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PREMESSA DI JACQUES LE GOFF

E’ noto che il grande storico, cofondatore degli Annales (1929) che aveva dovuto nascondersi, perché
ebreo, sotto il regime di Vichy, nel 1943 entrò a far parte della rete Franc-Tireur della Resistenza a
Lione e fu fucilato dai tedeschi il 16 giugno 1944 in questa città. Fu una delle vittime di Klaus Barbie.
Marc Bloch lasciava incompleta, fra le sue carte, un’opera di metodologia storica composta alla fine
della sua esistenza e intitolata “Apologie pour l’histoire” il cui sottotitolo iniziale era “Comment e
porquoi travaille un historiem”, pubblicato alla fine nel 1949 da LUCIEN FEBVRE col titolo “Apologie
pour l’hisotoir ou Metier d’historiem”.
L’ultima redazione dell’opera, però, si deve al figlio di Marc Bloch, Etienne, che si era accorto che
Lucien Febvre, per quanto votato alla memoria del collega, aveva apportato alcune modificazioni, di
dettaglio nella maggior parte dei casi, al manoscritto che la famiglia gli aveva affidato, e che non
aveva potuto basarsi su una redazione anteriore dell’opera di cui Etienne aveva conservato due
manoscritti, il cui interesse gli era sfuggito a seguito della guerra e della morte del padre.
Uno storico italiano, Mastrogregori, ha fornito una descrizione fedele e completa della storia di
questi manoscritti dopo il 1945, in un articolo pubblicato sulle “Annales” nel 1989. E’ un punto fermo
che, nella sua premessa, Etienne riprende.

TITOLO E SOTTOTITOLO DELL’OPERA → “Apologie per l’histoire et comment e porquoi travaille un


historiem”: il titolo e il sottotitolo esprimono già gli intenti di March Bloch, ossia la DIFESA DELLA
STORIA! Ma la difesa contro chi? ;

1. Contro ATTACCHI ESPLICITI che egli evoca nell’opera, come quello di Paul Valery;

2. Contro l’EVOLUZIONE REALE O POSSIBILE DI UN SAPERE SCIENTIFICO ai cui margini la storia


sarebbe rigettata o addirittura esclusa

3. Contro gli STORICI, che agli occhi di Bloch non sembrano servire la storia ma nuocerla.

Bloch, oltre la difesa della storia mira a EVIDENZIARE LA DISTANZA TRA LO STORICO E SOCIOLOGI
O ECONOMISTI IL CUI PENSIERO GLI STA A CUORE, ANCHE SE NE SCORGE I PERICOLI PER LA
DISCIPLINA STORICA. E’ uno dei punti forti dell’opera.
Il sottotitolo definitivo, “mestiere dello storico”, sottolinea un’altra preoccupazione di Bloch: quella
di definire lo storico come UOMO DI MESTIERE, individuando;

- LE SUE TECNICHE DI LAVORO (CASSETTA DEGLI ATTREZZI … );

- I SUOI OBIETTIVI SCIENTIFICI.

Ma Bloch non si accontenta di ciò. Egli vuole inoltre individuare;

- CIO’ CHE LA STORIA E’;

- COME DEVE LAVORARE LO STORICO.

CASSETTA DEGLI ATTREZZI → In tutte le epoche bisogna difendere la storia, non solo perché è
bifrattata, ma significa difendere la buona storia, che si fa con mezzi adeguati, appunto la cassetta
degli attrezzi. Bisogna mettere in guardia contro la pseudostoria, e non è facile distinguere tra una
storia fatta con buoni attrezzi e quale non. Lo storico deve andare in un archivio (molto importante
per la presenza delle note, delle fonti sui libri). E’ una cordialità apparente della storia. La storia ha
un suo vocabolario, ha un linguaggio specifico. Gli attrezzi sono proprio le fonti, le testimonianze, i
questionari che lo storico usa per comprendere la storia. Oltre a questo bisogna far riferimento
anche agli strumenti che permettono la comparazione tra fonti oppure le altre discipline di cui
servirsi (lingusitica, sociologia, antropologia, statistica, demografia), tutto ciò che serve a uno storico
per far “parlare la storia”. Quindi;
- Le fonti;
- La capacità di comprenderle e compararle, mettendo insieme la materia storica adottando
un approccio interdisciplinare e immedesimandosi nello spirito dell’epoca studiata.
Come un artigiano lo storico costruisce, con la cassetta degli attrezzi, la storia con gusto civico e
morale. E’ una concezione materiale, unita al fatto che la storia deve essere divertente.
Possiamo far riferimento alla cassetta degli attrezzi anche nella conclusione dell’opera “ LE CAUSE IN
STORIA, QUI CHE ALTROVE, NON SI POSTULANO, SI CERCANO”: NON DEVO RAGGIONARE A TESI, ed
è una delle conseguenze di chi non ha la cassetta degli attrezzi, di chi non è professionista!

Questo primissimo schema contiene tre parti dell’opera progettata;

1. LA CONOSCENZA STORICA → Riguarda la definizione della storia.


1.1. CAPITOLO PRIMO = “LA STORIA, LA CONOSCENZA DELL’UOMO IN SOCIETA’”. Si
stabilisce, nei confronti di una storia che appare disumanizzata, il primato dell’uomo
come soggetto della storia. Si tratta dell’UOMO COMPLETO, oggetto di studio
dell’antropologia storica e dell’uomo in società, cioè degli uomini al plurale;
1.2. CAPITOLO SECONDO = “IL PRESENTE E IL PASSATO, LA STORIA COME
CAMBIAMENTO.” Vengono fuori due delle preoccupazioni più importanti di Bloch:
A. STORIA NON COME SCIENZA DEL PASSATO, MA COME ANDIRIVIENI DAL PRESENTE AL
PASSATO E VICEVERSA;
B. STORIA COME SCIENZA DEL CAMBIAMENTO, E QUINDI NON IMMOBILE.
1.3. CAPITOLO TERZO = “INDISSOCIABILITA’ DELLA CACCIA DEI DATI
DELL’INTERPRETAZIONE; IL QUESTIONARIO.” Abbiamo qui un altro andrivieni, questa
volta tra i dati e l’interpretazione di questi dati. L’autore preferisce i dati ai documenti,
le fonti rispetto ai fatti. LO STORICO NON PUO’ LAVORARE SENZA TESTIMONIANZE E TALI
TESTIMONIANZE DIVENTANO DOCUMENTI SOLO PER L’IMPORTANZA CHE LO STORICO
ACCORDA LORO E PER IL LAVORO CHE EGLI ATTUA SU DI ESSE. I fatti non sono dei
fenomeni oggettivi, esistenti senza lo storico, ma sono il risultato del lavoro e della
costruzione da parte dello storico, creatore dei fatti storici. Affinché il lavoro dello storico
funzioni e affinché la storia si faccia, occorre che LO STORICO INTERROGHI, FACCIA
DELLE DOMANDE ALLE TESTIMONIANZE. Da qui l’importanza del questionario; è la
famosa concezione della STORIA-PROBLEMA propria delle Annales;

2. LA CACCIA DEI DATI → Si presagisce la famosa metafora dell’”orco che fiuta la preda umana
della storia.” Marc Bloch fu un combattente, ma fu anche un CACCIATORE che trovava gioia
nell’indagine e nella ricerca; LO STORICO ERA UN UOMO DI CARNE ALLA RICERCA DI UOMINI
DI CARNE e di DESIDERIO DELLA STORIA;
2.1. CAPITOLO PRIMO = “NATURA DELLA PERCEZIONE STORICA: LA TESTIMONIANZA”;
2.2. CAPITOLO SECONDO = “LA CRITICA DELLA TESTIMONIANZA”;
2.3. CAPITOLO TERZO = “GLI INSEGNAMENTI GENERALI DELLA CRITICA DELLA
TESTIMONIANZA”
3. L’ INTERPRETAZIONE → Marc Bloch insiste di nuovo sul ruolo dello storico. LE
TESTIMONIANZE NON CONTANO NIENTE SENZA L’INTERPRETAZIONE DELLO STORICO. I fatti
storici diventano storia solo grazie alla spiegazione dello storico;
3.1. CAPITOLO PRIMO = “CHE COS’E’ UNA SPIEGAZIONE IN STORIA?”. Bloch è CONTRO
LA STORIA-RACCONTO, cioè la storia descrittiva pura e semplice, l’affermazione della
necessità della spiegazione storica.
3.2. CAPITOLO SECONDO = “IL RUOLO DELLA COMPARAZIONE”. Bloch avrebbe voluto
studiare il “ruolo della compairaison” e questa è una delle sue ossessioni metodologiche.
MARC BLOCH E’UNO DEI PIONIERI DELLA STORIA COMPARATA E, ATTRAVERSO LA
COMPARAZIONE DEI FENOMENI E DEI SISTEMI STORICI, PENSAVA CHE LO STORICO
POTESSE AVVICINARSI A QUELLE GENERALITA’ CHE FORMANO L’OSSATURA DELLA STORIA
E CONTEMPORANEAMENTE RICONOSCERE LA SPECIFICITA’, L’ORIGINALITA’ DI OGNI
EPOCA, DI OGNI SOCIETA’, DI OGNI CIVILIZZAZIONE;
3.3. CAPITOLO TERZO = “LE POSSIBILITA’ DELLA PREVISIONE”. L’uomo deve saper dare
una risposta, anche se negativa o deludente, alla domanda di un bambino o di un uomo
comune. “la storia consente di prevedere il futuro?” Lo storico non può, ovviamente,
diventare conoscitore del futuro come lo può essere del presente e del passato, ma deve
comunque porsi la questione del futuro e degli accenni. Se la storia è scienza degli uomini
in società, essa è altresì SCIENZA DEGLI UOMINI IN SOCIETA’ NEL TEMPO, lo storico non
può fare a meno di considerare la scansione l’insieme del sistema di scansione del tempo
dell’uomo; presente, passato, futuro. Secondo Bloch l’uomo era INFLUENZATO DALLA
SUA EPOCA E PERSINO DAL MOMENTO IN CUI VIVEVA;
3.4. APPENDICE = “SULL’INSEGNAMENTO DELLA STORIA”. Lo storico, secondo Bloch, non
può disinteressarsi all’insegnamento della storia; esso doveva attrarre lo storico fin dal
primo ciclo scolastico. L’insegnamento della storia è importante perché:
A. In esso si forma la COSCIENZA STORICA COLLETTIVA;
B. E’ il terreno da cui POTRA’ NASCERE UNA BUONA STORIOGRAFIA .

Bloch ebbe la grande capacità di trasformare il suo vissuto presente in riflessione storica, e questo
gran dono si manifesterà ne L’ETRANGE DEFAIT, l’analisi fino a oggi più acuta delle cause e degli
aspetti della disfatta francese del 1940. Marc Bloch ha pensato l’avvenimento a caldo e lo ha
analizzato praticamente senza archivio, senza alcuna documentazione che pare necessaria allo
storico. Ma, nonostante ciò, egli ha fatto opera di storico e non di giornalista! Fin dal giugno 1940,
quando si trova nella Rennes occupata, lontano da qualunque biblioteca, Bloch ne approfitta per
riflettere sulla LEGITTIMITA’ DELLA STORIA in un testo che, quando viene scritto, nelle circostanze
in cui venne scritto, assunse il tono di un testamento, diventando un abbozzo dell’Apologia della
Storia.

Come punto di partenza Bloch assume l’interrogativo di un figlio chiede al padre a cosa serva la storia.
Questo interrogativo ci mette davanti agli occhi;

- Un padre di famiglia;
- Un uomo al servizio della sua opera;
- L’OBBLIGO CHE UNO STORICO HA DI DIFFONDERE E FAR CONOSCERE I SUOI LAVORI.E’ suo
dovere, dice Bloch, saper parlare con lo stesso tono sia ai dotti, sia agli scolari, ma questa
semplicità raffinata così elevata è privilegio solo di alcuni eletti.

L’espressione di LEGITTIMITA’ DELLA STORIA, che Bloch adopera fin dalle prime righe, mostra che
per lui il problema epistemologico è un problema non solo intellettuale e scientifico, ma anche civico
e persino morale. Lo storico ha responsabilità a cui deve rendere conto. Bloch colloca così lo storico
fra gli ARTIGIANI che devono dar prova di coscienza professionale.

“La nostra discussione va ben al di là dei piccoli scrupoli d’una morale corporativa. La nostra
civilizzazione occidentale vi è, per intero, interessata” →Sono accomunate, in un colpo solo, in una
sola affermazione;

- LA CIVILIZZAZIONE COME OGGETTO PRIVILEGIATO DELLO STORICO;

- LA DISCIPLINA STORICA COME TESTIMONIANZA E PARTE INTEGRANTE D’UNA


CIVILIZZAZIONE.

Poi Bloch introduce un altro concetto importante che è la MEMORIA, distinguendola dalla STORIA.
La memoria è una delle principali materie prime della storia, ma non ne è una parte integrante.
L’attenzione per la memoria, da parte dell’Occidente, è;
- EREDITA’ DAGLI ANTICHI;
- EREDITA’ DEL CRISTIANESIMO. Infatti Bloch dirà che “il cristianesimo è una religione di storici”.
A questo proposito Bloch menziona due fenomeni che, per lui, stanno nel cuore della storia;
- DURATA → MATERIA CONCRETA DEL TEMPO;
- AVVENTURA → FORMA INDIVIDUALE E COLLETTIVA NELLA VITA DEGLI UOMINI. Bloch
parlerà, più avanti nel libro, delle “avventure del corpo”.
FRANCESI E TEDESCHI → Bloch farà una considerazione; i francesi sono interessati meno alla loro
storia rispetto ai tedeschi. Questa affermazione, su cui non è d’accordo lo stesso Le Goff, evidenzia
il sentimento profondo che Bloch aveva nei confronti dei tedeschi, che nasce tanto dall’esperienza
del suo soggiorno in Germania da studente nel 1907-1908 quanto della sua esperienza di storico.
C’è, comunque, nella storiografia tedesca e nella storia stessa storia tedesca una pericolosa tendenza
proveniente dal passato, dalla storia. Se gli storici non sono vigili, a suo parere, la storia corre il
rischio di affondare nel discredito e di scomparire dalla nostra civilizzazione. Si tratta, beninteso,
della storia in quanto disciplina storica. March Bloch è ben conscio che la scienza storica, a differenza
della storia, essa stessa coestensiva alla vita umana, è un fenomeno a sua volta storico, soggetto a
condizioni storiche. LEGITTIMITA’ DELLA STORIA MA ANCHE FRAGILITA’ DELLA STORIA.

Un attimo dopo aver evocato quest’apocalittica fine della storia, Marc Bloch dice: << Le nostre tristi
società tendono a dubitare di sé stesse>> → Esse si chiedono se il passato non è colpevole;
- Di averle ingabbiate;
- Che le società non siano state in grado di interrogarlo
Ma la spiegazione delle loro angosce è data dal fatto che tali tristi società sono in perpetua crisi di
crescita. Laddove altri storici avrebbero parlato di declino e decadenza, Marc Bloch riveste di nuova
speranza queste società e i movimenti della storia.

Bloch dirà che LA STORIA È DIVERTENTE! Prima che dal desiderio di conoscenza, la storia è stimolata
dal semplice gusto; vengono quindi riabilitati la CURIOSITA’ e il ROMANZO STORICO messi a servizio
della storia. Dirà inoltre che la STORIA, ACCANTO ALLE NECESSARIE ASPREZZE, HA ANCHE I SUOI
GODIMENTI ESTETICI e che, accanto al necessario rigore legato all’erudizione e alla ricerca dei
meccanismi storici, c’è la VOLONTA’ DI APPRENDERE COSE SINGOLARI.

Egli non dice che la storia è un’arte, è letteratura, ma dice che LA STORIA E’ UNA SCIENZA, della
quale una delle sue caratteristiche, che può essere un punto di forza o di debolezza, è il fatto di
essere POETICA, perché non può essere ridotta ad astrazioni, leggi o strutture. Per questo, dice Bloch,
“Guardiamoci dal togliere alla nostra scienza la sua parte di poesia”.

Cercando, ora, di definire l’UTILITA’ DELLA STORIA, si imbatte nel pensiero dei POSITIVISTI. Per Bloch
i positivisti sono coloro che sono segnati dalla filosofia positivistica della fine del XIX secolo, la scuola
di AUGUST COMTE: era una filosofia ancora in auge con sfumature spesso accentuate, ma che
costituiva lo sfondo dell’ideologia filosofica in Francia quando Bloch era studente: Costoro hanno
elaborato un pensiero specifico nel campo della storia; essi tentavano di offrire dei fondamenti
oggettivi, scientifici, al procedimento storico. Ciò aveva un grosso inconveniente, che andò a
impoverire lo storicismo tedesco di fine XIX secolo: LIMITAVA LA STORIA ALLA STRETTA OSSERVANZA
DEI FATTI, ALL’ASSENZA DI MORALISMI E DI RETORICA, ALLA PURA VERITA’ STORICA. Quello che Marc
Bloch contestava ai positivisti era di far cominciare il lavoro dello storico con la mera raccolta dei
fatti, poiché una fase precedente esige dallo storico la coscienza che il fatto storico non è un dato
positivo, ma il prodotto di una sua costruzione, per trasformare la fonte in documento e poi questa
in problema.

Marc Bloch allora si batte con forza per la specificità, per l’apparente INUTILITA’ D’UNO SFORZO
INTELLETTUALE DISINTERESSATO. Egli ritrova, nella disciplina storica, una tendenza propria
dell’uomo in generale. Ora fanno qui la comparsa due termini essenziali per capire il temperamento
storico di Bloch;
- MUTILAZIONE → Marc Bloch rifiuta una storia che mutilerebbe l’uomo (la vera storia si
interesserebbe dell’uomo tutt’intero col suo corpo, la sua sensibilità, la sua mentalità, non
solo le sue idee e i suoi atti) e che mutilerebbe la storia stessa;
- FAME → La parola richiama già la celebre frase pronunciata fin dal primo capitolo del libro:
“Il bravo storico, proprio lui, somiglia all’orco della fiaba. Là dove egli fiuta la carne umana,
là egli sa che è la sua preda”. Marc Bloch è un affamato, un affamato di storia, un affamato
di uomini nella storia. Lo storico deve avere un buon appetito. Egli è un mangiatore di uomini.

Per il fatto di non essere positivistica la storia è, per Marc Bloch, una scienza, e una delle sue più vive
preoccupazioni in questo libro è l’appello costante alle scienze matematiche, alle scienze della
natura, alle scienze della vita. Non tanto per trarre ricette valide per la vita: Marc Bloch ha fatto uso
della statistica (d’uso limitato per un medievista) e appartiene al periodo precedente alla storia
quantitativa. Ma è necessario per indicare l’unità del campo del sapere, anche se la storia ha già
conquistato la sua autonomia come paradigma. Perciò la storia, per avere il suo posto tra le scienze
deve proporre non una semplice enumerazione, ma una classificazione razionale e una progressiva
intellegibilità.
La storia va riposizionata in una duplice posizione;

- IL PUNTO CHE, COME OGNI DISCIPLINA, ESSA SI TROVA AD AVER MOMENTANEAMENTE


RAGGIUNTO NELLA CURVA DEL SUO SVILUPPO;

- IL MOMENTO DEL PENSIERO COMPLESSIVO, CUI GLI STORICI IN QUALUNQUE EPOCA SI


RICOLLEGANO, L’”ATMOSFERA MENTALE” DI UN’EPOCA, IN FONDO NON MOLTO DIVERSA
DALLO “SPIRITO DEL TEMPO” DI TUTTA UNA STIRPE DI STORICI TEDESCHI.

In questo viaggio per l’intellegibilità, la storia occupa una posizione originale tra le discipline del
sapere umano. La storia è;

- SCIENZA IN MARCIA → Per rimanere una scienza essa, più di ogni altra, deve muoversi e
progredire, non può fermarsi. Lo storico non può stare seduto, deve essere un marciatore
fedele al suo dovere di esplorazione e avventura;

- SCIENZA IN FASCE → Essa per lungo tempo non ha fatto altro che balbettare, dalla preistoria
a dom Mabillon. Abbiamo ancora modo di riflettere su questa scienza, che diventa materia
d’insegnamento solo a partire dal XIX secolo, il secolo fondatore della storia, ancora in bilico
tra arte letteraria e sapere scientifico. E’ una lezione di umiltà, fiducia e speranza per lo
storico.

Alcuni storici, anche prima di Marc Bloch, si sono rassegnati a vedere la storia semplicemente come
un giuoco estetico, lasciando al di fuori di essa molte realtà assai umane, ma che apparivano loro
ribelli a un sapere razionale. Qua bisogna leggere Marc Bloch con molta attenzione; questo residuo
era ciò che questi storici chiamavano AVVENIMENTO, ed era una gran parte della vita strettamente
individuale.
I__> cosa prende di mira Bloch qui? LA SCUOLA SOCIOLOGICA FONDATA DA DURKHEIM!! La
sociologia di Durkheim ha avuto, fin dalle prime pagine, una certa importanza per Bloch e la scuola
degli Annales. Bloch dichiara il suo debito; è debitore a Durkheim d’aver appreso a “pensare meno
alla buona”. Ma Bloch è tutto teso a non confondere storia e sociologia e ha un atteggiamento
polemico verso la sociologia, che non considera la componente “tempo”. La sociologia ha visione
sincronica, mentre il tempo ha una visione diacronica. BRAUDEL distingue tra;
- Tempo breve → evento;
- Tempo medio → società;
- Tempo lungo → socialità.
Bloch rifiuta la rigidezza dei principi della sociologia e altrove ricorderà l’indifferenza di Durkheim e
dei suoi discepoli alla dimensione tempo. Ma l’influenza di Durkheim su Bloch deve essere ricercata
perché sia l’una che l’altra ne sono state profondamente segnate. Ma Bloch ha sempre opposto
resistenza alle seduzioni della sociologia e in primo luogo a quella di Durkheim. Dice che si può
dialogare con la sociologia perché la storia ha bisogno di dialogare, entrare in contatto con altre
discipline, ma NON BISOGNA CONFONDERE STORIA E SOCIOLOGIA! RINNOVARE LA STORIA, SI, IN
RAPPORTO IN QUESTE SCIENZE! MA IMMERGERLA IN ESSE, NO!
Ma l’avvenimento che Marc Bloch rifiuta è quello dei sociologi che ne fanno un residuo insignificante,
ma Bloch non rifiuta sempre e comunque l’avvenimento; come potrebbe la storia fare a meno degli
avvenimenti? E’ impensabile una cosa simile. Anche se Marc Bloch presta più attenzione al collettivo
rispetto all’individuo, non può non considerare l’individuo come uno dei poli d’interesse della storia
e proprio per questo criticava le parole di FUSTEL DE COULANGES, (che comunque ammirava e
definiva, insieme a Michelet, il maestro a cui si richiamava) che diceva che la storia è la scienza delle
società umane; questo significava ridurre eccessivamente, nella storia, il ruolo dell’individuo.

Rimprovererà anche PAUL VALERY per il fatto che ignorava del tutto la vera e autentica storia e di
giustificare l’ignoranza affermando che la storia è il prodotto più pericoloso che la chimica
dell’intelletto abbia elaborato. Dopo questa critica a Valery egli definisce la sua concezione di storia
e il piano di questo libro.
La storia che Bloch e i suoi amici propugnano è una storia nel contempo allargata e spinta in
profondità. Alla storia angusta e superficiale dei positivisti egli oppone questa volontà di
ampliamento e approfondimento della storia. Opera in AMPIEZZA e PROFONDITA’: la storia che fa
Bloch è più ampia, va a grand’angolo e scende in profondità, si amplia il terreno storico, non si parla
solo di grandi uomini e grandi eventi ma si approfondiscono varie cose, si UTILIZZANO ALTRI TERRENI
PER UTILIZZARE LA CASSETTA DEGLI ATTREZZI e uno di questi terreni sono gli AFFETTI (“I re
taumaturghi” parla proprio di questo).
Quanto all’obiettivo del libro, la difesa e l’illustrazione della storia, esso si situa soprattutto a LIVELLO
DEL MESTIERE;
- DIRE COME E PERCHE’ UNO STORICO PRATICA IL SUO MESTIERE;
- MEMENTO DELL’ARTIGIANO;
- TACCUINO DI UN COLLEGA;
- IL BUON STORICO E’ PARAGONATO AL BUON AGRICOLTORE, il quale ama l’aratura e le semine
tanto quanto le mietiture.
A completare questa prefazione giungono due confidenze;
- MARC BLOCH AMMETTE DI NON AVERE UNA TESTA FILOSOFICA. Umilmente egli scorge di
avere una “lacuna” nella sua formazione di base, in cui possiamo trovare un tratto che
contraddistingue gli storici francesi. Questo libro, dice Bloch, non è un saggio di filosofia della
storia,ma un TRATTATO DI METODO;
- MARC BLOCH NON SI LIMITA A DIRE COSA E’ LA STORIA E COME SI SCRIVE, MA AMMETTE
CHE NEL SUO LIBRO C’E’ UNA PARTE DI PROGRAMMA

INSEGNAMENTO DELLA STORIA → Uno dei rimpianti di questo libro è la mancanza di un’Appendice,
che era prevista, che avrebbe avuto proprio come tema l’INSEGNAMENTO DELLA STORIA. Marc
Bloch ha sempre manifestato questa preoccupazione, anche nell’ ETRANGE DEFAIT, ma non ha mai
trattato a fondo e nei particolari questo problema dell’insegnamento che, per lui, non era una
questione da professore ma da cittadino, come egli era indissolubilmente nell’intimo. Se questo
testo fosse stato steso, sicuramente avrebbe illuminato quella discussione che da 50 anni animava
la Francia, sull’insegnamento della storia, un tema fondamentale per la definizione e la pratica della
democrazia. E’ un modo di concepire la scuola come un uso pubblico. E’ un aspetto civile: lo studio
e la narrazione servono alla formazione di una COSCIENZA CIVICA, questione legata e affidata allo
storico.

DEFINIZIONE DELLA STORIA → LA STORIA E’ RICERCA, DUNQUE SCELTA. LA STORIA NON HA COME
OGGETTO IL TEMPO, MA L’UOMO, ANZI L’UOMINI. PIU’ PRECISAMENTE GLI UOMINI NEL TEMPO. Il
tempo è l’ambiente e la materia della storia e oscilla tra;
- LA LUNGA DURATA, secondo la definizione di BRAUDEL;
- MOMENTO PIU’ CHE AVVENIMENTO, secondo la cristallizzazione di BLOCH. Qui egli colloca
la PRESA DI COSCIENZA
Il TEMPO;
• Il tempo degli uomini è quello breve (evento), ma anche quello medio (società);
• Il tempo della storia NON E’ UNIFORME, non ha le stesse cadenze. Gli occorrono misure che
siano adeguate alla variabilità del suo ritmo; I TEMPI NON LI MISURIAMO ALLO STESSO
TEMPO. IL TEMPO PERDE FINITEZZA, SI MISURA IL TEMPO IN MANIERA PIU’ GENERICA;
• Secondo la definizione di BERGSON, LA STORIA SOLO A PREZZO DI TALE PLASTICITA’ PUO’
AVVICINARE LE SUE CLASSIFICAZIONI ALLE LINEE STESSE DEL REALE. Ciò è il fine di ogni
scienza, Il pensiero di Bloch è convergente con quello di BERGSON, filosofia della fluidità e
della durata del pensiero e della vita.
• RINUNCIA ALL’IDOLO DELLE ORIGINI, ALL’OSSESSIONE EMBRIOGENETICA. È una rinuncia
all’illusione che “le origini sono un inizio che spiega”, alla confusione tra “filiazione” e
“spiegazione”. E qui Marc Bloch spiega che IL CRISTIANESIMO È PER ESSENZA UNA RELIGIONE
STORICA, e ciò permette di mettere in relazione ciò che molto spesso nella realtà storica si
separa
• La storia, scienza del tempo e del cambiamento, pone davanti allo storico delicati problemi.
Uno di questi è il fatto che GLI UOMINI NON HANNO L’ABITUDINE, OGNI VOLTA CHE
CAMBIANO USANZE, DI CAMBIARE IL VOCABOLARIO (ci sono varie forme di anacronismi). La
storia ha una sua macrolingua a cui noi non diamo importanza, ma è invece importante. Ad
esempio il termine MODERNO, non vuol dire cosa attuale, ma fa riferimento alla querelle
ancien- moderne. Bisogna saper usare la microlingua. Non bisogna ragionare con la
sensibilità attuale per pezzi del passato. NON BISOGNA RAGIONARE CON LA TESTA DI OGGI.

La storia è scienza o arte? Il medievista Bloch si dedica all’essenziale.;

- PRIMA COSA = INDIVIDUARE IL PRESENTE, CHE EGLI CHIAMA “ATTUALE”, L’ACCELLERAZIONE


DELLA STORIA. Bloch dice “Dopo Leibniz, dopo Michelet, s’è verificato un grande fatto: una
dopo l’altra, le rivoluzioni delle tecniche hanno allargato smisuratamente l’intervallo
psicologico tra le generazioni”. Aumenta il gap generazionale con l’accelerazione delle
tecniche , la storia dell’uomo non ha sempre lo stesso ritmo, se ci muoviamo avanti e indietro
nella linea del tempo osserviamo gli uomini nella loro storia. Sono delle accelerazioni
notevoli. Si mette in pratica anche un GIOCO DI ATTESA: i tempi, che prima erano importanti,
sono allungati. LA storia è scienza del passato, ma quale passato? Ha tempi e modi diversi,
ma oggi viviamo un paradossale rallentamento collettivo, ma ognuno ha un rallentamento o
un’accellerazione individuale. INTERVALLO PSICOLOGICO = Prima nessuno si era occupato di
questo. CI aveva provato solo Manzoni col GRAN CONDE’;

- SUBITO DOPO = CONSIDERARE IL PRESENTE UMANO COME PERFETTAMENTE SUSCETTIBILE


DI CONOSCENZA SCIENTIFICA E NON AFFIDARNE LO STUDIO A DISCIPLINE BEN DISTINTE
DALLA STORIA: SOCIOLOGIA, GIORNALISMO, ECONOMIA, MA ANCORARLO ALLA STORIA
STESSA. Di qui l’impotenza di quelli storici freddi che hanno paura del presente, che lui
chiama “antiquari”, rinchiusi in una concezione passatistica della storia, e degli storici che
non sanno passare dalla raccolta dei dati alla spiegazione storica, cosa che non significa
squalificare, anzi! L’erudizione che ogni storico deve praticare, ma in cui non deve chiudersi.

- Una volta ben individuato e definito il presente comincia il processo fondamentale del
mestiere di storico: COMPRENDERE IL PRESENTE ATTRAVERSO IL PASSATO E COMPRENDERE
IL PASSATO ATTRAVERSO IL PRESENTE. L’adozione di un metodo prudentemente regressivo
è uno dei lasciti essenziali di Marc Bloch, ma oggi questa eredità è stata raccolta e sfruttata
in modo insufficiente;

- A questo punto lo storico potrà scegliere la sua preda, il cambiamento, dedicarsi


efficacemente al comparatismo storico e intraprendere la storia vera e propria, la storia vera
e propria.

Da qui tre consigli;

1) L’ignoranza del passato non si limita a danneggiare la conoscenza del presente ma


compromette l’azione stessa. Marc Bloch si rivolge a tutti i membri della società e, in
particolare, a quelli che pretendono di guidarla;

2) Legittimità dello studio della mentalità come oggetto della storia e invito, sempre attuale,
a studiare la storia del corpo (Bloch le chiamerà “avventure del corpo”) L’uomo è cambiato
molto, sia nel suo spirito, sia nei meccanismi delicati del suo corpo. La sua atmosfera mentale
si è profondamente trasformata, così come anche la sua igiene e la sua alimentazione;

3) La storia non può essere realizzata da uno storico isolato. La vita è troppo breve, dice Bloch,
e da solo nessuno comprenderà mai nulla se non in parte. La storia non può farsi de non per
cooperazione. Il mestiere di storico si esercita mediante la combinazione di lavoro individuale
e lavoro d’equipe.

Una volta fatti tutti questi passaggi lo storico finalmente può sedersi al tavolo di lavoro e cominciare
dagli elementi preliminari;

- OSSERVAZIONE STORICA → È il primo passo da compiere. Lo storico non deve ignorare la


massa delle testimonianze non scritte, in particolare quelle dell’archeologia. Quindi deve
smettere di essere ossessionato dal racconto, nell’ordine dei fatti, dell’avvenimento, e deve
rassegnarsi a non poter conoscere tutto del passato e, per questo, utilizzare una conoscenza
per tracce, far riferimento a processi di ricostruzione di cui tutte le scienze offrono esempi
svariati. Un problema si pone per quelle epoche del passato, anche Medioevo, in cui non si
è in possesso di lettere private e confessioni, perché in questo modo non è possibile
conoscere le mentalità individuali. Nel migliore dei casi potremmo avere “biografie cattive in
stile convenzionale”. Che bisogna fare? Bloch dice che bisogna saper dire “non so, non posso
sapere”. Molti uomini, del presente e del passato, tentano di scrivere tali biografie sulla base
di metodi rigorosi , ma più sofisticati, di ricostruzione delle esistenze, per lo meno di uomini
illustri e, soprattutto per un medievista, assume importanza interrogare le VITE DEI SANTI,
che sono d’inestimabile valore per le informazioni che ci forniscono sul modo di vivere o di
pensare (titolo di un capitolo de “LA SOCIETE’ FEODALE), propri delle epoche in cui furono
scritte. Ma molti medievisti, pur seguendo Marc Bloch, affermano che si tratta di cose che
l’agiografia non aveva la minima intenzione di prospettarci.
Le fonti non parlano se non interrogate! Ogni ricerca storica presuppone che, fin dai primi
passi, l’inchiesta abbia una direzione! Qui è netta la contrapposizione coi positivisti, ma Marc
Bloch si ricollega a un grande matematico, HENRI POINCARE’, che aveva scoperto che ogni
ricerca scientifica si produce da un’ipotesi preliminare. Nel 1902 aveva dato alle stampe “La
science et l’hypothese”.
Un’altra illusione degli eruditi è immaginarsi che a ogni problema storico corrisponda un
tipo di documento, specializzato per quest’uso. LA STORIA SI FA MEDIANTE IL RICORSO A
UNA MOLTEPLICITA’ DI DOCUMENTI E DI TECNICHE, ed è necessario che lo storico possegga
un’infarinatura delle tecniche del suo mestiere! La pratica degli storici non deve risolversi in
un pulviscolo di specializzazioni, ma si rende necessario un ricorso globale, totale, alle
tecniche di raccolta e trattamento dei documenti.
Come organizzare la messa a frutto e la direzione di questa osservazione storica? Mediante
la produzione metodica di inventari, cataloghi e di repertori, e qui Marc Bloch si riallaccia al
gran lavoro dell’erudizione del secolo XIX, soprattutto di DU CHANGE e DOM MABILLON. Ma
a questi inventari, cataloghi e repertori Bloch non affida solo il ruolo passivo di giacimento
da sfruttare, ma affida loro la funzione di vivaio al servizio delle questioni da porre ai
documenti e alla storia.
Marc Bloch è attento anche alla trasmissione delle testimonianze, all’incontro tra storici (lui
stesso era solito incontrarsi spesso con Lucien Febvre) e allo scambio di informazioni. Tutto
ciò che noi chiameremmo la COMUNICAZIONE IN STORIA, ma si spinge più avanti, sul
concetto di MEMORIA COLLETTIVA, fondamento della ricerca d’ identità, che attira oggi la
riflessione degli storici, in collaborazione con altri specialisti di scienze umani e sociali; le
società concorderanno nell’organizzare razionalmente, con la loro memoria, la conoscenza di
se stesse.
Un’alta sollecitazione non ancora pienamente soddisfatta è il resoconto dello storico circa i
problemi e la storia della sua ricerca: “Ogni libro di storia degno di questo nome dovrebbe
comprendere un capitolo … “. Conoscendo queste confessioni, anche i lettori che non sono
del mestiere proverebbero un piacere intellettuale, raramente lo spettacolo della ricerca è
fonte di noia;

- CRITICA → Marc Bloch ne schizza la storia e ne individua il momento decisivo nel XVII secolo,
indicando le date di nascita di 3 grandi nomi della critica storica;
1) PAPENBROEK, gesuita, nato nel 1628, fondatore dell’agiografia scientifica e della
congregazione dei Bollandisti;
2) DOM MABILLON, nato nel 1632, benedettino di Saint-Mur, fondatore della diplomatica;
3) RICHARD SIMON, nato nel 1638, che segna gli esordi dell’esegesi biblica critica
Alle loro spalle Marc Bloch fa riferimento anche a due grandi filosofi;
1) SPINOZA, nato nel 1632;
2) CARTESIO, nato nel 1637.
Ma la critica storica s’impantana in un’erudizione di routine che si taglia fuori “da quella
sorpresa sempre risorgente che la lotta al documento è la sola a produrre.
Per Marc Bloch il mestiere di storico è fonte di piacere e fustiga il “noioso esoterismo” ,il
“deprimente manuale” e “i falsi gioielli di una pretesa storia”.
Bloch si dilunga ampiamente su un problema che gli sta a cuore; la CACCIA ALL’ERRORE E
ALLA MENZOGNA, di cui lui ha fatto esperienza non solo nel suo mestiere di storico ma anche
nella sua vita di uomo e di soldato, attraverso le false notizie della Grande Guerra. Tale
esperienza lo spingerà a scrivere anche I RE TAUMATURGHI, beneficiari della credulità
popolare secondo la quale i re erano in grado di curare le persone dalla scrofola. Marc Bloch
elenca minuziosamente le condizioni storiche dei tipi di società, come quella dell’Occidente
medievale, propensa a credere non a quello che in realtà si vedeva, ma a quello che si
riteneva naturale vedere.
Bloch si occupa poi di una neonata disciplina; la PSICOLOGIA DELLE TESTIMONIANZE (la
riflessione di Bloch è imperniata di continuo sulle possibilità che la psicologia può offrire allo
storico), che ha ispirato un colloque tenuto a Monaco e una grande pubblicazione sulle
“falsificazioni del Medioevo”.
Bloch sviluppa un saggio di una logica del metodo critico, che gli consente di collocare
nuovamente la storia nell’insieme delle scienze del reale. La critica storica non si distingue
dalla maggior parte delle altre scienze del reale se non per una gradazione certamente più
sfumata.
Sempre più sensibile all’unità del sapere, Bloch afferma l’avvento di un METODO RAZIONALE
DI CRITICA, applicato alla testimonianza umana, che rappresenta un vantaggio enorme non
solo per la conoscenza storica ma per la conoscenza tout court. Il capitolo termina
indirizzando lo sguardo verso orizzonti molto vasti.

Bloch, che detesta gli storici che giudicano invece di comprendere, radica profondamente la storia;
- NELLA VERITA’;
- NELLA MORALE.
La storia culmina nell’etica. La storia deve essere verità e lo storico si completa in quanto moralista,
come è giusto. La nostra epoca, disperatamente in cerca di una nuova etica, deve accogliere lo
storico tra i cercatori del vero e del giusto non al di fuori, ma all’interno del tempo.

COMPRENDERE, DUNQUE, E NON GIUDICARE: E’ IL FINE ULTIMO DELL’ ANALISI STORICA CON CUI
COMINCIA IL VERO LAVORO DELLO STORICO, dopo i preliminari dell’osservazione e della critica
storica. Comprendere, per Bloch, non ha nulla di passivo; la ricezione passiva non farebbe altro che
negare il tempo, dunque la storia stessa. E’ perfettamente riaffermato il legame tra ordinamento
della ragione, tempo e storia; meglio, questo procedere razionale si identifica con l’ordine del tempo
e la natura della storia.
Quest’analisi deve dedicarsi in particolar modo a reperire i legami comuni a un gran numero di
fenomeni sociali, le costanti interpretazioni, senza dimenticare le sfasature che conferiscono alla
vita sociale un ritmo quasi sempre contradditorio. Bloch propone la TONALITA’ CHE POTREBBE
CARATTERIZZARE L’ATTEGGIAMENTO MENTALE DI UN GRUPPO E CHIARISCE L’ASSENZA DI
AUTONOMNIA DELLE STORIE PARTICOLARI E, PIU’ SPECIFICATAMENTE DELLA STORIA ECONOMICA.
Ciò è vero soprattutto per il Medioevo, che non disponeva di concetti per l’economia e che non si
accontentò di far coesistere il religioso con l’economico, ma li intrecciò intimamente. Marc Bloch
segnalava così quello che l’economista KARL POLANYI avrebbe chiamato economia incastrata nelle
società arcaiche e antiche.
Bisogna leggere Bloch con attenzione. Egli dice “Niente di più legittimo, spesso niente di più salutare
che centrare lo studio di una società su uno dei suoi aspetti principale o , meglio ancora, su uno dei
problemi ben definiti che questo o quest’altro di tali aspetti solleva: fede, economia, struttura delle
classi o dei gruppi, crisi politiche.

Per quanto riguarda la NOMENCLATURA Bloch afferma come lo storico deve portare avanti la sua
analisi facendo riferimento a un doppio linguaggio;
- QUELLO DELL’EPOCA CHE EGLI STUDIA, cosa che gli permette di evitare l’anacronismo;
- QUELLO DELLA STRUMENTAZIONE LINGUISTICA E CONCETTUALE e DELLA DISCIPLINA
STORICA ATTUALE.
C’è una fobia per la passività: lo storico, se ha il feticismo per l’etimologia (una parola vale molto
meno per la sua etimologia che per l’uso che ne viene fatto) si getterà sulla semantica storica (studio
dei significati), la cui rinascita bisogna oggi augurarsi. E si rassegnerà al fatto che parole mal scelte,
prive di significato, continuino a far parte del vocabolario, come “feudalità”, “Medioevo”,
“capitalismo”. Questi concetti hanno comunque il merito di sgomberare la storia da una
classificazione condotta tramite “egemonie di natura diplomatica e militare”. Marc Bloch rammenta
che anche VOLTAIRE aveva fatto sentire la sua protesta: “Pare che, da 1400 anni, nelle Gallie non vi
siano altro che re, ministri e generali”.
Il tempo della storia diviso per regni è quasi finito, ma quello dell’abusiva tirannia dei secoli no, e
allora come liberarci da “feudalità”, “capitalismo” e “Medioevo”? Bisogna tornare al centro di questo
capitolo: le interconnessioni tra i fattori delle società umane gettate nella storia e il concetto di
CIVILIZZAZIONE;

- GUIZOT, uno dei precursori della nuova storia aveva individuato la civilizzazione in un
“complesso nel cui seno pervengono a unificarsi tutti gli elementi della vita del popolo, tutte
le forze della sua esistenza”

- La sua storia è stata fatta da LUCIEN FEBVRE;

- Ai tempi di Le Goffe il termine “civilizzazione” era riservato quasi del tutto alla lingua e alla
civiltà francese, Altrove è sostituito da “cultura”, anche se non sono la stessa cosa;

- BRAUDEL ha intrapreso una battaglia per sostituire “civiltà materiale” a “cultura materiale”
ma anche questa pare perduta.

Marc Bloch, per via della sua partecipazione nella resistenza e della sua fucilazione nel 1944, non è
riuscito a portare a termine l’ultimo capitolo, che molto probabilmente sarebbe stato dedicato alla
SPIEGAZIONE STORICA. Di esso è stato steso solo l’inizio, relativo alla NOZIONE DI CAUSA. Marc
Bloch, comunque, ci consegna delle affermazioni stimolanti;

- Nuova contestazione contro il positivismo → IL POSITIVISMO HA PRETESO DI ELIMINARE


DALLA SCIENZA L’IDEA DI CAUSA. Condanna anche il tentativo di ridurre il problema delle
cause in storia a un problema di motivi, e il rifiuto della “psicologia banale”;

- Altro idolo da bandire: “La superstizione della causa unica” E’ una condanna senza appello;
la storia, la vita è molteplice nelle sue strutture e nelle sue cause;

- Altro errore: “Quello cui si ispirava lo pseudo-determinismo geografico, oggi sconfitto


definitivamente”. Bloch poi aggiunge “Il deserto, checché ne abbia detto Renan, non è
monoteista”.

Nonostante sia incompleta quest’opera ha un finale pieno di bellezza; le cause, in storia, non più
che altrove, non si postulano. Esse si cercano”. L’opera incompiuta segna la parola fine con un
termine di uomo del mestiere, da ricercatore, ma anche colorandosi di una tonalità pascaliana.
Oggi si dice, soprattutto fra chi non li ama affatto, che oggi Marc Bloch e gli Annales hanno vinto e
che la loro conoscenza della storia ha conquistato la scienza storica. Questa è un’affermazione
erronea e maliziosa, e cela due verità:
1) Marc Bloch e le Annales hanno avuto un’influenza decisiva sul rinnovamento della storia,
ma questo rinnovamento è stato LIMITATO, riferito principalmente alla storia-problema o la
storia interdisciplinare;

2) L’ Apologie pour l’histoire conserva, nel 1993, gran parte della sua novità e della sua
essenzialità, e occorre ritrovarne l’efficacia. Marc Bloch ha conservato solo il segreto della
sua concezione dell’atteggiamento dello storico davanti al futuro, e ci ha lasciato questo
interrogativo come un dovere imperativo!

Si parla, oggi, di un ritorno a Marc Bloch? Ci sono anche le critiche ma lo stesso Bloch diceva “Rimarrò
dunque fedele ai loro insegnamenti criticandoli la dove riterrò utile, così come anch’io spero che un
giorno i miei allievi mi critichino a loro volta”. Questo libro non è punto d’arrivo, ma un punto di
partenza.

Cosa può pensare oggi, di quest’opera, uno storico, un insegnante, un appassionato di storia?

- Opera di un singolo → Pieno di intelligenza e sensibilità, altrettanto uomo e cittadino quanto


professore e storico, innamorato della certezza ma cosciente della giovinezza della disciplina
storica, carico di un’erudizione vasta e profonda, ma aperto alle avventure intellettuali,
affamato di sapere, di comprensione, di spiegazione;

- Opera di uno storico → Nato nel 1886, di nazionalità ebrea, morto fucilato nel 1944.
Incontrando LUCIEN FEBVRE è diventato uno dei grandi attori del rinnovamento della storia
fra le due guerre, con la sua opera, il suo insegnamento e l’influsso delle Annales. Oltre a
Febvre giocano un ruolo importante anche MICHELET E DE COULANGES, dei quali viene
considerato figlio. E’ inoltre aperto al meglio della storiografia europea alla fine del secolo
XIX e degli inizi del XX secolo, un lettore di MARX, di DURKHEIM, di SIMIAND, sempre pronto
a prestare orecchio a quelli fra i loro stimoli che approfondiscono e consolidano la storia.
Bloch è anche figlio della sua epoca, più ancora che di suo padre. E’ l’epoca della TERZA
REPUBBLICA, delle due guerre mondiali che Bloch ha vissuto come storico, cittadino e soldato.

Opera di questo Marc Bloch individuale e collettivo, “Apologie per l’Histoire” è anche il prodotto di
un preciso momento. E’ quello della Francia vinta, prostrata nella disfatta, nell’occupazione e
nell’infamia di Vichy, nella quale Bloch trova un poco di speranza, sia di liberazione della storia, cui
bisogna concorrere nella resistenza attiva, sia di un progresso della scienza storica.

QUESTO LIBRO INCOMPIUTO E’ UN COMPLETO ATTO DI STORIA.

INTRODUZIONE

A CHE SERVE LA STORIA?


Bloch afferma che questo libro è la risposta che un padre da a un bambino, il quale chiese “cosa
fosse la storia”. Quella domanda di quel bambino l'appenderebbe come un epigrafe. Per uno
scrittore non c'è lode più grande del saper parlare, con il medesimo tono, sia ai dotti che agli scolari.
Ma questa semplicità raffinata è privilegio di alcuni rari eletti. Alcuni potranno ritenere ingenua la
formula, a Bloch invece pare perfettamente appropriata. Il problema che ci si pone è quello della
legittimità della storia. Lo storico è chiamato alla resa dei conti.

La nostra civilizzazione occidentale, a differenza delle altre culture, ha sempre chiesto molto alla
MEMORIA!

• GRECI E LATINI → POPOLI SCRITTORI DI STORIA;


• CRISTIANESIMO → RELIGIONE DI STORICI. Come i libri sacri, i cristiani hanno dei libri di storia.
Altri sistemi religiosi hanno potuto fondare le loro credenze e i loro riti su una mitologia quasi
estranea al tempo umano. Ma il cristianesimo è storico per un altro motivo, forse più
profondo; ai suoi occhi il destino dell'umanità (accaduto tra la Caduta e il Giudizio) è una
lunga avventura, di cui la vita individuale, ogni pellegrinaggio particolare, rappresenta solo
un riflesso; è nella DURATA, quindi nella storia, che si svolge il dramma del Peccato e della
Redenzione, asse centrale di ogni mediazione cristiana. La nostra arte, i nostri monumenti
letterali sono ricchi degli echi del passato e i nostri uomini d'azione hanno continuamente
sulle labbra i suoi insegnamenti, veri o presunti.

E' opportuno segnare tra le psicologie dei vari gruppi nazionali delle differenze (lo rivelò non molto
tempo fa CORNOUT); I Francesi vivono i loro ricordi meno intensamente dei tedeschi, ma le civiltà
possono mutare. L'UNICA COSA CHE E' INCONCEPIBILE E' CHE LA NOSTRA CIVILTA' SI ALLONTANI
DALLA STORIA.

LA STORIA;
• SE MAL COMPRESA POTREBBE TRASCINARE NEL SUO DISCREDITO ANCHE LA STORIA MEGLIO
INTESA, e se ciò dovesse avvenire arriverebbe a costo di una violenta rottura con le nostre
tradizioni intellettuali. Bloch a un certo punto fa riferimento a un evento accaduto in prima
persona e compare un'altra domanda, oltre quella del bambino al padre. Questo perché
l'obiettivo dell'autore è vedere come le inquietudini del passato possano essersi mischiate
con quelle del presente e di come , ogni volta che le nostre tristi società, in perpetua crisi di
sviluppo, prendano a dubitare di sé stesse, si interroghino su se esse abbiano avuto ragione
di interrogare il passato o se lo abbiano interrogato bene!! “Era il 1940, Bloch era in guerra
ed era il giorno in cui i Tedeschi invasero Parigi. Uno di loro chiese ' Dobbiamo dunque credere
che la storia ci abbia ingannati?' L'ANGOSCIA DELL'UOMO MATURO COINCIDE CON LA
CURIOSITA' DEL BAMBINO.”

Bloch si scusa del fatto che lui possa avere accesso solo ai suoi appunti e di quel che sa per la sua
condizione, l'impedimento di accedere alle grandi biblioteche e la perdita dei suoi libri;

• E' DIVERTENTE, o meglio, essa è così considerata da un gran numero di esseri umani, ANCHE
SE GIUDICATA INCAPACE DI ALTRI COMPITI. TUTTE LE SCIENZE SONO INTERESSANTI MA OGNI
STUDIOSO NON TROVA SE NON UNA SOLA CHE LO DIVERTA. Se la storia è ritenuta incapace
di servire ad altro, essa ha sempre il suo ruolo di svago. Essa ha divertito sempre tutti, in
particolare gli storici. Scoprirla per consacrarvisi è quella che si chiama vocazione. Il suo ruolo
è stato e rimane fondamentale e prima del desiderio di conoscenza la storia rappresenta il
semplice gusto! Rappresenta, prima dell’opera di scienza, L’ISTINTO CHE CONDUCE A TALE
OPERA. Persino i primi passi della fisica debbono tanto ai “musei di curiosità”. Bloch fa
riferimento anche ai lettori di ALEXANDRE DUMAS, che non sono altro che storici in potenza,
cui difetta solo l’essere stati orientati a godere di un pacere più puro e più acuto.

• HA I PROPRI GODIMENTI ESTETICI, che non assomigliano a quelli di nessun’altra disciplina.


LA RAPPRESENTAZIONE DELLE ATTIVITA' UMANE (SUO SOGGETTO SPECIFICO) SERVE PER
SEDURRE L'IMMAGINAZIONE DEGLI UOMINI soprattutto quando, grazie al loro
distanziamento nello spazio e nel tempo, il loro dispiegarsi si colora delle seduzioni del
diverso. LEIBNIZ ci ha dato confessione di ciò, quando dalle astratte speculazioni
matematiche o della teodicea passava alla decifrazione delle vecchie carte o delle antiche
cronache della Germania imperiale, dimostrando che anche lui, come noi, provava quella
cosiddetta “voluttà d’apprendere cose singolari” .Bisogna guardarsi dal levare alla storia
quel soffio di poesia di cui è dotata e levare quella vergogna che molti possiedono. LA STORIA
ESERCITA UN POTENTE RICHIAMO SULLA NOSTRA SENSIBILITA'ED E' UNA SCIOCCHEZZA
CREDERE CHE PER QUESTO SIA MENO CAPACE DI SODDISFARE LA NOSTRA INTELLIGENZA;

• TUTTE LE SCIENZE SONO DEGNE DI INTERESSE MA LA STORIA HA UN FASCINO PROPRIO.


Rispetto alla letteratura storica, per esempio, chi si avventura nella storia è mosso da una
ricerca "delle tinte autentiche".

SE LA STORIA, verso cui abbiamo un fascino pressoché sentito, FOSSE SOLO UN AMABILE
PASSATEMPO, come la pesca o il bridge, e in questo modo non dimostrando la sua
legittimità, VARREBBE LA PENA SCRIVERLA?
Due strade;
• O sconsigliabile la storia a tutti gli spiriti capaci di impegnarsi meglio altrove;
• o la storia dovrà dimostrare di avere le carte in regola come conoscenza.

Qui si presenta un nuovo problema; COSA RENDE LEGITTIMO UNO SFORZO INTELLETTUALE?? Bloch
pensa che oggi nessuno la penserebbe come i positivisti di rigida osservanza, ossia che il valore di
un'immagine è determinato dalla sua capacità di servire all'azione; l’esperienza, infatti, alle volte ci
ha insegnato il contrario, e infatti è impossibile decidere in anticipo se le speculazioni che un tempo
sembravano disinteressate un giorno possano diventare di sorprendente utilità pratica. Rischiamo
di infliggere una grave mutilazione all'umanità, negandole la possibilità di poter cercare, di poter
soddisfare i propri appetiti intellettuali. Per la propria difesa alla storia basterebbe di essere ritenuta
necessaria al pieno sviluppo dell'homo sapiens. La questione, comunque, non è risolvibile a primo
colpo.

LA NATURA DEL NOSTRO INTELLETTO CI PORTA MOLTO MENO A VOLER SAPERE CHE A VOLER
COMPRENDERE. Ne consegue che esso giudica AUTENTICHE quelle scienze che riescono a creare
nessi esplicativi tra i fenomeni. Tutto il resto, secondo MALEBRANCHE, è una POLIMAZIA, che può
essere indicata come svago o magia ma oggi non meno che al tempo di Malebranche, non potrebbe
passare come una delle buone opere dell’intelligenza. Indipendentemente da ogni possibilità di
applicazione alla condotta pratica, LA STORIA AVRA' IL DIRITTO DI RIVENDICARE IL SUO POSTO TRA
LE DISCIPLINE DEGNE DI SFORZO E DI IMPEGNO SOLO NELLA MISURA IN CUI ESSA CI CONSENTIRA’,
AL POSTO DI UNA SEMPLICE ENUMERAZIONE, UNA CLASSIFICAZIONE RAZIONALE E UNA
PROGRESSIVA INTELLEGIBILITA'.

La storia ha una sua validità e risponde all'esigenza del “VIVERE MEGLIO”!!! Non si può negare che
una scienza ci apparirà sempre incompleta se non si assumesse, prima o poi, il compito di aiutarci a
vivere meglio. In particolare ; COME NON POTREMMO NOI NON PROVARE QUESTO SENTIMENTO
NEI CONFRONTI DELLA STORIA, DESTINATA A LAVORARE A VANTAGGIO DELL’UOMO POICHE’ ESSA
NON HA PER PER MATERIA CHE L'UOMO E LE SUE AZIONI??? Noi abbiamo la tendenza quindi di
chiedere alla storia i mezzi per guidare la nostra azione! E quindi ce la prendiamo con lei se non ce
li fornisce, come quel soldato di cui sono state riferite le parole.

IL PROBLEMA DELL' UTILITA' DELLA STORIA NON DEVE ESSERE CONFUSA CON QUELLO DELLA SUA
LEGITTIMITA', PROPRIAMENTE INTELLETTUALE. E non può venire, d’altronde, che al secondo posto:
PER AGIRE RAGIONEVOLMENTE, NON OCCORRE PRIMA COMPRENDERE?

• I PIU' INDULGENTI HANNO DETTO; LA STORIA È SENZA PROFITTO E SOLIDITA'.


• PER ALTRI È DANNOSA. E questi sono coloro che, ritenendo per questo lo studio della storia
inutile, danno vita all’ignoranza; "Il prodotto più pericoloso che la chimica dell'intelletto abbia
elaborato", secondo uno di loro.

Queste condanne esercitano un terribile fascino: giustificano a priori l’ignoranza. Per fortuna queste
condanne non sono inappellabili e se dobbiamo individuarne le cause dovremmo fare affidamento
a dati più sicuri. Però c’è una precauzione di cui i detrattori abituali della storia non sembrano
preoccupati. La loro parola non manca né di eloquenza né di spirito, ma essi hanno tralasciato di
informarsi di ciò che parlano; la loro formazione non è avvenuta in laboratorio, sa di retorica e
accademia più che “gabinetto di lavoro” ma, soprattutto, essa è morta e sepolta.

SI VORREBBE DIRE COME E PERCHE’ UNO STORICO PRATICA IL SUO MESTIERE.


Non è un compito semplice. In realtà i problemi della storia non riguardano solo lo storico e quindi
colui che si occupa di questo per mestiere, ma riguardano tutti!! Ma se allora i problemi dello storico
sono di tutti, PERCHE' SI PRATICA IL MESTIERE DI STORICO? Si vorrebbe, prima di tutto, dire come e
perché uno storico pratica il suo mestiere. Sta al lettore poi decidere se questo mestiere meriti di
essere esercitato. IL COMPITO DELLO STORICO PUO' APPARIRE SEMPLICE, MA È UN'APPARENZA!!

Bloch considera la storia come qualcosa di DINAMICO, uno sforzo verso il miglioramento della
conoscenza. È un mestiere che non ha orari, viene compiuto 24h su 24. Descrivere una scienza nel
modo in cui la si fa sarà sempre tradirla in parte; l'obiettivo è cercare di capire in che modo essa
speri progressivamente a farsi! Questa impresa richiede una dose non lieve di scelta personale.
Storia;
- SCIENZA IN CAMMINO. Tutte le difficoltà in cui si imbatte qualunque studio di metodo
variano a seconda del punto che ogni disciplina si trova ad aver momentaneamente
raggiunto sulla curva del proprio sviluppo. Cinquant’anni fa, quando Newton faceva da
maestro, era molto più facile di oggi costruire un’esposizione di meccanica.
- SCIENZA DELL'INFANZIA, come tutte quelle che hanno per oggetto lo spirito umano, arrivato
nel campo della conoscenza razionale! Essa è una SCIENZA GIOVANISSIMA; per quanto
riguarda alcuni problemi di metodo essa è rimasta ai PRIMI PASSI. E FUSTEL DE COULANGE
e BAYLE non avevano proprio del tutto torto quando la definivano “la più difficile di tutte le
scienze”.

Le generazioni che hanno vissuto prima di noi, negli ultimi decenni del XIX secolo, sono state
ipnotizzate da un'idea troppo rigida della scienza del mondo fisico. Secondo loro una conoscenza
per essere autentica doveva;

1. PERVENIRE A DIMOSTRAZIONI INDISCUTIBILI;


2. BASARSI SU CERTEZZE FORMULATE SOTTOFORMA DI LEGGI UNIVERSALI

Applicata agli studi teorici, questa consapevolezza delle generazioni passate diede vita a due opposte
tendenze;

1. CHI VOLEVA ISTITUIRE UNA SCIENZA DELL'EVOLUZIONE UMANA CONFORME A UN IDEALE


PANSCIENTIFICO, adoperando il meglio possibile per realizzarlo, salvo però rassegnarsi a
tener fuori da questa conoscenza REALTA' CHE APPARIVANO RIBELLI A UN SAPERE
RAZIONALE (il residuo lo chiamavano sdegnosamente AVVENIMENTO, inteso come EVENTO
CONTINGENTE, eppure esso era la gran parte della vita più intimamente individuale). Eppure,
Questa fu la posizione della scuola sociologica fondata da Emile Durkheim nel XX secolo. I
nostri studi, dice Bloch, devono molto a quello sforzo poderoso; la scuola sociologica ha
permesso di analizzare più in profondità, a stringere più da vicino i problemi, a pensare “alla
buona”. E Bloch esprime il suo debito nei confronti di Durkheim; dirà che se ne parlerà con
riconoscenza e con rispetto.

2. Altri studiosi assunsero un atteggiamento diverso, non riuscendo a inserire la storia negli
schemi del LEGALISMO FISICO. Preoccupati dalle difficoltà, dai dubbi, dal frequente
ricominciare tipico della critica documentaria, essi attinsero da queste constatazioni una
LEZIONE DI DISINGANNATA UMILTA'! La disciplina cui si erano votati parve loro, in fin dei conti,
incapace sia di conclusioni certe nel presente, sia di grandi prospettive di progresso nel futuro.
Furono indotti a vedervi più che una conoscenza veramente scientifica, un GIOCO ESTETICO
O DI ESERCIZIO IGIENICO, utile alla salute mentale. Si e' dato loro il nome di STORICI
STORICIZZANTI ( un nomignolo alquanto ingiurioso che fa consistere nell'essenza della storia
la negazione stessa della sua possibilità).

Il simpatico e schivo SYLVESTRE BONNARD è un anacronismo, proprio come quegli antichi santi che
gli scrittori del Medioevo dipingevano con i colori del proprio tempo. Il vero Sylvestre Bonnard, nato
sotto il primo impero, la generazione dei grandi storici romantici l’avrebbe ancora annoverato tra i
suoi. Mettiamo fra parentesi il periodo in cui egli visse realmente e restituiamolo a quello che vide
scrivere la sua vita immaginaria; egli si configurerà come il patrono, il santo protettore di tutto un
gruppo di storici che furono i contemporanei intellettuali del suo biografo.
Ora la nostra atmosfera mentale non è più quella, è profondamente modificata l'idea che ciascuno
si fa della scienza (non l'hanno impicciolita, ma resa più duttile); AL CERTO SI E' SOSTITUITO
L'INFINITAMENTE PROBABILE E AL RIGOROSAMENTE MISURABILE L'ETERNA RELATIVITA' DELLA
MISURA. Il loro influsso si è fatto sentire anche sugli innumerevoli menti (e Bloch si mette tra questi)
che per la loro debolezza d'intelligenza e per la loro educazione non possono seguire questa
metamorfosi. Siamo ormai dunque meglio preparati ad ammettere che una conoscenza, anche se si
rivela incapace di dimostrazioni euclidee o di immutabili leggi di ripetizione, possa comunque
pretendere il nome di scientifica. Accettiamo molto più facilmente di fare della certezza e della
universalità una questione di grado. Non vogliamo più imporre a tutti gli oggetti del sapere un
modello intellettuale uniforme improntato alle scienze della natura fisica, poiché questo schema
anche in queste ultime scienze ha smesso di essere applicato in tutto e per tutto.

Bloch fa poi un appello ai giovani storici di professione affinché riflettano su queste esitazioni, questi
quotidiani pentimenti del mestiere di storico per prepararsi, con scelta deliberata, a guidare
ragionevolmente il loro sforzo, augurandosi di vederli sempre di più numerosi a questa storia allo
stesso tempo ampliata e spinta in profondità. Bloch afferma che lui non scrive per uso interno di
bottega e che a nessuno, neanche ai curiosi, ha pensato di nascondere le incertezze della scienza,
perché esse sono la giustificazione del mestiere di storico e danno freschezza agli studi.
L’incompiuto, se tende eternamente a superarsi, esercita su ogni spirito un po' ardente una
seduzione pari a quella della più perfetta riuscita. Il buon agricoltore, come ha detto PEGUY , ama
l’aratura e la semina quanto la mietitura.

Ogni conoscenza è semplicemente un frammento del moto universale verso la conoscenza. Per
capire bene e valutare i suoi procedimenti di investigazione sarebbe indispensabile collegarli
all'insieme delle tendenze che si manifestano, nello stesso momento, negli altri tipi di disciplina.

Bisogna presentarlo per quel che è: il memento di un artigiano che ha sempre amato meditare sul
proprio compito quotidiano, il taccuino di un operaio che, pur avendo a lungo maneggiato tesa e
livello, non si crede, perciò un matematico.

LA STORIA, GLI UOMINI, IL TEMPO

Il primo capitolo, usando lo stesso metodo già comparso nell'introduzione di porre domande alle
quali rispondere con approssimazioni successivamente più rifinite, si occupa dell'oggetto della
storia.

LA SCELTA DELLO STORICO


Il termine storia è ANTICHISSIMO! I sociologi del tempo di Durkheim gli danno un peso, anche se
finiscono per confinarlo in un misero angolino delle scienze dell’uomo, una specie di botola in cui
loro gettano tutto ciò che per loro è superficiale e casuale. Oggi;
• il termine non preclude a priori alcuna direzione di indagine;
• o che debba preferire l'individuo o la società;
• non contiene in sé alcun credo;
• non ha come obiettivo se non la ricerca.
Il concetto di storia è apparso circa due millenni di anni fa e da allora il concetto è mutato nel tempo,
non è rimasto stabile, ha cambiato di contenuto. Anche se fedele al suo glorioso nome ellenico, la
nostra storia, pertanto, non sarà proprio identica in tutto e per tutto a quella che scriveva ECATEO
DI MILETO.

LA STORIA E GLI UOMINI


Talvolta si definisce la storia come SCIENZA DEL PASSATO, ma questa è una definizione impropria!
L'idea stessa che il passato possa essere oggetto di scienza è assurda! Di fenomeni che non hanno
caratteri comuni se non quello di essere contemporanei, come si farebbe l’oggetto di una conoscenza
razionale senza preliminare decantazione?
Senza dubbio, alle origini della storiografia, gli antichi analisti spiegano alla rinfusa certi avvenimenti,
accaduti nel passato, il cui tratto comune era quello di essere avvenuti nello stesso momento (eclissi,
grandinate, comparsa di meteore improvvise ecc). In questa prima memoria confusa dell'umanità
(come quella di un bambino piccolo) è stata necessaria una CLASSIFICAZIONE. IL LINGUAGGIO DA
VOLENTIERI IL NOME STORIA A QUALCOSA CHE HA AVUTO UN CAMBIAMENTO NELLA DURATA DEL
TEMPO. L'abitudine è senza pericolo, perché non trae in inganno nessuno. Ad esempio, c’è una
STORIA DEL SISTEMA SOLARE, di competenza dell’astronomia, dato che gli astri non sono stati
sempre quelli nel corso del tempo, ma sono cambiati, così come c’è una STORIA DELLE ERUZIONI
VULCANICHE, di cui si occupa la fisica del globo. Insomma, si tratta di storia ma non rientra nella
storia degli storici.

COME SI DEFINISCE LA DIVISIONE DEI COMPITI? Qui Bloch fa un esempio per far capire meglio e
chiede quale disciplina avrebbe potuto occuparsi dell’insabbiamento dello ZWIN, un golfo profondo
sulla costa fiamminga. A logica si direbbe geologia, ma vedendo da vicino i fatti, le cose non sono
affatto così semplici. Bisogna indagare l’origine della sua formazione, entrando in un ambito che
risulta non essere più del geologo. Un nuovo problema viene dato dagli effetti: a poca distanza dal
golfo sorgeva una città. Bruges, che comunicava con esso attraverso un breve tratto di fiume, su cui
spediva e riceveva la gran parte delle merci. Si mostrarono, ogni giorno di più gli effetti della
colmatura effettuata (dighe, deviazioni di canale, prosciugamenti, tutti atti dell’uomo nati da bisogni
collettivi resi possibili solo da certa struttura sociale). Man mano che la superficie inondata arretrava,
Bruges spostava i suoi avamporti verso la foce, finendo poi per avere un declino (non fu l’unica causa
del declino ma la più rilevante). Ebbene, l'opera di una società che rimodella il suolo in cui vive
viene indicato come un fatto eminentemente storico!! Quindi si esce dal campo della geologia e si
entra in quello della storia, ma le due discipline non sono indipendenti l’un l’altra: esse devono avere
un punto di contatto per dare ogni tipo di spiegazione. Inoltre, dato un fenomeno di cui solo i suoi
effetti in discussione, esso viene definitivamente ceduto da una disciplina a un’altra.
Esistono varie discipline ( vulcanologia – sociologia – geologia) ma la STORIA VERA E PROPRIA HA
COME OGGETTO L'UOMO, O MEGLIO GLI UOMINI!!( Jules Michelet o Fustel de Coulanges ). Più che il
singolare, favorevole all’astrazione, il plurale rispecchia la relatività e conviene a una scienza del
diverso. Il bravo storico assomiglia a un orco di una fiaba; egli sa che laddove fiuta la carne umana,
là è la sua preda.

LA STORIA È SCIENZA O ARTE?;

- NEL 1800 I NOSTRI BISNONNI DISERTAVANO GRAVEMENTE LA QUESTIONE;

- NEL 1900 DEGLI SPECIALISTI DEL METODO SI INDIGNARONO DEL FATTO CHE, QUANTO AI
LAVORI STORICI, IL PUBBLICO ATTRIBUISSE UN’IMPORTANZA A ESSI ECCESSIVA, CHE ESSI
CHIAMAVANO “FORMA”, altre dispute che fanno capo alla Scolastica.
Ogni scienza ha un’estetica del linguaggio, che è il proprio. La storia si manifesta con metodi scientifici
e con trasposizione scritta, che ha una sua estetica. I fatti umani sono fenomeni assai delicati e molti
di essi sfuggono al calcolo matematico!! Per tradurli bene e capirli a fondo è necessaria una finezza
di linguaggio! Tra l’espressione della realtà del mondo fisico e quella della realtà del mondo
spirituale il contrasto è lo stesso che si pone tra fresatore e liutaio. Tutti e due lavorano al millimetro
ma;

- FRESATORE. Usa strumenti tecnici di precisione

- LIUTAIO. Si orienta, prima di tutto, con la sensibilità dell’orecchio e delle dita

Lo storico spesso procede a tatto, e non seguendo un'esattezza millimetrica come fosse un fresatore,
affidandosi quindi alla sua sensibilità, come fa il “liutaio!

IL TEMPO STORICO
La storia è scienza degli uomini, ma è ancora troppo vago; è LA SCIENZA DEGLI UOMINI NEL TEMPO!!
La storia è basata fortemente sul tempo e da essa dipende. E l'atmosfera in cui il pensiero dello
storico respira è la categoria della durata. Il tempo reale;
• E' UN CONTINUUM. Allo storico non interessa che Cesare ci mise 8 anni per conquistare la
Gallia, ma gli interessa collocare l’evento nel suo esatto ordine cronologico, a differenza della
geologia, a cui interessa ed è importante sapere se una certa metamorfosi è avvenuta oggi,
mille anni fa o avverrà domani. o per l’atomistica, in cui è necessario sapere il numero di
secondi, secoli, anni, che il corpo radioattivo necessiti per diventare una cellula.
• E' ANCHE UN CONTINUO CAMBIAMENTO.
Dall'antitesi di questi due attributi del tempo reale nascono i principali problemi della ricerca storica.
I fatti che avvengono all'interno di questo tempo sono incanalati cronologicamente e, in un arco
ragionevole, si influenzano tra loro. Dati due periodi successivi, in quale misura si dovrà ritenere la
conoscenza di quello più antico come necessaria o superflua per l’intelligenza di quello precedente?

L'IDOLO DELLE ORIGINI.


I nostri studi sono stati dominati dalla conoscenza del recente facendo affidamento al remoto.
L'idolo delle tribù degli storici ha un nome; L'OSSESSIONE DELLE ORIGINI, che nello sviluppo del
pensiero storico ha avuto anche una certa fortuna. Secondo Renan tra tutte le cose umane le origini
sono quelle che sono più degne di studio. Senza contare gli epigoni. Bloch si scaglia contro l’idolo
delle origini perché la ricerca delle origini di un fenomeno è inutile, in quanto un fenomeno può
anche non avere un’origine diretta, un’origine definita e ricostruibile.

COSA SI INTENDE PER ORIGINI? INIZI O CAUSE?;

- SIGNIFICA SEMPLICEMENTE INIZI? Sarà abbastanza chiaro. E’ una definizione che rimane
comunque sfuggente che ci si dimentica certe volte di fornire.

- SIGNIFICA CAUSE? In questo caso non ci saranno difficoltà se non quelle attinenti, per natura,
alle ricerche causali.

Tra i due significati avviene però una contaminazione che non è avvertita alle volte con chiarezza.
Nel vocabolario le origini sono un cominciamento che è sufficiente a spiegare. Ma la ricerca delle
origini di qualsiasi fenomeno è un'impostazione storica che ha portato a delle ambiguità; esso può
essere inizio o causa di un fenomeno.
Le scienze dell’uomo. Qui, ritardarono rispetto alle scienze naturali. Nel XIX secolo le scienze della
natura erano dominate dall' evoluzionismo biologico, un allontanamento progressivo dalle forme
ancestrali spiegandolo, a ogni tappa, con le condizioni di ambiente e di vita tipiche del periodo,
concetto mutuato dal Romanticismo tedesco. Questo era contemporaneo a quelli che venivano
chiamati preformisti, una filosofia ben anteriore alla nostra, dice Bloch, , che trovavano un formato
ridotto nello sperma o nell’ovulo. A questo si aggiunga anche l’esaltazione del primitivo, diffuso in
Francia, di cui furono eredi i pensatori della Germania romantica, abbellendolo di seduzioni
ideologiche prima di trasmetterlo agli storici.

Ma lo studio delle origini assunse un ruolo preponderante nella storia religiosa, perché
rappresentava un criterio importante per il VALORE STESSO DELLE RELIGIONI! In particolar modo
della religione cristiana. Al vero deista basta un’illuminazione interiore per credere in Dio, ma non
per credere al Dio dei Cristiani. Il cristianesimo in effetti è una RELIGIONE STORICA E I SUOI DOGMI
PRINCIPALI SI FONDANO SUGLI AVVENIMENTI. I cominciamenti della fede sono anche i suoi
fondamenti. E queste preoccupazioni si estero anche ad altri campi di ricerca , ma il voler
assiduamente cercare le origini di un fenomeno non è che un modo per giustificarlo e condannarlo
nel presente e ciò nasconde un altro diabolico nemico della storia vera e propria; LA MANIA DEL
GIUDIZIO! Per gli studi cristiani la conoscenza dei loro inizi è indispensabile per conoscere i fenomeni
religiosi attuali, ma non sono sufficienti per spiegarli. Per quanto intatta si supponga una tradizione,
resteranno sempre da individuare le ragioni del suo permanere. Ragioni che devono essere umane,
perché il provvidenziale sfugge alla scienza. In poche parole, non ci si chiede se Gesù sia morto in
croce e poi risorto, ma ci si chiede come mai tanti esseri umani credano in ciò. Sapere della
Crocifissione o della Resurrezione di Dio non basta per spiegare perché molti esseri umani vi credano.
La quercia nasce dalla ghianda, ma diventa quercia solo a determinate condizioni ambientali.

La storia religiosa qui è stata posta come esempio ma, a qualsivoglia attività il suo studio si dedichi,
l’interprete da sempre lo stesso errore: confondere spiegazione con filiazione.
Gli antichi studiosi di etimologia affermavano di aver detto tutto una volta messo il vecchio senso
conosciuto a fianco al significato attuale, senza spiegare qualche eventuale slittamento (ad esempio
“bureau” in francese che è passato da stoffa a burocrazia, o “timbre” da tamburo a bollo postale. La
confusione non è possibile perché le vecchie accezioni del vecchio nome si sono troppo allontanate
per lasciare un minimo rischio di confusione). Esempio più chiaro; ORIGINI DEL SISTEMA FEUDALE.
Dove cercarle? Alcuni rispondono “A Roma”, altri “In Germania” e i motivi fi questi miraggi sono
chiari. Sia a Roma che in Germania esistevano determinati usi (rapporti di clientela, compagnonnage
militare, che le generazioni posteriori, contemporanee, in Europa, dovevano mantenere, senza
modificarle di molto. Da ambedue le parti erano usate parole (come “beneficio” a Roma, “feudo” in
Germania) di cui queste generazioni persisteranno a servirsi pur attribuendo loro, poco a poco e
senza accorgersene, un contenuto innovativo; gli uomini non hanno l'abitudine di cambiare il
vocabolario ogni volta che mutano abitudine. Queste constatazioni sono certo dotate di un certo
interesse, ma non esauriscono il problema delle cause. Vi sono infatti delle condizioni favorevoli che
permettono a un fenomeno di manifestarsi in un dato modo; un fenomeno storico si spiega
pienamente al di fuori dello studio del momento in cui avviene. Ciò avviene in tutte le tappe
dell'evoluzione; sia in quelle che viviamo che in altre.

PASSATO E PRESENTE
Agli antipodi dei cercatori delle origini si collocano i DEVOTI DELL'IMMEDIATO. Essi concepiscono la
conoscenza del presente come qualcosa di completamente distinta dal passato. E questo va contro
quello detto all'inizio, ossia che attualmente noi riusciamo a comprendere il presente tramite il
remoto. Ma in verità presente e passato sono due realtà diverse, da tenere distaccate! IL PRESENTE,
NELL'INFINITO DELLA DURATA, E' UN PUNTO CHE SFUGGE SENZA POSA, UN ISTANTE CHE APPENA
NASCE SUBITO MUORE!!! Se io faccio una cosa nel presente, un secondo dopo è già passato.
Condannata a un’eterna trasfigurazione, una pretesa scienza del presente si trasformerebbe, in ogni
momento del suo essere, in scienza del passato. Nel linguaggio corrente il presente sta per passato
prossimo, anche se la nozione di prossimità;

- MANCA DI PRECISIONE;

- È IL PIU’ EFFIMERO DEGLI ATTRIBUTI.

IL MOMENTO ATTUALE E' UNA PERPETUA EVANESCENZA, E IL CONFINE TRA PRESENTE E PASSATO
NON SI SPOSTA CON UN MOVIMENTO MENO COSTANTE.

Nel flusso del tempo si ritiene di ritiene di poter circoscrivere una fase di estensione ridotta che
comprende, al suo arrivo, anche i giorni che noi viviamo, e in essa nulla, si direbbe, ha differenze
profonde col mondo con cui noi abbiamo dimestichezza; essa pare dotata, per questo, di un certo
grado di contemporaneità, e di qui il pregio (o il difetto) di non essere mescolata col passato. Un
maestro del giovane Bloch diceva “Dopo il 1830, non è più storia, è politica”. Ma Bloch va contro
questa affermazione dicendo che, dopo il 1830, non è né storia né politica, ma sociologia, o
addirittura giornalismo. Altri, senza capirsi bene su questa forma di ostracismo, affermano che non
è storia tutto quello dopo il 1914 o il 1940.

Alcuni studiosi concepiscono il presente come suscettibile di CONOSCENZA STORICA! Ma questo per
riservarne lo studio a discipline ben distinte da quella che ha per oggetto di studio il passato. Essi
considerano l’epoca in cui vivono separata da quelle che l’hanno preceduta, da contrasti troppo vivi
perché essa non abbia in sé la propria spiegazione. Siamo, per il momento, ancora all'interno di una
netta separazione tra presente e passato. QUESTA NETTA SEPARAZIONE E’ SORTA IN TEMPO MOLTO
RECENTI:

- Gli antichi storici greci, come un Erodoto o un Tucidide, non hanno mai sognato che per
spiegare il pomeriggio potesse essere sufficiente conoscere, al più, il mattino;

- Leibniz individuava tra i vantaggi della storia “le origini delle cose presenti ritrovate tra le
cose passate”;

- Michelet affermava che CHI VORRA' ATTENERSI AL PRESENTE, ALL'ATTUALE, L'ATTUALE


NON LO SAPRA' MAI! Una realtà non la si comprende in modo migliore se non attraverso le
sue cause!;

LO SCAMBIO TRA GENERAZIONI → Dopo Michelet accadde un gran fatto: che le successive
rivoluzioni delle tecniche hanno allargato l’intervallo psicologico tra le generazioni. Non senza
motivo, l’uomo dell’elettricità e degli aerei si sente così lontano dai suoi avi, traendo la conclusione
di non essere più da loro determinato. Ma per mettere in moto o riparare una dinamo bisogna aver
capito le vecchie regole di Volta sul galvanismo? La risposta è no, per comprendere i grandi problemi
umani del momento, e per tentare di risolverli, non è necessario analizzare quelli precedenti. E alcuni,
basandosi su questo pensiero, fanno coro dicendo che “Come spiegazione del presente, la storia si
ridurrebbe quasi allo studio del periodo contemporaneo”
Il privilegio di auto – intelligibilità conosciuta al presente poggia su una serie di postulati! Suppone
innanzitutto che le condizioni umane abbiano subito, nell’ intervallo di due o più generazioni, un
cambiamento non solo molto rapido, ma totale, sicché nessuna istituzione un po' antica, nessun
modo d’agire tradizionale, sfugge alle rivoluzioni del laboratorio o dell’officina. L'uomo passa gran
parte del suo tempo a montare meccanismi, dei quali poi rimane prigioniero e non si possono
contestare lo spreco di forze impiegate per ciò! I viaggiatori che osservano le campagne del Nord,
nonostante le modifiche apportate dalle varie proprietà, restano affascinati dal disegno dei campi,
dalla naturalezza delle siepi. Come si spiega tutto ciò? Con il Codice civile e i suoi effetti, hanno
risposto dei pubblicisti troppo frettolosi che dicevano che modificando le leggi sull’eredità si
cancellava tutto. Questa struttura risale a un’origine così remota che non un solo studioso è riuscito
a darne conto in modo soddisfacente! Poiché l'errore riguardante la causa si prolunga, L'IGNORANZA
DEL PASSATO NON SI LIMITA A NUOCERE ALLA COMPRENSIONE DEL PRESENTE MA
COMPROMETTE ANCHE, NEL PRESENTE, L'AZIONE MEDESIMA. Vi è di più: affinché una società
abbia potuto essere determinata per intero dal momento anteriore a quello che essa viva, un
sistema così impostato non basterebbe, e ci sarebbe bisogno che gli scambi tra generazioni
avvenissero soltanto, per così dire, in fila indiana, non avendo i bimbi contatti con i loro avi se non
avendo come intermediari i loro padri. Ma, dato che i genitori sono occupati tutto il giorno con i
lavoro, a badare all’educazioni dei bimbi ci pensano i nonni, facendo un salto indietro, scavalcando
la generazione eminentemente apportatrice di cambiamenti, METTENDO IN COMUNICAZIONE I
CERVELLI PIU’ MALLEABILI CON QUELLI PIU’ CRISTALLIZATI.

LA SOCIETA' VIVE IN UN DATO MOMENTO STORICO E LA SUA CREAZIONE DOVREBBE ESSERE


AVVENUTA IN UN MOMENTO ANTECEDENTE A QUESTO PERIODO STORICO IN CUI ESSA VIVE; MA
PER FAR SI CHE SIA POSSIBILE ESSA DEVE DOTARSI DI UNA STRUTTURA CHE SIA ADATTA A POSSIBILI
CAMBIAMENTI. E' il concetto fondamentale della storia, come abbiamo visto. Il cambiamento
rappresenta il sostegno, lo scheletro di una società e se non sono possibili cambiamenti la società si
fissa in una certa fissità che esclude qualsiasi rapporto con la storia.

All'interno di questa distinzione tra presente e passato, dove abbiamo visto le opinioni dei devoti
immediati e di coloro che attribuiscono al presente la concezione di conoscenza storica, si può
trovare un'altra fondamentale distinzione; quella tra ;
• COMUNICAZIONE SCRITTA;
• COMUNICAZIONE ORALE.
Tutto quello che è stato detto finora vale sia per la tradizione scritta che per quella orale. A ogni
nuova formazione dello spirito si fa un passo indietro, scavalcando la generazione apportatrice di
cambiamenti, METTENDO IN COMUNICAZIONE I CERVELLI PIU' MALLEABILI con quelli più
CRISTALLIZATI. Lo scritto facilita questi passaggi che determinano la continuità della civilizzazione.
Calvino, Lutero, Loyola, sono uomini di altri tempi che lo storico per capirli, e farli capire, deve
immergerli nel momento storico in cui essi hanno vissuto, nell’atmosfera mentale del proprio tempo,
faccia a faccia con i problemi di coscienza, che non erano come quelli attuali.

L'errore è che si rappresenta il corso dell'evoluzione umana come una serie di scosse, ciascuna delle
quali non durerebbe lo spazio di alcune esistenze. Ma le grandi vibrazioni sono in grado di propagarsi
dalle molecole più lontane a quelle più vicine.

Tra le cose del passato, quelle che hanno smesso di condizionare il presente le si riterranno inutili
alla sua intelligenza? Ciò significherebbe dimenticare che non c’è conoscenza autentica senza
comparazione, a condizione che il confronto avvenga tra realtà sia diverse che affini. Abbiamo quindi
visto che la storia si applica a qualcosa che ha avuto un cambiamento. Machiavelli, Hume o Bonald
pensavano che nel tempo vi sia “almeno qualcosa di immutabile”; L'UOMO! Ma oggi non riteniamo
più valido questo pensiero: l'uomo è cambiato molto, nello spirito ma anche nei meccanismi del
corpo!! Ma, nonostante ciò, è necessario che nelle società e nella natura umana rimanga un FONDO
PERMANENTE!! Senza di esso i nomi stessi di società o di uomo non varrebbero niente!

PASSATO E PRESENTE SONO INTERCONNESSI TRA LORO!!! I NESSI DI INTELLEGGIBILITA' SONO TRA
DI ESSI RECIPROCI;
• L'INCOMPRENSIONE DEL PRESENTE NASCE DALL'IGNORANZA DEL PASSATO;
• IN VIRTU' DI QUESTO E' INVANO AFFATICARSI NEL COMPRENDERE IL PASSATO SE NON SI SA
IL PRESENTE.
La capacità di afferrare il vivente è la qualità sovrana dello storico. Dalle nostre esperienze quotidiane
noi chiediamo gli elementi che ci permettono di ricostruire il passato (Bloch fa riferimento alla sua
esperienza da soldato. Prima di essere soldato aveva scritto di guerre ma non conosceva cosa voleva
dire una disfatta per un popolo, e prima di aver assaporato una vittoria non sapeva cosa racchiudeva
questa parola). L’uomo che non guarda intorno a sé né le cose né gli avvenimenti, né gli uomini,
meriterebbe, come disse Pirenne, il nome di prezioso antiquario (che ha occhi solo per le cose
vecchie). Opererà saggiamente, rinunciando al ruolo di storico.

Nel rapporto tra presente e passato succede alle volte che LA CONOSCENZA DEL PRESENTE SERVA
DI PIU' RISPETTO ALL'INTELLIGENZA DEL PASSATO. Sarebbe grave credere che l'ordine adottato dagli
storici nelle loro ricerche debba modellarsi solo sugli avvenimenti. Il procedimento di ogni ricerca è
andare dal più conosciuto a ciò che è più oscuro. Noi siamo incomparabilmente meno informati, per
esempio, sul secolo X che sull’epoca di Cesare e di Augusto, ma nella maggior parte dei casi i periodi
più vicini coincidono con le zone di relativa chiarezza. Quindi nel cercare la chiarezza di deve far
riferimento al presente, perché se noi facessimo affidamento al passato (partendo dall’indietro per
arrivare al davanti), semplicemente perderemmo tempo a cercare gli inizi e le cause dei fenomeni,
ritenuti immaginari all’esperienza. Per raggiungere la chiarezza è proprio fino al presente che bisogna
arrivare: il nostro paesaggio rurale risale a epoche assai remote, ma per averne solo l’idea bisogna
soddisfare una prima condizione: osservare e analizzare il paesaggio di oggi, che dava la prospettiva
d’insieme da cui era necessario partire. Non significa sovrapporla alle diverse fasi del passato
successivamente incontrate, risalendole una dopo l’altra, ma è un cambiamento che lo storico vuole
cogliere.

UN'ESPERIENZA TOTALE DELL'UMANITA' E' DIFFICILE DA OTTENERE PERCHE' LA VITA E' TROPPO
BREVE E LE CONOSCENZE DA ACQUISIRE SONO TANTE!! Una scienza non si definisce unicamente
attraverso il suo oggetto e i suoi limiti possono parimenti essere fissati dalla natura dei suoi metodi.
Ma nella pellicola che prende in esame, solo l’ultimo fotogramma è quello intatto.

Un ultimo interrogativo è; a seconda che noi facciamo riferimento al presente o al passato, le


tecniche di ricerca dovrebbero essere considerate radicalmente diverse? Ciò significa porre il
problema dell'osservazione storica.

L'OSSERVAZIONE STORICA
Se il primo capitolo si occupava dell'oggetto della storia, il secondo capitolo invece si occupa degli
strumenti della storia

CARATTERI GENERALI DELL'OSSERVAZIONE STORICA


Un primo concetto importantissimo è che lo storico non partecipa direttamente e quindi non può
verificare di persona i fatti che egli descrive (nessun egittologo ha visto Ramset, nessuno specialista
delle guerre napoleoniche ha udito il cannone di Austerlitz). Delle età che ci precedono non
sapremmo dunque parlare se non sulla base di testimoni, nei cui confronti ci troviamo come nella
situazione del giudice istruttore che si sforza di ricostruire un delitto che non ha assistito affatto. In
poche parole, all’opposto della conoscenza del presente, quella del passato sarebbe
necessariamente indiretta! Un comandante in capo, che per ipotesi ha ottenuto una vittoria, cha
ha concepito il piano di battaglia e l’ha diretta e cha ha potuto osservare la mischia sotto i suoi occhi,
si affiderà comunque sui rapporti dei suoi luogotenenti. Una domanda da porsi: quali informazioni
li siano servite di più? Ben di rado il condottiero si accontenta di essere testimone a sé stesso. E che
cosa rimane di questa osservazione diretta, privilegio dello studio del presente?

L’osservazione diretta non è quasi mai altro che un’illusione; qualsiasi raccolta di cose viste è un
insieme di cose viste da altri. Quindi dell'immenso tessuto degli avvenimenti, delle gesta, delle
parole di cui è composto il destino di un gruppo umano, l'uomo non coglie mai se non un angolino,
segnato dai suoi sensi e dalla sua capacità di attenzione. Questo perché dispone appena della
conoscenza immediata dei suoi personali stati mentali; per qualunque conoscenza dell'umanità
attingerà sempre alla testimonianza altrui per gran parte della sua sostanza.

Ma l’osservazione del passato, anche di un passato molto remoto, è proprio certo che sia così
indiretta? E’ ben chiaro che la lontananza tra oggetto della conoscenza e ricercatore si è imposta con
forza, perché si pensava inizialmente e unicamente a una storia di avvenimenti, cioè di episodi,
descrivendo esattamente gli atti, i detti e gli atteggiamenti di alcuni personaggi, riuniti come in una
tragedia classica con tutti gli elementi di crisi del momento: giornata rivoluzionaria, abboccamento
diplomatico, battaglia.
Lo storico, in confronto al buon testimone del presente, è in una posizione un po' umiliante, posto
alla coda di una colonna in cui gli avvisi si trasmettono, partendo dalla testa, da una fila all’altra, e
non è una posizione favorevole per venir informato con certezza.

Esempio → Nelle mura di alcune cittadelle siriache innalzate alcuni millenni prima di Cristo, gli
archeologi hanno trovato, ai giorni nostri, in mezzo al pietrisco, vasi pieni di scheletrini infantili, e
siccome sicuramente non sono finite lì a caso, sicuramente ci potremmo trovare davanti a resti di
sacrifici umani compiuti proprio durante la costruzione, e ad essa legati. Quanto alle credenze del
tempo, che si esprimono con questi riti, sarà necessario:

- Affidarci a testimonianze del tempo;


- Procedere per analogia con l’aiuto di altre testimonianze.

Il fatto che noi attingiamo alla conoscenza altrui e a cose viste da altri si spiega per il semplice fatto
che queste sono l'unica prova di quei fatti che stiamo studiando e nel ragionamento che ci permette
di passare dall'oggetto effettivamente constatato al fatto di cui questo oggetto apporta la prova non
vi è nulla che abbia richiesto, tra la cosa e noi, l'interposizione di un altro osservatore. LA
CONOSCENZA INDIRETTA, SECONDO ALCUNI SPECIALISTI DEL METODO, E' QUELLA CHE ARRIVA ALLA
MENTE DELLO STORICO SE NON ATTRAVERSO IL CANALE DI MENTI UMANE DIVERSE! Non si vede
per quale motivo questo anello debba essere necessariamente di natura umana. Accettiamo
comunque l’uso comune.

Altro esempio → Nelle tombe regali di Ur, in Caldea, sono stati rinvenuti grani di collane in
amazzonite. Dal momento che i giacimenti più vicini di questo materiale si trovano nel cuore
dell’India, o nei dintorni del lago Baikal, sembrò imporsi la conclusione che, sin dal terzo millennio
prima della nostra era, le città del Basso Eufrate intrattenevano relazioni di scambio con terre
estremamente lontane. L’induzione potrà sembrare corretta o debole ma, comunque la si giudichi,
si tratta di un’induzione di tipo più classico; SI TRATTA DELLA CONSTATAZIONE DI UN FATTO CHE
NON PREVEDE LA PAROLA DI QUALCUN ALTRO! I documenti materiali, però, non sono gli unici che
vengono recepiti così immediatamente; anche la selce tagliata dall’artigiano dell’età della pietra, un
tratto del linguaggio, una regola di diritto inserita in un testo, un rito fissato da un libro di cerimonie
ecc sono realtà che cogliamo noi stessi e che mettiamo a frutto grazie a uno sforzo della nostra
intelligenza. Lo storico non giunge mai alla fine delle sue riflessioni se non ha avuto un minimo di
esperienza ma, se le circostanze lo favoriscono, l’esperienza avrà lasciato dei residui che non gli è
permesso percepire coi suoi occhi.

Lo storico non fa che descrivere le testimonianze scritte e non scritte del passato e quindi si può
parlare non di conoscenza storica diretta ma di CONOSCENZA PER TRACCE! Di fronte a qualsiasi tipo
di testimone, cosa intendiamo, in effetti, con documenti, se non una traccia che ha lasciato un
fenomeno altrimenti impossibile a cogliersi? Poco importa che l’oggetto originario si trovi
inaccessibile alla sensazione, come l’atomo la cui traiettoria è resa visibile nella camera di Wilson, o
che esso sia divenuto tale solo oggi, per effetto del tempo, come la felce, marcita da millenni, la cui
impronta rimane sul blocco di carbon fossile: il processo di ricostruzione è lo stesso e tutte le scienze
offrono numerosi esempi.

E' scontato che i fenomeni umani un po' complessi sfuggano alla possibilità di una riproduzione o di
una determinazione volontaria. Quando questi avvenimenti avvengono nel presente o nel passato
più prossimo l'osservatore non si trova egualmente disarmato davanti alle sue tracce! Egli può
richiamare alcune di esse all'esistenza; si tratta di RAPPORTI DEI TESTIMONI. Il 5 dicembre 1805,
l’esperienza di Austerlitz non era suscettibile di replica più di quanto lo sia ai giorni nostri. Cosa
aveva fatto, dunque, durante la battaglia questo o quel reggimento? Se Napoleone ha voluto, poche
ore dopo la vessazione del fuoco, informarsi sul merito, gli sono bastate due parole affinché un
ufficiale gli preparasse un rapporto. A che fine ha fatto questo rapporto? È stato perso o non è stato
mai steso? Immaginiamo che tutti gli ufficiali siano stati uccisi o che tra i sopravvissuti non ci fosse
nessuno la cui memoria meritasse fiducia. Napoleone sarebbe stato nella condizione in cui siamo
noi; può capitare che un particolare, talvolta decisivo, diventi, in poche ore, difficile da ricostruire.
La differenza tra la ricerca sul lontano e l'inchiesta sul vicinissimo è solo di grado e non tocca la
sostanza dei metodi.

Se il passato è un dato che non può più essere modificato, ben più in evoluzione è la conoscenza che
si può avere di esso, che si perfeziona e si trasforma "senza posa".
GLI ESPLORATORI DEL PASSATO NON SONO UOMINI TOTALMENTE LIBERI; IL PASSATO E IL LORO
TIRANNO!! Proibisce loro di venire a conoscenza di qualunque cosa su di esso che esso stesso non
abbia consentito a lasciar loro conoscere. Noi non stabiliremo mai una statistica dei prezzi in età
merovingia, perché nessun documento ha registrato questi prezzi in quantità sufficiente. Non
penetreremo mai così bene la mentalità degli europei dell’ XI secolo come siamo in grado di fare, ad
esempio, per i contemporanei di Pascal o di Voltaire: perché su di loro non abbiamo né lettere
(private) né confessioni, ma su alcuni di loro abbiamo solo cattive biografie in stile convenzionale. A
causa di questa lacuna, tutt’una parte della nostra storia assume necessariamente la fisionomia di
un mondo senza individui.

E' sempre spiacevole dire; NON SO, NON POSSO SAPERE. Non bisogna dirlo se non dopo aver
energicamente , disperatamente cercato. Ma ci sono momenti in cui il dovere più categorico dello
studioso è quello di arrendersi all' ignoranza e ammetterlo onestamente!
Il passato, in sostanza, ci ha lasciato delle tracce, VOLONTARIE O INVOLONTARIE, che però risultano
INCOMPLETE. Ad esempio, all'interno di una battaglia anche il testimone più scrupoloso ha visto
solo una parte dei fatti. E all'ignoranza e alla mancanza di conoscenza si arriva quando si è in
mancanza di tracce.

LE TESTIMONIANZE
le testimonianze possono essere;

• VOLONTARIE (come il libro di storia di Erodoto di Turi)


• MENO VOLONTARIE (guide di viaggio nell'aldilà trovate nelle tombe dei faraoni).

Quando noi leggiamo qualcosa a scopo informativo (che sia Erodoto o i resoconti dati da giornali
tedeschi e inglesi su un attacco a un convoglio del Mediterraneo) ci conformiamo esattamente a ciò
che gli autori e gli scritti si riproponevano da noi. Al contrario il papiro dei morti era letto solo
dall'anima in pericolo e veniva capito solo dagli dèi; l'uomo delle palafitte che gettava i rifiuti della
sua cucina nel lago dove oggi sono stati trovati dall'archeologo, lo faceva solo per pulire la sua
capanna! Non c'era posto per ragguagliare l'opinione dei contemporanei o dei futuri storici.

Le FONTI NARRATIVE, ossia quelle volutamente dedicate all'informazione del lettore, non hanno
smesso di fornire un aiuto prezioso al ricercatore; ESSE SONO LE UNICHE CHE FORNISCONO UN
INQUADRAMENTO CRONOLOGICO PIU' CONTINUO. Ma nonostante tutto è nelle testimonianze
indirette che si pone maggiore fiducia; si parla di TESTIMONI LORO MALGRADO. Si confronti la storia
romana quale la scrivevano Rollin o lo stesso Niebuhr con quella messa oggi sotto i nostri occhi da
un qualsiasi compendio: la prima traeva il meglio della propria sostanza da Tito Livio, da Svetonio o
da Fioro, la seconda è costruita in gran parte in base a iscrizioni, papiri, monete. Interi brani del
passato hanno potuto essere costruiti in questo modo;

• PREISTORIA;
• STORIA ECONOMICA;
• QUASI TUTTA LA STORIA DELLE STRUTTURE SOCIALI;
• PERSINO NEL PRESENTE, SI PREFERIREBBE AVERE UN DOCUMENTO SEGRETO DI
CANCELLERIA, QUALCHE CONFIDENZIALE RAPPORTO DI COMANDANTI IN CAPO, AL POSTO
DEI GIORNALI DEL 1938 O DEL 1939.

NON SI DEVE PERO' CREDERE CHE QUESTI DOCUMENTI SIANO DEL TUTTO PRIVI DI ERRORE E DI
MENZOGNE PIU' DI ALTRI, MA QUI LA DEFORMAZIONE NON È STATA CONCEPITA MIRANDO
PRINCIPALMENTE AI POSTERI.

INDIZI CHE IL PASSATO LASCIA CADERE SUL SUO CAMMINO;

• CI PERMETTONO DI SUPPLIRE AI RACCONTI, ALLORCHE' QUESTI DIFETTINO;


• CONTROLLARE I RACCONTI, SE LA LORO VERIDICITA' E' SOSPETTA;
• TENGONO LONTANO DAI NOSTRI STUDI UN PERICOLO PIU' MORTALE DELL'IGNORANZA O
DELL'ESATTEZZA; LA SCLEROSI!! Infatti, senza il loro aiuto lo storico, ogni volta che si china
sulle generazioni scomparse, diventerebbe immediatamente prigioniero dei pregiudizi, delle
false prudenze e della miopia a cui è sottoposto dalla vista di quelle generazioni. La storia, a
posto di diventare esploratrice delle età passate, rimane ALUNNA IMMOBILE DELLE LORO
CRONACHE. Questa antitesi era una delle più care a MICHELET! Si fa l'esempio di un
medievalista, che darebbe poca importanza al movimento comunale perché gli scrittori del
medioevo non intrattenevano molto il pubblico con esso; tale movimento occupava nel corso
della storia un posto più ristretto rispetto alla guerra dei Baroni.

PER TUTTO QUESTO CIO' CHE DICONO I TESTI ALL'INTERNO DI UNA TESTIMONIANZA VOLONTARIA
HA SMESSO DI ESSERE OGGETTO PREFERITO DELL'ATTENZIONE DEGLI STORICI. E' più interessante
ciò che viene lasciato intendere e non ciò che è detto espressamente! Fra le vite dei santi dell’Alto
Medioevo, almeno i tre quarti non riescono a insegnarci alcunché di solito dei personaggi di cui
vorrebbero descrivere la sorte. Le interroghiamo, invece, sui modi di vivere e di pensare tipici delle
epoche in cui furono scritte, cose che l’agiografia non aveva la minima intenzione di esporci.
Nell'evitabile nostra subordinazione al passato, noi ci emancipiamo, nel senso che noi pur essendo
condannati a conoscerlo attraverso delle tracce, noi conosciamo di più rispetto a quanto esso aveva
intenzione di farci conoscere. E' UNA RIVINCITA DELL'INTELLIGENZA SU UN MERO DATO DI FATTO!

Gli storici non sono più rassegnati a registrare puramente e semplicemente le parole dei testimoni,
ma intendono farli parlare!! Per questo si impone un QUESTIONARIO. È la prima necessità di una
ricerca storica ben condotta! BISOGNA INTERROGARE LE FONTI!
In principio ci sono i DOCUMENTI; lo storico li raccoglie, li legge e ne valuta l'autenticità e la veridicità.
Solo dopo ciò li utilizza. Ma c'è solo un difetto; NESSUNO STORICO HA MAI PROCEDUTO IN QUESTA
MANIERA!! Ogni ricerca storica predispone, dal principio, una DIREZIONE DI MARCIA; c'è una mente
pensante, uno spirito. Mai l'osservazione passiva ha prodotto qualcosa di fecondo. Le fonti, i
documenti, non parlano! Parlano solo quando li sappiamo interrogare, sennò stanno muti, zitti e
non dicono niente.
Capita spesso che il questionario resti puramente istintivo, tuttavia esso c'è! I quesiti dello storico gli
sono stati dettati dalle affermazioni o dalle esitazioni che misteriosamente sono state inserite nel
suo cervello dalle sue esperienze, dalla tradizione, dal senso comune o di sovente dai pregiudizi. Non
si è mai tanto ricettivi come quando si pretende di non esserlo. A un principiante non si può dare
consiglio peggiore di quello di attendere, in un atteggiamento di apparente sottomissione,
l'ispirazione del documento. In tal modo, più di una ricerca volonterosa è stata condannata
all'insuccesso o a restare insignificante.
Questa scelta di questioni deve essere DUTTILE, capace sempre più di arricchirsi di nuovi punti,
aperto alle sorprese, e servire in tutto e per tutto le limature del documento. L'itinerario che
l'osservatore stabilisce dall'inizio egli sa già che non lo seguirà passo passo. Ma se non ne ha uno
rischia di errare a caso per l’eternità.
La verità delle testimonianze storiche è pressoché infinita; tutto ciò che l'uomo tocca, tutto ciò di cui
esso dice e scrive può e deve dare informazioni su di lui. Le persone estranee al mestiere di storico
valutano inesattamente tali possibilità perché si affidano ancora a una concezione antiquata della
nostra scienza; quella del tempo in cui si sapevano leggere solo le testimonianze volontarie. Paul
Valery rimproverava la storia tradizionale di lasciare nell'ombra fenomeni considerevoli e gravidi di
conseguenze, e proponeva come esempio LA CONQUISTA DELLA TERRA MEDIANTE L'ELETTRICITA'.
Valery afferma criticamente che quei fenomeni sfuggono necessariamente allo storico perché
nessun documento li ricorda esplicitamente. Ma la sua accusa fallisce il bersaglio. Le aziende
elettriche, infatti, hanno i loro archivi, le loro statistiche dei consumi, le loro carte di diffusione delle
reti. E gli storici hanno trascurato, facendo male, questi documenti, a meno che la responsabilità non
cada sui custodi, forse troppo gelosi di tanti bei tesori.

Sarebbe un'illusione credere che di fronte a ogni problema storico c'è solo un tipo di documenti,
preposto a quell'uso. Più la ricerca si sforza di raggiungere i fatti profondi, meno le è permesso di
trarre chiarezza se non da testimonianze molto diverse per natura (Quale storico delle religioni si
contenterebbe di consultare i trattati di teologia o le raccolte di inni? Egli lo sa bene: le immagini
dipinte o scolpite sui muri dei santuari, la disposizione e l'arredamento delle tombe possono dirgli,
sulle credenze e le sensibilità morte, almeno quanto molti scritti). Man mano che ci avviciniamo al
nostro tempo queste esigenze cambiano, ma non diventano per questo meno imperiose. Per
comprendere le società di oggi, si crederà che basti immergersi nella lettura dei dibattiti
parlamentari o nei documenti di cancelleria? Non occorre saper interpretare anche un bilancio di
banca, testo, per il profano, più ermetico di molti geroglifici.

SE OGNI PROBLEMA UMANO RICHIEDE L'USO DI TESTIMONIANZE DIVERSE, E' INVECE NECESSARIO
CHE LE TECNICHE ERUDITE SI DISTINGUANO A SECONDA DEL TIPO DI TESTIMONIANZE. Pochissimi
studiosi, per esempio, possono vantarsi di essere egualmente bene addestrati a leggere e ad
esaminare criticamente una carta medievale, a interpretare correttamente i nomi di luogo (che sono,
anzitutto, fenomeni linguistici), a datare senza errore i residui dell'habitat preistorico, celtico, gallo-
romano. Eppure, come pretendere, senza tutto ciò, di descrivere la storia della occupazione del suolo?
Poche scienze, credo, sono costrette a usare simultaneamente tanti strumenti dissimili. Ciò dipende
dalla complessità che distingue i fatti umani fra tutti gli altri, perché l'uomo è situato sulla punta
estrema della natura. C'è BISOGNO DI UN LUNGO APPRENDIMENTO E DI PRATICA COSTANTE.
E' necessario che ogni storico possieda un'infarinatura di tutte le principali tecniche del suo mestiere,
per valutare in partenza la potenza dello strumento e le difficoltà nel suo uso. Però rimane
comunque necessario sostituire alla molteplicità di competenze tecniche di un solo uomo un
'alleanza di tecniche, praticata da diversi studiosi, ma rivolte all'immagine di un unico tema. La
soluzione è il lavoro d'equipe. Esige anche la definizione preliminare, ottenuta di comune accordo,
di alcuni grandi problemi dominanti. Siamo ancora troppo lontani da simili conquiste. Eppure, esse
determineranno in gran parte, non vi è dubbio, l'avvenire della storiografia.

LA TRASMISSIONE DELLE TESTIMONIANZE.


Uno dei compiti più difficili dello storico è la raccolta dei documenti di cui ha bisogno. Non potrebbe
affatto riuscirci senza l'aiuto di alcune guide;
• INVENTARI DI ARCHIVI;
• BIBLIOTECHE;
• CATALOGHI DI MUSEI;
• REPERTORI BIBLIOGRAFICI
Se ad esempio sono un appassionato alla storia del culto dei santi e ignoro la Bibliotheca
Hagiographica Latina dei Padri bollandisti difficilmente, se non sono uno specilialista, potrei
immaginare gli sforzi inutili che questa lacuna potrebbe arrecarmi.

Essi però non sono ancora numerosi, soprattutto per le epoche più lontane da noi. E la loro redazione,
soprattutto in Francia, non segue un piano di insieme razionalmente conseguito. Inoltre, è troppo
spesso lasciato al capriccio dei singoli o alla parsimonia mal informata di qualche casa editrice.
Lo strumento non fa la scienza, ma una società che abbia il pretesto di rispettare la scienza non può
disinteressarsi dei suoi strumenti. Sarebbe però saggio non affidarsi troppo, per questo, a corpi
accademici, il cui reclutamento non dispone particolarmente allo spirito d'iniziativa.

Per quanto ben fatti questi indicatori stradali non sarebbero d'ausilio al lavoratore se questi non
avesse già idea del terreno da esplorare. I documenti, al contrario di ciò che pensano i principianti,
non escono fuori così, per qualche volere degli dei. L'assenza di un libro in una biblioteca, ad esempio,
dipendono da cause umane, che non sfuggono affatto all’analisi!!I problemi della loro trasmissione
toccano nell'intimo la vita del passato e tale trasmissione mette in gioco il passaggio del ricordo tra
le generazioni. In testa ai lavori storici “seri” l'autore colloca generalmente la lista dei fondi d'archivio
da lui utilizzati, ma non basta: ogni libro di storia dovrebbe contenere un capitolo o una serie di
paragrafi il cui titolo potrebbe essere “Come posso sapere ciò che mi accingo a dirvi?” A leggere
queste confessioni anche i lettori non specialisti troverebbero un piacere intellettuale.

Di fronte a degli studiosi che vogliono scrivere la storia del loro villaggio Bloch risponde; “Le comunità
rurali non hanno posseduto degli archivi, se non raramente e tardi. Le signorie, invece, fin dalle loro
origini hanno sempre avuto i loro incartamenti. Per tutto il periodo precedente al 1789 quindi gli
unici documenti di cui tali studiosi possono servirsi sono di derivazione signorile. E quindi
bisognerebbe sapere chi fosse stato, nel 1789, il signore di quel villaggio. Ci sono 3 possibilità di
appartenenza;
1. chiesa;
2. laico emigrato durante la rivoluzione
3. laico che non emigrò mai.
La conservazione può essere garantita solamente nel primo caso, perché la cosa peggiore che
potrebbe essere successa è che il fondo documentario sia stato solamente confiscato in applicazione
della Costituzione civile del Clero, ma esiste ancora. Niente è andato distrutto.” Il secondo caso merita
ancora un giudizio positivo, perché anche in questo caso potrebbe essere stato sequestrato o
trasferito; il rischio maggiore è quello di una distruzione deliberata, come ricordo di un regime
aborrito. Nell’ultima possibilità i nobili decaduti che non lasciavano la Francia né cadevano sotto la
sferza delle leggi di Salute pubblica, non erano affatto colpiti nei loro beni, senza dubbio perdevano
i loro diritti signorili, dal momento che erano stati universalmente aboliti, conservando però l’insieme
delle personali proprietà private, e quindi i loro dossier d’affari. Non essendo mai state reclamate
dallo Stato, le carte che cerchiamo avranno semplicemente subito, nel corso dei secoli XIX e XX, la
sorte comune a tutti i documenti di famiglia, ossia smarrite, rosicchiate dai topi, o disperse per effetto
di vendite o eredità.
Bloch cita questo esempio semplicemente per spiegare le condizioni che più di frequente limitano
la documentazione!

LA CATASTROFE → Le confische rivoluzionarie qui hanno dato una grandissima mano al ricercatore,
permettendo a quei documenti di non andare persi, ma non si può dire che i grandi disastri
dell’umanità abbiano sempre servito alla storia (ad esempio le guerre mondiali hanno eliminato
grandi monumenti e documenti d'archivio). Si può anche pensare al ragionamento opposto; una
placida e tranquilla vita sociale non sempre favorisce la trasmissione del ricordo; sono le CATASTROFI
(es. Vesuvio e Pompei e le confische degli archivi ecclesiastici e aristocratici ai tempi della rivoluzione
francesi) e le rivoluzioni che aprono le porte delle casseforti e costringono i ministri alla fuga, prima
che abbiano il tempo di bruciare i loro documenti segreti. (es. grazie al perdurare delle istituzioni
monastiche nel 1789 l'abbazia di Saint – Denis possedeva ancora i diplomi che le furono concesse
mille anni prima dai re merovingi. Se tale abazia fosse sopravvissuta, siamo sicuri che avrebbe
permesso di frugare nelle sue casse? Forse si comporterebbe come la Compagnia di Gesù, che non
permette al profano di accedere alle sue collezioni di documenti). Ecco dove lo storico del presente
si trova nettamente svantaggiato: EGLI RESTA DEL TUTTO PRIVO DI QUELLE CONFIDENZE
INVOLONTARIE. IN POCHE PAROLE; UN CATACLISMA, UNA CATASTROFE, E' PIU' UTILE PER LA
TRASMISSIONE DEI DOCUMENTI, a meno che non porti distruzione totale (posso fare riferimento ai
giorni nostri e alle distruzioni dell' Isis al patrimonio storico, soprattutto a Palmira. In quel caso la
distruzione distrugge le testimonianze del passato). Questo fino a quando le società, rinunciando di
rimettersi per questo bisogno alle loro tragedie, consentiranno a organizzare razionalmente la
conoscenza di sé. Questo avverrà solo quando le società riusciranno a combattere i principali nemici
della trasmissione dei documenti;
• LA NEGLIGENZA, che smarrisce i documenti;
• LA MANIA DEL SEGRETO, che può smarrire o disperdere i documenti. (sarebbe un “segreto
professionale” alla fine. Il notaio non svelerà le operazioni del cliente ad esempio).
A volte poi la maggiore o minore presenza di testimonianze è dovuta a a fatti del tutto contingenti,
come il clima o l'indole di singole persone, ma questa impotenza dello storico davanti alla mancanza
dei documenti non deve far tramontare la speranza verso ritrovamenti imprevedibili e imprevisti.
LA nostra civiltà, quindi, non permette scambi di informazioni, e sarà fatto un grande passo in avanti
quando lo permetterà!

Torniamo al villaggio → La perdita dei documenti in questo caso è dovuta a FORZE STORICHE DI
CARATTERE GENERALE; esse non presentano tratto alcuno che non sia perfettamente intellegibile,
ma sono prove di ogni rapporto con l’oggetto dell’indagine, la cui riuscita è condizionata da esse.
Non vediamo il perché, ad esempio, lo studio di una piccola comunità rurale del medioevo dovrebbe
essere più o meno istruttiva se il suo signore avesse deciso di emigrare.

STORIA ROMANA → Se noi conosciamo di più l'Egitto romano rispetto alla Gallia Romana ciò non è
dovuto dal fatto che noi sentiamo un interesse più vivo per gli Egizi rispetto ai Gallo- Romani, ma
solo perché ci sono state usanze in Egitto (tipo la mummificazione e l'imbalsamazione) che si sono
conservate e trasmesse, a differenza della civiltà occidentale dove molte delle sue usanze sono state
distrutte. Di solito non c' niente in comune tra le cause che determinano il successo o l'insuccesso di
una ricerca di documenti e la desiderabilità di quei documenti.

Ritornando sempre al villaggio, la sorte dei documenti può essere conosciuta se noi conosciamo il
punto cruciale, ma non è sempre così. Il risultato dipende dall'incontro di vari nessi causali,
indipendenti l'un l'altro, che qualsiasi previsione è impossibile.

Come posso sapere quali documenti furono risparmiati dalla devastazione? La cosiddetta
MIGRAZIONE DEI MANOSCRITTI (es. il passaggio da una biblioteca a un'altra, l'esecuzione delle
copie, la cura o la negligenza dei bibliotecari o dei copisti) è un punto di alto interesse. Attraverso ciò
si esprimono le vicissitudini della cultura e il mutevole gioco delle sue correnti. Insomma, alla fine di
qualsiasi ricerca documentaria c'è un residuo di imprevisto e di rischio.

Tra la conoscenza del presente e quella del passato esiste un'opposizione di tecniche? Certamente.
L'esploratore del presente e quello del passato hanno le proprie tecniche peculiari per usare
l'utensile. E ciascuno, a seconda dei casi, gode della sua superiorità;
• ESPLORATORE DEL PRESENTE → IL PRIMO SENTE LA VITA CON UN TOCCO PIU' SENSIBILE;
• ESPLORATORE DEL PASSATO → NEI SUOI SCAVI DISPONE DI MEZZI ESCLUSI AL PRIMO.
Qualunque sia il periodo a cui si dedica l'attività dell'esploratore, i metodi d'osservazione sono
sempre gli stessi.

LA CRITICA

ABBOZZO DI UNA STORIA DEL METODO CRITICO


Anche il poliziotto più ingenuo sa che un testimone non va preso sempre alla parola. Allo stesso
modo ci si è resi conto che non si possono accettare ciecamente tutte le testimonianze storiche. Ce
l'ha insegnato un'esperienza antica quanto l'umanità; un testo in poche parole si spaccia per una
provenienza diversa da quella da cui proviene in realtà! NON TUTTI I RACCONTI SONO VERITIERI E
PERSINO LE TRACCE MATERIALI POSSONO ESSERE TRUCCATE. Nel Medioevo, di fronte
all'abbondanza dei falsi, il dubbio era una forma di difesa. La donazione di Costantino fu fortemente
criticata sotto l'impero del piissimo Ottone III e si andò in cerca di reliquie false. Anche la critica del
buon senso non poteva condurre lontano. Che cos’è, infatti, il buon senso? Una miscela di postulati
irragionevoli e di esperienze frettolosamente generalizzate:

- È il mondo fisico ad essere in questione? Esso nega gli antipodi, il mondo einsteiniano, ha
raccontato come leggenda il racconto di Erodoto, il quale riferiva che i naviganti,
circumnavigando l’Africa, vedevano passare da destra a sinistra il punto dove sorge il sole;

- Sono in questione le azioni umane? Le osservazioni sono tratte da un momento brevissimo


della durata, ossia la nostra! E’ questo il difetto principale della critica voltairiana. Uno stato
d'animo condiviso da noi poco fa ci sembra strano se non appartiene più a noi. Il “buon
senso”, pare, vieterebbe di accettare che Ottone I possa sottoscrivere, a favore dei papi,
concessioni territoriali inapplicabili che smentivano i suoi atti precedenti, e di cui quelli
successivi non dovevano tenere più in conto. MA bisogna dedurre che Ottone non aveva la
nostra stessa mente, dato che il Privilegium Othonis è incontestabilmente autentico.

Il vero progresso è avvenuto quando IL DUBBIO E' PASSATO DA UNA FORMA REALE DI DIFESA CONRO
LA FALSITA' A “ESAMINATORE” (usando le parole di Volney).; ossia quando SI SONO FORMATE DELLE
REGOLE CHE, TRA MENZOGNA E VERITA', CI PORTINO A COMPIERE DELLE SCELTE.

La critica dei documenti d'archivio fu fondata da MABILLON ( DE RE DIPLOMATICA) nel 1681 e fu


un momento importante nella storia del metodo critico. L'Umanesimo non era andato oltre le sue
velleità e le sue intenzioni. Mabillon, in contrasto con ciò che disse Van Papenbroek, secondo cui
esistevano solo diplomi merovingi falsi nei monasteri, disse che esistevano sì dei diplomi
interamente falsificati, ma esistevano anche degli autentici; e qui era possibile distinguere uno
dall'altro.
Secondo Montaigne gli storici non devono far altro che narrare la storia così come le loro fonti gliele
riportano; RACCONTARE LA STORIA NON COME LA GIUDICANO MA COME LA RECEPISCONO
(discutere le “comuni credenze”). È una sorta di CRITICA FILOSOFICA, ritenuta legittima.

1680-1690 = PIRRONISMO DELLA STORIA; la definizione del termine fu data da MICHEL LE VASSOR,
secondo cui la dirittura mentale consiste nel non credere con leggerezza e nel sapere dubitare in
parecchie occasioni. MUTA IL VALORE DI CRITICA; DA GIUDIZIO DI GUSTO A PROVA DI VERIDICITA'!

- Bousset tiene lontano il vocabolo “critica”: quando parla dei “nostri autori critici” si nota la
sua alzata di spalla;

- Richard Simon (1638) , al contrario di Bousset, include la critica in tutti i titoli delle sue opere;
tutto ciò preannuncia la nascita di un metodo. LA critica è una specie di fiaccola che ci guida
nelle vie buie dell'antichità, facendoci distinguere il vero dal falso.

Gli autori più importanti che contribuirono a formare questo nuovo metodo universale furono;
• PAPENBROECK (1628);
• MABILLON E SPINOZA ( 1632);
• RICHARD SIMON ( 1638)

E’ una generazione che si delinea così davanti a noi, che vide la luce nel momento in cui appariva il
“Discours de la methode” di CARTESIO. Ma non si può parlare di una generazione di cartesiani,
anche se i cartesiani rappresentano il punto da cui essi si ispiran; come la scienza cartesiana la critica
delle testimonianze fa tabula rasa delle credenze e arriva a sovvertire tutti gli antichi sostegni per
arrivare a nuove certezze e probabilità. MA QUESTI STORICI NON DEVONO ESSERE CONSIDERATI DEI
CARTESIANI!!! Le verità di evidenza matematica alle quali, in Cartesio, il dubbio metodico ha il
compito di aprire il cammino, hanno pochi tratti in comune con le probabilità approssimative che
la critica storica svela.

c'è UN ULTERIORE EVOLUZIONE DEL DUBBIO; ORA PASSA DA ESAMINATORE A STRUMENTO DI


CONOSCENZA. Da allora le regole essenziali del metodo critico erano definitivamente stabilite!
Figura tra gli argomenti preposti più frequentemente all'Università di Parigi a un concorso di
aggregazione di filosofi, la cui stessa formulazione risuona curiosamente moderna: “Della
testimonianza degli uomini sui fatti storici” Ma ciò non vuol dire che il concetto sia rimasto fermo e
solido al periodo di questi grandi studiosi eruditi. Nel corso del tempo le generazioni successive
hanno apportato a questo metodo dei perfezionamenti significativi; NE HANNO GENERALIZZATO
L'USO ED ESTESO LE APPLICAZIONI.

Ma le tecniche della critica furono applicate quasi esclusivamente da un numero considerevole di


eruditi, esegeti e curiosi. Gli scrittori che scrivevano opere di grande importanza non si curavano di
famigliarizzare con queste ricette.

Per la storia il pericolo di uno scisma tra la preparazione e la messa in pratica è duplice, e riguarda
soprattutto I GRANDI SAGGI DI INTERPRETAZIONE. Questi;
• vengono meno alla veridicità;
• sono privati di rinnovamento;
• non possono sfuggire da alcuni temi imposti dalla routine;
• IL LAVORO TECNICO NE SOFFRE, E NON POCO. Non essendo più guidato dall'alto rischia di
impigliarsi in problemi insignificanti o mal posti: non v’è spreco maggiore di quello
dell’erudizione!
Contro questi pericoli il secolo XIX ha valorosamente combattuto e in particolar modo la scuola
tedesca (Renan, Fustel de Coulanges) ridando all'erudizione la sua dignità intellettuale. Ma non si
può dire che la battaglia è stata vinta; IL LAVORO DI RICERCA MOLTO SPESSO PROCEDE A CASACCIO,
SENZA UNA SCELTA RAGIONATA DEI SUOI PUNTI DI APPLICAZIONE. L'esigenza critica non è riuscita
ancora a conquistare pienamente l'opinione della brava gente, il cui assenso, necessario all’igiene
morale di ogni scienza, è più particolarmente indispensabile alla nostra e nella produzione di
letteratura corrente è predominante il manuale. Avendo gli uomini come oggetto di studio, come
potremmo non avere la sensazione di compiere a metà il nostro compito, se gli uomini non riescono
a comprenderci?
È ovvio che la tra la ricerca storica che si fa (o aspira a farsi) e il pubblico che legge esiste un malinteso,
che mette in gioco dei DIFETTUCCI ABBASTANZA DIVERTENTI, dove la DISPUTA DELLE NOTE non è
altro che uno dei sintomi. È certamente assurdo riempire gli spazi bianchi con note bibliografiche
che possono essere tranquillamente raccolte in un elenco all'inizio del volume, o per lunga pigrizia
relegare lunghi sviluppi il cui posto sarebbe stato nel corpo del testo, tanto che la parte più utile di
questi racconti la si va a trovare in cantina, e i lettori per questo lamentano che ogni singola riga
confonde le loro idee, e gli editori pretendono che i loro clienti soffrano le pene dell’inferno alla vista
di ogni pagina così deturpata. Però per uno storico, se usa un documento, l'indicarne il più
brevemente possibile la collocazione, cioè il modo di ritrovarlo, non equivale che alla
SOTTOMISSIONE A UNA REGOLA UNIVERSALE DI PROIBITA'.

I documenti che i primi eruditi consultavano erano generalmente scritti che si presentavano,
secondo la tradizione, come di un autore o di un'epoca dati, che narravano talvolta uno o un altro
avvenimento. Ma erano veri? Ma a un certo punto la storia, nella misura in cui è avviata a fare un
uso via via più frequente delle testimonianze involontarie, non ha più pesato le affermazioni esplicite
dei documenti; è stato necessario estorcer loro le informazioni che non avevano nessuna intenzione
di fornire. Es CARTE MEDIEVALI → alcune sono datate, altre no;
• se compare l'indicazione, bisognerà verificarla, perché potrebbe essere menzognera;
• se invece manca l'indicazione, bisognerà stabilirla.
IN ENTRAMBI I CASI SERVONO GLI STESSI STRUMENTI!!;
1. SCRITTURA
2. FORMA LATINA
3. ISTITUZIONI A CUI SI FA ILLUSIONE
4. ANDAMENTO GENERALE DEL DISPOSITIVO
5. UN ATTO
Se passassero come epoca merovingia, ecco qui la frode.
E se manca la data? Si inserisce approssimativamente.
Lo storico non è un giudice istruttore di cui un manuale farebbe passare per buona la sua immagine
sgradevole, ma non è neanche un credulone; sa che i suoi testimoni possono ingannarlo e dire bugie.
Ma si preoccupa innanzitutto di farli parlare per comprenderli.
LA CATTIVA TESTIMONIANZA NON E' STATA SOLO L'INCENTIVO CHE HA PROVOCATO I PRIMI SFORZI
DI UNA TECNICA DELLA VERITA'. Essa rimane il caso elementare da cui partire per sviluppare le
proprie analisi.

ALLA CACCIA DELLA MENZOGNA E DELL'ERRORE


Fra tutti i veleni capaci di viziare la testimonianza, il più pericoloso è l’IMPOSTURA, la quale può
assumere due aspetti;

1. INGANNO SULL'AUTORE O SULLA DATA. Non tutte le lettere pubblicate a firma di Maria
Antonietta sono state scritte da lei. Se ne trovano di alcune fabbricate nel XIX secolo.

2. INGANNO SUL CONTENUTO. Cesare, nei suoi Commentarii, la cui paternità non può essergli
negata, ha omesso molte cose.

Questi due aspetti dell'impostura portano a problemi ben diversi, le cui soluzioni non si influenzano
a vicenda. CERTO È CHE LA MAGGIOR PARTE DI SCRITTI SOTTO FALSO NOME MENTONO ANCHE NEL
CONTENUTO. Anche questo però non potrebbe essere stabilito a priori in quanto alcuni atti sono
volutamente copia di un testimone perché vanno a sopperire alla perdita dell'originale.
Inversamente, testimonianze più insospettabili possono anche essere non veritiere. Quindi prima
di considerare autentica una testimonianza, gli storici fanno attente valutazioni con gli strumenti a
loro disposizione. In particolare, il dubbio deve esserci di fronte a documenti che sono protetti da
GARANZIE GIURIDICHE IMPRESSIONANTI (es. atti del potere o contratti privati).
Quanto al miraggio delle carte sigillate e datate la minima esperienza del presente ci basta per
dissolverlo; gli atti notarili pullulano di inesattezze volontarie (FIRME RETROGRADATE). I nostri padri,
dice Bloch, non erano più scrupolosi. Nei diplomi regi si legge “Emesso il tal giorno, nel tal luogo”,
ma se si leggono i resoconti di viaggio del sovrano, ci si rende conto che egli in quel giorno si trovava
a molte leghe di distanza.

Ma constatare l'inganno non basta! Bisogna anche CAPIRNE I MOTIVI, non foss' altro per scoprirlo
meglio. L'obiettivo è far si che non esistano dubbi; la presenza, pur minima di un dubbio, mette in
dubbio la veridicità e l'attendibilità di una testimonianza. Sarà provato solo a metà e potrà anche
essere una menzogna (Provare che il celebre diploma di Carlo Magno per la Chiesa di Aix-la-Chapelle
non è autentico significa risparmiarsi un errore, ma non aver acquisito una conoscenza). La critica a
un certo punto cerca l'impostore dietro l'impostura; come dire in conformità del motto stesso della
storia, l'uomo.

Sarebbe infantile pretendere di elencare, nella loro infinita varietà, le ragioni che possono portare a
mentire. E gli storici farebbero bene a ricordare che non tutte quelle ragioni sono ragionevoli, poiché
per alcuni la menzogna diventa un fatto gratuito (usando la terminologia di André Gide).

Fino adesso noi abbiamo parlato di singoli uomini che mentono e che inseriscono una menzogna
all'interno delle testimonianze. Ma il concetto può essere generalizzato; ed ecco qui che compaiono
anche delle EPOCHE MITOMANI! Un esempio sono;

- il Medioevo. Ad esempio, le poesie falsamente medievali di Clothilde di Surville, i canti


bretoni immaginati da Villemarqué ecc. Nel Medioevo i falsi diplomi, le falsi decretali
pontificie, i falsi capitolari furono fatti per interesse (ad esempio la falsa donazione di
Costantino, che legittimava il potere spirituale del papa su quello temporale dell’imperatore)
IL FATTO CARATTERISTICO E' CHE A QUESTI INGANNI NON SDEGNASSERO PERSONAGGI DI
PIETA' E VIRTU' INCONTESTATE, CHE NON OFFUSCAVANO PER NIENTE LA LORO MORALITA'
CORRENTE. Quanto al PLAGIO, sembrava l'atto più innocente del mondo; ci si appropriava
senza rimorso degli scritti degli antichi.

- le generazioni preromantiche e romantiche! Esempio sono i Poemi attribuiti a Ossian, che


Chatterton credette di riscrivere in inglese. Il romanticismo sognava di dissetarsi tanto alla
fonte del primitivo quanto alla fonte del popolare. In tal modo i periodi più legati alla
tradizione sono stati anche quelli che presentano le maggiori libertà con la sua vera eredità.

Abbiamo in questi casi delle false attribuzioni di opere a falsi autori (Vrain Lucas e Galileo… )

C'è infine una forma più insidiosa di inganno; il RIMANEGGIAMENTO SORNIONE;


• interpolazioni di carte autentiche;
• abbellimenti con dettagli inventati, su uno schermo tutto sommato veritiero
Generalmente si interpola per interesse e si abbellisce per ornare.
Esempio = condanna della spia Bolo (1917). Un quotidiano, si dice, narrò tutta l’esecuzione.
L’esecuzione fu un fatto veritiero perché accadde veramente, se non per il fatto che la cronaca
avvenne 11 giorni prima di tale esecuzione, che fu spostata precedentemente. Il giornalista aveva
steso il suo “pezzo” in anticipo, convinto che il fatto sarebbe accaduto il giorno previsto. Certi errori
plateali sono comunque eccezionali. Ma che, allo scopo di fare più presto (perché bisogna chiudere
in tempo l’edizione), le cronache di scene attese vengono talvolta preparate prima del tempo e
questo non è qualcosa di inverosimile.

Tra la finzione pura e semplice e l'errore del tutto involontario, vi sono molti gradi. Inventare
presuppone uno sforzo, che però ripugna alla pigrizia mentale comune alla maggior parte degli
uomini. È più comodo accettare con compiacimento un'illusione che solletica l'interesse del
momento.
Esempio → “aereo di Norimberga”. Pare certo che un areo commerciale francese abbia sorvolato la
città pochi giorni prima della dichiarazione di guerra, e molti diffusero la voce che erano state gettate
bombe di qua e di là, bombe che effettivamente non furono mai lanciate. I governanti dell’Impero
tedesco avevano la forza per ridimensionare queste voci, ma non lo fecero, perché lo presero a
pretesto della guerra, quindi mentirono. L’assurda diceria fu creduta perché era utile credervi.
Di tutte le menzogne quella che si fa a se stessi non è la meno frequente, e la parola sincerità rinvia
a un concetto un po' impreciso, che non si potrebbe utilizzare senza molte sfumature.
PSICOLOGIA DELLA TESTIMONIANZA → Non è meno vero che molti testimoni si ingannano in buona
fede. San Bernardo si ingannò da solo non vedendo che nella sua abazia c'era un’abside con tre
finestre, laddove aveva sempre immaginato che ce n’era una di una finestra, o non rendendosi conto
di costeggiare il lago Lemano per un intero giorno. PER INGANNARCI CLAMOROSAMENTE SU REALTA'
CHE DOVREBBERO ESSERCI BENE NOTE NON C'E' AFFATTO BISOGNO DI ESSERE UN PRINCIPE DELLA
MISTICA. La verità è che nella maggior parte delle menti, il mondo circostante non trova che
apparecchi mediocri per registrarlo! Poi essendo che le testimonianze non sono altro che
l'espressione dei ricordi, i primi errori della percezione rischiano sempre di complicarsi con errori di
memoria
In alcuni casi l'inesattezza assume aspetti veramente patologici (si parla addirittura di MALATTIA DI
LAMARTINE) e laddove anche i testimoni appaiano meno sospetti e più sicuri NON ESISTE NESSUNO
CHE SIA DEGNO DI FEDE SU TUTTI GLI ARGOMENTI E IN TUTTE LE CIRCOSTANZE. Due ordini di causa,
principalmente, alterano nell'uomo meglio dotato la voracità delle immagini;

• LE UNE DERIVANO DALLA CONDIZIONE MOMENTANEA DELL'OSSERVATORE (ES. STANCHEZZA


O EMOZIONE);

• LE ALTRE DERIVANO DALL'INTENSITA' DELLA SUA ATTENZIONE. Salvo poche eccezioni si vedrà
solo ciò che si aspettava di percepire. Tornando al caso si San Bernardo si può esplicitare un
altro concetto; la familiarità produce quasi necessariamente l’indifferenza: il santo percepiva
che in quella stanza c’era sola una finestra e non è stato attento nel vedere che c’erano tre
finestre, dimostrandosi indifferente.

Ora molti avvenimenti storici non hanno potuto essere osservati se non in momenti di VIOLENTO
TURBAMENTO EMOTIVO O DA TESTIMONI CHE NON SONO RIUSCITI A COGLIERE VARI ASPETTI CHE
SAREBBERO STATI MOLTO INTERESSANTI PER LO STORICO. Ecco un caso celebre;

1. il primo colpo di fuoco che diede avvio alle rivoluzioni del 1848 partì da dai soldati o dalla
folla? Verosimilmente non lo sapremo mai.
LE TESTIMONIANZE CI DANNO LO SCENARIO DELLE IMMAGINAZIONI COSI' COME QUELLE
DOVEVANO ESSERE, MA NON È IL GENERE DI INFORMAZIONI CHE GLI STORICI RICERCANO
GENERALMENTE NELLE FONTI.

Conviene vedere a quali conclusioni queste constatazioni pessimistiche impegnino i nostri studi. Le
sole cause che la psicologia delle testimonianze taccia spesso di incertezza sono gli antecedenti del
tutto immediati. Un grande avvenimento può paragonarsi a un’esplosione. In quali condizioni,
esattamente, si produsse l’ultimo urto molecolare, indispensabile allo scoppio dei gas? Bisognerà
rassegnarci a ignorarlo. Tornando alla rivoluzione del 1848, essa era stata preparata da lunga data
da numerosi fattori, assai diversi e attivi, che un Tocqueville seppe, sin da allora, intravedere. La
scarica di fucileria del Boulevard des capucines fu qualcosa di più dell’ultima scintilla?
Le cause che sfuggono alla vista di un testimone e di conseguenza alla nostra costituiscono nella
storia LA PARTE PRIVILEGIATA DELL'IMPREVEDIBILE, DEL CASO!

Variabile da un individuo a un altro, LA FACOLTA' DI OSSERVAZIONE NON È NEANCHE UNA


COSTANTE SOCIALE! Certe epoche ne sono più sprovviste rispetto ad altre. Per quanto mediocre
resti oggi, presso la maggioranza degli uomini, la capacità di valutazione dei numeri, essa non è più
così universalmente erronea come gli annalisti medievali. Se gli errori delle testimonianze non
fossero determinati dalle debolezze dei sensi o dall'attenzione, lo storico lascerebbe il compito di
studiarle allo psicologo! Ma al di là di questo, molti di tali errori provengono da cause significative di
una particolare atmosfera sociale. PER QUESTO QUESTI ERRORI, AL PARI DELLA MENZOGNA,
ACQUISTANO VALORE DOCUMENTARIO. (esempio della località da cui deriva un prigioniero... da
Brema e Breisne, in cui più che udito male era stato mal capito e, generalmente ignorato, non attirava
l’attenzione, credendo, per una disattenzione dello spirito, di cogliere al suo posto un nome
familiare).

La menzogna e l'errore portano a un effetto; LA DEFORMAZIONE DELLA TESTIMONIANZA! Quasi


sempre l'errore è orientato in anticipo! E alle volte prende vita se si accorda con la collettività
comune; in questi casi tale collettività prende questo errore e lo fa come di uno specchio per
mostrare i suoi lineamenti. In poche parole, una collettività, una società, si costruisce su questi errori,
sulle false testimonianze che sono state deformate da un errore o da una menzogna. Ad esempio
(pensiero mio) se il primo uomo che mai avesse parlato di Carlo Magno l'avesse collocato nel 1200
che conseguenze ci sarebbero avute? Che il 1200 sarebbe stato individuato come età del Sacro
Romano Impero, spodestando un ruolo che invece era attribuito all'800 (epoca di Carlo Magno). In
poche parole, il Sacro Romano Impero si specchierebbe nell'errore dato dalla menzogna; ossia nel
1200! Però tutto questo discorso non basta; per far si che l'errore di un testimone diventi quello di
molti uomini occorre anche che LO STATO DELLA SOCIETA' FAVORISCA QUESTA DIFFUSIONE. A
questo proposito gli straordinari turbamenti che la nostra vita collettiva ha subito costituiscono
mirabili esperienze. Ma non tutti i tipi sociali le sono propizi. La funzione della propaganda e della
censura fu considerevole, ma esattamente contraria a quella che i creatori di quelle istituzioni
ripromettevano da esse. Ad es. in trincea le voci non nascevano in prima linea, il soldato non aveva
il diritto di spostarsi senza autorizzazioni. C’erano dei viaggiatori occasionali e i più importanti erano
gli addetti ai viveri che portavano, oltre al cibo, anche le informazioni quasi tutte deformate e pronte
per una nuova elaborazione. In questo caso tali soggetti erano più importanti dei soldati i quali, non
potendo uscire dalle fronde, non potevano ottenere questo tipo di informazioni. La storia ha
conosciuto più di una società regolata da condizioni analoghe con la differenza che ANZICHE' ESSERE
L'EFFETTO DI UNA CRISI DEL TUTTO ECCEZIONALE, RAPPRESENTAVANO LA TRAMA NORMALE DELLA
VITA. CIO'DI IMPORTANTE ED EFFICACE ERA LA TRADIZIONE ORALE! E' forte quindi l'uso di
intermediari specializzati, o in punti di riunione fissi; in sostanza la storia non la scriveva chi prendeva
la penna e macchiava un foglio ma chi la comunicava. Se un addetto agli averi deformava una cosa
che avesse vista e così deformata la raccontasse a un soldato, che poi andrà a scrivere le memorie di
quella guerra, la testimonianza (e la storia) sarà deformata dalla menzogna del cuoco e non da un
errore del soldato. E questo perché il soldato non può basarsi su ciò che ebbe visto o da fonti scritti,
ma su ciò che gli venne riferito dal servizio averi.
Le deformazioni di questo tipo avvenivano soprattutto nell' ALTO MEDIOEVO, dove gli incontri
regolari avvenivano soprattutto nei mercati o nelle feste religiose. Venditori, ambulanti, giocolieri,
pellegrini e mendicanti facevano la stessa operazione del popolo errante delle trincee. Le cronache
monastiche, nel Medioevo, erano fatte tramite degli interrogatori, con i passanti come informatori.

Relazioni frequenti tra gli uomini, al contrario, rendono agevole il confronto tra i diversi racconti,
eccitano il senso critico, mentre si crede di più il narratore che, come abbiamo visto, porta attraverso
percorsi difficili le dicerie da terre lontane.

SAGGIO DI UNA LOGICA DEL METODO CRITICO


La critica della testimonianza, che lavora su realtà psichiche, sarà sempre ARTE DI FINEZZA. Per essa
non esiste un manuale di ricette. Oltre a essere un'arte di finezza è anche un’ARTE DI RAZIONALITA',
che si basa sulla pratica metodica di alcune grandi operazioni mentali. Possiede ciò UNA PROPRIA
DIALETTICA, CHE BISOGNA SCOPRIRE.

Supponiamo che di una civilizzazione scomparsa è rimasto un solo oggetto e che le condizioni della
sua scoperta non permettano di confrontarlo con le tracce estranee all'attività umana (esempio
sedimentazione geologica); il risultato è che tale oggetto non si può datare, né ci si potrà pronunciare
sulla sua autenticità. Se un documento non si inserisce in una serie cronologica non potrà mai essere
interpretato. E' dal confronto tra i diplomi merovingi tra di loro che Mabillon ha creato la diplomatica.

I risultati della comparazione NON SONO AUTOMATICI; a seconda dei casi può portare a delle
somiglianze o a delle differenze e la concordanza di una testimonianza con testimonianze vicine può
portare a conclusioni totalmente opposte. Quando ci sono diverse testimonianze storiche divergenti
una deve soccombere (è quella che nel metodo di Lachmann è chiamata Collazione). Una delle varie
testimonianze mente e grazie al confronto con le altre quella menzognera viene eliminata. Esce fuori
un principio importantissimo; il PRINCIPIO DI CONTRADDIZIONE. Se una testimonianza dice una
cosa (ad esempio Marbot che nei suoi Memoires afferma di aver preso degli austriaci dopo aver
attraversato il Danubio in pieno) e altre testimonianze la contraddicono ( es. registri di marcia –
relazioni degli eserciti e la stessa Correspondance di Napoleone) essa non ha senso di esistere perché
dice il falso. Da un lato noi abbiamo le Memoires di Marbot, dall’altro una serie di testimonianze che
le smentiscono

Ma come sapere quale tra le testimonianze dice il vero? SI VALUTANO DI VOLTA IN VOLTA LE
PRESUNTE RAGIONI DI VERITA’, ERRORE O MENZOGNA. L'idea di fondo è che in una medesima
generazione di una medesima società regni una somiglianza di tecniche e di usanze troppo forte per
consentire a qualcuno di scostarsi dalla pratica comune. Così se in una stessa epoca tutti i documenti
sono scritti in pergamena e uno in carta sarà sicuramente considerato falso. E' necessario però che
la SOMIGLIANZA NON SIA TROPPO FORTE! In questo caso cesserebbe di deporre a favore della
testimonianza, costituendone invece la condanna. Se nel descrivere la disfatta di Waterloo due
testimoni utilizzano gli stessi termini e fanno riferimento agli stessi particolari, sono due le
conseguenze di ciò;

1. O che sono uno copia dell'altro ( codex descriptus);


2. o che entrambi sono stati copiati da una fonte comune.

La nostra ragione rifiuta di ammettere che due osservatori, necessariamente situati in punti diversi
dello spazio e dotati di ineguale capacità di attenzione, possano vedere, punto per punto, gli stessi
episodi e che due scrittori, lontani tra loro ma che parlino la stessa lingua, abbiano usato
fortuitamente gli stessi termini per raccontare lo stesso fenomeno. Se i due racconti si presentano
come desunti direttamente dalla realtà, necessariamente uno dei due mente. Noi ci ribelliamo
all’idea che due azioni distinte siano state compiute, in momenti diversi, esattamente con gli stessi
gesti (es. di due scene di guerra scolpite su due monumenti antichi).

LA CRITICA QUINDI SI MUOVE IN QUESTI DUE ESTREMI;


• LA SOMIGLIANZA CHE GIUSTIFICA;
• LA SOMIGLIANZA CHE DISCREDITA
Noi crediamo che nell'universo e nella società ci sia abbastanza uniformità da escludere
l'eventualità di differenze troppo nette. Ma questa uniformità ha CARATTERE TROPPO GENERALE,
e occorrerebbe un ATTO VOLONTARIO DI IMITAZIONE; presuppone e comprende un numero di
combinazioni possibili troppo vicine all’infinito perché la loro ripetizione spontanea sia concepibile.
Di modo che, in fin dei conti, la critica della testimonianza si fonda su un'istintiva metafisica del simile
e del dissimile, , dell'Uno e del Molteplice.

Fatto tutto ciò restano da stabilire LE DIREZIONI D'INFLUENZA. I due testimoni hanno attinto da una
fonte comune? Supponendo invece che uno di essi sia l'originale, a quale riconoscere questo titolo?
Talvolta la risposta sarà fornita da criteri esterni, come per esempio le rispettive date, se è possibile
determinarle. In mancanza di questi l'analisi psicologica riprenderà i suoi diritti.
Essa non segue regole meccaniche. Si deve elevare a principio, come fanno molti eruditi, il fatto che
i RIMANEGGIATORI MOLTIPLICANO COSTANTEMENTE LE NUOVE INVENZIONI, COSI’ CHE IL TESTO
PIU’ SOBRIO E PIU’ ANTICO SIA RESO COME QUELLO PIU’ ANTICO? Ciò in parte è vero. La più
fantastica delle passioni di San Giorgio è la prima in ordine di tempo, poi riprendendo il vecchio
racconto, i successivi compilatori ne hanno sacrificato prima un brano, poi un altro, la cui sfrenata
fantasia li urtava. Esistono DIVERSI MODI DI IMITARE, E VARIANO A SECONDA DELL'INDIVIDUO,
TALVOLTA SECONDO MODE COMUNI A UNA GENERAZIONE. E i plagiari, fortunatamente, si
tradiscono spesso per mancanza di abilità. Quando non capiscono il modello i loro fraintendimenti
sono la spia della frode. INOLTRE, SCOPRIRE UN'IMITAZIONE EQUIVALE A LASCIAR SUSSISTERE UNO
SOLO DEI DUE O PIU' TESTIMONI DI CUI PRIMA CREDEVAMO DI POTER DISPORRE. Tornando
all’episodio di Marbot noi abbiamo anche altre due testimonianze: SUGAR e PELET, che venne dopo
Pelet e quindi l’ha solo letto, non ha fatto altro che copiarlo, mentre Pelet scrisse prima di Marbot,
avendolo sentito evocare le sue avventure. Marbot resta comunque il nostro unico garante, perché
gli altri non hanno scritto che dopo di lui.
Inoltre, dietro a un presunto testimone poteva nascondersi un SUGGERITORE, che non voleva affatto
rivelarsi. Robert Lea, studiando il processo dei Templari, si rese conto che quando due soggetti
appartenenti alla stessa casa erano interrogati da un medesimo inquisitore, confessavano le stesse
atrocità. Se interrogati invece da due inquisitori diversi, smettevano di concordare sulle atrocità
commesse. È evidente la conclusione che il giudice dettava le risposte.

CRITICA STATISTICA → È una delle applicazioni più nuove del metodo. In nessun caso la funzione
esercitata nel ragionamento critico appare in una luce più curiosa. Se tre studiosi, utilizzando
elementi diversi, arrivano alle stesse conclusioni esse saranno più probabilmente veritiere, tre
pesate con bilance egualmente false forniranno la medesima cifra ma sarà falsa. In statistica questo
è certo. Sebbene i documenti pongano sempre dei tranelli allo studioso, su un grande numero di
pezzi questi errori si compensano a vicenda. Per quanto mirabilmente attento ci si immagini lo
studioso, resteranno sempre i tranelli tesi dai documenti stessi; alcuni dati saranno stati, per
malafede o per distrazione, erroneamente trascritti; altri saranno eccezionali e in grado di turbare
le medie ecc. SE LA CONCORDANZA DEI RISULTATI OTTENUTI CON L'AIUTO DEI DATI DIFFERENTI LI
CONFERMA GLI UNI CON GLI ALTRI, CIO' AVVIENE PERCHE' LA CONCORDANZA NELLE NEGLIGENZE
CI APPARE, GIUSTAMENTE, INCONCEPIBILE. Ciò che vi è di irriducibilmente diverso nei testimoni ha
indotto a concludere che il loro accordo finale non può venire che da una realtà la cui unità
fondamentale era fuor di dubbio.

I reattivi della prova di testimonianza NON SONO FATTI PER ESSERE USATI GROSSOLANAMENTE.
Quasi tutti i principi razionali e le esperienze che li guidano trovano i loro limiti in principi o
esperienze contrarie. LA CRITICA STORICA HA LE SUE ANTINOMIE, ALMENO APPARENTI.

Affinché una testimonianza sia riconosciuta autentica, il metodo esige che essa avesse una certa
somiglianza con le testimonianze vicine. Ma se si applicherebbe alla lettera questo principio, che
cosa ne sarebbe della SCOPERTA? La pratica di una scienza che si limita a constatare che tutto si
limita ad avvenire come ci si attende non è né vantaggiosa né divertente. Ma le contraddizioni tra
una testimonianza nuova e le altre rischia di avere origine dalle lacune del nostro sapere (in Francia
da esempio non esistono documenti databili prima del 1204, ma se venisse a galla un documento
del 1180 dovremmo dichiararlo come falso? O che le nostre conoscenze erano insufficienti?).
Queste false conclusioni non hanno niente di immaginario, ed è lunga la lista dei fatti che sulle prime
la pratica erudita ha negato per il solo fatto di essere sorprendente. IN POCHE PAROLE, LA SOPRESA
HA SPINTO A DICHIARARE FALSE ALCUNE TESTIMONIANZE. Se ci è sorprendente che prima del 1204
ci possano essere stati documenti scritti in Francia noi reputeremo falso quel documento del 1180.
Ma il ragionamento di somiglianza non perde i suoi diritti; c'è semplicemente bisogno di di un'analisi
più precisa per individuare i punti di similitudine, ogni originalità individuale ha infatti i suoi limiti;
occorrerà che quel documento del 1180 debba conformarsi allo stato della lingua per quell'epoca
dai testi letterari e che le istituzioni citate corrispondano a quelle di quel tempo.

La comparazione critica bene intesa non si accontenta di accostare le testimonianze su un


medesimo piano della durata! Un fenomeno umano è sempre l’anello di una catena che attraversa
le età. Se un nuovo VRAIN-LUCAS pretenderà di provare che Pascal inventò, prima di Einstein, la
relatività universale, si tratterà di un falso. Questo non perché Pascal fosse incapace di scoprire ciò
che non scoprivano i suoi contemporanei, ma perché la teoria della relatività ha il suo punto di forza
in un lungo sviluppo anteriore di speculazioni matematiche; per quanto grande, nessun uomo
poteva supplire, con la sola forza del suo genio, a questo lavoro di generazioni. Allorché, invece,
dinanzi alle prime scoperte di pitture paleolitiche, si videro certi dotti contestarne l’autenticità o la
data, col pretesto che un’arte simile non poteva fiorire e poi svanire, questi scettici ragionavano: ci
sono catene che si spezzano e le civilizzazioni sono periture.

COINCIDENZE → Esistono, ma la storia e il nostro pensiero fanno si che esse non esistano. La
coincidenza è una delle bizzarrie che non si lasciano eliminare dalla storia. Es→ La Chiesa celebre lo
stesso giorno la festa di due servitori, ambedue morti in Italia lo stesso giorno, la cui conversione fu
determinata dalla lettura della vita dei santi; entrambi fondarono un ordine religioso con lo stesso
nome, che furono soppressi da due papi omonimi. Non c’è niente di male che qualcuno pensi che
si tratti dello stesso individuo, sdoppiato per errore , che è stato inserito nel martirologio sotto due
nomi diversi. Eppure, si tratta di due persone divere;
- SAN GIOVANNI COLOMBANI, che fondò l’ordine dei Gesuati, sciolti da papa Clemente IX, e
che morì a Siena il 13 luglio 1367;
- IGNAZIO DI LOYOLA, che fondò l’ordine dei Gesuiti, sciolti da papa Clemente XIV, che morì
ad a Roma nel 1556.
L’esempio è impressionante, e ce ne sono molti altri. Non è comunque sufficiente riconoscere la
possibilità di coincidenze fortuite, altrimenti la critica ondeggerebbe continuamente tra il pro e il
contro. Affinché il dubbio diventi strumento di conoscenza, occorre che venga valutato con una certa
esattezza il grado di verosimiglianza della combinazione. E qui la ricerca storica incrocia la sua rotta
con la via maestra della teoria delle probabilità.

PROBABILITA' → Calcolare le probabilità di un avvenimento significa calcolare le probabilità che


quell'avvenimento ha di prodursi. Detto ciò, è possibile parlare della possibilità di un fatto passato?
In senso assoluto la risposta è no, perché solo il futuro è aleatorio. IL PASSATO NON LASCIA PIU'
SPAZIO AL POSSIBILE. L’incertezza è in noi, nella nostra memoria o in quella dei testimoni, ma non è
nelle cose.
Tuttavia, l'uso che la ricerca storica fa della probabilità non è contraddittorio. Quando uno storico
valuta la probabilità di un avvenimento passato si catapulta con la mente al periodo precedente a
quell'avvenimento, al giorno precedente. L'uomo si proietta nella storia. LA PROBABILITA' RIMANE
DUNQUE NELL'AVVENIRE!! Essendo che la linea del presente è stata spostata nel passato, è un
avvenire di una volta. Quell 'evento ormai è avvenuto, e si può dire che si traduce tutto in un gioco
metafisico! (es. che probabilità aveva Napoleone di nascere?). Tutto questo a una condizione: di
non prenderli come ciò che realmente sono, ossia semplici artefici del linguaggio, destinati a mettere
in luce , nel cammino dell’umanità, la parte di contingenza e imprevedibilità. SONO FATTI CHE NON
HANNO NULLA A CHE VEDERE CON LA CRITICA DELLA TESTIMONIANZA.
Le matematiche del caso si poggiano su di una finzione; l' IMPARZIALITA' DELLE CONDIZIONI!! Se
una causa particolare favorisse uno o l'altro dei casi possibili, sarebbe come un corpo estraneo
(esempio del DADO DEI TEORICI. Un cubo perfettamente equilibrato, ma se sotto una delle sue facce
nascondesse un granello di piombo, le probabilità cesserebbero di essere uguali. Ma, nella critica
della testimonianza, tutti i dadi sono truccati). Una disciplina che fa eccezione è la LINGUISTICA, che
ha l'obiettivo di individuare le parentele tra le lingue e ha in comune con altre discipline quello di
scoprire delle filiazioni. Le condizioni dalle quali tale disciplina parte sono vicine alla convinzione
primordiale di uguaglianza, vicinissima alla teoria del caso. Il numero immenso di combinazioni
possibili tra i suoni riduce a un valore infimo la probabilità di una loro ripetizione fortuita, su larga
scala, in parlate differenti. Una cosa importante è l’ARBITRARIETA' DEI SIGNIFICATI ATTRIBUITI A
VARIE COMBINAZIONI, a eccezione di qualche rara armonia imitativa. Nessuna preliminare
concatenazione di immagini impone che le assai vicine associazioni vocali tu e tou (francese o latino)
indichino la seconda persona, ma se si constata che essi abbiano quella funzione
contemporaneamente in francese, italiano, rumeno o spagnolo, nelle quali si osserva anche un serie
di corrispondenze irrazionali, vorrà dire che esse hanno un'origine in comune. Poiché i diversi
possibili erano umanamente indifferenti, un calcolo quasi puro delle probabilità ha determinato la
decisione. Ogni società ha i suoi usi linguistici e non basterebbe elencare i punti di uguaglianza, ma
dividere l'usuale dal rado.

METODO DI LACHMANN → tutta una scuola di eruditi si è dedicata, sin dagli inizi del XIX secolo, a
studiare la trasmissione dei testimoni. Il metodo degli errori più antico è quello di Lachmann.
Attraverso questo metodo si individuano le parentele tra i manoscritti. Se hanno gli stessi errori o
sono uno codex dell'altro o entrambi derivano da un'altra fonte. È OVVIO CHE UNA COINCIDENZA
COSI' MARCATA TRA PIU' TESTIMONI NON E' CASUALE.
COSI' COME UNO STORICO NON POSSIEDE TUTTE LE FONTI PER CONOSCERE IL PASSATO NELLA
SUA TOTALITA', ANCHE IL FILOLOGO NON PUO' TROVARE TUTTO DELLE OPERE CHE STUDIA E
METTE A CONFRONTO. Quindi BLOCH VA CONTRO LACHMANN.
La rigidità del metodo si è attenuata con due osservazioni;

1. I COPISTI CORREGONO GLI ERRORI. E anche se lavoravano indipendentemente l'uno


dall'altro, comuni abitudini mentali li spingevano ad avere le stesse conclusioni (Terenzio usa
la parola raptio, che è rarissima. Non comprendendola, due scribi l’hanno sostituita con ratio,
che produce un controsenso, ma era una parola a loro familiare). Questo è un genere di errori
che, nella genealogia dei manoscritti, è impotente a insegnarci qualcosa.

2. CONTAMINAZIONE. Perché un copista avrebbe dovuto attingere solo da una fonte? Non gli
era negato di confrontare, quando lo poteva, parecchi esemplari, per scegliere, del proprio
meglio, tra le varianti. Questo caso fu eccezionalissimo nel Medioevo, data la povertà delle
Biblioteche, invece molto più frequente, almeno all’apparenza, nell’antichità.

La compensazione degli errori è uno dei capitoli classici della teoria del caso. Ma anche qua può
incidere, e molto, il volere umano.

Quindi, come affermarono Volney E LA FILOSOFIA DEL SECOLO XVIII, LA MAGGIOR PARTE DEI
PROBLEMI DELLA CRITICA STORICA SONO ANCHE PROBLEMI DI PROBABILITA', tale che però anche
il calcolo più sottile deve essere incapace di risolverli. E non solo perché i dati si presentano in una
complessità straordinaria, ma anche nell'impossibilità di una traduzione matematica.
GLI ERUDITI RIFIUTANO l’INNOCENZA DI UNA COINCIDENZA!!!! Quando due espressioni simili si
sono ritrovate nella legge salica e in un editto di Clodoveo, non si è visto nessun dotto tedesco
affermare che questa legge doveva essere di questo principe? Ma tralasciando questo,
un’infarinatura della teoria matematica sarebbe bastata a prevenire il passo falso. Alcune volte però
le coincidenze raramente appartengono all'ordine dell'impossibile (tornando al metodo Lachmann
non può apparire impossibile o solamente una coincidenza che due o più copisti rendano un raptio,
parola antica non più in uso che venne usata da Terenzio, in ratio) e poco importa che siano
sorprendenti. LA PROBABILITA' DIVIENE TRASCURABILE SOLO IN RAPPORTO ALLE CONCORDANZE
ACCUMULATE. Teorema elementare;
1. LE PROBABILITA' ELEMENTARI SI MOLTIPLICANO TRA LORO;
2. TALI PROBABILITA’, COSI' MOLTIPLICATE, DANNO VITA A UNA COMBINAZIONE DI
PROBABILITA';
3. LE PROBABILITA' SONO DELLE FRAZIONI E PER QUESTO IL LORO PRODOTTO È INFERIORE AI
FATTORI DI ESSA.
E’ famoso in linguistica l’esempio della parola “bad”, che sia in inglese che in persiano significa cattivo,
senza che il termine persiano e inglese abbiano la minima origine comune. Chi cerca una filiazione
tra le due parole andrebbe contro la legge tutelare di ogni critica delle coincidenze: solo i grandi
numeri vi hanno diritto di cittadinanza.

LE CONCORDANZE O DISCORDANZE MASSICCIE SONO FATTE DI UNA FOLLA DI CASI PARTICOLARI.


Complessivamente, gli influssi accidentali si eliminano a vicenda. Consideriamo ogni elemento
indipendente dall’altro? L'azione di queste variabili non può essere eliminata. Anche se i dadi sono
stati truccati, il colpo isolato sarà comunque difficile da prevedere rispetto all’esito finale della partita;
quindi, una volta giocato, soggetto a una maggiore diversità di spiegazioni. E’ per questo che, nel
momento in cui la critica penetra di più nel particolare, le verosimiglianze vanno diminuendo.

COME SI ARRIVA DALLA PROBABILITA' ALLA CERTEZZA? Mabillon diceva che la critica dei documenti
non può attingere la certezza “metafisica” e noi oggi arriviamo alla certezza mediante una
SEMPLIFICAZIONE. E' quindi difficilissimo avere la certezza. Anche e soprattutto nel metodo di
Lachmann. Per quanto possa essere valido, non possiamo mica avere la certezza che tutto quello
che dice è giusto! Manca l'originale!!!! Non è impossibile neanche che la donazione di Costantino
sia autentica o che la Germania di Tacito sia un falso. LA CRITICA STORICA SI DISTINGUE DALLE ALTRE
SCIENZE DEL REALE PER UNA SCALA DI GRADI PIU' SFUMATA.

Si valuta sempre con esattezza il guadagno immenso (inteso non solo per conoscenza storica ma per
la conoscenza in generale) che rappresenta il metodo razionale di critica, applicato alla
testimonianza umana? NON MOLTO TEMPO FA OGNI FATTO AFFERMATO ERA TRE VOLTE SU
QUATTRO SEMPRE ACCETTATO, SALVO NON CI FOSSERO FORTI RAGIONI PER SOSPETTARE DI
MENZOGNA I TESTIMONI O I NARRATORI. Non si dica che è passato molto tempo da allora. Lucian
Febvre l'ha mostrato in modo esemplare per il rinascimento. Anche le più salde intelligenze non
potevano sfuggire al pregiudizio comune (Si narrava che era caduta una pioggia di sangue? Vuol dire
che ci sono pioggie di sangue!). Oggi invece c'è una tendenza diversa; siamo capaci di svelare e di
spiegare le imperfezioni della testimonianza. Abbiamo acquistato il diritto di non crederle sempre,
perché sappiamo quando e perché deve essere creduta. Se questo è accaduto è grazie all' ACCORDO
TRA GENERAZIONI e al concetto di ORDINE NATURALE CHE LEGGI IMMUTABILI GOVERNANO.
Nonostante ciò, questo concetto non ha potuto stabilirsi così solidamente e le sue contraddizioni
non hanno potuto essere eliminate, se non con un’esperienza critica portata avanti dall’uomo in
quanto testimone.

LA CONOSCENZA PURA NON E' QUI NE' ALTROVE SEPARATA DALLA CONDOTTA PRATICA.

Bloch conclude il capitolo con una denuncia; nella nostra epoca, più che mai esposta alle tossine
della menzogna e della falsa diceria, è una vergogna che tra i programmi di insegnamento non sia
previsto il metodo critico.

L'ANALISI STORICA
GUIDARE O COMPRENDERE?
Secondo RANKE lo storico si propone di spiegare le cose così come esse sono avvenute! E prima di
lui lo disse Erodoto. LO STUDIOSO, DEVE ECLISSARSI DAVANTI AI FATTI!! Ad un tempo stesso però si
sollevano due problemi;

1. quello dell' IMPARZIALITA' STORICA. Tale problema però quasi non si pone perché la parola
è equivoca. Ci sono due modi per essere imparziali:

• QUELLO DELLO STUDIOSO


• QUELLO DEL GIUDICE

Essi hanno una radice comune; l' ONESTA SOTTOMISSIONE ALLA VERITA';

- Lo studioso registra, anzi provoca l’esperienza che capovolgerà anche le sue più care teorie;

- Il buon giudice, qualunque sia il voto segreto del suo cuore, interroga i testimoni senz’altra
preoccupazione se non quella di conoscere i fatti, così come avvennero .

Ma a un certo punto essi prendono direzioni diverse; Il compito dello studioso appare concluso
quando egli ha osservato e spiegato. Quello del giudice invece va oltre e continua con l’emanazione
della sentenza. E qui dovrà essere imparziale, perché essa dovrà rispettare la legge (così come lo
storico deve rispettare i fatti così come essi sono accaduti). Ma sarà imparziale in modo diverso dallo
studioso. Punendo un'omicida, anche senza prove, lo si ritiene colpevole! È un'opinione sulla quale
non tutte le civilizzazioni sono d'accordo. Per molto tempo LO STORICO E' STATO CONSIDERATO
GIUDICE DEGLI INFERI, incaricato di distribuire biasimi ed elogi ai morti. Si dimentica però che un
giudizio di valore non ha ragion d'essere se non è fondato su un sistema di punti di riferimento morali.
In poche parole; per essere giudici abbiamo visto che c'è bisogno di una certa imparzialità che hanno
sia lo storico che il giudice; ma attribuendo allo storico quella imparzialità che è del giudice nel
momento in cui questi emana una sentenza, diamo per certo che noi siamo consci del nostro
presente e sappiamo giudicare, dividendo i giusti dai dannati. Ma abbiamo visto come noi della storia
non abbiamo che una conoscenza indiretta e per tracce e se quindi lo storico non ha potuto vedere
di persona quei personaggi, se non tramite testimonianze, come si possono condannare questi
all'Inferno?
E niente è più variabile di queste sentenze (se esistono per esempio testimonianze che rivalutano un
personaggio? Un esempio, del mio recente, è NERONE); da ciò si deduce che la STORIA E' LA
DISCIPLINA PIU' INCERTA CHE ESISTA! Inoltre, se il giudizio seguisse la spiegazione, il lettore non
farebbe altro che girare la pagina. E QUINDI A FORZA DI GUDICARE SI PERDEREBBE IL GUSTO DI
SPIEGARE. Significa in poche parole che anche lo storico, come il giudice, non si ferma più
all'osservazione e alla spiegazione ma va avanti fino all' emanazione di una sentenza. Siccome le
passioni del passato si mescolano con i preconcetti del presente, succede che lo sguardo si altera e
la realtà umana non è più che un quadro in bianco e nero. Per entrare in una coscienza estranea, che
l'intervallo delle generazioni divide da noi, bisognerebbe spogliarsi del nostro io; basta restare sé
stessi! Lo sforzo diviene meno gravoso. In sostanza il concetto è questo; lo storico non deve vedere
come egli avrebbe affrontato una situazione passata e quindi giudicare come essa è stata fatta, ma
semplicemente, come già detto, osservare e spiegare quell'avvenimento, senza giudicare. Non
bisogna trasferire nel passato concetti appartenenti al presente; oggi si riderebbe di un chimico che
mettesse da un lato i gas cattivi, come il cloro, e dall'altra parte i buoni, come l'ossigeno. Ma se ai
suoi primordi la chimica avesse adottato questa classificazione, avrebbe rischiato di impantanarsi a
discapito della conoscenza dei corpi. In sostanza le scienze si sono mostrate più feconde e più utili
alla pratica, quanto più deliberatamente abbandonavano il vecchio antropocentrismo del bene e del
male.
Bisogna stare attenti a non spingersi con l'analogia perché ciascuna nomenclatura di una scienza
degli uomini avrà i suoi tratti caratteristici. L'ATTO MANCATO E' UNO DEGLI ELEMENTI ESSENZIALI
DELL'ATTIVITA' UMANA, COME DI OGNI PSICOLOGIA! Es. un comandante di una truppa che perde
una battaglia ha manovrato male. Oppure una politica per alleggerire l'onere dei debiti che ha avuto
risultato opposto.
Vi è di più. Il generale ha per caso volontariamente guidato le truppe alla sua disfatta? Non si esiterà
ad affermare che ha tradito, ed è chiaro e tondo. Resterà poi da vedere ciò che pensava di un simile
atto la morale comune del tempo e del gruppo. Il tradimento può essere un atto di conformismo; lo
attestano i condottieri dell’Italia antica.

2. quello della STORIA COME TENTATIVO DI RIPRODUZIONE O DI ANALISI.

COMPRENDERE → Un motto che in sintesi domina e illumina i nostri studi. È un motto carico di
difficoltà e AMICIZIA. Persino nell'azione, noi giudichiamo troppo. E in alcuni casi invece noi non
comprendiamo mai abbastanza. Chi è diverso da noi passa per un cattivo. La storia, purché rinunci
alle sue false arie da arcangelo, deve aiutarci a guarire da questo difetto. Essa è una vasta esperienza
delle varietà umane, un lungo incontro tra gli uomini. La vita ha tutto da guadagnare dal fatto che
questo incontro sia fraterno.

DALLA DIVERSITA' DEI FATTI UMANI ALL'UNITA' DI COSCIENZA


Comprendere non ha niente di passivo. Per fare una scienza occorreranno due cose;

1. UN UOMO;
2. UNA REALTÀ. La realtà umana, come quella del mondo fisico, è vasta e variegata. Si dirà che,
fra ciò che fu e noi, i documenti rappresentano un primo filtro? Senza dubbio essi eliminano
a vanvera, e quasi mai preparano il terreno conformemente ai bisogni di un intelletto che
voglia conoscere. LO STORICO SCEGLIE E DISTINGUE; IN UNA PAROLA ANALIZZA. (ad esempio,
un'iscrizione funebre romana ci può dare indicazioni su dati linguistici, credenze, politica,
mestieri ignoti ecc.).

Quando noi, nel corso dell'evoluzione umana, scorgiamo delle parentele tra i vari avvenimenti noi
crediamo che le istituzioni, pratiche, credenze o avvenimenti esprimano una tendenza particolare e
stabile dell'individuo e della società. Noi presupponiamo di conoscere un fatto perché abbiamo
conoscenza di altri fatti del medesimo genere (l’uso che la prima età feudale faceva della moneta
come misura standard dei valori, ben più di mezzo di pagamento, differiva da quello che le attribuiva
l’economia occidentale intorno al 1850. Eppure, uno studioso che non avesse incontrato la moneta
se non verso l’anno 1000, non giungerebbe facilmente a cogliere le originalità stesse del suo impiego
in quell’epoca, e questo giustifica certe specializzazioni verticali, rimedi contro la limitatezza della
nostra mente e la brevità della nostra vita)
Se si rifiutasse di ordinare razionalmente una materia che ci arrivi allo stato grezzo noi negheremo il
tempo e quindi la storia. Ritornando all'epitaffio romano, saremmo capaci di comprendere il latino
separandolo dal precedente sviluppo della lingua? I FENOMENI UMANI, DUNQUE, SI
CONDIZIONANO ANZITUTTO ATTRAVERSO CONCATENAZIONI DI FENOMENI SIMILI. Classificarli per
genere equivale a mettere in luce linee di forza di un'efficacia decisiva. MA SECONDO ALCUNI
QUESTE LINEE CHE NOI TRACCIAMO TRA I DIVERSI MODI DELL'ATTIVITA' UMANA ESISTONO SOLO
NELLA NOSTRA MENTE E NON NELLA REALTA'. Dunque facciamo uso di un ASTRAZIONE, come
peraltro dell’IMMAGINAZIONE. È singolare come alcuni bandiscono la prima, mostrando
interessamento per la seconda, dimostrando di non sapere che entrambe provengono dallo stesso
positivismo mal compreso. Le scienze dell'uomo non fanno eccezione. UN NOME ASTRATTO NON
RAPPRESENTA MAI UN'ETICHETTA DI CLASSIFICAZIONE, MA SI ESIGE DA ESSO SOLAMENTE CHE
RAGGRUPPI I FATTI SECONDO UN ORDINE UTILE ALLA LORO CONOSCENZA. E' COMPITO DELLO
STORICO METTERE ALLA PROVA LE PROPRIE E, SE IL CASO, RIVEDERLE RENDENDOLE PIU' FLESSIBILI.
D'altronde esse sono necessariamente di tipo diverso.

STORIA DEL DIRITTO → Una regola di diritto è una NORMA SOCIALE, esplicitamente imperativa,
sanzionata da un'autorità apposita, tramite un sistema preciso di costrizioni e di pene. Simili precetti,
che regolano le attività più diverse, non sono mai soli. A loro fianco ci sono ( spesso cogenti in forma
diversa da quella del Codice vero e proprio);
• codici morali;
• codici professionali;
• codici mondani
IL DIRITTO E' L'INVOLUCRO DI REALTA' IN SE' TROPPO VARIE PER COSTITUIRE L'OGGETTO DI UN
UNICO STUDIO. Ed esso non ne esaurisce nessuna. Es FAMIGLIA (che sia la piccola famiglia
matrimoniale di oggi o il grande lignaggio medievale): sarebbe sufficiente, per penetrarne a fondo
la vita, enumerare, gli uni dopo gli altri, tutti gli articoli di un qualsiasi diritto familiare? Pare che
talvolta lo sia creduto, ma risultano chiari gli ingannevoli risultati e l’impossibilità, in cui siamo ancora
oggi, di ripercorrere l’intera evoluzione della famiglia francese.
Il fatto è che in ogni società le regole di diritto sono l'opera di un GRUPPO DI UOMINI
RELATIVAMENTE SPECIALIZZATO, CHE POSSEDEVA TRADIZIONI AUTONOME E LOGICA PECULIARE DI
RAGIONAMENTO. La storia del diritto non potrebbe avere esistenza separata se non come storia dei
giuristi. Intesa in questo senso, essa getta su fenomeni molto diversi, ma soggetti a un’azione umana
comune, dei barlumi necessariamente incompleti ma, nei loro limiti, molto rivelatori. Essa offre un
punto di vista sul reale.

GEOGRAFIA UMANA → Il punto di vista unificante non è visto nell'azione di una mentalità di gruppo
come nella scienza del diritto ma L'INDAGINE VERTE SU UN TIPO DI RELAZIONI COMUNI A UN GRAN
NUMERO DI FENOMENI SOCIALI. L' ANTROPOGEOGRAFIA studia i rapporti delle società col loro
ambiente fisico, in un duplice senso; come l'ambiente fisico influenzi le società e come le società
influenzino l'ambiente fisico. Un duplice senso in cui l’uomo agisce sulle cose allo stesso tempo in
cui queste agiscono su di lui: avremmo una prospettiva che altre prospettive dovranno completare.

Quindi dalla scienza del diritto e dalla geografia umana abbiamo visto una SCOMPOSIZIONE DEL
REALE e la scienza fa ciò con l'unico scopo di OSSERVARLO MEGLIO, grazie a un gioco di fari incrociati,
i cui fasci di luce si combinano e compenetrano costantemente l’un l’altro.
Noi postuliamo tra le scienze della natura e una scienza degli uomini un parallelismo falsamente
geometrico; QUALSIASI SCIENZIATO NON HA OCCHI AL GENERALE, MA SI INTERESSA
ESSENZIALMENTE DEL PARTICOLARE (es. il fisico spiega l'azzurro del cielo, il chimico l'acqua del
ruscello ecc). Il paesaggio, come unità, esiste solo nella nostra coscienza e UNA TECNICA DEL
METODO SCIENTIFICO E' TRASCURARE VOLONTARIAMENTE L'OSSERVATORE PER NON CONOSCERE
ALTRO CHE GLI OGGETTI OSSERVATI. I legami che la mente crea tra le cose appaiono alle forme del
sapere arbitrari. Per questo esse li spezzano con una scelta deliberata per ristabilire una diversità a
loro più autentica. Il biologo, ad esempio, per maggiore comodità può studiare separatamente la
respirazione, la digestione, le funzioni motorie, ma non ignora che, al di là di tutto, c’è l’individuo di
cui rendere conto.

La storia ha delle difficoltà diverse perché essa ha, come oggetto, in ultima analisi, LE COSCIENZE
UMANE. LE RELAZIONI CHE SI STABILISCONO ATTRAVERSO DI ESSE SONO PER ESSE LA REALTA'
STESSA. L'UNICO ESSERE IN CARNE ED OSSA È L'UOMO!! Certo le coscienze hanno i loro
compartimenti interni, che alcuni di noi sanno erigere con particolare abilità (Gustave Lenotre non
finiva mai di stupirsi nel trovare tra i protagonisti del terrore molti ottimi padri di famiglia, rivelando
una psicologia abbastanza miope). Quanti uomini conducono diverse vite, che desiderano mantener
distanti e talora riescono a mantenere tali! Di qui, però, a negare l’unità fondamentale dell’io e i
costanti reciproci intrecci dei suoi diversi atteggiamenti, ce ne corre. (erano per caso estranei il Pascal
matematico e il Pascal cristiano?). Anche quando i ruoli rivestiti a turno dall’unico attore sembrano
opporsi brutalmente quanto i personaggi stereotipati di un melodramma, può darsi che questa
antitesi sia la maschera di una solidarietà più profonda. (Florian picchiava le sue amanti e forse
effondeva tanta dolcezza nei suoi versi soltanto per consolarsi meglio di non riuscire a mettersene
di più nella sua condotta).

Passiamo da individui a società? Siccome la società rappresenta L'INSIEME DELLE COSCIENZE


INDIVIDUALI, non ci stupirà trovare LO STESSO GIOCO DI INCESSANTI INTERAZIONI.

STORIA RELIGIOSA → si pone in rapporto con la STORIA ECONOMICA, perché uno dei suoi aspetti
fondamentali non è di far coesistere il religioso con l’economico, ma di intrecciarli!! Questi tipi di
rapporti non sono semplici, ne a livello di collettività né a livello di coscienza individuale. Lucien
Febvre, colpito da questa specie di certezza, di sicurezza, di equilibrio morale, di cui le generazioni
precedenti sembrano aver goduto con straordinaria pienezza, ne scopre due ragioni;
1. IL DOMINIO SULLE INTELLIGENZE DEL SISTEMA COSMOLOGICO;
2. L’ANORMALE STABILITA’ DEL REGIME MONETARIO
Queste ragioni collaborano a dare all’atteggiamento mentale di un gruppo la sua tonalità
assolutamente caratteristica.
Senza dubbio, neppure questi rapporti su scala collettiva sono semplici, al pari di quelli che hanno
sede nell’intimo di qualsiasi coscienza personale. Oggi non si dice più che la letteratura è espressione
della società, non è più quello specchio che esprime l'oggetto riflesso. Può produrre tanto reazioni
di difesa che un accordo.
Nella maggioranza degli individui, le diverse anime raramente hanno un’identica età: quanti uomini
maturi conservano dentro di sé dei cantucci infantili!

Michelet e Fustel ci spingevano a un lavoro di ricomposizione, che poteva avvenire solo DOPO
L'ANALISI. IL LAVORO DI RICOMPOSIZIONE E';
• IL PROLUNGAMENTO DELLE ANALISI;
• LA SUA RAGION D'ESSERE.
Michelet usava dire “movimento vitale”, Fuatel di Coulanges “collegamento dei fatti”; il primo
pensava in termini organicistici, il secondo, figlio di un’età alla quale l’universo newtoniano sembrava
offrire il modello compiuto della scienza, traeva le proprie metafore dallo spazio. L’accordo tra questi
due termini restituisce un suono ancor più pieno: questi due grandi storici erano troppo grandi per
ignorarlo → NON DIVERSAMENTE UN INDIVIDUO, UNA CIVILIZZAZIONE, NON HA NIENTE DEL GIOCO
DI PAZIENZA MECCANICAMENTE ASSEMBLATO; la conoscenza dei frammenti, studiati
successivamente, non produrrà mai quella dell’insieme e nemmeno quella dei frammenti stessi.
Per restare fedeli alla vita, nel suo intreccio delle sue reazioni ed azioni, NON E' NECESSARIO
PRETENDERE DI ABBRACCIARLA TUTTA , con uno sforzo di solito troppo vasto per le possibilità di uno
studioso; è legittimo centrare lo studio di una società su uno dei problemi che uno dei suoi aspetti
particolari solleva ( credenza - struttura delle classi o gruppi – crisi politiche). Con questa scelta
ragionata i problemi saranno posti più fermamente ed emergeranno anche più chiaramente i
fenomeni di contatto o di scambio.

LA NOMENCLATURA
Sarebbe troppo poco limitarsi, in un uomo o in una società, a discernere i principali aspetti della loro
attività. E' NECESSARIO UN PiU' DELICATO SFORZO DI ANALISI. Occorre distinguere;
• ALL'INTERNO DI UN SISTEMA POLITICO LE DIVERSE ISTITUZIONI;
• ALL'INTERNO DI UNA RELIGIONE LE DIVERSE CREDENZE O PRATICHE
Si pone un PROBLEMA DI CLASSIFICAZIONE, tipico della NOMENCLATURA. Ogni particolare aspetto
li avvicina o li allontana da quell'ordine di cui essi fanno parte. Ogni livello di analisi, infatti,
presuppone un LINGUAGGIO APPROPRIATO, CAPACE DI TRACCIARE I CONFINI DEI FATTI CHE SI
VOGLIONO ANALIZZARE, senza equivoci e ondeggiamenti. QUESTO È IL PUNTO DEBOLE DEGLI
STORICI. Mentre la chimica ha stabilito dei segni perché faceva riferimento a realtà che non
potevano nominarsi da sé, incapaci di darsi un nome da sé (quindi meno arbitrario), LA STORIA E'
UNA SCIENZA DELL'UMANITÀ. Per dare un nome alla loro azione o ai loro oggetti l'uomo non ha
aspettato di essere l'oggetto di ricerca. Il vocabolario la storia lo riceve, per la maggior parte dalla
materia stessa del suo studio, che essa accetta, già modellato e deformato da un uso prolungato e
ambiguo.
IL LINGUAGGIO DELLA STORIA (MANCA DI UNITA' perché i documenti tendono ad imporre la
nomenclatura e quindi la dettatura di un'epoca, laddove invece lo storico tende ad attuare la
terminologia attuale) E' CONTESO DA DUE ORIENTAMENTI DISTINTI;

1. RIPRODURRE O CALCARE LA TERMINOLOGIA DEL PASSATO. Può sembrare abbastanza sicuro


ma presenta delle difficoltà nell’applicazione. Questa è la conseguenza del carattere
tradizionalista proprio di ciascun linguaggio, come della scarsezza di inventiva di cui soffre la
maggior parte degli uomini.Il fatto è che i cambiamenti delle cose sono lungi dal portare
sempre con sé dei cambiamenti paralleli nei loro nomi. Ad es. Aratrum vs carruca. Il primo
designava in principio l'attrezzo per l'aratura sprovvisto di ruote. Carruca quello provvisto.
Ma siamo sicuri che, essendo l'aratrum comparso prima della carruca, questo termine non
venga attribuito anche al nuovo strumento? Questo perché semplicemente le persone non
vedono il mutamento di un oggetto che cambia nome e quindi mantengono il vecchio nome.
Il fatto è che le TRASFORMAZIONI AVVENGONO TROPPO LENTAMENTE PER ESSERE
PERCEPITE DAGLI UOMINI STESSI CHE ESSE TOCCANO, che non sentono la necessità di
cambiare il nome in quanto non vedono cambiare il contenuto. La parola latina “servus” ha
dato “serf” in francese e ha attraversato i secoli, subendo continue alterazioni che tra il
servus dell’antica Roma e il servo della Francia di Luigi il Santo, le differenze superano di gran
lunga le somiglianze. Così, gli storici hanno generalmente deciso di riservare “servo” al
Medioevo e “schiavi” all’antichità. Al calco, quindi, essi preferiscono l’equivalente,
sacrificando un po' dell’armonia dei colori perché il termine schiavo, trapiantato in ambiente
romano, nacque solo dopo l’anno Mille.
Capita spesso che i nomi mutino, senza nessun mutamento delle cose! (es. la scomparsa
nelle lingue romanze del verbo emere, sostituito con acquistare, acheter ecc ….). Talvolta,
cause particolari di evoluzione del linguaggio hanno provocato la scomparsa di una parola,
senza che l’oggetto che designava fosse minimamente toccato. Cause di questo;
• CAUSE PARTICOLARI DELL'EVOLUZIONE DEL LINGUAGGIO ( nelle lingue romanze sono cadute
le parole troppo corte , divenute indistinte a causa della debolezza delle sillabe atone)
• CONDIZIONI SOCIALI. A volte si oppongono alla conservazione o all'istituzione di un
vocabolario uniforme. In società molto frammentate, come ad esempio il Medioevo, era
assai frequente che istituzioni fondamentalmente identiche fossero indicate con
terminologie diverse. Anche oggi le parlate rurali sono molto diverse, e se lo storico
adeguasse la propria terminologia a queste varietà, verrebbe meno la comprensione del suo
discorso e il lavoro di classificazione (geosinonimi…)

2. LA NOSTRA SCIENZA NON DISPONE, COME LA CHIMICA E LA MATEMATICA, DI UN SISTEMA


DI SIMBOLI DISTINTO DALLE PROPRIE LINGUE NAZIONALI. Lo storico si esprime unicamente
in PAROLE, dunque con quelle del proprio paese (dialetti). Lo storico, quindi, non deve far
altro che TRADURRE, di fronte a realtà che ricevettero un nome in una lingua straniera, morta
o ancora in vita. LO STORICO SI ESPRIME SOLO CON LE PAROLE. La traduzione però è rischiosa
quando riguarda usi, costumi e tradizioni di una certa società, quindi è preferibile lasciare la
terminologia appropriata (ad esempio in Germania è stato mantenuto il termine Reich e non
Impero, oppure il servaggio russo. Quest’ultimo non aveva quasi nulla in comune con il
nostro servaggio medievale, eppure usare il termine russo Chriepostnoi non servirebbe a
nulla, giacché in Ungheria, Polonia e Germania orientale sono esistiti tipi di soggezione
contadina strettamente imparentati con quello che si stabilì in Russia. Occorrerà, a seconda
dei casi, parlare in ungherese, polacco o russo? Ancora una volta ci sfuggirebbe l’essenziale,
che consiste nel riprodurre i nessi profondi dei fatti, esprimendoli con la giusta nomenclatura).
E’ necessaria un’etichetta comune, che si sovrapponga ai termini nazionali, invece di
riecheggiarli.

Certe società sono caratterizzate da un BILINGUISMO GERARCHICO, ossia due lingue che si trovano
di fronte;
• una LINGUA POPOLARE;
• una LINGUA DOTTA.
Ciò che si pensava e si diceva correntemente nella prima, si scriveva nella seconda (es. I vangeli
hanno riferito in greco parole che supponiamo siano state scambiate in aramaico). Ereditate da
civilizzazioni morte o prese in prestito da civilizzazioni straniere, queste lingue di
letterati/sacerdoti/notai dovevano esprimersi per realtà per le quali non erano pensate in origine, e
vi riuscivano solo con l’aiuto di un sistema di trasposizioni inevitabilmente rozze.
NOI CONOSCIAMO UNA SOCIETA' ATTRAVERSO I SUOI SCRITTI. Quelle in cui trionfò un simile
dualismo ci appaiono, in molti loro tratti fondamentali, ATTRAVERSO UN VELO DI APPROSSIMAZIONE,
in cui il lavoro dello studioso procede a ritroso. Es → IL DOMESDAY BOOK, opera dei chierici della
Normandia o del Maine, che non solo descrissero le istituzioni in inglese, ma le avevano ripensate
dapprima in francese. Quando lo storico si trova di fronte a queste nomenclature basate sulla
sostituzione dei termini, non ha altra risorsa che rifare, a ritroso, il lavoro, e se le corrispondenze
furono scelte bene e applicate con coerenza, il compito sarà facilitato. L’equivalente non si imponeva,
solo alcuni redattori del documento ne fecero uso e mai nessuno, dopo di loro, li riprese.

Questa opposizione tra due lingue rappresenta il caso limite di contrasti comuni a tutte le società.
Perfino nelle nazioni più unite all'interno possiamo trovare diverse espressioni locali. Non tutti i
gruppi scrivono, né tutti lo fanno con le stesse probabilità, ne riescono a far raggiungere i propri
scritti ai posteri (è raro che il verbale di un interrogatorio giudiziario riproduca alla lettera le parole
pronunciate). Questo succedeva anche nelle civiltà del passato, quindi è QUELLA DEI GIURISTI CHE
CI È ARRIVATA PER PRIMA, frutto di un’elaborazione dotta, sistematizzata, influenzata dalla
tradizione.

GRANDE OSTACOLO → NULLA E' PIU' DIFFICILE DELL'UOMO CHE ESPRIMERE SE STESSO!! E' difficile
trovare parole esenti da ambiguità e falso rigore. I termini comuni non sono altro che
approssimazioni.

IL VOCABOLARIO DEI DOCUMENTI E' UNA TESTIMONIANZA, preziosa, MA COME TALE E' CRITICATA
PERCHE' E' UNA TESTIMONIANZA IMPERFETTA. Ogni termine importante è efficace strumento di
conoscenza solo se inserito nel suo contesto, collocato nell’uso del tempo, dell’ambiente o del suo
autore. difeso da fraintendimento per anacronismo. La nascita di una definizione è sempre molto
importante, anche se la cosa denominata l’ha preceduta: segna infatti la tappa decisiva della presa
di coscienza. Quale mutamento, il giorno in cui gli adepti di una fede novella chiamarono se stesi
cristiani! Alcuni studiosi, come Fustel de Coulanges, hanno fornito modelli meravigliosi di questo
studio dei significati, di questa semantica storica, e da allora i progressi della linguistica hanno
sempre di più affinato lo strumento.
Nonostante l'imperfezione di aderenza tra i nomi e le cose, i nomi stringono la realtà in una presa
diretta perché sia mai consentito di descrivere una società senza far largo uso delle sue parole ,
debitamente spiegate e interpretate.
Se noi riteniamo che la nomenclatura dei documenti possa bastare a stabilire la nostra
ammettiamo che essa ci offra già un’analisi pronta e la storia non servirebbe praticamente più a
nulla. Quindi siamo costretti a cercare altrove i nostri grandi schemi di classificazione. E per questo
si offre ai nostri occhi un INTERO LESSICO, la cui capacità di generalizzare pretende di essere
superiore alle voci di qualsiasi epoca particolare. Esso raccoglie elementi di data e provenienza assai
diverse;

- FEUDALE E FEUDALITA’, termini presi dal Palazzo sino dal secolo XVIII, da Boulainvillers e poi
da Montesquieu, per farne le etichette abbastanza generiche di un tipo di struttura sociale
mal definito;

- CAPITALE, termine da usuraio e da contabile che gli economisti estero ampiamente;

- CAPITALISTA, lontano dal gergo degli speculatori, nelle prime borse europee;

- CAPITALISMO, che nelle nostre classificazioni oggi conserva un posto più considerevole, e
giovanissimo, esibendo la sua desinenza come marchio d’origine;

- CLASSE sa di naturalista o filosofo, con un nuovo accento in cui tutte le lotte sociali fanno
riecheggiare la loro asprezza;

- RIVOLUZIONE, ha scambiato con un significato del tutto umano le sue antiche congiunzioni
astrologiche. Nel cielo è ancora un movimento regolare, in terra ormai è una brusca crisi;

- PROLETARIO si veste all’antica, come gli uomini dell’89, con cui nacque, ma Marx l’ha segnato
con la sua firma.
E la diversa varietà di origini e di significati dei diversi vocaboli non rappresentano una difficoltà. Più
temibili sono le RISONANZE EMOTIVE di cui molte di quelle parole ci giungono cariche. Perfino tra
gli storici, l’uso tende a confondere, nel modo più inopportuno, le due espressioni di “regine feudale”
e “regime signorile”. L’equivoco risale al XVIII secolo, quando il vassallaggio e il feudo continuavano
allora ad esistere, ma come semplici forme giuridiche, da secoli senza contenuti. Nata dal medesimo
passato, la signoria restava ben viva, e in questo retaggio gli scrittori politici non seppero fare delle
distinzioni, anzi la maggior parte di loro odiava persino il termine “signoria”, detestandone gli
arcaismi e le forze oppressive che conteneva, fino a quando la Rivoluzione abolì simultaneamente,
e sotto un nome unico, con le istituzioni feudali propriamente dette, la Signoria, non ne rimase che
un ricordo! LA confusione era comunque ormai un dato acquisito. Questa è, disgraziatamente, il
destino di molte nostre parole che continuano a vivere, accanto a noi, una vita agiata sulla pubblica
piazza.

La forza del sentimento favorisce raramente la precisione del linguaggio. E anche le lingue più
intellettuali, se consideriamo il vocabolario nella sua impassibilità, nascondono delle insidie.
Con qual diritto negarci le facilitazioni del linguaggio, indispensabili a ogni conoscenza razionale?
Parliamo, ad esempio, di macchinismo? Con ciò non si crea affatto un’entità, ma significa
raggruppare sotto un nome espressivo fatti concretissimi, la cui somiglianza è anch’ essa una realtà.
Il loro vero pericolo deriva dalla loro comodità; il simbolo, scelto a sproposito o applicato troppo
meccanicamente, finisce per esimere dall’analizzare, favorendo l’anacronismo, il più imperdonabile
tra i peccati.
Le società medievali distinguevano due grandi condizioni;
1. UOMINI LIBERI;
2. UOMINI NON LIBERI
Ma il concetto di libertà è un concetto che ogni società rimaneggia a suo piacere. Alcuni storici hanno
trovato, quindi, improprio l’uso di “non liberi” del Medioevo, ma erano dei “semi-liberi”, termine
inventato senza alcun testimone nei testi. Ciò spinse, per il falso rigore che dava al linguaggio, a
rendere superflua ogni indagine approfondita sulla frontiera tra libertà e servitù, nel modo in cui
queste civilizzazioni ne percepivano l’immagine: un limite spesso incerto, perfino mutevole secondo
i precetti del momento o del gruppo, ma che aveva come carattere quello di non aver mai
contemplato questa zona marginale, che il nome di semilibertà suggerisce. UNA NOMENCLATURA
IMPOSTA AL PASSATO PERVERRA' SEMPRE A DEFORMARLO, SE HA PER RISULTATO QUELLO DI
RIPORTARNE LE CATEGORIE ALLE NOSTRE, ASSOLUTIZZATE. Nei confronti di simili etichette, non c'è
altro atteggiamento ragionevole che quello di eliminarle.

Cuore della questione → LO STORICO DEFINISCE RARAMENTE! Egli potrebbe ritenere superflua
questa cura se attingesse a un uso rigoroso quanto al significato. Siccome non avviene ciò, l'unica
sua guida è l' ISTINTO PERSONALE. Egli amplia, delimita, deforma arbitrariamente i significati, senza
avvertire il lettore e senza rendersene conto nemmeno lui. Ogni storico intende determinati termini
a suo modo, comportandosi come un' artista individualista. Un esempio è l'economista JOHN
MAYNARD KEYNES. I LINGUAGGI DEGLI STORICI NON COSTITUIRANNO MAI IL LINGUAGGIO DELLA
STORIA. Alcuni specialisti di discipline relativamente giovani (es. geografi, etnografi, linguisti) si sono
mossi in questa direzione.
Qua e là sono stati fatti sforzi per procedere di comune accordo da parte di specialisti, che l’età
relativamente giovane delle loro discipline sembra mettere al riparo dalle peggiori abitudini
corporative.

Secondo Bloch un giorno ci saranno una serie di intese che permetteranno di precisare la
nomenclatura e di affinarla, ma per questo è importante lo spirito di equipe. LO STORICO DEVE
EVITARE DI ALLONTANARSI DAI SIGNIFICATI DEI TERMINI GIA' ACCOLTI E DEVE RICORRERE A
DEFINIZIONI ACCURATE PER RENDERE IL SUO VOCABOLARIO UTILE A TUTTI.

(SENZA TITOLO). LE DIVISIONI CRONOLOGICHE


Questione importante per la classificazione storica è la divisione in epoche cronologiche. Questo
perché la mente umana non ci permette di cogliere il più continuo dei movimenti, se non lo
spezzettiamo, ricorrendo a segni di riferimento arbitrari. Per Bloch è essenziale che essi coincidano
con i principali punti di curvatura dell'eterno mutamento.
Bloch analizza i vari sistemi utilizzati fino ad allora dagli storici a partire dalle DIVISIONI IN REGNANTI
E DINASTIE;

• DIVISIONI IN REGNANTI E DINASTIE. La storia era, prima di tutto, cronaca dei capi e basava
le articolazioni del suo racconto alle vicissitudini della sua sovranità. Le dominazioni dei
popoli conquistatori, distruggendosi l'un l'alto, segnarono le varie epoche. Quasi tutta la
memoria collettiva del Medioevo visse nel mito apocalittico dei quattro Imperi (assiro,
persiano, greco e romano). Ero uno schema piuttosto scomodo perché non solo costringeva,
in obbedienza ai sacri testi, a prolungare fino al presente il miraggio di un’unità romana,
ma per paradosso, in una società di cristiani la Passione, nel cammino dell’umanità,
appariva una tappa meno importante delle vittorie dei cosiddetti “predatori di province”.
Quanto alle divisioni minori, la successione dei monarchi segnava il loro limite. Se non ci
sono più i re? I sistemi di governo sono anch’essi mortali e le loro rivoluzioni servono da
punti cardine. Più recentemente, dice Bloch, i manuali dividono tranquillamente il corso
della Storia moderna; l’egemonia spagnola, francese, inglese, tedesca sono di natura
diplomatica e militare e il resto si dispone come può, ma già da un bel tempo il secolo XVIII
aveva alzato la sua protesta.

• DIVISIONI PER EPOCHE. (es. Medioevo e Rinascimento). Per non sottolineare sempre
l'aspetto legato ai sovrani. Nomi che portano nella radice un giudizio congenito (tratto
debole di queste classificazioni);

1. MEDIOEVO → appartiene al vocabolario del profetismo semieretico che, soprattutto


a partire dal secolo XIII, aveva sedotto tante anime inquiete. Nella speranza del Regno
di Dio il tempo presente non era dunque che un tempo intermedio, un medium
aevum, e gli umanisti l’immagine si allarga, riguardando più solamente la cristianità,
ma allargandosi anche a realtà più profane. Il regno dello spirito, in poche parole, era
giunto. Il Medioevo era un’età di mezzo tra l’Antichità e la sua novella manifestazione
e quindi una lunga attesa!!! Fu CHRISTOPH KELLER che pensò di chiamare Medioevo
tutto il periodo che va dalle invasioni al Rinascimento, venendo usato definitivamente
nella storiografia europea e specialmente in quella francese (Guizot – Michelet,
mentre Voltaire l’aveva ignorato);
2. RINASCIMENTO → si fissò più o meno nello stesso periodo, di uso comune
soprattutto con l’aggiunta indispensabile di un complemento (“il rinascimento delle
arti, delle lettere” ecc), ma fu solo con MICHELET che questo termine conquistò
l’onere da servire da segno per l’intero periodo. Ma in entrambi i casi l’idea è la
medesima. Le battaglie, la politica delle corti, l’ascesa o la caduta delle grandi dinastie
favorivano la cornice, sotto le cui insegne si raggruppavano meglio l’arte, le scienze,
la letteratura.
• PERIODIZZAZIONE PER SECOLI. Era più semplice, ma con difficoltà ad inquadrare i
fenomeni, anch’esso con origini mistiche. Il nostro linguaggio si è fatto ora rigorosamente
matematico; i secoli non sono più identificati coi nomi dei loro eroi, ma sono NUMERATI,
in fila, di cento anni in cento anni, muovendo da un punto di partenza fissata una volta per
tutte. Nessuna legge della storia però impone che i primi anni di ogni secolo coincidano
con i punti critici di evoluzione dell’evoluzione umana. Noi tentiamo di dividere,
arbitrariamente, le realtà in cui questa regolarità è estranea, aggiungendo una confusione
in più. “E’ ben noto che il secolo XVIII ha inizio nel 1715 e termina nel 1789” (frase che
Bloch lesse nel compito di uno studente), e ciò voleva dire mettere a nudo certe bizzarrie
dell’uso. Se si trattasse però del secolo filosofico, si potrebbe certo ancor dire che il secolo
18 inizia ancor prima del 1701, con l’Histoire des Oracles del 1687, e il Dictionnaire di Bayle
del 1697. Sicuramente un grande movimento intellettuale, ma ci si dimentica che esso ebbe
inizio addirittura verso il 1060, e anche così sfuggono certe relazioni essenziali. In sintesi
noi ci diamo l’aria di distribuire arbitrariamente realtà alle quali tale regolarità è estranea.
Ed è una follia!

QUESTIONE LEGATA ALLA PRECISIONE. → Finché ci si limita a studiare, nel tempo, sequenze di
fenomeni imparentati tra loro, il problema, tutto sommato, è semplice. Ma è su quei fenomeni stessi
che bisogna fare domande sulle loro fasi
Tra queste classificazioni sembrano attraenti le divisioni uniformemente approntate alla successione
degli imperi, dei re o dei regimi politici, non solo per il lungo prestigio che una lunga tradizione
assegnava all’esercizio del potere (come diceva Machiavelli) ma un’incoronazione, una rivoluzione,
hanno il loro posto preciso nella durata; esse avvengono in un giorno e un anno precisi. Lo studioso
ama datare “finemente”, ed egli aspira ad aver letto tutto, compulsato tutto, su ciò che riguarda il
suo argomento.
Bisogna stare attenti: la scansione più esatta non è necessariamente quella che richiama l’unità di
tempo più piccola (altrimenti sarebbe più efficiente dividere in anni e non in secoli e, di conseguenza,
sarebbe da preferire il secondo al giorno). . Si devono limitare i fenomeni per giorni, mesi, anni,
minuti o secondi? La risposta è IN BASE AL FENOMENO CONSIDERATO, CHE HA UNA PRECISIONE
RICHIESTA, IL CUI SPESSORE PUO' VARIARE A SECONDA DELLA NATURA DEL FENOMENO STESSO.
Ogni tipo ha il suo spessore di misura particolare e il suo decimale specifico. Là dove i fatti non
permettono più precisione, si può decidere di far riferimento a un periodo di tempo più ampio (es.
dal 1875 al 1885).
Non è raro, inoltre, che in certi casi le fasi naturali di fenomeni d’ordine apparentemente assi diversi
si trovano a coincidere: è esatto che l’avvento del Secondo Impero introdusse un nuovo periodo
nell’economia francese? Non abbiamo il diritto di respingere aprioristicamente coincidenze del
genere, per quanto dubbie possano sembrarci. Ma esse si verificheranno a una condizione: di non
essere postulate in partenza!

LA STORIA E' ANCHE UNA SCIENZA IN VIA DI ELABORAZIONE. Gli uomini che sono nati in un
medesimo ambiente sociale, in una data vicina, subiscono FLUSSI ANALOGHI, specie nel periodo
della loro formazione. Il loro comportamento ha tratti distintivi netti rispetto in confronto a gruppi
di uomini più anziani o più giovani e ciò anche nei contrasti, che possono essere i più vivaci
(appassionarsi per una medesima disputa, sia pure su fronti contrapposti, significa ancora
rassomigliarsi); QUESTA COMUNANZA FORMA UNA GENERAZIONE!!
LE SOCIETA' RARAMENTE SONO UNIFORMI; esse si scompongono in ambienti diversi, in cui le
diverse generazioni difficilmente combaciano.
GENERAZIONI → NON SONO REGOLARI. ESSE SI DIVIDONO IN;
• LUNGHE;
• BREVI.
Può accadere anche che le diverse generazioni si compenetrino a vicenda, dove non tutti gli individui
reagiscono in modo uguale agli stessi influssi .Tra i nostri figli, dice Bloch, sarà difficile distinguere tra
la generazione della guerra e la generazione del dopoguerra.Con una riserva; negli anni
dell’adolescenza non ancora matura, la sensibilità agli avvenimenti del presente varia molto a
seconda dei temperamenti personali; i più precoci saranno quelli della guerra, gli altri saranno sulla
sponda opposta..
Il concetto di generazioni è abbastanza elastico, come ogni concetto che cerchi di esprimere, senza
deformare, le cose umane, ma risponde anche a realtà che noi sentiamo molto concrete, usato
anche da discipline che hanno sempre respinto le vecchie divisioni per regni o per governi (es. storia
del pensiero o storia delle forme artistiche).
Una generazione rappresenta però una fase relativamente breve; le fasi più lunghe si chiamano
CIVILIZZAZIONI. Il termine, come ha mostrato Febvre, si è liberato a poco a poco del giudizio di valore
e noi ammettiamo che esistono anche civilizzazioni di non-civilizzati. Tutto, in una società, si
connette e condiziona vicendevolmente. Ma, le opposizioni di termini esistono! Si contesterà oggi
una civilizzazione cinese, dubitando che essa non differisca notevolmente da quella europea.
Quando la trasformazione avviene, diciamo che una civilizzazione succede a un’altra: le società
dell’alto Medioevo occidentale avevano ereditato molto dall’Impero romano, ma tutti saranno
concordi nel ritenere che non si tratti della stessa civilizzazione, non più di quanto la civilizzazione
occidentale del Rinascimento si identifichi con la nostra. Spetta alla pratica introdurre nelle sue
distinzioni una precisione e finezza crescenti.

In conclusione Bloch mette in guardia come il tempo umano sia “ribelle” all'uniformità della
classificazione e della ripartizione; ci sono varianti del ritmo che dipendono dai diversi luoghi, che
necessitano l'accettazione di una certa plasticità e adattamento.

(NESSUN TITOLO)
Il positivismo ha cercato invano di eliminare dalla scienza l'idea CAUSA!! Ma gli storici non possono
sottrarsi a questa comune legge dell'intelligenza. IL NESSO GENETICO E' PRESENTE DAPPERTUTTO!!
Però il fatto che stabilire rapporti di causa ed effetto rappresenti un nostro bisogno istintivo non
vuol dire che l'individuazione delle cause sia da attribuire al nostro istinto! C'è bisogno di una
COSCIENZA CRITICA.

Se camminiamo in un sentiero di montagna, inciampiamo e cadiamo, ci sono tante cose che hanno
indotto a ciò ma tra tutte queste ne spicca uno ; il PASSO FALSO, non perché sia stato più necessario
degli altri per affinché l'avvenimento si verificasse, ma si distingue per diversi caratteri;

• ultimo a verificarsi;
• meno permanente;
• più eccezionale nell'ordine generale del mondo;
• ERA QUELLO CHE PIU' DEGLI ALTRI SI POTEVA EVITARE, proprio per questa minore generalità.

Il ragionamento storico procede così; nella ricerca delle cause gli antecedenti rimangono sottintesi
(quale comandante di un esercito vittorioso attribuirebbe le cause della vittoria alla gravità, che
spiega le traiettorie delle granate ad esempio?). Gli antecedenti più particolari sono detti
CONIDIZONI. E L'antecedente più speciale assume il nome di CAUSA. Quindi;

• Espedienti più particolari = CONDIZIONI, dotati comunque di una certa stabilità (L’ambiente
economico francese ai tempi di Law, già omogeneo e servito di buoni collegamenti,
rappresenta l’aumento generale dei prezzi).
• Espediente più speciale = CAUSA (es. → l’inflazione ai tempi di Law fu la causa dell’aumento
generale dei prezzi)

ANTECEDENTI UNIVERSALI → Comuni a molti fenomeni per meritare di apparire nella genealogia di
qualcuno di essi (non ci sarebbero incendi se l’aria non avesse ossigeno, ma ciò che interessa e che
giustifica uno sforzo di scoperta, è il determinare come è scoppiato il fuoco). Ma la realtà ci presenta
una realtà quasi infinita di forze che convergono verso un unico fenomeno, verso le quali noi
facciamo una scelta.

SCELTA CAUSA – CONDIZIONI → C'E' MOLTO DI ARBITRARIO!!! Simiand tentò prima delle definizioni
rigorose poi riconobbe il carattere relativo di tale distinzione, poiché la prospettiva viene subordinata
al punto di vista proprio dell'indagine.

RICERCA DELLA CAUSA UNICA → In storia non è altro che la ricerca del responsabile e quindi del
giudizio di valore (giudice → di chi è la colpa o il merito? Storico → Perché, accettando che la risposta
non sia semplice. PER LA SPIEGAZIONE DELLA STORIA IL MONISMO DELLA CAUSA NON SAREBBE
ALTRO CHE UN OSTACOLO. Non dobbiamo chiederci di chi sia la colpa o il merito, ma chiederci
solamente il perché; la storia cerca una serie di onde causali e non si spaventa di trovarle molteplici.

I FATTI STORICI SONO, PER ESSENZA, FATTI PSICOLOGICI, perciò trovano i loro antecedenti in altri
fatti storici. I destini umani si inseriscono nel mondo fisico e ne subiscono il peso. Però, anche
laddove l'intrusione di queste forme esteriori sembrava più brutale, la LORO AZIONE NON SI
ESERCITA SE NON ORIENTATA DALL'UOMO E DALLA SUA MENTE. Non c'è psicologia se non della
chiara coscienza.

Esempio → Gli hebertisti, scrive uno storico tedesco, si accordarono perfettamente, in un primo
tempo con Robespierre poiché cedeva a tutti i loro desideri, poi si allontanarono da lui perché lo
giudicarono troppo potente. Simmel sottintendeva dunque due proposizioni;

• UN BENEFICIO PRODUCE LA RICONOSCENZA;


• NON PIACE ESSERE DOMINATI

Senza dubbio, queste due proposizioni non sono false, ma nemmeno possano essere considerate
necessariamente giuste.
C'è un errore analogo a quello cui si ispirava lo PSEUDODETERMINISMO GEOGRAFICO, oggi
debellato; sia nel mondo fisico che all'interno di un fatto sociale, le reazioni umane hanno gli stessi
movimenti di un orologio, ossia vanno in uno stesso senso.

L'errore non è nella spiegazione stessa, ma risiede nel suo APRIORISMO. Non è affatto impossibile
che gli hebertisti abbiano veramente obbedito ai motivi che gli storici attribuivano loro, ma il torto
è stato nell'aver considerato quella ipotesi come acquisita in partenza. Bisognava prima provarla! Poi
una volta provata bisognava chiedersi perché, tra tutti gli atteggiamenti psicologici possibili, proprio
quelli siano stati imposti al gruppo.

In sintesi → LE CAUSE IN STORIA PIU' CHE ALTROVE, NON SI POSTULANO. SI CERCANO!!

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