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GIULIANA NUVOLI

LETTERATURA ITALIANA

4 LEZIONI INTERDISCIPLINARI

SILSIS ANNO ACCADEMICO 2000-2001

NOTA PRELIMINARE

Le lezioni che seguono nascono da un convincimento profondo: che non vi sia materia che possieda una vita autonoma e una forma compiuta in se stessa. Quella interdisciplinare , cos, lunica forma possibile di insegnamento e, certo, la strada che la scuola futura dovr privilegiare. Queste lezioni sono il frutto di quattro incontri con il II corso SILSIS dellA.A. 20002001. Esse sono informate ad alcuni criteri di base che, a mio avviso, sono alla base di ogni lezione, qualunque sia il destinatario della lezione stessa.

Ogni volta che si intende affrontare un argomento si deve avere ben chiara una

idea-guida, e intorno a quella si devono aggregare i contenuti con un movimento simile alla limatura di metallo verso una calamita. Lenumerazione in rosario degli argomenti pi noiosa e dispersiva, e quindi meno efficace.

Deve essere dosata con la giusta alchimia la quantit di elementi noti e quella di

elementi da conoscere. Nel caso di queste lezioni ho presupposto note le Coordinate, che ho comunque riportato, e vi , sempre, un elemento di elaborazione originale che, ovviamente, varia a seconda del tempo destinato ad ognuna, delle mie ricerche pregresse, e del grado di competenza generale per ogni singolo argomento. In aula, con studenti di et compresa fra i dieci e i ventanni, necessario rispettare un criterio simile: in caso contrario la comunicazione rischia di essere incomprensibile.

Per ogni argomento si pongono diversi Problemi di metodo: nessuna materia, o

frammento di materia, pu essere insegnato in modo indifferenziato e ripetitivo.

La bibliografia allegata assolutamente sintetica e ha valore puramente indicativo;

i testi critici sono come gli abiti: ognuno deve scegliersi quello che gli sta meglio, anche se alcuni di loro (pochi) sono fondamentali per una buona conoscenza dellargomento. Una regola fondamentale per distinguere i buoni testi critici , naturalmente, la loro comprensibilit e il piacere che ci deriva dalla loro lettura.

Anche i Percorsi di ricerca sono indicativi: ognuno di voi pu inventarsi una nuova

strada, traendo spunto dalle sollecitazioni quotidiane: anche da quelle apparentemente pi lontane dalla materia. I legami fra ognuno di noi, il mondo che lo circonda, il passato e ci che sta per accadere, sono pi stretti, fitti e tenaci di quanto riusciamo a immaginare.

Buon lavoro! g.n.

IL PERSONAGGIO DI ANTIGONE IN SOFOCLE E ALFIERI

PROBLEMI DI METODO

L'accostamento di due testi letterari destinati alla rappresentazione, pone alcuni problemi che risultano "esterni" al testo: la messinscena, l'utilizzo di scenografie, costumi, strumenti musicali, movimenti e vocalit diverse. Qualunque sia l'elemento privilegiato della comparazione, va da s che non si possono ignorare almeno accenni essenziali a quanto sopra indicato.

Per questo incontro sceglieremo il pi letterario fra gli elementi, quello che riguarda la caratterizzazione del personaggio: in altri termini quali caratteristiche l'autore attribuisce al suo personaggio in relazione, anche, agli obiettivi che si pone con la scrittura della tragedia. Per comprendere (e quindi essere in grado di spiegare) con sufficiente chiarezza il personaggio di Antigone cos come esso disegnato nella tragedia di Sofocle e in quella di Alfieri, richiede cos che: 1. 2. venga delineato il profilo storico, culturale, ideologico dell'autore; la tragedia sia contestualizzata, in un primo momento, nella produzione letteraria dell'epoca, quindi nella produzione complessiva dell'autore; 3. 4. vengano individuate le caratteristiche essenziali del personaggio; siano messe a fuoco le relazioni che la protagonista instaura con il sistema complessivo degli altri personaggi; 5. venga definito l'obiettivo che l'autore si pone con la creazione della protagonista, in relazione, in particolare, ai punti 1. e 2. 6. si valuti i punti di forza e i punti meno riusciti della tragedia, sia in relazione ai singoli personaggi, sia in relazione all'obiettivo che l'autore si era proposto.

LE COORDINATE

LAUTORE AUTORE SOFOCLE (Atene 497406) 442 ATENE TRAGEDIA VITTORIO ALFIERI (Asti 1749 - Firenze 1803) 1777-78 FIRENZE IDEM

TEMPO DELLA SCRITTURA LUOGO DELLA SCRITTURA GENERE LETTERARIO I.

Lesordio di Sofocle negli agoni drammatici avvenne nel 468: qui egli vinse,

battendo il pi giovane Euripide, con un trionfo decretato dagli stessi strateghi. Da quel momento ebbe dalla sua il favore degli Ateniesi e degli dei: ottenne 24 vittorie nei concorsi drammatici; fu due volte stratego, e una di queste con Pericle; fu ellenotamo1 (443), sistratega con Pericle (441) e poi stratega con Nicia (428); fu membro del collegio dei probuli (413); fu infine sacerdote di una divinit della salute a nome Halon. Ebbe bellissimo aspetto e seppe infondere serenit a chi gli stava vicino: mor vecchissimo e allimprovviso: forse per la gioia di una vittoria, o laffaticamento provocato dalla lettura di un passo dellAntigone, o per il soffocamento causato da un acino duva. Ma quanto felice fu in apparenza la sua vita, altrettanto disperato fu il suo canto di poeta. Sofocle certo il poeta del dolore senza esito e senza senso; il tragico delluomo nella sua essenza dinfelicit; il cantore dellindividuo solo ed escluso da ogni ordine cosmico dintuibile eticit o finalismo. [] Lestremo della grandezza umana coincide con lestremo del dolore; per converso lassurdo dellesistere si medesima con leroico decoro dellindividuo che, senza miraggi terreni o ultraterreni di riscatto, si realizza nella tragicit della sua vicenda. (Pontani 1991, 10)

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Ellenotamo: amministratore del tesoro della lega attica

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II.

Di nobile famiglia piemontese, Vittorio Alfieri, viene educato nella Reale

Accademia di Torino, che lascia nel 1766. Inizia una lunga serie di viaggi per tuta lEuropa sino al 1773. Nel 1775 fece rappresentare la sua prima tragedia, Cleopatra: a lei faranno seguito altre 20 tragedie e una tramelogedia, Abele. Fondamentali, per comprendere il suo teatro, i due trattati politici: Del principe e delle lettere e Della tirannide (iniziati a scrivere nel 1777 e pubblicati entrambi nel 1789). Pagine illuminanti sono contenute anche nella sua autobiografia, la Vita (1790, 1804); da ricordare, inoltre le Rime, dedicate in gran parte a Luisa Stolberg contessa dAlbany, sua compagna di vita, le Satire(1786-97) e sei commedie (1800-03). Con Alfieri si perde il senso pi profondo dellottimismo illuministico, per passare ad una tensione gi tutta romantica, che presenta numerose coincidenze con le posizioni dello Sturm und Drang. Il centro della personalit dellAlfieri va ritrovato, si detto, in un eroico pessimismo individualistico. Questo significa, per il nostro poeta, senso altero e profondo dellio, aspirazione ad affermare decisamente se stesso e, quindi, lotta contro il mondo esterno, contro il limite costituito dalla stessa realt, contro ogni oprressione che si opponga alla necessaria libert delluomo. Questo magnanimo individualismo fu concepito dallAlfieri come ideale di libera e alta vita; e proprio per tale sua capacit di configurarsi come un severo ideale di vita in un significato agonistico e conflittuale, esso si differenzia radicalmente da certe altre forme di sfrenato, sopraffattorio, egolatrico individualismo che si manifestarono in et decadentistica []. Lindividualismo dellAlfieri, per essere adeguatamente inteso, non va staccato dallatmosfera del protoromanticismo; e deve essere avvicinato, in particolare allatteggiamento degli Sturmer und Dranger, il quale ha avuto la sua espressione migliore, anche se piuttosto oratoria e declamatoria che poetica, nel teatro schilleriano. [Maier 19992].

LA TRAGEDIA STRUTTURA DELLA TRAGEDIA

SOFOCLE Prologo Parodo3 Primo episodio4 (Primo 5 stasimo ) Secondo episodio (Secondo stasimo) Terzo episodio (Terzo stasimo) Quarto episodio, Dialogo lirico6 (Quarto stasimo) Quinto episodio (Quinto stasimo) Esodo
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ALFIERI

Atto I (Scene I-III) Atto secondo (Scene I-II) Atto terzo (Scene I-IV) Atto quarto (Scene I-VI) Atto quinto (Scene I-VII)

I PERSONAGGI

SOFOCLE Antigone Ismene (sorella di Antigone) Coro dei vecchi tebani Creonte (tiranno di Tebe) Guardia Emone (figlio di Creonte) Tiresia Messaggero Euridice (moglie di Creonte) Altro messaggero

ALFIERI Antigone Argia (vedova di Polinice, fratello di Antigone) Creonte Emone

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Prologo: parte iniziale della tragedia, di carattere informativo, che precede l'ingresso del coro. Parodo: canto del coro al suo ingresso nell'orchestra 4 Episodio: "che succede l'ingresso del coro", complesso di scene compreso fra due stasimi. 5 Stasimo: "canto da fermo", canto corale che divide un episodio dal successivo. 6 Dialogo lirico: comma, destinato a esprimere lamento (di norma cantato). 8

DISTRIBUZIONE DELLA MATERIA PER ATTI I. Il Prologo costituito dal dialogo fra le due sorelle, Antigone e Ismene: la prima ferma nel suo opporsi al potere, la seconda che invece, oppressa dalle sue sciagure, gli cede innanzi. E drammatico il modo in cui si chiude il dialogo e prende forma il dissidio. La Parodo risuona dei rumori, delle grida, degli squilli di tromba della vittoria argiva; entra in scena il tiranno Creonte che giustifica leditto col quale vieta che sia sepolto il corpo di Polinice e tenta di motivarne le ragioni. Nel primo stasimo contenuta una alta meditazione sulla natura e la vita, e lo stupore per laudacia dellignoto che ha violato la legge seppellendo Polinice. Segue, nel secondo episodio, il primo potente scontro fra Antigone e Creonte: la fanciulla tiene magnificamente testa al tiranno, mostrando non solo di non temere la morte, ma di preferirla ad una vita s piena di sventure. Nel secondo stasimo il Coro7 canta il maligno volere del Fato per cui le colpe dei padri ricadono sui figli innocenti; e come alla grandezza umana si accompagna la sventura. Invano Ismene tenta di Placare il tiranno; e falsamente egli sembra ammorbidirsi nello scontro col figlio Emone (terzo episodio). Alto lesito del terzo stasimo, dove si canta la forza di Eros, passione dilagante e sentimento che tutto penetra e travolge. Il quarto episodio rappresenta il punto pi alto della tragedia: Antigone domina la scena con la riflessione sul suo destino e la sua vertiginosa solitudine; il Coro e Creonte fanno da contrappunto. Nel quarto stasimo il Coro piange il destino dellinfelice fanciulla, macchiata da una colpa non sua.

Coro: formato da 15 coreuti, guidati dal corifeo, cantava in armonia con la musica e con la danza. Talora diventa un vero e proprio personaggio. 9

Il quinto episodio si sostanzia, in gran parte, del dialogo fra Tiresia e Creonte, con lindovino che ammonisce il tiranno a non perdersi per eccesso di arroganza. Il quinto stasimo il cos detto coro delle folli speranze: inno rituale a Dioniso, tramato di canti, movenze e parole iniziatiche. Nellesodo, infine, si compie, con la morte, il destino di Emone, di sua madre Euridice, di Antigone. In questa progressione di scomparse irreversibili e di lutti, Creonte invoca la morte per fuggire il peso della sua colpa.

II. Nel primo atto Antigone incontra nottetempo Argia, vedova di Polinice, e le comunica il suo proposito di seppellire il corpo del fratello, anche dovesse costarle la vita. Nel secondo atto Emone prega il padre di permettere ad Antigone di seppellire il corpo di Polinice; portate dalle guardie vengono introdotte Argia e Antigone, che reclama su di s la colpa di aver infranto leditto di Creonte. Entrambe vengono tradotte in prigione. Nel terzo atto Emone dichiara al padre di amare Antigone: Creonte, dapprima contrario, acconsente alle sue nozze con la fanciulla che avrebbe, cos, salva la vita. Antigone (scena seconda) rifiuta di sposare il figlio dellestirpator del suo sangue. Invano, e a lungo, Emone la supplica di mutar proposito. Creonte, nel quarto atto, ordina di seppellire viva Antigone. Emone tenta ancora, disperatamente di salvarla: Antigone dichiara di amarlo ma di non potere sposarlo poich teme lira delle sue ombre. Creonte fa salva la vita ad Argia, che invano intercede per Antigone. Nel quinto atto le due giovani donne si danno lultimo addio: Argia pu vivere perch le colpe di Edipo ricadono solo sul suo sangue. Creonte, da solo, medita sulla natura del potere, cos strettamente legata agli umori del popolo. Entra Emone che reclama Antigone: irredente Creonte gli d il permesso di andare da lei: ella gi morta, svenata. Sopraffatto dal dolore, con un colpo di spada, Emone si toglie la vita. A Creonte ( la sola battuta della settima e ultima scena) non resta che attendere la punizione degli dei.

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IL PERSONAGGIO DI ANTIGONE IN SOFOCLE E ALFIERI Aristotele, nella Poetica, indica come la tragedia possa sussistere senza caratteri, ma non senza azione: sancisce, cos, la subordinazione dei primi rispetto alla seconda. Ma Aristotele sbaglia: la tragedia trae la sua linfa vitale e la sua forza proprio dai personaggi. Fra le tante definizioni di personaggio scegliamo, come punto di partenza, quella semiologia fornita da Roland Barthes:
Quando smi identici attraversano a pi riprese lo stesso nome proprio e sembrano fissarvisi, nasce un personaggio. Il personaggio quindi un prodotto combinatorio: la combinazione relativamente stabile (caratterizzata dal ritorno dei smi) e pi o meno complessa (comportando tratti pi o meno congruenti, pi o meno contraddittori), questa contraddittoriet determina la personalit del personaggio, altrettanto combinatoria quanto il sapore di una pietanza o laroma di un vino. [Barthes 1973, 65]

Il personaggio come prodotto combinatorio di elementi disparati, dunque; come luogo di conflitto; crocevia di scelte; magma in perenne movimento. E lo , in particolare, il personaggio del protagonista, leroe che, nella tragedia, si nutre, vive, trae la sua energeia dal senso di colpa. Una bellissima pagina in proposito lha scritta Michail Bachtin:
Nei riguardi della visione del mondo delleroe classico lautore dogmatico. La sua posizione etico-conoscitiva deve essere indiscutibile o, pi esattamente, non messa in discussione. In caso contrario sarebbe introdotto il momento della colpa e della responsabilit e lunit artistica e la compattezza del destino sarebbero distrutte. Leroe si ritroverebbe libero, lo si potrebbe portare di fronte a un tribunale morale, gli mancherebbe linteriore necessit e nulla gli vieterebbe di essere diverso. L dove nelleroe sono introdotte la colpa e la responsabilit morale (e, quindi, la libert morale, la libert dalla necessit naturale e da quella estetica), egli cessa di coincidere con se stesso, e la posizione di extralocalit dellautore, nella sua essenza (liberare laltro dalla colpa e dalla responsabilit, contemplarlo fuori del senso) risulta perduta e il compimento artistico transgrediente diventa impossibile. Naturalmente, la colpa trova posto nel carattere classico (leroe della tragedia quasi sempre colpevole), ma non si tratta di una colpa morale, bens della colpa dellesistenza; la colpa deve essere dotata della forza dellesistenza, e non della forza del senso dellautocondanna morale (il peccato contro la persona divina e non contro il senso, contro il culto, ecc.). I conflitti allinterno del carattere classico sono conflitti e lotta di forze dellesistenza (naturalmente, di forze di valori naturali dellesistenza dellalterit e non di

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entit fisiche e psicologiche), e non di valenza di senso (il dovere e lobbligo sono qui forze di valori naturali); questa lotta un processo interiormente drammatico, che non supera mai i limiti dellesistenza-datit, e non un processo dialettico, di senso, della coscienza morale. La colpa tragica si trova interamente sul piano dei valori dellesistenza-datit ed immanente al destino delleroe; perci la colpa pu essere messa completamente fuori dellambito della coscienza e del sapere delleroe (la colpa morale deve essere immanente allautoscienza: io devo prendere coscienza di me in essa come io), nel passato della sua stirpe (la stirpe un categoria di valori naturali di esistenza dellalterit); leroe pu commettere la colpa senza sospettare il significato di ci che sta facendo; in ogni caso la colpa nellesistenza in quanto forza e non nasce per la prima volta nella libera coscienza morale delleroe; egli non ne liniziatore interamente libero, qui non si pu andare oltre i limiti della categoria dellesistenza come valore. [Bachtin 1988, 160]

La colpa di Antigone, come quella di ogni altro eroe della tragedia greca, sarebbe inesorabilmente legata al suo essere un ente-esistente: esiste dunque la colpa in lei. Ed in lei in quanto appartenente ad una stirpe colpevole. Il valore della stirpe , infatti, il terreno su cui cresce il valore del destino:
Io non comincio la vita, non sono liniziatore responsabile dei suoi valori, non dispongo neppure dei valori che mi diano la possibilit di cominciare attivamente la sequenza responsabile, di valore e di senso, della vita; posso agire e valutare sulla base di una vita gi data e valutata; la sequenza degli atti non comincia da me, io la continuo soltanto (gli attipensieri, gli atti-sentimenti, gli atti-opere); io sono legato da un inscindibile rapporto di filialit alla paternit e maternit della stirpe (della stirpe nel senso ristretto, della stirpepopolo, della stirpe umana).

Parrebbe cos che non vi sia scampo per leroe: luomo nasce colpevole. Colpa ben presente al cristianesimo che la definisce come peccato originale, e introduce il battesimo per cancellarla: col battesimo entro nella ecclesia, nel popolo degli eletti e ti salvi. Non ha salvezza, invece, leroe della tragedia greca che, a differenza delleroe cristiano, non pu scegliere. Questultimo non ha stirpe: ha un padre celeste che determina il suo destino ben pi del padre terreno; e se sceglie di affidarsi a Lui terr lontano da s il male di esistere. Non con questo che i figli non paghino, nella cultura cristiana, le colpe dei padri: Dante docet e, pi vicino a noi, Manzoni. Ermengarda e Adelchi, ad esempio, pagano per le colpe di Desiderio. Il fatto che per i cristiani questa vita terrena solo un infinitesimale frammento della vita che si compie e si adempie nellaldil; per i Greci

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no. Il sole qui, qui la vita, qui il paradiso: lAde freddo e triste e pieno di rimpianto. Alla luce di questa differente possibilit di determinare il proprio destino, da leggere la differenza cruciale fra il personaggio di Antigone nella tragedia sofoclea e in quella alfieriana. La prima avverte il peso della colpa in quanto figlia di Edipo, e non tenta in alcun modo di sottrarsi al suo destino: la sua non glielo permette. Non Creonte che pu decidere della sua morte: quella lhanno gi decisa gli di; Creonte, col suo editto, si fatto solo strumento che permette al quel destino di compiersi. LAntigone di Alfieri , invece, lindividuo che sceglie di compiere unazione moralmente giusta, e in nome di questa scelta infrange una legge ingiusta, che lo condanna a morte. Utile, in merito a questo punto, il raffronto dei due dialoghi cruciali tra Creonte e Antigone. SOFOCLE8
QUARTO EPISODIO. DIALOGO LIRICO Antistrofe II ANTIGONE La piaga che duole di pi tu tocchi: quella paterna piet famosa tocchi, lintera sorte, che fu per noi, pei Labdcidi, triste. Materno letto, orrori, amplessi, incesti col padre mio della misera madre mia, da cui (che cosa mai!), meschina me, nacqui un d! Dannata, adesso, e nubile, con loro vado a vivere. Ahi ahi, morto sei Per te tristi assai quelle nozze Fratello che viva mi distruggi.

ALFIERI
ATTO III SCENA II ANTIGONE Moffre grazia Creonte? a me qual atra grazia puoi far, che trucidarmi? Ah! tormi dagli occhi tuoi per sempre, il pu sol morte: felice fai chi te nol vede. Imptra, Emone, il morir mio; pegno fia questo, sol pegno a me dellamor tuo. Deh! Pensa, che di tiranno il miglior dono morte; cui spesso ei niega a chi verace ardente desio hha in cor
CREONTE

Non cangerai tu stile? Sempre implacabil tu, superba, sempre, o chio ti danni, o chio ti assolva, sei?
ANTIGONE

Cangiar io teco stil? cangiar tu il core, fora possibil pi.

La presente versione quella di Filippo Maria Pontani [1978]. 13

CORO Un atto pio significa Piet, ma il regno di chi re Violarlo certo non si pu: larbitrio ora tha perduta. ANTIGONE Io pianti, amici, canzoni non ho: tratta ormai per una via pronta gi, me ne vo. N questa luce divina che fulgida Brilla potr pi mirare, la mia sorte illacrimata nessun amico piange. [Rientra in scena Creonte. Si rivolge alle guardie.] CREONTE Nessuno smetterebbe di cantare i suoi lamenti prima della morte, se ci giovasse: lo sapete, no? Dunque cosa aspettate a trascinarla via? Chiedetela in una tenebrosa tomba, come vho detto, e poi lasciatela l, derelitta e sola, sia che voglia morire, sia che preferisca stare laggi sepolta viva. Del suo sangue io sono mondo: lessenziale questo, che non abbia commercio con i vivi. ANTIGONE Toma, stanza nuziale, sotterranea dimora, sempre vigile custodia, dove sto per andare dai miei cari, che in numero infinito ha ricevuto Persfone fra i morti. Sono lultima io, che nel modo pi indegno di tutti calo laggi, ben prima che la mia parte di vita abbia toccato il termine. Eppure nutro una speranza grande che sia, la mia venuta, cara al padre, e a te, diletta madre, e cara a te, fratello mio. Quando moriste voi, io fui che vi lavai con le mie mani, composi i vostri corpi, offrii libami alle tombe. E se questo, Polinice, ora mi tocca, stato per le cure pretate al tuo cadavere. Un onore lecito e giusto per quanti hanno senno. Se avessi avuti figli, o a decomporsi fosse stato un marito, questa briga, a dispetto dei pubblici voleri, non lavrei presa.

EMONE Questi m padre: se a lui favelli, Antigone, in tal guisa, lalma trafiggi a me. ANTIGONE Ti padre; ed altro Pregio ei non ha; n scorgo io macchia alcuna, Emone, in te, chessergli figlio. CREONTE Bada; clemenza in me, qual passeggero lampo; rea di soverchio sei; n omai fa duopo, che il tuo parlar nulla vaggiunga ANTIGONE Rea Me troppo or fa lincontrastabil mio Trono, che usurpi tu. Va; non ti chieggio N la vita, n il trono. Il d, che il padre Toglievi a me, ti avrei la morte io chiesta, o data a me di propria man lavrei; ma mi restava a dar tomba al fratello. Or che compiuta ho la santopra, in Tebe Nulla a far mi riman: se vuoi chio viva, rendimi il padre. CREONTE Il trono e in un con esso, il toffro ancor non aborrito sposo; Emon, che tama pi che non mi aborri; che tama pi, che il proprio padre assai. ANTIGONE Se non pi cara, pi soffribil forse Farmi la vita Emon potrebbe; e solo Il potrebbei. Ma qual fia vita? E trarla, a te dappresso? E udir le invendicate ombre de miei da te traditi, e spenti, gridar vendetta dallaverno? Io, sposa, tranquilla, in braccio del figliuol del crudo estirpator del sangue mio?

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In nome di che norma parlo cos? Morto un marito, un altro avrei potuto prenderne; perduto un figlio, un altro avrei potuto averne da un altro. Ma per me stanno nellAde padre e madre; cos, che mi rinasca un fratello, impossibile. Il criterio per cui tho reso onore stato questo. E sembrata a Creonte colpa grave, fratello caro, unaudacia tremenda. Ora mha presa a forza e mi trascina, senza talamo, senza epitalami, senza esperienza di nozze e di parti: mhanno lasciata sola tutti, e vado viva, povera me, nelle caverne dei morti: quale mai legge divina ho trasgredita? E come posso, misera, volgere ancora locchi verso i numi? Quale aiuto chiamare? La piet mha fruttato una macchia dempiet. Se tutto questo bene per gli di, subendo la mia pena, capir la mia colpa; se in colpa sono gli altri, vorrei che non patissero di pi di ci che fanno, ingiustamente, a me.

CREONTE Ben parli. Troppo fia casto il nodo: altro dEdippo Figliuol vavesse! Ei di tua mano illustre, degno ei solo sarebbe ANTIGONE Orribil nome, di Edippo figlia! ma, pi infame nome fia, di Creonte nuora

LAntigone di Sofocle perfettamente centrata nellappartenenza alla stirpe di Giocasta ed Edipo: la stirpe ad attribuire valore e senso al personaggio, non viceversa. Ed lappartenenza a quella stirpe, ancora, a segnare la dinamica delle sue azioni ed il termine ultimo del suo percorso. Antigone cammina come gli indovini dellInferno dantesco, con la testa voltata allindietro: gli affetti della famiglia dorigine sono pi forti e sacri di quella che ella potrebbe formarsi; si possono avere pi mariti o pi figli, ma un solo padre e una sola madre. E una sola la colpa che conduce anzitempo allAde i componenti della sua famiglia, secondo un disegno degli dei che ella al momento ignora e che, forse, comprender morendo. L e la dominano le sue azioni in una

combinazione di ineluttabilit e di scelta consapevole: Antigone accetta con lucida fermezza il suo destino di morte precoce e ingiusta e, come la ginestra di Leopardi, non tenta vigliaccamente di eluderlo, n vi si oppone con irragionevole sforzo. Creonte, in questa vertigine dellassoluto, per i trasgressori. resta personaggio secondario, stolidamente occupato a far rispettare i suo editto e a rendere operative le sanzioni

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LAntigone di Alfieri vive di altro: lantitiranno, lindomabile oppositore del potere. Creonte cerca di blandirla: le promette salva la vita, il miglior matrimonio chella possa fare, il trono. E tutto ella rifiuta con stringenti argomentazioni. S, vero, Creonte non potrebbe offrirle di pi, ma come potrebbe ella essere la sposa di suo figlio, e convivere sotto lo stesso tetto di chi le ha sterminato la famiglia? La colpa di cui Creonte si macchiato non pu essere lavata,: i morti non tornano. Cos la colpa trasferita dalla stirpe allindividuo, e da Antigone a Creonte. La colpa figlia di una libera scelta individuale; Creonte se ne macchiato e sar lui a dover pagare il prezzo pi alto, restando vivo con la consapevolezza di aver causato la morte non solo della stirpe di Edipo, ma anche del figlio e della moglie. Circoscritta alla sfera individuale (il Creonte di Sofocle causa sventure alla citt di Tebe) dunque anche la pena decretata al tiranno. Lesasperato individualismo di cui si nutre lopera alfieriana stravolge, cos, il carattere delleroe della tragedia classica: ma si perde una grandezza nota ai personaggi di Sofocle a favore di indicazioni pragmatiche di comportamento, per quanto altamente esse siano motivate.

LA PROTAGONISTA SOFOCLE La piet (Prologo) La (secondo episodio) Il rispetto delle leggi arcaiche (quarto episodio) Senso di colpa e appartenenza alla stirpe Destino stabilito dagli di di ALFIERI La piet (Primo atto) La (tutta la tragedia)

Trasferimento della colpa al tiranno e senso della propria individualit Volontaria scelta di morire

L'ANTAGONISTA Si ravvede nel quinto episodio, Lacerato dai dubbi, ma gli si pente nell'Esodo ignoto il pentimento Emone figura marginale In lotta con Emone Causa delle sventure di Tebe Causa della sua tragedia personale e del suicidio del figlio Dominato dalla forza morale di Idem Antigone

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PERCORSI DI RICERCA 1. 2. 3.
4.

I meccanismi della costruzione del personaggio in Sofocle e in Alfieri. Il sistema dei personaggi nelle due tragedie: presenze, omissioni, varianti. La figura del tiranno: modelli e riferimenti storici e ideologia del potere. , , caratterizzano

lAntigone di Sofocle. Individuare con quali modalit esse sono presenti nellAntigone di Alfieri, facendo ricorso anche a unanalisi stilistica del testo.
5.

Confrontare tra loro la messinscena delle due tragedie e il ruolo che ricoprono

scenografie, musica, costumi e altri strumenti di scena.

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BIBLIOGRAFIA SOFOCLE Raffaele Cantarella, Sofocle: Antigone, a cura di Sergio Musitelli, Milano, La Goliardica, 1961. Tutte le tragedie, a cura di Filippo Maria Pontani, Roma Grandi Tascabili Newton, 19973. * George Steiner, Le Antigoni, Milano, Garzanti, 1995. ALFIERI Tragedie, a cura di Luca Toschi, introduzione di Sergio Romagnoli, Torino, Einaudi, 1993. Antigone, Milano, Tascabili la Spiga, 1998. Tragedie, introduzione e note di Bruno Maier, Milano, Garzanti, 19994. * Arnaldo Di Benedetto, Vittorio Alfieri. Le passioni e il limite, Napoli, 1987. * Giacomo Debenedetti, Vocazione di Vittorio Alfieri, con un saggio di Franco Fortini, Milano, Garzanti, 1995. * Piero Gobetti, La filosofia politica di Vittorio Alfieri, Ripatransone, Sestante, 1995. * Michail Bachtin, Lautore e leroe, trad. it. Torino, Einaudi, 1988.

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