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Leardo Botti Osservazioni sui fondamenti della semantica stoica

Abstract. The aim of this study is to describe the basic features of stoic semantics by way of relating them to the main concepts of stoic epistemology. The semantic relation, according to the Stoics, is defined by the working of three elements: the expression (semainon), the meaning (semainomenon-lekton) and the referent (tynchanon). The line of research that I try to follow is this: to analyse the concept of meaning, showing that the notions of semainomenon and lekton are different in nature and funtion. Such distinction reflects a complex relationship between language, thought and world, pointing out the distance between the Stoic theory of meaning and the modern semantical theories. A basis for this intepretation is provided by the stoic distinction between the notion of the truth (he aletheia) and the true (to alethes).

1. Nelle pagine che seguono tenter di illustrare e argomentare una distinzione di natura e funzione tra semainomenon e lekton nel quadro della teoria del significato elaborata dagli Stoici antichi. (I passi fondamentali per la trattazione di questo punto sono forniti da Sesto Empirico e Diogene Laerzio; in particolare, la testimonianza di Sesto secondo cui, per gli Stoici, sono tra loro congiunte tre cose, ossia la cosa significata (to semainomenon), quella significante (to semainon) e quella che-si-trova-ad-esistere (to tynchanon), e che, tra queste, la cosa significante la voce (ad esempio, la parola Dione); quella significata lo stesso stato di cose (auto to pragma) indicato dalla voce pronunciata (to hypautes deloumenon), che noi percepiamo come coesistente (paryphistamenon) con il nostro pensiero (dianoiai), mentre i barbari, pur ascoltando la voce che lo indica, non lo comprendono; infine, ci-che-si-trova-ad-esistere quello che sta fuori di noi (ad esempio Dione in persona). Di queste cose due sono corpi, cio la voce e ci-che-si-trova-ad-esistere, ed una incorporea, cio loggetto significato o detto (to semainomenon pragma, kai lekton) e proprio questultimo vero o falso (Adv. Math. VIII, 11-12); la parallela testimonianza di Diogene (Vitae VII, 57); e, anche, la testimonianza di Seneca, secondo cui, per gli Stoici esistono sostanze corporee, come ad esempio questuomo particolare (hic homo est), questo cavallo particolare (hic equus). Ad esse sono associati movimenti del pensiero (motus animorum) che fanno asserzioni intorno ai corpi (enuntiativi corporum). Questi movimenti hanno un carattere proprio e separato dai corpi; ad esempio, qualora io veda Catone mentre cammina, lesperienza sensibile ha rivelato questo evento, e la mente lo ha creduto. Quello che vedo un corpo, sul quale ho diretto sia gli occhi che la mente. In seguito, dico: Catone cammina. Ci che asserisco ora non un corpo, ma un certo asserto intorno a un corpo, che alcuni chiamano cosa detta, altri cosa enunciata, altri cosa notificata. Cos, quando diciamo sapienza, intendiamo qualcosa di corporeo; quando diciamo sapiente, parliamo di un corpo. Infatti, grandissima la differenza tra nominare un corpo e parlare di esso (Epistulae Morales, 117.13). 2. Per impostare il problema e reperire tracce per una sua soluzione, consideriamo la struttura e i costituenti di quel tipo di lekton cui inerisce lesser vero o falso: laxioma. Da tale analisi, risulta che i costituenti che, combinandosi,

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generano laxioma sono la ptosis e il kategorema. Inoltre, secondo la nostra ipotesi, la ptosis costituisce la concettualizzazione delloggetto pensato ed espresso attraverso il logos. Infatti, secondo gli Stoici, loggetto pensato attraverso una proposizione predicativa si costituisce come eidos: come oggetto di pensiero incorporeo, determinato nella sua identit. E loggetto pensato attraverso una proposizione dimostrativa si configura anchesso come ptosis deiktike, cio come oggetto incorporeo. Dopo aver stabilito questo punto, integriamo le nostre considerazioni con linterpretazione di un testo di Diogene Laerzio. Qui (Vitae VII, 53: alcune cose sono anche pensate attraverso un passaggio [c.m.]: e, tra queste, sono i lekta (noeitai de kai kata metabasin tina, os ta lekta [...]), il lekton caratterizzato come noumenon, costituito mediante una metabasis: un passaggio al piano del pensiero e del linguaggio. Spingendo oltre la nostra analisi, abbiamo poi visto come il lekton sia altres caratterizzato come ci che sussiste in conformit con una rappresentazione razionale (Diog. Laert., Vitae VII, 63). E, interpretando un testo di Sesto (Adv. Math. VIII, 409: gli Stoici dicono che, come linsegnante di ginnastica o di arte militare qualche volta prende le mani dellallievo, e compiendo certi movimenti ritmati gli insegna a muoversi in certi modi precisi, e avviene che chi era ben lontano da ci e si muoveva a caso impara a muoversi con ritmo imitandolo, cos anche avviene che alcuni oggetti della rappresentazione (ton phantaston enia), quasi (oionei) per un contatto con la parte direttiva dellanima, producono una impressione su di essa; il caso, ad esempio, del bianco, del nero, in genere di ci che corporeo. Altri oggetti invece hanno una natura tale che la parte direttiva ha una rappresentazione in relazione ad essi ma non direttamente per loro azione: il caso, per esempio, dei lekta incorporei (enia de toiauten echei physin, tou heghemonikou epautois phantasiomenou kai ouch hypauton, opoia esti ta asomata lekta)), sembra legittimo suggerire che il lekton, nel contesto dalla filosofia stoica, si configuri come un phantaston, in relazione al quale la mente svolge la propria attivit rappresentativa. Ma questo il punto dellargomento che si tenta di svolgere per concettualizzare un oggetto e costituirlo come lekton, la mente deve essere gi in precedenza orientata su un oggetto. Secondo gli Stoici, la phantasia costitutivamente correlata a un qualcosa da essa distinto (il phantaston); e, strutturandosi come loghike, essa costituisce il proprio oggetto come lekton, il quale sussiste in conformit con essa, cio esiste in quanto le inerisce. Per strutturare razionalmente qualcosa, costituendola cos come oggetto dotato di identit, la mente deve essere originariamente orientata su un oggetto. Se, infatti, la mente non fosse originariamente direzionata verso un oggetto, verrebbe meno una condizione necessaria per lo svolgimento dellattivit razionale in relazione a quel tipo di phantaston che si configura come lekton. Mancherebbe cio la materia amorfa da strutturare, e lo stimolo alla sua formazione. Secondo linterpretazione che si cerca qui di sostenere, loggetto (phantaston) rappresentato nella phantasia viene trasposto (kata metabasin) nella dimensione del pensiero; e in relazione alloggetto trasposto (che caratterizzato sia come noumenon sia come phantaston) la mente svolge la propria attivit rappresentativa, formandolo razionalmente e linguisticamente come ptosis cui attribuito un predicato (formandolo, cio, come lekton). Gli Stoici caratterizzano la ptosis come eidos; e, anche, (nel caso della proposizione dimostrativa) come ptosis deiktike incorporea. Formando leidos, loggetto pensato viene identificato: ad esso cio sono attribuite propriet e assegnati tratti che lo distinguono da tutte le altre cose.

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3. Ora, per procedere a questa operazione, la mente deve ricorrere a un sapere precedentemente costituito e sedimentato. Infatti, senza il precedente possesso di un patrimonio di sapere, la mente non pu identificare o riconoscere alcun oggetto. E in relazione a questo punto, gli Stoici introducono la nozione di aletheia. In un testo di Sesto, leggiamo che alcuni, e soprattutto gli Stoici, ritengono che la verit differisca dal vero per tre aspetti, per la sostanza, per la forma, per gli effetti pratici. Per la sostanza, in quanto la verit unentit corporea, il vero un incorporeo. [...] Per la forma, in quanto il vero pensato nella sua essenza come omogeneo e semplice [...] mentre la verit, in quanto si pone come scienza, al contrario deve essere concepita come un sistema e un organismo formato da pi parti. [...] Quanto agli effetti pratici, essi sono reciprocamente altro in quanto il vero non deve di necessit far parte della scienza [...] ma la verit pensata come tuttuno con la scienza (Adv. Math. VII, 38-45). In questo testo, il vero (to alethes) caratterizzato come incorporeo, e viene dunque identificato con il lekton vero, mentre la nozione di verit viene associata alle operazioni cognitive della mente. Quale nesso, allora, lega due elementi cos eterogenei, e tuttavia concettualmente cos affini? Il vero, in quanto incorporeo, non possiede unesistenza indipendente; esso sussiste nella rappresentazione razionale che lo forma. La verit, daltra parte, corporea; e, in quanto affine alla conoscenza, si configura come uno stato dellheghemonikon. Secondo lipotesi qui formulata, la verit costituisce la base della formazione del vero. Nellaletheia incorporato il sapere accumulato dallanimale razionale. La verit non si configura solamente come conoscenza attiva; essa altres concepita dagli Stoici come quellapparato concettuale fissato e sedimentato, attraverso cui lesperienza viene formata e costituita. Sviluppando questo problema, LONG (1978: 310-311) afferma che
the distinction is certainly of less concern in logic in a formal sense than to epistemology. [...] The principal purpose of the distinction, as I interpret it, is to clarify the difference and also the connection between epistemological criteria for the correct usage of all declarative sentences and the assertion of a truth by any particolar sentence of this kind. The difference is brought out in several ways: dynamei, by the functional difference between aletheia and to alethes which indicates that the actual assertion of a truth is neither a necessary nor a sufficient condition for knowledge of the circumstances which must hold good if a proposition is correctly asserted; systasei, by the structural difference between them which indicates that aletheia, unlike to alethes, is a complex entity consisting of knowledge of much that is true; and ousia, by the substantial difference, which indicates that aletheia unlike to alethes has material existence as a mental disposition. In each of these differentiae aletheia is explained by reference to episteme and I suggest that episteme is to be analyzed here as a disposition to recognize and systematize the criteria which authorize any assertion that something is true. If a truth is asserted independently of aletheia, i.e. knowledge of why it is true, its relationship to the universe for the Stoics is purely contingent. It just happens to be true. But when true propositions are asserted on the basis of knowledge, they cohere, though incorporeal, with a material structure of valid concepts which sanctions their truth. In this case their relationship to the universe, as mediated by knowledge, is necessary and not contingent.

A mio avviso, per comprendere la natura del lekton, necessario considerare la nozione di aletheia. In precedenza, infatti, abbiamo suggerito che il phantaston verso cui la phantasia direzionata sia, in quanto tale, autonomo rispetto alle modalit formative del logos della mente. In altri termini, quando la mente,

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prescindendo da ogni sistema concettuale atto a interpretare lesperienza, si orienta verso un qualcosa, essa se lo rappresenta come un oggetto intenzionato, ma non strutturato razionalmente. Lidentificazione delloggetto avviene mediante un processo cognitivo, che opera il passaggio (kata metabasin) delloggetto nella dimensione del pensiero, costituendolo come noumenon, come oggetto pensato; e che lo interpreta e forma, costituendolo come lekton. Ora, secondo la mia ipotesi, il sapere di base necessario per lidentificazione delloggetto, cio per la formazione del lekton, fornito dal sistema concettuale incorporato nella mente: dallaletheia. In tal modo, loggetto viene costituito come eidos o ptosis deiktike: e, cio, come oggetto formato razionalmente, dotato di unidentit costituita sulla base del sapere (aletheia) sedimentato nella mente che se lo rappresenta. Pertanto, lidentit di tale oggetto dipende costitutivamente dallaletheia della mente che lo pensa. Ma, come abbiamo visto, il phantaston verso cui lheghemonikon originariamente direzionato, autonomo rispetto alle modalit secondo le quali il logos interpreta e concettualizza lesperienza. In altri termini, il phantaston, in quanto oggetto prerazionale di una rappresentazione, si configura come uno stato di cose intenzionato, ma non strutturato razionalmente. Ma la trasposizione (kata metabasin) di tale oggetto nella dimensione del logos, e la sua costituzione come oggetto pensato in relazione a cui avviene la formazione razionale, lo istituisce e pone come lekton. Quando il phantaston prerazionale viene concettualizzato e interpretato razionalmente da una phantasia cui inerisce un lekton, esso viene a configurarsi come semainomenon, cio come il polo oggettuale delle sintesi percettive e delle ricostruzioni razionali operate dal soggetto conoscitivo. Nel quadro della teoria del significato e dellepistemologia degli Stoici, loggetto verso cui direzionata la mente si pone quindi come unentit (semainomenon) cui gli atti conoscitivi, sulla base del sapere disponibile (aletheia), conferiscono progressivamente identit (lekton). 4. Nel quadro di questa interpretazione, mi sembra opportuno considerare brevemente la nozione di katalepsis (secondo CICERONE, Zenone esemplificava i vari momenti della conoscenza in questo modo: egli mostrava la mano aperta con le dita stese e diceva: in questo modo la rappresentazione; poi ripiegava un po le dita e diceva: ecco lassenso; quindi chiudeva completamente la mano a pugno e diceva che tale era la comprensione. Da tale similitudine egli diede a questo atto il nome di katalepsis che prima non esisteva (Acad. Pr. II, 145). Ora, la katalepsis sorge quando lassenso viene conferito al lekton inerente alla phantasia kataleptike di una mente razionale; e costituisce latto di afferrare loggetto correlato alla rappresentazione comprensiva: oggetto che si configura come un corpo. Ma, ci chiediamo, come pu un atto soggettivo afferrare un corpo? A questo proposito, MIGNUCCI (1965: 80) sostiene che
non chi non veda lanalogia tra la posizione stoica e quelle che hanno originato il famoso problema del ponte tra i nostri concetti e le cose in s che ha travagliato tanta parte della filosofia moderna. Naturalmente negli Stoici non sembra insinuarsi il dubbio che la corrispondenza tra il pensiero e le cose possa non sussistere: questa una questione tutta moderna.

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In questo lavoro ho tentato di delineare una diversa interpretazione del rapporto tra pensiero ed essere nel quadro della filosofia stoica. Cerchiamo di chiarire questo punto. Secondo lipotesi che ho tentato di argomentare in queste pagine, lassenso afferma il lekton: loggetto o stato di cose incorporeo strutturato razionalmente in base alla verit posseduta dalla mente; e, in tal modo, costituisce il semainomenon come aspetto di un soma: di un oggetto, cio, indipendente dalle operazioni cognitive e formative dellheghemonikon. Affermando il lekton, la mente pone il semainomenon come modo di darsi di un soma indipendente. Ma cerchiamo di approfondire questo punto. Come abbiamo visto, il lekton inerente alla phantasia kataleptike dimostrativo; e la ptosis deiktike incorporea in esso contenuta identifica deitticamente un corpo. Precisamente, essa identifica un oggetto come dotato di una certa natura (o identit) e come presente. E, se le unito un predicato, si produce un axioma dimostrativo, cio un lekton. Ora, se la mente afferma tale lekton, essa pone il semainomenon come rappresentazione di un corpo. Infatti, affermando la proposizione dimostrativa, pongo loggetto indipendente (semainomenon), la cui struttura razionale delineata dal lekton, come rappresentazione di un soma. In tal modo, il semainon dimostrativo designa il proprio oggetto, e la katalepsis afferra il soma, costituendo la propria rappresentazione come modo di datit di un corpo.
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[1894]; tr. it. Contenuto e oggetto, Bollati Boringhieri, Torino.

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