatore, Silvagni
41
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impresse da subito ai lavori della Societ economica una particolare dinamismo, nonostante fosse evidente un forte accentramento di competenze. Di lui
Vincenzo Colosimo47 disse che amava primeggiare e che superbo delle sue
cognizioni, tendeva a disapprovare tutto ci che da lui non si proponeva48.
Appena nominato, Silvagni dovette fare i conti con lobiettivo prioritario
previsto dallo statuto delle Societ. La legge istitutiva postulava un intervento
generico a favore della crescita economica di ciascuna provincia, ma non
chiariva esattamente cosa e come fare. Si trattava di un programma omnicomprensivo, sistematico, globale, che puntava allottenimento di miglioramenti in agricoltura, industria, commercio e infrastrutture e che implicava
anche un mutamento del contesto sociale ed economico. In realt, la progettazione di iniziative concrete era quasi interamente delegata alle Societ periferiche, le quali avrebbero potuto, e forse dovuto, selezionare progetti circoscritti, di minor effetto, ma praticabili49.
Il punto di partenza delle attivit societarie era lacquisizione delle informazioni, finalizzata alla formulazione di unanalisi. Ciascun membro era
chiamato ad approfondire temi generali di rilevanza economica e ad indagare
la realt che meglio conosceva compendiando i tratti pi importanti in una
relazione, definita memoria. Sia loggetto che la finalit di tali studi analitici
potevano essere eterogenei. In essi si includevano informazioni sulle attivit
economiche svolte nella provincia, sui diversi metodi usati in agricoltura o
sugli esiti di sperimentazioni condotte dai soci stessi, con tanto di notizie statistiche, geologiche, mineralogiche e agronomiche. Sebbene si trattasse di
approfondimenti riconducibili ad un singolo esponente, la Societ forniva dei
programmi annuali contenenti indicazioni di massima sugli argomenti da privilegiare, spesso prescelti sulla scorta delle direttive impartite dallIstituto di
Incoraggiamento di Napoli.
Silvagni, pi dei suoi successori, tendeva a racchiudere tutti i lavori della
Societ nel suo rapporto introduttivo, che riceveva la massima diffusione. In
esso faceva rientrare il dibattito riguardante lo sfruttamento delle potenzialit
47
Vincenzo Colosimo (1781-1870), medico esperto in matematica e fisica nonch presidente della Societ Economica cosentina ed esponente della carboneria, fu considerato come un
diretto antagonista di Silvagni. In pi di un'occasione i due si scontrarono sul piano scientifico.
Cfr. ACCATTATIS, Le biografie, cit., p. 74.
48
V. COLOSIMO, Biografia, cit.
49
A conclusioni di questo tipo giunse M. ROSSI-DORIA (Dieci anni di politica agraria nel
Mezzogiorno, Bari, Laterza, 1958, p. XIX), a proposito degli interventi della Cassa del Mezzogiorno. Questi, teorizzando la distinzione tra osso e polpa, propose di abbandonare un progetto omnicomprensivo e difficilmente attuabile a favore di interventi mirati.
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economiche della provincia, trascurando le valutazioni individuali degli autori delle memorie che analizzava. Tuttavia pare che durante questo primo periodo, nonostante vi fosse stata scarsa partecipazione da parte dei soci ordinari, le descrizioni fossero quelle pi realistiche, ma soprattutto i lavori propositivi fossero molto dettagliati e impreziositi da un approccio pragmatico.
Memoria sullo stato dellAgricoltura della Calabria Citeriore letta nella seduta generale
del d 6 gennaio [1812] dal Segretario Perpetuo Gabriele Silvagni. In ASN, MI, Inv. II, B. 3812,
f. III.
51
Con decreto 8 dicembre 1806, i Francesi provvidero a riformare lamministrazione civile
del Regno. La Calabria Citeriore fu suddivisa nei distretti di Cosenza, Castrovillari, Rossano e
Amantea. Con un ulteriore provvedimento del 1811, il capoluogo della costa tirrenica fu trasferito da Amantea a Paola. Cfr. CALDORA, op. cit., pp. 35-38.
52
Con il passare del tempo, la popolazione prese a concentrarsi maggiormente nel distretto
di Cosenza. Infatti, se in base al censimento del 1816 il 37,97% della popolazione della provincia
di Cosenza risiedeva nel distretto del capoluogo, la percentuale arriv nel 1861 al 39,72% e nel
1901 al 41,49%. Nel distretto di Castrovillari si concentr il 25,69% della popolazione provinciale nel 1816, il 25,28% nel 1861 e il 23. 92% nel 1901. Nelle stesse date, le percentuali del distretto di Rossano variarono dal 12,96, al 13,51 e infine al 13,19. A Paola le proporzioni variarono
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Alla conclusione che il progresso dellagricoltura fosse frenato dalla inadeguata distribuzione della popolazione, aggiunse anche quella della mancanza di adeguate cognizioni tecniche. Si rifer, in particolare, alla scarsa conoscenza dei prati artificiali e alla inappropriata destinazione duso dei terreni. Per porre un riparo a tali problematiche sugger, ad esempio, di urbanizzare la Sila, di ripristinare i boschi e di destinare unaltra area alle coltivazioni
e, ancora, di incanalare il fiume Crati per evitare inondazioni, di far dissodare
e coltivare tutti i terreni della costa ionica e di indirizzare alla pastorizia quella tirrenica53.
Oltre che per lanalisi, loperato di Silvagni si distinse per il pragmatismo
con cui tent di portare a compimento i suoi programmi. Rimanendo per il
momento in campo agricolo, sebbene molti progetti di ammodernamento rimasero lettera morta a causa della mancanza di investimenti, la Societ speriment percorsi alternativi che, seppure di prospettive applicative comunque
limitate, costituiscono testimonianza di un impegno apprezzabile.
Un primo tentativo di intervenire sulle questioni tecniche si realizz nel
1816, anno in cui Gabriele Silvagni redasse un catechismo agrario54,
sullesempio della Societ economica di Abruzzo Citra55. Il documento fu
elaborato in forma dialogica, la pi semplice possibile, in quanto si propose
di costituire lo strumento base per listruzione agraria. Secondo il disegno
originario, il lavoro si sarebbe dovuto articolare in tre parti, una di agricoltura
teorica lunica di cui rimane traccia , una di agricoltura pratica e una di
economia campestre. Destinatari del catechismo erano i proprietari terrieri e i
maestri elementari, che avrebbero dovuto adoperarlo per istruire gli scolari.
Silvagni stesso propose che lo studio fosse pubblicato nel giornale
dellIntendenza e distribuito a tutti gli insegnanti, anche se non vi sono notizie che confermano leffettiva divulgazione dello scritto56.
Si deve evidenziare come fin dallistituzione delle Societ dagricoltura,
fu proprio il governo a conferire notevole importanza allistruzione pratica e
poco: 23,39% nel 1816, 21,49% nel 1861 e 21,40% nel 1901. Cfr. ASCS, Coscrizione della
Provincia della Calabria Citeriore, rilevata dalla legge 1 maggio 1816 (manifesto a stampa esposto nella sede dellArchivio); Censimento generale (31 dicembre 1861) per cura del Ministero dAgricoltura, Industria e Commercio, Torino, Tip. Letteraria, 1864 e MINISTERO
DELLAGRICOLTURA, INDUSTRIA E COMMERCIO, Censimento della popolazione del Regno
dItalia al 10 febbraio 1901, vol. I, Roma, Tip. nazionale G. Bertero, 1902.
53
ASN, MI, Inv. II, B. 3812, f. III.
54
ASN, MI, Inv. II, B. 2576, f. 1.
55 Cfr. Zilli, Le Societ Economiche abruzzesi, cit., p. 204. Sui catechismi agrari cfr. M.
AGULHON, La Repubblica nel villaggio, Bologna, il Mulino, 1991, p. 15.
56
ASN, MI, Inv. II, B. 2576, f. 1.
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dellagricoltura e del commercio: gli Jacini ad Hofwyl, in Biagioli-Pazzagli, op. cit., vol. II, pp.
258-59.
62
G. SILVAGNI, Del Segretario perpetuo 1822, cit., p. 10.
63
Decreto n. 1681 del 10 agosto 1819, consultato in G. VALENTE, La Calabria nella legislazione borbonica, Chiaravalle Centrale, Effe Emme, 1977, p. 67. (n. 1681 Napoli, 10 agosto
1819).
64
L. BIANCHINI, Storia delle finanze del Regno delle due Sicilie. Governo dal 1806 al
1815, e dal ritorno de Borboni da questa epoca insino al 1857, libro VII, Napoli, Stamperia
Reale, 1859, p. 476.
65
ALLOCATI, op. cit., p. 431, nota 15.
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il ruolo del governo rimanesse quello di fissare le linee guida della politica
economica, per ci che riguardava lo sviluppo locale lultima parola spettava
sempre alle Intendenze, che avevano ampia facolt di gestire le proprie risorse
in base alle esigenze ritenute prioritarie per la provincia, anche disattendendo
alcune direttive centrali, per le quali non vi era sufficiente copertura finanziaria.
LIntendenza di Cosenza, pur stanziando annualmente delle somme per la
realizzazione dei progetti proposti dalla Societ, non li erogava fino a che
non vi fosse stata lapprovazione del Consiglio di Intendenza, il quale sovente stornava le somme a vantaggio di altre opere66.
Cos, ritornando al progetto di creare un orto agrario proposto dalla Societ economica e approvato dal governo, il Consiglio di Intendenza, anche per
le continue pressioni ministeriali, deliber affinch venisse effettuato un contratto di censuazione per un fondo di propriet delle suore del monastero di
Santa Chiara a Cosenza, le quali, consultate, si opposero sostenendo che la
propriet in oggetto non era adatta per orto agrario. LIntendenza, allora, incaric una commissione composta da membri della Societ economica e da
ingegneri, per effettuare una perizia del fondo, che dopo un attento esame fu
giudicato idoneo. Tuttavia a bloccare la procedura intervenne lArcivescovo
di Cosenza invocando il rispetto del trattato, che prevedeva appunto che la
propriet della Chiesa [era] sacra ed inviolabile67.
Il progetto fu quindi accantonato, malgrado le rimostranze di Silvagni, fu
poi ripreso in pi circostanze dopo la sua morte , ma mai attuato68.
Mentre si seguiva la trafila per ottenere lorto agrario, Silvagni tent di intraprendere iniziative alternative, utili alle medesime finalit, ovvero la sperimentazione privata.
A tal proposito, alcuni interventi si rivelarono particolarmente proficui,
come ad esempio quello dellintroduzione in Sila della coltura della patata
come succedanea ai cereali69. Silvagni, che aveva inutilmente proposto che
fossero elargiti premi di incoraggiamento, pubblic unistruzione pratica che,
66
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70
G. SILVAGNI, Istruzione pratica sulla coltura, ed usi d pomi di terra dal segretario perpetuo della Societ Economica di Calabria Citeriore per ordine di S.E. il Segretario di Stato e
Ministro dellInterno del Regno delle Due Sicilie, Cosenza, F. Migliaccio, 1817.
71
ASN, MI, Inv. II, B. 2576.
72
G. SILVAGNI, Del Signor Gabriele Silvagni, Segretario perpetuo della Societ Economica Cosentina, Socio Corrispondente dellAccademia delle Scienze, dellIstituto dincoraggiamento di Napoli, e della Reale imperiale Accademia de Georgofili di Firenze, rapporto
dellanno, in Atti della Societ Economica di Calabria Citra, f. 5, 1820, p. 17.
73
Non solo Francesco Silvagni pag personalmente il canone, ma, sempre in proprio conto, inizi a migliorare il fondo per adeguarlo agli usi specifici delle sperimentazioni. Cfr. ASCS,
SE, B. 10, f. 5 e Ivi, B. 6, f. 33.
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Andrea Lombardi fu considerato uno dei maggiori intellettuali del tempo. Inizi la sua
carriera al fianco dellintendente Flack. Nel 1820 fu eletto consigliere dIntendenza in Basilicata;
nel 1833 rivest la carica di sottointendente del distretto di Palmi e nel 1837 quello di segretario
generale dIntendenza. Cfr. Atti dellAccademia Cosentina, IV, 1865, pp. 61-84.
75
A. LOMBARDI, Discorso sulle manifatture della Calabria Citeriore letto alla Societ Economica nella sessione generale del d 30 maggio 1817, Cosenza, s.e., 1817, pp. 88-89.
76
G. SILVAGNI, Del Segretario perpetuo della Societ Economica della Calabria Citeriore,
Socio della Reale Accademia Borbonica, dellIstituto di Incoraggiamento di Napoli,
dellAccademia de Georgofili di Firenze, della Cosentina, e di quasi tutte le Societ Economiche del Regno. Rapporto dellanno 1832, in Atti della Societ Economica di Calabria Citra,
1832, pp. 136-37.
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77
Ivi, p. 137.
Ivi, p. 145.
79
Ibidem.
80
Sulla fabbrica tessile di Piedimonte dAlife, sorta per liniziativa dello svizzero Jacques
Egg, oppure al lanificio di Raffaele Sava, sorto nei sobborghi di Napoli cfr. JOHN DAVIS, op. cit.,
pp. 114 e 118.
78
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prima fabbrica di seta organzina era sorta per iniziativa governativa e solo in
un secondo momento fu ceduta ai fratelli Caracciolo81.
La Societ economica stessa, in quanto espressione del potere politico, ritenne di poter agire in prima persona. Silvagni lanci liniziativa di fondare
una fabbrica di seta a cucire, una di lino ed unaltra di lana nellorfanotrofio femminile di Cosenza82. Questultimo era stato fondato alla fine del
Settecento grazie alle rendite di un monastero soppresso. Inizialmente
listituto fu diretto da Vincenzo Telesio, appartenente al casato del pi noto
Bernardino, che realizz lidea di dare alle fanciulle una formazione completa. Pens di educarle allarte del tessere, inviandone alcune a Catona, vicino Reggio Calabria, zona nota per la produzione di seta molto pregiata83.
Ideatore del progetto di sfruttare lorfanotrofio per creare un polo tessile,
in verit, era stato il socio ordinario Vincenzo Mollo, che gi nel 1820 meditava sulle opportunit che se ne potevano cogliere. Contando sullampiezza
dei locali che accoglievano le ragazze e sulla disponibilit di mano dopera
gratuita e gi abile nel lavorare tessuti, Mollo pens che sarebbe stato possibile minimizzare i costi e al contempo creare un modello da imitare84.
Nel riprendere il progetto a distanza di anni, Silvagni si trov a dover affrontare alcuni problemi concreti, il pi rilevante dei quali era il reperimento
dei capitali necessari per gli investimenti iniziali, stimati in 10.000 ducati85.
Anche in questo caso, a causa del meccanismo dei finanziamenti gi descritto, i finanziamenti pubblici non arrivarono. Non potendo confidare nel denaro
pubblico, Silvagni present un progetto alternativo di costituzione di una societ ad azionariato diffuso con la partecipazione del Consiglio provinciale86.
Il rapporto del segretario Silvagni, apprezzato da tutti i membri della Societ economica, venne portato allattenzione del Reale Istituto dincoraggiamento, che, oltre a reputare le proposte in esso contenute opportunissime
al bene della Calabria Citeriore, propose al Ministero dellInterno di emette81
G. SILVAGNI, Del Segretario perpetuo 1832, cit., p. 149. Sulla storia della sericoltura a
Reggio Calabria cfr. P. GRECO, Sullo stato dell'industria della seta nella Calabria Ultra Prima,
s.l., [1845].
82
G. SILVAGNI, Del Segretario perpetuo 1832, cit., p. 146.
83
Cfr. L. ACCATTATIS, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie raccolte a cura di
Luigi Accattatis socio di varie accademie e societ italiane ed estere, vol. III, Cosenza, Tipografia della Redenzione, 1877, pp. 118-21.
84
V. MOLLO, Dellagricoltura di questa provincia, e degli ostacoli, che si oppongono a
migliorarla, in Atti della Societ Economica di Calabria Citra, f. 5, 1820, p. 36.
85
Cfr. ASCS, SE, B. 7, f. 43.
86
G. SILVAGNI, Del Segretario perpetuo della Societ Economica di Calabria Citra. Rapporto dellanno 1833, in Atti della Societ Economica di Calabria Citra, 1833, pp. 194-98.
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prendere la lavorazione di tessuti per i quali era necessario importare la materia prima98. Al contempo per, tra gli anni 40 e 50, a Cosenza sorsero numerosi opifici serici in concorrenza tra loro, testimonianza se non altro
dellavvio di un processo di cambiamento99.
Dopo la morte di Silvagni la Societ economica di Cosenza inizi a perdere smalto, riducendo notevolmente le attivit propositive e confinando i
lavori in attivit puramente descrittive. Tale tendenza, tuttavia, non rappresent un fenomeno isolato e non costitu solo la conseguenza della scomparsa
di quel Segretario che tanto aveva dato lustro allassociazione. Dipese in parte anche da avvenimenti politici. In occasione dei moti rivoluzionari del 48,
infatti, aument la diffidenza della Monarchia nei confronti delle associazioni, in seno alle quali spesso si fomentavano congiure. Lindirizzo politico,
quindi, fu quello di sciogliere le Societ che si riteneva avessero cospirato
contro il Re, di allontanare i soci rivoluzionari e di sostituirli con personaggi
per cos dire pi allineati. Tale tendenza si realizz anche a Cosenza. Raffaele Valentini, succeduto a Silvagni nella carica di segretario il 1835 in occasione dei moti rivoluzionari, si dichiar apertamente contro la Monarchia e
ci gli cost la condanna a morte100.
Con la nomina di Greco alla guida della Societ economica, il rinnovamento si avvert soprattutto nella rappresentanza dei nuovi soci, scelti tra i
magistrati che avevano caratterizzato la fase repressiva seguita ai moti del
1848 e tra i funzionari amministrativi. Nonostante le numerose e qualificate
nomine, che riguardarono soprattutto gli onorari e i corrispondenti, lorganico
della Societ economica and sempre pi sfoltendosi101.
Il difficile momento politico e lintervento repressivo del governo contribuirono ad un diradamento delle attivit, testimoniato dallesiguo numero di
memorie comparse nei resoconti del segretario, che sul finire degli anni Cinquanta si trov a perdere alcuni tra i soci pi competenti102.
98
Ivi, B. 7, f. 44. Le materie prime provenivano da altre province del Regno e dalla Gran
Bretagna.
99
MARCELLI, Sviluppo economico, cit., pp. 106-107.
100
ACCATTATIS, Le biografie, cit., vol. IV, p. 113. La pena di morte gli venne poi commutata in ergastolo. Trascorse il resto della sua vita nel Castello di Cosenza, dove mor nel 1858. Per
maggiori informazioni sul ruolo di Valentini nei moti rivoluzionari del 1848, cfr. D. ANDREOTTI,
Storia dei cosentini illustri, vol. III, Cosenza, Pellegrini Editore, 1987, pp. 349-60.
101
Cfr. ASCS, SE, B. 1, f. 1.
102
Reddiconto della Reale Societ Economica della Provincia di Calabria Citra, 1865,
pp. 28-29.
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Conclusioni
Stabilire con esattezza se vi sia un rapporto causaeffetto tra cambiamento economico e azioni delle Societ economiche pressoch impossibile e
probabilmente non il solo aspetto da considerare per esprimere un giudizio
storiografico su queste organizzazioni o sulle persone che si dedicarono ad
essa. Bisogna considerare che queste si ponevano un obiettivo molto ambizioso, lo sviluppo economico, che implica la trasformazione delle regole
formali e informali che guidano una societ, cambiamento questo lento e
quasi impercettibile, se non in una prospettiva storica103. E stato gi evidenziato come lesperienza di alcune Societ economiche meridionali abbia messo in evidenza la capacit di queste organizzazioni di rappresentare validi osservatori e centri di promozione per lo sviluppo, istituzioni in grado di tracciare con relativa precisione una mappa cognitiva delle realt locali104.
Proprio questo stato uno degli elementi presi in considerazione in questo
saggio, che, grazie alla ricostruzione critica della vita professionale di Gabriele Silvagni, ha potuto analizzare le attivit svolte in seno alla Societ economica di Calabria Citeriore, miranti a generare progetti di sviluppo e la
capacit di portarli ad esecuzione, evidenziandone limiti, difficolt e successi.
Le restrizioni poste alle attivit della Societ dal potere politico, sia nazionale che provinciale, e alcune decisioni operative possono essere considerate alla base della scarsa considerazione che la gente aveva di questa istituzione. Tra le prime vanno ascritte la mancanza di finanziamenti e i vincoli
organizzativi. Tra le seconde la preferenza accordata in seno allassociazione
103
D.C. NORTH, Istituzioni, cambiamento istituzionale, evoluzione delleconomia, Bologna, il Mulino, 1994, p. 27.
104
MARCELLI, op. cit., cap. 4. Cfr. A. MARRA, La Societ economica di Terra di Lavoro.
Le condizioni economiche e sociali nellOttocento borbonico. La conversione unitaria, Milano,
Franco Angeli, 2006.
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alla borghesia terriera e la scarsa attenzione prestata nei confronti della classe
contadina.
Analizzata con la lente dello storico, la particolare esperienza di Gabriele
Silvagni sembra possa essere valutata positivamente, per la dedizione manifestata verso la riconversione delleconomia agricola in funzione delle nuove
esigenze di industrializzazione105, ma soprattutto per la capacit di promuovere un dibattito con intenti pedagogici non solo astratti, ma spesso anche
pratici106. Si aggiunga che il messaggio divulgativo, sebbene non sia riuscito
ad arrivare al ceto contadino, certo che sia stato accolto dai proprietari terrieri, soprattutto quelli di nuova formazione, molti dei quali sedevano tra le
fila della Societ stessa.
In generale, si pu concludere che lesperienza di Gabriele Silvagni offre
limmagine di un personaggio ben consapevole delle proprie finalit istituzionali. Si sentiva partecipe di una missione civilizzatrice e contribuiva ad
essa dedicandovi i propri studi e le proprie conoscenze, sopperendo in diverse
occasioni alle disattenzioni degli organi di governo. Nel periodo in cui Silvagni guid la Societ, riscontrabile un interessamento concreto verso lo
sviluppo economico della provincia, una progettazione in grado di allontanarsi da previsioni irrealistiche e indirizzata verso obiettivi accuratamente scelti.
Ogni iniziativa propositiva scaturiva da una puntuale analisi delle risorse disponibili e del capitale umano di riferimento; i progetti presentati tenevano
conto delle differenziazioni territoriali, della disponibilit di manodopera e
della competenza imprenditoriale, non trascurando di appurare ogni questione concreta necessaria per lattuazione. Nonostante il costante rifiuto da parte
del potere politico di finanziare le proprie iniziative, Silvagni cerc in ogni
modo di raggiungere qualche risultato tangibile e proprio per questo fu accusato di protagonismo nella gestione della Societ.
Particolarmente interessante stato il progetto di creazione di unindustria
tessile allinterno dellorfanotrofio femminile. Dalla ricostruzione dei vari
passaggi stato anche possibile evidenziare le ricorrenti difficolt cui pu
andare incontro la realizzazione di un progetto: pianificazione di un preventivo di spesa e reperimento dei capitali da investire, scarso coinvolgimento iniziale da parte dei privati, interferenze con la politica. A dispetto, per, delle
resistenze iniziali, proprio lesecuzione di tale progetto sembra si possa ascrivere tra i principali meriti di Silvagni. Se vero che limpresa prese avvio
con modalit diverse da quelle pianificate, tuttavia la Societ riusc a mettere
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Una donna semplice, che ha lasciato poche tracce del suo passaggio in
questo mondo. N ritratti sui muri con preziosi gioielli o abiti di seta, n alcun racconto di quel che pu essere stata la sua vita. Per conoscere qualcosa
di Teresa necessario arrivare agli scantinati della casa, alle cucine e ai laboratori .... luoghi dove si muovono le figure minori e furtive. Ecla Bosi
utilizza metafore per ricordare le donne ...che vivevano ai margini del sistema, che si installavano nelle pieghe della societ, ai margini del lavoro che
contava; persone prive di cultura letteraria, che lottavano per sopravvivere
servendosi delle conoscenze acquisite attraverso le esperienze del lavoro
spiccio, ritenuto di nessun conto; persone che transitavano nei vicoli e nelle
cantine, lottando da sole contro le aspre condizioni del giorno dopo giorno
(Bosi, 1984: 3-4). Donne come Teresa, che caricano acqua alle fontane, che
si chinano sotto il peso delle fascine, che alimentano il fuoco e preparano da
mangiare nella camera piena di fumo dove tutti mangiano e dormono. Donne
che lavano i panni screpolandosi le mani nel freddo rigido dellinverno, che
zappano la terra e buttano le sementi che saranno il cibo della loro famiglia,
che vendono nei mercati e che tessono panni per ripararsi dal freddo. A queste donne quasi sempre negato il diritto alla storia, anche perch c grande
scarsit di testimonianze sulla loro vita e sulla loro cultura, intesa come
...linsieme di attitudini, credenze e codici di comportamento proprie delle
classi sottomesse in un certo periodo della storia..... (Ginzburg, 1987: 16)
Di Teresa sono rimaste poche orme, praticamente niente. Brevi descrizioni orali tramandate dai ricordi di Teresa Zottolo, una sua nipote ormai deceduta, nata nel 1908 ed emigrata in Brasile nel 1925 dopo essersi sposata. Diceva che la nonna era affettuosa e la prendeva per mano sulla lunga salita fino al paese (Acquappesa, sulla costa tirrenica calabrese, fra Cetraro e Fuscal85
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do, non lontano da Paola). Preparava come nessuno il pesce che alimentava
tutti quanti, conservandolo per lungo tempo in vasi di coccio. La nonna le insegn anche a sbucciare i fichi dIndia evitando il pericolo delle spine.
La vecchia Teresa lavorava alla filanda quando, allet di 19 anni, nel
1871, si spos con Domenico Santoro, trentenne contadino senza terra che,
con il passare del tempo, divent il campanaro della chiesa, di cui era gi sagrestano. immaginabile che la moglie dovesse seguirlo spesso al lavoro,
camminando per lunghe ore per piantare e raccogliere in qualche campagna
lontana, come era consueto per le donne povere. Era anche probabile che,
mentre crescevano i bambini, Teresa lasciasse il lavoro alla filanda, che integrava lo scarso reddito familiare, perch il frutto del suo lavoro diventava
sempre meno redditizio.
Con la grave crisi degli anni Ottanta dellOttocento, cresceva il declino
della pastorizia iniziato a seguito dellUnificazione, che daltra parte aveva
dato impulso allingresso dello Stato Italiano nel sistema capitalista, a partire
dalle regioni settentrionali. Il nord dellItalia, grazie alla produzione industriale, divent pi forte del sud agricolo, scrivono De Boni e Costa, aggiungendo il fatto che la riorganizzazione dellItalia si realizz con
labolizione delle frontiere, la soppressione delle tradizioni al fine di aprire la
strada alla costruzione di uno Stato Moderno (De Boni-Costa, 1984: 50).
Lintroduzione delle macchine per la produzione su larga scala aumentava
il capitale della borghesia e restringeva il mercato del lavoro al Sud, togliendo gli uomini dalle loro occupazioni tradizionali, distruggendo lartigianato
che contribuiva ad aumentare il reddito dellagricoltore. La Mafrici colloca
allorigine della crisi, che ha avuto luogo soprattutto nel Sud dellItalia, la
questione dellUnificazione e la conseguente politica volta a creare un mercato nazionale. La Calabria, a dire dellautrice, ha sofferto danni incalcolabili a
seguito dellabolizione della tariffa che gravava sui prodotti importati, proteggendo, in questo modo, quelli dellantico regno di Napoli. La politica del
libero scambio non avrebbe potuto assolutamente favorire la regione dove
lindustria era ancora agli inizi e la manifattura rudimentale. Furono abolite le
divisioni politiche e di conseguenza le barriere economiche (Mafrici, 1982: 89).
Le manifatture domestiche pi legate alla vita contadina ed alla trasformazione della materia prima agricola, agli inizi del XIX sec., erano state la
filatura e la tessitura, manifatture prevalentemente femminili. Nel 1874, Eugenio Arnoni registrava che tutte le famiglie possedevano una filanda e che
non era possibile passare in una strada o in un vicolo senza sentire il rumore
delle filande che, in qualche modo, favorivano la circolazione di denaro (Bevilacqua & Placanica, 1985: 252).
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chietto o un nastro, del quale si intravede una parte. Teresa indossa orecchini
discreti con pendenti probabilmente in oro.
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di Carlo Ginzburg, che spieg le fondamenta del metodo indiziario, dimostrando, in un testo ormai classico, che gli indizi funzionano come chiavi per
la conoscenza delle realt storiche; minuscole parti singolari tradizionalmente
poco considerate possono essere elementi fondamentali della ricostruzione
del passato (Ginzburg, 1991).
Ginzburg chiarisce che, se i documenti propongono la ricostruzione di
masse indistinte, offrono anche lopportunit di ricostruire personalit individuali; per questa via, si estende il concetto storico di individuo alle classi pi
basse. Continua lo storico piemontese, ricordando che in un individuo comune, ...di per s privo di rilievo e proprio per questo rappresentativo, si possono scrutare come in un microcosmo le caratteristiche di un intero strato sociale in un determinato periodo storico...; tracce individuali ...permettono di
circoscrivere le possibilit latenti di qualcosa (la cultura popolare) che ci arriva attraverso una frammentaria e deformata documentazione... Aggiunge
inoltre, sulla scia di Bachtin, che eventuali elementi della cultura egemone
possono essere riscontrati nella cultura popolare, e viceversa (Ginzburg,
1987: 26-7; 21-2; 28). Cos difende lidea di una circolarit culturale.
I pochi dati disponibili su Teresa sono solo degli indizi, inclusi quelli provenienti dalla fotografia che, per dirla con Arnheim, offrono piena esperienza percettiva (Arnheim, 1981: 21). Non si pu ignorare che un documento
fotografico, come qualsiasi altro documento, ... il risultato di un montaggio
cosciente o incosciente della storia, della societ che lo ha prodotto.....
dunque necessario smitizzare il suo significato apparente, espresso nel desiderio di affermazione della nuova borghesia, che si sviluppa alla met del
XIX sec. attraverso una conclamata democratizzazione. Affermava il senatore italiano Mantegazza, nel 1889, che la fotografia permetteva a tutti di possedere una galleria domestica; e dal suo punto di vista, ampiamente condiviso dalla societ europea alla fine del XIX sec., la fotografia era ...opera
umanitaria di alta e sana democrazia (DAutilia, 2001: 8; 86-8). In altre parole sostituiva lassai costoso ritratto dipinto. Come fenomeno di grandi proporzioni, la fotografia il simbolo dell ascesa della borghesia che, nella sua
rappresentazione, adotta modi provenienti dalla nobilt: pose, indumenti,
gioielli, scenografie. Il ritratto borghese il risultato di una posa nello studio
del fotografo che cerca di riprodurre gesti solenni, espressioni di dignit.
Teresa appare in una fotografia realizzata probabilmente in uno studio,
dato che lo scenario sullo sfondo dipinto. La foto inviata al figlio senza
dedica. Probabilmente era la sua prima esperienza fotografica, perch la sua
espressione dimostra chiaramente disagio, rigidezza. La posa quella praticamente dobbligo in quel periodo: la donna in piedi, il marito seduto. Ma la
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LAmerica del Nord fu la destinazione principale delle popolazioni meridionali, con una tendenza alle concentrazioni urbane, il che un percepibile
segnale dellabbandono della vita rurale. Ricorda la Corti che, abituati a vivere nei borghi rurali, quasi sempre sfruttati dai grandi proprietari terrieri, gli
immigrati meridionali preferivano il lavoro urbano temporaneo, fondato sulle
relazioni di parentela o amicizia (Corti, 1999: 8-9).
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zioni e non avrebbero avuto da mangiare linverno seguente. Il Brasile repubblicano aveva bisogno di immigrati e faceva pubblicit in Italia per cooptarli. Si diressero allora a Rio de Janeiro, dove gi vivevano molti loro paesani.
Il giorno dopo la partenza, quando sarebbero suonate le campane, Teresa
non avrebbe pi sentito i passi dei ragazzi, mentre indossavano qualcosa di
pesante per ripararsi dal freddo nella lunga camminata fino alla campagna.
Non avrebbe pi preparato il cibo che mangiavano nella pausa del lavoro
rannicchiati allombra di qualche albero, quando il sole era a picco: pane nero, patate, una manciata di olive, un pezzo di formaggio. Allimbrunire avrebbe pianto di tristezza, preparando una minestra per i pochi rimasti; a tavola intorno alla frissura erano solo in tre; dove saranno ora quei tanti cucchiai che avidamente cercavano il cibo nellunica ciotola, alla fine di una
giornata di duro lavoro? Era ormai quasi sola in quel paese appollaiato sulla
sommit della roccia a timpa di Zaccani che in basso simmerge nelle acque del Tirreno. Acquappesa, provincia di Cosenza, Calabria, un luogo del
quale pochi hanno sentito parlare. A lei rimase il marito anziano e malato,
oltre che la piccola Rosa che probabilmente aveva accompagnato i fratelli
sulla strada di Cetraro, da dove simbarcarono per Napoli, la prima tappa di
un lungo viaggio. La bambina scendeva contenta con tutta la famiglia per la
contrada Sciabiche e camminava scalza in riva al mare. Lo stesso percorso
avrebbe fatto anni dopo, gi vedova, emigrando per il Brasile in compagnia
della figlia, che avrebbe trovato il marito a Santos.
E il mar Tirreno continua, raggiunge il Mediterraneo, che si mescola con
lOceano ad occidente. E prosegue a sudovest, scendendo fino ad unAmerica
distante e nebulosa, dove si trovavano i figli di Teresa, a Brooklyn e a Rio de
Janeiro.
Tra i primi italiani che si stabilirono in questa citt brasiliana, cerano i
fratelli Farani, provenienti dallItalia meridionale, che, nel 1843, erano gi
proprietari di una famosa gioielleria. Dieci anni pi tardi cerano almeno 126
famiglie, la maggior parte provenienti dal sud Italia, che avrebbero fondato
una Societ di Beneficenza. Tra gli associati, cerano molti calabresi di Paola
e Fuscaldo, che pare abbiano iniziato ad emigrare per la chiamata di un cuoco
del seguito di donna Teresa Cristina di Borbone, che da Napoli and sposa
allimperatore del Brasile Dom Pedro II nel 1842 (Constantino, 2001: 45-7).
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Rosa con i figli Enrico e Teresa Carmela Zoccolo, nel giorno del matrimonio di
questultima con Giulio de Tullio, ad Acquappesa, 1924.
Negli ultimi anni della monarchia, ovvero negli anni Settanta e Ottanta
dellOttocento, cerano a Rio de Janeiro venditori ambulanti italiani che si
contendevano uno spazio nel centro della citt, vendendo biglietti della lotteria, pesce, frutta e verdura. La colonia italiana in citt aveva avuto una lenta
e continua crescita tra il 1846 e il 1870, e crebbe velocemente negli anni seguenti (Franceschini, 1908: 647). Nel primo decennio repubblicano (18891899), con il rapido aumento dellimmigrazione, si diversificava la composizione della comunit italiana, per soddisfare le esigenze di una citt che aveva bisogno di mano dopera e servizi specializzati, in virt dellaccelerata urbanizzazione e del conseguente slancio delledilizia e delle opere pubbliche.
Molte imprese edili approvarono i propri statuti in quel periodo e quattro di
esse, come ricorda Diegues, stabilirono come finalit statutaria lutilizzo di
operai abilitati allestero (Diegues, 1964:168).
Antonio Jannuzzi, per esempio, emigr nel 1874 a Rio de Janeiro e si distinse nel campo delle costruzioni. Originario di Fuscaldo, non lontano da
Acquappesa, divenne un anello della catena migratoria iniziata verso la met
del XIX sec. Molti altri calabresi ricevettero lettere di chiamata dallimpren96
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ditore, che continu a mantenere i legami con il suo paese dorigine. Jannuzzi
costru la sede della Societ Italiana di Beneficenza, la pi antica della citt,
inaugurata nel 1907. Fu direttore di una importante Societ di Ingegneria,
comproprietario della seconda banca italiana fondata in Brasile, intorno al
1890, denominata Banco ItaloBrasileiro (Trento, 1988: 147). Jannuzzi fu
nella capitale brasiliana un genuino zio dAmerica, capace di stimolare la
lunga catena migratoria di calabresi originari di Fuscaldo, che continuarono
ad arrivare a Rio de Janeiro fino agli inizi del XX sec..
I fratelli Santoro formarono altri anelli di questa catena. Nati nelle vicinanze di Fuscaldo, arrivarono a Rio de Janeiro nel periodo in cui si registrava
il picco dellemigrazione italiana. La tradizione familiare riporta che, per
qualche tempo, furono dei venditori ambulanti. Ma presto Pasquale e Luigi
abbandonarono la citt, quando Antonio mor durante una epidemia di febbre
gialla, antico pericolo per gli europei a Rio de Janeiro, il cui clima non a torto
era considerato insalubre.
Una citt perfida si present al giovane medico Paolo Mantegazza, che
sarebbe diventato un celebre igienista italiano, e che descrisse Rio come citt
ammorbata. Davanti al vaporetto con bandiera nera che raccoglieva i cadaveri
infetti nelle imbarcazioni ormeggiate nella Baia di Guanabara e davanti alle
innumerevoli imbarcazioni con bandiere a mezzasta, decise di ritornare immediatamente in Europa, anche a costo di salire a bordo di una nave inglese
che portava con s una trentina di persone malate (Mantegazza, 1870:
507-9)
Citt perfida si rivel la capitale brasiliana ai giovani calabresi appena arrivati, dopo la lunga traversata dellOceano. Lo sguardo di Teresa si sarebbe
soffermato per molto tempo sul mare se solo avesse potuto accompagnare il
tragitto dei figli pi piccoli, che continuarono ancora il lungo viaggio, fuggendo dalla malattia. Questo sguardo materno sarebbe dovuto arrivare fino al
Rio Grande do Sul, dove la febbre gialla non arrivava. Teresa certamente non
sapeva nulla di questaltra America cos distante, Porto Alegre, dove per gi
vivevano almeno altri due compaesani amici, giovani delle famiglie Crivella
e Guaglianone. Teresa non avrebbe pi visto i suoi figli. Antonio si trasform
in un ricordo doloroso, una fotografia listata a lutto e un lumino acceso.
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Luigi e Pasquale, figli di Teresa, a Porto Alegre, con i figli Antonio e Homero, nati nella citt brasiliana (1950 ca.)
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colose furono sotterrate dal fango (De Seta, 1904). Era allora molto giovane,
con i figli piccoli da allattare. Crebbero presto ed erano gi lontano quando
unaltra catastrofe si abbatt sulla regione: il terremoto del 1905, con le sue
innumerevoli vittime.
Scendendo a Guardia avrebbe potuto parlare nuovamente il suo dialetto.
Tanto tempo era passato e portava ancora nellabbigliamento e nel modo di
parlare piccoli segnali che identificavano una lontana origine occitana, anche
se da secoli la sua gente aveva abbandonato la condannata fede. Con i suoi
parenti parlava la lingua doc, ereditata da quegli eretici francesi che attraversarono le Alpi, fuggendo dalle persecuzioni e dai roghi, cercando rifugio nella costa tirrenica, attratti dalla protezione dei signori della Casa dAngi, nel
XIV sec..
A Guardia i Valdesi vissero per circa due secoli, fino a quando il re di
Spagna divenne re di Napoli e con laiuto dei domenicani promosse una dura
repressione, confinandoli in un ghetto nel quale le case potevano essere spiate
da fuori attraverso degli orifizi aperti appositamente. Pi tardi ci fu una grande mattanza degli abitanti del ghetto, per ordine del cardinal Ghislieri.
Teresa probabilmente discendeva dai pochi sopravissuti al massacro che
avvenne alla vecchia Porta del Sangue, altro luogo di memorie, simbolo di
ingiustizia e di identit. I limiti del suo mondo erano da un lato Guardia Piemontese e dallaltro Cetraro, dove molte volte passeggi allombra dei cedri.
Avrebbe potuto conoscere Paola, un p pi in l, dove ha vissuto e ha fatto
prodigi San Francesco, nella cui cappella furono conservate tante reliquie miracolose; magari vi avrebbe potuto fare un pellegrinaggio per grazia ricevuta,
collocando nellimmenso santuario una fotografia dei suoi figli che erano riusciti ad arrivare in America, dove lavoravano e davano da mangiare ai propri
figli. Ma andare a Paola, in quel tempo e nelle sue condizioni, era difficile.
In quel luogo dove viveva erano tutti molto poveri. Teresa e Domenico
erano tra i pi poveri del paese; i figli di Teresa dovevano uscire presto la
mattina per i campi di mais, avena ed orzo; avevano fatto pratica dal mastru
scarparu, sapevano riparare le scarpe, ma per loro non cera lavoro o speranza, come cera per i figli di Zottolo, che costruivano barche. A volte mancava
il cibo e perfino il pesce scarseggiava. E allora Teresa spesso camminava per
la campagna, raccogliendo erbe da bollire e da mangiare con il pane scuro,
pane di farina di castagne. Tutti indigenti come quei pescatori che vivevano
ad Intavolata, mangiando pesce fresco, o salando il pesce da vendere (Bua,
2003; De Pasquale, 1977). Per questo da sempre i Cosentini partirono e,
nellultimo quarto del XIX sec., praticamente svuotarono quelle piccole localit della provincia, ormai libere dalla minaccia dei corsari.
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Il paese non doveva pi rinserrarsi in cima alla montagna, da dove per secoli si annunciava larrivo di una imbarcazione. Da l si manteneva la guardia
per evitare lassedio impietoso dei corsari che venivano dallAlgeria e dalla
Tunisia. Dallalto delle terrazze e delle torri si succedevano i segnali che avvertivano degli attacchi, frequentemente notturni. Lantica paura era ora dimenticata, dal mare non arrivava pi la minaccia di saccheggi, di rapimenti di
donne e bambini; lultima razzia era avvenuta agli inizi del XIX sec.. La lunga epoca di insicurezza e di timore era finita e la gente cominciava a scendere
verso il mare, si stabiliva nella marina dove presto si cominci a percepire la
presenza di forestieri, ai quali i medici avevano raccomandato un cambiamento daria, bagni di mare, trattamenti con acque termali. Dalla met del
secolo, Acquappesa era riconosciuta come luogo di villeggiatura, uno stabilimento balneare di prestigio.
Il mare non rappresentava pi la minaccia dei pirati, ma passava a rappresentare la minaccia della separazione. Lantico paese si riduce in rovine, poche case hanno ancora vita attorno alla chiesa della Madonna del Rifugio, che
mano a mano veniva costruita mentre nascevano i figli di Teresa, in sostituzione della piccola e modesta cappella. Tanti andarono via, alcuni alla Marina, ma la maggior parte dallaltro lato dellOceano, abbandonando il vecchio
Casale.
Il luogo diveniva vuoto, ma carico di significati. Si trasform in un deserto quando partirono i nipoti di Teresa. Poche fotografie attraversarono
lOceano, come misere briciole di affetti familiari. Le tracce di Teresa scompaiono nel caseggiato insieme alla sua tragedia, che la stessa di tante donne
in tutti i tempi di emigrazione.
Traduzione dal portoghese di Dulce Maria Barbosa Leite,
che lautrice ringrazia,
unitamente ad Assunta Orlando, di Acquappesa,
per la gentile collaborazione offerta.
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a fuoco le difficolt pratiche riscontrate nella fase di attuazione dei vari progetti, seppe individuare con puntualit loggetto e la localizzazione delle attivit, dimostr la necessit di innovare tecnologicamente il settore tessile e
soprattutto diede vita ad uniniziativa degna dessere imitata; tutto ci rese
liniziativa una frazione privilegiata del processo di sviluppo 107.
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GEMMA MALTESE
Si definisce spesso la modernit mediante lumanesimo, sia per salutare la nascita delluomo, sia per annunciarne la morte. Ma perfino questo atteggiamento moderno, in quanto permane asimmetrico, trascurando la nascita congiunta della non umanit, quella delle cose, degli oggetti o degli animali, e quella non meno strana di un Dio barrato, cancellato, fuori gioco. La modernit
sorge dalla creazione congiunta di questi tre elementi, quindi dalloccultamento di questa triplice nascita e dal trattamento separato delle tre comunit,
mentre al di sopra, continuano a moltiplicarsi gli ibridi, proprio a causa di
questo trattamento separato. questa duplice separazione che dobbiamo ricostruire, da un lato tra lalto e il basso, dallaltro tra gli umani e i non umani
(Latour, 1991, p. 25).
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LAVORI IN CORSO
in ombra lumano che sta dietro lartificiale . Il non umano inteso qui in
quanto comunit entro cui si collocano (anche) beni e prodotti tecnico
scientifici , travolto dal totalizzante processo dintellettualizzazione della
realt, ha incorporato in s un sapere che alluomo profano non visibile.
Luomo convive e vive in una realt a lui incomprensibile, se non attraverso i
discorsi che su di essa, dalle differenti voci che emergono nellattuale villaggio globale, vengono prodotti.
In tale ecologia, da dove viene lessere umano che interpreta oggi il non
umano differente da s, e che, al contrario, riconosce nei sui simili lessenza
della sua natura?
Luomo dellet della tecnica discende culturalmente dallessere mortale
per cui Prometeo ha rubato il fuoco e a cui ne ha fatto dono, rendendolo co3
struttore, attraverso la tecnica, del suo destino . In questo senso, lumano
figlio della tecnica quanto della natura. Arnold Gehlen, in Luomo nellera
della tecnica (1957), propone lumano in quanto comunit, genere, specie
biologicamente tecnica. Luomo mancando di organi e istinti specializzati si
costituisce attraverso unessenza tecnica: egli (...) non conformato per un
ambiente naturale, e di conseguenza non ha altra risorsa che trasformare con
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la sua intelligenza qualsivoglia stato di cose da lui incontrato nella natura .
Questa nonspecializzazione si riferisce alle prestazioni organiche ed istintive delluomo. Dalla prospettiva di Gehlen, quindi, la tecnica
nellessenza stessa dellessere umano: egli fa della realt strumento e, a partire da questa relazione, luomo e la natura possono essere rappresentati in
quanto reciprocamente estranei. Luomo dellet della tecnica, in particolare,
pu essere definito innaturale, poich la sua condizione, il suo essere umano,
dettata, culturalmente e materialmente, dallartificiale che secolarmente egli stesso ha costruito.
Il concetto di umano in quanto comunit al di sopra di Dio e del non u5
mano una rappresentazione moderna . DallUmanesimo allIlluminismo si
gettarono le fondamenta per la costruzione di un nuovo mondo edificato dalla
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LAVORI IN CORSO
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LAVORI IN CORSO
Ivi, p. 64.
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sieme alla percezione di un futuro sempre migliore del presente, nelle fasi di
modernit pi tarda, si percepisce come mai prima la rischiosit insita nel
progettare il tempo e, in particolare, nel programmare lavvenire esclusivamente sulla base della razionalit strumentale delluomo. In modo pi evidente, a partire dal secondo dopoguerra, la linearit del tempo, lidea di un
futuro sinonimo di progresso entrano inesorabilmente in crisi: luomo dellet
della tecnica riemerge dalla macerie della guerra con la sensazione che il suo
farsi agente tecnico ha innescato processi di mutamento e dinamiche di potere per cui il futuro, cos come pu essere progettato e volto al miglioramento
del genere umano, pu anche essere pianificato secondo una logica di distruzione totale.
In questo senso, la deterrenza, la sfiducia nellutopia del progresso, e la
minaccia continua di unimmanente e imminente catastrofe nucleare, ecologica, economica rappresentano limmaginario collettivo entro cui fermenta la
crisi del concetto di avvenire della modernit pi matura, e dunque la crisi
delluomotecnica, il quale pu farsi umano solo se pu immaginare, pianificare il suo futuro.
Allinterno di tale crisi per cui lidea di avvenire aperto e lineare
11
dellepoca moderna cede il passo ad un futuro apertamente temuto
lumano, immerso completamente in unecologia materiale e fittizia, in cui
paradossalmente sono gli oggetti a rappresentare e ad incorporare il sapere,
progressivamente va perdendo i tratti della propria umanit. Lumano messo in ombra dal fatto che il futuro, dimensione entro cui la sua natura tecnica
pu realizzarsi, non pu essere pi interpretato come sinonimo di miglioramento. Piuttosto lavvenire sinonimo di rischio: essere moderni vuol dire
trovarsi in un ambiente che ci promette avventura, potere, gioia, crescita,
trasformazione di noi stessi e del mondo; e che, al contempo, minaccia di distruggere tutto ci che abbiamo, tutto ci che conosciamo, tutto ci che siamo. Gli ambienti e le esperienze moderne superano tutti i confini etnici e geografici, di classe e di nazionalit, di religione e di ideologia. in tal senso si
pu davvero affermare che la modernit accomuna tutto il genere umano. Si
tratta, comunque, di un'unit paradossale, di un'unit della separatezza, che
ci catapulta in un vortice di disgregazione e rinnovamento perpetui, di con12
flitto e contraddizione, d'angoscia e ambiguit .
11 Ivi, p. 10.
12 M. BERMAN, L'esperienza della modernit, Bologna, il Mulino, 1985, p. 25.
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La persona umana un soggetto razionale, in quanto crede, desidera e agisce coerentemente alla sua ragione. Luomo non solo in quanto pensa, ma
in quanto, in connessione al suo pensiero, crede, vuole e ama: la persona
umana poich capace di empatia e di pensiero. Luomo, inoltre, si costrui13
D. SPARTI, Limportanza di essere umani. Etica del riconoscimento, Feltrinelli, Milano, 2003, p. 119.
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Luomo tale poich attribuisce significato alla realt che lo circonda attraverso interpretazioni e rappresentazioni. Ci significa che comprendere
come lumano sia mutato, in particolare nel suo rapporto con il non umano,
nel corso del tempo, significa tentare di cogliere come le rappresentazioni
dellumano si siano trasformate in relazione alle differenti condizioni e ai diversi
linguaggi attraverso cui gli uomini, interpretando, costruiscono la realt.
Luomo () non ha mai abitato il mondo, ma sempre e solo linterpretazione
che le varie epoche hanno dato al mondo. Quando nel mondo antico il mondo
era descritto dal mito, quando nel Medioevo era descritto dalla religione,
quando nellet moderna era descritto dalla scienza e oggi dalla tecnica, gli
uomini non hanno mai abitato il mondo, ma la sua interpretazione prima mitica, poi religiosa, quindi scientifica e ora tecnica. () Dagli antichi a noi, ad
esempio, la natura ha sempre ribadito il suo ciclo, ma la sua interpretazione
lha inserita in scenari a tal punto diversi da farla apparire come qualcosa di
completamente diverso. Una cosa infatti pensare alla natura come
quellordine immutabile posto a misura di tutte le cose, altra cosa pensarla
come creatura di Dio posta al servizio delluomo, altra ancora pensarla come fondo disponibile di risorse allinterno di quella progettualit tecnica che
include anche luomo tra i materiali disponibili (Galimberti, 1999, pp. 353-54).
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sere determinati essenzialmente attraverso lazione e la programmazione. Cos, se si considera linsufficiente dotazione delluomo, () sar facile avvedersi che egli deve riconoscere per essere attivo e deve essere attivo per poter vivere lindomani. Questa semplice formula si complica alquanto
allinevitabile osservazione che gi questo stesso riconoscere assai condizionato: nel caos del profluvio di stimoli non c dapprima proprio nulla da
riconoscere, e solo il gradualissimo padroneggiamento di tale caos per mezzo di movimenti di maneggio e sperimentali fa nascere i compendiosi simboli,
con i quali pu avviarsi ci che pu chiamarsi conoscenza (...). Luomo che
gi la fame futura rende affamato (Hobbes, De homine, X, 3), non ha
tempo: se non predispone il domani, questo domani non conterr nulla di
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cui egli possa vivere .
Cos, nel tempo della tecnica, lorizzonte entro cui collocare luomotecnica senza tempo, non pi la natura, nella sua stabilit e inviolabilit,
n la storia, che abbiamo vissuto e narrato come progressivo dominio
delluomo sulla natura, ma la tecnica, che dischiude uno spazio interpretativo che si definitivamente congedato sia dallorizzonte della natura che da
15
quello della storia .
Nellera della tecnica gli individui vivono al ritmo scandito dal tempo che
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invecchia : lorizzonte, sia in quanto sfondo che in quanto dimensione futura che essi intravedono, lo spazio che si dischiude mette in luce la grandezza
delle costruzioni umane, ma pone in ombra lumano che sta dietro
lartificiale. Lillimitata capacit di produzione attuale, materiale e simbolica, prosciuga la capacit dimmaginazione umana. Ed nellinfiacchirsi di
tale capacit che lumano perde il suo essere inventore di s stesso, piuttosto
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si riduce alla pi importante materia prima . Loggetto, lo strumento, il
non umano, il prodotto tecnico determinano il presente e il futuro delluomo.
Questo capovolgimento nel rapporto soggettooggetto, , in ultima analisi,
intrinseco alla natura tecnica delluomo, per cui il fine primo diviene da subito il perseguimento dei mezzi. Tutti gli altri fini si subordinano ad esso: la re-
14 Cfr. A. GEHLEN, Luomo. La sua natura e il suo posto nel mondo (1940), tr. it. di
C. Mainoldi, Milano, Feltrinelli, 1983, p. 378.
15
U. GALIMBERTI, Psiche e techne. Luomo nellet della tecnica, Feltrinelli, Milano,
2004, p. 46.
16
ESCHILO, (v. 981) Le supplici, Prometeo incatenato, Agamennone, Palamede, in
Tragedie e frammenti, Utet, Torino, 1987.
17
M. HEIDEGGER, Oltrepassamento della metafisica, in Saggi e discorsi, Mursia, Milano, 1976.
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LAVORI IN CORSO
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LAVORI IN CORSO
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SAVERIO NAPOLITANO
1. Lattenzione di queste pagine riservata alle ricerche svolte dagli storici e cultori di storia locali, con deliberata esclusione di quelli professionali
non autoctoni. Una scelta volutamente circoscritta non per esaltare fasti patrii
e attribuire patenti storiografiche o medaglie al merito, ma per esaminare da
vicino un settore culturale e sviluppare qualche riflessione.
Il proposito potrebbe sembrare azzardato solo se assumessimo un atteggiamento pregiudizialmente negativo o semplificatorio sui lavori storiografici
maturati a questo livello. Personalmente, da sempre mi batto per lattenzione
verso la storia locale e il rispetto dei suoi cultori1, di cui sostengo la rilevanza
delle rispettive funzioni, pur nella coscienza che occorra tenere un costante
atteggiamento critico verso questo genere di ricerche quando sono condotte
da semplici appassionati. Ritengo che le osservazioni che svilupper avallino
questa posizione: il silenzio e lindifferenza, allopposto, sarebbero stati sicuri indici di rigetto di questi studi e di disistima dei loro autori.
Credo, intanto, non si possa prescindere da una considerazione generale,
ancorch per certi aspetti ovvia: che la storiografia calabrese ha avuto ed ha
tuttora i suoi epicentri pi consistenti, salvo alcune eccezioni, a Reggio, Catanzaro e Cosenza. Per le eccezioni, penso alle citt destinatarie delle mono* Relazione presentata a Scalea, il 22 settembre 2007, in occasione della presentazione del volume di scritti storici (a cura di Alfonso Mirto, Salviati, Milano, 2007) di
Carmine Manco, cultore di storia locale, nato nella cittadina tirrenica nel 1939 e morto a Pavia nel 1987.
1
S. NAPOLITANO, Nuova storia locale e questione meridionale, in Rivista storica calabrese, n.s., V(1984); ID., Appunti per una metodologia della storia locale, in Daedalus, V
(1990).
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RASSEGNE/DISCUSSIONI
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A parte alcuni lavori declinati, sia pure in modo non apologetico, in una
logica fascista2, sono significative le sue relazioni al I Congresso storico calabrese del 1954 (Notizia su Il cenotafio di Ruggero Loria alla Scalea), al
II del 1960 (La marcia di Garibaldi in Calabria nel 1860 e la sua deviazione
per Sapri) e al III del 1964 (La torre di Giuda), nonch il contributo nel fascicolo XXV degli Atti dellAccademia cosentina su La dimora di Metastasio
in Calabria e le sue relazioni col Gravina e col Caloprese e il volume Gregorio Caloprese e i suoi tempi (Cosenza, 1963) conclusivo di un lungo interesse per il maestro di Metastasio, su cui egli aveva pubblicato altri scritti tra
il 1923 e il 19623. Ad Attilio Pepe e il fatto conferisce al suo lavoro un merito aggiuntivo non furono estranee riflessioni sul metodo contenuti in due
articoli su Cronaca di Calabria del 1955 e 1956: Considerazioni su due argomenti di storia locale e La ricerca storica si fa coi documenti e non con la
fantasia4.
In quasi continuit cronologica con Attilio Pepe, anche se con ingiusta
minore visibilit5, si colloca linstancabile e ramificata ricerca di Carmine
Manco, che, condotta tra il 1969 e il 1985, riprende alcuni temi non nuovi su
Scalea (le tradizioni locali, non estranee allo stesso Pepe6 e da Manco in
qualche modo collegate con le vicende socioreligiose del suo paese, bench
in unottica eminentemente folklorica, come negli opuscoli La festa della
Madonna del Lauro. Storia, leggenda, folklore (Scalea 1980) e U pannu i
Santa Lucia), affiancati ad altri temi insoliti, perch tradizionalmente specialistici, per il contesto cittadino (le vicende preistoricoprotostoriche, quelle
artistiche, che pure avevano avuto un lontano precedente in un articolo di
La cultura calabrese e il fascismo, in La cultura regionale, 1928; Le vicende della Repubblica partenopea e la politica inglese, in Annali del fascismo, 1942.
3
La dimora di Metastasio in Calabria, in Atti dellAccademia cosentina, XIV(1929);
Lestetica del Gravina e del Caloprese (con recensione di B. Croce) e altri scritti, Napoli 1955;
Le teorie estetiche moderne e la poetica di Caloprese, in Cronaca di Calabria del 7 giugno
1959; La cultura in Calabria nei secoli XVII e XVIII.Gregorio Caloprese e i suoi tempi, in
Calabria letteraria, X(1962), nn.4,5,6.
4
A. MIRTO, Attilio Pepe: il pensiero e lopera, in Calabria letteraria, XLIX(2001), nn.
4-5-6, pp. 90-96.
5
A MIRTO, Carmine Manco: uno storico precocemente scomparso, XXXVIII(1990), nn.
1-2-3, pp. 112-15.
6
La festa del Lauro a Scalea, in Il Risorgimento del 7 settembre 1948; La settimana
santa alla Scalea, in Il Mattino del 12 aprile 1950.
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Carmelo Giordanelli7, gli scritti sul convento francescano, sulla chiesetta dello Spedale e la chiesa di San Pietro il Grasso, sugli apporti sociali e architettonici dei benedettini nel periodo normanno, sul Risorgimento scaleoto, infine, di cui testimonia il saggio sul 18488, che per la nostra zona rimane in fondo un unicum sulla congiuntura dal 1799 allUnit, sulla quale, a parte il
Cingari di Giacobini e Sanfedisti in Calabria nel 1799 e il Caldora di Calabria napoleonica e di Fra patrioti e briganti, oggi possiamo appena richiamare alcuni scritti di Giovanni Celico e una ricerca di Antonello Savaglio9).
Un vasto campionario di temi, quelli di Manco, talvolta spazianti oltre i
confini scaleoti e soprattutto dilatantisi dallet preistorica a quella classica,
dalla medievale, alla moderna, alla contemporanea, nella logica degli storici
di citt che puntano a uno scavo indifferenziato, animati principalmente da
passione conoscitiva e bisogno di fornire informazione storica (da questo
punto di vista, Carmine, che non rinunciava a proporre temi di ampio respiro,
possedeva ottime capacit divulgative e di sintesi, evidenti nei lavori di taglio
giornalistico che giudico i meglio riusciti) pi che la trattazione approfondita
di determinati argomenti. Unansia e un fervore di ricomposizione dei frammenti del passato cittadino esemplati da tutta la produzione di Manco e dal
compendio Scalea prima e dopo. Cenni storici, del 1969: pagine di ben maggiore intensit partecipativa, per la volont di connettere passato e presente
del proprio paese, rispetto allopera, pure apprezzabile, di Vincenzo Napolillo
(Scalea, culla della storia, edito nel 1999) e certo di una caratura storiografica non riscontrabile ne La cappella bizantina di Scalea (del 1996) di Gennaro
Serra, tenace protagonista, negli anni SessantaOttanta, di molte battaglie
giornalistiche in difesa del patrimonio artisticoarchitettonico della localit
tirrenica. A livello di divulgazione storica su Scalea e i paesi vicini, anche
come parte della neodiocesi di San Marco Argentano, si segnalano i lavori
di Vincenzo Barone10, di Cono Araugio11 e di Amito Vacchiano12,
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questultimo con un volumetto che ne ha preso in considerazione larco temporale dalle origini al XVIII secolo.
Modelli di ricerca e informazione generale ai quali si contrappone sia
come individuazione di un tema ben definito, sia come svolgimento e impostazione di esso il lavoro del 1977, tuttora senza epigoni, di Enrico Esposito
(pure misuratosi con la storia classica, il pensiero di Caloprese, la presenza di
Metastasio a Scalea, personaggi del repubblicanesimo meridionale13) sulle
societ di mutuo soccorso nellarea altotirrenica: studio animato da una consapevole scelta ideale dellautore, che, disegnando la mappa inedita del mutualismo locale, ha illuminato sulle tendenze socialiste non del tutto esangui
presenti in unarea periferica della societ calabrese ottocentesca, che, insieme a quella novecentesca, dove pure per la Calabria cosentina emergono i
lavori di Vittorio Cappelli, attende ulteriori ricerche specifiche e approfondite.
Un deliberato specialismo caratterizza la lodevole iniziativa della ristampa anastatica delle opere di Gregorio Caloprese a cura di Fabrizio Lomonaco
e Alfonso Mirto. Questultimo14 ha fatto del filosofo cartesiano un suo costante argomento di studio15 senza trascurare fatti e personaggi della nostra
zona16 e del Regno di Napoli17, nonch la messa a fuoco della biografia e
12
A. VACCHIANO, Scalea antica e moderna. Storia e protagonisti dalle origini al Settecento, Milano 2006.
13
E. ESPOSITO, Laos, una citt della Magna Graecia, Cosenza 1978; lannotazione di
Dellorigine degli Imperi, cit; ID., Metastasio a Scalea. Amori e poesia, Milano 2005; ID., C.
Mileti e la democrazia repubblicana nel Mezzogiorno, in Archivio storico per la Calabria e la
Lucania, L (1983) .
14
G. CALOPRESE, Opere, a cura di F. LOMONACO e A. MIRTO, Napoli 2004; G. CALOPRESE, Dellorigine degli Imperi.Unetica per la politica, con note di E. ESPOSITO e introduzione
di A. MIRTO, Milano 2003.
15
Appunti sul pensiero civile di Gregorio Caloprese, in Il pensiero politico, XIV
(1981), n.3; Lambiente e la cultura di Gregorio Caloprese, in Calabria letteraria, XXIX
(1981), nn. 4-5-6, pp. 46-49. Il maestro di Metastasio stato oggetto di analisi anche da parte di
A. GALATI, Gregorio Caloprese, in Almanacco calabrese, V(1955), n.5; U. MARVARDI,
Il pensiero estetico e il metodo critico in Gregorio Caloprese, in Lettere italiane, XIV(1962), n.
2; A. QUONDAM, Gregorio Caloprese, voce del Dizionario Biografico degli Italiani, vol. XIII;
A. VALENTE, Antropologia e politica in Gregorio Caloprese, tesi di laurea Universit della Calabria, Facolt di Lettere e Filosofia, a.a. 1994-1995; R. A. SISKA LAMPARSKA, Il sensismo sublime e razionale di Gregorio Caloprese, in Studi filosofici, XXIII (2000).
16
A. MIRTO, Nota sul pensiero di Francesco Maria Spinelli, in Calabria letteraria,
XXI(1983), nn. 7-9.
17
A. MIRTO, Rapporti culturali tra il Viceregno e la Toscana nella seconda met del Seicento, in Calabria letteraria, XLII(1994), nn. 10-12; ID, Una lettera di Marco Aurelio Severino a Luca Holstenius conservata nella Biblioteca Apostolica Vaticana, in Calabria letteraria,
XLV(1997), nn. 1-3. Di Mirto vanno anche ricordati gli studi maturati nei tanti anni di lavoro e
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dellopera degli storici scaleoti. A livello specialistico vanno collocati lo studio di Ciro Cosenza su La feudalit sul Tirreno cosentino (Diamante 1979) e
la curatela da parte dello stesso del volume Comune di Scalea. Le deliberazioni decurionali (1830-1861) (Paola, 1995); il contributo di Franco Galiano
su Oreste Dito18; gli studi di Amito Vacchiano sul monachesimo italogreco
nel Mercurion (su cui va ricordato un recente convegno19), in particolare la
ricostruzione storica complessiva fattane in San Nicola dei Greci a Scalea.
La cappella bizantina tra arte e storia (Milano, 2006), in coppia con Antonio
Vincenzo Valente (autore di uno scritto su La devozione della Madonna del
Carmelo a Scalea dal 1606 al 195520 e dellopuscolo La chiesa di San Nicola
in Plateis a Scalea, edito nel 2003), il quale ha analizzato architettonicamente
e artisticamente il poco che oggi resta dellantico edificio e dei suoi affreschi,
arricchendo e puntualizzando con unattenta ricognizione icnografica e fotografica le considerazioni svolte da Marina Falla Castelfranchi in un saggio
del 198521 e da Giorgio Leone in un contributo del 199622; il libro di Carmela
Stummo, infine, su Scalea e il suo dialetto tra cultura e tradizione (Milano,
2004), che mi pare possieda il pregio di costeggiare una concezione degli
studi dialettali non tanto come tecnicismo glottologico, sulla scia pure importante del Rohlfs, ma come storia culturale: un criterio oggi con numerosi esiti
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Talao33; di Biagio Moliterni con unottima riflessione critica su un noto documento medievale attinente al santuario praiese34. I lavori di Guida e Celico
si basano consapevolmente sul recupero e la proposta di materiale darchivio
(archivi parrocchiali e comunali e Archivio di Stato di Cosenza). Nel caso di
Celico, va segnalato lorizzonte pi vasto esplorato in collaborazione con
Amato Campolongo con riferimento alla famiglia baronale dei Sanseverino35:
unindagine essenzialmente prosopografica, ma preziosa per la messa a fuoco
dellarticolazione genealogica e delle diramazioni economicosociali in area
calabrolucana di questa importante casata.
Verso Diamante, su cui si esercitato Francesco Cirillo36, ha mostrato interesse Orazio Campagna dedicatosi essenzialmente al monachesimo italo
greco e alla storia preclassica e classica della nostra zona, con qualche riguardo per il suo paese di origine, Grisolia37, su cui va ricordato lopuscolo
(Scalea, 1996) a cura di Luigi Marino38 con lapporto della locale
Associazione culturale Italo Muti, dove sono stati riassunti i dati storici e
icnografici del palazzo ducale, di alcune chiese e di un convento.
Con riferimento alle vicende di Verbicaro, patria di Venturino Panebianco39, di fatto operante a Salerno, storico e stimato archeologo dellepoca classica e altomedievale, vanno indicati i lavori di Giovanni Cava (Verbicaro.
Spunti di storia e cronaca, Cosenza, 1988), di Biagio Gamba (Sulle origini di
Verbicaro, Verbicaro, 1993) e di Angelo Rinaldi, infine, con alcuni interventi
33
Scalea tra duchi e principi, mercanti filosofi e santi, Diamante 2000; Santi e briganti del
Mercurion, Diamante 2002; Famiglie notabili di Scalea e Santa Domenica Talao nei secoli
XVIII e XIX, Praia 2006.
34
La chiesa di San Zaccaria e lorigine del Santuario della Madonna della Grotta di Praia
a Mare, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, LXIX (2002).
35
I Sanseverino conti di Lauria, signori di Laino e duchi di Scalea. Regesto dal secolo XII
al secolo XVI, Soveria M/lli 2001.
36
Diamante e Cirella. Storie, leggende, itinerari, curiosit e dialetti, Diamante 1993.
37
Della sua produzione cito La regione mercuriense nella storia delle comunit costiere
da Bonifati a Palinuro, Cosenza 1982; I monasteri che erano intorno al Mercurion, in Rivista
storica calabrese, n.s. (IX(1988), nn. 1-4); La grotta di San Michele alla Serra di Grisolia in
Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, XL(1986); Miti e storia da Laos a Skidros. La
Grotta dellOrco alla Serra di Grisolia, Cosenza 1993; San Nilo di Rossano al Mercurion (940952/53). LAthos dItalia, Roma 2000
38
Luigi Marino aveva affrontato temi architettonici medievali relativi a Scalea con la tesi di
laurea discussa presso lUniversit della Calabria nella.a. 1979-80 su Aspetti architettonici della
cultura medievale in Calabria: Scalea.
39
Si cita qui, a titolo esemplificativo, Le diocesi latine di Blanda e di Turio nella sibaritide
altomedievale, in Magna Graecia, XIV (1979), nn. 9-10.
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mentalit a Papasidero, Bordighera 1991, di cui Giuseppina Grisolia ha tratteggiato usi e costumi locali), il proprio campo di indagine ha riguardato specificamente (e tuttora concerne) la storia sociale e culturale dellalto Tirreno
cosentino nei secoli dal Quattro al Settecento. Alcune di queste ricerche sono
state raccolte ne La storia assente. Territorio, comunit, poteri locali nella
Calabria nordoccidentale (XV-XVIII secolo), edito da Rubbettino nel 2003.
Per Mormanno, a parte gli antichi, succinti studi di Edoardo Pandolfi su
san LeoneLuca nel Mercurion48, di Vincenzo Minervini su Mormanno di
una volta49 e di Attilio Cavaliere su Vicende storiche e uomini illustri di
Mormanno (Castrovillari 1939), per il periodo contestuale a questa ricerca
vanno menzionati i lavori di Luigi Paternostro, prolifico di testi e appassionato di temi vari (da quelli archeologici sulla preistoria della Valle del Lao, a
quelli dialettali e storici sul territorio mormannese50), la ricerca di Domenico
Crea su Societ, economia, imprenditoria in Mormanno tra 800 e 900 (Castrovillari 1995, un unicum autoctono sulle esperienze paleoindustriali nella
Calabria alto cosentina) e la breve monografia di Francesco Regina e Domenico Crea sulla chiesa cattedrale di Santa Maria del Colle51.
Diversamente dallantico studio storicoarcheologico di G. Gioia (Memorie storiche e documenti sopra Lao, Laino, Sibari, Tebe Lucana della Magna
Graecia citt antichissime, Napoli 1883) e del pi prossimo ma episodico
interesse di Giuseppe Caterini52, una passione lunga e costante per i due Laino manifestata da Amato Campolongo53, che ha spinto il suo sguardo anche
ad altre zone della Calabria e che stato coautore con Giovanni Celico del
citato volume sui Sanseverino.
48
Il Beato Leo-Luca Abate e Mormanno, Castrovillari 1909; questo studio fu preceduto dal
Catalogo degli scrittori di Mormanno e delle opere ed opuscoli da loro dati a luce e di cui han
potuto aversi gli esemplari a stampa, Mormanno 1901,
49
Testo ristampato a Castrovillari nel 1996.
50
Mormanno favola di una realt, Firenze 1981; Gli Alti Bruzii e il loro linguaggio, Firenze 1986; Il vocabolario dialettale degli Alti Bruzii, Castrovillari 1995; Mormanno un paese nel
mondo, Castrovillari 1999.
51
Mormanno. La cattedrale di Santa Maria della Colla e del Colle: fede ed opere di popolo e clero in sette secoli (1183-1883), Castrovillari 2000.
52
Laino antichissima comunit calabrese, Cosenza 1977.
53
Sulla sua fitta prassi storiografica, si veda, limitatamente al suo paese dorigine, Ladislao contro i Sanseverino sul castello di Laino, in Studi medievali, IX(1976); Notizie storiche
sulla chiesa e le cappelle di Laino Castello, in Calabria letteraria, XXV(1977); Laino ultima
tappa di Carlo V in Calabria; Un diarista calabrese del 500: Domenico Longo pellegrino a
Gerusalemme; Le sacre rappresentazioni nel 700 e la Giudaica di Laino Borgo; Gli scrittori
di Laino, tutti in Calabria sconosciuta, rispettivamente nei fascicoli XII (1989), n. 44; XIV
(1991), n. 51; XV (1992), n. 53; XVIII (1995), n. 66.
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2. Questa panoramica, necessariamente schematica e forse un po noiosa, ha avuto lo scopo di riepilogare lo stato degli studi storici nel nostro contesto, nella convinzione che solo la cognizione del cosa abbiamo prodotto ci
pu permettere la coscienza del cosa possiamo fare, di come possiamo lavorare, quali obiettivi di ricerca e di studio ci possiamo prefiggere, quali questioni possiamo affrontare con lausilio di questa disciplina. Per quello che mi
riguarda, la storia si interroga sui problemi e il ruolo delluomo nella societ,
per renderlo consapevole di essi e permettere una migliore vivibilit sociale:
non si tratta di una missione salvifica, ma del proposito di dare un senso al
lavoro dello storico, rendendo visibili e praticabili valori che meritano di essere affermati con forti e convinte petizioni di principio in unepoca di mistificazione, revisionismo, manipolazione, semplificazione e ignoranza della
storia. Epoca in cui il modesto, paziente lavoro degli storici locali, ancorati ai
dati emergenti dagli archivi comunali, parrocchiali, provinciali, regionali e
pur con i limiti che ora porr in luce, si qualifica comunque come un atto di
umilt e uniniezione di fiducia nei fatti. Questa una benemerenza che ritengo si debba riconoscere al lavoro degli storici locali quando, pur nella loro
semplicit, lavorano in modo serio.
La panoramica tracciata mette in luce senza con questo sminuire nessuno che se tra quelli segnalati ci sono studiosi con un preciso bagaglio di conoscenze settoriali e adeguati strumenti metodologici, vi sono anche tanti
semplici appassionati mossi da onesta e legittima volont di conoscere il passato delle comunit di appartenenza comprendendone e inserendone le vicende nel flusso della storia.
Diciamo, in ogni caso, che in tutti si ravvisa il comune denominatore della passione per la storia, per cui, almeno quando si propongono di fare storia
secondo gli standard minimi richiesti dalla disciplina, tutti assolvono a un
compito: quello di creare la tradizione storica, di accumulare e tramandare
una messe di informazioni destinate alla sedimentazione del passato e ad accrescere la consapevolezza di esso a vantaggio di tutti. Questo senzaltro un
merito degli storici locali, riconosciuto anche da Huizinga54 pensando ai dilettanti, soprattutto quando essi esercitano la loro passione su e in contesti
emarginati, privi dei pi ovvi supporti di lavoro (biblioteche, in primo luogo),
impossibilitati a confrontarsi con altri studiosi e ad accedere a adeguati strumenti di comunicazione (riviste, periodici). Con queste premesse, si capisce
come lorizzonte mentale degli storici locali possa peccare di un eccesso di
54
J. HUIZINGA, La scienza storica, tr. it., Bari 1974, pp. 26, 84, 107.
130
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M. BLOCH, Une tude rgionale: gographie ou histoire, in Annales dhistoire conomique et sociale, VI(1934), p. 81.
56
M. BLOCH, Apologia della storia o mestiere di storico, tr. it., Torino 1969, p. 44.
131
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M. BLOCH, Sur quelques histoires de villages, in Annales dhistoire conomique et sociale, V(1933), p. 473.
132
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in grado di rendere diffusa la coscienza sociale del territorio come base per
qualsiasi tipo di intervento su di esso. Ma viene meno altres la sensibilit e
lattenzione per tutto ci che fonda il passato di una comunit. Il territorio va
invece concepito come contesto produttore di storia66, in quanto realt formale, soggettiva e intenzionale, segnata da lotte, conflitti, dinamiche sociali che
si riflettono sullorganizzazione comunitaria e sui rapporti di potere a tutti i
livelli in cui essi possono esplicarsi.
Il territorio, la localit, il paesaggio includono strutture visibili (o materiali: una chiesa, un palazzo signorile) e invisibili (o immateriali: le tradizioni
folkloriche, la memoria orale)67, che costituiscono altrettanti fenomeni comprensibili storiograficamente. Il paesaggio, peraltro, portatore di valori che
non incidono solo sullidentit storica di una comunit, ma anche su quella
estetica, per cui leredit del paesaggio una ricchezza che spetta anche allo
storico tutelare attraverso lapprofondimento conoscitivo del passato.
Questione di notevole rilevanza nel nostro contesto, spesso campo di interventi di recupero/restauro attuati in aperta violazione dei dati storici, del
rispetto dei canoni artistici e della fisionomia architettonica degli edifici, delle caratteristiche dellambiente naturale, della sensibilit estetica delle popolazioni. Fatto tanto pi grave se pensiamo che la Convenzione europea del
paesaggio emanata nel 2000 e assunta dallItalia nel 2004 con il Codice dei
beni culturali e del paesaggio, ha definito questo cito testualmente come
una determinata parte di territorio cos come percepita dalle popolazioni, il
cui carattere deriva dallazione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni. Il concetto stato puntualizzato dal Codice intendendo i valori del
paesaggio come manifestazione identitaria percepibile.
Il territorio antropizzato, contrassegnato da stratificazioni sociali e caratteri fisici opera delluomo, va studiato con riguardo a ogni genere di fonte,
che spesso solo lo studioso del posto in grado di decodificare, rendendo storicamente intelligibili testimonianze altrimenti destinate a rimanere del tutto
ignorate e incomprese, soprattutto quando sottintendono problemi di pi vasta portata e complessit.
Questo implica che allo storico si richiede non solo abilit di paleografo e
diplomatista, capacit di leggere genericamente e semplicemente le carte
darchivio, ma lintelligenza storica derivante, come sosteneva Croce, dal lavorare con la testa e da questo punto di vista in netta controtendenza con
66
443-76.
67
A. TORRE, La produzione storica dei luoghi, in Quaderni storici, n. 110, 2002, pp.
L. GAMBI, Una geografia per la storia, cit., p. 168.
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lorientamento del filosofo abruzzese appoggiandosi ad altre discipline (sociologia e antropologia in particolare), recependone le logiche di lettura e interpretazione della realt, nella consapevolezza, che dovrebbe essere sempre
viva, che il lavoro dello storico si giustifica non nella comprensione di un
passato astratto, che sarebbe pura erudizione (anchessa utile alla storia, ma
prestorica), bens in ragione della comprensione del presente, ci che introduce alla funzione sociale della storia e dello storico.
Alquanto istruttive e utili alla conoscenza del passato, ma anche del presente, perch si tratta di raffigurazioni il cui significato spesso si prolunga
fino a noi, persino al di l delle convenzioni che pure condizionano locchio e
la mano dei loro esecutori, sono le testimonianze iconografiche (tanto un affresco quanto una foto)68, sulle quali nel nostro contesto va incoraggiato un
pi marcato interesse, ancora troppo tiepido e occasionale. Sotto questo profilo, non si pu accettare che lo studio delle manifestazioni artistiche sia campo
esclusivo degli storici dellarte accademici, troppo spesso preoccupati di questioni esteticoattribuzionistiche, utili certo a inquadrare affreschi, tele, statue, edifici e i loro artefici in correnti, movimenti, etichette stilistiche69, ma
non necessariamente adeguati e sufficienti a leggere situazioni attinenti alla
storia sociale di una comunit. Gli orsomarsesi Francesco Antonio e Giovanni Battista Colimodio (XVII secolo) e i mormannesi Angelo e Genesio Galtieri (XVIII-XIX secolo) sono artisti che attendono di essere studiati e compresi nel loro rapporto con le comunit di appartenenza e con quelle dove ebbero modo di esercitare la loro arte.
I prodotti artistici e i fatti ad essi collegati vanno situati come sostiene
Geertz70 in rapporto alle altre forme di attivit sociale e non va dimenticato
che il loro significato culturale sempre una questione locale. In tale prospettiva, occorre scoprire e ricostruire, abbinando analisi stilistica e analisi storica71, i messaggi che la testimonianza visiva intendeva comunicare ai contemporanei e ai posteri. Messaggio sociale o religioso di drammi collettivi, di angosce esistenziali, di devozioni in genere finalizzate alla soluzione di pro68
P. BURKE, Testimoni oculari: il significato storico delle immagini, tr. it., Roma 2002; A.
MIGNEMI, Lo sguardo e limmagine: la fotografia come documento storico, Torino 2003.
69
Si vedano ad esempio gli inquadramenti proposti da Emilia Zinzi, Maria Pia Di Dario
Guida, Francesco Saverio Mollo, Mirella Mafrici e Ermanno Fava in Calabria, a cura di M.P. DI
DARIO GUIDA, Roma 1983.
70
C. GEERTZ, Art as a Cultural System, in Modern Language Notes, n. 91, 1976, p.
1475.
71
S. SETTIS, La Tempesta interpretata. Giorgione, i committenti, il soggetto, Torino
1978, pp. 7-14.
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blemi quotidiani che, nelle raffigurazioni, ad esempio, eseguite da ignoti frescanti, pur dotati talvolta di pregevole manualit ma non di eccelse qualit
tecnicoartistiche, costituiscono comunque il motivo pi autentico dellopera
commissionata e realizzata. Lalto Tirreno da questo punto di vista si rivela
un serbatoio non privo di sorprese, grazie a un insperato buono stato di conservazione di tante immagini, sia pure a fronte di tantissime altre pi o meno
completamente degradate per i danni del tempo e lincuria umana.
A questo proposito, voglio citare solo due esempi, rientrati nellambito
dei miei interessi storiografici: gli affreschi della cappella di Santa Sofia a
Papasidero e quelli raffiguranti san Leonardo di Noblat a Scalea, Verbicaro e
Grisolia.
Nel primo caso, singolare che santa Sofia sia stata rappresentata secondo un modello iconografico che, ad un attento esame filologico, rinvia alla
peste del 1656 e che la raffigurazione della Vergine di Costantinopoli in trono del XVII secolo oltre ad essere spia della citata epidemia, segnali un altro
problema: quello della natalit e della nutrizione dei neonati. Al mito della
procreazione, come lo ha definito Pierre Darmon72, era profondamente sensibile la societ preindustriale, in particolare nei microcontesti socialmente
emarginati ed economicamente depressi, ci che si desume altres dalla Madonna con lalbero di Jesse affrescata nella parrocchiale di San Giovanni Battista a Orsomarso, dalla nativit di Maria rappresentata nella cappella del
Purgatorio a Mormanno, dalla presumibile nascita del Battista dipinta nella
chiesetta di SantAnna a Papasidero73, dallappellativo di Madonna dello
Spasimo imposto alla titolare del santuario delle Cappelle a Laino. E appena
il caso di aggiungere che il tema della natalit, non solo introduce e si affianca a quello delle condizioni economicosociali e igienicosanitarie delle popolazioni dellet preindustriale, ma anche al problema della donna e della
condizione femminile74, un tema che nel nostro contesto, dallet moderna
alla contemporanea, presenta numerose opportunit di analisi storica.
Nel secondo esempio, la figura di san Leonardo di Noblat presente a
Scalea in San Nicola in Plateis, a Verbicaro in Santa Maria ad Nives e in una
campana della chiesa parrocchiale, a Grisolia nei brandelli ormai pressoch
indecifrabili di un affresco nel diruto sacello omonimo, a Orsomarso nel tito72
P. DARMON, Le mithe de la procration lge baroque, Paris 1981 (1^ ed. 1977).
S. NAPOLITANO, Langoscia della natalit nella Calabria del XVI-XVIII secolo attraverso alcune testimonianze iconografiche della Valle del Lao, in Rogerius, V(2002), n.1, pp. 3147.
74
S. NAPOLITANO, La condizione femminile nella Calabria di antico regime. Procreazione
e maritaggio a Papasidero tra il XVI e il XVIII secolo, in Daedalus, n.11, 1994-1995.
73
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RASSEGNE/DISCUSSIONI
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RASSEGNE/DISCUSSIONI
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Concetti che ho verificato a Papasidero analizzando il passaggio dal patronato di San Sebastiano a quello di San Rocco, che nel corso del XVII secolo si tenta si soppiantare proponendo il patronato della Madonna di Costantinopoli e che si risolve col compatronato mariano e crocchiano: luno sostenuto dalla Chiesa appoggiandosi al patriziato locale, laltro profondamente
voluto dal ceto popolare, ma ovviamente con adesioni anche nel campo opposto. Di quanti di questi conflitti i nostri paesi sono ancora oggi espressione
inconsapevole, portatori sani, per usare un linguaggio medico, con incidenza
sullethos e sulle relazioni sociali intra e persino extracomunitarie? Questo
lo sostengo pensando allesempio buono appena riferito, ma vorrei citare
anche un esempio cattivo: qual il reale rapporto tra la devozione per la
Madonna di Polsi a San Luca e il potere della ndrangheta? La verit come avverte Torre che le pratiche devote non sono solo la risultante di generiche mentalit e sensibilit collettive, ma fondano anche un sistema normativo79, che pu essere anteposto a quello istituzionale, religioso e politico
con conseguenze di enorme portata.
Come si vede, la rilevanza del paradigma culturale apre prospettive insperate di ricerca e comprensione dellagire delluomo, supera e sfata lidea della
storia come campo di sole contrapposizioni, scontri, incomunicabilit: una
concezione che fossilizza limmagine della realt ed fonte di ostinati pregiudizi. La visione culturale dei processi storici non si sofferma solo su contrasti, conflitti, dissensi, su tutte le dissonanze di una storiografia tradizionale
che disegna la storia come perenne campo di battaglia. Essa utile a mettere
in relazione le situazioni storiche, ad attivare processi di interazione tra culture, pi che di generiche e controverse integrazioni, a evidenziare contatti e
reciprocit di vicende ed esperienze, a ricostruire e ricomporre le tessere non
solo di unumanit che lotta e guerreggia, ma di unumanit che dialoga. Nonostante tutto.
La storia di citt come storia civica la cifra caratteristica dei lavori che
abbiamo segnalato. Un indirizzo che, com ovvio, non pu essere perseguito
dagli studiosi locali senza la passione storica, motivo predominante
nellincoraggiare il loro interesse. Motivo predominante ma non esclusivo,
perch linteresse per la propria comunit si sostanzia anche del senso della
koin geografica e antropica, la quale, per, quando intesa nel senso di entit a s stante, rischia di essere percepita come esclusiva e immune da contaminazioni esterne, di essere proposta come mito e archetipo.
79
A. TORRE, Il consumo di devozioni. Religione e comunit nelle campagne dellAncien
Rgime, Venezia 1995, p. XII.
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Carlo Ginzburg in unintervista a lEspresso del 31 luglio 2003; nello stesso senso A.
PLACANICA, Lidentit meridionale, in Meridiana. Rivista di storia e scienze sociali, numero
monografico su Luoghi e identit, n. 32, 1998, p. 153.
81
S. SETTIS, LItalia spa. Lassalto al patrimonio culturale, Torino 2003, p. 59.
82
A. FARGE, Il piacere dellarchivio, tr. it., Verona 1991, pp. 67-68.
140
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RASSEGNE/DISCUSSIONI
C. GINZBURG, Rapporti di forza. Storia, retorica, prova, Milano 2000, pp. 11-13, 47-49.
R .J. EVANS, In difesa della storia, tr. it., Palermo 2001, pp. 100-01.
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ta e della Campania. Si tratterebbe di altrettante occasioni fruibili ovviamente anche da un pubblico di semplici appassionati e curiosi di accrescimento delle conoscenze e di comparazione di contesti apparentemente simili,
ma di fatto, e non raramente, contrassegnati da scarti e dicotomie tali da far
approdare a unermeneutica dellaltro85 e a una pi articolata comprensione
della storia.
A tutto questo, dovrebbero essere preliminari incontri conoscitivi tra i cultori di storia dellalto Tirreno, allargati gradualmente a storici di altre localit,
anche extraregionali e quando possibile a storici di professione delle Universit meridionali. Se ne vedrebbero i frutti, secondo il mio intendimento,
non solo nella qualit degli studi, ma nellaffinamento dei metodi di ricerca,
nellampliamento dei temi di indagine, nellapproccio a fonti e chiavi di lettura alternativi. Un orientamento che potrebbe anche cambiare inveterate abitudini: lavorare in un disordinato archivio parrocchiale, piuttosto che in un ordinato archivio di Stato; spingersi in paesi interni, invece che muoversi lungo
percorsi comodi e collaudati; individuare documenti inediti ma significativi
custoditi gelosamente da privati che ne ignorano limportanza; avvicinare interlocutori spesso validi, ma appartati nei loro paesi e magari noti solo a livello specialistico.
Succede che si viva a distanza di pochi chilometri gli uni dagli altri e ci si
ignori a vicenda, come se, ad esempio, Papasidero rispetto a Scalea, Orsomarso rispetto a Mormanno, si trovassero su pianeti diversi: unincomunicabilit che, purtroppo e forse pi di quanto non sembri, sottintende una malcelata dose di atavici pregiudizi e reciproche diffidenze, con il loro humus
nella rivendicazione di primazie e gerarchie campanilistiche. Il risultato che
non si conoscono i rispettivi interessi di ricerca, non si confrontano le esperienze, non si realizzano sinergie, disperdendo magari in modo irreversibile
conoscenze, saperi, cultura. Ignoranza acuita anche dal non poter disporre
di biblioteche di circondario di una certa consistenza libraria, destinate non
solo a luoghi di consultazione e di studio, ma a punti di incontro e dibattito.
E utopistico immaginare in tale funzione il Centro studi Attilio Pepe (trasformato magari in fondazione), esigendo pertanto verso di esso una maggiore e pi qualificata attenzione da parte dei soci e dellAmministrazione comunale?
In termini pi elementari, occorre, da un lato, allargare al di l del singolo
studioso il bacino di conoscenze storiche, superando quella che rimane ancora adesso, nonostante tutto, una piaga tenace della societ meridionale: la
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RASSEGNE/DISCUSSIONI
chiusura della socializzazione civile e della vita culturale nella cerchia del
paese, assunto come centro del mondo e luogo dove far primeggiare senza
confronto le proprie idee. Dallaltro lato, bisogna tenere fermo che, se la storia fatta di assenze86 (gli archivi e il territorio non conservano purtroppo tutto il passato, ci che del resto rientra nella logica delle cose!), una realt fragile e travagliata come quella calabrese non pu permettersi lassenza della
storia, n vuoti di memoria87, cos come non pu prescindere dalla collaborazione tra studiosi di una stessa citt e di centri diversi, tra di loro e quelli di
area accademica, individuando temi comuni di ricerca e argomenti su cui
confrontare conoscenze, esperienze, competenze.
86
87
2007.
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MANUELA STRANGES
Introduzione
Nonostante abbia da sempre fatto parte della vita sociale ed economica
dei diversi paesi, la povert un tema sempre attuale, ancor di pi oggi in ragione della persistenza del fenomeno anche in nazioni ricche. Esistono diverse definizioni di povert, quasi tutti riconducibili a specifiche dicotomie: uni
o multidimensionale, relativa o assoluta, soggettiva o oggettiva, transitoria o
cronica, latente o manifesta, ecc. Tali definizioni, se utili allo scopo di cogliere alcuni caratteri del fenomeno e mettere a punto misure e grandezze, hanno
per il limite di non riuscire a cogliere la dinamicit e la fluidit del concetto
di povert. La povert non , infatti, un fenomeno statico, ma assume continuamente nuove forme, caratteristiche, gradi di intensit, rifuggendo alle categorizzazioni.
Emergono, oggi, forme di povert differenti da quelle manifestatesi in
passato, non pi legate solo allaspetto economicomonetario, ma connesse a
numerose altre dimensioni che definiscono il grado di sviluppo umano
dellindividuo, determinandone linclusione o esclusione dalla societ in cui
vive. Alcuni studiosi parlano di nuove povert, distinguendole da quelle vecchie, connotate esclusivamente dalla carenza di reddito e mezzi materiali.
Laggettivo nuove sembra, per, sottendere ad un superamento delle vecchie
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RASSEGNE/DISCUSSIONI
forme di povert, che invece ancora esistono e, anzi, in taluni contesti si manifestano in forma maggiormente acuta. Per definire le forme di povert che
si manifestano oggi viene ampiamente utilizzato il concetto di esclusione sociale che, non essendo stato ancora chiaramente definito (come si vedr in
seguito dallanalisi della pluralit di definizioni che ne sono state fornite),
finisce per comprendere diverse forme di difficolt che lindividuo pu sperimentare nel corso della sua esistenza disagio, marginalit, povert, precariet, instabilit, vulnerabilit, in un mix pi o meno intenso e disperato
delle diverse condizioni.
Lobiettivo del presente contributo quello di tracciare una breve (e certamente non esaustiva) storia dei concetti di povert ed esclusione sociale, delineandone un quadro definitorio attraverso una revisione della bibliografia internazionale in materia e lanalisi degli studi compiuti nei diversi paesi. La premessa
fondamentale da cui parte il lavoro che solo la corretta definizione del fenomeno povert ci consente di misurarla con gli strumenti metodologici pi adeguati e,
quindi, di mettere a punto strategie volte alla sua eliminazione.
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pura efficienza fisica. In verit vi erano gi stati degli studi sulla povert,
come quello di Charles Booth del 1887, nel quale lautore tent una stima
della povert nella citt di Londra, correggendo al ribasso le idee del tempo
secondo cui un terzo della popolazione londinese viveva in situazioni di povert (pervenendo, invece, ad un valore del 5%) e facendo anche ad una classificazione della popolazione in otto classi sociali, quattro delle quali si riferivano a persone in stato di povert (cfr. Parisi, 2004, pp. 7-8). La definizione
di povert elaborata da Rowntree era di tipo assoluto: egli infatti calcol una
linea di povert, espressa come ammontare monetario minimo richiesto per
avere unalimentazione adeguata al mantenimento dellefficienza fisica e affrontare le spese basilari per labbigliamento e labitazione. Rowntree effettu anche una distinzione tra povert primaria e secondaria, riferendosi col
primo termine a quelle famiglie che vivevano sotto la soglia di povert da lui
stimata, e col secondo a quelle famiglie o individui che, pur essendo al di sopra di questa soglia, continuavano comunque a vivere in situazioni di povert.
La definizione elaborata da Rowntree, legata solo alla mancanza dei mezzi necessari per la sopravvivenza, appare poco attuale oggi, come sottolinea
De Bartolo (2001, p.103): voler applicare questa definizione alla societ di
oggi non permetterebbe di cogliere lattualit del fenomeno: infatti oggi la
povert non soltanto la mancanza di cibo ma legata anche ad altri fattori. Rowntree, che segu i passi di Booth, adottando per una differente metodologia (Ruggeri Laderchi et al., 2003), quella dellintervista, pervenne ad
una quantificazione dei poveri nellarea di York nella misura del 30% della
popolazione.
Negli studi che si sono susseguiti nel XX secolo ha preso piede la visione
della povert come fenomeno relativo, la cui manifestazione (e, di conseguenza, la cui analisi) fortemente connessa alla situazione sociale ed economica del paese di riferimento: tra i primi studi in questa direzione possiamo citare quelli economici di Townsend (1974; 1979) e Towsend e Abel
Smith (1965), e quelli pi sociologici di Stouffer et al. (1949) e Runciman
(1966). In particolare Townsend, nei suoi studi, parla di povert relativa, legandone il concetto allorganizzazione sociale complessiva in termini di redistribuzione delle risorse e di condizioni di vita (DE BARTOLO, 2001, p. 103).
Le definizioni successive di povert avranno tutte la medesima considerazione di fondo in merito alla sua relativit. Nel 1984 il Consiglio Europeo dei
Ministri defin i poveri come [] le persone le cui risorse (materiali, culturali, sociali) sono cos limitate da escluderle dal minimo accettabile stile di
vita dello Stato Membro nel quale essi vivono.
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sioni da prendere in considerazione nella definizione di un indicatore di esclusione sociale c ancora un certo disaccordo tra gli studiosi.
Una necessaria considerazione in relazione a questo approccio allo studio
della povert che esso risulta pi adatto a studiare il fenomeno nei paesi sviluppati, che non in quelli in via di sviluppo. Per questi ultimi possono essere
validamente impiegati gli indicatori di sviluppo umano e di privazione umana
(come quello presentati annualmente dalle Nazioni Unite). Il concetto di esclusione sociale, del resto, si presta bene a descrivere la situazione di paesi
che hanno comunque raggiunto un certo grado di sviluppo socioeconomico,
mentre appare inadeguato e poco significativo per lapplicazione in contesti
che sperimentano ancora povert estreme.
Si pensi, ad esempio, al fatto che una delle dimensioni dellesclusione sociale la disoccupazione, che non ha alcun senso misurare in contesti di economie arretrate, dove permangono strutture e forme di lavoro premoderne. La
misurazione in termini di privazione di mezzi materiali, istruzione e longevit
(come accade per lIPU delle Nazioni Unite) sembra essere, nei contesti non
sviluppati, maggiormente significativa. Ciononostante ci sono stati dei tentativi di applicazione delle misure di esclusione sociale ai paesi non sviluppati:
Nayak nel 1994 in India; Rodgers et al. nel 1995 per la Tanzania, il Camerun
e la Tailandia; Bedoui e Gouia nel 1996 in Tunisia; Figueroa, Altamirano e
Sulmont nel 1996 in Peru; Appasamy et al. nel 1996 in India; Cartaya et al.
nel 1997 in Venezuela; Mearns e Sinha nel 1999 in India. Alcuni di questi
lavori empirici, senza volerne mettere in dubbio la validit, sembrano per
sganciati dal contesto di riferimento (Ruggeri Laderchi et al., 2003, p. 22): le
scelte in relazione alle dimensioni analizzate non appaiono sufficientemente
giustificate, n vi sono riferimenti espliciti alla situazione normale della societ di riferimento (il commento degli autori si riferisce ai lavori di Rodgers
et al., 1995; Bedoui e Gouia, 1996; Appasamy, 1996; Cartaya, 1997). Uno
studio realizzato da Ruhi Saith nel 2001 ripercorre brevemente le ricerche
sullesclusione sociale effettuate nei paesi sviluppati e in quelli in via di sviluppo, realizzando anche una distinzione tra le varie forme di esclusione sociale (dal Welfare State, dalla sicurezza sociale, in relazione alla disoccupazione, ecc.).
Molto numerosi sono stati gli studi compiuti nei paesi industrializzati, la
maggior parte dei quali si sono concentrati sul ruolo svolto dalla disoccupazione come punto di partenza per la definizione e la misurazione
dellesclusione sociale (Saith, 2001, p. 4). Tra questi: Whelan e Whelan
(1995); Paugam (1995) sulla Francia e Paugam (1996) su vari paesi
dellEuropa; Burchardt et al. (1999) sulla Gran Bretagna; Jonsson (1999) che
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della povert si ricorre ancora alla misurazione del reddito o dei consumi, per
la misurazione dellesclusione sociale occorre fare uno sforzo ulteriore per
lindividuazione delle diverse dimensioni di analisi. Lesclusione sociale, infatti, pu essere definita in riferimento a diversi aspetti, sia economici (ad esempio, la capacit di disporre di beni e servizi ritenuti essenziali), che sociali
(la partecipazione sociale, il coinvolgimento politico e democratico, lintegrazione sociale, ecc.). Quindi la povert monetaria certamente un aspetto centrale dellesclusione sociale, ma non lunico e decisivo.
Tab. 1 Elementi distintivi tra povert ed esclusione sociale
POVERT
Approccio
analitico
Statico:
la povert fa riferimento ad
una data situazione reddituale,
quindi descrive una situazione
statica
ESCLUSIONE SOCIALE
Dinamico:
lesclusione sociale descrive i
processi di impoverimento e di
non inclusione, quindi si tratta
di unanalisi dinamica
Dimensioni
considerate
Unidimensionale:
la povert studiata con riferimento ad una sola variabile
(reddito o consumi)
Multidimensionale:
lesclusione sociale studiata
con riferimento a numerose
variabili sociali
Unit di analisi
Famiglia o individuo:
la povert descrive la situazione in riferimento al singolo
individuo o al nucleo familiare, quindi pu essere interpretata come una carenza di risorse dellindividuo o della
famiglia
Societ:
lesclusione sociale fornisce
informazioni su unintera societ, quindi pu essere interpretata come una carenza di
risorse dellintera comunit (ad
esempio la carenza di dotazioni
infrastrutturali)
Elementi di
analisi
Aspetti relazionali:
lesclusione sociale si riferisce
ad aspetti relazionali, quali, ad
esempio, la partecipazione sociale, la coesione sociale,
lintegrazione, la condivisione
di norme e valori, ecc.
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RASSEGNE/DISCUSSIONI
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RASSEGNE/DISCUSSIONI
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RASSEGNE/DISCUSSIONI
di riduzione della povert che tengano conto anche del punto di vista dei soggetti direttamente coinvolti (Stranges, 2006c E 2007B). ALCUNE
RICERCHE RECENTI (CALLAN ET AL., 1996; LAYTE ET AL., 2001;
MUFFELS et al., 2003) si sono concentrate sul tentativo di integrare le due
misure attraverso la costruzione di indici additivi di deprivazione. Un recente
rapporto Cerfe a cura di Quaranta et al. (2005), ripercorrendo diversi studi e
ricerche sulla povert, individua cinque aree tematiche che emergono nel dibattito accademico e politicoistituzionale sul tema della povert, la seconda
delle quali la soggettivizzazione dei poveri, intesa come riconoscimento a
questi ultimi del ruolo di attori propositivi nelle politiche di lotta alla povert
e allesclusione sociale. Ci si concretizza nella necessit di maggiore peso
alla percezione soggettiva che i poveri stessi hanno della propria condizione.
Se vero, dunque, che la misurazione della povert e la successiva messa a
punto di strategie di eliminazione devono basarsi su un approccio esogeno
(misurazione oggettiva), in grado di garantire un sufficiente livello di astrazione analitica dal problema, pur vero che lintegrazione della prospettiva
endogena di analisi (misurazione soggettiva) pu aprire nuovi orizzonti nello
studio del fenomeno, facilitando la caratterizzazione della situazione di specifici sottogruppi di popolazione (Stranges, 2007b).
Riflessioni conclusive
Dalla revisione della letteratura e degli studi realizzati a livello internazionale appare chiaro come il fenomeno della povert sia estremamente complesso, di difficile concettualizzazione ed interpretazione, e quindi, di conseguenza, di difficile misurazione. Il modo in cui viene definita la povert
(scelte concettuali), e il modo in cui si decida di studiarla (scelte relative
allapproccio) e misurarla (scelte metodologiche) influenzano i risultati che si
ottengono. Le definizioni adottate in fase preliminare influiscono sulle misure
che vengono poi utilizzate, determinando differenze nei risultati raggiunti.
Nella misura della povert e dellesclusione sociale esiste unenorme vastit
di approcci, di definizioni, di studi effettuati. Il punto di partenza per mettere
ordine in tale mole di informazioni fornire una definizione pi chiara di cosa sia lesclusione sociale, per poter poi decidere quali dimensioni considerare nella sua misurazione.
Emerge la necessit di ripensare la povert contemporanea, prendendone
in considerazione il carattere multidimensionale e le diverse forme di manifestazione che questa pu avere. Il concetto di esclusione sociale sembra pre158
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starsi meglio alla definizione della povert contemporanea: lesclusione appare come un fenomeno complesso nella cui manifestazione si combinano insieme marginalit economica, discriminazione culturale ed esclusione dalla
vita civile e democratica. Essa tende ovviamente a manifestarsi allinterno
dei gruppi sociali svantaggiati. necessario, a tal proposito, prendere in considerazione alcuni fattori che possono favorire lesclusione sociale: ad esempio, le disabilit fisiche e psichiche, il sesso (le donne sono maggiormente
svantaggiate), let (come abbiamo visto dai dati sulla povert, le persone anziane sono maggiormente esposte allindigenza), la composizione del nucleo
familiare (la presenza di bambini e anziani in particolare) oppure lappartenenza ad unetnia o ad una cultura diversa da quella dominante (ad esempio
gli immigrati, le minoranze etniche, linguistiche, religiose). A ben guardare,
si tratta di situazioni di appartenenza a gruppi o comunit che non fanno parte
della dinamica economica, o rivestono un ruolo marginale.
Lesclusione sociale non dunque una condizione statica di singoli e
gruppi particolari in una societ (come pu invece dirsi per la povert), bens
un percorso dinamico di progressiva deprivazione: nella spirale che si genera
sintrecciano e si accumulano numerosi fattori, che sinfluenzano e si rafforzano vicendevolmente. Tali processi finiscono per incidere su tutta la comunit interessata, configurando problemi di vulnerabilit sociale, disuguaglianze e discriminazioni, ingiustizia sociale allinterno della popolazione.
Se questo il concetto di povert a cui facciamo riferimento, da questa riflessione ne discende unaltra: occorre ripensare le strategie per la riduzione
della povert non solo in termini redistributivi, ma anche in termini strutturali
ed infrastrutturali, al fine di tenere conto anche degli indicatori di disagio sociale che si manifestano con forza anche in contesti ricchi. Quando si parla di
esclusione sociale bisogna anche tenere conto di questo carattere dinamico e
multidimensionale (cfr. Bourdieu, 1991; Paugam, 1997; Saraceno, 1993;
Wilson, 1987 e 1993) nella definizione dei programmi di inclusione sociale e
degli interventi di lotta alla marginalit, considerando che si tratta di un problema di inadeguatezza pi che di scarsezza: il metro di misura del fenomeno, pertanto, non pu essere il reddito di un individuo o la disponibilit di risorse ed infrastrutture, ma la sua capacit di far funzionare ci di cui dispone
secondo le proprie necessit. Questa riflessione ci rimanda alla teoria del capability approach del Premio Nobel Amartya Sen: [] il grado di adeguatezza dei mezzi economici non pu essere giudicato indipendentemente dalle
effettive capacit di conversione dei redditi e delle risorse in capacit di funzionare [], e [] nello spazio del reddito, il concetto rilevante di povert deve essere basato sull'inadeguatezza (a generare livelli minimi accettabili
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di capacit), piuttosto che sulla scarsezza (indipendentemente dalle caratteristiche individuali) [] (Sen, 1992, pp. 156 157).
Se lesclusione sociale un fenomeno cos complesso, necessariamente
complessi dovranno essere gli sforzi per misurarla e per combatterla.
Lobiettivo dei governi non deve essere pi solo quello di innalzare il reddito
delle famiglie pi povere (condizione, in ogni caso, fondamentale per sconfiggere la povert), ma anche quello di creare un ambiente socialmente vivibile da tutti, in cui le persone possano integrarsi e svilupparsi in quanto esseri
umani. Il primo passo deve essere quello di pervenire a definizioni pi chiare:
lesclusione sociale non solo povert, ma include tutti quei fenomeni che, a
livello individuale o collettivo, comportano una mancata realizzazione
dellindividuo in quanto membro della societ in cui vive. La povert monetaria certamente un aspetto centrale dellesclusione sociale, ma non lunico
e decisivo.
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Riferimenti bibliografici
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RECENSIONI
RECENSIONI
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RECENSIONI
le Paolo, richiede un superamento della teoria stessa poich essa si rivela incapace di dare senso a quella frattura, a quello scarto oramai esistente tra individuo e societ.
Simona Isabella
MASI GIUSEPPE (a cura di), Tra Calabria e Mezzogiorno. Studi storici in memoria di Tobia Cornacchioli, Pellegrini Editore, 2007 (pp.423, s.i.p.).
Il volume curato da Giuseppe Masi costituisce un doveroso tributo
allintellettuale calabrese Tobia Cornacchioli, prematuramente scomparso nel
2003. Antifascista e libertario molto conosciuto e stimato nel territorio del
cosentino, sessantottino, fondatore dell'ICSAIC (Istituto Calabrese per la storia dell'antifascismo e dell'Italia contemporanea), studioso di didattica della
storia e della memoria dei circuiti culturali moderni e contemporanei, cos lo
descrive Umanit Nova in un articolo in suo ricordo pubblicato nel febbraio del 2004, che ne sottolinea inoltre la personalit, grazie alla quale
Cornacchioli divenuto un personaggio di spicco nel campo della
cultura regionale: uomo infaticabile, anima centinaia di iniziative, studia e
scrive, dimostrandosi uno storico fine e sensibile, amato dalla gente semplice
e dagli intellettuali per le sue qualit: apertura al dialogo, ironia, prudenza e
rigore intellettuale. Partecipa alle problematiche culturali cosentine ed sua
la denominazione di La casa delle culture, un luogo culturale aperto di dibattito pubblico della citt di Cosenza.
Cornacchioli avrebbe certamente apprezzato questopera che raccoglie,
come scrive il curatore, i contributi di studiosi, amici ed estimatori legati a
lui non solo da vincoli personali e da sentimenti di affetto e di stima, ma anche da una particolare visione degli studi attinenti alla Calabria e al Mezzogiorno congeniale a quella dello studioso scomparso.
E impossibile qui richiamare il contenuto di ciascuno dei ventidue saggi
che compongono il volume. Credo sia importante sottolineare piuttosto ci
che suggerisce la lettura complessiva dellopera. Il dato che innanzitutto trova risalto, pur nelleterogeneit dei contributi, il solido filo che li accomuna: una visione della Calabria (dei calabresi) e, con essa, del Mezzogiorno
dentro alla storia generale, dentro cio ai flussi di idee, di fenomeni, di congiunture e di persone che hanno caratterizzato la storia dellOccidente.
Ed ecco che i singoli saggi, sia che analizzino la memoria dei luoghi e il
modo in cui le lites locali hanno ricostruito il passato classico e medievale,
sia che ripercorrano lopera di eruditi, scrittori, filosofi e politici calabresi
vissuti in epoche diverse, sia che affrontino problematiche specifiche come
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RECENSIONI
lemigrazione o lorganizzazione sindacale, rimandano tutti al contesto nazionale o internazionale, n dimenticano le riflessioni della storiografia sul
proprio specifico tema.
Penso al caso dello studio su Giovan Battista DAmico, astronomo cosentino attivo nel Cinquecento, la cui opera si inscrive appieno nel pensiero rinascimentale italiano oppure a quello sul sacerdote mormannese Michelangelo
Grisolia, che riflette sul problema della sovranit in et illuministica cercando
di conciliare il giusnaturalimo di Grozio e la lezione muratoriana con la politica di Pio VI, che proprio la sovranit della Chiesa cercava di restaurare
presso le riottose monarchie europee. Allo sviluppo della modernit rimandano anche i lavori sulle strategie dei ceti emergenti calabresi che cercano nel
passato remoto le fonti della propria legittimazione sociale, e ancor pi quelli
sugli emigranti che lasciano i paesi dorigine per lAmerica Latina, personaggi connotati da un marcato tratto imprenditoriale e assai solidi nelle loro
radici sociali e politiche, molto lontani dalla figura povera e compassionevole
che ha dominato a lungo la retorica sullemigrazione meridionale. Ma
lelenco potrebbe proseguire.
Particolarmente felice inoltre la scelta del curatore di coprire un arco
temporale che va dallet moderna al Novecento in modo da offrire un quadro articolato e di lungo periodo, nonch di dedicare alcuni contributi del libro alla dimensione simbolica del passato, cos cruciale per comprendere la
cultura di una regione.
Il Mezzogiorno in generale e la Calabria in particolare risultano insomma
luoghi, che quasi a dispetto della loro distanza hanno sempre mantenuto un rapporto dialettico e una interdipendenza con il centro, in qualunque
modo lo si voglia intendere: il resto dItalia, i soggetti politici, economici e
culturali della storia occidentale.
Un ultimo elemento che va rilevato la consonanza delle tematiche e dei
soggetti indagati nel volume con gli interessi di Cornacchioli, a cominciare
dallimportanza che egli attribuiva allimmaginario collettivo e ai miti fondatori nella costruzione di unidentit regionale, per arrivare allemigrazione,
allattivit di Pasquale Rossi, allanarchismo calabrese, alle lotte contadine e
al fascismo.
Tiziana Noce
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RECENSIONI
EMANUELA MORA (a cura di), Gli attrezzi per vivere. Forme della produzione
culturale tra industria e vita quotidiana, Vita & Pensiero, Milano, 2005 (pp.
296, 25)
E il rapporto con le forme e gli oggetti che popolano il nostro orizzonte
quotidiano, prodotti della cosiddetta industria culturale, il focus
dellantologia curata da Emanuela Mora. Ed in una prospettiva multidisciplinare, che attinge allantropologia economica (Appadurai e Kopytoff), al
contributo dei Cultural Studies britannici, con autori di spicco come Hall, Fiske e Willis, ma anche alla sociologia della cultura americana (Gans e Crane)
e alla sociologia britannica (Lash e Urry), che si situa il lavoro di tessitura
compiuto dalla curatrice.
I saggi che entrano nellantologia, pubblicati tra i primi anni 80 e i tardi
anni 90 nelle loro versioni originali, coprono un dibattito fondamentale a livello internazionale, che inquadra la categoria della cosiddetta industria culturale, emergente dalla teoria critica francofortese, attraverso le lenti
dellinnovazione concettuale di teorie alternative. Gli autori selezionati sono
accomunati dal fatto di posizionarsi al crocevia tra industria e vita quotidiana, crocevia a partire dal quale indagano le forme della produzione culturale
forme ridefinite nel titolo, a partire dalla celebre definizione di cultura come cassetta degli attrezzi di Ann Swidler, come attrezzi per vivere.
Superare le contrapposizioni tra industria, cultura e vita quotidiana,
lobiettivo perseguito nella introduzione curata da Emanuela Mora, unampia
presentazione del percorso antologico che restituisce le interazioni, le complessit e le sovrapposizioni tra le dinamiche istituzionali della produzione
del senso (rileggendo la centralit del processo di mercificazione e scambio,
nei saggi di Appadurai e Kopytoff che formano la prima parte) ma anche
guardando alle dimensioni di innovazione e resistenza presenti nelle pratiche
di consumo culturale quotidiane, secondo lapproccio degli autori appartenenti alla scuola dei Cultural Studies. In questo percorso, si inserisce la rivisitazione critica della distinzione tra cultura popolare e cultura dlite o elevata,
nella direzione di una riconcettualizzazione e del riconoscimento del suo essere una costruzione sociale (si vedano i saggi di Gans, Crane e Hall che
costituiscono la seconda parte dellantologia).
Lo stesso concetto di industria culturale viene declinato al plurale, ed indagato nelle sue dinamiche e nelle sue forme produttive, nel saggio di Lash e
Urry (parte terza del volume). Gli autori guardano alla peculiare flessibilit
organizzativa delle industrie culturali (dalleditoria alla pubblicit), qualificandole come post fordiste ante litteram per il fatto di essere design intensive, ovvero ad alto contenuto di progettazione ed innovazione.
La quarta ed ultima parte (la produzione culturale nella vita quotidiana)
affronta il tema delle specificit del pubblico e della fruizione culturale, indi171
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RECENSIONI
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