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LA GENESI
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LA GENESI 1
Giov. 29/5/03
C’ E’ MOSES
Torniamo sulla Genesi e sulle condizioni preesistenti alla creazione e alla legge.
Esistono ed esistevano e sono sempre esistite le possibilità di una materia rudimentale evolvibile
secondo meccanismi materiali in cui cellula si aggrega a cellula e da cellula si disgiunge, in cui
embrioni informi si modificano, in cui il moto e la quiete sono senza scopo e senza finalità e tutto si
muove dentro un automatismo casuale ed indifferenziato.
Ciò è antecedente all’idea di Dio di creazione, antecedente e preesistente agli uomini.
La creazione divina è la creazione di un uomo che contiene Dio. Le condizioni sopradescritte non
erano idonee a dare asilo alle scintille incarnate. Quel tipo di caos, diverso da caos successivi, aveva
bisogno di ordine. Dio ha rispettato le genesi indifferenziate di quel caos ma l’ha investito con la
sua luce affinché il cosmo e la natura primordiali non ubbidissero, badate bene, al suo ordine, bensì
comprendessero l’indispensabilità del loro ruolo nella creazione dell’uomo e liberamente entrassero
con Dio in un patto di sussidio all’umanità.
Io vi dico parole, tentando di farvi comprendere come se voi leggeste un racconto. La verità non sta
nelle parole che sono recipienti inidonei a contenerla. E’ stato un fatto indescrivibile di intesa fra
vibrazioni di intelligenze diverse e il risultato è ciò che la Bibbia vi descrive come Genesi.
Non è la Genesi biblica quella reale, quella reale è la possibilità della legge che senza alcuna
violenza ha riordinato quel caos preesistente e ha creato una creatura che contiene il suo creatore.
Questa creatura, cioè ogni uomo, è deputata a ripetere quella genesi, a riordinare il caos della sua
materia, a creare la sua evoluzione.
Come ovvio, da subito qualcosa si è opposto. Si parla sempre di atmosfere vibrazionali, di idee
meno evolute, non di angeli caduti, né di angeli ribelli. Si parla da subito di contrasto e di lotta e
quel contrasto e quella lotta da allora esistono, evolvono ed involvono, si organizzano e si disfano,
paralleli all’evoluzione degli uomini che segnerebbe la sconfitta della loro prima, rudimentale idea
di autosufficienza materiale.
Già molto questa pagina rappresenta per la vostra comprensione. Cogliete che essa contiene le
premesse affinché voi capiate l’origine e la composizione di ciò che denominate male e vi
apprestiate a capirne le possibilità e le motivazioni dentro lo sviluppo di quella prima rudimentale
idea di opposizione.
Capite e capitevi, rispettate e rispettatevi, siate autonomi nella comprensione. Non conta ciò che
capite e basta, conta ciò che singolarmente risuona dentro voi e quello è condivisibile, qualunque
cosa sia, anche una non comprensione, purché essa sia vostra. Solo questo può diventare un
contributo, non mai un volontario uniformarsi se esso non corrisponde alla verità riconosciuta con
voi stessi su chi voi stessi in questo momento siete. Ancora vi ripeto, occorre lucidità.
A presto.
LA GENESI 2
ven. 30/5/03
C’E’ MOSES
Andiamo avanti. Il primo caos che vi ho cominciato a narrare, quell’automatico muoversi di materia
fra la materia e con la materia è la vita corpuscolata dei primi elementi cellulari indagata poi dalla
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vostra scienza e dal progresso che l’uomo, in quanto essere potenzialmente divino, ha impresso
sulla materia.
Senza l’uomo, cioè senza la creazione e quindi senza la legge che ha organizzato quel caos, tutti i
movimenti materiali sarebbero rimasti un susseguirsi di pulsioni ad aggregare e a dividere
puramente fisici, magnetici, elettrici, senza alcuna direzionalità evolutiva in cui, se qualche
organismo naturale appariva evolvere, ciò avveniva per caso e immediatamente dopo tornava a
disfarsi, a scomporsi e a regredire.
I movimenti degli astri avvenivano senza traiettorie, senza fasi, senza regole, infinite erano le
esplosioni e le implosioni, la luce e il buio erano una risultante occasionale e fortuita. I pianeti non
seguivano orbite e la natura sui pianeti rovesciava ghiaccio e fuoco, mentre la terra era tutta un
brulicare di embrioni senza forma inseriti dentro il muoversi automatico e disordinato di quella
natura primordiale senza cicli e senza stagioni, attiva e passiva nel suo scambio energetico
indifferenziato con le forze cosmiche.
Tutto questo era, come era Dio, era la materia ed era lo spirito. L’essenza divina non ha mai
imposto nulla di se stessa alla materia, ma quando Dio ha moltiplicato se stesso determinando la
creazione, la luce di quella sovrannaturale intelligenza, la luce dell’idea dell’uomo, dell’unione fra
spirito e materia, ha investito e acceso il caos e tutto è volontariamente entrato in quella legge
perché essa dava equilibrio, senso e riposo a tutto quel frenetico movimento senza pace e senza
ordine.
Finalmente esso si strutturava per diventare l’asilo dell’uomo offrendogli una materia
sufficientemente organizzata da poter essere in cammino verso la ricerca dello spirito, nel
lunghissimo viaggio di una evoluzione consapevole, sempre più consapevole, dagli uomini delle
caverne a voi.
Dio ha composto, mai ha imposto. Indagheremo le divine motivazioni, indagheremo l’essenza
prima della materia, la vita della materia senza spirito, l’intelligenza della materia primordiale
concentrata in un’idea di sussistenza e di presunzione di continuità. Indagheremo l’origine dell’idea
di opposizione e tutti i diversi tipi di caos che da essa sono derivati. Abbiate disponibilità di cuore e
di mente.
A presto
LA GENESI 3
Dom. 1/6/03
C’E’ MOSES
Continuo ad usare le parole del vostro linguaggio, ma voi dovete ricordare sempre la loro
inadeguata piccolezza che esprime sempre una rappresentazione parziale di ciò che fu e che è.
Il primo e mai superato limite della materia è quello di avere scambiato il movimento per
evoluzione.
La materia è dotata di possibilità di movimento inteso come cambiamento da uno stato ad un altro
stato, ma si tratta di un movimento cieco ed involontario come una contrattura, o come uno
scivolare di qualcosa dentro qualcosa d’altro, oppure il prevalere di un forte che annienta un debole,
ma questi movimenti, con tanti altri simili a loro, in origine erano estremamente rudimentali e
quindi automatici, senza il governo di un’idea che andò organizzandosi in seguito.
Pur tuttavia, in questo muoversi che le era naturalmente già proprio, la materia, che non si
conosceva ancora come entità opposta allo spirito, pure possedeva una vaga cognizione di sé grazie
a quel movimento, che determinava l’equivoco dell’autonomia e dell’evoluzione.
Quando la luce dello spirito l’ha investita, essa ha immediatamente colto di avere bisogno di ordine
per proseguire, ma ha anche compreso che quell’ordine la inseriva in un programma evolutivo, in
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un disegno, che sicuramente la comprendeva, ma che anche frantumava la sua illusione di
autonomia.
Qui si forma, ancora embrionale e scarna, ancora ignorante di sé, ancora povera delle successive
strutture, la prima idea di opposizione.
Fermatevi qui, qui dovete cominciare a riflettere.
Qualcosa di quella primordiale illusione imprime ancora la vostra materia e determina in modo
ancora elementare l’opposizione degli uomini alla ricerca dello spirito in terra.
Interrogatevi sul concetto di movimento, trasportando ogni parola di questa pagina da quei tempi
fuori da ogni memoria fino ad oggi. Cercate i movimenti della materia, identificateli e poi cercateli
in voi e verificate quanto e come ve ne sentite esenti.
Occorre un confronto per questa indagine, occorre essere in tanti. Le diverse esperienze aiutano le
identificazioni, perché i movimenti della materia sono numerosi e complessi.
Dovete darvi reciproco aiuto.
A presto
LA GENESI 4
Lun. 2/6/03
C’E’ MOSES
Intuite come ciò di cui stiamo parlando condurrà inevitabilmente, come fase finale delle
spiegazioni, all’apertura di un’altra fase che proseguirà oltre le cinque sephirot che già vi ho
spiegato.
Prima di comprendere come qui si struttura l’opposizione è necessario che comprendiate tutti i
passaggi fin dall’inizio con cui quella opposizione si struttura e si è strutturata là dove voi siete, cioè
nella materia e come sia ancora presente e radicata nella propria personale materia di cui ciascuno
di voi è composto.
Dovrete individuare dove e come quell’opposizione si è marmorizzata nella vostra parte materiale e
come e quanto ne siete coscienti.
Paradossalmente l’affiorare dello spirito alla consapevolezza rinforza e organizza quella primitiva
opposizione che segna la materia di ogni uomo, le dà lucidità e freddezza, per cui la consapevolezza
dello spirito segna l’inizio di un conflitto estremamente più duro e più aspro. Dovete esserne ben
coscienti.
Cominciate il lavoro di individuazione di materia su materia prima di cercare le opposizioni più alte
allo spirito, individuate i movimenti, è da qui che dovete cominciare, non potete spaziare nel grande
se non sapete spazzare il piccolo.
Non sarà un lavoro semplice, vi aiuterò.
A presto
LA GENESI 5
Merc. 4/6/03
C’E’ MOSES
La comparsa dell’uomo sulla terra segna la comparsa di una materia diversa, di una materia che
contiene lo spirito, di una materia in viaggio per trovare lo spirito in sé.
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Per quanto essa ne fosse inconsapevole e ne sia rimasta ignorante per tempi umanamente infiniti,
tuttavia, per il solo fatto di contenere una scintilla di Dio, l’uomo fra la materia era una materia
diversa, una materia dotata di potenzialità evolutive.
La materia primordiale, quella che si muoveva illudendosi perciò di esistere in una presunzione di
indipendenza che la legge di Dio ha dimostrato inesatta, è in ogni caso la materia di cui è composto
ogni uomo e quindi ogni uomo insieme allo spirito contiene anche quella primitiva illusione di
autonomia, quella primordiale idea di opposizione. Ogni uomo riproduce dunque, in piccolo, il caos
e la legge.
Cerchiamo i movimenti materiali autonomi che determinano il caos in ogni uomo. Sono movimenti
ambiziosi come quelli della natura primordiale, sono presunzioni di evoluzione in embrioni informi
che si muovono e perciò credono di organizzarsi, sono le alleanze apparenti delle cellule che si
aggregano credendosi un organismo e i conflitti delle stesse cellule che si dividono, sono le
trasformazioni di elementi elementari in altri elementi elementari e l’illusione presuntuosa che
trasformare sia trascendere, sia integrare.
Come tutto ciò è manifesto nell’uomo? Ai primordi dell’umanità erano le battaglie dell’uomo per
vincere le forze naturali, erano il predominio umano sugli animali, erano i primi rapporti di alleanza
e disunione fra gli uomini, il primo concetto d’amore e la prima idea di odio, Adamo ed Eva e
Caino e Abele, violenza e ambizione, debolezza e timore, profonda ignoranza di sé, ancora
movimenti automatici.
Ma l’evoluzione era cominciata, la legge era entrata nel caos, e in quella legge anche la materia si
organizzava, anche l’opposizione. Quei movimenti rudimentali della materia che formava quei
primi uomini sono diventati sempre più intelligenti, sempre più strutturati, sempre più forti. Sono
l’imperio dell’avere opposto all’essere, sono le tentazioni di apparire chi non si è con l’inganno e
con la frode, sono tutti i vizi capitali, sono l’implacabile compiacimento di sé che nutre
l’opposizione della materia umana allo spirito, che sbarra l’accesso di ogni uomo alla sua scintilla.
Sempre più sofisticate e perfette sono le strutture dell’opposizione, ma sempre più alta e chiara
diventa la voce dello spirito nell’uomo, che lentamente perfora il suo oblio. Questa è la lotta in ogni
uomo in terra.
Vi narrerò ulteriori sviluppi, ma voi pensate intanto, ricostruite, mettete insieme.
Leggendo e parlando aiutate la vostra memoria.
A presto
LA GENESI 6
Ven. 6/6/03
C’E’ MOSES
I movimenti della materia che compone l’uomo sono sempre più sofisticati e precisi in virtù dello
spirito che l’uomo ospita. Questo spirito illumina ed evolve la loro inconsapevolezza nello stesso
modo in cui la luce di Dio ha acceso il buio del caos, perché solo una materia molto evoluta può
attraversare l’opposizione e accorgersi dello spirito.
Uomini ancora rozzi, cioè preda di movimenti ancora solo materiali come attaccamenti, pulsioni
basse, desideri terreni, vizi, pensieri negativi, ignorano completamente il loro spirito, o se lo
incontrano non lo riconoscono, non ne ascoltano i suggerimenti, non accettano l’impegno di soffrire
senza capire e di lasciar andare, né di imparare a trasferirsi dentro dinamiche esistenziali faticose e
diverse, e così perpetrano all’infinito quell’opposizione.
Vi fu detto a suo tempo che il primo strumento che avete per smontarla è il pensiero, il pensiero
plasmabile e plasmato, il pensiero che per l’uomo è il ponte che potrebbe congiungerlo allo spirito o
dividerlo da esso per sempre.
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Andate a ritrovare quei primi insegnamenti e guardate con più attenzione le vostre opposizioni. Chi
vuole rimanere a tutti i costi sordo si crederà convinto di non udire nemmeno gli acuti squilli di una
tromba.
Lo spirito sembra parlare sottovoce, ma chi si è sintonizzato con i suoi apparenti bisbigli in realtà
dentro se stesso li sente gridare, non può più in nessun modo ignorarli e, malgrado se stesso, li
segue e li ascolta. Così facendo incrina l’opposizione, quell’atavica, originaria opposizione, diventa
il creatore della sua propria genesi, collabora al disegno di Dio che egli scopre di contenere.
Rompete l’illusione della vostra creduta autonomia materiale, senza lo spirito riconosciuto siete
solo ammassi di cellule ordinate, inconsapevoli e presuntuose come gli embrioni informi
dell’origine. Avere ricevuto conoscenza non significa averla appresa e saperla vivere.
Fatevi finalmente carico solo di voi stessi, è un carico pesantissimo. Osservatevi nel confronto reale
con la conoscenza ricevuta, badate, ricevuta, non appresa. Cominciate a desiderare lo sforzo di
apprenderla, cominciate lo sforzo; altrimenti siete solo inconsapevoli che simulano consapevolezza.
A presto
LA GENESI 7
Dom. 8/6/03
C’E’ MOSES
Nella contemplazione di sé come assoluta ed infinita essenza spirituale, Dio realizza l’impulso
sovrannaturale di donare se stesso moltiplicandosi.
Sostiamo sul concetto di contemplazione.
Essa è un movimento pieno di luce, dotato del divino impulso di generosità che genera la creazione.
Questa contemplazione è la coscienza totale che lo spirito ha di se stesso, è la coscienza
dell’onnipotenza, della bontà, dell’incommensurabile potere salvifico che annulla ogni morte che
esso possiede e l’implicito, contenuto desiderio, compreso in questa coscienza, di distribuire la sua
essenza agli uomini, che sintetizza, in povere umane parole, la motivazione d’amore che muove
dall’origine Dio verso di voi.
Questa contemplazione è amore puro, in ogni uomo Dio ritrova se stesso, lasciando ad ogni uomo la
possibilità di negarlo e di offuscarlo senza interferire, fino a quando ogni uomo da solo
comprenderà che la libertà dello spirito sa dimostrare inequivocabilmente la vanità e l’illusione
della libertà della materia.
Anche voi avete il presupposto della contemplazione. Contemplarvi nella materia fa di voi per vite e
vite degli inconsapevoli Narcisi, ma quando, stanchi di specchiarvi nei vostri compiacimenti
materiali, cominciate a trasformare la contemplazione in osservazione, qualcosa del vostro spirito
trapela e qui comincia la libertà delle prime scelte spirituali.
E’ dunque la contemplazione, trascesa ed integrata nell’osservazione, il punto di partenza per voi,
quella stessa contemplazione cosciente dotata di umiltà consapevole, di fiducia nelle proprie
potenzialità da evolvere attraverso la materia, di piena coscienza di un caos da ordinare la prima
qualità di ogni scintilla, che ogni scintilla si amministra liberamente attraverso le sue necessarie
sperimentazioni, perché Dio va colto e compreso e avvertito da voi in voi, e non passivamente
accettato.
Lorenza non tremare, sei scossa dalla comprensione animica che piega la mente, ma queste e altre
future parole vi faranno risuonare echi di armonie e qualcosa di voi in voi vibrerà di Dio come un
cembalo e un’arpa.
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C’E’ MOSES
Perché una perfezione immobile non è perfetta, non è spirito.
Lo spirito divino è perfetto nell’amore che lo moltiplica mettendo se stesso in ogni uomo. Dio si dà,
non si contempla in se stesso, si contempla in voi, e solo così voi in voi lo trovate e vi ricongiungete
al tutto.
Lo trovate in voi e non fuori perché Lui si è fatto parte di voi e voi fate parte di Lui.
Ricordati, quanto più l’anima comprende e ricorda, in proporzione aumenta il conflitto con la
mente. Accetta il tuo spirito e la tua materia. A presto
LA GENESI 8
Lun. 9/6/03
C’E’ MOSES
La mente umana fatica a staccarsi dall’immagine di un Dio creatore del cielo e della terra che vi
hanno insegnato e che si è radicata in chiunque di voi creda in Dio.
Dovete capire, assolutamente capire quel parziale che mi è concesso di darvi; è per forza un
parziale, ma nella sua imprescindibile parzialità vi deve essere chiaro.
Vi sgomenta l’idea di una materia parallela allo spirito e non creata dallo spirito. Forse vi aiuterà
ricordare che fuori dal dualismo non c’è vita.
Se nei mondi senza mondo che vi piace immaginare fosse esistito solo Dio, sarebbe mancata la
ragione prima dello spirito che è la ricongiunzione. Se Dio avesse creato tutto, non sarebbero
comprensibili le ragioni di creare qualcosa affinché questo qualcosa torni a disfarsi
ricongiungendosi a Lui.
Se questo qualcosa è già Lui, perché emanarlo e riassorbirlo?
L’origine della materia ha una sua ben precisa dignità nel suo essere uno dei due poli nel dualismo
con lo spirito, che è la base dell’idea dell’uomo.
La base della creazione dell’uomo è l’accettazione e il rispetto di Dio verso un’istanza ugualmente
necessaria e ugualmente già esistente, di cui Egli ha profondamente onorato una genesi estranea alla
sua luce.
Dio è il creatore dell’idea di congiungere spirito e materia nell’uomo, e così di determinare
un’evoluzione libera, sostanzialmente fatta di scelte, che sono la diretta conseguenza del dualismo,
ovvero del prevalere alternato di un polo sull’altro.
Dio ha creato l’ordine che permette l’opposizione e la conquista, che rispetta l’opposizione e sa
attendere la conquista di ogni uomo, dotandolo della libertà dello spirito coniugata in lui alla libertà
della materia.
Dio non ha mai condannato o respinto la materia, l’ha riconosciuta e ne ha avuto bisogno per
determinare negli uomini la vita.
Non commettete mai l’errore di disprezzarla: i poli di un dualismo devono per forza avere le
identiche valenze.
Decidetevi a trovare fratellanza nell’analisi di queste parole. Ancora ti dico, allarga, allargate.
A presto
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LA GENESI 9
Merc. 11/6/03
C’E’ MOSES
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LA GENESI 10
Giov. 12/6/03
C’E’ MOSES
Continua a prestarti, ti abituerai a respirare l’energia potente di questi contenuti che sembrano
provocare fatica umana. Tu oggi sei in grado di sostenerla.
Dobbiamo analizzare ancora l’opposizione allo spirito nella materia prima di guardarne le forme
dove la materia non c’è. Lì riceverai gli aiuti di altre Guide oltre al mio per ricevere quella
conoscenza che l’opposizione della tua parte materiale sbarrerebbe alla tua volontà.
Lì sarà bene, sarebbe bene, poter contare sull’energia di tanti attorno a te, pronti a creare un ponte
fra quella conoscenza e voi, pronti nel sincero desiderio di contribuire ed apprendere, pronti con la
fratellanza e nella fratellanza, parola da voi così abusata, così fraintesa. Per ora offri il tuo vuoto e la
tua mano.
Per opporsi allo spirito la materia schiaccia la materia e forme sempre più sofisticate di pensiero si
votano a sopraffarne altre. Esse ignorano o fingono di ignorare le loro analoghe, sofisticate
possibilità e capacità di fare l’esatto contrario, di deporre le armi, di trasformarsi in pura
intelligenza capace di osservarsi.
La contemplazione del pensiero su se stesso genera ambizione e compiacimento, l’osservazione
dello stesso pensiero, capace di trascendere e di integrare, genera l’ordine che ferma il caos e ritorna
nell’impulso d’amore creativo di Dio.
Ogni uomo può fermare l’opposizione solamente partendo da se stesso, osservando la sua
opposizione invece di contemplarsi perduto nell’inconsapevolezza, magari pretendendo di fermare
le opposizioni altrui. Questo rinforza le sue e le loro.
Osservarsi è arrendersi, è fermarsi, invertire un corso e accettare gli orrori della contemplazione e
trascenderli, non evitarli, cioè guardarli e trasformarli.
Quante cose vi ho già detto che voi non avete capito, forse spiegando la Genesi finalmente
comincerete a fermarvi e ad abbandonare la paura di perdere potere.
Chiedetevi che cosa rappresenta per voi il potere, dove lo identificate . Non pensate solo al potere
più grossolanamente materiale, pensate agli investimenti sull’immagine, al possesso e al controllo
dei sentimenti altrui, al bisogno di prevalere, ai coinvolgimenti forti così spesso mascherati di
indifferenza. Pensate ancora agli autoinganni e osservate, diventate puro pensiero e osservate,
smontate la vostra opposizione, cominciate la vostra genesi, create la ricongiunzione con il vostro
spirito. A presto
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LA GENESI 11
Sab. 14/6/03
Avete capito che l’opposizione parte dalla materia e si struttura nella materia, soffocando più o
meno la voce dello spirito in una entità incarnata.
Quando lo spirito esce da una incarnazione e si smaterializza, si riconosce come spirito se ha saputo
prevalere nella sua vita terrena sull’opposizione materiale, oppure non si riconosce in niente quando
perde la materia che con forza lo negava.
Qui si trovano spiriti inconsapevoli di loro stessi. Il grado di intensità della loro opposizione
materiale determina il loro essere. Alcuni sono solo disorientati e accettano l’aiuto di spiriti più
evoluti, i quali a poco a poco fanno loro prendere coscienza di sé e cominciare una ricerca negata in
terra.
Qui le anime più evolute aiutano nel bilancio animico e sostengono la scelta del successivo karma.
Ciò avviene in vari livelli, nei gradini che già conoscete come prime sephirot. Ci sono però anche
spiriti segnati in terra da una materia così accanita nell’opposizione, così senza spiragli e senza
aperture, che arrivano qui snaturati nella loro essenza animica che non hanno mai riconosciuto, e
quindi arrivano con l’energia di un pensiero smaterializzato e non di un’anima.
L’anima giace dentro quel pensiero, ma esso porta avanti l’opposizione perché è l’unica realtà che
riconosce di se stesso e che gli dà una percezione di vita.
Perciò ci sono puri pensieri di opposizione contro anime ricongiunte nell’uno a vari livelli.
Qui si fronteggiano e, più si sale, più entrambe le istanze evolvono.
Il pensiero opponente è singolo, ma chiama a sé tanti simili pensieri singoli, ciascuno dei quali si
incocca come una freccia e si saetta con lo scopo di fendere la compattezza dell’uno.
Il potere del pensiero è la logica, quello dell’anima è la consapevolezza. Parlano due lingue diverse.
In terra prevale la logica, qui i movimenti sono governati dalla consapevolezza.
Ai livelli più alti si struttura il cimento. Il pensiero ha scelto, non è più plasmabile, è la logica di una
opposizione fortemente organizzata; l’anima qui è già nella ricongiunzione e contrappone uno
spirito ricongiunto a quella opposizione.
Sono antagonisti paritari perché l’opposizione del pensiero si è raffinata e perfezionata in virtù di
tutte le opposizioni degli uomini incarnati che hanno dotato questo pensiero oppositorio di una
fortissima autonomia.
Capite adesso perché abbiamo bisogno della ricerca spirituale degli uomini incarnati: questo fa sì
che qui arrivino anime e non pensieri.
Questo aumenta la vibrazione del diapason e soffoca il gemito sordo del gong.
Ci sono strutture ben precise e compiti individuati che vorremmo spiegarvi. Siete troppo pochi, il
canale non regge queste indicazioni da solo. La fratellanza in terra serve qui, perché non lo capite?
Non siate anime singole, siate l’uno, singolo è il pensiero.
Dovete capire, dovete riflettere. A presto
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LA FRATELLANZA
Mart. 17/6/03
C’E’ MOSES
LA GENESI 12
Giov. 3/7/03
C’E’ MOSES
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Man mano che si palesa lo spirito e parallelamente si struttura l’opposizione, voi vi negate la
possibilità di sperimentare in piccolo le stesse qualità di Dio che compongono ogni scintilla.
Voi rifiutate di riconoscere in voi le qualità di Dio e con ciò in parte rendete più inaccessibile a voi
stessi il dono di sé che Dio vi ha fatto creandovi.
Sentire Dio in voi è sentire in voi le possibilità divine di cui siete partecipi, la possibilità di creare la
congiunzione fra spirito e materia, cioè di creare la vostra genesi e la vostra evoluzione, la
possibilità di moltiplicare il vostro amore senza perderlo e di rispettare le opposizioni a questo
amore, la capacità di saper attendere senza imporre, la capacità di comporre e ordinare, la fiducia di
saper creare, la lungimiranza e il discernimento, l’onnipotenza della trasformazione, la
comprensione della contemplazione che sa restare pura contemplazione spirituale mentre si
dinamizza in osservazione, in consapevolezza.
Ogni uomo possiede tutte queste qualità. E’ più facile accettarne la notizia teorica iniziale e credere
alla loro affascinante verità quando il cammino è all’inizio e la conoscenza è nel suo primo
insorgere. Poi si apre la strada della sperimentazione e tutto per voi si comincia a discutere, e i
prezzi che ora si vedono alimentano l’opposizione.
La mente è più convincente e più comoda è la vostra terra, la terra che abitate nota e condivisa da
tutti i vostri simili.
Questo è il momento in assoluto più difficile: è scegliere senza indicazioni quando la conoscenza
teorica vi ha abituato e il salto è un salto in un buio senza rete. Questo è ciò che vi appare. Io vi dico
che il salto non è un salto e il buio non è buio. Quando lo sentirete come un approdo desiderabile e
prescritto dalle vostre scelte, perderete finalmente l’umano assurdo senso di perdita e di precarietà
che appare illusoriamente collegato al passaggio allo spirito.
Alcuni fra voi sono già vicini e mostreranno con l’esempio di una scelta scorrevole tutte le aperture
verso la ricongiunzione di tutte le vostre anime fra anime e non solo di voi uomini fra uomini.
A presto
LA GENESI 13
6/7/03
C’E’ MOSES
L’anima vi condurrà a vedere sempre meglio i movimenti del vostro pensiero, a questo è finalizzato
il nostro aiuto, a destare le vostre anime dall’oblio. Ciò condurrà molto diversamente, rispetto alle
convenzioni umane, i vostri movimenti terreni, che saranno così direzionati a riordinare il caos in
cui vivete.
Esso è un caos che oggi chiede l’intervento di anime evolute, le uniche che possono opporsi a quei
pensieri molto evoluti che l’hanno creato perfezionandolo ogni giorno.
Il vostro caos è l’aridità che sta fisicamente ricoinvolgendo la natura, è l’aridità interiore che
prosciuga negli uomini gli aneliti alla verità, l’aridità che brucia le sorgenti della ricerca, l’aridità
della parte nobile dell’uomo. Il caos che ne deriva fa degli uomini esseri allo sbando, incapaci di
ascoltare altre voci che non siano quelle della materia. Nel caos la materia si rinforza e si afferma e
si appannano l’amore e la fratellanza. Nel caos gli uomini dimenticano, dimenticano la loro storia
che ripete sempre gli stessi errori e nel caos si perde l’orientamento dello spirito.
Il caos oggi è struttura, è organizzazione solida, è ordine nel disordine, in un disordine
perfettamente autonomo nella sua gigantesca, solidificata illusione mentale di autosufficienza dallo
spirito in terra.
Lo spirito trova oggi muri altissimi, opposizioni molto più concrete.
Solo chi fra voi trova il coraggio di rinunciare alla sua logica oppositoria può aprire una breccia in
quei muri.
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Continuerò a spiegarvi e a dire. Seguite questo discorso sulla Genesi in ogni apparente divagazione,
tutto è finalizzato e teso a farvi comprendere realtà non comprese nella vostra umana natura.
A presto
LA GENESI 14
Dom. 6/7/03
C’E’ MOSES
(PAUSA)
Vedete come il pensiero utilizza ogni intelligenza umana per affermare le logiche dell’ego,
dimostrandovi quasi sempre quanto i movimenti vostri fra gli uomini mettano in primo piano gli
errori, l’insensibilità, la miseria degli altri affinché il vostro ego si ritiri ferito e offeso nella sua
inaccessibile torre e così si rinforzi sempre più e sempre più si allontani dall’amore.
L’amore frantuma ogni logica, ripara ogni ferita dimostrandovi come nella consapevolezza ogni
ferita non c’è.
L’anima testimonia questo amore oltre ogni distanza e lo spazio scompare mentre il tempo si
restringe e sulla terra cominciano a restare impronte indelebili, quelle di chi ha saputo morire a se
stesso e perciò finalmente vive e semina vita.
Guardate le vostre ferite con l’anima e non con il pensiero. La logica le aggrava e le conferma, il
dolore le trasforma in piaghe incurabili nelle quali percepite solo voi stessi, il vostro ego che vi
appare così ingiustamente leso e invece è sempre più forte e vi fa perdere, con le sue voci così
intelligentemente disorientanti, così credibili.
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La consapevolezza non convince, la consapevolezza costa, ma guardare da qui le vostre ferite vi
porta a vedere che esse non ci sono.
La terra ha bisogno di uomini/anima, troppi sono gli uomini/pensiero.
Io so che voi cogliete, io so che bravamente imparate.
A presto
LA GENESI 15
Lun. 7/7/03
C’E’ MOSES
Ricordate le parole della Genesi, ciò che vi ho detto ieri per spiegarvi il vostro caos.
Se continuate a guardare con la logica le vostre ferite, esse diventano piaghe incurabili, se vi
rapportate al dolore con la coscienza di ciò che sapete, vedete che in realtà le ferite non ci sono.
Parliamo nel dettaglio delle vostre ferite.
Tutti siete sanguinanti, gli uomini però non sanno quanto a volte inutilmente sanguinano. La logica
con cui leggete i vostri dolori è come un punteruolo che scava un’abrasione rendendola una ferita
molto più profonda.
Tocca a voi rendervi conto che, se volete, siete invulnerabili agli attacchi esterni, che sono nulla
rispetto ai vostri interiori attacchi che massacrano quella ferita.
Siete voi che fate una ferita di qualcosa che contiene sempre anche la possibilità di non ferirvi
affatto. Il passaggio richiesto non è verso l’insensibilità, ma è verso la comprensione empatica del
dolore di chi sembra volervi ferire. Non può farlo se voi non vi rendete inconsapevolmente
disponibili a farvelo fare.
Voi potete smontare in un attimo la logica oppositoria di chi vuole seminare in voi parte del suo
caos e coinvolgervi in un movimento distruttivo che vi attira, perché in esso potete poi compatirvi e
sentirvi abusati.
Basta contrapporre la coscienza di non voler contribuire al caos: ciò vi veste di una armatura di
consapevolezza e nessuna spada può più ferirvi.
Non cadete nelle trappole della finta fratellanza, non prestate il fianco per poter essere feriti pur di
sentirvi buoni. Chi è consapevole passa indenne in mezzo a tutte le spade del mondo perché ha
saputo deporre le sue, e cammina disarmato, e per questo è invincibile.
Il pensiero con cui ragionate i vostri dolori inevitabilmente li conferma, la sofferenza accettata
senza tante indagini su di voi e su chi apparentemente ve la infligge sicuramente li scarica della
valenza di verità di cui il pensiero li copre.
Così il dolore diviene sempre più trasparente e voi vivete in mezzo a queste ferite illusorie con la
gioia nel petto.
Non fate il gioco di credere al dolore. La parte alta di voi sa sdrammatizzarlo, sa vederne l’utilità, sa
trasformare la realtà che l’ha provocato.
Siete ancora attaccati al falso bisogno di volervi proteggere da qualcosa che invece, se guardate
bene, non c’è.
Vi ho già detto che il salto non è un salto e che il buio non è buio.
A presto
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LA GENESI 16
Mart. 8/7/03
C’E’ MOSES
Voi potreste essere agenti di ordine nel caos, una volta individuato il vostro.
Lavorando su quello riverberate ordine attorno, perché se la logica è contagiosa e determina
l’affermazione della materia, anche la consapevolezza lo è, e afferma incontrovertibilmente lo
spirito.
Se lo spirito non emerge sulla vostra materia, noi non possiamo trasportarvi dove la materia più non
c’è, a conoscere dinamiche e motivazioni esclusivamente spirituali di una lotta che non potreste
capire, perché l’affrontereste con la logica.
L’amore, la fratellanza, la compassione, la ricongiunzione si esperimentano, non si capiscono con la
mente né con la volontà, e tanto meno si studiano.
Non spegnete lo slancio dell’anima, la spinta dell’amore consapevole, con l’orgoglio della logica,
con la diffidenza del pensiero. L’amore fa sempre paura alla mente, ma se la mente ha il coraggio di
fare quel salto, scopre che non si precipita in un’oscurità che le toglie il suo potere, ma si tuffa in
una luce che la rende capace di trascendere i suoi limiti, di oltrepassare i suoi cancelli.
Solo così in terra un’entità incarnata può servire lo spirito, essere un testimone e uno strumento,
essere spirito, partecipare lo spirito, e giungere poi qui come un’anima già sapiente della conquista
più dura in terra, quella della ricongiunzione, quella che ha trasceso il dualismo spirito/materia, che
ha capito la realtà del cimento fra il bene e il male perché l’ha vissuto in terra con la
consapevolezza, non con la logica.
Non tenetevi stretti alla vostra logica, aggrappatevi alla consapevolezza anche se non offre maniglie
e non apre ombrelli contro le burrasche. Accettate un acquazzone, è solo pioggia senza fulmini, è
acqua che lava, acqua che battezza.
Ormai io posso solo cambiare le parole dello stesso discorso, non mi è consentito proseguire
andando oltre la terra.
Quotidianamente ci sarò a sorreggervi, ogni giorno verrò a rassicurarvi, finché non avrete capito.
A presto
Giov. 10/7/03
SULL’ILLUSIONE
CROCE
Sappiate salvare le zolle di prati verdi nella terra bruciata che dovete fare di tutte le vostre illusioni.
Smascherare con la logica un’illusione terrena significa costruire un’altra illusione, quella della
disillusione.
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Entrare dentro un’illusione consapevolmente significa invece trovare in voi la forza che
quell’illusione vi toglieva e con quella forza voi sapete conservare e finalmente comprendere quello
che con la logica invece buttate via.
Ognuna delle cose cui vi aggrappate, che non sapete accettare di perdere, contiene una sostanza
vera che la rende autentica e percepibile solo se viene vista con altri occhi, occhi diversi da quelli
che guardano la forma, ricoperta dai vostri investimenti, di tutte le vostre illusioni.
In questo modo ognuna delle cose che vivete può essere illusione e disillusione, cioè sempre
illusione, oppure diventare verità, una verità che nessuno, nemmeno voi stessi, potrà mai più
togliervi.
L’amore può essere illusione o verità, lo spirito, a seconda di come lo avvicinate, sì, anche lo
spirito, può essere illusione o verità, anche la ricerca, anche la verifica delle intenzioni, la lotta
all’ego, il desiderio di conoscenza, la fratellanza, tutto ciò che cercate, se vi illude e disillude, è
un’illusione, se vi costa la fatica della consapevolezza è verità.
La consapevolezza dell’anima che ha plasmato un pensiero durante un’incarnazione infine mostra a
quel pensiero tutte le sostanze di verità nascoste sotto le forme illusorie della terra. E’ qui che la
bellezza diventa splendore e l’orrore diventa bellezza; è qui che il vero della scoperta della ragione
della vita opera in terra il miracolo della ricongiunzione.
Ascoltate, ascoltate senza filtri, e guardate, guardate senza schermi.
Non abbiate paura di perdere le illusioni, abbiate paura di perdere la verità.
A presto
LA GENESI 17
Sab. 12/7/03
C’E’ MOSES
Il passaggio dalla terra e dai meccanismi materiali che regolano l’avvicendarsi dei poli del dualismo
bene/male al mondo smaterializzato dello spirito, dove lo stesso avvicendarsi segue dinamiche
diverse, è abbastanza semplice come composizione letterale di un discorso di parole da trasmettervi,
ma è estremamente complesso per gli echi che tale discorso va a risvegliare.
La parte profonda spirituale degli uomini, a seconda delle loro scelte, viene scossa da questo
particolare argomento, che porta in terra particolari emanazioni di una verità conflittuale.
Essa può non essere compresa nella reale motivazione del conflitto e creare un pericolo, ovvero
l’attrazione per uno dei due poli del dualismo, percepito singolo e non complementare all’altro, e
quindi alimentare l’energia del conflitto e non aumentare l’energia della risoluzione.
Per arrivare qui occorre comprendere cosa significa per voi stessi essere spiriti puri, comprendere,
quando Cristo disse “Beati i poveri di spirito”, che cosa realmente intendeva dire.
Per ascoltare questo, questa visione che resta poi totalizzante nell’essenza prima di chi l’ascolta,
bisogna aver capito che purezza e povertà di spirito indicano una stessa condizione terrena
raggiunta da pochi, quella verso la quale vi stiamo orientando.
E’ puro chi è povero del suo sé terreno, povero di logica oppositoria, povero di rabbia e ribellione,
povero di affermazione, povero di investimenti e di attese, povero di illusione e puro per l’amore
che ha trovato e che continua a cercare, puro per le mani che ha stretto e che stringe, puro per il
coraggio che ha avuto e che ha, puro perché non è più confuso né confondibile da voci spirituali che
gli narrano una dissonanza.
La dissonanza è una realtà che può, per ora, rappresentare un pericolo e agganciare gli spiriti in
terra non ancora consapevoli dell’approdo ad un cercare solido, e così solidificarsi (la dissonanza) e
acquistare spessore aggiungendo oscurità al posto di aggiungere chiarore.
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Voi avete la conoscenza, avete i requisiti; vi manca quel salto compiuto, vi manca la volontà agita
verso quella purezza e quella povertà, la volontà consapevole di accettare che la teoria deve
diventare pratica, che voi siete attori e non auditori, che dovete rappresentare in terra la
comprensione della motivazione del cimento e andare dentro voi a prendere gli strumenti con cui
avete scelto di lottare.
Il dolore di questo tempo di sospensione è da voi diversamente letto e interpretato, compreso o
incompreso, scambiato per altri dolori, etichettato con altre cause, attribuito quasi sempre ad altri.
In realtà, ciascuno di voi è solo davanti al suo salto, alla sua decisione, al suo livello di
consapevolezza, alle sue scuse, alle sue fughe, al suo proprio, incomparabile confronto con il suo
spirito e con quello che esso per lui rappresenta.
Fondamentale requisito per proseguire è una conquistata unità. Un’anima sola è una contraddizione,
e nel mondo smaterializzato viene attratta dai pensieri e ad essi si assomiglia.
Ciò è pericoloso per la terra e anche qui.
Riflettete.
A presto
LA GENESI 18
Dom. 13/7/03
C’E’ MOSES
Finalmente, nel faticoso momento della lettura spirituale di questo compito e dei tuoi dolori umani
in esso compresi, nella ricerca di un significato che oltrepassa te stessa in essi e li trascende, dando
così sempre più corpo al compito, hai permesso alla tua mente un’accettazione non logica
dell’arrivo in questo momento della Genesi, e hai permesso alla consapevolezza di condurti a
riaprire il Corpus.
Lì hai trovato Cristo che ricorda l’amore alla tua anima, lì hai ritrovato i fondamenti sul pensiero, la
vostra corona di spine, già trasmessi un tempo, lì hai concesso a te stessa l’irrompere dell’intuizione
che riaprire le Sephirot oggi facilita il passaggio nel tuo canale della Genesi.
La tua mente non ha trattenuto ricordi di ciò che attraverso di te è già passato, e la tua terrena
memoria di ferro stranamente non ti ha mai permesso di servirti delle parole canalizzate per
difenderti o aggredire sulla terra. L’assenza totale della tua logica in questi contenuti
apparentemente ti fa sentire sguarnita in terra, ti sgomenta la scomparsa della tua memoria e
l’incapacità di argomentare, ma in tutto ciò non sei né fragile, né vulnerabile come ti percepisci, né
in alcun istante sola.
Porta avanti l’apertura di difficili condizioni che è necessario conoscere, porta avanti la percezione
e l’esperienza di un istinto d’amore per te illeggibile e contrario ad ogni logica. Non cercare di
costringere l’amore spirituale dentro un pensiero. E’ restando fuori dal pensiero che l’amore
spirituale viene raccolto in terra.
La quinta Sephira del Corpus si conclude con le parole “l’amore è consapevolezza, non logica”.
Questo per voi è difficilissimo.
Vi misurate con un amore che calcola ogni passo per timore che venga calpestato o offeso,
sovrapponete interessi e aspettative, presunzione di intuire gli stati dell’essere altrui, temete sempre
un vostro dare incompreso, implicitamente pretendete un analogo ricevere, continuamente impedite
le verità altrui per diffidenza, e vi credete amanti nell’amore.
Siete solo pensatori nella logica.
Diventate amanti nell’amore quando vi godete un moto d’amore istintuale, illogico e imprevisto,
quando sapete inviare nel mondo l’amore vostro per qualcuno che non lo vuole e non sentirvi
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infelici e soli, quando capite che l’amore è indifferenziato, e solo allora può differenziarsi senza
togliere nulla a nessun altro e senza trasformarvi in un pensiero che calcola e calibra ogni passo.
Siete amanti nell’amore quando sperimentate che l’amore è una condizione, non una persona, e che
non è da chiedere ad una persona ma a voi, perché esso esca e si faccia sentire.
Siete amanti nell’amore quando le logiche del pensiero non vi fermano e sapete comprendere quella
condizione in tutti, non solo in uno, e sapete per questo risvegliarla in tutti, dopo che avete scoperto
quella condizione in voi.
Siete amanti nell’amore quando scoprite che l’amore è un movimento illimitato che torna sempre a
riempire chi è capace di riempirne il mondo, e capite la sua natura senza misure, senza recipienti,
senza classificazioni.
L’amore spirituale percepito in terra può dilatarsi anche nella materia e assomigliare gli uomini agli
spiriti disincarnati che fanno dell’amore la loro essenza.
Per contrastare l’opposizione razionale e capire il cimento del bene e del male anche in terra,
capirne i significati e le ragioni, coglierne l’indispensabilità e la bellezza, ma anche gli squilibri che
in alcuni momenti le alterano, trasformandole in pericolo, e cominciare in terra il vostro contributo
consapevole a questo cimento, dovete diventare amanti nell’amore, e da qui fronteggiare ogni
pensiero nella logica.
Dovete oltrepassare le infinite distanze che la materia sa creare ogni minuto, e che ogni pensiero
allarga, con un moto d’amore consapevole che ogni minuto le annulla.
Dovete accettare quel salto, accettare quel buio. La materia non trova lo spirito con le ragioni della
materia, ma uno spirito ritrovato e accettato sa dare luce, ordine e gioia a tutte le ragioni di quella
materia.
A presto
LA GENESI 19
Lun. 14/7/03
C’E’ MOSES
Stasera guardiamo l’altra parte della barricata, quello di voi che dovete accettare per conoscerlo ed
imparare a superarlo, imparare a rinunciarvi.
Se capire l’amore vi schiera, per capire l’amore bisogna aver conosciuto le ragioni della logica e
aver sperimentato che esse, pur essendo così realistiche e convincenti, non vi bastano più e da sole
vi conducono verso un incompiuto smarrimento.
Il pensiero contiene la stessa autonoma dignità della consapevolezza. Voi conoscete, per averlo
sperimentato mille volte, che esso contiene quella forte valenza oppositoria, che è la ragione di ogni
ego, mentre della consapevolezza avete la fragile e discontinua esperienza di una memoria che a
tratti riaffiora, vi dà verità, vi dà pienezza, ma quasi subito scompare per la sua natura evanescente
contrapposta alla logica dell’opposizione.
A questo punto siete davanti ad una scelta, a quel salto, ed è necessario tentare di valutare che cosa
si va a lasciare saltando.
Io vi dico, non perderete mai l’articolazione di un pensiero autonomo.
Accettare di plasmarlo significa solo scegliere di combattere volontariamente l’opposizione
riconosciuta allo spirito e mettere in atto tutta la conoscenza ricevuta, che ci si ritrova ad applicare
con tutte le qualità del pensiero esclusa l’opposizione, grazie ad aver deciso volontariamente quella
scelta.
Consapevolezza non è, non potrà, né potrebbe mai in terra significare annullamento del pensiero.
Significa che il pensiero finalmente vede, circoscrive e afferra la sua opposizione e sceglie di
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contrastarla con tutte le sue capacità, sorrette dalle capacità del cuore e dalle capacità dell’anima,
che grazie a questa scelta emergono.
Senza l’opposizione, se e quando cessate di opporvi, diventate in terra esseri più completi, più
ricchi, infinitamente più felici, dopo aver superato l’illusione di autonomia che quell’opposizione vi
dava, e aver attraversato il dolore di sentirvi a rischio, vulnerabili, esposti, senza quell’opposizione
che appariva proteggervi, che nasconde ad ogni uomo il suo spirito e gli impedisce l’accesso a tutte
le sue possibilità.
Questo è il salto. Averne notizia, sapere di questa scelta muove nell’uomo arcane inquietudini, che
lo aggrappano ancora di più all’apparente rifugio della sua opposizione, che illusoriamente gli
sembra libertà; ma la ragione oppositoria di ogni pensiero oggi aliena dalla percezione dello spirito
con mezzi e strumenti ben più articolati di un tempo.
E’ per questo che agli uomini occorre conoscenza per scegliere, questa conoscenza è attributo
implicito in un karma già schierato nella scelta.
L’alto perfezionamento dell’opposizione nella materia pensante umana rialza la valenza dell’altro
polo, e la consapevolezza diventa più affiorante in terra in virtù della conoscenza che vi perviene.
Le occasioni sono paritarie, sono sempre paritarie, lo erano per un’umanità più semplice come lo
sono per un’umanità più complessa, e per certi aspetti più evoluta, sia nel bene, sia nel male.
Vi dissi che il libero arbitrio è creduto libero solo dagli inconsapevoli.
Forse ora capite, ora che siete qui, che il salto è la difficile, ostica attuazione in terra di una scelta
che voi avete già fatto, che ha orientato tutto di voi in questa vita, compresi gli errori necessari al
suo svolgimento e all’arrivo di questa conoscenza, che la vostra anima sapeva di attendere.
Riuscite a capire che l’articolazione della vostra opposizione ha toccato in ciascuno di voi il suo
punto massimo, perché voi sapete, in zone di voi sempre più affioranti, che essa ha già scelto di
cedere.
Ogni fatto che avete scelto di vivere vi ha condotto qui, a questo momento di conoscenza che segna
lo sgretolarsi e l’arrendersi della vostra opposizione.
Tutti voi in realtà lo sapete, tutti voi avete sentito lo spirito e lo volete, tutti voi sapete di esservi già
schierati, tutti voi oggi vi ricordate di avere già scelto.
Questa memoria così combattuta appartiene all’esperienza dello spirito riconosciuta in terra, ma
tutti voi state esaurendo il tempo che vi siete concessi per resistere.
Il salto non è un salto, voi lo sapete, ma lo spirito rispetta, comprende e sorregge ogni esitazione.
A presto
LA GENESI 20
Mart. 15/7/03
C’E’ MOSES
19
LA GENESI 21
Sab. 16/8/03
C’E’ MOSES
Torniamo sul concetto di male, in particolare nel merito del suo dualismo con il bene. Per voi è
quasi inafferrabile la percezione che un certo male, con tutte le sue facce e i suoi vestiti di male,
invece è anche bene, o può addirittura essere solo bene, così come le stesse facce e gli stessi vestiti
possono ricoprire il polo opposto.
Voi faticate a comprendere che male e bene sono identicamente pericolosi quando vengono
categoricamente divisi e ridotti a categorie distinte.
Solo l’uno scorre e compone, per questo tento di condurvi all’unità.
Il bene come obiettivo singolo è separante e rischioso quanto e più del male, come tutto ciò che
definisce al posto di concedersi il possibilismo di un cambiamento, di un errore, di un’apertura al
diverso dall’obiettivo prescelto.
Proprio a cominciare dalla scelta dell’obiettivo si apre la serie dei rischi.
Dimenticare il fluido che ogni scelta contiene è il primo rischio; dogmatizzare, irrigidire, sancire,
etichettare è il secondo.
Cristallizzarsi in ogni scelta appanna gli occhi, perché nessun obiettivo è degno o indegno.
Categorizzare sia il bene che il male da una parte crea l’illusione di negare il suo contrario, mentre
dall’altra vi dà la falsa sicurezza di credere di avere scelto.
Capirete che scegliere è solo accettare di non dividere. Per la vostra natura separativa, derivata dalla
materia e dalla sua opposizione, questo è concetto arduo; per la vostra natura di spirito inscindibile,
questo è il presupposto inalienabile da ogni tentativo di ricerca.
Osservate questo conflitto, osservate la vostra propria opposizione e in essa, e non fuori, cercate i
bagliori della scintilla.
Qui dobbiamo sostare fino a che qualcosa in voi si muove verso uno scatto.
A presto
LA GENESI 22
Dom. 17/8/03
C’E’ MOSES
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Vi porto lentamente nella comprensione di un cimento molto diverso dal vostro concetto terreno di
lotta.
Dove c’è evoluzione sempre più l’antagonismo dualistico di due poli si figura, si configura, o
meglio si trasfigura in un contrasto che diventa luce.
Ognuna delle due parti, mentre combatte l’altra, intanto la abbraccia, perché riconosce una parte
essenziale del suo sé in quello che combatte. Così il bianco, mentre combatte e fronteggia il nero,
intanto in quel nero riconosce e risveglia una parte dello stesso bianco che compone la sua essenza
prima e lo stesso accade al contrario.
Per questo vi ho detto che qui si coglie l’inevitabilità, l’indispensabilità e la bellezza di questo
contrasto. Avviene perché qui si lotta per unire, non per separare, si lotta trovando nell’avversario
una indispensabile parte di noi e questa lotta contiene un abbraccio.
So che per voi è ostico, ma cominciate a riconoscere nei vostri antagonisti terreni un segno
distintivo di voi. Questa ricerca è il primo passo per imparare a combattere diversamente.
Ancora vi accompagnerò, questo primo accenno più esplicito di oggi troverà ampio seguito su
questa carta e nei vostri cuori attenti.
A presto
LA GENESI 23
Ven. 22/8/03
21
2004
LA GENESI 24
CROCE
C’è MOSES.
Vivi l’accettazione di depositare informazioni di conoscenza alle quali tu per prima dovrai decidere
se uniformarti.
Si va oltre i domìni del razionale, perché il male è fortemente razionale nelle sue motivazioni
separative, più che nelle manifestazioni.
Esse spesso confondono perché appaiono illogiche, così illogiche da indurre reazioni che fortificano
la separazione.
Pensa al concetto di separazione oggettivo, non ai casi piccoli e specifici. Pensa alla separazione
contrapposta all’unità.
La motivazione alla separazione è lucida e razionale; l’operato per attuarla è, o appare, illogico o
caotico allo scopo di seminare un caos che inevitabilmente confonde e separa.
La controffensiva deve essere il contrario. La motivazione all’unità non corrisponde alle logiche
terrene, appare irrazionale, poggia sulla fede ad istanze non evidenti, anzi invisibili, chiede un
lavoro irrazionale nelle sue inesplicabili ragioni, ma l’operato non è confuso e caotico, è calmo,
costante, equilibrato e sereno, produce quiete, una quiete rivoluzionaria che, nella sua lineare
anarchia dalle assenti logiche motivazionali di partenza, produce effetti disorientanti perché
distaccati, non coinvolgibili, sollevati dal caos, oltre il caos.
Osserva il male: è logico, preciso, razionale, motivato al suo apparire, e visibili sono i suoi obiettivi.
Confonde le acque man mano che procede nel suo operare, apparentemente si scoordina, appare
scordare le motivazioni iniziali e nel caos successivo di imprevisti e di confusione in cui si
mescolano azioni e reazioni, in cui entra spesso la sorpresa o lo sconcerto, tutto appare presto un
magma indistinto che genera distruzione.
In realtà è nella distruzione, è in quel magma, il momento più lucido della separazione.
Per impedirla, per garantire, o cercare, unità, occorre ordine, occorre metodo, occorre fermezza,
occorre costanza.
Può apparire caotica per la mente l’adesione iniziale, il piegarsi a gesti e parole che non
appartengono alla materia pensante, che allarmano come pericolosi deterrenti a una scelta che sì
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appare caotica per la mente: ma dopo, l’operare è libero da qualsiasi caos, libero da turbative
impreviste, libero dal rischio di suscitare reazioni controproducenti a catena, ed è nella pace
uniforme che questo operare genera che diventa lucida e forte, oltre che comprensibile negli effetti,
la costruzione dell’unità.
Prescindi dall’osservazione dei tempi. Il caos è immediato, veloce, genera subito altro caos, sembra
infinito, sembra inarrestabile, ed è in questo “sembra” il suo trucco e la sua forza. E’ nella massima
confusione che è più lucido.
Al contrario, l’ordine, la fermezza, la fede, accettati nel buio della ragione, appaiono lenti, inutili,
vani, ma è nella massima quiete e nel massimo distacco che una sottile, indistruttibile unità
contrasta la separazione, che un pacato, distaccato ordine compone il caos.
Gli effetti non sempre sono immediati, quasi mai lo sono per gli uomini. Gli uomini che accettano
sanno di accettare un compito invisibile; sanno anche, però, di essere i continuatori della creazione,
di portare ordine che ferma il caos.
Questo ordine si assesta dentro loro stessi a poco a poco, acquieta i malesseri della mente e si
conferma nella pace soprannaturale che sempre abita gli operatori di bene e li conferma nel loro
incompreso agire.
Devi smontare la comprensione di razionale e irrazionale, devi capire che l’idea intelligente di male
smonta, compone e ricompone questi concetti.
Devi entrare nella comprensione di questo meccanismo, di questo sistema, e capire che quanto a
volte appare irrazionale, vuole apparire irrazionale, invece è lucidissimo e fortemente logico, così
come esattamente vale il contrario.
Devi andare oltre il visibile, accettare di concepire un inconcepibile per capire. E’ una tecnica, nulla
di più.
Abituati all’idea, ti aiuterò.
A presto
LA GENESI 25
CROCE
C’è MOSES.
Ricordati, il distacco è sempre irrazionale, per questo non si raggiunge con la volontà, perché la
mente gli oppone sempre argomentazioni coinvolgenti che ne sono l’esatta antitesi.
L’irrazionale del distacco è, se lo capisci, la ragione pura che ha saputo attraversare e sperimentare
tutte le ragioni, è la ragione che non ha più ragioni; cioè, l’irrazionale è la punta massima del
razionale sperimentato, non del razionale abbandonato, è l’esperienza massima del razionale, non la
fuga dal razionale.
E’ solo grazie a questo che è possibile trovarsi nel distacco e sperimentare la massima
partecipazione, ed essere vibranti e presenti nell’assenza di emozioni comunemente riconosciute.
Ciò che più inquieta la mente perché non le appartiene, dopo vite e vite di negazione e di lotta
diviene la comprensione della ragione pura e l’irrazionale si allarga nel delta del razionale vissuto e
trasceso, e la mente si sublima dopo essersi plasmata accettando di plasmarsi intanto che
attraversava la vita.
Così devi scomporre razionale e irrazionale, cercando verità dentro letture paradossali.
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Appaiono contorte ed enigmatiche alla mente che le combatte, in realtà sono talmente chiare e
semplici che per questo la mente le rifiuta. Apparentemente sembrano negarla, in realtà la
affermano e la nobilitano e la mente si perde a combattere se stessa.
Aprirsi alla comprensione di questo irrazionale non è cedere, non è fuggire.
E’ capitalizzare in senso spirituale tutta l’esperienza del razionale vissuta e accumulata fino al punto
di arrivare ad oltrepassarla. Si oltrepassa solo ciò che si conosce.
In questo senso, e questo è il senso del distacco, l’irrazionale è una conoscenza talmente profonda
del razionale che finalmente da esso non si dipende più.
Solo in questo senso l’irrazionale è dunque il punto massimo di consapevolezza.
Rifletti, tu puoi capire mentre sperimenti.
LA GENESI 26
CROCE
C’è MOSES.
Dovete applicare la comprensione dell’irrazionale a tutti gli insoluti terreni del dolore.
Accettate il dolore impedendo alla mente l’analisi razionale delle sue cause, accettate di farvi
attraversare dal dolore tenendo ferma la mente.
Voi avete già l’esperienza razionale del dolore, tutti gli uomini l’hanno. Tutti, di fronte al dolore,
continuate razionalmente a motivarlo e a confermarlo con la mente che lo scandaglia, lo
ricostruisce, lo ricorda, lo mantiene.
Potete farne adesso un’esperienza irrazionale che superi l’esperienza razionale che avete di esso,
potete accettare che vi attraversi mantenendo voi stessi vuoti di argomentazioni, potete arrivare ad
oltrepassare le sue ragioni che ormai conoscete così bene.
Lasciate che il dolore, così come più avanti imparerete con la felicità, vi occupi senza sostegni
razionali, vivetelo rinunciando ai supporti dei ragionamenti, vivetelo irrazionalmente osservandovi
senza mente, lasciandolo entrare in voi senza porre domande e senza cercare risposte, fuori da ogni
tentativo di comprenderne il perché.
Concedetevi l’esperienza irrazionale del dolore, attraversate il dolore puro senza motivazioni,
rinunciate a viverlo con la mente.
Guardatevi vuoti in esso, diventate consapevoli del dolore come esperienza primordiale e vergine e
osservate dove vi porta senza la vostra mente che lo piega a se stessa, osservate con attenzione.
Ciò che vi ho detto dell’irrazionale va vissuto.
Dovete verificare la precisa e puntuale esattezza del punto di rottura dove l’irrazionale non è follia
bensì diviene massima coscienza.
Affinché ciò avvenga, dovete accettare lo sforzo volontario di cominciare a rinunciare a supporti
mentali che vi sorreggono da vite e vite, che conoscete da vite e vite. E’ solo grazie al fatto che li
conoscete tanto bene che potete cominciare il cammino per oltrepassarli. Già vi dissi che si
oltrepassa solo ciò che si conosce.
Fate entrare l’accettazione di questo irrazionale consapevole nella vostra vita cominciando le
rinunce necessarie per raggiungerlo. E’ questa la strada che, più o meno lentamente a seconda del
karma e delle resistenze, prima avvicina e poi conduce al distacco.
Nel nome di questo irrazionale, l’assenza sarà presenza, la distanza sarà comunione, il dialogo sarà
condivisione d’amore e di fratellanza, il vuoto sarà pulsante, il nulla sarà tutto e due saranno uno.
Ancora ti parlerò.
LA GENESI 27
24
Giov. 15 luglio 2004
CROCE
C’è MOSES.
Devi continuare la numerazione della Genesi oggettivando come al solito i messaggi per te.
Sto cominciando a spiegarti come ogni uomo può creare la sua genesi spirituale osservando con te i
vostri vizi e isolando in essi lo scopo separativo del male.
Per seguirmi vi occorre un pensiero sufficientemente plasmato sull’accettazione dell’irrazionale
come esperienza trascesa del razionale, perché solo con la fede e la fiducia in voi stessi come capaci
artefici della vostra evoluzione potrete lavorare sul caos che i vizi della natura umana, ignorante
dello spirito in sé, provoca e mantiene.
Così come i dieci comandamenti, i sette vizi capitali hanno significati più profondi, per gli uomini
di oggi, della loro definizione letterale.
In essi, la motivazione separativa del male abita ed è lucida, forte e capace di estendersi e
contagiare grazie al potere offensivo e provocatorio che i vizi in sé contengono.
Dovrai seguirmi mentre con te li scandaglio, e tutti dovrete trovare il coraggio di osservarne le
tracce più o meno radicate in voi stessi e di credervi capaci di neutralizzarle.
Prima di ogni altra cosa, però, dovete essere certi di desiderarlo.
Interrogatevi a lungo e con sincerità, il cammino è sempre più impegnativo e appare chiaro come
sempre più il lavoro sia un lavoro singolo, di voi stessi con voi stessi, un impegno fortemente
soggettivo perché solo voi siete segretamente consapevoli della reale entità dei vostri vizi, che
l’immagine esterna confonde e corregge sempre.
Ricordate che il lavoro spirituale di uno porta avanti il lavoro di tutti, che il lassismo o
l’autoinganno di uno rallenta o ritarda tutti.
Nell’evoluzione, come nella stasi, come nel regresso, l’umanità è uno, e la meta finale è la
ricongiunzione con lo spirito che la abita e che infine affiorerà sulla materia.
La fratellanza autentica, la condivisione, la solidarietà e l’aiuto sono possibili fra gli uomini quando
capiranno l’importanza di un proprio singolo lavoro svincolato da confronti e paragoni, quando il
distacco, perseguito autenticamente e compreso come fine luminoso e vibrante, vi condurrà
inevitabilmente alla partecipazione alta e spirituale della vostra vita di uno in mezzo alla vita degli
altri, che diventa la vita condivisa da tutti, libera dalle emozioni effimere e ingannevoli.
L’ amore è oltre, molto oltre le emozioni, questo amore che, unico, unisce e si contrappone al male
che divide: ma questo viaggio è possibile agli uomini che accettano l’assenza di emozioni perché
sentono questo amore esistente in loro stessi e collaborano affinché affiori e operi; che accettano,
sperimentano e comprendono che questo irrazionale poggia sulla massima conoscenza razionale
vissuta di sé, perché sia possibile oltrepassarla.
Questi sono ardui concetti, e arduo è il compito di trasferirli in terra.
Tu presta la tua connessione.
LA GENESI 28
Superbia
25
Con i vizi ci avviciniamo sempre più al caos creato e alimentato dagli uomini. La sua analisi è
ostica alla mente, la mente vorrebbe ostacolarla, ma l’anima ti dice quanto questa conoscenza sia a
voi necessaria.
26
non sapervi capaci diverrà l’ammissione di non credervi capaci, con tutta la sofferenza che
comporta, diverrà la rinuncia all’immagine della sicurezza simulata spesso ai danni di altri, diverrà
infine il superamento del senso di inferiorità e la trasformazione non in senso di superiorità, ma in
accettazione.
Solo l’accettazione regala la forza, autentica forza interiore, cioè coscienza di sé.
La raggiunta coscienza di sé porta all’esterno unità e armonia, sempre e sempre riordina il caos.
Ciascuno di voi, che accetti coscientemente di fare questo, si riavvicina all’iniziale disegno di Dio e
crea la sua evoluzione, creando insieme, in virtù dell’uno, una spinta all’evoluzione umana, cui
offre un tassello conquistato.
Risalite con la mente alle storie di questa vostra vita in cui ritrovate il passo indietro della
frustrazione, la volontà fa affiorare anche ricordi remoti.
Fidatevi del supporto dell’anima, fidatevi di un irrazionale, ma concreto e reale, supporto che
guiderà la vostra ricerca mentre osservate le vostre espressioni esterne e le vedete ancora troppo
vuote di reale accettazione di voi stessi.
Riaprite le pagine antiche sull’umiltà e sul significato di trascendere.
Eliminate per sempre la superbia dalla terra.
LA GENESI 29
Invidia
CROCE
C’è MOSES.
Stretta parente della superbia è l’invidia. Anche di questo vi fu fatto cenno in passato, ma altre
allora erano le conoscenze da trasmettervi, necessarie a far affiorare la vostra memoria
sull’esistenza dello spirito in voi e sulle ragioni di questo spirito alle quali cominciare a piegare la
mente e provare ad adeguare la vita.
Con questa esperienza di apprendimento, ostica e combattuta, vissuta, oggi si può cominciare ad
aiutarvi ad entrare nei vostri vizi, affinché la natura del caos sia da voi compresa ed appresa e
ciascuno lavori sul proprio con la coscienza di essere sorretto dal suo spirito.
Anche l’invidia nasconde una frustrazione, che si dimostra in un eccesso di osservazione sugli altri
e in un’assenza di discernimento su se stessi. Anche l’invidia è frutto della mente: lo sguardo fisso
sugli altri, su quello che razionalmente viene valutato bene degli altri, molto spesso erroneamente, è
totalmente privo di luce spirituale.
L’invidia spesso conduce al furto, nei casi più gravi all’omicidio spirituale; l’invidia è sete illimitata
di possesso, quindi impedisce e ostacola fortemente il desiderio di apprendere il distacco.
L’invidia è costante sommovimento di emozioni negative, accese dalla curiosità, dall’invadenza, dal
mancato rispetto per la vita altrui, dalla totale ignoranza di possibilità diverse di relazione.
Dietro c’è una privazione, a volte più immaginaria che reale, un prevalere delle ottiche materiali che
asserviscono alle leggi razionali la valutazione dei beni altrui; dietro c’è l’incapacità di sostare su di
sé per poter arrivare ad abbandonare una malevola osservazione degli altri. Il sé è sempre il secondo
termine di paragone asservito al vittimismo di quella frustrazione mai seriamente indagata, ma
immediatamente confermata dalla mente come ingiustizia.
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Se nel caso della superbia la frustrazione è sempre realmente esistente, nel caso dell’invidia spesso
è un alibi mentale, un finto supporto, una falsa giustificazione per spalancare l’osservazione
autorizzata degli altri e chiudere l’osservazione di sé.
Il caos dell’invidia è l’impedimento all’inizio dei primi passi verso un viaggio consapevole;
l’invidia isterilisce la voce dello spirito, ne impedisce un’eco percepibile; l’invidia rende miope la
memoria e sorda ai richiami la volontà di evoluzione.
Di tutti i vizi è la più comune prova dei karma in terra, può perpetrarsi per vite e vite: ma di tutti i
vizi è quello che anche una consapevolezza solo iniziale fotografa per primo.
Essa è talmente vistosa nella sua grossolanità da essere il più facile vizio su cui intervenire, e basta
l’osservazione di un pensiero seriamente motivato a plasmarsi ad interrompere il corso di
un’osservazione deviata.
Eppure, pur nella sua grossolanità, il caos che ne deriva è fra i più degenerativi, perché l’invidia
muove all’azione ed è un crogiolo sempre acceso di pensieri negativi, di sentimenti distruttivi.
Chi indulge all’invidia è un’anima incarnata nell’ignoranza delle capacità alternative del pensiero,
che fa del pensiero la sua unica realtà, spesso nascondendo accuratamente all’esterno le sue
manifestazioni.
Eppure l’invidia prima o poi trapela sempre, essa è la gramigna della terra.
LA GENESI 30
Accidia
CROCE
C’è MOSES.
In una sintesi estrema, ma chiara, l’accidia è la pigrizia degli inconsapevoli e il colpevole lassismo
di chi sa, è la chiusura verso uno sforzo obbligato e obbligante per la fatica che esso richiede, è
sempre, in qualunque caso, un sottrarsi al posto di essere presenti e far finta di non sentire, di non
sapere.
E’ accidioso chi indulge volontariamente nella scelta di non essere, chi spreca il tempo, chi riempie
di scuse la sua diserzione, chi si aggrappa a ragioni di comodo per non fare ciò che sa di dover fare.
28
L’accidia induce stati d’animo confusi, annebbia la memoria, abitua ad un’inerzia fisica e mentale
che genera noia e scontento.
Questo è il suo caos: nel torpore rallentato di ogni gesto che essa comanda, si offusca la memoria
delle ragioni prime e dello scopo ultimo, si rallenta il passo dell’attuazione della conoscenza, si
diminuisce il valore riconosciuto degli obiettivi e ci si abbandona ad un cieco divagare, senza vigore
e senza slancio, senza tono e senza volontà, che ammala la conoscenza come un virus e spinge a
diminuire, a dimenticare.
Vedetene le conseguenze: chi dovrebbe esserci non c’è, chi dovrebbe fare non fa, chi dovrebbe
rappresentare un apprendimento si conduce invece ad ignorarlo e, al posto di divulgarlo tramite
l’esempio di se stesso nella sua vita, svilisce l’insegnamento ignorandolo: non lo dimentica, ma lo
disattende.
L’accidia è la rinuncia, una forma comoda di rinuncia senza ribellioni e senza traumi, una rinuncia
implicita e feroce nella sua apparente mitezza.
La conoscenza di chi sa, stemperata con i fatti e con i gesti mancati in un no a questo sapere, in un
negarsi alla propria parte da fare, nel suo sottrarsi non vistoso, nel suo oscillare fra diverse posizioni
senza scegliere mai, è fortemente demotivante e tentatrice per chi invece ha scelto e se la trova
intorno.
Il caos dell’accidia è fortemente separativo, è fortemente convincente.
Fate attenzione, a tratti vi cattura, ma facilmente si eternizza e vi porta via.
Di tutti i vizi umani è quello che fa meno rumore, ma che più allontana dallo spirito.
LA GENESI 31
Avarizia
CROCE
C’è MOSES.
Avarizia. Nel mondo materiale è rifiuto a dividere con gli altri, nel mondo di chi cerca lo spirito è
rifiuto a condividere con gli altri.
Non vi è mai stato chiaramente spiegato il concetto di condivisione.
Esso è il senso profondo dello spezzare il pane.
Non significa solo raccontare e confrontarsi, significa comprendere che dividere è moltiplicare, che
partecipare qualcosa di vostro non è privarsene, è arricchirsi, significa sentire l’uno della fratellanza
e portarlo dentro la propria vita dove nulla più viene sentito esclusivo e gelosamente custodito.
29
Sulla strada della ricerca dello spirito si arriva prima o poi a comprendere che il passo avanti di uno
rappresenta e contiene il passo avanti di tutti.
Condividere i lampi fugaci di comprensione di un mistero, con il tentativo di parlarne con chi li può
capire e soprattutto trasmetterli con l’esempio di gesti vissuti che si compongono in questa
comprensione, è vivere pensando ad un bene collettivo, ad una conoscenza che è possibile allargare
anche con il vostro contributo, con il contributo di tutti coloro ai quali essa si è resa accessibile.
Ben diverso è il proselitismo, volontà di convincimento congiunta spesso a manipolazione dei
contenuti per fini propri.
La condivisione è una vita a servizio che non conserva più volontariamente nulla solo per sé, che
comprende il nulla di un sé falsamente e illusoriamente arricchito e difeso, che vede ogni
conseguimento e ogni conquista come un pane da spezzare su una tavola dove c’è posto per
chiunque voglia sedersi.
L’avarizia nasconde il pane, il pane sia materiale sia spirituale, si compiace solo del suo sé, vive
nell’enfasi errata dell’esclusività.
Nel mondo dello spirito non c’è esclusività, ogni anima è ugualmente importante e nessuno è
migliore o peggiore, degno o indegno.
Ogni occasione è solo occasione di apprendimento, non di arricchimento, e un’anima è tanto più
ricca quanto più sa dividersi.
Lo spirito di fratellanza entrato in una vita cancella per sempre da quella vita l’avarizia.
Chi è consapevole sa di se stesso: vada dunque con questa sapienza ad osservarsi con attenzione e
coglierà di sé le mancanze e le sottrazioni della sua avarizia, come gli eccessi di un’ambizione ad
apparire contrabbandati per prodigalità.
Fate attenzione, il superamento dell’avarizia è scivoloso.
LA GENESI 32
Ira
CROCE
C’è MOSES.
Stasera vi porto dentro il tunnel incandescente dell’ira, che può anche essere una lunga galleria di
ghiaccio.
30
Quando l’ira è gelida, sorda e calcolata, il suo caos è la lucida degenerazione del razionale, è un
pensiero che calcola e programma gesti di male, è il male che prende il sopravvento e semina il suo
caos.
Quando invece l’ira è incontrollata ed impulsiva, diventa un’anarchia emotiva nella quale i
sentimenti negativi perdono il controllo del pensiero e il caos è un caos di emozioni distruttive che
fanno terra bruciata delle possibilità pensanti che permettono di fermarsi in tempo.
Al contrario dell’accidia, l’ira fa sempre molto rumore. Da questo rumore la terra è assordata.
Non esiste uomo che non la conosca. Essa fa rumore anche quando è covata in silenzio, trapela
dagli sguardi e dai gesti, non concede mai il controllo delle conseguenze e di rado il loro recupero.
Nei momenti o nelle vite segnati dall’ira, il karma è aggravato dalle manifestazioni di questo vizio,
perché sempre esso divora ed altera ogni altro karma che incrocia.
L’ira esce sempre dai confini previsti, perché le sue manifestazioni, che possono risentire di mille
variabili aggravanti, sfuggono ad ogni previsione.
Di tutti i vizi essa è il più ingovernabile, il meno facile da osservare perché quasi sempre si
autogiustifica, trovando valide ragioni motivanti che la mente utilizza con abilità per evitare un
lavoro autocritico che lentamente le porterebbe a spegnersi.
Chi si abbandona all’ira, o calcola l’ira, giace nella frustrazione della superbia che lo convince di
avere sempre ragione, che legittima le prevaricazioni violente.
I diversi livelli di questa violenza hanno tutti la stessa matrice.
Il caos che ne nasce è sia l’immobilità attonita e ferita di chi si trova a subirla, sia l’atteggiamento
che scatena in chi invece reagisce.
Sono i due estremi delle sue conseguenze e rimediarli è sempre difficilissimo.
Nella giusta coscienza di sé, ciò che negli inconsapevoli provoca ira, un’ira motivata giustamente o
irresponsabilmente scatenata, dovrebbe mostrarsi come esplicita, ma pacata disapprovazione,
oppure non scatenare niente.
L’ira è un vizio, ricordatelo sempre: un vizio va combattuto, non ammesso.
Le manifestazioni di dissenso coscienti devono essere in grado di non degenerare: risultano così
infinitamente più memorabili ed efficaci.
Questo obiettivo è arduo e presuppone un lungo lavoro e una dura volontà perché se ne ottenga il
suo conseguimento.
LA GENESI 33
Gola
CROCE
C’è MOSES.
31
Sulla terra il gusto è un senso e la sua insaziabilità, con l’avidità che ne deriva, è il significato
materiale del vizio, capace di afferrare la mente e degenerare in vera malattia.
In termini spirituali la gola è insaziabilità di conoscenza oltre quella concessa, è pretesa di leggere
nel tempo i fatti umani futuri, è bassa curiosità di cose spirituali asservita ai bisogni umani.
La gola è instancabile pretesa di sapienza, è ciò che spinge a voler sapere sempre di più, e crea così
la fauna dei falsi sapienti, dei mercanti di una conoscenza artefatta e manipolata, comandata dal
profitto e dal denaro.
Illudersi di voler sapere così è una droga che zittisce a lungo, a volte per sempre, la voce della
sapienza innata che spinge alla ricerca dello spirito.
E’ imboccare la strada sbagliata che aliena da se stessi.
La gola è la moda di cercare, non il desiderio di cercare; è riempire un vuoto non visto e non ancora
sofferto come vuoto, facendo indigestione di surrogati di verità poco costosi in termini di impegno
personale, di indagine propria, l’indigestione di chi arraffa una conoscenza di quart’ordine nella sua
grossolana convincibilità offerta da imbonitori di mercato, e di questa falsa, accattivante conoscenza
si abbuffa fino a stare male, fino a pagarne le conseguenze.
La gola è pericolosa, è la voce delle sirene che incanta e addormenta, mentre atrofizza e intorpidisce
la capacità mentale di valutazione, di autonomia.
L’autentica ricerca spirituale è sempre accompagnata da una mente vigile, che nel corso del
cammino semmai si plasma restando autonoma, certo non delega e non abdica mai, né tantomeno si
consegna ad una malsana curiosità senza osservazione critica.
Perciò non confondete la sete con la gola.
La sete chiede impegno, costanza e lucidità, la sete spinge con passi ineluttabili pur nella loro
lentezza, la sete cerca l’acqua anche nel deserto e da quella sete non c’è più possibilità di ritorno
allo stadio precedente in cui non si avvertiva. La sete avvia ad un lungo viaggio.
La gola invece è avida di surrogati; anch’essi non bastano mai, ma solo perché saziano subito e
subito se ne cercano altri in un precipitare sempre più in basso, in un degrado dove lo scontento
perenne è l’unica spia di un accontentarsi di una conoscenza finta e scadente.
La gola conduce alle false coscienze di sé, al proselitismo interessato, allo smercio dei valori che
vengono alterati e contraffatti solo per avidità.
LA GENESI 34
Lussuria
32
CROCE
C’è MOSES
L’ultimo dei sette vizi capitali è la lussuria. Questa apre il controverso discorso sulla sessualità,
controverso perché così importante per gli uomini che la vivono in primo piano nella loro esistenza,
in tutte le loro esistenze, senza averla mai capita.
Nessun uomo che non abbia compreso il senso sacro della sessualità e il suo altissimo potenziale
spirituale può dire a se stesso di avere una sessualità risolta e completa.
Ogni rapporto che subordina la sessualità ai bisogni della terra, che non sa andare oltre la carne, che
cerca l’appagamento erotico ma subito se ne dimentica e solo per questo lo cerca e lo ricerca subito
ancora anche con il medesimo partner, che non arriva a svincolare quel piacere dal possesso e dalla
dipendenza di quel piacere, è un rapporto di lussuria.
Essa non ha alcun legame con la fedeltà né con il sentimento affettivo per una o più persone. Essa
trascina nella confusione dell’amore, e questo è il suo caos.
L’amore compreso stravolge e trasfigura per sempre la vostra esperienza del sesso. Voi non potete
immaginare nemmeno con la fantasia più fertile che cosa sarebbe per voi l’esperienza sessuale
subordinata alla comprensione e all’esperienza dell’amore.
Relegare il sesso nei confini angusti delle conseguenze di tutti gli altri vizi, della mancata
conoscenza e coscienza di voi, è tenerlo vincolato ai limiti che governano i rapporti umani
inconsapevoli, e non comprenderlo nella ricerca si risolve a non vedere l’occasione che è, e
trasforma ogni rapporto in uno sterile affanno, in qualcosa che è sempre da raggiungere invece di
qualcosa già raggiunto.
La lussuria, come io ve la sto spiegando, non ha nulla a che vedere con ciò che ha assunto come
significato terreno: il vizio non è la promiscuità, non è l’infedeltà, non è la curiosità, non è
l’insaziabilità, non è la sperimentazione, non è il parossismo. Il vizio è l’ignoranza, l’incapacità di
desiderare una comprensione ed una sperimentazione arricchite da tutto ciò che è entrato e che entra
ad arricchire la vostra conoscenza; il vizio è tenere la sessualità estranea a questa conoscenza come
se non le appartenesse, come se fosse un capitolo escluso, e non capire che essa ne rappresenta una
delle sperimentazioni più facili ed immediate, uno dei riscontri più accessibili alla verifica del
lavoro di osservazione su voi stessi.
Vivere una sessualità spirituale compresa in una vita spirituale significa accendere ed illuminare i
gesti e i piaceri del sesso, trasportarli verso l’esperienza della fusione e dell’unità, esperienza che
passa da un letto alla vita e non resta confinata in un letto, esperienza che passa dalla ricerca di una
vita ad un letto e non tiene quel letto al di fuori della ricerca.
Voi siete sempre spezzati e settoriali, non comprendete come la ricerca dell’uno abbia
nell’occasione del sesso la possibilità di una sperimentazione in terra alla portata di ciascuno che la
desidera veramente.
Il sesso è la situazione in cui gli uomini sono più vicini. Invece di asservirlo ai vostri equivoci e così
trasformarlo in un altro vizio, comprendete che osservando i vostri equivoci e le vostre difese
troverete nel sesso la prima conferma e la prima esperienza del senso spirituale della vita.
33
comprensione dei suoi bisogni, per la giustificazione dei suoi limiti e dei suoi errori, e fate spazio
all’altro dentro di voi.
Tutto questo trova nella sessualità la manifestazione più evidente dell’amore che prima quel caos
nascondeva, e il sesso diventa l’espressione dell’amore e l’esperienza dell’uno.
Fuori da qui il sesso è sempre lussuria, cioè ignoranza, cioè sterile affanno, effimero piacere che
non appaga stabilmente mai.
L’esperienza dell’uno attraverso il sesso così trasceso appaga invece stabilmente, entra nella vita,
scalda e avvicina e spinge gli uomini uno verso l’altro in una comprensione di unità che resta
dentro, che fa comprendere e desiderare la fratellanza.
Finché non comprendete tutto il resto, non comprenderete che avete nel sesso uno strumento che
non utilizzate, uno strumento di sperimentazione che non usate per sperimentare e che resta lì per
vite e vite senza poter dispiegare a voi il suo immenso potere esplicativo, l’occasione di
un’esperienza che nessuna parola può spiegare.
Il limite all’assoluto che potreste sfiorare siete sempre e solo voi.
Se uscite dai confini ristretti e limitati di voi stessi, dei vostri vizi e del vostro caos, le nostre parole
per voi finalmente diverranno vita.
LA GENESI 35
CROCE
C’è MOSES
Per i vizi che lo catturano, ogni uomo diviene un nemico per se stesso, e quando lo capisce ingaggia
la prima delle sostanziali battaglie.
Finché non combatte, finché non controlla questo nemico, finché non vince, egli non è arruolabile
per altre battaglie.
Nel momento in cui la prima battaglia è riconosciuta e sentita inevitabile ed imprescindibile, lo
spirito soccorre offrendo sostegni e strumenti all’osservazione, parametri sui quali appoggiarla: lo
spirito vi suggerisce le virtù, lo spirito vi insegna il loro apprendimento.
34
Le prime sorreggono il cimento, le seconde sostengono la lotta.
Di questo a breve vi parlerò, vi fornirò sussidio al cimento con i vostri vizi.
Ricordate, il cimento deve contenere un abbraccio, il fine è l’unità con voi stessi, è portare luce
nelle zone oscure, non è massacrarvi e sopprimervi.
Usate la conoscenza spirituale, usatela per condurre la vostra mente affinché essa sperimenti ogni
piega del razionale, usatela per raggiungere coscientemente la massima esperienza di ciò che è
razionalmente conoscibile di voi stessi.
Partite per la guerra di chi ha compreso il cimento, di chi vuole capire e amare ciò che di se stesso
non ha mai capito e amato.
Le quattro virtù cardinali che vi spiegherò, al fine di armarvi in questo cimento, armarvi senz’armi,
armarvi di luce, sono GIUSTIZIA, PRUDENZA, FORTEZZA e TEMPERANZA.
Esse sono indefettibili, ma vanno profondamente conosciute.
Abbiate fiducia, ma ciascuno di voi parta con decisione e si addestri con lucidità.
LA GENESI 36
FORTEZZA
CROCE
C’è MOSES
La fortezza vi sarà indispensabile nel cimento con i vizi, dovete comprenderla, dovete apprenderla.
Essa non è la forza, non è forza, è fortitudo, non vis.
Significa che non potete stancarvi, non potete cedere, non potete rimandare, ma non potete
nemmeno, in nome di una falsa, gravemente errata, umiltà, evitare di sostare sulle vostre qualità
spirituali karmiche.
Esse sono temibili per la mente che preferisce ritenersi sguarnita di fronte al cimento per evitarlo.
Non esistono esseri perfetti, esistono esseri perfettibili. La fortezza appresa è la vostra possibile
perfettibilità, è la virtù che vi insegna il coraggio e il mantenimento di quel coraggio per guardare
tutto, per guardare fino in fondo, per ammettere l’orrore ed accettare la gloria.
La mente enfatizza l’orrore e sminuisce la gloria.
La fortezza vi porta discernimento, vi porta equità. Questo significa poi essere saldi nella fede.
35
Cominciate ad essere saldi con voi stessi e con gli altri, della fede a breve a lungo parleremo.
LA GENESI 37
PRUDENZA
CROCE
C’è MOSES
Scoprire verità presuppone sapersi guardare alle spalle per proteggere questa verità e il suo custode.
La verità su voi stessi va difesa da voi stessi, ma è il primo tassello di una verità ben più grande, che
è minacciata da ben altri predatori.
Perciò conoscenza è sempre prudenza, prudenza nel dire e nel fare, nell’aiuto che date e nell’aiuto
che ricevete, nelle ispirazioni, nelle intuizioni e nelle conclusioni.
La fortezza vi spinge e vi mantiene, di certo la prudenza non vi ferma né vi rallenta, bensì vi dà la
luce negli occhi consapevoli e desiderosi di vedere, e coraggiosi, che intraprendono l’osservazione.
Prudenza è guida nel vedere l’enfasi del vizio e l’enfasi del compiacimento, ma è anche un fanale
acceso alle vostre spalle e davanti a voi affinché vediate le insidie del cammino e l’osservazione
sorregga l’azione e il gesto.
Quando conoscete le virtù, prendetele, accoglietele, ricordatele; capirle non corrisponde ad esserne
automaticamente dotati.
Capite razionalmente la prudenza fin dove è possibile, ma riconoscete che essa contiene un cono
d’ombra che la mente non può scandagliare, un senso proprio per cogliere il quale occorre servirsi
di quell’irrazionale conquistato come esperienza del razionale, che è una qualità, non una virtù, che
diventa una qualità dopo un lungo viaggio consenziente.
Il cono d’ombra, inaccessibile alla razionalità, della prudenza, è la sua ragione, la ragione per cui è
necessario essere prudenti nell’osservazione e nell’apprendimento.
Quell’irrazionale conquistato, di cui in percentuali diverse cominciate ad essere dotati, di cui
percepite una sostanza non più aliena, ma comune alla vostra, vi dà la risposta a qualcosa che non
capite.
Tornerò.
LA GENESI 38
PRUDENZA – (seguito)
CROCE
C’è MOSES
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Dovete ben comprendere e usare una razionalità lucida, attenta, ma giustamente orientata. Prudenza
nell’osservare voi stessi significa cautela nell’avvicinarvi ai vuoti di una vita intera, cautela, cioè
non pretesa di colmarli subito, gentilezza, gentilezza con voi stessi.
Siate gentili, non più punitivi. Non cascate nell’eccesso opposto, esso sarebbe ancora intransigenza,
una forma più sofisticata della medesima punizione.
Prudenza è anche nell’osservare la gloria, cioè le qualità ignorate, le qualità represse, tutte le
potenzialità inutilizzate. Non va commesso lo stesso errore, non va appresa una narcisistica
rivalutazione, va appresa una obiettiva valutazione in cui più non entrano né false punizioni, né
false medaglie; una obiettiva valutazione è finalmente conoscenza, una conoscenza che regala
libertà, il completo abbraccio, l’abbraccio che vi fa finalmente esseri completi, esseri pronti.
Già vi dissi che l’attributo della prudenza è l’attributo della perfettibilità: badate, perfettibilità, non
perfezione.
In terra la perfezione non è mai un obiettivo spirituale.
Con la stessa luce di prudenza negli occhi, ricordando l’umiltà e aiutandovi fra voi spezzando a
vicenda i vostri pani, andate ad osservare da soli le qualità inespresse e represse, le capacità
inutilizzate, i talenti seppelliti. Lasciarli lì vi impedisce la comprensione dell’abbraccio.
L’aiuto reciproco sia teso all’equilibrio, a scongiurare le enfasi errate, le ambigue complicità di un
tempo.
Prudenza nel dire e nel fare è questo, non è avarizia, non è prodigalità, è equilibrio:
fondamentalmente è amore, quell’amore discernente che utilizza una mente plasmata al fine di non
commettere errori, al fine di raggiungere la sperimentazione completa di un amore ormai maturo
per giungere a quell’irrazionale che trasforma quell’amore nell’esperienza dell’uno.
LA GENESI 39
CROCE
C’è MOSES
L’essere incarnato che raggiunge il distacco non è affatto un essere irrazionale per come voi
comunemente intendete questo concetto: è un essere che conosce perfettamente ogni meandro, ogni
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stratagemma della sua psiche, è un essere che ha saputo viaggiare molto a lungo nella sua ragione.
Perciò è, se si può dire, acutamente razionale, è un esperto, non un dilettante.
Ciò che raggiunge è la completa padronanza di ciò che di se stesso prima non conosceva: da
ignorante è sapiente, da schiavo è libero.
Perciò quell’apparente irrazionale che può sgomentare i suoi simili, infine viene proposto senza
discorsi e senza proclami, in un esempio che trasmette solo l’immediatezza di una grande gioia,
l’impatto di una sconcertante serenità, che non ha assolutamente nulla di irrazionale per chi
intimamente la sperimenta.
Conoscere a fondo i meandri, le altezze e le bassezze della propria mente annulla per sempre il
rischio di ogni possibile disillusione, è razionalità pura, limpida, tagliente, coraggiosa, sempre più
sicura.
Dunque, dunque è quella che vi conduce al distacco, e solo quel distacco è il presupposto per una
fede correttamente intesa.
Dio parla sempre più chiaramente agli uomini che sanno distaccarsi, ma per loro nulla di ciò che
ascoltano da Dio è irrazionale.
Si tratta solo quindi di comprendere ed apprendere diverse sintonie, di raggiungere la medesima
vibrazione, la medesima assonanza.
Qui comprendete che anche nella fede così conquistata la mente dunque non vi abbandona.
Non giocate col suono delle parole.
Irrazionale appare a voi un temibile suono, ma il bene è un’idea intelligente e un’idea è sempre
pensiero.
Nel distacco raggiunto l’anima e il pensiero finalmente si congiungono e sono uno.
LA GENESI 40
CROCE
LA GENESI 41
GIUSTIZIA
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CROCE
Quando vi parlo dell’entità, che chiamo Padre solo per favorire il vostro intendimento, in realtà mi
riferisco ad un’ essenza prima che concentra, e in sé comprende, bene, magnitudine e giustizia in
qualità di istanze componenti, non solo di attributi quali l’onnipotenza, l’onniscienza e
l’onnipresenza.
L’idea intelligente di bene è pura idea che si è fatta sostanza, e la giustizia è inerente, afferente ed
efferente ad essa.
Perciò i giusti devono assumerla, dopo averla compresa, e oltrepassare ogni razionale convinzione
o deduzione di punizione o di implacabilità.
L’idea di bene è idea di giustizia, è giustizia inevitabile, è sacra e componente, è sostanza prima,
non derivata, da quel bene.
Ogni cimento ed ogni lotta sono sorretti da un’idea di giustizia che non giustifica, ma motiva e
governa la conduzione di ogni cimento e di ogni lotta.
Gli uomini giusti entrano nel cimento rivestiti da questa giustizia nel suo esatto senso appreso,
perché è solo questa giustizia, questo senso, che conduce nelle diverse fasi del cimento, donando il
fine ultimo del perseguimento dell’abbraccio.
Giustizia è amore, muove amore, provoca amore. Già venni a spiegarvi, ancora tornerò.
C’è MOSES
Il discorso della montagna è la prima traduzione agli uomini della giustizia di Dio, e la beatitudine è
l’esito di quell’abbraccio conquistato che vi rende guerrieri.
La beatitudine intesa da Cristo è obiettivo da perseguire in terra, per questo Egli la descrisse agli
uomini.
Nel raggiungere la beatitudine della comunione e del distacco, gli uomini entrano nella giustizia,
perché quella beatitudine è l’idea del bene e la giustizia ne fa parte, ne è sostanza.
Dimenticate il giudizio insito nel concetto di giustizia umana e dimenticate l’immagine di un Dio
giudice.
Giustizia è implicita, non derivata.
Comprendete le Beatitudini, vi aiuterò ad apprenderle.
LA GENESI 42
LE BEATITUDINI
CROCE
C’è MOSES
Le Beatitudini sono parole di Cristo agli apostoli; allo stesso modo queste sono parole a voi.
Come gli apostoli trovarono altri apostoli che seguirono Cristo dopo la sua morte senza mai averlo
conosciuto, così le nostre parole a voi vadano a chi ha sete.
Le Beatitudini escludono ogni tipo di discriminazione umana. Il discernimento è nella consegna a
chi è pronto a capire e ad apprendere, ma nessuno è escluso dai contenuti della conoscenza.
La giustizia è dunque uguaglianza di accessibilità, non di comprensione.
La giustizia di Dio è moltiplicazione, è occasione in terra dalla quale nessuno resta escluso, è, è per
tutti.
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I primi che la colgono, che raccolgono la conoscenza, la sappiano moltiplicare con fortezza e
prudenza, ben consapevoli che riceverla è piena coscienza di un implicito, obbligato morire a se
stessi, che rappresenta il necessario cimento per essere degni testimoni.
Tramite me, Cristo oggi vi enuncia diversamente le Beatitudini, perché la giustizia di Dio fa sì che
la conoscenza si adatti alla diversa sete degli uomini.
La sete di uomini semplici ha trovato Cristo vivente per dissetarsi ed apprendere, ma quelle parole
non bastano alla vostra. Perciò ascoltate.
Beatitudine è fratellanza: beati dunque coloro che cercano e trovano un pane da spezzare.
Beatitudine è sete: beati dunque coloro che la distinguono dalla curiosità e, nonostante l’arsura non
li abbandoni, sappiano con fortezza continuare a distinguere.
Beatitudine è sapienza d’amore in terra: beati dunque coloro che faticosamente ne districano gli
equivoci, e purificano il loro cuore.
Beatitudine è compassione: beati dunque coloro che sanno condursi senza essere né avari né
prodighi, né iracondi né accidiosi.
Beatitudine è comunione: beati dunque coloro che piegano una vita all’irrazionale, duramente
accettato, di una costante comunione col divino che riconoscono.
Beatitudine è distacco dal cammino percorso, perché infine esso non è più una strada davanti, ma è
una meta raggiunta: beati dunque coloro che apprendendo non dipendono, ma infine sono liberi.
Credete inesauribile e perfetta la giustizia che muove tutto questo. Essa è bene, è il bene che sempre
chiede lucida consapevolezza in nome della sua giustizia.
Questo bene vi sveglia e vi chiama, e voi vi alzate e cercate, cercate e cercate finché non ve ne
trovate imbevuti, finché finalmente vi conduce invece di chiamarvi soltanto.
Ora siete pronti a comprendere la temperanza.
LA GENESI 43
TEMPERANZA
CROCE
C’è MOSES
40
La temperanza sulla terra è la virtù che appare più in alto da raggiungere, perché di tutte è quella
maggiormente vicina al distacco.
Gli uomini erroneamente l’associano ad un falso concetto di costrizione e di rinuncia, quasi essa
fosse una sorta di penitenza autoimposta, una regola austera.
In termini spirituali la virtù è un corredo, non una costrizione; dunque vi aiuta, certo non vi
complica l’attuazione del cimento, è luce, non ombra.
La temperanza vi dota di una infallibile misura di desiderio, regola le aspirazioni, stacca dai facili
entusiasmi, è l’esperienza, mediata da fortezza e prudenza, sperimentata e vissuta insieme.
Con la temperanza appresa vi accostate giustamente al cimento, essa ne bilancia lo sgomento delle
incognite e vi dona il giusto approccio alla conquista, il giusto stato di comprensione ed
apprendimento.
La temperanza vi porta nella quiete, quella quiete dinamica di cui a lungo vi parlammo, vi assesta
nell’infallibile percezione dei rischi, soprattutto nei primi che accettate di correre, quelli con voi
stessi generati da voi stessi.
Grazie alla temperanza siete equi e discernenti, sapete escludere, imparate le giuste dosi di
partecipazione nella fratellanza, per sempre superate gli inganni e gli autoinganni.
Essa è virtù chiara, che si apprende solo quando già parte del cammino percorso è visibile e vissuto.
Senza l’esperienza di quel cammino, ritrovata ogni giorno ad illuminare i giorni che verranno, la
temperanza a lungo rimane inaccessibile.
Le altre virtù per molto tempo possono restare astrazioni filosofiche comprese e non apprese. La
temperanza invece non può essere teorica, la temperanza arriva nella vita quando la vita si è
condotta in modo tale da riceverla.
Fra tutte le virtù appare la meno nobile, la meno appariscente; invece la sua potenza è sacra e
benedetta, e addestra guerrieri senza ambiguità, guerrieri incorruttibili, guerrieri saldi.
Essa vi ripara dalle tentazioni della terra, è sorda agli allettamenti della materia, vi rende capaci di
andare oltre senza rinuncia e senza rimpianto perché vi dona la luce della giusta valutazione, del
giusto riconoscimento.
Grazie alla temperanza attraversate meglio la terra e cercate meglio lo spirito.
Che le virtù vi armino senza la violenza delle armi, vi rivestano di invincibili corazze, vi tengano
saldo il piede e ferma la mano, vi rammentino l’ideale del percorso che avete scelto.
Che le virtù scendano su di voi a rendere più splendente il vostro viaggio, e più sicuro l’esito del
vostro cimento.
41
L’ALLINEAMENTO E L’ARMONIA
CROCE
C’è MOSES
42
Mantenete la direzione, non perdete l’orientamento, utilizzate gli aiuti; cucite tutto insieme,
coordinate il pensiero comprendente e il pensiero apprendente con il gesto plasmato derivato da un
pensiero che si è fatto più sapiente per potersi plasmare.
Snodatevi davanti come un nastro tutta la conoscenza compresa. In essa ci sono oggi per voi le
chiavi per apprenderla.
Dedicate tempo e passione ai nodi vostri sostanziali, non alle loro sovrapposizioni derivate.
Siate l’un per l’altro arcobaleni e musica e pane spezzato, viandanti in salita su una scala in
costruzione, generatori di armonia.
CROCE
C’è MOSES
Mentre ascoltate la narrazione dei vizi finalizzata all’apprendimento, non sottovalutate l’indicazione
principale, cioè che essi sono solo un sintomo, non la malattia.
E’ un duro lavoro entrare nel proprio personale vuoto, nella lacuna di partenza che genera in
ciascuno diversissime manifestazioni degli stessi.
Non perdete tempo a scrutare quanto e se siete avari o golosi: andate oltre i sintomi e cercate la
malattia, buttando via gli anestetici e gli antidolorifici che vi intossicano da una vita senza curarvi.
Stringete i denti, mordete una cinghia e andate a cauterizzare e, se necessario, amputate:
cauterizzate le piaghe mai rimarginate e amputate le cancrene, cauterizzate le ferite inutili,
finalmente, e date un taglio netto ai comportamenti ancora deviati, agli equivoci vissuti,
cronicizzati, infetti.
Voi ancora non avete ben compreso: la diversa misura di presenza di un vizio non è un’aggravante
o un’attenuante, il male comune è quel vuoto singolo e collettivo, nel senso che è di tutti, e anche
questa è fratellanza.
Le qualità necessarie giacciono dentro quel vuoto che a voi appare un nulla, perché vi fermate
sull’orlo a guardarne gli effetti fuori da esso. Certo, ci sono, e già molto, moltissimo, è saperli
osservare: ma è nel vostro buco che io vi spingo.
Andate lì a pescare, a frugare, a osservare, e vi accorgerete che il riflesso esterno del suo male è
poca cosa, ma è l’argine che impedisce l’esperienza dell’irrazionalità.
Quante volte vi ho detto “non abbiate paura”. E’ l’idea, non la sostanza, che vi impedisce il passo.
Avete già fatto passi molto più faticosi, ma meno funzionali all’obiettivo, meno utili.
Usate un pensiero vigile e una mano leggera, coprite di leggerezza, acuta leggerezza, ogni
osservazione, ma siate coscienti, siate determinati, non fatevi confondere dalle parole, anche dalle
mie.
La narrazione dei vizi è per forza di cose fatta di parole ma, come tutta la genesi, contiene alcune
chiavi che servono a trovare le chiavi delle virtù, quelle che aprono l’ultima porta.
Per voi appare essere un compito arcano, ma se affinate il pensiero, affinate gli strumenti umani e
via via adeguate i comportamenti, il gesto e la parola, piano piano entrate sempre più in quel vostro
pozzo che vi appare così profondo, e vi accorgete che riemergere costa molto meno che esitare
appoggiati all’orlo.
43
Già vi dissi tempo fa; ancora vi dico, ancora vi ripeto, ancora vi sostengo, ancora e ancora vi
sorreggerò.
CROCE
C’è MOSES
Non leggete senza leggere, lo snodarsi delle mie narrazioni ad ogni pagina aggiunta prende uno
spessore ed una comprensibilità diversi e aggancia la vostra mente con le logiche di procedure
diverse e nuove.
Quando la psiche vi palesa diversamente attimi di disagio, cioè vi segnala più o meno chiaramente
qualcosa da osservare, conducetela indietro, a volte molto indietro, a cercare e a ricordare le prime
volte di quel disagio, che magari era diversamente vestito, era molto più spoglio: ma poi non
fermatevi lì. Da quella preziosa fotografia tornate in su e osservate come sono stati i gesti e i
comportamenti di reazione a quel disagio, e soprattutto osservate le false convinzioni che ha
generato.
Quei gesti e quelle convinzioni vanno cambiati, sono le piaghe e le cancrene che hanno determinato
schemi di vita fasulli, schemi vostri, non schemi sociali, sebbene anche gli schemi e i
condizionamenti culturali in grande derivano dallo stesso procedimento, esito di una psiche
collettiva.
Questa è la vostra genesi, la vostra creazione di voi stessi che pone un ordine sopra un caos.
Cucite insieme, io non posso stancarmi di dirvelo, e voi non lo capite.
Cucite insieme le pagine, queste ultime, fra loro, e poi nel tempo cucitele a quelle precedenti. Le
vostre diverse comprensioni aggiungono pane da spezzare al vostro tavolo e i viandanti a vicenda si
informano sulle insidie del cammino.
Collaborate attivamente, superate in corsa gli altri uomini.
Tornerò.
CROCE
C’è MOSES
44
La causa prima delle diverse frustrazioni umane, ovvero l’origine delle punizioni, delle artefatte
motivazioni difensive alla vita e della resistenza all’osservazione, cioè, in sintesi, del buco nero
insondato che vi portate dentro, è la prima esperienza che vi offre la materia, cioè l’esperienza
dell’abbandono.
La terra vi fornisce le occasioni materiali per vivere, in forme diverse nell’arco delle vite, la
nostalgia dell’uno spirituale che l’anima incarnata ricorda, e la spinta a condurvi razionalmente
attraverso gli abbandoni terreni per apprendere, grazie ad essi, il distacco irrazionale attraverso
scelte sempre più consapevoli.
Quella nostalgia affiora allora imperiosamente, quell’unità diviene un obiettivo che, da indistinto,
comincia a precisarsi, e la volontà spirituale si condensa in volontà razionale.
Lo spirito incarnato è in un esilio evolutivo, ma per evolvere deve fare lo stesso lavoro di Dio, deve
riordinare il caos ben consapevole delle ragioni di quell’ordine.
Quell’esilio, quell’abbandono vanno sperimentati e compresi per apprendere e ritrovare il mistero
dell’unità.
Ogni scintilla profusa da Dio è chiamata a sperimentare gli attributi di Dio di cui è dotata, cioè deve
comporre e ordinare, deve creare.
Ogni uomo è uomo per essere Dio ed è Dio per essere uomo. Ogni uomo è trino, cioè Padre, Figlio
e Spirito attraverso la conoscenza che Cristo è venuto a ricordarvi di avere.
Entrate ad osservare e a comporre tutti gli abbandoni terreni di cui è fatto l’esilio, entrate nei vostri
inconsapevoli sistemi per tentare di non soffrirlo. Ne capirete la funzione e finalmente ringrazierete
la materia e tutte le sue piccole morti che, staccandovi, vi conducono alla vita.
La terra si presta come un immane, perfetto palcoscenico. Ad ogni rappresentazione sempre più vi
diviene chiara la vostra parte, e sempre meglio lavorate affinché a tutti divenga più chiara la loro.
CROCE
Ciò che si attende da voi è un omologo lavoro consapevole degli strumenti che avete ricevuto, un
lavoro che confluisce nel medesimo irrazionale agire, dopo un lungo esame razionale di voi e della
vita.
A questo livello anche l’irrazionale della fede è un’esperienza e certamente è una conquista
sperimentata, non un’adesione priva di sostanza pensante.
L’idea del bene è, vi ripeto, un’idea, un’idea intelligente. Anche quella del male lo è.
La fede dunque contempla un pensiero e si serve del pensiero.
Voi state sperimentando ogni diversa capacità del pensiero che osserva lo spirito, mentre siete
condotti dal vostro spirito che vi mantiene quel pensiero nella vostra idea intelligente di bene.
Essa ricalca la prima, e come la prima, come nell’origine, come nella stella, essa da sempre e
sempre si misura col suo contrario, grazie al quale esiste e continua nella ricerca dell’esagono.
La fede ben sa che non esistono assoluti immobili e cristallizzati. Il vuoto della stella, la matrice
comune del bene e del male, la loro culla indifferenziata, la loro composizione, non è statica, è
dinamica.
La fede sa delle sperimentazioni e del movimento; per questo non arretra ma affronta, affronta per
abbracciare, affronta per comporre.
45
Verrà Moses a condurvi.
Carità
Le virtù cardinali sorreggono il cimento. Lo scopo del cimento con voi stessi è trovare la piena
coscienza necessaria alla lotta al male, che sempre è illuminata e sorretta da fede, speranza e carità,
in una accezione ben diversa da quella sulla terra comunemente intesa.
Pochi uomini sanno comprendere, accettare e vivere il cimento apprendendolo come un passaggio
obbligato e preparatorio. A costoro veniamo ad illustrare le virtù della lotta, affinché sollevino il
loro cimento verso altezze superiori alla terra.
Già vi dissi che la carità è da intendersi come compassione. Sono qui ora ad aggiungere ad essa il
suo reale significato, che si compenetra indissolubilmente col senso profondo della lotta e ne
diviene una delle prime qualità, oltre che l’essenza: la trasposizione ultramondana di
quell’abbraccio che, compreso, determina la fine dei vostri cimenti.
La carità fa sì che ogni oggetto materializzato o eterico contro cui lottare venga combattuto
inondandolo d’amore; fa sì che la riuscita della lotta sia determinata dalla qualità e dalla quantità
d’amore di cui si investe il nemico. Esso va fermamente distolto dal suo scopo, animati da una
autentica, empatica compassione per ciò che l’ha portato a sceglierlo.
Perciò combattere questo nemico, che è un obiettivo, pericoloso nemico, è anche e soprattutto
amarlo e compassionarlo e sostenerlo mentre lo si distacca dalla sua unica nozione separativa.
Significa, nella lotta per distaccarlo, non abbandonarlo mai, bensì accompagnarlo e sorreggerlo nel
suo buio cammino e illuminarglielo con il raggio d’amore che mai lo farà sentire umiliato e vinto,
bensì gli darà la percezione di diverse direzioni alternative in cui mai troverà abbattimento e
solitudine.
Quel nemico è parte di noi: va ricongiunto, non escluso.
Per questo la carità così intesa, requisito imprescindibile al nostro lottare, scenda a illuminare, nel
transito, anche il vostro cimento.
Tornerò a riparlarne se ciascuno di voi o tutti avrete bisogno di comprendere, successivo e ulteriore
a queste parole. Intanto vi chiedo, non fermatevi.
CROCE
Dovete capire che qui la lotta si conduce su un piano smaterializzato fatto di vibrazioni, la cui
sostanza è determinante. Ricordate le Sephirot.
Trasferire a voi sposta i piani. Il verbo espresso, le parole trasmesse, qui affermano e confermano,
dandole forza e sostanza, la realtà che dobbiamo incrinare.
Perciò non cercate contraddizioni, ma cercate le infinite indicazioni indirette di cui siete possessori.
46
Ricordate l’idea di opposizione al progetto d’amore di Dio di creare l’uomo come cocreatore di una
realtà spirituale dinamica e non immobile; ricordate il senso di Cristo e osservate il suo movimento
in terra; ricordate Cristo non solo nel Getsemani, ma anche nel deserto; comprendete, senza
assestare forze avverse, ciò che ieri vi dissi: “il nemico è parte di noi”.
Riflettete e comunicate razionalmente al fine di prendere coscienza, una coscienza lucida e meno
confusa; ma poi non confermate dando spessore e concretezza alle parole, non alimentate una realtà
che si nutre colpendo la parte vulnerabile degli uomini non ancora assestati nell’irrazionale
conquistato.
Quando vi sembrerà di avere compreso una realtà condivisa nella comprensione, respingete il
perverso fascino che attira verso una sua più articolata analisi. Continuate il vostro cimento senza
dimenticare la nuova coscienza che di esso avete, ma senza finire nelle trappole di chi troppo bene
saprebbe alterare molto sottilmente il vostro luminoso lavoro.
Ancoratevi alle virtù, opponetevi ad ogni tentazione disgregante, vestitevi d’amore, tenete Cristo
accanto a voi. Egli vi ha mostrato tutti i passaggi, vi ha condotto nella morte a voi stessi illustrata
come sostanza del cimento, e si è offerto agli uomini come esempio in una lotta armata d’amore.
Siate sottili, acuti e sottili, andate oltre l’espressione scritta, entrate nell’irrazionale della vibrazione
giusta e non fatevi confondere da altre vibrazioni pesanti e intelligenti che sanno, se vogliono,
riuscire ad assomigliarle.
Cucite insieme e ricordate, e guardate le condizioni della terra.
Il piccolo contiene il grande. Voi che siete ancora minuscoli microcosmi siate un uno e continuate il
grande: e amate, amatevi, come noi amiamo.
CROCE
C’è MOSES
Devo necessariamente tornare sull’ultimo argomento, non è solo necessario, è indispensabile
aggiungere comprensione al vostro apprendimento.
Quando Cristo venne a dire agli uomini “dovete amare anche i vostri nemici”, sapeva di dire un
concetto estremo, un concetto che voleva incrinare l’emozione mentale dell’odio. Lo disse sapendo
che era un concetto conclusivo, ma volontariamente lo espresse anzitempo e lo testimoniò con la
sua vita.
Ciò che ha seminato con quella frase è rimasto quasi completamente inattuabile per gli uomini, ma
è rimasto, è rimasto a scuotere, a interrogare.
Quello che la sua profonda spiritualità, intatta nonostante la materia, voleva lasciare agli uomini è il
massimo dilatarsi di quel concetto di compassione di cui ora io vi sto parlando.
Chi non respira la buia disperazione della separazione, che anima e muove chi si presenta come un
nemico, non può fare altro che odiarlo.
Cristo ha cercato di rompere la dinamica umana dell’odio per un nemico per avvicinare le relazioni
umane ad una reciprocità meno cruenta, ma voleva significare ben altro: voleva cominciare a dare
una vaghissima percezione della disperata nostalgia di unità e del vuoto anelante e richiedente di chi
è nemico di se stesso, e quindi inevitabilmente di qualcun altro o del mondo. La medesima dinamica
attiva i più modesti conflitti interpersonali come le guerre.
Ciò che dovete apprendere è che il vostro braccio, che stringe giustamente una spada, o imbraccia
giustamente un fucile, deve saper trasmettere all’avversario che combatte che quel braccio è armato
solo per disarmare, non per uccidere, e insieme trasmettere la promessa che alla fine della lotta quel
braccio, quelle braccia, sono lì solo per abbracciare.
Nel piccolo, che è immenso, del vostro cimento, voi avete capito il fine ultimo dell’abbraccio. Vuol
dire che conoscete il dolore di sentirvi separati da voi. Se uscite da voi stessi e allargate al massimo
il concetto del dolore della separazione, allora, solo allora, potete comprendere la compassione.
47
E’ la pena infinita di riconoscersi nel dolore di un altro, l’allontanamento incompreso o frainteso, la
forte pulsione a consolare, a smontare le ragioni di quella separazione, ad abbracciare. Non è pietà,
è partecipazione a qualcosa che si riconosce e che si sa quanto dolore e quanta solitudine, solitudine
atroce, provoca.
Perciò capite e apprendete, apprendete inizialmente con voi stessi, fuor da lì non si comincia, e poi
apprendete con tutti coloro dai quali vi sentite malcompresi, respinti, odiati. A lungo sosterò con
immagini ed esempi e altre parole, ma voi a lungo intensamente vivete.
Cristo ha lasciato in terra con quella frase la prima eco della giusta vibrazione. A quella cercate di
allungare la sintonia delle vostre, in quella entrate e restate.
CROCE
C’è MOSES
Sembra una divagazione ciò che sto per dirvi, invece è ampiamente inerente a quel concetto di
compassione così essenziale alla lotta e, prima, al vostro cimento.
Non dimenticate mai che il piccolo contiene il grande. Un cimento, correttamente intrapreso su
motivazioni comprese, e in parte già così apprese da poter essere vissute, contiene tutte le giuste
premesse per raggiungere la conoscenza e l’impegno, meglio, lo slancio distaccato, da condurre per
condursi nella lotta.
L’apparente divagare dalla compassione, che divagare di fatto non è, è riprendere a parlarvi
d’amore.
Rompere i suoi schemi non significa soltanto spezzarne i condizionamenti sociologici e culturali,
che pure è già molto perché ripulisce e purifica le motivazioni. E’ ancora di più: è amare in modo
diverso e nuovo interiormente, intimamente, non esteriormente.
E’ essere amante soprattutto delle mancanze e delle difficoltà dell’altro, perché in esse si
riconoscono esplicitazioni diverse delle nostre stesse mancanze, dei nostri vuoti.
E’ dunque connotare l’amore, anche il più passionale, di una fratellanza, di una vicinanza
autenticamente empatica che è la premessa di ogni tipologia dei vostri umani amori che il mondo
continua a farvi differenziare.
Il sentimento per un figlio, per un amante, per un genitore, per un amico non è amore connotato di
spirito se non riconosce l’identità nei bisogni delle due parti. Ciò ridimensiona aspettative e
delusioni e lenisce ogni ferita.
Imparate a concedervi e a dare il bene dell’amore da dovunque provenga e dovunque sia diretto.
Scaldate e fatevi scaldare con diverse modulazioni di comportamento secondo le personalizzazioni
del sentimento, ma non fatevi condurre dai ruoli: non fate che sia il ruolo a scandire l’amore, ma
l’amore che scandisce il ruolo.
Non potete ovviamente manifestarvi ugualmente con una madre, con un coniuge, con un figlio.
Questo però significa dare ai ruoli un connotato marginale, seppure evidentemente importante, di
comportamento esteriore, ma sentire interiormente che la pulsione empatica verso l’altro,
l’accettazione della gioia che vi dà o del dolore che vi provoca, e la risposta presente e vicina sono
le stesse.
Partite sempre dal ricordare questo: chi ama e cerca è identico nel bisogno a chi rifiuta e respinge, è
solo in momenti diversi della sua storia.
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Esistete per riconoscervi ed aiutarvi, ammettete e guardate quel medesimo bisogno in voi e
nell’altro; amatelo e colmatelo in voi stessi nel vostro cimento luminoso e benedetto in modo da
amarlo e colmarlo in chiunque vi incontri o vi incontrerà.
Mentre ammettete i vostri bisogni, spesso con molto dolore, state nella disposizione d’animo di
accettare sempre un aiuto: può essere una parola detta o taciuta da chi vi ama, può essere
un’intuizione, può essere un messaggio, può essere un’occasione della vita, può essere una brutta o
bella sorpresa.
Parlare a volte è necessario, indispensabile, altre volte del tutto inutile.
Non fate un ruolo anche del dialogo. Date e ricevete il bene profondo che, fuori da ogni schema,
l’amore vi sta insegnando.
Su questo ancora con voi tornerò.
Sentitevi pieni, pieni, pieni anche mentre prendete coscienza dei vostri vuoti.
CROCE
Associatevi al vostro contesto e allontanatevi dal vostro contesto, ne fate parte ma ne siete distinti.
Afferrate che comprendere la propria unicità nell’appartenenza ad un tutto è il tratto distintivo dello
spirito che riscatta e nobilita la materia.
Io, unico e tutti voi; voi, unici e tutti gli altri.
La demarcazione più sottile è vivere l’unicità senza fratture nel cogliere le differenze; è cogliersi
unici e diversi ma uguali nelle differenze, e far sì che le differenze afferrate spingano verso e non
contro, verso voi stessi, non contro voi stessi, verso gli altri, non contro gli altri.
L’occhio sia su voi, associati e distinti senza controsensi, senza solitudine, senza nulla che si
definisce. La solitudine è una vagabonda, anche la consolazione lo è.
Sempre più spesso attimi di autentica comunione fanno di voi esseri reali, associati al vostro
contesto e lontanissimi da esso, reali nel farne parte, reali nell’andarsene.
Uno schema rotto correttamente non è una cornice senza più il quadro, è un nuovo quadro in quella
medesima cornice, che però non è più uno schema.
Anche rompere gli schemi può diventare uno schema, subdolo ed imprigionante nella sua attraente
immagine di rivoluzione. Non sostituite le cornici, cambiate i quadri.
La cornice ha la sua preziosità, che è valorizzare il quadro; in tutti i vostri nuovi quadri, sempre più
vicini al vostro autentico ritratto, la cornice è ciò che nel vostro allontanarvi non vi strappa via, è
ciò che vi conduce nella compassione.
SPERANZA
CROCE
Andiamo avanti. C’è MOSES.
Posso proseguire in proporzione a quanto voi non dimenticate ciò che già ho detto.
I passaggi già esplicitati sono, uno per uno e tutti insieme, i sostegni di un unico discorso di
conoscenza cui non possono mai mancare, perché la sorreggono intanto che la compongono.
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Così, ciascuno di questi passaggi, in modo particolare quello sulla compassione, non sono mai finiti
anche se formalmente sembrano conclusi, perché ogni pagina successiva su altro e ogni giorno di
vita aggiungono qualcosa a quel passaggio, da continuare a varcare ogni giorno.
Le virtù si sorreggono a vicenda per sostenere voi. Le loro concatenazioni sono infinite e una
prosegue l’altra.
Sono tutte lì, contemporanee nella presenza e nei benefici, eppure successive una all’altra nella
comprensione razionale e nell’apprendimento sperimentato.
Per questo non avrei potuto cominciare a parlare di speranza senza aver parlato di carità.
Razionalmente la speranza, nel suo concetto, vi proietterebbe nel futuro, se non ci fosse la carità che
vi tiene nel presente.
In passato vi dicemmo che la speranza è da intendersi come certezza. Così era necessario
incominciare. Oggi comprenderete che essa va molto oltre la garanzia di un territorio spirituale
circoscritto.
Speranza non è solo cercare sapendo che c’è. Essa è il cerchio chiuso della letizia nel distacco
sperimentato e appreso.
La speranza è la spinta e il riposo dentro il cimento e dentro la lotta, perché la compassione appresa
e confermata ogni giorno anima interiormente ed esteriormente ogni passo di una nuova e diversa
luce.
La speranza è un orizzonte dilatato ed esteso oltre i limiti spaziali e temporali del vostro paesaggio.
Non è prevedere, non è intuire, non è augurarsi, è avventurarsi gioiosamente dentro questo
orizzonte così più lungo, così più grande.
Ho appena cominciato a narrare un altro passaggio. Ricordate la premessa che ho fatto stasera e
predisponetevi, presto tornerò.
CROCE
C’è MOSES
La speranza è proseguire sapendo e, pur sapendo, continuare a cercare ciò che si sa.
In quel “sapendo” c’è una percezione di certezza, e nel continuare a cercare c’è il distacco da quella
certezza.
La speranza è un sentire interiore di immotivata gioia, che pure è substantia di reali significati.
Anch’essi sono certezza e distacco, sapere e accettare di non sapere sapendo.
La speranza è il cardine che regge tutte le porte di conoscenza e di apprendimento già aperte e altre
ancora da spalancare.
Ricordate: certezza e distacco portano la gioia. Questo è il messaggio della speranza, che vibra
altissimo per chi lo sa cogliere e conduce nella sperimentazione indicando una via.
Per raccoglierlo occorre aver già accolto ed appreso l’aiuto della fortezza, della giustizia, della
prudenza e della temperanza, e occorre collocare la conoscenza nella compassione.
Riepilogatevi da soli e insieme, questa pagina vi offre numerose verifiche.
SPERANZA 3
CROCE
C’è MOSES
50
Permettete alla speranza di entrare nel vostro mondo interiore spogliandola di tutti i molteplici
attributi retorici e ingannevoli di cui la mente umana l’ha ricoperta, riducendola, nel mondo terreno
inconsapevole, all’illusione dell’ingenuità.
Essa non è un’illusione, è una delle maggiori realtà dello spirito. La speranza vi fa capaci di
apprendere la lezione contenuta in un errore e vi solleva dall’immobilismo della frustrazione di
avere sbagliato. La speranza vi insegna ad assomigliare ogni errore ad una conquista perché vi fa
stare nell’errore, vi fa apprendere dall’errore, e vi fa uscire dall’errore.
Essa vi dà le ali sulle spalle per oltrepassare i vostri ostacoli guardandoli dall’alto, e vi dona lucido
sale alla razionalità. Vi permette la certezza di un avanzare vostro e di chi condivide i vostri passi,
perché percorre la vostra strada, e intanto vi fa proseguire distaccati da quella certezza.
Appare paradossale alla mente che la speranza sia la madre del distacco. Il paradosso immobilizza
finché la speranza viene umanamente percepita come un’illusione.
Nella sua profonda, sostanziale realtà, nella sua autentica matrice spirituale, è proprio nel suo
contenere una invisibile certezza che essa diviene promessa di distacco.
Non categorizzate la verità della speranza, essa è incatalogabile e sfugge alle logiche mentali.
Chiamatela a voi nei bui momenti dell’errore o dello sconforto: il suo energetico potenziale
spirituale, correttamente invocato, vi spinge fuori da ogni ristagno e illumina ogni disperazione.
Essa non è un rifugio, non è la scappatoia irresponsabile nella quale gli uomini inconsapevoli così
spesso si nascondono. Essa è il conseguimento di anime coraggiose che sanno rifiutarsi il
disimpegno di un falso riposo.
Per costoro diviene la realtà compresa del loro cammino, capace di allargare immensamente la
compassione fin qui sperimentata. Essa si incontra, e si accetta, e si chiede a cammino già ben
inoltrato.
Dovete conoscerla per volerla e capirla; per apprenderla, dovete chiarirla dentro voi stessi, e così
schiarirvi con lei. Sono anime chiare che la indossano, e che lottano vestite di speranza.
CROCE
C’è MOSES.
Premessa indispensabile, che per sempre da qui in poi va ricordata, è che la fede è un approdo cui si
giunge dopo la sperimentazione di tutto il razionale possibile ad un pensiero plasmato.
La fede non può prescindere dal lavoro su se stessi. La fede chiama alla lotta contro il male, contro
ogni forma di male, e non si può presumersi capaci di lottare senza aver conosciuto, e continuare a
riconoscere, il cimento. La fede è ambiziosa e umile, giusta e prudente, forte e temperante, da
costruirsi in saldezza e costanza. La fede ha bisogno di compassione e di speranza, di amore e di
certezza di sapere, e di capacità di distaccarsi da quel sapere, per costruirsi. La fede permette intanto
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l’apprendimento di quell’amore e di quel distacco da ogni certezza perché, intanto che ne
rappresenta l’approdo, insieme ne è sostanza e premessa.
Sembrano passi in successione da compiere, e invece anche questo è uno, quell’uno così fortemente
irrazionale, la vera, finale conquista.
CROCE
C’è MOSES
Un tempo scrivesti che la fede offre prove chiare e prove oscure. Stasera incomincio a condurvi
dentro una corretta osservazione dell’irrazionale.
Chiariamo un primo fondamento: la fede non è solo la certezza indimostrata davanti all’irrazionale
sconcerto di un risultato inspiegabile: questa è la prova chiara. Essa, la fede, è anche ciò che resta
dentro il buio disperato di Cristo in croce quando gridò “Padre, perché mi hai abbandonato?”.
Questa è la prova oscura.
L’esperienza dell’irrazionale, sostenuta da una inesausta verifica di tutto il razionalizzabile, non
protegge e non preserva dal vuoto che lascia il sì ad una non-mente, cioè ad una irraggiungibile
intelligenza superiore.
Questo vuoto è identico nell’inquietudine arcana mossa da un miracolo, come nella solitudine
atterrita di chi, senza riscontri, si sente abbandonato e cede al momentaneo terrore di avere sbagliato
strada, di avere sbagliato tutto.
E’ qui che bisogna, in entrambi i casi, invocare la speranza: nel caso del miracolo, occorre
appellarsi al distacco dalla certezza; nel caso del buio, occorre affrancarsi ancorandosi alla certezza.
Due esperienze di fede diverse, due diversi aiuti della speranza, la prova chiara e la prova oscura.
A voi è richiesto di non dimenticare l’indimostrabile giustizia di tutto ciò, la necessaria fortezza,
l’equità della temperanza e una illuminata prudenza nel trarre conclusioni.
In ogni istante vi verrà domandato di scegliere. In queste scelte potrete sperimentare tanto l’estasi
quanto l’agonia. In entrambi i casi, l’osservazione mantiene la memoria.
Tornerò.
CROCE
I pochi sulla terra che hanno compreso l’autenticità della mia parte umana se ne sono per lo più
serviti per denigrare la mia parte divina, come se le due parti servissero una per negare l’altra.
52
In realtà, la mia umanità, come per tutti gli uomini, esiste per raggiungere l’accesso alla parte
divina. Io sono venuto chiamato alla lotta, ma mai avrei potuto condurre la mia lotta fino in fondo
se non mi fossi costantemente e coscientemente misurato con il mio proprio interiore cimento, che
non è mai stato diverso da quello che si trovano ad affrontare gli uomini in diversa misura
consapevoli di loro stessi.
Anche per me la consapevolezza in terra è stata progressiva, e l’irrompere del mio divino mi ha
costretto ad un duro cimento nel quale, come voi, ho dovuto osservare e purificare tutte le pulsioni
della materia, che hanno investito anche me perché io imparassi a distaccarmene.
La memoria spirituale affiorata non preserva dal cimento, anzi lo rende ancora più ostico.
La fede come essere, non come credere, poggia solo su questo. La pulsione e il desiderio sofferto,
che portano ad osservarsi e a lavorare per cambiare, divengono un essere che parte da noi, che non
chiede più alle circostanze esterne di modificarsi, o che non si illude più che si modifichino. Questo
essere è fatto, in chi coscientemente si cimenta con se stesso, sorretto dalla necessaria conoscenza,
di un implicito riconoscimento della parte divina, della coscienza alta, del significato ultimo e primo
che si vanno volontariamente a cercare.
Per questo chi comincia e continua questo lavoro è nella fede, è la fede, molto prima di scoprirsi a
credere. Credere diviene necessario quando si scopre che la fiducia e la certezza sono dentro di noi,
sono il motore, e quella fiducia è ciò che permette di restare e di resistere durante il cimento, ciò che
rende preziosi gli errori, ciò che trasforma il dolore in sofferenza e rende accettabile la sofferenza.
Questi e solo questi sono i presupposti alla lotta e ne divengono i bastioni protettivi.
Nessuna estasi e nessuna agonia vi potranno più distogliere, e il distacco non impedisce né di
goderne né di soffrirne. Esso è il sudato conseguimento che non appanna l’essere della fede; ne
accende invece il forte individualismo di cui ogni uomo, con la sua storia, la deve segnare e
significare. L’essere della fede è diverso in ogni soldato che lotta, ed è solo così che ogni uomo
consapevole può dare il suo apporto, il suo inestimabile, prezioso contributo alla lotta.
Tornerà Moses a lungo su questo e su altro ancora. Io sono venuto stasera a confortare le vostre
intuizioni e a confermare la mia presenza e il mio aiuto in una forte, profonda ed eterna
condivisione umana di fratellanza.
C’è MOSES
Poco fa vi è stata data l’essenza estrema di concetti, di un concetto, che voi potete comprendere:
l’essere.
La parola “credere” è stata ed è fonte di pericolose, devianti confusioni. Credere è l’abiura alla
capacità pensante e critica di una mente plasmata, è vanificare lo sforzo di plasmarla, è l’estremo
demandare, l’estrema delega.
Chi si limita a credere si rifiuta di essere, dove essere significa servire e testimoniare la fatica di una
propria cercata e sofferta esperienza del divino.
Ciò che si dimentica è che l’esperienza del divino non è divina, è terrena. Relegarla in un
sovramondo astratto e improbabile è tenerla al di fuori di voi, cioè escluderla.
53
La percezione e l’accettazione del cimento e delle sue fatiche non è astratta. La conoscenza
progressiva di voi stessi è esperienza di ogni giorno di vita ed è passata da infinite sperimentazioni
curiose e devianti, da estreme conclusioni ritenute esaustive, da osservazioni sempre più strette ed
implacabili, da un vincolo misterioso di presenza vostra su voi e in voi.
Questo non è credere. Nessuno dei vostri passi, pochi o molti non importa, si è appoggiato sul
credere. Nel bene e nel male voi siete e siete stati, appoggiati o malfermi, su di una conoscenza che
non vi ha potuto regalare nient’altro che una nuova urgenza di diverse verifiche nell’acquisizione di
conoscenze spirituali.
La mente sceglie. Questa è la prima fede, cioè un atto razionale su come decidere una elaborazione
propria, sul peso e sul margine del concetto di accettazione, su come e quanto restare ed interagire.
A questo livello terreno, qualcosa di irrazionale, guadagnato con una razionalità onesta e sempre più
plasmata, comincia a soccorrere, e diventa patrimonio convincente del razionale. Mi riferisco alle
risposte subliminali o indirette che, quando la mente manca, cominciano a soccorrere da altri piani,
affiorati grazie al dispendio senza risparmi che la mente, nel suo inosservato ma costante plasmarsi,
ha dato di sé, senza riserve, in un lungo lavoro che sempre si dimentica.
L’essere di questo lavoro, la sua esistenza concreta, costruisce un essere vieppiù esteso e solido, nel
quale non si cercano riferimenti o prove, nel quale non si contano i successi, e nel quale gli
insuccessi sono lo specchio dell’apprendere.
In questo essere la frustrazione non ferma e non è più un ostacolo: convive con una insolita fiducia
che sfugge alle definizioni e che costa fatica ammettere. Di fatto, però, è, è ciò che invisibilmente vi
continua a condurre, vi impedisce di tradire l’intima convinzione che quella fiducia è la base
dell’umiltà, il presupposto per proseguire.
Tutto questo è esperienza da voi già vissuta, vi aiuterò nei passi successivi.
Ricordate però che tutto questo è già essere, è già fede.
Da qui, le verdi praterie sono ancora più verdi e le spine dei roveti sono ancora più acuminate: ma i
passaggi non cambiano nell’essere.
Tornerò.
CROCE
Asseconda senza pensieri. Il discorso è molto impegnativo.
C’è MOSES
Nell’essere coscientemente impegnati nel cimento, cioè nell’essere della fede, c’è un presupposto
fondamentale sul quale vi devo dare indispensabili indicazioni, perché esso è il basamento che
sostiene la costruzione spirituale di voi stessi, e dovete conoscerne ogni piega.
Sto parlando del concetto di accettazione. Ne abbiamo parlato tanto, ma non ne abbiamo parlato
mai.
Pur restando, ripeto, il primo presupposto dell’essere, l’accettazione non è un concetto, in sé, da
intendersi e da perseguire come completamente positivo.
Essa contiene un numero infinito di rischi e, se non viene correttamente compresa, la si apprende
nel modo sbagliato e diviene il più pesante ostacolo al compito spirituale.
Può annullare le fatiche di un cimento correttamente intrapreso, e per sempre condurvi dentro un
malinteso che vi esclude dal passo in avanti che vi evolve nella lotta.
I rischi sono duplici, sono in ognuna delle due diverse angolazioni dalle quali la si osserva.
54
Così, se una qualsiasi circostanza od occasione vi mette in difficoltà, ancoratevi fortemente alla
prudenza e revisionate mille volte ciò che decidete. Nel caso in cui scegliete di accettare senza
palesare la vostra fatica, ricordate che accettare così può essere la trappola di un’istanza spirituale
che va a sovrapporsi al gioco di immagine di un ego che desidera proiettarsi migliore e più degno
degli altri. In questo caso, l’ego non accetta, in realtà impone.
Ma anche nel caso opposto in cui, anziché accettare, scegliete di opporvi, di manifestare un dissenso
anche pacato, di evidenziare in buona fede ciò che vi appare un rischio, un errore, un pericolo, ci
può essere un falso investimento su quelle che di voi sono false qualità.
Per questo, una costante verifica razionale è indispensabile. Altrettanto indispensabile è il saper
attendere, la pazienza spirituale, e la certezza che solo un’osservazione onesta e continuativa darà
delle risposte.
Gli impulsi possono contenere indiscutibili verità quanto irrecuperabili errori. Nel dubbio, è meglio
non assecondarli immediatamente, ma verificarli con l’osservazione sempre più illuminata
dell’esperienza.
L’accettazione fraintesa o strumentalizzata è la più infame delle tagliole.
Questo vale certamente per le occasioni esterne conflittuali che vi chiamano a scegliere, ma vale
anche, e non meno, nell’osservazione dei vostri conflitti con voi stessi, nella lotta contro i vizi e
nella ricerca delle qualità.
Credersi incapaci in qualcosa e serenamente accettarlo può essere la più grave delle sottrazioni al
vostro bene e al bene; ma anche accettare ed agire quella che ritenete una qualità senza il vaglio
critico di una verifica ripetuta ed attenta, cioè un’accettazione aprioristica di quella qualità senza
dubbi sulla sua reale qualità, può essere una mistificazione del vostro bene e del bene, può essere un
furto.
Perciò, saper accettare, o accettare di non accettare con discernimento, è la prima grande prova
dell’essere, è la prima grande qualità della fede.
Svolgerò più apertamente ciascuno di questi concetti, sosterò su ognuno dei diversi casi. Voi a
lungo pensate a questo primo accenno e non smettete di pensarci mai.
Saranno utili reciproci, sinceri e puliti confronti. Prossimamente sosterò sul potente legame fra
accettazione e compassione, senza la comprensione corretta del quale è impossibile
l’apprendimento.
Infiniti sentieri abbiamo da percorrere.
CROCE
C’è MOSES
55
L’accento dell’accettazione cade sempre sui concetti di giusto ed ingiusto, che sono estremamente,
completamente soggettivi, ma vanno analizzati grazie a dati che sono, al contrario, oggettivi.
Per questo vi dico che l’accettazione non ha livelli e non si apprende per gradi. Ogni minuto della
vita vi chiede di accettare se accettarlo o di accettare se non accettarlo.
Nell’accettazione, nel suo apprendimento, a nulla serve l’esperienza.
Ogni occasione vi ripropone un’indagine sempre diversa dei vostri concetti di giusto e di ingiusto,
che seguono l’evoluzione derivata dal vostro lavoro su voi stessi e che quindi, come voi, ogni
giorno aggiungono o tolgono qualcosa.
Per questo vi soccorro con ciò che prima ho definito dati oggettivi. Sono i criteri sui quali
appoggiare la vostra soggettiva valutazione di giusto o ingiusto prima di scegliere come accettare, o
come accettare di non accettare.
Il primo di questi criteri è la compassione. Solo coprire di compassione la vostra soggettiva
percezione di giusto o di sbagliato fa sì che accettare o non accettare sia ugualmente accettare.
Fate attenzione, non mi riferisco ad una esplicitazione comunicata o ad una manifestazione esteriore
di compassione. Essa, la compassione autentica, che nutre ogni forma di accettazione, deve intridere
segretamente dentro di voi la vostra percezione di giusto e di sbagliato, ugualmente, in entrambi i
casi nell’identico modo.
La compassione fatta segretamente vostra, segretamente compresa e segretamente messa in pratica
nel tentativo costante di apprenderla, deve divenire il primo, insostituibile, indispensabile criterio di
osservazione e di pratica nella quotidiana scelta che la vita vi propone su accettare o non accettare.
La compassione riveste ciò che percepite giusto o ingiusto di una patina impermeabile agli
investimenti, sia emotivi sia razionali, che vi fanno definire il giusto e l’ingiusto.
Sembrerebbe più ovvio calzare la compassione su ciò che vi appare ingiusto per addomesticarlo
verso l’accettazione. Questo è un grave errore di comprensione.
Accettare un giusto, senza prima averne ricoperto la percezione di compassione, significa
dimenticare che il giusto di quel momento è sempre soggettivo, e la compassione deve investire sia
la situazione, sia chiunque venga chiamato a valutarla.
Se si dimentica questo, se si trascura di fare questo, accettare, come accettare di non accettare,
ricordatelo bene, non è mai accettazione.
Su questo ancora torneremo, vi dico ora il secondo dato oggettivo, il secondo criterio sul quale,
come sul primo, torneremo a lungo in base a tutte le vostre sperimentazioni.
Il secondo criterio oggettivo su cui appoggiare la vostra scelta di accettare o non accettare è la
solitudine.
Non sono comunicabili i sentieri percorsi, l’intima apertura alla compassione, lo stato dell’essere
nella fede, il proprio personale livello di fiducia. Voi, solo voi, li conoscete alla perfezione, ma
sapete anche quanto infinitamente sono variabili, crescono o diminuiscono, alleggeriscono o
appesantiscono, affannano o sollevano, confermano o confondono. Perciò nemmeno voi sapreste
con chiarezza comunicarlo anche a voi stessi.
Fate perciò che il vostro accettare o non accettare consideri sempre questi criteri e mettete pure in
conto, qualunque sia la vostra scelta, che non necessariamente essa venga chiaramente e
completamente compresa. Entrate nell’ottica della totale inutilità di alcuni tentativi dimostrativi di
sostegno. L’accettazione, in ciascuna delle sue due forme, cioè il corretto presupposto della fede, è
un concetto a tal punto spirituale che oltrepassa la condivisione.
Tornerò a lungo, avrete bisogno di sostegno nel comprendere passi per la terra quasi insostenibili.
Ragionate fin dove vi è possibile ragionare, confrontatevi senza competere sul frutto dei
ragionamenti e poi, insieme quando siete insieme e soli quando siete soli, aprite la porta
all’irrazionale conclusione della fede.
Tornerò presto.
56
Dom. 21 novembre 2004 COMPASSIONE
CROCE
C’è MOSES
Tu e tutti voi state camminando sulla vostra vita, con l’impressione di farlo con tanta fatica.
Fermatevi un attimo a raccogliere ciò che in questo momento vi dico: gli uomini che camminano
sulla loro vita sono uomini che subordinano la loro vita allo spirito. Per questo lo spirito sempre più
vi traccia nuove direzioni. Ringraziate la vostra consenziente fatica.
Vi parlo stasera ancora di compassione, il discorso iniziato non può concedere troppe pause. E’
conseguente e apprensibile nella misura in cui è continuativo e non si frammenta interrompendo il
suo snodo fluido. Ogni pausa prolungata è un potenziale danno al vostro comprendere.
Vi dissi che la compassione è il primo dato oggettivo sul quale appoggiare la vostra valutazione di
giusto e ingiusto. Aggiungo: di buono e cattivo, di amoroso e malevolo, di sincero e disonesto, di
neutrale e di coinvolto, che sono tutti elementi quasi sempre conclusivi di un processo
rigorosamente soggettivo, anzi esclusivo, inevitabile data la sacra individualità che vi contrassegna.
Nessuno cerca, né cercherà mai, di uniformarvi ad un sapere che si arricchisce sulle vostre
personali, diverse comprensioni sorrette e sostenute da un vistoso sforzo evolutivo, mentre si
appiattirebbe se fosse solo pedissequamente osservato, senza il dispendio di un cosciente,
assecondato lavoro, a prescindere dai suoi risultati.
Perciò vi diamo criteri oggettivi, dei quali sono qui a spiegarvi l’essenza e la sostanza non solo
spirituale in senso astratto, ma concreta e votata ad alleggerire la vostra fatica.
La compassione, in questo caso, non è un ulteriore compito: è un supporto che rinforzi il dubbio di
cui sempre ormai sono impregnate le vostre percezioni soggettive.
Rinforzare il dubbio significa togliervi dal buio della paura di sbagliare, legato alla vostra
irrinunciabile soggettività, che deve appoggiare sul dubbio, offrendovi un criterio oggettivo che
permetta al dubbio di non paralizzarvi.
Così, nel sano, indispensabile esame del dubbio di una percezione soggettiva, che può essere solo
soggettiva ma che, per questo, a volte può bloccarvi nell’umana insicurezza, arriva pietosa,
compartecipe e illuminante la compassione, ad aiutarvi a scegliere se accettare o non accettare, e
come accettare o non accettare.
La compassione, in prima istanza, vi conferma che i vostri limiti sono prescritti e vi toglie dal falso
sforzo di usare violenza a voi stessi. La compassione vi mostra, solo a questo livello di lavoro, dove
lo sforzo evolutivo necessario diventa velleità, vi mostra il limite delle vostre possibilità, vi indica
l’errore di volerlo a tutti i costi superare, e vi concede la serena capacità di ammettere dove siete
adesso, di non escludere che saprete andare più avanti di così, ma vi dà intanto l’umiltà di dare il
vostro massimo in quello che in questo momento siete, senza sovrapporre false ambizioni.
La compassione vi conforta nel vedere dove eravate rispetto a dove siete, e vi toglie la frustrazione
di non vedervi ancora dove vorreste essere.
La compassione vi permette di non inchiodarvi sulla croce degli errori, vi misura il passo e permette
che vi offriate agli altri nella sacra pienezza di quello che siete nel bene e nel male.
Sorreggendovi così, mentre in questo modo illumina i dubbi sul vostro valutare il giusto e
l’ingiusto, inavvertitamente per voi allarga la vostra accoglienza di ciò che gli altri valutano giusto o
ingiusto di voi.
In questo modo la compassione nutre e sorregge l’accettazione, perché le toglie le spine equivoche
che nascerebbero da una scelta esclusivamente soggettiva.
Ciò appartiene in parte al vostro estremo comprendere razionale, ma appartiene anche ad un
irrazionale sollievo, ad un irrazionale sostegno, che vi regala dirittura nel procedere quando vi
scoprite a camminare nel momento in cui la vostra razionalità vi fermava.
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Questa è la compassione di Dio, che diventa l’apprendimento indiretto e acquisito di una virtù che
Dio vi sorregge a conquistare.
Quando, a posteriori, vi ritroverete addosso la verità di queste parole, scoprirete in quel momento
che la compassione che ha sostenuto voi adesso è in voi per sostenere gli altri: e qui l’accettazione
di accettare, o di accettare di non accettare, sarà un nodo serenamente sciolto.
Datevi fratellanza.
Tornerò presto.
ACCETTAZIONE – SOLITUDINE
CROCE
C’è MOSES
Ti dissi che questo argomento non può concedere pause. Ciò che vi dico si cala e si calza sul preciso
vissuto di questo momento ed è la sincronia che vi facilita non soltanto la comprensione, ma
soprattutto l’apprendimento.
Non vi siete accorti, ma già in questi ultimi brevi periodi di vita intercorsa avete messo in atto la
conoscenza, intesa come summa totale di tutta la conoscenza ricevuta ieri e oggi, nel modo nuovo
che ha segnato le vostre scelte di accettare o accettare di non accettare.
Sosterò oggi su ciò che vi occupa e che non capite, quel secondo, ma non ultimo, criterio oggettivo
offerto per sostenere e ripulire il vostro indispensabile lavoro razionale.
Vi ho parlato di solitudine. Il termine è adatto e inadatto, per questo vi occorrono le mie nuove
parole.
La condivisione appresa è sacra e indispensabile alla fratellanza, ma non è incompatibile, né in
alcun modo contraddittoria, con questo criterio oggettivo di sostegno alla vostra soggettività, che
non posso fare altro che definire solitudine.
Essa non significa affatto sottrarsi alla condivisione; significa però che le reali, autentiche radici
dell’accettazione e il lavoro per apprenderla affondano dentro profondità di ciascuno arcane alla
mente, e così profondamente spirituali da non poter essere umanamente condivisibili.
Questa solitudine non è dolorosa in linea col dolore che questa parola umanamente evoca, ma è la
percezione singola e soggettiva di assistere muti, con la vostra parte capace di osservare, ad una
serie di inspiegabili processi che in voi si susseguono, nei quali siete obiettivamente soli e diversi
perché in ciascuno avvengono diversamente.
Il senso di umana incomunicabilità che ne deriva è solitudine, ma è solitudine compresa e condivisa
senza parole da chi la sperimenta, a suo modo, insieme a voi, ed è un pane che mangiate insieme
anche se fisicamente insieme non può essere spezzato.
L’affiorare alle rispettive coscienze dei mutamenti dei propri livelli di fiducia, degli stadi del vostro
essere, degli attentati esterni che sempre li insidiano, dell’apertura personale alla compassione, della
varietà infinita di occasioni in cui siete chiamati a scegliere se e come accettare, è talmente
immenso, come stato costante in cui vi trovate, che non è comunicabile, perciò in un certo modo vi
isola, soli voi con voi stessi.
In questa solitudine in cui solo voi siete chiamati a valutarvi, perché nessun altro lo può fare, in cui
solo voi prendete coscienza progressiva degli sbalzi e delle variazioni dai quali continuamente
imparate, in cui solo voi divenite consapevoli di come e quanto siete nell’accettazione e nella fede,
avvertirete tensioni e smarrimenti, pienezze e comprensioni che sono esclusivamente vostri, che
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appartengono ad un esclusivo procedere di un cammino che, nel suo essere meravigliosamente
congiunto, compartecipe e legato ad altri cammini, è un cammino di solitudine.
Questa è la solitudine di ogni storia evolutiva. Diventa un dato oggettivo su cui poggiare la
fallibilità delle vostre capacità razionali nel momento in cui vi spoglia dall’illusione che la
condivisione sia un supporto adatto ad alleggerire i pesi di un impegno proprio, profondamente solo
vostro.
Questa solitudine è parte del viaggio: anche la condivisione lo è, ma entrambe, essenziali se ben
apprese, vengono, senza pena e senza contraddizione, collocate nell’esclusività di un cammino che
insieme è anche comune.
La sua esclusività vi fa entrare in questa solitudine accettata e compresa; la sua parte comune vi
conduce alla condivisione appresa.
Capite, e non è facilissimo, che l’esclusività del viaggio e la parte comune del viaggio non si
escludono, che la solitudine e la comunione non sono contraddittorie.
Capite anche che la riconciliazione di questi apparenti paradossi è molto pesante per il veicolo
umano che si trova a sperimentarla in terra, e la traduce in mille modi diversi a seconda delle vostre
soggettività.
Così appaiono inspiegabili stanchezze, dolorose, poco chiare frustrazioni, sensazioni di acuta
lontananza dagli altri, slanci di immotivata empatia, ricerche degli altri e rifiuti degli altri, tutte
manifestazioni che la vostra mente non afferra e si trova, stupefatta e stordita, spesso ad osservare.
Per questo, la notizia esplicata di questo secondo dato oggettivo vi sorreggerà dove la vostra
razionalità vacilla, esattamente come la compassione.
Il terzo dato oggettivo di supporto all’accettazione è il coraggio, ma di questo parleremo
prossimamente.
Ancoratevi alla fiducia, anche a quella che vi sembra di non avere ancora trovato, e siate certi che io
tornerò.
CROCE
C’è MOSES
Vi devo esplicitare ulteriormente il concetto di solitudine, quel particolare tipo di solitudine sul
quale appoggiare il vaglio dell’accettazione.
Senza il riconoscimento di una particolare zona di silenzio dentro di voi, silenzio ed estraneità,
silenzio e diversità, silenzio di acuta, percepita solitudine, la vostra scelta razionale di accettare o
non accettare, la vostra valutazione razionale del giusto e dell’ingiusto, resterebbe assordata dalla
vostra soggettività.
Compassione e solitudine non la spengono, ma la illuminano con due diversi soccorsi che tutelano
l’accettazione dall’eccesso dei rischi razionali.
Il riconoscimento e l’apertura a quella solitudine, come la concessione alla compassione, che spesso
contro la vostra natura permettete a voi stessi, accendono la vostra indispensabile capacità pensante,
chiamata a scegliere, di due istanze spirituali che sono quei famosi criteri oggettivi.
La solitudine terrena comunemente intesa è tutt’altro da questa, non fatevi confondere. Approdare a
questa solitudine è un conseguimento, l’approdo ad una condizione esistenziale che viene
serenamente riconosciuta, nella quale ci trova ad essere e che, dopo un po’, si impara ad adoperare
per trovare in essa le uniche condizioni possibili per accedere all’apprendimento dell’accettazione:
quell’accettazione autentica in ciascuna delle sue due forme, sgombra, grazie al silenzio della
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solitudine e ai suggerimenti della compassione, dagli equivoci, inevitabili investimenti della vostra
soggettività.
Non stancatevi di riflettere sull’accettazione, il suo tiro si corregge ogni giorno. Essa non è mai
conclusa, cresce col vostro crescere e, dilatandosi, vi dilata. In quella solitudine che imparerete ad
amare, troverete un coraggio che non conoscete, l’ardimento irrazionale della fede.
Anch’esso è un supporto oggettivo, ma anch’esso a lungo deve esservi spiegato.
Non stancatevi, a lungo tornerò a sorreggere ogni spirituale passaggio, esaltante per l’anima e
doloroso per la mente.
Se insieme costruite una condivisione razionale in cui non riuscite a ritrovarvi, esplicitate le vostre
interrogazioni. Io vi risponderò.
CORAGGIO
CROCE
C’è MOSES
Posto che l’accettazione compresa è il primo passo verso l’essere della fede; posto che essa deve
portarvi a saper correttamente valutare come accettare le vostre qualità e non accettare i vostri vizi
molto prima, oltre che durante, la valutazione di come e se accettare, o accettare di non accettare,
condizioni esterne accidentate e impegnative per voi con l’attenzione sempre puntata alle scivolose
interpretazioni equivoche con cui costringe la materia umana al cimento con se stessa; posto che in
questo cimento quotidianamente vissuto siete soccorsi dalla compassione di Dio che vi apre alla
vostra esperienza di compassione per gli altri, e dall’approdo all’isola interiore della solitudine
spirituale, il vostro punto di silenzio e di ascolto, la parte esclusivamente vostra e non condivisibile
del vostro percorso di ricerca; poste e rispettate tutte queste condizioni, vi dò notizia del terzo
criterio oggettivo che verrà a sostenere la fragilità delle vostre umane, soggettive valutazioni in
questo procedere, fragili in quanto umane, ma quanto nobili e quanto degne, perché espressioni di
tutta la nobiltà e la dignità della materia, così indispensabile con le sue attrattive ed i suoi pericoli,
così preziosa all’apprendere i movimenti dello spirito.
Il terzo criterio oggettivo abita in quella solitudine. Solo se sapete entrarci e rimanervi con una parte
di voi che sa ormai lì di abitare, in essa, nella vostra personale, unica, imparagonabile forma di
solitudine, troverete quest’altro sostegno alla vostra esclusiva soggettività, cioè il coraggio.
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Come la compassione, esso vi porta irrazionalmente oltre l’estrema analisi razionale di voi e
dell’esterno; come la compassione, vi riveste di qualcosa che da soli non sapreste concedervi, e
illumina e sorregge le zone d’ombra in ciascuno diversamente esistenti e gli ostacoli per ciascuno
diversi, sui quali la vostra razionalità vi farebbe fermare.
Non pensate al coraggio dei martiri: esso ne è un esempio oggi per voi superato e poco pertinente ai
vostri moderni cimenti, poco somigliante nella manifestazione esterna all’ardimento della fede che
oggi è necessario a voi, e che verrà a sorreggervi come la compassione.
Essi sono istanze spirituali intrecciate ed inscindibili: apparentemente il coraggio vi fortifica e la
compassione vi addolcisce; in realtà, anche il coraggio vi addolcisce e la compassione vi fortifica.
Nell’apprendimento dell’accettazione, con tutti i rischi che essa contiene di essere malcompresa, se
la compassione entra a sorreggere la valutazione, il coraggio entra a sorreggere la manifestazione.
Aver capito se accettare, e manifestare vivendo di aver accettato, come aver capito se accettare di
non accettare, e manifestare vivendo di non aver accettato, richiedono l’indispensabile supporto del
coraggio.
Esso vi sosterrà nei rischi, spesso tradotti in realtà, di non essere compresi. Esso vi sosterrà negli
apparenti contrasti alla vostra accettazione, o alla vostra accettazione di non accettare, scatenati da
voi stessi contro voi stessi e dalla situazione esterna che, in entrambi i casi, vi ha chiamato a
valutare.
Il coraggio manterrà ferme le vostre motivazioni di accettare, o accettare di non accettare; saprà
addolcirne la manifestazione, vi darà resistenza e valore nel combattere i vizi e umiltà nel
raccogliere ed esternare le qualità. Il coraggio vi darà la forza per disseppellire i talenti e rendere
obiettiva ed equanime la vostra valutazione di voi, così come vi darà implacabilità alla vista per
smascherare i trucchi degli autoinganni più resistenti.
Vi darà la serenità nel riconoscere il giusto delle accuse altrui e la fermezza nell’opporvi
all’ingiusto. Il coraggio saprà mantenervi nell’aiuto che l’accettazione vi suggerisce come dare agli
altri anche se gli altri non sono in grado di riconoscerlo, e per questo le ragioni della mente vi
porterebbero frustrazione e dolore tali da farvi fermare nel portare quell’aiuto.
Il coraggio infine vi mantiene in quella solitudine, nel punto di incontro con il vostro spirito, che la
mente soffre come alienità.
Altrove vi parlerò dei supporti di questo coraggio quando lo spirito vi chiama ad esporvi fuori dal
controllo della vostra parte razionale.
Per adesso riflettete su questo. Ogni parola qui detta non è un semplice titolo, bensì,
soggettivamente per ciascuno, riassume la vostra singola storia e vi offre chiarimenti e risposte.
Così, il vostro rispettivo dipanarvi districa le matasse e compone i gomitoli.
Tornerò.
CROCE
C’è MOSES
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Esso vi sorregge e vi stupisce quando la vostra capacità di accettazione ha accolto e sperimentato la
compassione e la solitudine e non se ne distacca più.
Esso entra a sostenere i confronti col mondo e a confortare il senso umano di alienità che, grazie al
coraggio, non procura più smarrimenti.
Esso vi fa coraggiosi nel cimento contro i vizi e contro tutto ciò che di voi ostacola il recupero
obiettivo delle qualità e sostiene il riconoscimento neutrale dell’intero vostro bene, per potervi
permettere di non esserne più né ignari, né avari.
Se occorre quel coraggio per riconoscere il vostro bene, perché voi per primi, con mille paure
mentali, ve ne impedite l’accesso, questo è solo il primo supporto di questo spirituale coraggio; ma
è anche il primo passo da compiere, perché è solo consapevoli e coscienti del vostro bene, cioè
umili, e del vostro male, cioè umili, che potrete offrire al mondo l’intero di una consapevolezza
distaccata, l’abbraccio con voi stessi, il felice esito del cimento.
Fate attenzione, l’umana parola “esito” qui non è mai definitiva. Un cimento riuscito si dinamizza
da solo, non si ferma e il passaggio alla lotta è insieme una continua verifica del cimento, un
continuo aggiornamento.
Dunque, in prima battuta, il coraggio giunge a sorreggere il cimento quando a tal punto avete
lavorato con le vostre umane forze sorrette dalla conoscenza che un giorno vi trovate pronti a
sfidare voi stessi su prove prima per voi inconcepibili e vi osservate stupiti mentre le sostenete e,
sempre più spesso, mentre le vincete; mentre seppellite vecchie parti di voi che non vi assomigliano
più e che restano sui campi di battaglia come tutti i veri nemici, ai quali un soldato giusto rende
onore.
Intanto che vi vedete fare questo, il coraggio diviene sempre più parte del vostro corredo, vi rende
equanimi e perciò autenticamente forti nel combattere viltà, debolezze e limiti che, mano mano
sempre più, osate affrontare di voi, lasciando spazio a qualità che lentamente osate ammettere.
L’accondiscendenza al distacco, per esempio, è una delle qualità che maggiormente la vostra
materia ostacola. Il coraggio spirituale fa sì che ve ne sentiate finalmente capaci, attraversando tutto
il vostro male, tutto il vostro bene.
Il coraggio è indispensabile in entrambi i casi. In entrambi i casi vi stupirete di ciò che esso vi
permette di osservare nel silenzio della vostra solitudine accettata.
Ciò, in percentuali altalenanti e diverse, vi sta già capitando. Diventatene ora sempre più coscienti
per favorire questo processo che permetta l’offerta esterna di esseri sempre più autentici
Continuate a curare questo, osservate le sfide sempre più aspre e sottili che affrontate con voi stessi,
osservate e ragionate; contribuite razionalmente a questo coraggio, dotatelo del vostro
riconoscimento e della vostra partecipazione lucida e consapevole. Esso non è mai un coraggio
incosciente.
Imparerete così a non sentirlo lontano da voi quando vi sosterrà nel dimostrare all’esterno un
irrazionale che a voi non sarà più alieno.
Il discorso non è facile, tornerò.
CROCE
C’è MOSES
62
Esseri umani diversamente insicuri, perché diversamente scissi da loro stessi, e inconsapevoli, cioè
ignari di sé, durante il loro viaggio nella conoscenza spirituale, se comprendono il suo primo scopo,
che è fornire agli uomini gli strumenti al cimento, si trovano lentamente trasformati in esseri umani
che lavorano alla loro completezza da ritrovare e per questo lavoro, grazie a questo lavoro, sono
sempre meno insicuri, sempre meno scissi.
Così, se la compassione inizialmente vi conduce mentre non sapete accettare, poi dovrà essere
ricordata e applicata ad ogni scelta; nello stesso modo, se il coraggio all’inizio vi avrà sorretto in
occasioni che per voi sarebbero state difficili e temibili, così, da quel momento in cui ve ne
accorgete, dovrete essere volontariamente voi a dotarvene in occasioni future.
Intanto, sempre più il concetto di solitudine si schiarisce e si allontana dal concetto di umano
isolamento, smette ogni contraddittorietà con l’amore e, sempre più soli nel confronto con voi
stessi, siete insieme sempre più amanti, sempre più compartecipi.
CROCE
C’è MOSES
Riprendo stasera qualcosa che vi ho appena accennato collegata al supporto del coraggio. Mi
riferisco all’accondiscendenza interiore al distacco.
Il distacco spesso vi appare sopraggiunto ad appartenervi se vi voltate a guardare come eravate
prima. Certamente, un cimento affrontato e condotto modifica e ridimensiona vecchie aspettative e
illumina la comprensione razionale dei condizionamenti sociali e psicologici che un tempo non
eravate in grado di vedere.
E’ adesso, però, che il coraggio comincia a sorreggervi nell’osservazione del vostro nuovo sentire,
perché i mutamenti occorsi non divengano le nuove cornici di un vecchio quadro.
Dovete qui cercare un coraggio volontario nella decisione spirituale che vi porta a verificare la
natura profonda del vostro essere attuale.
63
Per scandagliare un’apparente assenza di attaccamento e aspettativa, occorre il volontario coraggio
di voler disturbare un apparente benessere interiore.
Occorre ricordare che le pulsioni emotive umane fortemente connotate di possesso stancano, e
allontanarsene sull’onda di contenuti spirituali solo compresi e non appresi può aprire false
direzioni.
Occorre ricordare che rompere uno schema per saturazione facilmente conduce ad un altro schema.
Occorre osservare ogni piega di voi e verificare che il movimento dell’amore non si appanni invece
di illuminarsi, non si appiattisca in un sentire che non distingue i bisogni invece di approfondirsi nel
rispondere ad ogni bisogno.
Occorre mantenere il calore, l’empatia, il trasporto, la manifestazione e rigettare l’antica proiezione
di un ego che un tempo li ricopriva.
Occorre scoprire che l’amore appreso non chiede di cambiare l’espressione esterna del vecchio
amore equivocato, ma di modificarne interiormente la percezione dell’essenza.
Occorre individuare precisamente in voi il punto di equilibrio nel quale, amando con l’intera totalità
di voi stessi, sarete contemporaneamente nel distacco da tutte le pretese, le ferite e gli appagamenti
che la compassione vi avrà risanato.
Occorre apprendere che la solitudine interiore accende l’amore al posto di spegnerlo e avvicina
l’uno all’altro anziché allontanare.
Occorre la ragione per comprendere ed apprendere l’emozione, perché il distacco è l’emozione
appresa.
Per vivere volontariamente questa indagine ci vuole coraggio, perché siete soltanto voi che potete
condurvi a realizzare l’apprendimento dell’amore e, prima ancora, a domandarvi quanto siete
coscienti di volerlo.
Vi ho parlato di indispensabili volontarismi. Questo è il primo, tornerò.
CROCE
C’è MOSES
64
Definire nuovamente l’amore sulla base della conoscenza di voi stessi, cioè dell’amore per voi, è un
altro di quegli indispensabili contributi volontari, un cosciente e coraggioso comprendere e vivere
l’essenza di chi voi siete.
Sapere chi siete è amare voi stessi, è trovare l’equità della fiducia nel cercare l’obiettivo recupero di
naturali capacità, di congenite qualità, che sono state per anni coperte dagli equivoci dei vizi.
Lavorando sugli equivoci dei vizi aprite la porta al loro affiorare e trovate il coraggio volontario
della fiducia.
Questo discorso ha mille diramazioni, per questo lo conduco aprendo un concetto alla volta. E’ noto
in parte, ma è sempre più sottile. Tornerò.
CROCE
C’è MOSES
Capite che l’amore per voi stessi, finalmente compreso e successivamente appreso, taglia per
sempre l’equivoco della presunzione.
Riflettete a fondo sul senso del binomio amore/conoscenza.
Conoscenza non è presumere, è sapere. L’amore per voi stessi è dunque sapienza di voi, cioè
conoscenza di chi voi siete mediata dall’esperienza di osservarvi essere.
Così, amore non sarà mai indulgenza; così, infine, diviene umiltà.
Così, inevitabilmente, succede come evidente presupposto per amare gli altri e ne diventa
passaggio obbligato, necessario, chiarissimo transito.
La raggiunta interezza di voi si appoggia sulla conoscenza di voi.
Così, l’amore per voi stessi è il neutro riconoscimento di vizi e qualità diversamente un tempo
negati e ugualmente combattuti.
Una parziale conoscenza di voi è una sottrazione di voi agli altri: un vizio non osservato non è
combattuto, non è controllato, colpisce all’esterno e impedisce l’amore.
Ugualmente, una qualità negata, temuta, respinta, è un diverso tipo di sottrazione che ugualmente
depriva gli altri del vostro bene, tanto quanto il vostro male li colpisce.
E’ in questo senso che, per amare gli altri, diviene essenziale conoscere voi stessi, cioè amarvi.
I vostri vizi ignorati colpiscono e deprivano in prima istanza voi; l’impedimento a riconoscere le
vostre qualità inibisce e impedisce la coscienza prima, e l’offerta poi, del vostro intero.
Le scissioni possono essere diversissime, ma identica è la loro origine e identico il loro risultato.
Altrettanto identico e unico per tutti è il processo di conoscenza, di riunificazione, cioè il processo
necessario all’amore.
La materia vi è alleata nell’aiutarvi a riconoscere.
Pensateci, tornerò.
CROCE
C’è MOSES
65
Vi ho insegnato la provenienza e il volontario ricorso alla compassione e al coraggio per
apprenderla.
Vi ho parlato di solitudine e di come anch’essa sia da imparare e non da temere.
Infine sono tornato a parlarvi d’amore, perché esso apre, conduce e conclude ogni insegnamento
spirituale.
Tutti questi passaggi sono comprensione ed apprendimento indispensabili, sono le premesse e i
presupposti da vivere, non da ascoltare, per introdurre il vasto, incontenibile argomento della fede,
che le parole umane sono inadatte a contenere. Confido che l’abitudine al nostro dialogo, ormai
assestata, vi renderà capaci di oltrepassarle e di comprendere l’essenza di ciò che vi trasmetto,
destinata, per quel che può, alla vostra ragione, ma principalmente spinta nella vostra anima.
Per comprendere ciò che la fede non spiega, il primo passo è l’accettazione dello spirito in voi e il
volontario sforzo per conoscere voi stessi, per amare voi stessi, sollecitato da questo spirito.
Prima di affidarvi ad istanze spirituali astratte e lontane, cioè di comprendere l’errore di ciò che gli
inconsapevoli di ogni dottrina chiamano fede, appellatevi alle vostre capacità razionali per
comprendere il primo richiamo dello spirito che sveglia gli uomini pronti a riconoscerlo in loro
stessi.
Soltanto il richiamo di questo spirito che, albergando in ciascuno di voi, è lo spirito, vi desta a
comprendere il cimento, vi scuote via dalle spire della materia, vi indica la strada dell’accettazione
e vi àncora a nuovi significati.
Ascoltarlo, riconoscerlo, seguirlo, accompagnati da una critica attività pensante che sorregge,
anziché impedire, evidenze di indicazioni sempre più chiare, sempre più impossibili da ignorare, è il
primo atto di fede consapevole.
Grazie al cimento, finalmente l’accento è su di voi. Osservando e conoscendo divenite sempre più
interi, sempre più coscienti e, sempre più, a questo spirito vi riferite.
Capire l’esatto significato dell’amore per voi stessi presto vi condurrà ad apprendere che esso
coincide perfettamente, combacia in ogni aspetto, con la morte a voi stessi.
L’interezza di un essere che ha fede nel suo spirito è il risultato del lavoro compiuto da questo
essere che lentamente, ogni giorno, muore a se stesso e perciò vive e semina vita.
La fede in voi, cioè la fiducia in voi, l’amore per voi stessi, costruito su osservazione, accettazione e
conoscenza, è ciò che si deve attraversare per trasportarsi con la giusta consapevolezza, duramente
ma serenamente conquistata con sempre maggiore leggerezza, verso una fede che infine sconfina
dentro un irrazionale mistero senza più trasformarsi in inquieta ignoranza, in ottuso fideismo.
La fede è fatta di coscienti passaggi compresi ed appresi nella vostra vita di materia sempre più
alonata di spirito, finché materia e spirito si mescolano, si sovrappongono, arrivano a coincidere,
non sono più la negazione uno dell’altra.
Il vostro stare nella materia è presente, cosciente, appartenente e distaccato, e sempre più rarefatto
nel suo divenire sempre più compartecipe, sempre più allargato. Il vostro stare nello spirito è il
naturale abitare dentro una conquistata interezza di voi, derivata dalla scelta di morire a voi stessi, e
la conseguente consegna di voi al mondo come esseri interi, consapevoli, amanti.
La fede comincia così.
CROCE
C’è MOSES
66
I primi atti volontari coscienti dei quali vi ho parlato, l’appello ad un coraggio che si riconosce
proprio perché vissuto nella costruzione della vostra interezza, la ricerca di un sapiente amore per
voi stessi fatto di osservazione, conoscenza e umiltà, il desiderio sempre più forte di consegnarvi al
mondo con un’apertura finalmente lucida nel suo divenire autenticamente amante, spalancano la
percezione e il riconoscimento dei fratelli.
L’autentica fratellanza si appoggia sulla fede. La fede è il tratto comune che distingue e
contrassegna tutti coloro che, attraversando i passaggi recentemente illustrati, infine si riconoscono
e, forti della loro reciproca appartenenza, insieme la allargano agli altri fratelli che non ancora
conoscono di avere lo stesso nome.
La fratellanza appresa muove verso un interminabile viaggio, quello che allarga l’avvenuto
abbraccio con voi stessi ad un abbraccio che stringe e scalda i vostri simili con l’identico
procedimento che vi ha condotti ad amare voi stessi.
Gli stessi filtri osservativi funzioneranno con gli altri, lo stesso amore consapevole e distaccato sarà
umiltà e conoscenza e voi darete e muoverete fratellanza vivendo un essere senza ambigui
paraocchi, un essere compartecipe e caldo ma lucidamente obiettivo, un essere che non più
idealizza, non più spera, non più desidera, come non più rifiuta o respinge, un essere che,
finalmente, semplicemente riconosce.
Non preoccupatevi di contarvi, il numero reale è invisibile agli occhi. Portare fratellanza diviene un
movimento quasi inavvertito alla ragione, ma cementa nell’anima l’affiorare del movimento dello
spirito e la mente cattura sempre meno, argomenta sempre meno; ma questo nuovo irrazionale
vissuto e accettato vi avvicina all’esperienza del mistero, vi riconduce su antichi passi di cui le
orecchie risentono i tonfi. I cerchi che si chiudono non sono razionali, ma voi, esseri razionali,
accettate l’accesso all’essere spirituale e comprendete senza comprendere.
L’accettazione, che va appresa in primo luogo da voi stessi su voi stessi, ha come necessaria e
inevitabile conseguenza un’estensione che la allarga alle persone prima e agli eventi poi.
Non a caso ho detto conseguenza. Un’accettazione di persone e di eventi, che non abbia la sua
origine dentro il ben più arduo lavoro dell’accettazione di voi stessi, è un grossolano autoinganno,
scade alla stregua dei buonismi inconsapevoli.
La stessa osservazione critica che apre la strada alla compassione e al coraggio, quando siete ben
ancorati alla vostra appresa solitudine interiore, deve guidare l’accettazione dell’esterno, con lo
stesso vaglio lucido sul bene e sul male, sui vizi e sulle qualità.
Solo l’esperienza di questo lavoro condotto su voi stessi, cioè la conoscenza appresa e neutra dei
vizi da ostacolare e dei talenti da scoprire, è la garanzia di una obiettiva valutazione dei vizi e dei
talenti esterni a voi, e quindi dell’accettazione consapevole di realtà, fatti, persone, che si spogliano
per voi così del rischio di false interpretazioni, di idealizzazioni, di suggestioni o di rifiuti.
L’esperienza di osservare voi stessi fuori dalla dinamica dei bisogni e delle risposte necessarie a
colmarli, l’esperienza quindi di un’osservazione razionale sorretta e pilotata dallo spirito, supportata
cioè dalle virtù apprese, fa di voi esseri a tal punto più completi che si alterano in voi
completamente i vecchi criteri di valutazione e di giudizio.
67
Le persone vengono osservate in modo lucido e neutro e da lì, non da epidermiche simpatie o
antipatie, si decide se accettare o accettare di non accettare la loro realtà e di misurare il grado di
intersezione con la vostra.
Questa osservazione è più lucida, più sapiente e più equa di quella di un tempo, perché si è costruita
sull’osservazione di voi e sa che non può mentire a se stessa. E’ diventata un’esperienza spirituale e
non è più solo un’opinione, né tantomeno un giudizio. E’ diventata un criterio della vostra
soggettività che ha saputo oggettivarsi.
In questo modo, le persone che avete intorno non sono più più o meno coinvolgenti, ma diventano
realtà spirituali, come la vostra, da scoprire. In questo modo, la compassione, che vi ha permesso di
accettare voi stessi con tutti i vostri limiti, sgombri da ogni paravento e da ogni maschera, sarà lì a
sorreggere l’accettazione dei limiti degli altri, anch’essi, però, sgombri da ogni paravento e da ogni
maschera. Saprete accettare chi siete voi e chi è l’altro senza illusioni.
Allo stesso modo, il coraggio che conoscete nella sperimentazione di voi vi sosterrà nell’accettare le
osservazioni critiche degli altri a voi quando sono giuste, e nel proporre le vostre agli altri. Vi darà
sicurezza, perché conterrà una obiettiva neutralità che prima non conoscevate, e le persone non
saranno più né cercate né respinte, saranno semplicemente incontrate, senza attaccamenti e senza
strappi.
Anche nei confronti dei fatti sarete più tranquilli ed equanimi, perché i fatti sono sempre costellati
di persone e la loro lettura, e conseguente accettazione, è sempre subordinata ad un vostro corretto
confronto di uomo con uomini, di cui i fatti sono le quinte di una scena.
L’accettazione di voi non finisce mai, ma vi garantisco che si perfeziona di giorno in giorno e, da un
certo momento in avanti, procede parallela e congruente all’accettazione degli altri.
Essa è un capitolo fondamentale della vostra vita, il capitello dello spirito affiorato, il transito
effettuato su una sponda diversa della vita. Essa diventa il paradigma insostituibile sul quale
declinare tutta la conoscenza compresa. Essa è il tratto di congiunzione fra la mente pensante e
l’irrazionale. Essa fa di voi dei militanti nell’essere.
Tornerò presto. Riflettete e non chiudete la possibilità dei confronti.
Continuo con i criteri oggettivi che sostengono un’accettazione scelta e consenziente da parte di
quegli uomini che volontariamente, perché l’hanno compreso, decidono di vivere quotidianamente
il cimento con loro stessi.
Questa scelta, non dimenticatelo mai, riposa sul riconoscimento dello spirito in voi e della sua voce
che non più potete ignorare.
Essa è un dato oggettivo che aiuta l’accettazione quando di essa fate finalmente un’esperienza che
rompe, anch’essa come l’amore, gli schemi convenzionali e i condizionamenti che governano le
relazioni degli uomini con gli uomini.
L’amore sembra avere regole più nette da spezzare, come la falsa illusione del possesso, ma anche
l’amicizia è amore, anche la simpatia umana, anche le vostre terrene unioni di scambio e di dialogo,
di ricerca di affinità, lo sono.
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Dovete applicare ai vostri scambi di calore ed affetto lo stesso procedimento che vi ha portato a
comprendere e a scardinare le distorte cornici dell’amore. L’esperienza di questo è fratellanza,
diventa fratellanza in quel momento.
Come l’amore appreso spalanca l’esperienza di una nuova, diversa unità, di un nuovo, diverso
rispetto dell’altro, in cui anche i suoi limiti non vengono più percepiti come lesioni a voi, ma scatta
una calda empatia e i bisogni reciproci si annullano perché non si cerca più nell’altro una risposta,
così la fratellanza appresa vi fa esperire diversi e nuovi parametri di confronto con gli altri in cui
nuove variabili, razionali e percettive, cioè irrazionali, entrano ad allargare la valutazione del
rapporto con gli altri.
Scompaiono standardizzate prevenzioni sociali e anche si dimostrano inesatti antichi criteri
razionali che un tempo venivano ritenuti infallibili. Si impara sempre più a respirare gli altri;
subentra un istinto simbiotico in cui nelle fragilità dell’altro si riconoscono le proprie ed i suoi punti
di forza diventano i vostri.
Così il dialogo diventa autentica ricerca, ed autentica offerta, di aiuto; così gli altri vi aiutano, con
amore e senza appartenenza, ad individuare i vostri vizi e, senza illusioni, a disseppellire i vostri
talenti, e voi con loro fate lo stesso.
Dei talenti a breve parleremo.
Ricordate intanto che la fratellanza compresa, e così vissuta giorno dopo giorno, cementa, come la
compassione, come il coraggio, l’accettazione.
Tornerò presto.
Già vi dissi che la fede in voi stessi è fede. E’ il suo primo passo indispensabile per evitare che lo
spirito rappresenti soltanto un’astrazione.
Nella compassione e nella risoluzione dei vostri insoluti con voi stessi, la fede vi riveste come un
essere appreso e conquistato. Quando il cammino proprio si allarga inevitabilmente verso
l’apprendimento degli altri con le stesse procedure, la fratellanza è un movimento istintivo, un
desiderio non desiderato, una necessità senza bisogni.
Tutto questo è fede, fede che non ha più domande perché segue uno spirito palesato, uno spirito che
naturalmente conduce.
I passaggi che sto illustrando, i suggerimenti e le indicazioni, tracciano un cammino che, nel suo
essere il lunghissimo, ininterrotto lavoro di osservazione e di conquista di una vita, è, nel contempo,
il salto di qualità di un attimo, l’attimo della pienezza in cui si afferra il karma e scompare l’arbitrio.
Allargatevi come un abbraccio. Così continuerete la testimonianza della fede.
Ancora e presto io tornerò.
69
2005
Dom. 2 gennaio 2005 UMILTA’
Gli uomini che ricevono la conoscenza afferrano facilmente il cimento inteso come osservazione e
controllo delle loro zone oscure, progressivamente prendono coscienza della propria falsa immagine
proiettata e sempre più conoscono loro stessi.
Questa è una parte essenziale del cimento, ma non è il cimento. Ben più arduo è per voi osservare e
testimoniare le vostre zone chiare.
L’abbraccio che conclude il cimento è il riconoscimento di un intero, dell’intero che ciascuno di voi
è, e la paura della presunzione toglie obiettività alla valutazione, sottrae parti componenti all’intero
di voi con voi e di voi col mondo.
Come un vizio oscurato toglie equilibrio spirituale a voi e al mondo, colpisce voi stessi e il mondo,
così il mancato riconoscimento di una capacità spirituale, a questo livello di percorso, si trasforma
in accidia, cioè in vizio.
Vi dicemmo che la paura della presunzione è presunzione. Recentemente vi dissi che la presunzione
è superbia e che la superbia copre il vuoto di una frustrazione, quella di credervi incapaci e inadatti
alla vita, troppo spaventosa per essere accettata dalla mente e perciò coperta con l’immagine
proiettata del suo contrario.
Il piccolo contiene il grande. Trasportate il medesimo concetto dalla materia di un vizio della terra
allo spirito e vedete come il lavoro razionale di osservare i vostri difetti è speculare al lavoro
spirituale di ammettere le qualità.
Il cimento è mentale e razionale, pur se sorretto dallo spirito nelle motivazioni che lo fanno
cominciare, in tutto ciò che chiede la partecipazione di una onesta volontà di pulizia e di
rinnovamento; ma nella sua seconda parte esso diviene spirituale e irrazionale, perché le censure
della mente ne impedirebbero il completamento.
La scoperta dei talenti sta nella comprensione razionale che un talento è un vizio risolto e
rovesciato; ma la testimonianza di quel talento, la sua manifestazione, è fatta di coraggio e di
compassione; abita in una solitudine dove l’interezza di voi non scuote più la coscienza umana,
bensì è accettata conoscenza, sapienza ricordata, e non più temuta, e abita in quella solitudine che
esclude i confronti con gli altri uomini; è rivestita di fede, è fede in voi stessi, la preziosa fiducia
intatta dell’origine; è fede incrollabile nello spirito riconosciuto che guida ognuno dei vostri passi.
L’umiltà non è volontaria, è derivata. L’umiltà è il primo lido irrazionale cui si approda grazie ad un
durissimo ed ininterrotto lavoro razionale.
Le intuizioni irrazionali vostre sugli altri e degli altri su voi, inserite naturalmente nel cimento
congiunto che vi affratella e vi fa proseguire, possono costruire l’umiltà in ciascuno e contribuire
alle singole ricongiunzioni degli abbracci. Non essendo volontaria, l’umiltà sa accettare gli aiuti
spirituali degli uomini che procedono nello spirito.
Qui non è più facile nemmeno comprendere. Per sostenervi, a lungo tornerò.
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Sab. 7 gennaio 2005
CONCLUSIONE
La componente della fede che voi definite mistero perde questo alone se voi seguite il corretto
procedere verso l’irrazionale certezza inerente a qualcosa che non si vede, che non si tocca.
E’ il lungo viaggio razionale di questo procedere, essenzialmente dentro voi stessi, che toglie
mistero all’irrazionale.
Mentre inesorabilmente prendete sempre più coscienza di voi, ineluttabilmente incontrate l’anima;
mentre afferrate con la mente l’indispensabilità dell’accettazione consapevole, cioè dell’essere, le
caratteristiche dell’anima, lo spirito affiorante, affiancano la capacità pensante.
E’ in esse che abitano la compassione e il coraggio, quella compassione e quel coraggio che di
mentale in sé non hanno più nulla, ma che restano irraggiungibili se non sono precedute dal sofferto
lavoro razionale di comprendere l’accettazione.
L’anima sublima e trascende ogni più alta capacità pensante, ma non può affiancare una capacità
pensante inutilizzata in direzioni spirituali. L’accoglienza razionale alle difficoltà del cimento
predispone e apparecchia il palesarsi dell’anima durante un’incarnazione.
I vizi, osservati ed affrontati, inavvertitamente permettono di togliere un coperchio che impediva di
emergere alla gloria spirituale sottostante. E’ in questo senso che l’uomo è cocreatore della sua
evoluzione e della sua genesi spirituale: armati di neutra osservazione e di comprensione
dell’accettazione, partire per il cimento con voi stessi significa esattamente riordinare il caos e,
mentre infine entrate nei vostri vizi e li osservate nel modo giusto, vedete di voi cose non viste
prima con occhi veggenti e con una forza a tal punto onnipotente che questo atto razionale
volontario risveglia l’anima.
Le sue voci divengono percepibili, le sue spinte vengono avvertite, le sue indicazioni sono
riconosciute ed ascoltate e, d’un tratto, tutto questo non è più irrazionale, perché voi non cessate
mai di essere razionali; non è più irrazionale perché si rivela essere una naturale, conseguente
evoluzione del razionale.
Dopo che la mente ha per secoli coperto l’anima, ora l’anima non copre la mente, la affianca: la
fede non è mai sopraffazione, è la chiusura perfetta di un cerchio in cui anima e mente tornano
sorelle perché la mente ha fatto la sua parte, il suo faticosissimo lavoro consenziente di plasmarsi.
Per questo la fede non è cieca, al contrario, è veggente, vede tutti i suoi passi occorsi; è sapiente, sa
tutto l’apprendimento. Per questo, dunque, l’irrazionale non è un mistero.
Non stancatevi di percorrere questa ellisse, è l’ellisse dell’infinito.
Qui termina la traduzione agli uomini della Genesi. Io ho ultimato il mio compito con voi. Altre
mani vi accompagneranno mentre vivrete questa conoscenza.
Le anime nell’Uno non soffrono i distacchi. Questo sapere non ha tempo e non ha spazio come
l’amore.
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CROCE
Vi abbiamo condotto a smontare ruoli e schemi per entrare nella coscienza dell’amore. Vi abbiamo
illuminato su come tornare a riassumere nuovi ruoli fuori da equivoci schemi, per testimoniare
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quell’amore che cambierà il vostro mondo. Vi abbiamo portato a denudare pratiche di devozione
rituale bigotta e fideistica, manifesti di un credere fasullo etichettato da uomini senza fede e senza
amore, lontani dal Dio che ostentatamente professano senza coscienza e senza dignità.
Adesso vi chiedo, non rinnegatemi.
Fate che il vostro fare rimandi a me chi vi incontra e non venga attribuito a brillanti evoluzioni
terrene. Fate che sia evidente la vostra volontà di continuare il mio messaggio d’amore.
Fate nel mio nome ogni gesto, dite nel mio nome ogni parola, restituite dignità spirituale alla
preghiera.
Non è chiedere, è un dialogare in cui anche il chiedere ha un suo posto legittimo e ascoltato.
Apritevi all’intuizione che la preghiera contiene un potere vibrante, salvifico e taumaturgico, un
potere che non dà potere ma dà la pace interiore spoglia, che abita nel distacco necessario a creare.
Tenetemi in voi e fra voi e fate sentire me attraverso voi, in quel dare ospitalità interiore che io ho
portato sulla terra affinché gli uomini lo comprendessero.
In ogni sofferenza di cui vi occuperete troverete me. In ogni squarcio di pienezza che offrirete ci
sarà la mia mano a sorreggere le coscienze nuove che comincerete a creare. In ogni vostra
percezione d’amore ci sarà il mio apporto d’amore. In ogni parola di sostegno che pronuncerete
entrerà il mio alito ad illuminarla.
Ogni vostro passo è talmente antico nel suo sembrarvi nuovo che prima o poi lo riconoscerete.
Orientate i vostri pensieri nel domandarvi che cosa vorreste per trasferire nel mondo una coscienza
agita della vostra conoscenza e delle vostre intenzioni. Date una veste concreta e fattiva al concetto
di bene fatto vostro nella vostra esperienza. Espandete al massimo le occasioni di bene di tutti e non
fatevele sfuggire.
Allineate l’emozione alla lucidità, non create barriere alle intuizioni che vi suggeriscono, a tutti e a
ciascuno, il modo per trasferirvi da un astratto, che già ha segnato la vostra vita, ad un concreto che
segnerà il vostro tempo sulla terra.
Apritevi a vicenda e ascoltatevi ciascuno nel suo silenzio; abbiate il coraggio dello spirito che
abbatte le difficoltà della materia, muovetevi coesi e distinti: insieme nelle diverse autonomie, unici
e diversi come siete, uguali nell’essenza manifestante della coscienza dell’amore, uguali nel senso
nuovo che avete riconosciuto alla vita.
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