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A mio padre, Ottavio,

che mi ha fatto cos come sono.


A Joseph e Elena.

INTRODUZIONE

DISPERATO, SOLITARIO STOMP


Diversi, diversi. Siamo diversi, siete diversi, dovete essere diversi.
Ce lo dicevano, ce lo dicevamo. Lo credevamo davvero.
Diversi dai forchettoni democristiani che ingrassavano nella penombra delle parrocchie.
Diversi dai compagni trinariciuti che pensavano di fare la rivoluzione proletaria con lURSS che a
Yalta sera spartita il mondo con lAmerica del capitalismo.
Diversi, diversissimi dai borghesi dei partiti borghesi che forse sapevano stare a tavola, ma in
piazza sicuramente no.
Diversi anche nel modo di stare tra di noi.
Sediate nei congrerssi in nome dei figli del sole e dei visi pallidi.
Chiusi nella nostra diversit-superiorit, accettavamo la violenza data e subta come una
componente dovuta, ineluttabile della lotta politica.
Non ammettevamo i lager neppure davanti allevidenza. Sbagliando. Ma, daltra parte, allora non ce
li rinfacciavano ogni giorno come oggi.
Propaganda, speculazione politica, lobby ebraica.
Eravamo sicuri delle nostre idee confuse: patria, nazione, volont di potenza, missione italiana,
giustizia sociale, rinascita europea. Europa, Fascismo, Rivoluzione!, altro che americanismo. Ezra
Pound contro la cultura della Coca Cola. Cattedrali e piazze europee contro i grattacieli. Culture
nazionali contro la pseudocultura globale. Antimodernisti in quanto anti progressisti. Il mito del
progresso inarrestabile come destino
Ovviamente, dalla parte dei vinti. Senza sentirci vittime ma protagonisti anche nella sconfitta, fieri
di noi stessi edella nostra esibita diversit.
Legnate date e prese, secchi di colla e rotoli di manifesti con la Fiamma Tricolore su base
trapezioidale nera e scritta MSI. Sezioni mal illuminate e peggio riscaldate. Vecchia sezione del
49 avrebbe cantato Pino Caruso nel primo Bagaglino, quello vero, di Pingitore, Della Bona e
Castellacci che, durante la guerra civile, ci aveva regalato quel le donne non ci vogliono pi bene
perch portiamo la camicia nera, che era il nsotro inno. E non quello ufficiale dovuto ad
Almirante, subito storpiato in Siamo nati in un cupo tramonto/ siamo nati da un culo gigante/
siamo i figli di Giorgio Almirante.
Sezioni frequentate da tipi strani, improbabili personaggi usciti da romanzi davventura, idealisti o
simpatici mascalzoni che sopravvivevano con piccole fregature a tutti, anche ai camerati.
Camerata: la parola magica che spiegava tutto, giustificava tutto, comprendeva tutto, onore,
coraggio, esempio, lealt.
Ci credevamo per davvero.
Tra noi e gli altri, tutti gli altri? Un abisso.
Notti passate a discutere di fascismo come ideologia, dottrina o prassi. Spirito e materia. Evola e/o
Gentile.
Superuomini fragili, pronti a commuoversi per una canzone o un inno che ricordasse unItalia che
non cera pi e, lo intuivamo, non si sarebbe pi stata.
Unica certezza lincertezza. Affrontare la vita al momento, istante dopo istante. Me ne frego il
nostro motto. Fuori e dentro il tempo, fuori e dentro la realt.
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Ragazze, osterie, libri mal capiti ma letti, famiglie preoccupate, spesso politicamente divise, come
quella di Mario Gionfrida, il Gatto che ci aveva rimesso un braccio nellassalto con bomba carta a
via Botteghe Oscure e la cui sorella era una decorata della Resistenza.
Mescolanze di ceti: borghesi, piccolo borghesi, proletari, aristocratici, lavoratori e nulla facenti.
E soprattutto scuole. Di ogni ordine e grado.
Giovani e ancora giovani, giovani reduci reintrodotti in una vita che non poteva essere, non
volevamo che fosse, normale.
A Milano a mezzanotte frequentatori dei capannelli che, in piazza del Duomo, discutevano di
politica. Comizi improvvisati con dibattiti al caldo o al freddo con gli agit prop. Urla, spintoni,
sberle e cazzotti.
Poi allo Scoffone, nostra osteria accanto a via Torino, a trovare con un bicchiere di vino scadente
sedicenti collaboratoristi di Vichy e improbabili seguaci di Codreanu.
Ma anche locali alla moda dove imperavano gaudenti signorotti usciti dalle traversie della guerra,
come Bubi Matalon, ebreo e fascista dichiarato, e compiacenti ragazze pronte, anni dopo, ad aprire
affollati e rinomati salotti romani.
Primi comizi. Sudore e entusiasmo. Culto dellessere in minoranza. Attesa prudente e impaziente
dellora delle botte.
I comunisti li odiavamo. Con amore. Botte e rispetto. Portavano, incoscienti come noi, una visione
del mondo.
Viva il Duce e il resto merda. Lo difendevamo anche se, a taluni tra noi, non piacevano le pose
ieratiche, le mani sui fianchi, il 25 luglio subto come un qualsiasi Presidente del Consiglio, la fuga
col cappotto tedesco lungo il budello del lago di Como.
In realt, del fascismo come regime potevamo buttare molto, forse quasi tutto. Limpero
rivendicato, gli orbace dei gerarchi impettiti, le adunate oceaniche, larroganza del potere, i tributi a
un re antifascista.
Eravamo fuori e dentro il tempo, occupavamo la realt con le nostre convenienze.
Gli americani? Invasori e non liberatori.
La democrazia? Un inganno.
La guerra? Lavevamo persa (male) e non vinta.
La Resistenza? Epopea finta, costruita.
Polizia e carabinieri? Servitori di uno Stato che non era nostro.
Solo quarantanni dopo avremmo scoperto che, al contrario, molti, troppi, anche a livello elevato,
avevano amoreggiato con poliziotti, carabinieri, servizi pi o meno segreti e mai deviati, per
difendere lo Stato dei partiti, loccidente del consumismo materialistico contro la presunta minaccia
dei cosacchi a San Pietro.
Il mal sottile del golpe. Dei militari al potere. Del governo autoritario. Di quello che Adriano
Romualdi chiamava paternalismo il cui fine quello di mandare a letto presto i giovani onde
evitare che facciano politica. Della conservazione cattolica, apostolica e romana. Delle trame
NATO predisposte nella basi USA in Italia.
Romualdi e Nicolai, pur cos diversi, non credevano a queste cose. Rauti diceva di non crederci ma,
sotto sotto, agiva (doveva agire, come avremmo scoperto dopo) per esse.
Quanto ad Almirante oramai non era pi il profeta macilento (definizione di Alfredo Cucco) ma,
dopo lincontro con la Stramandinoli (in arte Donna Assunta) era divenuto un damerino azzimato,
profumato e benestante.
Ma noi, nonostante tutto, credevamo ancora di essere diversi.
Se, per un miracolo andassimo al potere, ci dicevamo, faremmo ben vedere a tutti di che altra pasta
siamo fatti.
Lesempio conta pi di mille discorsi. Potremmo essere ministri e assessori senza rubare, senza
diventare arroganti, saremmo i degni rappresentanti di quellItalia umile e dignitosa che amiamo.
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Animo pieno e portafoglio vuoto.


Inguaribilmente stupidi non avevamo capito che solo lesclusione (negli ultimi tempoi pi apparente
che reale) ci obbligava ad essere diversi.
Improvvisamente il miracolo avvenne. Il crollo inglorioso dei partiti tenuti in piedi dalla guerra
fredda, ci offr loccasione.
Finiti gli anni di piombo, finita la guerra civile a bassa intensit, finita la stagione delle stragi
pilotate e mirate, interrotte anche se non finite le complicit con chi quelle stragi aveva
programmato, crollate le fondamenta del sistema della Prima Repubblica, gli italiani
consegnarono a ci che rimaneva di quel passato (io me ne ero gi andato), loccasione per
dimostrare la proclamata diversit. E l cascarono come il famoso asino.
Dopo aver sfruttato fino alla nausea ogni rimasuglio del nostalgismo pi becero e folkloristicoo, nel
giro di un paio di anni buttarono nella spazzatura della storia ogni cosa.
Saluti romani e sovranit nazionale ed europea, camicie nere e programmi sociali, cene per il 28
ottobre e aperture culturali, gite a Predappio con gadget e attenzione alla nuova societ, vecchie e
nuove destre, conformismo retorico e feconde trasgressioni.
Tutto sacrificato in fretta e furia sullaltare delledonismo berlusconiano.
Lunanimismo copr le poche aree di libert, bandita ogni discussione, eliminato ogni scontro, la
palude in luogo delle mareggiate.
Posti e potere. Con Berlusconi e per Berlusconi.
Acriticamente, senza voler vedere chi fosse in realt questo orrendo personaggio che si era
impadronito della politica italiana.
Borsellino abbandonato per Corrado Carnevale, quelli che nel loro intimo erano gi antifascisti
anche quando, per convenienza, urlavano il loro fascismo, si adeguarono rapidamente.
Tutti diventati liberali e liberisti, ubriacati dal successo improvviso, dai ministeri e dagli assessorati.
Proiettati dalle assemblee di sezione agli studi televisivi, dagli autobus alle autobl, dalle ragazzette
del partito alle mignotte profumate, dai panini ai ristoranti di lusso.
Ignoranti e prepotenti, vestiti con lineleganza alla moda dei parvenus, offensivi con la loro sola
presenza.
I peggiori anni della nostra vita quelli che vanno dal 1993 al 2012. Forse i peggiori di tutta la nostra
storia.
Peggiori persino di quelli della guerra pur con i morti e le distruzioni.
Peggiori degli anni di piombo con il sangue e la violenza. Anni quelli, orribili ma pieni anche di
passioni, di slanci, di illusioni, di eroismi e di vilt, di impegno e di dedizione.
La passione sostituita con la routine da impiegato di banca, lo slancio con il calcolo delle mazzette,
il pensiero con la rassegna stampa, lintelligenza con la fedelt al boss.
Questo libro nasce dallesigenza di far vedere che non tutti erano cos, di testimoniare che ci fu
anche chi seppe dire no, di dimostrare - scripta manent - che ci fu anche chi si sottrasse alle
lusinghe dorate di un potere che sacrificava lanima.
Nessun auto-compiacimento, nessuna inutile auto-contemplazione, solo la verit. Su tutto e su tutti.
Ora pare che sia finita. Lo spero con tutte le residue forze dei miei ottantanni.
Spariscono le macchiette, i pensosi pensatori del nulla, gli stupefatti urlatori degli schermi
televisivi, i portavoce degli interessi fangosi, i bottegai delle coscienze, le midinettes mancate e
quelle miracolate, i frequentatori di logge mafiose, le amanti calcolatrici di ogni arrampicata
politica e sociale, il bunga-bunga e il burlesque, le coatte che cantano Bella ciao per resistere
sulla poltrona (o sul letto), i servi vestiti da padroni.

IO LI CONOSCEVO,
E LI CONOSCO BENE
Lo posso dire con certezza: io li conoscevo bene. E, ancora, li conosco bene.
Di tutto quello che accaduto nel mondo della Destra, del Movimento Sociale prima e del
trasloco non certo il mio in Alleanza nazionale poi, ho una conoscenza diretta. Fino al giugno
del 1991. Quando fui cacciato da Gianfranco Fini, che pochi giorni dopo sarebbe tornato a occupare
la carica di segretario del MSI. Gli bast una telefonata di tre minuti. Ricordo bene quel momento e
quelle parole.
Insieme a me uscirono dal Movimento Sociale altri tredici componenti di quella che era la
Direzione Nazionale del partito. Tra loro, alcuni nomi divenuti poi famosi per varie ragioni, ma
soprattutto, almeno i primi due o tre, per colpa delle trasmissioni tv: Fabio Granata, Carmelo
Briguglio, Umberto Croppi, Beppe Nanni, Marco Valle, Beniamino Donnici.
Uscimmo perch Fini sosteneva posizioni opposte a quelle che sostiene oggi.
Fini, il giorno prima, era tornato a fare il segretario. Alla fine di quel Comitato centrale, io e altri
componenti la Direzione nazionale, tra cui i nomi appena ricordati, stilammo un durissimo
comunicato con il quale attaccammo frontalmente le posizioni di Fini. E cio: il perdurante pigro
nostalgismo, la mancanza di ogni previsione sulla imminente tangentopoli, lassenza di un
progetto politico nuovo, la inadeguata comprensione di ci che nel mondo sarebbe accaduto col
crollo del Muro di Berlino, lincapacit di sposare un originale progetto culturale che ci permettesse
di dialogare con una parte della societ italiana.
Tornato a Milano, il luned successivo fui invitato a chiamare Fini. Mi disse che ero di fronte alla
scelta di smentire ufficialmente il comunicato, lasciando gli altri firmatari al loro destino, oppure di
fargli pervenire le mie dimissioni. Gli risposi che entro cinque minuti le avrebbe avute. Via fax.
Negli anni successivi, la mia conoscenza degli uomini e delle situazioni meno diretta. Ma, avendo
contezza di coloro che sarebbe diventati protagonisti della povera politica italiana degli ultimi
ventanni anni dal momento, cio, in cui sceso in campo Silvio Berlusconi posso capire,
meglio di chiunque altro, le loro recondite e vere intenzioni, e quindi le ragioni e le motivazioni che
stanno alla base di molti dei loro comportamenti. Che si riassumono in tre semplici parole: Potere,
Posti, Soldi.
Io ritengo che la storia di un partito sia determinata in gran parte dagli uomini, dai dirigenti, dai
responsabili che ne hanno fatto e ne fanno parte. E quindi occorre partire proprio dagli uomini per
raccontare ci che avvenuto.
Comincio da Pinuccio Tatarella. Egli stato linventore della politica della alleabilit. Questo
brutto termine significa - allora e oggi che non lo si usa pi ma che viene ancora applicato su vasta
scala - che non bisogna mai rompere con chi poteva, potrebbe, pu diventare tuo alleato. Questa
linea di condotta vale sia allinterno del partito che fuori.
Se si leggono molti degli avvenimenti e delle scelte di un recente e recentissimo passato operate da
Gianfranco Fini o da chi lo ha lasciato o anche da quei pochi che sono rimasti con lui -, si potr
facilmente comprendere chi ha continuato a seguire quella linea di Tatarella e chi invece lha
abbandonata. Cos come possibile farlo di fronte ai comportamenti dei cosiddetti ex-AN che nel
dicembre 2012 hanno lasciato Berlusconi e la Pdl.
E difficile dire che cosa avrebbe o non avrebbe fatto Fini se Tatarella fosse stato ancora vivo.
Avrebbe o no rotto con Berlusconi? E, prima di questo, avrebbe o no, fatto scomparire e sepolto
Alleanza nazionale, il proprio simbolo, la storia che bene o male rappresentava? Far parlare i morti
o, ancor peggio, farli decidere, esercizio spiacevole.
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Posso dire che Tatarella non aveva il feticcio del partito e dei simboli e che la famiglia Tatarella, nel
senso dei suoi superstiti, ha seguito Fini dopo la rottura con Berlusconi.
Pinuccio non amava sicuramente Berlusconi e, quando poteva, lo faceva anche capire. Essendo un
politico puro non poteva di sicuro apprezzare lantipolitica di B. Era un conservatore di matrice
culturale meridionale e immaginava che, se qualcosa doveva cambiare, ci dovesse avvenire molto
lentamente e, naturalmente, a vantaggio suo e della sua visione politica. Meridionale e
conservatrice.
Tatarella era un politico puro. Intellettuale della Magna Grecia, secondo la famosa definizione
che Gianni Agnelli diede di Ciriaco De Mita, Pinuccio, o Pin come lo chiamavano dalle sue parti
in Puglia, allinizio era stato seguace di Ernesto De Marzio. Il quale, a mano a mano che quel suo
poulain salire i gradini della politica, malignamente ricordava a tutti: Quello era il ragazzino che
nella Federazione di Bari mi andava a comperare le sigarette.
Sotto la guida e lala protettrice di De Marzio classe 1910, tra i fondatori del Movimento Sociale,
vicesegretario del partito, per dieci anni capogruppo alla Camera dal 1969 al 1979, personalit di
spicco fino alla nascita di Democrazia Nazionale, sei volte deputato nel collegio Bari-Foggia -,
Tatarella aveva percorso tutte le tappe dellattivismo e della militanza missina. Era diventato
consigliere regionale e poi, com naturale, aveva pensato di compiere il salto verso Montecitorio
conquistando un seggio alla Camera dei Deputati. Era il 1976. Per la campagna elettorale aveva
inventato un colpo a sorpresa convinto che quella mossa lo avrebbe aiutato a vincere con quasi
assoluta certezza la concorrenza di altri potenti candidati. Si era fatto sponsor della candidatura di
un sacerdote, don Olindo Del Donno, un prete che per tutta la vita era stato fedele mussoliniano e
difensore della memoria della destra dopo lo scempio di Piazzale Loreto. Nella seconda guerra
mondiale, come cappellano militare, Del Donno fu presente sui fronti di Albania, Jugoslavia e
Russia. Venne decorato con la medaglia dargento al valore militare sul campo nel fronte dellEst,
la croce di guerra al valor militare in Albania e tre encomi dal Comando darmata. Dopo l8
settembre aveva aderito alla RSI e nel dopoguerra fu tra i primi sostenitori del nascente Msi.
La scelta di candidare quel sacerdote, ma pi ancora la sua decisione di accettare di mettersi in lista,
fece scalpore, proprio perch si trattava del Msi. Aldo Moro - raccont lo stesso Del Donno nel
suo libro Tre peccati e un deputato - mi disse: Perch non vieni nella Dc? Diventi il don Sturzo
secondo. E io gli risposi: Guardi che io sono nato cos. Era nato fascista, lo era rimasto, non
aveva rinnegato la sua ideologia e il suo credo politco.
Per quanto riguarda il clamore mediatico, Tatarella aveva visto giusto. Ad ampliare leco della
notizia arriv la sospensione a divinis del Vaticano contro don Olindo. Anche per questo la gente
riempiva le piazze incuriosita, per vederlo e ascoltarlo. Tatarella si portava appresso in tutti i comizi
quel prete nero, come lo avevano ribattezzato i giornali, ed era convinto che molta di quella eco si
riverberasse su di s. Risultato? Il sacerdote fu eletto - e rest deputato per undici anni, per quattro
legislature -, Tatarella no. Ma si tratt solo di una pausa.
In quello stesso 1976, in occasione delle elezioni anticipate, Pin dopo aver sbagliato i calcoli su
Del Donno diede prova della sua intatta intelligenza, evitando saggiamente di suicidarsi con
lavventura di Democrazia nazionale. Fu la prima volta in cui disubbidi a De Marzio, il quale
invece era uscito dal Msi insieme ad Alfredo Covelli, Raffaele Delfino, Mario Tedeschi, Enzo
Giacchero, Giulio Cesare Graziani e Pietro Cerullo. Fu proprio De Marzio a capeggiare la scissione:
giustific quella scelta dicendo che era sempre stato sostenitore di una destra democratica.
Tatarella, pur essendo perfettamente in linea con le posizioni di Democrazia nazionale, aveva
capito che quella volta il suo padrino e referente politico stava commettendo un grave errore e si
sganci. Lallievo aveva visto giusto: lesperienza di Democrazia nazionale si chiuse meno di tre
anni dopo, nel 1979. Inevitabilmente quei fuorusciti confluirono nella DC e sparirono di scena.
Tatarella, intelligenza politica a parte, aveva una grande dote: era un profondo conoscitore di tutta
la geografia politica italiana del vecchio Msi. Abilissimo, non tralasciava alcun dettaglio per
continuare a far accrescere in ogni angolo del partito simpatia e consenso nei suoi confronti. Ad
esempio, quando interveniva a un convegno di questa o quella corrente, estraeva dalla borsa
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sformata e consunta che portava sempre con s, giornaletti e riviste su cui aveva pubblicato qualche
articolo. Leggeva, mostrava e diceva: Vedete, questa la prova che io ho sempre condiviso le
vostre posizioni. In tal modo dimostrava la sua vicinanza alle tesi di quella corrente.
Lo spazio lasciato libero da De Marzio, port Tatarella a diventare il punto di riferimento di Destra
in movimento. Noi cattivi, la chiamavamo Mamma e pensiero. Mamma era Donna Assunta,
Pensiero era suo marito Giorgio Almirante. La corrente era vicina alla maggioranza interna del
partito e si mostrava abilissima nel conquistare posizioni nel Comitato Centrale, nelle Federazioni e
nel mondo giovanile. Anche per la sua capacit di controllarefisicamente i congressi.
Tutto sommato non era difficile. Cerano le delegazioni (provinciali e regionali) e i capi
delegazione. Bastava distribuire nei vari seggi elettorali personale capace. Il controllo era facile
sui voti per il segretario: il foglietto col voto, prima di essere piegato per intrudurlo nellurna,
veniva lasciato sbirciare agli osservatori
Ognuna delle correnti che sostenevano Almirante, convintamente o per i vantaggi che ne potevano
derivare, aveva un certo numero di scrutatori e osservatori che, uniti tra loro, facevano numero e
quindi potevano controllare anche fisicamente i loro delegati.
Ancora pi facile era controllare il voto per le liste. I vari rappresentanti si occupavano delle loro
liste e dei loro candidati protetti, quelli cio che venivano prescelti e fatti eleggere poich
assicuravano fedelt assoluta.
Poteva anche accadere che i designati vedessero aumentare a dismisura i loro voti nei conteggi
riportati nei fogli finali degli scrutini. Aggiungere un 2 davanti a un 5 significava moltiplicare per
cinque volte i voti effettivi. Come noto la democrazia va aiutata!
Forte di questi spazi Destra in movimento o se preferite - Mamma e Pensiero, in una certa
misura riusciva a condizionare Almirante.
Dal punto di vista umano trovavo, non solo io, che Tatarella fosse simpatico. Era impossibile
litigare con lui. Era anche leale e si poteva star certi che, se stipulava un accordo, anche il pi
scellerato, lo avrebbe comunque onorato. Fino in fondo, ad ogni costo.
Tatarella divent deputato nel 1979, e lo rimase per diciassette anni, fino al momento della sua
morte, prematura, avvenuta nel 1996 quando aveva sessantatre anni. Da qualche anno era diventato
anche un lader. Nel breve periodo del primo governo Berlusconi, nel 1994, era stato nominato
vicepresidente del consiglio e ministro delle poste e telecomunicazioni. Ricordo la sera del 7
dicembre 1994, festa di SantAmbrogio patrono di Milano. Ero tornato a casa per assistere in TV
alla prima della Scala. Vidi Tatarella in smoking assiso nel Palco Reale, scoppiai a ridere e quasi
caddi a terra per il divertimento e lincredulit.
Oltre ad essere il capo della delegazione di AN nel governo, Tatarella aveva un ruolo determinante
e decisivo nel partito. In fondo Fini e la corrente che a lui faceva capo era stata ed era una
invenzione politica di Pin. Le correnti e i gruppi che egli era riuscito a organizzare avevano grande
peso allinterno degli organi del partito (Direzione Nazionale, Comitato Centrale, Federazioni,
gruppi dirigenti giovanili). La corrente era potente ma non aveva leader presentabili, anche dal
punto di vista delfisico.
Pinuccio era troppo intelligente per non sapere che il suo modo di essere (fisico, modo di vestire,
accento pugliese, eterne impataccate di cibo su giacca, camicia e cravatta) non poteva essere quello
di un leader. Trov in Fini, che oltretutto era gradito a Giorgio Almirante, tutto quanto serviva, e lo
impose agli altri. Era tuttavia lui a dettare i tempio della politica, dentro e fuori il partito. Per lui
alleabilit termine che non mi mai piaciuto tuttavia non si sposava con servilismo. Credo
che per questa ragione tent, prima di morire, di indicare il progetto di Oltre il Polo. In pi
vedeva il pericolo della Lega. Gli altri invece pensavano solo ai posti e agli onori.
Proprio per questo la sua morte improvvisa cre un grande caos dentro AN: si trov dal mattino alla
sera priva del vero punto di riferimento, fino ad allora rappresentato da Pinuccio e non da Fini.
Credo che quello fu un momento di svolta anche per Gianfranco. Il periodo successivo alla
scomparsa di Tatarella e i problemi venuti a galla per lassenza di una figura come la sua, insieme a
tutte le contraddizioni e agli appetiti personali che si erano scatenati, fecero maturare in Fini la
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convinzione che quel partito fosse un peso troppo ingombrante, la cui gestione richiedeva sforzi e
continua dedizione. Quindi era meglio liberarsene. Soprattutto per non faticare
Credo che Fini si portasse dietro il partito, i suoi rituali, le inevitabili beghe interne, gli appetiti, le
lotte personali, sentendolo come un pesante fardello. Che cresceva e rendeva laria irrespirabile a
causa dei problemi moltiplicati dal numero delle province e delle regioni, dei colonnelli, dei sottocolonnelli e dei sergenti, e dei loro famelici e crescenti appetiti.
Il primo cenno ci fu quando Fini pretese che il tesseramento fosse fatto direttamente da Roma.
Lasciava ai vari capetti lonore delle cariche e delle passerelle, ma faceva capire che il partito era
il suo, ed era solo lui a decidere come dovesse essere.
In parte sbagli poioch, per esempio a Milano, la famiglia La Russa occupogni spazio. E ogni
possibile posto di governo e sottogoverno. E a Milano cera anche Salvatore Ligresti e i suoi
capitali.
Cos fu chiaro che, qualche tempo dopo, Fini non poteva pi sottrarsi al colpo del predellino di
Berlusconi: la maggioranza di AN infatti era gi, da tempo, ad Arcore. Anche questo spiega, da quel
momento in poi, le ragioni del progressivo svuotamento della funzione politica di Alleanza
Nazionale. La linea era diventata solo questa: Posti & Potere.
Nel frattempo, a poco a poco - e limpresa sarebbe durata nove anni - Fini aveva cominciato a
liberarsi, progressivamente e molto lentamente com nel suo carattere, del condizionamento di
Silvio Berlusconi. Anche quelle che allora sembravano solo banali punture di spillo, nella mente e
nella strategia di Fini miravano a creare, a piccoli passi, un clima.
La parte finale di questo cammino coincise col primo vero splash-down avvenuto in modo diretto e
palpabile, in diretta televisiva, nellaula del Parlamento europeo, il primo luglio del 2003. Quel
giorno Berlusconi, nelle sue vesti di presidente del consiglio, pronunci il famoso intervento contro
il parlamentare europeo Martin Schultz della SPD, il partito socialista tedesco, reo di aver criticato
il conflitto di interessi del premier italiano e i suoi ripetuti attacchi ai magistrati. Berlusconi aveva
reagito in modo stizzito e, rivolto a Schultz, aveva detto: So che in Italia stanno girando un film sui
lager nazisti. La proporr per il ruolo di kap.
Fini, nelle sue vesti di vicepresidente del Consiglio, era seduto proprio accanto a Berlusconi. La sua
espressione di disgusto e di imbarazzo, col suo volto che si allontanava palpabilmente dal capo del
governo, illustr la situazione meglio di qualsiasi ragione politica. Anche perch Gianfranco era gi
in rampa di lancio per diventare ministro degli esteri al posto di Franco Frattini, che aveva preso il
posto del tecnico Renato Ruggiero, un uomo che Berlusconi aveva voluto al governo in quota
Fiat, e che aveva le ore contate proprio perch tutelava pi gli interessi di Torino che non quelli del
paese. Per Fini, dunque, in quella circostanza a Strasburgo e con la situazione che si era venuta a
creare, diventava molto controproducente trovarsi di fianco a Berlusconi e rischiava di riverberare
negativamente anche su lui la perdita di credibilit internazionale che quella estemporanea e
improvvisa uscita del premier aveva determinato.
Dopo la sua eloquente espressione a caldo e in diretta tv, Fini accentu la sua presa di distanza
con questa dichiarazione: Nessuna accusa, per quanto faziosa, pu giustificare lepiteto di kap
nazista per un avversario politico. Umanamente capisco, ma non condivido, lostinazione con cui il
presidente Berlusconi ha difeso le sue parole che certamente volevano essere ironiche. Era meglio
chiedere scusa. Il premier mastic amaro e se la leg al dito. Dal canto suo Schultz assurse a
improvvisa notoriet grazie a quella gaffe di Berlusconi. Credo che anche quellepisodio abbia in
qualche misura determinato, nel gennaio 2012, la sua nomina a presidente del Parlamento Europeo.
Proprio pochi mesi dopo che Berlusconi aveva lasciato palazzo Chigi.
Per ragioni diverse, molto diverse da quelle che riguardano Tatarella, unaltra figura di spicco del
vecchio MSI quella di Ignazio La Russa, ma su di lui mi soffermer a lungo tra poco. Le altre
figurine del Presepe, e questo fa rifulgere ancora di pi la luce di Pinuccio Tatarella,
comprendono personaggi che non meriterebbero nemmeno una citazione ma che, di questi tempi

diventa necessaria per far capire, e confermare, per quali ragioni si giunti a un cos infimo livello
di degrado della politica e, conseguentemente, di sfiducia e ripulsa da parte dei cittadini.
La mia personalissima galleria dei busti di questo Pantheon scusate il termine fuori luogo ed
esagerato - della cosiddetta Destra italiana, comincia da Maurizio Gasparri. Il suo DNA quello
dellinformatore dei carabinieri. Occhio a palla storto e liquido, labbro inferiore pendulo. Non ha
mai fatto lattivista. Al contrario, molti attivisti negli anni 80 lo cercavano per menarlo,
attribuendogli, a torto o a ragione, responsabilit per i loro guai. Diventa presidente nazionale del
FUAN e poi giornalista, dopo un praticantato pi o meno fasullo al Secolo dItalia. Giornalista
stipendiato, ovviamente. Sposa Amina Fiorillo di Milano, una protetta di Ignazio La Russa.
Collabora con lei allAssociazione sportiva Fiamma, nel periodo in cui era presidente un tizio che
si rubava i contributi del CONI.
Ogni volta in cui parlo di Gasparri mi torna alla mente lo stesso aggettivo che, fin dal primo
momento in cui lho incontrato, trovo abbia ben descritto la mia sensazione, e considerazione, nei
suoi confronti: viscido. Quando mor Giorgio Almirante, appena due giorni dopo la morte di Pino
Romualdi, Gasparri tent di farmi aggredire fuori dalla camera ardente allestita a Roma in via della
Scrofa, da due pugili della palestra foraggiata e mantenuta da Peppino Ciarrapico. Quando in
Afghanistan furono arrestati due operatori di Emergency, Gasparri dichiar che erano dei
terroristi. Una cialtronata. Quando stato ministro delle poste e telecomunicazioni, ha fatto da
passacarte a Fedele Confalonieri per la legge sulle TV e la famigerata introduzione del digitale
terrestre, la norma che ha dato il colpa di grazia a tutte le televisioni locali italiane a solo vantaggio
del Biscione.
Voltiamo pagina. Un altro statista, o sedicente tale, Altero Matteoli. Il suo assillo sempre
stato: Come far a mantenere la famiglia, se non sar pi rieletto?. Il ritratto che ho scritto
qualche anno fa, e che troverete qualche pagina pi avanti, parla da solo. Ho limpressione che,
prima o poi, si trover in qualche grosso casino. Non a caso, gli uomini della cricca erano amici
suoi.
Tra le altre figure di spicco, non pu mancare Alfredo Mantica, per me un tasto dolente.
Intelligente ma spregiudicato, studente-lavoratore (si laureato alla Cattolica in un corso serale), ha
sempre terribilmente sentito il peso della sua estrazione sociale. Ha trovato posti di lavoro da cui ha
dovuto allontanarsi per la sua innata propensione al pettegolezzo e allintrigo. Un posto (da
assistente alla presidenza della San Pellegrino) glielo trovai io. Anche quello non dur. Per crearsi
un gruppetto di seguaci, ai tempi del MSI, invitava di sera a casa sua dei giovani per parlare della
battaglia di Berlino e delle Waffen SS. Uno di questi ospiti gli scop la moglie. Ha lavorato anche
con Ciarrapico. Non so perch negli ultimi anni lo hanno ribattezzato Sen. Mastica. Da quando
ho lasciato il MSI non si pi fatto vivo con me neppure una volta.
Nel maggio 1972, alla vigilia delle elezioni, dopo un comizio di Almirante in piazza Duomo a
Milano, ci furono dei duri scontri con la polizia. Mantica fu mandato a vedere cosa stesse
accadendo. Si trov tra i piedi un candelotto che allontan con un calcio. Fotografato, fu colpito da
un mandato di cattura. Si rese latitante a Rimini dove, ogni sera, con la sua auto andava a prendere
laperitivo a un bar, sempre lo stesso. Inevitabilmente fu arrestato e trascorse un mese a San Vittore.
Le lettere dal carcere inviate alla comune amica Carla Depaoli, testimoniano una sua fragilit che lo
avrebbe portato a fare qualunque cosa pur di uscire. Si messo a disposizione di La Russa. Voleva
arrivare. Negli anni 80 era con me in consiglio comunale a Milano. Io ero il capogruppo e lui,
allinsaputa di tutti, tratt direttamente con il sindaco Tognoli per avere la presidenza di una
commissione comunale. Successivamente, non sentendosi valorizzato (non era stato rieletto
senatore) voleva passare al PSI. Lo scongiurai per una intera notte nel mio ufficio di corso
Matteotti. Era presente anche Dario Vermi, consigliere provinciale che, pi dignitosamente, voleva
ritirarsi a vita privata. Riuscii a convincere Mantica e feci la su fortuna.
E stato cinque volte senatore, e due volte sottosegretario agli esteri nei governi Berrlusconi. Le
Waffen SS, la lotta al sistema, la guerra alla concezione americana della vita, sono in soffitta.
Lunica traccia di una sua iniziativa riguarda il caso-Battisti, il terrorista dei proletari Armati per il
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comunismo latitante prima a Parigi e poi in Brasile, condannato a due ergastoli per quattro
omicidi, tra cui quello dellorefice Pierluigi Torregiani e per il ferimento di suo figlio Alberto, che
allora aveva solo quindici anni. Mantica in questa occasione ha mostrato gli attributi: ha ventilato
lipotesi di cancellare una partita di calcio contro la nazionale verde-oro! Naturalmente nessuno gli
ha dato ascolto. La partita si svolta regolarmente. Cesare Battisti si gode indisturbato il sole di
Copacabana. Alberto Torregiani da trentaquattro anni costretto su una sedia a rotelle per la
pallottola di Battisti che lo colp alla spina dorsale.
Un altro busto del Pantheon indubbiamente quello di Riccardo De Corato, detto Vostro Odore
per lo scarso uso di acqua e sapone. Posso fornire una testimonianza diretta: in consiglio comunale
infatti sedeva accanto a me. Ogni mezzora me ne andavo alla buvette per prendere aria.
Completamente analfabeta, faceva interpellanze e interrogazioni con errori di grammatica, sintassi e
ortografia. Le doveva sottoporre a me, in quanto capogruppo, e io cercavo di correggere senza
offenderlo. Non avendo nullaltro da fare e disponendo dellufficio del gruppo alla Regione,
divenne linterlocutore privilegiato di tutti i giornalisti di tutti i giornali milanesi. Culo di piombo,
leggeva tutte le delibere e faceva le pulci anche per le risme di carta consumate nei vari assessorati.
Durante Mani Pulite piazz praticamente una tenda in procura. Antonio Di Pietro era il suo idolo.
In quel periodo parecchie volte lo cerc al telefono un iscritto del MSI, di nome Antonio Di Pietro,
impiegato allIstituto Case Popolari, che voleva segnalare e documentare una strana storia sulla casa
di Francesco Saverio Borrelli. De Corato rispose al telefono solo la prima volta, credendo fosse il
vero Di Pietro a cercarlo. Ma, dopo aver capito di che si trattava, evit in tutti i modi quel missino
che aveva davvero creduto nella vocazione giustizialista di De Corato.
Uomo di La Russa a tutti gli effetti, durante Tangentopoli n in consiglio comunale n fuori, disse
mai qualcosa contro Salvatore Ligresti. E stato ampiamente ricompensato. Quattro volte senatore,
contemporaneamente vicesindaco di Milano e poi deputato. Non so dove adesso abiti. Certo non pi
nel sottoscala della federazione del MSI di via Mancini. Ha sposato Silvia Ferretto-Clementi,
divenuta due volte consigliera regionale e poi emarginata. La signora De Corato, ora sono separati,
ha lamentato di essere stata vittima di un complotto ordito dai fratelli La Russa. Lhanno espulsa dal
partito nel 2003 dopo una guerra durata anni. Da quando, diceva lei, aveva preso le distanze dai
saluti romani e dal s del suo partito alla pena di morte, attaccando frontalmente Romano La Russa,
fratello di Ignazio, europarlamentare e assessore allindustria della giunta Formigoni. Il primo atto
da reggente di Ignazio La Russa disse nelle prime ore dopo lespulsione - stata la difesa di suo
fratello. E pensare che non avevano preso un provvedimento del genere nemmeno contro Guido
Bombarda, l'ex assessore regionale di An, che ha patteggiato per corruzione. Sono stata punita
perch ho battuto due volte il fratello del reggente in un partito dove il requisito fondamentale la
capacit di inginocchiarsi allarroganza dei La Russa. In questo caso, Ignazio, che la Ferretto ha
accusato di gestione familistica di An e che si sarebbe fatto dare un mandato in bianco dall'
assemblea nazionale per cacciare lei, che non ha mai rinnegato il partito. Di pi: Senza la
possibilit di difendermi. In Unione Sovietica ai dissidenti si faceva almeno un processo farsa.
Sarebbe interessante indagare sui rapporti tra i La Russa e il costruttore Ligresti, che non credo
siano solo di amicizia. I maligni sostenevano che con quelle parole si era giocata per sempre la
protezione dellex marito Riccardo De Corato, dal quale si era pochi mesi prima separata. La
Ferretto aveva replicato: Ho sempre fatto politica col mio nome, a differenza di Romano La Russa,
che prese i voti usando il cognome del fratello. Con mio marito andavo solo alle prime della Scala.
Altri invece propendevano per la tesi secondo cui De Corato aveva deciso di separarsi subito dopo
che la moglie si era scontrata coi La Russa, mostrando che tra Silvia e la famigghia preferiva la
seconda. La cosa buffa fu che, pur essendo stata espulsa da AN a Milano, la Ferretto continu a far
parte dellassemblea nazionale del partito. Prima di passare, senza fortuna, allUDC senza pi
essere eletta. I De Corato non si sono mai pi rimessi insieme e lei in forte crisi di astinenza di
cariche politiche. Un po come Tiziana Majolo con Giorgio Stracquadanio.
Unaltra donna, politicamente di diversa levatura, Cristiana Muscardini. Bravissima! E passata
attraverso tutte le vicende della Destra e in tutte le sue correnti. Si adatta come il silicone nelle
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fessure. Una legislatura alla Camera e quattro al Parlamento Europeo. Ora in FLI (fino a quando?).
Doveva, stando alle intenzioni di Fini, contrastare La Russa a Milano dopo lepisodio della
Caffetteria. Comera ovvio, non c riuscita.
Come dimenticare Alessandra Mussolini? Politicamente nasce da uno scherzo elaborato nellufficio
di Domenico Mennitti, due volte deputato del MSI, ex vicesegretario nazionale del MSI ai tempi di
Pino Rauti, poi passato a Forza Italia ed eletto europarlamentare e per due volte sindaco di Brindisi.
Quando dirigeva il Roma di Napoli, Mennitti insieme col deputato napoletano Antonio
Mazzone - studi a lungo qual era il modo migliore per mettere in difficolt Fini nel 1993, allorch
si candid alle comunali di Napoli. Lanciarono sul giornale la candidatura di Alessandra a sindaco.
Fini non si scompose e accett. Da l cominciata lascesa di Alessandra, che da un anno era stata
eletta deputato ma non aveva spazio. E non ha n arte n parte. Fino ad allora aveva frequentato gli
pseudo salotti socialisti di Roma in cerca di una collocazione artistica(!). Divenne a quel punto la
nipotina e la nostalgia fece il resto. Populista e popolana (da mercato del pesce di Napoli), non
capisce nulla di politica ma, urlando e gesticolando, sembra avere ragione. E sensibilissima al
denaro. Cos come il marito, Mauro Floriani, ex capitano della Guardia di Finanza. Il signor
Mussolini fece clamore allorch si dimise dalle Fiamme Gialle per diventare manager di rilievo di
Metropolis la societ che cura il patrimonio immobiliare di Ferrovie dello Stato. Niente di strano,
se non fosse stato che al vertice di quellazienda di trasporti sedeva Lorenzo Necci, presidente
dellEnimont proprio all'epoca in cui Floriani indagava in stretta collaborazione e per conto di
Antonio Di Pietro sulla maxitangente del colosso chimico. Ma non basta. Lex capitano, indossate
le nuove mostrine da manager, era passato alle dirette dipendenze di Mario Alberto Zamorani, uno
dei protagonisti di Tangentopoli, che aveva traslocato dallItalstat a Metropolis. "Embe, che
ccentra?, era sbottata Alessandra: Mauro stato assunto dalle Ferrovie due anni dopo la fine del
processo Enimont. E inoltre, se uno non dovesse pi avere a che fare con tutte le imprese coinvolte
in Mani pulite, smetterebbe di lavorare. S, ma lui un lavoro ce laveva gi: alle Fiamme Gialle,
appunto.
Alessandra diventata un personaggio fisso (talvolta anche con la madre, Anna Maria Scicolone,
sorella di Sophia Loren e moglie di Romano Mussolini) dei programmi televisivi (RAI e Mediaset).
Le due parlano di tutto. Lei ha certificato (?) lautenticit dei diari di Mussolini scovati (la terza
volta nel corso degli ultimi sessantanni) da Marcello DellUtri. Qualche ricompensa lha
certamente avuta. Quando una, senza colpa ma anche senza merito, si trova a portare un nome per il
quale, da una parte e dallaltra, centinaia di migliaia di italiani sono andati a morire, dovrebbe avere
il pudore e la responsabilit di sentirne il peso. A lei non mai accaduto. Vajassa.
Mi vergognai quando, avendola accompagnata ad una trasmissione televisiva per le Europee del
2004, alluscita fummo avvicinati da un gruppo di ragazzi che le chiesero un autografo. Su una
cartolina dove lei compariva con le tette al vento!
Spero tanto che un briciolo di sobriet consenta allItalia di rimandarla a casa.
Tra le new entry femminili della Destra c Giorgia Meloni. E una modesta modista della
Garbatella con lo sguardo perennemente stupefatto. In continuazione sembra domandare a se stessa:
Ma come ho fatto a diventare Ministro della Repubblica?. Nessuno stato ancora in grado di
trovare la risposta.
Torniamo ai maschietti. Una figura maschia certamente quella di.Gianni Alemanno. Un
tempo rivoluzionario duro e puro, rautiano di ferro, si fidanza proprio con la figlia di Rauti, Isabella,
secredente nuova Pulzella dOrleans. In virt di questo curriculum, Alemanno viene piazzato dal
futuro suocero come capolista alle regionali nel Lazio del 1990. Rauti, per imporlo, sacrifica il
vecchio amico Paolo Andriani, ordinovista della prima ora.
Ma, quando Rauti si dimette da segretario nel 1991, il genero abbandona il suocero e si avvicina a
Fini. Rauti, nel frattempo, ottiene dal nuovo padrone del partito il posto di parlamentare europeo.
Dopo Fiuggi, Alemanno resta con Fini. Si separa dalla moglie, che va a consolarsi con Luca
Romagnoli, nuovo pupillo di Rauti dato che gli fa da segretario e portaborse. Ma, colpo di scena,
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dopo il fallimento di Fiamma Tricolore, ad opera di Rauti, Alemanno si riappacifica con la


moglie. Decidono di celebrare addirittura un secondo matrimonio. Lei ottiene un posto al Ministero
delle Pari Opportunit. E poi seggio da consigliere regionale del Lazio, chiamata dalla Polverini a
far parte dellufficio di presidenza..
Gianni Alemanno vivacchia (bene) e sempre sottotraccia come suo costume. Non ha alcun
carisma, non sa parlare, ha uno sguardo infido e sfuggente. Per questo riuscito a diventare
ministro dellagricoltura (proprio nel periodo Parmalat) e poi sindaco di Roma. Sua moglie,
automaticamente, diventata la First Sra.
Se devo sintetizzare la figura di Alemanno, mi viene in mente una parola di cinque lettere: bluff.
Ma come hanno fatto tutti costoro ad essere miracolati? Leggendo alcuni nomi del primo governo
Berlusconi, del 1994, si vede che vengono estratti dal freezer della politica, per la prima volta dal
dopoguerra, cinque ministri fascisti: Tatarella, Matteoli, Fisichella, Fiori, Poli Bortone. E undici
sottosegretari: Gasparri, Anedda, Trantino, Berselli, Rastrelli, Parlato, Lo Porto, Aloi, Nania, Conti,
Porcu).
Per la verit, non del tutto esatto affermare che i fascisti escono dal freezer per la prima volta.
Negli anni 50, prima del governo Tambroni e del mancato congresso di Genova del 60, pi volte i
voti dei missini sono serviti per varare leggi o accordi internazionalei importanti. Una volta
Amintore Fanfani chiese ufficialmente i voti per il suo governo. Gli vennero rifiutati.
E ovvio che le condizioni storico-politiche e la stessa legge elettorale erano diversissime rispetto al
94. Daltra parte il MSI, non ancora AN, rischi di far eleggere Fini e la Mussolini sindaci di Roma
e Napoli. Nella bizzarra alleanza del 94 accordo con la Lega al Nord e con AN al Sud il solo
che ci guadagn concretamente sul piano politico e non solo su quello, fu Berlusconi, al quale la
politica sempre stata indifferente. Lha sempre considerata solo uno strumento. I ministri, tranne
Fisichella e Fiori, erano personaggi colpiti da improvviso benessere e con la fissazione
dellascensore sociale. Una caratteristica propria dei piccoli borghesi frustrati.
Tatarella volle proprio che gli venisse affidato il Ministero che stava a cuore agli interessi di
Berlusconi: quello che regolamenta le TV. Pinuccio non ha mai amato il Cavaliere. Ricordo che in
precedenza gli aveva sferrato periodici attacchi molto pesanti. Per sapeva anche che il personaggio
ama ricattare e anche essere ricattato. Quel ministero era luogo ideale. La propensione di Tatarella
per lalleabilit lo ha portato anche a molta confusione. Tu puoi allearti con chiunque a patto che
non ti snaturi. La domanda se per AN era possibile evitare di farsi snaturare da Berlusconi,
potendo contare su un materiale umano come quello appena elencato.
Fini e La Russa rimasero fuori da quel governo per ragioni diverse luno dallaltro. Fini lo fece
perch lalleanza elettorale non era solida, La Russa perch doveva prima consolidare il suo potere
a Milano. Fini dimostr di avere ragione e infatti la Lega, pochi mesi dopo, fece il ribaltone, col
famoso patto delle sardine tra Bossi, DAlema e Buttiglione. AN, comunque, non avrebbe mai
fatto il ribaltone, quella Lega s perch, allora, i leghisti (che avevano un forte elettorato) e
berlusconiani non potevano essere compatibili. AN fu costretta a subire il ribaltone e si schier
apertamente con Berlusconi. Posti e potere. E denaro. Poi, qualche anno dopo, nel 2000, Bossi si
fece convincere da colui che aveva pi volte definito il mafioso di Arcore, e in tal modo il
Senatur e Fini tornarono a prendere il caff insieme.
Anche stavolta La Russa rest fuori dal governo. Non lo fece certo, come tent di far credere
allesterno, perch continuava a non fidarsi della Lega e non voleva aver niente a che fare con quei
barbari. In realt, La Russa non ha mai avuto pregiudizi antileghisti, la sua estrazione e la sua
cultura sicula lo portano a non trascurare mai la possibilit di trovare un accordo con il nemico. Si
pu sempre fare una offerta che non si pu rifiutare
Dopo limprobabile scontro Berlusconi-Rutelli alle elezioni, in quel governo del 2001, alla fine del
periodo di Prodi e poi DAlema a Palazzo Chigi, il governo allineava di nuovo cinque ministri di
AN: Fini (prima vicepresidente consiglio e poi agli esteri al posto di Ruggiero), Tremaglia,
Gasparri, Matteoli, Alemanno. Cerano anche due viceministri, Urso e Martinat, e tredici
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sottosegretari: Saporito, Mantica, Mantovano, Valentino, Baldassarri, Contento, Siliquini, Viespoli,


Berselli, Sospiri, Moffa, Cursi, Bono. Sembrava il miracolo del rospo baciato dalla fatina. In
particolare mi riferisco a Gasparri. Non a caso messo al Ministero delle Poste (e delle TV) proprio
per presentare una legge in una materia a lui pressoch sconosciuta. Una legge firmata Mediaset. Da
allora stato colpito da improvviso benessere. Una cosa mi d particolarmente fastidio: passa le
vacanze a Marettino, provincia di Trapani, la citt della mia famiglia per mille anni. Dio lo fulmini!.
In Consiglio dei Ministri, Gianfranco Fini cominci in quel periodo ad apprezzare Stefania
Prestigiacomo la quale, sembra, ricambi queste cortesi attenzioni. Si sa com lambiente romano:
i pettegolezzi cominciano a circolare. Io non so che cosa ci fosse di vero o non vero, ma certe voci
non nascono per caso. Quello che posso dire che, con le donne, Gianfranco Fini subisce. Non
prende mai liniziativa. Il problema che, coincidenza o no, in quel periodo Fini comincia a
cambiare, specie nei suoi atteggiamenti allinterno del partito. Prende decisioni senza consultare
nessuno. Tratta tutti con un certa altezzosit. I colonnelli di AN cominciano ad agitarsi e
attribuiscono la causa di questa condotta finiana proprio, e addirittura, alla.Prestigiacomo.
Insomma dicono che il segretario si comporta cos poich vuol far vedere a lei come tratta gli
uomini del partito e quale scarsa considerazione nutre per loro.
Lepisodio avvenuto allinterno del bar romano La Caffettiera conferma che questo stato danimo
esisteva davvero. Matteoli, La Russa, Gasparri sono seduti a un tavolo e si scambiano confidenze e
giudizi. Un giovane cronista de Il Tempo annota e registra. Pubblica tutto. Fini legge ed
furibondo. Prende immediati provvedimenti contro La Russa e Gasparri. Il primo viene punito
sollevandolo dal posto di coordinatore del partito a Milano e in Lombardia: al suo posto viene
messa la Muscardini. Gasparri costretto a dimettersi da ministro, e Landolfi prende il suo posto.
Solo Matteoli riesce a farla franca. Perch? E stato velocissimo a fare autocritica.
Fini aveva colto lo spunto da quellepisodio di lesa maest per far fuori La Russa, di cui da tempo
diffidava, infastidito e preoccupato del suo potere in continua ascesa dentro e fuori il partito.
Quanto a Gasparri lo conosceva bene.
Peccato che la punizione inflitta a La Russa su Milano non abbia sortito alcun effetto: la
Muscardini non poteva che fallire. La guerra a Ignazio a Milano la si pu fare solo frontalmente.
Senza compromessi.
In quella fase, dentro al partito, ovviamente pi partito rispetto a Forza Italia e alla Lega che
erano due strutture staliniste e probabilmente Fini sognava di comandare cos come Berlusconi
e Bossi erano in grado di fare allinterno dei loro movimenti -, Francesco Storace era lunico a
strepitare. Al Consiglio nazionale di AN arriv ad attaccare frontalmente Fini. Ex autista del
senatore Michele Marchio, capogruppo al consiglio comunale di Roma, Storace ha certamente
capacit e fiuto politico. E stato capo dellufficio stampa di Fini. Ha fatto il ministro e il presidente
della regione Lazio. Risultati? Molto modesti e, soprattutto, la mentalit (molto romana) di creare
consorterie. La sua ribellione a Fini ha sempre avuto come ispiratore e sponsor Silvio Berlusconi.
La dimostrazione pi evidente ci fu nel 2007 nellassemblea di fondazione della Destra: Storace e
Berlusconi saltavano insieme sul palco tra gli applausi, uno spettacolo penoso. Berlusconi voleva
creare una alternativa interna a Fini. Storace voleva visibilit politica. Ma, intanto, nel 2006 si era
fatto nominare ministro della Salute, al posto del prof. Gerolamo Sirchia, dopo aver perduto, da
governatore uscente, la sfida contro Marrazzo nelle elezioni regionali del Lazio.
Chiss perch, Storace mi fa venire in mente un altro ministro di quel periodo: Mirko Tremaglia,
passato alla storia per aver fatto vincere le elezioni del 2006 a Romano Prodi e avergli consentito il
ritorno a Palazzo Chigi. Negli ultimi anni, prima della sua morte, Tremaglia mi ha fatto pena perch
era molto malato. Ma la sua costruzione fasulla degli Italiani allestero cosa da non dimenticare.
Ruppi definitivamente con lui nel 1988 quando tent di convincermi (ero nella commissione stragi)
che laereo di Ustica era caduto per una bomba (ovviamente fascista). Tremaglia santo subito:
ricordate i cartelli dopo la vittoria dellUlivo?
Dopo i due anni del governo Prodi, Berlusconi sentiva odore di vittoria. Fini, alla vigilia delle
elezioni, commise un errore storico: cancella il simbolo di AN dalla scheda elettorale, si intruppa e
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si nasconde dietro il simbolo del PdL, AN muore. Fini aveva paura di misurarsi col voto,
sciogliendo AN dentro il PDL voleva evitare che lo contassero e che Berlusconi dimostrasse qual
era la sua forza rispetto agli altri. Allinterno del partito la cancellazione pass grazie al famoso
70-30: ogni dieci collegi sicuri, sette sarebbero toccati a Forza Italia e tre ad AN. In questo modo la
poltrona era garantita.
Fini arriv a quella decisione sciagurata poich non sopportava pi il partito. Troppi appetiti, troppi
galli o capponi, troppo finto unanimismo. Lo adulavano ma tentavano di condizionarlo con ogni
mezzo. Inoltre quasi tutti i colonnelli erano gi sul libro-paga di Berlusconi. Anche il fallito
tentativo con lelefantino di Segni si spiega in tale ottica. Fini, nelle elezioni del 2008, fu in parte
carnefice e in parte vittima della scomparsa del simbolo di AN dalla scheda. Fu costretto ad
accettare. E non a caso rifiut di fare il ministro, preferendo la presidenza della Camera per avere
pi spazio di manovra, dato che non sopportava pi Berlusconi. Ma, al tempo stesso, non aveva
avuto il coraggio di fare come Pierferdinando Casini: mollare il cavaliere e rischiare lazzardo
presentandosi da solo alle elezioni col simbolo dellUDC.
Dopo il siamo alle comiche finali, in occasione della nascita del partito del predellino, Berlusconi
mise Fini di fronte al fatto compiuto. Inoltre, aveva gi pronta la carta Storace-Santanch. Fini tent
lultima mossa: pose come condizione la non alleanza con La Destra. Fu una vittoria facile da
ottenere, e inutile.
In realt Fini a quel punto poteva fare poco. Altro discorso quello che poteva fare prima. Ad
esempio lanciare pubbliche dichiarazioni contro Berlusconi e il berlusconismo come fenomeno
sotto-culturale che aveva cambiato lessenza stessa degli italiani. Le alleanze si possono anche fare
parlando chiaramente. Ma ci vuole una schiena molto dritta
Ma, soprattutto, come conseguenza e coerenza, Fini non doveva accettare il 70-30, cio la
manifestazione pi evidente della partitocrazia inserita nel sistema monarchico e monocratico di
Berlusconi. Anche nellex-AN passava e vinceva il sistema-Berlusconi: non contava pi il merito e
il valore, ma la fedelt al capo. Sia che il suo nome sia Berlusconi, sia che si tratti di Fini.
Nel partito del predellino, La Russa divent vice-coordinatore nazionale con Verdini e Bondi sopra
di lui. La Russa si sentiva ormai forte. Aveva Milano, la Lombardia e tutto il resto. Poteva dedicarsi
a Roma e tentare di fare il salto di qualit. Per questo volle il ministero della difesa. Sulla base di
questo calcolo: al partito Bondi contava ben poco, mentre Verdini era ed pi bandito di lui. Ma lo
si sarebbe scoperto dopo.
Fini vinse solo su un fronte, irrilevante: ottenne che la Santanch venisse messa fuori, anche La
Russa laveva scaricata. Fini, tra laltro, non la voleva e non la sopportava pi. Lei invadente, non
capisce nulla di politica ma usa la politica per campare. La Santanch si rassegn sulla base di una
serie di elementi. Dopo la cacciata venne mandata, insieme con Storace, da Berlusconi. Il
Cavaliere laveva assicurata che avrebbe fatto lalleanza elettorale con La Destra e che lei sarebbe
diventata certamente ministra (possibilmente alla Difesa, come lei desiderava e gi diceva in giro).
Fini si oppose al progetto e Berlusconi si rimangi tutto. La Santanch strepit, ma inutilmente. La
Russa non fece nulla. Aveva i suoi progetti, pensava gi al ministero pi interessante sa scegliere
Santanch e Storace vennero messi alla porta, anche da Berlusconi. Si presentarono da soli alle
elezioni del 2008, Daniela era addirittura candidato premier. Us la campagna elettorale per avere la
maggiore visibilit possibile. Pensava gi al dopo. Alla faccia di chi lha sostenuta. Obbediva, come
ha sempre fatto, a Gigi Bisignani, suo ex-amante e suo inventore sul piano politico.
Dopo quella vittoria elettorale, qualcuno sostiene che Berlusconi commise un errore mandando Fini
alla presidenza della Camera anzich tenerlo nel governo e tenerlo sotto ricatto costante, dato che
avrebbe potuto dimissionarlo in caso di ribellione. In realt era Fini che voleva la presidenza di
Montecitorio. Solo quello. La vittoria elettorale era sicura e gli accordi vennero sottoscritti prima. In
quel governo entrarono La Russa, Matteoli, Ronchi, Meloni. Viceministro: Urso. Sottosegretari:
Mantica, Mantovano, Menia, Buonfiglio, Giorgetti.
Di La Russas detto, di Matteoli anche. Eccoci a Ronch e Urso. Il primo, da giornalistino di una
TV privata romana, divenne prima deputato poi ministro. Me lo ricordo negli anni 80 quando
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veniva a Montecitorio cercando di risultare simpatico. Urso invece era stato laddetto stampa di
Rauti (in quota Mennitti) nel 1990. Intelligente, anche se parlava con tono di voce cos basso che
era difficile capirlo. Diceva tera, guera, bira, etc. etc.
Dopo la vittoria di Berlusconi alle politiche del 2008 solo a Storace non tocc niente. Per La Destra,
di cui non le fregava niente, solo la Santanch, qualche tempo dopo, pass allincasso con
Berlusconi diventando sottosegretario. Dopo averlo accusato di volere tutte le donne solo in
posizione orizzontale, dopo le elezioni si riavvicinata al Cavaliere fin dal giorno dopo il voto.
Bisignani ha molto brigato per lei. Poi arrivato Alessandro Sallusti, il direttore del Giornale: si
dato completamente a quella mangiatrice di uomini con lhobby delle famiglie. Basta guardare
com sempre pi pallido, ogni giorno che passa. Storace ha approfittato del ritorno della
pecorella Daniela nellovile di Arcore per riempire con uno dei suoi almeno una casella negli
ultimi mesi di vita del governo Berlusconi: Nello Musumeci stato nominato sottosegretario. E
uno che come una meteora. Se non guardi il cielo, non la vedi.
E torniamo ai La Russa. Per le pi diverse circostanze, in questi anni ho avuto pi volte loccasione
di scrivere sulla Famiglia, anzi, sulla Famigghia. Il capostipite Antonino La Russa. Dalla
sua unione con Concettina Maria, avvenuto nella nata Patern, provincia di Catania, il 6 ottobre
1937, sono nati quattro figli: a luglio 1938 arriv il primogenito, Vincenzo, dieci anni dopo tocc a
Ignazio Benito Maria, poi a Emilia e infine a Romano Maria.
A darmi lo spunto a scrivere di loro sono stati alcuni singolari episodi, come ad esempio la storia
del necrologio dedicato alla madre del futuro ministro della difesa. Quando la signora venne a
mancare, 6 maggio 2004, pochi mesi prima del marito, sul Giornale fu pubblicato tra gli altri una
partecipazione al lutto a pagamento che abbinava il nome di Concettina Maria Oliveri in La Russa a
un cognome che la defunta in realt non aveva, ma che risultava essere molto pesante e scomodo
e fece andare su tutte le furie gli esponenti del clan. Si trattava di un errore, probabilmente voluto, o
forse no. Il cognome aggiunto era: Virgillito. Lignoto autore (mancava qualsiasi indicazione della
firma) ricordava, commosso, la defunta Concettina Maria Virgillito in La Russa. A molti,
soprattutto della famiglia, quel richiamo al cognome Virgillito suon come una sorta di
messaggio trasversale ai La Russa e un modo per segnalare pubblicamente i legami, che per
lunghi anni si era cercato di cancellare, con quel cognome evidentemente ritenuto ingombrante
perfino dai figli della defunta e anche dal consorte rimasto vedovo. Tutti loro non mancarono di
manifestare il gradimento allautore, forse in assoluta buona fede ma che fu rintracciato attraverso
gli uffici amministrativi del Giornale - di quel necrologio che la Famiglia evidentemente riteneva
cos fastidioso. Ho saputo da fonte certa che Ignazio era furibondo per questa iniziativa (voluta?
casuale?) che collegava la sua famiglia al disinvolto finanziere degli anni 40.
In realt era tutto vero, non cera niente da nascondere. Michelangelo Virgillito, un controverso
personaggio che a ventanni aveva lasciato la nata Patern per fare fortuna a Milano, va
considerato a tutti gli effetti il fondatore della dinastia dei La Russa, lartefice delle loro fortune
economiche e della loro rete di relazioni di potere. E quindi un minimo di gratitudine postuma
lavrebbe certo meritata invece di tanta irritazione.
A parte quellepisodio curioso, per capire fino in fondo gli atteggiamenti di Ignazio La Russa,
bisogna sempre fare riferimento agli interessi del suo clan. La Famiglia (Virgillito-La Russa)
nasce a Patern, ma il centro dei suoi interessi si sposta e si ramifica nel capoluogo lombardo.
Virgillito, nato a Patern nel 1901 e morto a 76 anni a Milano, stato ed definito imprenditore e
filantropo. Figlio di Domenico e Provvidenza Bonaccorsi dunque, i nonni materni di Ignazio La
Russa e dei suoi fratelli -, Michelangelo fin da ragazzo mostr ingegno e inventiva. Qualche anno
dopo la fine della prima guerra mondiale lasci la provincia di Catania per emigrare a Milano.
Cominci a lavorare nel commercio di materiali ferrosi e scarti di rottami. I guadagni erano buoni e,
insieme ad altri finanziamenti, venivano subito reinvestiti nellacquisto di immobili, soprattutto
cinematografi: prima la sala di via Cimarosa poi nel 1925 un altro locale in via Farini, due anni
dopo il cinema Principe di viale Bligny.
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Gli affari andavano sempre meglio ma non sempre le leggi venivano rispettate da quello sveglio
giovane di Patern. Aveva solo 28 anni quando venne dichiarato fallito dal Tribunale di Milano e
condannato a un anno, nove mesi e quindici giorni di carcere per appropriazione indebita, truffa e
bancarotta semplice. Questo incidente di percorso non gli imped di continuare ad accumulare
profitti grazie ad oculati investimenti immobiliari. Tutto venne reinvestito nellacquisto di altri due
cinematografi: lUmbria, nel 1930, e il Susa, due anni dopo.
Sul finire degli anni 30, Virgillito chiam a Milano il cognato Antonino La Russa che ne divenne il
consigliori e cominci a capire bene il meccanismo. Appena cominci la guerra, Virgillito
cominci a comprare immobili non pi in periferia ma nel centro di Milano, in particolare nella
zona di Galleria del Corso, dove erano concentrati molti cinematografi, a cominciare dal Corso e
dallAriston. Nel 1942 decise di recuperare i sotterranei della Galleria e li affitt a caro prezzo al
Banco Ambrosiano e alla Fondiaria Assicurazioni. Con quel denaro compr il suo primo albergo:
lHotel Ambasciatori, lunico grande immobile che gli mancava in galleria. Nonostante la guerra le
cose andavano a gonfie vele al punto che Virgillito aggiunse alla sua collezione una Villa in Piazza
Ferravilla a Milano. Diventer la sede milanese dellorganizzazione nazista Todt.
Molto religioso, sempre legato alla sua Patern e soprattutto ai frati cappuccini della sua citt,
Virgillito ha sempre brillato per la sue generose forme di beneficenza. Appena finita la guerra,
aveva regalato la sua villa a un gruppo di suore aiutandole a realizzare, nel 1952, la Casa dei
Bambini Virgillito di Piazza Ferravilla. Numerose anche le sue elargizioni allOspedale Maggiore
di Milano. Nel corso del tempo la sua munificenza si era ampliata in modo sempre pi cospicuo
sempre a favore di enti e congregazioni religiose. In tal modo sembrava volesse ringraziare il
Padreterno, o forse farsi perdonare, la grande fortuna negli affari, o anche qualcosaltro.
Probabilmente era tormentato da sensi di colpa opprimenti, quasi si vergognasse di meritare tanta
fortuna di fronte alla grande miseria che cera in giro. La sua vita era priva di qualunque comodit,
rifuggiva il lusso e lostentazione, era molto parsimonioso, si diceva dormisse su un tavolaccio con
quattro candelabri intorno, come se si trattasse di una forma di espiazione. Fortemente legato agli
ambienti cattolici, era definito il commendatore pi pio dItalia.
Negli affari il suo modo di operare era improntato a una regola: prima di ogni operazione
finanziaria era necessario un voto alla Madonna o ai Santi. Poi, per ogni successo, puntualmente il
voto veniva esaudito con unopera di beneficenza.
Sotto lalta protezione del Cielo, e non solo, il periodo doro di Virgillito non ha mai avuto
momenti di appannamento. Con la sua abilit, per tutti gli anni 50 e per una parte del decennio
successivo domin la scena finanzaria italiana. Tutto gli andava bene, sempre. Dagli oculati
investimenti immobiliari, alle speculazioni durante e dopo la guerra, fino alla scoperta della Borsa
nel periodo della ricostruzione e del boom, Virgillito riusciva a moltiplicare in modo esponenziale
non i pani e i pesci, ma il denaro. A Piazza Affari si mise in luce come uno dei pi spericolati
rialzisti. Non si poneva limiti, aveva disponibilit finanziarie illimitate. Il suo sogno era quello di
entrare nel salotto buono e di essere accettato fra i grandi che invece lo tenevano a debita distanza
fidandosi poco della reale provenienza di tutta quella liquidit. Dopo aver tentato senza successo di
scalare la Pirelli, fece prendere una gran paura a Carlo Pesenti rastrellando azioni della sua
Assicuratrice Italiana. Venne fermato solo dalla clausola di gradimento che gli imped di essere
iscritto al libro soci.
In quelle operazioni era sempre e pi che mai affiancato da suo cognato Antonino La Russa. Dopo
alcune iniziali avversit, raggiunsero un grosso successo riuscendo a impadronirsi della Lanerossi
e poi della Monte Amiata, sfruttando il business del mercurio. La marcia trionfale culmin fra il
1955 e il 1958 con la conquista della Liquigas, che Virgillito gir prontamente al suo delfino
Raffaele Ursini. Allimprovviso quella che era una modesta ditta di bombole di gas liquefatto
sembr essere stata toccata da una bacchetta magica. In quella occasione Virgillito fece le cose in
grande: don alla Beata Vergine della Consolazione di Patern una corona con un diadema di nove
chili e mezzo doro che portava incastonati cinquemila brillanti, dieci zaffiri, sei smeraldi, cinque
rubini e un numero imprecisato di altre gemme. Laveva pagata mezzo miliardo ed era riuscito a
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farla benedire a Roma da Papa Giovanni XXIII. Nel Santuario della Consolazione della sua citt, fu
lo stesso Virgillito a incoronare la statua della Madonna.
Al momento della morte, nel 1977, formalmente lasci il suo immenso patrimonio alla Fondazione
Opera Michelangelo Virgillito con la finalit di distribuirlo ai poveri e ai bisognosi nati o residenti
a Patern e di elargire contributi a favore di enti religiosi, parrocchie e chiese della sua citt. In
realt, il controllo effettivo dellimpero pass ai La Russa. Tutti i palazzi intorno alla Galleria del
Corso erano direttamente o indirettamente di propriet della famiglia. Le volont di Virgillito
vennero rispettate, e tutto venne schermato attraverso la Fondazione, la cui sede tuttora a Milano
in galleria Passerella. Ufficialmente a capo della fondazione siedono quattro ecclesiastici: il
Vescovo di Catania, il prevosto della Parrocchia di Santa Maria dellAlto di Patern, il rettore del
Santuario della Madonna della Consolazione, il Padre Guardiano del locale Convento dei
Cappuccini. Ci sono anche quattro laici, due nipoti del testatore e altri due amministratori.
La maggior parte del denaro della Fondazione arriva dalla gestione di un immenso patrimonio
immobiliare. Chi lo amministra non sempre ha osservato le volont del defunto. Ad esempio
nellautunno del 1992 Striscia la Notizia scopr che uno degli immobili di propriet dellente
benefico, il teatrino di Largo Corsia dei Servi, ospitava spettacoli a luci rosse con le pi famose
pornostar del momento, tra cui Moana Pozzi e Ilona Staller. Lo scandalo che ne deriv costrinse
larcivescovo di Catania, Luigi Bonmarito, a dimettersi dal Comitato direttivo della Fondazione
Virgillito.
Dopo la morte di Michelangelo, lamministrazione dei beni pi consistenti - tra cui la Liquigas
venne affidata a Raffaele Ursini. Nativo di Roccella Jonica in Calabria, ragioniere, entrato alle
dipendenze della Liquigas nel 1955, all'et di 29 anni come impiegato di terza categoria, Ursini fece
una rapida carriera, propiziata dalle fortune del suo mentore siciliano. Dopo soli cinque anni
conquist il controllo della societ per sei miliardi di lire, misteriosamente trovati (Chi me li
diede? Provate a indovinare!, era solito ripetere). Grazie ai soldi di Virgillito, la Liquigas,
ampiamente ricapitalizzata, divenne la finanziaria capogruppo di numerose societ operanti in Italia
e allestero in una pluralit di settori. Tale espansione fu facilitata da miliardi di crediti agevolati
elargiti dalla Cassa per il Mezzogiorno e dallICIPU, un altro baraccone di Stato. Tra il 60 e il 77,
anno della sua crisi, la Liquigas pass da dodici a 600 miliardi di fatturato e limpero di Ursini
singigant fino a comprendere grosse quote di Bastogi (e quindi di Montedison), Pirelli e
addirittura Fiat. La grandeur del finanziere calabrese lo port a rilevare la Pozzi e la Richard
Ginori, e poi la SAI Assicurazioni dalla famiglia Agnelli. Fu lapoteosi. Dentro i vari CdA sedevano
sempre i La Russa.
Ma, raggiunta lapparente apoteosi, la strada per Ursini cominci a diventare una impervia salita. Le
porte che serano sempre aperte si chiusero, le banche reclamarono i propri crediti e i politici che
erano sembrati per anni agli ordini di Liquigas cambiarono atteggiamento. Nonostante tutto, Ursini
volle ampliarsi ancora di pi, si dedic al settore zootecnico e concep un folle progetto: le bioproteine, cio proteine prodotte dalla fermentazione di idrocarburi, cio mangime per animali da
carne commestibile, e in seguito per conigli da pelliccia. Il progetto venne sintetizzato in questo
modo: come ricavare bistecche dal petrolio.
Costru uno stabilimento a Gioiosa Jonica. Un enorme investimento di circa 200 miliardi, pur
essendo stato in gran parte finanziato dagli stessi istituti di credito speciale per il Mezzogiorno, fu
vanificato dal ministero della Sanit che, smentendo peraltro una precedente delibera del Cipe,
proib quel genere di produzioni. Per Ursini fu la fine. Scoppi uno scandalo visto che lo Stato
aveva finanziato in modo massiccio simili utopie. Ursini fu costretto ad allontanarsi dallItalia
inseguito da un mandato di cattura.
Prima della fuga, Antonino La Russa sistem la situazione. Il controllo del patrimonio
formalmente pass a don Salvatore Ligresti, ingegnere di Patern. Con lintesa tra gentiluomini
che, non appena risolti i suoi guai giudiziari, Raffaele Ursini avrebbe riavuto il suo. Quello delling.
Ligresti era un nome non ancora conosciuto, anche si trattava di un tipo ben introdotto nel comune

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di Milano. Aveva sposato la figlia di un funzionario ben addentro alle cose edilizie del Comune. Nel
giro di pochi anni, sarebbe diventato il padrone delledilizia milanese.
La latitanza in Brasile di Ursini fu pi lunga del previsto e Ligresti ampli il suo raggio dazione.
Sempre con la presenza dei La Russa.
Lo scoppio di Tangentopoli fece finire Ligresti a San Vittore. Sembrava linizio della fine. Ma,
quando Ligresti usc, Antonino La Russa lo port da Enrico Cuccia in Mediobanca: il banchiere
cominci misteriosamente a risolvergli i problemi. Lepisodio raccontato nel libro Un siciliano a
Milano di Fabio Tamburini scritto nel 1992. Nel frattempo Ursini torn in Italia e tent di far
valere laccordo tra gentlemen stipulato anni prima. Ma si trov contro Antonino e decise di
rivolgersi allavv. Piero Schlesinger. Nulla da fare. Abbandon la partita e si ritir a Losanna.
A quel punto divenne chiaro anche ai pi scettici che il centro nevralgico dellOperazione
Virgillito era a Milano, con agganci affettivi, e non, a Patern! Anche se Antonino La Russa ha
sempre avuto dal MSI un collegio senatoriale sicuro a Catania.
A Milano i La Russa sono diventati sempre pi importanti. Ignazio entra in consiglio regionale. Il
padre ottiene per lui da Almirante il posto di capolista alla Camera a Milano. Il motto dei La Russa
: Partecipare solo quando si sicuri di vincere.
Lanziano senatore dirige la campagna elettorale del figlio: decine di migliaia di manifesti, spot
televisivi (Ligresti aveva acquistato Telelombardia) e quantaltro. Fa assumere al gruppo regionale
De Corato, segretario provinciale del Fronte della Giovent e baby-sitter del figlio di Ignazio,
Geronimo. Dopo poco tempo De Corato vince un concorso (!) alla Regione e diventa funzionario.
Ancor oggi in aspettativa e tiene occupato quel posto da pi di ventanni.
Ignazio La Russa a poco a poco estende capillarmente il suo controllo su Milano. Assomma cariche
e distribuisce posti. Nel 1992 diventa deputato. Ligresti, nel frattempo, dopo Tangentopoli ridiventa
importante.
Ogni opposizione ai La Russa viene eliminata o comperata. Terminata loperazione-controllo di
Milano viene il momento di dedicarsi a Roma. Per essere introdotto nei salotti della Capitale, farsi
accettare e sdoganare e iniziare la sua ascesa al potere che conta, ha bisogno per di togliersi di
dosso quellaria lugubre e di qualcuno che lo faccia invitare. Assume Daniela Santanch e lei onora
ampiamente il compito, contrattualmente stabilito, alla perfezione. La Russa riesce a diventare
capogruppo alla Camera. Resta fuori dal governo per prudenza nel 1994: c un rapporto con la
Lega instabile. Ma nel 2001, quando lui a voler fare ingresso nel governo, una sotterranea
opposizione di Fini glielo impedisce. Nel 2008, finalmente, corona il suo sogno e diventa ministro.
Della Difesa. Tra le tante sue colpe ai danni della destra italiana c anche quella di aver creato la
Santanch. Con tutto il seguito e le nefaste conseguenze che ci ha comportato.

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PARTE I
Gli articoli sull Indipendente(1992-1994)

1 - MA GUARDA UN PO
CHI SCAGLIA LA PRIMA PIETRA.
Da qualche tempo, di tanto in tanto, mi sorprendo (Dio mi perdoni!) a provare, non dico simpatia,
ma un po di umana comprensione per il povero Bettino. La Tigre ha abbondantemente
dimostrato di essere di carta con i suoi maldestri bluff, le sue pesanti e spericolate allusioni, i suoi
corsivi sullAvanti!, le sue annaspanti battute a vuoto e, da quel preciso momento, una canizza di
botoli ringhiosi si avventata sul suo simulacro disputandosi i brandelli di carne e cimentandosi in
quello sport tipicamente italiano che consiste nellinfierire sul tiranno vinto e morente.
Il solo ad avere qualche giustificazione lex-delfino Martelli, sempre accuratamente tenuto
lontano dalla sua Milano anche se, questo ostracismo, lo ha miracolosamente preservato dai rischi
di Tangentopoli, perennemente guardato con sospetto dal Capo, molto attento a non far
crescere troppo intorno a s possibili antagonisti, e spesso umiliato con battute sferzanti e
ingenerose.
Ma gli altri? Dovera lex-piduista Manca, punito con la presidenza della Rai, dovera il
ministeriale Formica, dovera il ferroviario Signorile, dove stava lonesto (!?) ex-sindaco di
Milano Aniasi, dove stavano i contestatori di oggi, quando lex-Tigre si faceva acclamare ai
congressi, regnava come un satrapo orientale sul partito, distribuiva i posti nelle Partecipazioni
statali, nelle banche, nelle amministrazioni locali, dentro le redazioni del giornale e nelle Tv
pubbliche e private? Facile, troppo facile e vile rispondere che allora non si poteva parlare, che il
Psi vinceva, che tutto sembrava andare per il meglio, sempre, comunque, allinfinito. Il carattere e
la moralit politica degli uomini si misurano proprio dalla capacit, dalla forza di sostenere
ostinatamente le proprie idee anche quando non conveniente farlo. Pensate, persino il simpatico
Pilli ha cercato di addossare al partito (e quindi a Bettino) la responsabilit delle mazzette che
ha riscosso in nome dellefficientissimo socialista di rito ambrosiano, trascurando il modesto
particolare che i magistrati stanno indagando anche sui patrimoni delle mogli, dei fratelli, delle
sorelle e di tutti i prestanome che costituivano la variegata fauna che il socialismo affarista degli
anni 80 ha fatto proliferare in tutta Italia. Daccordo, non c proprio molto da salvare di Craxi,
della sua disinvolta famiglia, dei suoi portavoce dallaria ebete, delle sue sputtanatissime teste
duovo, dei suoi replicanti in odor di manette, ma la denuncia del clima da basso impero da lui
instaurato non spetta a lor signori.
Laccusa, lordinanza di rinvio a giudizio davanti al Tribunale della Storia (ma ci accontenteremmo
anche solo di quello di Milano) la possono e la debbono sostenere tutti coloro che, in buonissima
fede, avevano creduto al progetto socialista, a coloro che avevano sperato, con Craxi e attraverso
Craxi, di poter mettere in crisi il fetido sistema di potere democristiano, quello, per intenderci, che
ci ha portato allattuale disastro. E poich, come diceva il buon vecchio Marx, la prima volta la
storia si manifesta con il dramma e quando si ripete diventa farsa, la smettano gli avversari interni
di Craxi di scimmiottare Forattini, - al quale, come sarcastico e sferzante osservatore delle vicende
italiane tutto consentito -, la smettano, dicevamo, di paragonare Bettino a Bettino con allusioni a
P.za Venezia, al 25 luglio, a Sal e a Piazzale Loreto. Ci obbligheranno, altrimenti, a vigilare
affinch, questa volta, lOro di Dongo non sparisca nuovamente. (16 ottobre 1992)
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DI COMANDANTI SCHETTINO E PIENA LA STORIA DITALIA


Di comandanti Schettino piena la storia dItalia. In politica, in guerra e in tutte le normali
vicende che hanno a che fare con lindustria, leconomia, la finanza, il giornalismo e la vita di ogni
giorno. Sempre. Lasciamo stare i fascisti, diventati in un giorno, il 25 luglio del 43, antifascisti (in
fondo quello era un dramma vero); parliamo di tutti gli altri, noti o meno importanti e non. Che
riescono rapidissimamente a cambiare opinione su fatti, persone, capi e capetti, capiufficio o
superiori caduti in disgrazia. Si buttano o scivolano sulla prima scialuppa disponibile (mai che
nuotino), per abbandonare la nave che affonda. Antico vizio italiano.Franza o Spagna purch se
magna. Soprattutto purch si continui a mangiare.
Negli anni precedenti Mani Pulite, avevo attaccato con mano pesante Craxi e i socialisti per le
loro porcherie. Lo avevo fatto nel parlamento e nel consiglio comunale di Milano. I socialisti allora
erano vincenti, potenti e arroganti. Che rubassero a man (quasi) salva lo sapevano tutti. I loro
complici degli altri partiti, gli (im)prenditori di successo, le tenutarie di salotti, i giornalisti alla
moda, i nani e le ballerine.Persino molti magistrati che si svoltavano dallaltra parte pur di non
vedere. Poi tutto cominci a traballare, ad annunciare il crollo imminente. E allora ecco i sottili
distinguo, le scissioni di responsabilit, gli scandalizzati ohib, le velocissime inversioni di
marcia. Tutti a buttare via le ciaramelle con le quali, fino al giorno prima, avevano modulato suoni
in onore del capo. Questa vigliaccheria italiana non mi mai andata gi. Ho sempre
istintivamente simpatizzato per i perdenti, i vinti, anche quando non si meritavano alcuna simpatia.
I vincitori del giorno dopo mi hanno sempre fatto schifo. Specie quelli intelligenti, i furbacchioni
con le tasche piene doro frutto del loro leccaculismo e del cinismo.
Quelli che prendono le distanze sempre il giorno dopo, mai il giorno prima.
Avevo allora sentito il dovere di non unirmi al coro, di non dare pugnalate al morto, di non
pisciare sul cadavere del nemico. Anche se era Craxi, non un cencioso talebano ucciso dalla civilt
superiore. Andava fatto subito, anche se molti non lo capirono.
Oggi la storia comincia a ripetersi. Berlusconi non morto, non (ancora) esule, non (ancora) in
galera, ma gi si avverte la puzza del si salvi chi pu!. E un allontanamento graduale ma
continuo, poco avvertibile ma ben presente: avete notato come se ne stanno schisci gli ex
animatori-scalmanati dei dibattiti televisivi?La presenza di Monti aiuta, ovatta, smorza, attutisce.
Ci si pu allontanare centimetro dopo centimetro: senza dare troppo nellocchio. Ci si riposiziona,
anche se si stati tra i maggiori beneficati, tra i signors in servizio permanente effettivo, tra gli
urlatori del meno male che Silvio c. Le prime interviste di sganciamento, le prime
dichiarazioni caute si avvertono gi. In attesa di capire la situazione, di vedere cosa conviene
fare. Solo la Mussolini sembra non capire. Ma lei, come noto, riesce ad avere torto anche nelle
rare volte nelle quali ha ragione.Per il resto, basta saper aspettare. Andr a finire che le sole che
non abbandoneranno il guitto di Arcore saranno proprio le puttane.
Spesso sono loro che possono dare lezioni di dignit.

Pavia 1954 - Goliardia

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2 - E ADESSO, CHI COMPRA BOT


UN BENEFATTORE?
Evviva! Finalmente labbiamo scoperto il bieco responsabile dello sfacelo dello Stato italiano e
della nostra economia; ora sappiamo chi ; ne conosciamo il nome e cognome, abbiamo in mano il
suo identikit fotografico, lindirizzo; siamo informati su cosa mangia, quanto beve, con chi solito
accompagnarsi. Ora possiamo esultare tutti assieme; possiamo unirci al Corriere e Repubblica, al
Giorno, al Giornale, alla Rai-Tv e a tutti coloro che in questi ultimi tempi, con encomiabile spirito
di servizio, si sono sacrificati per stanare il manigoldo. Il cialtrone risponde al nome di Bossi
Umberto da Varese, padre-padrone della Lega. Il mascalzone, oramai chiaro a tutti, mette a
repentaglio il nostro splendido futuro, attenta alla nostra vita, alla nostra sicurezza, vuole dilapidare
i nostri sudati risparmi, oculatamente investiti in Bot e Cct. Vogliono rovinare lItalia, sibila un
Craxi scamiciato e sudaticcio. Sono degli irresponsabili, sentenzia pannolone Spadolini
arrotando alcune decine di erre; Indaghi la magistratura milanese invece di perdere tempo con i
tangentomani, dicono i socialisti ed i democristiani: il presidente Amato si scaglia contro chi mette
in forse il pagamento degli stipendi e delle pensioni; il capo dello Stato si indigna (dopo essersi
consultato con la Madonna); persino lonorevole Mussolini (Alessandra) si dichiara disposta ad
offrire il petto per fermare lo sciagurato e spettinato figuro. La partitocrazia, logico, si difende
come pu: difende il suo passato (ignobile), il suo presente (fetido per il puzzo di Tangentopoli),
e il suo futuro (speriamo inesistente) e, magari nellattesa di poter mobilitare contro i leghisti
qualche settore (ovviamente deviato), dei servizi segreti, spara le munizioni che ha, ma non pu
pensare che tutti gli italiani siano degli imbecilli. E forse pazzesco infatti sostenere che indebitarsi
continuamente per pagare gli interessi su un debito di un milione e settecentosessantamila miliardi
non pu produrre alcun risultato positivo?
E folle sostenere che le risorse investite in titoli di Stato sono sottratte al sistema produttivo e a
cagione degli alti tassi dinteresse pagati producono una spirale perversa che riguarda il sistema
bancario, il sistema finanziario, il sistema industriale e in ultima analisi tutto il mondo del lavoro?
Costituisce reato dire che il meccanismo non pu andare avanti allinfinito e che, solenni
assicurazioni o meno, alla fine qualcosa dovr fatalmente accadere? E un attentato contro la
sicurezza dello Stato rivelare che - vecchiette e pensionati a parte - i pi assidui clienti delle
emissioni di Bot e Cct sono alcune grandi imprese, moltissime societ finanziarie e assicurative,
banche costrette a sottoscrivere, grandi evasori fiscali e persino riciclatori di danaro sporco? E
quanto alla asserita possibilit di non pagare le pensioni a causa dellincoscienza leghista, dove
sono finiti i fondi dellInps? Come tutti sanno, i lavoratori a reddito fisso ricevono circa la met di
quello che leffettivo costo (che brutta parola!) del loro lavoro, essendo laltra met destinata ai
cosiddetti oneri previdenziali tra i quali, appunto, anche le pensioni che concettualmente
costituiscono una retribuzione differita.
Questo vuole dire che lInps, i soldi li ha presi, e non li ha amministrati perch sono stati usati per
finanziare, oltre che la partitocrazia, la cassa integrazione: il che, in parole povere, significa che
quando, per esempio, una grande azienda produce degli utili questi vanno agli azionisti, mentre
quando tira aria cattiva essa ricatta lo Stato il quale per impedire i licenziamenti (che pur tuttavia ci
sono stati e ci saranno), attinge dalla cassa dellInps, che si accolla, in pratica, lonere dei risultati
negativi dellimpresa. C qualcuno (a parte Goria che notoriamente non capisce nulla) disposto a
sostenere che tutto ci sano, onesto e ci potr portare in Europa? E allora ci permettiamo
rispettosamente di dare un modestissimo consiglio al nostro presidente della Repubblica che
stimiamo per la sua personale onest: stia molto attento a ringraziare i sottoscrittori di Bot, perch
tra questi, tra coloro che investono, non poche decine di milioni, ma somme enormemente pi
grosse, potrebbero esserci grandi evasori, abili riciclatori e incalliti tangentocrati.

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Sappiamo tutti che, giunti a questo punto, forse indispensabile continuare a finanziare i
bancarottieri, ma perlomeno non si pretenda che sia fatto in nome dei santi principi della
democrazia e dei sacri valori della nazione. Questo, solo questo, pensiamo di poterlo pretendere. (20
ottobre 1992)

E LA FINANZA GLOBALE, BELLEZZA!


IN VENTANNI E CAMBIATO QUALCOSA?
La storia dei BOT e dei CCT sempre stata attuale, anzi attualissima. Allora cera la lira, oggi c
leuro e, in aggiunta, lo spread. Per il resto tutto uguale; in peggio.
Il cosiddetto debito pubblico aumentato - nonostante gli strilli di Berlusconi sulle responsabilit
del passato - dai 1200 miliardi del 2001 ai 1900 di oggi. Nonostante che, i corifei dellutilit
delleuro, ci avessero assicurato che con la moneta unica e la conseguente stabilit dei tassi, lo
avremmo sicuramente tagliato.
Sotto sotto, laumento del debito faceva comodo a tutti.
Si distribuivano piccoli favori a tanti per poter rubare meglio in pochi.
Pensioni dinvalidit false, posti farlocchi distribuiti attraverso politici, mafie e camorre, appalti
lottizzati che assicuravano clientele elettorali stabili; un groviglio inestricabile che garantiva
tangenti, corruzione, finanziamenti semiocculti e affari pilotati. Cosentino docet.
Un sistema immenso. Cos si spiegavano i ristoranti sempre pieni, le vacanze costose, i fine
settimana di lusso, gli orologi di marca, le macchinone, le barche, E le amanti.
E, magari, i conti in banca allestero.
Un tempo i BOT li compravano soprattutto gli italiani: vecchiette e pensionati in prima fila. Poi
sono arrivate le imprese e abbiamo scoperto che molte, moltissime tangenti venivano pagate in
BOT. Come la maxitangente Enimont transitata allo IOR Vaticano, tramite Bisignani, lo scopritore
politico della Santanch.
Anche la mafia operava allo IOR attraverso i BOT con Ciancimino. Provato, accertato.
Poi sono arrivati gli stranieri a comperare il debito: banche, assicurazioni, fondi pensione.
E la finanza globale, bellezza!
Ora, dopo la crisi che non cera, dopo lusciremo prima e meglio degli altri, dopo la crociera
da sogno su una Las Vegas galleggiante, siamo finiti sugli scogli. E se gli altri (Germania) non
ci aiutano, non potremo nemmeno pagare gli stipendi agli statali. A meno di non licenziarli.
E cambiato qualcosa in ventanni?

Pavia 1955 Una riunione dellorganismo universitario

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3 - CARO SILVANO LARINI,


TI CONVIENE COSTITUIRTI
Conosco Silvano Larini da molti anni. Adesso ho saputo che negli ambienti pubblici milanesi
veniva comunemente chiamato Ladrini. A me non ha mai chiesto nulla, n io avevo qualcosa da
chiedergli. Mi sempre stato simpatico, non solo perch era uno dei rari socialisti che sapevano
stare a tavola (ora si scoperto che ci sapeva stare in tutti i sensi), che sapeva vestire, che non
portava i calzini corti e le braghe a cagarolla, ma anche perch conversando con lui, si avvertiva
che, sotto sotto, disprezzava la politica (questa politica) e gli uomini politici, molto probabilmente
perch li aveva conosciuti bene. Li usava e accettava di essere usato ma poi spariva per i fatti suoi,
in Polinesia, nellisola di Cavallo con il suo amico Pompeo Locatelli e Vittorio Emanuele, a St.
Moritz o a St. Tropez. Non so dove possa essere in questo momento e, soprattutto, non so se sia
ancora vivo. Sperando che lo sia, affido al buon cuore di qualche suo amico in grado di contattarlo,
questa lettera.
Caro Silvano, ci siamo incontrati per caso in via Monte Napoleone 15 giorni prima che tu decidessi
di scomparire dallItalia.
Eri con tua moglie Viviana e mi hai offerto da bere. Ricordo, e quando ci ripenso non posso
trattenere le risa, che ti dimostrasti meravigliato e scandalizzato per la portata, la vastit e la
profondit dei fenomeni di mal costume e corruzione che stavano emergendo dai primi risultati
dellinchiesta dei magistrati di Mani Pulite.
Sembravi tranquillo (era quasi sicuramente la tranquillit apparente che esibisce il buon giocatore di
poker) e ricordavi che ormai da molti anni avevi abbandonato ogni incarico riconducibile allattivit
politica. Conservavi, mi dicevi, le amicizie (ovviamente eccellenti), con Bettino, Silvio e don
Salvatore, ma tutto ci non ti impediva di vedere che il sistema (il sistema politico-affaristico,
economico italiano) era ormai giunto alla frutta.
Poi eravamo in estate sei sparito.
Da quel momento le voci sulla tua latitanza si sono accavallate. Chi ti diceva in Polinesia, chi a
Cavallo, a Santo Domingo con Manzi, in Ecuador, in Brasile, a Parigi, a St. Tropez, a Ginevra, a
Francoforte.
Probabilmente se proprio stato ovunque (i mezzi per compiere questo giro del mondo non ti
mancano) e io non avevo nessuna difficolt a immaginarti in ognuno di quei posti perfettamente a
tuo agio, sia in pareo sia in smoking, in flanella grigia o in mutande da bagno. Sempre con quel tuo
sorriso sardonico e ironico di chi abituato alle cose del mondo, ai vizi e alle debolezze degli
uomini, siano essi piccoli o grandi. Era persino simpatica questa tua latitanza dorata e
necessariamente protetta da quelli che avevi contemporaneamente munto e introdotto nella stanza
dei bottoni.
Sapevo anche che, se ti avessero preso, ti saresti rivelato un osso pi duro dei vari colleghi che
avevano gi varcato la porta del Grand Hotel S. Vittore. Diamine! Tu non eri mica un quaquaraqu
qualunque! Tu eri nella condizione di dimostrare di quale pasta fatto un avventuriero moderno, un
pirata del 2000, un craxiano doc.
In fondo, mi dicevo, per giustificare questa irrazionale simpatia, si tratta solo di denaro, delle
solite tangenti della cui esistenza tutti erano informati e che tutti accettavano o subivano, anche se
ora fanno finta di essere scandalizzati e sorpresi, come una vergine vogliosa che se lo trova in mano
per la prima volta.
Sembrava tutto nella norma, insomma, secondo lormai collaudato copione del dramma-farsa di
Tangentopoli.
Adesso, per, ti confesso che sono molto preoccupato per la tua sorte. Un conto la mazzetta, la
tangente, laffare, la concussione o la corruzione. Altra cosa - questa, s, veramente torbida e
pericolosa - la trama politica che entra dentro quellItalia dei misteri e dei complotti che si pi
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volte macchiata, oltre che con la melma maleodorante del denaro, anche con il rosso colore del
sangue.
Se tu, come pare, sei dentro allaffare del Conto Protezione, allora la faccenda si fa spessa.
Il Conto Protezione chiama in causa Calvi, Gelli, forse Sindona, la Massoneria internazionale, i
Servizi, i tentativi di conquistare il controllo dei mezzi di informazione, il petrolio di EniPetromin e cento altre cose che sono dannatamente pericolose.
Certo, Turatello morto. Epaminonda un desaparecido, altri personaggi che vivevano nella
zona grigia formatasi a Milano per il contatto tra la politica e la malavita sembrano spariti, ma gli
interessi che sono in gioco sono talmente importanti da suscitare apprensione e sospetto.
Per questo, se fossi nei tuoi panni e, soprattutto, se fossi ancora vivo, sarei infinitamente meno
preoccupato dai Di Pietro, Colombo, Ghitti e Davigo, di quanto lo potrei essere per le reazioni di
altri, che non sono sicuramente garantisti quanto i giudici milanesi, alla faccia di quanto pensa, o
finge di pensare, il tuo amico Bettino. Se posso permettermi di darti un consiglio, caro Silvano,
affrettati, se ancora lo puoi fare, a presentarti al pi vicino posto di frontiera per consegnarti alla
giustizia preferibilmente tramite i carabinieri. Perderesti la tua libert, ma, ne sono convinto,
acquisteresti la tranquillit sulla tua vita. E anche noi, interessati come siamo a conoscere la verit,
saremmo pi sereni. Pensaci e decidi in fretta, Silvano. (30 gennaio 1993)

IL LATITANTE PSI CHE TORNO IN ITALIA


PERCHE AVEVA VOGLIA DI PIZZA.
Quando ho scritto questa lettera aperta, Silvano Larini uno dei protagonisti di Mani Pulite nel
campo delle tangenti PSI - era latitante.
Si scoperto dopo che se ne stava beato, pancia al sole, sulla sua barca in Polinesia.
Ma allora qualche preoccupazione cera.
Troppo importanti e anche torbide erano le vicende che conosceva. Troppo alta la posta in gioco.
Intorno al PSI di Milano in quegli anni giravano tipi poco raccomandabili. Le discoteche milanesi
di quel tempo, i loro proprietari o gestori, i loro abituali frequentatori.
Dopo il rapimento del figlio di Antonio De Martino (rapimento che spalanc le porte della
segreteria a Bettino), il giudice istruttore Giorgio Della Lucia accert che in quel rapimento ebbe
un ruolo anche Francis Turatello. Per aiutare Craxi.
Turatello non era socialista organico, come non lo erano Angelo Epaminonda, Ugo Bossi o
Franchino Restelli. Ma a Milano il PSI contava molto. E anche loro. Casuale che entrassero in
azione anche dopo il rapimento Moro?
Erano in molti a pensare che Larini fosse in pericolo di vita.
Invece no; trattava con Di Pietro; forse gli faceva sapere in anticipo a quali domande avrebbe
potuto dare una risposta e a quali no.
Conosceva tutto di tutti e, da intelligente quale era e ancora , sapeva di cosa poteva parlare e fino
a che punto.
Ne venne fuori un accordo. Una notte a San Vittore e una giustificazione da antologia: Sono
rientrato in Italia perch avevo voglia di una pizza
Credo sia stata una quattro stagioni.

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4 - MEGLIO GLI INESPERTI


DEI MANEGGIONI
Amen! Ite, missa est!. Non c niente di tragico, crisi impensabile: cos il nostro presidente
Oscar Luigi Scalfaro da Novara. Ma come? Il ministro di Grazia e Giustizia viene messo sotto
inchiesta, tre ministri - (Goria, Conte e De Lorenzo) - sono indagati e altri (come Reviglio), sono a
rischio. Segretari di partito collezionano avvisi e richieste di autorizzazioni come se fossero
francobolli, voci lambiscono persino le cariche istituzionali dello Stato, almeno met degli attuali
deputati della Repubblica quando vedono un carabiniere hanno un attacco di tachicardia, e il nostro
Oscar, con una battuta degna del miglior Raimondo Vianello, non ci vede nulla di tragico? Cosa
intende per tragedia il Signor Presidente? Non pensa che, voler ostinatamente credere che dal
letamaio si possa uscire salvando il vecchio sistema, altro non faccia che aggravare ulteriormente la
nostra situazione? Come pu ritenere il pio Oscar che crisi economica, crisi morale, crisi
istituzionale, lotta alle criminalit organizzate (il plurale voluto), risanamento del nostro costume,
possano essere risolti da questi signori che ancora oggi ci fanno prediche? Davvero pu pensare che
Amato, con quella sua aria da schiacciapidocchi possa continuare ancora per molto? Grande
scalpore ha suscitato la decisione del Parlamento olandese di consentire, in taluni casi, la dolce
morte. Comprendo le motivazioni morali che un cattolico praticante quale Scalfaro deve opporre
a questa scelta, ma, nel nostro caso, ci troviamo di fronte a un esempio di accanimento
terapeutico che , al pari delleutanasia, odioso e deprecabile. Sono tra coloro che avevano accolto
lelezione di Scalfaro con grande simpatia. Anche se sono un peccatore e un cattivo, anzi
pessimo, credente mi ero detto che chi aveva il coraggio di girare per tutta la vita con il distintivo
dellAzione cattolica al bavero della giacca non poteva che appartenere alla schiera dei
controcorrente, per la quale nutro spiccata predilezione. Ma come possibile che per non voler
ammettere quello che sotto gli occhi di tutti, Scalfaro debba condannare tutta quanta lItalia a
questo penoso psicodramma? Non si rende conto che se ci fosse un generale con - non dico tutte e
due le palle ma almeno con una - avrebbe gi rispedito tutti quanti a casa a calci tra gli applausi
degli italiani? Conosco le obiezioni: salto nel buio, assenza di riforme istituzionali, rischio di
avventurismi. Ma si pensa per davvero che la situazione possa ancora reggere a lungo? Si pensa
veramente che il governo Amato sia nelle condizioni di imporre la stangata che si profila
allorizzonte? Si crede sul serio che le tensioni sociali che si manifesteranno potranno essere
affrontate da questi signori? E ancora: un Parlamento con i Forlani, i Gava, i De Mita, i Cirino
Pomicino, i Craxi pu dare una risposta alla questione morale, nel senso indicato da Gherardo
Colombo? Salto nel buio?
La politica come la natura che ha orrore del vuoto; meglio delle persone nuove, inesperte, magari
impreparate dei solidi maneggioni, di tutti quelli che hanno respirato laria mefitica delle segreterie
dei partiti. E, naturalmente, questa necessaria ventata di novit deve riguardare anche gli altri
settori: lindustria, la finanza, il sistema bancario, gli enti, leditoria, il commercio, la pubblica
amministrazione, la giustizia. Allinizio ci sarebbero errori, imprecisioni, difficolt? Chi se ne
frega! Purch, finalmente, i ladri, i cretini, gli arruffoni, gli incompetenti siano posti nelle
condizioni di non nuocere. Poi verr il nuovo, e potr essere un altro Rinascimento. Ma ora tutti a
casa! Subito. (17 febbraio 1993)

UNA NORMA DI POCHE RIGHE PER RIFORMARE I PARTITI


Negli ultimi ventanni i partiti, tutti i partiti, si sono auto-sciolti almeno una decina di volte.E
continuano a farlo. Per sopravvivere. Sotto mentite spoglie. Sono degli zombi che sgusciano
fuori dalle loro tombe per radunarsi con altri zombi. Nelle sicure aule parlamentari, nei dibattiti
televisivi, nei convegni. Si insinuano in bare denominate auto blu, divorano (i denti sono rimasti
aguzzi) i finanziamenti pubblici, pudicamente ribattezzati rimborsi elettorali, e i posti che
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possono rendere direttamente con i compensi o, indirettamente, con le tangenti, a Roma come in
qualsiasi comunello dItalia. Cambiano nome, ragione sociale (come le ditte, appunto),
organigrammi, si trasformano come fazzoletti colorati nelle mani di un prestigiatore.
Fingono di esistere e, purtroppo, finiscono per esistere davvero.
Hanno capi carismatici (?) che nominano senatori, deputati, consiglieri regionali (i listini bloccati
per far posto alle Minetti), componenti dei Cda, consulenti, affaristi, membri delle fondazioni
bancarie e coltivano mediati rapporti con le mafie di tutti i generi.
Che diritti hanno gli iscritti? Nessuno. Chi rispetta gli statuti? E i congressi (quando si fanno) sono
liberi?Inutile chiederselo: tutto predisposto prima, dagli interventi addomesticati alla scontata
acclamazione del leader.
Nellindifferenza generale, con la complicit dei media, e nella scontata disistima della stragrande
maggioranza degli italiani che pensano che la politica sia una cosa sporca, inutile in cui emergono
solo i leccaculo, i parenti, i parenti dei parenti, i furbetti e gli arrivisti.
Eppure! Eppure basterebbe poco, anzi pochissimo. Una minuscola aggiunta allart. 49 della
Costituzione che testualmente recita: Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in
partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
Ecco laggiunta: I partiti devono registrarsi presso lapposito ufficio centrale, secondo le norme
di legge. E condizione per la registrazione che gli statuti dei partiti sanciscano un ordinamento
interno a base democratica. I partiti registrati hanno personalit giuridica, condizione essenziale
per la partecipazione alle campagne elettorali. Punto.
Prevengo la naturale obiezione. Lo so che norma analoga prevista dalla Costituzione per i
sindacati allart. 39 e non mai stata attuata con la complicit di tutti, anche di coloro che urlano
a difesa della Costituzione. Non sarebbe questa una battaglia di vera civilt e di consapevole
partecipazione?Si potrebbero trascinare i dirigenti di un partito (o di un sindacato) in tribunale per
violazione dello statuto, per mancanza di libert interna, per chiedere che i bilanci siano autentici e
documentati. E, per i sindacati, si potrebbe poi anche invocare lattuazione dellart. 46 per il
coinvolgimento dei lavoratori nella gestione aziendale. Pensate che rivoluzione! Vera, seria,
democratica e costituzionale. Altro che rivolte, insurrezioni, e sollevamenti inconcludenti. Proprio
per questo, partiti e sindacati non lhanno mai voluta e mai la vorranno. Amen!

Pavia 1956 Nencioni e Servello

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5 - QUELLA VOLTA CHE INCONTRAI


GORIA E GLI DIEDI DUE CEFFONI
La lettera di Goria sul Il Giorno di quel 19 luglio 1989 non lavevo ancora letta. Fu un giornalista ad
avvisarmi che cera quella lettera nella quale il signor Nessuno con la barba, mi definiva
denigratore e diffamatore (e non era vero), e soggetto da clinica psichiatrica, giudizio questo
condiviso anche da colleghi del mio stesso Gruppo (e questo invece era vero). Letto il pezzo decisi
di passare ad immediate vie di fatto non appena lo avessi incontrato.
La sorte volle che lincontro avvenisse di l a poco, nel Transatlantico di Montecitorio. Lo vidi
attraversare il salone. Lo affrontai, e dopo essermi tolto lanello con lo stemma della mia famiglia
per non arrecargli danni fisici, ed apostrofandolo come bancarottiere, peculatore, massone e
verme (tutte cose vere) gli mollai due sonori ceffoni.
Se li prese e se li tenne.
Lepisodio traeva origine dalla complessa vicenda della Cassa di risparmio di Asti risalente al 1976
che, proprio in questi mesi , finalmente, arrivata nelle aule del Palazzo di Giustizia di Milano.
Cerano voluti anni ed anni, (eravamo in altri tempi ed in altro clima) per far riemergere quello
scandalo dalle tonnellate di sabbia sotto le quali era stato seppellito con la colposa connivenza di
settori della magistratura astigiana e le avevo tentate tutte, ma proprio tutte: dalle interrogazioni alle
conferenze stampa, dai volantinaggi a Milano e a Asti (mi ero persino trasformato in uomo
sandwich davanti a Montecitorio), alle denunce e alle querele.
Ora, quella sua lettera a Il Giorno mi forniva una ulteriore ghiotta occasione per non far dimenticare
quei fatti.
La mia, lo confesso, fu una azione fredda, lucida e premeditata. Sapevo benissimo che correvo il
rischio di passare per un violento (ed infatti il mio amico Mughini mi bacchett simpaticamente
dalle colonne de Il Giornale), ma mi fu fin troppo facile ricordare tutti i nobili precedenti che lo
schiaffo vanta nella storia.
Forse, lunica vera ed autentica obiezione al mio gesto venuta molti anni dopo da Vittorio Sgarbi
che, con il gusto del paradosso che lo contraddistingue, mi ha rimproverato per aver nobilitato, con
quei ceffoni, una faccia che non lo meritava.
Adesso il ragionier Goria (quello dei bolli della patente, delle vacanze alle Comore, delle tasse per i
poveretti che non possono evaderle, della bislacca idea di tassare le autovetture ferme in strada di
notte) se ne torna alla Camera di commercio di Asti dalla quale in aspettativa dal 1976. Non
infierir su di lui, non noter che le sue dimissioni sono tardive ed in stretta vicinanza con un avviso
di garanzia (o un arresto?) per la vicenda dellOspedale di Asti.
Se un ladro, lo come tanti e la cosa non pu destare stupore. Il grave consiste, invece, nel fatto
che uno incapace come lui possa aver fatto il ministro del Tesoro e persino il presidente del
Consiglio. Per questo dovrebbero essere processati e condannati tutti quelli che gli hanno consentito
di gonfiarsi come la classica rana della favola.
Gli italiani, dalle Alpi alla Sicilia, accoglieranno con applausi convinti la sua uscita di scena. Io
guardo a lui con sincera e profonda piet. Pensate un po: quando si prese gli schiaffi non sapeva
neppure perch li stava prendendo! La lettera a Il Giorno, infatti, laveva scritta il suo addetto
stampa, Tiziano Garbo, e lui, il ragioniere di Asti, non laveva nemmeno letta. (20 febbraio 1993)

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IN CONFRONTO A QUELLI CHE SON VENUTI DOPO, VA RIVALUTATO


Lo confesso: non sono orgoglioso di quel fatto.Prima di tutto perch Goria morto
prematuramente. Secondo, perch lorigine di tutta la vicenda bancaria e non, le implicazioni
truffaldine dei protagonisti e gli avvenimenti successivi, hanno disegnato un quadro profondamente
diverso e differenziato.
Non ho avuto torto sul fatto specifico larticolo su Il Giorno firmato Goria ma redatto, a sua
insaputa, da tale Tiziano Garbo, implicato nelle vicende di Tangentopoli , ma sul merito della
questione.
Rimane il fatto che ottenni visibilit pi per quel ceffone che per iniziative pi penetranti che
coinvolgevano ben altre situazioni. Ma i media fanno quello che vogliono e, soprattutto, stanno
zitti quando gli interessi in gioco sono altri. E quando un singolo crede di battersi per linteresse
collettivo ma, in realt, lotta da solo contro i mulini a vento.
Goria, paragonato a quelli che lo hanno seguito, pu essere rivalutato. Ma, come si suol dire: con
il senno di poi

Pavia 1958 Comizio con Nicola Romeo

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6 - SAR IL TERRORISMO MAFIOSO


A DARE UNA MANO AI VECCHI PARTITI
E proprio vero che il sistema in disfacimento non pi in grado di dare risposte a quanto
accaduto, accade e accadr ancora, a seguito di Tangentopoli?
cos sicuro che nessuno sia pi nelle condizioni di contrastare leffetto domino che si
determinato a partire dal fatidico 17 febbraio 1992? Non parliamo, ovviamente, di risposte
politiche. La risposta politica alla quale alludeva Di Pietro, e prima di lui Gherardo Colombo, non
verr dal sistema e abbiamo la netta sensazione che i giudici dovranno rassegnarsi a faticare ancora
per molto tempo.
Ci di cui invece abbiamo timore che possano venire altre risposte; risposte nel solco della
tradizionale capacit del sistema di mobilitare, nei momenti pi delicati e pericolosi, tutto
larmamentario di apparati palesi e occulti che, nel passato, sono serviti a distogliere lattenzione
della gente comune dalle manifestazioni pi evidenti e nauseanti dello sfascio che ci stava davanti.
Bombe, terrorismo, criminalit organizzata, massoneria, complicit internazionali hanno costituito
gli strumenti per alimentare quella strategia della tensione permanente creata, alimentata e utilizzata
per allontanare la resa dei conti.
Ora, certo, la situazione del tutto diversa da quelle che abbiamo vissuto nel passato. Ma al Sud?
Al Sud la Lega non ha ancora saputo o voluto darsi una organizzazione efficiente. C, vero, la
Rete che potrebbe essere credibile se non fosse per una persistente mentalit catto-leninista che
finisce o finir per limitarne moltissimo la possibilit di aggregare tutti coloro che, pur essendo
uomini-contro, non intendono (politicamente) battezzarsi, cresimarsi, fare la prima comunione e,
magari, contrarre vincolo di matrimonio per la vita intera. E c anche il Msi, apparentemente in
grado di raccogliere la protesta, ma troppo partito nel senso vecchio e tradizionale del termine e
troppo condizionato da vecchi tromboni e giovani trombette per poter diventare il soggetto politico
nuovo della politica meridionale.
E in questo quadro politico e sociale, profondamente disgregato da quarantanni di politica
clientelare retta a mezzadria tra partitocrazia, criminalit organizzata e affarismo imprenditoriale,
che sono possibili e ipotizzabili estremi e pericolosi conati per prolungare lesistenza del malaffare
di sistema che ha condizionato la nostra storia pi recente.
I sintomi ci sono tutti. E il caso Contrada, con tutti gli altri Contrada ancora non scoperti, la dice
lunga sui lavoretti di tanti apparati dello Stato che, quando vengono presi con le mani nel sacco,
diventano deviati, ma tali non sono e non sono mai stati perch rispondevano perfettamente a una
certa logica di esercizio e di mantenimento del potere.
Ci preoccupano anche certe denunce sulle possibili riedizioni del terrorismo rosso o nero al Sud
come quella del ministro Mancino che, in una certa ottica, sembra essere la ricerca preventiva di un
alibi per quello che potrebbe accadere. Parliamoci chiaro: da Portella delle Ginestre, allassassinio
di Giuliano, dalla morte di Mattei ai tanti suicidi eccellenti (uomini dei servizi, Sindona, Calvi
ecc.); dai misteri di Ustica ai servizi nelle mani delle varie P2; dalla mafia alle stragi dichiarate
mafiose come quelle di Falcone, di Borsellino e degli uomini delle scorte o dello stesso Lima,
attribuiti a quello straccio di uomo che risponde al nome di Tot Riina ci hanno abituati a tali e
tante nefandezze, da nutrire il fondato sospetto che sia proprio il Sud il nuovo terreno di
sperimentazione di una nuova strategia della tensione in grado di far ingoiare agli italiani qualche
soluzione di sistema per Tangentopoli. Non un mistero per nessuno che al Sud stanno arrivando
dai posti pi disparati armi ed esplosivi. Lo denuncia il dottor Vigna da Firenze. Si alimenta
lipotesi di un nuovo separatismo (chi lo farebbe? con quali mezzi? con quali scopi?), da
contrapporre al discorso federalista della Lega e che servirebbe a spaventare i benpensanti al Nord e
a ricondurre sotto le ali della partitocrazia i sudditi del Sud.

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Il nostro stato per cinquantanni un Paese a sovranit limitata, crocevia dei peggiori intrighi dei
servizi segreti di tutto il mondo. E cos peregrino immaginare che lultima difesa del ridotto della
partitocrazia si combatter proprio nel Meridione dItalia? (1 marzo 1993)

IL LEONE PAOLO BORSELLINO, LE JENE E GLI SCIACALLI


Minuscoli frammenti di verit su quella tragica stagione della nostra storia recente stanno uscendo
tra enormi difficolt.
Gli eccidi di Capaci e di via DAmelio, le stragi nel resto dItalia, le trattative di Cosa Nostra
con lo Stato. Coinvolti politici e futuri tali, apparati dello Stato a mezzo servizio, trafficanti e
profittatori. Le prove non cerano e, forse, non ci saranno mai. Ma io non ero un magistrato, non
avevo bisogno delle prove e dei riscontri.
Mi bastava un minimo di conoscenza della politica e di alcuni fatti della nostra storia. A
cominciare dallo sbarco degli anglo-americani in Sicilia. Me lo aveva insegnato Beppe Niccolai,
che gi da tempo aveva messo in fila tutti i fatti, gli avvenimenti, i retroscena.
Paolo Borsellino, intervenendo a Siracusa ad una manifestazione del Fronte della Giovent nel
1991, ricordando un magistrato ragazzino che era stato ucciso sullautostrada, dopo che era
uscito dallauto (non blu), inseguito nei campi e freddato a colpi di pistola, disse: Non si uccidono
cos nemmeno i conigli.
E, invece, cos si uccidono anche i leoni. Come lui. Poi arrivano le jene e gli sciacalli.

Pavia 1963 Con Franco Petronio e Lello Della Bona, uno degli inventori del Bagaglino, quello vero.

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7 - SCIOGLIETE LE VOSTRE
ASSOCIAZIONI A DELINQUERE
Se Bonjour Tristesse Martinazzoli e il dottor Benvenuto (a Santo Domingo), possedessero ancora
un briciolo di buon gusto e, soprattutto, una parvenza di amore verso questo Paese, chiederebbero
alle reti Rai di loro rispettiva spettanza un quarto dora di tempo per annunciare agli italiani la
decisione di autosciogliere i loro partiti.
Qualche anno fa, lallora deputato radicale Gianluigi Melega, si fece espellere dallaula di
Montecitorio per avere urlato che si doveva mettere sotto processo la Dc perch era una
associazione per delinquere. Fu presa come la solita becera provocazione radicale.
Ora sappiamo che Melega era rimasto abbondantemente al di sotto della realt, non contestando al
partito di maggioranza relativa il 416 bis del Codice penale che contempla, appunto, lassociazione
per delinquere di stampo mafioso. Facciamo un po di conti.
Andreotti, luomo simbolo di cinquantanni di potere, indagato per collusioni mafiose, Gava, ex
ministro dellInterno indagato per associazione camorristica nonostante i numerosi by-pass fatti a
Houston (Texas, Usa), Cirino Pomicino, ex ministro del Bilancio idem come sopra, il vice
presidente della Camera DAcquisto, sospettato di collegamenti mafiosi, e potremmo proseguire
allinfinito, per non parlare di quel rottame politico che diventato il Psi dellex lider maximo
Bettino (Turatello, Epaminonda e compagnia cantante non vi dicono nulla compagni socialisti?) e di
quelle cacchette di mosca che sono Pli, Pri e Psdi. Avevamo netta la sensazione che i nostri (si fa
per dire!) rappresentanti a Montecitorio soffrissero della famosa sindrome della moglie cinese che,
come noto, devi picchiare appena arrivi a casa dato che tu non sai perch la stai menando ma lei
sicuramente s, ma mai avremmo pensato che gli strilli che avevano lanciato per linchiesta sul
cosiddetto voto di scambio servissero, in realt, a tentare di impedire che si facesse un po di luce su
altre pi sostanziose vicende. Intendiamoci bene: non che noi riusciamo a immaginare Andreotti
che si fa pungere il dito da qualche mafioso per il giuramento di sangue (con il rischio Aids, poi!)
o che bacia sulla bocca (che schifo...!) qualche altro coppoluto, ma che lex divino Giulio possa
essere stato il supremo garante di quel patto tra spezzoni di Stato, mondo politico e mafia che ha
contrassegnato 50 anni di vita italiana e le cui radici affondano negli accordi presi ai tempi dello
sbarco alleato in Sicilia, questo non soltanto credibile ma del tutto evidente. Ci viene alla mente il
volto teso, grigio, livido di Andreotti al funerale di Lima. Non cera commozione, come qualcuno,
frettolosamente scrisse in quella occasione, bens paura e preoccupazione. Il messaggio contenuto
nella morte di Lima era arrivato a destinazione e chi doveva capire aveva capito. Quando Andreotti
elenca i meriti suoi e del suo governo nella cosiddetta lotta alla mafia, altro non fa se non spiegare
le ragioni vere della morte di Lima. Lui e il suo governo non erano pi nelle condizioni di
assicurare impunit alle cosche. Il clima stava cambiando. Carnevale non poteva pi fare il bello e il
cattivo tempo alla Cassazione, si stava manifestando un cambiamento di clima in Sicilia e in tutta
Italia, gli equilibri internazionali (il cui garante era stato per decenni proprio lui) stavano saltando.
Ma quelli non vollero o non poterono capire e gli buttarono tra i piedi il cadavere di Lima e poi,
tanto per far comprendere che facevano proprio sul serio, arrivarono le uccisioni di Falcone e
Borsellino, Non basteranno i patetici ritrattini sulla sua devozione religiosa, sulle Pie Suore di
Cortina, sulla sua frugalit (a tavola), sulle sue battute di spirito, ad allontanare dal suo capo e dalla
sua schiena curva il peso dei segreti, le ombre del sospetto.
Ragazzi miei, qui si tratta dei pi sanguinosi misteri dItalia, da Sindona a Calvi, da Pecorelli a
Dalla Chiesa, dalluso dei servizi segreti nelle stragi ai tanti fantomatici golpes agitati come
spauracchio, dal ruolo della massoneria alle grandi operazioni finanziarie internazionali.
Siamo stati governati da bande di ladri e di assassini che si sono riunite in associazioni denominate
partiti politici e che hanno dettato le leggi in questo nostro povero Paese a loro piacimento e senza
rischiare nulla. Adesso se ne vadano tutti a casa e, magari, qualcuno in galera. Ci liberino della loro
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presenza, non ci importunino pi con le loro dichiarazioni, con i loro grugni, con la loro finta
pensosit. Non ci facciano pi sapere se vanno a messa allalba o se sono premurosi con la famiglia
(anche i padrini lo erano), se leggono gli Atti del Concilio di Trento o se tifano per la Roma.
Sciolgano le loro Associazioni per delinquere denominate partiti politici e lascino che
spontaneamente, autonomamente i cittadini si organizzino per governarsi e per rifondare lo Stato.
(31 marzo 1993)

PER LEGGERE LA STORIA, QUELLO


CHE GIA SAPPIAMO BASTA E AVANZA
Quelli del 93 non erano pi i vecchi partiti che avevano pi o meno felicemente vissuto allombra
della cortina di ferro per circa cinquantanni. Tuttavia ne conservavano, almeno in parte, la
struttura. Segretari nazionali eletti da congressi formalmente aperti, direzioni nazionali, comitati
centrali, direzioni regionali, provinciali, cittadine.
Lo scheletro era quello anche se la polpa era stata intaccata da Mani pulite.
Si cercavano uomini apparentemente nuovi, facce presuntamente pulite o, quantomeno non ancora
infangate. Si proclamava di essere e di voler essere estranei al malaffare. Si ammetteva persino di
aver rubato per il partito, per far vivere gli apparati, per reggere la concorrenza.
Per questo, si diceva, abbiamo speculato su ogni affare, su ogni opera pubblica, su ogni catastrofe.
Le campagne elettorali costavano. Era la democrazia, bellezza!
Brutta storia, anche se non la pi brutta.
Quella schifosamente brutta era la collusione tra il potere, cio lo Stato rappresentato, anzi
occupato dai partiti, e le cosche, le famiglie mafiose.
Era una storia che andava avanti da mezzo secolo; dallo sbarco degli anglo-americani in Sicilia
insieme a Lucky Luciano; dai padrini diventati subito sindaci dei comuni siciliani e poi di quelli
calabresi e campani.
Stato e mafia, Salvatore Giuliano e Gaspare Pisciotta, Portella della Ginestra e i sindacalisti
ammazzati, il sacco edilizio di Palermo e quello di Napoli, Sindona, Andreotti, Lima e Ciancimino,
la morte di Mattei e quella di Calvi, lo IOR e la Banda della Magliana, i procuratori di Palermo
uccisi e il Prefetto Dalla Chiesa.
E ancora: le stragi, tutte le stragi, anche quelle politiche.
Solo deviazioni, depistaggi, isolate infedelt di uomini delle istituzioni?
O, invece, normalit della gestione del potere in Italia?
Tre procure quella di Palermo, quella di Firenze e quella di Caltanissetta stanno faticosamente
indagando sulle stragi del 93-94 e sulluccisione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Da ventanni la verit ufficiale, quella dei garantisti a senso unico alla Carnevale e alla Cicchitto,
ci vuol far credere che Tot Riina e il suo gruppo di sanguinari analfabeti, sapessero del valore
simbolico dei Georgofili, del Velabro e del Museo di via Palestro a Milano.
Loro, che non sapevano distinguere un chiesa da un supermercato e un libro antico da un fumetto
di Topolino.
Per i processi, sicuro, ci vogliono le prove. Ma per leggere la storia, quello che gi sappiamo
basta e avanza.

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8 - DIETRO LA TRUFFA DEI TITOLI


FALSI, LE FACILI FORTUNE
DI FINANZIERI E IMPRENDITORI
Ignoro di quali prove dispongano gli inquirenti che hanno indiziato di reato lex ministro della
Giustizia Claudio Martelli. Personalmente, per quello che pu valere, lo ritengo estraneo ai fatti che
gli vengono contestati. Certo non gli giova, sul piano della credibilit, latteggiamento che ha tenuto
per anni sulla famosa vicenda dellarcifamoso Conto Protezione e le ripetute, indignate smentite
condite con rituali querele. Neppure gli giova quella specie di corte dei miracoli che per anni si
trascinato appresso. Sono persino portato a pensare che qualche componente della corte suddetta,
venuto a conoscenza delloperazione titoli fintamente rubati, si sia lasciato tentare dalla possibilit
di farsi un bel gruzzolo facile facile. E cos sarebbe avvenuto se un magistrato svizzero, alquanto
curioso, non avesse ficcato il naso nelle operazioni di quel pittoresco quartetto italiano che stava
visitando le banche del suo Paese. Ma su questo ciascuno di noi pu pensarla come meglio crede.
Quello che, invece, mi preme moltissimo, anche alla luce della mia passata esperienza
parlamentare, la effettiva volont di accertare alcune verit proprio partendo da questo episodio,
che altro non se non uno dei tanti episodi di smercio di titoli di credito apparentemente rubati, o
autenticamente falsi, che hanno costellato la storia criminal-politico-finanziaria della prima
Repubblica.
Rispondendo a una serie di mie interrogazioni parlamentari, diversi ministri del Tesoro hanno
consegnato agli atti del Parlamento la prova che in questo Paese, gi pesantemente afflitto dal
debito pubblico vero, espresso cio dalla valanga di Bot e Cct che tutti conosciamo, esiste un debito
sommerso e parallelo, determinato dal commercio e dal traffico di titoli falsi o rubati con la
complicit di talune banche, che sono stati alla base di molte inspiegabili improvvise fortune
economiche e anche politiche. Non esisteva praticamente nessuno, dicevano quelle risposte, in
grado di dire, con assoluta certezza, che i titoli fossero autentici o contraffatti. Gli acquirenti di tali
titoli, si aggiungeva, dovevano affidarsi unicamente alla correttezza e alla capacit degli operatori
del settore. Acqua fresca, insomma! Forse proprio per questa ragione che, da qualche tempo, le
banche non consegnano pi materialmente questi titoli ai clienti, i quali ricevono in sostituzione
delle semplici attestazioni di deposito. Qualche concreto segnale, tra laltro, di questo, come
chiamarlo? Mercato parallelo?, in passato cera gi stato. Ricordate limprovvisa e inspiegabile
fortuna del cosiddetto finanziere Franco Ambrosio? Quello che si era comperato per contanti la villa
Mondadori a Portofino? I titoli falsi erano stati piazzati presso il Banco di Roma per la Svizzera
italiana e cera andato di mezzo un semplice funzionario che aveva pensato bene di togliere il
disturbo suicidandosi sotto un treno che gli aveva portato via la testa.
Ricordate i titoli falsi trovati nello studio del noto avvocato Vilfredo Vitalone, fratello del pi
noto ministro (con la m minuscola per favore!) Claudio, ex magistrato (sempre con la minuscola),
nel porto delle nebbie della procura di Roma negli anni 70 e strenuo difensore dellex divo
Giulio? E quelli ritrovati nella vettura di un avvocato romano molto vicino al demitiano ingegner
Elveno Pastorelli, responsabile della Protezione civile dopo il terremoto in Irpinia? E ricordate il
tentativo di scalata alle Assicurazioni Generali compiuto dalla Sasea di Fiorio Fiorini e di
Leonardo Di Donna (sempre loro!), con un pacchetto di titoli falsi?
Potrei andare avanti ancora per molto, ma credo che per ora possa bastare.
Quello che necessario chiedere ai magistrati di andare effettivamente fino al fondo di questa
vicenda. Magari indagando su chi, di nomina politica, era il responsabile del Banco di S. Spirito
allepoca dei fatti e che si sempre distinto per i prestiti facili concessi agli uomini del potere come
il simpatico sla Ciarrapico. Potrebbero magari scoprire che i 360 miliardi di titoli di credito
rubati, dopo essere stati negoziati in Svizzera, dovevano rientrare in Italia per essere messi a
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disposizione della Dc e del Psi. Potrebbe essere persino una buona notizia per Martelli, il quale,
unaltra volta, guardi un po pi in l delle, magari appetitose, chiappette di una Kollbrunner
qualsiasi. (22 aprile 1993)

GRAZIE A INTERNET, OGGI E TUTTO


TECNICO, VELOCE, PULITO, ANONIMO
Quattro avventurosi personaggi, tra i quali anche una procace tedeschina, visitano numerose
banche svizzere offrendo titoli, non si mai capito se veri o falsi, risultati poi rubati.
Un magistrato vuole vederci chiaro e il quartetto finisce nei guai. Viene tirato in ballo Claudio
Martelli. Lui non centra niente. Il suo solo legame con lavvenente tedeschina e, come si sa,
lavvenenza giustifica tutto.
Autenticamente falsi erano i BOT trovati nello studio dellavvocato Vilfredo Vitalone, fratello
dellex ministro e magistrato sodale di Giulio Andreotti, anche nel processo per lomicidio
Pecorelli. Falsi anche i BOT trovati per caso nellautovettura delling. Elveno Pastorelli,
responsabile della Protezione Civile (eh s! gi allora) per il terremoto in Irpinia. Quel sisma
distrusse paesi interi ma serv evidentemente per qualcuno a costruire anche una villa con
piscina a forma di cozza.
Le Generali furono costrette a sostituire da un giorno allaltro i titoli delle loro azioni con altri
nuovi di pacca. Qualcuno (Leonardo Di Donna e Florio Fiorini) stava tentando la scalata alle
Assicurazioni di Trieste con titoli farlocchi provenienti da una dotazione in possesso di un
celebre ricchissimo finanziere franco-libico-libanese.
Da quel tempo le banche non consegnano pi materialmente i titoli (BOT, CCT e quantaltro) ma
solo attestazioni di deposito. Tutto comunque finito nel dimenticatoio e, come spesso avviene nel
paese di Pulcinella, chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato. Il passato gi scordato.
Oggi non servono pi titoli (veri o falsi) da mettere a garanzia o a deposito.
Oggi c Internet, ci sono le banche daffari, ci sono le compulsive operazioni di compra e
vendita con le quali, guadagnando pochissimo per ogni transazione, ma ripetendole centinaia di
volte nellarco della giornata (borsistica), si guadagna bene e non si paga nemmeno un cent di
tassa. E la religione del Dio Mercato.
Tecnico, veloce, pulito e anonimo.

Pino Romualdi Luomo che invent il MSI

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9 - ATTENTI, PER LA COSA NERA


ORMAI TROPPO TARDI
Sorrido, rido, anzi, sghignazzo. Dopo la tramvata presa con il referendum elettorale (cerano
persino dei dirigenti missini che giuravano sulla vittoria del no), il giovane replicante di
Almirante ha fatto uscire allo scoperto il suo addetto stampa per lanciare il ballon dessai
dellautoscioglimento e della costruzione di una Cosa, di destra, nera o tricolore con Cossiga,
Costa, Fisichella e non so bene chi altro. Fino al referendum, aveva dovuto accontentarsi di quella
macchietta da bar di provincia dellex assessore di Milano Piergianni Prosperini (figlio prediletto di
Odino, come si autodefinisce), del pensionato di professione Fatuzzo, noto per aver tentato di fare
una lista con Moana Pozzi e di pochi altri. Sorrido, rido e sghignazzo perch, quando, quattro anni
or sono, lanciai la provocatoria proposta dellautoscioglimento in una intervista al Giornale di
Montanelli, fui trattato dai miei ex amici come un pazzo, un traditore che voleva svendere il
patrimonio di famiglia. Persino quando, pi timidamente, qualcuno avanz lidea di promuovere,
per una tornata di elezioni amministrative, liste aperte alla societ civile, magari rinunciando al
simbolo, il giovane replicante tuon personalmente dalle colonne di tutti i giornali italiani per
accusare Rauti di voler spegnere la fiamma.
Adesso troppo tardi. I segnali, per me chiarissimi, di crisi della partitocrazia che si erano
manifestati dopo il 1989, si sono trasformati in un vero e proprio terremoto che finir per travolgere
tutti, ma proprio tutti i partiti del vecchio sistema, compresi quelli di finta e onanistica opposizione.
C sempre stata nel Msi una irrefrenabile tendenza a sbagliare nella valutazione dei fatti politici e
nella conseguente scelta di campo, che non pu essere attribuita soltanto al caso o al destino cinico
e baro. Una sorta di attrazione fatale per tutto ci che sapeva di stantio, di conservatorismo gretto,
sciatto e bigotto, condito, talvolta, con un populismo daccatto che nulla aveva a che vedere con lo
slancio vitale, trasgressivo, irriverente e futuristicamente moderno di quel primo fascismo che aveva
attratto ed incantato i giovani che si affacciavano alla ribalta politica e culturale del ventesimo
secolo. La storia del Msi, almeno quella che comincia con lingresso in carcere del personaggio che
lo aveva immaginato, inventato e voluto e che aveva, da latitante e con una condanna a morte sulle
spalle, trattato financo con i dirigenti comunisti dellepoca, lamnistia per i fascisti della Rsi,
bluffando sul loro numero, sulla loro determinazione e sul loro armamento, una storia di occasioni
volutamente mancate. Fino agli ultimi anni della sua vita Romualdi si chiese, purtroppo
inutilmente e sempre pi rassegnatamente, chi effettivamente dirigesse e indirizzasse le scelte del
movimento. E un discorso che, prima o poi, dovr essere fatto, visto che si cominciano a
dischiudere gli armadi della prima Repubblica. E un discorso che riguarda le influenze massoniche,
i rapporti con i servizi, con determinati centri di potere, gli atteggiamenti, ora rivoluzionari, ora
allineati e coperti col sistema e i suoi uomini pi rappresentativi, in nome di un anticomunismo
viscerale ed ottuso che faceva ingoiare qualsiasi rospo. In materia referendaria, poi, il Msi riuscito
sempre a collocarsi dalla parte sbagliata, ponendosi in aperta dissonanza con i mutamenti della
societ italiana. Divorzio, aborto, scala mobile, finanziamento dei partiti, adesione ad ogni
provvedimento repressivo, ora lassurda e antistorica difesa della proporzionale madre di tutte le
lottizzazioni tangentocratiche. Quasi che il fascismo fosse stato una appendice armata e rumorosa
del papato.
Ci vorrebbe (ci vorr) un libro intero per ripercorrere le tappe di questa lunga marcia del cosiddetto
neofascismo italiano verso gli angoli pi bui e impresentabili della conservazione, con gli
immancabili corollari della doppia verit e della doppia morale: quella pubblica e quella privata.
Non divorziate! Ma i capi lo facevano e lo fanno! Non abortite! Ma se proprio lo dovete fare, fatelo
di nascosto magari con i cucchiai doro! Non scopate! O se lo fate non fatevi scoprire! E via
ingannando. Pubblicamente si urlava contro Andreotti, salvo correre in suo soccorso in seno alla
commissione inquirente e a mantenere proficui rapporti con Ciarrapico. Nelle piazze si incitavano i
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giovani a muoversi per scaricarli non appena si muovevano. Si inveiva contro lo Stato e ci si
metteva mentalmente sullattenti alla parola questore o prefetto. I generali? Sempre valorosi,
anche se oramai ridotti a impiegati dello Stato che aspettavano il 27 del mese per lo stipendio. E
poi, pena di morte per tutti! Semplici, doppie, triple. Adesso il giovane Fini si accorge che il suo
partitello chiesa rischia di scomparire. Vorrebbe fare qualcosa, ma non sa bene cosa, come e con
chi. Sono disposto a giocarmi un paio di cose che mi sono estremamente care che non potr fare
nulla, Sono gi insorte le vestali: la signora Raffaella Stramandinoli, in arte donna Assunta vedova
Almirante, le venerande e inutili cariatidi e la giovane Mussolini, approdata recentemente alla
politica, alla quale vorremmo rammentare che, nonostante tutto o nonostante tette, per la trebbiatura
del grano a torso nudo, riuscirebbe a suscitare maggior entusiasmo il nonno. Lautoghettizzazione
ha sempre costituito un comodo alibi per questo strano partito, nel quale hanno malamente
convissuto e continuano a convivere programmi e idee completamente opposti che si paralizzano a
vicenda. I comodi alibi e i sicuri rifugi adesso non ci sono pi, cos come non c pi il ruolo di
fiancheggiamento (per essere buoni) della Dc. Se, dopo 50 anni, lunico obiettivo quello della
pura sopravvivenza di una piccola nomenklatura, francamente mi sembra poco, troppo poco.
Requiescat in pace! (28 aprile 1993)

CARO FINI, LA POLITICA VERA E ANCHE CORAGGIO E VERITA


Di cose, di tutti i colori, ne sono accadute parecchie in questi venti anni. Non le potevo certo
prevedere quando, nel 1993, scrissi questo pezzo. Anche se avevo visto e sentito lo stato
confusionale nel quale si trovava la cosiddetta destra politica italiana.
Essa veniva dal MSI, un partito con una storia politica non indegna, anche se pi apparente che
reale. Specie per i suoi rapporti con molti apparati e servizi di un sistema del quale diceva di voler
essere lalternativa.
Con quellarticolo, allora, volevo descrivere le contraddizioni e la mancanza di coraggio politico
che, di quella cosiddetta destra, avevano caratterizzato vita e scelte.
Lanno seguente ce ne sarebbe stata una ancor pi deleteria: lalleanza stretta e duratura con il
piccoletto di Mediaset e i suoi interessi economici.
Per poi giungere, diciassette anni dopo, allefficace ma tardivo: Che fai? Mi cacci?.
Gianfranco Fini ha avuto lindubbio merito di arrivare allo strappo, ma anche lindubbia colpa di
arrivarci troppo tardi. Quasi oltre la decenza.
Certo, le aveva provate tutte: lauto-scioglimento, Fiuggi e Alleanza Nazionale, Segni e
lElefantino, la coccinella, fino alla confluenza nel PdL sul predellino di San Babila.
Posti, potere, ministeri, visibilit, erano importanti, ma senza una vera politica non valgono quasi
nulla.
Che politica si poteva fare, se non quella di una destra becera e incolta, con i La Russa, i Gasparri,
i Matteoli, e le Santanch?
Non vedevano lora di mettersi al servizio del miliardario erotomane.
Poi finita come finita.
Talvolta la politica, quella vera, anche coraggio e verit.

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10 - LORO DI CIAMPI,
UNA PATACCA LUCCICANTE
Caro direttore, ammettilo: in un primo tempo anche tu ti sei lasciato affascinare dalla cosiddetta
novit dellesperimento Ciampi. La grancassa dei mezzi dinformazione, quasi tutti controllati dai
gruppi di potere economico che, fino a ieri, avevano formato un blocco unico col sistema politico
della tangente, dellillegalit e del furto di giustizia e di verit, aveva finito per assordare un po
tutti anche coloro che solitamente hanno gli occhi e le orecchie ben aperti. Ho visto che non hai
tardato ad accorgerti che non era oro quello che riluceva, ma che si
trattava,
pi
semplicemente, dei luccichii di una patacca di oro matto. Si trattava - speriamo che il tentativo sia
naufragato o stia per naufragare - di unabilissima mossa orchestrata dal campanaro, con il
consenso di fortissimi settori economici, preoccupati di difendere i loro sporchi interessi, e con la
complicit colpevole o colposa del Pds, abbagliato dalla possibilit di arrivare, finalmente, nella
stanza dei bottoni. Se loperazione fosse arrivata in porto ci saremmo sorbiti questo Parlamento,
questi partiti vecchi o riciclati, non so poi quanto tempo ancora. Ciampi fuori dalle logiche dei
partiti? Ma quando mai! Anche un bambino sa che non si diventa governatore della Banca dItalia,
(unica carica che, tra laltro, a vita), se non si corrivi con il sistema politico. Ciampi strenuo
difensore della lira? Ma se ha bruciato in pochi giorni le nostre riserve valutarie non rendendosi
conto che la svalutazione era inevitabile, opportuna e, se mai, doveva essere fatta prima. Ciampi
uomo inflessibile e severo nei confronti del sistema di potere politico bancario? Quante banche,
casse di risparmio, casse rurali, autentici santuari del potere politico criminal-mafioso, sono state
commissariate dal suddetto, anche in presenza di scandali che gridavano vendetta al cospetto di dio,
seppur soltanto del dio danaro? Proprio in questi giorni, osservando i salti di gioia dei tanti che in
Italia si esibivano in glorificazioni entusiastiche del grigio signore di via Nazionale, mi sono
ricordato di un episodio, significativo, anche se apparentemente, ma solo apparentemente, poco
rilevante, venuto fuori al tempo dello scandalo della Bnl di Atlanta (ma lo scandalo era com noto
di tutta la Bnl). Venne fuori, e ne feci oggetto di una interrogazione parlamentare (com ingrato,
caro Vittorio, il ruolo di Cassandra!), che la sede della Bnl di New York, era diventata una specie di
rifugio dorato e confortevolissimo per parenti illustri di personaggi illustri o presunti tali. Cera un
parente di Cossiga, ce nera uno, udite, udite! di Misasi e cera pure il rampollo di Carlo Azeglio
Ciampi. Fin qui nulla di male. E legittimo, comprensibile, persino giusto che un figlio voglia
seguire le orme paterne anche se la storia piena di esempi contrari, di figli, cio che pur di fare
quello che desideravano, hanno rinunciato a vite confortevoli e si sono fatto un culo tanto. Un
pochino pi sospetto che il rampollo Ciampi si sia scelto una banca tanto cara ai socialisti e agli
imprenditori (o prenditori?) loro amici. Ma passi anche questo: non si tratta certo di un delitto.
Ma che faceva Ciampi junior a New York? Ogni tanto saliva su un aereo e, dopo un volo di poco
pi di unora, sbarcava nellisola di St. Marteen nei Caraibi. Non per una meritata vacanza dopo lo
stress newyorkese, ma per trasferirsi immediatamente sullo yacht di Rosario Spadaro. E chi c...o
questo Spadaro? Un cliente di rispetto della Bnl? Un imprenditore dai molti interessi? Sicuramente
s, visto che da piccolo imprenditore messinese, si trasformato in un imperatore di alberghi e
casin. Ma anche conoscente e amico di personaggi quali Tano Corallo (arrestato per traffico di
stupefacenti nel 1988 e legato alla mafia dei casin), Edoardo Collini, la cui famiglia controlla i
casin di Atlantic City, e gli scomparsi (uno dei quali per lupara), cugini Salvo, uomini donore
amici di Salvo Lima e andreottiani di sicura fede.
Ciampi junior prima neg, poi, di fronte allevidenza, fu costretto ad ammettere e, naturalmente,
parl di una macchinazione, di un complotto (anche lui) contro il padre. Ma se Spadaro era una
persona al di sopra di ogni sospetto (in rapporti, tra laltro anche con Ligresti e Prandini), perch
ostinatamente negare una innocente crociera? Tutto questo per dire che il signor Ciampi, con tutti i
suoi tecnici (attenzione a esaltare il governo dei tecnici, i quali non possono e non potranno mai
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surrogare la politica ma, semmai, supportarla), era soltanto lalibi, lo strumento per traghettate il
vecchio nel nuovo salvandone tutte le prerogative, i poteri o la forza di conservazione. Per fortuna
arrivato il Craxi day che non stata una tragedia ma solo una farsa, a far scoprire i giochi infami
che, dietro il paravento dei signori in grigio, stavano per essere attuati. Adesso altre mascalzonate
non possono essere tentate. La sacrosanta indignazione popolare non lo consentirebbe. (8 maggio
1993)

CON LE BANCHE MEGLIO AVERE GRANDI E NON PICCOLI, DEBITI


Se si facesse uno dei tanti sondaggi che ogni giorno ci sommergono dalle pagine dei giornali e
dagli schermi della TV, la stragrande maggioranza degli italiani risponderebbe direbbe che la
Banca dItalia la banca dello Stato italiano. E sbaglierebbe, tratta in inganno dalla prestigiosa
dizione sociale.
La cosiddetta Banca centrale infatti, posseduta da altre banche private e da privatissime societ
assicuratrici. Cio da soggetti privati che, del tutto legittimamente in questo sistema liberista e
mercatista, operano in settori che si occupano anche di editoria, immobili, autostrade, scarpe e
finanza. Un colossale groviglio di interessi, spesso in palese apparente conflitto, nel quale alla fine
non si capisce pi nulla. Forse, anzi, fatto proprio per questo.
In questa zona tenuta volutamente in grigio, si sono consumati scandali di ogni genere, per lo pi
completamente ignorati dai mezzi dinformazione proprio a causa degli interessi di cui dicevamo.
Immancabili protagonisti banche e banchieri.
Uno di questi, molti anni or sono, in un momento di sincerit mi confid: Se hai un piccolo debito
con una banca, questa ti inseguir fin oltre la tomba. Ma sei hai un grandissimo debito, potrai
dormire sonni tranquilli. Nel peggiore dei casi appronteranno un piano di salvataggio. Se ti hanno
dato tanti soldi vuol dire che qualcuno di importante ha detto di darteli.
In questi ultimi anni nulla cambiato e nulla poteva cambiare. Furbetti dei quartierini,
immobiliaristi venuti dal nulla (o dalla Magliana), mafiosetti ripuliti, prestigiose scalate bancarie
fatte con laiuto del Governatore, crediti e fidi concessi facilmente, porcherie, insomma, di ogni
genere.
I personaggi sono sempre gli stessi o dello stesso tipo: compaiono, scompaiono, ricompaiono. Alla
Bisignani.
Ventanni fa il figlio di Carlo Azeglio Ciampi, divenuto Padre della Patria, faceva crociere con
Rosario Spadaro, intimo di Tano Corallo, il re dei casin mafiosi di St. Marteen. Sempre venti anni
fa, il simpatico Ponzellini, figlio di una commerciante di mobili bolognese, iniziava la sua
carriera con Prodi allIRI e alla Nomisma per diventare poi boss della Banca Popolare di
Milano. Dopo parecchi giri di valzer, dal centro-sinistra al centro-destra, tra gli applausi della
Lega.
Questo suo nomadismo non gli vieta di concedere prestiti multimilionari al sudista Francesco
Corallo, figlio del ricordato Tano, e alla sua societ di slot machine che ha come sponsor
politico il deputato del Pdl (volutamente non uso il termine onorevole) Amedeo Laboccetta.
Napoletano doc e oggi pelato, appunto come una boccetta, ma dotato di una fluente chioma ai
tempi in cui lo avevo conosciuto.
Questi tipi percorrono strade diverse ma finiscono sempre per incontrare, nei momenti che
contano, una categoria che amo definire: quelli della grana.
Come i personaggi di Boardwalk Empire di Atlantic City, la serie televisiva prodotta da Martin
Scorse e recentemente trasmessa da SKY TV.
Non per nulla, uno dei protagonisti della Corallo Story un tale che si chiama Edoardo Collini
e, con la Famiglia, controllava i casino di Atlantic City.
Vai a vedere il caso!

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11 GIULIO ANDREOTTI,
LA SALAMANDRA DELLA REPUBBLICA
Adesso finalmente lo sappiamo! Avevamo un bel dannarci lanima per cercare di capire perch
Andreotti si sia dato tanto da fare, durante questi cinquantanni, per stare sempre e comunque al
governo. Fame o sete di potere? Ingordigia di onori e privilegi? Voglia smodata di benessere
materiale? Femmine e champagne? Nemmeno per sogno! E sbaglierebbe anche chi pensasse che lo
ha fatto, come si usa dire, per essere utile al suo Paese, che poi anche il nostro, o perch si sentiva
investito di una missione, ovviamente divina. Niente di tutto ci. Si trattato pi semplicemente del
tentativo di battere un record. Lo diciamo noi? Nossignore, lo confessa proprio lui, il gobbo in
persona, nel suo Block Notes su LEuropeo di questa settimana. Sentite: Sono al sesto posto
nella classifica di durata dei presidenti italiani. Ma se passer alla storia, voglio evitare che la mia
biografia si concluda con una gravissima patente negativa. Che sarebbe quella di referente politico
dellOnorata Societ. Ecco allora quale era la molla della perenne, frenetica agitazione andreottiana
per entrare in ogni ministero. Voleva arrivare al podio: al terzo o al secondo posto e, magari a Dio
piacendo, anche al primo. Ora possiamo apprezzare appieno e fino in fondo la sua filosofia.
Ricordate? Limportante era tirare a campare, durare per durare. A qualunque costo. Questa sua
semplice e brutale filosofia labbiamo purtroppo provata sulla nostra pelle per decenni. Andreotti
riusciva ad andare daccordo con tutti: comunisti, fascisti, moderati, estremisti, galantuomini,
lestofanti, marchettari, preti, asceti e puttane. Facendo sponda tra Usa e Urss, facendo lo slalom
speciale tra arabi e israeliani, barcamenandosi tra i servizi segreti di mezzo mondo che avevano
fatto dellItalia il terreno di scontro delle loro sporche manovre, questo tipico prodotto da seminario,
senzaltra vocazione che lesercizio del potere fine a se stesso, riuscito, come una salamandra, ad
attraversare tutte le stagioni della prima Repubblica. Se fosse il personaggio di una spy story,
sarebbe senzaltro un agente doppio, o anche triplo. E forse lo stato per davvero. Ha lasciato fare
ai suoi uomini: Lima, Ciancimino, Vitalone, Cirino Pomicino, Sbardella, Ciarrapico. I suoi
portaborse, i suoi banchieri, i suoi famigli te li trovavi dappertutto, implacabili come le tasse o
linfluenza. E tutti a fare le peggiori puttanate. E lui, zitto, senza mai porsi una domanda, senza
cercare di sapere se tra le mille cose che si dicevano sui suoi chiacchieratissimi amici, ve ne fosse
una, una soltanto che fosse vera. Se ci troviamo nella cacca fino al collo, se siamo allo schifo che
conosciamo, gran parte della responsabilit sta proprio in questo modo andreottiano di concepire la
politica. Un colpo al cerchio e uno alla botte. Uno allEst e uno allOvest. Uno a destra e uno a
sinistra. Uno alla mafia e un altro allantimafia. E magari qualche colpo daltro tipo, qualche
botto e na tazzulella e caf. Oggi si preoccupa di poter passare alla storia come amico dei
mafiosi. Lo dir lindagine che sta per cominciare. O forse non arriver a nulla: si sa come possono
andare a finire queste cose.
Ma, per fortuna nostra e di tutto quanto il popolo italiano, il senatore a vita Giulio Andreotti ,
politicamente, morto. Poi, se la vedr con la storia. Quella con la maiuscola. Ma dubitiamo che il
giudizio complessivo sulla sua persona possa, per lui, essere gratificante. Le vie del Signore sono
infinite. Proprio come dice Tot Riina. (14 maggio 1993)

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CHISSA SE PROVERAALMENO UN CRISTIANO PENTIMENTO?


Di Andreotti crediamo di sapere quasi tutto. Quasi. Un quasi vasto come un oceano. Dentro ci
stanno i misteri della prima repubblica e anche qualcuno della seconda. Ce li possiamo
immaginare e non abbiamo bisogno neppure delle prove. Ci bastano i nomi dei suoi amici, sodali,
capibastone, faccendieri, protetti. Lima, Ciancimino, Vitalone, Sbardella, Ciarrapico, Sindona,
Evangelisti, Caltagirone. Nomi che sono una garanzia, grani di un rosario della sua vita, dello
Stato italiano, identificato nella storia della D.C.
Oggi Andreotti un vecchio di 92 anni ed impietoso parlare male dei vecchi. Ma chiss se, nella
sua mente legittimamente confusa, nel ribollire dei suoi pensieri e ricordi, trova posto qualcosa che
assomiglia a un cristiano pentimento.
Potremmo accontentarci solo di questo. Anche se preferiremmo un pentimento laico, e civile nei
confronti degli italiani.

Milano 1972 Campagna elettorale

Milano 1972 Una delle solite discussioni con la Madama

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12 PER ZIO SAM SIAMO


CARNE DA MACELLO
Alla fine sono arrivati anche i morti. Forse ce li aspettavamo, forse era inevitabile. Quando si decide
di mandare un corpo di spedizione, anche se selezionato e preparato come quello formato dai par
della Folgore e del Col Moschin, in un Paese dilaniato da una feroce guerra tribale come la Somalia,
non ci si pu stupire se questo finisce per avere un costo. Piuttosto dobbiamo cogliere questa tragica
e dolorosa occasione per mettere sul tavolo in maniera brutale qualche storica e oramai ineludibile
questione. Che riguarda la nostra dignit nazionale, il senso di alcuni decenni della nostra politica
interna ed internazionale ed il nostro ruolo nel mondo nuovo e difficile che abbiamo ereditato dal
crollo del comunismo. La classe dirigente che ci ha governato per cinquantanni, oltre ad essere
formata in gran parte da ladri ed in molti casi da assassini, possedeva una irrefrenabile vocazione a
rendersi serva degli interessi altrui. Erano servi i comunisti che prendevano soldi e ordini da Mosca,
ma altrettanto servi erano gli altri che obbedivano allimperatore americano. Siamo stati un Paese a
sovranit limitata, la lontana provincia dellimpero i cui proconsoli erano talmente proni ad ogni
volere del padrone da meritare solo danaro e disprezzo. I nostri servizi segreti erano praticamente
una succursale di quelli occidentali e lItalia il crocevia di tutti gli affari pi sporchi, il terreno di
sperimentazione delle trame pi infami. In una sola occasione, a Sigonella - e questo dobbiamo
riconoscerlo a Craxi - abbiano avuto un sussulto di orgoglio e di dignit nazionale. Per il resto ci
siamo accodati sempre, supinamente, acriticamente alle decisioni dellalleato americano, anche
quando queste non coincidevano con i nostri interessi e con quelli dellEuropa. La manifestazione
plastica di questa nostra servile impotenza era fisicamente fornita dai vari ministri della Difesa che
si sono succeduti nel tempo. Gobbi, ladri, obesi, criptorchidi o con la faccia da fesso come lattuale.
Dovevano rappresentare la nostra vocazione ad essere un popolo di mandolinisti, di maneggioni, di
imbroglioni, di azzeccagarbugli. E di affaristi. Che commerciavano tutto con tutti. Anche le armi.
Non per nulla pende a Milano un processo intentato dal generale Aidid contro Craxi, Pillitteri e soci
per una tangente non pagata su una fornitura di armi. Magari le stesse che sono servite per uccidere
i nostri ragazzi. Tanto, si pensava allora, non saremo mai chiamati ad impegnarci in prima persona.
Per questo cerano gli americani. Come in Corea, come nel Vietnam. Non capendo o fingendo di
non capire che gli americani riescono sempre a combinare dei casini spaventosi. Quando perdono,
ma anche, e forse soprattutto, quando vincono. Per esempio nel Medio Oriente. Dove hanno
mobilitato una invincibile armata per difendere la libera e nobile democrazia del Kuwait e, per
questo, hanno ammazzato solo duecentomila iracheni. Ovviamente in nome della libert e dei
diritti umani. Come quelli dei curdi i quali, nel frattempo, vengono tranquillamente perseguitati e
massacrati in Turchia, in Siria e in Iran sotto locchio benevolo delloccidente civilizzato. Il quale
vorrebbe, su suggerimento americano e delle lobbies finanziarie internazionali, dare vita ad un
Nuovo ordine mondiale, una sorta di governo planetario benedetto da quel consesso di
imbroglioni e di briganti che diventata lOnu, specializzata nellavallare tacitamente ogni
iniziativa americana. Vedi lultimo bombardamento missilistico su Baghdad: un attacco a freddo
che ha rivalutato ed esaltato come un esempio di squisita civilt lattacco giapponese a Pearl
Harbour. Solo i vaccari del Texas o i contadini della Louisiana possono sul serio credere che
Clinton non abbia agito per ragioni di politica interna e per fare dimenticare le sue gaffes e quelle di
Hillary. Un bel cazzotto al punching ball Saddam ma neanche una piega per il massacro nella ex
Jugoslavia. Per forza: l non sarebbe una esercitazione tecnologica come nel Golfo. L si
rischierebbe grosso. E neanche in Somalia Clinton muore dalla voglia di andarci. Deve prima
leggere i sondaggi per sapere quale ritorno interno potrebbe avere. In Somalia, invece, noi ci siamo
ma non contiamo nulla. Come i pakistani (bellidea averceli mandati!), carne da macello, esecutori
di ordini il cui significato ed i cui obiettivi ci sfuggono. Nessun pietismo di maniera, sintende,
nessun piagnucolamento pacifista, nessun mammismo. In Somalia ci siamo e probabilmente, ci
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dovremo rimanere. Da protagonisti, per, in grado, cio, di far pesare il nostro parere e la nostra
sensibilit europea e mediterranea. Per aiutare i Somali e per aiutare noi stessi. Per dare un esempio
di moderna solidariet a tutti i popoli del Corno dAfrica. Per spingerli ad essere veramente liberi;
liberi dalla fame, dal sottosviluppo e dalla carit pelosa. E per liberarci, finalmente, dal complesso
della sconfitta e dalla cupidigia di servilismo che hanno contraddistinto cinquantanni di politica
estera italiana. (17 luglio 1993)

NOI ITALIANI, SERVI DA SECOLI


La servit non una condizione solo materiale; anche, e soprattutto, una condizione dello spirito.
Noi italiani, servi lo siamo da secoli. Simpatici, folcloristici, sbruffoni e inaffidabili. Sempre e con
tutti, specie quando vincono. Ci affrettiamo subito a proclamare che abbiamo vinto con loro, specie
le guerre che abbiamo perso.
Pretendiamo anche di insegnare come ci si comporta. E, quando seguiamo gli americani nelle loro
avventure imperialistiche, per carit, proclamiamo che siamo in missione di pace e ci stupiamo se
c un prezzo da pagare. In morti, come normalmente accade nelle guerre. Anche in quelle che oggi
si fanno e non si dichiarano.
Per le guerre americane, poi, abbiamo una particolare propensione. Invece, se si trattasse dei
francesi, non parliamo dei tedeschi e persino degli inglesi, innalzeremmo invalicabili distinguo.
LEuropa ce labbiamo sempre sulle labbra. Sempre solo a parole, a meno che non si tratti di
quella della finanza, dei burocrati, dei diagrammi, dello spread.
LEuropa, dal punto di vista militare, ci va bene solo quando rappresentata dagli americani o
dalla NATO, che la stessa cosa. In Iraq, in Afghanistan o anche per spezzare le reni alla Serbia.
Ci siamo adagiati nella comoda pigrizia delle missioni internazionali di pace, nella proclamata
e confortevole verit politicamente corretta della difesa della nostra sacra sicurezza contro i feroci
talebani che volevano la nostra distruzione.
Persino ora che i talebani stanno vincendo o, perlomeno, non possono pi perdere, anche adesso
che gli americani meditano di andarsene quanto prima, continuiamo a proclamare che manterremo
i nostri impegni.
Naturalmente di pace, di insegnamento della nostra bella democrazia, di esportazione della nostra
civilt superiore. Quella della Coca Cola, delle puttane e del traffico di oppio.
E solo la nostra civilt quella che conta; solo il nostro progresso quello che vale; solo la
nostra cultura quella significativa.
Non ci dice nulla il fatto che l non sia mai riuscito nessuno a vincere? N gli inglesi, n i russi,
figuriamoci gli americani.
E allora continuiamo ad essere carne da macello, a costituire alibi per gli interessi altrui, a
giocare i piccoli giochi della sub-diplomazia occidentale.
La mano sulla bara quando ci scappa qualche morto. I soliti rituali. Gli applausi fuori dalle chiese.
Il minuto di silenzio negli stadi, anche se qualcuno fischia o batte le mani.
Poi tutti a mangiare una pizza.
Sono diventato forse anarchico, anti nazionale, antipatriottico?
Probabilmente s: il fatto che mi accontenterei solo di un po di dignit.

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13- E ADESSO SI FACCIA PULIZIA


DI TUTTE LE TOGHE CORROTTE
Il mio vecchio amico Pannella, a volte petulante, altre indisponente, sempre stimolante, prima di
passare al silenzio stampa amava ripetere che linchiesta su Tangentopoli non sarebbe stata
credibile fino a che, oltre ai politici ladroni, agli imprenditori corruttori, ai tangentomani di
professione, non fossero finiti in galera anche dei magistrati. Non c alcun dubbio, infatti, che se il
sistema della corruzione partitocratica ha potuto alimentarsi ed espandersi per oltre 40 anni in Italia,
ci non sarebbe potuto avvenire senza la connivenza dei vertici del sistema giudiziario. Adesso che
un alto magistrato finalmente finito in galera, non vorremmo che la coscienza (sporca) di molti si
sentisse a posto e Diego Curt diventasse il parafulmine su cui scaricare responsabilit che sono pi
estese e pi elevate. Curt un magistrato corrotto come ce ne sono, probabilmente, tanti altri a
Milano come a Roma, a Napoli come a Palermo. Magistrati che si sono venduti e che si sono
arricchiti operando soprattutto in quel particolare settore dei procedimenti civili, delle sezioni
fallimentari dei tribunali, nei quali gli interessi in gioco sono giganteschi e gli attori che si agitano
sulla scena sempre gli stessi, siano essi magistrati, periti, curatori fallimentari o consulenti di
professione. I nomi di questi signori sono sulle bocche di tutti quelli che frequentano le orde della
cosiddetta giustizia civile o dei lettori di tante strane riviste specializzate in diritto fallimentare.
Ma il problema non questo o, per lo meno, non solo questo. Curt in galera e ci sta bene cos
come ci stato bene quellinfamone di Palladino ex titolare di uno studio legale con quellaltro bel
soggetto dellex senatore comunista Maris. Ma gli altri? Tutti quei procuratori della Repubblica dei
vari tempi che hanno sistematicamente ignorato quanto accadeva sotto i loro occhi o che si sono
attivati per insabbiare, mettere nei cassetti le documentate e circostanziate denunce che un ristretto
gruppo di imbecilli, di illusi, di inguaribili ingenui si ostinava a presentare inseguendo la chimera di
uno Stato di diritto difeso a parole da tutti e tradito puntualmente nei comportamenti, dove sono
finiti?
Purtroppo ne sento qualcuno che ancora pontifica e leggo il nome di altri in calce a qualche
articolessa su prestigiosi quotidiani nazionali. Quando i magistrati di Mani Pulite di tutta Italia si
decideranno a voler vedere chiaro nei comportamenti omissivi o penalmente rilevanti di queste
Toghe sporche? Tutto ci che accaduto in Italia e che sta faticosamente emergendo dimostra
che si era formata una cupola composta da politici, imprenditori, burocrati, magistrati, editori,
direttori di giornali e giornalisti tutti impegnati a imbrogliare gli italiani. In associazione per
delinquere con le organizzazioni criminali che offrivano danaro e mano dopera specializzata.
Perch non stata solo una storia di ruberie e di illeciti arricchimenti, di furto di verit, di legalit e
dinformazione, ma anche di avvenimenti sanguinosi, di stragi, di bombe, di assassinii. Tutti
impuniti, tutti funzionali al mantenimento di un potere sempre pi teso alla propria
autoconservazione. Daltra parte Falcone e Borsellino, tanto per ricordare i casi pi recenti, non
sono certamente morti di polmonite. E se per davvero esistita una sorta di Spectre che ha di
fatto governato il nostro Paese in tutto questo tempo, giusto che a risponderne vengano chiamati
tutti, ma proprio tutti. Non soltanto i politici, non solo gli imprenditori, non solo i ladroni pi noti.
Ma anche i magistrati felloni o massoni, gli editori con interessi industriali o finanziari, i direttori di
giornale servi del potere politico e/o economico, i giornalisti con la schiena curva e le chiappe
larghe. Penne pulite, certamente, ma a 360 gradi, andando a vedere non solamente le esaltazioni o
i panegirici a gettone per questo o quellimprenditore, per questa o quella ardita e moderna
operazione finanziaria costata qualche decina di migliaia di miliardi agli ingenui lettori che ci
credevano, ma anche i complici silenzi in cambio di qualche vantaggioso contratto pubblicitario.
Vedo in giro troppa gente che si ricicla. Leggo troppe interviste a personaggi che sono stati il docile
strumento del potere in questi anni. La sola cosa di cui proprio non sentiamo il bisogno di una
restaurazione mascherata. Ne sento lo sgradevole odore. Occhio alla penna! (9 settembre 1993)
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GLI AGGIUSTATORI: SIAMO SICURI CHE OGGI NON CI SIANO PIU?


A Roma negli anni 90 e 80 lo si sapeva. Un gruppetto di potenti magistrati e di scaltri avvocati,
pi avvezzi a frequentare i circoli che le aule dei tribunali, lavorava per aggiustare certi
processi. Penali, ma soprattutto civili e fallimentari. Qualche nome ora lo conosciamo: Previti,
Acampora, Metta, Squillante, Carnevale. Altri non li conosceremo mai o, anche se li conosciamo,
non possiamo indicarli. Mancano le prove e, ormai, tutto prescritto.
Il metodo era e, forse ancora, abbastanza semplice. Centri studi diretti da esimi avvocati e da
illustri giudici, convegni a Capri o alle Bahamas tutto incluso, fraternizzazioni messe
proficuamente a frutto. Inutile denunciare questo andazzo, il muro di gomma era insuperabile.
Quando lo feci, quando elencai fatti, nomi, palesi enormit giuridiche, conflitti dinteresse, ottenni
solo qualche pressione, molto compatimento, un disinteresse infinito.
Anni dopo, alcuni dei nomi saltarono fuori per vicende che oggi sono conosciute.
Ma siamo proprio sicuri che tutto sia veramente cambiato?

Milano 1976 Da notare il pigiama palazzo di Ignazio La Russa

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14 - QUEL GENERALE
FEDELE. AI PARTITI
Mancavano. Adesso, finalmente, sono arrivati. Ad infoltire la schiera di Bossi. Lara Cardella,
scrittrice, e Goffredo Canino, capo di Stato maggiore dellEsercito. La prima con unintervista al
Corriere della Sera, laltro con le note dichiarazioni di Aviano. Tutti e due, a modo loro, in
rappresentanza del vecchio che non vuole morire. Non ho letto il libro della Cardella, mi pare
lunico che abbia scritto, e non mi azzarder a contestarne il valore letterario. Penso, tuttavia, di non
sbagliare se dico che non credo di trovarmi di fronte ad un nuovo Verga, ad un nuovo Brancati, ad
un nuovo Sciascia, sia pure in gonnella, visto che i pantaloni 1a Cardella li voleva ma non li aveva.
In sintesi la Cardella sostiene: a) che ama Tony (Antonio Di Pietro), b) che odia Bossi e vorrebbe
dedicargli un monumento di cacchine duccello, c) che Sgarbi le ha suggerito di fondare la Lega
meridionale. La ragazzotta, dopo aver gustato il sapore della notoriet, era sprofondata nuovamente
nellanonimato. Poi, allinsegna del raccontiamo i fatti nostri ci ha fatto sapere da tutti i
teleschermi che ha avuto un amore infelice e condito con la droga. Cose che meritano rispetto ed
umana comprensione fino a quando non vengono esibite per tornare alla ribalta. La poverina dice di
amare Di Pietro (Tony) e non si accorge che, se Di Pietro ha potuto agire, ci avvenuto perch un
tale Bossi, al di l della sua volont e delle sue stesse speranze, ha contribuito a creare un clima tale
per cui Di Pietro ha potuto operare. E da siciliano orgoglioso di esserlo, ringrazia Bossi perch sta
obbligando il Sud a fare i conti con se stesso, con la propria classe dirigente, con la propria storia e
la propria cultura. Non dir con Nietzsche che la donna fu il secondo errore di Dio, preferisco
ritenere, con Simone de Beauvoir, che donna non si nasce: si diventa. Cerchi la Cardella di
diventarlo senza prendere troppo sul serio quello che dice Sgarbi alle cinque del mattino. A
quellora Vittorio sempre molto gentile con tutti ed ha il diritto sacrosanto di dire qualche
sciocchezza. E si metta a dieta: cos, potr, finalmente, indossare i pantaloni.
Ma veniamo alle cose pi serie, perch, anche in un Paese da operetta come lItalia, quello che dice
un capo di Stato maggiore dellEsercito non pu non trovare una risposta chiara anche se
necessariamente dura. Infatti il generale bara. Bara perch non c nessuno in Italia che vuole la
secessione. Neppure Bossi. Che ai suoi avversari politici, espressione di Tangentopoli e di
Criminalopoli, faccia comodo attribuirgliene lintenzione, col chiaro intento di riportare le pecorelle
elettrici allovile dei partiti, passi. Ma che il capo dellEsercito, che non ha detto una sola parola
quando i nostri paracadutisti in Somalia venivano accusati di vigliaccheria, intervenga nel dibattito
politico, ebbene questo non si pu consentire. Specie se si tratta di uno che aveva labitudine di farsi
fotografare con boss mafiosi. Se diventato capo di Stato maggiore dellEsercito non certo per
meriti guerreschi. Quali guerre ha vinto? Quante battaglie ha combattuto? Non si arriva a
quellincarico se non si gode di protezioni politiche, se non si affidabili, fedeli. Non alla
Costituzione della Repubblica, non alla Patria, ma ai propri padrini politici. Da chi stato
nominato? Da quale governo? Quello di Andreotti. Da un soldato non mi aspetto mai che pensi
(G.B. Shaw). Daccordo! Ma che almeno stia zitto, questo s. Altrimenti corre il rischio di vedersi
fare le pulci, di diventare oggetto di inquietanti interrogativi. Specie in un Paese nel quale tra finti
golpes, vere stragi e misteri di vario genere, si sempre intravista la presenza di qualche settore
delle forze armate. Non per destabilizzare le istituzioni, ma per stabilizzare il quadro politico, per
riportare gli italiani al maleodorante centro che ci ha sgovernato per quarantanni. Regalandoci
anche unItalia divisa. Divisa nella realt socio-economica, nello sviluppo culturale, nella
coscienza, nella realt politica nel suo modo di essere. La sola speranza di tenere unito questo Paese
sta nel rendere responsabili del proprio destino, del proprio sviluppo, della propria capacit di
affermazione le grandi e differenziate realt italiane.
Lo dico da siciliano stufo dei piagnistei, del clientelismo, dellassistenzialismo peloso, del malaffare
criminale che nelle classi
dirigenti negative delle regioni del Sud ha trovato la sua pi alta
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espressione Perch il Sud ritrovi lorgoglio, la capacit, la volont di ribellarsi allo stato di
soggezione nel quale stato tenuto, non dal Nord, ma dalla classe politica e da alcuni gruppi
industriali ad essa strettamente legati. Stiano tranquilli la Cardella e Canino. Nel Sud stanno
nascendo ed affermandosi movimenti per la sua autentica liberazione. Movimenti non di Bossi, ma
nemmeno contro Bossi. Per un nuovo ordinamento costituzionale, attuato con il metodo del
consenso, che riconosca ed esalti le diversit in un quadro autenticamente unitario. Nel quale le
Cardella e i Canino contino per quello che valgono. Cio poco. (12 ottobre 1993)

E VITTORIO FELTRI DISSE CHE MI AVEVA


CHIESTO UN PEZZO A SUA INSAPUTA
E lundici di ottobre del 1993. Vittorio Feltri, direttore de lIndipendente mi chiama al telefono.
Da qualche tempo collaboro con quel quotidiano. E un giornale di battaglia, nuovo nella
confezione, aggressivo nei titoli, efficace nei contenuti. Avevo rivisto Feltri a Milano, dopo averlo
conosciuto come giornalista del Corriere e come direttore (bravissimo) dellEuropeo.
Mi aveva proposto di collaborare. Non ero pi deputato e la cosa mi interessava. Accettai.
Naturalmente mi assicur che sarei stato regolarmente pagato. Non avvenne mai.
Feltri era allora forcaiolo, voleva a tutti i tangentocrati in galera e manifestava simpatie
leghiste.
Giusto e naturale: la Lega costituiva un fenomeno politico estremamente interessante e ricco di
promesse di un vero cambiamento del modo di fare politica.
La telefonata di Feltri alludeva alla richiesta di un mio commento su un intervento del generale
Canino, allora capo di Stato maggiore dellEsercito. Aveva dichiarato che i suoi uomini avrebbero
reagito davanti ad una minaccia secessionista.
Feltri mi chiese di scrivere subito un pezzo pepato e di mandarglielo al pi presto. Aggiunse che
quel Canino era lo stesso fotografato anni prima con un boss mafioso.
Scrissi in fretta il pezzo e glielo mandai. Il giorno successivo usc sulla prima pagina
dellIndipendente.
Dopo qualche mese mi fu recapitata una citazione con una richiesta di danni. Non una querela, ma
la solita citazione civile che non ti consente di difenderti. Vieni condannato per le espressioni che
usi e non per la veridicit di quello che hai scritto.
Ovviamente chiamai Feltri. Mi rispose di non preoccuparmi. Aveva ricevuto anche lui la citazione,
quale direttore responsabile, per omesso controllo. Non mi preoccupai. E feci male.
Feltri lasci di l a poco lIndipendente per uno dei suoi ricorrenti approdi a Il Giornale dei
fratelli Berlusconi. Di l a poco mi ritrovai condannato in contumacia al pagamento di una somma,
per me cospicua, a favore del generale.
Tentai inutilmente di contattare Feltri. Irraggiungibile.
Intanto erano scaduti i termini per leventuale appello e dovetti pagare.
Tempo dopo riuscii a esaminare le carte con cui gli avvocati di Feltri lo avevano difeso nella
causa. Egli attribuiva a me tutta la responsabilit, descrivendomi come un tipo bizzoso e
intrattabile e sostenendo che il direttore non aveva visto il pezzo. Dunque, pubblicato a sua
insaputa.
Feltri sicuramente bravo e, probabilmente, anche molto ricco. Sulle sue doti di uomo vero

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15 - PER IL BENE DELLA PATRIA


IL PRESIDENTE SCALFARO SI DIMETTA
Signor Presidente, chi Le scrive non mosso da antipatia personale o politica nei suoi confronti. O
meglio, per essere sincero, questo stato vero fino allaltro giorno. Le dico di pi: se fossi stato
ancora deputato quando Lei stato eletto e non avessi invece scelto di chiudere con il vecchio, del
quale anche il mio ex partito faceva parte pagandone il relativo giusto prezzo, quasi sicuramente
avrei votato per Lei. Pur essendo agli antipodi rispetto alle sue convinzioni, alle sue scelte, alle sue
abitudini, alla sua cultura. Da incallito peccatore non sarei riuscito a sottrarmi allirrazionale fascino
della sua piemontese severit. Per dirla in breve, Pannella non avrebbe dovuto sprecare troppa fatica
per convincermi a votare per il Pertini cattolico. Me ne sarei politicamente pentito dopo qualche
mese quando risultato evidente che, nonostante le belle parole, nonostante gli apparenti atti di
coraggio, Lei era a quel posto per garantire alle vecchie forze politiche della prima Repubblica di
autoconservarsi e di autoassolversi. Nessuno mi toglier mai dalla testa che del famoso colpo di
spugna Lei fosse perfettamente informato e consenziente e che si tirato indietro solo dopo la
formidabile ed indignata reazione popolare. In tutti questi mesi Lei ha preso e perso tempo.
Facendone perdere agli italiani e al suo partito, del quale, nonostante il suo apparente distacco, Lei
era e rimane una delle espressioni pi storiche. Lultima decisiva botta me lha data con il
messaggio televisivo a reti unificate dellaltra sera. Giuro: non volevo credere alle mie orecchie.
Prima si tentato con le bombe, ora con il pi vergognoso ed ignobile degli scandali.
Se la logica ha ancora un senso e la lingua italiana un significato, queste parole vogliono dire che
qualcuno prima ci ha provato mettendo le bombe, poi (lo stesso qualcuno), inventando, con carte
fabbricate ad arte, uno sporco ed ignobile scandalo. Per fare cosa? Risponde Lei: per sfasciare lo
Stato democratico. Ammesso che ci sia ancora qualcosa da sfasciare. Ora, dato che quelli dello
scandalo sono in galera e non ci sono dubbi che le carte le hanno date loro, allora vuol dire che
abbiamo trovato anche i responsabili delle bombe. Benissimo! Perci non era stata la mafia a
mettere le bombe a Roma, Firenze e Milano. La Dia, gli inquirenti, gli esperti si erano sbagliati. I
bombaroli erano Malpica, Galati e Broccoletti. E Lei lo sapeva o, quantomeno, lo sospettava.
Questi suoi sospetti, sono sicuro, li avr senzaltro comunicati a chi di dovere. Peccato che non si
tratti di quattro cazzabuboli qualsiasi, ma di alti funzionari di quello Stato democratico di cui Lei
il pi strenuo difensore. Malpica lo ha chiamato Lei a reggere il Sisde e ne ha tessuto sperticati e
pubblici elogi. Un altro funzionario dello Stato democratico che, guarda caso, era commissario
governativo a Torino durante le elezioni dello scorso giugno, quelle dei brogli contro la Lega ed a
favore dei vecchi Partiti a Lei tanti cari. Cosa faceva Malpica a Torino? Difendeva o sfasciava?
Andiamo avanti. Il problema di fare giustizia nei confronti di chi ha commesso fatti gravi contro
la legge e di non recare danno alla vita dello Stato e alla sua immagine nel mondo. Che vuol dire?
Che se per caso venisse fuori (mi perdoni), che i cento milioni al mese li ha presi per davvero, allora
sarebbe meglio lavare i panni sporchi in famiglia (la famiglia dello Stato democratico), per non
creare danno allimmagine dellItalia nel mondo? Si spieghi e ci spieghi, per favore, perch non
risulta affatto chiaro. E in questo momento c bisogno di chiarezza, non di messaggi ambigui e di
avvertimenti trasversali. Quelli della banda del Sisde sono sicuramente dei ladroni. Maneggiavano
miliardi che finivano a destra e a sinistra. Vedevano che tutti si arricchivano ed hanno pensato di
farlo anche loro. Ma poich nessuno fesso, si sono premurati di conservare qualche carta. Per
ricattare? Pu essere. Ce lo diranno, speriamo, i magistrati. Ma non possiamo avere un presidente
della Repubblica ed i suoi collaboratori pi affezionati investiti da queste ombre. Come uscirne?
Semplice. Torni alla televisione per cinque minuti e ci dica che le Camere sono sciolte e che si
voter il tal giorno del tal mese. Dopo aver accettato le dimissioni del ministro Mancino. Che non
pu gestire le elezioni insieme a tanti Malpica sparsi in tutta Italia. E fatte le elezioni, il giorno dopo
si dimetta anche Lei. Ovviamente per difendersi meglio. Come un cittadino qualsiasi. Per il bene
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della Patria. Che non deve essere di tutti solo quando ci sono i sacrifici da fare. Altrimenti mi
verrebbe da pensare che questa Italia che continuo ostinatamente ad amare anche se diventata un
po puttana incomincia a costarmi troppo. Per i quattrini che tutti, proprio tutti, si sono messi in
tasca. (6 novembre 1993)

UN PRESIDENTE MIGLIORE DI CIAMPI E NAPOLITANO


Oscar Luigi Scalfaro morto da poco, il 29 gennaio 2012. Dico subito che di lui ho un ricordo
buono e rispettoso. E stato lultimo vero presidente della Repubblica Italiana. Non come Carlo
Azeglio Ciampi, proveniente da altro mondo. N come Giorgio Napolitano, troppo attento a far
dimenticare di essere stato comunista, sia pure migliorista, e troppo occupato a trasformare la
nostra Repubblica parlamentare in Repubblica Presidenziale di fatto.
Il mio giudizio su Scalfaro resta intatto nonostante le recenti ombre sulla trattiva Stato-Mafia che
sarebbe avvenuta durante il suo settennato.
Scalfaro era cattolico e sanguigno, un po Don Camillo e un po Peppone.
Lo incontrai per la prima volta negli anni 60, a Mede Lomellina. Allora ero segretario provinciale
del MSI di Pavia e stavo facendo una delle tante campagne elettorali.
Di quelle che si facevano allora, con i comizi su palchetti traballanti montati di fretta e
laltoparlante gracchiante collegato alla batteria sempre in procinto di esaurirsi, di una vettura
scalcinata, perch quasi mai, a noi del MSI, veniva concesso lallacciamento allimpianto elettrico
dei comuni. Una forma di antifascismo militante. Scocciante ma, tutto sommato, accettabile.
Molto desiderati erano i comizi durante i mercati settimanali.
A me francamente quella consuetudine non piaceva. Mi pareva di rompere le scatole a quei bravi
agricoltori, commercianti, sensali che facevano i loro affari in santa pace.
Mescolare, urlando dentro un microfono, dignit nazionale, socializzazione, valori della tradizione
e prezzi delle vacche o delle sementi mi sembrava fuor dopera.
Ma, mi si diceva, lo facevano tutti e, tutto sommato, in tal modo un po di pubblico era assicurato.
Quel giorno, dopo di me, secondo il programma avrebbe parlato il democristiano Scalfaro.
Il dispettuccio era quasi scontato.
Allungai il brodo, parlai pi a lungo del consentito, mi addentrai nellesaltazione appassionata di
quelli che allora ritenevo principi irrinunciabili della destra.
Scalfaro era alquanto scocciato per questa invasione di campo, ma il suo autocontrollo era quasi
perfetto. Abito scuro e naso aquilino. Immancabile il distintivo dellAzione Cattolica.
In me anche un sentimento di rivalsa.
Io mi sentivo un fascista e lui, nellaprile del 45, era stato tra quelli che avevano assistito alla
fucilazione di Enrico Vezzalini, il capo della provincia della RSI a Novara.
Solo dopo capii che certi eventi della storia non li puoi scansare e che, alla fine, sono pi degni di
rispetto coloro che accettano il senso tragico della storia di quelli che se ne stanno chiusi in casa
ad aspettare che tutto passi.
Dopo ventanni lo ritrovai vicepresidente della Camera ai tempi di Nilde Jotti.
Quando toccava a lui la presidenza, lo faceva con assoluto scrupolo e con arguzia.
Un giorno, in pieno scandalo P2, mentre presiedeva una seduta, il deputato Costantino Belluscio,
socialdemocratico e noto massone, chiese la parola. Signor Presidente, onorevoli colleghi,
abbiamo lonore di avere come ospite in tribuna il Gran Maestro della Massoneria, prof. Armando
Corona.
Lo interruppi: E cosa dovremmo fare? Alzarci tutti in piedi?.
Subito Scalfaro: On. Belluscio, non si lasci andare ad affermazioni che ampiamente giustificano
le interruzioni dellOn. Staiti. Si sieda.
Lo voglio ricordare cos.

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16 - HO SOGNATO CHE ANDREOTTI,


MOANA E CICCIOLINA
Laltra notte ho fatto un sogno. No, non era un incubo dovuto al cenone di Capodanno. Era un
sogno bellissimo. Che vi voglio raccontare. Forse era condizionato dalle notizie sullo scandalo a
sfondo sessuale proveniente dagli Stati Uniti. Lennesimo scandalo sulle scappatelle erotiche di
Clinton che segue gli scandali dello stesso tipo che hanno visto coinvolti altri uomini politici
americani e che sembrano avere enorme rilevanza in quel Paese. Il sogno era pressappoco questo.
LItalia era un Paese felicissimo. Non cera debito pubblico, anzi, non sapevamo pi dove mettere i
soldi. La nostra economia era fiorente, i servizi pubblici funzionavano alla perfezione e costavano
pochissimo. La disoccupazione era quasi inesistente e riguardava quasi esclusivamente quelli che
proprio non volevano lavorare. Il nostro sistema sanitario era il migliore del mondo. La Svizzera,
che dopo la seconda guerra mondiale aveva conosciuto un pauroso declino finanziario a causa del
nostro miracolo economico e sociale che richiamava nelle nostre banche capitali da tutto il mondo,
aveva chiesto lannessione allItalia. Lordine pubblico era perfetto e la criminalit organizzata si
era trasferita in Grecia, Albania e Tunisia. Il nostro Meridione era diventato una specie di California
che attirava turisti da tutto il mondo per il clima, la modernit e la bellezza delle attrezzature, la
cortesia degli abitanti e la tranquillit delle citt e dei paesi.
Un Paese felice, lItalia. Forse un po noioso, ma, come noto, non si pu avere tutto dalla vita.
Lunico neo della situazione era rappresentato dallesasperante moralismo in materia sessuale che
caratterizzava la nostra societ. Linfluenza del Vaticano si era fatta sentire in modo pesantissimo
ed aveva finito per caratterizzare i nostri comportamenti e le nostre leggi. Le quali, in materia
sessuale, erano severissime e repressive. Guai a commettere atti impuri, fornicazioni ed adulteri.
Era stata creata una superpolizia, lO.R.G.A.S.M.O. (Organizzazione Repressione Generale Anti
Sesso Morale Ovunque), ramificata su tutto il territorio nazionale e dotata delle pi moderne e
sofisticate apparecchiature per reprimere quello che veniva considerato il delitto pi grave dopo
lomicidio. I nostri uomini politici erano rispettatissimi ed onestissimi. Si contentavano delle loro
retribuzioni e mai erano stati sfiorati da qualche scandalo finanziario. Termini come tangenti,
bustarelle, peculato, concussione, corruzione erano cos desueti che la gente si era addirittura
scordata che cosa esattamente significassero.
Lunica debolezza della nostra classe politica era costituita dalluso delle scorte. Una consuetudine
ereditata dal Ventennio fascista e che si era tramandata come una tradizione che veniva esibita
come status symbol, una sorta di vanit innocente che veniva vista con occhio tollerante dagli
italiani. Fu proprio questa abitudine a dare origine al grande scombussolamento che pass poi alla
storia come inchiesta Genitali Puliti. And cos. Un ex componente della scorta dellamatissimo
presidente a vita Giulio Andreotti, fu sorpreso una notte nei dintorni di Milano a bordo di una
autovettura mentre si intratteneva in intimo colloquio con una giovane ragazza slava.
Immediatamente tradotto a San Vittore venne sottoposto a stringente interrogatorio da uno
sconosciuto magistrato che si chiamava Antonio Di Pietro. Lex agente non soltanto confess il
reato ma, di fronte alle minacce ed alle lusinghe di Di Pietro, si proclam pentito ed incominci a
raccontare una storia che aveva dellincredibile. Disse che quando era addetto alla scorta di
Andreotti, gli era capitato di accompagnare pi volte lillustrissimo uomo politico in una villetta
sulla Cassia dove lamatissimo Giulio aveva labitudine di incontrarsi ogni gioved, al termine del
Consiglio dei ministri, con Ilona Staller, detta Cicciolina e Moana Pozzi, due pericolosissime
pornostar che giravano film a luci rosse nella Repubblica di S. Marino. I film venivano
successivamente venduti allestero a cura del Partito radicale che, con i proventi di tale traffico,
manteneva la sua struttura transnazionale tesa a divulgare pratiche severamente proibite quali la
fellatio ed il cunnilingus. Il pentito rivel che Andreotti e la Staller si erano conosciuti a
Montecitorio qualche anno prima quando i radicali erano riusciti a far eleggere Cicciolina, sia pure
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con pochi voti, mobilitando tutti i gruppi terroristici clandestini che volevano il sesso libero e che di
notte affiggevano sui muri delle citt italiane, ed in particolar modo su quelli delle fabbriche,
manifesti con donne nude. Il detenuto cit i nomi di parecchi testimoni, tutti suoi ex colleghi. Scatt
allora una gigantesca operazione poliziesca che, nel volgere di pochi mesi, port a centinaia di
arresti ed alla riapertura di moltissime carceri italiane gi chiuse per assoluta mancanza di detenuti.
Innumerevoli furono i pentimenti e le confessioni estorte utilizzando la custodia cautelare, un
istituto che nessuno aveva pensato di abolire vista la scarsissima applicazione che fino ad allora
aveva avuto. I riscontri incrociati, le testimonianze convergenti, le moltissime ammissioni
scatenarono un autentico finimondo. Finirono nellocchio del ciclone il purissimo Bettino Craxi
(pratiche sessuali orali a Palazzo Chigi, nelle toilettes di Montecitorio e nella sua villetta bifamiliare
di Varazze acquistata con un mutuo quarantennale); Gianni De Michelis (incontri con un viado
brasiliano clandestino nella pensioncina romana nella quale il ministro viveva); Paolo Cirino
Pomicino (orgasmi multipli con una cinquantenne su una spiaggia del litorale campano); Arnaldo
Forlani (visioni notturne di pornocassette in un cinemino della periferia di Ascoli); Achille Occhetto
(congressi carnali con una non meglio identificata componente della famiglia Ferruzzi su una barca
a vela di 4 metri a Livorno); Francesco de Lorenzo (orge con femminielli e psicofarmaci in
compagnia di Poggiolini). Si scopr inoltre che Antonio Gava era a capo di una organizzazione
denominata Sodoma e Camorra. Senza contare le reputazioni completamente sputtanate.
Linchiesta assod che Vittorio Sgarbi, sedicente irrefrenabile libertino, era, in realt, impotente,
come confermarono molte sue accompagnatrici notturne, intrattenute fino allalba con declamazioni
di poesie o illustrazioni di quadri religiosi del 400. Sconvolto, Sgarbi si ritir in un convento nel
quale vigeva la regola del silenzio. Impazz qualche anno pi tardi. Si appur anche che Formigoni,
insomma come dire, non era proprio vergine. O meglio, lo era a met. Venne fuori che Rosa Russo
Jervolino era socia di unazienda straniera che produceva preservativi e che Fini (Gianfranco)
adescava ragazzine a Villa Borghese travestito da seminarista.
Il sistema politico era sullorlo del collasso. I mezzi di informazione riversavano ogni giorno sugli
italiani notizie e notizie sullo scandalo nazionale. I programmi televisivi (tutti improntati ad un
rigoroso moralismo, con la Fininvest che contendeva alla Rai il primato per le presentatrici pi
accollate e le ballerine pi piatte) sfornavano inchieste su inchieste con le quali si mettevano a nudo
le debolezze sessuali della classe dirigente. Ma, a questo punto, gli italiani si ribellarono. Sobillati
da Marco Pannella, del quale si era scoperto che era rigidamente monogamo, scesero in piazza
riscoprendo le ataviche inclinazioni al sesso. Di Pietro divent luomo pi odiato dItalia. Costretto
a vivere barricato nel suo ufficio al Palazzo di Giustizia di Milano, veniva accuratamente evitato
persino dai suoi colleghi. Sui muri comparvero scritte quali viva la fa ed il pene a cinque punte.
Persino qualche abbasso il Papa. A questo punto mi sono svegliato. Buon anno! (3 gennaio 1994)

RIDATECI I DIVIETI E IL SOTTILE PIACERE DI POTERLI VIOLARE


Povere Moana e Cicciolina! Una morta e il consumismo para-femminista lha voluta subito
trasformare in icona; laltra ha finalmente conquistato la pensione. A sessantanni, da exparlamentare.
A quei tempi erano entrambe nel pieno del loro splendore. Si esibivano, giravano film, scrivevano
libri, rilasciavano interviste, alludevano ad amori con potenti politici. Scandalizzavano, insomma.
Nemmeno loro potevano immaginare che nel giro di un decennio, altre colleghe pi fortunate
avrebbero occupato ben altre poltrone e ben altri letti.
C mancato poco che il loro Partito dellAmore, trasformato in Forza Gnocca, diventasse il
maggior partito italiano.
Il bunga-bunga che loro facevano non era al centro del dibattito politico.
Quando scrissi quellarticolo sullIndipendente, avevo cercato - immaginando Andreotti con
Moana -, di associare il potere con il sesso.
Allora lo si nascondeva, oggi lo si esibisce. Ma lItalia moralista e sessuofobica sempre l, sotto
la scorza. E oggi,. Di colpo, diventiamo tutti sobri.
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Bella Italia! Riesce a tenere assieme le doppie o triple famiglie con i Family Days, i Gay
Pride e le comunioni vietate esibite in TV, le olgettine e le cene eleganti, le barzellette sconce, ma
soprattutto sceme, con la difesa appassionata della vita. Anche quando non c pi.
Peccato e trasgressione: due componenti essenziali per il piacere. Che non si accordano con la
valanga di tette, culi, cosce, farfalline da audience, labbroni fintamente promettenti che hanno
ridotto il sesso a consumismo esibito, a oggetto di un desiderio finto.
Il sesso ormai lo si pratica poco e male, non si rischia pi la seducente dannazione. Lo si fa per lo
pi a tassametro. Con le escort, i trans e le pillole azzurre.
Ridateci i divieti e il sottile piacere di poterli violare.

Milano 1976 Pino Romualdi e Franco Petronio

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17 - STAVOLTA NON BASTER PI


LA MODERAZIONE
Laltro giorno il mio amico Mughini ha scritto per LIndipendente lelogio del moderato. Come
Mughini sa bene, io non sono progressista. Cio di sinistra. Cio comunista. Anche se non posso
fare a meno di incazzarmi quando vedo tanti padri di famiglia messi sul lastrico o in cassa
integrazione dal combinato disposto grande industria-sindacati-partiti di sinistra che ha
caratterizzato quarantanni di prima Repubblica. Continuo a chiedermi come mai questi lavoratori
non siano a Montecitorio per prendere a calci nel sedere i ladroni che vi bivaccano e che hanno
ridotto nello stato che sappiamo uno dei Paesi pi belli del mondo e che potrebbe essere anche uno
dei pi felici. Solo che avesse avuto una classe dirigente appena decente. Non sono progressista ma
non riesco a riconoscermi nella definizione di moderato. Ha ragione Bossi. Questo termine evoca
un vecchio con le pantofole e la papalina che, seduto in poltrona, borbotta guardando scorrere i fatti
del mondo alla televisione. Borbotta secondo il comune buon senso; si scandalizza secondo i
canoni; bofonchia in nome dei santi precetti; scatarra con moderata indignazione. Ma non si alza,
non si veste, non scende in strada, non si impegna al di l delle mura domestiche. Non pu. Non ha
forza, non possiede energie interiori. La sua vita volge al tramonto e non pu fare investimenti per il
futuro. Oltretutto ha sempre ingoiato tutto. Turandosi il naso, chiudendo gli occhi, tappandosi le
orecchie.
Ha leccato tutti: democristiani, socialisti con suite al Grand Hotel, liberali da salotto. Sempre
scegliendo il male minore. Che poi stato il male maggiore. Lo so benissimo: dallaltra parte c
anche di peggio. C gente che sui lavoratori ha costruito le proprie fortune politiche e personali.
C chi, daccordo con Agnelli, De Benedetti, Visentini e compagnia bella (si fa per dire) ha creato
posti di lavoro fasulli facendosi pagare dallo Stato e ricattando, ovviamente nel nome
delloccupazione, a destra e a manca. C chi si trova nei salotti chic per solidarizzare con gli
immigrati e non ha mai preso la metropolitana perch non sopporta lodore dellumanit. Ma per
ribellarsi a questo conformismo di sinistra, a questa finta socialit che produce solo miseria e
debito pubblico, a questa noiosa ripetizione di slogans ai quali non crede pi nessuno, non serve la
moderazione. Perdio! Io non sono mai stato moderato. Ho sempre cercato di fare il
rivoluzionario. Magari sbagliando, magari esagerando, magari scegliendo la compagnia meno
adatta. Sempre in buona fede tuttavia, e senza conti in banca o amicizie potenti. Denunciando la
corruzione dieci anni prima di Mani Pulite, tra i sorrisetti ironici dei nemici e anche degli amici. E
dei magistrati. Ho difeso i vinti e ho attaccato i vincitori, i potenti. Mai da moderato. Ho fatto il
guascone perch non vi era altro modo per farsi sentire. Me ne sono andato dal Parlamento dando
un calcio a una medaglietta parlamentare che nessuno mi avrebbe contestato, perch ritenevo che i
partiti, tutti i partiti, fossero finiti. Vecchie baracche abitate da vecchie e giovani baldracche.
Adesso c la concreta possibilit di fare una vera rivoluzione, la rivoluzione dei riformatori. E non
voglio farla con moderazione. La voglio fare urlando, graffiando, tirando calci nei denti a quelli
che fingono di essere cambiati mentre i loro cromosomi sono sempre gli stessi: partitocratici.
Voglio che si attui una profonda riforma della struttura di questo stato centralista che a Roma, sotto
la brezza del ponentino, distrugge, macina, tritura e annulla ogni slancio, ogni sogno, ogni desiderio
di pulizia. Voglio godermela fino in fondo questa rivoluzione delle libert. Da estremista. Non da
moderato. Anche per te, caro Giampiero. (2 febbraio 1994)

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CE TANTO BISOGNO DI IDEE, PASSIONI, ESEMPI, UOMINI ESTREMI


Il mio amico Giampiero Mughini riteneva e, forse, ancora ritiene di essere un moderato.
Per me, non lo era e non lo .
Sicuramente colto ed educato, ma questi non sono sinonimi di moderatismo. Anzi.
Oggi egli non si occupa pi di politica. E fa bene,
E juventino (non moderato) come me, ama gli eroi estremi, osserva e studia i periodi pi intensi
della nostra storia, veste da futurista e le sue battute tutto sono fuorch moderate.
La moderazione in Italia significa compromesso. Sempre e comunque, in ogni campo e a ogni
costo.
Daltra parte persino Berlusconi si proclamava moderato e abbiamo visto tutti come finita.
Ha generato leccaculismo, corruzione, affarismo, meno male che Silvio c, mignottismo come
categoria dello spirito.
Io credo che avremmo bisogno di idee estreme, di esempi estremi, di uomini estremi, di passioni
estreme.
Senza violenza ma con consapevolezze radicali mostrate a viso aperto, esibite con orgoglio.
Rischiando di non fare carriera, di non accumulare fortune, di non avere onori.
Estremisti miti, forti delle loro opinioni e del loro esempio.
Per i compromessi bastano i moderati.
Quelli, cio, che ci hanno portato in questa situazione.

Piazza del Duomo a Milano 1979

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18 - QUANDO PRODI REGALO


LALFA ROMEO AD AGNELLI
Mi pare che sia giunto il momento di raccontare la vera storia della vendita dellAlfa Romeo alla
Fiat. Una storia che pochi conoscono e che molti fingono di non conoscere. Una storia che ha
coinvolto governanti, politici, sindacalisti, industriali e banche dinteresse nazionale. Una storia che
finir per buttare sul lastrico migliaia di lavoratori e di far sparire un marchio che significava
prestigio dellItalia nel mondo. Ma andiamo con ordine. Lattivit automobilistica dellIri era gestita
da tre societ: lAlfa Romeo s.p.a, lAlfa Romeo Auto e la Finmeccanica. Lallegra gestione da
parte dellIri, la mancanza di una cultura industriale, lincapacit di prevedere lo sviluppo del
mercato dellauto nel mondo, lassenza di programmi di rinnovo dei modelli, avevano fatto
accumulare perdite per migliaia di miliardi. Che fare a questo punto? Vendere? A chi? E come e a
che prezzo? Oltre tutto cera in ballo lo sbandierato risanamento dellIri da parte di quellameno
personaggio che risponde al nome di Romano Prodi finora scampato, non si sa perch, al ciclone
Mani Pulite. Ed ecco allora, cosa escogitano le brillanti menti della nostra prima Repubblica! Le tre
societ cambiano rapidamente nome e si trasformano, per evidenti motivi di depistaggio, in
Finmilano, Sofinpar e Finservizi. Ci fatto, nel mese di agosto del 1987, approfittando della calura
estiva e della disattenzione degli italiani in vacanza, la Finmilano si fonde con il Banco di Roma, la
Sofinpar con il Credito Italiano e la Finservizi con la Banca Commerciale. Risultato
delloperazione? Una gigantesca evasione di imposte Irpeg per circa 2mila miliardi. Da parte delle
tre banche Iri, e a danno dello Stato, cio di tutti noi.
Il marchingegno adoperato quello dellutilizzazione dei benefici della legge 8 agosto 1986 n. 487
diretta a consentire il rilancio di societ in passivo, con riflessi sul reddito e loccupazione. Non
solo: gli amministratori del Banco di Roma dichiarano tranquillamente nella loro relazione di avere
acquistato la Finmilano dalla Finmeccanica compensando un credito che la stessa Finmilano aveva
nei confronti della Finmeccanica. Cio hanno acquistato la Finmilano coi soldi della stessa
Finmilano in violazione degli articoli 2358 e 2660 del codice civile. Si trattato insomma di una
sorta di partita di giro, vietata dalla legge, con la quale il preteso risanamento dellIri ha gravato su
tutti i contribuenti. E alla luce di quanto abbiamo sommariamente raccontato che si comprendono
le successive vicende che porteranno a regalare quanto resta dellAlfa alla Fiat.
Ricordate londata di patriottismo che invest lItalia ufficiale quando la Ford si dichiar disposta
allacquisto dellAlfa, formalizzando addirittura lofferta e la bozza del contratto? Ricordate come i
sindacalisti in servizio permanente effettivo e ben remunerato ostacolarono questa eventualit? E i
nostri ministri, i nostri uomini politici, i nostri giornalisti indipendenti? Tutti colpiti da amor
patrio, da sacro furore nazionalistico per impedire che passasse lo straniero. Per forza! Quelli della
Ford non si sarebbero accontentati delle belle parole. Avrebbero voluto vederci chiaro. Avrebbero
voluto capire la ragione del convulso susseguirsi di assemblee determinato dai vertici dellIri. Al
solo scopo di evadere le tasse. Roba che se lo facesse un privato qualsiasi si troverebbe in galera il
giorno dopo con lapprovazione dei sindacati, di Occhetto, della Repubblica e di tutti i
progressisti. E si capisce anche perch lofferta della Ford sia ancora soggetta al segreto di Stato.
Nel frattempo la Fiat ha comperato, e non ancora pagato, quello che rimaneva dellAlfa, al solo
scopo di liberarsi di una possibile concorrenza interna e per smantellare Arese. Alla faccia
delloccupazione. Con la complicit dei sindacati e con la benevolenza del Pci-Pds.
Il Banco di Roma (quello che era feudo della P2), diventato Banca di Roma; il Credito Italiano
stato privatizzato; la Banca Commerciale (quella di Braggiotti e Palladino), sar presto privatizzata.
Tutto per bene, come vedete. Allitaliana e con la benedizione di Ciampi, oggi presidente del
Consiglio e allora governatore della Banca dItalia. Ma, per fortuna, Mazzotta in procinto di finire
in galera. Che si cominci davvero con le banche? Speriamo. (10 febbraio1994)

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TRA UN PO NON CI SARA PIU NEANCHE LA FIAT


Tra i segreti pi custoditi della prima repubblica, quelli impenetrabili a qualsiasi indagine - oltre
alle stragi, i golpe, il caso Moro, quello Mattei e a tutti gli altri sempre grondanti sangue -, ci sono
anche quelli sulle grandi operazioni economiche e finanziarie. Tra questi anche la (finta) vendita
dellAlfa Romeo alla FIAT.
Ho ricostruito in quellarticolo del febbraio 1994 le fasi di quellintrigo. Avevo gi inutilmente
tentato di farlo in Parlamento con interpellanze, interrogazioni, conferenze-stampa. Mai una
risposta. Allora cera lIRI e io, con le mie inguaribili simpatie stataliste, lo consideravo uno
strumento prezioso. Soprattutto in periodi di crisi. Come quello attuale. Altrimenti che ci sta a fare
lo Stato? Con quali armi pu combattere?
Purtroppo lIRI era anche un feudo dei partiti. Lo usavano a loro piacimento e per i loro interessi.
Politici, elettorali e anche per qualche arricchimento personale.
Non c pi lIRI e, di fatto, non c pi neanche lAlfa Romeo. Era facile prevederlo, come facile
oggi prevedere che fra qualche tempo non ci sar pi neanche la FIAT. Almeno come industria
italiana. Al di l delle poco convinte rassicurazioni di Sergio Marchionne.Rimane il mistero,
nonostante gli anni trascorsi, sulla famosa offerta della FORD.
Governi di centro-destra e governi di centro-sinistra, hanno tenuto le bocche rigorosamente cucite
su questo argomento. Cos come nulla si pi saputo su quella colossale evasione fiscale.
E nessuno lha mai scudata.

1983 In volo

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19 - DOPO LE ELEZIONI
RESTA SEMPRE TUTTO COME PRIMA
Su LIndipendente dellaltro giorno Valter Vecellio ha cercato di contrastare e mitigare il
pessimismo cosmico di Massimo Fini. Io invece sono completamente daccordo con Fini che ha
lucidamente profetizzato e descritto la Nuova Italia che ci apprestiamo a benedire con il voto del
27 marzo. Non sar, caro Vecellio, unItalia di guelfi e ghibellini. Magari fosse cos! Quelle erano
contese serie, contrasti tra due visioni del mondo, tra diverse interpretazioni della storia; tra
significati opposti delle funzioni e delle prerogative dellImpero e del Papato. Cera gente,
insomma, che si batteva per dei principi solidi, seri, veri; per dei valori autentici, profondamente
radicati nelle coscienze. Dalluna e dallaltra parte. Dove sarebbero adesso i nuovi guelfi e i nuovi
ghibellini? Dalla parte di Agnelli, De Benedetti, Scalfari e Occhetto con aggiunta di un po di
religione mondialista alla Trilateral? O da quelle, tutta in carta patinata, di Berlusconi, della
Fininvest e ammennicoli con spolveratina di massoneria nostrana? Via, siamo seri! Si tratta solo (!)
di uno scontro di interessi molto materiali, a volte legittimi, spesso torbidi e maleodoranti. Ma che
razza di Nuova Italia pu nascere da questo tipo di scontro che non ha pi nulla di politico? E, in
fondo, la vecchia storia gattopardesca del nostro Paese. E degli italiani. Pronti i credere che sia
sufficiente una mano di vernice fresca sulla vecchia carrozzeria per illudersi di avere una vettura
nuova. E il solito scontro tra lessere e lapparire. Daltronde questo mostriciattolo deforme che
la nuova legge elettorale non poteva che produrre i risultati che sono sotto i nostri occhi. Una legge
che servita a mantenere in vita i vecchi apparati dei vecchi partiti. Magari con il nome cambiato.
Avevano tutti paura di dover scomparire sotto le mazzate della magistratura, travolti dal disprezzo
dei cittadini e, cos, si sono inventati questo salvagente. Tutti daccordo. Con la vecchia legge il
mercato delle vacche si aveva dopo il risultato elettorale, adesso di mercati ne abbiamo due. Uno
quello al quale abbiamo assistito in queste settimane per la spartizione dei collegi allinterno delle
coalizioni; il secondo lo avremo dopo il voto. Per formare uno straccio di governo. Quando il Ppi,
il Ccd, i Verdi, Rifondazione, i Pattisti, il Msi, il Pli, il Pri, il Pds, la Rete, la Lega, i Berlusconiani e
via dicendo avranno formato i nuovi gruppi parlamentari saremo al punto di partenza. Altro che
seconda Repubblica! E sicuramente importante che De Mita, Craxi, Gava, Andreotti, De Lorenzo,
Pomicino, De Michelis e tanti altri se ne vadano a casa. Ma non decisivo. Sono disposto a
scommettermi la camicia e le mutande che i nuovi parlamentari vareranno delle leggi per sanare il
contenzioso delle vecchie ruberie e per assicurarsi limpunit su quelle nuove prossime venture.
Una classe politica che si dedicher (Fini ha perfettamente ragione) al vecchio tradizionale esercizio
di tosare quelli che sono pi facilmente tosabili. Vale a dire i ceti medi produttivi, i lavoratori
dipendenti, i professionisti, gli artigiani, i piccoli imprenditori, i commercianti. Quelli che hanno
votato o votano Lega perch credono nella rivoluzione della riforma della struttura dello Stato, nel
Federalismo come modo di tenere insieme quel che rimane dellItalia del quarantennio
partitocratico. Cos verr ingabbiata la Lega. Cos si taglieranno le palle al celodurismo.
Operazione che non si sarebbe potuta tentare se i leghisti avessero capito per tempo che bisognava
favorire nel Centro-Sud la nascita di movimenti localistici, federalisti e autonomisti, non fatti dalla
Lega anche se non contro la Lega. Senza far fare a Napoli, a Palermo o a Catania inutili e
controproducenti apparizioni a esponenti veneti, lombardi e piemontesi. Ma questo tutto un altro
discorso che prima o poi dovremo fare. Per ora godiamoci questa bella campagna elettorale finta
nuova. (22 febbraio1994)

UNA POLITICA DEL BAGAGLINO PER FINTI GUELFI E GHIBELLINI


Nel 2013 voteremo (voteranno) di nuovo. Scadenza naturale, non se ne pu fare a meno. Anche se,
per la verit, gli italiani ne farebbero volentieri a meno.
Non si pu: i riti di questa posticcia e ipocrita democrazia devono essere celebrati ad ogni costo.
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Sar, comunque la si voglia vedere, la fine certificata del ventennio berlusconiano e di quello
leghista. Ogni venti anni in Italia sembra cambiare tutto, anche se poi ci si accorge che non cambia
mai nulla. Si rubava, si ruba e si ruber; con nuove leggi e solenni proclami destinati a prendere in
giro gli italiani che ancora ci credono.
Finti scontri, presunte visioni del mondo opposte che poi, giorno dopo giorno, trovano punti
dintesa, compromessi, convivenze obbligate allinsegna del democratico reciproco rispetto.
Guelfi e ghibellini convivono pacificamente. Allitaliana.
Celebrazioni storiche e messe pasquali. Il ramoscello dulivo il vero stemma di una Italia che le
rivoluzioni le vuole vedere, solo e soltanto dopo, nelle fiction televisive. E i bagni di sangue li vuole
leggere soltanto nei libri di storia di altri Paesi. Sempre che li si voglia, e li si sappia, leggere.
Drammi veri? Mutazioni sociali violente? Teste mozzate?
Andiamo! Noi siamo fatti per la politica del Bagaglino, i rutti di Bossi e le labbra plasticate
della Santanch. I miti della domenica! Finti, inventati, praticati col tempo buono, le scampagnate,
le salsicce (leghiste o comuniste) sulla brace.
Il presidente Mao diceva che le masse non devono conoscere ma credere. Per credere occorrono
i miti e quando si vivono tempi senza miti come questi, i miti si possono anche inventare.
Limportante non crederci e sapere che, di solito, gli inventori di miti sono degli imbroglioni.
Altrimenti si ottiene il risultato che anche gli imbroglioni finiscano per crederci davvero ai loro
miti. E allora sono guai seri.

Milano 1984 Con Franco Petronio e Gianfranco Fini (quello con la pipa)

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20 LA RETORICA DEL 25 APRILE


I MORTI SI SONO GI RIAPPACIFICATI
Mi sono spesso domandato come mi sarei comportato nel 38 e nel 43 se, invece di avere
rispettivamente cinque e dieci anni, fossi stato in quella che si dice essere let della ragione. La
risposta insieme difficile e facile. Difficile perch praticamente impossibile riuscire a
immergersi in quella particolare atmosfera fatta di sensazioni, di impulsi, di motivazioni, di
emozioni che messi tutti quanti insieme portano a compiere una scelta, senza tenere conto di ci che
avvenuto e si conosciuto nei decenni successivi. E poi perch, tutto sommato, si tratta di scelte
di carattere esclusivamente personale. Un uomo si trova a reagire in modo assolutamente autonomo,
individuale davanti alla necessit di una decisione. E parlo non a caso di uomini e di necessit di
decisioni. Perch si pu anche non scegliere. Ci si pu rifugiare nel proprio egoistico
particolarismo, nellutilitarismo personale del tornaconto spicciolo, nella facile e vigliacca decisione
di tirarsi fuori dalla mischia. Ma, in tal caso, non si uomini, ma solamente, per dirla con Sciascia,
ominicchi, pigghianculo o quaquaraqu. Gli uomini veri scelgono, magari sbagliano, ma debbono
scegliere. Ma la risposta anche facile perch, alla fine, mi sarei comportato come fece mio padre.
Squadrista in giovent, mai gerarca, criticissimo fascista ai limiti dellantifascismo ai tempi dei
fasti, degli stivaloni, delle aquile, delle sahariane e delle parate delle quadrate legioni. Diceva in
ogni occasione che, cos come avevano fatto una marcia per portare Mussolini a Roma, bisognava
farne unaltra per riportarlo via. In mezzo alla riprovazione dei leccaculo di regime, allisolamento
personale e alte denunce per disfattismo da parte degli zeloti che dopo poco tempo avrebbero
inneggiato alla caduta del tiranno. E che, tuttavia, nel 43 and a perdere con Mussolini. Arrestato
dopo il 25 aprile e portato in campo concentramento, non fu ammazzato solo perch i suoi
dipendenti, tutti rigorosamente comunisti, andarono a riprenderselo, mitra spianato in mano,
affermando che era s un fascista, ma un fascista giusto e onesto. A Vercelli, una delle province pi
insanguinate dalla guerra civile. Era andato con Mussolini per la dignit, per lonore dItalia, come
si diceva enfaticamente allora, per cadere in piedi. S, anchio avrei fatto la stessa, identica scelta.
Su questo non ho alcun dubbio. Anche perch non posso dimenticare che questa fu la scelta di
moltissimi altri italiani che non erano mai stati fascisti.
Per la prima volta, nellintera storia dellItalia, ci fu chi scelse consapevolmente la parte perdente.
La sconfitta era sicura e tutti ne erano perfettamente convinti. Ricordo, e sono cose che ti restano
impresse nella mente e nel cuore, i discorsi che si facevano allora. Nessuno dei repubblichini
pensava a una impossibile vittoria militare. E dopo linizio della guerra civile anche le poche
illusioni di un esito non cruento caddero rapidamente. La guerra civile, appunto: tragica, crudele,
disperata e sanguinosa come lo sono tutte le guerre civili. Con eroi e criminali dalluna e dallaltra
parte. Basterebbe rileggere le cronache della guerra di secessione americana, basterebbe conoscere
le ragioni e le motivazioni dei vinti, cos come vengano fuori in tutta la loro drammatica verit in
quello stupendo libro di Dominique Venner intitolato Il bianco sole dei vinti, basterebbe
ripercorrere gli episodi e le tappe della guerra civile spagnola per comprendere occasionalit e la
nobilt delle scelte individuali. Delluna e dellaltra parte. Al di l delle ragioni della storia che sono
ragioni troppo complesse per poter essere appieno comprese dai protagonisti e dai contemporanei.
Di quei momenti ricordo tutto. Ricordo latmosfera cupa e grigia che Carlo Castellaneta nel suo
Notti e nebbia ha reso in modo perfetto. Ricordo il tragico errore di Graziani che volle la leva
obbligatoria, alimentando il fenomeno della renitenza e del partigianesimo: ricordo le canzoni
strafottenti e disperate; ricordo Radio Londra e il colonnello Stevens; ricordo il temibile e
prolungato brontolio delle fortezze volanti; ricordo la glaciale e crudele implacabilit dei tedeschi;
ricordo i giovanissimi volontari della Rsi, i ribelli catturati e destinati alla morte; i bandi e le
scritte clandestine sui muri; le armi e le divise; i gladi e le stelle rosse; ricordo lincombere della
morte in ogni atto, anche il pi semplice, della vita comune. Ricordo i coraggiosi e i vigliacchi; i
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combattenti e gli imboscati. I preti schierati da una parte o dallaltra. Le ausiliarie e poi le staffette
partigiane. Ricordo il discorso di Mussolini al Lirico trasmesso dalla radio. E poi il crollo:
definitivo, assoluto senza appello, senza speranza. La fucilazione di un fascista che con un amico,
con la incosciente curiosit tipica delladolescenza, andai a vedere di nascosto.
Forse per questo non sopporto chi scherza con la storia delle pene di morte. Gli americani con la
cioccolata e le sigarette e una stanza di casa mia requisita da un loro colonnello che disprezzava gli
italiani perch prima essere tutti con Mussolini e dopo ammazzare. I fascisti clandestini come
quel tal Buddetta di Milano detto Orso grigio che di tanto in tanto capitava a casa nostra. O la
principessa Pignatelli che dopo aver organizzato con il marito la resistenza fascista al sud tentava,
con mia madre, di aiutare quelli che erano latitanti o in galera. I viva il duce scritti sui muri di
nascosto. Le notizie che arrivavano attraverso i canali pi strani. Leccisi che trafuga la salma di
Mussolini da Musocco e rid orgoglio e dignit agli sconfitti. Ecco il mio personalissimo Combat
film impresso indelebilmente nella mia memoria. Perci quello che ho visto in televisione non mi
ha colpito pi di tanto. Immensa piet, questo s, per tutti. Per la tragica, sublime liricit del corpo di
Mussolini vilipeso da quello stesso popolo che lo aveva osannato. Per i giovani fascisti fucilati al
sud, per le Fosse Ardeatine, per tutti i morti, insomma. Anche se, come ha voluto sottolineare
Fassino, senza capire che dicendo quello che ha detto stava spiegando i motivi dellennesima
sconfitta delle sinistre, le ragioni delle morti erano diverse. Le une legate alla guerra perduta, ai
lager nazisti, alle rappresaglie, al soffocamento delle libert. Le altre alla democrazia, alla giustizia
sociale, alla pacifica convivenza civile. E magari alle decine di milioni di morti dovuti a Stalin e al
comunismo, a Hiroshima o alla notte di Dresda. O al libero mercato che, lo spero vivamente anche
se nutro qualche dubbio, sar diverso da quello che abbiamo conosciuto in Italia fino al giorno
doggi. La sconfitta del 46 stata immensa, definitiva. Anche se, almeno io ho potuto constatarne
la vastit e la portata solo trentanni dopo. I vincitori hanno avuto, nella storia, sempre ragione. E i
vinti sempre torto. Anche in questo caso, ed giusto cos. Per questo non credo alla pacificazione
per decreto. Credo, invece, che i morti, tutti i morti ovunque si trovino, si siano gi pacificati. Ed
questo quello che importa veramente. O che, per lo meno, importa a me, che non sono pi fascista
ma non intendo rinnegare o pentirmi del mio passato. Vista la mia insopprimibile tendenza a
schierarmi dalla parte degli sconfitti. Quelli di ieri, di oggi e, chiss, di domani. (16 aprile 1994)

VORREI UNA STORIA COMPRESA


E NON QUELLA IPOCRITA STORIA CONDIVISA
Questa faccenda della storia condivisa non lho mai capita. Non c mai stata, non c e non
deve esserci. Non cera per quella di centocinquantanni fa. E non pu esserci, a maggior ragione,
per quella pi recente.
Le celebrazioni del centocinquantenario hanno fatto riaffiorare antiche ferite non ancora
interamente rimarginate. Nonostante la retorica. Quella non manca mai. Poi, alla fine, copre tutto:
utopie, eroismi, slanci, visioni paranoiche, lucide crudelt, stragi, disprezzo per i vinti, idealit e
barbarie, monarchici e repubblicani, rivoluzionari e sognatori, massoni e avventurieri, anarchici e
traditori, eroi e vigliacchi.
E il groviglio della storia. Non la si pu separare da se stessa, prendere solo quello che fa comodo
e buttare nella spazzatura ci che non serve o non piace.
Non era e non una storia veramente condivisa, quella. E non pu essere una storia condivisa
quella del 1943-45. Al di l delle celebrazioni, delle stanche parate ufficiali, dei discorsi di signori
con la fascia tricolore. Logico, normale che i vincitori (quelli veri e i loro eredi) spieghino tutto a
loro uso e consumo. Normale, fatale e, probabilmente, anche giusto. Ma, per favore, non parliamo
di storia condivisa: quella pu andare bene solo per i libri di storia delle elementari.
Io vorrei solo una storia compresa, nel doppio significato che questo termine assomma: capita e
tenuta insieme. Niente altro e niente di pi. E che ognuno pianga i propri morti. Basta!

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21 IL CAVALIERE
ERA GIA UNA MUMMIA NEL 94
Che Silvio Berlusconi sia uno di quelli nati con la camicia fuori discussione. Che sia uno che sa
vedere tutti gli aspetti della vita con inguaribile ottimismo altrettanto certo. Di ottimismo, anzi, ne
ha fin troppo. Il che lo porta inesorabilmente a sottovalutare gli ostacoli e le difficolt. Il
pragmatismo esasperato ed esagerato, che lo ha portato a mietere successi in ogni settore in cui ha
operato, lo porta a credere che, volendo fortemente una cosa, questa sia condannata a cadergli tra le
braccia. Finora stato cos. Nelledilizia, nella televisione commerciale, nel calcio, nella grande
distribuzione, e ora, a quanto sembra, anche in politica. Pu darsi che ce la faccia. Le stelle, a
quanto pare, gli sono favorevoli, gli avversari troppo stupidi per poter mettere insieme qualcosa che
assomigli a un vero progetto in grado di far sognare gli italiani e di coniugare col sogno la realt,
fatta di interessi materiali e di aspirazione alle comodit della vita. Fatte di automobili con decine di
optional, di televisioni supersofisticate e superluccicanti, di week end in coda sulle autostrade, di
ragazze ipertettute, di vacanze alle Maldive, di ostriche surgelate e di giacche fintoarmani. Queste
cose Berlusconi riuscir senzaltro a darle. Baster lasciare andare un po il freno dellinflazione,
aumentare la produttivit e il consumismo, presentare unimmagine in carta patinata e in dodici
colori. In fondo gli italiani vogliono questo. E che diamine, la quaresima durata anche troppo. Le
indagini su Tangentopoli hanno decisamente stufato e non si pu continuare a cospargersi il capo
con la cenere. Daltra parte la coscienza collettiva ormai lavata. I protagonisti della prima
Repubblica, quegli stessi che gli italiani seppellivano sotto decine di milioni di voti, sotto montagne
di salamelecchi, di rispettosissimi vossignoria, di onori e gloria, non sono forse fuori dai piedi?
Eliminati, kaputt, sputtanati e qualcuno anche in galera. Tanto per dare qualche esempio. Gli italiani
si sono autoassolti. Cos va il mondo. Da sempre. Inutile scandalizzarsi. No, non verranno da queste
cose le difficolt per il Berlusca. E nemmeno dalla impossibilit materiale di mantenere le promesse
elettorali. Quelle dei milioni di posti di lavoro o della riduzione delle tasse. La situazione quella
che e in politica, come si sa, le giustificazioni costano una lira alla tonnellata. E poi, non li vedete
i vari Formigoni, Buttiglione, Michelini gi pronti a saltare sul carro del vincitore? Pronti a
raggiungere i fratelli separati Beautiful Casini, Nonna di Barbie Ombretta e Sempreinpiedi
Mastella. Bossi lunico che continua a tirargli calci nelle palle, consapevole com che il
Cavaliere lo vuole cucinare a fuoco lento, ma se per avventura le elezioni europee dovessero andare
bene per Forza Italia o maluccio per la Lega, anche la forza contrattuale dellUmberto ne uscirebbe
ridimensionata. Con tanti saluti alla riforma della struttura dello Stato, cio al federalismo. Tanto,
per Berlusconi, centralismo, federalismo, nazionalismo, doppio turno, turno unico sono la stessa
cosa. La sola cosa che vuole Palazzo Chigi. E nel suo carattere; nella sua storia personale. E
allora cos sia. Ma se posso permettermi di dare un consiglio al futuro premier, anche se so
benissimo che di consiglieri ne ha gi molti, forse troppi, vorrei dirgli di stare attento alle
scorciatoie. Io so che le ama e che in passato gli hanno dato dei risultati esaltanti. Ma la politica
unaltra cosa. Non solo diagrammi, sondaggi, bilanci, marketing, indagini demoscopiche,
autoesaltazione o Fede (con la maiuscola, proto) in se stesso. E anche sentimento, passionalit,
sangue, viscere, altruismo, emozione, dedizione irrazionalit. Ed esempio. Ecco, lesempio quello
che Berlusconi deve dare. E il migliore che possa fornire quello di una bella legge antitrust. Che
tagli le unghie al suo impero editoriale o televisivo. E non soltanto al suo, tra laltro. Anche a quello
di Agnelli e di De Benedetti. Per un vero libero mercato quale non abbiamo ancora conosciuto in
Italia fino a oggi. Visto che ci siamo trovati davanti a monopoli od oligopoli pubblici e privati. Che
si spartivano tutto. Con la corruzione, le tangenti e il malaffare. E non solo per colpa dei politici.
Con la magistratura che per trentanni ha guardato dallaltra parte. Lo faccia con la sola Politica,
quella con la maiuscola. Senza chiedere aiuto a quella dimenticanza del Padreterno che si chiama
Cuccia o alle sacre famiglie della finanza nostrana o internazionale. Chieda aiuto alla sua buona
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stella e si rimbocchi le maniche. Se riuscir a farlo dimostrer di essere un vero statista. Altrimenti
avranno ragione quelli che lo considerano solo un affarista. La qual cosa era perfettamente legittima
ieri. Molto meno oggi. (26 aprile 1994)

LA COLPA PIU GRAVE DI BERLUSCONI:


AVER RESO POSSIBILE IL GOVERNO DEI BANCHIERI
Fare la Cassandra non mi mai piaciuto. Anche se spesso mi capitato di farla.
Ognuno di noi ha il suo destino gi scritto; tanto vale accettarlo.
Nel caso di Berlusconi sapevo, sentivo che non sarebbe andata a finire bene. Non per lui, per gli
italiani.
La sua discesa in campo con tanto di fanfare, spot accattivanti, son et lumire, grancassa
mediatica e guitti adoranti, rispondeva al solo scopo di salvare la sua Fininvest (4800 miliardi di
lire di debiti) ed evitare una probabile galera, oltrech a essere motivata dalla sua inguaribile
vanit e dal desiderio di passare alla storia.
Personalmente ho sempre ringraziato gli dei dellOlimpo di averlo fatto piccoletto, pelato e
bruttino, e non alto 1,90, biondo e con gli occhi azzurri.
Ancora tremo al pensiero di quello che, in tal caso, sarebbe potuto accadere.
Di sicuro non ce ne saremmo pi liberati.
Tuttavia, era difficile prevedere il disastro che avrebbe combinato.
Ho sempre diffidato degli uomini della provvidenza, dei salvatori della patria, dei capi carismatici
e di quellammasso umano che inevitabilmente si raggruma intorno a loro. Servi, lacch, buffoni,
maggiordomi, arrivisti, garzoni di bottega, stallieri, cortigiane, mezze calzette, Sallusti vari: tutti
pronti a inneggiare al capo, alla sua intelligenza, alla sua capacit, al suo modo di vestire e di
parlare, a umiliarsi davanti a lui e inesorabilmente destinati, alla fine, a odiarlo per poter odiare
meno se stessi.
Chi lo aveva conosciuto sapeva che luomo non poteva che dare quello che ha dato.
Eppure, questo miscuglio tra il classico cumnda brianzolo, il cavaliere Tino Scotti, il
barzellettiere Carlo Dapporto o Gino Bramieri, e un finto Rocco Siffredi, poteva anche essere
perdonato.
Il suo pi grande delitto consistito nellaver reso possibile, ineluttabile, invocato e acclamato
larrivo al governo dei banchieri-professori.
Presentabili, rigorosi, a puntino nelle loro anonime grisaglie, asettici, educatini e apparentemente
competenti, ma pur sempre banchieri e professori (quasi sempre di universit snobisticamente
private), con immancabili passaggi alla Goldman-Sachs, alla Trilateral Commission e alla
Bilderberg Foundation.
Pensiamoci: essi oggi sono alla guida del governo italiano, di quello greco, di quello bulgaro e di
quello spagnolo. La BCE, la Banca Centrale Europea, loro, il FMI, il Fondo Monetario
Internazionale li benedice.
Governo tecnico? Questo il governo del pensiero unico globale, della finanza creativa, della
conservazione riformatrice, dellattacco finale al modello sociale europeo.
Il braccio di ferro sullarticolo 18 non centra nulla con il lavoro: un segnale forte per far capire
chi comanda davvero. Colpirne molti per educarli tutti.
Forse non si potr arrivare a importare in Europa il modello cinese o quello indiano, forse basta il
modello Marchionne: quelli che servono e alle condizioni che rientrino nei piani dellindustria
finanziarizzata. Quella che bada pi ai risultati della borsa che a vendere prodotti.
Gi, il mercato del lavoro. Tutti ormai usano questa espressione che trovo francamente sconcia.
Se c un mercato, ci significa che c della merce, da vendere e da comperare. Nel caso specifico
si tratta di uomini. Versione moderna e globalizzata dello schiavismo.
Uomini considerati merce. Come le vacche, il sesso, le coscienze, il calcio,gli ascolti televisivi: un
mondo di disvalori che che la logica conseguenza della modernit.
Berlusconi si credeva un grande, un dominatore di questo mondo che aveva contribuito a creare.
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Non era vero e lo abbiamo visto: sono arrivati quelli pi grandi e bravi di lui.
Ci fregano con il nostro consenso. Tra gli applausi.

29 dicembre 1989 Timisora (Romania)


Un giovane (e gi rampante) Alemanno

1990 Delegazione parlamentare in Sud Africa


Notare una inesperta e non ancora siliconata Margherita Boniver

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22 - QUELLEUROPARLAMENTO
SERVO DELLE LOBBY AFFARISTICHE
Prima Modigliani, adesso il Parlamento europeo. In articulo mortis. Anche senza laggiunta della
furbizia allitaliana, del richiamo agli orrori del fascismo e del nazismo, la sostanza comunque la
stessa. Si tratta di una pesante e inammissibile interferenza nelle cose di casa nostra. O, peggio, di
un avvertimento in puro stile mafioso. Che tradotto in soldoni vuol dire: attenti italiani a quello che
fate. Altrimenti vi rovesciamo addosso il peso intero di tutti gli internazionalismi presenti e operanti
sulla scena mondiale. Quelli politici e quelli finanziari e affaristici. Che non sono mai riusciti a
risolvere nessun problema del pianeta, n politico n economico, ma pretendono di continuare a
imbrogliarci e di essere persino ringraziati. E che non esitano a valersi dei nullafacenti pensionati
doro di Strasburgo pur di ficcare il naso nelle nostre faccende. Pensassero invece a quello che
accade nella ex Jugoslavia, o nel Ruanda, o nello Zaire, o in Iraq, o nelle repubbliche della ex
Unione Sovietica. Mai che si siano occupati delle catastrofiche conseguenze che hanno sul pianeta
le ciniche e pianificate decisioni della Trilateral Commission e del Bilderberg Club o delle
multinazionali planetarie per le quali culture, civilt, tradizioni, popoli altro non sono che mercati
da sfruttare o da omologare. Per questi cinici mercanti di morte lItalia degli Andreotti, dei
Cirino-Pomicino, dei Gava, della mafia o di Cuccia, andava benissimo. Sarebbe persino andata bene
unItalia nelle mani di Occhetto e di compagnia cantante. Mi verrebbe provocatoriamente da dire:
magari ci fossero nel prossimo governo dei ministri fascisti. Ministri come Di Crollalanza o De
Stefani. Purtroppo, invece, ci saranno soltanto ministri missini. E scusate la differenza. Ma questo
quello che passa il governo. Ministri tuttavia perfettamente legittimati da un voto popolare, Che, per
la prima volta in cinquantanni, ha anche espresso una indicazione di governo. La quale pu piacere
o meno, e a me personalmente poco piace, ma deve essere democraticamente accettata.
Incominciando a lavorare per creare una vera e seria opposizione. Vera e seria, senza il ricorso a
giochetti e trucchi che si ritorcono fatalmente contro chi li ha inventati. Perch questo ultimo fatto
ricorda da vicino lautogol elettorale di Violante contro Berlusconi. Se vogliamo essere cinici, come
purtroppo cinica la politica, sarei persino riuscito a comprendere, anche se non a giustificare, il
colpo da ko. E cio Berlusconi in manette a dieci giorni dal voto. La punzecchiatura ha ottenuto
leffetto contrario. Cos come sta accadendo oggi. Berlusconi si trovava in obiettiva difficolt per la
formazione del governo. Questa eurocazzata lo favorir. Lo aiuter, anzi lo ha gi aiutato, a
superare le ultime difficolt. Costringendo persino Scalfaro, sia pure con qualche cattolica
ambiguit, a prendere posizione. E a crearsi qualche benemerenza nei confronti della maggioranza e
dellopinione pubblica. Che gli potr essere utile in altri campi. Per esempio nel pasticciaccio del
Sisde. Perch tutto possa finire in gloria. Con buona pace delle esigenze di rinnovamento di questo
decrepito, inefficiente e corrotto Stato centralista. Cretini di tutto il mondo unitevi. (8 maggio 1994)

UN CIMITERO DEGLI ELEFANTI PER PENSIONATI DI LUSSO


Un cimitero di elefanti! E lEuroparlamento, fin dalla sua costituzione.
Europensionati di lusso, carichi di indennit, privilegi, liquidazioni e funzionari, a loro volta
strapagati.
I partiti italiani hanno sempre mandato a Strasburgo e Bruxelles i deputati pi anziani usciti dal
giro che conta, e i rompiscatole pronti a non rompere pi in cambio di una sistemazione
confortevole.
Una sorta di Ruota della fortuna pilotata.
Un buon europarlamentare potrebbe infatti essere oggi, Matteo Renzi, il rottamatore da rottamare
dopo le primarie (se ci saranno) del PD. Insomma, un eurorottamato.
Per tutto il resto, lEuroparlamento conta quanto una zecca e come una zecca a volte pu risultare
fastidioso.
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Soprattutto quando, invece di occuparsi della lunghezza dei fagiolini o della circonferenza dei
meloni, con le sue risoluzioni tanto pompose quanto perfettamente inutili, pretende anche di
occuparsi di politica.
Non ne ha mai azzeccata una. Di solito accade lesatto contrario di quanto ha previsto.
Qualche titoletto in settima pagina sui giornali, con qualche convegno dove leuroparlamentare di
turno si mette in mostra, ovviamente con rimborso, e basta.
Giusto cos, per un organismo che ha la stessa funzione e importanza di un circolo per nobili
decaduti.
Qualche pranzo, qualche ricevimento di gala, qualche partita a bridge.
Poi tutti a letto. Presto. Con una bella tisana calda.

Roma 1990 Pino Rauti suscita perplessit

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23 PERCHE SOLIDARIZZO
COL FIGLIO DI CRAXI
Caro Bobo, non ti stupisca questa attestazione di solidariet da parte di un nemico. Un nemico
vero, un nemico dei tempi nei quali tuo padre e tutta la tua famiglia contavano veramente in Italia e
a Milano. Erano i tempi nei quali non cera manifestazione mondana, non cera vernissage, non
cera sfilata di moda, prima teatrale o cinematografica che non si contendessero lonore della vostra
ambita presenza. Gli stilisti facevano a gara per pregare tua madre di esibire i loro modelli, i registi
si sentivano orgogliosi di parlare di qualsiasi sciocchezza con tua sorella Stefania, le pi prestigiose
penne del giornalismo italiano discutevano di politica, letteratura, arte o calcio con te. Magari
sperando che qualcuno mettesse una buona parola con il simpatico Pilli per una casa in via
Bagutta o a Brera. Ricorderai certamente i miei attacchi al Psi del tempo e alla tua famiglia nelle
sedute del consiglio comunale di Milano quando mi pareva che tu dicessi delle stupidaggini e
quando mostravi troppa arroganza. Mai che uscisse una riga sui giornali per, gli attacchi al Capo e
alla sua Augusta Famiglia erano rigorosamente censurati. Cos andava e va il mondo. Avete fatto
parte di un sistema di potere che si riteneva eterno, immobile. immutabile.
Non vi eravate resi conto che vi stavate scavando la fossa sotto i piedi, non vi sfiorava neppure
lidea che il regime, perch di un autentico regime si trattava, potesse crollare da un momento
allaltro. Nel consiglio comunale di Milano larroganza del Cognato assumeva aspetti veramente
intollerabili e che io, infatti, non tolleravo. In una circostanza venni quasi alle mani con il
sindaco. In unaltra dovetti ricordarti, davanti ad una tua uscita un po imprudente, la Somalia e gli
affari che in quella disgraziata terra avevate fatto. Per tutto questo adesso io posso esprimerti la mia
solidariet. Per quello che vale. Da parte di uno che non ricopre pi alcun incarico. Da uomo libero
quale sempre sono stato. Il volantino che hai trovato davanti a casa ignobile, infame e, per di pi,
stupido. Infame perch coinvolge persone che hanno, a loro volta, una famiglia che non deve
sopportare cose simili. Ignobile perch lestensore non ha il coraggio di firmare e di assumersi la
responsabilit di quello che dice. Stupido perch (queste mie righe ne sono una dimostrazione)
finisce per ottenere leffetto opposto a quello sperato. Almeno da parte di chi abituato a
combattere le battaglie in prima persona e preferisce scontrarsi con i potenti piuttosto che infierire
sui vinti. E poi perch ricordo, come se fosse ieri, quello che mi accadeva durante gli anni 70
quando ero subissato di telefonate e di lettere che, manco a dirlo, mi promettevano una nuova
piazzale Loreto. Cercavo di infischiarmene anche se, avendo una moglie e una figlia, non potevo
fare a meno di pensare che quando uno vigliacco, lo pu essere fino in fondo. E dovevo stare
attento a quando uscivo e rientravo a casa, specie se non da solo. Credo perci che a quelli che si
sono resi autori di una simile bravata non spetti la definizione di nemici ma, pi semplicemente,
quella di vigliacchi. Dei vigliacchi che, magari, quando eravate potenti e riveriti, vi riverivano e vi
votavano. E che oggi, ne sono sicuro, riveriscono e votano o voteranno per i nuovi potenti. Con i
quali, da sconfitto ma non da vinto, mi trover anche io a scontrarmi. Perci, caro Bobo, non dare
troppa importanza a simili manifestazioni di imbecillit e di vigliaccheria tipiche della pi pura e
inossidabile tradizione italiana. Bevi fino in fondo lamaro ma corroborante calice (per la
formazione del carattere) della sconfitta e dellemarginazione. E, se ti pu essere di conforto e di
aiuto, sappi che sono pronto a passeggiare insieme a te, per le vie di Milano. Sono proprio curioso
di vedere se qualcuno avr qualche cosa da dire. (12 maggio 1994)

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24 - NON GIOISCO PER I GUAI


DI TOGNOLI E PILLITTERI
Scandalizzer qualcuno tra i miei venticinque lettori se oso dire che non ho provato nessuna gioia
per le condanne inflitte a Tognoli e a Pillitteri? Intendiamoci bene, non dico che le condanne siano
giuridicamente ingiuste o immotivate. Anzi, quattro anni non sono poi molti per chi stato il
referente politico e istituzionale di quel sistema di potere per cui si pagavano tangenti anche per le
forniture di matite allorfanotrofio. Tuttavia non mi sono messo a ballare e non ho esultato. Cos
come ha fatto il pm Gherardo Colombo fulminando con uno sguardaccio il cronista che gli chiedeva
se fosse soddisfatto. Forse perch li ho conosciuti bene. Tutti e due. Cos diversi, eppure costretti
a essere uguali. Dal sistema che anchessi avevano contribuito a edificare. Un sistema che aveva
bisogno, assoluto bisogno, di una serie a cascata di collettori di denaro pubblico e privato. I Chiesa,
gli Scacchi, i Carriera, i Dini, i Larini. Che pigliavano cento e si tenevano settantacinque. Per le
ville, le auto, le famiglie, le amanti, i viaggi esotici e le barche.
E che appena beccati hanno vuotato immediatamente il sacco rovesciandolo sulle spalle dei politici.
Tanto loro, allora, avevano limmunit parlamentare. Potevano sopportare. Qualche tempo fa ho
incontrato Tognoli in Transatlantico a Montecitorio. Gli ho chiesto come si sentisse davanti alla
valanga di accuse che lo coinvolgevano in Tangentopoli. Mi ha riposto che lunica cosa che lo
tenesse ancorato alla vita era il fatto di aver potuto parlare di queste cose con i figli. Di aver
dimostrato di non essersi arricchito. E che loro avevano compreso. Tognoli. Fino a quando non
divent sindaco di Milano era difficile accorgersi della sua esistenza. Sembrava un anonimo e
grigio burocrate di partito. Poi divent il Tognolino', il sindaco amato dai milanesi. Una valanga
di preferenze. E anche notevoli capacit. Fino a suscitare linvidia e la preoccupazione di Pilli e
dello stesso Bettino. Appena eletto ebbe il coraggio di andare in piazza e di ricordare (eravamo
negli anni 70), come vittime da onorare e da rispettare Ramelli e Pedenovi. I morti cattivi. Bel
coraggio, allora! Erano gli anni nei quali per fare le liste per le elezioni per il Msi bisognava cercare
gli incoscienti, i pazzi e i votati allemarginazione politica e sociale. Mica come adesso che c la
fila davanti alle sedi di Alleanza nazionale. Gli anni nei quali la signora Fini non si chiamava ancora
Fini e non scriveva sciocchezze su Il Giornale sui suoi incontri con Clinton e sui suoi abiti di Sarli.
Da arrivata. E vero: con i suoi risotti e la mostra sugli anni 30, Tognoli contribu ad allentare la
tensione e il clima di violenza che a Milano si tagliavano col co1tello. Esattamente allopposto il
Pilli. Arrogante, presuntuoso, eterno goliarda, conscio del potere che esprimeva. Senza averne le
doti. Si annusava ancora in lui lodore del Psdi dal quale proveniva. Non credeva in nulla.
Esprimeva fisicamente e nei modi di comportamento la Milano dello yuppismo e del
rampantismo socialista. Non faceva nulla per nascondere il suo carattere e la sua reale essenza.
Voglio dire che nessuno poteva pensare di trovarsi davanti a un santo o a un asceta. Eppure
facevano a gara per frequentarlo. Contesse e puttane, malavitosi e magistrati. Tognoli e Pillitteri si
odiavano. Adesso sono accomunati da una sentenza di condanna. Che, tuttavia, non potr ucciderli
pi di quanto siano gi morti. La morte politica. Quella forse pi difficile da digerire. Perci non
gioisco, non esulto, non godo. (6 giugno 1994)

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25 - LA MIA DROGA
SI CHIAMA FEDE (EMILIO)
Ogni sera alle sette, cascasse il mondo, mi precipito a casa. Mi incollo davanti al televisore e
attendo con impazienza, sintonizzato su Rete 4, il telegiornale di Fede. Qualche volta resto deluso:
Fede non c. Forse a Montecarlo o Sanremo o, che so, a Campione. Il pi delle volte, tuttavia, la
mia attesa e la mia fedelt vengono ricompensate. Finalmente appare. Il capello sapientemente tinto,
labbronzatura Uva perfetta, labito doppiopetto rigorosamente fumo di Londra. E incomincia a
parlare.
Di colpo dimentico tutti i miei problemi, le incazzature della giornata, gli acciacchi, la mancanza di
quattrini, i piccoli e grandi dolori della vita. Mi sorprendo ad abbozzare un sorriso che si trasforma
ben presto in una sonora e liberatoria sghignazzata. E uniniezione di buonumore e di irrefrenabile
allegria. Lo confesso: sono Fededipendente. Ho bisogno di lui come il tossico della dose media
giornaliera, il tabagista del pacchetto di bionde, lalcoolista del mezzo litro di barbera. Come fare
a meno del bagliore estasiato del suo sguardo quando parla di Berlusconi? Come essere privo dei
gorgoglii caramellosi della sua voce quando pronuncia le fatidiche tre parole presidente del
Consiglio? Come rinunciare ai suoi sapienti o svolazzanti cinguettii quando ci deve dimostrare che
viviamo nel migliore dei mondi possibili e terribili ingrati noi che non ce ne accorgiamo? Lui,
quello con la elle maiuscola, lavora venti ore al giorno per il nostro benessere, la nostra felicit e il
nostro avvenire, sacrificando salute, affetti e comodit e se non ci fosse lui (con la elle minuscola),
cio Fede, a farcelo sapere, tutti lo ignorerebbero? Emilio di una dedizione commovente. Anche
se ricompensata a suon di centinaia di milioni.
Questo un particolare insignificante. Che diamine! C forse qualcuno che osi pensare che
lEmilio ci abbia il suo bravo tornaconto a fare lo zelota? Per carit! Lui un professionista coi
controcazzi! Certo, or qualche decennio, aveva impalmato Diana De Feo, figlia di un consigliere
Psdi della Rai. Se non sbaglio la moglie lavora ancora alla Rai. Tanto per arrotondare il bilancio
domestico. Ma chi oserebbe pensare che ne ha tratto vantaggi per la carriera? Poi c stato loscuro
episodio del poker taroccato e delle bische. Ma via! Ognuno di noi ha i suoi vizietti, e poi lui faceva
il pollo. Adesso che approdato alla Fininvest, non vuole pi correre rischi. Gli piovuta la manna
dal cielo. Sa che non potr avere unaltra occasione. E pronto a tutto. E persino diventato
milanista.
Eppure io lo voglio, lo esigo, non posso pi farne a meno. Mi scompiscio per le sue freddure, mi
stravolgo per la sua finta e studiata meraviglia quando deve dare una notizia che non gli garba, vado
fuori di testa per gli storpiamenti dei nomi di chi gli sta antipatico, mi masturbo per i suoi duetti con
il povero Brosio, raggiungo lestasi per laria candida e innocente che assume quando sta per
spararla grossa. Proprio come i ragazzini quando stanno per fare una marachella.
Tutti si rendono conto che pi dannoso per Berlusconi di DAlema, Bossi e Borrelli messi insieme
e, forse, meglio di ogni altro lo sa lo stesso Berlusconi.
Per cui tremo al pensiero che un bel giorno il Cavaliere decida di togliersi di torno questo
appiccicoso e micidiale amico. Per favore, Cavaliere, non lo faccia! Gli faccia dare un contratto a
vita! Anzi, se posso permettermi di esprimere un mio desiderio, di confessare un mio sogno segreto,
vorrei suggerire un bel telegiornale tutto nuovo.
Pensate un po: un telegiornale con Fede e con Paolino Semprinpiedi Liguori, ex lottacontinuista,
ex montanelliano, ex sbardellian-andreottiano, ex Eni. Con la partecipazione fissa di Gianni
Cicisbeo Letta. Sarebbe una cosa, per dirla con Ezio Greggio, da leccarsi le orecchie. (5
novembre 1994)

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HO CAMBIATO IDEA: FEDE MERITA SOLO UN MINUTO DI DISPREZZO


Da tempo mi sono disintossicato. Non mi diverte pi.
Vecchio, imbolsito, sgradevole, sempre prevedibile, lesempio vivente di quello che un individuo
non dovrebbe mai diventare.
Nessuno gli rimprovera la riconoscenza per un uomo. Il prescritto di Arcore, che lo aveva tolto
dal triste TG di Rete A, dove trascinava la sua esistenza, per metterlo a capo del TG4. Anzi,
quello che gli si deve rimproverare di avere, per tutti questi anni, finto una riconoscenza che
nascondeva il desiderio di sfruttare il suo padrone meglio e sempre di pi.
Meglio, molto meglio il suo ex-sodale Lele Mora che non ha fatto creste e se ne sta in galera
dignitosamente.C chi nasce uomo e chi quacquaraqu.
Ha persino fatto eleggere senatrice la moglie. Forse per non doverle pagare gli alimenti.
Si crede irresistibile perch grazie alla carica e al Viagra riesce a farsi qualche smadrippata in
cerca di gloria.
Ma la cosa per me pi importante unaltra: uno che, per allisciarsi il padrone, arriva al punto di
cambiare la squadra per cui tifa merita solo un minuto di disprezzo.

Milano 1994 Con Alain De Benoist

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26 NON SERVE FARE CONDONI,


LA NATURA NON LI FA
A vederli facevano quasi pena. Lui, il sottosegretario Gasparri, con quei suoi occhi acquosi e torbidi
pi dei fiumi che stavano straripando; lei, lineffabile Ombretta, con quella sua vocetta stridula e
petulante e quella sua capigliatura da cocorita resistente a qualsiasi intemperie. Erano la
testimonianza vivente di un fallimento. Quello dello Stato e del modello di sviluppo che per decenni
ci stato proposto.
Intendiamoci: le colpe non sono loro. Al pi gli si pu imputare una sottovalutazione del fenomeno,
il ritardo dellapprontamento dei mezzi dintervento, una certa superficialit nellaffrontare
lemergenza. Tuttavia, mentre li vedevo l sotto la pioggia, davanti ai microfoni e alle telecamere,
impegnatissimi a dire che loro avevano fatto tutto lumano possibile, non potevo fare a meno di
associarli allimmagine, questa s davvero calamitosa, che lo Stato ha oramai assunto agli occhi dei
cittadini-sudditi.
Tutto ci che accade nel campo delle cosiddette calamit naturali, infatti, non pi imputabile solo
alla fatalit, alleffetto serra, agli anticicloni delle Azzorre, alle pressioni e depressioni
atmosferiche. Questi ci sono e ci sono sempre stati ma, in un mondo che ha a disposizione strumenti
e marchingegni tecnologici e telematici; in un mondo nel quale gli studi sulla meteorologia, i
satelliti, la aerofotogrammetria del suolo e del sottosuolo, le previsioni sullandamento delle portate
di piena dei fiumi in caso di pioggia consentono di avere lesatta percezione degli effetti che si
possono avere, ci che realmente accaduto, e cio i morti, le distruzioni, la scomparsa di interi
quartieri di citt sotto lacqua, la polverizzazione di monti e di strade non possono essere attribuiti
solo al destino cinico e baro o alla furia incontrollata ed incontrollabile della natura. Non si
trattato, infatti, n di un terremoto n di un maremoto e neppure di uno di quegli uragani che di
tanto in tanto si abbattono sulle coste del Pacifico. Nemmeno di uno di quei flagelli biblici che
colpiscono le plaghe pi sperdute del continente africano.
Qui si tratta proprio dellincuria e dellinsipienza delluomo. Cio dello Stato, cio dei governi che
si sono succeduti in Italia negli ultimi decenni e dei quali lattuale degno, anzi degnissimo erede.
Genova finisce sottacqua un paio di volte allanno. LOltrepo pavese un festival della frana. La
Valtellina una bomba idrogeologica. Tutte le nostre valli sono a rischio permanente. Gli
smottamenti, le valanghe, le frane costituiscono la normalit. Che si fatto? Nel passato nulla,
nonostante gli avvertimenti, a volte pesantissimi, dati dalla natura. Ma adesso, con la cosiddetta
seconda Repubblica? Quali provvedimenti di ampio respiro sono al vaglio del Consiglio dei
ministri? Quali disegni di legge sono allapprovazione del Parlamento? Quali iniziative sono state
prese per dare sviluppo, mezzi, efficienza ai nostri servizi geologici, a quelli idrogeologici, ai vari
magistrati delle acque?
Non si vuol capire che non si possono privare intere zone montane o collinari della presenza
delluomo, non si pu distruggere il nostro patrimonio boschivo, non si pu continuare a edificare
ville, case e casette abusive di villeggiatura, a fare piani regolatori che ignorano quale lo stato del
suolo, a tracciare autostrade e strade a capocchia, a saccheggiare ed inquinare le falde acquifere, ad
alterare il corso dei nostri fiumi.
Ci che accaduto in Piemonte e in Liguria, due tra le regioni pi sviluppate del nostro Paese, si
ripetr alla prima occasione. Per cui non ce ne frega nulla di sapere, come ci ha puntualmente
informato Emilio Fede, che il presidente del Consiglio rimasto ad Arcore a seguire con un occhio
il suo Milan e con laltro lo sviluppo della situazione. Quello che vorremmo sapere come intende
agire per dare sistemazione al nostro territorio in sfacelo. Per il momento ci pare che lunico
provvedimento preso sia quello del condono edilizio. Un premio a chi ha contribuito al disastro.
Peccato che la natura non faccia condoni. (9 novembre 1994)

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SEMPRE PIU CEMENTO PER SEPPELLIRE


STORIA, BELLEZZA E BUON GUSTO
Penso di essere stato lunico geologo passato sui banchi del Parlamento repubblicano.
Credevo, o mi illudevo, di essere un politico ma ho anche cercato di dare il mio contributo per il
campo nel quale avevo preso una laurea.
Tentativi molti: interrogazioni sui soliti eventi, cosiddetti naturali, che colpivano e colpiscono il
nostro Paese, proposte per cercare di obbligare le regioni, i comuni e le comunit montane a
dotarsi di un geologo; iniziative per far capire che investendo pochi soldi prima, se ne potrebbero
risparmiare un mucchio dopo. Tutto inutile, tutto finito nei cassetti. Sottovalutazione? Insipienza?
Mancanza di una cultura specifica? Certo, cera anche tutto questo. Ma, poco alla volta, mi sono
convinto che si voleva che andasse proprio cos. Andava bene a tutti. Quasi a tutti.
Bello, ma soprattutto utile e talvolta redditizio, veder sorgere case, ville, casette, condomini (quasi
sempre orribili) sulle coste, sulle colline a rischio di frana, sulle montagne, negli alvei dei fiumi,
vicino alle vecchie colture abbandonate daluomo. Remunerativo per gli amministratori disonesti e
ignoranti, fare varianti di piano regolatore che cementificano tutto il cementificabile, riempire le
adiacenze delle strade di scatole per scarpe ribattezzate centri commerciali, sotterrare fiumi e
torrenti, mangiare territori per misteriose speculazioni edilizie alla Ligresti, far sorgere
allucinanti grattacieli stile Blade Runner per inutili eventi tipo Expo e via elencando. Orrende
iniziative nel pi smaccato e pacchiano stile becero-americano, destinate, prima o dopo, a marcire
nel giusto abbandono.
Non paghi, gi a immaginare ponti sugli stretti, a stuprare valli con tunnel inutilmente smisurati, a
progettare decine di porti turistici con annessi villaggioni per barboni spirituali che vogliono
sentirsi ricchi e alla moda. C da guadagnare, da speculare, da strozzarsi di denaro e di cattivo
gusto. Ormai le citt sono dentro il loro hinterland senza soluzione di continuit. Edifici da incubo,
casermoni anonimi e infetti e, accanto a loro, citt satellite come le ordinate, noiose e prive di vita,
Milano 2 e Milano 3 o le new town dellAquila.
Monumenti alla morte civile, sociale e a quella del buon gusto.
E pensare che rimettere un po in ordine lItalia sarebbe anche un ottimo modo per dare lavoro,
uscire dalla crisi e dar vita a uno sviluppo sostenibile che potesse conservare per il futuro un po di
coscienza di se stessi e della propria storia.
Per essere ancora un popolo con una storia.
Ma la modernit un feticcio che ha bisogno di continui sacrifici, spirituali, sociali, materiali e
culturali.
Il progresso un cancro che distribuisce metastasi. Ovunque e senza condoni

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PARTE II
A partire dal luglio 2003, uscito qualche numero del periodico politico culturale
Intervento, di cui ero direttore politico (direttore responsabile era Adriano Rebecchi).
Con pochissimi mezzi e una periodicit semestrale, Interventi uscito fino al febbraio
2005, per un totale di 11 numeri (uno nel 2003, due nel 2004, quattro nel 2005, tre nel
2006). A Intervento hanno collaborato: Maurizio Cabona, Enzo Erra, StefanoVaj,
Massimo Fini, Benito Bollati, Alberto Pasolini-Zanelli, Umberto Croppi, Walter Jeder,
Enrico Landolfi, Stenio Solinas, Alberto Rosselli, Sergio Pessot, Jean Toschi-Visconti, Nico
Perrone. Dunque, destra e sinistra, con voci fuori dai cori.

FINI, LUOMO CHE NON CERA. E CHE NON CE


Alle prime luci dell'alba del 9 febbraio del 1999, in un ospedale di Torino, si spegneva durante una
delicata operazione al fegato, Giuseppe Tatarella detto Pinuccio . Quella stessa mattina su Il
Giornale veniva pubblicata una sua intervista a cura di Giancarlo Perna. Come evidente,
l'intervista era stata fatta qualche giorno prima e Perna non poteva immaginare quello che sarebbe
accaduto; ignorava persino che Tatarella fosse in quelle condizioni, ma Pinuccio lo sapeva bene, e
quel colloquio finiva per essere il suo testamento politico. Forse anche il mezzo per dire, alla sua
maniera, cose che fino ad allora si era tenuto dentro.
Pinuccio era una simpatica ed intelligente canaglia politica . Esponente di quella certa
intellettualit della Magna Grecia, per dirla con Agnelli, presente nella politica italiana era pronto
ad ogni patto, fosse anche il pi scellerato, e altrettanto pronto a mantenerlo a qualsiasi costo. Il che,
in politica, non cosa da poco. In poche parole, se ti proponeva di partecipare ad una rapina, non
pretendeva di farti credere che si sarebbe andati alla processione del Corpus Domini.
Tatarella veniva da Bari. Era cresciuto allombra di Araldo di Crollalanza e di Ernesto De Marzio,
non aveva vissuto, nella sua adolescenza, la lacerazione della guerra civile al Nord. Si era
furbescamente sottratto alla trappola della scissione di Democrazia Nazionale del 1977 pur
condividendone lo spirito, ed il suo orizzonte politico e culturale era quello della Destra storica
nazional liberal-moderata. Gli erano, insomma, estranee le pulsioni sociali, nazional-rivoluzionarie
ed aristocratiche dei diversi filoni che sarebbero stati coagulati dallesperienza fascista.
Non si proponeva, cio, di aggiornare il Fascismo, ma piuttosto di ritornare alla destra prefascista,
finendo per dare ragione, anche se non lo avrebbe mai ammesso, all'interpretazione crociana della
parentesi della Storia.
Tatarella era sicuramente intelligente e si era capito, gi prima di questa sua ultima intervista, che
era rimasto deluso dei primi cinque anni di esperienza del Polo, arrivando ad ipotizzare, sia pure in
modo molto confuso, di andare oltre il Polo. Pinuccio, inoltre, era stato ed era il grande timoniere
politico di Gianfranco Fini.
Alla impertinente domanda di Perna, Perch avete puntato tutto su Fini?", risponde quasi
testualmente: Perch Fini era sufficientemente scolorito per interpretare sia una politica radicalestremistica, che una svolta liberal-moderata. Pi che un suo epitaffio, sembra una pietra tombale
posta sullo spessore politico e morale del personaggio Fini.
Il 9 di febbraio del 1999, Fini si vede privato della sua stella polare politica e deve cercare di
navigare da solo. Allinizio pensa di cavarsela facendo le stesse cose che aveva fatto, a partire dal
1978, con Giorgio Almirante, nel vecchio M.S.I. (stare attaccato alla giacca del leader, dire
sempre s, copiare gli atteggiamenti almirantiani, mutuarne a suo modo) leloquio, sposarne la
demagogia e, soprattutto, non avere mai propri pensieri originali. Se mi andata bene con
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Almirante, mi potr andare bene anche con Berlusconi, deve aver pensato il giovane aspirante
Forlani degli anni 2000!
Tranne che Berlusconi non pareva e non pare avere alcuna intenzione di scomparire o, quantomeno,
di farsi da parte. Anzi, ha occupato e continua ad occupare il palcoscenico, accentrando sulla sua
persona i riflettori, spiazzando continuamente alcuni dei suoi alleati con colpi di teatro che, al di l
dello spessore politico e culturale e spesso del buon gusto, finiscono per esaltarne la indispensabilit
e lineluttabilit. E pensare che lex giovane Gianfranco credeva di averlo svolto proprio bene il
compitino! Sempre a modino, sempre composto, sempre uomo in Lebole, quasi sempre silenzioso
ed annuente, sempre con laria di chi ha pensieri profondi nella zucca, sembrava, come dicono a
Roma nato con il fiore nel culo come le zucchine!.
Dopo Fiuggi pareva che tutto dovesse andargli per il verso giusto. Era passato da Mussolini a
Giolitti, dal Fascismo degli anni 2000 al moderatismo liberista, qualunquista e tecnocratico delle
cosiddette destre europee. Era passato dalla guerra culturale antimondialista al filoamericanismo pi
becero, con i pellegrinaggi non pi a Predappio, ma alla City di Londra, a Wall Street, alle Fosse
Ardeatine e a Dachau, e con miraggio, non ancora realizzato, ma, vedrete che ce la far, del viaggio
a Gerusalemme. Aveva chiesto scusa, a nome del popolo italiano (e perch?), a destra e a manca.
Sposando i valori della resistenza e dellantifascismo e ringraziando gli americani per averci
liberati. Sempre con laria compunta di chi crede in quello che dice anche se - chi lo conosce lo sa
bene -, in quel momento sta pensando ad altro.
In realt Fini come lombrello: necessario quando piove, ma utile anche per proteggersi dal
solleone! A patto che ci sia qualcuno a suggerirgli quando bisogna aprirlo e quando chiuderlo.
Come aveva, appunto fatto fino al febbraio del 99, Pinuccio Tatarella.
La crisi di Fini e di A.N., cominciata da l.Il curioso sistema elettorale italiano cosiddetto
maggioritario ha, per molti anni, impedito di vederla questa crisi, ma essa covava sotto cenere. La
cenere lasciata dallincendio autodoloso che aveva bruciato lidentit del partito.
Il sistema elettorale, dicevamo, ha consentito a Fini di godere di una cospicua rendita di posizione,
facendogli sapere in anticipo su quanti deputati e senatori avrebbe potuto contare in caso di vittoria
o di sconfitta della coalizione, con laggiunta, nel primo caso, di un discreto numero di ministri,
sottosegretari e via lottizzando. In questa guisa diventato vicepresidente del Consiglio, ascoltato,
con le orecchie e solo con quelle, dallamico Silvio", riverito nei talk-show di Bruno Vespa, preso
sul serio quasi da tutti e quasi dappertutto. Persino a Bruxelles dove si impegnato, da diligente
studentino, a dare il suo ponderoso contributo alla stesura di quell'inutile aborto che viene
pomposamente chiamato Costituzione Europea e che, alla faccia della Democrazia, non verr
neanche sottoposta al voto dei popoli europei. Cos aveva pensato di accreditarsi come aspirante
statista, i cui silenzi - come quelli del celebre giardiniere interpretato da Peter Sellers nel film Oltre
il giardino - potevano essere scambiati per pensose, caute ed intelligenti meditazioni.
Allo stesso modo non ha fiatato sulle leggi berlusconiane votate a ranghi compatti ed a tamburo
battente in Parlamento: dallabolizione delle tasse di successione alla legge sulle rogatorie, dalla
cancellazione del falso in bilancio alla Cirami, dal lodo dellimpunit alla legge Gasparri. Per
non dire del vergognoso voto sullaggressione all'Iraq e di tutti quei provvedimenti che, di fatto,
stanno cancellando quel poco che rimasto dell'imponente eredit sociale costruita negli anni 30.
Intendiamoci bene: cinicamente (e come ben si sa il cinismo in politica di casa), avremmo potuto
persino capire che la destra italiana volesse lasciare nel deposito bagagli della storia tutto
quellarmamentario del folclore fascista e neofascista che minacciava di renderne inutile la
potenzialit politica, ma allo scopo di poter essere meglio s stessa, per poter affermare meglio nel
mondo di oggi, sui problemi di oggi, la propria identit. E non per passare armi e bagagli dallaltra
parte, con un trasbordo ideologico consapevole che, al pari del Mito incapacitante, cio del
nostalgismo comodo, sicuro, autoreferenziale, ma politicamente sterile degli anni 70 e 80, finisce
per renderla sostanzialmente inutile. Bisognava lasciare ci che era superfluo ed insignificante per
andare oltre il Fascismo e il neo fascismo, non per tornare all800!

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Fotocopia sbiadita di Forza Italia per alcuni versi, del neo-democristianismo dellUDC per altri,
sballottata dalla Lega che la spiazza su tanti argomenti costringendola costantemente a giocare di
rimessa sulla devoluzione, sullunit nazionale, sullimmigrazione e financo sulle pensioni, A.N.
non ha pi una identit forte, precisa, immediatamente riconoscibile. Non pi lAlternativa al
Sistema, ma non riesce neppure ad essere lalternativa nel Sistema.
E dire che la tremebonda indecisione dei partiti del centro-sinistra, linadeguatezza, persino
patetica, dei suoi dirigenti, avrebbe consentito ad un partito dalle forti connotazioni nazionali,
sociali, anticonsumistiche ed antiamericane, culturalmente ben radicato nella tradizione italiana ed
europea, di giocare a tutto campo su tanti problemi e tanti temi. Costringendo Berlusconi a fare i
conti con le sue enormi contraddizioni, con i suoi mastodontici conflitti di interesse, con il suo
insopportabile narcisismo da venditore di fumo, anche se di successo. Si abbandonato Evola per
Baget-Bozzo, Gentile per Roberto Gervaso, Grazia Deledda per la Santanch, Pirandello per Lando
Buzzanca!
La crisi di A.N. nasce da tutto questo: dalla neghittosit del suo leader; dalla vociante incapacit dei
suoi cosiddetti colonnelli, dalla perdita di ogni decenza politica di cui, il neocoordinatore La
Russa, la pi palmare dimostrazione. La crisi era gi presente, prima ancora dellevidenza
elettorale, mascherata dalla finta baldanza, dal finto ottimismo, dal fastidioso presenzialismo dei
vari La Russa,Gasparri e compagnia ghignante. Levis est fortuna: cito reposcit quod dedit,
dicevano i saggi latini. La Fortuna leggera: presto chiede indietro ci che ha dato!
Cos sta arrivando il tempo della resa dei conti. Oramai evanescente sul terreno dellimmagine,
inutile ed addirittura dannosa per la difesa dei valori fondanti della nostra storia, di tutta la nostra
storia, e delle passioni che ci hanno bruciato nel corso del 900, ridotta all'amministrazione di
piccole clientele, incapace di difendere la nostra identit e sovranit nazionale, ligia agli ordini
dellimpero statunitense, la cosiddetta destra ha giocato la carta della disperazione. Lo avrebbe
potuto fare su mille argomenti. SullEuro che ci ha impoverito tutti. Sulla difesa del principio di
legalit ed uguaglianza per tutti davanti alla Legge contro le interpretazioni berlusconiane. Sulla
devastante dissoluzione del nostro tessuto sociale. Sulla rivalutazione della componente
anticonsumistica, antimonopolistica, antimondialista contro il pensiero unico globale, questo
totalitarismo dolce, ma ancor pi assoluto dei totalitarismi del 900 perch ruba l'anima dei
popoli. E invece, prima ha tentato alcune deboli sortite: la banale e scontata difesa di Roma capitale
( scritto nella Costituzione), la cosiddetta lotta alla droga, nobile ed inutile enunciazione che non
porta un voto in pi, a meno che non si pongano in discussione le stesse ragioni fondanti del mondo
moderno nel quale siamo immersi. E poi, dulcis in fundo, la stravagante proposta del voto
amministrativo agli immigrati.
Anche in questo caso bisogna conoscere Fini per cercare di capire perch lo ha fatto, spiazzando il
suo partito, il suo elettorato e, forse, anche se stesso. Come per tutto il resto che non riguarda
direttamente la sua persona, al problema del voto Fini non pi di tanto interessato: solo un
argomento che pensa di utilizzare per obbiettivi politici. Non alti, non nobili, non di grande respiro,
ma esclusivamente interni alla maggioranza ed alla crisi che la investe da molti mesi; E un
espediente per cercare di smarcarsi da Berlusconi, di fermare Bossi, di entrare nel PPE,come sta
cercando di fare da Fiuggi in poi, nella costante ricerca di dare vita ad una edizione riveduta e
corretta della vecchia DC. Qualcuno deve avergli detto (non c pi Tatarella), che cos si sarebbe
ingraziato la CEI, gli industriali che vogliono gli immigrati per mettere in concorrenza al ribasso tra
di loro i lavoratori, e persino i sindacati che cercano masse da manovrare. Probabilmente anche un
modo per provare a s stesso di esistere, di esserci, visto che fino ad ora erano stati gli altri a
pensare per lui, a faticare per lui, ad inventarlo, insomma. Fin da quando sbarc a Roma alla
sezione di Teodoro Buontempo che lo introdusse nel partito. Fin da quando Almirante lo impose
alla conduzione del mondo giovanile. Fin da quando lo impiegarono al Secolo d'Italia per
assicurargli uno stipendio. Fin da quando lo fecero eleggere deputato per dare una lezione elettorale
a Rauti. Fin da quando, sempre Giorgio Almirante lo colloc alla segreteria del partito anche a costo
di appannare pesantemente la propria immagine. Il tutto inframmezzato da insulti e botte prese, non
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dagli avversari politici, ma dai giovani camerati che proprio non lo potevano soffrire. A Roma,
Milano, Cosenza, Reggio Calabria, Padova ed un po in tutta Italia.
Poi arrivato Berlusconi a sdoganarlo e la crisi della Prima Repubblica a dargli una valanga di
inaspettati suffragi. E quasi tutti a pensare che dietro quegli occhiali si celasse una grande
intelligenza politica. Mentre invece, come aveva intuito Bettino buonanima, cera solo il nulla. Un
nulla che oggi produce questa formidabile e pericolosa sciocchezza.
Perch in questo caso non si tratta soltanto di una provocazione politica, ma di qualcosa che finisce
per avere implicazioni in vari settori della nostra vita e tocca un nervo scoperto della nostra
sensibilit di popolo. Non si tratta, infatti, solo di quello che accadrebbe oggi se il voto
amministrativo agli immigrati fosse attuato, ma di quello che finirebbe per succedere in un futuro
non tanto lontano. Oggi gli immigrati si darebbero soltanto alla pratica del voto di scambio,
votiamo per chi ci offre di pi. E non sappiamo quanti partiti saprebbero sottrarsi a questo
maneggio. Ma domani, viste le periodiche e ricorrenti sanatorie, finirebbero per volersi mettere in
proprio, senza neanche lobbligo di voler, quanto meno, manifestare lintenzione di essere cittadini
italiani a tutti gli effetti restando in Italia solo il tempo che vogliono, contribuendo per a decidere il
destino delle nostre citt. Le nostre citt non sono come le neometropoli dellAustralia o degli USA:
sono il risultato di millenni di tradizione, cultura e civilt. Ed hanno gi subito la devastazione di
mezzo secolo di malgoverno affaristico-speculatvo dei partiti, per poter sopportare anche le
eventuali scelte etnico-religiose delle diverse immigrazioni. In tutti questi anni non abbiamo
governato i flussi migratori, ma li abbiamo subiti lasciando che fossero gli altri ad imporceli. La
filosofia stata sempre la stessa: clandestini che arrivano, scompaiono per qualche anno facendo
un po di tutto, dal lavoro nero, alla manovalanza malavitosa, per riemergere grazie alla ineluttabile
ed immancabile sanatoria. Ci spiega anche perch, alla faccia delle varie leggi anti-immigrazione,
ci sono costantemente migliaia di disperati pronti a rischiare la vita in condizioni indegne di un
briciolo di umanit, pur di arrivare da noi. La responsabilit di queste immani tragedie del mare
anche di tutti coloro che, con la scusa di un malinteso universalismo e di un antirazzismo da salotto,
hanno di fatto reso ineluttabile ed incontrastabile questo fenomeno. Chi, come noi, ama le
differenze, le identit etniche, culturali, religiose dei diversi popoli della Terra, non pu che opporsi
con tutte le sue forze e gli strumenti a disposizione, a questa conseguenza del Libero Mercato
Globale, che si tradotto in libero mercimonio di ogni valore e di ogni sentimento profondo quali
il legame con la propria terra ed il proprio sangue.
Fini, luomo che non cera e che finge di esserci, pu pure continuare ad immaginare la Politica
come una carriera bancaria: tot anni, tot scatti, tot anzianit, tot aumenti di stipendio. Ma abbiamo la
netta sensazione che, questa volta, i suoi calcoli siano completamente sbagliati. La destra da lui
incarnata non serve a nulla, non rappresenta pi nulla, non conta nulla. Chi senza passato e senza
memoria, pu anche avere un presente, ma, di certo, non avr un futuro. (luglio-dicembre 2003)

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IL BENE ASSOLUTO DA IMPORRE


E DA ESPORTARE CON OGNI MEZZO
Democrazia. Il Bene Assoluto! Da imporre, da esportare con ogni mezzo.
Con le bombe, i missili, le invasioni, gli embarghi, le congiure.
Naturalmente dove serve ai padroni del mondo, dove ci sono interessi geostrategici, economici,
energetici. E dove lo si pu fare quasi impunemente; il Vietnam ha pur insegnato qualcosa! In
Afganistan, in Iraq e, forse, domani in Iran e Siria. Sempre sotto la finzione della missione
democratico-liberatoria. Infrangendo ogni norma di diritto internazionale.
Come per il Kosovo, provincia serba, dove sono bastati trenta cadaveri di incertissima attribuzione
per scatenare il finimondo.
Invece non in Arabia Saudita ( un alleato, ha i soldi nelle banche americane, ed il petrolio l gi
sotto controllo).
Non in Pakistan, noto modello di stato democratico ed esempio di rispetto dei diritti civili.
Non in Cecenia, tanto si tratta di quattro straccioni, e se la veda pure il quasi alleato Putin.
Non in Cina, che quelli sono pericolosi e ci hanno pure i missili nucleari!
Nemmeno in qualche staterello africano dove possono massacrarsi in santa pace, morire di fame e
di malattie: l non c mercato, le materie prime sono saldamente nelle mani dei soliti noti-ignoti e
la Coca Cola la trovi, gi da decenni, nel pi sperduto villaggio anche se privo di acqua potabile.
NellAmerica del Sud tutto sotto controllo con le ricette del Fondo Monetario Internazionale, coi
governi allineati o ricattati e chissenefrega se quei popoli ricchissimi di materie prime e di risorse
alimentari crepano di fame: la dura legge del mercato e delle borse internazionali!
Democrazia, allora, ma quale? Quella diretta? Quella formale? Quella sostanziale? Quella liberale?
Quella socialista? Quella popolare? Quella elitistica? Quella federale? Quella economica? Quella
delle corporazioni? Quella parlamentare? Quella presidenziale?
No, niente di tutto questo, solo quella funzionale alla Mondo S.p.A., il cui azionista di
maggioranza, lo zio Sam, lascia qualche quota agli alleati pi caninamente fedeli, finge di inchinarsi
ai deliberati del Consiglio di Amministrazione O.N.U., ma sui casi che pi gli stanno a cuore,
decide da padrone come e quando vuole.
Con le sue armi di liberazione di massa, con i suoi ragazzi avvezzi da tempo ad insegnare ai popoli
la civilt della gomma da masticare e dei Mc Donalds. Con i processi ai vinti, con le gabbie di
Coltano per Ezra Pound o di Guantanamo per i Talebani.
Democrazia mondialista, dunque, che non pu ammettere niente diverso da s e che, pertanto, da
strumento forse indispensabile, di rappresentanza si trasformato in fine assoluto ed diventato il
quarto totalitarismo: quello del pensiero unico. Un totalitarismo dolce, con tante libert (licenze?)
individuali tranne una: quella di contestare alla radice il Sistema. Proprio come sta avvenendo negli
USA dopo il 200l.
Questa democrazia uccide i popoli, la loro storia, la loro cultura, le loro tradizioni. Ha avvelenato le
loro fonti per renderli privi di memoria, di identit di voglia di sovranit, per renderli duttili e
malleabili, felici di essere schiavi e riconoscenti nei confronti del padrone.
Ma questa democrazia potr forse essere tutto, tranne una cosa: la nostra nuova patria.
Quella, per fortuna, ce labbiamo ben radicata nei nostri cuori e nei nostri pensieri.
E, prima o poi, risalter fuori. (gennaio-febbraio 2004)

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IL POLO DI BERLUSCONI E LULIVO DI PRODI:


DUE FACCE DELLA STESSA MONETA
La saltuaria periodicit di queste pagine - dovuta, com facilmente intuibile, alla scarsit dei mezzi
ed al fatto che i nostri collaboratori, che qui voglio pubblicamente ringraziare, prestano
gratuitamente la loro opera e devono quindi anche lavorare per mantenere la famiglia -, non ci ha
consentito e non ci consente di occuparci con tempestivit dellattualit e delle cronache politiche
italiane ed internazionali che, di tanto in tanto, finiscono persino per sconfinare nella Storia.
Non potremo pertanto dedicarci, come pure vorremmo, ai tanti fatti accaduti in questi mesi che
hanno agitato le acque, ahim sempre pi melmose e inquinate, del cosiddetto bipolarismo italiano.
Non parleremo delle bandanate di Berlusclown che hanno fatto ridere lintero pianeta, n delle
invenzioni bislacche del centro-sinistra del professar Mortadella, con le sue ventilate primarie,
ennesima scopiazzatura del peggior americanismo.
Che la Casa delle libert sia destinata ad ulteriori sconfitte elettorali ci sembra incontrovertibile;
ma che la vittoria dellUlivo possa davvero rappresentare una svolta per il nostro paese, non ci
sembra probabile. Non solo e non tanto perch per battere il cavaliere, i partiti del centro-sinistra
dovranno stringere una alleanza che minaccia di sgretolarsi il giorno dopo le elezioni. Non solo
perch Bertinotti ed i falsi no global, non sembrano proprio volersene stare buoni ed accucciati.
Ma soprattutto perch non esiste una vera diversit di fondo tra i contendenti.
Da tempo stiamo ripetendo che i due poli costituiscono le due facce della stessa moneta, una
moneta falsa. Per vincere, il liberal-capitalismo ha bisogno di una contrapposizione finta, tra
soggetti che non mettano in discussione la bont del sistema e delle scelte obbligate che ne
derivano, ma che si scontrino solo per la conquista del potere fine a se stesso e, al pi, funzionale
agli interessi di lobbies concorrenti.
Berlusconi e Prodi sono lesemplificazione concreta di tutto questo. Potremmo trasferire la
situazione in gran parte del pianeta; cambierebbero soltanto i nomi. (marzo-dicembre 2004)

La politica anche scambio di opinioni

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MISSIONE UMANITARIA IN IRAQ? NO, SIAMO


IN GUERRA E FINGIAMO DI NON ESSERCI
Intendiamoci: non essendo pacifisti e ben sapendo che le Olimpiadi con il loro spirito olimpico ci
sono ogni quattro anni e durano quindici giorni, sappiamo anche che le guerre esistono da quando
l'uomo comparso sulla faccia della terra e finiranno se e quando scomparir.
Le guerre, inoltre, non sono n giuste n sbagliate. Semplicemente si vincono o si perdono,
possibilmente finendole dalla stessa parte con la quale le si iniziate.
Vorremmo solo che qualcuno ci spiegasse per che cosa ci troviamo laggi.
In missione umanitaria? Ridicolo.
Ce lo hanno chiesto le grottesche Nazioni Unite? Falso.
Ce lo chiede il governo fantoccio di Allawi ? Adesso, prima non esisteva.
Per combattere il terrorismo? Assurdo.
Il terrorismo arrivato con la guerra, prima li non cera.
E, comunque, combattere il terrorismo con le guerre, come cercare di liberarsi di uno sciame di
zanzare sparando con la pistola.
Quello che avvenuto e sta avvenendo in Iraq ed in molte altre pari del pianeta, Europa compresa,
con attentati, massacri, ostaggi presi, uccisi o liberati, sanguinose battaglie tra americani e fazioni
irachene ed allinterno di esse, dimostra che il terrorismo, come leconomia occidentale, si
globalizzato e ragiona in termini e con prospettive politiche, generali o squisitamente locali.
Poi, quando tutto sar finito (ma lo sar mai veramente?), ci diranno, con la logica di chi avr vinto,
se i terroristi erano dei criminali o dei patrioti, se i resistenti erano dei banditi o dei combattenti
contro linvasore, se i miliziani di Al Qaeda erano dei fanatici assassini o dei lucidi rivoluzionari.
E comunque in materia di terrorismo non ci pare proprio che siamo nelle condizioni di scagliare la
prima pietra. Ricordate via Rasella?
Siamo l per assicurarci qualche controllo sui giacimenti petroliferi? Neanche per sogno. Ci sono
gi le societ legate alla famiglia Bush.
Ci siamo allItaliana. Senza dire agli italiani che siamo in guerra e che in guerra si pu colpire ed
essere colpiti.
Ci stiamo dentro e fingiamo di non esserci.
Ci stupiamo perch non ci accolgono come simpatici mattacchioni che distribuiscono spaghetti e
caramelle.
Ci siamo senza fierezza e dignit, affidate queste al comportamento di un Fabrizio Quattrocchi
qualsiasi.
Ci siamo nella speranza che il padrone americano ci butti qualche improbabile osso a fine pasto.
Improbabile perch il sogno di un seggio permanente per l'Italia nel Consiglio di Sicurezza
dellONU, sembra destinato a restare tale. (marzo-dicembre 2004)

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LEUROPA: UN GIGANTE ECONOMICO,


UN NANO POLITICO, UN VERME MILITARE
Qualche tempo fa si diceva che lEuropa era un gigante economico, un nano politico ed un verme
dal punto di vista militare. Il gigante si impicciolito per la crisi economica e per i colpi inferti
dagli USA, dalla Cina e dallIndia e per le conseguenze dellavvento dellEuro.
Gi, lEuro, salutato dai nostri soloni politici ed economici come il salvatore dei nostri destini
produttivi, finanziari e non solo, si rivelato ben presto per quello che effettivamente era: uno
strumento nelle mani di burocrati e banchieri strutturalmente incapaci di comprendere le ansie, le
speranze, le aspettative ed i patimenti di popoli e nazioni che devono vivere secondo le esigenze di
bilancio dei signori della finanza. E non, come invece dovrebbe accadere, secondo tradizione,
cultura, specificit e, perch no, volont di sovranit, dignit nazionale, indipendenza ed orgoglio.
LEuro un disastro soprattutto per noi Italiani. Per le nostre famiglie, per i nostri pensionati, per i
nostri giovani, per i nostri produttori e lavoratori. E non soltanto per la selvaggia e liberistica
speculazione messa in atto da chi era nella condizione di praticarla, benevolmente ignorato dai
nostri liberisti governanti. Ma, anche e soprattutto, per le condizioni che ha determinato sul piano
interno ed internazionale per la nostra economia.
Non abbiamo pi una vera e grande industria ed i settori nei quali tiravamo, sono diventati
marginali e di segmento. Non esportiamo pi, non siamo pi competitivi e ora non possiamo
nemmeno pi svalutare per dare ossigeno alla nostra economia. Sentiamo i nostri soloni ripetere
fino alla nausea, che lEuro stato una benedizione per il nostro debito pubblico, dato che ha
consentito la diminuzione e la stabilizzazione dei tassi di interesse e, pertanto, anche la possibile
riduzione del debito stesso. Tutto teoricamente vero. Ma in pratica, le cose non sono andate
esattamente cos. A parte il piccolo particolare che il debito pubblico non diminuito ma, anzi,
aumentato, va rilevato che il risparmio italiano, non pi attratto dai BOT e dai CCT, si indirizzato
prevalentemente verso il mattone, determinando cos un aumento spropositato dei prezzi che si
riversato anche sugli affitti, contribuendo, in tal modo, al vertiginoso incremento del costo della
vita. Ma c di pi: i mancati introiti da interessi sul risparmio, per le famiglie, hanno ulteriormente
diminuito i consumi interni, allargando cos la misura della nostra crisi strutturale. Davvero un
bellaffare lEuro!
Il nano politico europeo, poi, si trasformato in una sorta di gigantesca, informe ameba, priva di
identit comune, di valori comuni, di volont comune, che rischia di diventare una trappoleria nella
quale qualche patria abbandonata si scioglier nel localismo e nellautonomismo, fonte di ulteriori
costose burocrazie e di egoismi regionali. LItalia, da questo punto di vista, docet.
Del verme militare non vale neppure la pena di parlare tale era e tale rimasto. La crisi medioorientale, quella nei Balcani, laggressione americana all'Iraq, sono l a testimoniare la volont di
impotenza di questa Europa.(marzo-dicembre 2004)

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CI VORREBBE UN MOVIMENTO
DI LIBERAZIONE NAZIONALE
E NON UN KU-KLUX-KLAN DEI POVERI
Mancheremmo ai nostri compiti se non parlassimo anche delle cose, ahim piccole o piccolissime,
che sono accadute o, meglio, non sono accadute, nella nostra area.
Daccordo, una area marginale che non pu incidere in modo rilevante sugli eventi e sulla politica,
la piccola politica, di questo paese. Ma, purtroppo ci venuto il sospetto che non ci sia neppure la
volont di contare qualcosa da parte di coloro che si sono autoproclamati rappresentanti dellintero
ambiente.
Avevamo salutato con entusiasmo lannuncio della possibilit di dare vita ad una unica lista per le
elezioni europee dello scorso giugno. Non ci sfuggivano le difficolt, la dovuta gradualit nel
processo, le necessarie tappe intermedie, le resistenze e le diffidenze di chi, abituato da troppo
tempo a guardare piccole realt al microscopio, si illudeva di vedere una montagna dove invece
cera un sassolino ed una foresta dove cera solo un arbusto.
Ma sapevamo anche che quella era la strada, lunica e forse l'ultima, per ridare dignit e futuro alla
nostra storia.
Ci siamo impegnati anche al di l delle nostre possibilit umane, fisiche e politiche. Abbiamo finto
di non vedere ci che ci veniva sbattuto davanti agli occhi. Abbiamo ingoiato rospi come se fossero
squisite tartine. Ma alla fine abbiamo dovuto arrenderei e ritirarci.
Cercavamo di dare vita e spinta ad una forza politica che non si rifugiasse nei comodi e pigri
nostalgismi, nel folklore, nel reducismo, nel commemorazionismo, nel ritualismo, ma volesse essere
partecipe ed attiva nel presente sui temi politici e sociali di oggi, nella grande politica, insomma.
Tutto questo ci scivolato tra le dita come sabbia. Difficile far pensare in grande chi abituato al
piccolo!
Risultato? L'unificazione non c stata, moltissimi non sono andati a votare o hanno votato a caso,
ed ora abbiamo due signori che hanno risolto i loro problemi per i prossimi cinque anni,
approdando, pi o meno per il rotto della cuffia, al parlamento europeo.
Ma, si provi ad immaginare che cosa sarebbe accaduto se una lista unitaria avesse superato, come
tutti i sondaggi indicavano, la soglia del tre per cento. I riflessi sulla situazione italiana, sui due poli,
sulle forze interne ad essi, sarebbero stati immediati e devastanti. Invece ci hanno costretto a fare il
tifo per Follini, Dio ci perdoni!
Le cose sono andate come sono andate, e i rimpianti e le recriminazioni a questo punto non servono
a nulla. Per fortuna in politica non esiste lultima spiaggia e ci che oggi sembra impossibile,
domani pu diventare possibile e dopo domani probabile.
Cosa fare allora? E loccasione potrebbe esserci abbastanza presto. S, proprio dopo le elezioni
suppletive dello scorso ottobre che a Milano hanno registrato il nostro personale disastro per il
quale ci assumiamo tutte intere le nostre responsabilit senza invocare alcuna attenuante.
Lormai famoso sette a zero, tuttavia, dovrebbe insegnare qualcosa.
Oltre alla crisi ormai cronica della Casa delle Libert, oltre allennesima vittoria del centro-sinistra,
oltre al fallimento di questa democrazia che lascia a casa il 60% degli elettori, sono evidenti due
dati.
Il primo: sei candidati a Milano fuori degli schieramenti sono forse troppi ma sono anche la palese
prova di un malessere che corrode il sistema politico italiano.
I Movimenti, alcuni dei quali monotematici o quasi, manifestano esigenze e realt che il
bipolarismo non riesce a soddisfare e che, anzi, con le sue scelte, manda di fatto allopposizione del
sistema milioni di Italiani.
Questo Fronte del No ha raccolto, dove era presente, percentuali ragguardevoli che potrebbero
indicare nuove vie da battere.
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Il secondo dato: nella cosiddetta area il nome Mussolini ha occupato quasi tutto lo spazio
disponibile.
Probabilmente a questa occupazione non corrisponde una reale rappresentanza di un vero unico e
grande soggetto politico. Tuttavia la realt che pochi resistono alla tentazione di mettere un segno
su quel nome al di l della consistenza, delle credibilit e dello spessore del candidato.
E questo un male? Non lo crediamo. Ogni Movimento pu e deve cercare di raccogliere consensi
nel modo che pi ritiene opportuno. Quello che importa luso che di questi consensi viene fatto.
Se esiste la volont di dare vita a qualcosa di serio, se si possiede lumilt di sacrificarsi e di
lavorare, di imparare e di dare lesempio, allora il fenomeno pu rivelarsi positivo!
Ci sono scadenze ed appuntamenti molto significativi: la Devastazione Costituzionale che porta
un ulteriore colpo di piccone all'unit dell'Italia, la cosiddetta Costituzione Europea che cede altre
quote di sovranit nazionale ad organismi anonimi e senza legittimazione, la crisi economica e
sociale a cui il governo finger di rispondere con una improvvisata riduzione fiscale che premier i
ricchi e castigher i vecchi ed i nuovi poveri. Sono temi che potrebbero e dovrebbero suggerire una
grande iniziativa politica per mettere assieme tutti coloro (e sono tanti), che non ci stanno pi e
cominciano a percepire linganno che si cela dietro le solenni enunciazioni ed i proclamati
principi del pensiero unico globale. Una grande possibile battaglia dunque, per contare davvero e
non per vendersi al miglior offerente. Per dare vita ad un grande "Movimento di Liberazione
Nazionale" e non ad una sorta di Ku Kluk Klan dei poveri.
Auguriamoci buona fortuna. (marzo-dicembre 2004)

ANNI DI PIOMBO: CHE COSA E ACCADUTO


E CHI NE E DAVVERO RESPONSABILE
Un diluvio! Dichiarazioni, articoli sui giornali, interviste, ricostruzioni di quel clima, dibattiti
televisivi con i reduci, approfondimenti storico-politici, mezzi pentimenti pi o meno sinceri.
Insomma la solita storia, tutta italiana, che si ripete quando si costretti dagli avvenimenti ad
occuparsi di certe cose.
Stiamo, parlando ovviamente, di quello che accaduto dopo la prescrizione del reato per la strage di
Primavalle. Per alcune settimane siamo ripiombati, in un baleno nel bel mezzo degli anni 70, per
cercare (inutilmente) di capire se ci fossimo trovati dentro una guerra civile a bassa o media
intensit, se le responsabilit fossero dei neri o dei rossi, se non sia adesso giunto il momento di
lavare con un bel colpo di spugna il colore rosso sangue di quel tempo e di mettere una bella pietra
(tombale) su quel passato.
Non siamo assolutamente daccordo. Non cerchiamo inutili vendette, improbabili giustizie terrene;
comprendiamo la necessit di andare oltre, sappiamo che gli attori e le comparse di quegli
avvenimenti sono, a distanza di trentanni, profondamente cambiati e molti tra essi se ne stanno
nelle prestigiose redazioni di importanti quotidiani e grandi testate televisive, soliti ad impartire
lezioni di democrazia e di correttezza politica.
Ex capi e capetti di Lotta Continua, di Pot. Op., di Servire il popolo, di Avanguardia
operaia e Compagnia cantante. Personalmente siamo stati tra i primi, nel lontano 1979, a
chiedere pubblicamente un atto, un gesto politico, che servisse a chiudere quella pagina ed a fare
capire fino in fondo cosa fosse successo e chi ne portasse la responsabilit.
Non gioivamo e non gioiremmo nemmeno adesso nel vedere marcire in galera i cosiddetti
delinquenti politici che avevano agito in nome di una disumana passione che li aveva portati ad
uccidere ed a rischiare di essere uccisi. Non ci preoccupano neppure gli straccia culi come Lollo
ed i suoi amici che hanno abbondantemente dimostrato nel corso della loro esistenza di che
spregevole pasta sono fatti. Non ci scagliamo neanche contro chi, all'epoca, ha saputo e se ne stato
zitto. La solidariet, lomert di gruppo era talmente forte da non ammettere comportamenti diversi.
In tutte le fazioni.
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Men che meno vogliamo fingere di non vedere quanto accaduto dallaltra parte, dalla parte dei
neri, dei fascisti, dei maledetti.
Perci vorremmo finalmente capire quello che successo e come ci si arrivati, attraverso quali
percorsi politici, psicologici, esistenziali. Vorremmo capire come si coagulata una atmosfera,
attraverso quali canali si manifestata. Chi lha voluta creare e perch, lo sappiamo benissimo e
crediamo che sia giunto il momento di scriverlo a tutte maiuscole.
Ripercorriamola brevemente, allora, questa storia.
Dal 1948 al luglio del 1960 i fascisti del M.S.I. furono democraticamente eletti nel Parlamento
nazionale, nei consigli comunali e provinciali di tutta Italia, concorsero a tenere in piedi o a far
cadere governi, amministrazioni locali di tutte le tinte. I loro voti venivano sollecitati, dati o negati
senza scandalo alcuno. Importanti leggi o storici trattati internazionali venivano approvati con il
loro appoggio determinante. Erano, insomma, protagonisti o comprimari politici a pieno titolo.
E dire che eravamo a pochi anni dalla fine della seconda guerra mondiale e della guerra civile. Poi
vennero il governo Tambroni ed il congresso di Genova del M.S.I. per i quali si mobilit la piazza
in tutta Italia. Lorganizzazione della rivolta fu del P.C.I., ma lorchestrazione fu tutta della D.C.
per una precisa manovra politica: la svolta a sinistra. I fascisti, che fino a pochi anni prima
avevano lassoluto monopolio delle piazze con le loro organizzazioni giovanili, che dominavano
nelle scuole e nelle universit, arrivarono a quellappuntamento assolutamente impreparati.
Laccettazione del metodo democratico, gi ampiamente applicata nei comportamenti ben prima del
mancato congresso che lavrebbe dovuta solennemente sancire, aveva imbrigliato i fermenti
attivistici, intorpidito gli slanci rivoluzionari e, di fatto, addormentato qualsiasi volont di reazione.
Il M.S.I., in definitiva, era divenuto un partito come gli altri: faceva politica anche a costo di
privarsi di quella carica volontaristica e spiritualistica che aveva caratterizzato i primi dieci anni
della sua storia.
Il killer aggio attuato dai portuali comunisti di Genova e benedetto dalla successiva assoluzione
pronunciata dagli schermi televisivi da Fanfani aveva ottenuto leffetto desiderato e tenacemente
perseguito.
Per i seguenti dieci anni il M.S.I. veget anonimamente nella societ politica italiana mentre le
manovre, tutte le manovre - dal Piano Solo al tintinnar di sciabole, dagli opposti maneggi di
Segni e di Moro, dalla consegna alla sinistra del mondo della scuola e della cultura in cambio del
clientelismo mafioso nel sud - vedevano come protagonista la vecchia megera democristiana.
Poi arriv il 1972. Le aspettative che il centro-sinistra aveva suscitato senza poterle soddisfare,
lautunno caldo, la ribellione giovanile del 68, le tensioni culturali, la crisi economica, offrirono al
M.S.I., pur privo di un vero progetto politico, loccasione di riaffacciarsi alla ribalta della scena
politica italiana, prima con le elezioni regionali in Sicilia, poi con le politiche del 72.
Il successo, pur notevole, fu tuttavia inferiore alle attese ed alle previsioni e non tale da determinare
una vera svolta. Costitu per un campanello di allarme e preoccupazione nel maledetto mondo del
moderatismo italiano egemonizzato dalla D.C.. Per arginare il pericolo furono mobilitate le migliori
energie del sistema. Dai sapienti inventori delle trame nere, coadiuvati (involontariamente?) da un
gruppetto di presunti rivoluzionari intellettuali di destra stazionanti prevalentemente nella redazione
di un quotidiano di Roma ed a libro paga dei Servizi, dei concettosi pensatori di sinistra in servizio
permanente, pronti a firmare qualsiasi cosa che assicurasse loro notoriet ed ingaggi remunerati;
inaspettatamente aiutati dai cretini della nostra parte che si misero a sognare ed a invocare i
colonnelli che, come i capi di stato-maggiore erano e sono dei dipendenti statali che pensano alla
carriera ed al 27 del mese.
E non potevano mancare gli anticomunisti viscerali che, in nome di un atlantismo sbracato e servile,
si misero agli ordini della CIA e degli interessi americani. Nacque cos la teoria degli opposti
estremismi la cui funzione, al di quanto potevano credere i presunti rivoluzionari delle due parti, era
quella di riportare i moderati nella caserma del centrismo con il consapevole appoggio del P.C.I.
teso al conseguimento del compromesso storico. Chi laveva inventata sapeva perfettamente che
spingendo sulla leva dellantifascismo militante, avrebbe fatalmente prima o poi, ottenuto il
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risultato della reazione di chi non poteva accettare di continuare a porgere laltra guancia. E vennero
cos gli anni di piombo con lo stillicidio di atti di violenza, di discriminazione, di persecuzione, di
sangue e di morte. Da una parte un lucido, preciso disegno politico; dallaltra un disperato
spontaneismo e la voglia di dimostrare la propria esistenza anche attraverso gli atti pi efferati.
Una intera generazione si condann allautodistruzione pretendendo di distruggere il nemico.
Grandi energie si consumarono nella illusione di conquistare il cielo, mentre invece finivano per
contribuire a consolidare il sistema di potere partitocratico.
Arco costituzionale, tentativo di messa fuori legge del M.S.I., inchieste contro tutto il Comitato
Centrale del partito per ricostituzione del P.N.F., fornirono la base, la giustificazione dei partiti
costituzionali, allantifascismo militante per espellere una forza politica dalla societ civile italiana.
Ha scarso significato perci che, ora, invochino giustizia coloro che allora di fatto proteggevano i
violenti e gli assassini e li armavano politicamente e ideologicamente, regalando loro il retroterra di
un giustificazionismo morale di netto stampo razzistico. Oggi questi maitres penser sono in
massima parte passati nel campo avversario e, coccolati e ben pasciuti, impartiscono lezioni a destra
e a manca. Come facevano trentanni or sono. Pretendevano di avere ragione a quei tempi e
pretendono di averla oggi. Sostenendo cose radicalmente opposte. Marxisti-leninisti ieri,
liberaldemocratici oggi.
Costoro fanno solo schifo. Le vere responsabilit sono di coloro che - Presidenti del Consiglio,
Ministri degli interni, Capi degli apparati di sicurezza - hanno utilizzato le disperate passioni di una
generazione per una sporca manovra politica. E questo andato avanti fino a quando le BR
(ricordate quando erano presunte?) non hanno deciso di puntare in alto, al cuore della D.C.
Cos, da un giorno all'altro, si scoperto ci che gi si sapeva e che fino a quel momento faceva
comodo fingere di non sapere. In quattro e quattrotto sono diventati tutti efficienti: Presidenti del
consiglio, ministri degli interni, capi piduisti dei servizi, responsabili degli apparati dello Stato. E
chi aveva avuto aveva avuto, e chi aveva dato, si fottesse.
Poi, qualche anno pi tardi, arriv Tangentopoli. Ma questa una altra storia.
Ultima cosa.
In occasione di questa orgia sugli anni 70, anche i postfascisti (che sono solo i fascisti in cerca di
un posto) hanno detto la loro.
Chi sa, anche a destra, parli!, ha proclamato con il labbro pendulo e locchio acquoso e sfuggente,
il ministro Gasparri. Proprio sicuro e convinto signor ministro? Vuole davvero tutta la verit? Di
Sopra e Di Sotto? E che cosa questo tentativo di recuperare gli attivisti e gli extra-parlamentari
degli anni 70 e 80? Un salto nel passato o una squallida manovrina elettorale? O lo sforzo di
ritrovare una sorta di anima nostalgica di quegli anni dopo che si sono definitivamente tagliati tutti i
ponti, storici, politici e culturali con il Fascismo avendolo spremuto fino in fondo?
Stupisce che a questa manovra offrano ingenuamente il loro aiuto persone che dovrebbero scappare
come lepri al sol sentir nominare Fini, Gasparri, o La Russa. Spiace che chi ha sofferto e pagato, chi
stato sputtanato in quegli anni proprio da questi signori, non riesca a capire che si tratta solo di
provare ad acchiappare qualche manciata di voti in pi. Ma questo riguarda soltanto loro e la loro
storia politica personale. Quello che non si pu accettare che iena ridens La Russa, mentre da
una parte dirige questa operazione, dallaltra, parlando della Mussolini e dei suoi alleati, dica che si
tratta di soggetti che sono per Saddam, negano lolocausto ed approvano le leggi razziali del 38.
Una vera e propria delazione, un invito al Ministro degli interni, alle forze della polizia ed alla
magistratura a fare qualcosa. C o non c la legge Mancino che, com noto, si applica solo a
qualche sprovveduto ragazzino e non allicona del politicamente finto scorretto, prossimo senatore a
vita Oriana Fallaci?
Che squallore! (gennaio-febbraio 2005)

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LA CINA (PER FORTUNA) VICINA


Non siamo pi un popolo, non abbiamo pi una patria, non siamo pi una nazione, non siamo pi
uno stato, non siamo pi neanche un paese.
Ci troviamo con un Presidente del Consiglio che, ogni giorno che passa, assomiglia sempre di pi
ad un comico davanspettacolo degli anni 30. Ci troviamo alle prese con dei partiti che si sono
trasformati in masse gelatinose informi e spesso ripugnanti. Abbiamo un sistema finanziario e
bancario che trasforma in pochi anni un oscuro e misterioso odontotecnico fallito, in un personaggio
che tenta di impadronirsi del Corriere della Sera, appetitoso boccone fin dai tempi della P2, ed
ancor pi appetitoso oggi, visti i solidissimi legami tra politica, finanza, affari e malavita che
nessuna inchiesta e nessuna volont ha saputo troncare.
Siamo diventati il luogo geometrico di convergenza di brame fameliche che ogni giorno fanno
diventare un italiano miliardario (in euro), e altri centomila pi poveri, sempre pi poveri, in lire
equivalenti.
Non possediamo pi un vero sistema industriale ma facciamo finanza creativa, ingegneria
economica, produciamo debiti per tutti: mutui, carte di credito, piccole e comode rate mensili a
tasso zero (finto), prestiti per tutti, per una massa sempre pi idiota felice e contenta. Monadi
impazzite che si commuovono per un ostaggio liberato e, subito dopo, accoltellano un automobilista
al primo semaforo. Monadi che tra poco potrebbero dividersi in monadi padane e monadi terrone,
portando finalmente a conclusione il processo irreversibile di annientamento della comunit.
E allora ben venga la Cina! Ci invada con i suoi prodotti, le sue scarpe, le sue magliette, le sue
mele, i suoi pomodori, i suoi televisori, le sue automobili, i suoi telefonini.
Come si poteva pensare che avrebbero continuato a fabbricare Lacoste o Polo a un dollaro
facendo guadagnare 99 dollari ai furbi dellOccidente? Come si poteva pensare che sarebbero
rimasti buoni e tranquilli accontentandosi delle lunghe marce, delle rivoluzioni culturali e delle
nuotate di Mao?
Abbiamo voluto il libero mercato mondiale, il mondo globalizzato, la libera circolazione delle
merci? Abbiamo voluto luomo schiavo del consumismo, della produttivit, della tecnologia? E
allora becchiamoci il comunismo capitalista dei cinesi! E non illudiamoci di esportare laggi il
sindacalismo di casa nostra. Non merce da esportazione. L sanno quello che fanno: prima
conquisteranno i nostri mercati, poi creeranno quello interno, ed un mercato di un miliardo e
trecento milioni di persone! Ed giusto che sia cos. Abbiamo la puzza sotto il naso e non
riusciamo pi a trovare il filo della nostra storia, la coscienza di noi stessi. Come diceva il grande
Celine: Se di noi rimarr la parola merda sar gran cosa. (marzo-giugno 2005)

SE PIERO OTTONE PARLA BENE DI BENITO...


Lestate finita. Tra una bomba e laltra, tra un aereo che cade e laltro, tra un cataclisma naturale e
laltro, tra una guerra finita che continua e laltra. Londra si risvegliata molto meno multietnica,
multireligiosa, tollerante. Le compagnie aeree sono sempre pi schiave del mercato, dei costi e della
concorrenza. New Orleans (forse lunica citt americana con una storia ed una cultura) sparita
sotto leffetto di un uragano annunciatissimo che nei quindici giorni precedenti aveva gi colpito i
Caraibi, Cuba, il Golfo del Messico. Nella citt del Jazz sono stati lasciati al loro destino i poveri, i
neri e gli anziani. Tanto, come ha candidamente detto mamma Bush, stavano gi male.
In Afganistan e in Iraq tutto bene: si continua a morire come prima. Limportante che si voti.
Come, perch e per che cosa non importa.
Il prossimo anno si voter anche in Italia. Ancora non sappiamo come e con quali contendenti.
Prodi il pi acceso tifoso di Berlusconi e viceversa. Se cambiasse uno dei candidati cambierebbe
fatalmente anche laltro. Gli italiani che, secondo Berlusconi, stanno tutti benissimo tanto vero
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che solo il due per cento usa il treno e solo il tre la metropolitana per spostarsi, si appassionano alle
scalate delle banche e del maggior quotidiano italiano. E se incontrano nei mezzanini delle
metropolitane o fuori dalle stazioni qualcuno con un tavolino e tre carte coperte, lo salutano con
deferenza. Potrebbe essere il Governatore della Banca dItalia.
In mezzo a tutte queste quisquilie c, per fortuna, qualcuno che si occupa di cose serie ed
importanti. E Francesco Damato, ex direttore di quotidiani, ex notista politico e forse anche ex
giornalista che, dalle colonne de il Giornale di gioved l settembre affronta con fiero cipiglio una
questione di vitale importanza.
Riassumiamo per chi si fosse persa la vicenda. Pare che Piero Ottone, ex direttore del Corriere
della Sera negli anni settanta, ed oggi penna di punta della Repubblica, si sia macchiato di un
delitto gravissimo: ha parlato bene di Mussolini. Ha confessato di essersi emozionato nel vedere, in
una trasmissione televisiva, le immagini di Mussolini allinaugurazione di Aprilia. Ed andato
ancora pi in l, definendo bella impresa quella di aver creato comuni dove cerano prima le paludi
pontine. Ha inoltre aggiunto che Mussolini parlava e scriveva bene e, soprattutto, manteneva le
promesse. Lo ha detto a Repubblica che ha cos commentato: Nel ventennio lItalia si era
industrializzata, lIRI nei primi anni era una cosa seria, la bonifica delle paludi fu unopera
meritoria ed i treni, se non altro, erano puntuali.
Noi, se non temessimo di turbare i sonni di Francesco Damato, potremmo aggiungere allelenco
anche lEnciclopedia Italiana, lAccademia dItalia, il CNR, Cinecitt, lEiar, la Mostra di Venezia,
il Codice Rocco, la Previdenza sociale, le Colonie ed i treni popolari, lEUR, le Autostrade, lAgip,
la Flotta Aerea e quella Navale.
Ma la pi grande colpa di Ottone e di Repubblica agli occhi di Damato stata quella di aver
paragonato le realizzazioni di Mussolini a quelle di Berlusconi, concludendo che non cera partita.
Ci mancherebbe altro, aggiungiamo noi: sarebbe come paragonare Maria Goretti a Ilona Staller!
Non vogliamo fare altri commenti. Nostalgico dellantifascismo, Damato si deve guadagnare la
pagnotta e lo fa nel modo che pi gli congeniale, da ex craxiano (quando Craxi era potente,
sintende) e da attuale lacch, con una leccatina da una parte (a Fedele Confalonieri) ed una
dall'altra, a Egidio Sterpa. Da lui citato come luminoso esempio di vero liberale.
Qui per Damato prende un abbaglio clamoroso. Egidio Sterpa non stato sempre liberale. Negli
anni giovanili era un purissimo fascista che apparteneva ai FAR (Fasci di Azione Rivoluzionaria).
Fin anche in galera e solo quando ne usc si scopr liberale. Probabilmente anche lui teneva,
longanesianamente, famiglia.
P.S. Non vorremmo provocare un altro sturbo a Damato, ma proprio su il Giornale di sabato
10 settembre, Francesco Cossiga dice che ci sono stati quattro grandi uomini di Stato della Storia
Italiana: Cavour, Giolitti, De Gasperi e Mussolini. Prosit! (luglio-ottobre 2005)

NOI E GLI USA: SI DEVE INFORMARE


UN SERVO DI QUELLO CHE FA IL PADRONE?
In Italia tutto bene. Il segretario nazionale di una dozzina di partiti politici italiani, cardinal Ruini,
traccia il solco e quasi tutti corrono ad adeguarsi, cos a destra come a sinistra. Parlare di Stato Etico
come pronunciare una bestemmia. I valori civili e morali, ci vengono dettati da oltre le mura
vaticane e le istituzioni repubblicane, magari al termine di qualche debole contorcimento,
obbediscono.
Ritrovare qualche labile traccia di Giovanni Gentile, che non esit a pronunciarsi contro il
Concordato, totalmente impossibile, oggi addirittura inimmaginabile.
Ormai non c argomento che investa le prerogative dello Stato italiano su cui non si registri, con
puntualit cronometrica, la pesante interferenza del Pontefice e dei suoi delegati. La Politica, quella

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vera, non esiste pi e nessuno dei protagonisti che si muovono nel cabaret della vita pubblica
Italiana possiede un sia pur tenue senso di quella che dovrebbe essere la sua missione.
LItalia divenuta un condominio di propriet del Vaticano e degli USA. Letica dettata dal
primo, la politica dai secondi.
Siamo una nazione serva e contenta di esserlo. Giorni orsono ho assistito, da uno dei canali
satellitari, al dibattito parlamentare sulle interpellanze ed interrogazioni sulluso del fosforo bianco
a Falluja. Do You Remember Dresda? Al banco del governo, in solitudine, quel massoncello di
Filippo Berselli in rappresentanza del ministro della difesa Antonio Martino, autore, ai tempi della
P2, di una ributtante e umiliante lettera a Licio Gelli, agli atti della Commissione parlamentare
dinchiesta sulla loggia P2.
Berselli ha sostenuto che il governo non ne sapeva niente e, che quindi, non poteva dire niente.
Credo che, per una volta, abbia detto la verit. Si deve forse informare un servo su quello che fa il
padrone? Il servo deve obbedire. Punto. In nome della democrazia, della libert e degli
interessi americani nel mondo. E cos sia. (novembre-dicembre 2005)

PER BERLUSCONI NON CI SARA


UN NUOVO PIAZZALE LORETO, MA.
Finalmente finita! Parlo della pi sconcia e degradata campagna elettorale del dopoguerra. Non ha
vinto nessuno, probabilmente ha perso lItalia. Pi divisa che mai, pi povera che mai, pi
indebitata che mai, pi umiliata che mai, pi cialtrona che mai.
Il caimano o, per dire meglio la brutta imitazione di Carlo Dapporto, riuscito quasi a pareggiare
seminando irresponsabilmente a piene mani paure e apprensioni: delle tasse, dei comunisti, della
miseria, dei brogli, dei risparmi rapinati, della feroce magistratura rossa, dei bambini bolliti, del
sangue che poteva scorrere per le strade.
La sinistra a tutto questo ha dato delle risposte impacciate e balbettanti, favorendo cos la rimonta
dell' imbroglione di Arcore. Per fortuna ha perso, di pochissimo, ma ha perso.
Sono uno di quei coglioni che non lo ha votato. Da tempo sono convinto che Berlusconi sia il
cancro, un cancro che ha seminato metastasi in tutta la societ italiana. Prima con le sue televisioni
zeppe di culi e di tette, di modelli di vita beceri, arroganti, volgari che hanno finito per alterare il
DNA degli italiani, costringendoci tutti ad una concorrenza al ribasso verso gradi sempre pi elevati
di ignobilt e di disinteresse nei confronti del bene comune della nostra comunit internazionale.
Poi con la sua discesa in politica, con lunico scopo di difendere i suoi giganteschi interessi
economici, producendo guasti forse irreparabili. Perch, nel suo caso, non ci siamo trovati di fronte
ad un Prodi qualunque che, se non va pi bene, pu essere accompagnato alla porta in meno di
cinque minuti, ma ad un Padrone delle ferriere che seduto sulla cima del suo Everest di soldi e di
potere ha condizionato tutti, alleati ed avversari.
Di qui la assoluta necessit di sfruttare fino in fondo questa sua risicatissima sconfitta. Senza sconti,
senza debolezze (la storia della bicamerale presieduta da DAlema dovrebbe pur insegnare
qualcosa), senza inciuci pi o meno palesi. Perch oggi Berlusconi, nonostante i suoi proclami
ridicolmente altisonanti, debole, anzi debolissimo. Questuomo di settantanni, con i suoi lifting, l
capelli trapiantati, i rialzi delle scarpe, il cerone applicato ogni due ore, avviato definitivamente
verso il viale del tramonto. Se non verr aiutato da qualcuno degli avversari a giugno sar spacciato.
Se, come ritengo e spero, per quel residuo di fiducia che ancora conservo per lItalia, a giugno verr
bocciata la riforma costituzionale, la Lega, anche questa Lega oramai romanizzata, sar costretta a
sciogliere il patto scellerato che in questi anni lha tenuta avvinta a Berlusconi. A quel punto il re
sar completamente nudo ed i giochi della vera politica potranno riaprirsi. Per Berlusconi non ci
sar una nuova Piazzale Loreto (quante sciocchezze riesce a scrivere Giorgio Bocca in questi ultimi
tempi!), ma molto pi semplicemente una comoda e costosa clinica psichiatrica - i manicomi non ci
sono pi - dove, di solito, si ricoverano quelli che si credono Napoleone o Ges Cristo.
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Due ultime notazioni. Gli inutili idioti dello pseudo-estremismo folcloristico neofascista hanno
portato al cavaliere trecentomila voti senza ottenere (almeno ufficialmente) nulla. Speriamo che
lequivoco rappresentato dalla loro inutile, anzi dannosa, presenza sia definitivamente sciolto.
Secondo. Il bluff Tremaglia si finalmente manifestato nella sua inconsistenza.
Per oltre trentanni questo autenticocoglionaccio ha pompato soldi dalle casse del vecchio MSI,
per la sua organizzazione. Affidata, in ogni parte del mondo, ai suoi pochi amici personali senza
alcun seguito, che dovevano garantirgli ottanta o novanta delegati di diritto ai congressi nazionali
del partito. Una vera e propria correntino con la quale si assicurava, presso i missini di bocca
buona, una fama ed una notoriet assolutamente ingiustificate. Anche questo nodo finalmente
venuto al pettine. A volte basta saper aspettare. (gennaio-febbraio 2006)

12 POLITICHE 2006: SONO CONTENTO NON PER


LA VITTORIA DEL CENTROSINISTRA,
MA PER LA SCONFITTA DEL CENTRODESTRA
Alcuni amici mi hanno tirato le orecchie per il mio commento sul risultato delle elezioni politiche
dello scorso aprile. Secondo loro avrei mostrato eccessivo entusiasmo per la vittoria del cosiddetto
centrosinistra.
Non vero. Lentusiasmo era invece tutto per la sconfitta del cosiddetto centrodestra.
Il risultato non cambia? Pu essere. Ma per me non cos e prover a spiegarlo.
Il bilancio dei cinque anni del governo Berlusconi sotto gli occhi di tutti.
Lottimismo dellabile venditore di elettrodomestici di Arcore, il suo narcisistico e patetico amore
nei confronti della sua immagine, sono riusciti a tamponare la sconfitta elettorale ma non
mascherano la sua, speriamo definitiva, disfatta politica.
Ci lascia un paese distrutto sul piano sociale, ripugnante su quello morale, ridicolo nel contesto
internazionale. Certo non tutta colpa sua e dei suoi servili alleati: il male viene da lontano, da
cinquantanni di vergognose rinunce a tutto ci che poteva ricordare la dignit, lindipendenza
dellItalia, la sovranit nazionale, il decoro pubblico.
Il tutto per stato aggravato dallincapacit, dal dilettantismo, dallaffarismo di questi ultimi
(presunti) governanti. Se viviamo in tempi nei quali si fatto finta di credere che i Fini, i Gasparri, i
Calderoli, i Castelli, i Tremonti e persino i Bondi ed i Cicchitto potessero essere presi sul serio ed
addirittura scambiati per statisti, bisognava davvero augurarsi che accadesse qualche cosa: qualsiasi
cosa. Questi leccapiedi degli americani, questi finti paladini della libert e di questo grottesco
simulacro della democrazia, devono essere messi nella condizione di non nuocere. Possibilmente
per sempre.
Ci sono in giro, in ogni settore, troppi furbi, troppi amici degli amici, troppi stronzetti tronfi di
potere e di impunit in questo disgraziato paese.
Un tempo si diceva che un governo di destra, solitamente, serviva a creare ricchezza per lo Stato,
mentre uno di sinistra si occupava della distribuzione di questa ricchezza. Da noi accaduto lesatto
contrario e la destra lascia un buco enorme che saremo chiamati tutti quanti a coprire; specie se non
apparteniamo alla schiera foltissima degli evasori fiscali professionali che hanno trovato nel
berlusconismo il loro fondamento ideologico.
Lordine pubblico completamente a puttane, i giovani hanno come modelli i personaggi (?) dei
reality show, o le squinzie dei vari programmi televisivi, mentre la scuola stata la vittima
sacrificale di una signora ultraricca che, ovviamente, ha favorito la scuola privata a danno di quella
di Stato.
Debbo continuare?
Grandi Opere finte o irrealizzabili, situazione industriale penosa, moralit pubblica da paese
africano, rottura dellunit nazionale, egoismo sociale elevato a sistema, inefficienza burocratica
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oramai cronica, giustizia ridotta a parola senza significato, partitocrazia giunta a tale punto di
arroganza da nominare i parlamentari in luogo di farli eleggere, affarismo ributtante in ogni angolo,
mignotte che diventano signore della repubblica, conti pubblici alla deriva: questo il meraviglioso
quadro azzurro lasciato dal cavaliere e dai suoi nobili alleati!
Ecco le ragioni del mio entusiasmo per la loro sconfitta.
Vedere gli ex fascisti diventare anche ex ministri, ex sottosegretari, ex maneggioni, ex conquistatori
di troiette televisive, per me motivo di grande soddisfazione.
Il disegno politico che immagino, che sogno, passa inevitabilmente per questa strada: la strada della
definitiva sconfitta di questo schieramento e della successiva disgregazione.
Per rimescolare le carte, per mettere in crisi anche laltro polo che, tra laltro, si sta gi mettendo in
crisi da solo, a giudicare dalle tante sciocchezze che vengono dette ogni giorno, questa una strada
obbligata. La fine del berlusconismo avr, come conseguenza, anche la crisi del prodismo.
Quello che avverr dopo non facilmente prevedibile, ma tuttavia sar comunque meglio di questo
sostanziale immobilismo da politicamente corretto che dura da oltre dieci anni.
Immagino, sogno, spero, sono disposto a spendere le mie residue energie per contribuire alla nascita
di una giovane classe dirigente libera dalle ipoteche del passato, spregiudicata nelle analisi e nelle
sintesi, coraggiosa nelle decisioni, che osi avventurarsi in quella terra di nessuno dove la conquista
di nuove appartenenze possa diventare la bandiera di una nuova, autentica rivoluzione. Prima
intellettuale e culturale e dopo, inevitabilmente, politica. (maggio-giugno 2006)

Milano 1996 Con il Prof. Manlio Sargenti, uno degli estensori


della legge sulla socializzazione nel 1944.

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PARTE III
DESTRA, OLTRE IL CAPOLINEA
QUALCHE RIFLESSIONE (CATTIVA)
SU UN ARTICOLO DI BUTTAFUOCO
Pietrangelo Buttafuoco, il 29 marzo 2010, pubblica sul quotidiano Il Foglio un
articolo intitolato: Destra, ultima fermata. Il sottotitolo dice: Limpossibilit di fare
futuro oltre il berlusconismo. Mentre la Lega vince imponendo la sua prassi. Larticolo
crea un grande dibattito in rete, e mi induce a scrivere una risposta, cheIl Foglio
pubblica tre giorni dopo, il primo aprile. Cominciamo dallarticolo di Buttafuoco.

DESTRA, ULTIMA FERMATA


In principio fu la scoperta degli Hobbit, dopo di che gli altri cominciarono a scoprire il noi
contenuto nella parte di mondo chiamata destra. Un modo di stare insieme secondo un alfabeto
fatto di saghe, epiche, maghi, minuscoli guerrieri, foreste infestate di orchi e fiammeggianti sovrani
della luce. Stupidaggini, forse. Proiezioni adolescenziali, magari. E tutto ci fu rubato dalle pagine
di Tolkien pur di non perpetuare il rancore di una pesante eredit: la sconfitta militare e un
Dopoguerra eterno annodato al collo peggio di un cappio da cui penzolare nella certezza
inamovibile dellinutilit di stare al mondo. Figurarsi quanto utile, invece, per la destra, era quel
tentativo di stare nella scena politica. Qualcuno ci lasciava la pelle. Era ancora il tempo in cui cera
il regime e larco costituzionale. Si faceva la lotta al sistema. Non era pi sufficiente risolverla con
la colla e il secchio dellattacchinaggio. Bussava alle spalle della giovinezza Giovinezza! il mito
pi che capacitante di farla finalmente estetica, la battaglia politica: e gi con i Campi Hobbit,
allora.
Sono i raduni di una destra anni Settanta, non propriamente una replica di Parco Lambro, neppure
una presa di Fiume, piuttosto un esperimento riuscito di destra: omunitari sti e non democratica,
libertaria e non liberale, militante e non militarista, plurale e non occidentale, creativa e non
museale e perfino anche musicale. Succedeva questo in Italia quando tutti, con faciloneria,
pensavano fossero solo addestramenti paramilitari quelli dei Campi Hobbit dove, in luogo di
confrontarsi con legemonia degli altrui paradigmi culturali, poter sfoggiare Ray-Ban e scarpe a
punta. Furono insieme a tanti convegni e al proliferare di riviste intellettuali tra le quali Elementi e
Diorama Letterario lapice della Nuova Destra. E qualcosa di ancora pi nuovo, a destra, dopo
quellesperimento che vide in Marco Tarchi lanimatore e il leader, non c pi stato. Fu lunico
momento in cui la destra entr in un mondo dal quale si era da sempre autoesclusa.
A maggior ragione con una destra al governo. Esclusa comunque. Nulla mutato rispetto al
passato. Per dirla con Tarchi, la destra non sapeva partorire niente che andasse al di l di una
produzione intellettuale di seconda scelta, una sub-cultura (in termini gerarchici), come qualcosa
che si collocava sotto il livello della cultura vera. E ancora adesso, malgrado il governo del paese,
cos.
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E fin qui ce la caviamo con i modi del prologo. Le cose della teoria hanno i piedi per camminare e
siccome tempo n passato da allora, il filo si riannoda a partire dallattualit. Ecco: comunque
vadano le elezioni, la destra per come ha cristallizzato la propria fisionomia arrivata alla sua
ultima fermata, e latto finale si rivela gi nellimpossibilit di fare futuro (e non un gioco di
parole) oltre lombrello del berlusconismo. La destra-destra, qui sintende. E quella derivata dalla
doppia mutazione da Alleanza nazionale in Pdl e, da questo, poi, in quel che diventato il
laboratorio della fronda finiana. Domanda delle domande, per: perch, facciamo ad esempio, la
Lega di Umberto Bossi cresciuta e si evoluta senza farsi vampirizzare da Silvio Berlusconi
anzi, sovrastandolo ma aiutandolo non poco mentre al contrario la destra risultata solo un
inciampo e si dissolta nellabbraccio con Forza Italia, anzi, creando non pochissimi disastri per
sparire senza resti e senza eserciti? La destra-destra non avr futuro fuori dellepoca berlusconiana.
Magari esister la parola sar una qualsiasi immondezza di tipo nevrastenico pop (esempi,
purtroppo, non ne mancano a furia di isterie xenofobe e occidentaliste) ma la destra derivata dalla
tradizione culturale della vena ghibellina, quella della Tradizione, quella, insomma, risorgimentale
del liceo classico, della caserma e di Guglielmo Marconi, non trover pi modo di essere
contemporanea al proprio tempo per manifesta incapacit di disegnare, innanzitutto, il presente.
Cerco, intanto di dare a me stesso la risposta alla domanda di prima: la Lega vince perch prassi.
Tanto per cominciare il Carroccio, che pure nasce da una comunit a guida carismatica, rende tutti
gli onori al capo ma ha messo in campo fior di campioni quali Roberto Maroni quello che
materialmente sta sfasciando la mafia e la camorra , quindi Tosi, sindaco di Verona (uno che non
teme il paragone con la celebrata tradizione amministrativa delle municipalit rosse, tanto bravo),
quindi ancora un ottimo ministro come Zaia e poi ancora curiosi e ghiotti incursori della cultura,
magari sconosciuti al pubblico altero dei grandi quotidiani, ma di solida tempra (sia consentita
lespressione) spirituale. Sono quelli di Terra Insubre. Personalmente li ho incontrati in una
tavolata degna dei banchetti di Asterix e Obelix, anzi, degna dei Campi Hobbit. Ad un certo punto
della discussione hanno iniziato a fare una sana litigata e se in quello stesso momento, a Capalbio,
qualcuno stava accalorandosi sulle Mine vaganti di Ozpetek, questi almeno se le stavano
ragionando le questioni a proposito del concetto di divenire: si dividevano tra hegeliani ed eraclitei.
Con tanti saluti allegemonia culturale.
E tanto per gradire, poi, la Lega che predica male con parole dordine ai confini del razzismo e
dellislamofobia, razzola poi benissimo se si pensa che quel fantastico Gentilini, pro sindaco di
Treviso, quello che meglio di un qualsiasi prete di frontiera ha saputo gestire limmigrazione nella
sua Alabama della Marca se vero che pi del 20 per cento delle partite Iva sono dei regolari
extracomunitari. Gentilini giusto perch la Lega sangue di popolo quello che va a prendersi
il tricolore di Cesare Battisti, la bandiera dimenticata nella tazza del cesso da Umberto Bossi, per
stringerselo al proprio collo di vecchio alpino. La Lega prassi mentre la Destra tentativo senza
essere pensiero, questa lunica risposta possibile al perch tutto quel lavoro dei Pinuccio Tatarella
e dei Beppe Niccolai (sul piano politico) e dei Domenico Fisichella e dei Marco Tarchi in illo
tempore (di questultimo, appunto, e del suo nuovo libro adesso parleremo) sia infine sfumato nel
fallimento del Pdl. E il dramma doppio perch anche a dover vincere le elezioni regionali, il Pdl, il
partito nato dalla fusione tra Forza Italia e quel che restava di An intorno alla figura di Gianfranco
Fini, crepato. Se la Lega ha approfittato dellopportunit del berlusconismo per realizzare i propri
capitoli sia esso il federalismo, limmigrazione o la conquista del Veneto la destra, al contrario,
in Silvio Berlusconi fatta salva la schiera lealista e faticatrice di Maurizio Gasparri ha avuto un
padrone cui riservare solo coltellate. Non a caso Bossi, dal palco di piazza S. Giovanni, indicando il
Cavaliere ha detto: A lui io non ho mai chiesto una lira. Se la Lega rimasta fedele a se stessa, la
destra, a partire dalla svolta di Fiuggi, ha sistematicamente distrutto il partito. E questo non lha
fatto per veicolare libert tra i propri aderenti ma per cinturare un leader e scimmiottare una
contraffazione della societ civile ritenendo ogni militante un pezzo di mondo da lasciare alla
deriva. Perpetuando cos un senso di inferiorit, cos diceva Beppe Niccolai, che ha fatto s di
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non cercare risorse al proprio interno ma fuori dai confini. Da Fiuggi in poi, sempre con leroica
eccezione della sim telefonica di Gasparri dove ancora vive un sano nocciolo identitario, venuto
meno il contatto carnale con il territorio, con lattivismo, con la base, con qualsiasi cosa che abbia a
che fare con la selezione di una classe dirigente, con la convocazione di un congresso, meno che
mai con il movimentismo creativo e comunitario di un Campo Hobbit. E, dicendo questo, la prendo
alla larga per arrivare al punto.
Se la Lega ha incoraggiato al proprio interno la crescita di figure autonome (anche al costo di
oscurare il capo), la Destra, oltre alla buona volont di guastatori intercettati dalla polemica
giornalista, ha seminato questa malinconica stagione del berlusconismo in crisi di grigi proconsoli
fedelissimi al co-capo, ovvero quel Fini, altrettanto capo carismatico ma che a differenza del
senatore Bossi, non ha ancora attratto a s uomini autonomi, progetti e un fare presente che non sia
la generica adesione alla Costituzione, al patriottismo repubblicano e alla corrente elencazione dei
propositi assai in voga nellantiberlusconismo cos da guadagnare buona stampa e niente pi. Un
dato, questo dellaver buona stampa, con il quale si rivela labolizione della passione senza
sostituirla con lintelligenza. Machiavellica va da s. Ecco, parliamo di Tarchi. Politologo estraneo
a qualsivoglia destra, ieri ideatore della pi entusiasmante stagione della destra-destra (tanto da
averla fatta nuova e soprattutto disarmante rispetto agli anatemi e ai luoghi comuni del
patriottismo costituzionale di allora immutato rispetto a quello di adesso), Marco Tarchi che uno
studioso di provato spessore ha saputo scrivere un libro con la seriet propria di chi vive con
distacco una stagione di cui fu il principale attore. Fu lui, infatti, a vincere un congresso contro
Gianfranco Fini che dovette ricorrere a Giorgio Almirante per farsi nominare comunque alla guida
del Fronte della giovent. Poich la storia non si fa con i se, non perdiamo di certo tempo ad
immaginare cosa sarebbe diventata la destra-destra se, giusto in quel frangente, con la leadership di
un Tarchi non si sarebbe certo attardata con il vecchio armamentario: perfino il Fascismo del
2000!.
E per, il capire cosa potesse spingere i ragazzi che frequentavano le sezioni missine a intestare un
loro raduno nazionale a un personaggio fiabesco, unoperazione di analisi culturale urgente
specie se quasi tutta la schiera di chi era giovane allora, al fianco di Tarchi, adesso stia con Fini, su
posizioni che lattuale presidente della Camera ieri osteggiava e che oggi, al contrario, sostiene. E
lultimo libro di Tarchi, La Rivoluzione impossibile. Dai Campi Hobbit alla Nuova Destra
(edizioni Vallecchi, euro 18,00), un perfetto scandaglio per rischiarare una stagione altrimenti
dimenticata, specie se solo attraverso questa si pu capire il come, il perch e il come mai la destradestra di oggi al governo pur con tutti quei protagonisti, Alessandro Campi, Luciano Lanna,
Flavia Perina, Umberto Croppi, Adolfo Urso e gli altri rautiani derivati da quella stagione abbia
esaurite tutte le sue potenzialit. Era un giocattolo che doveva entrare per forza nella storia della
destra, quello della Nuova Destra e con i Campi Hobbit a far da sfondo non c un dettaglio da
scapestrati, ma la strategia comunitaristica lunica che potrebbe definitivamente forgiare la destra
senza per questo sfinire dagguati un Berlusconi che il merito fondamentale lo ebbe: porgere
lombrello alla cui ombra rendere fresca lassolata solitudine di tanti. Sarebbe opportuno che, in
sede di analisi e di confronto, si ricominciasse da quella stagione. Scrive Tarchi: Le eredit
ideologiche sono sempre pi frequentemente rifiutate dai beneficiari e i segni delle identit
originarie vengono cancellate per non creare imbarazzi negli interlocutori. Non il caso degli
Hobbit. Nessun imbarazzo deriva dai giorni di Castel Camponeschi e di Montesarchio (alcuni dei
luoghi che videro i raduni), tanto meno possono essere dimenticati i convegni della ND dove
arrivavano anche intellettuali fuori area come Massimo Cacciari. Sarebbe, appunto, opportuno che
si riprendesse quel filo. E che i temi proposti allora comunit solidale, critica al liberalismo,
identit plurale, la paganitas perfino trovassero finalmente i propri tempi, questi nostri. Altrimenti
ci sarebbe unulteriore domanda, questa: perch il partito democratico nato e laltra cosa l, una
destra-destra, invece, no?

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CARO PIETRANGELO, ASCOLTA


UN VECCHIO CAMERATA SENZA COMPLESSI
La mia replica pubblicata su Il Foglio del 2 aprile 2010
Caro Pietrangelo, erano (eravamo) visionari senza visibilit. Rivoluzionari senza rivoluzione. Colti
senza cultura. Parlo dei Tarchi, ma anche dei Solinas, dei Cabona, dei Croppi (oggi malfinito
assessore), dei Peppe Nanni (neppure assessore), e di tutti quelli che volevano (volevamo) farla
nuova.
Parlo della Destra, immaginata tra gli anni 70 e 80. Gli anni delle spranghe, delle botte, della come la chiami tu inutilit di stare al mondo. Sulle spalle il fardello di Roma rivendica
lImpero, delle leggi razziali (quelle italiane del 38, non quelle americane degli anni 60), del
Duce che ha sempre ragione, delle macerie delle citt bombardate, della sconfitta epocale, storica,
definitiva. Sempre risucchiati allindietro dagli avversari, ma anche, soprattutto, da un partito che
nel ghetto ci stava benissimo e per il ghetto si era organizzato, spendendo fino allultimo spicciolo
leredit come un qualsiasi barone siciliano decaduto. I morti, i feriti, i dispersi finivano per servire
al partito di Almirante. Andava bene cos. Che bisogno cera di tentare di farla nuova, diversa da
quella di Tremaglia che olezzava di militari in libera uscita in una casa di tolleranza?
O da quella comiziaiola delle piazze almirantiane, dalle quali uscivi ubriaco di retorica e senza un
concetto, una idea che non fosse quella di lisciare il pelo ai benpensanti, ai bottegai, ai moderati
(Dio li stramaledica!), assetati di pena di morte? Lotta al sistema daccordo con il sistema, con i
suoi apparati, i suoi servizi, le sue piazze Fontana. Antidivorzio e anticomunismo, acquasanta e
mogli (plurale) con amanti, socializzazione e contributi dalla Confindustria. Andarono (andammo) a
cercarla nella terra di mezzo questa nuova Destra, tra le pagine di Tolkien, fatto conoscere in
Italia da De Turris su LItaliano di Pino Romualdi, lincompreso inventore del partito.
In quella terra erano (eravamo) al riparo dal pi terribile problema del nostro tempo che quello,
come diceva Cocteau, della stupidit che pretende di pensare e che oggi pure urla. Credevano
(credevamo) di metterci al riparo dai giornalisti spioni della redazione romana di un noto
quotidiano, dai massoni delle diverse confraternite occidentaliste, dai generali immerdati nel gioco
politico.
Proprio non ci pensava a farsi nuova quella Destra dei pellegrinaggi a Predappio con acquisto di
gadget, dei ranci camerateschi, delle commemorazioni in camicia nera del 28 ottobre, dei santini
elettorali con il testone, della ripetizione dei riti pi ridicoli del ventennio, delle macchiette alla
"Vogliamo i colonnelli". La societ stava cambiando; forse occorreva pensarla simultaneamente,
con la parte destra e quella sinistra del cervello e del cuore. Non ci sarebbe neppure stato bisogno di
capi missini colti; sarebbe bastato il loro rispetto per la cultura, la curiosit intellettuale per i
nuovissimi appuntamenti con la storia, con il grande gioco delle idee. A ben pensarci, il rifugio nel
fiabesco era il modo, il tentativo, di preservare una comunit spontanea e volontaristica
contrapposta al neofascismo imposto e al comunismo arcocostituzionalista. Oggi potremmo riferirci
al becero destrismo alla Feltri e al luogo comunismo degli intellettuali snob. Ufficialmente
Tarchi fu fatto fuori da Almirante, ma certo il pi contento fu Rauti. Gli faceva ombra; pensava,
organizzava, scriveva, immaginava. E agiva. Meglio Fini: obbediva a Almirante, ma finiva per
tenere unita la sua corrente, ben chiusi i suoi scheletri nellarmadio e gli lasciava la parte del
pericoloso rivoluzionario con pennichella pomeridiana. Oggi Rauti il suocero del sindaco di
Roma.
Poi, con il primo sdoganamento (quello politico di Craxi, non quello da supermercato di
Berlusconi), arrivarono i posti nelle societ comunali, il sottopotere occultato ma presente, le
prebende che facevano tanto socialista. Con un Amen a quelli che, come Beppe Niccolai,
sognavano, una classe dirigente che potesse farsi esempio. Perci quell'esperimento (quasi)
riuscito di Destra comunitarista, libertaria, militante, non occidentale, creativa e persino anche
musicale non riusc. Non poteva riuscire. Cera Almirante con la sua palude dorotea; c'era la
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corrente lottizzatrice di posti dentro il partito dei Gasparri, della premiata antica famiglia La
Russa e di quelli che squittivano e si spellavano le mani per ogni dittongo del capo.
Proprio come oggi per il Dapporto di Arcore. Sono stato vaccinato da Pino Romualdi contro il
culto della personalit. Davanti alle piazze del Popolo stracolme e osannanti, riempite, come
sussurrava sottovoce Giorgio, senza nemmeno le cartoline precetto come faceva LUI.
Continuava a dirmi che gli era largamente bastato averne seguito uno solo di uomo nella sua vita.
Che di piazze ne aveva riempite molte, ma non aveva avuto sempre ragione, anzi!
Prima o poi, per fortuna, il berlusconismo finir, senza bisogno dellintervento di qualche pronipote
di Bresci; o, forse, visti i risultati elettorali di oggi, perch stiamo per entrare nella fase jugoslava
del nostro destino di popolo; una fase pericolosa ma, temo, necessaria per una societ che si
invigliacchita nellegoismo sociale pi indecente. Per questo non stupisco a sentire la definizione
Destra-Destra.
Dov, dove si annida, dove pensa, dove scrive, quali segnali di vita manifesta?
Dentro il Pdl? Con Bondi, Verdini, Cicchitto e La Russa? O con Capezzolone? In Sicilia? Nel
Lazio? In Calabria? In Campania? O in Lombardia con la nota associazione per delinquere di
stampo cattolico? E nemmeno, caro Pietrangelo, mi commuovo per qualche conato comunitaristico
di qualche bravo e colto (lo so che ce ne sono) ragazzo della Lega. Non butto una patria, per quanto
sputtanata e sbrindellata, per costruirne una bonsai neppure troppo pulita.
Sono troppo convintamente ateo-spiritualista per prendermela con le religioni degli altri, n
desidero alabame di alcun tipo. Per fare futuro, paradossalmente, bisognerebbe prima fare
passato; quello di Tarchi e dei suoi amici degli anni 70, appunto. Io lho fatta finalmente finita
con questa illusione ottica, con questo fuoco fatuo, con questa finzione televisiva che la destra,
espressione giusta dellItalia pi mediocre. Poi, terminata la sbornia berlusconiana (democrazia,
democrazia quanti crimini in tuo nome!), si vedr. Nel frattempo mi metto alla SINESTRA.
Un abbraccio.

Su uno dei velivoli della pattuglia acrobatica

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CARO PRESIDENTE FINI, CHE SEI NATO


COL FIORE NEL C. COME LE ZUCCHINE
Caro Presidente, nutro forti e comprensibili dubbi sulla tua capacit di tenuta, ma sento ugualmente
il dovere di scriverti in questo particolare momento.
Oggi sono lontano dalla politica attiva e, forse, anche da molte delle ragioni che mi hanno spinto a
militare per oltre quarantanni nella destra politica italiana.
Voglio tuttavia credere nelle motivazioni politiche della tua presa di posizione.
Spero anche che tu sia moralmente attrezzato a resistere agli attacchi personali che ti arriveranno da
Becero Feltri, da Maurizio Belmento, da Emilio Fiche, da Alessandro cape Muorto Sallusti e
dalle immancabili cialtronate dei Gasparri e dei La Russa (che si sono allenati nel caso
Emergency). Vedo anche le tue motivazioni personali: a cominciare dalla sostanziale tua
estromissione dalla politica, dalla compravendita di uomini dellex AN, dai continui e rimarcati
attacchi alle tue posizioni da parte del ganassa di Arcore, dei suoi dipendenti nel mondo
dellinformazione e dei suoi beneficati in parlamento e nel governo; ma io mi ostino a credere che
siano prevalenti e giustificate le motivazioni politiche.
Una in particolare io sento maggiormente e, da sola, costituisce lessenza di tutta quanta la mia
passata vita politica.
Dopo le recenti elezioni Regionali, gli opinionisti, i commentatori politici, quelli che plasmano e
spesso manipolano la pubblica opinione, nel valutare il successo della Lega (relativo, ma ci che
appare pi importante della verit), si sono soffermati sugli aspetti pi superficiali e folklororistici
della sua affermazione, senza voler vedere ci che invece dovrebbe essere ben visibile per tutti.
Solo che non si chiudessero gli occhi. Bossi non ha mai fatto mistero su quello che il suo vero
obbiettivo: la secessione della cosiddetta Padania dal resto dItalia.
Bossi lunico rivoluzionario vero, comparso in Italia in questi ultimi 40 anni. Si comporta da
rivoluzionario: alleandosi con chi gli pu assicurare pi posizioni per il raggiungimento del
traguardo: persino con lex mafioso Berlusconi. Ha capito che il pavoncello di Palazzo Grazioli
pensa solo ai suoi interessi personali, disposto a tutto pur di cercare di illuminarsi dimmenso
sfrutta le sue debolezze, ride alle sue barzellette sceme: ne ha fatto, insomma il suo cavallo di
Troia (non di Mangano) per entrare nel centro del potere.
La volgarit del linguaggio leghista, limpudenza delle affermazioni, il continuo blandimento degli
istinti pi egoistici degli abitanti della Nazione Padania, istinti prima suscitati e poi utilizzati;
lapparente capacit dei suoi amministratori e la loro vantata onest, la presenza sul territorio,
abbandonato dagli altri partiti, sono solo strumenti al servizio del progetto politico leghista.
Una volta il tricolore come carta igienica, linno nazionale da cambiare, unaltra Garibaldi ladro, e
poi Roma ladrona, napoletani puzzolenti, siciliani delinquenti, migranti da affondare, professori e
giudici del Nord. Quanto queste affermazioni hanno preparato e preparano il terreno per il distacco?
Il cammino stato lungo e sar ancora lungo ma il traguardo si intravede. Per questo vanno bene le
cene del luned ad Arcore, le concessioni in materia di giustizia ad misuram per lometto, gli
occhi chiusi davanti al groviglio di interessi berlusconiani.
Tutti rospi da ingoiare per arrivare allobbiettivo.
Intanto tre regioni sostanzialmente in mano alla Lega, la richiesta del sindaco di Milano dopo la
sogliola surgelata, le banche del nord, tante province gi in cassa; centinaia di comuni
amministrati in nome dei principi leghisti: una sostanziale assuefazione insomma, ad un certo abito
mentale ed ai riflessi pavloviani da parte dellelettorato del nord.
Le tappe sono prevedibili. Il Federalismo fiscale, del quale nessuno sa bene di cosa si tratta, servir
ad aumentare il divario tra Nord e Sud e ad allargare la sfera dinfluenza del partito di Bossi . Cos
quando il Sud sar costretto a ribellarsi e a consolidare i legami con la criminalit organizzata e con
la politica asservita ai clan, sar un gioco dare lultima spallata e proclamare la secessione.
Magari passando attraverso una fase Jugoslava del progetto.
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No, questa non fantapolitica: la concreta prospettiva che abbiamo davanti a noi.
Centocinquantanni di contrastata storia di unit nazionale non costituiscono certo un argine valido
per scongiurare questa prospettiva.
La casualit della storia ha spesso portato a risultati apparentemente non voluti e non ipotizzabili.
Poich sarebbe inutile sperare che possa venire qualcosa di costruttivo da parte del PD, troppo
impegnato a cercare di imitare Berlusconi e che si comporta come un naufrago nelloceano che
nuota un po avanti, in po indietro, un po a destra, un po a sinistra, finendo per trovarsi sempre
allo stesso posto e ogni volta sempre pi stanco, un segnale forte non pu che giungere da chi avr
il coraggio di osare politicamente di pi ed in modo pi credibile.
Certo, caro Presidente, in passato non ti sei distinto per scelte coraggiose, ma visto che, come
dicono a Roma, sei nato con il fiore nel culo come le zucchine, perch non confidare anche in
questa occasione nella tua fortuna?
Cos com adesso lItalia non pu pi continuare; occorre un grande rimescolamento delle carte,
occorre liberarsi della presente ipoteca berlusconiana che ha condizionato tutta la societ italiana ed
ogni aspetto della sua vita.
Nella citt nella quale vivo, tutto nelle mani di un impero paramafioso e di una associazione per
delinquere di stampo cattolico: logico che, alla fine, la Lega rappresenti per molti lultima speranza.
La storia tuttavia e sempre stata fatta da uomini coraggiosi che abbiano saputo vedere oltre il
contingente per immaginare il futuro.
Ti prego, non fare in modo che la mia ultima speranza la debba riporre in un qualche pronipote di
Bresci. Il quale, oltre tutto, ha operato qui in Brianza.
Con fievole speranza. (18 luglio 2010)

Milano 2004 Con (Dio mi perdoni) Alessandra Mussolini

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LA VERA STORIA DI PINO RAUTI: TRISTE E INUTILE


VECCHIAIA DI UN FINTO RIVOLUZIONARIO
Tutto quello che avevo da dire su Rauiti, lho detto prima che morisse.
La vecchiaia, si sa, gi di per s molto brutta. Lo ancor di pi se un uomo che l'ha raggiunta da
un pezzo, non riesce a essere sincero con s stesso, non sa guardare alla propria vita passata con un
pizzico di senso critico, non si sforza di mettere ordine nei propri comportamenti passati, non
mostra generosit verso coloro che hanno avuto a che fare con lui. Per Pino Rauti questo proprio
impossibile.
Il 10 luglio scorso ha rilasciato un'intervista a Luca Telese, per Il fatto quotidiano.
Che rabbia! Che tristezza! Il suocero del sindaco di Roma, padre della First sora, finto
rivoluzionario al servizio dei servizi, finto antiamericano con i soldi della Cia, giacobino della
pennichella in pigiama e pantofole, ha subito voluto far sapere all'intervistatore, che laveva
chiamato il sedicente mandrillo di Arcore per chiedergli come si doveva comportare con Fini.
Gratta gratta, con Rauti viene sempre fuori il solito borghesuccio estasiato davanti al simbolo della
ricchezza.
Quanto ci teneva a farlo sapere. Sempre ammesso che sia vero! In fondo, lui Berlusconi lo ha
sempre ammirato. Nel 1996 ai tempi della disastrosa esperienza di Fiamma Tricolore, venne a
Milano e ai giornalisti che gli chiedevano un giudizio sul cavaliere, rispose con apparente ferma
decisione: Mi fa orrore!. Dopo per, in privato, mi confid: Per se ha fatto tanti soldi deve
essere proprio bravo!. Oggi lui diventato berlusconiano, mentre a me, Berlusconi non fa pi solo
orrore, ma anche ribrezzo. Almirante, un altro col pelo sullo stomaco, ma che lo conosceva bene, un
giorno mi disse: Rauti loppositore ideale per me. Se non esistesse, dovrei inventarmelo:
gobbo, brutto e ha molti scheletri nell'armadio. Se voglio me lo compro con una scrivania e un
telefono.
Eppure, per uno strano gioco del destino, questo uomo ha rappresentato nel bene (poco) e nel male
(tantissimo), una parte della storia del neofascismo italiano. A lui si sono via via avvicinati molti
giovani di grande talento come Tarchi, Solinas, Cabona, Croppi, Flavia Perina, Briguglio, Granata,
Viespoli e tanti altri. Quando lo hanno conosciuto meglio, lo hanno lasciato.
Persino Alemanno, che Rauti aveva imposto come capolista nel Lazio alle regionali del 1990 in
quanto fidanzato della figlia, allora aspirante novella pulzella d'Orleans, facendo fuori un vecchio
amico come Paolo Andriani, che per lui era andato anche in galera e che di l a poco tempo, ne
sarebbe morto, nel 1991 lo lasci per andare con Fini. Chi lo conosce, lo evita. Alla segreteria del
partito arriv nel 1990 col Congresso di Rimini.Ce lo portammo con una autentica congiura di
palazzo.
Lui aveva gi accettato l'accordo con Fini: segretario questi e lui presidente. L'accordo era stato
stipulato tra Maceratini e Tatarella al Circolo Canottieri Lazio, quello di Previti.
Gli offrimmo la segreteria del partito, mettendo insieme tutto ci che era possibile mettere insieme.
Lui si ingolos e accett. Ci dicevamo: Questo rompe le palle a tutto il partito da trent'anni,
dicendo di avere idee, soluzioni nuove, volont di fare: mettiamolo alla prova. Fall miseramente.
Certo, Fini faceva l'opposizione, guidato da Tatarella. In direzione, nel Comitato Centrale, nel
mondo giovanile, nelle federazioni. Lui imbesuito, incapace di diventare personaggio, o forse,
eterodiretto o ricattato. Avevamo persino disgregato il fronte finiano (Fini allora non godeva di
grande credito dentro il partito), sottraendogli quasi l'intera corrente Servello-Valenzise.
In una tesissima riunione della segreteria nazionale riuscimmo a fargli conferire i pieni poteri.
Lo pregavamo di dare un segnale forte. Per esempio quello di commissariare tutte le federazioni
dItalia, anche quelle governate dai suoi. Poteva essere una svolta non solo organizzativa, ma anche
e
soprattutto
politica.
Risultato?
Commissari
la
federazione
di
Mantova!
Il sabato arrivava il commissario da Milano e il luned successivo, gli altri (i finiani), rientravano e
cambiavano la serratura. Mand anche Alemanno ad occupare (lui che era segretario nazionale!) la
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federazione di Milano. Il genero soggiorn nella capitale morale cinque giorni. Poi se ne and e
ritornarono La Russa e Decorato. Un segretario indeciso a tutto! Poi si avvicinarono le elezioni
regionali in Sicilia. Il partito continuava a perdere consensi e stampa e televisione, ci ignoravano.
Anche perch Rauti considerava le interviste una scocciatura: soprattutto se doveva rinunciare alla
dormitina pomeridiana. Ci interrogavamo su cosa inventare per accendere qualche riflettore su di
noi.
Un pomeriggio, eravamo al partito: Croppi, Urso, Marco Valle, Massimo Arlechino e il sottoscritto.
A Croppi venne un'idea. Perch non organizzare una crociera con una nave?
Itaca! Da Napoli a Tunisi e a Malta, poi nei porti siciliani. Luoghi simbolo. Emigrazione, politica
estera, questione meridionale. I giornalisti a bordo con noi per cinque giorni. Non avrebbero pi
potuto ignorarci. Arriv anche Mennitti e portammo subito la proposta a Rauti. Si mostr
entusiasta: fate, fate....! Ci mettemmo al lavoro; trovammo la nave, organizzammo tutto: rischio per
il partito 150.000.000 di allora. Cambi idea. Ne aveva parlato con Servello. Cosa avrebbero detto
Fini e Tatarella? Lo avrebbero accusato di spendere i soldi del partito per una crociera!
Qualche tempo dopo, Fini, tornato a fare il segretario, attu tranquillamente liniziativa.
Le elezioni in Sicilia furono un disastro e Rauti si dimise pensando, (ne avesse mai indovinata una),
di ricompattare con quel gesto la sua maggioranza. Met della sua corrente and con Fini e io mi
dimisi dal partito. Nel frattempo c'era stata anche la penosa vicenda della prima guerra del golfo.
La direzione nazionale doveva decidere la posizione del partito nel successivo dibattito
parlamentare.
Dopo ore di cazzeggio con Fini (che nel frattempo era andato a Bagdad con Le Pen), e dopo che 90
dei 120 membri dell'organismo se la erano filata alla chetichella, lui, l'antiamericano, si dichiar a
favore dell'intervento militare. Io mi dimisi da responsabile del settore esteri, dichiarandolo in
Parlamento.
Anche perch avevo potuto personalmente constatare che il famoso giocattolino di Tremaglia (gli
italiani all'estero), era un gigantesco bluff, che serviva al bergamasco per pompare soldi dal
partito e per avere un centinaio di delegati di diritto ai congressi nazionali. Rauti, al solito, non
aveva mosso un dito. Nel 1994 il Gramsci nero and da Fini a pietire un posto nel parlamento
europeo.
L'uomo (e la famiglia) hanno sempre vissuto di politica, non per la politica Fini, anche se non
aveva mai scritto libri, il posto glielo diede. A proposito: a parte Le idee che mossero il mondo,
vecchio ormai di sessant'anni e il libretto commissionato e pagato dal generale Aloja contro De
Lorenzo Mani rosse sulle forze armate, oltretutto scritto (forse si vergognava) con lo pseudonimo
di Flavio Messalla, cos'altro ha scritto Rauti? S, certo, ricerche sulla pianta del pastello e sulla
cicernia etica. Sublime! Gli sarebbe convenuto il silenzio, il soggiorno estivo nell'albergo la
Conchiglia a Fregene. Lo avrebbero dimenticato tutti, forse anch'io. Ha voluto parlare, gli dei lo
fulminino!
Stia pure con Berlusconi, Dell'Utri, Verdini, Scajola, Cosentino, Brancher, Gasparri, La Russa,
Flavio Carboni, la Santanch e gli altri degni compari. una buonissima compagnia culturale e
spirituale.
Ma si ricordi che lui ormai una vecchia pratica archiviata. Lo sono anch'io, naturalmente, ma
mentre la mia pu essere tranquillamente in qualsiasi momento riaperta e valutata, sarebbe meglio
che la sua fosse definitivamente dimenticata. Potrebbero scivolare via pezzi di carta imbarazzanti.
Sui colonnelli greci, sui servizi, su Giancarlo Rognoni, sui carabinieri, sui suoi uomini nel Veneto.
Parce sepulto! Si consegni all'oblio, non costringa uno come me a gridare, come in questa
occasione, per la prima, unica, e forse ultima volta Viva Fini!. E persino, Dio mi perdoni, Viva
Bocchino!. (26 luglio 2010)

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CASA DI MONTECARLO, RAI, GUIDO PAGLIA


E LE FAMIGLIE DI LA RUSSA E MATTEOLI
Sono stato in quota una cinquecentina di volte.
Tutte le volte che salivo su un aereo per saltare con il paracadute.
Poi, naturalmente, quando andavo in montagna e sugli aerei di linea per i viaggi.
Non ho mai praticato altre quote; quelle, per intenderci, alle quali si allude in questi giorni sui
quotidiani, parlando di Guido Paglia; alla Rai in quota A.N., descrivendo i suoi rapporti con Fini
e con il cognato.
Brutta storia questa dell'appartamentino di Montecarlo!
Non tanto sul piano penale, morale o etico, ma (ed forse ancora pi grave), su quello del
buongusto.
Anche se, conoscendo abbastanza bene Fini, non mi sento di escludere che verosimile che non ne
sapesse nulla.
Lui fatto cos, nella politica come nella vita privata.
Le due donne importanti della sua vita, come hanno detto a suo tempo gli incalliti battutisti. lo
hanno messo incinto per due volte; quasi a sua insaputa.
Ma, tornando alle quote e a Guido Paglia che ho conosciuto prima, come presidente di
Avanguardia Nazionale (ma forse non ci tiene a ricordarlo), poi come brillante capo della
direzione romana de il Giornale all'epoca di Montanelli, salta fuori che sta alla Rai in quota
A.N.
Sempre in quota A.N. era costantemente seduto in prima fila ai festival di Sanremo: lautentica
festa nazionale italiana.
E come, potrebbe saltar su qualcuno, tu non sapevi che esistevano le quote? E che tutti hanno
sempre quotato da sessantanni, compreso il MSI con Magliaro e Rositani?
No, non sono cos tonto; certo che lo sapevo e sapevo e so che si va in quota solo se si assicura
obbedienza e fedelt. Al partito e ai suoi capi.
Per cui inutile venir fuori oggi a dire che si avuta la carriera stroncata per non aver voluto o
potuto soddisfare determinate richieste, anche quelle riguardanti i familiari che
longanesianamente in Italia sono importanti.
Forse anche per questo nessuno mi ha mai chiesto di far parte delle quote. E lo ringrazio.
Quante quote ci sono in Italia? Migliaia e migliaia. E di tutti i generi. A Milano poi....!
C', prima di ogni altra, la quota larussiana. Gestita direttamente dalla famiglia.
A proposito: quando qualche bravo giornalista d'inchiesta prover a raccontare tutta, ma proprio
tutta, la storia di questa famiglia? A cominciare dallo zio dei La Russa, Michelangelo Virgillito, e
dalla nascita del suo "impero", prosperato dopo le leggi razziali del 38, arraffando per pochi tozzi
di pane, prestigiosi immobili nel centro di Milano e quote di societ e beni vari, tutto ci insomma
che gli ebrei non potevano pi possedere direttamente.
E poi, morto il boss, con Ursini e la sua fuga in Brasile per lo scandalo dello stabilimento delle
bioproteine a Gioiosa Jonica, per arrivare a Tot Ligresti da Patern. Con la costanza della presenza
dei La Russa dentro tutte le societ: quasi ne fossero i veri proprietari.
Foltissima la quota dei La Russa a Milano: dopo Ignazio, c' il fratello Romano, detto U
scecco, gi parlamentare europeo e ora assessore della Regione Lombardia, e il terzo fratello,
quello gi deputato democristiano, che sarebbe potuto diventare il Vendola cattolico milanese
(anche se siciliano), e che oggi felicemente sbarcato nel consiglio damministrazione della
Metropolitana Milanese.
Sempre utile avere qualcuno laddove si decidono i percorsi delle linee e la conseguente
valorizzazione di certe aree.
Recentemente apparso anche il figlio dIgnazio, Geronimo, che, non contento di sedere nel
consiglio di amministrazione della hoilding ligrestiana, ha cominciato la sua scalata politica,
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partendo dall'Automobil Club di Milano, in cordata con il figlio del factotum finanziario di
Berlusconi, Bruno Ermolli e con il compagno del ministro autoreggente Brambilla. E poi cugini,
cognati, parenti vari, avvocati del gruppo e dipendenti promossi alla politica.
Secondo uno schema berlusconiano che a Milano, la famiglia La Russa pratica da molto tempo,
anche se una volta, il campo di esercitazione era il Comune di Milano e il piccolo MSI. Con il
contorno di uno stuolo di servi che, in queste occasioni, sono sempre presenti.
Aspettiamo allora le novit su Montecarlo e sul patrimonio di AN, che proviene, in buonissima
parte da quello del vecchio MSI.
Le aspetto anchio, visto che nel 1970, ho contribuito con tre milioni del vecchio conio allacquisto
della sede di Milano in Via Mancini, 8.
Che nessuno si azzardi a toccarla! Piuttosto la faccio saltare con il tritolo.
In questa estate semi torrida, vedo molti altri ex camerati che si agitano freneticamente.
Tra questi anche Altero Matteoli (ma da dove cazzo viene questo nome, mi chiedo da anni!),
importante ministro berlusconiano. Tra i pi fedeli.
Altero lho conosciuto trent'anni fa.
Ero stato invitato ad un convegno sulle donne a Montecatini, organizzato da una camerata tanto
brava e simpatica, quanto irrimediabilmente brutta.
Matteoli mi attacc perch, a suo dire, avevo sostenuto delle tesi femministe. Per me erano solo
femminili.
Allora il ragioniere (o geometra? o perito?), era almirantiano di ferro. E io no.
Qualche tempo dopo si avvicin a Beppe Niccolai che non aveva pi voluto fare il deputato: a
nemico che fugge.....!
Parentesi.
Caro Pietrangelo Buttafuoco, Beppe non ha mai pensato o detto che il MSI doveva farsi anche
partito degli assessori o, peggio, dei ministri. Niccolai perseguiva un alto e nobile disegno politico:
quello di contribuire a rimarginare la ferita dolorosissima tra fascismo e sinistra rivoluzionaria.
Oggi lo potremmo definire un fascio comunista.
Si ispirava a Berto Ricci e Niccol Giani, ma anche al "comunista" Romano Bilenchi. Li aveva
conosciuti personalmente tutti. Ma soprattutto non voleva che il partito e i suoi uomini avessero a
che fare con l'affarismo, le mafie o il malcostume. Alla fine, proprio per questo, ruppe con
Almirante. Definitivamente. Tanto da non partecipare neppure al suo funerale.
Di conseguenza, il benedetto pisano, non avrebbe mai, dico mai, potuto avere qualche simpatia per
Berlusconi e per il berlusconismo. N lavrebbe mai ringraziato per lo sdoganamento. Che, tra
laltro, non mai avvenuto.
Fini e la Mussolini, a Roma e a Napoli, presero percentuali da paura. Cos come, in altre citt
italiane. Votavano MSI anche se fascista. Forse, anzi, proprio per questo.
L'avvento di Berlusconi, caso mai, danneggi il MSI (io non cero gi pi), e fin per imputridirlo.
Tu, caro Pietrangelo, non avresti fatto il libraio in Sicilia: avresti sfondato perch i numeri ce li
avevi. Chiusa la parentesi.
Matteoli si faceva scrivere le interpellanze e le interrogazioni parlamentari (era diventato deputato
anche grazie a lui), da Beppe.
La relazione di minoranza per la commissione d'inchiesta sulla P2 (guarda l'ironia del destino!), fu
integralmente scritta da Niccolai. Matteoli si limit a firmarla.
Anni dopo, nel 91, nel mezzo del disastro della gestione rautiana del partito, passeggiando nel
Transatlantico di Montecitorio, mi continuava a ripetere: Vedi Tomaso, se in una famiglia entra
anche poco, si pu sopravvivere; ma se non entra pi niente, come si fa? E come far a mantenere
la famiglia, se non sar pi rieletto?.
Io me ne andai dal partito nel luglio del 91 con Granata, Briguglio, Croppi, Valle, Donnici, Peppe
Nanni e altri. Lui and con Fini. e continu a fare il deputato.
La famiglia, credo, oggi la mantiene bene.

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Pappa e ciccia con il CAV (cialtrone ad alta velocit), e non ci tiene pi a passare per lerede
politico e morale di Beppe. Per fortuna!
Sarebbe davvero interessante scrivere la storia del MSI, di AN e del Pdl attraverso le mogli, i
fratelli, i figli, i cognati, gli amanti e le amanti.
Una storia minore dellItalia parallela e imparentata.
Forse un giorno, agli dei piacendo, mi verr voglia di scriverla.
Tutta, ma proprio tutta, con le rispettive "quote". (14 agosto 2010)

DONNA ASSUNTA, INTRIGANTE E VOLGARUCCIA,


LA SANTANCHE E QUELLACCORDO CON GNAZIO
Puntuali come i funghi dopo una giornata di pioggia ferragostana, ecco riapparire sulle pagine dei
giornali, le due semi-icone di quella che oggi si autodefinisce destra. Raffaella Stramandinoli, in
arte donna Assunta, e Daniela Garnero, in arte Santanch. Per carit, contro Fini vanno bene
tutti (e tutte), per il cavaliere con macchia e con paura (di finire in galera), e, naturalmente, per i
suoi giannizzeri Feltri e Belpietro. Con contorno di Sallusti e Veneziani; quello che scriveva i
discorsi di Servello. Non che Fini non si meriti quanto gli sta capitando. Si consegnato legato
mani e piedi per troppi anni alla confortevole condizione di signors, lodato, premiato e, nel
frattempo, dossierato perch con B. vale solo il ricatto, quello subito e quello fatto. Ha compiuto
sicuramente atti (politici) non commendevoli e commesso disinvolte leggerezze che deve pagare,
ma, Dio mio, da che pulpiti vengono le prediche.... Raffaella Stramandinoli una vecchietta
intrigante, petulante e volgaruccia che, a furia di sentirsi chiamare donna Assunta, a furia di
venire invitata in tv a dire banalit penose, ha finito veramente per credere di essere una gran dama.
Eppure...... eppure, esiste anche unaltra storia della sua vita. Ci sono scritti, testimonianze, persino
libri ormai quasi introvabili che ne descrivono un diverso passato. Secondo queste storie, per carit,
tutte da provare, non sarebbe stata la moglie di un ricco nobile calabrese, come lei ha sempre
sostenuto. Al contrario, il meschino, sarebbe morto povero in canna nella corsia di un ospedale di
Reggio. Non avrebbe ereditato quindi, cospicue fortune con le quali acquisire la bella casa di via IV
Fontane, la villa di Levico, quella di Baia Domizia e le altre cosucce per i figli del primo
matrimonio, amati come propri da Giorgio Almirante. Ecco, appunto, Giorgio Almirante. Lo
conobbe, secondo la versione ufficiale, dopo un comizio a Reggio Calabria e non lo avrebbe pi
abbandonato. Secondo la versione malevola, lo raggiunse invece a Roma, andando ad occupare un
modesto appartamentino della Garbatella. Giorgio era gi sposato e aveva una figlia. Una costante
per i leader della destra: tutti casa e famiglia. Tanto vero che il MSI si schier ufficialmente
contro il divorzio......! Sta di fatto, che Giorgio, il quale fino al fatale incontro era il profeta
macilento, sempre con la barba lunga, labito stazzonato e il colletto delle camicie liso e sporchino,
si trasform in un autentico damerino. Una vita costosa. Non poteva certamente bastare lindennit
parlamentare, che, oltretutto, a quei tempi, era alquanto modesta. Neppure i proventi dei diritti
dautore sui suoi libri potevano essere cosi elevati. Io non lo so: posso soltanto ricordare un paio di
episodi che ho vissuto direttamente. Il primo. Intorno al 1980, dopo la sciagurata scissione di
Democrazia Nazionale e dopo la sua disfatta elettorale nel 1979, mi trovai per caso seduto
sullaereo che mi portava a Roma da Milano, accanto al senatore Gastone Nencioni, uno dei capi
dei demonazionali. Non avevo mai avuto particolari rapporti di amicizia con lui, non ne
condividevo le posizioni politiche e, anzi, anni prima, in occasione della ribellione di Praga, avevo
diretto una specie di assalto al palco del MSI, duranti una manifestazione, al grido di Nencioni,
Servello, borghesi da macello, uno slogan parasessantottino adattato per la bisogna dalla destra
giovanile ribellistica missina. Nencioni sembrava ansioso di sfogarsi, di giustificare il suo
comportamento. Mi raccont le fasi politiche che avevano preceduto e seguito la scissione e, dopo
le spiegazioni alte, aggiunse quelle, per cos dire, finanziarie. Almirante aveva voluto per s anche
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l'incarico di segretario amministrativo. C'era stato il finanziamento pubblico per il partito, vera
manna piovuta dal cielo, e le federazioni missine erano state inondate da milioni di manifesti,
depliant, opuscoli, volantini, libricini, manualetti, tutti rigorosamente stampati nella tipografia di
Ciarrapico a Cassino, e poi, in gran parte marciti nei ripostigli delle varie sedi. S, Ciarrapico,
luomo di Andreotti, quello del lodo Mondadori, del Banco Ambrosiano, di un bel po di
bancarotte e, infine, esecutore testamentario delle ultime volont di Almirante. Nencioni mi
raccont che dopo le elezioni del 1976, Almirante convoc lesecutivo del partito (lorgano pi
alto), e, pi o meno, disse: Pensate quello che volete, che sono un incapace, che ho sperperato, ma
adesso non c pi una lira!. Nencioni mi fece anche un po di conti: tre miliardi allanno di
finanziamento pubblico facevano nove miliardi; circa un miliardo laveva portato lui personalmente
da parte della Montedison per il referendum sul divorzio; poi cerano le collette, le sottoscrizioni e
tutti gli altri proventi degli iscritti. Pi di dieci miliardi che se ne erano andati. Troppi. Anche a quel
piccolo, insignificante particolare da dieci miliardi, Nencioni attribuiva la ferma volont di
Almirante di arrivare comunque, alla scissione. In fondo, aggiunse Nencioni, chiedevamo solo il
rinvio del congresso di tre mesi e norme pi garantiste per tutti. Vero? Non vero? Non lo so: certo
molto istruttivo. Secondo episodio. Qualche anno dopo, mi trovai per caso a partecipare ad una cena
da Fortunato al Pantheon, con tutti i deputati missini di Napoli. Cera anche Guido Lo Porto di
Palermo.
Quello che udi nel corso di quell'occasione mi lasci sconvolto. La gestione dellopposizione
dentro al Comune di Napoli (cera stata la campagna elettorale per Almirante sindaco), le delibere
approvate nella conferenza dei capigruppo e sottratte alla discussione dellaula, le mazzette portate
a Roma addirittura infilate nelle calze. Che bella alternativa al sistema! In seguito, lavventura
imprenditoriale di uno dei figli di donna Assunta, in societ con il figlio di Vito Miceli. Una
concessionaria di auto: un buco da un miliardo. Fu coperto con il concreto intervento del senatore
Antonino La Russa, che fece dare al figliolo dilapidatore unagenzia di assicurazioni della SAI. Da
Ligresti. Forse proprio per questo, donna Assunta, vede Gnazio come degno successore di Fini.
Che le andato bene fino a quando ha garantito finanziamenti alla Fondazione Almirante, gestita
da lei in persona. Le auguro buona e lunga vita. Della lunghezza decide Dio, della bont, il
patrimonio.
Dellaltra mezza icona con tacco 12, si sa quasi tutto, anche se, nel mondo nel quale ci troviamo,
non si scandalizza pi nessuno. Nata a Cuneo, che non so se bruci ancora, ma certo non brucia
pi lo stabilimento della Paramatti per il quale lavorava il suo amico dinfanzia e socio Briatore;
lanciatasi nel mondo della chirurgia estetica, prima come segretaria, poi come moglie del dottor
Santanch, del quale era il catalogo vivente da esibire in Costa Smeralda e a Cortina, ha avuto
lincontro che le ha cambiato la vita, a Roma con lallora neodeputato Ignazio La Russa.
Il giovinotto allora vestiva abiti comprati alla Upim (nonostante la cospicua ricchezza), ed era alla
spasmodica ricerca di un aggancio mondano. Fu amore a prima vista. Io ti introduco nel bel
mondo, ti fornisco un sarto decente e tu mi porti in politica. Cominciando da Milano.
Il centrodestra vince le elezioni comunali, AN fa nominare assessore (alla moda? Agli eventi? Non
so bene), una modesta ex segretaria che non sa nulla della materia: Serena Manzin. La GarneroSantanch lassessore vero. Riempie la sua agenda di nomi, fatti, circostanze, tesse relazioni coi
giornali, con gli Emilio Fede, i Lele Mora, le Simone Ventura, il demi monde che oggi la fa da
padrone sui rotocalchi dei pettegolezzi, e per favore non chiamateli gossip! Poi diventa consigliere
provinciale e poco dopo viene imposta come deputato dalle parti di Cremona. Gnazio finalmente
sbarca in Sardegna, si arrampica a Cortina, si esibisce nei baciamano, zampetta in discoteca, sniffa
la dolce aria della celebrit mondana. E lei intanto, incassa. Vuole scalare i vertici di AN. Le altre si
incazzano. Un poanche Fini. Cos, quando Storace - siamo ai tempi delle comiche finali - rompe
con lex uomo in Lebole, e fonda la Destra, lei, spinta dal Berlusca aderisce. Tanto, c
lassicurazione della cooptazione. La sua segreta aspirazione quella di diventare ministra della
difesa. Berlusconi, come fa con tutti, anzi con tutte, le dice s. Promettere non costa nulla.
Lei fa battaglie femministe in ritardo di 40 anni, rompe i coglioni agli islamici, affonda con i tacchi
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a spillo nel fango dei campi Rom, si fa assegnare una scorta. E che cazzo, non uno status symbol?
Fini ci ripensa e torna a casa: impone lallontanamento di Storace e della Garnero-SantanchBisignani. Lei si arrabbia molto, attacca Silvio, gli ricorda le sue preferenze per le donne distese, si
fa candidare alle elezioni come premier. Un flop. Ho modo di conoscerla in quella occasione. Un
amico mi porta ad una sua conferenza stampa. Mi accoglie: E un onore per me, sei sempre stato il
mio mito!. Lonore non lho mai capito, il mito neanche. Qualche giorno dopo mi chiama al
telefono: Devi assolutamente essere in lista con noi!. Ci penso. Ho fatto tante stronzate nella mia
vita: una in pi o una in meno..... le ho tentate tutte, ma proprio tutte per dare vita a un progetto
politico serio. Prendo tempo, poi le rispondo: S, a una condizione. Sento il gelo dallaltra parte.
Immagino quello che pensa: Che vorr mai questo? Un capolistato?. Le dico: Voglio lultimo
posto della lista. Sento distintamente il suo sospiro di sollievo. Finisce l. Dopo le elezioni mi
accorgo che lei e Storace vogliono tornare con Berlusconi. Non sono fascisti, al massimo dei
fascistelli. Hanno bisogno del posto, del potere, degli intrallazzi romani, delle spartizioni e dei
privilegi.
Per Daniela ne va proprio della sua vita, anzi, del suo tenore di vita. Lamicizia con Feltri, persino
quella con Sallusti, lagenzia Visibilia per la pubblicit de il Giornale, Libero, e il
Riformista, i pranzi con i fotografi dei rotocalchi al seguito. Buon lavoro e buon appetito.
Qualche tempo fa ho conosciuto casualmente Rita Rusic. Quella che le ha portato via il compagno,
il padre del suo Lorenzino il magnifichino secondo la felice definizione di Gianantonio Stella.
Mi sono congratulato calorosamente con lei. Lei non sapeva perch. Io, invece, s. (30 ottobre 2010)

MOFFA, IL RESPONSABILE TRASPARENTE,


RARO ESEMPIO DI INVISIBILITA
Mi sono detto: scrivo qualcosa su Silvano Moffa, capo, vicecapo o sottocapo, non ho capito bene,
del gruppo dei responsabili. Quello di Razzi, Scilipoti e altre brave persone. Moffa dovrei
conoscerlo bene. Eravamo insieme nel vecchio MSI. Allora era rautiano e, ai rautiani, il termine
destra non mai andato gi. Quando portammo Rauti alla Segreteria Nazionale, Moffa divent capo
del cerimoniale: quello che stava nella stanza vicina a quella del boss, che doveva filtrare telefonate,
visite, bloccare gli immancabili scocciatori, i perditempo e tutti coloro che ritenevano di avere
qualcosa di importante da dire. Lo conosco, mi sono detto; perch allora non scrivere di lui, di
quello che pensava, di che cosa si occupava, delle sue prese di posizione, dei suoi interessi politici e
culturali? Il fatto che non mi viene in mente nulla. Moffa sempre stato un esempio di invisibilit.
Certo, partecipava a tutte le riunioni, alle sedute del Comitato Centrale, ai Congressi: ma non si
vedeva. Si confondeva con la parete, quando era seduto a un tavolo, la sedia sembrava vuota: non
parlava ma sussurrava, il sorriso inerte stampato su una faccetta da puttino col ricciolo biondo e
locchio color acqua. il nulla fatto persona. Eppure diventato Presidente della Provincia di Roma,
deputato e non so cosaltro ancora. Ora un responsabile, si dice tifoso di Cameron, tenace
sostenitore di quella destra che prima considerava becera ed inutile. Ha, di tanto in tanto, qualche
riflettore acceso su di lui, ma sembra sempre pi trasparente, pi invisibile di una micella (particella
colloidale in sospensione). Immagino che si senta a suo agio con Alfano, Cicchitto, Bondi, la
Santanch, la Gelmini, la Brambilla, la Bernini (per favore non mandatela pi in TV che fa venire il
mal di mare), la Scicolone, Stracquadanio, Bonaiuti, Verdini, Gasparri, La Russa e compagnia
cantante. Vive della loro visibilit. Mi viene il dubbio che se fosse stato invitato ai festini di Arcore,
nessuno si sarebbe accorto della sua presenza e nessun pm lavrebbe mai scovato. In fondo, solo
un dito che schiaccia un bottone. Alla Camera. Molto responsabilmente. (24 agosto 2011)

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CARO ITALO BOCCHINO, PERCHE TANTA


IMPRUDENZA CON LE SALLUSTI IN GONNELLA?
Caro Italo, non so se gli inconvenienti che hai patito negli ultimi tempi derivano da quella voglia
di essere sempre sullascensore sociale evocato nel tuo bel libro autobiografico, ma sicuro che
un paio te li sei proprio andati a cercare. Non cera bisogno dell'inchiesta sulla P4 per sapere che il
dr. Frankenstein della Garnero-Santanch, Luigi Bisignani andava evitato come il tg di Emilio Fede.
Nella mia oramai lunga vita, ho avuto modo di incontrare e a volte frequentare anche mascalzoni,
avventurieri, truffatori e millantatori. Alcuni erano pure simpatici e qualcosa da imparare da loro
cera sempre, ma avendo ben presente chi erano e cosa facevano. La vita cos.
Ma lui, dico Bisignani, non lho mai voluto conoscere anche quando, allinizio degli anni 80, era
sempre a Montecitorio e, da giornalista dell'Ansa, zampettava sculando su e gi per il
transatlantico.
A pelle non mi piaceva. Quella sua aria da furetto miope trasmetteva sentori di intrighi e di
manifeste disponibilit molto, troppo interessate. A quel tempo nulla si sapeva della sua
appartenenza alla P2, della maxi tangente Enimont e dei suoi mille giochi. Dopo mani pulite era
apparentemente finito nel dimenticatoio ma si sapeva che era ancora operativo. In mancanza daltri
elementi, sarebbe stata sufficiente lintervista data un paio danni fa a Repubblica dall'ex
responsabile della sicurezza della Telecom dei tempi di Tronchetti Provera, dopo lo scandalo sulle
intercettazioni illegali. Uno scandalo tutto politico. Tavaroli, lagente dei servizi approdato a
Telecom, raccontava in quellintervista mai smentita, che appena in carica era stato inviato in
missione a Roma per essere iniziato (cos gli era stato detto) alla politica che conta.
Era stato accompagnato a fare il giro delle sette chiese lespressione sua - per incontrare e
conoscere Cossiga, Gianni Letta, Giancarlo Elia Valori e per lappunto, Luigino Bisignani.
La massoneria che conta per davvero, precis nell'intervista, quella che possiede le chiavi del
potere, un potere fondato sulle informazioni segrete o riservate, meglio se potenzialmente
ricattatorie e, che possono influire su affari, carriere, successi e guadagni. Perch, caro Italo, hai
accettato lamicizia di Bisignani? uno che ti da 10 e si prende 1000 e ha soprattutto il potere di
sporcare tutto ci che tocca. Un Re Mida al contrario. Non avevi e non hai bisogno, caro Italo di
questi ascensori sociali. Hai avuto il bene di conoscere e frequentare una vera, grande signora, bella,
colta, affascinata e raffinata come era Graziella Lonardi. Una che a Porto Cervo e a Porto Rotondo
ci andava quando cerano s e no quattro alberghi e poche ville di veri signori (nel senso della
cultura), mentre gli attuali frequentatori della costa e magari del Billionaire, volgari, slandroni e
ciabattoni stavano ancora accumulando inutili e rozze ricchezze con la sistematica evasione fiscale.
Caro Italo, questi ultimi mesi ci hanno detto che finito o sta per finire il ventennio berlusconiano,
basato sulle manovre di palazzo, sui ricatti e contro ricatti, sulle esibizioni di potere per lo pi finto.
Se da uomo posso giustificare la storiella con la Carfagna: era bella e quando uno se la trova sempre
tra i piedi...., questa della ape regina proprio non mi va gi. Ma quale trappola! Ma quale
agguato! Uno astuto come te non ci sarebbe mai cascato. Questa Sabina Began, o come diavolo si
chiama veramente, campa di queste cose. Appartiene a quel sottobosco romano che spesso si
mescola alla politica. Attrici senza films, tenutarie di salotti mondani sempre al telefono con
giornalisti di pettegolezzi, cantanti senza voce, imprenditori-prenditori che offrono cene a destra e a
sinistra, incontri, utilit (come si dice oggi), magari sulle varie costiere di cui ricca l'Italia.
Lape regina (o operaia?) era l quella sera, proprio per incontrarti. Dopo la tua strana intervista al
Corriere della Sera. Era in missione: una missione, lo voglio proprio credere, impossibile. Tu sei
bravo, intelligente, abile, spiritoso, piacevole, ti vesti bene, buchi il teleschermo ma non sei Brad
Pitt e se una stagionatella secredente Pompadour ti vuole incontrare, non perch arsa dal fuoco
della passione. solo che lei deve vivere, campare, apparire e soprattutto rispondere al suo datore
di lavoro. Un Sallusti in gonnella insomma. Se veramente vuoi, come continuo a credere e come
fermamente io voglio, vedere lometto di Arcore costretto per il bene dellItalia a sbaraccare
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l'apparato di potere che si acquistato con ogni mezzo, devi ripeterti ogni giorno, da quando ti
svegli al mattino fino a che ti corichi: Via Berlusconi!. Come un mantra o un training autogeno:
via Berlusconi, via Berlusconi, via Berlusconi, via Berlusconi.....! PS. Ho deciso di non querelarti
per avermi definito monarchico nel tuo libro. Come forse avrai capito sono anarchico. (15 settembre
2011)

LA GABBIA DORATA DI FINI LO HA PORTATO


A FAR LA FINE DELLA PIVETTI
Caro Gianfranco, alla fine, dopo trentanni, a Mirabello ci sono venuto anche io. Prima no, vuoi
perch non ero invitato, vuoi perch - sono vecchie storie che ben conosci - si trattava di una festa
tutta almirantiana, e io, almirantiano non sono mai stato. Resta il rammarico di non aver potuto
conoscere a suo tempo Lodi e Brandani. Due degnissime persone, di quelle che danno senza badare
a quello che possono avere in cambio. Motivo di soddisfazione (forse unico) di aver potuto
visitare Ferrara con la necessaria calma. Citt bellissima: ne valeva la pena. Mi sono piazzato per
tempo sotto il sole africano di domenica scorsa in attesa dellevento. Vale a dire del tuo discorso.
Doveva servire, stando alle aspettative della vigilia forse troppo enfatizzate, a dare una risposta ai
molti interrogativi sorti nell'ultimo anno. Politici, ovviamente, ma anche morali. Nei giorni
precedenti, assistendo ai dibattiti, girando per gli stand, incontrando gente, bevendo dell'ottima birra
artigianale ferrarese, sentivo aleggiare una domanda. In tutti. La dir finalmente quella cosa?
Dar un senso politico alla battaglia di un anno? Per la verit non mi facevo molte illusioni. Sono
troppo vecchio e ne ho viste tante nella mia vita per non sapere che la gabbia nella quale ti trovi,
s una gabbia, ma pur sempre molto dorata. Non facile uscirne. Soprattutto spontaneamente.
Immaginavo e immagino che siano in molti a consigliarti di non farlo. Per motivi sicuramente molto
validi anche se, forse, non sempre nobilissimi. Eppure una piccola speranza la coltivavo. Speravo
che il succo del tuo discorso fosse questo: Sapete che c di nuovo? Mi dimetto dalla carica, torno
a faticare e a sudare per le strade e le piazze dItalia, mi libero dai formalismi istituzionali, dico
quello che c da dire sugli uomini (e le donne) del regimino di Arcore, sulle situazioni, sui fatti,
sulle falsit che hanno coagulato il grumo maleodorante che blocca la politica italiana. E punto di
nuovo il dito (anche se non alla Bossi), contro gli omuncoli di oggi, con la forza della verit e il
coraggio di chi sente di essere nel giusto. Creer il partito, lo strumento che tutti voi aspettate e ci
metter la faccia. lo lancer allattacco, alla conquista degli elettori del centrodestra (quelli onesti) e
di quelli del centrosinistra - tanto chi le capisce pi le differenze - e parler alle menti e ai cuori
degli italiani. Canceller i pietosi casi umani dei vari criptoberlusconiani che cerano intorno a me
e, forse, ci sono ancora. Ero scettico, ma lo confesso, ci speravo. In modo del tutto irrazionale.
Anche perch eravamo in tanti ad essere stufi delle api regine e dei fuchini coi quali abbiamo
occupato il dibattito politico (!!) di queste ultime settimane. Non andata cos. In questi giorni mi
sono anche sforzato di capirlo. Non ci sono riuscito. Perch, almeno, qualcosa di pi potevi dire. Il
terzo polo per davvero il destino? Casini il vero capo? La vischiosit becerodestrista un vero
terreno culturale? Caro Gianfranco, se un anno fa davano il Fli al 8% e l'Udc al 5%, come mai oggi
l'Udc al 7% e il Fli al 3% (forse)? Domenica non parlavi a una normale chiusura di una
normale festa di partito. Parlavi a un popolo che, tornato a casa, doveva mettersi a lavorare per
costruire un partito, meglio un movimento, che, per ora non c e non si capisce quando potr
esserci.
Non stato cos: peccato! mancata la passione, la carica, il pathos, lorgoglio di sentirsi e di
dichiararsi diversi, di indicare traguardi alti e nobili. Miti ma intransigenti, aperti ma saldi,
comprensivi ma legalitari, istituzionali ma anche s, giustizialisti. Lunica forma di rivoluzione oggi
possibile in Italia. La sbrigativa conclusione del tuo intervento stata deludente. Te la dico tutta?
Mi sei sembrato molto solo. Gli amici veri sono quelli che osano dire la verit anche se scomoda.
I tuoi amici veri a Mirabello, sono stati quelli che ti hanno contestato. Credo e spero che tu non
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voglia fare la fine della Pivetti. Sinceramente e amichevolmente il rompiballe, Tomaso Staiti
(settembre 2010)

Milano 1976 Pino Romualdi

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BERLUSCONI
E DINTORNI
QUEL BENEDETTO GIORNO CHE GIANFRANCO,
IN DIRETTA TV, MOSTRO
CHE IL RE E NUDO. CON IL PANNOLONE..
Che spettacolo marted 22 aprile su Sky! Parlo della diretta - con telecamere del partito (!), come ci
ha ricordato una sempre pi anoressica e stupefatta Carfagna a Annozero, e regia Mediaset -,
della riunione della direzione nazionale del P.D.L. La direzione uscita dal libero, franco e serrato
confronto del primo congresso nazionale del partito. Quello del settanta - trenta. Non mi riferisco
tanto allintervento di Fini e a quello, nervoso, irato e saltabeccante di Silvio Berlusconi. il
contesto dell'avvenimento che mi interessa e quello che si potuto cogliere dai volti, dalle
espressioni, dalle smorfie di quelli che stavano sul palco o sedevano in platea. A partire dallinizio,
da quando il capo ha afferrato il microfono e forse pensando, non a torto, di essere ad una delle
solite convention di venditori di Publitalia, ha cominciato a dare ordini. State seduti. Occupate le
file. Non andate su e gi. Mettetevi in fondo... Questa macchina quaaa devi metterla laa.......c
da spostare una macchina..... un diesel...". Fantastico! E poi la scaletta della giornata. I ministri, i
coordinatori, i cofondatori (tra i quali Luciano Bonocore detto "Vesuvio"). Tutto per annacquare,
per sminuzzare, per tagliare la tensione e buttarla tutta su Fini. Bisognava vederli quelli in platea. I
laudatores in servizio permanente, i bene-ficati, quelli che se Berlusconi defecasse loro in testa,
direbbero che li ha ricoperti doro. Quelli che mai avrebbero sperato di essere l. Di tanto in tanto
inquadrature imperdibili. Come quella di Alessandra Soldini, reduce da qualche mercato del
pesce e dallaver sputtanato il nome del nonno pi di quanto ha potuto sessant'anni di antifascismo
militante. In a lei, Daniela Garnero in arte Santanch, in Visibilia per aver fatto pace con iena
ridens La Russa e, quindi, con Ligresti. Non si sono baciate solo per ragioni di compatibilit di
plastiche. E i toreador di Silvio (ma non si dice toreadores?) , come ha titolato il giorno dopo
Libero! Vediamoli. Il poeta bisessuale Bondi, lavvocaticchio finto pensoso Alfano, lo zombie
uscito dalla tomba P2 Cicchitto, Gasparri con la solita faccia da confidente dei carabinieri, lo
statista di Albenga, Scajola, e il ministro per caso Frattini. Mancava solo, ma ci sarebbe stato
benissimo, Lele Mora. Ma il partito dellamore si mostrato in tutta la sua grandezza a partire dal
giorno successivo. La cravatta rosa di Gianfranco, la gomma da masticare, la sua mancanza di stile.
Su quello di Berlusconi niente. Niente sui suoi doppiopetto con revers da 40 centimetri, niente sulle
sue giacche a due bottoni (devono essere sempre tre), niente sulle sue perenni scarpe nere (si
mettono di giorno solo per incontri ufficiali), niente sui suoi spropositati nodi di cravatta, niente
sulle sue T-shirt blu improponibili, niente sul suo cerone, sui suoi tacchi, sul lucido da scarpe in
testa, niente sulla sua assoluta mancanza di stile, di classe, di misura. Per i suoi dipendenti, in lui
tutto perfetto, persino le pettinatine pubbliche con pettinino in tasca, da gag del sud degli anni
30. In futuro ne vedremo sicuramente ancora delle belle. Per ora, da parte mia, un grazie a
Gianfranco. Per la prima volta ci ha fatto vedere il re nudo. Con il pannolone. (24 aprile 2010)

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NEL PDL SI MERITANO PROPRIO


LE FACCE CHE HANNO
Davanti a un macellaio toscano con la faccia di Verdini, sareste certi che il chilo di bistecche che
chiedete, pesi davvero un chilo? Comprereste del vino da un oste con la faccia di Brancher, convinti
che sia veramente fatto con luva? Prendereste una vettura usata da un tipo con la faccia di
Cosentino, senza sospettare che il contachilometri sia taroccato? Vi consegnereste a un giudice con
la faccia di Caliendo sicuri che sareste giudicati secondo legge e coscienza? Affidereste una
notevole somma di denaro a uno con la faccia di Scajola? Mandereste vostra figlia sedicenne in
vacanza da sola con uno con la faccia di La Russa? Vi confessereste tranquillamente ad un prete
con la faccia di dellUtri? Confidereste un segreto imbarazzante a uno con la faccia di Gasparri
senza il dubbio che non vada subito ad informare i carabinieri? Potremmo proseguire quasi
all'infinito. Matteoli, De Gregorio, Ghedini, la Brambilla, etc. etc. Unica eccezione Carlo
Giovanardi. Lui un cretino con la faccia da cretino. pettinato come un cretino. Il solo rimasto in
Italia a sostenere la tesi della bomba nella toilette dellaereo di Ustica.Una volta si diceva che
ciascuno ha la faccia che si merita, e, loro, le facce che hanno se le meritano proprio tutte. (31
luglio 2010)

IL 25 APRILE MUSSOLINI AVREBBE DOVUTO


FARSI AMMAZZARE CON IL MITRA IN MANO
Allingresso della sede romana del Pdl, campeggia, grande grande, una scritta: Donne e uomini
liberi che vogliono rimanere liberi. Ci vorrebbe una piccola aggiunta: O almeno latitanti. Nello
sfascio nauseabondo della cosiddetta seconda Repubblica, assai peggiore della prima, dove, almeno
apparentemente, cerano storie politiche e personali degne di rispetto, emerge in modo prepotente
tutto il disastro della societ italiana, dello Stato, della nazione, di un intero popolo. Un popolo
avvilito, rassegnato, molto spesso complice. Ubriacato dagli idoli televisivi, dalle mode che gli
vengono imposte, dai simboli materiali dei quali non riesce pi a fare a meno, dagli esempi di
straccionismo morale e materiale che gli vengono ogni giorno offerti come modelli, dal progressivo
abbattimento di tutti gli argini morali collettivi, ancor pi importanti di quelli personali (per i quali
almeno c il codice penale, mentre per quelli che riguardano l'intera societ, c soltanto
lassuefazione), dallo smantellamento di ogni forma di tutela sociale imposto dalla globalizzazione,
che solo il lato economico di una politica di respiro mondiale. Vi imponiamo la nostra libert, la
nostra democrazia, le nostre leggi e, se non siete d'accordo, vi bombardiamo, vi invadiamo, vi
facciamo governare da politici corrotti, nostri servi. Se reagite, vi trattiamo da terroristi.Trenta o
quarantanni fa, se fossero accadute met delle cose che oggi stanno capitando, con la Fiat e tutte le
altre imprese ( ma ormai sono quasi tutte divenute delle finanziarie nelle quali laspetto
industriale secondario), le strade si sarebbero trasformate in campi di battaglia. C quasi da
rimpiangerli quei tempi! Cera vita nel paese, il sangue scorreva ancora nelle vene degli italiani, le
passioni erano ancora vive e pulsanti. Oggi ci si limita a qualche civile protesta, si sale sui tetti, ci
si rifugia in qualche isola. E se qualcuno tenta di incazzarsi sul serio, come accaduto per i
terremotati dellAquila, resisi finalmente conto di aver fatto da comparse negli spot televisivi del
caimano sdentato, ecco il manganello. Volete addirittura passare davanti al palazzo delle
mignotte del cabarettista di Arcore? Il potere sa che ci saranno poche reazioni.
Persino i centri sociali se ne stanno buoni. I fascisti sociali sono ormai sistemati: chi con
Alemanno, chi con Romagnoli, chi con Storace, chi con Forza Nuova che pensa solo alle
guerriglie di quartiere, con gli omologhi dellultra sinistra, o agli immigrati che puzzano e danno
fastidio e, il pi delle volte, non reagiscono. Ah! Se potessero tornare indietro i vecchi dirigenti
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(quasi tutti defunti) della sinistra, i comunisti come li chiama limpasticcato di Palazzo Chigi. Ci
starebbero pi attenti a demolire la patria, lo stato, a denigrare la nazione, a minare il senso di
appartenenza alla storia italiana, alle sue pagine liete come a quelle tristi; a ci insomma che aveva
faticosamente contribuito a costruire un po di orgoglio nazionale. In Russia, nelle parate ufficiali,
sfilano, insieme alle bandiere di oggi, anche quelle degli zar e dellUnione Sovietica. Pi serio il
popolo e pi seri i suoi governanti. Eppure, eppure se il nostro fosse un popolo vero, guarderebbe
con qualche attenzione a certe grandi intuizioni del nostro passato. A me non frega pi niente
dellimpero, degli otto milioni di baionette, delle sfilate lungo i Fori Imperiali, degli aquiloni, dei
salti nei cerchio di fuoco, degli orbace. Al limite non mi frega pi tanto neppure di Mussolini.
Anche se le colpe dei nipoti non debbono ricadere sui nonni. Lui ha voluto fare il dittatore e i
dittatori non possono farsi mettere in minoranza come un qualsiasi presidente del Consiglio. I
dittatori non possono essere buoni. I gerarchi del 25 luglio, li doveva far fucilare subito, l nel
cortile di Palazzo Venezia. E il 25 aprile doveva imbracciare il mitra e farsi ammazzare come
Allende in Cile, non infilarsi da fuggiasco, in quel budello di strada che porta a Giulino di
Mezzegra. Sono invece interessato e molto, allultimo atto, quello nel quale, moltissimi che non
erano mai stati fascisti, andarono a combattere una battaglia ormai perduta. Per lonore d'Italia, ma
anche per la socializzazione, la rivoluzione, e per i lavoratori nei consigli di amministrazione delle
industrie. Che spettacolo sarebbe oggi alla Fiat! Invece no. Le finanziarie internazionali con i loro
derivati, le banche con i loro denaro virtuale, i grandi, piccoli gnomi di tutto il mondo
speculano e guadagnano e, se per caso ci perdono, mettono nei guai risparmiatori, governi e stati in
tutto il mondo. Poi si fanno salvare e rincominciano da capo. Come oggi. Passata, per loro, la
buriana, il conto lo pagher sempre la povera gente. In tutto il mondo.

BERLUSCONI, IL TERMINALE E IL PUNTO DINIZIO


DELLA NOSTRA DECADENZA POLITICA E MORALE
Ormai avanti negli anni, senza pi aspirazioni, sogni o illusioni, aspetto solo che lItalia tenti di
riconciliarsi con il proprio passato e la propria storia. A pensarci bene, non poi cos strano, che il
primo, vero tentativo di farlo, lo si debba a un fascio comunista come Antonio Pennacchi. Il suo
Canale Mussolini un capolavoro. un Gattopardo plebeo, nel senso pi nobile del termine. Il
solito becerodestrista di turno ha scritto al Giornale di Feltri (ma avrebbe potuto tranquillamente
scrivere al suo prognato Maurizio Belpietro), per dire che Pennacchi falsifica la storia. Ben
vengano questi falsari! Gli altri restino pure ci che sono sempre stati: degli omuncoli senza palle.
Chiss mai se lItalia riuscir un giorno a liberarsi di quel tappo di sporcizia - come quelli che si
formano talvolta nei lavandini intasati - che da ventanni le impedisce di guardare con sincerit e
severit dentro s stessa Mi sforzo di pensare che le vicende penose alle quali stiamo assistendo in
questi giorni, siano linizio dellepilogo. Il tappo oggi, e non una facile battuta, si chiama Silvio
Berlusconi, il terminale e il punto di inizio della nostra decadenza politica e morale. Cinque mesi fa
sono tornato, dopo pi di quattro anni di assenza, a Montecitorio. Che spettacolo! Un gruppo di ex
veline, attualmente fellazine, con gli occhi sgranati dal bisturi, il tacco 12 e latteggiamento di chi
si ritiene proprio una gnocca. Poi una sessantina di ex impiegati, ex dipendenti Publitalia e
Mediaset, vari sprovveduti beneficati dalla nomina a deputato, legulei divenuti famosi (famosi?),
perch difendono nei tribunali il capo. Persino Giorgio Stracquadanio, lex portaborse di Tiziana
Maiolo, tutto rimpannucciato e ripulito, pontificava in mezzo ai giornalisti. Tutto questo potr
andare avanti ancora per molto? possibile continuare ad avere rispetto per un esercito che fa le
guerre dichiarate o non dichiarate dagli altri, e che non si solleva contro lignominia di avere un
ministro come La Russa? possibile andare avanti con la retorica che siamo in Afghanistan per
vincere, quando tutti sanno che l hanno sempre perso tutti, dagli inglesi ai russi, e perderemo
anche noi? Dei onnipotenti, vi prego, fate sparire tutto questo! Ridateci un po di dignit.Poi,
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passata questa fase infame, che nessuno venga pi a dirci, per favore, che gli imprenditori di
successo ( lasciamo perdere come lo hanno ottenuto) sono bravi anche in politica, la politica del
fare. Sicuramente i loro interessi. Ridateci il vecchio teatrino della politica e, per piacere,
lasciate gli imbonitori nei mercatini rionali. (19 agosto 2010)

IL RUGGITO DEL BASSOTTO DI ARCORE


Per favore, aiutatemi a capire. Leggo sui quotidiani, apprendo dai telegiornali che il granduca di
Favasecca, elicotterando come un pazzo da una delle sue ville allaltra, avrebbe di fatto messo a
punto la bozza del cosiddetto programma di met legislatura, con il quale stanare definitivamente
Fini e i suoi amici alla ripresa politica autunnale. Quattro o cinque punti, riferiscono le gazzette, che
presenter ai suoi collaboratori (?) nei prossimi giorni. Naturalmente, tra questi collaboratori, ci
saranno i tre fratelli Marx (il nome vero era Marks), Harpo Verdini, Groucho La Russa e Chico
Bondi.
In realt i tre fratelli Marx (Marks), erano cinque. Cerano anche Gummo e Zeppo, per i quali, in
questi giorni, dentro la Pdl si stanno facendo le selezioni. Gasparri e Cicchitto? Ghedini e
Capezzone? O magari Stracquadanio e Buonaiuti? in corso un sondaggio nei gazebo, di cui dar
direttamente conto lometto di Arcore. Tra un cono gelato nella piazzetta di Porto Rotondo,
attorniato da una folla di poveretti ciabattanti, in pinocchietti da cui spuntano polpacci pelosi e in
polo impregnate di sudore, e allusivi sorrisetti furbi, egli si prepara, dicono sempre le gazzette, allo
scontro finale. O compera un certo numero di deputati finiani (nella sua vita ha sempre dovuto
pagare per tutto), o si fa votare contro per poi dimettersi e pretendere le elezioni. Ora, nellultimo e
pi sperduto paese della terra, nemmeno nel regno dei furbetti del quartierino, neppure nella
Repubblica di Cretinopoli - purtroppo siamo le tre cose messe insieme - una simile cosa potrebbe
passare. Sono nato in anni nei quali cera il bieco regime fascista. Fin da adolescente mi sono
schierato dalla parte dei vinti e, pertanto, non posso (non me lo permetterei mai), dare lezioni di
democrazia e di diritto costituzionale. Tuttavia, per decenni ho provato coscienziosamente a
imparare il metodo democratico; qualche occhiata alla carta costituzionale lho pure data, ho cercato
di credere a quelle cose che mi continuavano a ripetere: sovranit popolare, rispetto delle leggi che
sono uguali per tutti, a cominciare dalla Costituzione, equilibrio tra i poteri dello Stato e via
discorrendo. Ma, per quanto prevenuto, una cosa del genere non me la potevo proprio immaginare.
Come? Uno che presidente del Consiglio elabora un documento politico al solo scopo di farselo
bocciare in Parlamento, per potere poi invocare le elezioni, cercando da subito, di intimidire il
Presidente della Repubblica? Ha proprio ragione Oliver Stone: oggi la democrazia solo denaro e
televisione. Figuriamoci in Italia col signor (si fa per dire!) Silvio Berlusconi. Il solo fatto di aver
messo il suo nome dentro il simbolo elettorale - una furbesca mascalzonata dietro alla quale sono
incoscientemente andati quasi tutti gli altri - non basta a cambiare la Costituzione. Se Mr. B. lo
vuole fare, segua le regole che la carta stessa prevede. Oppure, si assuma la responsabilit di un
colpo di stato, di una sovversione violenta (non ci sono forse i milioni di padani di Bossi?), di
qualcosa, insomma che assomigli a un gesto virile. Altrimenti, zitto e a cuccia, bassotto maledetto!
(5 settembre 2010)

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FRATTINI, LEX-PRIMO DELLA CLASSE


SERVIZIEVOLE, DECORATIVO E INESISTENTE
Ai tempi della scuola tutti noi abbiamo avuto un compagno di classe uguale sputato al Ministro
degli Esteri, Franco Frattini. Era un tipo a modino, anonimamente ben vestito, pulitino, educatino,
con la riga tra i capelli ben dritta e lo sguardo miopoide vagamente perso nel nulla. Ovviamente, era
il primo della classe. Antipaticuccio, dava poca confidenza ai compagni, nessuna inclinazione a
comportamenti ribellistici o anarcoidi, qualche sospetto, solo sospetto per carit, di complicit con i
nemici professori. I voti. Tutti 7 e 8, nessun 6 e nemmeno un 9: un aureo appiattimento verso lalto.
Non era un genio, i geni vanno benissimo in alcune materie e malissimo in altre, ma sicuramente
rappresentava il bravo figliuolo che tutti i genitori avrebbero voluto. Nessuna assenza, sempre in
perfetto orario, anche se a volte sembrava non essere l. Come tutti i primi della classe, anche
Frattini si brillantemente laureato (in giurisprudenza), ha imparato linglese, oggi indispensabile
anche per fare il lattaio, e ha fatto il suo bravo concorso per diventare avvocato dello Stato. Lo
diventato. Poi, di scatto in scatto, arrivato alla vice segreteria della presidenza del Consiglio con il
governo Ciampi. Gli si prospettava insomma, una bella e solida carriera da perfetto burocrate.
Lincontro con Berlusconi e Forza Italia lo ha trasformato in ministro. Ministro degli Esteri, un
ministro per caso. Com arcinoto, il cav. non avrebbe alcun bisogno di un ministro degli Esteri, c
gi lui che fa tutto. Con Putin il rapporto consolidato (anzi gassificato), con la Merkel basta un
cuc, con Obama un Mister Obaaaaamaaaa!, per Libia, Tunisia e Marocco Tarak Ben Amar
basta e avanza, con Zapatero non vale la pena di parlare e gli altri non contano niente perch non ci
sono affari da concludere. A che serve allora un ministro come Frattini? A raccogliere le ambasce
degli ambasciatori, terrorizzati ad ogni uscita internazionale del Primo Ministro? O le diplomatiche
note dei consoli ridotti a consolare gli italiani all'estero vittime dei frizzi e dei lazzi degli abitanti di
mezzo pianeta? Vederlo confuso tra la piccola folla che seguiva Gheddafi al suo sbarco a Ciampino,
suscitava tenerezza. Dietro alle due amazzoni in mimetica e tacchetti, dietro ad altri anonimi
personaggi, degnato solo di un mezzo sguardo dal colonnello stile Bagaglino. Sorrideva vacuo il
poverino, e forse si chiedeva cosa ci stesse a fare l, lui, lex primo della classe. Invece era, in questa
circostanza, luomo giusto al posto giusto: il segretario factotum del boss, come Bonaiuti, Alfano,
Bondi, o Ghedini, servizievole senza passioni e pulsioni, efficiente e impersonale, decorativo e
inesistente. Un vero uomo di B., un ministro verbo e aggettivo allo stesso tempo: assente da
assentire e assente da non esserci. E questa stata anche la nostra vendetta postuma su tutti i nostri
vecchi primi della classe. (3 settembre 2010)

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IL RE SOLA
Il nuovo miracolo italiano.
Un milione di posti di lavoro.
Meno tasse per tutti.
Lotta all'evasione fiscale.
Citt pi sicure.
Rilancio del Mezzogiorno.
Moralit in politica.
Giustizia uguale per tutti.
Quattro centrali nucleari.
Ponte sullo Stretto.
Ripresa economica.
Soluzione del conflitto di interessi.
Abolizione delle province.
Lotta alla burocrazia.
Riforme per un'Italia moderna.
Nuovo prestigio internazionale dell'Italia.
Donne e uomini onesti in Parlamento e al Governo.
Sostegno all'Universit e alla ricerca.
Riassetto dei conti pubblici dello Stato.
Vittoria sul cancro entro tre anni............! (7 settembre 2010)

S.B. QUANTO SAREBBE DISPOSTO A SBORSARE


PER RIUSCIRE A PASSARE ALLA STORIA?
Quanto sarebbe disposto a sborsare S. B. per passare alla storia? Forse non proprio come Giulio
Cesare, Carlo Magno, Napoleone, Garibaldi, Stalin, Hitler, Mussolini o Churchil, ai quali per altro
lui non si sente affatto inferiore, ma almeno come Dapporto, Macario o Rascel.
Invece nisba.
Nelle cronache italiane sar ricordato con un rigo in pi di Giovanni Goria, che, come lui, non ha
costruito il ponte sullo Stretto n completato la Salerno-Reggio Calabria.
Del resto, lui almeno non laveva nemmeno promesso.
S.B. ha un bel continuare a comprare ville nella sua paranoica bulimia da possesso; tutto inutile, la
villa di Arcore sar per sempre Villa San Martino dei Casati-Stampa, Palazzo Grazioli rester
Palazzo Grazioli, villa Cesare Correnti a Lesa idem, o, al massimo, villa Campari.
Quanto a villa Certosa, pi facile che diventi villa Carboni.
Anche Milano 2 rester solo un numero, anonimo come la sua storia di citt finta.
Niente da fare.
Per la verit, un modo ci sarebbe. Il cavaliere taroccato potrebbe far rintracciare da una delle sue
numerose segreterie un pronipote di Gaetano Bresci.
Potrebbe offrirgli, naturalmente pagando come ha fatto per tutta la vita per ogni cosa o persona, un
lavoretto dalle parti di Monza.
Con la grande occasione di passare insieme a lui alla storia.
Definitivamente. (4 novembre 2010)

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PRESIDENTE NAPOLITANO, CHE COSA ASPETTA


A MANDAR VIA IL MANIACO DI ARCORE?
Di fatto, in questi ultimi anni, lItalia diventata, senza alcuna modifica costituzionale, una
Repubblica Presidenziale a tutti gli effetti. Ha cominciato Scalfaro, andato avanti il mai eletto (dai
cosiddetti sovrani cittadini) Ciampi, il top stato toccato da Napolitano, un Capo dello Stato che
amo definire definire cos: nel grigio dipinto di grigio. Nel senso che da sempre la sua esistenza
stata politicamente caratterizzata dal grigiore pi assoluto. In pi di ottantanni ha attraversato e si
lasciato attraversare da ogni vicenda politica, nazionale e internazionale (lo stalinismo e il poststalinismo, lUngheria, Praga, leurocomunismo, il muro di Berlino, la Bolognina). Mai un colpo
dala, mai unidea originale, mai un gesto di coraggio n di dissenso dalla linea.
Eppure la sua immagine negli ultimi anni fa pensare a un decisionista, a un gigante della politica, a
un custode della Costituzione e dellUnit dItalia. Mentre invece - gratta gratta - sotto non c
nulla. Sotto il grigio c sempre e inesorabilmente il grigio, ma ovviamente politically correct.
Secondo me, Napolitano, cos come i suoi due predecessori, non avrebbe mai dovuto conferire a
Silvio Berlusconi lincarico di primo ministro. Non perch, come direbbe il Cavaliere, linquilino
del Quriinale comunista, ma perch si trattava di un atto contrario alla Costituzione. Nel senso
che in ragione dellevidente conflitto di interessi con lo Stato, Berlusconi era ineleggibile, anche
come semplice parlamentare. Non bisogna dimenticarlo mai. Ed ancora pi grave che un ex o post
comunista si sia macchiato di una simile colpa.
Napolitano, nonostante questo peccato originale, ha avuto molte volte la possibilit di, staccare la
spina. Avrebbe dovuto farlo, per favore, per carit, per piet, ben prima del novembre 2011.
Avrebbe dovuto avere piet degli italiani e anche di chi, ormai, non pi in condizione di intendere
e di volere. Avrebbe dovuto capire prima che Lui (lui), ha bisogno di essere accudito, seguito,
tenuto costantemente sottocchio, trascinato via dai microfoni, privato dei telefonini, tenuto lontano
dalle scuole femminili. Con tutta la umana comprensione che si usa, di solito, per un vecchierello
fuori di zucca. Lo si consegni, con amorevole carit, alle indispensabili cure, magari costose, ma
questo non un problema, di un illustre specialista che gli vieti subito le punturine e cerchi di
penetrare la sua mente esplorando le misteriose contorsioni di una psiche talmente deteriorata, da
rendere possibile, anzi probabile, ogni sorpresa. In tempi lontani, appositi luoghi erano popolati di
tipi che si proclamavano Giulio Cesare, Napoleone o Garibaldi. Oggi, per fortuna, quelle lugubri
strutture non esistono pi e, nel caso in questione, sono disponibili venti case lussuose con piscina
sparse un po in tutto il mondo dove il tapino pu trovare accoglienza protetta e sorvegliata. Magari
in compagnia di Emilio Fede.
Uno che si crede Giacomo Casanova reincarnato (e meno male che gli dei non lhanno fatto alto,
biondo e con gli occhi azzurri) pu, in qualunque momento, in Italia o allestero, dare i numeri e
elencare per ore le sua presunte conquiste femminili con nome, cognome, soprannome, numero di
cellulare e prezzo. Ma, si dice, altri grandi della storia hanno avuto amanti e concubine: appunto,
si trattava di grandi della storia e i nomi delle preferite non facevano Noemi, Patrizia, Nunzia,
Ruby, Mara, Micaela o Deborah con la acca, ma Marylin Monroe, Margherita Sarfatti o Nilde Jotti.
Nnessuna di loro partecipava a una gara per un record numerico o per abbassare let media da
esibire come trofeo. Almeno una, poi, scelse di morire con e per il proprio uomo. Ne troviamo oggi
una disposta a questo per il Re sola?
Forse solo Lele Mora.
In questa Italia sputtanata, allagata, franata, degradata, sommersa dalle spazzature, priva di
ancoraggi ideali, sminuzzata in egoismi personali, di gruppo e di regioni, furbastra e ignorante,
priva di dignit, disoccupata, derisa in tutto il mondo, becera e vile, priva di memoria; in questa
Italia berlusconiana, insomma, c forse bisogno di un guizzo di orgoglio e di coraggio. C' chi
vuole parlare al cervello degli italiani, chi al cuore, chi alla pancia: Berlusconi parla solo ai testicoli.

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Se, e sottolineo se, unaltra Italia possibile, si cominci dal primo indispensabile atto: via il
maniaco di Arcore. Poi si vedr! (28 novembre 2010)

LA MANO DI RUBY-VENERE E IL PENE DI MARTE-PAPI


C molta psicanalisi nella decisione dell'uomo del fare, di far taroccare dal suo architetto ad
personam, le statue con i volti di Marco Aurelio e della moglie Faustina collocati sui corpi di
Marte e Venere nel 170 dopo Cristo e temporaneamente date in prestito a Palazzo Chigi. Era
tollerabile affacciarsi ogni giorno nel cortile donore del Palazzo e adocchiare Venere con la mano
destra mozzata e Marte privato del suo bellicoso pene? Per la cavia del prof. Scapagnini,
evidentemente no. La mano, specie la destra, serve e il pene poi, di una penosa, scontata
simbologia.
Marmo e plastilina allora: duttilit e durezza anche se non possunt omnia simu". E poi cielo
azzurro come sfondo, ben collaudato dalle convenzioni di Publitalia prima e di Forza Italia poi.
Bisogna riconoscere che c' del metodo in questa lucida e autoconsolatoria follia: allontanare i
brutti pensieri sui guasti dellet e far sembrare ottimisticamente tutto a posto, efficiente,
funzionante. Uno spot mentale autogeno. Il narciso, anche se un narciso brianzolo, vede solo sE
stesso, si autocompiace di se stesso, allontana il pensiero del proprio naturale decadimento
esorcizzandolo con gli interventi di chirurgia estetica, con i capelli finti, con le punturine e le
pillole, con il cerone, con la esibita finta virilit a diecimila euro a botta (si fa per dire), alimentata
da nugoli di giovani ninfette, cio di giovanette capaci di suscitare desideri erotici, specialmente in
uomini maturi (Devoto Oli). La molesta vecchiaia! E allora vivremo fino a 120 anni, saremo
potenti, felici, ottimisti. Le statue mutilate non possono proprio avere posto e ruolo in questa
narrazione autoconsolatoria. Luomo regger? Avr la fiducia? Potr continuare a credere di
comandare?
Qualunque cosa accada, la sua immagine evoca quella di un tristissimo viale del tramonto.
Nellomonimo film di Billy Wilder cera gi tutto. Gloria Swanson (Norma Desmond) fissa in
immagini indimenticabili la sua angosciata follia di ricca ex-diva senescente. Le allucinate serate
nella villa, le cene rituali, le proiezioni di vecchi film, le luci soffuse, i grammofoni gracchianti, lo
champagne e le mossette. Erik Von Stroheim - un Bondi perfetto -, lex regista e marito divenuto
cameriere e autista, la venera e la protegge e, quando lei uccide William Holden (Fini, il traditore)
riesce a concederle luscita di scena come la sequenza di un film che la vede ancora protagonista.
La discesa dallo scalone della villa dopo larresto e con il finto ciak infinita e drammatica, patetica
e struggente. Sar cos anche nel caso di Silvio? Chi lo sa? Ma in fondo, per seguire un precetto
aristotelico, non bisognerebbe mai fare del bene ai vecchi. (4 dicembre 2010)

LA COSTITUZIONE DI VERDINI
Caro Ambasciatore Sergio Romano, leggo sul Corriere che lon. Denis Verdini ha testualmente
dichiarato: La Costituzione riconosce ai partiti il diritto di rivendicare, anche con energia, di non
escludere da un eventuale Governo chi ha stravinto le elezioni. Potrei sapere a quale articolo della
vigente Costituzione (quella del '46, non quella di Arcore) fa riferimento il dotto Verdini? (6
dicembre 2010)

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ELOGIO DEL LANCIO DELLE UOVA


Dal Devoto-Oli: Gamete femminile costituito da una cellula di varie dimensioni, di forma per lo
pi sferica o ellissoidale, limitata allesterno da una sottile membrana cui aderiscono altri involucri
protettivi o di nutrizione e nel cui citoplasma (il cosiddetto tuorlo o vitello) sono accumulati
materiali nutrivi di riserva. Quello di gallina utilizzato per il suo alto potere nutritivo. Insomma,
luovo vita. Probabilmente linizio stesso della vita. Anche se nessuno scienziato, filosofo o
teologo mai riuscito a spiegarlo definitivamente. Luovo esiste: basta. Utilissimo per luomo, fin
dalla notte dei tempi. Opportunamente e vigorosamente sbattuto con un po di zucchero, aiutava i
bambini nella crescita e sosteneva i vecchi. Come il viagra. Le nostre nonne lo infilavano nelle
calze bucate per meglio rammendarle. La sua forma perfetta ispir a Faberg i suoi imperiali e
preziosi oggetti. La sua sottile membrana ha dato il nome a un delicato tessuto, la pelle duovo.
Colombo se ne serv per dimostrare che le cose apparentemente difficili possono diventare
semplicissime. Le uova di storione divenute caviale, sono una sublime prelibatezza. La frittata di un
uovo di struzzo, poi, pu sfamare una dozzina di persone. Nellultimo mese, politici preoccupati,
sindacalisti con la coscienza sporca e giornalisti anche famosi, si sono messi a strillare per qualche
sede imbrattata dal lancio di questa terribile arma impropria. Anche il Senato schifaniano ha
comprensibilmente tremato. Eppure la nascita di questa consuetudine insieme trasgressiva e
gioiosa, come a volte accade. Il lancio delle uova nasce a Milano con il carnevale. Gruppi di
cittadini si affrontavano allegramente lanciandosi addosso uova, preferibilmente marce, e pallottole
di fango. Al termine delle battaglie, che duravano due giorni, le strade di Milano erano in
condizioni pietose, sudice e piene di melma. Faticosissimo ripulirle. Cos, nel 1597, il governatore
spagnolo di Milano Juan Fernandez Velasco (s, quello che qualche secolo dopo dar il suo nome
alla Torre Velasca), che aveva il suo palazzo all'angolo tra la piazza omonima e corso di Porta
Romana, stanco di veder sdrucciolare sul selciato i cavalli delle sue carrozze, eman un decreto che
proibiva il lancio delle uova. Dovevano essere sostituite con involucri pieni di acqua odorosa e
muschiata. Puzzolente insomma. Lanciare uova, pertanto, viola un decreto spagnolo del 1597.
Forse a quel decreto si appellano gli allarmati politici, i sindacalisti e i giornalisti che strillano
contro il pericolo di un rinascente terrorismo: alla coque. Tony Blair si beccato qualche uovo in
faccia, allinglese, senza fare una piega. Dabeliu Bush stato bersaglio di una scarpa, forse
odorosa. Andrea Camilleri in giovent ha lanciato qualche uovo contestativo. E non mai
diventato terrorista. Non si sono mai lamentati morti o feriti: solo qualche danno collaterale. Ai
vestiti. A chi ha qualche ricordo del passato, viene spontanea una domanda: perch, carissimi
nemici degli anni 70 e 80, non vi (ci) tiravamo addosso uova marce o odorose? Sanpietrini,
biglie d'acciaio, bulloni dacciaio, bulloni di ferro, proiettili veri, non sembravano allarmare troppo i
politici e i giornalisti di quei tempi. Forse perch era utile: ai soliti ig(noti). Che giovani si
massacrassero tra loro e con la polizia a colpi di spranga o di pistola non scandalizzava troppo. Oggi
qualche sede gioiosamente imbrattata, invece s. Le pallottole di fango si possono tranquillamente
tirare. Ogni giorno, addosso a tutti noi, dalle colonne dei giornali o con le dichiarazioni di qualche
ministro. (9 febbraio 2011)

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IL FRATELLO MANGIA E RIDI


Siamo a Milano, all'inizio degli anni '90. Dalle parti di Piazza della Repubblica, in una trasversale di
via Vittor Pisani, apre un nuovo locale. Si chiama Mangia e ridi. E un ristorante con un bar dove
si pu andare anche dopo cena per bere qualcosa, incontrare amici, ammirare qualche bella ragazza
forse disponibile o, pi semplicemente, per trascorrere qualche momento rilassante. Il cibo buono,
il risotto alla milanese ottimo, il vino, sapendolo scegliere, speciale. Lo aprono due amici: il primo
con esperienza nel settore dei locali notturni, mentre il secondo, Maurino De Francesco,
appartenente alla scuderia Mediaset, ha acquisito un po di notoriet con i film della serie Sapore
di mare. Locale piacevole insomma, atmosfera distesa, luci soffuse, la musica in sottofondo,
favorisce la conversazione e il dolce cazzeggio. Poi, una notte, il socio di Maurino si schianta con la
moto e muore. De Francesco ha bisogno di un nuovo socio e infine lo trova in Paolo Berlusconi. Da
qual momento Paolo l tutte le sere, con amici, calciatori del Milan e ragazze vistose che aspettano
di diventare veline. Sta seduto al tavolo principale: doppiopetto scuro gessato Palermo, camicia
blu, cravatta bianca e enorme sigaro cubano in bocca. Sembra Al Capone: invece solo il fratello.
(5 febbraio 2011)

CARO SILVIO "CUORE D'ORO",


PER FAVORE AIUTI ANCHE ME.
Caro Silvio, mi perdoni se mi rivolgo a Lei in modo informale e confidenziale. No, non scrivo al
Presidente del Consiglio, ma alluomo Berlusconi, al grande Tycoon, al celebre cavaliere del
lavoro, alleccelso imprenditore di successo, a uno degli uomini pi ricchi del mondo, al cittadino
dalle mille ville sparse ovunque, al raffinato esteta dalle impeccabili maniere. Voglio parlare al Suo
cuore che , dicono tutti, grandissimo e sempre particolarmente disponibile. Almeno stando alle
cronache di queste ultime settimane. Mi presento. Sono Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse; ho
appena compiuto 78 anni e, tutto sommato, sono in discreta salute anche se, quattro anni fa, ho
subito una importante operazione al polmone. Sono stato in Parlamento per tre legislature tra il
1979 e il 1992; ho fatto il Consigliere Comunale di Milano per venti anni e ho attraversato, nel
corso della mia vita avvenimenti che sono finiti o finiranno nella storia. Purtroppo, per mia
esclusiva colpa, in politica non sono riuscito a entrare in nessuna cricca e non ho potuto
monetizzare la mia posizione. Me ne sono andato dal mio partito - vede la mia incapacit! proprio alla vigilia della prima vittoria del centrodestra, dovuta alla Sua memorabile e mitica
discesa in campo in difesa degli italiani onesti e contro quei barbari della sinistra e non ho pertanto
potuto beneficiare dei vantaggi (ovviamente solo morali) di cui hanno invece copiosamente
usufruito i miei ex camerati. Per giunta, quando ero in Parlamento, le donne erano pochine e non
particolarmente attraenti, giovani e disponibili. Ho letto negli ultimi tempi cose veramente cattive e
indecenti su di Lei. I giornali della sinistra comunista: il Corriere, Repubblica, il Fatto, il
Sole-24 Ore, la Stampa, il Messaggero e, ultimamente, persino Libero e le reti televisive del
monopolio sovietico, Lhanno descritta come un vecchio partousaro bavoso che organizzava
festarelle porno nelle Sue ville; uno che pagava ragazzine per non dover stare solo con quella perla
duomo di Emilio Fede e con quellautentico Lord Brummel che risponde al bellissimo nome di
Lele Mora. Sono persino arrivati a sostenere che Lei non ha classe, misura, stile, che si veste
malissimo, che racconta barzellette vecchie di mezzo secolo, che esibisce ville, elicotteri, aerei e
ricchezza con una pacchianeria degna di un parvenu brianzolo. Hanno addirittura ricordato che il
Suo cognome compare per la prima volta nel romanzo di Piero Chiara (La stanza del vescovo)
attribuito ad un personaggio, detto Spadone perch in Africa aveva subito levirazione ad opera di
selvaggi, e che suscitava (il cognome e il personaggio) irresistibile ilarit. Tutto falso naturalmente;
messo probabilmente in giro da quella virago rossa della Boccassini. Io intuisco, so che Lei un
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uomo con il cuore in mano, uno che non sa resistere alle storie lacrimose, alle orfanelle bisognose di
aiuto, alle derelitte ridotte in minigonna e tacco 12, ai vecchi che, come Emilio, cercano di campare
dopo una vita di stenti e di tavoli da gioco con Flavio Briatore. Io so che Lei buono, che insieme a
quel santuomo di Don Verz sta cercando di debellare il cancro, di allungare a 120 anni la vita
media, di eliminare lincontinenza e di sconfiggere le emorroidi. Lei si dedicato totalmente e in
maniera disinteressata allItalia, alle Sue famiglie, ai figli - tutti rigorosamente eterosessuali e
immuni da interventi di chirurgia estetica - e ai bellissimi nipoti, tirati su in modo spartano. Per
questo mi rivolgo fiducioso e trepidante a Lei.
Ha dato soldi a tutti: vecchi, ragazze, ragazzine, madri, suocere. Ora, per favore, aiuti anche me.
Avrei bisogno di un milione e mezzo di euro. Vorrei fare qualche viaggio esotico o magari anche
solo a Mosca. Cenare a ostriche, caviale e champagne. Possedere qualche decina di T-shirt blu
scollate come le Sue. Affittare un elicottero per un volo sul Lago Maggiore. Farmi togliere le borse
sotto gli occhi. E, magari, conoscere il Prof. Scapagnini, Ne parla Lei al rag. Spinaus? Andrebbe
benissimo anche un bonifico. Poi, quando e se potr, glielo restituir. Attendo fiducioso. E se la
vede, mi SALUSTI la Santanch.
Post Scriptum: Pare che nei locali milanesi si aggiri una giovane brasiliana, forse diciottenne, di
nome Lula. Mi permetto metterLa in guardia: non la nipote dell'ex presidente del Brasile (19
febbraio 2011)

THE AMERICAN DOG


Stavolta non sono i racconti di quattro mignotte saltati fuori dal "puttanaio di Arcore". E neppure le
deduzioni logiche e fattuali che da tali racconti formulano i magistrati schierati. Ovviamente, tinti di
rosso. No, questa volta sono scritti, relazioni, commenti, considerazioni diplomatiche usciti
all'Ambasciata Americana di Roma. Illuminante!
Povero paese, affidato ( s, certo dalla maggioranza di quel 60% di italiani che votano, cio, dal
20% degli aventi diritto) a un clown incline alle gaffe, a un Ministro degli Esteri dall'espressione
eternamente svagata e miopoide e a un Ministro della Difesa che non sai mai se sta per mandarti
l'esercito o i " picciotti". "Pone i suoi interessi personali al di sopra di quelli dello Stato; non ha una
visione strategica, usa istituzioni e risorse pubbliche per conquistare vantaggi elettorali; danneggia
l'immagine dell'Italia in Europa e crea un tono disgraziatamente comico alla reputazione italiana in
molti settori del Governo Statunitense, ma nonostante ci, anzi, proprio per questo, dar agli USA
dividendi strategici ora e nel futuro". Eccola qui la motivazione vera dei rapporti tra
l'amministrazione USA e Silvio. Si dicono gli americani: un pagliaccio, un affarista,
sostanzialmente un incapace, ma servo degli Stati Uniti; insieme a Frattini e La Russa. Un
personaggio imbarazzante: un po "faccia da ananas" Noriega, un po Bob Hope, un po Hugh
Hefner, ma ha assoluto bisogno di noi e in cambio di un "cininin" di diplomatica bonomia nei sui
confronti, ci da paracadutisti per l'Afghanistan, basi militari autonome dalle autorit italiane, mega
antenne per ponti radio globali, comandi americani per le operazioni militari in Africa, via libera
per le coltivazioni ogm, sostegno alla nostra ostilit agli accordi sulle emissioni di CO2. Ecco:
questo servilismo cinico e ributtante ci porta a rivalutare Andreotti, Moro, Fanfani, Craxi e, persino
Goria che, in paragone, ci appaiono splendidi esempi di difensori della dignit nazionale. Il nostro,
scodinzolava come un cagnolino davanti a Bush, poi, cambiato il Presidente, ha pensato di rendersi
simpatico definendo Obama "abbronzato", facendo gesti vistosi alla vista di Michelle, con il fine
umorismo proprio della Brianza profonda; ha proclamato, il fanfarone, di aver risolto quasi tutte le
crisi internazionali e gli americani lo hanno lasciato dire, tanto sapevano che, come tutti i cani da
riporto, avrebbe riportato, dopo una festosa corsetta, non l'osso che gli avevano lanciato, ma una
succulenta bistecca. Che schifo, che pena, che disgusto! Mentre gli italiani fanno finta di niente.
Prima o dopo tutto questo finir. Forse non per via parlamentare, non per via giudiziaria, non con la
violenza, non con una malattia (quella c' gi ed mentale), ma pi semplicemente per acuta
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deboscia e consunzione. Ma, nel frattempo, sar consunta e debosciata anche l'Italia.
Tra gli applausi dei benpensanti settantenni. (8 marzo 2011)

L'AUTOAMBULANZA
Sono le cinque del pomeriggio del 25 luglio 1943. Un'Alfa Romeo entra nel giardino di Villa
Savoia. A bordo Benito Mussolini, "sfiduciato" nella notte dal Gran Consiglio del fascismo. stato
convocato da Vittorio Emanuele III che vuole le sue dimissioni. La prassi statutaria, anche se "in
sonno" da quasi vent'anni, prevede questo passaggio. Il colloquio breve, Mussolini accetta. Quasi
di buon grado. Esce e si mette a disposizione dei arabinieri armati che stazionano nel piazzale.
Viene invitato a entrare nell'autoambulanza che stata approntata per la bisogna. "Per la Sua
sicurezza Eccellenza". Mussolini, spalle curve e occhi cerchiati, entra docilmente. Tutto gi
conosciuto; tutto arcinoto. Quello che meno noto che il Re, non potendo prevedere come il
Duce avrebbe reagito, si era preparato. L'esito del colloquio non era per nulla scontato. E se
Mussolini non avesse accettato? Se si fosse ribellato? Se, da ex-rivoluzionario, avesse tentato di
uccidere il Sovrano con un' arma che poteva avere con s? Poteva accadere e, per prevenirlo, il
Generale Conte Carlo Calvi di Bergolo, marito di Jolanda di Savoia, si era nascosto dietro una tenda
della stanza, in pugno la pistola d'ordinanza con il colpo in canna. Non ce ne fu bisogno e. da quel
momento, la storia prese la piega che conosciamo. Badoglio, la "Guerra che continua", l'armistizio,
la fuga a Pescara, la liberazione di Mussolini, la Repubblica Sociale, i tedeschi, la guerra civile, le
uccisioni, le rappresaglie, il 25 aprile, piazzale Loreto e le stragi dei "repubblichini". La storia,
arcinoto, non si fa con i se, ma nessuno pu impedirci di viaggiare con la fantasia: e se le cose
fossero andate in modo diverso?
Vediamo.
Mussolini rifiuta di dimettersi. Si gi pentito di non aver fatto passare per le armi i gerarchi
congiurati nel cortile di Palazzo Venezia. o non un dittatore? Si rende conto che il copione era
gi stato scritto. Cerca di reagire. Il colloquio diventa tempestoso; il Re dice che, giunti a quel
punto, non gli rimane che farlo arrestare e si alza per chiamare il Generale Puntoni che origlia da
un salottino attiguo. Si alza di scatto anche Mussolini; estrae rapidamente una pistola e fulmina con
due colpi Vittorio Emanuele; solo un attimo prima che Calvi di Bergolo, balzato fuori da dietro la
tenda, faccia fuoco su di lui freddandolo. I due copi giacciono l'uno accanto all'altro: il Re
Imperatore e il Duce del fascismo. i cadaveri vengono rimossi in fretta. Un primo impacciato
comunicato parla di un non meglio precisato incidente; un secondo di un misterioso attentato; infine
si impone il parere imperioso di Jolanda (la pi decisa tra tutti i Savoia) che fa rivelare la verit. Il
Principe di Piemonte sale al trono. Come il padre, a seguito di un regicidio. Umberto I ucciso per
mano dell'anarchico Bresci e Vittorio Emanuele dall'ex-socialista rivoluzionario Mussolini. Non
accade nulla. I fascisti, educati per vent'anni all'obbedienza al re e al rispetto per lo Stato. se ne
stanno tranquilli. Solo due segretari del fascio locale, uno in provincia di Forl e l'altro a Pordenone,
si asserragliano nella casa del fascio, sparano sui carabinieri e vengono eliminati. Ettore Muti muore
nella pineta di Fregene, sparato dai carabinieri: qui verit e fantasia coincidono. Si forma un
governo di salute pubblica guidato da Dino Grandi, con Badoglio al Ministero della Guerra, Ciano
agli Esteri, Bottai al Tesoro e Alcide de Garsperi agli Interni. Edda Ciano viene prelevata da un
commando di Otto Skorzeny e portata a Berlino. Un po ospite e un po prigioniera. il Governo
firma l'armistizio con gli alleati. I tedeschi, colti di sorpresa, non mandano le divisioni che avevano
in animo di far affluire in Italia. L'Italia, comunque, non dichiara la cobelligeranza. La Germania si
concentra sui fronti occidentale e orientale e riesce a resistere fino al dicembre del 1947. Nel fosco
crepuscolo del bunker della cancelleria muore anche Edda Ciano. Probabilmente suicida. Finita la
guerra, l'Italia gode di un periodo di prosperit. La monarchia sembra solida, anche se un giovane
giornalista ex-fascista, diventato capo del partito comunista, Giorgio Almirante, ne invoca la caduta
e la proclamazione di un regime repubblicano. I figli di Mussolini sono fatti discretamente
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espatriare nel sud America, ma uno di loro, Romano, rientra in Italia negli anni 50 e si sposa. Una
sua figlia, divenuta successivamente cantante famosa e attrice del cinema impegnato, lascia la sua
carriera per aprire un banco al mercato del pesce di Napoli. Invece non andata cos: lo vediamo
ogni giorno coi nostri occhi, anche se, solo ventanni fa, nessuno avrebbe osato immaginare nei suoi
pi spaventosi incubi notturni, le cose che uotidianamente viviamo. Secondo una abusata e ormai
frusta citazione "la prima volta la storia si manifesta con una tragedia e, quando si ripete, una
farsa". Meglio, nel nostro caso, una pochade. E allora viviamola fino in fondo questa farsapochade. Ritiriamo fuori la vecchia autoambulanza, facciamola parcheggiare negli ampi cortili del
Quirinale. Discretamente. Poi, una convocazione al Colle, una decina di corazzieri, che sono alti e
quando stanno attorno a qualcuno, non lo si vede pi e un po di determinata convinzione. Si
accomodi cavaliere! per il Suo bene e, per favore, ci consegni il cellulare. Nell'autoambulanza
Vittorio Andreoli, Paolo Crepet e tre infermiere ukraine. Con le autoreggenti. (26 aprile 2011)

PURTOPPO IL GOLPE ROSSONERO ERA SOLO


UNA FELICE INTUIZIONE DEL PROF. ASOR ROSA
Col senno del poi si sarebbero potuti trarre presagi dalle prime ore di quel 23 settembre 2011. A
cominciare dal tempo. A Milano, fin dallalba, un sole splendente aveva dissolto le velature della
nebbia umida formatasi nella notte. Gi alle 10 del mattino il termometro segnava 30 gradi. Gli
abitanti della capitale morale sciamavano per le strade con lauto, il tram, la metropolitana o, pi
umanamente, a piedi. Quasi tutti in maniche di camicia, moltissimi giovani e non, con canottiera,
bermuda e infradito. Ciabattavano allegri e sbracati, esibendo labbronzatura conquistata durante le
vacanze, ovviamente pagate a rate. Quelli chiusi negli uffici con laria condizionata a manetta,
sacramentavano con le camicie incollate al corpo dal sudore. A Roma, invece, il diluvio universale.
Pioggia scrosciante per tutta la notte, il Tevere minacciosamente gonfio, Piazza San Pietro allagata
con le guardie svizzere in canotto, il traffico impazzito, praticamente fermo. A Catania faceva un
freddo cane. Ci si era messa pure lEtna a vomitare ceneri che, mescolate al nevischio, creavano una
putredine nerastra che si posava ovunque. Un'atmosfera cupa e surreale; da incubo. Presagi per chi
avesse potuto o voluto coglierli, ma chi si sarebbe sognato di farlo? Non ve nera ragione. Nei mesi
precedenti tutto era andato secondo il solito. S, per la verit, nel mese di aprile c'era stato un
intervento di Asor Rosa che aveva ipotizzato (sollecitato) una sollevazione bipartizan, anche con il
concorso dell'esercito e dei carabinieri per mettere una volta per tutte, Berlusconi fuori gioco; ma la
cosa era stata sbrigativamente liquidata come fantasia antidemocratica, forse frutto di una incipiente
demenza senile. La sovranit appartiene al popolo, avevano strillato quelli del pdl, appellandosi
all'articolo 1 della Costituzione. La quale, ovviamente, faceva comodo anche se citata solo a met,
quando dava loro ragione. Il consueto bla bla. Napolitano aveva rivolto una decina di appelli
invitando tutti a smorzare i toni, a occuparsi dei problemi veri degli italiani; i quali, a dire il vero, ai
loro problemi veri non sembravano tenere molto, attratti come erano dalle selezioni per il nuovo
ciclo del grande fratello. I consueti richiami al senso di responsabilit, termine questo che oramai
aveva perso molto del suo significato. Normalit, insomma, con il pil che non cresceva, la
disoccupazione che aumentava, il prezzo della benzina che saliva, le fabbriche che chiudevano,
Marchionne che annunciava scalate della Fiat a destra e a manca, realizzando mirabolanti guadagni
in borsa e immancabili cali nella vendita di autovetture. Berlusconi proclamava solennemente per la
36ma volta il varo di riforme epocali: giustizia, fisco, lotta senza tregua all'evasione fiscale (ma con
qualche possibile condono), decreti contro la corruzione, prossime aperture di cantieri per il ponte
sullo stretto, ampliamento delle metrature delle case (quand le batiment va, tout va), istituzione
dellalto commissariato per la lotta alle mafie, affidato ai gemelli dellUtri. In definitiva nulla di
nuovo. Nellultimo fine settimana Silvio aveva partecipato in video conferenza, a due convegni
organizzati a Milano dai sacerdoti della libert iscritti allACI e, a Napoli, dal Ministro Rotondi
con la partecipazione dell'incensurato co-ordinatore campano on. Cosentino. A questo secondo
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convegno aveva giurato sui suoi figli e nipoti, che entro tre giorni i rifiuti sarebbero spariti dalla
citt. Aveva fatto recapitare una cravatta di Marinella a Rotondi che, con questa, ne aveva
ricevute 364. A Milano, dopo una barzelletta sulle mogli dei carabinieri, aveva cantato una canzone
la vie en rose e aveva lanciato un nuovo slogan: Magistrati, carogne, tornate nelle fogne. Alla
fine il solito inno meno male che Silvio c'. Cose da normale dibattito politico. Il giorno dopo si
era ricoverato in una clinica di Forl per lannuale rinfoltimento dei capelli. Per tutti questi motivi,
quel venerd 23 settembre, sembrava essere un giorno come gli altri. A parte le condizioni
climatiche che, per sul finire del giorno, presero a migliorare.
Strani fatti incominciarono a accadere verso le otto di sera. I cellulari andarono in tilt; impossibile
persino scambiare messaggini. I computer smisero di funzionare e le diverse emittenti televisive
cominciarono a fare i capricci. Strisce multicolorate, quadrettini variopinti sullo schermo, audio del
tutto incomprensibile. Cera attesa per la nuova trasmissione su Canale 5 che aveva come conduttori
Ruby rubacuori e Alfonso Signorini, dal promettente titolo Come spennare un milionario, mentre
il luned successivo, sarebbe stata trasmessa, su Forum di Retequattro lunica udienza del processo
a Berlusconi che lastuto on. Maurizio Paniz, aveva fatto trasferire, con il voto responsabile del
Parlamento, al suo giudice naturale. La tv non funzionava pi e tutti pensarono che fosse il solito
digitale terrestre. Il Presidente Napolitano si trovava in visita di Stato in Norvegia e aveva, nei
comunicati alle agenzie, rimarcato per ben tre volte, la sua lontananza dallItalia. A pensarci dopo,
era proprio strano. Fini se ne stava a Montecarlo a godersi lultimo sole, mentre Schifani passava,
come al solito il fine settimana a domandarsi come avesse fatto a diventare la seconda carica dello
Stato e a studiare per s un nuovo taglio di capelli. Allo scoccar della mezzanotte, una squadra di
fascio comunisti di Latina, guidata da Antonio Pennacchi con il suo immancabile berretto alla
Lenin e con una piantina del luogo fornita da Stefano delle Chiaie, era penetrata nellAccademia
Militare della Nunziatella. Le guardie, obbedendo agli ordini ricevuti unora prima tramite
pizzino recapitato con mototaxi dallo Stato Maggiore dellesercito, li avevano fatti passare. Si
erano diretti alla foresteria dove il ministro della difesa aveva preteso di alloggiare quando si
trovava a Roma e avevano tirato gi dal letto uno stupefatto Ignazio La Russa, che notoriamente, si
ritirava prestissimo. Lo obbligarono a seguirli cos come si trovava, in pigiama mimetico. Il
ministro si tranquillizz quando Pennacchi, col suo solito modo di parlare, gli disse: Mo te
portiamo alla pista..., e intendeva quella dellaeroporto di Ciampino. I carabinieri guardavano
indifferenti la scena. Nello stesso momento un centinaio di energumeni con le maglie del Milan si
presentarono ai cancelli della villa di Arcore. Innalzavano striscioni con la scritta: Silvio, compraci
Cristiano Ronaldo e Messi!. L'illustre pluripresidente, ingannato dal termine Brigate rossonere
riferitogli dalla scorta, aveva pensato di andare loro incontro sfoggiando il suo sorriso pi
smagliante appena rivitalizzato da unoscura igienista dentale. Fu subito catturato. La banda era
guidata da Massimo Fini e Gino Strada. Tale Staiti, un vecchierello bizzoso anarcofascista, tir
fuori dal doppiopetto una pistola e la punt alla testa di Silvio. Fu bloccato da Strada che gli strapp
larma dalle mani: Fermo, noi siamo contro la violenza. Cazzo!, pens lo Staiti, mi ero gi
preparato la frase storica: questo un atto di altissima generosa e umana piet. Silvio fu
consegnato a due illustri psichiatri e tradotto con il suo elicottero e sotto strettissima sorveglianza, al
centro di prima accoglienza di Lampedusa. Perch a Lampedusa, si era deciso di mandare tutti gli
arrestati affidandone al sorveglianza a una squadra di musulmani appositamente reclutati da
Pietrangelo Buttafuoco. Pietrangelo aveva tergiversato a lungo quando era stato messo al corrente
del piano. La politica non gli interessava pi da tempo. Poi si era detto: Dove c casino, c vita"
e si era buttato nellavventura. Siculo-araba. Alla mezzanotte e trenta tutto era praticamente
concluso, i ministeri ccupati da carabinieri, paracadutisti e forestali. Alluna le televisioni ripresero
le trasmissioni e fu letto un comunicato del nuovo governo provvisorio guidato da Beppe Pisanu. Le
camere erano state sciolte da Napolitano con firma (digitale) fatta arrivare dalla Norvegia. Il
governo era cos composto: Pisanu alla presidenza del Consiglio, Asor Rosa agli interni, Rosi Bindi
agli esteri, Beppe Grillo alle finanze, Veronica Lario alla giustizia, Ilda Boccassini alla scuola,

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Pierferdinando Casini alle telecomunicazioni, Umberto Croppi ai rapporti con il Vaticato, Flavia
Perina alle pari opportunit e Walter Veltroni alla cultura.
Veniva altres proclamata la Repubblica Sociale Democratica Italiana
Entro sei mesi si sarebbero svolte le elezioni per lAssemblea Costituente composta da 150 membri
eletti direttamente dal popolo
Immediatamente istituito un tribunale speciale dello stato presieduto da Marco Travaglio, le cui
prime decisioni furono
1 - Privazione per indegnit del cognome a Alessandra Mussolini
2 - Confisca delle reti Mediaset e loro vendita per la cifra simbolica di un euro all'ing. De
Benedetti, quale risarcimento per il mancato pagamento della pena pecunaria per il lodo Mondadori
3 - Confisca di tutte le ville di Berlusconi in Italia e loro trasformazione in centri di prima
accoglienza per migranti
4 - Reintroduzione del codice Rocco
5 - Nazionalizzazione della Fiat
6 - Stato giuridico obbligatorio per i partiti politici con iscrizione ad apposito albo
7 - Abolizione per legge della figura del leader carismatico
8 - Introduzione di una tassa sui patrimoni dei petrolieri
9 - Istituzione di un alto commissariato per i profitti di regime arcoriano
10 - Varie e eventuali.
Comera potuto accadere tutto questo? Come mai nessuno si era accorto di nulla? Perch esercito,
carabinieri, servizi segreti, forze di polizia, forestali e vigili del fuoco non ne sapevano nulla?
Semplice: tutti avevano partecipato attivamente al complotto messo in atto da Napolitano, Fini,
Bruti-Liberati, Palamara e DAlema.
Erano tutti stufi di B. e si annoiavano a morte ogni volta che apriva bocca.
Su preciso consiglio del congiurato Gioacchino Genchi, si era stabilito di non utilizzare per i
contatti telefoni fissi, cellulari, computer, ma solo esclusivamente pizzini fatti recapitare ai diretti
interessati con pony express di una compagnia di propriet di un amico fidato dellon. Bocchino.
Cos, per la prima volta nella storia d'Italia, il segreto era stato mantenuto.
Immediatamente spiccata anche una serie di mandati di cattura per i principali esponenti del
governo, del Popolo della libert, della Lega e di tutti i personaggi legati alla maggioranza
parlamentare.
Giuliano Ferrara arrestato da Fortunato al Pantheon mentre divora un gigantesco piatto di
paiata in compagnia di Lino Januzzi.
In considerazione delle sue condizioni, viene messo agli arresti domiciliari.
Essere costretto a vivere 24 ore su 24 accanto a Anselma, viene considerata una pena pi che
sufficiente.
Cicchitto viene preso mentre, con un cappuccio nero in testa, attraversa Roma su un motorino.
Frattini, che si trovava in vacanza diplomatica a Jerba, si rifugia a Tripoli ospite di Gheddafi che
ormai aveva ripreso il pieno controllo della Libia.
Umberto Bossi tenta di varcare la frontiera con la Svizzera, accompagnato dalla sua abbondante
badante privata Rosy Mauro, ma viene respinto dai gendarmi elvetici.
Il ministro Brunetta cerca di raggiungere la Slovenia chiuso in una 24 ore portata con eleganza da
una bionda alta 1,85.
Maurizio Gasparri pensa di fare il furbo; si consegna al fratello generale dei carabinieri, ma questi,
uso obbedir tacendo, lo fa ammanettare.
Il sindaco di Roma Alemanno, fugge a piedi dal Campidoglio, inciampa nella sciarpa tricolore,
rotola per tutta la scalinata e si frattura un femore. Viene trasferito all'ospedale militare del Celio e
piantonato nella stanza occupata molti anni prima da Kappler.
La moglie Isabella strilla la sua antica simpatia per la sinistra. Viene accompagnata nella casa del
padre.

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Giulio Tremonti riconosciuto a Sondrio da un pensionato nella farmacia del fratello Pigi; con
indosso un camice bianco, cercava di farsi passare per apprendista.
Maria Stella Gelmini viene indicata alle forze dell'ordine da alcune mamme all'interno di una scuola
di Catanzaro, mentre, vestita da bidella, pulisce il pavimento.
Quagliariello bloccato da una pattuglia di vigili urbani. Si tradisce perche, quando il capo
pattuglia gli chiede se il senatore Quagliarello, urla Quagliariello!....Quagliariello!.... Con la i....!
Con la i....!.
Ghedini si avvale della facolt di non rispondere e nomina come avvocato difensore di fiducia,
Antonio Di Pietro.
Scilipoti ingerisce 30 capsule di medicine omeopatiche. Viene sottoposto a lavanda gastrica e
rinchiuso in una lettiera per gatti.
Mara Carfagna trova ospitalit nella casa della famiglia Bocchino.
Daniela Garnero-Santanch barricata nella toilette del Billionaire di Porto Cervo. Sostiene di
essere Sarah Palin. Con lei c' un tizio di nome Bisignani.
Micaela Vittoria Brambilla, camuffata con un caschetto nero alla Valentina di Crepax, cerca di
conquistare i due carabinieri mostrando le autoreggenti. Purtroppo per lei i due sono gay.
Roberto Calderoli semplifica le cose consegnandosi spontaneamente ai guardiani dello zoo di
Roma.
Non si hanno invece notizie di Alfano, Giovanardi, Bonaiuti, Matteoli, tale Moffa e Formigoni.
Feltri e Sallusti vengono avvistati per l'ultima volta nell'anticamera del fratello di De Benedetti.
Sono l per presentare un piano editoriale: l'uscita di un nuovo quotidiano che vorrebbero chiamare
Schiavo.
Chavez, contattato e convinto da Aida Yespica, fa sapere che disposto a accogliere Silvio in
Venezuela.
Ha anche pronto per lui un nuovo lavoro: la televendita di appartamenti e ville bifamiliari nel
nuovo villaggio satellite Caracas 2.
Il golpe rossonero riuscito. All'italiana, senza spargimento di sangue.
Tutti sono consapevoli che, fra qualche settimana, i congiurati cominceranno a litigare fra loro.
Normalmente; come ai bei tempi.
Finalmente per, senza Berlusconi e magari, dopo aver ristabilito i fondamentali di qualche cosa
che assomigli a uno Stato.
Adesso ho solo paura di svegliarmi. (1 agosto 2011)

GIRA E RIGIRA, LE TASSE LE PAGHIAMO


SEMPRE E SOLO NOI FESSI
A stabilire eventuali reati e a comminare le relative condanne, ci penseranno i giudici. Forse! Visti
gli inevitabili effetti del "processo lungo" (ex breve), appena approvato dal Senato della Repubblica
sapientemente presieduto dall'avvocato, specializzato nel recupero crediti, Renato Schifani. Se a
settembre verr approvato anche dalla Camera, speriamo presieduta in maniera opposta, da
Gianfranco Fini, i bravi avvocati di Verdini, Papa, Milanese, Penati, Romano e compagnia
delinquente, sforneranno chilometriche liste di testimoni a difesa dei loro assistiti. Di B. non
parliamo neppure: elenchi di centinaia di testi, diligentemente divisi per ogni processo, sono gi
pronti e ben custoditi nella capace cassaforte della " creatura" Ghedini. Il ventennio berlusconiano
ci ha abituati a questo e a altro. Inutile fare la fatica di scandalizzarsi. Tuttavia c' qualcosa che
proprio non riusciamo a digerire. Scorrendo le cronache quotidiane del quotidiano malaffare
italiano, saltano fuori cosette interessanti. Lasciamo per un attimo da parte i politici. Oramai
abbiamo imparato a conoscerli bene nella loro volgare e stracciona sete di denaro, potere e utilit,
come si dice oggi. Viaggi di piacere in camere d'albergo super costose, vestiti griffati, automobili di
121

lusso a noleggio, orologi di marca, vacanze esotiche, affitti di case a costo zero. Non rubano pi per
il partito come ai bei tempi andati; lo fanno in proprio, per gli status symbol luccicanti, per le loro
famiglie fameliche e allargate, per il futuro dei poveri figli, per la tranquillit delle mignotte che li
circondano. Fa quasi tenerezza leggere tra i capi d'imputazione anche quello di finanziamento
illecito dei partiti. Ma quando mai! Qualcosa pu arrivare alle cosiddette "fondazioni" che, nella
stragrande maggioranza dei casi sono solo strumenti al servizio di questo o di quello, per acquisire
forza e rispetto. Un rispetto stretto parente di quello mafioso. In questo contesto criminogeno, ci
che suscita il maggior disgusto il continuo comparire di nomi del tutto nuovi, per lo pi
sconosciuti a tutti. Architetti, commercialisti, avvocaticchi, mediatori, finanzieri (nei due
significati), assessorini, Bisignani in sedicesimo che ricevono finti incarichi, consulenze farlocche,
contratti "ad hoc" per "interfacciarsi" con amministrazioni locali, enti pubblici, faccendieri vari, al
fine di edificare, cementificare, asfaltare, bonificare per finta aree pi o meno dismesse e appaltare
tutto ci che appaltabile. Una gigantesca macchina del crimine per ammorbidire coscienze, oliare
ingranaggi, far putrefare ogni traccia di moralit e legalit. Di fronte a tutto questo l'indignazione
non basta pi; ci vuole la rivolta. E non solo quella morale. Invadiamo le strade e le piazze delle
citt, assediamo i palazzi di tutti i poteri, mobilitiamo gli italiani giovani e anziani, di sinistra, di
destra o senza opinione, insomma, tutti quelli che, anche questa volta, sono chiamati a pagare il
prezzo pi pesante di una crisi che non hanno determinato e che il portato di un sistema che non
poteva non creare i mostri che ci stanno divorando. Nessuna violenza, intendiamoci, ma sane uova
marce, santi pomodori fradici, sublimi sacchi di letame, sacrosanti sputi e pernacchie. Per rendere
concreto tangibile e visibile il disprezzo nei confronti dei ladroni, da parte dei "fessi" e dei
"coglioni" che faticano, soffrono, cercano di lavorare, creano famiglie, benedette e non, e pagano
le tasse. Subito e prima degli altri. Perch prima della fine delle inchieste, degli improbabili o
impossibili processi, prima delle chimeriche sentenze, una cosa vorremmo sapere subito. Magari dal
ministro delle tasse Tremonti. Questi architetti, questi commercialisti, questi avvocati, questi
consulenti quanto hanno dichiarato al fisco? Quanto pagano di tasse? Che tenore di vita hanno? Ma
forse chiedere troppo.

FORMIGONI, PODESTA, LETIZIA MORATTI


HANNO PORTATO MILANO ALLO SBANDO
Parliamo di Milano: della politica che la governa, della societ (in)civile che si impadronita delle
sue istituzioni, degli enti comunali, del patrimonio pubblico, degli affaristi che si buttano sulle
opportunit (vedi Expo) che gli organismi locali creano per il loro vantaggio. Oggi Milano una
citt allo sbando. Dietro il suo sbandierato, presunto e luccicante sviluppo, non c una sola idea
degna di tale nome. Solo cemento e ancora cemento. Grattacieli che spuntano come funghi; dritti,
storti, storpi, tutti decisamente brutti, frutto degli incubi notturni di celebrati archistar. E allora
dobbiamo fare nomi e cognomi. Altrimenti tutto rimane nel vago, nellambito delle denunzie fini a
s stesse e che non portano mai a nulla, degli appelli che cadono nel silenzio o delle astratte
esercitazioni sociologiche. Dietro ogni fatto, ogni decisione, ogni speculazione, ci sono personaggi
precisi. E istituzioni da loro governate. La Regione. Il Presidente, che ama farsi chiamare
governatore anche se questo titolo non previsto da nessuna legge, dopo aver sculettato per
venticinque anni tra Lecco, Milano, Roma, Strasburgo e ancora Milano, siede su quella poltrona per
la quarta volta. In barba alle leggi, alle norme e anche al buongusto. Esponente di una associazione
p.d. di stampo cattolico che si occupata e si occupa di affari, sanit, bonifiche e quant'altro porti
potere, vantaggi e denaro. Alle ultime elezioni ha dato il suo nome al listino divenuto famoso per
la Minetti, il massaggiatore del Milan e il geometra di Arcore. Lha presentato con il corredo di
oltre settecento firme false o addirittura inventate. Ha, nella sua squadra di governo, il fior fiore
dellintellighenzia lombarda. Tipo Romano La Russa (dellomonima grande famiglia), tipo Abelli
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da Pavia e altri personaggi di chiarissima (?) fama. Ha, purtroppo, dovuto fare a meno di quel
gigante del pensiero che risponde al nome di Piergianni Prosperini. Troppo occupato ad
amministrare gli affari della regione pi ricca e importante dtalia e a farsi confezionare dal suo
sarto di fiducia giacche variopinte in stile vagamente omo, non si accorto che il Pirellone era
stato circondato dagli ndranghetisti. In ci confortato dall'autorevole parere del prefetto di
Milano che, tra una visita in prefettura dellolgettina Maristel Polanco e l'altra, aveva
solennemente assicurato che di mafia al nord non se ne vedeva nemmeno lombra. Il ragazzo di
bottega del governatore, tale Maurizio Lupi fa il vicepresidente della Camera a Roma e partecipa
urlando a tutti i talk show televisivi come uno Stracquadanio qualsiasi. Gettando, di tanto in tanto,
unocchiata a uno degli orologi regalatogli dal mago delle bonifiche Grossi.
Provincia. Il presidente Guido Podest. Ex impiegato di Berlusconi. Del resto lo sono quasi tutti.
Le sue societ ( di lui e della moglie) sono praticamente in mano ai Cabassi molto interessati ai
terreni per lExpo. Conflitto d'interessi? No, pi semplicemente interesse nel conflitto: quello tra gli
affaristi.
Nella sua giunta, per dare un tocco di classe, siede anche la cugina di Daniela Garnero Santanch,
da sempre molto interessata agli eventi. Che se poi diventano e trenta, e quaranta o magari
e cinquanta solo per caso. Podest quasi identico all'ispettore Clouseau e come lui dice sempre
divertenti scemenze. Riprese dai media come cose serie. Comune. Il sindaco si chiama Letizia
Bricchetto Moratti. Cinque anni fa si comperata la carica buttando sul tavolo una paccata di
milioni (del marito). Il suo problema che, qualunque cosa dica o faccia, sembra sempre una
sogliola surgelata. Ora vuole fare il bis e i milioni saranno almeno trenta. Ha vari consulenti per
limmagine e la comunicazione, riempie da mesi le televisioni con i suoi spot e, ora, ha inondato la
citt di manifesti pieni di bimbi innocenti, vecchietti rincoglioniti, comparse a pagamento,
extracomunitari inconsapevoli, veline fallite e animali indifesi. I manifesti sono appiccicati su tutti i
tabelloni anche negli spazi riservati agli altri candidati; esempio questo di altissima moralit
politica.
I suoi consulenti sono stremati dai tentativi di rendere la sua algida immagine meno ingessata, pi
umana. Niente da fare. Hanno persino tentato di farle dire che lei, nei primi anni 70, ballava il twist
a Saint Tropez con Gigi Rizzi, Alain Delon e BB. Gigi non se la ricorda proprio, Delon non ha mai
ballato in vita sua e BB aveva di meglio da fare. La signora, che tra laltro, madre di Batman, ha
scoperto nellet della menopausa la sua vocazione per la politica. Da buona ricca ha pensato di
comprarsela.
Come si fa con una pelliccia. Il suo inamovibile vice Riccardo De Corato da Andria. Pinuccio
Tatarella, pugliese come lui, avendo scoperto molti anni or sono, che a Milano Riccardino stava
facendo una sua bella carriera, se ne usc con una delle sue battute: Non sapevo che la nebbia
facesse diventare intelligenti. Da molti anni ha smontato la tenda che aveva piazzato davanti
allufficio di Di Pietro ai tempi di mani pulite. In Consiglio Comunale vuole tornare anche tale
Osnato, vice coordinatore del Pdl, il cui merito principale consiste nellaver sposato la figlia di
Romano La Russa (dellomonima grande famiglia). Dichiara come professione di essere impiegato
allAler.
Questi sono alcuni dei personaggi che comandano a Milano. Sullo sfondo gli interessi dei Cabassi,
del Ligresti (dellomonima famiglia), dei Bracco, dei Moratti, dei Tronchetti Provera, della
Compagnia delle Opere e di tutti gli altri (mafiosi e non), che ronzano loro intorno come mosche
sulle cacche dei cani. Perch per un posto in Consiglio comunale che ufficialmente rende circa 800
euro al mese, stanno facendo campagne elettorali milionarie? Solo per legittima ambizione?
Mah! (18 aprile 2011)

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COMUNALI DI MILANO, I MOLTI MOTIVI PER NON


VOTARE MORATTI (E BERLUSCONI) AL BALLOTTAGGIO
Sono almeno cento i motivi per non votare Letizia Moratti al ballotaggio e, di conseguenza,
Berlusconi.
Riguardano Milano e lItalia intera. Da cinque anni la citt viene fatta vivere nellattesa del
miracolo Expo. Il miracolo non c stato, non c, e non ci sar. Expo gi un fallimento; una
chimera i trenta milioni di visitatori, indecente il balletto di societ, presidenti, amministratori,
consulenti e profittatori vari che, in questi anni, hanno pontificato e maneggiato a colpi di ideuzze e
laute indennit, a volte anche doppie, su questo evento che, di giorno in giorno, si rivela sempre
pi inutile se non addirittura dannoso. Nessuna idea sulla Milano del futuro: solo interessi,
speculazioni e affari da spartire tra i poteri pesanti presenti nella citt. La vispa Letizia stata,
in questo contesto, solo la mediatrice, il broker adatto. Assenti i veri interessi dei milanesi, la
Moratti non stata e non pu essere il sindaco di tutti. Lo sono stati nel passato i sindaci Greppi,
Ferrari, Bucalossi e, in parte, Tognoli. Lei, invece, si comportata secondo la sua indole: da
padrona. Si comperata la carica buttando sul tavolo un pacco di milioni ed ha preteso di
comandare su tutto e tutti. Senza controlli, senza vincoli. I manifesti con gli anziani, i bambini, le
mamme, i giovani, gli extracomunitari o i cani, sono stati solo il belletto elettorale. Si vedeva da
lontano che non cera unanima, passione, partecipazione. Persino nella vigliaccata televisiva con
Pisapia stata esangue: con il pelo sullo stomaco, ma esangue, asettica. Milano con lei peggiorata.
Sporca, disumana, inquinata, caotica, insicura, spietata, perennemente in crisi. Solo un po di
luccichio fasullo con le settimane della moda e delle esposizioni. Era una citt attiva e allegra. Oggi
una citt spenta e triste; come il suo sindaco uscente e speriamo uscito. Berlusconi ha voluto
essere capolista a Milano, ha imposto un referendum sulla sua persona e questo lha gi perso. Non
si potr pi vendicare dei magistrati che osano processarlo. Ha lanciato la sua padronale sfida.
Bisogna raccoglierla fino in fondo non votando per la Moratti. Se lalternativa tra Ligresti e i
centri sociali, scelgo i centri sociali. Senza incertezze. (18 maggio 2011)

.E LE MOLTE RAGIONI PER VOTARE PISAPIA


E LIBERARCI DALLINDECENTE BERLUSCONISMO
L'alluvione televisiva dellex grande comunicatore ceronato, labbiamo gi avuta. Pure i balbettii
del leggiadro Firmigoni e i rochi insulti del senatur. Aggiungiamoci i gracchianti miagolii di
Tafazzio La Russa. Ora mancano solo i robusti interventi di Daniela Garnero-Santanch, gli
equilibrismi pseudologici dellelegante Stracquadanio, gli strilletti di Donald Duck Lupi e il
caloroso appello finale di Mestizia Moratti con mirabolanti promesse di ogni tipo e per tutti i tipi.
Poi, lestremista mite Pisapia potr finalmente riposare, mentre la becerodestra milanese dovr
iniziare a smontare laccampamento costruito a Milano negli ultimi venti anni. Con annesse
appetitose consulenze, solidi profitti, benefits e ottimi affari. Con o senza infiltrazioni
ndranghetiste.
Gi; perch questa destra che pare scoprire adesso i problemi e i guai della citt, governa Milano da
vent'anni. Con il leghista Formentini, per dieci anni col furbetto Albertini e, negli ultimi cinque, con
la Moratti. Sembrano sbarcati oggi da Marte. Se i problemi sono quelli che stanno denunciando in
questa orribile campagna elettorale, e cio zingari, moschee, centri sociali, extracomunitari traffico,
ecopass, sicurezza, crisi economica, sporcizia, lavoro, perch non li hanno affrontati e risolti nel
loro ventennio? Meglio dieci moschee abusive, o una ufficiale e controllata? Meglio duemila
zingari spostati e rispostati, o sistemati una volta per tutte e sorvegliati? Meglio fare cassa con
lecopass o immaginare e attuare misure strutturali per il traffico e laria che respiriamo? Meglio i
vigili nei quartieri o a fare da scorta per sindaco e vice-sindaco? Meglio il costante controllo
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preventivo o la finta repressione? Meglio pochi e seri interventi per il rilancio delle attivit
economiche o i mega convegni con le solite passerelle? E l'Expo? Quale idea di una Milano del
futuro c dietro questo pompatissimo evento? Ahim; solo gli affari di Ligresti, Cabassi, Bracco,
della Compagnia delle Opere, delle banche e dei solitissimi noti. E gli interessi veri dei milanesi, di
tutti i milanesi? Fino a qualche decennio fa vivevano tutti insieme, in tutta la citt, con una
mescolanza che metteva luno accanto allaltro, il ricco e il povero, lartigiano e loperaio, il
commerciante e il professionista, il lavoratore e lo sfaccendato, lartista e il mariuolo, il nonno e il
bambino: una mirabile, variopinta e vitale stratificazione sociale che si era spontaneamente creata
nel corso dei secoli. Una citt vera, con una sua anima. Tutto scomparso, sconvolto, desertificato,
insozzato.
Adesso, nellattesa di qualche altra patetica trovata finale, aspettiamo lesito elettorale. Persino la
famosa, illuminata borghesia meneghina si accorta che con questo guittismo, sia pure
miliardario, non si va da nessuna parte. Voter convintamente anche se non entusiasticamente, per
Pisapia.
Lo faccio per Milano e per lItalia, per cercare di liberarla dalla soffocante e indecente presenza del
berlusconismo.
Con Pisapia, qualche decennio fa ci saremmo sicuramente scontrati e, forse, anche menati. Eravamo
animati da passioni vere e forti; quelle che la Moratti, questa lady di fil di ferro, non ha mai
vissuto e provato. Quelli che hanno davvero combattuto, conoscono anche il rispetto reciproco. Lo
voter e, se qualcuno salter su a ricordarmi il mio passato e la mia storia, che rivendico
orgogliosamente e senza pentimenti, rispondo che, appunto, la mia una storia politica autentica,
non una delle storielle di Berlusconi. (24 maggio 2011)

Pino Rauti Lennesima occasione perduta

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CARA DANIELA SANTANCHE, ORA TI SPIEGO


CHE COSA VUOL DIRE ESSERE DI DESTRA
Cara Daniela, le cose che sto per scriverti te le avrei dette a voce se tu avessi trovato il tempo per
quel colloquio che ti avevo chiesto dopo la bizzarra riunione alla quale ho partecipato
allindomani del risultato elettorale di aprile. Ma questo colloquio non mai avvenuto.
Troppi i tuoi impegni: per lo studio dei flussi del voto alla Destra; per la preparazione al quesito
referendario (ma ti pare davvero il caso di riaprire le case chiuse in un paese che non finito a
puttane ma alle puttane?); per la partecipazione al favoloso e raffinato matrimonio di Briatore,
con quel tuo spettacolare cappello che ha strappato gridolini dammirazione in quel ricercato dandy,
ex comunista durissimo e purissimo folgorato, sulla via della Fiat di Agnelli prima, e su quella di
Arcore poi, che risponde al nome di Carlo Rossella; e infine per tenere a bada quegli orsi di Storace
e Buontempo.
Pazienza! Capisco e mi adeguo, anche perch non ho nessun motivo di risentimento nei tuoi
confronti. Al contrario, ti ringrazio per la determinazione con la quale hai condotto la campagna
elettorale almeno fino allultima settimana; quella del darla o non darla, delle posizioni
orizzontali e verticali e della improbabile e poco credibile difesa di ci che tu pensi sia stato il
Fascismo.
Parte del risultato, buono a mio parere, dovuto alle tue capacit di apparire, di esserci, di
comunicare, specie nelle due trasmissioni di Michele Santoro, cui dovresti mandare un gran mazzo
di fiori. Per intenderci non nutro verso la tua persona quellastio che invece provo per la nipotina
Scicolone-Mussolini. Quando una come lei, senza colpe ma anche senza alcun merito, si trova a
portare il peso di quel nome, per il quale centinaia di migliaia di italiani, da una parte e dallaltra,
sono andati a morire, ha il dovere morale di non sputtanarlo con un comportamento da pescivendola
napoletana.
Se avessimo avuto quel colloquio, Daniela, ti avrei consigliato di tornare rapidamente a casa: quella
di Berlusconi, si intende, dal quale hai ricevuto un imprinting assolutamente indelebile.
Avresti potuto, e ancora potresti, trovare una sponda utile in Ignazio La Russa, con il quale hai
avuto un lungo rapporto, credo proficuo per entrambi.
Vedi, cara Daniela, quella dellMSI e della destra italiana, non la tua storia e cercare di
attribuirtela non credibile. E suona anche un po ridicolo. Per et ed esperienze vissute, io sono il
primo a sapere che quella storia fatta di luci e di ombre, di cose poco nobili e forse anche
vergognose, di vicende oscure, ma anche di pagine esaltanti, di passioni genuine, di sangue versato,
di slanci disinteressati, di comunanza con il popolo italiano e di radicamento nella nostra cultura.
E, insomma, la nostra storia e, come tale, ce la dobbiamo tenere tutta intera (delitti compresi),
cercando di nobilitarla, buttando alle ortiche tutto ci che legato al folklore, alle contingenze
storiche; dimenticando le stupide e acritiche rivendicazioni, i pellegrinaggi turistici, le
commemorazioni vuote e retoriche, per salvare invece principi e valori fondanti, intuizioni politiche
che, credimi, continuano ad essere attuali, persino rivoluzionarie.
Daltra parte, se a quasi tutti - religioni, ideologie politiche, teorie economiche - consentito di
sbarazzarsi senza problemi delle pagine pi imbarazzanti e vergognose del proprio passato con
disinvolte autocritiche ed ancor pi disinvolte auto-assoluzioni, perch solo noi dovremmo
condannare in toto e in blocco ottantanni di storia italiana?
Anche nella ributtante contabilit dei milioni di morti potremmo avere le carte in regola per dire la
nostra.
Quali possono essere i punti fondanti per una moderna azione politica della destra italiana?
Provo ad elencarteli in rapida sintesi.
1 - Sovranit, dignit e indipendenza dellItalia proiettate nellidea-forza (la forza del mito) di
unEuropa unita, forte economicamente e militarmente, conscia del proprio ruolo e che torni ad
essere protagonista sulla scena mondiale. Ci significa anche che non possiamo pi essere il
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cagnolino scodinzolante ai piedi degli Stati Uniti. Chi ricorda latteggiamento servile del tuo amico
Berlusconi durante la sua prima visita a Bush, pu capirmi benissimo. Per me gli americani non
sono stati dei liberatori ma degli occupanti! Le guerre si possono vincere o perdere, ma se si
perdono, occorre farlo con dignit e senza fingere di averle vinte. Io non credo che lItalia debba
gratitudine agli americani, ma, anche se cos fosse, la gratitudine non un sentimento eterno; specie
in politica estera, con gli scenari che, soprattutto ora, cambiano rapidamente. Allo stesso modo
credo che quella americana allIrak, con le menzogne che lhanno preceduta, sia stata una vile
aggressione che ha provocato danni (vittime, distruzioni, scollamento di una nazione, pulizie
etniche e religiose, reazioni a catena nel mondo e nel Medio Oriente in particolare), enormemente
superiori a quelli attribuibili a Saddam (morto, tra laltro, con fierezza, come Jos Antonio Primo
De Rivera, come il Che, come Allende). Saddam aveva tenuto unito il paese, era riuscito a
contenere linfluenza dellIran e aveva garantito (certo da dittatore) la laicit e la libert religiosa.
Te la senti, Daniela, di lottare contro la condanna a morte di Tareq Aziz? LAmerica e
lamericanismo ci hanno inquinato culturalmente, hanno ucciso le nostre pi autentiche tradizioni,
ci hanno offerto e imposto i loro modelli e la loro visione economicistica della vita. Gli Stati Uniti
si comportano con larroganza di un impero che tuttavia non possiede una superiore visione del
mondo e della vita che non comprende la ricchezza feconda delle differenze. E inoltre, adesso, ci
scarica addosso il prezzo di una gigantesca crisi economica, dovuta alla sua finanza virtuale, al
suo liberismo sfrenato, alla sua globalizzazione, figlia di un progetto politico, il mondialismo,
che richiede un pensiero unico e che non solo non assicura libert e progresso al pianeta, ma lo sta
portando alla povert, alla fame e al declino.
2 - Riaffermazione della necessit di uno stato forte e autorevole. La progressiva distruzione dello
stato italiano ci ha regalato lattuale societ, una sorta di poltiglia indistinta fondata sugli egoismi
individuali. Finito lo spirito del risorgimento con la sua aspirazione allItalia unita, finito il
Fascismo che rivendicava una missione per la nazione italiana, finito anche lo Stato, ucciso dai
partiti antinazionali e dal liberismo da giungla nel quale viviamo da qualche decennio. Come diceva
Prezzolini, lo Stato nasce da un contratto tra briganti - tali sono gli uomini nella loro pi intima
essenza - che, stanchi di ammazzarsi tra loro, decidono di darsi delle regole per poter stare insieme.
Lo Stato deve perci essere omnia potens anche se non omnia facens e la sua eticit dovrebbe
essere patrimonio di tutti. Essere contro lo Stato in nome di non si sa quali libert dalle regole (e qui
il tuo amico Berlusconi un maestro), equivale ad affermare che poich si contro le malattie, si
contro gli ospedali che, com noto, sono pieni di malattie. E vero esattamente il contrario: chi
contro le malattie vuole ospedali efficienti e ben organizzati per meglio combatterle, pur nella
consapevolezza che impossibile eliminarle. Fin qui Prezzolini. Lo Stato deve essere quindi forte e
unito per imporre a tutti il rispetto delle leggi (a tutti, Daniela, a tutti), potenti e comuni cittadini,
al nord come al sud dove, nel 1943, gli Stati Uniti, oltre alla loro democrazia, ci hanno anche
imposto il ritorno della mafia.
3 - Politica Sociale. Lo Stato ed una buona politica devono tendere a realizzare il maggior grado
possibile di giustizia sociale per avere il massimo possibile di pace sociale. E questo non per
adeguarsi a un astratto principio di uguaglianza che non esiste in natura e nemmeno tra gli uomini,
ma per perseguire fini alti e nobili che sono quelli dellelevazione morale e culturale di tutto un
popolo. I lavoratori devono partecipare alla vita delle imprese (pubbliche e private) con lingresso
dei loro rappresentanti nei consigli di amministrazione e negli organi di controllo. Forse, se questo
fosse accaduto per Alitalia, oggi non ci troveremmo nella presente situazione che, grazie a
Berlusconi, finiremo per pagare tutti quanti. Anche la finanza e il capitalismo devono trovare dei
confini invalicabili e devono essere richiamati alla loro funzione sociale. Oggi siamo al capitalismo
e alla finanza senza patria n regole, i cui padroni sono i moderni usurai. Quindi la necessit della
rappresentanza della realt sociale italiana - lavoro, cultura, impresa autentica, arte, scienza,
professioni e mestieri - nelle sedi istituzionali repubblicane. Altro che ridicolo e dannoso Senato
delle Regioni!

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Ti sembra, cara Daniela, che con Berlusconi si possa concorrere alla realizzazione di questo
progetto politico? Via, non facciamo ridere!
Berlusconi un bugiardo che finisce per credere alle balle che racconta, un vecchio che si illude di
sembrare giovane, un uomo senza stile e classe, un piazzista di se stesso, uno che ha come unica
stella polare, la difesa dei suoi molteplici e non sempre limpidi interessi. Uno che definisce eroe
un mafioso e si dimentica di Paolo Borsellino, che si immolato per uno Stato che non cera pi, e
che - lo ricordo con orgoglio - era stato iscritto al FUAN.
Ma che cosa significa allora essere di Destra? Te lo dico con le parole di Adriano Romualdi, uno
dei pi acuti ed intelligenti uomini di cultura (e di azione) della Destra italiana, scomparso
giovanissimo nel 1973 e figlio di Pino, linventore nel 1946, del MSI:
Essere di Destra significa, in primo luogo, riconoscere il carattere sovvertitore dei movimenti
scaturiti dalla Rivoluzione Francese, siano essi il liberismo o la democrazia o il socialismo.
Essere di Destra significa, in secondo luogo, vedere la natura decadente dei miti razionalistici,
progressisti, materialistici che preparano lavvento della societ plebea, il regno della quantit, la
tirannia delle masse anonime e mostruose.
Essere di Destra significa, in terzo luogo, concepire lo Stato come una comunit organica dove i
valori politici predominano sulle strutture economiche e dove il detto a ciascuno il suo non
significa uguaglianza ma equa disuguaglianza qualitativa.
Infine essere di Destra, significa accettare come propria quella spiritualit aristocratica, religiosa e
guerriera che ha improntato di s la civilt europea e - in nome di questa spiritualit e dei suoi valori
- accettare la lotta contro la decadenza dellEuropa.
Ti pare che questa Destra possa essere compatibile con il berlusconismo?
Da una vita cerco di navigare evitando gli scogli del becero destrismo e del luogo comunismo.
Il pi autorevole rappresentante del primo Vittorio Feltri con il suo Libero, vera bibbia degli
ultras del moderatismo italiano assetato di sangue, purch a sporcarsi le mani siano gli altri. I pi
recenti portatori del secondo, sono quei sanculotti (se avessero le mutande sarebbero comunque
firmate D&G) che hanno contestato il libro Gli orfani di Sal nel nome di un antifascismo di
maniera che vede in quella esperienza il male assoluto, in ci, per la verit, confortati dal
neoimmune Presidente della Camera, Gianfranco Fini.
In apparenza opposti (Feltri e i sanculotti), ma in realt eguali nella loro povera obbedienza al
pensiero unico globale.
La Destra che stata propinata agli italiani negli ultimi quindici anni quella cui fa riferimento con
splendide parole sempre Adriano Romualdi:
La Destra non sarebbe una ideologia, un partito e neppure unideologia politica: essa
semplicemente la maggioranza dei cittadini che desiderano che i treni arrivino in orario, che le balie
allattino i bambini, che i becchini seppelliscano i morti senza scioperi, contestazioni e altre cause di
perturbazione dellordine pubblico. La Destra la societ che funziona, il governo dei
competenti, oltre tutte le ideologie, lo Stato veramente ordinato dove gli studenti non marinano la
scuola e i cani non fanno pip nelle aiuole.
Aggiungici un cenno ai rifiuti di Napoli e tutto diventa di una sorprendente attualit!
Un po poco? Si chiedeva retoricamente Adriano Romualdi: poco, anzi pochissimo.
La Destra slancio vitale, volont di potenza, spiritualismo laico, estetica della politica, saldezza
morale, lealt, onore, fedelt alla parola data, coerenza con i propri ideali, amore verso il proprio
popolo, capacit di sacrificio.
Esattamente il contrario, insomma, di quanto incarnato da Berlusconi.
Quando ho accettato di entrare in lista (allultimo posto: questione di stile), lho fatto con lo stesso
spirito con il quale, di tanto in tanto, gioco un euro al Superenalotto: se mi va bene (ma so che
difficilissimo), divento ricco, se va male, ho perso solo un euro.
Una piccola speranza, per, ce lavevo. Chiss mai, mi dicevo, che attraverso le vie misteriose e
tortuose si possa arrivare ad un risultato importante: quello di tenere in vita una storia politica, di
ridare entusiasmo e speranza a chi li aveva perduti nei tanti tentativi falliti per la pochezza e la
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povera avidit di personaggini incapaci di soffrire e di costruire un moderno movimento per il


futuro.
Come diceva Beppe Nicolai: Questa Italia non ci piace e forse neppure ci appartiene, ma pur
sempre la nostra madre e la dobbiamo amare comunque, anche se diventata una prostituta.
Amarla, per me, significa tentare di costruire una politica fatta di dignit e impegno e non di posti,
assessorati o sottosegretariati.
Ho limpressione che tu, e non per colpa tua, concepisca la politica solo come propaganda. Ma se la
politica senza propaganda monca, la propaganda senza politica niente, al pi solo una pesca
delle occasioni.
Una volta limmigrazione, unaltra lanti-islamismo o la sicurezza, o le prostitute per strada,
trascurando il fatto che altre forze politiche cavalcano questi temi con ben maggior peso e maggior
credibilit.
E i nostri temi forti, quelli davvero nostri e che nessuno ci potrebbe rubare? Dove li abbiamo messi,
per quale strana paura non li sbandieriamo? Perch, presto o tardi, i nodi politici verranno
fatalmente al pettine.
Ho finito, cara Daniela, e ti rinnovo il mio disinteressato consiglio: torna a casa.
Torna tra coloro che ti sono pi congeniali anche se, durante la campagna elettorale, con raffinata
squisitezza ti definivano la zoccola dura della destra.
Torna tra loro; magari riuscirai ad impedire alla Lega di sostituire lInno di Mameli - brutto, certo,
sono io il primo a riconoscerlo, ma anche simbolo di una certa italianit - con I pompieri di
Viggi.
Chiedi al tuo amico di Arcore di assicurarti un posto sicuro per le prossime elezioni europee e
ridiventa protagonista di quel mondo luccicante e colorato che ti appartiene; torna ai rotocalchi, alla
televisione ed in quei posti dove, tanto tempo fa, cerano i ricchi e i signori, e anche i ricchi finivano
per diventare signori, e ora invece ci sono solo i ricchi.
Questa Italia, fatta di lobbies, di massoni, di affaristi di ogni tipo, di generali senza gloria, di
arrivisti di ogni risma, il degno scenario per questa politica senza ideali, senza valori, senza
dignit. E in questa Italia, cara la mia Evita Peron dei ricchi, ciascuno deve essere al suo posto. (25
agosto 2008

1990 Consiglio comunale di Milano. Contro la congiura del silenzio.

129

GIULIANO FERRARA E IL RICORDO


DI QUELLA GOLIARDICA SCOMMESSA
DI BESTEMMIARE DAVANTI AL VESCOVO
Giuliano Ferrara diverte e commuove nello stesso tempo. Non per la sua stazza (sarebbe una
battutaccia scontata), non per il suo Foglio (sempre citatissimo perch fa fino), non per le sue
bretelle rosse (bellissime) e neppure per le sue posizioni (capricciose ma legittime), ma perch da
sempre la maledetta sensazione di prendere tutti per il culo. Vanitoso come una scimmia entra ed
esce dalle diverse reti tv con la sapienza di chi sa dosare la propria immagine attizzando il senso
dellattesa.
Si compiace della sua indubitabile intelligenza esibendo paradossi che sembrano diventare scontati
luoghi comuni. Ama rivolgersi a pochi ma pretende di essere capito da tutti e, se non lo capiscono,
colpa loro che non sono tanto bravi da cogliere le sue sublimi intuizioni. Chiss perch mi fa venire
in mente un goliardo che nei primissimi anni cinquanta frequentava lUniversit di Pavia. Il nome
mi pare che fosse Marescotti, o Marescalchi, non ricordo bene. Originario di Sanremo, incallito
fuoricorso, era noto per la sua inclinazione allateismo, alla bisboccia sfrenata e al libertinaggio
praticato, per quel che consentivano quei tempi, fino allossessione. Un giorno si mise a letto nella
sua stanzetta in affitto di studente e cominci ad affermare che gli era apparsa la Madonna.
Passavano i giorni e lui sempre l, a letto, bianco e emaciato. In una piccola citt di provincia quale
allora era Pavia, la voce cominci a diffondersi e, di bocca in bocca, orecchio dopo orecchio, fin
per arrivare anche al parroco della chiesa del rione dove stava. Il poverino lo and a trovare e lui
gli conferm le apparizioni. Il parroco rifer ai superiori e questi al vescovo di allora, chiamato
affettuosamente dagli studenti molto irriverenti pi Carlo per via della croce che precedeva il
suo nome (Carlo, appunto) in calce ai manifesti della diocesi. Il vescovo, dopo averci pensato su
qualche giorno, decise di riceverlo. Lo prelevarono e lo portarono da Sua Eminenza che, con fare
paterno e comprensivo, gli chiese delle apparizioni.
Quante volte ti apparsa figliolo?.
Sei o sette.
Come era vestita?.
Di bianco, con un mantello celeste, piena di luce.
Ti sorrideva?.
S.
Ti ha mai detto qualcosa?.
S, una volta.
Che cosa ti ha detto?.
Non so se posso. Non oso, Eminenza.
Coraggio figliolo, d pure.
Non me la sento.
Insisto!.
.... Se lo dice Lei.....
Che cosa ti ha detto?.
E qui una brutta bestemmia. Insomma, aveva scommesso con gli amici che sarebbe riuscito a
bestemmiare davanti al vescovo. Chiss perch, ma Giuliano Ferrara mi fa venire in mente quel
Marescotti, o Marescalchi. (26 agosto 2011)

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IL BUNGA BUNGA DI JALLOUD, LA SERA


IN CUI ERA OSPITE DI CASA RECCHI A ROMA
Qualcuno ipotizza che Abdessalam Jalloud, ex numero due di Gheddafi per oltre ventanni, finito
poi in un confortevole dimenticatoio e recentemente rifugiato in Italia, possa in futuro avere un
ruolo nell'assetto, per ora misterioso, della nuova Libia liberata.
Anche il nostro semi bellicoso ministro della Difesa, La Russa, forse perch stufo di fare solo il
becchino, lo ha citato in una delle sue frequenti, fumose e umoristiche interviste. Vedremo.
Di lui conservo un lontano e sgradevole ricordo.
Eravamo alla met degli anni 80 e un giorno, una mia cara amica, mi chiese di accompagnarla a
una serata alla quale sarebbe stato presente quale ospite donore, Jalloud, allora Ministro e
beniamino del Colonnello.
Naturalmente accettai. Un po per curiosit e un po per la vaga simpatia che provavo per la
Jhamairia libica e per quel suo vantato esperimento di diversa democrazia con il potere quasi
anarchicamente nelle mani del popolo.
Mi intrigava inoltre il ruolo di Gheddafi considerato il nemico pubblico numero 1 degli Stati Uniti
della loro politica imperialista.
Il pranzo donore era offerto e organizzato dalla famiglia Recchi. I Recchi erano grandi amici di
Bettino Craxi, possedevano una splendida villa a Portofino accanto a quella di Francesca Agusta,
dove spesso arrivava il leader socialista. Erano noti i loro rilevanti interessi in Libia.
Il palazzo dei Recchi a Roma si trovava in piazza Santissimi Apostoli e linvito era per le nove di
sera.
Arrivammo quasi puntuali, salimmo al piano nobile: una lunga infilata di grandi saloni naturalmente
ben arredati e ci unimmo agli altri invitati. Il solito miscuglio romano: nobili pi o meno decaduti,
alcuni politici, qualche noto faccendiere e un po di quel generone da cui hanno sempre attinto
idee e personaggi per i loro film, i fratelli Vanzina.
Una piccola orchestra allietava lattesa, lo champagne era abbondante e vassoi di ottime tartine
venivano fatti girare tra i gruppetti di invitati che chiacchieravano tra loro con le consuete banalit
tipiche di queste occasioni.
Lospite non cera ancora. Affari di governo, probabilmente. Si erano fatte le dieci, le dieci e
mezza, poi le undici.
Il Ministro in pesante ritardo e qualcuno comincia educatamente a dare segni di insofferenza forse
dovuti allappetito e alle libagioni.
Finalmente, verso le undici e mezza, i padroni di casa ci fanno sapere che possiamo sederci alle
tavole imbandite. Ci piazziamo e subito dopo si materializza un gruppo di una decina di persone.
Sono tutti in abiti occidentali, tranne uno: lui.
Ha i pantaloni di una mimetica, calza anfibi e sfoggia una T-shirt verde militare con un grande
teschio nero e la scritta Marines Usa Camp qualcosa.
piuttosto rumoroso, irruente e scostante.
Quella sua tenuta mi colpisce. Ma come, il nemico degli Usa sfoggia una maglietta degli odiati
marines, quelli che avrebbero volentieri fatto fuori lui e il suo capo? Forse, mi dico, una sottile
presa in giro, una ostentazione di menefreghismo nei confronti dellavversario.
Mangia velocemente, scambia qualche parola con i vicini senza mai guardarli negli occhi.
indubbiamente nel suo genere, un belluomo ma la sua maleducazione evidente.
Poi, a un certo punto, senza un cenno, si alza e si allontana. Mi dico e dico che un cafone. Ma il
bello deve ancora avvenire.
Lorchestrina incomincia a suonare musichette che evocano nenie arabe e, allimprovviso, un
forsennato nudo, avvolto in un pareo nero con vistosi arabeschi dorati, irrompe nella sala e si mette
a ballare a piedi scalzi, quasi selvaggiamente, mescolando passi di danza araba con contorsioni da
disco-music e mossette un po lascive e decisamente effeminate. Naturalmente lui, Jallud.
131

Forse, ripensandoci ora, era un tentativo di bunga bunga con trentanni di anticipo.
L'esibizione dura una ventina di minuti, poi il ministro si ritira tra gli applausi di alcuni tra i
presenti.
Il numero finito. E l finisce anche la mia simpatia per Gheddafi, la Jamahiria, la Libia e
lanticolonialismo dei petrodollari e degli affari.
Se oggi, anche uno come Jalloud pu aspirare ad avere un ruolo nella nuova Libia, che Dio, anzi,
Allah, gliela mandi buona. Ai libici, naturalmente.

ADDIO A LUCIO MAGRI, UN NEMICO DI CLASSE


Lho incontrato per lultima volta qualche tempo fa.
Nellagenzia della banca che c dentro il palazzo di Montecitorio.
Era davanti a me allo sportello. Non so per fare cosa, ma si capiva che non aveva la dimestichezza
disinvolta di quelli abituati alle tecnologiche novit.
Invecchiato, segnato dalla sconfitta umana e politica che non tentava pi di mascherare con la sua
solita apparente arroganza.
Eravamo stati deputati insieme per tre legislature.
Lui, Lucio Magri, un comunista che in un regime comunista sarebbe finito in un gulag. E io, un
fascista che ai tempi del fascio si sarebbe ritrovato in un amen al confino.
Due perdenti, anche se facevamo finta di non esserlo.
Esibivamo sicurezza e un po di superiorit.
Ci rispettavamo anche se dialogavamo poco. Era gentile senza essere confidenziale o fintamente
esuberante come facevano altri.
Sembrava immerso nella sua vita, a volte politicamente intensa, a volte romanamente fatua nel
salotto della Marzotto.
Lei proletaria vera diventata contessa, lui borghese fattosi comunista.
Lei donava e lui le concedeva di donare. Non lo trovavo scandaloso anche se molti ladri veri si
scandalizzavano.
Rischiammo persino di diventare vicini di casa a Roma, in via dellArancio. Marta aveva acquistato
e ristrutturato una soffitta in cui lui non volle mai abitare.
Al suo posto arriv Luca Cafiero.
Ormai cadute tutte le illusioni, veniva alla Camera come si va in un club, e giocava interminabili
partite a scacchi con un vecchio giornalista parlamentare in un angolo della sala-stampa.
Era un politico vero e si vedeva che provava per la politica un amore vero. Anche se non sempre
corrisposto. La politica una puttana che ti tradisce appena pu.
Se ne andato con dignit e con un estremo atto di libert.
Quella vera, la sola che conta.
Addio, nemico di classe! ( novembre 2011)

132

CIAO PIERRE, ETERNO RAGAZZINO


INCOSCIENTE DI 66 ANNI FA
13 novembre 2011, ore 15,30. Pier Giovanni Massazza, classe 1932, apre il
portellone del Pilatus Porter su cui sta volando e si lancia col paracadute nel
cielo sopra Cumiana, nei pressi di Torino. Aveva preso posto accanto al pilota,
un atto di riguardo che gli era dovuto per let e per lesperienza. Sul libretto
aveva al suo attivo 2.915 lanci. Nel 99 si era salvato lanciandosi dalla carlinga
del Pilatus che stava precipitando al suolo. Qualche giorno dospedale, poi era
ritornato a quello che per lui era un amore che durava da tutta la vita. Era il
decano dei paracadutisti Piemontesi e un pioniere del paracadutismo sportivo
italiano, che praticava da oltre 60 anni. Una passione che, come amava
raccontare, laveva aiutato a sconfiggere il cancro. Abitava a Torino, era stato
istruttore dei carabinieri paracadutisti del Tuscania. Tutte le settimane faceva
almeno un lancio. In quel suo ultimo volo, era uscito dallaereo a 4.000 metri,
poi con altri quattro compagni, ha fatto un esercizio di lavoro relativo, figure
che si eseguono in volo ma provate a terra: si precipita nel vuoto con il
paracadute chiuso, poi, a circa 1.200 metri di quota, ci si allontana e si va in
deriva, ogni paracadutista cerca il suo spicchio di cielo dove aprire il
paracadute. Gesti che conosceva a memoria. Ma quel pomeriggio il suo
paracadute color fucsia non si gonfiato, le funi erano intrecciate. Forse ha
provato a rimetterle in ordine, sono andati via secondi preziosi, allora ha deciso
di seguire le procedure da manuale: liberarsi del primo paracadute per aprire
quello di emergenza. Ma ormai era sotto i duecento metri di quota. Non pi
riuscito a tirare la maniglia dellemergenza, finito in un prato a cinquecento
metri dallavio-superficie. Il suo corpo sprofondato in un terreno ancora umido
per la pioggia. E sceso il silenzio nel campo dello Sky Dream Center dove
rimane solo pi il ricordo delle sue parole, pronunciate anche prima di salire
sullaereo per lultimo viaggio: In tutti i miei lanci solo una volta ho dovuto
aprire lemergenza. Insieme a unaltra frase che ripeteva agli amici: Se
dovessi scegliere come morire, vorrei che accadesse durante un volo.
Ciao Pierre! Quando, luned scorso, il titoletto di una notizia sul giornale ha attirato la mia
attenzione, sulle prime non ho collegato il Tuo nome a quel nome. Il pi anziano paracadutista
torinese, 78 anni, si schianta al suolo dopo un salto. Forse hai tirato troppo basso, forse un
malfunzionamento ti ha tradito, forse i riflessi non sono stati pi quelli di un tempo: chiss! Il nome
tuttavia, mi ricordava i tempi della mia adolescenza. Un ricordo che avevo sempre avuto ben
presente al punto di averlo messo anche nel mio libro Confessione di un fazioso. Da quei ricordi
sono passati sessantasei anni: una vita. Ho preso La Stampa e ho trovato una tua fotografia. Di
adesso. I capelli bianchi, la barba e gli occhiali. In sessantasei anni tutto cambia in un uomo.
Tuttavia, gli occhi e, soprattutto lo sguardo, restano gli stessi. I tuoi erano ancora quelli. Mi sono
informato e ho avuto la conferma che eri proprio Tu quel ragazzino di tredici anni con il quale
andavo a scrivere sui muri di Vercelli, con lingenuit e lincoscienza proprie dellet Viva il
Duce e Viva il Fascismo, e con il quale avevo assistito di nascosto alla morte di qualche
repubblichino. Vercelli: una citt importante durante la Guerra Civile. Cera il 63mo battaglione
M, gli arditi del capitano Volont, padre di Giammaria e reparti di ogni tipo. Tuo fratello Ube se
nera andato da volontario a sedici anni a morire in Garfagnana combattendo contro i liberatori.
Aveva scelto la parte perdente che, di l a poco, sarebbe diventata anche la parte sbagliata.
Ovviamente con il senno di poi, quello dei vincenti e di quanti, a cose finite, come disse Mino
Maccari, corrono in soccorso del vincitore. Ma allora noi due ragazzini ingenui e incoscienti, non
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lo potevamo sapere. Tu volevi restare fedele a tuo fratello e io a mio padre, epurato e fatto arrestare
dal democristiano di turno e sottratto alla morte dai suoi dipendenti comunisti che dissero: Era ed
una persona perbene. Al suo processo lunico che venne a testimoniare a suo favore, fu un ebreo
di nome Jesi, che mio padre aveva aiutato ai tempi delle leggi razziali. Da quei giorni non
ceravamo pi rivisti: io avevo dovuto cambiare citt e tu avevi seguito la tua vita. Come capita a
tutti.
Seguire la vita vuol dire anche inseguire la morte; fin dallistante in cui si viene al mondo. Strana la
vita! Fino allaltro giorno non avevo pi saputo nulla di te. Non sapevo neppure che tu fossi un
paracadutista. Lho fatto anchio. Ma tu avevi oltre duemila lanci, io molti di meno. Ho saputo
anche che venivi a saltare nei campi dove saltavo anchio e dove, qualche volta, si vedeva anche
Philippe Leroy, splendido vecchio giovane. Noi non ci siamo pi incontrati. Sessantasei anni sono
una vita e, in un certo modo, le nostre sono state vite parallele. Ho appreso che anche tu avevi avuto
un cancro e il paracadutismo ti ha aiutato a tenerlo a bada sublimando la vita come pu sapere solo
chi lo ha fatto. Quel prato verde sul quale sei caduto stato il punto darrivo della tua vita.
Splendida, come eri stato uno splendido ragazzino coraggioso, strafottente e incosciente. Ciao
Pierre, vuoi sapere una cosa? Ecco: un po ti invidio. Addio.

Roma 1997 Con Teodoro Buontempo

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PRIMERO EL BANCO!
Era il grido di battaglia dei vecchi, onesti banditi messicani reinventatisi rivoluzionari, quando
occupavano qualche cittadina. Primero el Banco!.
Il Banco era necessario per rendere felici i propri uomini, pistoleros, rubabestiame, campesinos e
tagliagole che si illudevano di diventare ricchi di colpo, come i proprietari delle fazendas
lussuosamente arredate, magari violentando le mogli dei fazenderos lavate, profumate e ben
vestite.
In Italia quel grido divenuto il motto nobiliare di una classe di nuovi banditi fattisi politici,
imprenditori, alti manager, consulenti e via rubando.
E il Banco, beninteso, non pi solo una banca da far saltare con la dinamite.
Le banche, anzi, se le sono gi prese tutte. Fin dai tempi in cui quattro di esse erano dichiarate di
interesse nazionale. Cio dello Stato e, quindi, dei partiti che amministravano lo Stato.
Erano i tempi dei prestiti facili ai palazzinari romani e/o milanesi, delle garanzie fasulle o
inesistenti, dei consigli damministrazione nominati dai partiti.
Poi sono arrivate le finte privatizzazioni, controlli tramite le Fondazioni in mano ai partiti, ingresso
nei CdA di intraprendenti imprenditori (prenditori) che si auto-concedevano mutui, fidi e prestiti,
pudicamente assentandosi nel momento nel quale la delibera veniva votata.
Cos ora abbiamo anche banche possedute da scarpari e che, di fatto, sono socie di scarpari che poi,
tramite le banche, siedono nei salotti buoni della finanza italiana o del pi grande quotidiano
italiano. Insieme a banchieri, nuovi palazzinari, benefattori nel campo della sanit privata e via
confliggendo di interessi.
La loro economia va bene, anzi, benissimo. Leconomia dei Fazio, Geronzi, Ponzellini,
Palenzona, Profumo, Passera, e degli altri meno noti al pubblico.
Altro Banco delle meraviglie quello costituito dalle societ con la golden share in mano allo
Stato, tramite il ministro del tesoro.
A cominciare da Finmeccanica.
Una galassia di aziende partecipate. Ansaldo, Ansaldo Energia, Ansaldo-Breda, Oto Melara, Selex,
Enav, Agusta, Optomatica, Wass e molte, molte altre.
Ciascuna con il suo CdA regolarmente e lautamente retribuito e altrettanto regolarmente composto
da uomini dei partiti.
A capo di tutto Pierfrancesco Guarguaglini, appena dimesso dopo una estenuante trattativa conclusa
a suon di milioni. Aveva uno stipendio doro e avr una liquidazione di platino. Come la moglie,
Marina Grossi. Anche lei sta trattando la sua uscita. Buona, si prevede.
Uomini (e donne) messi l dai soliti: Matteoli, linaffondabile Bonferroni, lincomparabile
Giovanardi, lirresistibile La Russa, il simpatico Milanese e i soliti noti. Ignazio aveva segnalato
persino Gianni Plinio, unanimemente considerato il pi coglione esponente del MSI prima, di AN
poi e del Pdl genovese, di tutti i tempi.
Cos, tra un pranzo allHarrys Bar, un convegno in qualche posto di villeggiatura, un appalto
pilotato, qualche gita in barca (sopra i venti metri), tracciavano le rotte della loro economia di
Stato.
E gli altri? Tutti zitti, dal SEL allIDV, dal PD allUDC, dalla Lega di lotta (poca) e di sottogoverno
(tanto). Del Pdl inutile chiedere.
Che far questo governo di professori e banchieri venuti al seguito del Podest Straniero?
Credo poco, anche se spero di sbagliare. (1 dicembre 2011)

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I FINTI KENNEDY DI PATERNO


A Milano si chiana famiglia. In Sicilia si userebbe un altro termine. I La Russa. Ce la mettono tutta
per farsi credere i Kennedy di Patern.
Figli e nipoti del patriarca Antonino, consigliori del cognato Michelangelo Virgillito, avendone
sposato la sorella, pio fondatore del Grande Impero economico-finanziario, fin dagli anni 30. Di
lui si diceva che dormisse su un tavolaccio circondato da candelabri accesi. Memento mori.
I La Russa sono onnipresenti e (quasi) onnipotenti. In politica e negli affari.
Tutti hanno avuto e hanno a che fare con don Salvatore Ligresti. Siedono nei consigli di
amministrazione delle societ del gruppo che contano davvero e, visto che la loro presenza una
costante che si tramanda da oltre settantanni, qualcuno ipotizza che i veri controllori (proprietari)
siano proprio loro e non le teste di legno che si sono succedute nel tempo.
Unica stella polare: gli interessi della famiglia, difesi attraverso la politica. E gli affari.
Vediamola, questa foto di gruppo.
Ignazio, ex ministro della difesa, triumviro del Pdl, scopritore (interessato) della GraneroSantanch, presente (in prima persona o tramite uomini suoi) praticamente dappertutto: politica,
affari, discoteche (vecchia passione), e presunta mondanit. Quella descritta dai Vanzina nei loro
film.
La sua carriera inizia come avvocato della SAI.
Romano, il fratello. Inizia come titolare di un negozio di cessi della Pozzi-Ginori (Ligresti). In
seguito deputato europeo. Ora assessore alla Regione Lombardia nella giunta Formigoni; quella
delle firme false, della Minetti e, prima ancora, di Prosperini, ed ora del vice presidente del
Consiglio, Franco Nicoli-Cristiani.
Vincenzo, il fratello maggiore, gi deputato e senatore della DC, gi consigliere comunale di
Milano e presente in vari CdA delle societ di Ligresti. Attualmente membro del Cda della
Metropolitana Milanese.
Geronimo, figlio di Ignazio. Ha occupato la poltrona del nonno, senatore Antonino, allindomani
della morte. Naturalmente nella Finanziaria di controllo del gruppo Ligresti.
E anche nellACI di Milano. Che controlla lAutodromo di Monza, con il compagno dellexministra, sedicente animalista, Micaela Vittoria Brambilla. Quella delle autoreggenti esibite a
Ballar per la gioia di Silvio.
Tale Osnato, consigliere comunale di Milano, vice coordinatore del Pdl e impiegato allAler. Ha
sposato la figlia di Romano.
Riccardo Decorato, ex senatore, ex funzionario alla regione, ex vice sindaco di Milano e
attualmente deputato e consigliere di Milano.
Ha cominciato negli anni 70 e 80, facendo il baby-sitter di Geronimo, figlio di Ignazio. E anche
chiamato Vostro odore.
Avv. Sen. Antonino Caruso: uno degli avvocati del gruppo Ligresti.
Massimo Corsaro, deputato e vice capogruppo alla camera del Pdl, la testa pi lucida del partito,
ex commercialista - indovinate un po? - del gruppo Ligresti.
Filippo Milone, uomo di fiducia di Ignazio e di Ligresti, per il quale andato anche in galera,
attualmente sottosegretario alla Difesa nel governo Monti, per vigilare sulle carte dellex ministro
che, dopo la nomina, ha di molto addolcito la sua forte ostilit al governo dei banchieri.
C anche un Milone fratello che fa il consigliere provinciale a Milano, assieme alla nipote di
Danielona Santanch.
Carlo Fidanza, deputato europeo, ex consigliere comunale di Milano, fedele di Ignazio che lo ha
fatto assurgere a tutte le cariche.
Giovanni Bozzetti, presidente Infrastrutture Lombardia. Infrastrutture!
E infine: drappelli di consiglieri comunali in tutto lhinterland milanese e uomini che curano i
rapporti con i gruppuscoli dellestrema destra. In nome degli storici legami
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I La Russa sono al tempo stesso post-fascisti, a-fascisti, persino anti-fascisti quando serve, e fascisti,
anzi fascistissimi quando si tratta di cercare voti e quando serve mano dopera.
I picciotti servono. I piccioli pure. (2 dicembre 2011)
Post Scriptum del 18 gennaio 2012: Pare proprio che le COOP comprino la SAI di Ligresti.
Traduciamo: i comunisti comperano La Russa.

I FURBETTI DEL QUARTIERINO (DI MONTECITORIO)


Ve la racconto io la vera storia dei furbetti di Montecitorio. Ve la spiego per bene.
In fondo sono stato deputato della Repubblica per tre legislature, dal 1979 al 1992. E non mi hanno
cacciato gli elettori. Me ne sono andato da solo.
Entrai in Parlamento quando cera lindennit agganciata, come stabilito da apposita legge, a quella
di un determinato grado della magistratura. Si trattava allora, di un po meno di quattro milioni di
lire.
Poi cerano i viaggi gratuiti su tutto il territorio nazionale (aerei e treni), il rimborso forfettario per i
taxi, la tessera per le autostrade, il tesserino Agis per i cinema e quello per lo stadio.
Tutto qui, anche se niente male.
Molti deputati, poi, arrotondavano. Come si visto dopo il 1992. Ma questo tutto un altro
discorso.
I cosiddetti problemi cominciarono a sorgere tutte le volte in cui cera un aumento per i magistrati,
che comportava un quasi automatico aumento dellindennit.
Quasi automatico nel senso che, per attuarlo, ci voleva una delibera da parte dellufficio di
presidenza della Camera.
I giornalisti se ne accorgevano. E gi vistosi articoli sui deputati che si aumentavano lo stipendio.
In fondo i parlamentari non sono mai piaciuti agli italiani. Anche se li votano, li ossequiano e poi li
disprezzano. Allitaliana, insomma.
Fu in una di queste occasioni che a qualche furbetto (che magari, a oltre trentanni di distanza, siede
ancora nel collegio dei questori), venne in mente una brillante idea: tocchiamo il meno possibile
lindennit di legge e ampliamo, invece, i benefit.
Negli ultimi tre anni della mia carriera erano questi:
1) un milione e mezzo di lire per i cosiddetti portaborse;
2) centocinquantamila lire di diaria per ogni giorno a Roma.
In fondo non era un granch, anche se, non essendovi un effettivo controllo, moltissimi si
mettevano in tasca tutta la dotazione.
Altri, dietro trattenuta di mezzo milione al mese, dormivano su una brandina sistemata in uno dei
pochi uffici approntati nei palazzi di propriet della Camera.
Dopo la mia uscita dal Parlamento, capii che la strada era stata tracciata e che i furbetti avevano
trovato la quadra.
Pochi adeguamenti dellindennit a quella dei magistrati e invece vertiginosi aumenti di tutte le altre
voci.
Vediamo a che punto siamo arrivati.
DIARIA - Tremilacinquecento euro al mese (sette milioni delle vecchie lire).
Calcolando una media di due notti per settimana per dodici mesi, calcolando escludendo quattro
settimane tra ferie e festivit (ma sono pi di quattro!) arriva - 200 euro per notte vanno bene? - a
19.200 euro, a fronte di un rimborso di 42.000.
Guadagno netto annuale: 22.800 euro, esentasse.
TRASPORTO - Euro 1.331 (da dove esce quelluno?).
Mettiamo che uno arrivi sempre a Fiumicino in aereo (e non con il Frecciarossa come il sobrio
Monti), e non voglia prendere il trenino ( vero, molto sporco) che lo porterebbe a Termini. E sia
talmente sfigato da non avere unauto blu (di Stato, di partito, delle Camere o daltro). Se la pu
137

cavare con 140 euro di taxi a settimana, vale a dire 560 euro al mese che, moltiplicati per dodici,
fanno 6.720 euro lanno.
Dunque, vengono incassati 15.972 euro, meno 6.720: si arriva a un guadagno di 9.252 allanno.
Sempre esentasse.
SPESE DI RAPPRESENTANZA E DI SEGRETERIA (PORTABORSE) - Euro 3.690. Circa
quattrocento deputati intascano tutto. Altri solo qualcosa. Calcoliamo la met?
Si tratta di 1.800 euro per dodici mesi, per un totale di 21.600 euro allanno. Superesentasse.
SPESE TELEFONICHE - Euro 258,2 (ci risiamo col mistero degli spiccioli). Passiamoglieli,
sembrano sufficienti. A meno che uno non sia sempre al telefono con Bisignani.
In definitiva, il deputato di oggi (quello nominato dallalto, per intenderci, e non scelto dagli
elettori) riesce a portare a casa, anche se abita a Roma, 54.000 euro puliti, oltre allindennit.
Limbroglio ha aiutato e continua ad aiutare. Nel migliore stile italiano.
Io credo che i parlamentari debbano essere ben ricompensati. Anche quelli che non sanno dove si
trova il Darfur o che cosa lo spread.
Ma nella pi assoluta trasparenza e chiarezza. Se c laggancio agli stipendi dei magistrati, che
aggancio sia. Totale, senza trucchetti da morti di fame nello spirito o creste da servette al
mercato. Sia fatto arrosto chi si messo a posto, diceva molto tempo fa Mino Maccari.
Visto quello che sta succedendo, mi sa che non cambiato niente. (6 gennaio 2012)

QUANDO LA LEGA
NON AVEVA ANCORA I CERCHI MAGICI
Alla luce di quello che diventata oggi la Lega - con i suoi cerchi magici, con la volgarit oramai
non pi spontanea di un Bossi diventato macchietta di se stesso, con il panzone di un Borghezio
sempre pi imbolsito, con la cantilenante gnagnera di un Castelli sempre pi simile alla vecchina
del cacao Talmone, con il faccione da ascesso di un Calderoli scagliato dal Bar Sport della
periferia di Bergamo alla poltrona di ministro -, mi sono chiesto se valesse la pena di ripubblicare
larticolo che segue.
Poi mi sono detto che ne valeva la pena, perch la Lega non sempre stata questo.
E stata anche altro, soprattutto altro, ai suoi inizi.
Sono stato lunico deputato ad assistere al primo congresso della Lega Lombarda nei primi anni
80, quando Bossi e i suoi venivano considerati dei pittoreschi prodotti delle pi sperdute valli del
bergamasco.
Mi interessava il loro metodo.
Mentre tutti i partiti tradizionali avevano abbandonato e buttato nella spazzatura i tradizionali mezzi
di propaganda (manifesti, volantini, visite casa per casa, comizi e comizietti) scegliendo la TV, le
grandi manifestazioni, le convention pagate dalle societ a partecipazione statale, la Lega, quella
Lega, li aveva raccattati e usati. E, partendo da paesi e paesini, li utilizzava con un accerchiamento
delle citt che partiva dalle campagne. Quei barbari non erano ancora sognanti, come da recente
slogan del musicista Maroni.
Non ero e non sono un federalista, tanto meno un secessionista. Ma capivo, sentivo che la
possibilit di un cambiamento passava necessariamente attraverso laffermazione politica di un
movimento assolutamente nuovo, genuino, non compromesso con le manovre romane, con la
palude parlamentare, con le mediazioni con i poteri forti.
E, allora, la Lega era questo.
Daltra parte noto che Mani Pulite non sarebbe partita senza la caduta del Muro di Berlino e
laffermazione elettorale e politica di Bossi.
Nel difendere alcune delle loro posizioni, difendevo anche la mia volont di poter arrivare ad un
cambiamento. Vero e non solo apparente.
Poi, come si sa, tutto and diversamente.
138

I barbari, sbarcati a Roma, furono piacevolmente trasportati e trasformati dal ponentino. Potere,
mignotte, posti, ristoranti, poltrone ministeriali, compromessi di ogni tipo.
I barbari si trasformarono in folklore. Come i finti centurioni al Colosseo. Posano per le foto
con i turisti, biascicano stancamente trite tiritere - Federalismo fiscale, Roma ladrona, Napoli
zozzona -, alzano il dito medio, pernacchiano, ruttano, e non fanno pi politica. Anestetizzati dalla
cene di Arcore, dalle ville di Bagonghi, dagli aerei privati, dal profumo, anzi dal lezzo del potere.
Ma allora non era cos e valeva la pena difenderli. Anche se non si poteva prevedere che si
sarebbero rapidamente adeguati al peggio del pi italico malcostume. Peccato!

LEURO E LITALO
Degli inglesi possiamo dire tutto il male possibile.
Che non conoscono il bidet, che solitamente sembrano straccioni, che il loro cibo schifoso, a
cominciare dal Christmas pudding.
Tuttavia sono tosti, molto tosti.
Qualcuno disse una volta che gli inglesi quando fanno una guerra, non si accorgono di averla persa
e continuano a combatterla fino a che non la vincono. Sempre senza accorgersene.
Sono inglesi, appunto.
Ora che hanno praticamente ufficializzato la loro decisione di lasciare andare leuro al suo destino
(in realt non lhanno mai voluto), nessuno venga a ritirare fuori la teoria della perfida Albione o,
peggio, del Dio stramaledica gli inglesi di Mario Appelius.
Abbiamo gi dato.
Gli inglesi, a distanza di settantanni, non hanno ancora digerito il fatto di non essere pi gli
azionisti di maggioranza della Mondo S.p.A..
Dal 45 la maggioranza nelle mani degli americani ma gli inglesi non riescono ad accettarlo.
E non hanno tutti i torti. E vero, hanno perso lImpero, non dominano pi i traffici del pianeta, la
loro monarchia un simpatico reperto della tradizione passata che finisce periodicamente sui
rotocalchi come un qualsiasi Principato di Monaco, ma il modello mondiale quello anglosassone:
nella lingua, nella finanza, nel concetto stesso di capitalismo senza frontiere e della democrazia
come valore assoluto da esportare e imporre agli altri come una merce.
Il consumismo lhanno inventato loro, poi arrivato negli Stati Uniti e dagli USA si imposto in
tutto il pianeta. Se non consumi non sei nessuno. Anzi, se non consumi non sei progredito,
moderno, civile.
E, se vera questa filosofia di vita, hanno ragione gli inglesi a domandarsi che cosa sia questa
Europa di cui si parla da cinquantanni.
Ogni tentativo di definirla politicamente si rivelato vano.
Aldo Giannuli, studioso e ricercatore di sinistra, acuto, libero, onesto e sincero fino alla brutalit, ha
dato una risposta illuminante.
Dice Giannuli: LEuropa non sa che cos. Ma sicura di ci che non e non vuole essere. E cio:
- una frande potenza
- uno Stato unitario
- uno Stato federale
- una Confederazione
- una alleanza politico-militare fra Stati sovrani
- una cultura unitaria
- una semplice area di mercatoE una fotografia nitida della situazione e ho paura che il film sia anche peggiore.
LEuropa non pu diventare qualcosa di diverso da una serie di organismi dominati da burocrazie e
da banchieri perch questo e solo questo diventato il suo D.N.A.
139

Tutto ci casuale? Dovuto alla sola incapacit politica dei governanti europei? Al predominare
di interessi materiali?
Facile ma anche riduttivo rispondere affermativamente a simili quesiti. Soprattutto auto-assolutorio.
In politica quello che veramente conta la volont di potenza e in Europa, nel secondo dopoguerra,
a parte la Francia di De Gaulle non c stata alcuna volont di potenza. In Europa, dico, e quindi
senza considerare lInghilterra.
Durante la Guerra Fredda lombrello americano, la NATO, le basi missilistiche, le guerre di spie,
gli avvertimenti reciproci: tutte cose che consentivano agli Stati europei di fare affari, pagando un
prezzo relativamente modesto.
Poi la Guerra Fredda ufficialmente finita, la Germania si riunificata ma lEuropa ha continuato a
sentirsi uno Stato in inferiorit psicologica nei confronti del potente alleato atlantico e della sua
inarrestabile vocazione imperialistica.
Nessun esercito europeo, nessuna politica mediterranea, nessuna presa datto dei nuovi soggetti
(Cina e India e, in parte, America Latina) che si facevano largo sulla scena mondiale: il nulla
finanziarizzato, lusura legalizzata e protetta, lumiliazione dei popoli elevata a progetto comune e
condiviso.
Si mai visto, nellintera storia (conosciuta) del mondo uno Stato, un Impero, qualcosa che avesse
le sembianze di una unit costituita, prendere forma sulla sola base di una moneta unica?
Limitiamoci allesempio italiano.
Se 150 anni orsono il Regno di Piemonte e Sardegna, il Granducato di Toscana, lo Stato Pontificio,
il Regno delle Due Sicilie e qualche altro staterello avessero deciso dopo negoziati e solenni trattati
di formare una unit italiana sulla base delladozione di una moneta unica (poniamo lItalo), pur
mantenendo assetti istituzionali, politici e militari diversi e autonomi, quanto sarebbe durata una
costituzione cos palesemente posticcia? Poco o nulla. Nonostante lItalo.
Fuor di paragoni solo apparentemente forzati, quello che sta avvenendo con leuro.
Governo europeo? Assente. Alla faccia della democrazia.
Leggi comuni? Assenti. A parte quella sulla misura delle zucchine.
Esercito europeo? Neanche a parlarne: c la NATO (il cui comando vero appartiene agli Stati
Uniti), al massimo lONU, cio il nulla.
In compenso abbiamo la legge dei mercati, anzi del dio mercato, imperante e dominante.
Implacabile, anti-democratica, inappellabile.
Banchieri, burocrati, sedicenti economisti, studiosi di statistiche, untuosi leccatori del pene del
progresso, immersi nelle loro carte, nei loro dati, nei loro diagrammi, negli attivi e nei passivi da
tagliare, da limare.
Vampiri alla ricerca di sangue, di stato sociale da eliminare, ridurre, spezzettare per adeguarlo alla
globalizzazione, al debito da trasformare in sofisticato prodotto finanziario che schiacci le economie
nazionali. Sempre meno autosufficienti, cio libere, adatte ai propri popoli.
La democrazia la citano ma non ci credono.
Appena la Grecia ha timidamente detto di voler considerare la possibilit di sottoporre le misure
europee a un referendum, stata immediatamente ricattata: o fai quello che diciamo noi o vai in
malora. Subito, immediatamente e prima che decidiamo noi quando e come ci andrai.
Tutto ci congiura, complotto? Chiamatelo come volete, studio di scenari, immaginazione del
futuro. Sta di fatto che esistono entit la Trilateral Commission, la Bilderberg Foundation, il
Fondo Monetario Internazionale, la immancabile Goldmann Sachs) che studiano gli scenari
mondiali a trenta o quarantanni, che non sono obbligate a fare i conti con le elezioni (sempre un
po finte) a qualche mese come i politici in attivit di servizio.
Lavorano sui tempi lunghi e intanto, a causa delle schifezze della politica, occupano posizioni.
Guardate in Grecia, guardate in Bulgaria, guardate in Italia, guardate in Francia, guardate in
Germania e, soprattutto, guardate a Bruxelles.
Tutti parlano un fluente inglese, la lingua dellImpero, ma, e questo limportante, pensano in
inglese, o meglio, in anglo-americano.
140

Per loro lEuropa una costruzione, anzi una fredda e asettica costruzione che non solo non pu,
ma soprattutto non deve scaldare cuori e svegliare coscienze. Un Lego da montare e smontare a
piacimento.
Sempre allinsegna della democrazia, quella finta e fasulla che subiamo sulla nostra pelle e che non
rappresenta nulla e nessuno. Tanto che nessuno di loro ci crede veramente.
Immaginare una tri-articolazione della rappresentanza dellorganismo sociale alla Steiner - cio una
politica, una economia e una culturale, intellettuale e religiosa (di tutte le religioni esistenti negli
Stati) - per loro una bestemmia.
Per loro lEuropa per 1945 anni non mai esistita, esiste solo quella ridotta a colonia della stirpe
anglosassone del secondo dopoguerra.
Se la possono tenere tutta, con la loro finta democrazia, le loro regole economiche, la loro algida
concretezza finanziaria. E con il loro euro che, probabilmente, riempie alcuni portafogli
europeisti ma tiene vuote le pance e i freddi cuori degli europei. (12 gennaio 2012)

FLI, CI SAREBBE MANCATO SOLO CAPEZZONE


Ha mille volte ragione quelliscritto al FLI che, sul sito futurista, a proposito del possibile
(probabile) ingresso di Mestizia Moratti nel presunto partito di Fini, ha detto: Ora ci manca solo
Capezzone.
Vedrete che arriver.
E quasi un passaggio obbligato per il Terzo Polo, una sorta di stanza di compensazione per
accedere allanticamera di Casini.
Cera da aspettarselo. A quasi due anni dalla nascita, FLI non quasi nulla. Non ha capito lumore
dei suoi sempre pi scarsi elettori che, a Milano come a Napoli, hanno fatto di testa loro votando
Pisapia e De Magistris. Facendo benissimo.
Daltra parte con dirigenti incapaci, diventati qualcosa o qualcuno quasi per caso, costantemente
attratti dal fascino facile del moderatismo pi pigro che, tra laltro, non riescono a intercettare, e
non adatti a combattere battaglie, ad agitare problemi, a proporre soluzioni nuove, dove vuole
andare questo finto partito?
Solo cariche e cene; chiacchiere e distintivi, insomma, e alti lai per i soldi che non ci sono. Il che,
poi, non del tutto vero.
La Moratti, certo, i soldi ce li ha. Magari solo quelli, ed disposta a spenderli solo per una sua
personale ennesima carriera. Dopo i fallimenti da presidente della Rai, da ministra per listruzione e
da sindaca di Milano.
Glaciale e inetta, simpatica come un ragno nel letto e comunicativa come un frigorifero, il suo
passaggio a o, meglio - attraverso Fini, la riprova della mancanza di coraggio politico del
presidente della Camera.
Da due anni a rimorchio di Casini e, come tutti i rimorchi, viene dopo. (29 gennaio 2012)

ALEMANNO E LA NEVE OLIMPICA


Mettiamola cos: Alemanno si laureato in ingegneria troppo tardi ed diventato sindaco troppo
presto. Tra le due cose sono trascorsi pochi anni ma, evidente, un conto presentarsi davanti ai
professori universitari come ministro in carica, altro come sconosciuto studentello.
Il ritardo nella laurea sicuramente dovuto, non alla sfiga evocata dal sottosegretario Martone,
ma allimpegno profuso dal prode Gianni in alcune imprese quasi eroiche. Come la dura
contestazione a Bush senior venuto a Roma anche per rendere omaggio ai soldati americani caduti
141

durante la battaglia di Anzio. Gianni la Roccia trascorse alcuni giorni in galera che non giovarono
alla sua carriera scolastica ma sicuramente alla sua carriera politica.
Altra impresa (quasi) eroica fu il suo matrimonio con Isabella Rauti, matrimonio ripetuto qualche
anno dopo visto che la prima versione non era venuta troppo bene.
Lapprendistato politico istituzionale lha esercitato alla Regione Lazio, cui era stato eletto dopo
essere stato imposto come capolista del MSI dal segretario-suocero che laveva preferito al suo
vecchio camerata di Ordine Nuovo Paolo Andriani, che non resse allumiliazione e di l a poco
mor.
Gianni era certamente furbetto e forse anche bravino. Parlava poco e non brillava certo per la
personalit, ma si dimostr abile a calcolare bene le sue mosse. Da scacchista. Dopo la svolta di
Fiuggi abbandon al suo (triste) destino Rauti e si accord con Fini, garantendosi un posto in
Parlamento. Lasciando credere di essere lerede del fascismo di sinistra contribu a dare vita alla
componente di Destra Sociale, apparentemente molto attenta ai lavoratori ed ai loro problemi, ma
ancor pi attenta, anzi attentissima, a occupare posti di governo e sottogoverno. Con quel
rivoluzionario di Berlusconi.
Poi Gianni si messo a lavorare per costruire la sua candidatura a primo cittadino della Capitale.
Senza scordarsi per di piazzare la moglie come consulente in qualche ministero. Nel nome di Dio,
della Patria e, naturalmente, della Famiglia. La sua.
Loccasione si present nel 2008 con il boom del berlusconismo e del Partito delle (loro) Libert.
Cavalc egregiamente (disponeva di buoni creatori di immagine) il disastro del centro-sinistra
capitolino e londata di sdegno seguita allassassinio di una povera signora romana da parte di un
rom. Fu eletto a furor di popolo. E di taxisti.
Subito cominci a riempire il Comune e le aziende partecipate che dal esso dipendono, di amici,
parenti, ex camerati e simili che avevano tutti un passato ma, soprattutto, un sicuro avvenire. Anche
se non giustificato da qualche competenza.
Cominci a governare, si fa per dire, la Citt Eterna, fascia tricolore a tracolla e moglie al fianco.
Di ricevimento in ricevimento. Di cerimonia in cerimonia.
La Citt Eterna, essendo per lappunto eterna, stava l, immobile se non per il traffico sempre pi
caotico, con le nuove municipalit piene di orrendi palazzi senza attrezzature ma con immense
colate di cemento palazzinaro.
Senza contare la criminalit che dominava le desolate periferie e qualche scaldaletto di ordinaria
amministrazione.
Lui sempre l, immobile, ben piantato in Campidoglio, con la sua bella fascia tricolore a tracolla.
Poi, allimprovviso, arrivato il grande gelo.
E la neve; in millimetri e/o centimetri.
Il caos, nessun piano neve approntato dal Comune. A Roma c, deve esserci per contratto,
sempre il sole.
Gianni perse la testa, pass quarantotto ore dinferno scarponando con lautoblu tra uno studio
televisivo e laltro, litigando con i giornalisti, facendosi fotografare con una improbabile pala in
mano e un buffo berrettone in testa quasi si trovasse sul K2, urlando e strepitando contro tutti,
Protezione Civile, cittadini che non si arrangiavano, dando lezioni di botanica, invocando il governo
tecnico.
Lunico con cui non se la prese fu il Papa, lunico responsabile, se vogliamo, di tutto visto il suo
filo diretto con il Padreterno.
Ma Gianni cattolico, apostolico e, soprattutto, romano.
Come se tutto questo non bastasse, in ultimo arrivato Monti che, con un gelo uguale a quello della
neve, gli ha freddamente comunicato il suo no alla candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2020.
Addio sogni di gloria, addio castelli in aria (anzi, ben piantati sul suolo di Roma), addio tagli di
nastri, cerimonie, convegni con Letta, Carraro, Petrucci, Malag e successivi pranzi e ricevimenti.
Addio anche alla riconferma come sindaco. Speriamo.

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Forse, se far il bravo, potr farsi regalare un paio di scarponcini da neve da Diego Della Valle.
Naturalmente anche un paio per la First Sra. (13 febbraio 2012)

A PROPOSITO DI MAURIZIO (GASPARRI)


Maurizio Gasparri un dichiaratore seriale. Fin da piccolo dichiarava al fratello carabiniere, oggi
nominato vicecomandante dellArma. I Carabinieri, quelli delleroe Salvo dAcquisto, ma anche
quelli della Pineta di Ravenna con Ettore Muti giustiziato, e del generale Francesco Delfino,
regista delle indagini sulla strage di Piazza della Loggia a Brescia e del sequestro Soffiantini, con
parte del riscatto incorporato.
Maurizio dichiara su tutto. E un tuttologo afflitto da diarrea.
Dichiara sulla Roma calcio, sul tempo, sulle scommesse, sui furti, sui trans, sui rom, sul debito,
sulle alluvioni, sugli animali, sullaborto, sul fine vita, su Emergency terrorista, su Obama, sui
fumetti, sulla sagra del peperone, sui taxisti e sui traghetti.
Quando andava al liceo, in un impeto di coraggio, si iscrisse al Fronte della Giovent.
Immediatamente si mise a brigare per fare carriera. Brig per diventare presidente del FUAN (e
quello fu il periodo pi buio dellorganizzazione universitaria missina) e and a lavorare al
Secolo dItalia. Cos, per sbarcare il lunario.
Sempre con questo obiettivo, sbarcare il lunario, dopo il matrimonio con Annina Fiorillo, una La
Russa girl sbarcata a Roma da Milano, and con lei a lavorare al Gruppo Sportivo Fiamma, ai
tempi in cui lallora presidente si fregava regolarmente i contributi versati dal CONI.
Alle manifestazioni Maurizio stava in centesima fila. Si dedicava ai generi di conforto.
A met degli anni 80, dovette anche allontanarsi da Roma. Per sicurezza. Non lo cercavano i
compagni bens i camerati: forse volevano chiedergli qualchechiarimento.
Acquist una certa fama nellambiente con un libro scritto a quattro mani con Adolfo Urso: Let
dellintelligenza. Per lui, una pura finzione. Girava per lItalia a tenere conferenze dal significativo
titolo Una curva chiamata Patria. Nelle pi affermate scuole di sociologia studiato ancor oggi.
Fu, naturalmente, eletto deputato con la prima infornata berlusconiana. Nella parte proporzionale,
perch nel collegio uninominale dove venne presentato fu sconfitto senza discussione.
Con i voti di preferenza non ha mai avuto un buon rapporto. Lunica volta che li prese fu per il
Parlamento Europeo, ma l era capolista per il Centro e in alcune regioni non lo conoscevano.
Insomma, una elezione per ignoranza degli elettori.
Tulle le altre volte fu nominato. Senza fatica. Diventato ministro, scrisse - sotto dettatura di Fedele
Confalonieri - la legge sulle TV che porta il suo nome. Berlusconi gli grato ancora adesso.
Nei dibattiti televisivi, dei quali non pu fare a meno come un tossico della pera, si specializzato
nel buttare tutto in caciara, urlando - con gli occhi a palla divergenti e rotanti e il labbrone
pendolante - slogan nel pi stretto stile becerodestrista.
La sua casetta deve essere colma di raccolte di automobiline, di collezioni di orologi e accendini,
delle raccolte complete di Hobby & Work, pi qualche centrino di stile gozzaniano. Dichiara,
dichiara, dichiara, a sprezzo del ridicolo e del buon gusto. E un dichiaratore seriale, ma qui da noi
non c nessuno investigatore di C.S.I. per arrestarlo. E dire che di tracce ne lascia moltissime.

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SERVIZI E STRAGI: INUTILE APPELLO


AGLI EX CAMERATI CHE, MAGARI IN BUONA FEDE,
HANNO SBAGLIATO
Trenta o quarantanni anni sono pochi? Anche cinquanta? Pochi per conoscere la verit sui fatti che
hanno segnato la storia tormentata dellItalia nel secondo dopoguerra? Dagli attentati in Sud Tirolo
agevolati e coperti da settori dellarma dei carabinieri e che cominciarono a saldare una
collaborazione con la destra (lAlto Adige Italia!) che si protratta nei decenni successivi.
Inchieste, processi, sentenze contrastanti, ricostruzioni pi o meno fantasiose che hanno impegnato
studiosi, storici e giornalisti; e poi rivelazioni finte, depistaggi e omert di ogni tipo. La verit
vera non c mai stata e forse non ci sar mai. Troppi gli interessi in campo, le complicit, le
rimozioni volute o imposte. Una costante, tuttavia, c in tutti gli eventi: a volte nitida, altre pi
ambigua e sfumata; la presenza decisiva, accanto agli immancabili estremisti di destra, di uomini
degli apparati dello Stato e, in controluce, di politici. Sempre e soltanto deviazioni spontanee? Solo
massoneria, mafia e affarismo? Fanatismi di golpisti esaltati cresciuti nel mito della divisa? O,
insieme a questo, un disegno politico che di volta in volta e a seconda del clima nel Paese, si
declinava con pedine, strumenti e mediatori diversi? Portella delle Ginestre, la morte di Salvatore
Giuliano, il caff di Pisciotta, le bombe in Sud Tirolo, con basi organizzative a Roma, Milano e
Verona, Piazza Fontana con le due opposte piste gi preconfezionate, Piazza della Loggia con il
suo Generale Delfino, Pian del Rascino con la esecuzione di Esposti, la vicenda politicofinanziaria-massonica di Sindona conclusasi con un collaudato caff, la stazione di Bologna, gli
attentati ai treni, i tentativi di golpe (annunciati? Preparati? Minacciati ? Revocati?), da quello
farsesco del 1970 a quello serio, anzi serissimo del 1974, il mistero di Ustica. Un elenco
impressionante.
Tutto casuale? Tutto ordito da un branco di sporchi, brutti e cattivi usciti dal nulla? Per caso?
Cerano esponenti della destra radicale, anche missina, ma, dietro di loro elementi fidati dei
numerosi apparati dei quali ricco il nostro, per altri versi sgangheratissimo Stato, spesso in
spietata concorrenza tra di loro, ma sempre con referenti politici e non di rado sovvenzionati dai
Servizi di altri paesi. Traffici di armi e esplosivi non potevano svolgersi tranquillamente senza
adeguata copertura e precise finalit. Fino a qualche tempo fa pensavo che si trattasse solo - se in
casi come questi si pu usare questo avverbio - di strumentalizzazioni create e gestite dagli apparati
dello Stato. Non solo logico, ma in una certa misura, persino comprensibile: avviene cos da secoli.
Il metodo il solito: si controllano a vista i gruppi pi estremisti, li si lascia crescere raccogliendo
documentazione utile per il futuro, poi li si infiltra e li si indirizza verso obiettivi mirati. Poi, quando
serve, scatta la brillante operazione: un po di arresti, titoloni sui giornali e la verit servita. Se
ci scappa qualche morto, pazienza, anzi, ancor meglio. Si potr sempre dire, come ci ricordava
Beppe Niccolai: Vedete? Noi saremo pure ladri ma gli altri sono assassini. Chi preferite?. Parigi,
anzi Roma, val bene una messa. Funebre. Adesso non sono pi sicuro che le cose siano andate
soltanto cos. Anche se i processi, lunghi e inconcludenti, e le sentenze non sono riusciti a fare
chiarezza sulle responsabilit, le omert, i depistaggi, gli interessi convergenti, i malintesi sensi di
appartenenza e di militanza, la trama del grande gioco si intravede bene. Non soltanto estremisti
fanatici e strumentalizzabili, non solo confidenti e informatori pagati o ricattabili, dei quali ormai
conosciamo nomi e cognomi, non solo indispensabili comparse, ma anche veri e propri agenti
coperti che conoscevano, almeno in parte, i contorni del gioco. Intransigenti rivoluzionari, fieri anti
atlantisti, implacabili anti americani, solidi anti israeliani. A parole. Nella realt dalla parte dei
presunti nemici. Il collante necessario e sufficiente? L'anticomunismo viscerale sempre e
comunque. Intendiamoci: lanticomunismo era non solo legittimo ma anche doveroso, ma non a
qualunque prezzo. Reagire contro chi ti sprangava, ti ammazzava, ti impediva ogni libert di azione
e di pensiero costituiva legittima difesa personale e politica, ma senza fare il gioco di altri, specie
quando il gioco era truccato in partenza. I cosacchi non sarebbero mai arrivati a Roma. C'era Yalta,
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la Nato e i patti non dichiarati o sottoscritti, ma sempre rispettati dai due Imperi. Certo, frizioni
continue, guerricciole (magari anche sanguinose) nelle province periferiche, guerre non ortodosse,
scontri di spionaggio, avvertimenti, provocazioni, ma mai uno scontro frontale. Impossibile. Lo
status quo doveva essere mantenuto. Sempre. Per questo, chi allora militava a destra, doveva
ritenere non soltanto criminoso entrare in iniziative coperte o parallele, ma anche e soprattutto,
politicamente inutile, stupido e dannoso. Giudicandole adesso, alcune conseguenze le paghiamo
ancora oggi a caro prezzo. E poi, eravamo o no gli esuli in patria, quelli fuori dallarco
costituzionale, gli esclusi, gli emarginati? Da tali, allora, dovevamo comportarci e aspettare sulla
sponda del fiume, aspettare che le contraddizioni saltassero fuori, che i problemi esplodessero, che
sistema della corruzione morale e materiale esplodesse da solo. Avremmo dovuto apprestare
soluzioni politiche, indicare strade, offrire esempi di comportamenti e di onest e non limitarci e
lisciare il pelo del nostalgismo e del folklore pi ottuso. I carabinieri, i poliziotti e i Servizi a fare
il loro mestiere e noi il nostro; cio la politica senza commistioni o ambigue convergenze. Senza
distinguere tra poliziotti e carabinieri, anche perch - come ebbe a dire Pietrangelo Buttafuoco
oltre tutto i carabinieri hanno ammazzato Ettore Muti e messo in galera Pinocchio. Sono stati
tanti, troppi, tra i cosiddetti nostri a partecipare a un gioco che non era nostro.
Molti di loro sono morti (alcuni in circostanze oscure); altri sono ancora in vita ma ormai in preda
dellorrenda vecchiaia, altri ancora sono finiti in galera e da l hanno strillato contro i Servizi. Pi
o meno deviati. E avevano pure ragione, visto che, in qualche modo, essi stessi ne avevano fatto
parte. Urlavano frammenti di verit, ma solo frammenti. Tutta intera la verit non la potevano dire
perch avrebbero compromesso la loro reputazione di perseguitati con la quale, alcuni di loro,
hanno costruito strane carriere. A volte anche proficue. Loro non parleranno mai e si porteranno
nella tomba ogni segreto. Mi rivolgo agli altri, sicuramente innocenti, che hanno inconsapevolmente
vissuto episodi, visto cose allora apparentemente normali, conosciuto particolari giudicati allora
insignificanti ma che, a posteriori, sono collegabili a quelle storie. Prevengo lobiezione. Perch far
rivivere il passato? Perch rimestare dentro a storie vecchie e quasi dimenticate che non interessano
pi? Perch farci ancora del male? Il tempo tritura tutto, tutto sminuzza buttandolo nel
dimenticatoio della discarica della storia. Insieme, aggiungo io, alle cosiddette avanguardie che,
anche in caso di successo di quelli a cui hanno aperto la strada, sono le prime ad essere eliminate.
Rispondo. I processi per strage non vanno mai in prescrizione. Processo lungo o breve che sia.
Prima o poi gli archivi si apriranno e molte inchieste ripartiranno (alcune sono gi ripartite), molte
prove dimenticate verranno a galla, molti documenti verranno riletti. A destra come a sinistra. Ci
sono, ancor oggi, ambigui personaggi che hanno attraversato inchieste e processi, che non
tralasciano occasione per esibirsi a raduni, manifestazioni, conferenze, dibattiti, commemorazioni.
Ebbene: sono collocati a riposo o sono ancora in servizio? Non vi sembra poi, che sia venuto il
momento di ridare nobilt a una storia collettiva che, altrimenti, nulla avrebbe di politico? C
bisogno di riscriverle le vicende di quegli anni; non per creare una storia condivisa, cosa alla quale
non ho mai creduto e che poco mi interessa, ma per avere, finalmente, una storia compresa, cio
capita e tenuta assieme. Se questo non avverr, domani, quando si scriver la vicenda della destra
politica italiana di quei tempi, si finir per descrivere, o scrivere, la storia dei Servizi Segreti. De
Lorenzo e Miceli compresi. E allora, c qualcuno che ricorda qualcosa di una sede degli studenti
greci a Milano nel 69 in un abbaino di una stradina accanto alla Scala? Chi disponeva di ben
cinque numeri telefonici (parliamo degli anni 70) di un comandante dei carabinieri?
C qualcuno che ricorda qualcosa dell'attivit di Giancarlo Esposti come sommozzatore su una
nave dei Servizi? Chi ricorda storie su traffici di armi e esplosivi tra Italia, Austria e Jugoslavia?
Chi sa dire qualcosa sulle visite, tra il 70 e il 74, di ufficiali e sottufficiali dei carabinieri a
militanti di destra, con proposte di conservare armi in vista di un golpe? Qualcuno ha avuto
direttamente o indirettamente proposte di collaborazione con i Servizi? Chi ha avuto contatti con
quei cosiddetti partigiani bianchi che, visto che le cose erano andate loro bene nel '45, pensavano
di fare lo stesso negli anni 70 per una resa dei conti con i comunisti? Qualcuno stato contattato
per un eventuale reclutamento in una delle tante Gladio esistenti nel nostro Paese? Chi sa parli, se
145

davvero vuole provare a chiudere questa terribile vicenda che ha spezzato vite, tormentato
coscienze e ucciso speranze e illusioni.

Milano 1972 Noi credevamo..

146

EPILOGO
Di solito questo il momento dei ringraziamenti. Li far a modo mio.
Un libro, bello o brutto, nasce da un insieme di impulsi. Il desiderio di dire quello che si pensa. Un
pizzico di ambizione personale. La tenerezza verso i ricordi della propria vita. La nostalgia
struggente per gli amici scomparsi. La voglia di mostrare nella loro vera luce persone camuffate da
personaggio e fatti ignorati nella loro verit. Il tutto condito, in maniera sacrosanta e umana, da
risentimenti e umanissima cattiveria.
La cattiveria! Fondamentale, essenziale per vivere, per amare e per odiare. E il pepe nella pietanza
dellesistenza.
Come fai a non essere cattivo nei confronti di quelli che hai conosciuto e che vogliono sembrare
diversi anche quando non sono altro che cialtroni? La loro finta pensosit nasconde il vuoto. Il loro
attivismo maschera la loro stupidit. La proclamazione solenne di valori, ai quali per primi non
credono, copre la loro meschinit.
Abbiamo vissuto un lungo periodo durante il quale sbiadite comparse sono diventate protagoniste.
Non solo in politica. Ex-bari al tavolo da gioco (quello vero e quello della vita), elevati al ruolo di
giganti della finanza e del bon ton. Sciacquette da discoteca trasformate in pulzelle dOrleans.
Cacciaballe diventati, non si sa some, ricchissimi e, per di pi, leader ascoltati come oracoli.
Il paese (chiamarlo Patria o Nazione mi sembra francamente eccessivo) ha vissuto dentro una
sbornia collettiva durata venti anni e dalla quale non si ancora ripreso. Gli spacciatori di alcool
adulterato girano ancora tra noi, si affacciano dagli schermi televisivi, blaterano dal parlamento,
insinuano la loro nullaggine nelle coscienze.
Il fatto decisivo che li ho conosciuti personalmente quasi tutti e quindi ho avuto modo di
verificarne il vuoto morale. Li trovo dei remisiers di affari di cui raccolgono briciole appetitose, gli
autocertificatori di una loro impossibile onest.
Della mia esperienza politica, dico di quella del MSI - autoproclamatosi destra e che, pi o meno
consapevolmente ha cos aperto la strada al berlusconismo bottegaio, cialtrone e volgare - riesco a
salvare solo alcuni personaggi. Autentici giganti, se confrontati con gli altri.
Pino Romualdi, sempre troppo solo e autonomo per diventare segretario. Franco Petronio,
intelligente e preparato, dotato del phisique du role, futuro segretario ideale ma vittima di se
stesso e dellalcool. Enzo Erra, un uomo tutto dun pezzo dallacume politico incredibile. Beppe
Niccolai, umanissima coscienza critica ed espressione di quello che con notevole approssimazione
veniva sbrigativamente definito fascismo di sinistra.
Nessun altro. O, meglio, solo alcuni, allora non di primissimo piano, che mi sono rimasti amici
anche dopo la mia uscita dal partito: Umberto Croppi, Fabio Granata, Flavia Perina, Peppe Nanni,
tutti coinvolti nella disastrosa avventura di FLI. E poi, Duilio Vitali e Gianluca Bonazzi, i quali
nutrono ancora la speranza di recuperare un clima politico che non c pi e mai pi potr esserci.
Il berlusconismo, prontamente accettato da quelli che si definivano fascisti duri e puri o da terzo
millennio, in nome del potere e dei posti ha offerto un modello di vita, prima antropologico e poi
politico, al quale costoro si sono adeguati con felina prontezza. Solo chi non li conosceva bene ha
potuto pensare che potessero essere diversi e meravigliarsi oggi per quello che le cronache, pi
giudiziarie e di costume che politiche, raccontano ogni giorno.
Il fatto che questi, al di l dei soldi e dello stile di vita, sono rimasti dei morti di fame nellanimo.
Puoi non avere una lira ed essere un gran signore. Oppure avere una montagna di quattrini e
rimanere un pezzente.
E cambiata lantropologia italiana. Lha cambiata Berlusconi prima attraverso i suoi modelli
televisivi e poi con la sua politica. Pacchiana, volgare, urlata, esibizionista, sloganata, epidermica,
verbosa, furfantesca, furbesca, smodata e, sostanzialmente, ributtante.
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Nel corso della mia ormai lunga vita ho conosciuto una umanit in taluni casi splendidamente
diversa e variegata. Sono passato attraverso esperienze di ogni tipo come una salamandra attraverso
il fuoco. Sono rimasto indenne. O quasi.
Ho conosciuto uomini veri e tromboni, truffatori e artisti, principesse puttane e puttane che si
comportavano da principesse, avventurieri gentiluomini e presunti gentiluomini in realt autentici
banditi, ignoranrti sapienti e uomini di cultura inverdiniti, il cosiddetto belmondo, spesso squallido,
ricchi e poveri disgustosi o dignitosi. Ho girato il mondo, annusato culture, ho amato e odiato o
disprezzato, ho sbagliato e risbagliato cercando, al di l dei giudizi morali che non mi appartengono,
la coerenza dellesempio.
Quasi mai lho trovata. Quelli che sembravano possederla, col tempo hanno dimostrato di non
averla.
Mi sforzavo di credere in unItalia diversa. Invece era sempre la solita: cialtrona, opportunista,
incapace di pensare in grande, serva per attitudine spirituale, pronta a sentirsi vittoriosa anche
quando aveva perso.
Il mio dichiararmi fascista forse era tutto l. Negavo levidenza, mi ero costruito un mondo
immaginario, avevo sognato unItalia che non cera mai stata.
Per me gli americani non erano (e continuano a non essere) i liberatori. Erano e sono gli invasori
che hanno vinto. E, pertanto, hanno il pieno diritto di comportarsi di conseguenza. Lecito, legittimo,
naturale. Ma, per favore, la gratitudine, quella no!
Intuivo, sapevo che la commistione, lintreccio tra mafia, politica e Stato, nasceva da quegli
avvenimenti, dallo sbarco in Sicilia, con la cambiale firmata allora che stiamo ancora onorando. I
cosiddetti misteri italiani, le vicende tormentate e ancora segrete della storia italiana degli ultimi
settantanni nascono da l, da quei patti segreti rimasti tali fino a oggi e chiss per quanto tempo
ancora. D allora fortune politiche, fortune industriali, fortune finanziarie si sono fondate e si
fondano su quel castello di carte, di ricatti e contro ricatti che si tengono in precario ma solidissimo
equilibrio.
Non riuscivo e ancora non riesco ad accettare la subordinazione politica, militare, culturale, di
costumi e di mode alloccidentalismo americano. Per non parlare di quella economica e finanziaria
evidentissima, specie negli ultimi anni. Che ci facciamo nella NATO? E a che cosa serve oggi la
NATO? Perch abbiamo dato e continuiamo a dare basi, mezzi, uomini e culture alla cosiddetta
civilt occidentale? Proprio noi italiani che siamo il risultato di una sorprendente e vivida fusione
di culture, civilt, etnie e costumi? Quali clausole segrete abbiamo sottoscritto al tavolo del trattato
di pace? E la gratitudine nei confronti del liberatore, dellalleato anche da parte di chi sente e
crede di doverla avere, una condizione, un sentimento eterno? Sono meglio gli ennesimi, inutili
cacciabombardieri che periodicamente ci impegniamo a comperare, o i Canadair per spegnere i
nostri domestici incendi?
Il fascismo stato solo stupore e ferocia, riti ridicoli e apparenza o anche sostanza sociale, tentativo
di diversa e pi incisiva partecipazione? Meglio lOpera Maternit e Infanzia o il pranzo per i
duecento barboni milanesi al Principe di Savoia avvenuto lultimo ferragosto con limbarazzata
presenza dei veri barboni e di qualche deputato, o deputata, trombone in cerca di pubblicit?
Meglio Achille Starace che muore con dignit davanti al cadavere di Mussolini che lo aveva
scaricato o Flavio Briatore elevato a simulacro di vita?
Meglio Alessandro Pavolini con la sua amante o Roberto Formigoni con il suo convivente? Meglio
lo Stato etico dei comportamenti o quello delle gassose?
S, lo so, il mondo va avanti, si dice. Non ci sono pi visioni del mondo, ideologie risolutive, non
ci sono pi massacri e guerre planetarie, genocidi orrendi e rivoltanti, il razzismo ufficialmente
scomparso e universalmente condannato. Al massimo si lanciano manciate di noccioline negli stadi
ai calciatori di colore.
In giro regna una grande confusione. Guardate la politica. Siete ancora riusciti a capire quel che
vogliono? La repubblica presidenziale? La socialdemocrazia? Il liberismo? La globalizzazione? Il
ritorno a come prima? Il sol dellavvenire? La tecnocrazia? La guerra civile elettorale? Mario
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Monti dittatore? La Gran Loggia? Vendola? Beppe Grillo? I Gesuiti? La proporzionale? Il


superenalotto? Il Papa Re?
Vogliono cosa? Non lo sanno loro stessi. Han tutto rovinato, putrefatto, vomitato come capitava,
tutto quel che toccheranno far la stessa fine, porcheria, immondizia che ricopre tutto nel giro di due
giorni. E gi capitato e capita.
Vogliono rimanere carogne, sbracati, casinisti, trincatori, farsi canne televisive e basta.
Non hanno un altro programma. Vogliono rivendicare dappertutto, in tutto e su tutto e poi basta.
Sono degli avanzi di un altro tempo che han dei diritti. Un paese finisce in diritti, in diritti
supremi, universali, in diritti a niente, in diritti a tutto, in diritti di gelosi, in diritti di e da fame, in
diritti di vento e di scoreggia.
Alla mia et ci si pu permettere di essere incazzati, molto ma molto incazzati. Anche perch mi
accorgo che la sintesi della mia vita si pu riassumere cos.
A ventanni volevo cambiare il mondo
A trenta volevo cambiare lItalia
A quaranta volevo cambiare il mio partito
A cinquanta volevo cambiare la societ
A sessanta volevo cambiare i neofascisti
A settanta volevo cambiare tre amici
A ottanta ho cambiato casa.
Parafrasando Cline e il suo Mea culpa, mi sento proprio di dire: c ancora qualche motivo di
odio che mi manca. Sono sicuro che esiste.

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