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"I Compagni Che Sbagliano" Pur Sempre Dei "Compagni".
"I Compagni Che Sbagliano" Pur Sempre Dei "Compagni".
di Emilio Hirsch
Non siamo in mezzo ad una guerra di civiltà piuttosto in una battaglia di cultura.
Il terrorismo si foraggia da sempre su un terreno culturale ambiguo, spesso
connivente e ancor più frequentemente sostenitore. Per affrontare questo
problema e dare una risposta agli ultimi dieci-quindici anni di terrorismo islamico
si dovrebbe forse tornare ad analizzare il volto del terrorismo sperimentato in
Italia nei bui anni di piombo. Le differenze sono pur sempre ovvie - allora non si
trattava di assassini suicidi - ma si notano sorprendentemente sottili
somiglianze. Anche allora i terroristi, neri o rossi che fossero, combattevano
contro i cardini e i valori delle democrazie europee. Anche allora i perpetratori
delle più orribili efferatezze contavano di cambiare il mondo e paradossalmente
fantasticavano che il loro operato avrebbe migliorato la condizione umana,
quella dei più derelitti o dei dimenticati dai meccanismi della società del
consumismo e del lassismo. Nonostante la fine della seconda guerra mondiale
fosse lontana e i regimi totalitari sconfitti, c’era chi a sinistra era convito di
completare un percorso cominciato con la resistenza. Incapace di cogliere il
germoglio della convivenza democratica, spacciava la violenza insensata come
unico mezzo per raggiungere scopi ritenuti nobili. Attorno a questi falsi idealisti si
era purtuttavia creata una linea di penombra, una massa di potenziali sostenitori
non attivi ma tacitamente collocati in una zona grigia. “Né con le BR né con lo
Stato” si sentiva baldanzosamente gridare da larghi strati giovanili per cui, in
fondo, il “né con le BR” risultava quasi una pudicizia verso quelli che, scelta la
militanza armata, tendevano ad apparire, se non eroi, almeno punti di attrazione
sentimentale. Insomma il terrorista ha in quegli anni spesso potuto contare sul
sostegno di molti fiancheggiatori, che forse non condividevano apertamente gli
ideali della lotta violenta, ma si sentivano di poterla dopo tutto giustificare. “I
compagni che sbagliano” era l’altro slogan più comune: sbagliano ma rimangono
pur sempre dei “compagni”. Questo ambiente era fortemente attraente per
intellettuali e manieristi che vigliaccamente sostenevano e alimentavano il
coinvolgimento nelle nefandezze di menti più semplici e meno preparate.
Questi ricordi paiono di nuovo attuali anche se gli orientamenti oggi sono
apparentemente cambiati. Non è un caso che le ora superate e deludenti
ideologie rivoluzionarie siano state rapidamente sostituite da un Islam militante
che apparentemente sembra lottare per il riscatto di popolazioni sfruttate e
disgraziate o propugnare l’emancipazione delle periferie cittadine, statuali,
mondiali. Anche il terrorista islamico ora rappresenta per i più impreparati, per gli
ultimi, per le caste reiette di un mondo sempre meno incentrato sull’occidente,
un combattente del bene che ha scelto addirittura di sacrificare se stesso in
nome di un ideale supremo. Come negli anni di piombo vi erano frange giovanili
che, nonostante tutto, giustificavano il rapimento di Aldo Moro o il
gambizzamento di qualche dirigente industriale, oggi assistiamo alle danze di
gioia per gli attentati di Parigi o altre carneficine ovunque nel mondo. Il terrorista
è di nuovo diventato il cavaliere gentiluomo, riscattatore dei poveri e dei
diseredati, insomma l’ammirato eroe delle epiche classiche. Come con le brigate
rosse e nere molti cattivi maestri mantenevano viva questa mitologia, anche in
questo periodo il sostegno culturale al terrorismo islamico è massiccio e
pervasivo. Benché sia ancora dibattuto se i terroristi dell’Italia anni ’70 si
formassero presso potenze estere contrapposte, oggigiorno il sostegno fattivo
all’estremismo islamico non arriva solo dagli stereotipi delle misere periferie
delle nostre città, ma è sospettato essere culturalmente alimentato persino da
governi di Stati alleati dell’Occidente, che si nascondono dietro la moderazione
e, allo stesso tempo, investono denaro ed energie per educare e divulgare
messaggi di odio a loro strumentali.
Emilio Hirsch