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1/2007

on-line

UNIVERSIT DELLA CALABRIA

DIPARTIMENTO DI SOCIOLOGIA E
DI SCIENZA POLITICA

DAEDALUS
Quaderni di Storia e Scienze Sociali
Direzione scientifica
Vittorio Cappelli, Ercole Giap Parini, Osvaldo Pieroni
Redattori e collaboratori
Luca Addante, Olimpia Affuso, Rosa Maria Cappelli, Renata Ciaccio, Bernardino Cozza (), Barbara Curli, Francesco Di Vasto, Loredana Donnici,
Aurelio Garofalo, Teresa Grande, Salvatore Inglese, Francesco Mainieri,
Matteo Marini, Patrizia Nardi, Saverio Napolitano, Tiziana Noce, Giuseppina
Pellegrino, Maria Perri, Luigi Piccioni, Antonella Salomoni, Pia Tucci
Direzione e redazione
Dipartimento di Sociologia e di Scienza Politica dell'Universit della Calabria
87036 Arcavacata di Rende (Cosenza).
Tel. 0984 492568-67-65
E-mail: v.cappelli@unical.it; parini@unical.it; pieroni@unical.it
Direttore Responsabile Pia Tucci
Amministrazione
DAEDALUS - Laboratorio di Storia
Conto Corrente Postale n.:13509872

Sede legale: via XX Settembre, 53


87012 Castrovillari (Cosenza)
La rivista stata fondata nel 1988
dal Laboratorio di Storia Daedalus
Presidente: Vittorio Cappelli
Numero 1/2007 on-line
Numero 20/2007 seguendo la numerazione della precedente edizione cartacea
Pubblicato on line nel DICEMBRE 2007

SOMMARIO
PASSATO/PRESENTE

Osvaldo Pieroni, L'ecomostro diffuso. Paesaggi & identit: una


ricerca sugli abusi e le offese all'ambiente lungo la costa
calabrese

p. 5

RICERCHE/MATERIALI

Vittorio Cappelli, Tra emigranti, socialisti e massoni. Il


complotto di Barcellona: un fantomatico attentato a Mussolini,
immaginato lungo le piste dellemigrazione italiana in
Colombia e in Centroamerica
Angelina Marcelli, Illuminate menti al servizio del
progresso: Gabriele Silvagni (1774-1834) e la Societ
Economica di Calabria Citra
Nncia Santoro De Constantino, Per ricordare Teresa. Sulle
tracce di una donna tra Acquappesa e Porto Alegre

p. 27
p. 61
p. 85

LAVORI IN CORSO

Gemma Maltese, Rappresentazione dellumano e del non


umano nellera della tecnica

p.105

RASSEGNE/DISCUSSIONI

Saverio Napoletano, Passione storica e storia civica nella


Calabria nordoccidentale. Rassegna bibliografica e riflessioni
storiografiche
Manuela Stranges, Sui concetti di povert ed esclusione
sociale: una rassegna bibliografica

p. 119
p.145

RECENSIONI

Simona Isabella: FEDELE PAOLO, Il computer di casa. Processi


di informatizzazione dellambiente domestico: fra adattamento e
creativit, Cosenza, Pellegrini Editore, 2007
Tiziana Noce: MASI GIUSEPPE (a cura di), Tra Calabria e
Mezzogiorno. Studi storici in memoria di Tobia Cornacchioli,
Cosenza, Pellegrini Editore, 2007
Giuseppina Pellegrino: EMANUELA MORA (a cura di), Gli
attrezzi per vivere. Forme della produzione culturale tra
industria e vita quotidiana, Vita & Pensiero, Milano, 2005

p.171

GLI AUTORI di questo numero

p.173

p.167
p.169

Daedalus 2007

PASSATO/PRESENTE

OSVALDO PIERONI

L'ECOMOSTRO DIFFUSO.
PAESAGGI & IDENTIT: UNA RICERCA SUGLI ABUSI E LE.
OFFESE ALLAMBIENTE LUNGO LA COSTA CALABRESE.

Definizione di ecomostro
Lespressione ecomostro efficace neologismo divenuta di uso comune a seguito dellintervento di associazioni ambientaliste impegnate nella
denuncia di costruzioni, immobili, artefatti, ecc. tali da incidere con forte impatto negativo sulla qualit ecologica ed estetica del territorio. Inizialmente
essa si riferiva a grandi strutture immobiliari, come appunto lecomostro di
Fuenti, un brutto e voluminoso immobile che deturpava la costiera amalfitana, o il megapalazzo di Punta Perotti, che si ergeva come enorme paratia tra il
mare e la citt di Bari. Il termine, in seguito, ha assunto un significato meno
specifico, ovvero non solo riferito a interventi immobiliari di rilevante mole,
ed attualmente designa qualsiasi costruzione percepita come offensiva di contesti paesaggistici. Lart.9 della Costituzione della Repubblica Italiana indica,
fra i principi fondamentali, quello della tutela del paesaggio e del patrimonio
storico e artistico della Nazione. Tuttavia occorre notare come soltanto di recente si sia affermata, anche in campo legislativo, una concezione del paesaggio non puramente estetica, ma tale da coinvolgere non solo aspetti relativi alla ecologia dei luoghi, ma anche aspetti sociologici che riguardano la
stessa identit delle popolazioni. Basti qui citare la definizione normativa di
paesaggio introdotta dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto
legislativo n. 42 del 2004), che allart. 131 recita:
1. Ai fini del presente codice per paesaggio si intende una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o
dalle reciproche interrelazioni.
2. La tutela e la valorizzazione del paesaggio salvaguardano i valori che
esso esprime quali manifestazioni identitarie percepibili.
Natura, storia, identit si affiancano alla concezione estetica e romantica
del paesaggio, che assume una connotazione pienamente sociologica. Daltro
canto, tra i grandi padri della sociologia, spicca, seppur isolata agli inizi del
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Daedalus 2007

PASSATO/PRESENTE

secolo scorso, la figura di Gorge Simmel che al paesaggio ed alla sua percezione dedica una serie di importanti saggi.
Bench lo stesso concetto di natura oggettiva dipenda dalla definizione
che un osservatore adotta (e quindi la realt stessa si presenta come molteplice e non unica, oggettiva in senso proprio), si soliti considerare analiticamente due aspetti del paesaggio: uno ancorato a quella che viene indicata
come estetica della natura, che ha a che fare non solo con la bellezza ma anche con lequilibrio e la qualit ecologica di un luogo, ad un altro che invece
si riferisce allimmaginario, alla percezione che va oltre il dato reale, al suo
senso simbolico.
In un passo dello Zibaldone Giacomo Leopardi individuava con profonda
acutezza questo duplice aspetto: Alluomo sensibile e immaginoso, che viva, come io sono vissuto gran tempo, sentendo di continuo e immaginando, il
mondo e gli oggetti sono in certo modo doppi. Egli vedr cogli occhi una torre, una campagna; udr con gli orecchi un suono duna campana; e nel tempo
stesso collimmaginazione vedr unaltra torre, unaltra campagna, udr un
altro suono. In questo secondo genere di obbietti sta tutto il bello e il piacevole delle cose. Trista quella vita (ed pur tale la vita comunemente) che non
vede, non ode, non sente se non che oggetti semplici, quelli soli di cui gli occhi, gli orecchi e gli altri sentimenti ricevono la sensazione .
Senza addentrarci qui in una discussione sul concetto di paesaggio, che
pur sarebbe interessante vista limportanza trasversale che oggi ha assunto
anche nellambito di studi specialistici (dallarchitettura allecologia ed alle
scienze naturali, dalla filosofia alla sociologia ed al diritto, etc.), nelle pagine
che seguono illustreremo i primi risultati di una indagine sul territorio calabrese, voluta dallAssessorato al Governo del Territorio ed allUrbanistica,
significativamente intitolata Paesaggi & Identit1. La ricerca sostanzialmente consistita in un accurato censimento delle offese al paesaggio ed alla
conformazione ecologica del territorio lungo le coste calabresi. In altri termini si trattato di individuare sistematicamente la presenza di ecomostri,
indipendentemente dalle dimensioni degli oggetti che tale termine indica.
La definizione del concetto di ecomostri si avvalsa da un lato
dellesame della letteratura scientifica relativa al paesaggio e dallaltro si
basata su di un primo screening delle coste calabresi giovandosi:
1

Lindagine stata affidata alla Universit Mediterranea ed allUniversit della Calabria. Il prof. Renato Nicolini ed il sottoscritto hanno diretto e coordinato la ricerca.
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Daedalus 2007

PASSATO/PRESENTE

a) delle differenti documentazioni cartografiche (in particolare foto aeree) disponibili messe a confronto,
b) delle segnalazioni di abusi ed impatti paesaggistici note attraverso
comunicati delle associazioni ambientaliste,
c) dellesame delle notizie riportate dalla stampa, con particolare riferimento ai quotidiani calabresi,
d) dellesame de visu effettuato da chi scrive in determinati luoghi ritenuti particolarmente significativi in relazione alle peculiarit dei paesaggi calabresi,
e) dellesame relativo alla dislocazione delle aree naturalistiche di
pregio, ed in particolare dei siti classificati SIC e ZPS ed inclusi nei Parchi, delle aree umide e delle aree idrogeologicamente fragili,
f) della partecipazione a seminari e convegni aventi per oggetto tematiche attinenti loggetto dellintervento.
Si tenuto poi in particolare conto il concetto di paesaggio, nella nuova e
pi ampia accezione, quale quella fornita dalla Convenzione Europea del
Paesaggio (firmata a Firenze nel 2000). Questa stessa assume rilevanza strategica, considerando che il paesaggio costituisce elemento peculiare
dellidentit del contesto territoriale e sociale, tanto da fargli assumere una
valenza fondamentale per determinare la buona qualit della vita.
Tale lassunto della Convenzione Europea del Paesaggio che riconosce
la qualit e la diversit dei paesaggi quale elemento caratterizzante e fonte di
ricchezza per i contesti europei. Affermando limportanza di valorizzare le
aspirazioni delle popolazioni a godere di un paesaggio di qualit, ed evidenziando come la tutela del paesaggio non sia in contrasto con lo sviluppo economico, ma favorisca invece lo sviluppo sostenibile ed il coinvolgimento sociale.
Operativamente, gli Stati membri firmatari della Convenzione si impegnano a:
a.
riconoscere giuridicamente il paesaggio in quanto componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversit del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento
della loro identit;
b.
stabilire e attuare politiche paesaggistiche volte alla protezione,
alla gestione, alla pianificazione dei paesaggi tramite ladozione delle
misure specifiche previste dallart. 6 della stessa Convenzione;
7

Daedalus 2007

c.
d.

PASSATO/PRESENTE

avviare procedure di partecipazione del pubblico, delle autorit locali e regionali e degli altri soggetti coinvolti nella definizione e nella
realizzazione delle politiche paesaggistiche;
integrare il paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio,
urbanistiche e in quelle a carattere culturale, ambientale, agricolo,
sociale ed economico, nonch nelle altre politiche che possono avere
un'incidenza diretta o indiretta sul paesaggio.

In questa direzione si muovono le Linee Guida della Pianificazione Urbanistica della Regione Calabria, la novit dei Piani Strutturali rispetto ai Piani
Regolatori, e le modifiche proposte alla Legge Urbanistica della Regione Calabria (19/02).
Possiamo definire ecomostro, ai fini della nostra indagine, una costruzione (un oggetto, un manufatto, etc.) alla quale si riconoscono contemporaneamente i seguenti caratteri:
Presenza di forte discontinuit con il tessuto ambientale e/o urbano (impatto ambientale) ;

Condizione di illegalit nel processo di edificazione (abusivismo);

Costruzione il cui forte stato di abbandono, rende impossibile un


recupero (degrado);

Impatto ecologico negativo (rispetto allecosistema);

Impatto sociale negativo (incrementa le disuguaglianze, diminuisce la qualit della vita, lo spazio comune e le relazioni);

Impatto culturale negativo (compromette norme, valori, identit);

Impatto economico negativo (sottrazione e spreco di risorse, soprattutto le risorse immateriali e le risorse non riproducibili, genera speculazione e rendita parassitaria).

Impatto urbanistico negativo (consumo di territorio e disfunzionalit)

Un edificio al quale si riconoscono, tutte o in parte, le sopradette caratteristiche pu essere quindi assimilato al concetto di ecomostro e pu essere
definito tale sul piano:
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Daedalus 2007

PASSATO/PRESENTE

urbanistico, per laggiunta di quantit edilizie non necessarie e


non consequenziali a specifiche necessit (per cui la presenza
dellecomostro si traduce in consumo di territorio urbano)

sociale, poich costituisce elemento di disturbo nella vita degli abitanti del centro, che abbisognano di armonia ed equilibrio, non
di caoticit e di deterioramento dellimmagine e della realt quotidiana del paese;

economico, perch la costruzione dellecomostro si traduce in


spreco di risorse finanziarie, soprattutto se non ha mantenuto alcuna funzione (o ne ha conservato solo limitate);

ecologico-ambientale, perch la presenza dellecomostro compromette lequilibrio naturalistico-ambientale del sito

morale, infine, perch lecomostro tollerato un centro perennemente attivo di incentivo allillegalit, alla speculazione ed alla
corruzione,

Una siffatta definizione, elaborata nella fase iniziale dellindagine quale


ipotesi da verificare, ha trovato conferma a seguito della rilevazione sul campo, la quale come si vedr pi avanti ha fatto emerge esempi consistenti
che coprono ciascuno dei caratteri attribuiti al concetto di ecomostro.
La figura seguente schematizza larticolazione e la complessit della definizione del concetto.

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PASSATO/PRESENTE

Ecologia

Degrado

Paesaggio

Ecomostro
ed
impatto ecoterritoriale

Assetto
urbanistico

Norme

Cultura
identit

Societ
economia

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PASSATO/PRESENTE

Metodologia

Utilizzando le tecniche di Map Overlay sono state implementate, sulla base cartografica Ortofoto IT2000, le banche dati relative ai Limiti Amministrativi dei Comuni della Calabria, ai Rischi Idraulici individuati dal Piano
dAssetto Idrogeologico della Calabria, alle aree SIC e ZPS, alle aree protette, alle aree comprese entro 300 metri dalla linea di costa.
E stato cos possibile individuare e cartografare tutti i fabbricati e gli oggetti, esterni ai centri urbani, che presentano caratteristiche anomale e che
quindi hanno richiesto una verifica puntuale, effettuata de visu dai rilevatori.
Per ogni oggetto individuato si sono rese disponibili le informazioni relative alla presenza di condizioni di rischio idraulico, alla presenza di aree protette, aree SIC e aree ZPS ed stato specificato se esso compreso nella fasce entro i 50 metri dalla linea di costa. Metodologicamente sembra utile ricordare che lappartenenza dei casi individuati a tali condizioni stata effettuata attraverso una serie di operazioni di Selezioni Spaziali utilizzando la
Condizione Intersect.
Complessivamente attraverso questo tipo di indagine sono stati individuati 5.210 immobili; in tab. 1 viene rappresentata la suddivisione dei casi nelle
cinque Province calabresi.
Num. di casi indiPercentuale
viduati
CS
1.156
22,19
CZ
548
10,52
KR
915
17,56
RC
2.093
40,17
VV
498
9,56
100
TOTALE
5.210
Tab. 1 Distribuzione dei casi tra le Province
Provincia

Questo paragrafo stato redatto dal Dott. Giovanni Salerno, che ha collaborato
allindagine.
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PASSATO/PRESENTE

Attraverso successive interrogazioni stato possibile stabilire che, tra i


casi individuati, 412 si trovano in aree per le quali il Piano dAssetto Idrogeologico definisce condizioni di Rischio Idraulico.
Per quanto riguarda i vincoli ambientali, si riscontra che 54 casi individuati ricadono allinterno di Aree Marine Protette, 421 ricadono allinterno di
aree SIC e 130 allinterno di aree ZPS.

La costruzione del SIT


La messa a punto del sistema di dati capace di investigare la problematica
ha in primo luogo seguito una impostazione logica facendo capo al concetto
di ecomostro, cos come definito nelle ipotesi della indagine. La procedura
utilizzata per il Sistema Informativo schematizzata in fig. 1.

Fig. 1 Procedura di sviluppo del SIT

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PASSATO/PRESENTE

Nella prima fase, riferita alla definizione del concetto di Ecomostro, sono
stai considerati i criteri di individuazione e classificazione indicati nel 1
Rapporto di Ricerca. Il SIT stato strutturato in maniera tale da consentire,
per ogni fabbricato individuato e censito, di fornire un quadro della situazione urbanistica e della situazione giuridica pi in generale.
Nella fase che ha preceduto lindagine sul campo sono state individuate
tutte le caratteristiche del SIT sia in termini statici (che tipo di dati bisogner
archiviare ed utilizzare), sia in termini dinamici (che tipo di operazioni verranno effettuate sui dati archiviati). Questo passaggio, apparentemente banale, si mostrato in realt estremamente complesso ed una quanto pi esaustiva definizione parsa essenziale per garantire il funzionamento del SIT.
Nella seconda fase, ovvero relativa alla progettazione, lo schema concettuale precedentemente definito viene tradotto in un sistema di gestione della
base di dati. Lo schema che si intende seguire quello standard utilizzato per
la progettazione della base di dati e prevede in successione i seguenti step:
1. Progettazione concettuale: vengono rappresentate le specifiche informazioni della realt di interesse in termini di una descrizione formale e
completa, ma indipendente dai criteri di gestione dei dati utilizzati; la
progettazione concettuale strettamente connessa alla fase della definizione dei contenuti del SIT.
2. Progettazione logica: lo schema concettuale viene tradotto nel modello
di rappresentazione dei dati: il modello Entit-Relazioni.
3. Progettazione fisica: corrisponde al linguaggio di programmazione del
software prescelto.
Si passati quindi ad una prima fase di raccolta dati, e successivamente
alla fase di implementazione e quindi a quella di validazione, fasi che hanno
certificato la qualit dello schema del SIT; lultima fase, il funzionamento, ha
comportato un censimento completo di tutti i fabbricati individuati lungo le
coste calabresi (ed in tal modo ai casi individuati sono stati aggiunti altri, che
non risultavano dalla cartografia, mentre altri casi individuati cartograficamente si sono rivelati inesistenti poich gi demoliti o trasformati oppure
non conformi ai criteri di rilevazione).
Lo schema concettuale definito stato tradotto in un modello EntitRelazioni.

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PASSATO/PRESENTE

Sulla base del quadro di conoscenze gi delineato si proceduto ad una


progettazione di tale modello, che costituisce lo schema logico utilizzato per
limplementazione del SIT. In fig. 2 viene rappresentato tale schema.

Fig. 2 Schema logico utilizzato per la costruzione del SIT

Lo schema logico definito stato tradotto in unarchitettura di dati utilizzata per la raccolta delle informazioni alfanumeriche collegate agli oggetti
geografici. I dati, vettoriali e alfanumerici, sono stati strutturati in un Personal
Geodatabase; la gestione della componente vettoriale avvenuta in ambiente
ArcGIS mentre per la componente alfanumerica stato utilizzato il software
Microsoft Access.

La raccolta dati
Venti architetti, in alcuni casi dotati di palmari per lindividuazione sul
terreno dei fabbricati censiti e di una maschera di Access, realizzata per
limmissione dei dati alfanumerici nel Geodatabase (fig. 3), hanno percorso
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PASSATO/PRESENTE

lintera fascia costiera calabrese verificando ad uno ad uno i casi censiti cartograficamente.

Fig. 3 Maschera di Access utilizzata per linserimento dei dati alfanumerici


nel Geodatabase

La versione della maschera utilizzata per la rilevazione frutto di


unattenta opera di revisione, successiva ad una prima raccolta dati finalizzata appunto alla verifica dei contenuti informativi definiti. Come tra breve si
vedr dai 5.210 casi individuati attraverso la prima fase dellindagine, attraverso la rilevazione e la verifica sul campo, si passati alla ricognizione di
5.661 oggetti.

Primi risultati dellindagine


I casi individuati e censiti assommano dunque a 5.561, il che significa che
statisticamente ci troviamo di fronte ad una offesa al paesaggio ogni 100/150
metri lineari di costa calabrese. Si tratta di edifici ed oggetti di vario tipo: dai
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PASSATO/PRESENTE

palazzi condominiali alle villette a schiera, dalle ville uni e bi familiari a piccoli edifici, da campings e villaggi turistici a lidi cementificati, via via fino ad
aree demaniali privatamente appropriate ed a costruzioni mai terminate, abbandonate, disastrate.

Da un punto di vista giuridico potremmo distinguere tre macro tipi di abuso paesaggistico, che di seguito definiremo in termini pi generali offesa al paesaggio:
1. legale (ovvero legittimato dalla originaria inclusione in PRG);
2. legalizzato (cio ricompresso in varianti ai PRG oppure in aree dotate di
servizi pubblici ed opere di urbanizzazione);
3. illegale (in area demaniale, protetta, instabile, etc).
Per ci cha concerne lambito definito come legalizzato occorre dire che
talvolta si tratta di opere legali ma non legittime, ovvero in contrasto con
normative e leggi di livello superiore allambito comunale ( ad esempio:
Legge Galasso). In certuni casi gli oggetti in questione sono di propriet
pubblica.
Gli oltre 700 chilometri di costa calabrese sono stati suddivisi in zone paesaggisticamente significative tanto dal punto di vista della uniformit morfologica ed ecologica (a volte si tratta anche di aree archeologicamente significative oppure caratterizzate da insediamenti di specifica origine etnoculturale), quanto soprattutto dal punto di vista della percezione culturale
degli abitanti cha spesso hanno attribuito ad esse specifiche denominazioni,
come ad esempio Costa Viola, Costa dei Gelsomini oppure Riviera dei
Cedri, Area grecanica, etc., pi o meno recenti. Alcune aree cos denominate sono state talvolta suddivise in sottogruppi, sia a causa di dati ancorati a
vincoli di confine amministrativo, sia per una migliore e pi equilibrata distribuzione dei medesimi. In ogni caso tale definizione andr rivista e riaggiustata sulla base di nuove interviste qualitative e degli esiti dei laboratori
territoriali.
Le 30 aree, che potremmo definire come immagini di paesaggio, sono
elencate nella seguente tabella ed accanto a ciascuna di esse figura il numero
di offese al paesaggio censite.

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PASSATO/PRESENTE

1. Alto Tirreno
2. Riviera Cedri Nord
3. Riviera Cedri Sud e Foce del Lao
4. Litorale Paolano
5. Costiera dAmantea
6. Foce del Savuto e Le Vote
7. Costiera di Pizzo
8. Marina Vibonese
9. Tropeana (Costa degli Dei)
10. Capo Vaticano- Costa degli Dei
11. Joppolo Nicotera
12. Marina di Gioia
13. Costa Viola
14. Cannitello Villa San Giovanni (lo Stretto)
15. Foce del Gallico (Catona Reggio Nord)
16. Reggio Calabria
17. Costa dei Gelsomini
18. Locride
19. Siderno
20. Riviera dei Bronzi
21. Punta Stilo
22. Soverato e Golfo di Squillace
23.Isola Capo Rizzuto
24. Crotonese e Foce del Neto
25. Cirotano
26. Litorale Sila Greca
27. Rossano- Corigliano
28. Sibari
29. Approdo Miceneo
30. Jonica Superiore

17

20
29
134
188
46
35
50
79
69
218
92
147
230
73
845
492
289
63
155
95
33
587
287
361
447
125
194
4
107
66
5560

0.4
0,5
2,4
3,4
0.8
0,6
0.9
1,4
1,2
3,9
1,7
2,6
4,1
1,3
15,2
8,8
5,2
1,1
2,8
1,7
0.6
10,6
5,2
6,5
8,0
2,2
3,5
0,1
1,9
1,2
100,00

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PASSATO/PRESENTE

La seguente figura indica schematicamente la rilevanza quantitativa delle


offese.

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PASSATO/PRESENTE

Come si noter la distribuzione degli oltraggi investe ogni area e particolarmente intensa appare non soltanto in contesti fortemente urbanizzati ed
urbani come Reggio Calabria, ma anche in aree di pregio turisticamente note
: larea di Tropea, la Costa Viola, la Locride, larea di Soverato e, in particolare, larea di Isola Capo Rizzuto e del Crotonese, in larga parte paradossalmente vincolata come Riserva Marina Protetta ed area archeologica. In
questultima zona si addensa ben il 52% degli abusi illegali compresi in aree
marine protette.
Gli abusi compresi in aree protette (ZPS, SIC, Parchi e Marine) sono i
seguenti :
Area Marina Protetta
50
0,9
Area SIC
471
8,5
Area ZPS
165
3,0
Vincolo Archeologico
72
1,3
758
13,7
Ben 758 abusi in senso proprio, e quindi ricadenti nella categoria della illegalit,
si collocano in aree protette ed in particolare nellambito di Siti di Importanza Comunitaria (471 casi) e di Zone di Protezione Speciale (165 casi).
La distribuzione comunale dei casi che invadono le aree SIC investe le
municipalit di Bagnara (5), Belcastro (4), Borgia (1), Botricello (8), Bova
Marina (1), Brancaleone (2), Briatico (1), Condofuri (1), Corigliano Calabro
(1), Cropani (2), Crotone (3), Curinga (4), Cutro (2), Guardiavalle (3), Joppolo (2), Montegiordano (2), Nicotera (1), Palizzi (30), Palmi (23), Pizzo (1),
Reggio Calabria (215), Ricadi (83), Roseto Capo Spulico (1), Scilla (3),
Squillace (1), Stallett (66), Trebisacce (3), Villapiana (2). Il Comune di Reggio Calabria, assai vasto per estensione territoriale, accoglie quasi la met
degli abusi SIC individuati. Elevate concentrazioni di abusi sono state rilevate nellarea di pregio di Capo Vaticano, nellambito della Costa Viola ed in
particolare a Stallett.
La Costa Viola appare inoltre particolarmente colpita in relazione agli abusi compresi in Zone di Protezione Speciale: i casi individuati riguardano
Bagnara (36), Scilla (49), Villa San Giovanni (71). I restanti casi di tale categoria sono stai individuati a Belcastro (4), Botricello (1), Trebisacce (2), Villapiana (2).
Consistenti paiono anche le abusive offese edilizie collocate nellambito
di pregiate aree sottoposte a vincolo archeologico, si tratta di 72 casi per quasi totalit concentrati nel comune di Reggio Calabria, mentre un caso stato
rilevato nel comune di Locri.
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Daedalus 2007

PASSATO/PRESENTE

Gli abusi perpetrati nellambito del vincolo di Area marina protetta si


concentrano, ovviamente, nei due comuni di Crotone (26) e di Isola Capo
Rizzuto (24).

Altri tipi di vincolo


Particolarmente grave, non soltanto dal punto di vista dellabuso e della
offesa al paesaggio, ma anche per il rischio di eventi disastrosi, la presenza
di immobili e strutture nellambito di aree sottoposte al vincolo di rischio idraulico. In generale si tratta di edifici e manufatti che insistono nei pressi di
corsi dacqua o addirittura nelle aree di alveo oppure in siti indicati come rischiosi dal punto di vista idrogeologico. Nel complesso lindagine ha individuato 550 casi, la cui distribuzione alquanto diffusa sul territorio.
Rischio Idraulico

550

9.9

Riportiamo qui di seguito i casi in cui le unit rilevate superano la decina.


Ancora una volta emerge per laddensamento di casi il comune di Reggio Calabria (67). Anche nellambito del comune di Vibo Valentia, recentemente
colpito da un evento disastroso, la densit dei casi pari a 49 unit appare
preoccupante. Tuttavia particolarmente grave appare la situazione anche in
comuni di molto pi ridotta densit abitativa, quali Rossano (30 casi), Sellia
Marina (27), Calopezzati (47), Cir Marina (20), Davoli (28). Vanno inoltre
segnalati i casi di Belvedere Marittimo (11), Bova Marina (12), Cariati (13),
Catanzaro (10), Caulonia (10), Montebello Jonico (14), Ricadi (17), San Sostene (16), Trebisacce (18).
Altri tipi di vincolo allinterno dei cui limiti sono stati rilevati casi riguardano il vincolo stradale, ferroviario, aeroportuale ed il vincolo depuratori.
Nel complesso le violazioni assommano a 341 unit, di cui 129 riferite al
vincolo stradale e 120 a quello aeroportuale. Anche in questa evenienza il caso del comune di Reggio Calabria mostra il suo grave primato negativo, inglobando la quasi totalit degli abusi relativi al vincolo stradale (115) e la totalit di quelli relativi al vincolo aeroportuale.
Vincolo Depuratori
Vincolo aeroportuale
Vincolo Ferroviario
Vincolo stradale
20

8
120
84
129
341

0.1
2.2
1.5
2.3
6.1

Daedalus 2007

PASSATO/PRESENTE

Vincoli paesaggistici e territoriali


Analoga alle precedenti la situazione rilevata in relazione ai vincoli paesaggistici e territoriali. In tal caso, tuttavia, la rilevazione non appare omogenea dal momento che molti tra i rilevatori hanno considerato questi tipi di
vincoli come impliciti nella definizione stessa dei criteri di abuso e quindi
hanno mancato di segnalarne la specificit.
Codice Urbani
Legge regionale 23

585
439
1024

10.5
7.9
18,4

Riflessioni conclusive
Il 48,1 dei casi si trova in area vincolata o protetta. Inoltre altri 50 casi insistono su aree demaniali e diversi altri ancora sono soggetti a vincoli paesaggistici derivanti da diverse normative, oltre quelle segnalate.
Nel 53,6% dei casi si tratta di strutture in cemento armato. Circa il 37%
dei fabbricati sono in buone condizioni ed altrettanto spesso si tratta di residenze isolate uni o bifamiliari.
In base ad una esplorazione fattoriale possiamo a questo punto sintetizzare alcune provvisorie osservazioni.
Avendo sottoposto ad analisi 17 variabili relative a vincoli da un lato ed a
servizi o forniture di urbanizzazione dallaltro, risulta che i primi cinque fattori spiegano oltre il 60 percento della varianza, mentre i primi tre raggiungono circa il 48%. Su questi ultimi ci soffermiamo.
Varianza Totale Spiegata

1
2
3
4
5

totale
4.419
2.568
1.127
1.109
1.036

% di varianza
25.994
15.104
6.632
6.522
6.092

21

% cumulata
25.994
41.099
47.731
54.253
60.344

Daedalus 2007

PASSATO/PRESENTE

Matrice di componenti

Strade residenziali
Spazi di sosta e parcheggi
Fognature
Rete idrica
Rete Elettrica (ENEL)
Rete Gas
Pubblica Illuminazione
Verde Attrezzato
Area SIC
Area ZPS
Area Marina Protetta
Vincolo Codice Urbani
Servit Militari
Vincolo ferroviario
Rischio Idraulico
Legge Regionale 23
Vincolo archeologico

1
.771
.704
.802
.875
.865
.502
.807
.464
.061
.143
-.115
.085
-.008
.046
-.053
.054
.042

2
.169
-.245
.203
.178
.190
-.183
-.095
-.192
.530
-.142
-.012
.877
-.005
.387
-.003
.886
.534

3
.116
.156
-.101
-.155
-.138
.089
.027
.157
.566
.072
.024
-.100
.270
-.571
.076
-.014
.512

4
-.026
.150
.027
-.141
-.153
.466
.003
.421
-.119
-.635
.258
-.001
.056
.244
.309
.071
-.014

5
.006
-.090
.042
.064
.066
.079
.037
-.145
-.022
-.018
-.633
.022
.013
-.062
.760
.034
-.060

Allanalisi delle componenti principali, la prima risulta particolarmente


potente (26% della varianza spiegata) e pu essere definita come forniture di
urbanizzazione. Infatti le variabili maggiormente correlate riguardano,
nellordine, rete idrica, rete elettrica e fognature (r. superiore a .8) seguite significativamente da strade residenziali (r. .78), pubblica illuminazione (r. .77)
e, infine, spazi di sosta e parcheggi (0.65)
Da questa prospettiva dunque ipotizzabile unapprezzabile relazione tra
abuso e fornitura di servizi pubblici, che indicherebbe una doppia responsabilit del tipo causazione circolare del soggetto privato e del soggetto pubblico (in particolare dellente locale) nella costituzione del fenomeno. In questo ambito rientrano casi cha abbiamo definito legali e legalizzati.
E anche interessante notare come la seconda componente, che assieme alla
prima ci porta a spiegare il 41% della varianza, veda emergere due variabili fortemente correlate che riguardano vincoli di tipo normativo: la recente legge regionale n.23 (r. .85) ed il Codice Urbani (r. .83). In tal caso lipotesi da considerare che anche le buone leggi vincolistiche non contrastano il fenomeno, il
che significa che tali norme non vengono applicate o, meglio, implementate. In
questo ambito sono compresi casi che possiamo definire illegali.
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Daedalus 2007

PASSATO/PRESENTE

Le ultime tre componenti mostrano valori relativamente contenuti in rapporto ad altri tipi di vincolo (ferroviario - .61 terza componente) e area ZPS (
-.47 quarta componente): in questo caso si tratta di relazioni negative. Va per notato che aree SIC ed aree ZPS presentano segno positivo allinterno della seconda componente. Il che significa che il anche il vincolo ecologico ambientale di tipo comunitario non risulta particolarmente efficace.
Siffatti risultati inducono a riflettere sulla relazione tra azione pubblica ed
interventi privati. Non si tratta a nostro avviso di sottoporre a critica la
normativa vincolistica, che pur potrebbe essere efficace, quanto piuttosto di
trovare una soluzione ottimale relativa allimplementazione di essa. Il richiamo e lattuazione delle norme che proteggono il paesaggio ed il territorio
possono essere oggetto di intervento della magistratura (e tuttavia va considerato che numerosi contenziosi non trovano soluzione per il reiterarsi di ricorsi
ed appelli), e senza dubbio lazione politico-amministrativa pu concorrere
alla corretta applicazione delle norme intervenendo attraverso interventi di
demolizione e/o ristrutturazione. Va per notato che i casi di abuso ed offesa
al paesaggio sono talmente numerosi che appare difficile se non impossibile
intervenire su larga scala. La questione si presenta in tutta la sua gravit sotto
il profilo culturale e della percezione diffusa che gli abitanti e gli stessi amministratori di livello locale hanno del proprio territorio. In altri termini, possiamo ipotizzare che limmagine del paesaggio sia percepita e vissuta in modo estremamente contraddittorio, laddove atteggiamenti e comportamenti collidono. E dunque necessario che lazione politico-amministrativa intervenga
sul piano culturale ed estetico, proponendo e recuperando valori che connettano unimmagine non corrotta del paesaggio alle identit locali.
La proposta che intendiamo avanzare, peraltro compresa negli impegni
previsti a conclusione della indagine sul campo, concerne lattivazione di laboratori territoriali per la riqualificazione del paesaggio. Si tratter di inaugurare interventi di animazione e discussione, coinvolgendo in primo luogo
quanti tra gli abitanti di un determinato luogo percepiscono il degrado paesaggistico e si mobilitano (o intendono mobilitarsi) per una ricostruzione del
paesaggio. Da questo punto di vista paiono attori importanti le associazioni
ambientaliste e culturali presenti su di un dato territorio, i comitati locali per
la difesa di beni ambientali e culturali, studiosi ed esperti che rivolgono uno
sguardo critico nei confronti dellattuale situazione e che operano in ambiti
riferibili alla articolazione del concetto di ecomostro (architetti, urbanisti, sociologi, economisti, giuristi, geologi, agronomi, etc.). Ovviamente imprescindibile il coinvolgimento di amministratori locali, sindaci in primo luogo,
e di tecnici delle amministrazioni locali.
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Daedalus 2007

PASSATO/PRESENTE

Nella fase iniziale il laboratorio territoriale potr configurarsi come un


forum aperto in cui, a partire dalla presentazione dei risultati dellindagine,
si discuta dei fenomeni di offesa e degrado, individuando cause e possibili
soluzioni. Il riferimento al modello OST (open space technology) pu senza
dubbio essere utile per strutturare la partecipazione ed il contributo degli intervenuti, esso inoltre potr essere accompagnato dalla presentazione di documenti fotografici, iconografici e filmati e dalla messa in campo di iniziative
sperimentali e dimostrative.
I laboratori territoriali, in ogni caso, non dovrebbero essere intesi soltanto
come momenti di discussione e riflessione tesi a far emergere percezioni diverse del paesaggio. Liniziativa discorsiva dovrebbe tradursi nel tempo
in pratica costante. I laboratori, in effetti, si riferiscono piuttosto a pratiche,
elaborazione di progetti, mobilitazioni volte a ricostituire e rafforzare il rapporto tra paesaggio ed identit. Liniziativa che potr svolgersi al termine di
questo nostro progetto va allora intesa come lancio (o seed proposal) di
una proposta il cui esito dovrebbe essere la durata temporale e la stabilizzazione di una struttura a supporto della pubblica amministrazione.
Gli ambiti territoriali nei quali lanciare la proposta dei laboratori territoriali per la riqualificazione del paesaggio, in congruenza con le premesse sopra enunciate, dovrebbero corrispondere ad aree tematiche che riguardano il
rapporto tra cultura-identit-paesaggio. Tra i possibili ambiti tematici ci sembra opportuno individuare in prima istanza: a) larcheologia e la storia antica;
b) la sostenibilit ecologico-ambientale dei flussi turistici (turismo sostenibile); c) la citt ed il suo contesto; d) lassociazionismo a difesa del territorio.
Ciascuno di questi ambiti dovrebbe corrispondere ad uno scenario fisico,
tale da raggruppare uno o pi ambiti comunali, cos ad esempio la Locride parrebbe sede opportuna per il primo ambito tematico (siti archeologici), il
Crotonese e larea della Riserva Marina di Isola Capo Rizzato per ci che
concerne il turismo sostenibile (in alternativa Capo Vaticano), la citt di
Reggio Calabria e la Vallata del Gallico per il tema urbano, lAlto Tirreno
per lassociazionismo e le mobilitazioni a difesa del territorio.
Noi umani possediamo il linguaggio, strumento capace di operare meraviglie, che ci permette di dare un nome alle cose esistenti, ma anche, ancor
pi miracolosamente, alle cose che non esistono ancora: alle cose come sono
e alle cose come potrebbero essere. Grazie al linguaggio possiamo fare scelte:
possiamo respingere certe cose in nome di altre, e possiamo anche parlare e
pensare a cose che devono o possono ancora venire. Siamo animali trasgressivi e trascendenti e non possiamo farne a meno. Viviamo in anticipo sul
presente. Le nostre rappresentazioni anticipano le nostre percezioni. Il mondo
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Daedalus 2007

PASSATO/PRESENTE

che abitiamo sempre un passo, o un chilometro, o un anno luce pi avanti


rispetto al mondo di cui facciamo esperienza. La parte di mondo che sopravanza la nostra esperienza vissuta viene definita ideale: gli ideali ci devono
guidare in territori per il momento inesplorati e per i quali non esistono mappe. (ZYGMUNT BARMAN, La bellezza un sogno in la Repubblica, 19
settembre 2002)
Se quanto afferma Bauman appare accettabile, il progetto Paesaggi & Identit, che concretamente intervento per la demolizione di ecomostri, in
realt interviene sul terreno che il sociologo definisce dellideale, della rappresentazione del mondo, di ci che chiamiamo anche immaginario sociale.
Intervenire sul paesaggio oggi azione concreta, progettazione e pratica,
ma soprattutto iniziativa culturale. E per questo che insieme al discorso sul
paesaggio occorre sviluppare un discorso ed una iniziativa sulla identit.
Termine controverso, questultimo, che tuttavia in breve indica riconoscimento intersoggettivo, narrazione di s in rapporto a quanto gli altri narrano
di noi, collegamento tra passato e futuro e inoltre riferimento a contesti
spaziali di appartenenza, ovvero a luoghi.
E il preambolo della convenzione europea sul paesaggio che richiama in
pi passi la relazione tra paesaggi ed identit (plurale): il paesaggio concorre
allelaborazione delle culture locali e rappresenta una componente fondamentale del patrimonio culturale e naturale dellEuropa, contribuendo cos al benessere ed alla soddisfazione degli esseri umani e al consolidamento
dellidentit europea.
Con pi forza lart. 5 della medesima convenzione sancisce che le parti
firmatarie si impegnano a riconoscere giuridicamente il paesaggio in quanto
componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversit del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento
della loro identit
Se dunque il paesaggio viene considerato componente essenziale del
contesto di vita e fondamento della identit locale, esso al pari delle
prassi comunicative quotidiane e del senso comune sfondo essenziale dei
mondi vitali (nel senso della lebenswelt habermasiana).
E dunque la distruzione, la deformazione, la mercificazione del paesaggio
procede parallelamente ed , direi, sottostante, alla colonizzazione dei mondi
vitali.
Il paesaggio come identit etico-estetica del luogo non pu essere separato da chi lo ha abitato, da chi lo abita e da chi si propone di abitarlo in futuro attribuendo ad esso un valore significativo, un senso profondo.
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Daedalus 2007

PASSATO/PRESENTE

Ben al di l delle discussioni (ormai superate) sulla soggettivit o sulla


oggettivit della definizione di paesaggio, sul carattere naturale o culturale,
occorre andare oltre la separazione cartesiana tra natura e cultura e riconoscere nel paesaggio il ruolo centrale dellattore umano, dellessere linguistico e
comunicante ( languaging being) che lo definisce.
La catastrofe ecologica in corso rimanda alla caduta o quantomeno al ritardo della sensibilit collettiva nei confronti dellambiente e si riflette sulla
percezione e sul degrado del paesaggio.
Sembra possibile definire la massima qualit del paesaggio quella in cui
i segni delluomo sono in quantit e qualit tali da provocare il minor impatto
sullambiente, e le azioni umane sono volte a consolidare e riqualificare le
forme naturali (A.PAOLELLA, Abitare i luoghi, BSF ed., Pisa 2004:27)
Le ragioni della dequalificazione del paesaggio, inoltre, non sono soltanto
collegate a scelte formali in termini di architettura ed urbanistica, quanto
piuttosto ad interessi economici ed alle tecniche, culture e politiche che li sostengono. Di qui i modelli brutti e distruttivi di insediamento, di qui le forme
architettoniche di pessima fattura e dubbio gusto
Per contro la qualit del paesaggio migliora quando si ricompone la relazione tra comunit sociale e sistema ecologico (di cui la comunit stessa
parte) ed il paesaggio diviene prodotto dei modi di vita.
Il degrado pu sussistere anche senza essere percepito. E ad esempio il
caso degli stessi interventi di mascheramento, di interventi formali che paiono rispettare la fisionomia del paesaggio, di interventi cosiddetti di rinaturalizzazione che tuttavia comportano materiali, tipologie e tecniche costruttive, essenze stesse estranee al contesto, alla sua evoluzione, allinsieme
ecosistemico (talvolta con impatti ed affetti sul contesto globale e non soltanto locale o regionale). Occorre quindi porre laccento non soltanto sulla relazione tra identit locale (riflessivamente ri-costituita) e qualit estetica del
paesaggio, ma sottolineare come la sostenibilit ecologico-ambientale sia fattore imprescindibile per qualsiasi intervento che miri alla riqualificazione del
territorio ed alla rivitalizzazione culturale delle comunit.

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Daedalus 2007

RICERCHE/MATERIALI

VITTORIO CAPPELLI

TRA EMIGRANTI, SOCIALISTI E MASSONI


IL COMPLOTTO DI BARCELLONA: UN FANTOMATICO ATTENTATO A MUSSOLINI,
IMMAGINATO LUNGO LE PISTE DELLEMIGRAZIONE ITALIANA IN COLOMBIA E IN
CENTROAMERICA

1. A mo di premessa. Tra il Cilento e il Pollino: flussi migratori


verso la Colombia, il Venezuela, il Centro America e i Caraibi.
La vicenda assai particolare che oggetto di questo studio emerge da
unindagine di microstoria dellemigrazione e si rifrange sulla grande storia
politica italiana e internazionale del primo Novecento. Di essa protagonista,
in gran parte involontario, un socialista di Morano Calabro, emigrato in Colombia nel 1905 e divenuto ben presto un industriale calzaturiero. La sua avventura esistenziale, pur nei suoi caratteri straordinari, emblematica di una
certa tipologia migratoria e suggerisce molteplici elementi di riflessione, sia
su unAmerica Latina minore, piuttosto diversa e distante da paesi ben pi
noti come lArgentina e il Brasile, sia sulle relazioni, tanto interessanti quanto trascurate, tra emigrazione transoceanica, socialismo e massoneria.
opportuno illustrare preliminarmente i contesti nei quali si dipana
lavventura migratoria, di cui la vicenda in oggetto clamorosa espressione.
Agli inizi del Novecento ormai largamente tracciato il percorso di alcune
catene migratorie che conducono da un vasto e impervio territorio
dellAppennino meridionale a regioni dellAmerica centromeridionale non
molto frequentate dallemigrazione europea. Dalle province di Salerno, Potenza e Cosenza pi precisamente, dal territorio attualmente compreso tra i
due pi estesi Parchi Nazionali italiani, quello campano del Cilento e del Val

Questo testo la versione italiana aggiornata e adattata in qualche punto di: Entre inmigrantes, socialistas y masones. La emigracin italiana en Colombia y en Centroamrica y un fantasmal atentado a Mussolini, saggio comparso sulla rivista argentina Estudios Migratorios Latinoamericanos [Buenos Aires, Cemla, a. 19, n. 57, 2005
(ma 2006), pp. 335-366].
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RICERCHE/MATERIALI

lo di Diano e quello calabrolucano del Pollino decine e decine di migliaia


di emigranti si sono diretti, dagli anni Sessanta e Settanta dellOttocento, in
Venezuela e Colombia, in Ecuador, Per e Cile, in Centro America (principalmente Panam, Costa Rica, Honduras, Guatemala), nelle pi grandi isole
dei Caraibi (Cuba, Repubblica Dominicana), nel nord amazzonico e nel
nordest bahiano e pernambucano del Brasile1.
Si tratta di un flusso migratorio molto precoce rispetto ad altre aree del
Mezzogiorno e con peculiari tratti socioeconomici e culturali. Gi negli anni
Sessanta dellOttocento, infatti, esso si manifesta in Cilento, coinvolgendo
contadini, pastori, artigiani e gli stessi proprietari terrieri. Non per nulla, nel
1876, il prefetto di Salerno gi denuncia il carattere di massa che ha assunto
lemigrazione verso le Americhe nellultimo decennio2. E allinterno della
provincia, lesodo pi consistente parte dal Vallo di Diano, colpito nel 1857
da un gravissimo terremoto, il cui epicentro in Lucania, nella contigua Val
dAgri3. Poco dopo il terremoto, che fa quasi undicimila vittime e rade al suolo numerosi comuni, giunge voce allIntendente di Salerno che a Teggiano
per ragion di miseria, la maggior parte de faticatori di campagna si fanno a
chiedere passaporti per lestero4. di una palmare evidenza lincidenza della catastrofe sullo sviluppo del processo migratorio dal Vallo di Diano e dalla
Val dAgri. Si pensi che gi negli anni Settanta dellOttocento si registra in
molti Comuni una contrazione demografica5.
1
V. CAPPELLI, Nelle altre Americhe, in Storia dellemigrazione italiana. Arrivi, a cura di P. Bevilacqua, A. De Clementi, E. Franzina, Roma, Donzelli, 2002, pp.
97-109; IDEM, Verso le Americhe. Alle origini dellemigrazione transoceanica in Calabria e in Lucania, in Apollinea, novembre-dicembre 2005, n. 6, pp. 32-37; IDEM,
Immigrazione e urbanizzazione. La presenza degli italiani nelle altre Americhe, in
Passato e Presente, n. 71, 2007, pp. 21-44.
2
D. CHIEFFALLO, Le prime emigrazioni cilentane attraverso le relazioni dei sindaci, in Memorie migranti, a cura di G. Pecchinenda, Napoli, Ipermedium, 1997, pp.
93-99. G. IMBUCCI, Il Vallo di Diano tra stagnazione e recessione (1861-1961), in
Storia del Vallo di Diano. Et moderna e contemporanea, vol. III.2, a cura di P. Villani, Salerno, Laveglia, 1985, pp. 627-665.
3
G. FERRARI, a cura di, Viaggio nelle aree del terremoto del 16 dicembre 1857, 2
voll., Bologna, Storia Geofisica Ambientale, 2004.
4
G. ALIBERTI, Tra blocco continentale e crisi agraria: leconomia del Vallo di
Diano nellOttocento, in Storia del Vallo di Diano, cit., pp. 399-437.
5
Negli anni Settanta, Teggiano passa da 7.018 a 5.745 abitanti e Sala Consilina
da 7.732 a 6.107. Cfr. L. MUSELLA, Lagricoltura del Vallo di Diano nellet liberale.
1861-1914, in Storia del Vallo di Diano, cit., pp. 549-568.

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Daedalus 2007

RICERCHE/MATERIALI

Sul finire del secolo, tra il 1884 e il 1900, espatriano ufficialmente dal
Vallo di Diano quasi 31.000 persone (alle quali se ne aggiungeranno altre
22.000 nel primo quindicennio del Novecento). Il paese che d il maggior
contributo allesodo Padula, che nel 1871 ha 8.662 abitanti presenti, ridotti
a 4.553 nel 1911. Gli espatriati sono 4.546 tra il 1884 e il 1899, 2.372 tra il
1901 e il 1915.
Il circondario lucano di Lagonegro, posto tra il Vallo di Diano e il versante calabrese del Pollino, larea di pi precoce e massiccia emigrazione verso
le Americhe in partenza dalla Lucania. Molti paesi, nellultimo ventennio
dellOttocento, perdono migliaia di abitanti e cos anche i centri della vicina
Val dAgri. Il primato spetta a San Severino Lucano, che perde il 38% della
popolazione, seguono Montemurro con quasi il 30% e Viggiano con circa il
28%6.
Infine, il territorio calabrese del Pollino e la contigua costa tirrenica detengono anchessi una sorta di primato migratorio nella loro regione: gi
nellultimo ventennio dellOttocento i Comuni di questo territorio risultano
quasi tutti spopolati. Emergono sugli altri i casi di Morano Calabro e Lungro,
che in ventanni perdono rispettivamente il 34 e il 30% degli abitanti.
Dallintero circondario calabrese del Pollino, che fa capo a Castrovillari, partono in ventanni circa 45.000 persone7.
Ma gi nel 1874 un periodico locale, LOsservatore Tipografico, aveva
giudicato lemigrazione un fenomeno positivo, malgrado lallarme dei grandi
proprietari, che vedevano per questo avvenimento dellemigrazione deserti
di cultori le loro vaste tenute e mancare dei necessari artigiani le grandi e le
piccole borgate. Lo stesso giornale osservava che lemigrazione degli abitanti dellItalia meridionale per le Americhe prende piede e si sviluppa ogni
6
A. FRANZONI, Lemigrazione in Basilicata, Roma, Tipografia Nazionale Bertero, 1904; A. ROSSI, Vantaggi e danni dellemigrazione nel Mezzogiorno dItalia. Note di un viaggio fatto in Basilicata e in Calabria. Ottobre 1907, in Bollettino
dellemigrazione, 1908, n. 13; N. LISANTI, Lemigrazione lucana dallUnit al fascismo, in Lucani nel mondo, Rivista Basilicata Notizie, 1998, n. 1-2, pp. 11-20; R.
GIURA LONGO, DallUnit al fascismo, in Storia della Basilicata. 4. Let contemporanea, a cura di G. De Rosa, Roma-Bari, Laterza, 2002, pp. 83-110
7
Al termine del lungo ciclo migratorio, nel 1931, Morano si ritrover con 5.182
abitanti, dai quasi diecimila del 1881; Lungro conter 3.571 abitanti, sui 5.742 di cinquantanni prima. Cfr. V. CAPPELLI, Emigranti, moschetti e podest. Pagine di storia
sociale e politica nellarea del Pollino (1880-1943), Castrovillari, Il Coscile, 1995;
IDEM, Nelle altre Americhe. Calabresi in Colombia, Panam, Costa Rica, Guatemala,
Doria di Cassano Jonio, La Mongolfiera, 2004.

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Daedalus 2007

RICERCHE/MATERIALI

giorno sempre pi su vasta scala, soprattutto nelle due confinanti provincie


della vastissima Basilicata e della Calabria settentrionale8.
LOsservatore Tipografico, insomma, gi nel 1874, fa dellemigrazione
il principale argomento di discussione, nonch di critica ai comportamenti
della possidenza agraria, mostrandosi come una sorta di megafono delle agenzie demigrazione, che propongono non solo le mete, gi ovvie e scontate,
di Buenos Aires e Montevideo, ma anche quelle pi insolite del nordest del
Brasile e dei pi lontani porti del Pacifico, in Cile e Per.
Dieci anni dopo, il fenomeno migratorio , evidentemente, gi tanto diffuso e affermato, a Castrovillari e nel Pollino, che uno scrittore locale, Cristoforo Pepe, ne registra le ripercussioni sociali e culturali, dedicando efficaci e
suggestivi racconti allinedito problema delle mogli degli americani,
ovve9
ro alla questione sociale delle donne lasciate sole dai mariti emigranti 9. E ci
accade con buon anticipo rispetto ai pochi scrittori italiani che si occuperanno
pi tardi dellargomento.

2. Mestieri artigiani e musicanti di strada, tra socialismo e massoneria.


abbastanza evidente che non si tratta soltanto di dati quantitativi, bens
anche di aspetti qualitativi che danno a questa precoce emigrazione particolari connotazioni. Ausonio Franzoni, in seguito allinchiesta effettuata in Lucania nel 1902 per conto del Presidente del Consiglio Zanardelli, afferma che a
Lauria rara la famiglia, anche di medio ceto, che non abbia un membro in
America e che da quello non riceva soccorsi o risparmi, aggiungendo che la
meta privilegiata lAmerica Latina, ma non solo lArgentina e il Brasile;
infatti molti si dedicano al commercio minuto e si spargono in Centro America, nel Venezuela e nelle Antille. Ve nhanno a Portorico in buone condizioni ed a Panama e Caracas. A Nemoli e Rivello, aggiunge Franzoni,
8
D. R., LEmigrazione, in LOsservatore Tipografico, 1 febbraio e 1 marzo
1874, nn. 2 e 3. Del periodico escono solo quattro numeri. Vi compaiono anche numerose inserzioni pubblicitarie dei locali agenti di emigrazione, che gestiscono i viaggi
transoceanici diretti alla Plata, in partenza da Le Havre. Ma si evidenziano pure le inserzioni della Compagnia di Navigazione a Vapore del Pacifico, che pubblicizza i
viaggi diretti a Valparaso e Callao, che fanno scalo nelle regioni brasiliane di Pernambuco e Bahia.
9
C. PEPE, Alle falde del Pollino. Racconti patrii (1885), a cura di G. Maradei,
Castrovillari, Il Coscile, 2001.

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Daedalus 2007

RICERCHE/MATERIALI

unindustriosit speciale induce gli abitanti ad occuparsi di preferenza nel


mestiere di stagnari e di calderai, ed a portare larte loro allestero con grande
profitto generale. Molti di essi () si sono spinti al Centro America, al Venezuela ed alla Colombia. A Maratea si riscontra unemigrazione specialissima, quale la danno alcuni paesi della regione dei laghi lombardi o delle prealpi venete e della riviera genovese. Sono tutti artigiani indoratori, argentari e
stagnai, che si dirigono in Francia, Spagna e Belgio e si spingono invariabilmente anche in America. Anche per essi la sola America possibile la Latina
(). Nella Colombia hanno formato nucleo a Bogot e Porto Bonaventura,
nel Venezuela a San Fernando de Apure e Ciudad Bolivar; alcuni sono stabiliti in Panama ed attendono la riapertura dei lavori [di costruzione del Canale] per realizzare grossi guadagni colle propriet acquistate. NellEcuador vari di essi si stabilirono in Guayaquil () Nel Brasile sta la maggioranza ()
e vi preferisce gli Stati del Nord e le citt [Manaus (Amazonas), Belm (Par), Recife (Pernambuco), Salvador (Bahia)] (). In nessun punto conclude Franzoni , neppure della Liguria, ove pullula lelemento marinaresco, mi
avvenne mai di trovare una cos generale e pratica conoscenza delle condizioni materiali e politiche dei paesi sudamericani, ed una cos matematica
sicurezza di quanto la gente asserisce conoscere10.
Anche dalla Valle del Mercure, lungo il confine amministrativo tra Lucania e
Calabria, quasi tutti si dirigono verso lAmerica Latina e in luoghi eccentrici
come il Nord del Brasile (Manaus e Salvador de Bahia, piuttosto che le affollatissime Rio de Janeiro e So Paulo), spesso iniziando come venditori ambulanti e lustrascarpe. Non dappertutto si raggiungono i vertici dellintraprendenza e della mobilit degli artigiani di Maratea o dei celebri suonatori
darpa di Viggiano, ma nella Valle del Mercure, da Castelluccio come da
Laino, anche i contadini che emigrano rifiutano il lavoro dei campi e preferiscono il piccolo commercio11.
Cos accade anche, in genere, per lemigrazione in partenza dal Cilento,
come nel caso delle catene migratorie di Camerota e Lentiscosa che privilegiano il Venezuela e in specie Caracas12.
10
A. FRANZONI, Lemigrazione in Basilicata, cit.; G. ANGELINI, Progetto di ricerca regionale sullemigrazione dallUnit dItalia al secondo dopoguerra, in Lucani
nel mondo, Rivista Basilicata Notizie, 1998, n. 1-2, pp. 123-126.
11
L. DE ROSA, Emigranti, capitali e banche (1896-1906), Napoli, Edizione del
Banco di Napoli, 1980, pp. 47-48; A. FRANZONI, Lemigrazione in Basilicata, cit..
12
Nella capitale venezuelana, nel 1931, vengono pubblicizzate, in una rassegna
sugli italiani immigrati in Venezuela, 161 attivit commerciali e industriali italiane,

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Daedalus 2007

RICERCHE/MATERIALI

Nel primo decennio del Novecento, nella celebre Inchiesta Nitti sulla Lucania e la Calabria, si osserva che lemigrazione ha perduto il suo carattere
quasi drammatico: si va e si viene dallAmerica con la pi grande facilit.
() dove una emigrazione ormai antica, si considera il viaggio in America
assai meno che un viaggio a Firenze o a Milano. () I contadini non vanno
verso lignoto: molti sono gi stati in America tre o quattro volte: si va, si
torna, si riparte13.
Anche a Morano, sul versante calabrese del Pollino, quasi tutti si dirigono
in America Latina, prediligendo Porto Alegre, nellestremo sud del Brasile,
ma concentrandosi anche in Colombia (in specie le citt della costa caraibica:
Barranquilla, Cinaga, Santa Marta, Cartagena), in Costa Rica (specialmente
a San Jos) e in Guatemala (nella capitale e a Quetzaltenango). La Colombia
dei moranesi anche uno dei destini privilegiati dagli emigranti del Vallo di
Diano e in specie di Padula, che vi formano una vasta comunit. E nella stessa Colombia si dirigono tanti emigranti calabresi di Scalea, molti dei quali
dal porto fluviale di Barranquilla si diramano nellinterno lungo le stazioni
commerciali del Rio Magdalena e nellomonima regione bananiera. Infine,
dallintero territorio calabrolucanocampano che stiamo considerando, molti si dirigono anche nelle maggiori isole dei Caraibi, in specie allAvana e a
Santo Domingo, per esercitarvi i mestieri artigiani, soprattutto la calzoleria e
la sartoria, i commerci e piccole attivit industriali14.
Linsieme di questi dati va collegato naturalmente al quadro economico
dellarea di partenza e alle sue stesse caratteristiche orografiche e idrografiche. Si tratta di un territorio piuttosto vasto, disposto lungo un asse di oltre
cento chilometri, che ricade in tre diverse regioni amministrative, ma ha evidelle quali 56 (il 36%) sono gestite da immigrati provenienti dal Salernitano; di questi, 45 (il 28%) provengono dal solo comune di Camerota (cfr. G. DANGELO, Ermenegildo Aliprandi e Gli Italiani in Venezuelain Orillas. Studi in onore di Giovanni
Battista de Cesare, Salerno, Edizioni del Paguro, 2001, pp. 105-115).
13
F.S. NITTI, Scritti sulla questione meridionale. Vol IV. Inchiesta sulle condizioni dei contadini in Basilicata e in Calabria (1910), tomo 1, a cura di P. Villani e A.
Massafra, Bari, Laterza, 1968, p. 154.
14
Per Cuba: D. CAPOLONGO, a cura di, Emigrazione e presenza italiana in Cuba,
4 voll., Roccarainola, Circolo Culturale B. G. Duns Scoto, 2002-2005; per la Repubblica Dominicana: E. ESPINAL HERNANDEZ, Aspecto genealgico de la inmigracin
italiana en Santiago, in Revista Races, 1994, luglio-dicembre; G. AZCARATE, Los
italianos en Amrica. Historia de familia, 2002 (http://rootsweb.com/~domwgw
/italianosamerica.htm); B. VEGA, Nazismo, fascismo y falangismo en la Repblica
Dominicana, Santo Domingo, Fundacin Cultural Dominicana, 1985.
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Daedalus 2007

RICERCHE/MATERIALI

dentissimi dati di omogeneit interna. , infatti, unarea prevalentemente


montagnosa, racchiusa tra i monti Alburni e i monti del Pollino, situata a ridosso della costa tirrenica, sulla quale digradano quasi a precipizio gli aspri
rilievi interni. Il territorio attraversato da valli fluviali, alcune delle quali
sono utilizzate dalla via delle Calabrie, di murattiana e borbonica memoria,
lunica strada che mette in comunicazione la Calabria con Salerno e Napoli,
fino alla costruzione della ferrovia tirrenica (1895) e della ferrovia interna a
scartamento ridotto CastrovillariLagonegro (1930). Dal punto di vista economico, nellintera area prevalgono ovviamente lagricoltura e la pastorizia,
ma con un vistoso predominio della piccola e della media propriet, le quali
creano un universo sociale meno polarizzato rispetto alle aree del latifondo
meridionale e al cui interno da lungo tempo sono emerse qua e l particolari
vocazioni artigiane: si pensi ai citati indoratori e argentari di Maratea, agli
orefici, ai calderai e ai ramai di Rivello e Nemoli, agli arpisti di Viggiano, ai
liutai di Castellabate, ma anche ai pi numerosi e banali calzolai, sarti e
falegnami, figure sociali essenziali nei circuiti delleconomia locale, e ai tanti
mestieri praticati dagli stessi contadini in una dimensione di autoconsumo, al
cui centro si pongono lunit familiare e i legami parentali.
In questo universo, privo di consistenti centri urbani e demograficamente
frantumato in decine di piccoli e isolati comuni, si colgono preesistenti esperienze di mobilit, che predispongono anche psicologicamente e culturalmente alla emigrazione transoceanica di massa, animata principalmente da artigiani e da contadini (quasi sempre piccoli proprietari e spesso dotati di qualche abilit ed esperienza artigiana), ma alla quale non estranea neppure la
piccola possidenza agraria locale15.
Infine, bisogna considerare gli elementi di contesto di natura politica, ideologica e culturale, che connotano fortemente i flussi migratori di questarea.
Si tratta, in particolare, della rigogliosa presenza socialista tra gli artigiani e
anche i piccoli commercianti di Morano Calabro e della notevole tradizione
massonica di Padula, presente in qualche misura anche a Scalea e nelle sue
15

Questa mobilit di lungo periodo, nel corso dellOttocento, particolarmente


evidente a Viggiano, Rivello, Nemoli e Maratea, ma non estranea neppure al Cilento
e al Vallo di Diano, dove in pi luoghi di registra un cedimento demografico gi negli
anni Sessanta e Settanta dellOttocento, e si riscontrano esperienze di mobilit preunitaria, come nel caso degli imbianchini di Padula. Cfr. L. MUSELLA, Lagricoltura del
Vallo di Diano nellet liberale, cit.; G. IMBUCCI, Il Vallo di Diano tra stagnazione e
recessione, cit..

33

Daedalus 2007

RICERCHE/MATERIALI

immediate vicinanze, oltre che tra le compagnie degli arpisti di Viggiano e


nei paesi contermini.
A Viggiano, che nel 1881 contava quasi 500 musicanti su una popolazione di circa 6.000 abitanti16, aveva sede la Loggia Mario Pagano (fondata intorno al 1887), che pare fosse tra le pi importanti del Sud. In un elenco degli
iscritti provenienti da 18 paesi della Val dAgri risulta che il 48% costituito
da viggianesi e che il 42% di questi sono musicanti. Sono dati che lasciano
immaginare uno stretto rapporto tra le compagnie itineranti degli arpisti e la
massoneria, la quale sembrerebbe aver predisposto per le compagnie una sorta di lasciapassare internazionale17. Del resto, gi nel 1876, il giornale
LArpa Viggianese era testimonianza della sedimentazione dellesperienza
sociale internazionale dei musicanti nella realt materiale e nel patrimonio
colto del luogo18. Ma, sia detto per inciso, ci non impedir, di l a poco, la
repressione, per iniziativa italiana ed europea, dei musicanti di strada, che
condurr ben presto alla completa scomparsa della tradizione degli arpisti
viggianesi itineranti19.
Pi in generale, nel tardo Ottocento, sono presenti logge massoniche in
quasi tutti i paesi lucani di maggiore emigrazione20. Nel Vallo di Diano, con
le logge di Padula (1887) e Sala Consilina (1891), la massoneria ha un notevole sviluppo nellultimo ventennio dellOttocento. Nei registri del Grande
Oriente si ritrovano i nomi di 184 massoni del Vallo: 57 di essi, quasi un terzo, sono di Padula; altri 39 di Sala21. Tra i padulesi si contano 27 possidenti
16

E.V. ALLIEGRO, Il flautista magico. I musicanti di strada tra identit debole e


rappresentazioni contraddittorie (secc. XVIII-XIX), in Mlanges de lcole Franaise de Rome. Italie et Mediterrane, 2003, t. 115, pp. 145-182.
17
G.R. CELESTE, Larpa popolare viggianese nelle fonti documentarie, Viggiano,
Amministrazione Comunale, 1989; www.concorsodelorenzo.it.
18
LArpa Viggianese, fondata e diretta nel 1876 da Giuseppe Catalano, insegnante delle scuole comunali di Viggiano, ribadisce che, grazie al lavoro dei musicanti di strada sparsi per il mondo, nel paese lucano ogni tugurio divenuto casa. Del
periodico si conoscono cinque numeri, pubblicati tra febbraio e aprile del 1876. Numerosi sono gli accenni ai viggianesi in America. Leditoriale del n. 5, Lintolleranza
e la violenza, sembra ispirarsi allanticlericalismo tipico della tradizione massonica e
illuminista.
19
E.V. ALLIEGRO, Il flautista magico, cit..
20
il caso di Lauria, Tramutola, Rivello, Rotonda e, pi tardi, di San Severino
Lucano, Lagonegro, ecc. (www.grandeoriente.it).
21
M. CASELLA, Massoni e massoneria nel Vallo di Diano tra Ottocento e Novecento (Appunti per una ricerca), in Archivio Storico Italiano, gennaio-marzo 1995, n.
563-I, pp. 3-82.
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RICERCHE/MATERIALI

(pari al 47%), ma anche 6 artigiani, 7 commercianti, 8 liberi professionisti, 4


insegnanti e impiegati, 3 appaltatori e costruttori, che nellinsieme rappresentano in qualche modo la parte pi moderna della societ locale. Nellelenco
degli iscritti ricorrono molti cognomi che ritroviamo nelle comunit padulesi
formatesi tra Otto e Novecento nel Caribe colombiano22.
In Calabria, non lontano dal confine lucano, un centro massonico non trascurabile Scalea. Nellelenco degli iscritti alle Logge calabresi del Grande
Oriente compaiono nel primo Novecento 15 massoni nati a Scalea e altri 18
nati nei contigui centri di Maier e Orsomarso. Si tratta soprattutto di liberi
professionisti, studenti, commercianti e artigiani (i possidenti sono soltanto
il 20%), che costituiscono la borghesia modernizzante del luogo. Non siamo
in grado di stabilire un nesso documentato tra lorganizzazione massonica e
lemigrazione, ma non certo casuale che in questelenco di massoni si ritrovino alcuni cognomi e individui che appartengono alla colonia italiana in Colombia, animata dagli scaleoti pi intraprendenti23.
Negli anni Novanta dellOttocento, a Morano, dove non si ha traccia di
attivit massoniche, si sviluppa, invece, per iniziativa dellavvocato Nicola
De Cardona, il pi florido circolo socialista della Calabria, che ha il suo punto di forza nelladesione attiva del ceto artigiano, il quale a sua volta il nerbo dellemigrazione transoceanica, diretta principalmente a Porto Alegre, nel
sud del Brasile, ma anche in Colombia e in vari paesi del Centro America,
oltre che nelle consuete Buenos Aires e Rio de Janeiro. La giovanile formazione socialista sembra dare agli emigranti maggior determinazione e consapevolezza; e il legame col circolo di De Cardona, grazie anche alla pubblicazione del periodico Vita Nuova24, perdurando fino alla compiuta afferma22

il caso di Apicella, Baratta, Brigante, Camera, Citarella, DAmato, De Lisa,


Di Gregorio, Di Muro, Ferrigno, Gallo, Moscarella, Mugno, Pinto, Rienzo, Rizzo,
Tepedino, Vegliante e Volpe (tutti presenti, ancora oggi, tra i cognomi di Barranquilla, Cartagena e Santa Marta, come risulta dai Directorios telefnicos delle tre citt
colombiane).
23
il caso di Ciriaco Scoppetta, commerciante a Sevilla e a Santa Marta tra le
due guerre mondiali. Cfr. R. CAMBARERI, La massoneria in Calabria dallUnit al
Fascismo, Cosenza, Brenner, 1998, p. 329; V. CAPPELLI, Nelle altre Americhe. Calabresi in Colombia, Panam, Costa Rica, Guatemala, cit., p. 164.
24
Vita Nuova, fondato da Nicola De Cardona, esce con periodicit quindicinale, come giornale socialista, dall11 gennaio 1913 al 19 agosto 1915. Il 1 maggio
1920, ha inizio una seconda serie, questa volta come quindicinale comunista, che terminer il 15 novembre 1922, dopo lavvento al potere del fascismo. La straordinaria
originalit dellesperienza politicogiornalistica costituita dallo strettissimo rapporto
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RICERCHE/MATERIALI

zione del regime fascista, costituisce lo strumento privilegiato per conservare


un legame col paese dorigine, dando luogo ad una singolare esperienza politicoculturale e sociale, altrove sostenuta in genere dalla Chiesa attraverso la
rete capillare delle parrocchie. La durevolezza del rapporto intrattenuto dagli
emigrati con la formazione socialista ricevuta a Morano confermata dal
persistente antifascismo di molti emigrati moranesi, documentato fino agli
anni Trenta e talora fino alla Seconda guerra mondiale, soprattutto in Costa
Rica e in Colombia25.

2a. In Colombia.
Tra le due guerre mondiali, levoluzione dellimpresa migratoria, la conquista di un pi elevato status economico e sociale, lo svilupparsi, nel caso
colombiano, dei rapporti tra gli immigrati moranesi e le comunit provenienti
da Padula e da Scalea, aprono la strada alladesione alla massoneria. Tra gli
immigrati provenienti da queste e da altre localit italiane26 sembra che siano
non pochi in Colombia gli aderenti a logge massoniche.
istituito con gli emigrati nelle Americhe, dove vengono inviate tra le cinque e le seicento copie del giornale (su 1.300 di tiratura dichiarata). In numerosi paesi
dellAmerica latina e a New York il periodico ha i suoi rappresentanti allestero,
che organizzano varie sottoscrizioni tra i compaesani emigrati. Nel periodo 1913-15,
si contano 212 sottoscrizioni individuali per un totale di 1.643 lire; nel dopoguerra
giungeranno frequenti contributi al giornale, divenuto comunista, soprattutto da Barranquilla, Cienaga e Santa Marta (in Colombia), da San Jos (Costa Rica), da Porto
Alegre (Brasile) e dal Guatemala. V. CAPPELLI, Emigranti, moschetti e podest, cit..
25
V. CAPPELLI, Emigrazione transoceanica e socialismo. Il caso di Morano Calabro, in Lemigrazione calabrese dallUnit a oggi, a cura di P. BORZOMATI, Roma,
Centro Studi Emigrazione, 1982, pp. 115-133; IDEM, Emigranti, moschetti e podest,
cit.; IDEM, Tra Macondo e Barranquilla. Gli italiani nella Colombia caraibica dal
tardo Ottocento alla Seconda guerra mondiale, in Altreitalie, luglio-dicembre 2003,
n. 27, pp. 18-52; IDEM, Nelle altre Americhe. Calabresi in Colombia, Panam, Costa
Rica, Guatemala, cit.; F. MAINIERI, inamerica. Emigranti moranesi in America Latina, in Contrade, maggio 1993, n. 1, pp. 4-63; N. SANTORO de CONSTANTINO, O Italiano da esquina. Imigrantes na sociedade porto-alegrense, Porto Alegre, Est, 1991.
26
Oltre a quelle indicate, assolutamente maggioritarie, si dirigono in Colombia
altre due piccole catene migratorie. La prima in partenza da Ghivizzano (un piccolo
centro della valle del Serchio, in provincia di Lucca), che ha inizio da una delle compagnie itineranti dei celebri figurinai, artefici e venditori di statuine di gesso (C.
SARDI, La Colombia e gli Italiani. Appunti, Lucca, Tipografia Editrice Baroni, 1915;
P. TAGLIASACCHI, Coreglia Antelminelli. Patria del Figurinaio, Comune di Coreglia
36

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RICERCHE/MATERIALI

In verit, gi nella fase pionieristica dellimmigrazione italiana la massoneria aveva giocato un ruolo fondamentale. Nel tardo Ottocento, aveva acquisito una drammatica notoriet il caso di Ernesto Cerruti, un garibaldino torinese che aveva tentato la fortuna in Colombia nel 1870. Insediatosi nella regione andina del Cauca, affiliato alla massoneria, Cerruti aveva sposato col
solo rito civile una nipote del generale Cipriano de Mosquera gi presidente
della repubblica e capo del radicalismo federalista colombiano ed era diventato in breve tempo il principale imprenditore del Cauca. Negli anni Settanta diventa protagonista della resistenza liberale, anticlericale e massonica
alla Regeneracin conservatrice e cattolica, che pi tardi lo far prigioniero e
gli confischer tutti beni. Ne deriver un lungo contenzioso diplomatico tra
Italia e Colombia, che si risolver solo nel 1899 con lintervento della marina
militare italiana e limposizione di un indennizzo per lesproprio illegale dei
beni di Cerruti27. Un caso meno eclatante dal punto di vista politico, ma non
meno vistoso dal punto di vista economico, quello di Juan Bautista Mainero, pioniere dellimmigrazione italiana, giunto giovanissimo, nel 1849, da
Pietra Ligure, nellantica citt coloniale di Cartagena. Alla fine
dellOttocento, lanziano immigrato che nel frattempo ha investito i profitti
delle imprese di navigazione fluviale e dei commerci tra Cartagena e le regioni dellinterno, entrando in possesso dei del patrimonio edilizio della
citt ricopre la carica di Soberano Gran Comendator del Supremo Consejo
Masnico Neogranadino, la pi antica organizzazione massonica, fondata a
Cartagena nel 1833, sotto la cui giurisdizione sono riunite allepoca logge
non solo colombiane ma anche messicane, costaricensi e panamensi28.

Antelminelli, 1990). La seconda in partenza da Castelnuovo di Conza (un paesino


campano, situato tra Irpinia e Lucania), trainata in qualche modo dalle famiglie Di
Domenico e Di Ruggiero, che iniziarono proiettando film muti con unattrezzatura
ambulante e giunsero in breve alla produzione dei primi film colombiani e alla costruzione di cinema e teatri a Bogot e altrove (J. NIETO-D. ROJAS, Tiempos del Olympia,
Bogot, Fundacin Patrimonio Flmico, 1992). Non vanno dimenticati, infine, i consueti pionieri dellimmigrazione in America Latina, giunti da Genova e da altre localit liguri.
27
V. CAPPELLI, Tra Macondo e Barranquilla. Gli italiani nella Colombia caraibica, cit..
28
L.F. MOLINA, El Viejo Mainero. Actividad empresarial de Juan Bautista
Mainero y Trucco en Bolvar, Choc, Antioquia y Cundinamarca, 1860-1918, in Boletn Cultural y Bibliogrfico, 1988, n. 17; IDEM, Empresarios colombianos del siglo
XIX, Bogot, El ncora Editores, 1998; A. MEISEL ROCA, Cartagena 1900-1950: a
37

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RICERCHE/MATERIALI

Quelli di Cerruti e Mainero sono, ovviamente, dei casi limite, sia in termini di ascesa economica che di prestigio sociale, consacrato dal ruolo dirigente esercitato nella massoneria; ma si hanno anche altre tracce, a molteplici
livelli, della presenza di italiani nelle organizzazioni massoniche.
La cittadina costiera di Cinaga divenuta tra Otto e Novecento il centro
pi popoloso del Magdalena, superando Santa Marta, storico capoluogo del
dipartimento, grazie al boom della coltivazione delle banane promosso e sostenuto dalla United Fruit Company ospita una nutrita colonia di immigrati
italiani e una florida e attiva loggia massonica. Questa, che ha come sua sede
un sontuoso palazzotto in stile neoclassico, costruito appositamente nel primo
Novecento, annoverava tra i suoi fondatori, nel 1887, Jos de Andreis (Genova, 1828 Santa Marta, 1894), imprenditore agricolo, assieme ai fratelli Rafael e Virginio, ed esponente di una famiglia genovese, che risultava presente
a Cinaga gi alla met dellOttocento29. La colonia italiana, molto attiva nei
commerci e nella piccola industria nel primo Novecento, formata in gran
parte da moranesi, da padulesi e da scaleoti. Ne sono prova i cognomi italiani
pi diffusi a quel tempo nella cittadina colombiana: Baratta, Cela, Contalcure, DAmato, Di Napoli, Fuscaldo, Feoli, Gentile, Libonati, Lombardi, Mainieri, Mazzilli, Morelli, Moscarella, Paternostro, Russo, Severino, Voto30.
Ancora oggi, Ramn Illn Bacca uno scrittore samario (cio nativo di Santa Marta) ma dorigini familiari italiane segnala che los italianos tenan un
poder social significativo, precisando che todava los apellidos de origen italiano son en gran parte de clase alta31 .

remolque de la economia nacional, Cuadernos de historia econmica y empresarial, n.


4, Cartagena, Banco de la Repblica, 1999.
29
Il consapevole laicismo massonico di Jos de Andreisn documentato in un
messaggio spirituale di notevole spessore culturale, fondato sul culto della libert e
della tolleranza, che viene allegato al testamento sottoscritto nel 1892 a Santa marta
(http://deandreis.us/phpwebsite)
30
E. RECLUS, Viajie a la Sierra Nevada de Santa Marta (1861), Bogot, Editorial
Cahur, 1947; J. MOSCARELLA VARELA e A. CORREA DE ANDREIS Los italianos en
Cinaga, 1989 (dattiloscritto); G. HENRIQUEZ TORRES, El misterio de los Buenda,
Bogot, Nueva Amrica, 2003; A. MEISEL MOCA, La economa de Cinaga despus
del banano, Cartagena, Banco de la Repblica, Documentos de trabajo sobre economa regional, n. 50, 2004; V. CAPPELLI, Nelle altre Americhe. Calabresi in Colombia,
Panam, Costa Rica, Guatemala, cit..
31
R.I. BACCA, Mi Caribe (notas para una improbable autobiografa), in Aguaita, giugno 2004, n. 10.
38

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RICERCHE/MATERIALI

Nel 1913, il calabrese Gennaro Viggiano, originario di Morano, celebra a


Cinaga lanniversario del XX Settembre, pronunziando in una manifestazione pubblica un vibrante discorso anticlericale, com sempre stato costume
della massoneria italiana, in memoria della breccia di Porta Pia, aggiungendovi per anche unintonazione antimonarchica. Se ne d notizia, con
compiacimento, su Vita Nuova, il giornale socialista che si pubblica a Morano:
La festa del 20 Settembre () fu cos efficace per la nostra propaganda
che sorpass tutte le nostre modeste previsioni. Parl per primo Francesco
Darago [di Moliterno], un giovane colto ed intelligente, facendo un bello ed
applaudito discorso. Indi prese la parola il corrispondente Viggiano, che, fra
lattenzione del pubblico svolse le idee che i socialisti hanno a proposito del
XX Settembre: disse che il potere dei Papi, va a poco a poco decadendo mettendo in confronto il tempo in cui erano padroni degli uomini e degli averi
con oggi, in cui anche le scomuniche si frangono di mano del povero Pio X
Parl poi della presente monarchia, che, venuta su combattuta dai preti,
si oggi accodata a questi pel timore dei sovversivi socialisti. Disse che oramai questa monarchia non corrisponde pi ai fini della nostra nazione, perocch tutto il programma di riforme che doveva dare finito in una guerra
che ha rovinato tutti ed ha fatto perdere ogni speranza in un migliore avvenire.
La manifestazione ebbe un buon successo per noi, e dest viva impressione in
questa cittadina32.
Nella stessa Cinaga certamente massone anche Gennaro Fuscaldo (nato
a Morano nel 1876), proprietario del calzaturificio Casa Azul33 Sia Viggiano
che Fuscaldo, da giovani sarto il primo e calzolaio il secondo , erano stati
attivissimi socialisti nel Circolo politico creato a Morano nel 1895 da Nicola
De Cardona (Fuscaldo era stato addirittura incarcerato per quattro mesi e
processato, nel 1896, assieme ad altri 25 socialisti di Morano e Castrovillari).
Ed essi perseverano nelle loro convinzioni politiche anche in Colombia,

V. G., DallAmerica. Cienaga, 11 ottobre, in Vita Nuova, 1 dicembre 1913.


Laffiliazione massonica asserita dal figlio Gennaro Fuscaldo jr (Morano,
19242007), che visse a Fundacin (Magdalena) tra il 1953 e il 1973 (Testimonianza
raccolta l8 novembre 2003 e il 18 aprile 2005). Gennaro Fuscaldo sr (Morano 1876),
dopo una breve esperienza in Costa Rica, rimane definitivamente in Colombia, dove
forma una nuova famiglia, nella quale nasceranno sei figli (Testimonianza di Juan
Luis Zapata Fuscaldo, Cali, Colombia, 16 novembre 2007).
32
33

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RICERCHE/MATERIALI

com documentato (almeno nel caso di Viggiano) fino al 193134. Ma la giovanile formazione socialista non un ostacolo, anzi sembra predisporre agli
interessi e alle pratiche massoniche.
Spostatosi da Cinaga a Barranquilla, Gennaro Viggiano, allinizio degli
anni Venti, assieme ai compaesani Giuseppe Aronne e Biagio Barletta, uno
dei corrispondenti del giornale socialista Vita Nuova, che mantiene strettissimi rapporti con gli emigrati. Biagio Barletta, commerciante di idee socialiste, in Colombia dal 1905, era rientrato una prima volta a Morano nel 191314, impegnandosi attivamente nelle battaglie politicoamministrative del Circolo Socialista, e nel 1917, assieme al compaesano Antonio Cela, aveva fondato a Barranquilla un calzaturificio, che sarebbe diventato ben presto una
delle pi floride industrie della citt35. questa lepoca, probabilmente, della
sua adesione alla massoneria. In essa sembra coniugarsi emblematicamente
lesplosivo sviluppo economico di Barranquilla la quale alla fine degli anni
Venti diventata, in quanto principale porto colombiano, una citt commerciale e industriale di 140.000 abitanti con i pi vasti processi di modernizzazione, sostenuti anche dal laicismo massonico e culminanti, nellintera Colombia, nella leadership liberalradicale di Alfonso Lpez Pumarejo (19301946)36.
Questa sorta di primavera sociale colombiana, che avr il suo tragico epilogo nel 1948 con limpressionante ondata di violenza successiva
allomicidio del leader populista Elicer Gaitn, resa possibile, in realt, da
diversi decenni di trasformazione anche culturale, durante i quali lhumus
mercantile della citt ha assegnato un ruolo non secondario alla massoneria.
Lo scrittore Ramn Illn Bacca, in un suo testo su Barranquilla tra Otto e
Novecento, ha rievocato efficacemente lallarme della chiesa locale rappresentato dagli scritti e dalle prediche di Padre Revollo, parroco di San Nicols,
34
V. CAPPELLI, Tra Macondo e Barranquilla. Gli italiani nella Colombia caraibica, cit.; IDEM, Nelle altre Americhe. Calabresi in Colombia, Panam, Costa Rica,
Guatemala, cit..
35
IDEM, Nelle altre Americhe, cit..
36
M. PALACIOS e F. SAFFORD, Colombia. Pas fragmentado, sociedad dividida.
Su historia, Bogot, Grupo Editorial Norma, 2002; J. VILLALN DONOSO, a cura di,
Historia de Barranquilla, Barranquilla, Ediciones Uninorte, 2000; E. POSADA CARB,
El Caribe colombiano. Una historia regional (1870-1950), Bogot, Banco de la Repblica-El ncora Editores, 1998; G. BELL LEMUS, a cura di, El Caribe colombiano.
Seleccin de textos histricos, Barranquilla, Ediciones Uninorte, 1988.

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RICERCHE/MATERIALI

patrono di Barranquilla, nonch direttore spirituale della Juventud Catlica,


che riuniva i giovani della lite cittadina. Il Padre Revollo sentiva la Chiesa
minacciata dalla diffusione della massoneria, dellanarchismo, dello spiritismo e del modernismo, che accentuavano el carcter laico de la sociedad
barranquillera. La massoneria, aggiunge Bacca, tena logias desde 1840 y su
importancia se puso de relieve con la construccin del Cementerio Universal
en 1870, en el que, a diferencia de las dems ciudades de Colombia, se inhum a hebreos, protestantes y catlicos37 . Lestesa influenza massonica e la
presenza di stranieri delle pi varie provenienze culturali e religiose (tedeschi
protestanti, italiani cattolici ma anche massoni e socialisti, ebrei sefarditi di
varia provenienza, siriolibanesi di religione cristianomaronita o mussulmana, ecc.) spiegano anche la grande diffusione di unioni libere e matrimoni civili gi nel tardo Ottocento38.
Ci accade, naturalmente, nel contesto di un tradizionale predominio conservatore e clericale, che tuttavia provoca una crescente resistenza ideologica
e culturale, rappresentata principalmente dal liberalismo e dalla massoneria.
Legemonia cattolica trova, inoltre, un nuovo ostacolo nellimmigrazione europea e siriolibanese. Per comprendere il cambiamento e il conflitto in atto,
si pensi che, nel 1892, il giornale cattolico Colombia Cristiana, di fronte alla
ipotizzata colonizzazione agricola della Sierra Nevada di Santa Marta, che
sarebbe dovuta avvenire ad opera di alcune migliaia di italiani, aveva reagito
affermando senza peli sulla lingua che vala ms que nos trajesen culebras o
alacranes, ritenendo evidentemente gli italiani, portatori di anarchia e di sovversione sociale, pi pericolosi di serpenti e scorpioni39. Ventanni dopo, in37
R.I. BACCA, Voces de Barranquilla, in El Malpensante, 1 maggio-15 giugno
2003, n. 46. La reazione cattolica allegualitarismo tollerante del Cementerio Universal, amministrato da massoni ed ebrei che pretendevano di trattare allo stesso modo e
nello stesso luogo le sepolture dei defunti dogni fede religiosa, talmente virulenta e
rabbiosa che nel 1901 larcivescovo Pietro Adamo Brioschi e i parroci di Barranquilla
decidono in una riunione que cada parroquia construya su cementerio catlico y que
quede el Universal para celebrar a los catlicos renegados y suicidados (M.
GOENAGA, Lecturas locales. Crnicas de la vieja Barranquilla, Barranquilla, Imprenta Departamental, 1953).
38
D. MIRANDA SALCEDO, Famiglia, matrimonio y mujer: el discurso de la iglesia catlica en Barranquilla (1863-1930), in Historia Crtica, gennaio-giugno 2002,
n. 23.
39

V. CAPPELLI, Tra Macondo e Barranquilla. Gli italiani nella Colombia caraibica, cit..
41

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RICERCHE/MATERIALI

vece, il periodico El Progreso giudica la massoneria che a suo dire ha radici molto forti proprio nei dipartimenti del Caribe como un incentivo poderoso para la inmigracin en Europa, debido a que los prejuicios de la religin oponen a los diversos sectores en su exclusin dogmtica, y hoy la vida
moderna, en los pases adelantados, necesita trabajos, energa, accin. E lo
stesso giornale, nel 1912, ritiene che gli immigrati siriolibanesi in Colombia
impulsan el progreso, se casan y se quedan, siendo modelo de sobriedad y
honradez40 .
Insomma, tra Otto e Novecento, Barranquilla si definisce, in quanto citt
porto e cittmercato, come uno spazio culturalmente eterogeneo. Eduardo
Mrceles Daconte, uno scrittore colombiano nativo di Aracataca (lo stesso
luogo di nascita di Gabriel Garca Mrquez, nel dipartimento del Magdalena),
anchegli di origini italiane, sottolinea efficacemente queste caratteristiche
del Caribe colombiano:
El sincretismo trietnico es la base racial y cultural de la poblacin caribea. Los elementos espaoles, indgenas y africanos se constituyen en el patrimonio de nuestra civilizacin. No obstante, por su posicin geogrfica, la
regin caribea ha estado siempre sujeta a las migraciones, o como lugar de
trnsito comercial o turstico. A partir del siglo XIX, con la migracin de italianos, judios de diversas nacionalidades europeas, rabes cristianos y musulmanes, chinos, entre otros inmigrantes a la regin Caribe, nuestra cultura
se ha enriquesido con estas aportaciones que obligan a reconsiderar el tronco tritnico en favor de una fisionoma racial y cultural de naturaleza brida
o politnica y multicultural41 .
In questo crogiolo si svolge, dunque, nel primo Novecento lavventura
migratoria di Viggiano, Aronne, Barletta, Cela e degli altri immigrati calabresi di Barranquilla. Ma, prima di concentrarci sulla figura di Biagio Barletta, le cui fortune e le cui disavventure sono oggetto privilegiato di questo
saggio, proseguiamo con la nostra carrellata sulle frequentazioni massoniche
degli immigrati anche in altri luoghi e Paesi del Caribe e del Centroamerica.

40
R. VOS OBESO, La religiosidad en la vida de las mujeres barranquilleras, in
Boletn Cultural y Bibliogrfico, 1996, n. 42.
41
E. MARCELES DACONTE, El Caribe: balance y retos para siglo XXI, in El Heraldo, 20 agosto 2000.

42

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2b. In Guatemala.
Qualcosa di simile alle cose dette per la Colombia sembra accadere nei
Paesi centroamericani. Prendiamo in considerazione Costa Rica e Guatemala.
In questultimo Paese, in particolare nella piccola citt di Quetzaltenango (il
secondo centro urbano del Guatemala, capoluogo della regione de Los Altos),
secondo lo storico guatemalteco Arturo Taracena Arriola, si ebbe nel tardo
Ottocento
la participacin de un sorprendente ncleo de arquitectos, ingenieros, escultores, pintores y decoradores italianos, algunos de los cuales eran miembros de las Logias Fnix no. 2 y Estrella de Occidente no. 4 [fondate,
rispettivamente, nel 1888 e nel 1894]. Dicho grupo de artistas estaba enmarcado en el seno de una fuerte migracin italiana, que lleg a Guatemala a
finales del siglo XIX atrada por la poltica inmigratoria del rgimen liberal.
Muchos de sus miembros se asentaron en la ciudad de Quetzaltenango ()
para ejercer el comercio, la industria, las artesanas y la construccin42 .
Tra gli architetti e i costruttori italiani43, che ridefiniscono lo stile architettonico quetzalteco con una forte impronta classicista, suggerita e ispirata dalla grande influenza massonica, troviamo Carmine Rimola, giunto in Guatemala nel 1899. Si d il caso che Rimola provenga da Castrovillari, dove esercitava il mestiere di falegname e si era manifestato come fervente socialista,
iscritto al partito, e sostenitore del dirigente moranese Nicola De Cardona44.
Giunto in Guatemala, diventa in brevissimo tempo un apprezzato architetto
42
A. TARACENA ARRIOLA, La arquitectura regional quetzalteca: una proposicin
de unidad cultural, in Centroamericana, 2002, n. 10.
43
Alberto Porta, Lorenzo Durini, Gustavo Novella, Vittorio Cottone, ecc.. Cfr.
M. APPELIUS, Le terre che tremano (Guatemala, Salvador, Honduras, Nicaragua, Costa Rica, Panama), Milano, Edizioni Alpes, 1930, pp. 28-30; A. TARACENA
ARRIOLA, La arquitectura regional quetzalteca, cit..
44
Carmine Rimola (nato a Castrovillari nel 1868 da Rocco e da Caterina Rubini),
nel 1896 indicato dal Prefetto di Cosenza al Ministero dellInterno come falegname
iscritto al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani. Il Prefetto precisa che Rimola riceve e legge giornali sovversivi e che il 9 aprile ha preso parte al banchetto organizzato in occasione dellarrivo dellon. Enrico Ferri, celebre penalista socialista, che
difende lagitatore socialista moranese Nicola De Car-dona nella causa che il giorno
successivo si celebra nel Tribunale di Castrovillari per il reato di istigazione a delinquere. Tre anni dopo, la Prefettura registra, zelante, che Rimola il 2 settembre 1899
si imbarca a Napoli sul piroscafo Venezuela diretto in Panam. Archivio Centrale
dello Stato, Casellario Politico Centrale [dora in poi: ACS, CPC], b. 4332, f. 8399
(Rimola Carmine); b. 1644, f. 50476 (De Cardona Nicola).

43

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(sono suoi, a Quetzaltenango, ledificio neorinascimentale del Banco de Occidente, la facciata corinzia dellInstituto Nacional para Varones y Escuela
Practica, il Tempio Minerva, replica filologica di un tempio greco, e il Monumento al Len, dedicato a Manuel Estrada Cabrera, presidentepadrone del
Guatemala dal 1898 al 1920). Mantenendo frequenti rapporti, negli anni successivi, con i socialisti di Morano, negli anni Venti Rimola diventa presidente
della Societ Italiana di Beneficenza (del cui gruppo dirigente fanno parte
anche i commercianti moranesi Umberto Grazioso e Rocco Rosito), nonch
membro riconosciuto di una Loggia massonica45. Il socialismo giovanile di
Rimola condiviso anche da alcuni altri immigrati moranesi, come gli artigiani Rocco Caffaro e Umberto Grazioso, operanti, rispettivamente, nella sartoria e nella calzoleria46. Ma il contesto politico e sociale guatemalteco, con
una successione quasi ininterrotta di dittature militari, rende pressoch impraticabile questa vocazione ideologica socialista, sicch lintegrazione sociale e
i successi economici degli immigrati finiscono con lincrociare, piuttosto, le
organizzazioni massoniche. Peraltro, nel 1932, nessun immigrato proveniente
da Morano figura tra i dirigenti del Fascio allestero costituito in Guatemala47. Bisogner attendere, tuttavia, leffimera primavera democratica di
Juan Jos Arvalo e di Jacobo Arbenz (1944-1954), perch riemerga qualche
elemento della primitiva ispirazione politica degli immigrati moranesi, come
nel caso di Ernesto Capuano Del Vecchio, uno dei collaboratori del presidente Arbenz nella cosiddetta rivoluzione dottobre guatemalteca48.

45
quanto asserisce il ricco costruttore dorigine genovese Carlo Federico Novella, nelle vesti di console italiano, il quale afferma pure che la maggioranza degli
italiani di Quetzaltenango proviene da Morano Calabro (ACS, CPC, b. 4332, f. 8399,
Rimola Carmine).
46
V. CAPPELLI, Nelle altre Americhe, cit.; F. DE MARTINO, Corrispondenze
dallestero. Da Quetzaltenango - Guatemala, in Il Moto, 2 aprile 1911, a. VI, n. 1.
47
E. ALIPRANDI-V. MARTINI, a cura di, Gli italiani nellAmerica Centrale. II edizione (Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Panam), Santa
Tecla (El Salvador), Escuela Tipogrfica Salesiana, 1932
48
J.A. ZUIGA, Necesario unificarse para buscar la democracia en AL: Ernesto
Capuano, 2001, (www.jornada.unam.mx/2001/jun01/010624/038n2soc.html); E.
CAPUANO, Las causas de la crisis actual, in Debate, novembre 2001
(www.caldh.org/noviembre01.htm); D. POMPEJANO, Storia e conflitti del Centroamerica. Gli Stati dallerta, Firenze, Giunti, 1991; V. CAPPELLI, Guatemala di orrori e di
sorprese, in il Quotidiano della Calabria, 18 novembre 2007, pp. 48-49.

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2c. In Costa Rica.


In Costa Rica, nella prima met del Novecento, la comunit italiana ha un
leader combattivo ed estroverso nellex anarchico Adriano Ari49. Nato a
Roma nel 1876, Ari, quando aveva diciotto anni, era stato condannato per
aver partecipato ad alcuni attentati anarchici. Fintosi pazzo per sottrarsi al
domicilio coatto, nel 1898 era emigrato in America Latina. Dopo brevi esperienze in Brasile e in Venezuela, nel 1904 approda in Costa Rica, dove avvia
una brillante attivit di pittore decoratore e sposa una giovane e ricca costaricense. Ai suoi apprezzati lavori artistici affianca unintensa attivit oratoria e
giornalistica, nella quale afferma con orgoglio le proprie radici italiane. Attivo interventista nella prima guerra mondiale, si opporr poi con forza al fascismo per tutto il Ventennio, professandosi repubblicano e organizzando
buona parte della comunit italiana su basi laiche e antifasciste. Con questi
intendimenti presiede a San Jos la Societ Italiana di Mutuo Soccorso e
dirige negli anni Trenta la radio Voz de Italia, scontrandosi ripetutamente e
violentemente col Fascio italiano allestero di San Jos e con le autorit diplomatiche italiane. In queste sue esperienze conserva il laicismo della sua
formazione repubblicanoanarchica, comune anche al fratello Giuseppe, che
era tornato a Roma dopo vari anni trascorsi a Buenos Aires. Ai funerali romani di questultimo, morto nel 1933, partecipano, non per caso, cento garibaldini in camicia rossa e vecchi repubblicani con bandiere garibaldine e
della Societ Cavalieri del Genere Umano. Non difficile immaginare
laffiliazione massonica di Giuseppe Ari, legatissimo peraltro al fratello
costaricense, il quale ultimo tornava spesso a Roma50.
Laura libertaria, anticlericale e massonica di Adriano Ari trova in Costa
Rica, agli inizi del Novecento, le tracce di precedenti esperienze massoniche,
cui avevano partecipato non pochi italiani. Uno studio recente sulla massone49
La principale fonte documentaria utilizzata per ricostruire la biografia di Adriano Ari in ACS, CPC, b. 187; f. 74633 (Ari Adriano), f. 74634 (Ari Giuseppe).
50
Adriano Ari aveva acquistato un appartamento in viale Regina Margherita,
mentre a San Jos, intorno al 1910, aveva costruito e personalmente decorato per la
sua famiglia una nuova casa in stile modernista nel Barrio Amn. Sullintera vicenda
cfr. V. CAPPELLI, Emigranti, moschetti e podest, cit.; IDEM, Nelle altre Americhe,
cit.; R. BARIATTI, Italianos en Costa Rica, 1502-1952. De Cristbal Coln a San Vito
de Java, San Jos (Costa Rica), Universidad Autnoma de Centro Amrica, 2001; F.
QUESADA AVENDAO, El ambiente de la lite. Modernidad, segregacin urbana y
transformacin arquitectnica: San Jos, Costa Rica, 1890-1935, in Scripta Nova, 1
agosto 2003, n. 146.

45

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RICERCHE/MATERIALI

ria costaricense segnala, infatti, che nellultimo trentennio dellOttocento il


40% dei massoni censiti (264 su 649) costituito da stranieri, tra i quali si
contano 23 italiani, che costituiscono il gruppo europeo pi nutrito, preceduto
solo dagli spagnoli (56). Non senza significato, inoltre, che lattivit prevalente tra i massoni fosse il commercio e che tra i commercianti massoni il
58% fosse costituito da stranieri51.
Nella prima met del nuovo secolo, i principali interlocutori di Adriano
Ari in Costa Rica sono i numerosissimi immigrati provenienti da Morano
Calabro, molti dei quali erano giunti a San Jos, tra Otto e Novecento, animati dagli ideali socialisti coltivati nel circolo guidato da Nicola De Cardona.
Per alcuni decenni, il socialismo appreso in patria viene coltivato nel paese
dadozione, nel quale lo sviluppo economico si dipana in un singolare e dinamico contesto democratico, dando luogo ad un processo di modernizzazione davvero straordinario in Centroamerica e nei Caraibi. La matura dialettica
sociale e politica di Costa Rica consente il manifestarsi del movimento socialista, al quale diversi moranesi partecipano, sin da quando, nel 1913, si celebra per la prima volta la festa del Primo Maggio. Alcuni di essi si entusiasmeranno pi tardi per la fondazione del Centro Socialista di Aniceto Montero e per le lotte sociali in atto intorno al 1920. E parteciperanno anche alle
prime iniziative comuniste costaricensi nel 1931-3252. Ma un appuntamento
ricorrente per tanti immigrati moranesi, sin dai primissimi anni del Novecento, la celebrazione del XX Settembre53. Il laico anniversario, tradizionale
appuntamento dispirazione risorgimentale e massonica, abolito nellItalia
fascista in seguito ai Patti Lateranensi (1929), nel 1931 viene ancora celebrato dagli italiani in Costa Rica. Liniziativa di Adriano Ari, che in quello
stesso anno viene rieletto presidente della Societ Italiana di Mutuo Soccorso, grazie anche al sostegno del suo amico Nicola Feoli, un ricco importatore di tessuti italiani, originario di Morano. Il percorso biografico di Feoli
51

R. MARTINEZ ESQUIVEL, Composicin socio-ocupacional de los masones del


siglo XIX, in Dilogos. Revista Electrnica de Historia, vol. 8, n. 2, agosto 2007 febbraio 2008, pp. 124-147 (htpp://historia.fcs.ucr.ac.cr/dialogos.htm).
52
V. CAPPELLI, Nelle altre Americhe, cit.; V. DE LA CRUZ, Las luchas sociales
en Costa Rica, San Jos, Editorial Universidad de CR-Editorial CR, 1980.
53
Il primo documento in proposito risale al 1906. Si tratta di una foto che ritrae
32 italiani in posa, per lo pi moranesi, che festeggiano il XX Settembre a San Jos,
impugnando bottiglie di vino e sventolando la bandiera di Costa Rica e quella italiana.
La foto fu portata a Morano dal calzolaio socialista Francesco Cela, che vi aveva apposto la scritta Recuerdo del 20 de setiembre 1906 (Archivio Cisit, Morano).
46

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emblematico delle scelte migratorie e dei successi della colonia moranese di


Costa Rica: nato nel 1886, giovane calzolaio didee socialiste a Morano, emigra in Centroamerica nel 1907; sposata una donna romana (precedentemente emigrata in Brasile) e raggiunto un notevole successo economico come
importatore e commerciante di tessuti, diviene amico di Ari e spesso si reca
anchegli a Roma, conservando fino ai primi anni Trenta posizioni apertamente antifasciste. lui, infatti, che finanzia la celebrazione del XX Settembre del 31 a San Jos, anche per consentire di partecipare al pranzo commemorativo a quegli italiani che per motivi di ristrettezze finanziarie non sarebbero potuti intervenire54.
Dopo qualche settimana, il 4 novembre 1931, Ari organizza e celebra la
posa della prima pietra della Casa Italia alla presenza di Cleto Gonzlez
Vquez, Presidente della Repubblica di Costa Rica (1928-1932), conquistando cos il riconoscimento istituzionale, da parte del governo costaricense, della presenza organizzata della comunit italiana antifascista, che peraltro seguiter a farsi sentire fino al crollo del fascismo nella Seconda guerra mondiale55. Nel frattempo, procede lintegrazione sociale e culturale nel paese
dadozione, assieme a un vistoso avanzamento economico della maggioranza

ACS, CPC, b. 1998, f. 6935 (Feoli Nicola).


Sullattivit antifascista degli italiani, basti segnalare, in questa sede, la Unione Democratica Italiana Antifascista, costituita nel 1929 dal friulano Osvaldo Salvador, alla cui attivit collaborano i calabresi Nunzio Frasca, Antonio Vitola e Francesco La Regina; nonch il Movimiento Italia Libre, fondato da Ari nel 1941 e diretto, tra gli altri, da Nunzio Frasca e Francisco Mainieri Aronne. Cfr. ACS, CPC, b.
2723, f. 34677 (La Regina Francesco); b. 187, f. 74633 (Ari Adriano). Circa la credibilit acquisita da Adriano Ari presso le autorit politiche di Costa Rica, si pu aggiungere che il gi ministro della pubblica istruzione Luis Doble Segreda (Heredia,
1890-1954) scrive la prefazione ad una snella ed entusiasta monografia di Ari sulla
storia antica di Roma, nella quale lautore non fa alcuna concessione allimperante
uso fascista del mito della romanit, semplicemente ignorando larmamentario retorico del fascismo e la stessa esistenza del regime. Lo stesso Ari, ormai anziano, seguiter nel secondo dopoguerra nella sua attivit giornalistica a carattere storico-politico,
pubblicando anche un saggio sulla Carboneria e sul Risorgimento. Cfr. A. ARI, Roma
a traves de su historia, con prlogo del ex ministro de la instruccin pblica prof. don
Luis Dobles Segreda, San Jos (Costa Rica), Libreria e Imprenta Universal, 1930;
IDEM, En conmemoracin del primer centenario del Resurgimiento italiano, 18481948. La Carboneria Italiana, s. l. [San Jos, Costa Rica], Gente Itlica, Imp. La Nacin, 1948.
54
55

47

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degli immigrati, attivi nei commerci, nellartigianato e nella piccola industria56.

3. Nel Caribe colombiano: lascesa economica di Biagio Barletta e


il Complotto di Barcellona57 .
Il 7 febbraio 1927, il farmacista colombiano Simon G. Carroll M., di ritorno da un viaggio in Italia, spedisce da Barranquilla (Calle San Blas, 85
LibanoCuartel) due lettere, la prima indirizzata a Benito Mussolini, la seconda al poliziotto Angelo Abbattista, presso il Commissariato di Pubblica
Sicurezza di Palazzo Reale a Milano, che egli aveva conosciuto durante il suo
viaggio italiano, nel novembre dellanno precedente. La lettera allagente di
polizia scritta su una carta intestata, a carattere pubblicitario, che illustra las
especialidades de Walter Carroll, M. de Santa Marta (il farmacista Walter
Carroll, padre di Simon, notissimo, agli inizi del Novecento, per una sua
miracolosa Agua mineral depurativa, che cura sifilis, reumatismo, ulcera,
etc.)58. Nella lettera al Duce, Simon Carroll scrive tra laltro:
En el mes de Noviembre p. p. tuve necesidad de ir a Barcelona por asuntos
de negocios y all tuve ocasion de darme cuenta que en la calle Ataulfo, casa
no. 7, se reunian unos masones en secciones privadas y en ellas trataban de
un plan contra la vida de su Excm. La mayor parte de los que se reunian eran franceses e italianos hay algunos Benezolanos (sic) y Colombia-nos; en
una de esas secciones nombraron espias los cuales siguieron o deben haber
seguido con rumbo a Milan y a Roma para establecerce en esas dos ciudas
(sic) y all poder dar los informes a los cabesillas del plan. Entre los que se
reunian y los que nombraron como espias que debian seguir a Milan hay los
seores de los nombres siguentes :
Rafel (sic) Emilio Infante, Manuel Antonio Enriquez (sic), Jos Francisco
Riascos, Manuel Nuez, Hernando Soto. &. &. Estos seores tienen dinero o
56

V. CAPPELLI, Emigranti, moschetti e podest, cit.; IDEM, Nelle altre Americhe,


cit.; R. BARIATTI, Italianos en Costa Rica, cit..
57
La documentazione darchivio relativa al Complotto di Barcellona in ACS,
Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, Affari Generali e Riservati, Complotti,
H2=112, 1927. In assenza di ulteriori indicazioni, si rimanda, nelle pagine che seguono, a questa fonte.
58
L.A. LOBOGUERRERO, La botica de principios del siglo XX
(www.afidro.com/artecurar/ p37/m_tex.htm).
48

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RICERCHE/MATERIALI

mejor dicho son capitalistas y viven en Barcelona, son Colombianos; los otros son italianos y franceses, y un Venezolano de apellido Jojas y un italiano
que se llama Blas Barletta que actualmente estaba en Morano Italia y el les
suministraba muchos informes.
Estos seores se que unos de ellos iba a vivir en la Pension Bonina Milano
plaza del Duomo y los otros en los Hoteles vecinos, y otros seguian a Roma.
Creo que con estos datos, su Excelencia se pondr en guardia y podr prevenirse contra sementa atantado (sic).
Por la premura de mi viaje no me fue posible del mismo (sic) Italia darle el
aviso, directamente pero a algunos policias de Milano le di los informes en el
mes de diciembre que yo tuve la dicha de regresar a Italia. Ojala que estos
datos le lleguen oportunos son los deseos de este servidor suyo que b. s. m.
La denuncia, malgrado la sua evidente bizzarria, determina rapidamente
gli effetti desiderati: lunico italiano indicato da Carroll nella sua lettera, Biagio Barletta, viene arrestato a Morano Calabro il 4 aprile, viene subito dopo
condotto in Questura a Cosenza e infine tradotto in carcere. Il giorno successivo, in un rapporto della Prefettura di Cosenza al Ministero dellInterno, si
riferiscono le risultanze della perquisizione domiciliare e del primo interrogatorio al quale larrestato stato sottoposto.
Biagio Barletta, gi calzolaio socialista a Morano, vive dal 1905 a Barranquilla, dov diventato un industriale calzaturiero. Rientrato gi due volte in
Italia (nel 1913 e nel 1923), partito per la terza volta dalla Colombia il 3
gennaio 1926. Dopo essersi fermato per due mesi a Parigi, dove si affidato
per i suoi problemi di salute alla clinica di un tale dottor Abrami, giunto a
Morano il 24 marzo. Dunque, larresto del 4 aprile 1927 avvenuto dopo un
anno di permanenza presso la sua famiglia italiana (la moglie, Maria Vitola,
sposata nel 1923, non laveva seguito in Colombia; ed egli, a Barranquilla,
come molti altri immigrati, aveva formato unaltra famiglia)59. In quel frangente, Barletta, prima di essere arrestato, si accingeva a rientrare nella citt
colombiana.
Nella sua abitazione vengono sequestrate alcune lettere, dalle quali emerge che egli frequentava in Columbia (sic) compagnie di sovversivi, date
alcune allocuzioni che debbono interpretarsi offensive verso il Governo Na59

Dal matrimonio italiano nascono, negli anni Venti, tre figli (Colombia, Franco
e Maria), dallunione colombiana ne nascono, negli anni Trenta, altri due (Blas e
Francisco). Cfr. V. CAPPELLI, Nelle altre Americhe, cit., pp. 117-118; Testimonianza
di Blas Barletta, Barranquilla, novembre 2005.
49

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zionale, ed aveva ed ha relazioni con elementi di Barcellona, tra cui Manuel


Antonio Henriquez, commerciante colombiano di Cinaga, suo amico da
ventanni, che vive in quel periodo nella citt catalana. Dal complesso dei
documenti sequestratigli aggiunge nel suo rapporto il prefetto di Cosenza
Agostino Guerresi risulta aver professato in America sentimenti massonici
ed stato rinvenuto, fra laltro, un discorso scritto in lingua spagnuola e da
lui letto nella ricorrenza del XX Settembre in Columbia (sic), probabilmente
in qualche loggia massonica.
Lindagine di polizia si estende a Barcellona, dove il console italiano della citt, interpellato a proposito del presunto complotto massonico di Barletta, in un rapporto datato 25 aprile, precisa che nella Loggia Massonica di
Calle Ataulfo n. 7 hanno avuto ed hanno tuttora luogo riunioni, alle quali assistono sudditi colombiani. Fra essi sono un medico, un dentista e diversi
commercianti, sul conto dei quali nulla vi da ridire n moralmente n materialmente. Saltuariamente hanno assistito a tali riunioni anche degli italiani,
ma non appartenenti alla colonia di Barcellona. Erano connazionali di passaggio, che approfittavano del loro soggiorno in questa citt per salutare i
massoni qui dimoranti. Sembra che in una di tali riunioni parecchio tempo
fa commentarono le persecuzioni di cui erano oggetto in Italia i loro compagni di fede da parte del governo di S. E. Mussolini (). Non risulta per vi
si siano organizzati complotti, n parlato di attentati ma soltanto di lotta politica.
Pi tardi, il console di Barcellona ribadisce che dalle indagini ulteriormente esperite sul denunciato complotto nullaltro di nuovo e dimportante
venuto alla luce. Da parte della locale polizia si continua ad escludere in forma quasi assoluta che nella loggia massonica di Calle Ataulfo, 7, si sia ordito
o comunque progettato un complotto contro S.E. il Capo del Governo. Nella
predetta loggia non convengono che persone benestanti dedite ai propri
commerci ed aliene da ogni azione politica violenta.
Dal Consolato di Colombia al quale pure vennero chieste notizie
sullHenriquez e sullInfante, due delle persone colle quali il Barletta avrebbe
avuto rapporti, si saputo che entrambi hanno fatto ritorno in Colombia; il
primo nel gennaio scorso ed il secondo nel febbraio. Luno e laltro dimoravano a Barcellona in quartieri ottimamente frequentati e dalla vita che conducevano nulla risulta che faccia supporre che professassero idee di violenza.
Causa la partenza dellHenriquez commenta il Ministero degli Affari
Esteri, in un rapporto inviato il 15 giugno alla Direzione della Pubblica Sicurezza del Ministero dellInterno devesi rinunziare ad approfondire il genere
di relazioni che correvano fra il Barletta ed il predetto, ma da quanto si pu
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RICERCHE/MATERIALI

dedurre non si tratta che di relazioni commerciali e di amicizia, bench entrambi compartissero le stesse idee politiche e frequentassero la gi citata
loggia massonica che, del resto, non ha altro carattere che quello di luogo di
ritrovo frequentato specialmente da americani delle Repubbliche del Sud che
vi accorrono quando hanno occasione di venire a Barcellona per ritrovare gli
amici e i conoscenti.
Il legale nominato da Barletta, lavvocato cosentino Filippo Coscarella, in
attesa del completamento delle indagini, il 26 aprile chiede la scarcerazione
del suo assistito, che sar concessa il 4 maggio, dopo un mese esatto di carcerazione e di isolamento (anche dai parenti). Nei mesi successivi, Barletta rimarr ancora sotto sorveglianza e privo di passaporto. Potr tornare a Barranquilla solo lanno successivo, lasciando la moglie moranese in attesa del
terzo figlio.
In realt, gi nellestate del 1927 le risultanze delle indagini erano per il
Ministero dellInterno inequivocabili: a) il Carroll era persona poco seria, di
carattere nevrastenico, e, conseguentemente dovevasi attribuire scarsa importanza alle sue denunzie; b) il Carroll avrebbe avuto animosit contro il Barletta, perch questi, proprietario di un calzaturificio a Barranquilla, si era rifiutato di fargli credito; c) secondo dichiarazione della nostra R. Legazione a Bogot, il Barletta era noto pei buoni sentimenti patriottici ed era ritenuto incapace di macchiarsi della grave azione delittuosa attribuitagli.
Fin qui i fatti. Il malcapitato Biagio Barletta, per difendersi dalle accuse e
per sottrarsi alla carcerazione, era stato costretto ad occultare il suo passato
socialista e a tacere della sua attivit massonica, per asserire che a Morano
sono noti i [suoi] sentimenti di Italianit ed il [suo] ossequio alle Autorit.
Tant che dichiara di aver sottoscritto per circa 6.000 lire il Prestito del Littorio. Il 20 luglio, anche lavvocato Pasquale DAlessandria di Castrovillari,
nel tentativo di fargli riavere il passaporto, francamente esagera, definendolo
sincero ammiratore del Regime e affermando addirittura che la cosa pu
essere attestata dai connazionali di Barranquilla.
Si tratta di dichiarazioni di fede fascista poco credibili e francamente inutili, giacch al Ministero dellInterno risultano in modo inoppugnabile sia la
fede socialista che laffiliazione massonica di Barletta. N sortisce alcun effetto la raccomandazione che lavvocato DAlessandria invia a Roma, per
il suo cliente, al deputato fascista Amedeo Perna, medico originario di Mormanno, il quale trasmette la segnalazione al direttore generale della pubblica
sicurezza Arturo Bocchini.
Questultimo, il noto capo della polizia del regime fascista, non si lascia
certo convincere da un cos improbabile ravvedimento. Piuttosto, gli sono
51

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RICERCHE/MATERIALI

bastate poche settimane di ricerche per appurare linsussistenza del complotto denunciato dal farmacista colombiano. E tuttavia, le indagini confermano
le idee politiche antifasciste di Barletta (nonch dei suoi amici italiani di Barranquilla) e documentano la sua affiliazione massonica, la quale non si limita
agli incontri avvenuti nella Loggia di Barcellona, che si prospetterebbero
come una frequentazione quasi soltanto amicale dei colleghi in affari presso
lospitale sede massonica di calle Ataulfo, situata vicino alla Plaza Real e a
due passi dal porto della citt catalana. Lattivit massonica di Barletta, in
effetti, sembra essere qualcosa di pi consistente, se egli, come si detto, era
stato chiamato a celebrare il XX Settembre a Barranquilla con un discorso
scritto, pronunciato in spagnolo.
Peraltro, bisogna considerare che i Fasci allestero nei paesi latinoamericani ignorarono, in genere, la violenta campagna antimassonica che era stata
combattuta dal partito fascista in Italia. Il capo dei Fasci allestero Giuseppe
Bastianini aveva addirittura apprezzato il ruolo svolto talora in Sudamerica
dalla massoneria tra gli italiani immigrati60. E in ogni caso, tra il 1927 e il
1928, viene normalizzata lattivit dei Fasci allestero, stemperando il loro
carattere militante e affidando un generico patriottismo fascista, incentrato
sulla figura del Duce, allazione congiunta dei Consolati e dei Fasci nelle tante Case dItalia (non questa, per, come si accennato, la situazione di
Costa Rica, dove prosegue sempre pi aspro lo scontro ideologico e personale tra il segretario del Fascio, Giuseppe Corvetti, e il repubblicano Adriano
Ari, che fonda la Casa Italia di San Jos)61.
Alla luce di questa cornice politica generale va forse letta lattribuzione di
buoni sentimenti patriottici a Biagio Barletta da parte della Regia Legazione Italiana in Bogot. Ma questa fiducia sembra, tutto sommato, mal riposta.
Il Nostro, infatti, torner certamente ad occuparsi con impegno assorbente,
assieme al socio moranese Antonio Cela, della sua Fbrica Italiana de Calzado Faitala, quella stessa fabbrica che egli aveva descritto al commissario di pubblica sicurezza che lo interrogava nella Questura di Cosenza come
un calzaturificio dove lavorano 140 operai, nel quale vi sono circa 50 operai italiani fra i quali tutti i capi reparto. Ma la fabbrica Faitala, che tra gli
anni Venti e gli anni Trenta una delle imprese pi vivaci e importanti di
Barranquilla, significativamente non comparir in una rassegna sugli Italiani
60
L. DE CAPRARIIS, I Fasci italiani allestero, in Il fascismo e gli emigrati, a
cura di E. Franzina e M. Sanfilippo, Roma-Bari, Laterza, 2003
61
. V. CAPPELLI, Nelle altre Americhe, cit.

52

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RICERCHE/MATERIALI

nel nord della Colombia, pubblicata presso la Libreria Cervantes nel 1932.
Infatti, i curatori della pubblicazione, Ermenegildo Aliprandi e Virgilio Martini, non riescono a riunire nella loro rassegna tutti gli esponenti pi significativi della comunit italiana di Barranquilla e della cosiddetta Zona Atlantica, pur riuscendo a illustrare, complessivamente, 79 aziende o attivit artigianali, commerciali, industriali e professionali. Sicch, sono costretti a pubblicare nellultima pagina del fascicolo la seguente precisazione: Le Ditte
che, specialmente in Barranquilla, non figurano in questa opera sono di troppo scarsa importanza e si trovano a lottare duramente contro gravi difficolt
dovute precisamente alla difficile situazione commerciale di oggi [si allude,
evidentemente, alle conseguenze determinate in Colombia dal crollo di Wall
Street e dalla crisi del 29]. Ma alcune di notevole importanza fortunatamente pochissime non hanno aderito, pur potendolo fare benissimo, unicamente a causa dei sentimenti politici dei loro proprietari, sentimenti palesemente od occultamente contrari allideale Fascista62.
Aliprandi e Martini, dunque, pur cercando di sminuire lentit del problema, non possono nascondere del tutto che i non pochi immigrati italiani
assenti dalla rassegna sono antifascisti. E non possono farlo, evidentemente,
pi che per il numero delle assenze, soprattutto per limportanza economica e
sociale di alcuni, tra i quali va annoverato senzaltro Biagio Barletta, che peraltro in quel momento ben presente socialmente tra gli immigrati di Barranquilla, essendo il presidente del Club Italiano, che ha gi dieci anni di
vita e si mantiene distinto dal Fascio cittadino.
Dopo il rientro a Barranquilla, Barletta gode della fiducia crescente del
Banco de la Repblica e, assieme ad Antonio Cela, investe parte dei profitti
nella costruzione dellEdificio Barcel, nel centro della citt, mentre il clima politico e culturale cittadino si fa pi vivace e aperto. Del resto, proprio
nei due anni dellavventuroso soggiorno italiano di Barletta, la comunit italiana di Barranquilla aveva ribadito la sua irriducibilit al conformismo fascista. Il 4 agosto 1927, alcune migliaia di persone avevano manifestato contro
la condanna a morte degli anarchici italiani Sacco e Vanzetti, pronunciata ne62
E. ALIPRANDI-V. MARTINI, a cura di, Gli italiani nel Nord della Colombia.
Numero Unico Editato per lAnno Decimo, Barranquilla (Colombia), Talleres Grficos de la Librera Cervantes, 1932. La fabbrica Faitala di Barletta e Cela non comparir neppure nella pi ampia rassegna pubblicata dagli stessi autori sei anni dopo: E.
ALIPRANDI-V. MARTINI, a cura di, Gli italiani in Colombia. Los italianos en Colombia, Guayaquil (Ecuador), Talleres Artes Graficas Senefelder de Wilfrido A. Moreno, 1938.

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gli Stati Uniti, esprimendo il peso, linfluenza e gli orientamenti politici degli
italiani in citt63. Nellestate del 1928, il nuovo segretario del Fascio di Barranquilla aveva chiesto un intervento repressivo nei confronti degli immigrati
ostinatamente antifascisti al governatore del dipartimento, il generale Eparquio Gonzlez (contando forse sul fatto che il governatore molti anni prima
aveva sposato unitaliana). Lanziano generale aveva promesso tutto il suo
appoggio, adottando seri provvedimenti a carico di quasi tutta la colonia di
Morano Calabro, ma il caso vuole che egli venga pensionato politicamente subito dopo aver pronunciato la sua minacciosa promessa. Sicch, le attivit degli immigrati antifascisti proseguiranno regolarmente, coltivando le
memorie del socialismo giovanile e il presente delle pi fresche affiliazioni
massoniche, anche se dovranno fare i conti con ulteriori tentativi del fascismo
di nazionalizzare la colonia e con una presenza cattolica particolarmente
insistente in campo educativo e scolastico64.
In conclusione, lintera vicenda si presenta con i caratteri di unassoluta
singolarit, che ha il suo culmine nel fantomatico complotto di Barcellona.
Tuttavia essa illumina anche aspetti generali e non trascurabili della vicenda
migratoria che si svolge tra Europa e America Latina nella prima met del
Novecento, sia in rapporto allItalia liberale e fascista che in relazione alla
storia interna delle Americhe caraibiche, istmiche e andine. Emergono con
grande evidenza i nessi molteplici che legano lavventura migratoria al socialismo e alla massoneria, ponendo in risalto il rapporto problematico e conflittuale intrattenuto dagli immigrati con lItalia fascista e illuminando i percorsi
dintegrazione nei paesi daccoglienza in termini di laico contributo alla modernizzazione novecentesca. Emerge, infine, uno spaccato dellemigrazione
transoceanica in partenza da unarea del Mezzogiorno dItalia, che sfugge
drasticamente al vecchio stereotipo storiografico di un flusso tardivo, determinato e caratterizzato soltanto dalla disperazione e dalla miseria. E si
configura, invece, unesperienza migratoria non priva di visibili connotati politici e culturali, e una mobilit spesso dotata di ambizioni consapevoli e animata da un accentuato spirito imprenditoriale.

E. POSADA CARB, El Caribe colombiano. Una historia regional (1870-1950),


Bogot, Banco de la Repblica-El ncora Editores, 1998, p. 322.
64
V. CAPPELLI, Tra Macondo e Barranquilla, cit.; IDEM, Nelle altre Americhe,
cit..
63

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Si fatto riferimento nel testo anche ai seguenti archivi:


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www.grandeoriente.it;
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RICERCHE/MATERIALI

ANGELINA MARCELLI

ILLUMINATE MENTI AL SERVIZIO DEL PROGRESSO:


GABRIELE SILVAGNI (1774-1834) E LA SOCIET
ECONOMICA DI CALABRIA CITRA

Introduzione: classi dirigenti nel Mezzogiorno preunitario


Limiti e punti di forza delle innovazioni istituzionali introdotte dai Francesi nellItalia meridionale sono al vaglio degli storici da pi tempo1. Semplificando, da una parte stata posta lattenzione su un modello di cambiamento
di portata ridotta in termini di modernizzazione, anche per via dellesigua
permanenza dei Francesi nel Mezzogiorno, cos come daltra parte stata sottolineata limportanza delle riforme introdotte da Giuseppe Bonaparte e da
Gioacchino Murat, capaci di scuotere gli equilibri economici e sociali tipici
dellantico regime.
Nellambito della ristrutturazione dellapparato burocratico statale si inserisce la creazione di istituzioni che rispondevano allesigenza di regolamentare i rapporti tra centro e periferia2, strutture organizzative che, pur mantenendo la loro originale fisionomia, furono poi messe a profitto durante la Restaurazione. Un paradigmatico esempio rappresentato dalle Societ economiche
che, sorte nel 18103 come Societ di agricoltura e mantenute in vita con un

Sui termini della questione si veda ad esempio il recente saggio di A. SPAGNOLETTI, La


storiografia meridionale sul Decennio tra Ottocento e Novecento, in S. RUSSO (a cura di),
Allombra di Murat. Studi e ricerche sul Decennio francese, Bari, Edipuglia, 2007.
2
Il territorio, oltre alla Capitale, si suddivideva in province, ciascuna delle quali si scomponeva in distretti e questi in circondari. Cfr. A. FILANGIERI, Territorio e popolazione nellItalia
meridionale. Evoluzione storica, Milano, Franco Angeli, 1980, pp. 34-37.
3
Il provvedimento istitutivo delle Societ dagricoltura e i decreti di trasformazione in societ economiche sono in Bullettino delle leggi del Regno di Napoli, 2, I, Napoli 1812, pp. 92-93,
130-36, 162-63.
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RICERCHE/MATERIALI

decreto del 18174, rimasero in attivit fino a dopo lUnit dItalia5, la cui missione era quella di favorire lo sviluppo economico locale evidenziando le potenzialit regionali.
Lassociazionismo economico in generale, sia esso volontario o istituzionalizzato, e le Societ economiche meridionali in particolare, hanno animato
un ormai nutrito dibattito storiografico6, che ha messo in discussione la capacit di questi consessi di riuscire a rappresentare la cultura locale, ad esternare un proprio pensiero economico e a favorire il progresso.
Una parte del dibattito storiografico ha riguardato in particolare la sociabilit. stato notato come la realt napoletana fu contrassegnata da un sistema di reclutamento gestito con diffidenza dallo Stato attraverso il meccanismo della cooptazione, che cre di fatto una forma di associazionismo settario7. Posizioni pi sfumate hanno sottolineato come istituzioni quali le Societ economiche godevano di un certo margine di autonomia operativa e inoltre che i soci designati erano comunque liberi di accettare o rifiutare la carica8. Ulteriori riflessioni hanno condotto a ritenere che non vi fosse molta
4
Collezione delle leggi e decreti reali del Regno delle Due Sicilie, 2 ed., vol. I, Napoli
1812, pp. 410 ss.
5
Sebbene alcune rimanessero attive anche dopo lUnit, si ritiene che il decreto del 23 dicembre 1866, che istitu i Comizi agrari nei capoluoghi di circondario, abrog tacitamente le
Societ economiche. Cfr. R. DE LORENZO, Gruppi dirigenti e associazionismo borbonico
nellAppennino Centro-Meridionale: le Societ economiche, estratto da, E. NARCISO (a cura di),
Dal comunitarismo pastorale allindividualismo agrario nellappennino dei tratturi. Atti del
Convegno promosso dal Comune di Santa Croce del Sannio dallistituto Storico Giuseppe
Maria Galanti e dalla Comunit Montana Alto Tammaro, Santa croce del Sannio, Istituto
Storico Giuseppe Maria Galanti, 1993, p. 43.
6
Sebbene gli studi sullassociazionismo siano ormai molteplici, il dibattito storiografico ha
avuto alcuni importanti momenti di riflessione, spesso in occasione di convegni. Il primo, risalente al 1991, incentrato prevalentemente sullanalisi comparata di realt associative a livello
europeo. Gli atti sono stati pubblicati nel 1996 in Le Societ Economiche alla prova della storia
(secoli XVII-XIX). Atti del convegno internazionale di studi di Chiavari, Rapallo, Busco, 1996.
Nel 1994, secondo importante momento per la storiografia delle organizzazioni economiche
europee, diverse relazioni a riguardo sono state presentate all11 congresso internazionale di
Storia Economica e successivamente pubblicate nel numero monografico della rivista Histoire,
conomie et socit, aprile-giugno 1997. Per il pi recente filone di indagine, che riguarda prevalentemente la capacit delle accademie ottocentesche di divenire sede di elaborazione del pensiero economico, cfr. M.M. AUGELLO e M. E.L. GUIDI (a cura di), Associazionismo economico e
diffusione delleconomia politica nellItalia dellOttocento. Dalle societ economico-agrarie alle
associazioni di economisti, vol. I, Milano, Franco Angeli, 2000.
7
D. L. CAGLIOTI, Circoli, societ e accademie nella Napoli postunitaria, in Meridiana,
22-23, 1995, pp. 20-21.
8
R. DE LORENZO, Gruppi dirigenti, cit., p. 49.

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RICERCHE/MATERIALI

differenza tra le Societ economiche e le associazioni volontarie, in quanto le


prime, al dovere di informare lo Stato sullandamento economico delle province, unirono, al pari delle seconde, lattuazione di iniziative private9.
Un secondo ambito del dibattito ha coinvolto gli storici del pensiero economico, che si sono interrogati sui motivi che indussero a istituire le Societ
economiche. Alcuni hanno individuato nellIlluminismo la matrice culturale
da cui scaturirono tali organizzazioni ottocentesche10, anche se vi chi ha sostenuto che, in quanto espressione diretta della volont del potere pubblico, in
esse non sia riscontrabile alcun retroterra settecentesco11.
Una terza e corposa porzione del dibattito storiografico sulle associazioni
economiche ha avuto ad oggetto la fattivit, ovvero la capacit delle Societ
economiche di incidere significativamente nelle realt economiche provinciali. Nella maggior parte degli studi compiuti in proposito emerso, infatti, che
tali associazioni ebbero uno scarso impatto sul territorio, anche se le motivazioni variano a seconda dei casi. La valutazione sulloperato delle Societ
economiche non pu certamente prescindere dal contesto territoriale, dai vincoli culturali e dai mezzi che avevano a disposizione per poter attuare i loro
progetti. Addirittura, secondo alcuni, le Societ meridionali non possono essere considerate come organi di sviluppo nel senso contemporaneo del termine e i progressi dell'economia riscontrati nella prima met dell'Ottocento non
sono ricollegabili all'attivit di queste organizzazioni, ma devono essere ascritti alle congiunture12. Altri temi di discussione sono stati la missione divulgativa13 e i limiti delle economie locali nel recepire innovazioni proposte
dalle Societ14. Non mancano, tuttavia, gli studi nei quali loperato delle Societ economiche stato interpretato positivamente15.
9

M. PETRUSEWICZ, Agromania: innovatori agrari nelle periferie europee dellOttocento,


in PIERO BEVILACQUA (a cura di), Storia dellagricoltura italiana. Mercati e istituzioni, vol. III,
Venezia, Marsilio, 1991, pp. 305-306.
10
F. DI BATTISTA, Origini e involuzione dellIstituto di incoraggiamento di Napoli, in Augello e Guidi, op. cit., p. 261.
11
W. PALMIERI, Il dibattito economico nelle societ di Campania e basilicata, in Augello
Guidi, op. cit., p. 343.
12
Ibidem, p. 248.
13
R. DE LORENZO, Associazionismo e gruppi dirigenti nellOttocento borbonico, in Annali dellIstituto storico italo-germanico, XVIII, 1992, p. 191.
14
Cfr. I. ZILLI, Le Societ Economiche abruzzesi dalla loro origine allUnit, in Le Societ
Economiche, cit., p. 217.
15
D. DEMARCO, Qualche aspetto dellopera delle Societ economiche meridionali, in
Rassegna storica salernitana, n. 1-2, 1952, p. 24. Giudizi particolarmente positivi sono stati espressi da E. PENNETTA, Lazione delle Societ Economiche ella vita delle province pugliesi du63

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RICERCHE/MATERIALI

Lanalisi di queste associazioni economiche si presta anche ad ulteriori


spunti di riflessione sulla classe dirigente chiamata ad affrontare i risvolti
pratici del dibattito sullo sviluppo economico16. In generale, stato affermato
come durante lOttocento le lites di proprietari terrieri e professionisti abbiano teso ad occupare cariche istituzionali per poter gestire risorse e consensi17. Sono numerosi i casi accertati di fortune economiche costruite sul controllo del potere politico e finanziario locale (soprattutto comunale) associato
ad una rete di clientela18. Tuttavia anche stato asserito come lo sviluppo del
tessuto economico e sociale fosse stato frutto della classe borghese sorta dalle
vicende politicoamministrative del primo trentennio del secolo, considerata
essa stessa come uno dei risultati pi rilevanti della Restaurazione19.
Guardando poi alle Societ economiche nello specifico, il dibattito storiografico si arricchito costantemente di contributi che hanno esaltato il ruolo
della dirigenza nellelaborazione di strategie di intervento sul territorio. Ad
esempio, Allocati ha sostenuto che bisogna dare alle Societ economiche calabresi il merito di aver contribuito allo sviluppo economico con attivit significative non sempre solerti ed efficaci riconducibili allimpegno di singoli uomini, aperti al nuovo e consapevoli del pericolo dellarretratezza economica e sociale del paese20.

rante il regno borbonico, Bari, Societ Editrice Tipografica, 1954. Secondo Maria Ottolino, tale
giudizio deve essere ridimensionato alla luce della mancanza di finanziamenti e dellassenteismo
dei proprietari che non erano quindi in condizione di valutare limportanza e lefficacia dei suggerimenti tecnici proposti dalle Societ. Cfr. M. OTTOLINO, Le Societ Economiche in Puglia, in
Le Societ Economiche, cit., p. 189.
16
Per avere unidea del dibattito ottocentesco sullo sviluppo economico si veda G.
CINGARI, Il dibattito sullo sviluppo economico del mezzogiorno dal 1825 al 1840, in Problemi
del Risorgimento meridionale, Messina-Firenze, G. DAnna, 1965.
17
P. MACRY, Le lites urbane:stratificazione e mobilit sociale, le forme del potere locale
e la cultura dei ceti emergenti, in A. MASSAFRA (a cura di), Il Mezzogiorno preunitario. Economia, societ e istituzioni, Bari, Dedalo, 1988, p. 807
18
Cfr. J. DAVIS, Societ e imprenditori nel Regno borbonico 1815-1860, Bari, Laterza,
1979.
19
G. GIARRIZZO, Borghesia e provincia nel Mezzogiorno durante la Restaurazione, in Atti del 3 convegno di studi sul Risorgimento in Puglia. Let della Restaurazione (1815-1830), Bari, Bracciodieta, 1983, p. 30. L. ADDANTE, Cosenza e i cosentini.
Un volo lungo tre millenni, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2001, p. 27, specifica che durante il
Decennio francese si comp la scalata al potere della borghesia, grazie ai diritti politici concessi a
possidenti, intellettuali e commercianti. Tuttavia, durante la Restaurazione rimase il potere della
nobilt e la borghesia complet il suo trionfo solo con lUnit dItalia.
20
A. ALLOCATI, Le Societ economiche in Calabria, in Atti del II Congresso storico calabrese, Napoli, Deputazione di Storia Patria per la Calabria, 1961, pp. 413-15.
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RICERCHE/MATERIALI

Tra questi uomini proiettati verso il progresso rientrano prevalentemente i


segretari perpetui21, figure centrali per le Societ, che garantivano continuit
ai lavori, appunto perch avevano un incarico vitalizio, ed erano chiamati a
svolgere compiti ritenuti essenziali. Oltre a redigere i registri e i verbali delle
adunanze, ad analizzare i lavori svolti dai soci, a mantenere i contatti con le
altre Societ del Regno e con gli organi di controllo centrali, il segretario
tracciava lindirizzo complessivo, fissava i programmi di lavoro annuali,
compendiava le analisi svolte e ne ricavava gli elementi pi rilevanti ai fini
della pianificazione di interventi concreti22.
Obiettivo principale di questo lavoro quello di interpretare il profilo
biografico di Gabriele Silvagni, segretario perpetuo della Societ economica
della Calabria Citeriore23 tra il 1812 e il 1834, al fine di fornire un contributo
al dibattito sulla classe dirigente meridionale. Si vuole mettere in risalto la
sua esperienza di amministratore pubblico, evidenziare le sue capacit propositive e organizzative e rendere conto della sua personalit innovatrice24,
qualit considerata necessaria per favorire lavvio di un processo di sviluppo.
Aggiungendosi ad altri studi, questo saggio vuole mettere in discussione la

21
A Cosenza, a partire dal periodo francese, furono in quattro ad avvicendarsi nella carica
di segretario perpetuo: Giuseppe Golia (1810-1812), Gabriele Silvagni (1812-1834), Raffaele
Valentini (1835-1849) e Vincenzo Maria Greco (1849-1865), cfr. A. MARCELLI, Sviluppo economico nella Cosenza ottocentesca attraverso gli atti della Societ Economica di Calabria Citra, Roma, Aracne editrice, 2006.
22
Sulla centralit della figura del segretario perpetuo si veda De Lorenzo, Gruppi dirigenti,
cit., p. 56.
23
Il territorio calabrese fino al 1816 si articolava nelle province di Calabria Citeriore (Cosenza) e Calabria Ulteriore. Successivamente, questultima si scompose in Calabria Ulteriore
Prima (Reggio Calabria) e Ulteriore Seconda (Catanzaro). Riferimenti e cronistoria in L. IZZO,
La popolazione calabrese nel secolo XIX, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1965, pp. 20-28.
24
Secondo E.E. HAGEN, On the Theory of Social Change: How Economic Growth Begins,
Londra, Tavistock Publications, 1964, il cambiamento economico strettamente collegato al
capitale umano. Questi, interrogandosi su quale potesse essere lelemento chiave dal quale scaturisse il cambiamento individu la personalit innovatrice, cio una persona aperta alle idee del
progresso in grado di elaborare e attuare progetti pertinenti alla realt in cui vive. Si veda anche il
commento di A. GERSCHENKRON, La continuit storica. Teoria e storia economica, Torino, Einaudi, 1976, pp. 393-399. Sullimportanza del legame tra struttura economica e fattore umano si
consulti C. M. CIPOLLA, La storia economica, Bologna, il Mulino, 2003, p. 93. Riguardo al metodo, si deve segnalare che luso della biografia ha ricevuto nel corso del tempo favori e ostilit.
Per il dibattito si veda ad esempio A. RIOSA (a cura di), Biografia e storiografia, Milano, Franco
Angeli, 1983; G. LEVI, Les usages de la biographie, in Annales, 6, 1999; S. ROMANO, Biografie del sistema economico italiano, in Storia contemporanea, 5, 1984; V. SGAMBATI, Le
lusinghe della biografia, in Studi storici, 2, 1995.

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RICERCHE/MATERIALI

validit della tradizione storiografica, che ha ritratto, non senza motivi,


unimmagine negativa della classe dirigente meridionale25.
Bisogna tener presente che il contributo culturale e operativo di Silvagni
per lo sviluppo economico calabrese si dispieg nella fase istitutiva della Societ. Fu quello un momento storico avvertito con grande responsabilit da
parte di coloro che erano stati designati a dare avvio ad un processo economico evolutivo. La ricostruzione critica delle attivit cognitive, decisionali e
operative compiute da Gabriele Silvagni vuole rispondere anche allesigenza
di comprendere le dinamiche di intervento del potere politico in questioni economiche e a quella di analizzare successi ed insuccessi della pianificazione
delle societ economiche.
La figura di Gabriele Silvagni, non del tutto sconosciuta dalla storiografia, non ha ricevuto il giusto risalto neanche nella letteratura coeva. La pubblicistica ottocentesca, anche postunitaria, tendeva a mettere in risalto
linefficacia delloperato delle Societ economiche, considerate salotti di intellettuali che tuttavia non furono in grado di produrre risultati significativi26.
Anche nellopera di Luigi Accattatis, in cui furono raccolte le linee biografiche di personaggi calabresi che per ingegno, per virt, per filantropismo si
resero degni di stima e di ricordo27, si fa riferimento a Silvagni evidenziando
per maggiormente il suo impegno in campo medico e veterinario che non
quello, eppure notevole, in campo economico.
Silvagni venne ricordato anche per lappartenenza a numerose associazioni scientifiche e culturali. Gi socio ordinario della Accademia Cosentina28, nel 1818 divenne socio corrispondente della Reale Accademia delle
25

G. DE LUCIA, Ignazio Rozzi e le societ economiche meridionali, Atti del congresso Ignazio Rossi e la Storia dellAgricoltura meridionale, Teramo, Edigrafital, 1971; W. PALMIERI,
Tra agronomia e amministrazione: Federico Cassetto, in Meridiana, 33, 1998, pp. 125-161;
26
Si veda V. PADULA, Condizione dellindustria nelle provincie napoletane e segnatamente nella nostra. II, in Il Bruzio, n 18 del 30. 04. 1864, p. 2.
27
L. ACCATTATIS, Biografie degli uomini illustri delle Calabrie raccolte a cura di Luigi
accattatis socio di varie accademie e societ italiane ed estere, vol. IV, Cosenza, Migliaccio,
1877, p. VI.
28
Nello stesso periodo in cui fu istituita la Societ dagricoltura, lAccademia riprese i suoi
lavori, interrotti nel 1794. Rappresentativa ancora oggi degli ingegni pi illuminati della societ
calabrese, possibile verificare nel corso dellOttocento la presenza degli stessi personaggi
nelluna e nellaltra associazione. Cfr. ACCATTATIS, LAccademia cosentina nei tre secoli e mezzo della sua esistenza, Cosenza, Tipografia del giornale La Lotta, 1891; F.M. AMANTEA,
Laccademia cosentina nella sua storia secolare e nelloggi, Venezia, Tip. Successori Fusi,
1954; N. SERRA, LAccademia cosentina nel passato e nel presente. Discorso letto nella I. tornata generale del 1929, Cosenza, Tip. Cronaca di Calabria, 1929; R. VALENTINI, Discorso storico
sullAccademia cosentina, Napoli, Stamperia Reale, 1812.
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RICERCHE/MATERIALI

scienze, e pi tardi dei Georgofili di Firenze, del Reale Istituto di incoraggiamento di Napoli e di molte Societ economiche del Regno (Abruzzo Ultra
II, Basilicata, Catanzaro, Lecce, Bari, Terra di Lavoro, Principato Ultra). La
fama della sua ecletticit arriv anche all'estero, dove pare che Silvagni fosse
apprezzato per le sue doti letterarie. Fu coinvolto anche in progetti scolastici
come giur e come insegnante di matematica29.
L'attivismo di Silvagni in seno alla Societ economica non pass inosservato in ambienti politici. In molte circostanze il Ministro degli Affari Interni
gli invi lettere di lusinga e nel 1815 gli confer una medaglia onorifica. Ricevette elogi anche per gli studi agrari, per la redazione di modelli statistici e
per i suoi studi sulle malattie dei bovini, presi in considerazione in tutte le
province30.
Allinterno della Societ, Silvagni godeva della stima dei colleghi che riconoscevano in lui il centro ove riunivansi tutti raggi delle illuminate menti
dei [] consoci31, anche se non fu esentato da critiche principalmente rivolte ad una gestione individualistica dei lavori societari32.
Pi recentemente, chi si occupato, a vario titolo, delle Societ economiche calabresi, non ha potuto fare a meno di prendere in considerazione i numerosi scritti di Silvagni, a partire dalle relazioni che fanno parte della Statistica murattiana33. stato indicato da Renata De Lorenzo come esempio di
intellettuale periferico in grado di fornire una manualistica attenta agli usi
locali34, e da Antonio Allocati come un personaggio meritevole di aver reso
29

V. COLOSIMO, Biografia del fu dottor Gabriele Silvagni professore in medicina e chirurgia, socio ordinario dellAccademia cosentina e Segretario perpetuo della Societ Economica
della Calabria Citeriore, Cosenza, Migliaccio, 1839.
30
Ivi
31
R. VALENTINI, Rapporto del Segretario Perpetuo della Societ Economica della
Provincia di Calabria Citra, nellAdunanza Generale del 30 Maggio 1836; ricorrendo il
giorno Onomastico di S. M. il Re Nostro Signore, in Atti della Societ Economica di Calabria Citra, 1836, p. 79.
32
Ivi e V. COLOSIMO, Biografia, cit.
33
Per la provincia di Calabria Citra, la Statistica si avvalse di tre redazioni delle relazioni.
Gabriele Silvagni subentr nella fase finale, insieme a Vincenzo Le Piane, dopo che limpegno
di Francesco De Roberto, primo redattore statistico, manifest difficolt a rispondere con sollecitudine alle richieste ministeriali, Cfr. DEMARCO (a cura di), La Statistica del Regno di Napoli
nel 1811, Tomo I, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1988, pp. LXII, LIX e LXXIV; U.
CALDORA, Calabria napoleonica (1806-1815), Napoli, Fausto Fiorentino Editore, 1960; ID., La
Calabria nel 1811. Le relazioni della statistica murattiana, a cura di Vittorio Cappelli, Rende,
Centro Editoriale e Librario dellUniversit della Calabria, 1995.
34
R. DE LORENZO, Societ economiche e istruzione agraria nellottocento meridionale,
Milano, Franco Angeli, 1998, p. 142. Erroneamente la De Lorenzo attribuisce la paternit del
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RICERCHE/MATERIALI

rilevante lazione della Societ economica35. Tuttavia, sia Maurizio Gangemi


che Aldo Montaudo hanno richiamato un documento che proietta ombre sulla
figura del Segretario. Si tratta di una lettera del 181336 nella quale lIntendete
rifer al Ministero dellinterno come linattivit della Societ economica di
Cosenza fosse da imputare ai risultati insoddisfacenti raggiunti da Silvagni,
ottimo chirurgo, ma poco istruito nelle scienze naturali e nelleconomia
pubblica37. Poi per, proseguendo nella trattazione, lo stesso Montaudo ha
citato in pi occasioni i suoi scritti, evidentemente valutati come attendibili, e
ha annotato come Silvagni non figur fra le rimozioni compiute dal Ministero
nel 1813 volte ad allontanare dalla Societ i membri inoperosi. Anche Giuseppe Barbera Cardillo, pur non menzionandolo espressamente, ha utilizzato
i resoconti del Segretario come testimonianza credibile delle attivit economiche svolte in provincia38.

Gabriele Silvagni: dagli ospedali militari alla Societ economica


Nato a Grimaldi nel 1774, Silvagni si rec a Salerno per frequentare gli
studi conseguendo la laurea in medicina nel 1790 e quella in chirurgia nel
181239. La sua carriera professionale, specialmente agli inizi, si present alquanto difficile. Nel 1790 venne nominato chirurgo di terza classe per il
Reggimento di Lancieri Regina; e dopo sette anni, per meriti straordinari, divent chirurgo di prima classe prestando servizio presso il Reggimento di cavalleria Principe Leopoldo. Sempre al seguito delle truppe militari francesi, si
spost a Pescara, dove l'esercito doveva sedare una rivolta per i moti del
1799. In quella occasione fu fatto prigioniero e, una volta scarcerato, and a
Napoli40 in cerca di lavoro. Per le medesime ragioni torn a Grimaldi e successivamente si stabil a Cosenza, dove nel 1802 ricevette lincarico di chiCatechismo agrario a Francesco Silvagni, nipote di Gabriele. Il documento originale autografo
in ASN, MI, Inv. II, B. 2576, f. 1; riprodotto anche in ASCS, SE, B. 10.
35
ALLOCATI, op. cit., p. 413.
36
In ASN, MI, app. II, f. 1870, lettera 224/4 div.
37
Cfr. M. GANGEMI, Progetto illuministico e realt ottocentesca: le societ economiche
calabresi, in Augello e Guidi (a cura di), op. cit., p. 380, A. MONTAUDO, Le Societ Economiche
calabresi, in Le Societ Economiche, cit., p. 115.
38
G. BARBERA CARDILLO, La Calabria industriale preunitaria 1815-1860, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1999.
39
ACCATTATIS, Le biografie, cit., pp. 73-74.
40
Ibidem.
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RICERCHE/MATERIALI

rurgo fiscale a servizio del Tribunale. Nonostante avesse dimostrato di eccellere nella chirurgia, il mandato ebbe breve durata e cos, a partire dall'anno
successivo, ritorn a lavorare negli ospedali militari41.
Non si conosce esattamente per quali meriti Silvagni fu chiamato ad intervenire nei lavori della Societ economica, intraprendendo un tipo di attivit molto distante dai suoi interessi professionali.
Appena istituita la Societ dagricoltura (1810) fu nominato segretario
Giuseppe Golia42, magistrato e proprietario terriero originario di Marzi43. Pur
rimanendo tra le fila della Societ come membro ordinario, Golia si dimise
ufficialmente dal suo incarico direzionale per dedicarsi a tempo pieno alla
sua nuova carriera di giudice di pace di Rogliano. Tuttavia, pare che ad incidere sulla decisione furono soprattutto le pressioni esercitate dal governo centrale, che non lo riteneva adatto alla carica che rivestiva44.
La nomina di Silvagni, due anni dopo, coincise con la trasformazione delle Societ dagricoltura in Societ economiche grazie ad un provvedimento
che intendeva ampliare la sfera dazione alle manifatture e al commercio, oltre che, ovviamente, allagricoltura. Insieme al vertice, il governo murattiano
intese anche rinnovare e arricchire le fila della Societ, accordando la sua
preferenza a personaggi di spicco della provincia medici, avvocati, alti prelati e a impiegati statali45. Anche in epoca successiva, con la Restaurazione,
la Societ economica continu ad essere rappresentativa prevalentemente della classe borghese, escludendo le famiglie signorili e coinvolgendo maggiormente anche rappresentanti delle aree pi periferiche. In questo periodo aumentarono anche le adesioni ed infatti nel 1817 erano presenti ben 106 soci
(18 ordinari, 21 onorari e 67 corrispondenti), che resero la Societ cosentina
un esempio di particolare attivismo46. Filofrancese e conservatore, Silvagni
41

V. COLOSIMO, Biografia, cit.


Informazioni biografiche su Accattatis, Le biografie, cit., pp. 230-31 e G. GOLIA, Discorso del I novembre 1810, in Atti delle istallazioni delle Societ di Agricoltura in tutte le provincie
del Regno celebrate nel d primo novembre 1810, Napoli, A. Trani, 1811, p. 243.
43
Nei brevi anni del suo mandato di segretario, ma anche successivamente, Golia si occup prevalentemente di viticoltura, fornendo informazioni sullimpianto degli astoni, sulla scelta
delle diverse qualit in rapporto alle caratteristiche del terreno e sulle diverse tecniche di fermentazione delle uve Cfr. ASN, MI, Inv II, B. 3812 (verbale della seduta del 7 marzo 1811).
44
Golia era ritenuto responsabile dellinattivit della Societ e dotato di scarse conoscenze
economiche. Cfr. MONTAUDO, op. cit., p. 115.
45
Ivi, p. 117.
46
R. PORTO, Uomini e istituzioni in provincia: La Real Societ economica di Calabria
Citra (1812-1866), tesi di laurea, Universit degli Studi della Calabria, Facolt di Lettere e Filosofia, relatore prof. R. DE LORENZO, A.A. 1992-93, p. 51.
42

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RICERCHE/MATERIALI

impresse da subito ai lavori della Societ economica una particolare dinamismo, nonostante fosse evidente un forte accentramento di competenze. Di lui
Vincenzo Colosimo47 disse che amava primeggiare e che superbo delle sue
cognizioni, tendeva a disapprovare tutto ci che da lui non si proponeva48.
Appena nominato, Silvagni dovette fare i conti con lobiettivo prioritario
previsto dallo statuto delle Societ. La legge istitutiva postulava un intervento
generico a favore della crescita economica di ciascuna provincia, ma non
chiariva esattamente cosa e come fare. Si trattava di un programma omnicomprensivo, sistematico, globale, che puntava allottenimento di miglioramenti in agricoltura, industria, commercio e infrastrutture e che implicava
anche un mutamento del contesto sociale ed economico. In realt, la progettazione di iniziative concrete era quasi interamente delegata alle Societ periferiche, le quali avrebbero potuto, e forse dovuto, selezionare progetti circoscritti, di minor effetto, ma praticabili49.
Il punto di partenza delle attivit societarie era lacquisizione delle informazioni, finalizzata alla formulazione di unanalisi. Ciascun membro era
chiamato ad approfondire temi generali di rilevanza economica e ad indagare
la realt che meglio conosceva compendiando i tratti pi importanti in una
relazione, definita memoria. Sia loggetto che la finalit di tali studi analitici
potevano essere eterogenei. In essi si includevano informazioni sulle attivit
economiche svolte nella provincia, sui diversi metodi usati in agricoltura o
sugli esiti di sperimentazioni condotte dai soci stessi, con tanto di notizie statistiche, geologiche, mineralogiche e agronomiche. Sebbene si trattasse di
approfondimenti riconducibili ad un singolo esponente, la Societ forniva dei
programmi annuali contenenti indicazioni di massima sugli argomenti da privilegiare, spesso prescelti sulla scorta delle direttive impartite dallIstituto di
Incoraggiamento di Napoli.
Silvagni, pi dei suoi successori, tendeva a racchiudere tutti i lavori della
Societ nel suo rapporto introduttivo, che riceveva la massima diffusione. In
esso faceva rientrare il dibattito riguardante lo sfruttamento delle potenzialit
47

Vincenzo Colosimo (1781-1870), medico esperto in matematica e fisica nonch presidente della Societ Economica cosentina ed esponente della carboneria, fu considerato come un
diretto antagonista di Silvagni. In pi di un'occasione i due si scontrarono sul piano scientifico.
Cfr. ACCATTATIS, Le biografie, cit., p. 74.
48
V. COLOSIMO, Biografia, cit.
49
A conclusioni di questo tipo giunse M. ROSSI-DORIA (Dieci anni di politica agraria nel
Mezzogiorno, Bari, Laterza, 1958, p. XIX), a proposito degli interventi della Cassa del Mezzogiorno. Questi, teorizzando la distinzione tra osso e polpa, propose di abbandonare un progetto omnicomprensivo e difficilmente attuabile a favore di interventi mirati.
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RICERCHE/MATERIALI

economiche della provincia, trascurando le valutazioni individuali degli autori delle memorie che analizzava. Tuttavia pare che durante questo primo periodo, nonostante vi fosse stata scarsa partecipazione da parte dei soci ordinari, le descrizioni fossero quelle pi realistiche, ma soprattutto i lavori propositivi fossero molto dettagliati e impreziositi da un approccio pragmatico.

Istruzione e divulgazione in agricoltura


La prima memoria redatta da Silvagni nel 1812 riguard le condizioni
dellagricoltura nella Calabria Citeriore50. Prima di addentrarsi su questioni
tecniche, rilev come alcune delle riforme attuate dai francesi avrebbero potuto arrecare vantaggi alleconomia provinciale, alludendo allabolizione della feudalit, alla ripartizione dei beni demaniali, alla costruzione di strade rotabili, alla libert di commercio e alluguaglianza dei diritti tra cittadini. Oltre
a queste riflessioni, ebbe modo di annotare anche importanti considerazioni
di metodo. Espresse chiaramente il concetto che, per poter effettuare una
programmazione coerente di interventi a favore dello sviluppo locale, sarebbe
stato necessario compiere unattenta analisi delle condizioni e delle potenzialit delleconomia provinciale.
Applicando questi precetti allagricoltura, lanalisi di Silvagni prese spunto dalla relazione tra risorse disponibili e popolazione. Egli stesso not come
il territorio provinciale51, tre valli e due coste, fosse sfruttato in modo inadeguato. Tale giudizio dipendeva dalla constatazione della sproporzione tra i
diversi distretti in termini di densit di popolazione, ma soprattutto
dallevidenza che i distretti pi fertili (Cosenza e Rossano) fossero quelli che
registravano la minore concentrazione di nuclei abitati52.
50

Memoria sullo stato dellAgricoltura della Calabria Citeriore letta nella seduta generale
del d 6 gennaio [1812] dal Segretario Perpetuo Gabriele Silvagni. In ASN, MI, Inv. II, B. 3812,
f. III.
51
Con decreto 8 dicembre 1806, i Francesi provvidero a riformare lamministrazione civile
del Regno. La Calabria Citeriore fu suddivisa nei distretti di Cosenza, Castrovillari, Rossano e
Amantea. Con un ulteriore provvedimento del 1811, il capoluogo della costa tirrenica fu trasferito da Amantea a Paola. Cfr. CALDORA, op. cit., pp. 35-38.
52
Con il passare del tempo, la popolazione prese a concentrarsi maggiormente nel distretto
di Cosenza. Infatti, se in base al censimento del 1816 il 37,97% della popolazione della provincia
di Cosenza risiedeva nel distretto del capoluogo, la percentuale arriv nel 1861 al 39,72% e nel
1901 al 41,49%. Nel distretto di Castrovillari si concentr il 25,69% della popolazione provinciale nel 1816, il 25,28% nel 1861 e il 23. 92% nel 1901. Nelle stesse date, le percentuali del distretto di Rossano variarono dal 12,96, al 13,51 e infine al 13,19. A Paola le proporzioni variarono
71

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RICERCHE/MATERIALI

Alla conclusione che il progresso dellagricoltura fosse frenato dalla inadeguata distribuzione della popolazione, aggiunse anche quella della mancanza di adeguate cognizioni tecniche. Si rifer, in particolare, alla scarsa conoscenza dei prati artificiali e alla inappropriata destinazione duso dei terreni. Per porre un riparo a tali problematiche sugger, ad esempio, di urbanizzare la Sila, di ripristinare i boschi e di destinare unaltra area alle coltivazioni
e, ancora, di incanalare il fiume Crati per evitare inondazioni, di far dissodare
e coltivare tutti i terreni della costa ionica e di indirizzare alla pastorizia quella tirrenica53.
Oltre che per lanalisi, loperato di Silvagni si distinse per il pragmatismo
con cui tent di portare a compimento i suoi programmi. Rimanendo per il
momento in campo agricolo, sebbene molti progetti di ammodernamento rimasero lettera morta a causa della mancanza di investimenti, la Societ speriment percorsi alternativi che, seppure di prospettive applicative comunque
limitate, costituiscono testimonianza di un impegno apprezzabile.
Un primo tentativo di intervenire sulle questioni tecniche si realizz nel
1816, anno in cui Gabriele Silvagni redasse un catechismo agrario54,
sullesempio della Societ economica di Abruzzo Citra55. Il documento fu
elaborato in forma dialogica, la pi semplice possibile, in quanto si propose
di costituire lo strumento base per listruzione agraria. Secondo il disegno
originario, il lavoro si sarebbe dovuto articolare in tre parti, una di agricoltura
teorica lunica di cui rimane traccia , una di agricoltura pratica e una di
economia campestre. Destinatari del catechismo erano i proprietari terrieri e i
maestri elementari, che avrebbero dovuto adoperarlo per istruire gli scolari.
Silvagni stesso propose che lo studio fosse pubblicato nel giornale
dellIntendenza e distribuito a tutti gli insegnanti, anche se non vi sono notizie che confermano leffettiva divulgazione dello scritto56.
Si deve evidenziare come fin dallistituzione delle Societ dagricoltura,
fu proprio il governo a conferire notevole importanza allistruzione pratica e
poco: 23,39% nel 1816, 21,49% nel 1861 e 21,40% nel 1901. Cfr. ASCS, Coscrizione della
Provincia della Calabria Citeriore, rilevata dalla legge 1 maggio 1816 (manifesto a stampa esposto nella sede dellArchivio); Censimento generale (31 dicembre 1861) per cura del Ministero dAgricoltura, Industria e Commercio, Torino, Tip. Letteraria, 1864 e MINISTERO
DELLAGRICOLTURA, INDUSTRIA E COMMERCIO, Censimento della popolazione del Regno
dItalia al 10 febbraio 1901, vol. I, Roma, Tip. nazionale G. Bertero, 1902.
53
ASN, MI, Inv. II, B. 3812, f. III.
54
ASN, MI, Inv. II, B. 2576, f. 1.
55 Cfr. Zilli, Le Societ Economiche abruzzesi, cit., p. 204. Sui catechismi agrari cfr. M.
AGULHON, La Repubblica nel villaggio, Bologna, il Mulino, 1991, p. 15.
56
ASN, MI, Inv. II, B. 2576, f. 1.
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RICERCHE/MATERIALI

sperimentale, nella convinzione che una innovazione colturale, per evitare


che si rivelasse fallimentare, dovesse essere preventivamente testata e insegnata nei luoghi dove si voleva applicarla57. Gli orti agrari, concepiti come
testimonianza tangibile dellinteressamento governativo allo sviluppo agricolo, rispondevano proprio allesigenza di poter praticare esercitazioni e divulgare le innovazioni. Listruzione pratica parve la via immediata da percorrere
per fare presa sui proprietari, per conferire maggiore dignit alle attivit agricole e per rivalutare il mestiere del contadino, e gli orti agrari furono riconosciuti come strumenti privilegiati per il raggiungimento di queste finalit58.
Limportanza dellistruzione agraria fu un motivo conduttore che accompagn la Societ per tutto il periodo in cui fu attiva e fu proprio Silvagni a
sostenere con maggior vigore lopportunit che anche a Cosenza sorgesse un
orto agrario59, un luogo pubblico dove riuscire a formare i contadini attraverso delle esemplificazioni pratiche, piuttosto che con pubblicazioni difficilmente fruibili da una popolazione quasi totalmente analfabeta60. Il principale
dei problemi del mondo contadino, infatti, si riteneva fosse la ritrosia ad applicare nuove tecniche, oppure ad utilizzare seminativi diversi o ancora ad
avvalersi di strumenti sconosciuti. Cos Gabriele Silvagni evidenzi la necessit di avere delle strutture idonee a tal fine, ovvero di poter disporre di un
orto e di una scuola di agricoltura, sullesempio del modello di Hofwyl61.
57

R. DE LORENZO, Sperimentazione e istruzione agraria nel Mezzogiorno preunitario, in


G. BIAGIOLI e R. PAZZAGLI (a cura di), Agricoltura come manifattura. Istruzione agraria, professionalizzazione e sviluppo agricolo nellottocento, vol. II, Firenze, Leo S. Olschki, 2004, p.
539. Anche oggi il metodo sperimentale particolarmente indicato nei progetti di sviluppo in
agricoltura. Il principio si basa sul fatto che se nelle fasi iniziali di attuazione emergono difficolt
di produzione o di commercializzazione, il progetto sar subito abbandonato e dichiarato fallito.
Cfr. A.O. HIRSCHMAN, I progetti di sviluppo. Unanalisi critica di progetti realizzati nel Meridione e in Paesi del Terzo Mondo, Milano, Franco Angeli, 1975, p. 30.
58
PETRUSEWICZ, op. cit., p. 312.
59
G. SILVAGNI, Rapporto de travagli eseguiti dalla Societ Economica Cosentina nel corso del caduto anno agronomico, in Atti della Societ Economica di Calabria Citra, f. 2, 1818, p.
16.
60
Al 31 dicembre 1881, nella provincia di Cosenza si contavano ben 86,36 analfabeti su
100 abitanti al di sopra dei 6 anni. Cfr. MINISTERO DELLAGRICOLTURA, INDUSTRIA E
COMMERCIO, Annali di Statistica. Statistica industriale. Notizie sulle condizioni industriali delle
Provincie di Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria, fasc. LI, Roma, G. Bertero, 1894, p. 61.
61
G. SILVAGNI, Del Segretario perpetuo della Societ Economica della Calabria Citeriore.
Rapporto dellanno 1822, in Atti della Societ Economica di Calabria Citra, vol. II, 1822, p.
11. Circa il modello divulgativo applicato nel cantone di Berna, a cui, tra laltro, si ispir anche il
toscano Cosimo Ridolfi inaugurando il suo podere modello, cfr. M. L. BETRI, La giovinezza di
Stefano Jacini, Milano, Franco Angeli, 1998, pp. 81 e ss.; Id., Unistruzione per la carriera
73

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RICERCHE/MATERIALI

Accolto da un coro unanime di approvazione, anche da parte del potere


politico locale e centrale, si avvi dunque liter per procedere allesproprio di
un terreno da destinare ad orto agrario e per la fondazione di una scuola pratica62. Nel 1819 a Cosenza fu effettivamente istituita una scuola secondaria di
agricoltura pratica comunale63, mentre per la realizzazione dellorto si continu invano a confidare nellintervento pubblico.
Al fine di comprendere le frequenti tensioni che si crearono tra la Societ
economica e lIntendenza opportuno spiegare sommariamente quale dovesse
essere liter da seguire affinch un progetto potesse essere finanziato e attuato.
Dopo che le Societ economiche giungevano ad una programmazione di
interventi concreti, i progetti dovevano superare il vaglio dellIstituto dincoraggiamento, organo di coordinamento e controllo, e ottenere lapprovazione
governativa. Successivamente si doveva cercare unadeguata copertura finanziaria, di competenza delle Intendenze, non senza aver percorso un ulteriore
procedimento farraginoso, di natura contabilefinanziaria.
Lamministrazione economica del Regno era ripartita in due principali
branche, una definita civile o degli affari interni e unaltra delle finanze. Al
Ministero dellInterno facevano capo molte funzioni, tra cui quelle riguardanti opere provinciali e comunali. Tuttavia, a fronte delle molteplici esigenze da
soddisfare ricorrendo alla spesa pubblica, quelle locali venivano spesso accantonate con scelte largamente discrezionali. A partire dal 1806, il Ministero
dellInterno cominci a vincolare i fondi da assegnare alle Intendenze affinch fossero utilizzati per spese particolari, quali costruzione e manutenzione di stabilimenti pubblici e di strade, sussidi per le biblioteche, acquisto di
suppellettili ed in generale per ogni altro istituto che [avesse avuto] in mira
il vantaggio particolare di ciascuna provincia, tra cui le Societ economiche64. Oltre ai fondi ministeriali vincolati, le Intendenze, qualora avessero
avvertito lesigenza di ulteriore liquidit, avrebbero potuto finanziare le opere
provinciali attraverso unaddizionale sullimposta fondiaria65. Cos, sebbene

dellagricoltura e del commercio: gli Jacini ad Hofwyl, in Biagioli-Pazzagli, op. cit., vol. II, pp.
258-59.
62
G. SILVAGNI, Del Segretario perpetuo 1822, cit., p. 10.
63
Decreto n. 1681 del 10 agosto 1819, consultato in G. VALENTE, La Calabria nella legislazione borbonica, Chiaravalle Centrale, Effe Emme, 1977, p. 67. (n. 1681 Napoli, 10 agosto
1819).
64
L. BIANCHINI, Storia delle finanze del Regno delle due Sicilie. Governo dal 1806 al
1815, e dal ritorno de Borboni da questa epoca insino al 1857, libro VII, Napoli, Stamperia
Reale, 1859, p. 476.
65
ALLOCATI, op. cit., p. 431, nota 15.
74

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RICERCHE/MATERIALI

il ruolo del governo rimanesse quello di fissare le linee guida della politica
economica, per ci che riguardava lo sviluppo locale lultima parola spettava
sempre alle Intendenze, che avevano ampia facolt di gestire le proprie risorse
in base alle esigenze ritenute prioritarie per la provincia, anche disattendendo
alcune direttive centrali, per le quali non vi era sufficiente copertura finanziaria.
LIntendenza di Cosenza, pur stanziando annualmente delle somme per la
realizzazione dei progetti proposti dalla Societ, non li erogava fino a che
non vi fosse stata lapprovazione del Consiglio di Intendenza, il quale sovente stornava le somme a vantaggio di altre opere66.
Cos, ritornando al progetto di creare un orto agrario proposto dalla Societ economica e approvato dal governo, il Consiglio di Intendenza, anche per
le continue pressioni ministeriali, deliber affinch venisse effettuato un contratto di censuazione per un fondo di propriet delle suore del monastero di
Santa Chiara a Cosenza, le quali, consultate, si opposero sostenendo che la
propriet in oggetto non era adatta per orto agrario. LIntendenza, allora, incaric una commissione composta da membri della Societ economica e da
ingegneri, per effettuare una perizia del fondo, che dopo un attento esame fu
giudicato idoneo. Tuttavia a bloccare la procedura intervenne lArcivescovo
di Cosenza invocando il rispetto del trattato, che prevedeva appunto che la
propriet della Chiesa [era] sacra ed inviolabile67.
Il progetto fu quindi accantonato, malgrado le rimostranze di Silvagni, fu
poi ripreso in pi circostanze dopo la sua morte , ma mai attuato68.
Mentre si seguiva la trafila per ottenere lorto agrario, Silvagni tent di intraprendere iniziative alternative, utili alle medesime finalit, ovvero la sperimentazione privata.
A tal proposito, alcuni interventi si rivelarono particolarmente proficui,
come ad esempio quello dellintroduzione in Sila della coltura della patata
come succedanea ai cereali69. Silvagni, che aveva inutilmente proposto che
fossero elargiti premi di incoraggiamento, pubblic unistruzione pratica che,

66

Cfr. ASN, MI, Inv. II, B. 2576.


ASCS, SE, B. 10, f. 6.
68
Cfr. MARCELLI, op. cit., p. 62.
69
V. COLOSIMO, Memoria sulla coltura, ed usi delle patate, in Atti della Societ Economica di Calabria Citra, f. 2, 1818, pp. 23-27 e ASN, MAC, B. 214. A partire dalle carestie del
1816-17, lesigenza di favorire succedanei dei cereali era particolarmente avvertita anche dal
governo. Cfr. F. ASSANTE, Rapporti di produzione e trasformazioni colturali in Basilicata e Calabria nel secolo XIX, in MASSAFRA (a cura di), op. cit., pp. 60 e ss. Loscillazione dei prezzi del
grano stata anche analizzata da A. LEPRE, Produzione e mercato dei prodotti agricoli: vecchio
e nuovo nelle crisi della prima met dellOttocento, in MASSAFRA, op. cit., p. 127.
67

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RICERCHE/MATERIALI

oltre a chiarire le diverse qualit e le tecniche di coltivazione, serv a rendere


noti i diversi usi della patata, dalla panificazione allalimentazione suina70.
Bisogna per rilevare che il successo dellintroduzione della coltivazione dei
tuberi da ascrivere, pi che allopuscolo divulgativo, alla sperimentazione
privata di Tommaso Cosentini e Gaetano Spiriti, entrambi membri della Societ economica. Il primo la coltiv nei suoi possedimenti in Sila, il secondo
a Cerisano, Morano e Castelfranco; da l la patata si diffuse in molte zone,
anche nei distretti di Paola e Rossano71.
Unaltra iniziativa di sperimentazione agraria fu quella di Sertorio Guarasci, che mise a disposizione della Societ un fondo di sua propriet, dove poter coltivare piante esotiche e riprodurre alcune specie di semi72; ancora,
Francesco Silvagni, direttore della scuola comunale e nipote di Gabriele, in
attesa di poter disporre di un podere dove poter effettuare esercitazioni per gli
scolari, prese in fitto un giardino, addirittura anticipando le spese (che non gli
furono mai rimborsate)73.

Progetti industriali e interferenze politiche


La modernizzazione dellagricoltura e limplementazione delle industrie
costituirono per le Societ economiche obiettivi fondanti. A Cosenza, la
maggior parte dei lavori societari si indirizz verso studi sulla realt rurale,
sebbene non mancassero attenzioni, anche abbastanza rilevanti, verso le manifatture. Tuttavia, si giunse ad una considerazione positiva delle industrie
solo dopo lenta evoluzione culturale.

70

G. SILVAGNI, Istruzione pratica sulla coltura, ed usi d pomi di terra dal segretario perpetuo della Societ Economica di Calabria Citeriore per ordine di S.E. il Segretario di Stato e
Ministro dellInterno del Regno delle Due Sicilie, Cosenza, F. Migliaccio, 1817.
71
ASN, MI, Inv. II, B. 2576.
72
G. SILVAGNI, Del Signor Gabriele Silvagni, Segretario perpetuo della Societ Economica Cosentina, Socio Corrispondente dellAccademia delle Scienze, dellIstituto dincoraggiamento di Napoli, e della Reale imperiale Accademia de Georgofili di Firenze, rapporto
dellanno, in Atti della Societ Economica di Calabria Citra, f. 5, 1820, p. 17.
73
Non solo Francesco Silvagni pag personalmente il canone, ma, sempre in proprio conto, inizi a migliorare il fondo per adeguarlo agli usi specifici delle sperimentazioni. Cfr. ASCS,
SE, B. 10, f. 5 e Ivi, B. 6, f. 33.

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RICERCHE/MATERIALI

Andrea Lombardi74, in un Discorso divenuto celebre, pronunciato


nellassemblea del 1817, rivolgendosi ad un pubblico assuefatto allidea che
la Calabria dovesse rispettare la sua vocazione rurale, introdusse il concetto
di non incompatibilit tra agricoltura e industria. Lombardi motiv questa
sua intuizione rivoluzionaria sostenendo che lo sviluppo del settore industriale avrebbe arrecato il vantaggio di assorbire manodopera femminile e infantile, altrimenti destinata a rimanere inutilizzata75.
Il passaggio dalla non incompatibilit alla necessit di trasformare
leconomia della provincia da prevalentemente agricola in manifatturiera divenne tuttavia patrimonio comune soltanto a distanza di circa 15 anni da quel
Discorso. Solo nel 1832 Gabriele Silvagni si spinse a sostenere che il processo di industrializzazione europea stava ridisegnando la geografia dei mercati.
Ciascuna nazione industrializzata o in via di sviluppo, sottoline il Segretario, oltre alla competizione per i mercati di sbocco, puntava alla ricerca di
nuovi mercati di approvvigionamento dove poter reperire materie prime e beni di prima necessit a prezzi bassi. Di conseguenza, a causa dellaumento
della concorrenza, il Mezzogiorno correva non solo il rischio di perdere il suo
tradizionale ruolo nei mercati internazionali, ma anche quello di asservire i
consumi della Regione alle industrie estere76.
Silvagni ipotizz che per intraprendere un percorso allinsegna di una
svolta industriale, soprattutto allinizio, vi sarebbero stati ostacoli difficili da
superare in quanto radicati nella struttura sociale esistente. Bisognava, infatti,
che una quota di popolazione abbandonasse le occupazioni rurali per dedicarsi ad impieghi manifatturieri, magari anche cambiando residenza. Una volta
innescato il processo di cambiamento, ne sarebbero potuti tuttavia derivare
vantaggi economici e sociali a catena. Difatti lindustria avrebbe dato luogo
ad una maggiore circolazione della ricchezza e da questa sarebbero scaturiti
anche lincremento demografico, il miglioramento delle condizioni igienico
sanitarie ed il contenimento dellondata migratoria che caratterizzava la so74

Andrea Lombardi fu considerato uno dei maggiori intellettuali del tempo. Inizi la sua
carriera al fianco dellintendente Flack. Nel 1820 fu eletto consigliere dIntendenza in Basilicata;
nel 1833 rivest la carica di sottointendente del distretto di Palmi e nel 1837 quello di segretario
generale dIntendenza. Cfr. Atti dellAccademia Cosentina, IV, 1865, pp. 61-84.
75
A. LOMBARDI, Discorso sulle manifatture della Calabria Citeriore letto alla Societ Economica nella sessione generale del d 30 maggio 1817, Cosenza, s.e., 1817, pp. 88-89.
76
G. SILVAGNI, Del Segretario perpetuo della Societ Economica della Calabria Citeriore,
Socio della Reale Accademia Borbonica, dellIstituto di Incoraggiamento di Napoli,
dellAccademia de Georgofili di Firenze, della Cosentina, e di quasi tutte le Societ Economiche del Regno. Rapporto dellanno 1832, in Atti della Societ Economica di Calabria Citra,
1832, pp. 136-37.
77

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RICERCHE/MATERIALI

ciet di quel tempo77. Apparve, quindi, evidente lopportunit di una puntuale


programmazione economica, al fine di individuare, in prima istanza almeno
teoricamente, quali fossero le industrie o le manifatture pi adatte ai diversi
comuni della provincia in base alle risorse disponibili.
Il primo problema che venne affrontato dalla Societ economica fu quello
della localizzazione delle industrie. Si pens che i luoghi pi adatti ad accogliere stabilimenti industriali fossero le alture, in quanto vi era una sovrabbondanza di manodopera. La popolazione, che si era insediata prevalentemente nelle zone montane, non riusciva a far fronte ai bisogni di prima necessit, cosicch si cimentava in pericolosi dissodamenti con conseguenti
frane e alluvioni a danno delle sottostanti pianure78.
Quanto alloggetto delle produzioni manifatturiere, le indicazioni prendevano le mosse dalla constatazione che il territorio non poteva contare n su
investimenti cospicui, n su manodopera qualificata. Di conseguenza, era necessario avviare un processo di meccanizzazione dei processi produttivi, importando le necessarie conoscenze specifiche. Per far ci, si consigliava di
invitare forestieri, ovvero abili artigiani che avrebbero gestito la fabbrica
formando nel contempo tecnici locali specializzati79.
In considerazione della disponibilit di materie prime, ma anche al fine di
ridurre il rischio di impresa, Silvagni sugger di implementare attivit gi praticate, ad esempio rafforzando il settore tessile. In particolare auspic la creazione di fabbriche di seta a Cosenza e di cotone a Cassano, zone rinomate per
la produzione di tele di ottima qualit; per Corigliano, invece, raccomand la
produzione di sapone, data la quantit e la qualit dellolio che vi si produceva.
Per far fronte alla mancanza di capitali non assenti, ma certamente non
adusi a essere impiegati in attivit altamente rischiose Silvagni invoc
lassistenza dello Stato. Ad esempio, ricord che Ferdinando I per assecondare lo sviluppo dellindustria nel Napoletano e nel Salernitano aveva accordato
protezione e concesso sovvenzioni a imprenditori, talvolta stranieri, come ad
esempio le industrie di Egg, Mayer e Sava80; in Calabria stessa, a Reggio, la

77

Ivi, p. 137.
Ivi, p. 145.
79
Ibidem.
80
Sulla fabbrica tessile di Piedimonte dAlife, sorta per liniziativa dello svizzero Jacques
Egg, oppure al lanificio di Raffaele Sava, sorto nei sobborghi di Napoli cfr. JOHN DAVIS, op. cit.,
pp. 114 e 118.
78

78

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RICERCHE/MATERIALI

prima fabbrica di seta organzina era sorta per iniziativa governativa e solo in
un secondo momento fu ceduta ai fratelli Caracciolo81.
La Societ economica stessa, in quanto espressione del potere politico, ritenne di poter agire in prima persona. Silvagni lanci liniziativa di fondare
una fabbrica di seta a cucire, una di lino ed unaltra di lana nellorfanotrofio femminile di Cosenza82. Questultimo era stato fondato alla fine del
Settecento grazie alle rendite di un monastero soppresso. Inizialmente
listituto fu diretto da Vincenzo Telesio, appartenente al casato del pi noto
Bernardino, che realizz lidea di dare alle fanciulle una formazione completa. Pens di educarle allarte del tessere, inviandone alcune a Catona, vicino Reggio Calabria, zona nota per la produzione di seta molto pregiata83.
Ideatore del progetto di sfruttare lorfanotrofio per creare un polo tessile,
in verit, era stato il socio ordinario Vincenzo Mollo, che gi nel 1820 meditava sulle opportunit che se ne potevano cogliere. Contando sullampiezza
dei locali che accoglievano le ragazze e sulla disponibilit di mano dopera
gratuita e gi abile nel lavorare tessuti, Mollo pens che sarebbe stato possibile minimizzare i costi e al contempo creare un modello da imitare84.
Nel riprendere il progetto a distanza di anni, Silvagni si trov a dover affrontare alcuni problemi concreti, il pi rilevante dei quali era il reperimento
dei capitali necessari per gli investimenti iniziali, stimati in 10.000 ducati85.
Anche in questo caso, a causa del meccanismo dei finanziamenti gi descritto, i finanziamenti pubblici non arrivarono. Non potendo confidare nel denaro
pubblico, Silvagni present un progetto alternativo di costituzione di una societ ad azionariato diffuso con la partecipazione del Consiglio provinciale86.
Il rapporto del segretario Silvagni, apprezzato da tutti i membri della Societ economica, venne portato allattenzione del Reale Istituto dincoraggiamento, che, oltre a reputare le proposte in esso contenute opportunissime
al bene della Calabria Citeriore, propose al Ministero dellInterno di emette81
G. SILVAGNI, Del Segretario perpetuo 1832, cit., p. 149. Sulla storia della sericoltura a
Reggio Calabria cfr. P. GRECO, Sullo stato dell'industria della seta nella Calabria Ultra Prima,
s.l., [1845].
82
G. SILVAGNI, Del Segretario perpetuo 1832, cit., p. 146.
83
Cfr. L. ACCATTATIS, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie raccolte a cura di
Luigi Accattatis socio di varie accademie e societ italiane ed estere, vol. III, Cosenza, Tipografia della Redenzione, 1877, pp. 118-21.
84
V. MOLLO, Dellagricoltura di questa provincia, e degli ostacoli, che si oppongono a
migliorarla, in Atti della Societ Economica di Calabria Citra, f. 5, 1820, p. 36.
85
Cfr. ASCS, SE, B. 7, f. 43.
86
G. SILVAGNI, Del Segretario perpetuo della Societ Economica di Calabria Citra. Rapporto dellanno 1833, in Atti della Societ Economica di Calabria Citra, 1833, pp. 194-98.

79

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RICERCHE/MATERIALI

re unordinanza nei confronti dellIntendenza affinch questa si impegnasse


alla realizzazione del progetto.
Dopo aver chiesto ulteriori delucidazioni87, il Consiglio provinciale si riun per trattare la proposta, ma, tradendo le aspettative della Societ, deliber
di non attuare il programma. LIntendenza, infatti, sostenne di non essere in
grado di fronteggiare le spese di impianto. Inoltre, valut inopportuno che un
ente pubblico finanziasse integralmente unattivit industriale, ritenendo
maggiormente indicato che si costituisse una societ di azionisti privati e che
lintervento pubblico si limitasse alleventualit che i capitali raccolti non
fossero stati sufficienti88.
Inizi allora una vera e propria disputa tra Societ e Intendenza. La prima
accus la seconda di mala fede e di incauta gestione di fondi, alludendo ad
alcune spese ritenute secondarie. Ad esempio, erano stati erogati 100.000 ducati per costruire una piccola strada, 60.000 ducati per iniziare il progetto di
realizzazione di una caserma e ancora 30.000 ducati per edificare un teatro89.
Da parte sua, lIntendenza, equivocando listanza, rimprover la Societ
di voler gestire fondi provinciali e quindi di disattendere il proprio ruolo di
corpo scientifico ed istruttivo, trasformandosi in amministrazione finanzi[aria]. A seguito di tale accusa, il Ministero competente si espresse a favore del governo provinciale, invitando la Societ a limitare le proprie attivit
alla distribuzione di premi di incoraggiamento90.
Sottesa alla riluttanza da parte dellIntendenza nellattuazione del progetto vi era, secondo Silvagni, la tutela di interessi privati. A quanto pare, fiutato
laffare, alcuni facoltosi consiglieri avevano promosso la costituzione di una
compagnia dazionarj, pronta a mettere a frutto i vantaggi derivanti dalla
strumentalizzazione dellorfanotrofio91.
Lultimo rapporto pronunciato da Silvagni fu quello del 30 maggio 1834,
in cui ripercorse le tappe del progetto di creare un opificio tessile nellorfanotrofio di Cosenza ed in cui espresse tutte le sue riserve nei confronti

87

ASCS, SE, B. 7, f. 43.


G. SILVAGNI, Del Segretario 1833, cit., pp. 194-98.
89
R. VALENTINI, Discorso pronunziato nella seduta generale della Societ Economica di
C.C. il di 30 Maggio 1833, ricorrendo il giorno onomastico di S.M. Ferdinando II nostro Augusto Monarca dal socio ordinario Avvocato Raffaele Valentini, in Atti della Societ Economica
di Calabria Citra, 1833, p. 234.
90
G. SILVAGNI, Del Segretario perpetuo rapporto dellanno 1834, in Atti della Societ
Economica di Calabria Citra, 1834, p. 12.
91
Ibidem.
88

80

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RICERCHE/MATERIALI

dellIntendenza. Quello stesso anno, a dicembre, mor assassinato92. Insieme


a lui venne meno la veemenza con cui era stata portata avanti il progetto, ma
non liniziativa stessa.
A distanza di due anni, fu lo stesso Ministero dellInterno, preso atto che
a Cosenza non erano ancora sorte industrie, ad esortare lIntendenza a realizzare un polo tessile nellorfanotrofio e la Societ economica a redigere proposte utili a tale scopo93. Questultima sugger di ridimensionare il progetto
preferendo la sola manifattura della seta e riducendo limporto di ciascuna
azione, ma ancora una volta non vi furono finanziamenti pubblici94.
Nacque, invece, la tanto contestata compagnia dazionarj95. Nel 1842, infatti, si costitu una societ di capitali, che ottenne anche lapprovazione sovrana per stabilirsi proprio allinterno dellorfanotrofio. Questo fu dotato di 22 telai a tecnologia avanzata, ovvero quelli a spola volante, e a dirigere i lavori fu
chiamato lo svizzero Giorgio Schrepfer96. Cos, a Cosenza prese avvio una rilevante iniziativa privata, che, sfruttando la manodopera delle giovani orfane,
rappresentava una tra le pi importanti realt manifatturiere della provincia.
Si realizzava cos un progetto, forse lunico direttamente correlato
alliniziativa della Societ economica. Anche se la Societ non gest limpresa, n direttamente n indirettamente, tuttavia il legame con la sua intuizione
appare evidente. Ne fu in qualche misura agevolata liniziativa privata e nacque un opificio moderno, finanziato attraverso capitali conferiti da piccoli
azionisti (non piccoli risparmiatori, ma cittadini facoltosi con bassa propensione al rischio); ma soprattutto limpresa costitu oggetto di emulazione, cos
come il segretario Silvagni aveva auspicato.
La gestione dellopificio sorto nellorfanotrofio, a ben vedere, fu tuttavia
discutibile. La produzione serica era stata infatti abbandonata, proprio in un
periodo in cui la produzione a Cosenza si era molto intensificata, e al suo posto era stata favorita quella cotoniera e liniera97. Cos, mentre fu trascurato il
settore in cui le allieve avevano maggiore preparazione tecnica, la materia
prima era facilmente reperibile, il mercato internazionale era in congiuntura
favorevole, la direzione dellorfanotrofio decise paradossalmente di intra92

COLOSIMO, Biografia, cit.


ASCS, SE, B. 7, f. 43.
94
Ibidem.
95
ASN, MAC, B. 211, f. 7.
96
Giornale Economico Scientifico della Real Societ Economica di Calabria Citra, 1840.
La Societ di azionisti divenne effettivamente operativa nel 1843. Sullargomento cfr. B.
CARDILLO, op. cit., pp. 89-90 e 95-96.
97
ASCS, SE, B. 8, f. 55.
93

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RICERCHE/MATERIALI

prendere la lavorazione di tessuti per i quali era necessario importare la materia prima98. Al contempo per, tra gli anni 40 e 50, a Cosenza sorsero numerosi opifici serici in concorrenza tra loro, testimonianza se non altro
dellavvio di un processo di cambiamento99.
Dopo la morte di Silvagni la Societ economica di Cosenza inizi a perdere smalto, riducendo notevolmente le attivit propositive e confinando i
lavori in attivit puramente descrittive. Tale tendenza, tuttavia, non rappresent un fenomeno isolato e non costitu solo la conseguenza della scomparsa
di quel Segretario che tanto aveva dato lustro allassociazione. Dipese in parte anche da avvenimenti politici. In occasione dei moti rivoluzionari del 48,
infatti, aument la diffidenza della Monarchia nei confronti delle associazioni, in seno alle quali spesso si fomentavano congiure. Lindirizzo politico,
quindi, fu quello di sciogliere le Societ che si riteneva avessero cospirato
contro il Re, di allontanare i soci rivoluzionari e di sostituirli con personaggi
per cos dire pi allineati. Tale tendenza si realizz anche a Cosenza. Raffaele Valentini, succeduto a Silvagni nella carica di segretario il 1835 in occasione dei moti rivoluzionari, si dichiar apertamente contro la Monarchia e
ci gli cost la condanna a morte100.
Con la nomina di Greco alla guida della Societ economica, il rinnovamento si avvert soprattutto nella rappresentanza dei nuovi soci, scelti tra i
magistrati che avevano caratterizzato la fase repressiva seguita ai moti del
1848 e tra i funzionari amministrativi. Nonostante le numerose e qualificate
nomine, che riguardarono soprattutto gli onorari e i corrispondenti, lorganico
della Societ economica and sempre pi sfoltendosi101.
Il difficile momento politico e lintervento repressivo del governo contribuirono ad un diradamento delle attivit, testimoniato dallesiguo numero di
memorie comparse nei resoconti del segretario, che sul finire degli anni Cinquanta si trov a perdere alcuni tra i soci pi competenti102.

98
Ivi, B. 7, f. 44. Le materie prime provenivano da altre province del Regno e dalla Gran
Bretagna.
99
MARCELLI, Sviluppo economico, cit., pp. 106-107.
100
ACCATTATIS, Le biografie, cit., vol. IV, p. 113. La pena di morte gli venne poi commutata in ergastolo. Trascorse il resto della sua vita nel Castello di Cosenza, dove mor nel 1858. Per
maggiori informazioni sul ruolo di Valentini nei moti rivoluzionari del 1848, cfr. D. ANDREOTTI,
Storia dei cosentini illustri, vol. III, Cosenza, Pellegrini Editore, 1987, pp. 349-60.
101
Cfr. ASCS, SE, B. 1, f. 1.
102
Reddiconto della Reale Societ Economica della Provincia di Calabria Citra, 1865,
pp. 28-29.

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RICERCHE/MATERIALI

Incisivo ed essenziale, Greco prefer impostare la gestione dei lavori della


Societ sulla discussione collegiale in chiave descrittiva di argomenti di carattere generale, sullanalisi dei settori delleconomia provinciale, trascurando, per, il compito propositivo, interamente assolto dallIstituto di Incoraggiamento. Il risultato ottenuto fu quello di riuscire a tracciare una mappa cognitiva analitica, dalla quale poter ricavare preziose informazioni sulle principali coltivazioni o sui pi rilevanti opifici presenti nei diversi distretti, ma
nulla di pi.

Conclusioni
Stabilire con esattezza se vi sia un rapporto causaeffetto tra cambiamento economico e azioni delle Societ economiche pressoch impossibile e
probabilmente non il solo aspetto da considerare per esprimere un giudizio
storiografico su queste organizzazioni o sulle persone che si dedicarono ad
essa. Bisogna considerare che queste si ponevano un obiettivo molto ambizioso, lo sviluppo economico, che implica la trasformazione delle regole
formali e informali che guidano una societ, cambiamento questo lento e
quasi impercettibile, se non in una prospettiva storica103. E stato gi evidenziato come lesperienza di alcune Societ economiche meridionali abbia messo in evidenza la capacit di queste organizzazioni di rappresentare validi osservatori e centri di promozione per lo sviluppo, istituzioni in grado di tracciare con relativa precisione una mappa cognitiva delle realt locali104.
Proprio questo stato uno degli elementi presi in considerazione in questo
saggio, che, grazie alla ricostruzione critica della vita professionale di Gabriele Silvagni, ha potuto analizzare le attivit svolte in seno alla Societ economica di Calabria Citeriore, miranti a generare progetti di sviluppo e la
capacit di portarli ad esecuzione, evidenziandone limiti, difficolt e successi.
Le restrizioni poste alle attivit della Societ dal potere politico, sia nazionale che provinciale, e alcune decisioni operative possono essere considerate alla base della scarsa considerazione che la gente aveva di questa istituzione. Tra le prime vanno ascritte la mancanza di finanziamenti e i vincoli
organizzativi. Tra le seconde la preferenza accordata in seno allassociazione
103

D.C. NORTH, Istituzioni, cambiamento istituzionale, evoluzione delleconomia, Bologna, il Mulino, 1994, p. 27.
104
MARCELLI, op. cit., cap. 4. Cfr. A. MARRA, La Societ economica di Terra di Lavoro.
Le condizioni economiche e sociali nellOttocento borbonico. La conversione unitaria, Milano,
Franco Angeli, 2006.
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alla borghesia terriera e la scarsa attenzione prestata nei confronti della classe
contadina.
Analizzata con la lente dello storico, la particolare esperienza di Gabriele
Silvagni sembra possa essere valutata positivamente, per la dedizione manifestata verso la riconversione delleconomia agricola in funzione delle nuove
esigenze di industrializzazione105, ma soprattutto per la capacit di promuovere un dibattito con intenti pedagogici non solo astratti, ma spesso anche
pratici106. Si aggiunga che il messaggio divulgativo, sebbene non sia riuscito
ad arrivare al ceto contadino, certo che sia stato accolto dai proprietari terrieri, soprattutto quelli di nuova formazione, molti dei quali sedevano tra le
fila della Societ stessa.
In generale, si pu concludere che lesperienza di Gabriele Silvagni offre
limmagine di un personaggio ben consapevole delle proprie finalit istituzionali. Si sentiva partecipe di una missione civilizzatrice e contribuiva ad
essa dedicandovi i propri studi e le proprie conoscenze, sopperendo in diverse
occasioni alle disattenzioni degli organi di governo. Nel periodo in cui Silvagni guid la Societ, riscontrabile un interessamento concreto verso lo
sviluppo economico della provincia, una progettazione in grado di allontanarsi da previsioni irrealistiche e indirizzata verso obiettivi accuratamente scelti.
Ogni iniziativa propositiva scaturiva da una puntuale analisi delle risorse disponibili e del capitale umano di riferimento; i progetti presentati tenevano
conto delle differenziazioni territoriali, della disponibilit di manodopera e
della competenza imprenditoriale, non trascurando di appurare ogni questione concreta necessaria per lattuazione. Nonostante il costante rifiuto da parte
del potere politico di finanziare le proprie iniziative, Silvagni cerc in ogni
modo di raggiungere qualche risultato tangibile e proprio per questo fu accusato di protagonismo nella gestione della Societ.
Particolarmente interessante stato il progetto di creazione di unindustria
tessile allinterno dellorfanotrofio femminile. Dalla ricostruzione dei vari
passaggi stato anche possibile evidenziare le ricorrenti difficolt cui pu
andare incontro la realizzazione di un progetto: pianificazione di un preventivo di spesa e reperimento dei capitali da investire, scarso coinvolgimento iniziale da parte dei privati, interferenze con la politica. A dispetto, per, delle
resistenze iniziali, proprio lesecuzione di tale progetto sembra si possa ascrivere tra i principali meriti di Silvagni. Se vero che limpresa prese avvio
con modalit diverse da quelle pianificate, tuttavia la Societ riusc a mettere
105
106

MONTAUDO, op. cit., p. 119.


GANGEMI, op. cit., pp. 369-93.
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NNCIA SANTORO DE CONSTANTINO

PER RICORDARE TERESA.


SULLE TRACCE DI UNA DONNA TRA ACQUAPPESA E
PORTO ALEGRE

Una donna semplice, che ha lasciato poche tracce del suo passaggio in
questo mondo. N ritratti sui muri con preziosi gioielli o abiti di seta, n alcun racconto di quel che pu essere stata la sua vita. Per conoscere qualcosa
di Teresa necessario arrivare agli scantinati della casa, alle cucine e ai laboratori .... luoghi dove si muovono le figure minori e furtive. Ecla Bosi
utilizza metafore per ricordare le donne ...che vivevano ai margini del sistema, che si installavano nelle pieghe della societ, ai margini del lavoro che
contava; persone prive di cultura letteraria, che lottavano per sopravvivere
servendosi delle conoscenze acquisite attraverso le esperienze del lavoro
spiccio, ritenuto di nessun conto; persone che transitavano nei vicoli e nelle
cantine, lottando da sole contro le aspre condizioni del giorno dopo giorno
(Bosi, 1984: 3-4). Donne come Teresa, che caricano acqua alle fontane, che
si chinano sotto il peso delle fascine, che alimentano il fuoco e preparano da
mangiare nella camera piena di fumo dove tutti mangiano e dormono. Donne
che lavano i panni screpolandosi le mani nel freddo rigido dellinverno, che
zappano la terra e buttano le sementi che saranno il cibo della loro famiglia,
che vendono nei mercati e che tessono panni per ripararsi dal freddo. A queste donne quasi sempre negato il diritto alla storia, anche perch c grande
scarsit di testimonianze sulla loro vita e sulla loro cultura, intesa come
...linsieme di attitudini, credenze e codici di comportamento proprie delle
classi sottomesse in un certo periodo della storia..... (Ginzburg, 1987: 16)
Di Teresa sono rimaste poche orme, praticamente niente. Brevi descrizioni orali tramandate dai ricordi di Teresa Zottolo, una sua nipote ormai deceduta, nata nel 1908 ed emigrata in Brasile nel 1925 dopo essersi sposata. Diceva che la nonna era affettuosa e la prendeva per mano sulla lunga salita fino al paese (Acquappesa, sulla costa tirrenica calabrese, fra Cetraro e Fuscal85

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do, non lontano da Paola). Preparava come nessuno il pesce che alimentava
tutti quanti, conservandolo per lungo tempo in vasi di coccio. La nonna le insegn anche a sbucciare i fichi dIndia evitando il pericolo delle spine.
La vecchia Teresa lavorava alla filanda quando, allet di 19 anni, nel
1871, si spos con Domenico Santoro, trentenne contadino senza terra che,
con il passare del tempo, divent il campanaro della chiesa, di cui era gi sagrestano. immaginabile che la moglie dovesse seguirlo spesso al lavoro,
camminando per lunghe ore per piantare e raccogliere in qualche campagna
lontana, come era consueto per le donne povere. Era anche probabile che,
mentre crescevano i bambini, Teresa lasciasse il lavoro alla filanda, che integrava lo scarso reddito familiare, perch il frutto del suo lavoro diventava
sempre meno redditizio.
Con la grave crisi degli anni Ottanta dellOttocento, cresceva il declino
della pastorizia iniziato a seguito dellUnificazione, che daltra parte aveva
dato impulso allingresso dello Stato Italiano nel sistema capitalista, a partire
dalle regioni settentrionali. Il nord dellItalia, grazie alla produzione industriale, divent pi forte del sud agricolo, scrivono De Boni e Costa, aggiungendo il fatto che la riorganizzazione dellItalia si realizz con
labolizione delle frontiere, la soppressione delle tradizioni al fine di aprire la
strada alla costruzione di uno Stato Moderno (De Boni-Costa, 1984: 50).
Lintroduzione delle macchine per la produzione su larga scala aumentava
il capitale della borghesia e restringeva il mercato del lavoro al Sud, togliendo gli uomini dalle loro occupazioni tradizionali, distruggendo lartigianato
che contribuiva ad aumentare il reddito dellagricoltore. La Mafrici colloca
allorigine della crisi, che ha avuto luogo soprattutto nel Sud dellItalia, la
questione dellUnificazione e la conseguente politica volta a creare un mercato nazionale. La Calabria, a dire dellautrice, ha sofferto danni incalcolabili a
seguito dellabolizione della tariffa che gravava sui prodotti importati, proteggendo, in questo modo, quelli dellantico regno di Napoli. La politica del
libero scambio non avrebbe potuto assolutamente favorire la regione dove
lindustria era ancora agli inizi e la manifattura rudimentale. Furono abolite le
divisioni politiche e di conseguenza le barriere economiche (Mafrici, 1982: 89).
Le manifatture domestiche pi legate alla vita contadina ed alla trasformazione della materia prima agricola, agli inizi del XIX sec., erano state la
filatura e la tessitura, manifatture prevalentemente femminili. Nel 1874, Eugenio Arnoni registrava che tutte le famiglie possedevano una filanda e che
non era possibile passare in una strada o in un vicolo senza sentire il rumore
delle filande che, in qualche modo, favorivano la circolazione di denaro (Bevilacqua & Placanica, 1985: 252).
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Il commercio locale di artigianato domestico si fortemente ristretto a


causa dellofferta di prodotti industriali provenienti dal Nord, che invasero la
Calabria nel periodo postunitario. La filatura e la tessitura, tanto della lana
quanto della seta, diventarono attivit in declino e la contrazione nella produzione della seta, a causa anche di continue calamit, disgreg attivit tradizionali come la coltivazione del gelso e lallevamento del baco da seta.
probabile che la filanda di Teresa, pertanto, fosse diventata silenziosa e
che le difficolt finanziarie fossero ancora maggiori mentre allevava i figli.
Erano quattro maschi: Michele, Antonio, Pasquale e Luigi, il primo emigrato
negli Stati Uniti, gli altri in Brasile. Crebbe anche la figlia Rosa, che spos
Fedele Zottolo, in Calabria, e fu madre di Francesco Umberto e di Enrico,
che emigrarono presto, rispettivamente a Buenos Aires e Rio de Janeiro; fu
madre anche di Teresa Carmela, che spos il conterraneo Giulio di Tullio e
quando emigr a Santos, la citt portuale della regione di San Paolo, in Brasile, port con s la madre vedova, che mor poi nella citt brasiliana.
Attraverso le parole della nipote si percepisce la preservazione di qualche
elemento di una cucina calabrese essenziale e povera, le cui tecniche di preparazione le erano state tramandate; cos figlia e nipote sapevano preparare
sarde ed acciughe sottolio, un pallido indizio di conservazione delle tradizioni culinarie del paese.
stata pertanto la zia Teresa che ha raccontato qualcosa della vecchia
nonna, la cui voce poco si sentiva, poich non sapeva leggere n parlare in
italiano, comunicando solamente in dialetto, ma che sapeva parlare una lingua di Francia. Francese? Ma come francese?
Fra le tracce rimaste ci sono alcuni documenti nei quali compare il suo
nome, Tripicchio Maria Teresa, oltre ad ununica sua fotografia, ritrovata tra
gli oggetti personali del figlio che mor anziano, sullaltra riva dellOceano:
LuigiLuiz, nato nel 1880, emigrato a Porto Alegre nel 1898. Nella foto Teresa sta in piedi, con la mano sulle spalle del marito anziano, seduto, ed in compagnia del nipote Francesco Umberto, dagli occhi chiari e di circa otto anni.
La nonna esile, di bassa statura, probabilmente sui sessantanni; ha gli
occhi profondi e piccoli, zigomi pronunciati, la bocca senza labbra, mani
molto grandi. Indossa un vestito lungo e stropicciato, con le maniche aperte
allaltezza delle spalle, dove si intravede parte della camicetta bianca indossata sotto il corsetto attillato ed abbottonato fino al collo; la gonna arricciata,
con ampia presa nella parte inferiore, simulando una balza arricciata che quasi tocca il pavimento, coprendole le scarpe. I capelli sono radi, con la riga in
mezzo, tirati allindietro probabilmente con una crocchia rifinita con un cer87

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chietto o un nastro, del quale si intravede una parte. Teresa indossa orecchini
discreti con pendenti probabilmente in oro.

Teresa con il marito Domenico Santoro e il nipote Francesco Umberto


Acquappesa, 1900

Poco conosco di Teresa e di lei vorrei conoscere di pi. Dispongo per


questo di buoni arnesi teorici che mi sono offerti da Ginzburg e Corbin e dei
quali occorre fare il miglior uso possibile.
Importanti discussioni metodologiche hanno permeato il pensiero degli
storici negli ultimi decenni. Se negli anni Cinquanta e Sessanta la maggior
parte degli storici utilizz metodi quantitativi, e concentr le analisi sulle tendenze generali verificatesi in grandi gruppi di popolazioni, negli anni Settanta
alcuni studiosi passarono dal telescopio al microscopio, per usare la nota metafora di Peter Burke. Spiccano in questo approccio le famose pubblicazioni
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di Carlo Ginzburg, che spieg le fondamenta del metodo indiziario, dimostrando, in un testo ormai classico, che gli indizi funzionano come chiavi per
la conoscenza delle realt storiche; minuscole parti singolari tradizionalmente
poco considerate possono essere elementi fondamentali della ricostruzione
del passato (Ginzburg, 1991).
Ginzburg chiarisce che, se i documenti propongono la ricostruzione di
masse indistinte, offrono anche lopportunit di ricostruire personalit individuali; per questa via, si estende il concetto storico di individuo alle classi pi
basse. Continua lo storico piemontese, ricordando che in un individuo comune, ...di per s privo di rilievo e proprio per questo rappresentativo, si possono scrutare come in un microcosmo le caratteristiche di un intero strato sociale in un determinato periodo storico...; tracce individuali ...permettono di
circoscrivere le possibilit latenti di qualcosa (la cultura popolare) che ci arriva attraverso una frammentaria e deformata documentazione... Aggiunge
inoltre, sulla scia di Bachtin, che eventuali elementi della cultura egemone
possono essere riscontrati nella cultura popolare, e viceversa (Ginzburg,
1987: 26-7; 21-2; 28). Cos difende lidea di una circolarit culturale.
I pochi dati disponibili su Teresa sono solo degli indizi, inclusi quelli provenienti dalla fotografia che, per dirla con Arnheim, offrono piena esperienza percettiva (Arnheim, 1981: 21). Non si pu ignorare che un documento
fotografico, come qualsiasi altro documento, ... il risultato di un montaggio
cosciente o incosciente della storia, della societ che lo ha prodotto.....
dunque necessario smitizzare il suo significato apparente, espresso nel desiderio di affermazione della nuova borghesia, che si sviluppa alla met del
XIX sec. attraverso una conclamata democratizzazione. Affermava il senatore italiano Mantegazza, nel 1889, che la fotografia permetteva a tutti di possedere una galleria domestica; e dal suo punto di vista, ampiamente condiviso dalla societ europea alla fine del XIX sec., la fotografia era ...opera
umanitaria di alta e sana democrazia (DAutilia, 2001: 8; 86-8). In altre parole sostituiva lassai costoso ritratto dipinto. Come fenomeno di grandi proporzioni, la fotografia il simbolo dell ascesa della borghesia che, nella sua
rappresentazione, adotta modi provenienti dalla nobilt: pose, indumenti,
gioielli, scenografie. Il ritratto borghese il risultato di una posa nello studio
del fotografo che cerca di riprodurre gesti solenni, espressioni di dignit.
Teresa appare in una fotografia realizzata probabilmente in uno studio,
dato che lo scenario sullo sfondo dipinto. La foto inviata al figlio senza
dedica. Probabilmente era la sua prima esperienza fotografica, perch la sua
espressione dimostra chiaramente disagio, rigidezza. La posa quella praticamente dobbligo in quel periodo: la donna in piedi, il marito seduto. Ma la
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foto era sopratutto una prova di esistenza, di appartenenza ad una famiglia


che si era dispersa; le tre persone fotografate stanno dicendo: Siamo la tua
famiglia e siamo qui. Le caratteristiche della fotografia rimandano agli inizi
del secolo scorso. La bocca di Teresa, senza labbra, facilita il proposito della
seriet, pretesa a quel tempo. Come il vestito a righe del nipote, labito stropicciato che indossa Teresa trasmette lidea della povert. Ma ricorda anche,
sia pur vagamente, il vestito tipico di un paese vicino ad Acquappesa, Guardia Piemontese, data la forma del corsetto e, principalmente, delle maniche
(Incontro con la Calabria, 1986:153). Non una donna bella; in verit ben
lontana dallesserlo; le sue enormi e sproporzionate mani indicano il lavoro
pesante delle varie generazioni che lhanno preceduta; sembra avere sessantanni, ma potrebbe averne cinquanta, dato che le donne di quel periodo e
di quella condizione sociale invecchiavano presto.
Il concetto di circolarit culturale influenza reciproca tra la cultura popolare delle classi subalterne e la cultura dominante pu essere colto nella
pettinatura con cui Teresa si presenta nella fotografia, in uso allepoca tra le
donne benestanti, o negli orecchini discreti, probabilmente doro, comuni in
Calabria. C un altro indizio di questa circolarit, la catenina che il nipote
Francesco, vestito in gessato e con le scarpe consumate, porta sul ventre,
facendo capire che possiede un orologio nel taschino.
Preservando la memoria di Teresa, gli indizi raccolti permettono di ricostruire in parte la societ nella quale era inserita, come ci insegna Corbin. Lo
storico francese indag sulla vita di LouisFranois Pinagot, che visse presso
la foresta di Bellme. A partire da alcune tracce della sua esistenza, ritrovate
nella vasta documentazione consultata negli archivi della regione di Perche,
Corbin stato capace di ricostruire la storia della regione. Instancabilmente
costru un puzzle, contando su alcuni elementi inizialmente dispersi, ma che
acquisiscono significato nel suo racconto storico (Corbin, 2001). Il francese
Pinagot realmente esistito, nacque nel 1798 e mor nel 1876, come attestano
i registri anagrafici. Corbin ha cercato di riunire dati empirici certi e riscontrabili, coinvolgendo i contemporanei del soggetto centrale delle sue indagini,
LouisFranois Pinagot, anche se riconosce che impossibile conoscere le
sue qualit morali. Peraltro lautore fornisce al lettore elementi che permettono di ricreare il possibile ed il probabile, quando e dove Pinagot ha vissuto,
attraverso i minimi resti che involontariamente ha lasciato alla posterit e che
rappresentano indizi della societ del suo tempo.
Di Teresa rimasero pochi residui che ci permettono di argomentare sulla
sua vita e sul suo mondo, che era quello della povert e dellemigrazione.
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I suoi passi percorsero lantico Casaletto di Acquappesa, il Casalu, sorto


nelle terre di Cetraro, donato dalla moglie di Roberto il Guiscardo ai monaci
benedettini, alla fine dellXI sec.. Molto pi tardi il Casaletto fu parte del
feudo del marchese Spinelli di Fuscaldo; fu anche unarea acquistata dal comune di Guardia Piemontese, cui appartenne fino al 1835, quando si emancip per lasserita differenza di idioma e di costumi tra gli abitanti delle due
comunit. Ed probabile che la famiglia di Teresa gi abitasse nella frazione
di Acquappesa, al servizio dei signori, magari nel Palazzo Gentili o nel Palazzo Battaglia. Era un paese di grandi signori davanti ai quali gli umili chinavano la schiena e si scoprivano la testa tenendo in mano lumile berretto,
perch i cappelli erano indossati solo dai potenti.
Di fronte ai grandi proprietari terrieri si trovava da molto tempo la massa
rustica ed ignorante dei contadini, composta da coloni, braccianti ed anche da
piccoli proprietari terrieri. Per svariate ragioni, mancava alla societ calabrese
uno strato intermedio, una borghesia capitalista, capace di creare imprese che
in altre regioni, come scriveva Fortunato Seminara, promuovevano trasformazioni e rompevano strutture tradizionali. Ma, se in tempi di oppressione e
di miseria, si ebbe una ribellione espressa nelle forme violente del brigantaggio, alla fine del XIX sec. accadde un nuovo fenomeno che avrebbe determinato conseguenze mai immaginate nelleconomia e nella societ calabrese:
lemigrazione verso lAmerica, che alleggerisce conflitti e pressioni sociali
(Seminara, 1982: 306-7). A sua volta, Cappelli sottolinea che tale fenomeno
rappresentava anche una forma di protesta delle classi subalterne. Lautore si
riferisce alla Calabria tra XIX e XX sec. come a una terra di catastrofi, che
possono essere intese non solo come terremoti naturali ma anche come terremoti sociali. Terremoti sociali di piccole dimensioni sono state le rivolte
popolari locali, facilmente controllate dalle armi dellesercito. Ma un grande
terremoto sociale stata lemigrazione transoceanica (Cappelli, 1982: 8794).
Il processo di accumulazione derivante dallo sviluppo industriale italiano
accelerava la destrutturazione economica e sociale delle campagne, segnalata
in molte aree del paese, come sottolinea Sori, per il diffuso fenomeno del
pauperismo rurale, della disoccupazione, dellespulsione da un ruolo produttivo stabile, per la riduzione del consumo pi elementare a limiti insostenibili (Sori, 1979: 13). E cos nelle ultime due decadi del XIX sec., vere moltitudini arrivavano ai porti di Genova e Napoli, allettate da agenti che promettevano lavoro e ricchezza in altre terre. Si registr che tra il 1861 ed il 1940,
il numero degli espatriati stato allincirca di venti milioni, in unItalia che
nel 1901, aveva trentatr milioni di abitanti. Tra il 1876 ed il 1940, lalta
percentuale del 33,3 dellemigrazione appartiene al Mezzogiorno che, nelle
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prime decadi del 900, espelle il maggior numero di persone. Lesodo in


massa dal sud dellItalia, scrive Sori, levidenza delle difficolt economiche e sociali; e la Calabria, a confronto con le altre 16 regioni amministrative italiane, tra il 1881 ed il 1910, pass dal quarto al secondo posto per il
numero di espatri, rimanendo in questa posizione tra il 1911 ed il 1940 (Sori,
1979: 23, 25).
Taruffi (1908: 706) mostra attraverso i numeri il primato dellemigrazione
cosentina in Calabria. Fino al 1905, dei 500.000 emigranti calabresi, il 46%
erano del Cosentino, il 36% del Catanzarese ed il 18% del Reggino (Cingari,
1982: 104-5).
La via duscita trovata dai Cosentini fu, pertanto, lemigrazione, che determin la dissoluzione del vecchio ordine, dimostrando che la lunga crisi
non veniva sostituita da un nuovo modello. Si percepisce che lesodo dei calabresi era gi un fenomeno rilevante negli anni attorno al 1880, quando appena iniziava la crisi agricola italiana. Segu una lunga fase di involuzione e
di progressivo ritardo della Regione rispetto al quadro nazionale; gli effetti
della recessione furono immediati, sconvolgendo il sistema di relazioni, con
lindebolimento delle tradizionali forme di lavoro disimpegnate dai nuclei
familiari, sia dei piccoli proprietari agricoli, che dei coloni o dei braccianti,
nelle loro diverse combinazioni con le attivit artigianali. Fu senza dubbio
questa grave crisi economica che provoc lemigrazione di massa (Constantino, 1991: 70-6).
Con tante e tante partenze, molte lacrime avr pianto quella Teresa che
rimase. I suoi quattro figli impararono a leggere e scrivere, perch avevano
bisogno di andare e partirono per lAmerica. In verit, Michele era gi da alcuni anni negli Stati Uniti quando, nellestate del 1898, se ne andarono insieme Antonio, Pasquale e Luigi.
Michele viveva e lavorava a New York, dove si trovava insieme a dei
conterranei e aveva possibilit di lavoro. Come tante migliaia di immigrati,
era arrivato in quella enorme citt ...seguendo i fili di una struttura di rete,
tessuta dai precedenti immigrati, come osserva Vecoli, aggiungendo che si
formarono reti di affinit e concentrazione di abitazioni degli immigrati in
determinati spazi e che gli immigrati gi inseriti fornivano linfrastruttura necessaria a quelli che arrivavano. Lo stesso autore registra che a New York nel
1920, cerano 800.000 italiani, stabiliti in vari quartieri di Manhattan e che
quando miglioravano la loro condizioni economiche, si trasferivano a Brooklyn (Vecoli, 2002: 61).
Michele fu presto prospero. Agli inizi del XX sec. era gi a Brooklyn, con
una bottega di calzolaio: Boot Black Shoe Repairing. Progredendo, fece quel92

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lo che ci si aspetta da un emigrante: mand soldi ai familiari rimasti in paese.


Diversamente sarebbe difficile spiegare alcuni segnali di apparente prosperit
nella foto di Teresa con il marito ed il nipote: orecchini doro, catenina per
lorologio, la foto stessa. Nei primi anni del XX sec., scrive Bevilacqua, un
anno di lavoro poteva consentire a un emigrante che lavorava negli Stati Uniti di accumulare tra le 1000 e le 1.500 lire. E ricorda che una delle grandi
novit introdotte nella vita delle campagne calabresi fu il denaro; larrivo costante di dollari americani, inviati dagli emigranti, ha portato rapidi cambiamenti: le condizioni di vita e di consumo delle famiglie furono sensibilmente
migliorate, altri viaggi cominciarono a essere pagati ad altri membri delle
famiglie (Bevilacqua, 2001: 110).

Michele (a destra) davanti alla sua bottega a Brooklyn, 1913

LAmerica del Nord fu la destinazione principale delle popolazioni meridionali, con una tendenza alle concentrazioni urbane, il che un percepibile
segnale dellabbandono della vita rurale. Ricorda la Corti che, abituati a vivere nei borghi rurali, quasi sempre sfruttati dai grandi proprietari terrieri, gli
immigrati meridionali preferivano il lavoro urbano temporaneo, fondato sulle
relazioni di parentela o amicizia (Corti, 1999: 8-9).
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Il lavoro dellimmigrato meridionale basato principalmente sulla mano


dopera familiare e deriva da una struttura parentale tradizionale, riprodotta
in America, che presenta come caratteristica la persistenza e la vitalit di piccole imprese familiari, poich la famiglia meridionale del tipo esteso e cos
si conserva per molto tempo.
La famiglia contadina in Calabria formava un nucleo molto stabile
nellimpresa agricola, un nucleo fatto di aiuto e di mutua solidariet. La famiglia era, indubbiamente, la cellula fondamentale intorno a cui si aggregava lesile intelaiatura collettiva della vita delle comunit nelle campagne
(Bevilacqua, 1985: 298). La famiglia del sud dellItalia del tipo nucleare,
ma questo non esclude il mantenimento e la riproduzione di una vasta rete di
relazioni di parentela. Ha origine nella tradizione storica della societ agricola il mantenimento di moduli di organizzazione familiare che si reggono
sulla famiglia estesa e sulla linearit maschile (Paci, 1982: 71, 79).
Recenti ricerche effettuate in alcune localit rurali di emigrazione, anche
in provincia di Cosenza, descrivono le strette relazioni familiariparentali, in
cui coesistono relazioni di discendenza e collateralit; da una parte c un sistema di regole, valori ed aiuti che legano i membri di una famiglia; dallaltra
c il sistema di scambio di favori che legano tra di loro vari gruppi familiari
(Piselli, 1981: 19). La Piselli si riferisce alla collateralit come legami di parentela, reale o acquisita, che uniscono attraverso una fitta rete di norme e
relazioni sociali ed economiche; legami tra parenti collaterali appartenenti
alla stessa generazione, per molti gradi di parentela. Le relazioni collaterali
hanno da sempre costituito una fitta rete di obblighi reciproci che assicurano
solidariet e cooperazione, imprescindibili per la sopravivenza e per la riproduzione delle unit produttive; i legami matrimoniali e di comparatico hanno
contribuito alla creazione ed alla stabilit delle relazioni tra i diversi gruppi
familiari (Piselli, 1981: 30).
Michele ritorna per sposarsi in Calabria e, prima di rientrare a New York,
coglie loccasione per organizzare e finanziare un prossimo viaggio dei fratelli Antonio, Pasquale e Luigi negli Stati Uniti. Ma, nonostante gli sforzi, i
fratelli non potranno arrivare nella citt nordamericana. La legislazione restrittiva per limmigrazione si perfezionava, con forme di selezione che privilegiavano la forza fisica. Nel 1882 si vieta lingresso dei poveri e agli inizi
del decennio successivo si richiede che limmigrato abbia 100 dollari e che
prenda la cittadinanza americana.
Di sicuro i fratelli Santoro non avevano i requisiti richiesti; si sempre
raccontato che trovarono chiuse le porte degli Stati Uniti. Ma era necessario
partire subito, perch una grande siccit aveva messo in ginocchio le coltiva94

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RICERCHE/MATERIALI

zioni e non avrebbero avuto da mangiare linverno seguente. Il Brasile repubblicano aveva bisogno di immigrati e faceva pubblicit in Italia per cooptarli. Si diressero allora a Rio de Janeiro, dove gi vivevano molti loro paesani.
Il giorno dopo la partenza, quando sarebbero suonate le campane, Teresa
non avrebbe pi sentito i passi dei ragazzi, mentre indossavano qualcosa di
pesante per ripararsi dal freddo nella lunga camminata fino alla campagna.
Non avrebbe pi preparato il cibo che mangiavano nella pausa del lavoro
rannicchiati allombra di qualche albero, quando il sole era a picco: pane nero, patate, una manciata di olive, un pezzo di formaggio. Allimbrunire avrebbe pianto di tristezza, preparando una minestra per i pochi rimasti; a tavola intorno alla frissura erano solo in tre; dove saranno ora quei tanti cucchiai che avidamente cercavano il cibo nellunica ciotola, alla fine di una
giornata di duro lavoro? Era ormai quasi sola in quel paese appollaiato sulla
sommit della roccia a timpa di Zaccani che in basso simmerge nelle acque del Tirreno. Acquappesa, provincia di Cosenza, Calabria, un luogo del
quale pochi hanno sentito parlare. A lei rimase il marito anziano e malato,
oltre che la piccola Rosa che probabilmente aveva accompagnato i fratelli
sulla strada di Cetraro, da dove simbarcarono per Napoli, la prima tappa di
un lungo viaggio. La bambina scendeva contenta con tutta la famiglia per la
contrada Sciabiche e camminava scalza in riva al mare. Lo stesso percorso
avrebbe fatto anni dopo, gi vedova, emigrando per il Brasile in compagnia
della figlia, che avrebbe trovato il marito a Santos.
E il mar Tirreno continua, raggiunge il Mediterraneo, che si mescola con
lOceano ad occidente. E prosegue a sudovest, scendendo fino ad unAmerica
distante e nebulosa, dove si trovavano i figli di Teresa, a Brooklyn e a Rio de
Janeiro.
Tra i primi italiani che si stabilirono in questa citt brasiliana, cerano i
fratelli Farani, provenienti dallItalia meridionale, che, nel 1843, erano gi
proprietari di una famosa gioielleria. Dieci anni pi tardi cerano almeno 126
famiglie, la maggior parte provenienti dal sud Italia, che avrebbero fondato
una Societ di Beneficenza. Tra gli associati, cerano molti calabresi di Paola
e Fuscaldo, che pare abbiano iniziato ad emigrare per la chiamata di un cuoco
del seguito di donna Teresa Cristina di Borbone, che da Napoli and sposa
allimperatore del Brasile Dom Pedro II nel 1842 (Constantino, 2001: 45-7).

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Rosa con i figli Enrico e Teresa Carmela Zoccolo, nel giorno del matrimonio di
questultima con Giulio de Tullio, ad Acquappesa, 1924.

Negli ultimi anni della monarchia, ovvero negli anni Settanta e Ottanta
dellOttocento, cerano a Rio de Janeiro venditori ambulanti italiani che si
contendevano uno spazio nel centro della citt, vendendo biglietti della lotteria, pesce, frutta e verdura. La colonia italiana in citt aveva avuto una lenta
e continua crescita tra il 1846 e il 1870, e crebbe velocemente negli anni seguenti (Franceschini, 1908: 647). Nel primo decennio repubblicano (18891899), con il rapido aumento dellimmigrazione, si diversificava la composizione della comunit italiana, per soddisfare le esigenze di una citt che aveva bisogno di mano dopera e servizi specializzati, in virt dellaccelerata urbanizzazione e del conseguente slancio delledilizia e delle opere pubbliche.
Molte imprese edili approvarono i propri statuti in quel periodo e quattro di
esse, come ricorda Diegues, stabilirono come finalit statutaria lutilizzo di
operai abilitati allestero (Diegues, 1964:168).
Antonio Jannuzzi, per esempio, emigr nel 1874 a Rio de Janeiro e si distinse nel campo delle costruzioni. Originario di Fuscaldo, non lontano da
Acquappesa, divenne un anello della catena migratoria iniziata verso la met
del XIX sec. Molti altri calabresi ricevettero lettere di chiamata dallimpren96

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RICERCHE/MATERIALI

ditore, che continu a mantenere i legami con il suo paese dorigine. Jannuzzi
costru la sede della Societ Italiana di Beneficenza, la pi antica della citt,
inaugurata nel 1907. Fu direttore di una importante Societ di Ingegneria,
comproprietario della seconda banca italiana fondata in Brasile, intorno al
1890, denominata Banco ItaloBrasileiro (Trento, 1988: 147). Jannuzzi fu
nella capitale brasiliana un genuino zio dAmerica, capace di stimolare la
lunga catena migratoria di calabresi originari di Fuscaldo, che continuarono
ad arrivare a Rio de Janeiro fino agli inizi del XX sec..
I fratelli Santoro formarono altri anelli di questa catena. Nati nelle vicinanze di Fuscaldo, arrivarono a Rio de Janeiro nel periodo in cui si registrava
il picco dellemigrazione italiana. La tradizione familiare riporta che, per
qualche tempo, furono dei venditori ambulanti. Ma presto Pasquale e Luigi
abbandonarono la citt, quando Antonio mor durante una epidemia di febbre
gialla, antico pericolo per gli europei a Rio de Janeiro, il cui clima non a torto
era considerato insalubre.
Una citt perfida si present al giovane medico Paolo Mantegazza, che
sarebbe diventato un celebre igienista italiano, e che descrisse Rio come citt
ammorbata. Davanti al vaporetto con bandiera nera che raccoglieva i cadaveri
infetti nelle imbarcazioni ormeggiate nella Baia di Guanabara e davanti alle
innumerevoli imbarcazioni con bandiere a mezzasta, decise di ritornare immediatamente in Europa, anche a costo di salire a bordo di una nave inglese
che portava con s una trentina di persone malate (Mantegazza, 1870:
507-9)
Citt perfida si rivel la capitale brasiliana ai giovani calabresi appena arrivati, dopo la lunga traversata dellOceano. Lo sguardo di Teresa si sarebbe
soffermato per molto tempo sul mare se solo avesse potuto accompagnare il
tragitto dei figli pi piccoli, che continuarono ancora il lungo viaggio, fuggendo dalla malattia. Questo sguardo materno sarebbe dovuto arrivare fino al
Rio Grande do Sul, dove la febbre gialla non arrivava. Teresa certamente non
sapeva nulla di questaltra America cos distante, Porto Alegre, dove per gi
vivevano almeno altri due compaesani amici, giovani delle famiglie Crivella
e Guaglianone. Teresa non avrebbe pi visto i suoi figli. Antonio si trasform
in un ricordo doloroso, una fotografia listata a lutto e un lumino acceso.

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RICERCHE/MATERIALI

Luigi e Pasquale, figli di Teresa, a Porto Alegre, con i figli Antonio e Homero, nati nella citt brasiliana (1950 ca.)

La vita continu e gli sguardi delle donne di casa certamente arrivavano


fino allisola di Stromboli, sulla linea dellorizzonte, solo un punto nero nei
giorni senza foschia. Era triste lo sguardo di Teresa fisso sullo Scoglio della
Regina, la roccia che spunta dal mare nei pressi della Marina di Acquappesa.
Deve aver sempre sentito raccontare la storia di una coppia di giovani
principi che non riusciva ad avere dei figli. Limbarcazione con la quale i
principi viaggiavano naufrag ed essi trovarono rifugio sullo scoglio, dove
cera una fonte alla quale poterono abbeverarsi. Lacqua era curativa, sgorgava limpida dalla roccia e port fertilit a quei principi che poi diventarono
sovrani.
Dunque, Teresa riuscita a partorire e allevare quei figli forti e laboriosi:
giovanottoni dai capelli ricci e dagli occhi nerissimi, nati con le doglie della
luna calante, allevati con il suo latte e il suo lavoro. Angeli aveva avuto
senza nemmeno sentire il loro pianto, altri li aveva cullati, cibati e poi pianti.
Poveretti! I figli che le erano rimasti erano poi partiti; mille volte aveva assistito quei ragazzi, piegata dalla stanchezza, quando piangevano nelle notti
fredde, sul materasso di foglie di mais, cucito con le proprie mani. Gli benediva il corpo con la croce, ripetendo tre volte: Il dolore passer perch Cristo
onnipotente.
Quattro figli erano molto di pi di quanto la scarsa e arida terra poteva
nutrire. Dovevano sposarsi e a loro volta avere dei figli e pertanto dovevano
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RICERCHE/MATERIALI

partire. Li ha perduti quando attraversarono il mare, quando incrociarono


limmenso Oceano. Le rimasta solo la piccola Rosa.
La madre che non sa leggere ascolta quando il prete decifra quelle lettere
che raccontano del lavoro, della nostalgia, del matrimonio, della vita, delle
malattie e della morte in paesi lontani. Nelle lettere inviate al parroco gli emigrati lamentavano la casa che avevano lasciato, il paese dorigine; ma sopratutto lamentavano la nostalgia dei parenti, degli amici, perfino dei vicini
di casa (Colangelo, 1982: 219-20)
Su richiesta di Teresa il prete dice quello che deve essere detto ai ragazzi
in America, scrivendo lettere che viaggiano nelle navi a vapore. Per il figlio
morto certamente prega sullaltare della Vergine del Rifugio, con il mantello
rosso e la corona dorata e il Bambino Ges in braccio. Prega prima che cominci la messa, subito dopo che il marito ha suonato le campane nella torre
dedicata a Santa Maria, che tutti accoglie. Se non pu dare accoglienza ai figli di Teresa nella terra dove sono nati, per lo meno veglier su di loro in terre americane. Potr anche prendersi cura degli altri in cielo, tutti battezzati e
liberi dal peccato.
Il paese sta diventando sempre pi vuoto, sono tanti i ragazzi che partono
mentre Teresa lavora e prega. Quel paese tagliato dal labirinto dei vicoli
molto pi che un agglomerato di vecchie case e una chiesa. un luogo di
luoghi vuoti e tristi per quelli che vi rimasero, come lei, che ricorda i figli in
ogni angolo del caseggiato, delle strade, nei gradini, nelle piccole baie, per
tutta la spiaggia dalla Marina a Intavolata.
Per quelli che partirono per lAmerica, Acquappesa rimasta congelata. Il
paese rimasto uguale nel racconto di quelli che se ne andarono; diventato
luogo di memorie, pieno di significato per i tre giovani che sono diventati
vecchi. Un povero e bel luogo sul mar Tirreno.
Il 15 ottobre Teresa sarebbe andata ancora una volta a Intavolata, per accompagnare la processione della sua patrona, Santa Teresa dAvila. Ne avrebbe approfittato per inginocchiarsi in chiesa pregando insieme San Giuseppe e la Madonna di Pompei, unimmagine tratta in salvo da un naufragio
perch ingoiata da un pesce che, miracolosamente, laveva riportata sulla
spiaggia, dove fu costruita molto tempo prima quella torre.
Per la festa dei morti avrebbe visitato le tombe dei cari che avevano lasciato questa vita, nel cimitero di Guardia Piemontese. Perch i suoi antenati
probabilmente erano originari di quella zona. Era anche l che qualche volta
trovava lavoro in estate, lavando i panni o i pavimenti dove passavano i malati che venivano a curarsi nelle famose acque termali. Il lavoro venuto a
mancare quando la grande alluvione ha distrutto tutto e le fonti dacque mira99

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colose furono sotterrate dal fango (De Seta, 1904). Era allora molto giovane,
con i figli piccoli da allattare. Crebbero presto ed erano gi lontano quando
unaltra catastrofe si abbatt sulla regione: il terremoto del 1905, con le sue
innumerevoli vittime.
Scendendo a Guardia avrebbe potuto parlare nuovamente il suo dialetto.
Tanto tempo era passato e portava ancora nellabbigliamento e nel modo di
parlare piccoli segnali che identificavano una lontana origine occitana, anche
se da secoli la sua gente aveva abbandonato la condannata fede. Con i suoi
parenti parlava la lingua doc, ereditata da quegli eretici francesi che attraversarono le Alpi, fuggendo dalle persecuzioni e dai roghi, cercando rifugio nella costa tirrenica, attratti dalla protezione dei signori della Casa dAngi, nel
XIV sec..
A Guardia i Valdesi vissero per circa due secoli, fino a quando il re di
Spagna divenne re di Napoli e con laiuto dei domenicani promosse una dura
repressione, confinandoli in un ghetto nel quale le case potevano essere spiate
da fuori attraverso degli orifizi aperti appositamente. Pi tardi ci fu una grande mattanza degli abitanti del ghetto, per ordine del cardinal Ghislieri.
Teresa probabilmente discendeva dai pochi sopravissuti al massacro che
avvenne alla vecchia Porta del Sangue, altro luogo di memorie, simbolo di
ingiustizia e di identit. I limiti del suo mondo erano da un lato Guardia Piemontese e dallaltro Cetraro, dove molte volte passeggi allombra dei cedri.
Avrebbe potuto conoscere Paola, un p pi in l, dove ha vissuto e ha fatto
prodigi San Francesco, nella cui cappella furono conservate tante reliquie miracolose; magari vi avrebbe potuto fare un pellegrinaggio per grazia ricevuta,
collocando nellimmenso santuario una fotografia dei suoi figli che erano riusciti ad arrivare in America, dove lavoravano e davano da mangiare ai propri
figli. Ma andare a Paola, in quel tempo e nelle sue condizioni, era difficile.
In quel luogo dove viveva erano tutti molto poveri. Teresa e Domenico
erano tra i pi poveri del paese; i figli di Teresa dovevano uscire presto la
mattina per i campi di mais, avena ed orzo; avevano fatto pratica dal mastru
scarparu, sapevano riparare le scarpe, ma per loro non cera lavoro o speranza, come cera per i figli di Zottolo, che costruivano barche. A volte mancava
il cibo e perfino il pesce scarseggiava. E allora Teresa spesso camminava per
la campagna, raccogliendo erbe da bollire e da mangiare con il pane scuro,
pane di farina di castagne. Tutti indigenti come quei pescatori che vivevano
ad Intavolata, mangiando pesce fresco, o salando il pesce da vendere (Bua,
2003; De Pasquale, 1977). Per questo da sempre i Cosentini partirono e,
nellultimo quarto del XIX sec., praticamente svuotarono quelle piccole localit della provincia, ormai libere dalla minaccia dei corsari.
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RICERCHE/MATERIALI

Il paese non doveva pi rinserrarsi in cima alla montagna, da dove per secoli si annunciava larrivo di una imbarcazione. Da l si manteneva la guardia
per evitare lassedio impietoso dei corsari che venivano dallAlgeria e dalla
Tunisia. Dallalto delle terrazze e delle torri si succedevano i segnali che avvertivano degli attacchi, frequentemente notturni. Lantica paura era ora dimenticata, dal mare non arrivava pi la minaccia di saccheggi, di rapimenti di
donne e bambini; lultima razzia era avvenuta agli inizi del XIX sec.. La lunga epoca di insicurezza e di timore era finita e la gente cominciava a scendere
verso il mare, si stabiliva nella marina dove presto si cominci a percepire la
presenza di forestieri, ai quali i medici avevano raccomandato un cambiamento daria, bagni di mare, trattamenti con acque termali. Dalla met del
secolo, Acquappesa era riconosciuta come luogo di villeggiatura, uno stabilimento balneare di prestigio.
Il mare non rappresentava pi la minaccia dei pirati, ma passava a rappresentare la minaccia della separazione. Lantico paese si riduce in rovine, poche case hanno ancora vita attorno alla chiesa della Madonna del Rifugio, che
mano a mano veniva costruita mentre nascevano i figli di Teresa, in sostituzione della piccola e modesta cappella. Tanti andarono via, alcuni alla Marina, ma la maggior parte dallaltro lato dellOceano, abbandonando il vecchio
Casale.
Il luogo diveniva vuoto, ma carico di significati. Si trasform in un deserto quando partirono i nipoti di Teresa. Poche fotografie attraversarono
lOceano, come misere briciole di affetti familiari. Le tracce di Teresa scompaiono nel caseggiato insieme alla sua tragedia, che la stessa di tante donne
in tutti i tempi di emigrazione.
Traduzione dal portoghese di Dulce Maria Barbosa Leite,
che lautrice ringrazia,
unitamente ad Assunta Orlando, di Acquappesa,
per la gentile collaborazione offerta.

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RICERCHE/MATERIALI

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RICERCHE/MATERIALI

a fuoco le difficolt pratiche riscontrate nella fase di attuazione dei vari progetti, seppe individuare con puntualit loggetto e la localizzazione delle attivit, dimostr la necessit di innovare tecnologicamente il settore tessile e
soprattutto diede vita ad uniniziativa degna dessere imitata; tutto ci rese
liniziativa una frazione privilegiata del processo di sviluppo 107.

107

HIRSCHMAN, I progetti di sviluppo, cit., p. 13.


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LAVORI IN CORSO

GEMMA MALTESE

RAPPRESENTAZIONE DELLUMANO E DEL NON UMANO


NELLERA DELLA TECNICA

Si definisce spesso la modernit mediante lumanesimo, sia per salutare la nascita delluomo, sia per annunciarne la morte. Ma perfino questo atteggiamento moderno, in quanto permane asimmetrico, trascurando la nascita congiunta della non umanit, quella delle cose, degli oggetti o degli animali, e quella non meno strana di un Dio barrato, cancellato, fuori gioco. La modernit
sorge dalla creazione congiunta di questi tre elementi, quindi dalloccultamento di questa triplice nascita e dal trattamento separato delle tre comunit,
mentre al di sopra, continuano a moltiplicarsi gli ibridi, proprio a causa di
questo trattamento separato. questa duplice separazione che dobbiamo ricostruire, da un lato tra lalto e il basso, dallaltro tra gli umani e i non umani
(Latour, 1991, p. 25).

Riflettere oggi sul concetto di umano e cogliere il confine tracciato nella


cultura occidentale dal metodo scientifico moderno tra la comunit umana
e la comunit del non umano quanto mai complesso. Cogliere e (decostruire e poi) ricostruire la separazione tra gli umani e i non umani, attualmente, significa addentrarsi allinterno della vita quotidiana, nei tempi
1
pi familiari degli individui, e scandagliare ci che questi danno per scontato: il rapporto continuo con il non umano, il loro essere totalmente e continuamente inseriti allinterno di unecologia materiale fatta di cose che mette

Secondo la definizione di Peter e Brigitte Berger la vita quotidiana il tessuto di


abitudini familiari allinterno delle quali noi agiamo e alle quali noi pensiamo per la
maggior parte del nostro tempo. Questo settore dellesperienza per noi il pi reale:
il nostro habitat usuale e ordinario. P. L. BERGER e T. LUCKMANN, La realt come
costruzione sociale, trad. it. Bologna, il Mulino, 1969.
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LAVORI IN CORSO

in ombra lumano che sta dietro lartificiale . Il non umano inteso qui in
quanto comunit entro cui si collocano (anche) beni e prodotti tecnico
scientifici , travolto dal totalizzante processo dintellettualizzazione della
realt, ha incorporato in s un sapere che alluomo profano non visibile.
Luomo convive e vive in una realt a lui incomprensibile, se non attraverso i
discorsi che su di essa, dalle differenti voci che emergono nellattuale villaggio globale, vengono prodotti.
In tale ecologia, da dove viene lessere umano che interpreta oggi il non
umano differente da s, e che, al contrario, riconosce nei sui simili lessenza
della sua natura?
Luomo dellet della tecnica discende culturalmente dallessere mortale
per cui Prometeo ha rubato il fuoco e a cui ne ha fatto dono, rendendolo co3
struttore, attraverso la tecnica, del suo destino . In questo senso, lumano
figlio della tecnica quanto della natura. Arnold Gehlen, in Luomo nellera
della tecnica (1957), propone lumano in quanto comunit, genere, specie
biologicamente tecnica. Luomo mancando di organi e istinti specializzati si
costituisce attraverso unessenza tecnica: egli (...) non conformato per un
ambiente naturale, e di conseguenza non ha altra risorsa che trasformare con
4
la sua intelligenza qualsivoglia stato di cose da lui incontrato nella natura .
Questa nonspecializzazione si riferisce alle prestazioni organiche ed istintive delluomo. Dalla prospettiva di Gehlen, quindi, la tecnica
nellessenza stessa dellessere umano: egli fa della realt strumento e, a partire da questa relazione, luomo e la natura possono essere rappresentati in
quanto reciprocamente estranei. Luomo dellet della tecnica, in particolare,
pu essere definito innaturale, poich la sua condizione, il suo essere umano,
dettata, culturalmente e materialmente, dallartificiale che secolarmente egli stesso ha costruito.
Il concetto di umano in quanto comunit al di sopra di Dio e del non u5
mano una rappresentazione moderna . DallUmanesimo allIlluminismo si
gettarono le fondamenta per la costruzione di un nuovo mondo edificato dalla
2

Cfr. J. BAUDRILLARD, Il sistema degli oggetti, Bompiani, Milano, 1968; e J.


BAUDRILLARD, La societ dei consumi, tr. it. a cura di Gozzi G., Stefani P., il Mulino,
Bologna, 1976.
3
Cfr. U. GALIMBERTI, Psiche e techne. Luomo nellet della tecnica, Feltrinelli, Milano, 2004.
4
A. GEHLEN, Luomo nellera della tecnica, Sguarco, Milano, 1984, p. 11.
5
Cfr. B. LATOUR, Non siamo mai stati moderni. Saggio di antropologia simmetrica,
Eleuthera, Milano, 1995.
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LAVORI IN CORSO

razionalit soggettiva degli uomini; fatto di cose, di strutture e di discorsi


prodotti dagli uomini: lumano creatore consapevole del nuovo mondo moderno. Dalla nascita congiunta dellumano e del non umano, barrando progressivamente dio dalla terra, luomo ha inaugurato, attraverso questa consapevolezza, una nuova epoca: lepoca in cui egli d forma alla sua seconda
natura, alla sua essenza tecnica.
A te, Adamo, non ho assegnato un posto determinato, n un aspetto e neanche
una dote particolare, e ci affinch sia tu stesso a volere, a conquistare e a
possedere da solo il tuo posto, il tuo aspetto e le tue doti. La natura contempla
altre specie entro le leggi da me stabilite. Ma tu che non hai alcun confine
come limite definirai te stesso secondo il tuo arbitrio, nelle cui mani io ti ho
posto. () Non ti ho creato n celeste, n terrestre, n mortale n immortale,
affinch, sovrano di te stesso tu possa completare liberamente la tua forma,
come un pittore o uno scultore. Potrai degenerare in forme inferiori, come
quelle bestiali, oppure, rigenerato, potrai raggiungere le forme superiori e divine (Pico della Mirandola, 1486, p. 41).

Pico della Mirandola, in Discorso sulla dignit delluomo (1486), riscrive


il libro della Genesi proponendo, attraverso le parole del creatore, lassoluta
e totale indeterminazione delluomo. In modo opposto a tutte le altre creature, luomo, nel pensiero di Pico, non ha una natura che deve necessariamente
seguire: egli ha, piuttosto, la libert di autodeterminarsi, di fare di s (e da
s) ci che vuole, fino a degenerare in forme inferiori o fino a raggiungere
forme superiori, divine, facendo dellintero creato uno strumento di autodeterminazione.
Questo Discorso anticipa il pensiero moderno: la dignit delluomo non
dipende pi da una posizione prefissata nellordine creato, ma dal suo agire
nel tempo, dalla sua capacit di superarsi continuamente e di vincere progressivamente contro ogni forza nemica che si contrappone alla realizzazione di
ci che egli considera una vita degna e felice.
La Genesi dellumano tracciata da Pico porta con s il paradosso della
modernit, pur essendo calata in una epoca in cui dio rappresentava ancora il
creatore e luomo la creatura. Per trovare affermazione la dignit umana, per
raggiungere la libert rispetto alle autorit, agli irrazionalismo e alla tradizione, luomo di Pico deve svincolarsi da ogni natura, deve costituirsi in quanto terra di nessuno: lumano non si distingue come forma n dalle bestie n
dagli dei, se libero pu assumerne entrambe le forme. In questo senso, ci
che lo caratterizza larbitrio, la contingenza e per svincolarsi da
questultima la possibilit di essere e di fare sempre altrimenti. Il parados107

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LAVORI IN CORSO

so della modernit, a partire dallUmanesino, per secoli, rimane adombrato


poich tali caratteristiche legate allindeterminatezza e alla natura tecnica
delluomo vengono assorbite dalla nuova fede illuminista e positivista nella
conoscenza razionale, e vengono proiettate nel potere e nel controllo tecnico
del mondo esterno, affermatosi in quanto progresso infinito.
Tuttavia, le alternative, le diverse forme assumibili dallumano si sono
tradotte in ununica alternativa, che per promette di perpetuarsi allinfinito:
il miglioramento e il potenziamento delle condizioni di vita dei singoli e dei
popoli, raggiungibile esclusivamente grazie alla continua innovazione tecnologica. Ebbene, il paradosso moderno risiede esattamente in questo: lidea
moderna di umano, simboleggiata qui dal pensiero di Pico, esprime la irrefrenabile spinta al superamento di ogni limite e confine e al perfezionamento
continuo. Questa illusione produce lartificializzazione, la proceduralizzazione della vita umana, la trasformazione dello stesso organismo umano in una
macchina, e ci riduce lo spazio dellarbitrio, del non programmato, della
libert. Luomo moderno che programma e preordina il proprio futuro lo fa
progettando s stesso, e dunque rifacendo delluomo un essere dal destino
biologico e culturalmente predeterminato, pur trattandosi di un destino di
potenziamento. Cos, se lessenza umana lautodeterminazione, luomo
programmato attraverso la tecnica perde ci che proprio dellumano.
Nel riflettere su tali processi, la prospettiva che vorrei suggerire induce a
considerare la condizione dellumano nellet della tecnica come effetto dovuto allincompiuto tentativo moderno di separazione tra lumano e il non
umano, e, da ci, alla profusione del non umano. In un ecologia fatta di cose,
in cui entra fortemente in crisi il rapporto soggettooggetto, la non umanit si
dota di oggettivit fino a costituirsi in quanto quasisoggetto, in quanto
soggettivit ibrida (cfr. Latour, 1991). A partire da tale prospettiva, lumano,
nella storia che narra la costruzione moderna di questa ecologia artificiale, si
indirizzato verso uno stadio di ricongiungimento alla sua (seconda) natura
tecnica. Esso si confonde con il non umano, e questa confusione viene letta
qui in quanto ricongiungimento nellimpossibilit a tenere separati le due
comunit dellumano alla sua essenza tecnica, strumentale. Il mondo da
questa edificato frutto della predisposizione umana allagire, ed oltremodo simbolo della natura tecnica delluomo. Il mondo della tecnica per cos
dire il grande uomo: geniale e ricco dastuzia promotore ed insieme distruttore della vita come luomo stesso, come lui in rapporto poliedrico con
6
la natura vergine. Anche la tecnica , come luomo, nature artificielle .
6

A. GEHLEN, Luomo nellera della tecnica, Sguarco, Milano, 1984, p. 13.


108

Daedalus 2007

LAVORI IN CORSO

Mutuando il pensiero di Gehelen, luomo ha ed una seconda natura,


con leggi e caratteristiche proprie. In prima istanza, luomo mosso
allazione: la sua incompiutezza e la sua nonspecializzazione, il suo dover
necessariamente prendere posizione, lurgenza di dover compiere uninterna
autointuizione, limpossibilit di vivere in un suo ambiente caratteristico, se
non costruendo protezioni tra esso e la natura, fanno si che luomo si contraddistingua per il suo essere in azione. Inoltre, poich egli aperto al mondo, costretto ad esonerarsi dalle incombenze che la natura di volta in volta
gli presenta, ed infine, essendo costantemente soggetto al rischio, anche
obbligato ad antivedere ed a provvedere.
Cos, luomo incontra il mondo e lo percorre attraverso unattivit motoria plastica: unattivit di manipolazione. Oggi questa attivit non pi determinata immediatamente da bisogni biologici. La manipolazione della realt, nellet della tecnica, il processo attraverso cui la stessa realt viene riprodotta. Ci che luomo riproduce al di la di ci che materialmente produce la cultura. Luomo trasforma la natura in cultura, e lazione a cui
mosso volta a strumentalizzare la realt al fine di far prevalere la sua seconda natura sulla limitatezza biologica che lo caratterizza. Linsieme della
natura da lui trasformata con il proprio lavoro in tutto ci che riesca utile
alla sua vita dicesi cultura, il mondo della cultura il mondo umano (...)
La cultura pertanto la sua seconda natura vale a dire: la natura umana, dalluomo elaborata autonomamente, entro la quale egli solo pu vivere;
e la cultura innaturale il prodotto di un essere unico al mondo, lui stesso
7
innaturale, costruito cio in contrapposizione allanimale .
Pertanto, se luomo ha ed una natura tecnica, e se la tecnica di per s
un elemento essenziale della sua natura, ovvero lelemento pi precipuo
alla seconda natura delluomo, e se, infine, la tecnica la natura
delluomo, quali problemi pu sollevare luomo nellet della tecnica?
Tale questione, posta in questi termini, deve essere connessa agli orientamenti temporali sociali degli individui e alle trasformazioni che questi subiscono nelle differenti fasi della modernit. In effetti, la natura tecnica
delluomo presuppone che la costruzione della forma delluomo avvenga in
progresso, in una dimensione futura. Il futuro, in quanto rappresentazione
sociale temporale del divenire, e in quanto dimensione entro cui luomo pu

Ivi, p. 64.
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Daedalus 2007

LAVORI IN CORSO

progettare di agire un elemento tipicamente moderno . Gli orientamenti


temporali sociali nel corso della modernit, nel cambiamento accelerato e
continuo che essa porta con s, subiscono permanentemente piccoli mutamenti: il presente, il passato, il futuro e il modo di connettere tra loro tali dimensioni, dallepoca moderna in poi, mutano al ritmo scandito dal tempo
9
dellinnovazione tecnologica .
Cos, se la modernit, rispetto allepoche passate, percezione e consapevolezza da parte degli individui del cambiamento continuo entro cui le loro
vite sono immerse, in tale epoca che il concetto di avvenire pu essere concepito, connesso e distinto dal presente e dal passato: il futuro nelle mani
delluomo; esso, al di l del passato che ha alle spalle e al di l della condizione presente, si costruisce attraverso il progettare, il prevedere. Dal superamento di una visione del tempo lineare, ciclica, in cui il passato e il futuro
si perdevano nel mito, nella leggenda, nel sacro, e il presente non consentiva
di fare progetti a lungo termine, nel mondo moderno luomo in quanto essere collocato e costruttore del tempo storico, e in quanto essere potenzialmente
in grado di compiere nel futuro ogni azione. in virt di un dominio totale
dellumano sul non umano, sulla natura, su dio che il tempo futuro assume il
significato che i moderni ad esso attribuiscono: in questo dominio la parola
dordine impressa sulla cultura occidentale produttivit, sempre maggiore
produttivit, da raggiungere attraverso lefficienza, la calcolabilit, la razionalizzazione e la programmazione del tempo.
Lidea del tempo come lineare, nella fase di modernit industriale, viene
liberata da ogni concezione legata a motivi religiosi, e assume come proprio
presupposto la linearit temporale del progresso. In questa sostituzione, il
futuro aperto solo se in termini di trascendenza, caratterizzante la concezione
dellavvenire umano nelle epoche passate, diviene futuro aperto nella realt
storicosociale entro cui gli individui agiscono.
10
In questa laicizzazione del tempo lineare , il futuro aperto, in una realt
progettabile dalluomo, lascia il soggetto vulnerabile al rischio di un futuro
completamente nelle mani delle possibilit tecniche delluomo. Cos, dopo
secoli di dominio dellidea di futuro impressa dallutopia del progresso, in8

Cfr. C. LECCARDI, Sullinterpretazione del futuro, Working paper di sociologia e


scienza politica, Universit degli Studi di Messina, Universit degli studi della Calabria, 1997.
9
Cfr. N. ELIAS, Saggio sul tempo, il Mulino, Bologna, 1986.
10
Cfr. C. LECCARDI, Sullinterpretazione del futuro, Working paper di sociologia e
scienza politica, Universit degli Studi di Messina, Universit degli studi della Calabria, 1997.
110

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LAVORI IN CORSO

sieme alla percezione di un futuro sempre migliore del presente, nelle fasi di
modernit pi tarda, si percepisce come mai prima la rischiosit insita nel
progettare il tempo e, in particolare, nel programmare lavvenire esclusivamente sulla base della razionalit strumentale delluomo. In modo pi evidente, a partire dal secondo dopoguerra, la linearit del tempo, lidea di un
futuro sinonimo di progresso entrano inesorabilmente in crisi: luomo dellet
della tecnica riemerge dalla macerie della guerra con la sensazione che il suo
farsi agente tecnico ha innescato processi di mutamento e dinamiche di potere per cui il futuro, cos come pu essere progettato e volto al miglioramento
del genere umano, pu anche essere pianificato secondo una logica di distruzione totale.
In questo senso, la deterrenza, la sfiducia nellutopia del progresso, e la
minaccia continua di unimmanente e imminente catastrofe nucleare, ecologica, economica rappresentano limmaginario collettivo entro cui fermenta la
crisi del concetto di avvenire della modernit pi matura, e dunque la crisi
delluomotecnica, il quale pu farsi umano solo se pu immaginare, pianificare il suo futuro.
Allinterno di tale crisi per cui lidea di avvenire aperto e lineare
11
dellepoca moderna cede il passo ad un futuro apertamente temuto
lumano, immerso completamente in unecologia materiale e fittizia, in cui
paradossalmente sono gli oggetti a rappresentare e ad incorporare il sapere,
progressivamente va perdendo i tratti della propria umanit. Lumano messo in ombra dal fatto che il futuro, dimensione entro cui la sua natura tecnica
pu realizzarsi, non pu essere pi interpretato come sinonimo di miglioramento. Piuttosto lavvenire sinonimo di rischio: essere moderni vuol dire
trovarsi in un ambiente che ci promette avventura, potere, gioia, crescita,
trasformazione di noi stessi e del mondo; e che, al contempo, minaccia di distruggere tutto ci che abbiamo, tutto ci che conosciamo, tutto ci che siamo. Gli ambienti e le esperienze moderne superano tutti i confini etnici e geografici, di classe e di nazionalit, di religione e di ideologia. in tal senso si
pu davvero affermare che la modernit accomuna tutto il genere umano. Si
tratta, comunque, di un'unit paradossale, di un'unit della separatezza, che
ci catapulta in un vortice di disgregazione e rinnovamento perpetui, di con12
flitto e contraddizione, d'angoscia e ambiguit .

11 Ivi, p. 10.
12 M. BERMAN, L'esperienza della modernit, Bologna, il Mulino, 1985, p. 25.
111

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In questa sensibilit, in questo tipo di esperienze ambigue e conflittuali


caratterizzanti la vita quotidiana degli individui nel mondo della modernit,
che cosa distingue lumano dal non umano?
Davide Sparti, nella sua riflessione su Limportanza di essere umani, pone tale dubbio al fine di far luce sulle ambiguit che attualmente attraversano
in modo totale gli individui, fino alle radici bioantropologiche della persona
umano: come posso avere la piena certezza di avere a che fare con unaltra
persona, invece che con poniamo un robot?, o in altri termini, disponiamo di una risposta diretta alla domanda: Esiste un dato di fatto che ci
13
dice se un individuo particolare, al tempo t, o non un essere umano? .
La questione formulata da Sparti inerisce allumano in quanto persona, e
non allumano in termini di soggetto appartenente biologicamente alla specie
homo sapiens. Ci che egli vuole cogliere ne Limportanza di essere umani
sono particolari attribuiti della persona umana. Cos, Sparti, riprendendo
lanalisi di Daniel Denett, tenta di comprendere cosa differenzia la classe
delle persone da altre classi per certi versi confinanti, o quantomeno affini:
istituzioni, macchine intelligenti, primati, animali domestici, embrioni, neonati, portatori di handicap, individui senili o in stato di coma (), e se esiste un minimo vitale bioantropologico cui potersi appellare per sancire la
personhood di un individuo.
La prima condizione la presupposizione normativa di razionalit: non posso
neppure iniziare a descrivere un individuo come persona se non la considero
un soggetto razionale, che crede in ci che crede, desidera cose desiderabili e
agisce secondo intenzione. La seconda condizione lascrivibilit di predicati
intenzionali. I predicati riferiti alle persone appartengono a famiglie olistiche
collegate fra loro in nessi concettuali: non posso predicare pensa a una creatura di cui non posso predicare anche crede, vuole, ama ecc. () La
terza condizione per attribuire personalit a qualcuno il considerarlo una
persona. Lassumere certi atteggiamenti e il trattarlo in certi modi sarebbe
cio costitutivo del suo essere persona. Queste tre prime condizioni sono ()
tra loro interconnesse.

La persona umana un soggetto razionale, in quanto crede, desidera e agisce coerentemente alla sua ragione. Luomo non solo in quanto pensa, ma
in quanto, in connessione al suo pensiero, crede, vuole e ama: la persona
umana poich capace di empatia e di pensiero. Luomo, inoltre, si costrui13
D. SPARTI, Limportanza di essere umani. Etica del riconoscimento, Feltrinelli, Milano, 2003, p. 119.

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sce come persona solo attraverso il riconoscimento esplicito e implicito da


parte degli altri. Tali condizioni sono in stretta relazione tra loro e devono
essere connesse alla capacit dellindividuo di riprodurre gli atteggiamenti
che gli altri assumono nei suoi confronti e linsieme delle capacit comunicative, interpretative e di attribuzioni di significato rispetto alla realt di cui solo lessere umano capace.
La quarta condizione che lindividuo deve essere in grado di contraccambiare latteggiamento assunto nei suoi confronti. La quinta condizione la
capacit di comunicazione verbale. La sesta e ultima che la persona si distingue per un modo particolare di essere cosciente (). Ci significa due cose: da una parte, che deve sempre poter riferire cosa sta facendo per poter partecipare in modo privilegiato a qual gioco di domande e risposte che il fornire ragioni sui motivi dellagire. Dallaltra parte, significa che lindividuo attribuisce non solo credenze, desideri e intenzioni ma anche credenze, desideri
e intenzioni riguardo a credenze, desideri e intenzioni (Sparti, 2003, p. 121).

Luomo tale poich attribuisce significato alla realt che lo circonda attraverso interpretazioni e rappresentazioni. Ci significa che comprendere
come lumano sia mutato, in particolare nel suo rapporto con il non umano,
nel corso del tempo, significa tentare di cogliere come le rappresentazioni
dellumano si siano trasformate in relazione alle differenti condizioni e ai diversi
linguaggi attraverso cui gli uomini, interpretando, costruiscono la realt.
Luomo () non ha mai abitato il mondo, ma sempre e solo linterpretazione
che le varie epoche hanno dato al mondo. Quando nel mondo antico il mondo
era descritto dal mito, quando nel Medioevo era descritto dalla religione,
quando nellet moderna era descritto dalla scienza e oggi dalla tecnica, gli
uomini non hanno mai abitato il mondo, ma la sua interpretazione prima mitica, poi religiosa, quindi scientifica e ora tecnica. () Dagli antichi a noi, ad
esempio, la natura ha sempre ribadito il suo ciclo, ma la sua interpretazione
lha inserita in scenari a tal punto diversi da farla apparire come qualcosa di
completamente diverso. Una cosa infatti pensare alla natura come
quellordine immutabile posto a misura di tutte le cose, altra cosa pensarla
come creatura di Dio posta al servizio delluomo, altra ancora pensarla come fondo disponibile di risorse allinterno di quella progettualit tecnica che
include anche luomo tra i materiali disponibili (Galimberti, 1999, pp. 353-54).

Luomo dallessenza tecnica interpreta la realt come uno strumento, in


tal senso egli non ha tempo: il suo essere umano lo induce ad interpretare il
tempo come divenire, entro cui gli accadimenti e la realt futura possono es113

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LAVORI IN CORSO

sere determinati essenzialmente attraverso lazione e la programmazione. Cos, se si considera linsufficiente dotazione delluomo, () sar facile avvedersi che egli deve riconoscere per essere attivo e deve essere attivo per poter vivere lindomani. Questa semplice formula si complica alquanto
allinevitabile osservazione che gi questo stesso riconoscere assai condizionato: nel caos del profluvio di stimoli non c dapprima proprio nulla da
riconoscere, e solo il gradualissimo padroneggiamento di tale caos per mezzo di movimenti di maneggio e sperimentali fa nascere i compendiosi simboli,
con i quali pu avviarsi ci che pu chiamarsi conoscenza (...). Luomo che
gi la fame futura rende affamato (Hobbes, De homine, X, 3), non ha
tempo: se non predispone il domani, questo domani non conterr nulla di
14
cui egli possa vivere .
Cos, nel tempo della tecnica, lorizzonte entro cui collocare luomotecnica senza tempo, non pi la natura, nella sua stabilit e inviolabilit,
n la storia, che abbiamo vissuto e narrato come progressivo dominio
delluomo sulla natura, ma la tecnica, che dischiude uno spazio interpretativo che si definitivamente congedato sia dallorizzonte della natura che da
15
quello della storia .
Nellera della tecnica gli individui vivono al ritmo scandito dal tempo che
16
invecchia : lorizzonte, sia in quanto sfondo che in quanto dimensione futura che essi intravedono, lo spazio che si dischiude mette in luce la grandezza
delle costruzioni umane, ma pone in ombra lumano che sta dietro
lartificiale. Lillimitata capacit di produzione attuale, materiale e simbolica, prosciuga la capacit dimmaginazione umana. Ed nellinfiacchirsi di
tale capacit che lumano perde il suo essere inventore di s stesso, piuttosto
17
si riduce alla pi importante materia prima . Loggetto, lo strumento, il
non umano, il prodotto tecnico determinano il presente e il futuro delluomo.
Questo capovolgimento nel rapporto soggettooggetto, , in ultima analisi,
intrinseco alla natura tecnica delluomo, per cui il fine primo diviene da subito il perseguimento dei mezzi. Tutti gli altri fini si subordinano ad esso: la re-

14 Cfr. A. GEHLEN, Luomo. La sua natura e il suo posto nel mondo (1940), tr. it. di
C. Mainoldi, Milano, Feltrinelli, 1983, p. 378.
15
U. GALIMBERTI, Psiche e techne. Luomo nellet della tecnica, Feltrinelli, Milano,
2004, p. 46.
16
ESCHILO, (v. 981) Le supplici, Prometeo incatenato, Agamennone, Palamede, in
Tragedie e frammenti, Utet, Torino, 1987.
17
M. HEIDEGGER, Oltrepassamento della metafisica, in Saggi e discorsi, Mursia, Milano, 1976.
114

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LAVORI IN CORSO

alt, luomo vengono costruiti secondo la sottoposizione a tale ordine. La


soggettivit si sottopone alloggettivit del mezzo.
Le innumerevoli alternative a cui Pico si riferiva nella sua rappresentazione dellumano, si traducono in ununica forma: luomo, in un mondo costruito sulla base della razionalit strumentale, si costruisce anchegli in
quanto strumento. Lessenza tecnica dellumano fa si che sia ci che luomo
fa e che capace di fare che determini luomo stesso: il soggetto cos determinato dalloggetto. In tal senso, se la parabola dellumano inizia con il
narrare che il verbo il logos, la scienza, il suono, la parola, il pensiero si
fatto carne, essa sembra concludersi attraverso limmagine della carne che
si fa verbo: la creatura si fa nuovamente creatore, loggetto si fa soggetto
determinante lessere che lo ha generato.
Dallillusione di una totale manipolabilit della realt attraverso la tecnica, luomo si tramuta esso stesso in oggetto di manipolazione. Lumano e il
non umano appaiono entrambi, in sintesi, come sfondo entro cui soggettivit,
situazioni e realt ibridate, sovrapposte, interagiscono tra loro, e tendono a
ricongiungersi, o meglio, a non poter stare separate: la natura tecnica li accomuna, lempatia li divide. La ragione strumentale li domina e, sottraendo
alluomo empatia poich riduce il suo sentire e agire a puro calcolo, li rende
sempre pi funzionalmente vicini.

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LAVORI IN CORSO

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Daedalus 2007

LAVORI IN CORSO

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Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

SAVERIO NAPOLITANO

PASSIONE STORICA E STORIA CIVICA


NELLA CALABRIA NORDOCCIDENTALE. RASSEGNA
BIBLIOGRAFICA E RIFLESSIONI STORIOGRAFICHE*

1. Lattenzione di queste pagine riservata alle ricerche svolte dagli storici e cultori di storia locali, con deliberata esclusione di quelli professionali
non autoctoni. Una scelta volutamente circoscritta non per esaltare fasti patrii
e attribuire patenti storiografiche o medaglie al merito, ma per esaminare da
vicino un settore culturale e sviluppare qualche riflessione.
Il proposito potrebbe sembrare azzardato solo se assumessimo un atteggiamento pregiudizialmente negativo o semplificatorio sui lavori storiografici
maturati a questo livello. Personalmente, da sempre mi batto per lattenzione
verso la storia locale e il rispetto dei suoi cultori1, di cui sostengo la rilevanza
delle rispettive funzioni, pur nella coscienza che occorra tenere un costante
atteggiamento critico verso questo genere di ricerche quando sono condotte
da semplici appassionati. Ritengo che le osservazioni che svilupper avallino
questa posizione: il silenzio e lindifferenza, allopposto, sarebbero stati sicuri indici di rigetto di questi studi e di disistima dei loro autori.
Credo, intanto, non si possa prescindere da una considerazione generale,
ancorch per certi aspetti ovvia: che la storiografia calabrese ha avuto ed ha
tuttora i suoi epicentri pi consistenti, salvo alcune eccezioni, a Reggio, Catanzaro e Cosenza. Per le eccezioni, penso alle citt destinatarie delle mono* Relazione presentata a Scalea, il 22 settembre 2007, in occasione della presentazione del volume di scritti storici (a cura di Alfonso Mirto, Salviati, Milano, 2007) di
Carmine Manco, cultore di storia locale, nato nella cittadina tirrenica nel 1939 e morto a Pavia nel 1987.
1
S. NAPOLITANO, Nuova storia locale e questione meridionale, in Rivista storica calabrese, n.s., V(1984); ID., Appunti per una metodologia della storia locale, in Daedalus, V
(1990).
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Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

grafie promosse dalla Banca di Crotone e pubblicate dalla Rubbettino, di cui


finora ne sono uscite una diecina che, coinvolgendo opportunamente molti studiosi locali e dando largo spazio alle vicende contemporanee (politiche,
economiche e culturali), ha determinato, pur nella disuguaglianza degli apporti, esiti complessivamente non disprezzabili.
Reggio stata da sempre favorita dalla vicinanza allUniversit di Messina, nella quale si sono formati e hanno svolto la propria attivit diversi storici
calabresi qualche nome per tutti: Gaetano Cingari e Carmelo Trasselli e
dallistituzione nel 1982 dellUniversit Mediterranea. Un beneficio aggiuntivo derivato, pi che dalle riviste Historica e Klearcos, soprattutto
dallattivit della Deputazione di Storia Patria e della Rivista storica calabrese: unistituzione e uno strumento di comunicazione scientifica di non
poca incidenza, se si pensa ai Congressi proposti e organizzati in tutti questi
anni, ma anche allinput non ufficiale impresso al consistente progetto della
Storia della Calabria edita da Gangemi in pi volumi. Un insieme di situazioni che ha permesso a Reggio e alla sua provincia di avere un qualche vantaggio sul resto della regione in termini di esiti storiografici e di migliore
consapevolezza metodologica, bench lenclave intellettuale reggina si sia
posta, secondo me, in insufficiente simbiosi e in debole rapporto con il resto
della regione, limite al quale non sono sfuggite, nelle rispettive province, n
le istituzioni culturali, n lintellighenzia catanzarese e cosentina..
Per Catanzaro, va tenuto presente il ruolo svolto dal Polo universitario
Magna Graecia (istituito nel 1992), dalla Scuola di Teologia San Pio X e da
alcune istituzioni culturali cittadine nel proporre temi dindagine e
nellincoraggiare esperienze storiografiche con risultati esemplari negli studi
di Augusto Placanica, Antonio Carvello, Giuseppe Masi, solo per menzionarne alcuni. Le istituzioni segnalate, combinandosi, a partire dalla fine degli
anni Settanta, con un forte bisogno di cultura qualificata e di strutture di supporto, hanno fecondato, a mio giudizio, la benemerita iniziativa dellIstituto
della Biblioteca calabrese e della rivista Rogerius fondati a Soriano Calabro nel 1997, senza escludere lo sviluppo impresso dalla Rubbettino di Soveria Mannelli alla sua iniziale attivit tipograficoeditoriale.
Cosenza vantava una tradizione culturale molto vivace tra Quattro e Settecento in buona parte facente capo allAccademia cittadina e che ha poi trovato nuovo slancio con listituzione negli anni Settanta dellUniversit di Arcavacata. Un evento che, col generale incremento degli studenti universitari e
dei laureati non solo quelli usciti dallateneo cosentino e il formarsi di
una coscienza pi attenta al passato e al patrimonio artisticoarchitettonico e
folklorico, ha propagato, in maniera diretta o indiretta, onde positive un po
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RASSEGNE/DISCUSSIONI

in tutta la provincia, come dimostrato dalla costituzione a Cosenza


dellICSAIC (Istituto calabrese per lo studio dellantifascismo in Calabria) e
la pubblicazione di un Bollettino, oggi 900 diretto da Giuseppe Masi;
dalla fondazione nel 1982 del Centro Internazionale di Studi Gioachimiti a
San Giovanni in Fiore; dallistituzione dellIstituto Regionale per le Antichit
calabresi, classiche e bizantine a Rossano nel 1989; dalla creazione della rivista Daedalus. Laboratorio di storia nel 1988 a Castrovillari per iniziativa
di Vittorio Cappelli ed altri (ricordo che la cittadina del Pollino vantava in
campo storiografico i nomi di prestigio di Biagio Cappelli, Umberto Caldora
e Francesco Russo, peraltro molto legati al nostro contesto); dalla fondazione
del Museo delle tradizioni contadine a Morano Calabro grazie alla competenza e alla passione di Francesco Mainieri; dalla costituzione a Scalea del Centro studi Attilio Pepe.
Una menzione particolare, qui per brevit limitata alla parte settentrionale
della nostra provincia, merita la fioritura di case editrici programmatiche, anche se alcune di breve fortuna: Il Coscile e Teda a Castrovillari (1985 e
1986), Periferia e Progetto 2000 a Cosenza, Marco Edizioni a Lungro (tutte
del 1986).
Scusandomi anticipatamente per errori e omissioni, cercher ora di delineare
il quadro storiografico dellarea che interessa, cominciando proprio da Scalea,
dove in campo storico si sono distinti in passato Oreste Dito e Attilio Pepe.
Oreste Dito, nato qui nel 1866 da famiglia originaria di Verbicaro e morto
a Reggio nel 1934, nella citt dello Stretto che dal 1909 si afferma come
specialista della disciplina, dopo avere fondato a Catanzaro qualche anno
prima (1893) la Rivista storica calabrese, ricomparsa nel 1980 nella nuova
serie a cura della Deputazione di storia patria sotto la presidenza di Maria
Mariotti. Gli interessi storici di Dito sono decorsi dalla tesi di laurea
sullantica Velia e proseguiti nel 1916 con La storia calabrese e la dimora
degli ebrei in Calabria dal secolo V alla seconda met del secolo XVI, con
gli studi su Reggio e la vasta ricognizione erudita sulla nostra regione sotto il
titolo di Calabria vera.
Diverso il caso di Attilio Pepe (1880-1966) che, pur di formazione scientifica (fu docente di matematica e fisica nelle scuole superiori), si dedicato dagli
anni Venti alla storia trattando temi scaleoti e calabresi con articoli su quotidiani
nazionali (Il Mattino di Napoli, Il Giornale dItalia di Roma, Il Resto del
Carlino di Bologna) e periodici regionali (Brutium, Cronaca di Calabria).
Ne fanno fede gli scritti su san Nilo, Ruggero di Lauria, Gioacchino da Fiore, san
Francesco di Paola, Telesio, Metastasio, Gravina, in parte confluiti nel volume
Visioni e ricordi daltri tempi (Napoli, 1958).
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RASSEGNE/DISCUSSIONI

A parte alcuni lavori declinati, sia pure in modo non apologetico, in una
logica fascista2, sono significative le sue relazioni al I Congresso storico calabrese del 1954 (Notizia su Il cenotafio di Ruggero Loria alla Scalea), al
II del 1960 (La marcia di Garibaldi in Calabria nel 1860 e la sua deviazione
per Sapri) e al III del 1964 (La torre di Giuda), nonch il contributo nel fascicolo XXV degli Atti dellAccademia cosentina su La dimora di Metastasio
in Calabria e le sue relazioni col Gravina e col Caloprese e il volume Gregorio Caloprese e i suoi tempi (Cosenza, 1963) conclusivo di un lungo interesse per il maestro di Metastasio, su cui egli aveva pubblicato altri scritti tra
il 1923 e il 19623. Ad Attilio Pepe e il fatto conferisce al suo lavoro un merito aggiuntivo non furono estranee riflessioni sul metodo contenuti in due
articoli su Cronaca di Calabria del 1955 e 1956: Considerazioni su due argomenti di storia locale e La ricerca storica si fa coi documenti e non con la
fantasia4.
In quasi continuit cronologica con Attilio Pepe, anche se con ingiusta
minore visibilit5, si colloca linstancabile e ramificata ricerca di Carmine
Manco, che, condotta tra il 1969 e il 1985, riprende alcuni temi non nuovi su
Scalea (le tradizioni locali, non estranee allo stesso Pepe6 e da Manco in
qualche modo collegate con le vicende socioreligiose del suo paese, bench
in unottica eminentemente folklorica, come negli opuscoli La festa della
Madonna del Lauro. Storia, leggenda, folklore (Scalea 1980) e U pannu i
Santa Lucia), affiancati ad altri temi insoliti, perch tradizionalmente specialistici, per il contesto cittadino (le vicende preistoricoprotostoriche, quelle
artistiche, che pure avevano avuto un lontano precedente in un articolo di

La cultura calabrese e il fascismo, in La cultura regionale, 1928; Le vicende della Repubblica partenopea e la politica inglese, in Annali del fascismo, 1942.
3
La dimora di Metastasio in Calabria, in Atti dellAccademia cosentina, XIV(1929);
Lestetica del Gravina e del Caloprese (con recensione di B. Croce) e altri scritti, Napoli 1955;
Le teorie estetiche moderne e la poetica di Caloprese, in Cronaca di Calabria del 7 giugno
1959; La cultura in Calabria nei secoli XVII e XVIII.Gregorio Caloprese e i suoi tempi, in
Calabria letteraria, X(1962), nn.4,5,6.
4
A. MIRTO, Attilio Pepe: il pensiero e lopera, in Calabria letteraria, XLIX(2001), nn.
4-5-6, pp. 90-96.
5
A MIRTO, Carmine Manco: uno storico precocemente scomparso, XXXVIII(1990), nn.
1-2-3, pp. 112-15.
6
La festa del Lauro a Scalea, in Il Risorgimento del 7 settembre 1948; La settimana
santa alla Scalea, in Il Mattino del 12 aprile 1950.
122

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RASSEGNE/DISCUSSIONI

Carmelo Giordanelli7, gli scritti sul convento francescano, sulla chiesetta dello Spedale e la chiesa di San Pietro il Grasso, sugli apporti sociali e architettonici dei benedettini nel periodo normanno, sul Risorgimento scaleoto, infine, di cui testimonia il saggio sul 18488, che per la nostra zona rimane in fondo un unicum sulla congiuntura dal 1799 allUnit, sulla quale, a parte il
Cingari di Giacobini e Sanfedisti in Calabria nel 1799 e il Caldora di Calabria napoleonica e di Fra patrioti e briganti, oggi possiamo appena richiamare alcuni scritti di Giovanni Celico e una ricerca di Antonello Savaglio9).
Un vasto campionario di temi, quelli di Manco, talvolta spazianti oltre i
confini scaleoti e soprattutto dilatantisi dallet preistorica a quella classica,
dalla medievale, alla moderna, alla contemporanea, nella logica degli storici
di citt che puntano a uno scavo indifferenziato, animati principalmente da
passione conoscitiva e bisogno di fornire informazione storica (da questo
punto di vista, Carmine, che non rinunciava a proporre temi di ampio respiro,
possedeva ottime capacit divulgative e di sintesi, evidenti nei lavori di taglio
giornalistico che giudico i meglio riusciti) pi che la trattazione approfondita
di determinati argomenti. Unansia e un fervore di ricomposizione dei frammenti del passato cittadino esemplati da tutta la produzione di Manco e dal
compendio Scalea prima e dopo. Cenni storici, del 1969: pagine di ben maggiore intensit partecipativa, per la volont di connettere passato e presente
del proprio paese, rispetto allopera, pure apprezzabile, di Vincenzo Napolillo
(Scalea, culla della storia, edito nel 1999) e certo di una caratura storiografica non riscontrabile ne La cappella bizantina di Scalea (del 1996) di Gennaro
Serra, tenace protagonista, negli anni SessantaOttanta, di molte battaglie
giornalistiche in difesa del patrimonio artisticoarchitettonico della localit
tirrenica. A livello di divulgazione storica su Scalea e i paesi vicini, anche
come parte della neodiocesi di San Marco Argentano, si segnalano i lavori
di Vincenzo Barone10, di Cono Araugio11 e di Amito Vacchiano12,

C. GIORDANELLI, Itinerario svevo a Scalea, in Cronaca di Calabria, LIII(1955), n.15.


Su Giordanelli, si rinvia a A. MIRTO, Carmelo Giordanelli, in Calabria letteraria, XXXIX
(1991), nn. 4-5-6, pp. 75-78.
8
I moti del 1848 nellalto Tirreno cosentino e il Comitato di insurrezione di Scalea, in
Rivista storica calabrese, n.s., X-XI(1989-1990), nn. 1-4.
9
La volcanica esplosione. Le repubbliche giacobine di Calabria Citra. Fermenti, tumulti,
repressioni nei centri della costa tirrenica cosentina, in Rivoluzione e atirivoluzione in Calabria
nel 1799, Atti del IX Congresso storico calabrese, Reggio Calabria 2005.
10
Scalea. Riviera che racconta, Londra 1986.
11
Storia e itinerari della diocesi di San Marco Argentano-Scalea, Torino 1999 e San Marco Argentano-Scalea. Le porte dellinfinito, Scalea 2003.
123

Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

questultimo con un volumetto che ne ha preso in considerazione larco temporale dalle origini al XVIII secolo.
Modelli di ricerca e informazione generale ai quali si contrappone sia
come individuazione di un tema ben definito, sia come svolgimento e impostazione di esso il lavoro del 1977, tuttora senza epigoni, di Enrico Esposito
(pure misuratosi con la storia classica, il pensiero di Caloprese, la presenza di
Metastasio a Scalea, personaggi del repubblicanesimo meridionale13) sulle
societ di mutuo soccorso nellarea altotirrenica: studio animato da una consapevole scelta ideale dellautore, che, disegnando la mappa inedita del mutualismo locale, ha illuminato sulle tendenze socialiste non del tutto esangui
presenti in unarea periferica della societ calabrese ottocentesca, che, insieme a quella novecentesca, dove pure per la Calabria cosentina emergono i
lavori di Vittorio Cappelli, attende ulteriori ricerche specifiche e approfondite.
Un deliberato specialismo caratterizza la lodevole iniziativa della ristampa anastatica delle opere di Gregorio Caloprese a cura di Fabrizio Lomonaco
e Alfonso Mirto. Questultimo14 ha fatto del filosofo cartesiano un suo costante argomento di studio15 senza trascurare fatti e personaggi della nostra
zona16 e del Regno di Napoli17, nonch la messa a fuoco della biografia e
12
A. VACCHIANO, Scalea antica e moderna. Storia e protagonisti dalle origini al Settecento, Milano 2006.
13
E. ESPOSITO, Laos, una citt della Magna Graecia, Cosenza 1978; lannotazione di
Dellorigine degli Imperi, cit; ID., Metastasio a Scalea. Amori e poesia, Milano 2005; ID., C.
Mileti e la democrazia repubblicana nel Mezzogiorno, in Archivio storico per la Calabria e la
Lucania, L (1983) .
14
G. CALOPRESE, Opere, a cura di F. LOMONACO e A. MIRTO, Napoli 2004; G. CALOPRESE, Dellorigine degli Imperi.Unetica per la politica, con note di E. ESPOSITO e introduzione
di A. MIRTO, Milano 2003.
15
Appunti sul pensiero civile di Gregorio Caloprese, in Il pensiero politico, XIV
(1981), n.3; Lambiente e la cultura di Gregorio Caloprese, in Calabria letteraria, XXIX
(1981), nn. 4-5-6, pp. 46-49. Il maestro di Metastasio stato oggetto di analisi anche da parte di
A. GALATI, Gregorio Caloprese, in Almanacco calabrese, V(1955), n.5; U. MARVARDI,
Il pensiero estetico e il metodo critico in Gregorio Caloprese, in Lettere italiane, XIV(1962), n.
2; A. QUONDAM, Gregorio Caloprese, voce del Dizionario Biografico degli Italiani, vol. XIII;
A. VALENTE, Antropologia e politica in Gregorio Caloprese, tesi di laurea Universit della Calabria, Facolt di Lettere e Filosofia, a.a. 1994-1995; R. A. SISKA LAMPARSKA, Il sensismo sublime e razionale di Gregorio Caloprese, in Studi filosofici, XXIII (2000).
16
A. MIRTO, Nota sul pensiero di Francesco Maria Spinelli, in Calabria letteraria,
XXI(1983), nn. 7-9.
17
A. MIRTO, Rapporti culturali tra il Viceregno e la Toscana nella seconda met del Seicento, in Calabria letteraria, XLII(1994), nn. 10-12; ID, Una lettera di Marco Aurelio Severino a Luca Holstenius conservata nella Biblioteca Apostolica Vaticana, in Calabria letteraria,
XLV(1997), nn. 1-3. Di Mirto vanno anche ricordati gli studi maturati nei tanti anni di lavoro e

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Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

dellopera degli storici scaleoti. A livello specialistico vanno collocati lo studio di Ciro Cosenza su La feudalit sul Tirreno cosentino (Diamante 1979) e
la curatela da parte dello stesso del volume Comune di Scalea. Le deliberazioni decurionali (1830-1861) (Paola, 1995); il contributo di Franco Galiano
su Oreste Dito18; gli studi di Amito Vacchiano sul monachesimo italogreco
nel Mercurion (su cui va ricordato un recente convegno19), in particolare la
ricostruzione storica complessiva fattane in San Nicola dei Greci a Scalea.
La cappella bizantina tra arte e storia (Milano, 2006), in coppia con Antonio
Vincenzo Valente (autore di uno scritto su La devozione della Madonna del
Carmelo a Scalea dal 1606 al 195520 e dellopuscolo La chiesa di San Nicola
in Plateis a Scalea, edito nel 2003), il quale ha analizzato architettonicamente
e artisticamente il poco che oggi resta dellantico edificio e dei suoi affreschi,
arricchendo e puntualizzando con unattenta ricognizione icnografica e fotografica le considerazioni svolte da Marina Falla Castelfranchi in un saggio
del 198521 e da Giorgio Leone in un contributo del 199622; il libro di Carmela
Stummo, infine, su Scalea e il suo dialetto tra cultura e tradizione (Milano,
2004), che mi pare possieda il pregio di costeggiare una concezione degli
studi dialettali non tanto come tecnicismo glottologico, sulla scia pure importante del Rohlfs, ma come storia culturale: un criterio oggi con numerosi esiti

residenza in Toscana e dedicati a raccolte di epistolari e a vicende di stampatori, editori e librai


fiorentini del XVII-XVIII secolo: La biblioteca del Cardinal Leopoldo de Medici. Catalogo,
Firenze 1990; Lucas Holstenius e la corte medicea. Carteggio (1629-1660), Firenze 1999;
Stampatori, editori, librai nella seconda met del Seicento, vol. I, Firenze 1989 e II, Firenze
1994; Il carteggio degli Huguetan con Antonio Magliabechi e la corte medicea. Ascesa e declino di una impresa editoriale nellEuropa sei-settecentesca, Soveria Mannelli 2005; Lettere di
Giovanni Filippo Marucelli a Leopoldo de Medici (1661-1666), in Studi secenteschi, n. 47,
2006.
18
F. GALIANO, Oreste Dito massone del Sud oscuro e lebraismo tradito. Frammenti giolittiani fra Scalea e Cosenza, Cosenza 2003.
19
Grotte, laure, chiese e cenobi tra la Valle del Lao, la Valle del Noce e il basso Cilento,
Scalea-Tortora 15-16 gennaio 2005 a cura dellAssociazione Mercurion di Rocca di Fiuzzi-Praia
a Mare, con il contributo dellAmministrazione provinciale di Cosenza e dei Comuni di Scalea e
Tortora.
20
In Calabria letteraria, XLV (1997), nn. 4-5-6, pp. 43-45.
21
M. FALLA CASTELFRANCHI, Per la storia della pittura bizantina in Calabria, in Rivista
storica calabrese, n.s., VI(1985), pp. 389-416.
22
Gli affreschi di Scalea e alcune considerazioni sulla cultura pittorica del Trecento in Calabria, in Studi in onore di Michele DElia. Archeologia, arte, restauro e tutela archivistica, a
cura di C. GELAO, Matera 1996.
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RASSEGNE/DISCUSSIONI

storiografici23, ma ancora non consapevolmente acquisito dagli studiosi di


storia locale.
Allargando lo sguardo oltre lepicentro di Scalea, registriamo a Santa
Domenica Talao lopera meritoria di un gruppo di giovani che ha pubblicato
un interessante manoscritto ottocentesco molto utile a tracciare un quadro
delle vicende del paese dal XVII al XIX secolo e che offre preziosi elementi
per la comprensione del poco esplorato fenomeno della formazione dei borghi nuovi nella Calabria moderna24; lattivit di ricerca di Amedeo Fulco su
Tortora25, su cui vanno menzionati anche gli studi di un esterno come Rocco Liberti26; di Giuseppe Guida su Aieta27 e il santuario praiese della Madonna della Grotta28, su cui si intrattenuto anche Amato Campolongo29; di Mario Gentileschi30 su Praia e ancora di Rocco Liberti31 su Aieta e Praia; di Giovanni Celico su Praia e il suo santuario e su Tortora32 (ma qui di Celico vorrei
ricordare il tentativo, bench puramente sinottico di dati elettorali dal dopoguerra agli anni Settanta, di impostare una storia politica cittadina nel volume
Praia a Mare: un secolouna storia), nonch su Scalea e Santa Domenica

23

P. BURKE, La storia culturale, Bologna 2006.


A. LUCCHESI, D. DE GIORGIO, M.E. MUSCARELLO, M.G. PAOLINO, M.M. PAOLINO, Santa Domenica da feudo degli Spinelli a terra di briganti, Scalea 2002. Sullargomento rimando al
mio La formazione di un borgo nuovo nella Calabria citra moderna: il caso di Santa Domenica
Talao, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, L (2005).
25
Memorie storiche di Tortora, Napoli 1963, riproposto col titolo Memorie storiche di
Tortora. Con uno studio critico sullantica Blanda, Amministrazione comunale di Tortora, Tortora 2002.
26
Francesi e briganti a Tortora durante il Decennio, 1966; Processo per stregoneria a
Tortora nel 1600, Reggio Calabria 1969; Tortora, Oppido M., 1999.
27
Aieta. Pagine della sua storia civile e religiosa, Cosenza 1991. Questo testo ricco di informazioni tratte dallarchivio parrocchiale, ma complessivamente farraginoso perch non sostenuto da consapevolezza metodologica e dalla lucidit dei quadri storiografici.
28
Santuario Madonna della Grotta Praia a Mare, Cosenza 1988, ristampato col titolo
Santuario della Madonna della Grotta e Praia a Mare, Catanzaro 1994.
29
Il culto della Schiavonea nella Valle del Mercure-Lao, in Calabria letteraria,
XXIV(1976), nn. 1-2-3.
30
Praia a Mare. Origine e vicende di una marina calabrese, Cosenza 1968
31
Praia a Mare, perla calabrese del Tirreno, Reggio Calabria 1969; Aieta tra cronaca e
storia, Roma 1970.
32
Praia a mare: un secolo una storia, Cosenza 1976; Tortora e terre vicine nel 500,
Cosenza 1980; Tortora e terre vicine. Cronaca e storia dal 1600 al 1700, Diamante 1998; Peregrinazioni storiche; Luoghi di culto e di mistero, Lagonegro 2003 (in collaborazione con Biagio
Moliterni che ha dedicato la sua parte alla chiesa del Purgatorio di Tortora, mentre Celico si
occupato della Madonna della Grotta).
24

126

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RASSEGNE/DISCUSSIONI

Talao33; di Biagio Moliterni con unottima riflessione critica su un noto documento medievale attinente al santuario praiese34. I lavori di Guida e Celico
si basano consapevolmente sul recupero e la proposta di materiale darchivio
(archivi parrocchiali e comunali e Archivio di Stato di Cosenza). Nel caso di
Celico, va segnalato lorizzonte pi vasto esplorato in collaborazione con
Amato Campolongo con riferimento alla famiglia baronale dei Sanseverino35:
unindagine essenzialmente prosopografica, ma preziosa per la messa a fuoco
dellarticolazione genealogica e delle diramazioni economicosociali in area
calabrolucana di questa importante casata.
Verso Diamante, su cui si esercitato Francesco Cirillo36, ha mostrato interesse Orazio Campagna dedicatosi essenzialmente al monachesimo italo
greco e alla storia preclassica e classica della nostra zona, con qualche riguardo per il suo paese di origine, Grisolia37, su cui va ricordato lopuscolo
(Scalea, 1996) a cura di Luigi Marino38 con lapporto della locale
Associazione culturale Italo Muti, dove sono stati riassunti i dati storici e
icnografici del palazzo ducale, di alcune chiese e di un convento.
Con riferimento alle vicende di Verbicaro, patria di Venturino Panebianco39, di fatto operante a Salerno, storico e stimato archeologo dellepoca classica e altomedievale, vanno indicati i lavori di Giovanni Cava (Verbicaro.
Spunti di storia e cronaca, Cosenza, 1988), di Biagio Gamba (Sulle origini di
Verbicaro, Verbicaro, 1993) e di Angelo Rinaldi, infine, con alcuni interventi

33

Scalea tra duchi e principi, mercanti filosofi e santi, Diamante 2000; Santi e briganti del
Mercurion, Diamante 2002; Famiglie notabili di Scalea e Santa Domenica Talao nei secoli
XVIII e XIX, Praia 2006.
34
La chiesa di San Zaccaria e lorigine del Santuario della Madonna della Grotta di Praia
a Mare, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, LXIX (2002).
35
I Sanseverino conti di Lauria, signori di Laino e duchi di Scalea. Regesto dal secolo XII
al secolo XVI, Soveria M/lli 2001.
36
Diamante e Cirella. Storie, leggende, itinerari, curiosit e dialetti, Diamante 1993.
37
Della sua produzione cito La regione mercuriense nella storia delle comunit costiere
da Bonifati a Palinuro, Cosenza 1982; I monasteri che erano intorno al Mercurion, in Rivista
storica calabrese, n.s. (IX(1988), nn. 1-4); La grotta di San Michele alla Serra di Grisolia in
Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, XL(1986); Miti e storia da Laos a Skidros. La
Grotta dellOrco alla Serra di Grisolia, Cosenza 1993; San Nilo di Rossano al Mercurion (940952/53). LAthos dItalia, Roma 2000
38
Luigi Marino aveva affrontato temi architettonici medievali relativi a Scalea con la tesi di
laurea discussa presso lUniversit della Calabria nella.a. 1979-80 su Aspetti architettonici della
cultura medievale in Calabria: Scalea.
39
Si cita qui, a titolo esemplificativo, Le diocesi latine di Blanda e di Turio nella sibaritide
altomedievale, in Magna Graecia, XIV (1979), nn. 9-10.
127

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RASSEGNE/DISCUSSIONI

per ora di taglio giornalistico40. Un taglio adottato anche da Pio Sangiovanni


e soci per le succinte ricerche di storia orsomarsese rese note fino a qualche
anno fa su Abystron, organo dellomonima associazione culturale (oggi
rivista online), ma anche dal Diogene moderno curato a Scalea e Praia dal
ricordato Giovanni Celico: due fogli volenterosi e coraggiosi anche per il loro
impegno politico.
Abatemarco dispone dello studio di Ciro Cosenza sulla sua condizione feudale nel XVIII secolo41. Dopo la Storia di Buonvicino di F. Casella (Cosenza 1980),
su questo paese lattenzione stata richiamata tramite la figura del suo patrono,
san Ciriaco, dapprima con scritti di Domenico Vizzari e Franceschino Ritondale42, poi con un convegno43. Un quadro dinsieme hanno disegnato Orazio Campagna per Maier44, Giovannino Engels per Bonifati45, Franceschino Ritondale e
Francesco Cirillo per Cirella46, che qui ritengo doveroso ricordare come il paese
natale di Leopoldo Pagano, storico vissuto a cavallo tra Otto e Novecento e della
stessa tempra di Oreste Dito e Attilio Pepe47.
Lautore di queste pagine si parva licet ha dato corso al proprio impegno storiografico occupandosi di Papasidero bizantino con uno studio comparso sul Bollettino della Badia greca di Grottaferrata del 1976, dove nel
2003 ha ripreso e approfondito il tema analizzando i lasciti in area mercuriense del monachesimo basiliano nel basso Medioevo e in et moderna. Senza
trascurare un affresco della storia del suo paese (Il paese grigio. Storia e
40
Il Liber memoriarum della parrocchia S. Maria del Piano di Verbicaro, in Calabria
letteraria, XL(1992); Pier Vittorio Carlomagno, poeta romantico di Verbicaro, ivi,
XXXVIII(1990); Verbicaro. Riemerge una chiesa del 500, in ComunicAzione, Mensile
dinformazione e approfondimento della diocesi di San Marco Argentano-Scalea, n.1 del 30
gennaio 2003.
41
Esempio di un piccolo feudo nellalto Tirreno cosentino nel Settecento, in La Calabria
dalle riforme alla restaurazione, Atti del VI Congresso storico calabrese, Catanzaro 29 ottobre1 novembre 1977, II, Salerno-Catanzaro 1981, pp. 95-101.
42
D. VIZZARI, A proposito di S. Ciriaco di Buonvicino, in Studi meridionali, nn. 3-4,
1981, pp. 301-20; F. RITONDALE, Buonvicino patria di S.Ciriaco, abate brasiliano, in Calabria
letteraria, XXIX(1981), nn. 1, 2, 3.
43
La figura di S.Ciriaco di Buonvicino fra gli asceti e i monasteri del Mercurion, Buonvicino, 28-29 maggio 1991.
44
Storia di Maier, Cosenza 1985.
45
Fella benedettina (memorie storiche), Firenze 1977 e Bonifati. Un principato di Calabria Citra. Notizie storiche, Firenze 1978.
46
F. RITONDALE, Cirella, storia e leggenda, Catanzaro 1993 (preceduto da Cirella e dintorni, Cosenza 1984); F. CIRILLO, Diamante e Cirella, cit.
47
Di questo studioso si veda Natura Economia Storia in Calabria. (Studi sulla Calabria),
Napoli 1892, rist. Cosenza 1992.

128

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RASSEGNE/DISCUSSIONI

mentalit a Papasidero, Bordighera 1991, di cui Giuseppina Grisolia ha tratteggiato usi e costumi locali), il proprio campo di indagine ha riguardato specificamente (e tuttora concerne) la storia sociale e culturale dellalto Tirreno
cosentino nei secoli dal Quattro al Settecento. Alcune di queste ricerche sono
state raccolte ne La storia assente. Territorio, comunit, poteri locali nella
Calabria nordoccidentale (XV-XVIII secolo), edito da Rubbettino nel 2003.
Per Mormanno, a parte gli antichi, succinti studi di Edoardo Pandolfi su
san LeoneLuca nel Mercurion48, di Vincenzo Minervini su Mormanno di
una volta49 e di Attilio Cavaliere su Vicende storiche e uomini illustri di
Mormanno (Castrovillari 1939), per il periodo contestuale a questa ricerca
vanno menzionati i lavori di Luigi Paternostro, prolifico di testi e appassionato di temi vari (da quelli archeologici sulla preistoria della Valle del Lao, a
quelli dialettali e storici sul territorio mormannese50), la ricerca di Domenico
Crea su Societ, economia, imprenditoria in Mormanno tra 800 e 900 (Castrovillari 1995, un unicum autoctono sulle esperienze paleoindustriali nella
Calabria alto cosentina) e la breve monografia di Francesco Regina e Domenico Crea sulla chiesa cattedrale di Santa Maria del Colle51.
Diversamente dallantico studio storicoarcheologico di G. Gioia (Memorie storiche e documenti sopra Lao, Laino, Sibari, Tebe Lucana della Magna
Graecia citt antichissime, Napoli 1883) e del pi prossimo ma episodico
interesse di Giuseppe Caterini52, una passione lunga e costante per i due Laino manifestata da Amato Campolongo53, che ha spinto il suo sguardo anche
ad altre zone della Calabria e che stato coautore con Giovanni Celico del
citato volume sui Sanseverino.
48

Il Beato Leo-Luca Abate e Mormanno, Castrovillari 1909; questo studio fu preceduto dal
Catalogo degli scrittori di Mormanno e delle opere ed opuscoli da loro dati a luce e di cui han
potuto aversi gli esemplari a stampa, Mormanno 1901,
49
Testo ristampato a Castrovillari nel 1996.
50
Mormanno favola di una realt, Firenze 1981; Gli Alti Bruzii e il loro linguaggio, Firenze 1986; Il vocabolario dialettale degli Alti Bruzii, Castrovillari 1995; Mormanno un paese nel
mondo, Castrovillari 1999.
51
Mormanno. La cattedrale di Santa Maria della Colla e del Colle: fede ed opere di popolo e clero in sette secoli (1183-1883), Castrovillari 2000.
52
Laino antichissima comunit calabrese, Cosenza 1977.
53
Sulla sua fitta prassi storiografica, si veda, limitatamente al suo paese dorigine, Ladislao contro i Sanseverino sul castello di Laino, in Studi medievali, IX(1976); Notizie storiche
sulla chiesa e le cappelle di Laino Castello, in Calabria letteraria, XXV(1977); Laino ultima
tappa di Carlo V in Calabria; Un diarista calabrese del 500: Domenico Longo pellegrino a
Gerusalemme; Le sacre rappresentazioni nel 700 e la Giudaica di Laino Borgo; Gli scrittori
di Laino, tutti in Calabria sconosciuta, rispettivamente nei fascicoli XII (1989), n. 44; XIV
(1991), n. 51; XV (1992), n. 53; XVIII (1995), n. 66.
129

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RASSEGNE/DISCUSSIONI

2. Questa panoramica, necessariamente schematica e forse un po noiosa, ha avuto lo scopo di riepilogare lo stato degli studi storici nel nostro contesto, nella convinzione che solo la cognizione del cosa abbiamo prodotto ci
pu permettere la coscienza del cosa possiamo fare, di come possiamo lavorare, quali obiettivi di ricerca e di studio ci possiamo prefiggere, quali questioni possiamo affrontare con lausilio di questa disciplina. Per quello che mi
riguarda, la storia si interroga sui problemi e il ruolo delluomo nella societ,
per renderlo consapevole di essi e permettere una migliore vivibilit sociale:
non si tratta di una missione salvifica, ma del proposito di dare un senso al
lavoro dello storico, rendendo visibili e praticabili valori che meritano di essere affermati con forti e convinte petizioni di principio in unepoca di mistificazione, revisionismo, manipolazione, semplificazione e ignoranza della
storia. Epoca in cui il modesto, paziente lavoro degli storici locali, ancorati ai
dati emergenti dagli archivi comunali, parrocchiali, provinciali, regionali e
pur con i limiti che ora porr in luce, si qualifica comunque come un atto di
umilt e uniniezione di fiducia nei fatti. Questa una benemerenza che ritengo si debba riconoscere al lavoro degli storici locali quando, pur nella loro
semplicit, lavorano in modo serio.
La panoramica tracciata mette in luce senza con questo sminuire nessuno che se tra quelli segnalati ci sono studiosi con un preciso bagaglio di conoscenze settoriali e adeguati strumenti metodologici, vi sono anche tanti
semplici appassionati mossi da onesta e legittima volont di conoscere il passato delle comunit di appartenenza comprendendone e inserendone le vicende nel flusso della storia.
Diciamo, in ogni caso, che in tutti si ravvisa il comune denominatore della passione per la storia, per cui, almeno quando si propongono di fare storia
secondo gli standard minimi richiesti dalla disciplina, tutti assolvono a un
compito: quello di creare la tradizione storica, di accumulare e tramandare
una messe di informazioni destinate alla sedimentazione del passato e ad accrescere la consapevolezza di esso a vantaggio di tutti. Questo senzaltro un
merito degli storici locali, riconosciuto anche da Huizinga54 pensando ai dilettanti, soprattutto quando essi esercitano la loro passione su e in contesti
emarginati, privi dei pi ovvi supporti di lavoro (biblioteche, in primo luogo),
impossibilitati a confrontarsi con altri studiosi e ad accedere a adeguati strumenti di comunicazione (riviste, periodici). Con queste premesse, si capisce
come lorizzonte mentale degli storici locali possa peccare di un eccesso di
54

J. HUIZINGA, La scienza storica, tr. it., Bari 1974, pp. 26, 84, 107.
130

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RASSEGNE/DISCUSSIONI

intimit, alimentata dalla condizione di isolamento e quindi dallassenza di


opportunit e sollecitazioni intellettuali che ne mettano alla prova le capacit.
Notiamo che gli argomenti per cos dire forti della ricerca, quelli che riscuotono maggior consenso, sono, nel nostro ambito, il monachesimo italo
greco e lepoca magnogreca, seguiti a molta distanza dal CinqueSeicento e
dallOttocento, questultimo avvicinato soprattutto con riguardo al brigantaggio. Linteresse per let moderna e contemporanea quindi circoscritto a
pochissimi studiosi e a temi ben definiti, mentre tanti momenti e situazioni
sono saltati a pi pari o genericamente trattati in tableaux compendiali volti a
ricostruire per grandi linee la storia di un paese attraverso i secoli.
Se si pu ritenere eccessivamente severo il giudizio di Marc Bloch sulla
storia regionale (ma estensibile anche alla storia locale tout court) secondo
cui lunit di luogo un elemento di disordine nella ricerca, trovo invece
fondata losservazione dellinsigne storico francese che a a fare centro sia
lunit del problema55. Una storia per problemi in effetti e salvo eccezioni,
sia in termini monografici, sia in termini di pi saggi con un oggetto comune
di indagine, non raccoglie ladesione degli storici di cui abbiamo parlato. Analogamente, se c lattenzione per gli individui singolarmente presi, non si
ravvisa curiosit per gli individui in quanto gruppi, ceti, classi, n come entit
che interagiscono tra di loro: sono sostanzialmente escluse, quindi, sia la storia sociale, sia la storia economica, sia la storia culturale, sia la storia politica.
In parecchi dei lavori qui considerati prevale nettamente la storia del luogo dorigine come ricostruzione dellidentit comunitaria nel suo aspetto cronologico, preoccupato di mettere ordine nel fluire del tempo storico, riempiendone gli spazi con fatti, protagonisti, vicende, con lesplicita ambizione
di concatenare il tutto in una serie lineare, spiegando il presente come il regolare e ordinato esito di eventi e personaggi del passato posti in montaggio secondo il principio di causaeffetto.
Procedimento che da un lato induce allossessione delle origini di una
comunit, deprecata da Marc Bloch56 e per esaltata dai dilettanti della storia
quando dalle fonti darchivio o letterarie la possono attribuire a progeniture
arcaiche; se le fonti non consentono retrodatazioni, si colma il vuoto ripiegando sul buio della storia, salvo che per intuizione o speciale intelligenza
non si ricorra ad altre fonti la toponomastica e la conformazione dei campi,
ad esempio capaci di illuminare la notte dei tempi. Da un altro lato, c il
55

M. BLOCH, Une tude rgionale: gographie ou histoire, in Annales dhistoire conomique et sociale, VI(1934), p. 81.
56
M. BLOCH, Apologia della storia o mestiere di storico, tr. it., Torino 1969, p. 44.
131

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RASSEGNE/DISCUSSIONI

rischio di sfociare nellaccumulo acritico e abnorme di notizie, nella bulimia


documentaria che concepisce la comunit in termini monadici, indagandola
solo per se stessa. Ci che costringe lo studioso non professionista a doversi
destreggiare con conoscenze molto differenziate e non adeguatamente padroneggiate. Un metodo di lavoro che non garantisce risultati validi, bench possa essere ammirevole lo sforzo compiuto: quello sforzo per il quale Marc
Bloch chiedeva lindulgenza verso gli storici locali57, specialmente aggiungerei nei casi in cui viene profuso con intelligenza, a conferma che per essere buoni storici non occorrono patenti speciali, n titoli accademici:
unosservazione da cui non possiamo esimerci, perch la mala pianta di questo pregiudizio ancora ben radicata.
Se lunitariet del soggetto tende a fotografare il quadro dinsieme di una
comunit, difficilmente favorisce una concezione totale della storia, nel
senso di percezione del passato come rete di relazione tra momenti e soggetti
diversi, colti e intesi nella loro diacronia problematica. Un obiettivo perseguibile solo se le conoscenze, pi che acquisite in modo oggettivo e isolate
le une dalle altre, vengono utilizzate come altrettanti rivoli convogliati verso
uno stesso fiume: unepoca determinata, uno specifico problema, un discorso
complessivo sviluppato su pi piani e da punti di vista differenti.
Langolo visuale, in effetti, nelle indagini locali in genere statico,
locchio dello studioso riprende la realt da una postazione fissa, mentre
lapproccio da angolazioni diverse pu restituire un passato dinamico, mosso,
differenziato, colto nelle continuit e discontinuit: storia senzaltro pi autentica e attendibile, meglio tutelata dai rischi dello schematismo e
dellappiattimento. E un problema di paradigmi storiografici e di metodo
storico; un problema cio di modelli storiografici che si intende adottare per
verificarne la coerenza col caso concreto di studio e di riflessione
sullermeneutica e sulleuristica della ricerca, in senso generale e in senso
specifico. Luso di un modello interpretativo (assunto ovviamente per comprendere meglio la realt, non certo per adattare la realt al modello) contribuisce certamente a mettere in discussione parametri consolidati e magari desueti, a sollecitare ordini mentali sclerotizzati e poco efficaci nel rapportarsi
del ricercatore alloggetto della sua indagine. Analogamente, sempre auspicabile la riflessione sulle tecniche interpretative delle fonti e sulle procedure
di ricerca.

57
M. BLOCH, Sur quelques histoires de villages, in Annales dhistoire conomique et sociale, V(1933), p. 473.

132

Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

La produzione storica che abbiamo considerato particolarmente deficitaria


nel rapporto col territorio, che poi quello tra geografia e storia. Le ricognizioni
del territorio con riferimento alla conoscenza del passato nei termini della geografia storica suggerita dalle Annales e ripresa da Lucio Gambi58, o della survey
(lindagine topograficostorica) cara alla local history inglese rimasta una tendenza con scarse applicazioni nella storiografia italiana a carattere locale e regionale59, per non parlare del modello ecostorico proposto da Alberto Caracciolo60,
sono praticamente senza seguaci, bench penso occorra avere un giusto apprezzamento per larcheologia storica del territorio, a proposito della quale, riguardandoci pi o meno direttamente, mi piace richiamare alcuni studi di Giuseppe
Roma61 e un contributo di Onorato Tocci62.
Quelli appena ricordati sono orientamenti che, nel nostro contesto, potrebbero essere forieri di sviluppi interessanti circa i raccordi tra natura e storia, risorse economiche e storia63, lintellegibilit del paesaggio come cultura64, il collegamento tra storia e beni culturali65: un settore, questultimo, nel
quale lo storico locale del tutto assente nella convinzione che in merito abbia poco o niente da dire e che la tutela del patrimonio artisticoarchitettonicoambientale sia riservato dominio della classe politica o di gruppi finalizzati.
Questa sorta di divisione del lavoro tende a relegare lo storico allerudizione e alla mera conoscenza del passato cittadino e induce alla scarsa considerazione del suo sapere, rifiutato come supporto agli interventi sul territorio.
Viene meno cos la possibilit di attivare un sistema di relazioni conoscitive
58

L. GAMBI, Una geografia per la storia, Torino 1973.


Si vedano in questo senso le critiche, relative alla Liguria, ma estensibili a tutto il nostro
paese, di E. GRENDI, Storia di una storia locale. Lesperienza ligure 1792-1992, Venezia 1996.
Molto utile ai fini della relazione territorio/storia D. MORENO, Dal documento al terreno. Storia e
archeologia dei sistemi agro-silvo-pastorali, Bologna 1990.
60
A. CARACCIOLO, Lambiente come storia, Bologna 1988.
61
Sulle tracce del limes longobardo, in Mlanges de lcole franaise de Rome. Moyen
ge, 110, 1998; Le origini della parrocchia rurale in Calabria, in Atti della giornata tematica
dei Seminari di Archeologia cristiana, Roma 19 marzo 1998, Roma 1999; Il censimento dei
santuari cristiani in Calabria, in Per una storia dei santuari cristiani dItalia: approcci regionali
a cura di G. CRACCO, Bologna 2002.
62
O. TOCCI, La Calabria nord-occidentale dai Goti ai Normanni. Insediamenti e vie di
comunicazione, Cosenza 1989.
63
P. BEVILACQUA, Tra natura e storia. Ambiente, economie, risorse in Italia, Roma 1996.
64
S. PICCARDI, Il paesaggio culturale, Bologna 1986; P. CLAVAL, La geografia culturale,
tr. it., Novara 2002.
65
P. SERENO, Territorio, storia e cultura materiale. Il contributo della geografia ad una
politica dei beni culturali, Torino 1978.
59

133

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RASSEGNE/DISCUSSIONI

in grado di rendere diffusa la coscienza sociale del territorio come base per
qualsiasi tipo di intervento su di esso. Ma viene meno altres la sensibilit e
lattenzione per tutto ci che fonda il passato di una comunit. Il territorio va
invece concepito come contesto produttore di storia66, in quanto realt formale, soggettiva e intenzionale, segnata da lotte, conflitti, dinamiche sociali che
si riflettono sullorganizzazione comunitaria e sui rapporti di potere a tutti i
livelli in cui essi possono esplicarsi.
Il territorio, la localit, il paesaggio includono strutture visibili (o materiali: una chiesa, un palazzo signorile) e invisibili (o immateriali: le tradizioni
folkloriche, la memoria orale)67, che costituiscono altrettanti fenomeni comprensibili storiograficamente. Il paesaggio, peraltro, portatore di valori che
non incidono solo sullidentit storica di una comunit, ma anche su quella
estetica, per cui leredit del paesaggio una ricchezza che spetta anche allo
storico tutelare attraverso lapprofondimento conoscitivo del passato.
Questione di notevole rilevanza nel nostro contesto, spesso campo di interventi di recupero/restauro attuati in aperta violazione dei dati storici, del
rispetto dei canoni artistici e della fisionomia architettonica degli edifici, delle caratteristiche dellambiente naturale, della sensibilit estetica delle popolazioni. Fatto tanto pi grave se pensiamo che la Convenzione europea del
paesaggio emanata nel 2000 e assunta dallItalia nel 2004 con il Codice dei
beni culturali e del paesaggio, ha definito questo cito testualmente come
una determinata parte di territorio cos come percepita dalle popolazioni, il
cui carattere deriva dallazione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni. Il concetto stato puntualizzato dal Codice intendendo i valori del
paesaggio come manifestazione identitaria percepibile.
Il territorio antropizzato, contrassegnato da stratificazioni sociali e caratteri fisici opera delluomo, va studiato con riguardo a ogni genere di fonte,
che spesso solo lo studioso del posto in grado di decodificare, rendendo storicamente intelligibili testimonianze altrimenti destinate a rimanere del tutto
ignorate e incomprese, soprattutto quando sottintendono problemi di pi vasta portata e complessit.
Questo implica che allo storico si richiede non solo abilit di paleografo e
diplomatista, capacit di leggere genericamente e semplicemente le carte
darchivio, ma lintelligenza storica derivante, come sosteneva Croce, dal lavorare con la testa e da questo punto di vista in netta controtendenza con
66

443-76.
67

A. TORRE, La produzione storica dei luoghi, in Quaderni storici, n. 110, 2002, pp.
L. GAMBI, Una geografia per la storia, cit., p. 168.
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RASSEGNE/DISCUSSIONI

lorientamento del filosofo abruzzese appoggiandosi ad altre discipline (sociologia e antropologia in particolare), recependone le logiche di lettura e interpretazione della realt, nella consapevolezza, che dovrebbe essere sempre
viva, che il lavoro dello storico si giustifica non nella comprensione di un
passato astratto, che sarebbe pura erudizione (anchessa utile alla storia, ma
prestorica), bens in ragione della comprensione del presente, ci che introduce alla funzione sociale della storia e dello storico.
Alquanto istruttive e utili alla conoscenza del passato, ma anche del presente, perch si tratta di raffigurazioni il cui significato spesso si prolunga
fino a noi, persino al di l delle convenzioni che pure condizionano locchio e
la mano dei loro esecutori, sono le testimonianze iconografiche (tanto un affresco quanto una foto)68, sulle quali nel nostro contesto va incoraggiato un
pi marcato interesse, ancora troppo tiepido e occasionale. Sotto questo profilo, non si pu accettare che lo studio delle manifestazioni artistiche sia campo
esclusivo degli storici dellarte accademici, troppo spesso preoccupati di questioni esteticoattribuzionistiche, utili certo a inquadrare affreschi, tele, statue, edifici e i loro artefici in correnti, movimenti, etichette stilistiche69, ma
non necessariamente adeguati e sufficienti a leggere situazioni attinenti alla
storia sociale di una comunit. Gli orsomarsesi Francesco Antonio e Giovanni Battista Colimodio (XVII secolo) e i mormannesi Angelo e Genesio Galtieri (XVIII-XIX secolo) sono artisti che attendono di essere studiati e compresi nel loro rapporto con le comunit di appartenenza e con quelle dove ebbero modo di esercitare la loro arte.
I prodotti artistici e i fatti ad essi collegati vanno situati come sostiene
Geertz70 in rapporto alle altre forme di attivit sociale e non va dimenticato
che il loro significato culturale sempre una questione locale. In tale prospettiva, occorre scoprire e ricostruire, abbinando analisi stilistica e analisi storica71, i messaggi che la testimonianza visiva intendeva comunicare ai contemporanei e ai posteri. Messaggio sociale o religioso di drammi collettivi, di angosce esistenziali, di devozioni in genere finalizzate alla soluzione di pro68

P. BURKE, Testimoni oculari: il significato storico delle immagini, tr. it., Roma 2002; A.
MIGNEMI, Lo sguardo e limmagine: la fotografia come documento storico, Torino 2003.
69
Si vedano ad esempio gli inquadramenti proposti da Emilia Zinzi, Maria Pia Di Dario
Guida, Francesco Saverio Mollo, Mirella Mafrici e Ermanno Fava in Calabria, a cura di M.P. DI
DARIO GUIDA, Roma 1983.
70
C. GEERTZ, Art as a Cultural System, in Modern Language Notes, n. 91, 1976, p.
1475.
71
S. SETTIS, La Tempesta interpretata. Giorgione, i committenti, il soggetto, Torino
1978, pp. 7-14.
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RASSEGNE/DISCUSSIONI

blemi quotidiani che, nelle raffigurazioni, ad esempio, eseguite da ignoti frescanti, pur dotati talvolta di pregevole manualit ma non di eccelse qualit
tecnicoartistiche, costituiscono comunque il motivo pi autentico dellopera
commissionata e realizzata. Lalto Tirreno da questo punto di vista si rivela
un serbatoio non privo di sorprese, grazie a un insperato buono stato di conservazione di tante immagini, sia pure a fronte di tantissime altre pi o meno
completamente degradate per i danni del tempo e lincuria umana.
A questo proposito, voglio citare solo due esempi, rientrati nellambito
dei miei interessi storiografici: gli affreschi della cappella di Santa Sofia a
Papasidero e quelli raffiguranti san Leonardo di Noblat a Scalea, Verbicaro e
Grisolia.
Nel primo caso, singolare che santa Sofia sia stata rappresentata secondo un modello iconografico che, ad un attento esame filologico, rinvia alla
peste del 1656 e che la raffigurazione della Vergine di Costantinopoli in trono del XVII secolo oltre ad essere spia della citata epidemia, segnali un altro
problema: quello della natalit e della nutrizione dei neonati. Al mito della
procreazione, come lo ha definito Pierre Darmon72, era profondamente sensibile la societ preindustriale, in particolare nei microcontesti socialmente
emarginati ed economicamente depressi, ci che si desume altres dalla Madonna con lalbero di Jesse affrescata nella parrocchiale di San Giovanni Battista a Orsomarso, dalla nativit di Maria rappresentata nella cappella del
Purgatorio a Mormanno, dalla presumibile nascita del Battista dipinta nella
chiesetta di SantAnna a Papasidero73, dallappellativo di Madonna dello
Spasimo imposto alla titolare del santuario delle Cappelle a Laino. E appena
il caso di aggiungere che il tema della natalit, non solo introduce e si affianca a quello delle condizioni economicosociali e igienicosanitarie delle popolazioni dellet preindustriale, ma anche al problema della donna e della
condizione femminile74, un tema che nel nostro contesto, dallet moderna
alla contemporanea, presenta numerose opportunit di analisi storica.
Nel secondo esempio, la figura di san Leonardo di Noblat presente a
Scalea in San Nicola in Plateis, a Verbicaro in Santa Maria ad Nives e in una
campana della chiesa parrocchiale, a Grisolia nei brandelli ormai pressoch
indecifrabili di un affresco nel diruto sacello omonimo, a Orsomarso nel tito72

P. DARMON, Le mithe de la procration lge baroque, Paris 1981 (1^ ed. 1977).
S. NAPOLITANO, Langoscia della natalit nella Calabria del XVI-XVIII secolo attraverso alcune testimonianze iconografiche della Valle del Lao, in Rogerius, V(2002), n.1, pp. 3147.
74
S. NAPOLITANO, La condizione femminile nella Calabria di antico regime. Procreazione
e maritaggio a Papasidero tra il XVI e il XVIII secolo, in Daedalus, n.11, 1994-1995.
73

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RASSEGNE/DISCUSSIONI

lo della chiesa a lui dedicata attesta il dramma delle popolazioni tirreniche


calabresi di fronte agli assalti, le razzie, i rapimenti, le forzate conversioni
allislamismo perpetrati dai turcobarbareschi, soprattutto nel periodo pi critico delle loro scorrerie, il XV-XVII secolo75. Il terrore di queste scorrerie fu
allorigine della devozione per san Leonardo inteso come confractor carcerum e speranza di quanti so captivi in Barbaria, come verseggia il Colletta,
un rimatore calabrese del Quattrocento.
Gli esempi addotti suggeriscono che alle ricerche di ambito locale la
lunga durata braudeliana a rivelarsi pi confacente a cogliere permanenze,
persistenze, continuit tra passato e presente, se oltre ai casi evidenziati pensiamo a tutto ci che concerne i modelli sociali e i simboli del mondo rurale,
che protraggono a lungo i loro lasciti.
Pi che il tempo unilineare, quindi, alla storia locale si attaglia il tempo
multilineare, che andrebbe applicato con lucidit e determinazione, attesa la
spontanea tendenza degli storici locali a moltiplicare i tipi di evento senza
purtroppo la moltiplicazione dei tipi di durata76 e che potrebbe tradursi in
uninteressante e illuminante problematizzazione dei processi storici. Una
moltiplicazione di eventi e tempi che pu rendere congeniale allo storico locale lindirizzo della microstoria, la quale, pur non avendo mai elaborato un
proprio statuto metodologico77, permette, mediante il gioco di scala, di analizzare storicamente una vicenda o un contesto in modo lenticolare, conseguendo, attraverso una lettura intensiva delle fonti (thick description), una
visione gi lo si detto, ma occorre ribadirlo totale non come ingenua
ricostruzione della totalit del passato, ma come ricostruzione articolata di
esso e che si concretizza sia con la metadisciplinariet, vale a dire con luso
di logiche e conoscenze disciplinari diverse, sia con la disponibilit a interpretare in modo nuovo fonti note, sia applicando la filologia storica al territorio. Il risultato di questo modo di procedere potrebbe non essere, alla fine, il
generico recupero del passato, ma la sua reviviscenza ancorata alle domande che ci poniamo nel presente.
I casi proposti alla riflessione e le considerazioni or ora svolte sono in realt una petizione personale a favore della storia culturale, intesa come para75

S. NAPOLITANO, Turco-barbareschi e devozione leonardiana nellalto Tirreno cosentino


(XV-XVII secolo), in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, LXX(2003), pp. 91-112.
76
M. FOUCAULT, Ritornare alla storia, nel vol. dello stesso Il discorso, la storia, la verit.
Interventi 1969-1984, a cura di M. Bertani, Torino 2001, p. 98.
77
G. LEVI, A proposito di microstoria, in P. BURKE, (a cura di) La storiografia contemporanea, Bari 1993, pp. 112-13; J. REVEL, (a cura di), Giochi di scala. La microstoria alla prova
dellesperienza, tr. it., Roma 2006.
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RASSEGNE/DISCUSSIONI

digma in grado di cogliere, interpretare, misurare lincidenza di fatti ed eventi


storici sugli atteggiamenti degli uomini in quanto individui e gruppi, cos
come allinverso linfluenza di atteggiamenti individuali e di gruppo sulla
societ nellaccezione pi ampia e complessa. Penso, infatti, che il paradigma
della storia culturale abbia efficacia sul piano ermeneutico e che possa averla
anche ai fini di una storia che colga il senso delle interrelazioni tra le vicende
interne ed esterne di comunit, regioni, stati. La caratteristica della storia culturale quella di muoversi in direzione della dimensione ideale e simbolica
dei fatti sociali, verso pratiche e rappresentazioni. Pi che alle strutture, essa
attenta alle destinazioni duso, alle logiche che sovrintendono alle strutture
sociali, basandosi sulla teoria della costruzione sociale della realt.
A dimostrazione di quanto affermo, voglio ritornare sul fenomeno delle
scorrerie turcobarbaresche. Ebbene, esse non si risolvevano solo in danni,
spesso ingenti, alle popolazioni locali e ai loro beni o nella cattura e conversione forzata di cristiani allislamismo, ma determinavano, con lo scambio
dei prigionieri, anche il fenomeno inverso di musulmani che abbracciavano il
cattolicesimo, nonch a scambi attinenti alla vita economica (per fare un esempio di diretto interesse, si pensi che una imprecisata misura per i liquidi in
uso a Scalea era adottata nel corso del XVI-XVII secolo anche in area maghrebina), a imprestiti linguistici e ad influssi culturali, come la moda del
turbante o quella del moretto o della moretta di cui si circondavano le famiglie nobili per soddisfare il gusto dellesotico e di cui testimoniano alcuni dipinti di Paolo Veronese, Lorenzo Lotto, Pietro Longhi.
In tema di storia culturale, vorrei spendere qualche parola su un argomento, che, per i suoi riflessi sugli assetti sociali contemporanei delle nostre comunit e sui modelli culturali che le improntano, indispensabile studiare e
capire: mi riferisco alle vicende dei patronati religiosi, che non nascevano per
devozionalit pura e semplice, n solo per volont della Chiesa. Essi erano
quasi sempre il risultato di conflitti sociali e di compromessi tra Chiesa e istituzioni locali, tra famiglie, ceti e gruppi cittadini. Come ha sintetizzato Marino Niola78, il patronato appare un esempio cruciale della trama porosamente
viva della storia di un popolo per il quale la religiosit diviene al tempo stesso principio territoriale, politicosociale e orientamento delle coscienze: modello e polo ordinatore dello spazio fisico, sociale e interiore. Inoltre, proprio
in forza della propria territorialit, il patronato costituisce un potente dispositivo identitario definendo la carta delle appartenenze, delle esclusioni e delle
contrapposizioni, riflettendo dunque forma e confini del paese.
78

M. NIOLA, I Santi patroni, Bologna 2007, p.8.


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RASSEGNE/DISCUSSIONI

Concetti che ho verificato a Papasidero analizzando il passaggio dal patronato di San Sebastiano a quello di San Rocco, che nel corso del XVII secolo si tenta si soppiantare proponendo il patronato della Madonna di Costantinopoli e che si risolve col compatronato mariano e crocchiano: luno sostenuto dalla Chiesa appoggiandosi al patriziato locale, laltro profondamente
voluto dal ceto popolare, ma ovviamente con adesioni anche nel campo opposto. Di quanti di questi conflitti i nostri paesi sono ancora oggi espressione
inconsapevole, portatori sani, per usare un linguaggio medico, con incidenza
sullethos e sulle relazioni sociali intra e persino extracomunitarie? Questo
lo sostengo pensando allesempio buono appena riferito, ma vorrei citare
anche un esempio cattivo: qual il reale rapporto tra la devozione per la
Madonna di Polsi a San Luca e il potere della ndrangheta? La verit come avverte Torre che le pratiche devote non sono solo la risultante di generiche mentalit e sensibilit collettive, ma fondano anche un sistema normativo79, che pu essere anteposto a quello istituzionale, religioso e politico
con conseguenze di enorme portata.
Come si vede, la rilevanza del paradigma culturale apre prospettive insperate di ricerca e comprensione dellagire delluomo, supera e sfata lidea della
storia come campo di sole contrapposizioni, scontri, incomunicabilit: una
concezione che fossilizza limmagine della realt ed fonte di ostinati pregiudizi. La visione culturale dei processi storici non si sofferma solo su contrasti, conflitti, dissensi, su tutte le dissonanze di una storiografia tradizionale
che disegna la storia come perenne campo di battaglia. Essa utile a mettere
in relazione le situazioni storiche, ad attivare processi di interazione tra culture, pi che di generiche e controverse integrazioni, a evidenziare contatti e
reciprocit di vicende ed esperienze, a ricostruire e ricomporre le tessere non
solo di unumanit che lotta e guerreggia, ma di unumanit che dialoga. Nonostante tutto.
La storia di citt come storia civica la cifra caratteristica dei lavori che
abbiamo segnalato. Un indirizzo che, com ovvio, non pu essere perseguito
dagli studiosi locali senza la passione storica, motivo predominante
nellincoraggiare il loro interesse. Motivo predominante ma non esclusivo,
perch linteresse per la propria comunit si sostanzia anche del senso della
koin geografica e antropica, la quale, per, quando intesa nel senso di entit a s stante, rischia di essere percepita come esclusiva e immune da contaminazioni esterne, di essere proposta come mito e archetipo.
79
A. TORRE, Il consumo di devozioni. Religione e comunit nelle campagne dellAncien
Rgime, Venezia 1995, p. XII.

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RASSEGNE/DISCUSSIONI

Limpegno degli storici locali non pu essere rivolto a definire lidentit


del proprio gruppo sociale come cristallizzata certificazione ontologica, n ad
assimilare storia e memoria nel senso di riproporre il passato alla luce di
schemi ritualizzati non cognitivi, dimentichi che la memoria, appartenendo al
vissuto, corre sempre il rischio di esasperare la soggettivit comunitaria e
di cadere nellipertrofismo. Limpegno dello storico , s, di attivare il senso
dellappartenenza, ma attraverso conoscenze che rendano individui e comunit capaci di interrelate presente e passato ogliendone i fili che li intrecciano spesso in modo inconsapevole.
Aspirazione della storia civica dovrebbe essere la concezione
dellindividuo e della comunit come punti di intersezione di insiemi diversi80, ossia la visione inclusiva dellagire delluomo elevata a coscienza
della cittadinanza individuale e del patrimonio culturale81, che non ci appartiene in modo esclusivo, ma in interazione con gli altri, con lesterno.
In questo senso, auspicabile che la ricerca locale non si localizzi, ossia non risolva la sua potenzialit e prospettiva di analisi a livello micro o,
peggio, minimale, credendo erroneamente che nel particolare lorigine e la
fine di tutto, oppure concependo lambito locale come subordinato, in modo
totalmente passivo, al contesto generale. Si tratta in entrambi i casi, se non
adeguatamente motivati, di errori di prospettiva analoghi agli effetti dello
scivolamento nellancronismo, palese quando lo storico proclive, con semplicistiche, anche se talvolta suggestive analogie, a trasferire acriticamente il
passato nel presente, o quando enfatizza e mitizza il passato rispetto al presente, o quando mistifica il passato in difesa di unidentit locale circonfusa
dellaura della verginit storica.
Da qui la considerazione che nel lavoro storiografico non ci si pu sottomettere passivamente allarchivio. Bisogna essere adeguatamente distaccati
da esso, per evitare di proporre il suo materiale nella logica positivistica82 dei
fatti cos come sono stati (Ranke), dimentichi dellintenzionalit, e quindi
della non neutralit della fonte e dellarchivio. Esibire documenti fuori da
qualsiasi prospettiva storica, non solo alimenta lidea fallace delloggettivit
delle fonti, ma induce alla ricostruzione cronologica, tassonomica, ecfrastica,
genericamente corografica di fatti, eventi e personaggi. Le fonti utilizzate in
questa chiave, pur essendo un indubbio contributo alla storia, rimangono pur
80

Carlo Ginzburg in unintervista a lEspresso del 31 luglio 2003; nello stesso senso A.
PLACANICA, Lidentit meridionale, in Meridiana. Rivista di storia e scienze sociali, numero
monografico su Luoghi e identit, n. 32, 1998, p. 153.
81
S. SETTIS, LItalia spa. Lassalto al patrimonio culturale, Torino 2003, p. 59.
82
A. FARGE, Il piacere dellarchivio, tr. it., Verona 1991, pp. 67-68.
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RASSEGNE/DISCUSSIONI

sempre prestoriche, col rischio di essere anche antistoriche se svincolate da


una critica adeguata.
Carlo Ginzburg ha di recente ricordato che le fonti, le testimonianze del
passato, non sono n finestre spalancate, come credono i positivisti, n muri
che ostruiscono lo sguardo come credono gli scettici83. Non per questo i dati
archivistici vanno ignorati, falsati, male interpretati: lo storico ha bisogno degli archivi, ma gli archivi non esauriscono la storia. Daltronde, se il materiale documentario non pu ridursi a esclusivo fatto linguistico84, lanalisi del
linguaggio comunque fondamentale, poich frutto di costruzioni fortemente
formalizzate.
Queste considerazioni non vogliono essere la petizione a favore di una
storia ideologicamente o politicamente orientata. Segnalano soltanto la possibilit che passione storica e storia civica possano convergere in direzione del
civis e della civitas, ossia in direzione di un ethos pubblico.
Per ottenere qualche speranza di successo in questo senso, occorre superare
quella che a mio avviso la lacuna pi marcata che balza evidente nella panoramica storiografica tratteggiata per il contesto preso in esame: la mancanza di comunicazione tra i cultori della disciplina. Ammetto che in questi ultimi anni qualcosa sia cambiato, ma troppo poco e non ancora consolidata labitudine
allinformazione sulla produzione storica e la discussione su di essa, essendo nettamente prevalente la chiusura alla dialettica e allo scambio di idee.
Una delle conseguenze pratiche di questa mancanza o insufficienza di comunicazione e informazione consiste nella scarsa propensione di molti cultori di storia municipale ad aggiornarsi sullo stato degli studi. La bibliografia di riferimento
molto spesso ferma a vecchie ricerche non confrontate con gli esiti recenti, anche solo per opporre un commento critico. E giusto tenere conto della tradizione
storiografica, ma riduttivo farla assurgere a indiscussa auctoritas: un atteggiamento sfavorevole allavanzamento delle conoscenze, soprattutto quando questa
prassi riduttiva e anche controproducente, pi che dipendere da carenza di supporti bibliografici, volontariamente perseguita.
E necessario promuovere conferenze e presentazionidibattito sia di testi
storici di carattere generale sulla Calabria e il Mezzogiorno, il cui contenuto
pu essere utilmente confrontato con situazioni particolari, sia di ricerche relative alla nostra zona, soprattutto se di studiosi locali. In modo analogo, sarebbe particolarmente fecondo organizzare visite guidate nei centri dellalto
Tirreno, estendendole ad altri luoghi della Calabria, della confinante Basilica83
84

C. GINZBURG, Rapporti di forza. Storia, retorica, prova, Milano 2000, pp. 11-13, 47-49.
R .J. EVANS, In difesa della storia, tr. it., Palermo 2001, pp. 100-01.
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RASSEGNE/DISCUSSIONI

ta e della Campania. Si tratterebbe di altrettante occasioni fruibili ovviamente anche da un pubblico di semplici appassionati e curiosi di accrescimento delle conoscenze e di comparazione di contesti apparentemente simili,
ma di fatto, e non raramente, contrassegnati da scarti e dicotomie tali da far
approdare a unermeneutica dellaltro85 e a una pi articolata comprensione
della storia.
A tutto questo, dovrebbero essere preliminari incontri conoscitivi tra i cultori di storia dellalto Tirreno, allargati gradualmente a storici di altre localit,
anche extraregionali e quando possibile a storici di professione delle Universit meridionali. Se ne vedrebbero i frutti, secondo il mio intendimento,
non solo nella qualit degli studi, ma nellaffinamento dei metodi di ricerca,
nellampliamento dei temi di indagine, nellapproccio a fonti e chiavi di lettura alternativi. Un orientamento che potrebbe anche cambiare inveterate abitudini: lavorare in un disordinato archivio parrocchiale, piuttosto che in un ordinato archivio di Stato; spingersi in paesi interni, invece che muoversi lungo
percorsi comodi e collaudati; individuare documenti inediti ma significativi
custoditi gelosamente da privati che ne ignorano limportanza; avvicinare interlocutori spesso validi, ma appartati nei loro paesi e magari noti solo a livello specialistico.
Succede che si viva a distanza di pochi chilometri gli uni dagli altri e ci si
ignori a vicenda, come se, ad esempio, Papasidero rispetto a Scalea, Orsomarso rispetto a Mormanno, si trovassero su pianeti diversi: unincomunicabilit che, purtroppo e forse pi di quanto non sembri, sottintende una malcelata dose di atavici pregiudizi e reciproche diffidenze, con il loro humus
nella rivendicazione di primazie e gerarchie campanilistiche. Il risultato che
non si conoscono i rispettivi interessi di ricerca, non si confrontano le esperienze, non si realizzano sinergie, disperdendo magari in modo irreversibile
conoscenze, saperi, cultura. Ignoranza acuita anche dal non poter disporre
di biblioteche di circondario di una certa consistenza libraria, destinate non
solo a luoghi di consultazione e di studio, ma a punti di incontro e dibattito.
E utopistico immaginare in tale funzione il Centro studi Attilio Pepe (trasformato magari in fondazione), esigendo pertanto verso di esso una maggiore e pi qualificata attenzione da parte dei soci e dellAmministrazione comunale?
In termini pi elementari, occorre, da un lato, allargare al di l del singolo
studioso il bacino di conoscenze storiche, superando quella che rimane ancora adesso, nonostante tutto, una piaga tenace della societ meridionale: la
85

M. DE CERTEAU, La scrittura dellaltro, tr. it., Milano 2005, pp. 42-45.


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RASSEGNE/DISCUSSIONI

chiusura della socializzazione civile e della vita culturale nella cerchia del
paese, assunto come centro del mondo e luogo dove far primeggiare senza
confronto le proprie idee. Dallaltro lato, bisogna tenere fermo che, se la storia fatta di assenze86 (gli archivi e il territorio non conservano purtroppo tutto il passato, ci che del resto rientra nella logica delle cose!), una realt fragile e travagliata come quella calabrese non pu permettersi lassenza della
storia, n vuoti di memoria87, cos come non pu prescindere dalla collaborazione tra studiosi di una stessa citt e di centri diversi, tra di loro e quelli di
area accademica, individuando temi comuni di ricerca e argomenti su cui
confrontare conoscenze, esperienze, competenze.

86
87

A. FARGE, Il piacere dellarchivio, cit., p. 52.


S. PIVATO, Vuoti di memoria. Usi e abusi della storia nella vita pubblica italiana, Bari

2007.
143

Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

MANUELA STRANGES

SUI CONCETTI DI POVERT ED ESCLUSIONE SOCIALE:


UNA RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

Non c una corretta, scientifica,


condivisa definizione perch la povert inevitabilmente un concetto
politico, e, di conseguenza, un concetto intrinsecamente dibattuto
Alcock, 2003

Introduzione
Nonostante abbia da sempre fatto parte della vita sociale ed economica
dei diversi paesi, la povert un tema sempre attuale, ancor di pi oggi in ragione della persistenza del fenomeno anche in nazioni ricche. Esistono diverse definizioni di povert, quasi tutti riconducibili a specifiche dicotomie: uni
o multidimensionale, relativa o assoluta, soggettiva o oggettiva, transitoria o
cronica, latente o manifesta, ecc. Tali definizioni, se utili allo scopo di cogliere alcuni caratteri del fenomeno e mettere a punto misure e grandezze, hanno
per il limite di non riuscire a cogliere la dinamicit e la fluidit del concetto
di povert. La povert non , infatti, un fenomeno statico, ma assume continuamente nuove forme, caratteristiche, gradi di intensit, rifuggendo alle categorizzazioni.
Emergono, oggi, forme di povert differenti da quelle manifestatesi in
passato, non pi legate solo allaspetto economicomonetario, ma connesse a
numerose altre dimensioni che definiscono il grado di sviluppo umano
dellindividuo, determinandone linclusione o esclusione dalla societ in cui
vive. Alcuni studiosi parlano di nuove povert, distinguendole da quelle vecchie, connotate esclusivamente dalla carenza di reddito e mezzi materiali.
Laggettivo nuove sembra, per, sottendere ad un superamento delle vecchie
145

Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

forme di povert, che invece ancora esistono e, anzi, in taluni contesti si manifestano in forma maggiormente acuta. Per definire le forme di povert che
si manifestano oggi viene ampiamente utilizzato il concetto di esclusione sociale che, non essendo stato ancora chiaramente definito (come si vedr in
seguito dallanalisi della pluralit di definizioni che ne sono state fornite),
finisce per comprendere diverse forme di difficolt che lindividuo pu sperimentare nel corso della sua esistenza disagio, marginalit, povert, precariet, instabilit, vulnerabilit, in un mix pi o meno intenso e disperato
delle diverse condizioni.
Lobiettivo del presente contributo quello di tracciare una breve (e certamente non esaustiva) storia dei concetti di povert ed esclusione sociale, delineandone un quadro definitorio attraverso una revisione della bibliografia internazionale in materia e lanalisi degli studi compiuti nei diversi paesi. La premessa
fondamentale da cui parte il lavoro che solo la corretta definizione del fenomeno povert ci consente di misurarla con gli strumenti metodologici pi adeguati e,
quindi, di mettere a punto strategie volte alla sua eliminazione.

Levoluzione del concetto di povert


Uno dei problemi principali che bisogna affrontare nellambito dello studio della povert sicuramente quello della sua definizione, in quanto la scelta di quali dimensioni analizzare riflette una serie di fondamentali assunzioni
in relazione alla sua natura e alle sue cause, e finisce, a sua volta, per influenzare e definire le metodologie di misurazione da adottare. Il termine povert
deriva dal latino pauperitas, che a sua volta deriva dal termine paucus (poco)
e si connota, quindi, come la scarsit di risorse atte a soddisfare i bisogni
dellindividuo. La sua definizione concettuale appare spesso compito molto
pi arduo che non la sua individuazione: a tal proposito nel 1971 Martin Brofenbenner si espresse affermando che la povert pu essere paragonata ad una
brutta persona, che pi facile da riconoscere che da descrivere (p. 38).
Appare, dunque, chiaro che la prima domanda cui si deve rispondere proprio che cos la povert?. Una volta fornita tale definizione si potr, infatti, procedere allindividuazione di misure adeguate per la sua valutazione
quantitativa e alla messa a punto di strumenti di analisi mirati.
La prime definizioni di povert erano legate soprattutto alla mancanza di
reddito e di beni materiali: nel 1901 Seebhom Rowntree, il cui lavoro considerato il primo studio di carattere scientifico sulla povert, defin povere
quelle famiglie la cui indisponibilit di reddito era tale da non garantire la
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Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

pura efficienza fisica. In verit vi erano gi stati degli studi sulla povert,
come quello di Charles Booth del 1887, nel quale lautore tent una stima
della povert nella citt di Londra, correggendo al ribasso le idee del tempo
secondo cui un terzo della popolazione londinese viveva in situazioni di povert (pervenendo, invece, ad un valore del 5%) e facendo anche ad una classificazione della popolazione in otto classi sociali, quattro delle quali si riferivano a persone in stato di povert (cfr. Parisi, 2004, pp. 7-8). La definizione
di povert elaborata da Rowntree era di tipo assoluto: egli infatti calcol una
linea di povert, espressa come ammontare monetario minimo richiesto per
avere unalimentazione adeguata al mantenimento dellefficienza fisica e affrontare le spese basilari per labbigliamento e labitazione. Rowntree effettu anche una distinzione tra povert primaria e secondaria, riferendosi col
primo termine a quelle famiglie che vivevano sotto la soglia di povert da lui
stimata, e col secondo a quelle famiglie o individui che, pur essendo al di sopra di questa soglia, continuavano comunque a vivere in situazioni di povert.
La definizione elaborata da Rowntree, legata solo alla mancanza dei mezzi necessari per la sopravvivenza, appare poco attuale oggi, come sottolinea
De Bartolo (2001, p.103): voler applicare questa definizione alla societ di
oggi non permetterebbe di cogliere lattualit del fenomeno: infatti oggi la
povert non soltanto la mancanza di cibo ma legata anche ad altri fattori. Rowntree, che segu i passi di Booth, adottando per una differente metodologia (Ruggeri Laderchi et al., 2003), quella dellintervista, pervenne ad
una quantificazione dei poveri nellarea di York nella misura del 30% della
popolazione.
Negli studi che si sono susseguiti nel XX secolo ha preso piede la visione
della povert come fenomeno relativo, la cui manifestazione (e, di conseguenza, la cui analisi) fortemente connessa alla situazione sociale ed economica del paese di riferimento: tra i primi studi in questa direzione possiamo citare quelli economici di Townsend (1974; 1979) e Towsend e Abel
Smith (1965), e quelli pi sociologici di Stouffer et al. (1949) e Runciman
(1966). In particolare Townsend, nei suoi studi, parla di povert relativa, legandone il concetto allorganizzazione sociale complessiva in termini di redistribuzione delle risorse e di condizioni di vita (DE BARTOLO, 2001, p. 103).
Le definizioni successive di povert avranno tutte la medesima considerazione di fondo in merito alla sua relativit. Nel 1984 il Consiglio Europeo dei
Ministri defin i poveri come [] le persone le cui risorse (materiali, culturali, sociali) sono cos limitate da escluderle dal minimo accettabile stile di
vita dello Stato Membro nel quale essi vivono.
147

Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

Uno dei principali sostenitori dellabbandono dellequivalenza completa


tra povert e basso reddito (pur riconoscendo che comunque il reddito ha un
ruolo nella determinazione dei livelli di povert degli individui e delle famiglie) fu leconomista indiano Amartya K. Sen (1984), il quale sottolinea come [] essere poveri in una societ ricca gi di per s un handicap in
termini di capacit []. La deprivazione relativa nello spazio dei redditi pu
implicare una deprivazione assoluta nello spazio delle capacit. In un paese
che in generale ricco, pu essere necessario un reddito maggiore per comprare merci sufficienti ad acquisire le stesse funzioni sociali, come apparire
in pubblico senza vergogna. Lo stesso pu dirsi per la capacit di prendere
parte alla vita della comunit. Lattenzione ad una visione pi ampia del
benessere, che non fosse legata esclusivamente al reddito era gi presente nel
pensiero di alcuni padri delle scienze economiche, da Adam Smith a Karl
Marx (ATKINSON, 1975), passando per Thomas Malthus e David Ricardo.
Smith, ad esempio, gi nel 1776 parlando di povert si espresse con queste
parole: [] una camicia di tela, non rigorosamente parlando, necessaria
allesistenza, ma attualmente, nella maggior parte dEuropa, un giornaliero
rispettabile si vergognerebbe di apparire in pubblico senza una camicia di
tela; la sua mancanza denoterebbe quel disgraziato grado di povert cui si
presume che nessuno possa arrivare senza una condotta estremamente cattiva []. Tralasciando il giudizio di merito che Smith esprime nella parte
conclusiva di questo suo pensiero, possiamo comunque ravvisare una definizione (prototipale) di povert relativa, che ne lega la manifestazione al contesto di riferimento.
Negli anni successivi, poi, il dibattito economico e lattenzione degli studiosi si spostarono sui tassi di crescita e sui problemi di contabilit nazionale,
oscurando la prospettiva ampia dello sviluppo che si era gi manifestata.
Lidea di fondo che guidava gli studiosi del tempo era che la crescita del PIL
complessivo e del PIL procapite avrebbero avuto effetti positivi su tutta la
popolazione, in termini di aumento delloccupazione, di maggiori opportunit
economiche e, di conseguenza, di innalzamento degli standard di vita e di riduzione della povert e delle disuguaglianze: tale meccanismo conosciuto il
letteratura con il termine di Trickle Down Mechanism e suppone che i benefici della crescita finiscono per sgocciolare anche su coloro che stanno al di
sotto e che non hanno partecipato in prima persona la processo di crescita
stesso. Losservazione dei dati statistici rilevati mostr, per, che ci non si
era realizzato nel concreto: negli anni 50 e 60 ci si rese, infatti, conto che alla
crescita del PIL che si stava realizzando nei paesi in via di sviluppo non cor148

Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

rispondeva una parallela diminuzione della povert e unaffermazione dello


sviluppo umano.
Inizi, allora, a profilarsi con maggiore forza lidea che il reddito non fosse un indicatore soddisfacente del grado di sviluppo di una popolazione. Fino
ad allora solo sporadiche (e, in verit, inascoltate) voci si levarono in contrasto alla visione che la crescita economica si sarebbe tradotta in maggiore sviluppo e riduzione della povert. Ad esempio, gi a partire dagli anni 50,
leconomista liberale Viner (1953), in solitudine pressoch totale (se si esclude il sostegno di Bauer, 1956, 1976), denunci quelli che riteneva degli atti
immorali: parlando di insufficienza della crescita, leconomista si sofferm
sugli aiuti indiscriminati, sottolineando come questi non fossero esplicitamente rivolti allabolizione della povert (VINER, 1968, pp. 781-801).
Leconomista pakistano Mahbub ul Haq, ispiratore e ideatore dei Rapporti sullo sviluppo umano, scrisse nel 1971: Ci avevano insegnato ad occuparci solo del prodotto interno lordo perch poi questultimo si sarebbe preso cura della povert. Ribaltiamo questa opinione, occupiamoci della povert perch ci, a sua volta, si prender cura del prodotto interno lordo. In altri termini, preoccupiamoci del contenuto del prodotto lordo, ancor pi del
suo tasso di incremento. (UNDP, 1990). Iniziava a delinearsi con forza il divorzio tra gli economisti utilitaristi, le cui analisi dei livelli di sviluppo dei
diversi paesi si basavano solo sul reddito pro capite, e i tanti studiosi che palesavano la necessit di unanalisi multifattoriale.
Nel 1973 Johnson parl di povert come di situazione di inaccettabili privazioni a livello sociale, rimandando, dunque, ad una concezione relativa in
cui la situazione dei poveri e il loro tenore di vita non misurato in maniera
assoluta, ma con riferimento alla situazione ed agli standard della societ di
appartenenza. Si tratta, dunque, di capire quali sia lammontare di reddito necessario per essere socialmente integrati: tale livello pu essere indipendente
dallammontare necessario per soddisfare certi bisogni, ma piuttosto pi
dipendente dal livello dineguaglianza della societ (Livraghi, 1999, p. 4). In
merito a ci Sen (1992) sottolinea come [] il grado di adeguatezza dei
mezzi economici non pu essere giudicato indipendentemente dalle effettive
capacit di conversione dei redditi e delle risorse in capacit di funzionare
[] (p. 156), e come [] nello spazio del reddito, il concetto rilevante di
povert deve essere basato sull'inadeguatezza (a generare livelli minimi accettabili di capacit), piuttosto che sulla scarsezza (indipendentemente dalle
caratteristiche individuali) [] (p. 157). Quindi il metro di misura della
povert non il reddito di un individuo, ma lo sviluppo delle sue capacit in
relazione al contesto in cui vive.
149

Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

Nel Rapporto 1997 della Commissione di Indagine sulla Povert e


sullEmarginazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri si legge: Emerge una realt del disagio individuale e di gruppi a molte, e diverse, dimensioni: le disuguaglianze dei redditi e dei consumi; larticolazione delle
situazioni di emarginazione nel territorio, nelle grandi citt e nelle campagne; laggravarsi della mancata soddisfazione di taluni bisogni fondamentali
come la casa, la salute, loccupazione, listruzione, le disparit intergenerazionali; le nuove povert in rapporto alla cultura e allaccesso alle nuove
tecnologie. Questi aspetti, vecchi e nuovi, richiedono un adeguamento dei
quadri analitici e concettuali, ed un arricchimento della gamma di indicatori
disponibili per fare il punto sullevoluzione della povert e dellemarginazione (1998). Questa definizione ci rimanda al concetto di povert multidimensionale (che sar analizzato in seguito), in cui la povert non pi legata solo ad una condizione di privazione economica, ma ad una serie di privazioni di carattere sociale, culturale, ambientale, ecc.
Il Rapporto Eurispes 2005 sulla situazione dellItalia cos si esprime in relazione alla povert nel nostro paese, attribuendole la connotazione di fenomeno fluttuante, e mettendone in evidenza tutti i caratteri di multidimensionalit di cui si accennava: La povert italiana ha sempre avuto un carattere complesso e multidimensionale. Infatti, alcune situazioni di tipo endemico fanno riferimento a catene causali come la numerosit del nucleo familiare, una scarsa qualificazione culturale oppure la perdita del lavoro da parte
del capofamiglia, il risiedere in aree del Paese sprovviste di determinati servizi di assistenza e di tutela dellinfanzia, la presenza di anziani con problemi
di autosufficienza, lerosione del potere dacquisto dei redditi. Quindi il
Rapporto dellEurispes rileva come esistano nuove forme di povert che si
slegano dal concetto tradizionale di privazione di reddito, assumendo connotazioni e caratteri del tutto peculiari che coinvolgono gruppi diversi di popolazione: La marginalizzazione di strati sempre pi ampi della popolazione,
la riproduzione di modalit nuove di esclusione economica, la manifestazione di forme di povert fluttuante non si traducono soltanto in situazioni di
carenza materiale ed economica. (pp. 11-12)

Nascita e sviluppo del concetto di esclusione sociale


Il concetto di esclusione sociale stato introdotto nella letteratura scientifica a partire dagli anni 70, in considerazione dellimpossibilit di misurare i
nuovi volti della povert occidentale con le grandezze tradizionalmente ap150

Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

plicate. Lesclusione sociale si configura oggi come un fenomeno fortemente


radicato nella societ attuale, [] tale da investire e talvolta compromettere
numerosi aspetti comportamentali nel rapporto tra il cittadino e la societ
stessa in cui vive [] (Capacci e Castagnaro, 2003, p. 1). Il primo uso del
termine esclusione sociale per descrivere i processi di marginalizzazione e
deprivazione che emergono nei paesi sviluppati, viene fatto risalire al 1974 e
attribuito a Lenoir, segretario di stato francese per lAzione Sociale (Ruggeri
Laderchi et al, 2003, p. 20). Tale concetto venne ben presto trasferito dal dibattito strettamente politico a quello accademico e scientifico, dando il via ad
una serie di riflessioni sulla natura dellesclusione sociale, ma anche sulle sue
possibilit di misurazione.
A livello europeo esiste oggi una notevole attenzione su questi temi: nel
1995 lUnione Europea defin lesclusione sociale come un processo attraverso cui gli individui o i gruppi sono completamente o parzialmente esclusi dalla piena partecipazione nella societ in cui vivono (European Foundation,
1995), mentre nel 2002, Dragana Avramov, in una pubblicazione del Consiglio Europeo, defin lesclusione sociale come la risultante dellaccumulazione di numerosi handicap sociali, che porta, quindi, ad una condizione di
deprivazione. Egli aggiunge, inoltre, come gli individui sperimentino
lesclusione sociale sia da un punto di vista oggettivo (deprivazione), sia da
un punto di vista soggettivo (insoddisfazione), e come questa si manifesti in
molti dei pi importanti domini dellattivit umana, dallistruzione al lavoro, dalla partecipazione alla comunicazione, dal consumo di beni e servizi al
tempo libero (Avramov, 2002, p. 87).
Gli aspetti dellesclusione connessi alla vita sociale, economica e culturale di ogni individuo sono estremamente numerosi, e questo determina problemi di identificazione, essendo il fenomeno dellesclusione il peggio definito e pi difficile da interpretare dei concetti di deprivazione (Ruggeri Laderchi et al. 2003, p.22), e difficolt nelleffettuare una misurazione adeguata
con una metodologia ad hoc (Capacci e Castagnaro, 2003, p. 1). Gli approcci
di misura devono necessariamente essere multidimensionali, perch multidimensionale il fenomeno. Nei primi anni 90 Bouget e Nogues (1993) hanno
individuato ben 22 termini utilizzati per descrivere il fenomeno
dellesclusione allinterno di diverse ricerche e studi, a riprova del fatto che
non esiste un accordo concettuale o di definizione su questo aspetto. Molti
autori (Atkinson, 1998; Room, 1999; Micklewright, 2002) concordano sulle
caratteristiche principali dellesclusione sociale, ossia la relativit, la dinamicit e la multidimensionalit, mentre per quanto riguarda le specifiche dimen151

Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

sioni da prendere in considerazione nella definizione di un indicatore di esclusione sociale c ancora un certo disaccordo tra gli studiosi.
Una necessaria considerazione in relazione a questo approccio allo studio
della povert che esso risulta pi adatto a studiare il fenomeno nei paesi sviluppati, che non in quelli in via di sviluppo. Per questi ultimi possono essere
validamente impiegati gli indicatori di sviluppo umano e di privazione umana
(come quello presentati annualmente dalle Nazioni Unite). Il concetto di esclusione sociale, del resto, si presta bene a descrivere la situazione di paesi
che hanno comunque raggiunto un certo grado di sviluppo socioeconomico,
mentre appare inadeguato e poco significativo per lapplicazione in contesti
che sperimentano ancora povert estreme.
Si pensi, ad esempio, al fatto che una delle dimensioni dellesclusione sociale la disoccupazione, che non ha alcun senso misurare in contesti di economie arretrate, dove permangono strutture e forme di lavoro premoderne. La
misurazione in termini di privazione di mezzi materiali, istruzione e longevit
(come accade per lIPU delle Nazioni Unite) sembra essere, nei contesti non
sviluppati, maggiormente significativa. Ciononostante ci sono stati dei tentativi di applicazione delle misure di esclusione sociale ai paesi non sviluppati:
Nayak nel 1994 in India; Rodgers et al. nel 1995 per la Tanzania, il Camerun
e la Tailandia; Bedoui e Gouia nel 1996 in Tunisia; Figueroa, Altamirano e
Sulmont nel 1996 in Peru; Appasamy et al. nel 1996 in India; Cartaya et al.
nel 1997 in Venezuela; Mearns e Sinha nel 1999 in India. Alcuni di questi
lavori empirici, senza volerne mettere in dubbio la validit, sembrano per
sganciati dal contesto di riferimento (Ruggeri Laderchi et al., 2003, p. 22): le
scelte in relazione alle dimensioni analizzate non appaiono sufficientemente
giustificate, n vi sono riferimenti espliciti alla situazione normale della societ di riferimento (il commento degli autori si riferisce ai lavori di Rodgers
et al., 1995; Bedoui e Gouia, 1996; Appasamy, 1996; Cartaya, 1997). Uno
studio realizzato da Ruhi Saith nel 2001 ripercorre brevemente le ricerche
sullesclusione sociale effettuate nei paesi sviluppati e in quelli in via di sviluppo, realizzando anche una distinzione tra le varie forme di esclusione sociale (dal Welfare State, dalla sicurezza sociale, in relazione alla disoccupazione, ecc.).
Molto numerosi sono stati gli studi compiuti nei paesi industrializzati, la
maggior parte dei quali si sono concentrati sul ruolo svolto dalla disoccupazione come punto di partenza per la definizione e la misurazione
dellesclusione sociale (Saith, 2001, p. 4). Tra questi: Whelan e Whelan
(1995); Paugam (1995) sulla Francia e Paugam (1996) su vari paesi
dellEuropa; Burchardt et al. (1999) sulla Gran Bretagna; Jonsson (1999) che
152

Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

si concentrato sullanalisi dellesclusione sociale per genere; Mastropietro


(2002) che, nellambito del progetto Action Research on Social Exclusion
and Poverty del Cerfe, ha realizzato delle linee guida sulla povert e
lesclusione sociale a Roma, Parigi e Londra.

Povert ed esclusione sociale: due facce della stessa medaglia?


Il nodo teorico relativo alla distinzione tra povert ed esclusione sociale
rimane ancora da sciogliere. Il dibattito sullambivalenza o meno dei due
concetti ancora estremamente articolato allinterno dei contesti scientifici
ed accademici. Secondo alcuni non chiaro se lesclusione sociale comprenda la povert o viceversa, oppure se si tratta, invece, di due nozioni collegate ma disgiunte (Cerfe, 1999, p. 11), mentre secondo altri il concetto di
esclusione sociale va sostituito a quello di povert (Negri, 1995, pp. 5-22),
cercando di prendere in considerazione non solo i tratti economici del fenomeno della povert, ma anche dando conto dei diversi meccanismi che sottostanno al processo di impoverimento (Saraceno, 1993, pp. 23-26). Alcuni
studiosi considerano il concetto di esclusione sociale come unulteriore specificazione del concetto di povert, altri invece ritengono che sia un suo allargamento a pi dimensioni, diverse da quella strettamente economica.
La questione, dunque, ridotta ai minimi termini, consiste nel determinare
se lesclusione sociale e la povert siano da considerarsi un unico fenomeno
oppure due fenomeni distinti, e, in questultimo caso, quali siano le reciproche relazioni tra essi (sovrapposizione, inclusione, ecc.) (Cerfe, 1999, p. 49).
Molti studiosi focalizzano lattenzione sullopportunit di utilizzare i due
concetti in contesti differenti: il concetto di povert, come gi accennato, andrebbe utilizzato soprattutto nei contesti sottosviluppati, mentre per i contesti
sviluppati andrebbe pi propriamente utilizzato quello di esclusione sociale
(Negri, 1995; Capacci e Castagnaro, 2003). Per quanto riguarda la nascita dei
due concetti Walker (1995, pp. 102-128) sostiene che la povert sia di origine
anglosassone, mentre il concetto di esclusione sociale abbia unorigine francese. Secondo limpostazione teorica di Walker, sulla base del concetto di
povert, la societ vista come un insieme di individui in competizione economica tra di loro, che porta alcuni ad avere redditi pi elevati rispetto alle
proprie necessit, mentre altri rischiano di non avere lessenziale. Basando
lanalisi sul concetto di esclusione sociale, invece, la societ vista come un
insieme di individui che condividono un ordine morale che comporta diritti e
doveri, e lesclusione sociale si sostanzia nellallontanamento da tale ordine
153

Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

morale. Le cause di questo allontanamento possono essere molteplici, ivi


compresa la carenza di reddito.
In realt la relazione tra povert ed esclusione sociale, nonostante i numerosi tentativi teorici e concettuali, non ancora chiaramente definita e le due
nozioni sono spesso combinate insieme nel definire il quadro complessivo di
deprivazione di una determinata area. I tentativi di proporre una distinzione
(anche se chiaramente non pu trattarsi di una distinzione netta) sono stati
numerosi, e quasi tutti riflettono, in particolare, le differenze in termini di definizioni adottate e di modalit conoscitive dei due processi: ad esempio, si
potrebbe considerare la povert come uno stato di deprivazione di risorse che
colpisce gli individui e lesclusione sociale come un processo prodotto
dallaccumulazione e dallinterazione tra loro di fattori di rischio sociale, che
spingono lindividuo verso una condizione di povert. Quindi, mentre la povert si caratterizza come uno stato di deprivazione, lesclusione sociale si
caratterizza come un processo di impoverimento. Volendo necessariamente
individuare degli elementi analitici e concettuali che permettano di distinguere il concetto di povert da quello di esclusione sociale (JehoelGijsbers,
2004), possiamo sintetizzarne alcuni nella tabella 1.
Una distinzione netta appare in relazione alle modalit di rilevazione, in
quanto la povert misurata solo in termini di deprivazione monetaria, mentre lesclusione sociale va al di l della dimensione economica, caratterizzandosi come un processo di svantaggio sociale, comprendente pi dimensioni e
per tale ragione deve essere misurata con riferimento a pi variabili esplicative. Inoltre chiaro come il concetto di esclusione sociale riguardi non solo
gli individui o le famiglie, ma anche e soprattutto il contesto dove essi vivono e
tentano di inserirsi (Bhnke, 2001; Sassen, 1999; Castel, 1995; Mingione, 1991).
A queste considerazioni sulla suddivisione netta tra povert ed esclusione
si oppongono le teorie di molti studiosi, secondo cui la distinzione ha ormai
poco senso, giacch la definizione di povert tende ad allargarsi: gli sviluppi
recenti nelle ricerche sul fenomeno spostano lattenzione da un approccio statico basato sul reddito ad un approccio dinamico che includa anche altri aspetti relativi allo standard di vita (Walker e Ashworth, 1994; Leibfried et al.,
1995). In particolare, secondo alcuni il concetto di deprivazione relativa si va
progressivamente avvicinando alla definizione di esclusione sociale (Townsend, 1979; Gordon e Pantanzis, 1997; Hallerd, 1995; Whelan e Whelan,
1995; Andre, 1999, Bhnke e Delhey, 1999a e 1999b).
Anche in considerazione di tali riflessioni, i concetti di povert ed esclusione sociale mostrano ancora delle differenze sostanziali, sia sul piano concettuale, sia su quello empirico: indubbio che, mentre per la misurazione
154

Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

della povert si ricorre ancora alla misurazione del reddito o dei consumi, per
la misurazione dellesclusione sociale occorre fare uno sforzo ulteriore per
lindividuazione delle diverse dimensioni di analisi. Lesclusione sociale, infatti, pu essere definita in riferimento a diversi aspetti, sia economici (ad esempio, la capacit di disporre di beni e servizi ritenuti essenziali), che sociali
(la partecipazione sociale, il coinvolgimento politico e democratico, lintegrazione sociale, ecc.). Quindi la povert monetaria certamente un aspetto centrale dellesclusione sociale, ma non lunico e decisivo.
Tab. 1 Elementi distintivi tra povert ed esclusione sociale
POVERT
Approccio
analitico

Statico:
la povert fa riferimento ad
una data situazione reddituale,
quindi descrive una situazione
statica

ESCLUSIONE SOCIALE
Dinamico:
lesclusione sociale descrive i
processi di impoverimento e di
non inclusione, quindi si tratta
di unanalisi dinamica

Dimensioni
considerate

Unidimensionale:
la povert studiata con riferimento ad una sola variabile
(reddito o consumi)

Multidimensionale:
lesclusione sociale studiata
con riferimento a numerose
variabili sociali

Unit di analisi

Famiglia o individuo:
la povert descrive la situazione in riferimento al singolo
individuo o al nucleo familiare, quindi pu essere interpretata come una carenza di risorse dellindividuo o della
famiglia

Societ:
lesclusione sociale fornisce
informazioni su unintera societ, quindi pu essere interpretata come una carenza di
risorse dellintera comunit (ad
esempio la carenza di dotazioni
infrastrutturali)

Elementi di
analisi

Distribuzione delle risorse:


lo studio della povert ha come elemento centrale di analisi la distribuzione delle risorse
e dei beni

Aspetti relazionali:
lesclusione sociale si riferisce
ad aspetti relazionali, quali, ad
esempio, la partecipazione sociale, la coesione sociale,
lintegrazione, la condivisione
di norme e valori, ecc.

155

Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

Differenti approcci concettuali, differenti risultati analitici


La difficolt di mettere a punto politiche di intervento per la riduzione
della povert va in parte ricondotta al problema di individuare un metodo univoco di definizione e di misura del fenomeno. Ogni metodo proposto sar,
infatti, caratterizzato da elementi arbitrari e soggettivi, che finiranno per influenzare i risultati ottenuti nelle diverse misurazioni. Ogni metodo, inoltre,
pu tradursi nella possibilit di acquisire maggiori informazioni da un lato,
ma anche di perderne dallaltro. Ruggeri Laderchi et al. (2003) fanno notare
che, mentre un approccio monetario suggerisce di focalizzare gli interventi
sullaumento dei redditi (attraverso strumenti quali la crescita economica, la
redistribuzione, ecc.), lapproccio delle capabilities tende ad enfatizzare
maggiormente la fornitura di beni pubblici.
Inoltre bisogna anche considerare che, come gi rilevato, taluni approcci
possono essere validi se applicati in particolari contesti (ad esempio nei paesi
sottosviluppati o in via di sviluppo), ma rivelarsi inefficaci in altri (nei paesi
sviluppati), e viceversa. Per quanto riguarda la distinzione sin qui realizzata,
se si decide di misurare il fenomeno come povert, sar necessario prendere
in esame una variabile economica esplicativa (solitamente la spesa per consumi), mentre se si decide di misurarla come esclusione sociale sar necessario osservare pi variabili.
In un recente lavoro (Stranges, 2006a) abbiamo messo in evidenza come
la graduatoria delle regioni italiane per povert monetaria (dati riferiti al
2002) non corrisponda alla graduatoria per esclusione sociale, definita in
questo caso con riferimento ad alcune variabili fornite dalla statistica pubblica (ISTAT, 2003): disagio abitativo (difficolt connesse alle condizioni fisiche
dellabitazione o allarea in cui si vive), difficolt di accesso ai servizi di base
(sanitari e per linfanzia) e difficolt di acquisto di beni e servizi essenziali
(cibo necessario, cure mediche necessarie, pagare bollette). Se osservando il
ranking delle regioni per povert monetaria la posizione peggiore era occupata dalla Calabria (poi scesa in quarta posizione dopo Sicilia, Campania e Basilicata nel 2005), la prima regione per difficolt di utilizzo dei servizi sanitari era, invece, la Sardegna (ottava nella graduatoria per povert monetaria),
mentre la prima regione per difficolt di utilizzo dei servizi per linfanzia era
Piemonte (tredicesima in quellanno per povert economica). Questi dati ci
consentono di riflettere sul fatto che la povert economica non esaurisce tutte
le forme di disagio e deprivazione che gli individui e le famiglie possono sperimentare (Stranges, 2006a, p. 67) e, soprattutto, come tali forme di disagio
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Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

possano mostrarsi anche in contesti ricchi, dove non si manifesta povert


monetaria. Tutte queste forme di deprivazione non strettamente monetaria
devono essere inserite sotto letichetta pi ampia di esclusione sociale.
Anche nel presentare tali dati occorre considerare che qualunque assunzione sulle dimensioni da considerare presuppone la necessit di tralasciarne
delle altre che, comunque, potrebbero essere ugualmente importanti nel definire la situazione di una data area in termini di esclusione sociale. Oltre a ci
occorre prendere in considerazione che dover analizzare pi indicatori congiuntamente appare compito pi arduo che non osservare un solo valore (come quando si guarda solo allincidenza della povert monetaria). Per superare
tale problema si sta facendo strada il ricorso ad indicatori di tipo sintetico che
consentano di mettere insieme pi dimensioni, ottenendo, per, un unico valore. Vi sono state alcune applicazioni di questo tipo, tra cui: Castellani
(1999), Cagiano de Azevedo et al. (2001), Capacci e Castagnaro, (2003),
Stranges (2006b e 2007a).
In questi ultimi lavori (Stranges 2006b e 2007a), in particolare, lesclusione sociale viene misurata con riferimento a tre dimensioni (selezionate sulla base di alcune analisi statistiche preliminari e sulla revisione della bibliografia sullargomento) ritenute fondamentali nel definire il grado complessivo di esclusione/inclusione sociale delle regioni italiane: la dimensione economica, quella sociale e quella umana. La dimensione economica stata misurata come disoccupazione, essendo lesclusione dal mercato del lavoro la
prima fonte di mancanza di reddito e, quindi, di povert economica; la dimensione sociale stata misurata utilizzando due variabili di esclusione fornite dallIstat, il disagio abitativo e le difficolt di acquisto di beni necessari
(che sono quelle che mostrano lincidenza maggiore nelle regioni italiane); il
disagio umano stato, infine, misurato come mancanza di conoscenze (percentuale di persone che hanno come titolo massimo la licenza media inferiore). I risultati ottenuti nellapplicazione dellindice sintetico di esclusione sociale alle regioni italiane confermano che la povert monetaria non lunico
elemento da considerare nel definire il grado di esclusione nelle diverse aree
del paese e che vi sono regioni ricche dove si manifestano con forza forme di
marginalizzazione e di vulnerabilit sociale non necessariamente connesse
alla sfera economica (Stranges, 2006b e 2007a).
Infine, non si pu non rilevare limportanza che le misure oggettive di
povert siano affiancate da quelle soggettive. Poich la povert soggettiva
misura la percezione che gli individui della propria condizione economica,
lintegrazione di questa prospettiva con quella oggettiva pu aiutare a mettere
in luce le sfaccettature del disagio, oltre a favorire la definizione di strategie
157

Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

di riduzione della povert che tengano conto anche del punto di vista dei soggetti direttamente coinvolti (Stranges, 2006c E 2007B). ALCUNE
RICERCHE RECENTI (CALLAN ET AL., 1996; LAYTE ET AL., 2001;
MUFFELS et al., 2003) si sono concentrate sul tentativo di integrare le due
misure attraverso la costruzione di indici additivi di deprivazione. Un recente
rapporto Cerfe a cura di Quaranta et al. (2005), ripercorrendo diversi studi e
ricerche sulla povert, individua cinque aree tematiche che emergono nel dibattito accademico e politicoistituzionale sul tema della povert, la seconda
delle quali la soggettivizzazione dei poveri, intesa come riconoscimento a
questi ultimi del ruolo di attori propositivi nelle politiche di lotta alla povert
e allesclusione sociale. Ci si concretizza nella necessit di maggiore peso
alla percezione soggettiva che i poveri stessi hanno della propria condizione.
Se vero, dunque, che la misurazione della povert e la successiva messa a
punto di strategie di eliminazione devono basarsi su un approccio esogeno
(misurazione oggettiva), in grado di garantire un sufficiente livello di astrazione analitica dal problema, pur vero che lintegrazione della prospettiva
endogena di analisi (misurazione soggettiva) pu aprire nuovi orizzonti nello
studio del fenomeno, facilitando la caratterizzazione della situazione di specifici sottogruppi di popolazione (Stranges, 2007b).

Riflessioni conclusive
Dalla revisione della letteratura e degli studi realizzati a livello internazionale appare chiaro come il fenomeno della povert sia estremamente complesso, di difficile concettualizzazione ed interpretazione, e quindi, di conseguenza, di difficile misurazione. Il modo in cui viene definita la povert
(scelte concettuali), e il modo in cui si decida di studiarla (scelte relative
allapproccio) e misurarla (scelte metodologiche) influenzano i risultati che si
ottengono. Le definizioni adottate in fase preliminare influiscono sulle misure
che vengono poi utilizzate, determinando differenze nei risultati raggiunti.
Nella misura della povert e dellesclusione sociale esiste unenorme vastit
di approcci, di definizioni, di studi effettuati. Il punto di partenza per mettere
ordine in tale mole di informazioni fornire una definizione pi chiara di cosa sia lesclusione sociale, per poter poi decidere quali dimensioni considerare nella sua misurazione.
Emerge la necessit di ripensare la povert contemporanea, prendendone
in considerazione il carattere multidimensionale e le diverse forme di manifestazione che questa pu avere. Il concetto di esclusione sociale sembra pre158

Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

starsi meglio alla definizione della povert contemporanea: lesclusione appare come un fenomeno complesso nella cui manifestazione si combinano insieme marginalit economica, discriminazione culturale ed esclusione dalla
vita civile e democratica. Essa tende ovviamente a manifestarsi allinterno
dei gruppi sociali svantaggiati. necessario, a tal proposito, prendere in considerazione alcuni fattori che possono favorire lesclusione sociale: ad esempio, le disabilit fisiche e psichiche, il sesso (le donne sono maggiormente
svantaggiate), let (come abbiamo visto dai dati sulla povert, le persone anziane sono maggiormente esposte allindigenza), la composizione del nucleo
familiare (la presenza di bambini e anziani in particolare) oppure lappartenenza ad unetnia o ad una cultura diversa da quella dominante (ad esempio
gli immigrati, le minoranze etniche, linguistiche, religiose). A ben guardare,
si tratta di situazioni di appartenenza a gruppi o comunit che non fanno parte
della dinamica economica, o rivestono un ruolo marginale.
Lesclusione sociale non dunque una condizione statica di singoli e
gruppi particolari in una societ (come pu invece dirsi per la povert), bens
un percorso dinamico di progressiva deprivazione: nella spirale che si genera
sintrecciano e si accumulano numerosi fattori, che sinfluenzano e si rafforzano vicendevolmente. Tali processi finiscono per incidere su tutta la comunit interessata, configurando problemi di vulnerabilit sociale, disuguaglianze e discriminazioni, ingiustizia sociale allinterno della popolazione.
Se questo il concetto di povert a cui facciamo riferimento, da questa riflessione ne discende unaltra: occorre ripensare le strategie per la riduzione
della povert non solo in termini redistributivi, ma anche in termini strutturali
ed infrastrutturali, al fine di tenere conto anche degli indicatori di disagio sociale che si manifestano con forza anche in contesti ricchi. Quando si parla di
esclusione sociale bisogna anche tenere conto di questo carattere dinamico e
multidimensionale (cfr. Bourdieu, 1991; Paugam, 1997; Saraceno, 1993;
Wilson, 1987 e 1993) nella definizione dei programmi di inclusione sociale e
degli interventi di lotta alla marginalit, considerando che si tratta di un problema di inadeguatezza pi che di scarsezza: il metro di misura del fenomeno, pertanto, non pu essere il reddito di un individuo o la disponibilit di risorse ed infrastrutture, ma la sua capacit di far funzionare ci di cui dispone
secondo le proprie necessit. Questa riflessione ci rimanda alla teoria del capability approach del Premio Nobel Amartya Sen: [] il grado di adeguatezza dei mezzi economici non pu essere giudicato indipendentemente dalle
effettive capacit di conversione dei redditi e delle risorse in capacit di funzionare [], e [] nello spazio del reddito, il concetto rilevante di povert deve essere basato sull'inadeguatezza (a generare livelli minimi accettabili
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Daedalus 2007

RASSEGNE/DISCUSSIONI

di capacit), piuttosto che sulla scarsezza (indipendentemente dalle caratteristiche individuali) [] (Sen, 1992, pp. 156 157).
Se lesclusione sociale un fenomeno cos complesso, necessariamente
complessi dovranno essere gli sforzi per misurarla e per combatterla.
Lobiettivo dei governi non deve essere pi solo quello di innalzare il reddito
delle famiglie pi povere (condizione, in ogni caso, fondamentale per sconfiggere la povert), ma anche quello di creare un ambiente socialmente vivibile da tutti, in cui le persone possano integrarsi e svilupparsi in quanto esseri
umani. Il primo passo deve essere quello di pervenire a definizioni pi chiare:
lesclusione sociale non solo povert, ma include tutti quei fenomeni che, a
livello individuale o collettivo, comportano una mancata realizzazione
dellindividuo in quanto membro della societ in cui vive. La povert monetaria certamente un aspetto centrale dellesclusione sociale, ma non lunico
e decisivo.

160

Daedalus 2007

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RECENSIONI

RECENSIONI

PAOLO FEDELE, Il computer di casa. Processi di informatizzazione


dellambiente domestico: fra adattamento e creativit, Cosenza, Pellegrini
Editore, 2007 (pp.224, 15,00).
La societ moderna caratterizzata dalla consistente presenza di tecnologie delle comunicazione e dellinformazione che oramai pervadono tutte le
sfere di vita: dal lavoro, alla casa, al tempo libero, e che, sebbene con esisti
differenti, riorganizzano il nostro modo di stare al mondo.
Il volume ci presenta una ricerca comparata che ha avuto come case studies le politiche di diffusione dellinformatica da parte delle amministrazioni
locali in due differenti comuni, uno italiano (Soveria Mannelli, in provincia
di Catanzaro) ed uno svizzero (Bellinzona, nel Canton Ticino), e ci mostra
come il rapporto tra tecnologia e societ non mai diretto e immediato, al
contrario, appare come il risultato di molteplici interazioni che intercorrono
fra i diversi attori sociali e le tecnologie stesse. In particolare, lautore prende
in considerazione i processi di adozione delle nuove tecnologie informatiche
allinterno dellambiente domestico, dando voce ai vari componenti del nucleo familiare e ripercorrendo con essi le tappe di questo processo che non
mai un processo lineare, al contrario un processo evolutivo, dice Fedele Paolo, che procede per salti.
E infatti noto che parlare di tecnologie significa confrontarsi con artefatti
tecnici, con strumenti che si presentano con delle caratteristiche proprie e delle regole interne di funzionamento per cui lintroduzione di una tecnologia
allinterno di un ambiente non mai unoperazione neutrale; al contrario essa
attiva un processo fatto di pratiche e di negoziazioni, a volte anche conflittuali, fra i diversi attori fino a definire socialmente loggetto tecnico. Dallanalisi
delle interviste emerge per come questo processo di informatizzazione, delle
cui tappe lautore ci fornisce unaccurata descrizione, possa assumere risvolti
del tutto inediti e creativi. Ci che infatti le famiglie chiedono alle tecnologie
informatiche non tanto di risolvere problemi pratici, come la gestione dei
conti correnti bancari o il pagamento delle bollette o laccesso a servizi di ecommerce, ma piuttosto di appagare bisogni che hanno a che fare con la sfera
relazionale e affettiva ed per questo che sempre pi utenti frequentano gli
oramai diffusissimi programmi di social networking.
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Daedalus 2007

RECENSIONI

Ma da che parte possibile osservare il fenomeno? Lautore sceglie la


prospettiva neofunzionalista della teoria sistemica di Luhmann e prova innanzitutto a fare una distinzione tra ci che pi propriamente sociale da ci
che, invece, ne resta al di fuori, collocando in questo modo lambiente domestico su un livello che, se da una parte non pu essere propriamente considerato sociale, dallaltro non pu neppure del tutto esser reputato sistema psichico, individuale che, secondo la teoria di Luhmann, non pu infatti essere
oggetto di osservazione.
Inoltre, secondo tale teoria, ci dice lautore, il processo di informatizzazione si struttura principalmente come capacit, da parte di un individuo, di
utilizzare una determinata tecnologia in maniera adeguata al fine di poter
comunicare con le grandi organizzazioni complesse. Affinch ci possa avvenire il linguaggio che i soggetti devono apprendere quello della comunicazione cibernetica, del codice binario si/no, che ha, per, come diretta conseguenza laffermazione di relazioni formalizzate ed impersonali.
Questo tipo di comunicazione micromacro, ovvero tra le famiglie e la
societ per solo una parte del tipo di comunicazione che le nuove tecnologie informatiche permettono. La ricerca mette infatti in evidenza come le famiglie informatizzate attivino tutta una serie di comunicazioni e di relazioni
con altre famiglie informatizzate (livello micromicro), e che lautore definisce come fenomeni sociali emergenti, ovvero legami sociali mediatizzati
di mondo vitale che stanno al margine di quelli pi propriamente sistemici
ma che, in base a quanto le famiglie stesse affermano, hanno una valenza ben
superiore della comunicazione sistemica perch soddisfano tutta quella serie
di bisogni affettivo relazionali che laltro tipo di comunicazione non prende
assolutamente in considerazione. Pratiche neocomunitarie, relazioni caratterizzate da quel particolare tipo di legame che Simmel chiamava socievolezza
e forme di nomadismo telematico sono ci che viene affermandosi,
allinterno di quel contesto virtuale creato dalle tecnologie della comunicazione e dellinformazione, tra piccoli gruppi (individui/famiglie). Queste effervescenze sociali, cosi come le definisce lautore, non sono per da considerarsi in quanto opposte alla societ differenziata funzionalmente, secondo
la lettura della societ proposta da Luhmann, ma come un qualcosa che vi
resta al margine, latente eppur presente tanto da manifestarsi poi in questi
ambienti telematici quali le chat, i forum, i blog.
Alla luce di quanto emerso dalla ricerca empirica, lautore propone una riflessione teorica che si spinge al di l della mera concettualizzazione del dato: se per certi versi, infatti, la prospettiva neofunzionalista della teoria sistemica di Luhamann sembra abbastanza esaustiva a spiegare il sociale e la
societ, ci non si pu dire lo stesso per quel che riguarda queste nuove forme di sociale, questo piano intermedio delle relazioni che, invece, dice Fede168

Daedalus 2007

RECENSIONI

le Paolo, richiede un superamento della teoria stessa poich essa si rivela incapace di dare senso a quella frattura, a quello scarto oramai esistente tra individuo e societ.
Simona Isabella

MASI GIUSEPPE (a cura di), Tra Calabria e Mezzogiorno. Studi storici in memoria di Tobia Cornacchioli, Pellegrini Editore, 2007 (pp.423, s.i.p.).
Il volume curato da Giuseppe Masi costituisce un doveroso tributo
allintellettuale calabrese Tobia Cornacchioli, prematuramente scomparso nel
2003. Antifascista e libertario molto conosciuto e stimato nel territorio del
cosentino, sessantottino, fondatore dell'ICSAIC (Istituto Calabrese per la storia dell'antifascismo e dell'Italia contemporanea), studioso di didattica della
storia e della memoria dei circuiti culturali moderni e contemporanei, cos lo
descrive Umanit Nova in un articolo in suo ricordo pubblicato nel febbraio del 2004, che ne sottolinea inoltre la personalit, grazie alla quale
Cornacchioli divenuto un personaggio di spicco nel campo della
cultura regionale: uomo infaticabile, anima centinaia di iniziative, studia e
scrive, dimostrandosi uno storico fine e sensibile, amato dalla gente semplice
e dagli intellettuali per le sue qualit: apertura al dialogo, ironia, prudenza e
rigore intellettuale. Partecipa alle problematiche culturali cosentine ed sua
la denominazione di La casa delle culture, un luogo culturale aperto di dibattito pubblico della citt di Cosenza.
Cornacchioli avrebbe certamente apprezzato questopera che raccoglie,
come scrive il curatore, i contributi di studiosi, amici ed estimatori legati a
lui non solo da vincoli personali e da sentimenti di affetto e di stima, ma anche da una particolare visione degli studi attinenti alla Calabria e al Mezzogiorno congeniale a quella dello studioso scomparso.
E impossibile qui richiamare il contenuto di ciascuno dei ventidue saggi
che compongono il volume. Credo sia importante sottolineare piuttosto ci
che suggerisce la lettura complessiva dellopera. Il dato che innanzitutto trova risalto, pur nelleterogeneit dei contributi, il solido filo che li accomuna: una visione della Calabria (dei calabresi) e, con essa, del Mezzogiorno
dentro alla storia generale, dentro cio ai flussi di idee, di fenomeni, di congiunture e di persone che hanno caratterizzato la storia dellOccidente.
Ed ecco che i singoli saggi, sia che analizzino la memoria dei luoghi e il
modo in cui le lites locali hanno ricostruito il passato classico e medievale,
sia che ripercorrano lopera di eruditi, scrittori, filosofi e politici calabresi
vissuti in epoche diverse, sia che affrontino problematiche specifiche come
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RECENSIONI

lemigrazione o lorganizzazione sindacale, rimandano tutti al contesto nazionale o internazionale, n dimenticano le riflessioni della storiografia sul
proprio specifico tema.
Penso al caso dello studio su Giovan Battista DAmico, astronomo cosentino attivo nel Cinquecento, la cui opera si inscrive appieno nel pensiero rinascimentale italiano oppure a quello sul sacerdote mormannese Michelangelo
Grisolia, che riflette sul problema della sovranit in et illuministica cercando
di conciliare il giusnaturalimo di Grozio e la lezione muratoriana con la politica di Pio VI, che proprio la sovranit della Chiesa cercava di restaurare
presso le riottose monarchie europee. Allo sviluppo della modernit rimandano anche i lavori sulle strategie dei ceti emergenti calabresi che cercano nel
passato remoto le fonti della propria legittimazione sociale, e ancor pi quelli
sugli emigranti che lasciano i paesi dorigine per lAmerica Latina, personaggi connotati da un marcato tratto imprenditoriale e assai solidi nelle loro
radici sociali e politiche, molto lontani dalla figura povera e compassionevole
che ha dominato a lungo la retorica sullemigrazione meridionale. Ma
lelenco potrebbe proseguire.
Particolarmente felice inoltre la scelta del curatore di coprire un arco
temporale che va dallet moderna al Novecento in modo da offrire un quadro articolato e di lungo periodo, nonch di dedicare alcuni contributi del libro alla dimensione simbolica del passato, cos cruciale per comprendere la
cultura di una regione.
Il Mezzogiorno in generale e la Calabria in particolare risultano insomma
luoghi, che quasi a dispetto della loro distanza hanno sempre mantenuto un rapporto dialettico e una interdipendenza con il centro, in qualunque
modo lo si voglia intendere: il resto dItalia, i soggetti politici, economici e
culturali della storia occidentale.
Un ultimo elemento che va rilevato la consonanza delle tematiche e dei
soggetti indagati nel volume con gli interessi di Cornacchioli, a cominciare
dallimportanza che egli attribuiva allimmaginario collettivo e ai miti fondatori nella costruzione di unidentit regionale, per arrivare allemigrazione,
allattivit di Pasquale Rossi, allanarchismo calabrese, alle lotte contadine e
al fascismo.
Tiziana Noce

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EMANUELA MORA (a cura di), Gli attrezzi per vivere. Forme della produzione
culturale tra industria e vita quotidiana, Vita & Pensiero, Milano, 2005 (pp.
296, 25)
E il rapporto con le forme e gli oggetti che popolano il nostro orizzonte
quotidiano, prodotti della cosiddetta industria culturale, il focus
dellantologia curata da Emanuela Mora. Ed in una prospettiva multidisciplinare, che attinge allantropologia economica (Appadurai e Kopytoff), al
contributo dei Cultural Studies britannici, con autori di spicco come Hall, Fiske e Willis, ma anche alla sociologia della cultura americana (Gans e Crane)
e alla sociologia britannica (Lash e Urry), che si situa il lavoro di tessitura
compiuto dalla curatrice.
I saggi che entrano nellantologia, pubblicati tra i primi anni 80 e i tardi
anni 90 nelle loro versioni originali, coprono un dibattito fondamentale a livello internazionale, che inquadra la categoria della cosiddetta industria culturale, emergente dalla teoria critica francofortese, attraverso le lenti
dellinnovazione concettuale di teorie alternative. Gli autori selezionati sono
accomunati dal fatto di posizionarsi al crocevia tra industria e vita quotidiana, crocevia a partire dal quale indagano le forme della produzione culturale
forme ridefinite nel titolo, a partire dalla celebre definizione di cultura come cassetta degli attrezzi di Ann Swidler, come attrezzi per vivere.
Superare le contrapposizioni tra industria, cultura e vita quotidiana,
lobiettivo perseguito nella introduzione curata da Emanuela Mora, unampia
presentazione del percorso antologico che restituisce le interazioni, le complessit e le sovrapposizioni tra le dinamiche istituzionali della produzione
del senso (rileggendo la centralit del processo di mercificazione e scambio,
nei saggi di Appadurai e Kopytoff che formano la prima parte) ma anche
guardando alle dimensioni di innovazione e resistenza presenti nelle pratiche
di consumo culturale quotidiane, secondo lapproccio degli autori appartenenti alla scuola dei Cultural Studies. In questo percorso, si inserisce la rivisitazione critica della distinzione tra cultura popolare e cultura dlite o elevata,
nella direzione di una riconcettualizzazione e del riconoscimento del suo essere una costruzione sociale (si vedano i saggi di Gans, Crane e Hall che
costituiscono la seconda parte dellantologia).
Lo stesso concetto di industria culturale viene declinato al plurale, ed indagato nelle sue dinamiche e nelle sue forme produttive, nel saggio di Lash e
Urry (parte terza del volume). Gli autori guardano alla peculiare flessibilit
organizzativa delle industrie culturali (dalleditoria alla pubblicit), qualificandole come post fordiste ante litteram per il fatto di essere design intensive, ovvero ad alto contenuto di progettazione ed innovazione.
La quarta ed ultima parte (la produzione culturale nella vita quotidiana)
affronta il tema delle specificit del pubblico e della fruizione culturale, indi171

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RECENSIONI

viduando nel piacere e nella creativit esercitati dai soggetti consumatori le


fonti di una resistenza critica e di un potere popolare (Fiske), ma anche radicando lestetica negli aspetti ordinari della cultura comune (Willis). E lo
stesso Willis a riconoscere lambivalenza del mercato rispetto alla vita quotidiana e alle possibilit di crescita culturale: il mercato larena determinante
dellagenda culturale, ma anche un serbatoio di opportunit.
A fare da collante a questa antologia sono, comunque, diversi percorsi
concettuali che ne costituiscono altrettanti fils rouges; il concetto di valore
(culturale) uno di questi, insieme allenfasi sulla circolazione dei significati
incorporati negli oggetti e alla loro valorizzazione simbolica e materiale.
In questo percorso, la politica del valore di Appadurai, a partire dalla rivisitazione critica della teoria marxiana delle merci, e della filosofia simmeliana del valore come situato nello scambio, demistifica il lato della domanda
nella vita economica, individuandone sentieri e deviazioni. Lapproccio biografico applicato da Kopytoff agli oggetti culturali, daltro canto, pone
lenfasi sui percorsi di singolarizzazione, che ridefiniscono culturalmente ed
individualmente quegli oggetti universalmente deputati e destinati allo scambio (merci). Ancora, il valore culturale entra in tensione costante nella doppia
circolazione del capitale (circolazione culturale e finanziaria) come nella prospettiva di Fiske, e si articola nella tensione tra gli interessi degli attori in
gioco nellindustria culturale, come nel saggio di Willis.
Un secondo percorso pi generale e pi rilevante ancora che viene interrogato ed evocato da questa raccolta di contributi, linvito a mettere in
questione categorie consolidate in una prospettiva classica, da quella di industria culturale a quella di cultura popolare, superando e problematizzando, ad un tempo, opposizioni che oltre un decennio di produzione intellettuale anglosassone sulla produzione culturale contemporanea ha messo acutamente sotto la lente dingrandimento.
Infine, il riferimento alla vita quotidiana, alla materialit delle pratiche
simboliche e alla loro centralit nella vita sociale costituisce un terzo modo di
attraversare il percorso intessuto da Emanuela Mora: dallo scambio alla incorporazione dei significati e dei prodotti culturali, fino alla loro appropriazione creativa, le forme culturali rivelano la loro consistenza nel lavoro del
giorno per giorno (organizzativo ed individuale), divenendone parte integrante.
Giuseppina Pellegrino

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GLI AUTORI DI QUESTO NUMERO

Vittorio CAPPELLI, Professore Associato di Storia Contemporanea, Facolt di


Economia, Universit della Calabria
Simona ISABELLA, Dottore di Ricerca in Politica, Societ e Cultura, Dipartimento
di Sociologia e Scienza Politica, Universit della Calabria
Gemma MALTESE, Laureata in Scienze Politiche, studiosa dei rapporti tra sociologia
e letteratura
Angelina MARCELLI, Assegnista di Ricerca e Professore a contratto di Storia
Economica, Facolt di Economia, Universit della Calabria
Saverio NAPOLITANO, Studioso di storia della Calabria in et moderna e di storia
della storiografia
Tiziana NOCE, Ricercatrice di Storia Contemporanea, Facolt di Scienze Politiche,
Universit della Calabria
Giuseppina PELLEGRINO, Ricercatrice di Sociologia dei processi culturali e
comunicativi, Facolt di Scienze Politiche, Universit della Calabria
Osvaldo PIERONI, Professore Ordinario di Sociologia dellAmbiente, Facolt di
Economia, Universit della Calabria
Nncia SANTORO DE CONSTANTINO, Professore Aggiunto di Storia Orale e
Storia Urbana, Pontificia Universit Cattolica del Rio Grande do Sul, Porto
Alegre (Brasile)
Manuela STRANGES, Assegnista di Ricerca, Dipartimento di Economia e Statistica,
Universit della Calabria

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