Marc Bloch scrisse l'opera all'indomani della disfatta francese del 1940: la riflessione sulla
storiografia porta lo scrittore ad analizzare le problematiche legate al perché e all'utilità
pratica del mestiere dello storico. Alla domanda "a che serve la storia" Marc Bloch risponde
sostenendo che la storiografia analizza "il passato in funzione del presente e il presente in
funzione del passato". Nella riflessione del francese lo storico non è solamente uno studioso
dedito a ricerche del passato che non hanno alcuna utilità nella società contemporanea: il
recupero della "memoria collettiva" diventa per Bloch un punto di riflessione importante per
ogni società, che da una migliore conoscenza del passato potrà meglio risolvere i problemi
del presente. L'Apologia fornisce anche altri spunti metodologici importanti, come la
collaborazione interdisciplinare della storiografia con altre discipline umanistiche come la
sociologia e la psicologia, senza escluderne altre come l'economia. Altro compito che Bloch
ritiene fondamentale per uno storico è lo sforzo che quest'ultimo, in maniera onesta e
rigorosa, deve compiere per comprendere e non solo per spiegare la storia. Conoscere le
date, le battaglie e i protagonisti non è così importante quanto ricostruire un "contesto"
storico adeguato.
Introduzione
L'introduzione dell'opera muove i passi a partire da alcune domande estremamente semplici,
quali quella di un fanciullo che chiede "a cosa serve" la storia o quella di un soldato francese
che, all'entrata delle truppe tedesche di occupazione a Parigi, si chiedeva se la storia
"avesse ingannato". Da queste questioni Bloch inizia un discorso generale sulle scienze, sul
loro utilizzo e sulla vocazione degli studiosi. Innanzitutto, dimostra con pochi semplici
esempi come tutte le scienze siano degne di interesse, e come la storia sia una disciplina
con un fascino proprio. Rispetto alla letteratura storica, per esempio, chi si avventura nella
storia è mosso da una ricerca "delle tinte autentiche". Una delle prime domande che Bloch
pone è quella su cosa si fonda la "legittimità" di uno studio, quale sia il valore che una
ricerca apporti per essere ritenuta "utile". Il metodo di Bloch nel rispondere a queste
domande è quello di dare risposte inizialmente semplici e quasi grossolane, per poi rifinirle,
tramite esempi, dimostrazioni e confutazioni, trovando una risposta via via più aderente e
tagliata su misura alla realtà. In questo caso la prima risposta è che solo ricerche finalizzate
a servire all'azione siano utili; ma dice anche che l'esperienza ci ha spesso insegnato il
contrario, con le speculazioni "in apparenza più disinteressate" che si sono poi rivelate
straordinariamente feconde nella pratica, anche a distanza di molti anni. L'umanità, infatti, è
portata ad avere degli "appetiti intellettuali" che vanno al di là delle preoccupazioni di
benessere. Ma anche indipendentemente da qualsiasi risvolto pratico, nel presente o nel
futuro, lo studio della storia ha una sua validità. Esso risponde comunque a un'esigenza del
"vivere meglio", che non può essere ricondotto a un semplicistico ruolo di guida alla nostra
azione; un'altra risposta si può trovare confutando le opinioni di coloro che sconsigliano lo
studio della storia perché sterile e dannoso: queste posizioni giustificherebbero allora
l'ignoranza. La domanda alla fine non ha risposta immediata: per prima cosa Bloch
dimostrerà "come e perché uno storico pratica il suo mestiere", poi il lettore potrà decidere
se tale mestiere sia degno d'essere esercitato. La storia viene descritta come qualcosa di
dinamico, "uno sforzo verso il miglioramento della conoscenza". La storia non solo è una
scienza "in cammino", ma è anche relativamente giovane, come tutte le scienze sociali, anzi
per quanto riguarda alcuni problemi essenziali di metodo "essa è rimasta [...] ai primi passi".
Gli storici, sin dalla fine del XIX secolo (da Émile Durkheim), si trovarono davanti al dilemma
di conformare una scienza dell'evoluzione umana con le singole realtà "ribelli" alla
costruzione di un sapere razionale: ciò diede origine al concetto di "avvenimento" inteso
come evento contingente. Questo concetto, scrive Bloch, è superato e per ciascuno dei
movimenti intellettuali c'è da trovare "il prezzo della loro fecondità". In ogni caso la
conoscenza storica è incapace di dare certezze e, sebbene possa pretendere il diritto a
definirsi "scientifica" per i suoi metodi, i suoi risultati, per quanto universali, vanno presi
sempre con il dovuto grado. Dopotutto le esitazioni e i "pentimenti" degli storici sono proprio
ciò che giustifica i nuovi studi e in un certo senso dà "freschezza" agli studi storici.
L'incompiuto, quando porta a superarsi eternamente, genera una seduzione pari all'opera
più perfettamente completa. Infine Bloch fa una riflessione su come ogni scienza vada a
comporre un "frammento del moto universale verso la conoscenza".
«Per dirla in una parola, le cause, in storia non più che altrove, non si postulano. Si
cercano...» (Marc Bloch, Apologia della storia, fine del quinto capitolo)