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ACUSTICA E PSICOACUSTICA
PER IL
BIENNIO SUPERIORE
Indicazioni bibliografiche
2
PREMESSA
Musica e matematica
3
quella della tonalità. [...] La formalizzazione determini-
stica che il principio seriale introduceva nella struttura
musicale corrispondeva direttamente alla formalizzazione de-
terministica della meccanica classica del diciannovesimo se-
colo che spiegava l'universo attraverso le leggi dei movi-
mento dei corpi solidi. [...] Oltre alla formalizzazione la
serie tentava la ricerca di un minimo di principi di base.
Si può dire dunque che la serie operava un superbo quanto
inconsapevole tentativo di assiomatizzazione della composi-
zione musicale.
MUSICA MATEMATICA
500 a. C. Vengono messe in re- Scoperta dell’importanza
lazione le altezze e le lun- fondamentale dei numeri na-
ghezze della corda. In questo turali e invenzione dei ra-
periodo la musica dà un mera- zionali positivi (le frazio-
viglioso impulso alla teoria ni).
dei numeri e alla geometria.
La musica inventa le scale in-
complete.
1700 A partire dalla pratica La teoria dei numeri sta a-
viene riscoperta la scala cro- vanzando ma non ha ancora un
matica ben temperata (J. S. equivalente nelle strutture
Bach). La musica passa ora nel temporali. Queste ultime
campo delle strutture di base. verranno più tardi con i
Per contro, le strutture tona- processi stocastici, la teo-
li, la polifonia e ria dei giochi, gli automi,
l’invenzione di macroforme ecc.
(fughe e sonate) sono in via Invenzione del corpo dei nu-
di sviluppo e mettono in luce meri complessi (Eulero,
i semi che inoculeranno una Gauss) e dei quaternioni
nuova vita nella musica di og- (Hamilton), definizione del-
gi e di domani. La fuga, per la continuità (Cauchy) e in-
esempio, è un automa astratto, venzione delle strutture di
concepito due secoli prima gruppo (Galois, Abel).
della nascita della scienza
degli automi.
Inconsapevole manipolazione di
gruppi finiti (gruppo di
Klein) nelle quattro variazio-
ni di una linea melodica usata
dal contrappunto.
1900 Liberazione dal giogo to- I numeri infiniti e transfi-
nale. Prima accettazione della niti (Cantor).
neutralità del totale cromati- L’assiomatica dei numeri na-
co (Loquin 1895, Hauer, Schön- turali di Peano.
berg) La bella teoria della misura
(Lebesgue, Borel, Heine).
1920 Prima formalizzazione ra- Nessun nuovo sviluppo della
dicale delle macrostrutture teoria dei numeri. C’è un
attraverso il sistema seriale arresto ma procede la di-
4
di Schönberg. scussione intorno a alcune
tra le più antiche contrad-
dizioni della teoria degli
insiemi. (La musica riuscirà
a recuperare il proprio ri-
tardo negli anni seguenti).
1930 Reintroduzione di gradazioni più sottili per
l’utilizzazione del quarto- sesto- ecc. di tono, sebbene an-
cora immersi nel sistema tonale (Wichnegradsky, Haba, Caril-
lo).
1950 Seconda formalizzazione radicale delle macrostrutture
con le permutazioni, i modi a trasposizioni limitate e i
ritmi non retrogradabili (Messiaen)
1953 Introduzione della scala continua delle altezze e del
tempo (impiego dei numeri reali) nel calcolo delle caratte-
ristiche del suono, anche se, per ragioni di percezione ed
interpretazione, i numeri reali sono approssimati dai razio-
nali (questo costituisce il mio contributo personale, sia
teorico, sia musicale, che include anche l’utilizzazione dei
vari settori della matematica, come le probabilità e il cal-
colo logico, e molteplici strutture, compresa la struttura
di gruppo. Più tardi queste avranno un ruolo importante nel-
la macro e microcomposizione).
1957 Nuove formalizzazioni in musica sul piano delle macro-
strutture: processi stocastici, catene di Markov, seppure
utilizzate in maniere molto diverse (Hiller, Xenakis), non-
ché impiego dei calcolatori (Hiller).
1960 Assiomatica delle scale musicali per mezzo della teoria
dei “reticoli” e introduzione dei numeri complessi nella
complessi nella composizione (anche questo è il risultato
del mio lavoro personale).
1970 Nuove proposte nella microstruttura dei suoni con
l’introduzione di una discontinuità continua tramite una
qualunque legge di probabilità (cammino erratico, moto bro-
wniano). Essa viene estesa alle macrostrutture e introduce
così un altro aspetto architettonico su un macropiano, per
esempio nella musica strumentale (anche questo è il risulta-
to del mio lavoro personale).
5
Istruzione per comporre tanti valzer quanto si desidera fa-
cendo uso di due dadi senza alcuna conoscenza né di musica
né di composizione.
AB : AC = AC : CB
b2 + ab – a2 = 0
da cui:
b = a (√5 – 1)/2
6
Serialismo integrale e alea
1
Lanza “Il Novecento II”, EDT, Torino
2
ibid.
7
2. trasponendola seguendo la successione delle sue note
e mantenendo il numero assegnato ad ogni nota nella
serie originale, ottenendo così delle serie cifrate:
8
suoi due libri (1951- 52; 1956- 61) esprime al meglio le
conquiste della nuova avanguardia: il rigido costruttivismo
matematico e l’uso dell’alea controllata.
Structures I è un esempio di rigoroso costruttivismo mate-
matico: la sua prima sezione è infatti composta usando del-
le matrici come mezzo di rielaborazione di una serie. Bou-
lez sceglie la serie fondamentale ricavandola da “Mode de
valeurs” di Messiaen:
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
2 8 4 5 6 11 1 9 12 3 7 10
3 4 1 2 8 9 10 5 6 7 12 11
4 5 2 8 9 12 3 6 11 1 10 7
5 6 8 9 12 10 4 11 7 2 3 1
6 11 9 12 10 3 5 7 1 8 4 2
7 1 10 3 4 5 11 2 8 12 6 9
8 9 5 6 11 7 2 12 10 4 1 3
9 12 6 11 7 1 8 10 3 5 2 4
10 3 7 1 2 8 12 4 5 11 9 6
11 7 12 10 3 4 6 1 2 9 5 8
12 10 11 7 1 2 9 3 4 6 8 5
3
La dizione “matrice inversa”, che esprime la costruzione della matri-
ce utilizzando gli intervalli inversi, è impropria dal punto di vista
matematico. Infatti rispetto ad una matrice quadrata A, in cui ossia
il numero di righe è uguale a quello delle colonne, si chiama matrice
inversa B quella matrice che moltiplicata per A dia come prodotto la
matrice identica (= ha uguale a 1 tutti gli elementi della diagonale
principale, mentre i rimanenti sono nulli)
9
1 7 3 10 12 9 2 11 6 4 8 5
7 11 10 12 9 8 1 6 5 3 2 4
3 10 1 7 11 6 4 12 9 2 5 8
10 12 7 11 6 5 3 9 8 1 4 2
12 9 11 6 5 4 10 8 2 7 3 1
9 8 6 5 4 3 12 2 1 11 10 7
2 1 4 3 10 12 8 7 11 5 9 6
11 6 12 9 8 2 7 5 4 10 1 3
6 5 9 8 2 1 11 4 3 12 7 10
4 3 2 1 7 11 5 10 12 8 6 9
8 2 5 4 3 10 9 1 7 6 12 11
5 4 8 2 1 7 6 3 10 9 11 12
10
7 12
9 7
6 7
11 1
11 3
5 2
7 5
9 11
6 11
7 1
7 3
12 2
2 5
6 2
9 2
8 1
8 3
12 7
2 12
6 8
9 8
2 1
2 3
5 7
11
1 6
8 6
1 2
2 8
6 12
6 3
11 9
12 1
3 5
5 11
1 5
9 5
per il secondo da I.
1 9
11 9
1 7
7 11
9 5
9 3
8 6
5 1
3 12
12 8
1 12
6 12
12
un’ossatura generale e di “incastri” (intendendo con questo
termine sia la musica da inserire, sia i punti in cui inse-
rirla); l’esecutore si trova così di fronte ad una molte-
plicità di esecuzioni sempre diverse e, oggettivando le
singole possibilità, facendosi interprete, diventa così
compartecipe della creazione dell’opera.
L’alea in musica non è una pratica univoca, ma esistono di-
versi modi di applicazione: Darmstadt utilizza il concetto
di “necessità casuale” o di “alea controllata” in cui non
viene negata la struttura, ma questa diviene ragione
d’essere dell’alea, altri come Morton Feldman e John Cage
intendono l’alea come “puro fortuito”. Per loro la pratica
aleatoria è
Musica e computer
Ecco come Xenakis spiega il connubio che già dagli anni `50
si instaura tra musica e computer.
La struttura di base che permette questo incontro è il co-
mune uso degli algoritmi. L’algoritmo è definito da The En-
cyclopedia of Computer Science and Engineering come
4
ibid.
5
Xenakis, Musica e Architettura, op. cit
13
paradigmatici di questa applicazione, possiamo partire dai
Greci con Pitagora che vede nell’armonia della natura il
modello per la musica, ricordare i Fiamminghi (XV- XVI se-
colo) con ad esempio l’uso del canone enigmatico6 e citare
nuovamente il gioco per comporre i valzer già menzionato.
Gli algoritmi usati nell’applicazione della musica al com-
puter possono essere suddivisi in tre categorie principali:
stocastici,
“rule- based”
e applicati all’intelligenza artificiale (I. A.).
6
Nel canone enigmatico il tema viene presentato in una voce e la ri-
sposta è affidata ad un motto latino indicante il modo di modificare
il tema.
7
La scelta del sistema binario, a cui si è arrivati dopo aver speri-
mentato altri metodi più complessi, è la più comoda perché si basa sul
funzionamento delle valvole elettroniche che possono condurre o meno.
14
1. accumulazione di tutte le possibilità;
2. un filtro lascia passare solo le possibilità buone;
3. i suoni scelti vengono immagazzinati;
4. viene prodotto il risultato tramite numeri e lo si può
tradurre in notazione tradizionale.
15
1.
Il suono e le sue qualità
Premessa
8
In H. De La Motte-Haber, Psicologia della musica, Discanto, Bologna,
1982
16
Suono e rumore
Proprio in virtù delle osservazioni sopraelencate si può
dire, con il Vocabolario internazionale di elettroacustica
(1960) che il suono è
9
P. Righini, Lessico di acustica e tecnica musicale, Zanibon, Padova,
1980
17
E’ un passo tratto dal Manifesto tecnico della musica futu-
rista, pubblicato nel 1911 da Francesco Balilla Pratella
(1880 – 1955).
Balilla Pratella esaltava la civiltà delle macchine che en-
trava prepotentemente nella musica. Il suono era accostato
al rumore, il rumore di una società pulsante, trascinata da
una industrializzazione crescente che portava ad una meta-
morfosi epocale. E’ questo certamente il punto più interes-
sante. Già in passato la musica si era interessata ai “ru-
mori” della società, magari addolcendoli con gli strumenti
tradizionali.
Il valzer Accelerationen op. 234, ad esempio, scritto nel
1860, per il ballo organizzato dagli studenti del Collegio
tecnico di Vienna, intendeva per l’autore Johann Strauss
junior descrivere la partenza, elegante ed eufonica, di un
motore. Nel 1881 Luigi Manzotti e Romualdo Marenco avevano
composto il Ballo Excelsior, apoteosi della civiltà attra-
verso l’esaltazione del traforo del Cenisio, del taglio
dell’istmo di Suez, della invenzione della elettricità e
del telefono. E nel 1923 Honegger avrebbe “raccontato” in
Pacific 231 la partenza di un nuovo modello di locomotiva
attraverso un’orchestrazione ricca di colori, uno dei più
interessanti esempi di “musica della macchina”.
Poco dopo le argomentazioni di Balilla Pratella, invece,
Satie in Parade (1917) avrebbe portato in orchestra un mo-
tore vero, una pistola e una macchina da scrivere. Il rumo-
re, insomma, ai primi del Novecento faceva sempre più parte
del contesto musicale, perché era la frenesia della vita
quotidiana che entrava nella musica con i suoi ritmi, i
suoi suoni, le sue angosce.
Il 1912 e il 1913 costituiscono nella storia della musica
del Novecento due anni fondamentali. Nel 1912 Schoenberg
presentò Pierrot lunaire, nel 1913 Stravinskij scandalizzò
Parigi con il Sacre du printemps. Pur nella loro totale di-
versità (e non a caso si fanno risalire a queste partiture
i due principali itinerari seguiti dalla musica nel Nove-
cento storico) Pierrot e Sacre aprirono ufficialmente la
strada ad una nuova visione dell’arte in campo musicale,
nella quale non c’era più posto per il concetto del bello
quale era stato fino ad allora perseguito.
Proprio al 1913 (e probabilmente non è un caso) risale il
Manifesto del pittore e musicista Luigi Russolo (1885-1947)
sull’Arte dei rumori: nella serata futurista al Teatro
Storchi di Modena del 2 giugno 1913 veniva presentato un
ronzatore, primo modello della serie degli intonarumori,
pionieri delle successive apparecchiature sonore che in Eu-
ropa e negli Stati Uniti avrebbero sconvolto il mondo della
musica novecentesca: si pensi alla ricerca sulla musica
concreta realizzata a Parigi all’apparire (e siamo nel se-
18
condo dopoguerra) delle prime esperienze di musica elettro-
nica con Pierre Shaeffer e Pierre Henry.
Scriveva Russolo:
19
trascurabile. Quando viene spostato dalla sua posizione di
equilibrio e, quindi, abbandonato a se stesso, il pendolo
oscilla in un piano verticale sotto l'azione della forza di
gravità, finchè per le resistenze passive, non torna a fer-
marsi nella sua posizione iniziale di equilibrio.
Il moto del pendolo è un esempio di fenomeno periodico,
termine che va attribuito ad ogni avvenimento che si ripete
ad intervalli di tempo uguali. Sono fenomeni periodici, in
natura, ad esempio, il ciclo delle stagioni, del giorno e
della notte, ecc.
20
Lo spostamento lungo l'arco di cerchio è x = lß e per piccoli
spostamenti il moto è praticamente rettilineo.
Supponendo quindi che senß = ß si ha
F = - mgß = - mg x/1
Inoltre, sempre per piccoli spostamenti:
T = 2π √ (m¨1/mg) = 2π √1/g
Si definiscono:
suono puro quello generato da vibrazioni sinusoidali prive
di distorsioni;
rumore puro (o suono bianco) quello generato contemporanea-
mente da tutte le vibrazioni del campo di udibilità.
Il campo di udibilità
Il campo delle frequenze acustiche può essere ripartito in
tre parti:
1) vibrazioni inferiori ai 16 Hz: sono gli infrasuoni, non
udibili dall'uomo
21
2) vibrazioni fra i 16 e i 16.000 Hz: sono i suoni che pos-
siamo percepire
3) vibrazioni dai 16.000 in su: sono gli ultrasuoni che non
interessano il nostro udito.
22
ascendente o discendente. Dipende naturalmente da vari fat-
tori, inclusie le caratteristiche fisiche e fisiologiche
del percipiente. La sensazione d’altezza si misura in mel:
a un suono puro di frequenza pari a 1.000 Hz, con intensi-
tà 40 dB al di sopra della soglia di udibilità (vedi più
avanti intensità) a quella frequenza, corrisponde
un’altezza soggettiva di 1.000 mel. Interessante è la non
linearità` della sensazione dell'altezza rispetto alla pro-
gressione dei rapporti fisici della frequenza. Di questo
problema si sono occupati, negli anni Trenta, due studiosi
americani, Stevens e Volkman che hanno notato come la sen-
sazione musicale dell'altezza non sia strettamente legata
alla legge fisica della progressione della frequenza. Se-
condo tale legge, infatti, il rapporto di ottava corrispon-
de al raddoppio della frequenza. A partire dai 500 periodi,
invece per realizzare un intervallo qualunque valutato udi-
tivamente, fra suoni non simultanei ma uno di seguito al-
l'altro, si deve aumentare la frequenza oltre il valore fi-
sico normale. Il grafico sottoriportato dà un'idea esatta
della situazione. La diagonale visualizza la progressione
fisica delle frequenze. La curva a evidenzia la sensazione
uditiva in un soggetto musicalmente educato; la b in sog-
getti musicalmente non educati.
23
Anche l’intensità del suono come l’altezza può essere ana-
lizzata da due diverse prospettive: intensità oggettiva,
propriamente fisica, e intensità soggettiva, dipendente
dalle condizioni di percezione (e pertanto sia dal perci-
piente, sia dal contesto ambientale in cui si verifica il
fenomeno sonoro).
Sul piano propriamente fisico, l'intensità di un suono è
definita come
l'energia sonora trasmessa nell'unità di tempo in una
determinata direzione attraverso l'unità di superficie
perpendicolare a quella direzione.
In pratica, dipende dalla forza con cui si produce il suono
e consente dunque di distinguere i suoni in deboli e forti.
L'unità è l'erg/s per centimetro quadrato. Altro dato quan-
titativo legato alla intensità di un suono è la potenza e-
messa misurata in watt11 che è possibile determinare stru-
mentalmente con buona precisione. La potenza sonora pro-
dotta da uno strumento è un dato utile per un giudizio su
determinate qualità dello strumento, per il calcolo delle
proprietà acustiche di una sala, per il progetto dell'iso-
lamento. La potenza sonora emessa da un'orchestra è uguale
alla somma della potenza emessa da ogni singolo strumento.
Qualche dato:
11
Il watt, unità di misura di potenza, corrisponde a 1 joule al secon-
do: il nome deriva dal tecnico e inventore scozzese James Watt (1736 –
1819) inventore della macchina a vapore.
24
Altra unità di misura spesso utilizzata è il decibel (dB)
che è la decima parte del Bel12 ed è il rapporto fra
l’intensità di un suono ed un valore convenzionale di rife-
rimento.
Il decibel viene ad esempio utilizzato per controllare e-
ventuali inquinamenti acustici o dirimere questioni di con-
dominio relative a denunce per disturbi sonori.
Per quanto riguarda invece l’intensità soggettiva, entrano
in gioco diverse altre variabili.
E’ad esempio interessante notare che la percezione dei suo-
ni da parte del nostro orecchio, dipende dalla loro inten-
sità e che la nostra sensibilità non è lineare.
Prendiamo, ad esempio, in considerazione il seguente grafi-
co nel quale abbiamo riportato in ascissa le frequenze e in
ordinata la pressione acustica (equivalente alla intensità
del suono).
La curva che
rappresenta la
“soglia di udi-
bilità” ci in-
dica che la
pressione acu-
stica è massima
per le frequen-
ze basse e alte
e minima per
500 Hz < f <
5000 Hz.
Anche la soglia
del dolore of-
fre valori più
bassi per le
frequenze molto basse o molto alte: abbiamo cioè la capaci-
tà fisica di sopportare intensità più forti nella zona in-
termedia di frequenze ove viene a trovarsi l'area della pa-
rola.
La sensazione sonora dipende inoltre in maniera determinan-
te dall’ambiente entro cui si verifica il fenomeno sonoro.
Se si ascolta un ottetto di ottoni in una stanza chiusa di
dimensioni limitate o in un parco all’aperto, l’effetto a-
custico che ne ricaviamo è certamente diverso (si veda su
questo aspetto, anche la parte relativa alla “Trasmissione
del suono”).
12
Il nome deriva dal fisico inglese Alexander Graham Bell (1847 –
1922) che nel 1876 ottenne negli Stati Uniti il brevetto del telefono
(anche se l’invenzione non fu esclusivamente sua).
25
Il timbro è l'attributo caratteristico di un dato suono che
ci permette di distinguere i singoli strumenti. Due suoni
di pari altezza e intensità, emessi da diversi strumenti,
risultano, al nostro orecchio differenti grazie, appunto,
alla qualità timbrica. Il timbro dipende da vari fattori.
Ad esempio, il materiale usato per la costruzione dello
strumento (legno, metallo ecc.) il livello qualitativo del-
la costruzione (uno Stradivari suona meglio rispetto a un
violino di fabbrica), le modalità di produzione del suono
ecc.
Questi fattori concorrono ad una variegata partecipazione
dei suoni armonici (si veda più avanti il capitolo relati-
vo) la cui “presenza”, accanto al fondamentale è la princi-
pale causa della “qualità” del suono stesso.
A tale proposito si può citare lo spettogramma armonico,
ovvero la rappresentazione su un diagramma bidimensionale
della intensità relativa, in funzione della frequenza, del-
le armoniche presenti in un suono. Essendo la forma di
un’onda complessa determinata dalla somma algebrica delle
vibrazioni sinusoidali compresenti, lo spettro armonico è
significativo, anche della forma d’onda.
Ad esempio nella figura seguente è esemplificato lo spetto-
gramma di un suono emesso da una tromba (DO3). Sulle ascis-
se troviamo il numero d’ordine delle prime dieci armoniche,
indicando con la n.1 il suono fondamentale. Sulle ordinate
viene invece indicata l’intensità relativa delle singole
armoniche espressa in decibel, come rapporto fra le inten-
sità delle varie armoniche e l’intensità del suono fonda-
mentale.
26
Importanti ai fini del timbro sono anche i transitori.
Qualsiasi sorgente sonora, voce umana compresa, richiede un
tempo di transizione per passare dallo stato di riposo al
regime normale di vibrazione, così come lo richiede il pro-
cesso inverso, ossia il ritorno al riposo. Questi tempusco-
li sono chiamati, appunto, <transitori> rispettivamente di
attacco e di estinzione. Vi sono transitori d'attacco molto
brevi (martelletto sulla corda) e altri molto lenti (emis-
sione vocale). Variano anche di durata i transitori di e-
stinzione (campana tempi lunghi, tromba brevissimi). La
qualità e le modalità d'attacco e di estinzione del suono
influiscono molto sul timbro. Il timbro del suono ricavato
da un violino usando l'archetto differisce da quello che si
ottiene pizzicando la corda perchè diversi sono i transito-
ri e il regime stazionario di vibrazione.
27
tezza, intensità e timbro raggiungono i loro punti ottimali
di risposta.
Si tratta di un tempo brevissimo, valutabile mediamente in
100 millisecondi.
Il diagramma seguente illustra la situazione13. Nella riga
superiore sono dati i riferimenti del normale regime: per
l’altezza (60 ms), per l’intensità (90 ms), per il timbro
(100 ms). I primi 10 ms servono invece a separare il suono
da analizzarsi dai rumori circostanti.
13
Il diagramma è tratto da P.Righini, op. cit.
28
APPENDICE
Il processo di normalizzazione
Nel 1636 era stato Mersenne, nel suo III libro dedicato a-
gli strumento a sollevare il problema di un unico riferi-
mento per l’accordatura degli strumenti che favorisse la
circolazione della musica in Europa e fuori senza problemi
di intonazione. Successivamente fu suggerito di indicare la
frequenza della prima nota di un brano, ma questa prassi
non ebbe seguito.
Nel Settecento il problema cominciò ad essere preso sul se-
rio da vari studiosi.
14
In realtà il termine ha un altro significator elativo alla storia
della musica dell’antica Grecia dove indicava l’intervallo di ottava
15
Tratta da U.Leone, La normalizzazione del diapason, Roma, 1972
29
Nel 1812 Sarette fissa il diapason del Conservatorio di Pa-
rigi, seguito nel 1827 da Fetis che richiede un diapason
uniforme in tutta la Francia.
Nel 1859 il Governo francese fissò il diapason a 435 Hz do-
po i lavori di una commissione di cui facevano parte Auber,
Berlioz e Halevy. Il diapason francese fu adottato
nell’impero austroungarico e in particolare nei teatri im-
periali di Vienna e di Praga a partire dal 1863 e successi-
vamente entrò gradualmente in uso in altri Paesi. Questo,
tuttavia, non significa che ovunque si adottasse quel dia-
pason, ma quella misura era in qualche modo considerata un
punto di riferimento generale. In Italia per lungo tempo si
continua ad esempio a oscillare fra 440 e 450 Hz,
30
quest’ultima misura adottata in particolare dalle bande e
dalle fanfare militari.
31
Il corista tedesco – ha scritto Blaserna nella sua relazione
finale16 – esiste più di nome che di fatto in Germania. Si
può dire in suo favore, che esso è meno basso degli altri e
presenta il vantaggio didattico che i suoni della scala na-
turale maggiore vi sono rappresentati da numeri interi. Di-
fatti si ha la seguente scala in do maggiore:
DO RE MI FA SOL LA SI DO
264 287 330 352 396 440 495 528
16
P. Blaserna, La Conferenza internazionale di Vienna e l’adozione di
un corista uniforme, “Nuova Antologia, fasc. 1, vol. LV.
32
il che non ha alcuna importanza per la musica, ma può far
comodo nell’insegnamento teorico della scala musicale.
Il corista francese vanta in suo favore, di essere già in-
trodotto in Francia fin dal 1859, di essersi mantenuto ri-
gorosamente a tale altezza, e di avere conquistato poco a
poco il favore di molti musicisti in tutte le parti
d’Europa. Finalmente, il corista di 432 vibrazioni è più
basso di tutti, quantunque differisca dal francese di una
quantità musicalmente appena apprezzabile. Esso fu proposto
nel 1873 dal belga Meerens, e presenta alcuni caratteri
d’indole scientifica, per cui sarebbe preferibile a quello
francese. Il ragionamento del Meerens fu riprodotto in forma
più severa dal distinto fisico Soret di Ginevra . Se si pone
il
33