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1.introduzione: il provvedimento è l’atto amministrativo che, in quanto efficace sul piano dell’ordinamento
generale, produce vicende giuridiche in ordine alle situazioni giuridiche di soggetti terzi. L’emanazione del
provvedimento finale è di solito preceduta da un insieme di atti, fatti ed attività, tutti connessi in quanto
concorrono, all’emanazione del provvedimento stesso. Tali atti, fatti ed attività confluiscono nel
procedimento amministrativo. i casi di provvedimenti emanati senza porre in essere un procedimento sono
pochissimi (es atto di urgenza). Il passaggio dall’attribuzione del potere alla concreta produzione
dell’effetto finale è contraddistinto da una serie coordinata di attività e di atti “endoprocedimentali” che
costituisce la funzione. Il procedimento trova la sua ragion d’essere in una serie di esigenze e di
caratteristiche peculiari del diritto pubblico:
a)la necessità di dare evidenza alle modalità di scelta effettuate dall’amministrazione in vista dell’interesse
pubblico;
b)l’importanza di individuare i vari passaggi che conducono alla determinazione conclusiva ai fini del
sindacato operato dal giudice amministrativo;
c)l’esistenza di norme giuridiche (norme di azione) alle quali è soggetta l’amministrazione.
d)poiché la “funzione” costituisce essenzialmente esercizio del potere discrezionale, il procedimento deve
essere strutturato in modo da consentire che la scelta discrezionale possa proficuamente avvenire.
la scelta legislativa comporta evidenti vantaggi sul piano della semplificazione amministrativa, riducendo
tempi e oneri gravanti sui privati la cui attività sia assoggettata a distinti poteri amministrativi.
3.l’esperienza italiana: la legge del 7 agosto 1990, n. 241 e il suo ambito di applicazione: la legge 241/90
reca “nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi”. La legge italiana non contiene una disciplina completa ed esaustiva del procedimento, ma
si limita a specificare alcuni principi e a disciplinare gli istituti più importanti; essa si occupa anche di diritto
di accesso. Secondo l’ART 29, le disposizioni della legge si applicano alle amministrazioni statali e agli enti
pubblici nazionali. Il comma 2 stabilisce che gli enti locali regolano le materie previste da questa legge nel
rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa, così
come definite dai principi stabiliti dalla presente legge. Si percepisce lo sforzo operato dall’art 29 nella
prospettiva dell’allargamento del campo di applicazione della disciplina. La norma, infatti, dopo aver
precisato al comma 1 che la legge si applica all’esercizio delle funzioni amministrative, chiarisce che gli
articoli relativi alle conseguenze del ritardo nella conclusione del procedimento, agli accordi, alla tutela in
materia di accesso, si applicano a tutte le PA. Il comma 2 bis, citando ora istituti, stabilisce che attengono ai
livelli essenziali delle prestazioni e dunque devono trovare applicazione le disposizioni che riguardano gli
obblighi per la PA di garantire la partecipazione dell’interessato al procedimento e di concluderlo entro il
termine prefissato. Comma 2 ter: “attengono altresì ai livelli essenziali delle prestazioni le disposizioni
concernenti la prestazione di istanze, segnalazioni e comunicazioni e il silenzio assenso, salva la possibilità
di individuare casi ulteriori in cui tali disposizioni non si applicano. I livelli essenziali possono essere
incrementati: ai sensi del 2 quater, regioni ed enti locali, nel disciplinare procedimenti amministrativi di loro
competenza, non possono stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate ai privati, ma possono prevedere
livelli ulteriori di tutela. Infine, ai sensi del comma 2 quinquies, le regioni a statuto speciale e le province
autonome adeguano la propria legislazione alle disposizioni dell’art 29.
4.i principi enunciati dalla legge 241/1990: l’ART 1 afferma che l’attività amministrativa persegue i fini
determinati dalla legge (principio di legalità) ed è retta da “criteri” di economicità, efficacia, imparzialità, di
pubblicità e trasparenza secondo le modalità previste dalla legge medesima. L’azione è economica quando
il conseguimento degli obiettivi avvenga con il minor impiego possibile di mezzi personali, finanziari, e
procedimentali. L’economicità si traduce nell’esigenza di non aggravamento del procedimento se non per
straordinarie e motivate esigenze derivanti dall’istruttoria. All’interno del procedimento si trovano atti
previsti dalla legge. In applicazione del principio in esame, devono essere ritenuti illegittimi gli atti superflui,
in particolare le duplicazioni ingiustificate di pareri e di momenti istruttori.
L’efficacia è il rapporto tra obiettivi prefissati e obiettivi conseguiti ed esprime la necessità che
l’amministrazione miri al raggiungimento degli obiettivi nel miglior modo.
La pubblicità è un carattere che costituisce conseguenza diretta della natura pubblica dell’amministrazione
(legata alla soddisfazione di interessi pubblici) e dall’altro si fa riferimento alla trasparenza
dell’amministrazione stessa e della sua azione agli occhi del “pubblico”. Applicazione concreta dei criteri di
imparzialità, di pubblicità e di trasparenza è costituita dal diritto di accesso ai documenti amministrativi. Si
rapportano alla pubblicità anche gli istituti della partecipazione al procedimento amministrativo e della
motivazione del provvedimento: art 3 La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le situazioni
giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione in relazione alle risultanze
dell’istruttoria; deve risultare la situazione di fatto che riguarda il soggetto, o i soggetti, coinvolti nel
procedimento.
La fase istruttoria consente di comprendere:
- Quale sia la disciplina di fatto
- Quale disciplina applicare
- Come può svolgersi la partecipazione al procedimento.
Fortissimo impulso alla trasparenza è derivato dall’applicazione del d.lgs 33/2013 che impone la
pubblicazione di un’ampia categoria di atti e informazioni.
L’art 1 non richiama il concetto di efficienza, ma compare nell’art 3 bis, dove si afferma che per conseguire
appunto un’efficienza maggiore della loro attività, le amministrazioni incentivano l’uso della telematica.
Ancora, esistono principi di proporzionalità, precauzione, di tutela del legittimo affidamento (cioè
affidamento consolidatosi in capo al privato come conseguenza di un atto favorevole. Un ulteriore principio
che deriva dalla legge 241 è quello dell’azione in via provvedimentale: ai sensi dell’art 2, l’amministrazione
deve infatti concludere il procedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso (eccezioni:
silenzio assenso).
5. le fasi del procedimento: il procedimento deve seguire un particolare ordine nella successione degli atti e
delle operazioni che lo compongono:
a) nel procedimento sono presenti atti che assolvono ad una funzione preparatoria rispetto all’emanazione
del provvedimento finale cd fase preparatoria.
b) segue la fase decisoria, in cui viene emanato l’atto o gli atti con efficacia costitutiva, nel senso che da essi
sgorga l’effetto finale sul piano dell’ordinamento generale. (denominato “efficacia”).
c) il procedimento si chiude con quegli atti che confluiscono nella fase integrativa dell’efficacia, che è
eventuale, in quanto in alcuni casi la legge non la prevede.
La decisione avviene in modo graduale; già nella fase preparatoria vengono poste in essere scelte che
possono condizionare la decisione finale. La legge formalizza alcuni dei passaggi endoprocedimentali, l’art
11 prevede che gli accordi che l’amministrazione conclude con i privati siano preceduti da una
“determinazione dell’organo che sarebbe competente per l’adozione del provvedimento”, l’art 10 bis nel
caso di procedimenti ad istanza di parte, impone di comunicare agli istanti i “motivi che ostano
all’accoglimento della domanda”. La disposizione introduce un’ulteriore fase di partecipazione entro il
termine di 10 giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto
le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. Del mancato accoglimento deve essere data
motivazione.
Questo art. trova applicazione nella conferenza di servizi.
Meccanismo del preavviso di rigettose l’amministrazione esercita il potere (= adotta un nuovo
provvedimento) non può addurre per la prima volta motivi ostativi già emersi durante la prima istruttoria
del provvedimento che è stato adottato.
Queste disposizioni dell’art.10 bis. non si applicano ai concorsi e ai procedimenti in materia provvidenziale
e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali.
L’importanza di questa disposizione è che ha introdotto una nuova partecipazione ma limitatamente al caso
in cui l’amministrazione abbia
Tra i due estremi del procedimento, l’iniziativa e l’efficacia o emanazione del provvedimento finale, trovano
posto i cd atti endoprocedimentali. Essi sono destinati a produrre effetti rilevanti nell’ambito del
procedimento. Questi atti contribuiscono anche a condizionare la scelta discrezionale finale, ovvero la
produzione dell’effetto sul piano dell’ordinamento generale. Importanti sono anche gli atti di controllo,
successivi al provvedimento che ne condizionano l’efficacia. La conoscenza delle fasi in cui si articola il
procedimento è importante, in quanto l’illegittimità di uno degli atti del procedimento determina
l’illegittimità del provvedimento finale. Pure la mancata adozione di un atto dovuto dà luogo a una
illegittimità. Inoltre, un atto endoprocedimentale può produrre effetti di per sé esterni, e se è lesivo di
situazioni giuridiche soggettive, possa essere impugnato. Il fenomeno è spiegabile ricorrendo all’idea della
pluriqualificazione degli atti.
6.rapporti tra procedimenti amministrativi: talora il rapporto deriva dal fatto che alcuni procedimenti
costituiscono una fase di un procedimento principale. Questi procedimenti sono detti “sub procedimenti”. I
procedimenti si dicono invece connessi allorchè l’atto conclusivo di un autonomo provvedimento,
condiziona l’esercizio del potere che si svolge nel corso di un altro procedimento (connessione funzionale).
La connessione più importante è costituita dalla presupposizione: al fine di esercitare legittimamente un
potere, occorre la sussistenza di un certo atto che funge da presupposto. In altri casi, l’assenza di un
provvedimento, ovvero la conclusione con un atto di diniego di un procedimento impedisce la legittima
conclusione di un altro procedimento.
7.l’iniziativa del procedimento amministrativo: il procedimento si apre con l’iniziativa, che può essere ad
istanza di parte, o d’ufficio. L’iniziativa ad istanza è caratterizzata dal fatto che il dovere di procedere sorge
a seguito (e solo a seguito) dell’atto di impulso che proviene da un soggetto privato o pubblico diverso
dall’amministrazione. L’istanza può consistere in un atto amministrativo: si deve parlare di richiesta o
proposta. La proposta è l’atto di iniziativa, avente anche contenuto valutativo, con cui si suggerisce
l’esplicazione di una certa attività. essa può essere vincolante o non vincolante. se vincolante, la proposta
comporta il dovere dell’amministrazione procedente di conformarsi alla stessa. Ove si tratti di proposta non
vincolante, l’amministrazione può valutare l’opportunità di esercitare il potere o di non seguirla. La
richiesta è l’atto di iniziativa, consistente in una manifestazione di volontà, mediante il quale un’autorità
sollecita ad un altro soggetto pubblico l’emanazione di un determinato atto amministrativo. un esempio di
richiesta che proviene da un organo di amministrazione attiva e si rivolge ad un organo di amministrazione
consultiva è la richiesta di parere, oggi disciplinata dall’art 16. Dalla richiesta si distingue la designazione, la
quale consiste nell’indicazione di uno o più nominativi all’autorità competente a provvedere ad una
nomina: tale atto, al pari della proposta, identifica il contenuto dell’atto finale, ma al contrario di questa
non è atto di iniziativa procedimentale. L’istanza invece proviene dal solo cittadino ed è espressione della
sua autonomia privata. Ai sensi dell’art 18 bis, dell’avvenuta presentazione di istanze, è rilasciata
immediatamente (anche telematica) una ricevuta che attesta l’avvenuta presentazione dell’istanza, della
segnalazione e della comunicazione e indica i termini entro i quali l’amministrazione è tenuta a rispondere.
Le amministrazioni gestiscono i procedimenti amministrativi usando tecnologie dell’informazione; esse
raccolgono in un fascicolo informatico tutti i dati e i documenti. Tutte le ipotesi sopra richiamate, ad
eccezione della proposta non vincolante, sono comunque caratterizzate dal fatto che sorge, quale effetto
endoprocedimentale, il dovere per l’amministrazione di procedere. A fronte dell’istanza, l’amministrazione
può anche rilevarne l’erroneità o la incompletezza. L’amministrazione può chiedere all’interessato info o
documenti solo in caso di mancata corrispondenza del contenuto dell’istanza. La PA, prima di rigettare
l’istanza, deve procedere al cd ar e, cioè, alla richiesta della rettifica. Le istanze illegali o emulative, invece,
non generano alcun dovere così come il dovere di agire non sussiste in caso di silenzio significativo. Il
dovere sorge nelle fattispecie nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongono l’adozione di un
provvedimento anche su sollecitazione di un privato. Quando l’ordinamento non riconosce in capo al
privato un interesse protetto e un dovere di procedere per l’amministrazione, il suo atto non si configura
come istanza in senso proprio, bensì come mera denuncia, mediante la quale si rappresenta una data
situazione, chiedendo all’amministrazione l’adozione di provvedimenti e/o misure. L’iniziativa d’ufficio è
prevista dall’ordinamento nelle ipotesi in cui il tipo di interessi pubblici affidati alla cura di
un’amministrazione, esiga che questi si attivi automaticamente al ricorrere di alcuni presupposti,
indipendentemente dalla sollecitazione proveniente da soggetti esterni.
8. il dovere di concludere il procedimento: l’individuazione del momento in cui il procedimento ha inizio è
importante in quanto solo con riferimento ad esso si stabilisce il termine entro il quale il procedimento
deve essere concluso. L’art 18 bis specifica che nel caso di istanza, segnalazione o comunicazione
presentate ad un ufficio diverso da quello competente, i termini per la segnalazione certificata di inizio
attività o quelli per la formazione del silenzio decorrono dal ricevimento dell’istanza. L’art stabilisce che il
termine decorre dall’inizio di ufficio del procedimento o dal ricevimento della domanda. Tale art sancisce
che la PA ha il dovere di concludere il procedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso. Il
termine quindi si intende rispettato quando l’amministrazione, entro 30 gg emani il provvedimento finale.
La legge prevede possibilità ulteriori: se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità
o infondatezza della domanda, le PA concludono il procedimento con un provvedimento espresso in forma
semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto
ritenuto risolutivo”, si precisa quanto di seguito:
L’istanza è irricevibile se mancano gli elementi/le caratteristiche per poterla definire come istanza e se, ove
previsto a pena di decadenza un termine per la sua proposizione, questo non venga rispettato. L’istanza è
inammissibile se, inizialmente o in corso di procedimento, manca la situazione giuridica soggettiva, sottesa
all’istanza, suscettibile di essere tutelata. Tale situazione giuridica soggettiva è l’interesse legittimo, cioè la
situazione giuridica soggettiva di vantaggio, direttamente connessa ad un bene della vita, che il soggetto
conseguirebbe dall’adozione dell’atto richiesto. L’istanza è improcedibile se mancano gli elementi
nell’istanza necessari per comprendere quale tipo di procedimento debba essere iniziato. L’istanza è
infondata nel caso in cui sussista la situazione giuridica soggettiva ma non sussistano le ragioni che
giustificherebbero l’avvio del procedimento per tutelarla.
La disposizione parla di provvedimento semplificato e non di procedimento, perciò dovrebbero ad esso
applicarsi tutte le garanzie previste dalla legge 241.
Con riferimento ai procedimenti ad istanza di parte, l’art 20 ammette la possibilità che il procedimento sia
definito mediante silenzio assenso. Vuol dire che all’inerzia è collegata la produzione degli effetti. Il silenzio
assenso può essere impedito emanando un provvedimento di diniego. Posto che l’art 20 prevede un
ulteriore strumento per evitare il formarsi del silenzio (indizione conferenza di servizi), può osservarsi che
l’amministrazione ha il dovere di attivarsi qualora ritenga che la situazione che si realizzerebbe a seguito
della formazione del silenzio assenso risulti in contrasto con l’interesse pubblico. L’art 20 tuttavia introduce
un’importante serie di eccezioni a questa regola. La norma richiama gli atti e procedimenti che riguardano il
patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, ecc.. in tali
ipotesi, a fronte dell’inutile decorso del termine senza che l’amministrazione abbia emanato il
provvedimento, si forma il cd silenzio inadempimento, che non produce effetti equivalenti a quelli di un
provvedimento. Il cittadino ha a disposizione diversi rimedi (vi è lo strumento del ricorso avverso il silenzio,
preordinato a ottenere comunque un provvedimento espresso. Inoltre, anche se l’amministrazione non
decade dal potere di agire, il ritardo può causare a suo carico una responsabilità civile: ai sensi dell’art 2 bis
le amministrazioni pubbliche e i soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrativa devono
effettuare un risarcimento del danno ingiusto cagionato dall’inosservanza del termine di conclusione del
procedimento. CONSEGUENZE PER IL RITARDO DELL’AMMINISTRAZIONE NELLA CONCLUSIONE DEL
PROCEDIMENTO: Quando c’è tutto questo: c’è da risarcire il danno (compito della PA). La PA risarcisce un
soggetto terzo che si è interfacciato con lei stessa; dopo si rivarrà sul dipendente (in quanto la
responsabilità è personale).
La responsabilità spesso è solidale tra PA e il soggetto che ha effettuato questo comportamento doloso o
colposo. Ci si può rivalere su entrambi, ma tendenzialmente sulla PA perché ha la possibilità di risarcire il
danno. Comma 1 bis: fatto salvo l’obbligo di risarcire in caso di danno ingiusto, il silenzio e l’inerzia hanno
un significato non rispetto i termini ma il mio silenzio ha un significato e ci sono ipotesi in cui l’inerzia
equivale a un provvedimento. Ha una disciplina a parte. L’inosservanza in sé del termine di conclusione del
procedimento comporta l’obbligo di indennizzo per il mero ritardo = Non c’è un danno ingiusto, ma il
comportamento di aver ritardato l’adozione, deve essere indennizzata.
Risarcimento e indennizzo sono diversi. L’indennizzo non è legato a un danno ingiusto.
Il mero ritardo in sé, che non comporta un danno ingiusto, rende il soggetto titolare di diritto di ricevere un
indennizzo.
Se viene riconosciuto un danno ingiusto e un indennizzo, questo viene sottratto dalla somma del
risarcimento per il danno ingiusto.
Solo dal 2009 si prevede l’obbligo di risarcire il danno ingiusto e l’indennizzo per il mero ritardo.
L’art 2 disciplina poi importanti poteri sostitutivi, delineando un meccanismo che può sfociare in un
“commissariamento”. L’organo di governo individua, nell’ambito delle figure apicali dell’amministrazione, il
soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia. Decorso inutilmente il termine per la
conclusione del procedimento, il privato può rivolgersi al responsabile perché entro un termine pari alla
metà di quello originariamente previsto, concluda direttamente il procedimento attraverso le strutture
competenti. Considerando le ipotesi dell’esercizio dei poteri sostitutivi, si nota che il provvedimento tardivo
emanato dal sostituto è in tali casi legittimo. In sintesi: la scadenza fissata dalla legge può non essere
rispettata dall’amministrazione, e il provvedimento tardivo è legittimo, ma neppure esso può essere
emanato oltre un termine ragionevole. Si pensi all’annullamento d’ufficio che deve avvenire entro un
termine ragionevole. In caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento amministrativo,
corrispondono all’interessato, a titolo di indennizzo, una somma pari a 30 euro per ogni giorno di ritardo
con decorrenza dalla data di scadenza del termine del procedimento. Per quanto attiene alla tutela, nel
caso in cui anche il titolare del potere sostitutivo non emani il provvedimento nel termine, l’istante può
proporre ricorso avverso il silenzio, oppure chiedere un provvedimento ingiuntivo. Si è detto che il ritardo
nell’emanazione dell’atto amministrativo rileva anche sotto il profilo della responsabilità del dipendente.
L’art 2 stabilisce che la mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di
valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile
del dirigente e del funzionario inadempiente. L’ordinamento prevede altresì la responsabilità civile a carico
dell’agente: il privato può chiedere il risarcimento dei danni conseguenti all’omissione o al ritardo nel
compimento di atti. A tal fine, l’interessato, quando siano decorsi 60 gg dalla data di presentazione
dell’istanza, deve notificare una diffida all’amministrazione e all’impiegato; decorsi inutilmente 30 gg dalla
diffida, egli può proporre l’azione volta a ottenere il risarcimento. Il termine di 30 gg coincide con quello
che risulta fissato dalla legge 241; la disciplina si integra con altre regole:
-gli enti pubblici nazionali stabiliscono secondo i propri ordinamenti, i termini entro i quali devono
concludersi i procedimenti di propria competenza.
-il termine stabilito con decreto o dagli enti non può essere superiore a 90 gg.
-ove sussistono “casi particolari” il termine massimo è fissato a 180 gg.
-i procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e quelli riguardanti l’immigrazione possono sforare.
-un termine specifico è dettato dall’art 21 nonies, in relazione all’annullamento d’ufficio, che può essere
posto in essere entro un termine ragionevole, comunque non superiore a 18 mesi dal momento
dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione. L’art 10 bis stabilisce che con riferimento ai
procedimenti ad istanza di parte, prima della formale adozione di un provvedimento negativo,
l’amministrazione comunica agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda: questa
comunicazione interrompe i termini che iniziano a decorrere nuovamente dalla data di presentazione delle
osservazioni. Tale disciplina non si applica alle procedure concorsuali. L’art 2 dispone inoltre che possono
essere sospesi per una sola volta e per un periodo non superiore a 30 gg, per l’acquisizione di informazioni,
stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente
acquisibili presso altre amministrazioni.
9.il responsabile del procedimento: il responsabile del procedimento è colui che svolge compiti sia in
relazione alla fase di avvio dell’azione amministrativa, che allo svolgimento del procedimento nel
complesso. L’art 4 stabilisce che le PA sono tenute a determinare per ciascun tipo di procedimento, l’unità
organizzativa responsabile dell’istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché
dell’adozione del provvedimento finale. Dopodichè c’è l’individuazione all’interno di ogni unità, del
responsabile del procedimento. Ai fini dell’art 5, il dirigente di ciascuna unità provvede ad assegnare la
responsabilità dell’istruttoria, nonché dell’adozione del provvedimento finale. Inoltre, fino a quando non
venga effettuata l’assegnazione, è considerato responsabile del singolo procedimento il funzionario
preposto alla unità organizzativa. Comma 3l’unità organizzativa competente, il domicilio digitale (è legato
alla digitalizzazione della PA) e nominativo del responsabile di procedimento sono comunicati ai soggetti
dell’art.7 (soggetti a cui deve essere comunicato l’avvio del procedimento, destinatari) e, a richiesta, a
chiunque vi abbia interesse.
Nell’oggetto della comunicazione dal 2020 è stato introdotto anche il domicilio digitale.
Funzioni del responsabile: guida del procedimento, coordinatore dell’istruttoria e organo di impulso. Il
responsabile rappresenta anche il punto di riferimento sia per i privati, sia per l’amministrazione
procedente e per gli organi di altre amministrazioni. Il responsabile può anche chiedere il rilascio di
dichiarazioni. Questo istituto, regolarizzazione delle domande dei privati è importante: l’amministrazione
può ammettere il cittadino a correggere gli errori materiali in cui sia incorso nella redazione di istanze,
nonché a completare la documentazione incompleta. Il responsabile ha compiti di impulso del
procedimento: indice la conferenza di servizi. Inoltre, ove non abbia la competenza ad emanare l’atto
finale, egli trasmette gli atti all’organo competente per l’adozione, altrimenti emana egli stesso tale
provvedimento. Ai sensi dell’art 10 bis, la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento prima della
formale adozione di un provvedimento negativo, va effettuata dal responsabile del procedimento. L’art 6
dice che “l’organo competente per l’adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del
procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria condotta dal responsabile del
procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale. È evidente dunque che il
responsabile del procedimento è il soggetto dell’amministrazione che instaura il dialogo con i soggetti
interessati al procedimento tramite la comunicazione dell’avvio del procedimento, lo prosegue nella fase
della partecipazione e anche dopo l’emanazione del provvedimento finale. Occorre stabilire che cosa si
intenda per “unità organizzativa responsabile”: una nozione così generica, vuol consentire l’applicabilità
della norma a tutte le amministrazioni. Altro problema deriva dal fatto che l’art 4 dispone che le PA devono
individuare, per ogni tipo di procedimento, le unità organizzative responsabili dell’istruttoria nonché
dell’adozione del provvedimento finale. Si tratta cioè di capire se ci debba essere o meno identità tra unità
organizzative responsabili dell’istruttoria e unità che si occupano di emanare il provvedimento finale. Un
conto è l’individuazione delle unità organizzative responsabili dell’istruttori, altro è determinare l’organo
competente ad adottare il provvedimento: la competenza ad emanare l’atto finale è prevista in modo
vincolante dalla legge cui spetta stabilire gli organi aventi rilevanza esterna. Si deve allora concludere che il
responsabile del tipo di procedimento coincide con l’organo competente a emanare l’atto nei casi in cui
non si individua l’unità organizzativa da parte dell’amministrazione.
Diverso problema è capire se c’è la necessità di coincidenza tra responsabile del singolo procedimento e
organo competente a emanare il provvedimento finale. La risposta è negativa: l’art 6 dispone che il
responsabile del procedimento identificato adotti il provvedimento finale solo ove ne abbia la competenza.
L’individuazione del responsabile non comporta l’automatica attrazione in capo ad esso della responsabilità
civile, penale e disciplinare. Queste responsabilità rimangono soggette alle norme vigenti. Ove il
responsabile abbia correttamente agito, dovrebbe potersi individuare il soggetto che ha effettivamente
rallentato o bloccato il procedimento. L’organo competente per l’adozione del provvedimento finale, ove
diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria condotta dal
responsabile del procedimento, se non indicandone la motivazione del provvedimento finale. Se
l’istruttoria è corretta, il dirigente non dovrebbe discostarsene., altrimenti si avrebbe un provvedimento
emanato sulla base di un non corretto accertamento dei fatti. Si può discutere se una tale valorizzazione del
ruolo del responsabile del procedimento abbia ripercussioni sotto il profilo della sua responsabilità. Sembra
però più corretto rivalutare la circostanza che pur nel quadro di un rafforzamento della figura del
responsabile, chi decide e risponde è il dirigente.
Art 6: compiti del responsabile del procedimento: sono stabiliti dalla legge, dalla disposizione dell’art. 6.
Comma 1 Soccorso istruttorio = chiedere correzioni di dichiarazioni già rese, svolge ulteriori accertamenti
tecnici. Tutti gli aspetti relativi a documenti che possono essere completati o corretti perché l’istruttoria
possa continuare. Devono essere aspetti legati ai documenti che possono essere corretti.
La ratio è fare in modo che un procedimento possa concludersi nel modo migliore.
È ammesso in più ambiti.
Tutti gli aspetti relativi a dichiarazioni che possono essere controllati e corretti. Possono, inoltre, essere
fatte ispezioni e richiedere documenti. Tra i compiti: -Valuta l’istanza sotto i profili dell’ex art.2 = condizioni
di ammissibilità (così che il procedimento non inizi nemmeno se è inammissibile), i requisiti di
legittimazione (= il fatto di avere un interesse concreto, attuale) e di presupposti che siano rilevanti per
l’emanazione del provvedimento valuta tutti questi aspetti per iniziare il procedimento.
- Accerta d’ufficio i fatti = deve farlo senza istanza o domanda che provenga da altre parti. Deve accertare la
situazione di fatto = quella che la motivazione ci richiama.
-dirigere e indire la conferenza di servizi (art.14) se ne ha la competenza è una riunione di persone
(asincrona) con dei termini di scadenza; quando ci siano più interessi pubblici collegati o anche un interesse
pubblico che riguarda più amministrazioni.
Il suo compito principale è la comunicazione dell’avvio del procedimento.
Può adottare, se ne ha competenza, il provvedimento finale; se non ha la competenza di farlo, allora dovrà
trasmettere gli atti all’organo competente ad adottare il provvedimento finale.
- colui che deve adottare il provvedimento finale può discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria solo se
motiva le razioni (altrimenti non può discostarsi)
Organo d’impulso = perché l’istruttoria possa iniziare e svolgersi nei tempi richiesti
10.la comunicazione dell’avvio del procedimento: ART 7 l’avvio del procedimento deve essere
comunicato ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti, a
quelli che per legge devono intervenire, e soggetti diversi dai diretti destinatari, che siano individuati o
facilmente individuabili (i quali possono subire un pregiudizio). I destinatari dell’atto sono soggetti nella cui
sfera giuridica è destinata a prodursi la vicenda giuridica: si tratta di titolari di interessi legittimi oppositivi o
pretesivi. I soggetti che per legge devono intervenire sono in linea di massima enti pubblici. soggetti
individuati o facilmente individuabili: si tratta di quei soggetti che sarebbero legittimati a impugnare il
provvedimento favorevole (cd controinteressati); essi sono portatori di un interesse legittimo.
Art 7 comma 2: Resta salva la facoltà dell’amministrazione di adottare provvedimenti cautelari. In questo
caso non deve, una fase come quella di avvio, essere omessa, ma per rispondere immediatamente, si
consente che prima della comunicazione di avvio si adottino misure cautelari. La comunicazione di avvio ha
un contenuto.
La comunicazione dell’avvio è un compito del responsabile del procedimento. Normalmente essa deve
essere fatta mediante comunicazione personale (notifica, raccomandata con avviso di ricevimento…); può
anche essere effettuata in modi diversi, stabiliti dall’amministrazione, quando per il numero dei destinatari
la comunicazione personale non sia possibile o risulti gravosa. La legge non stabilisce entro quale termine la
comunicazione deve essere effettuata (deve essere però effettuata entro un termine ragionevole).la
comunicazione deve contenere i seguenti elementi: ART 8: amministrazione competente, oggetto del
procedimento, ufficio e persona del responsabile del procedimento, la data entro la quale deve concludersi
il procedimento e i rimedi in caso di inerzia dell’amministrazione; nei procedimenti ad iniziativa di parte
anche la data di presentazione della relativa istanza e l’ufficio in cui si possono osservare gli atti. L’istituto
della comunicazione è strettamente collegato alla partecipazione al procedimento, nel senso che consente
agli interessati di essere posti a conoscenza della pendenza di un procedimento. Nella comunicazione deve
anche essere fatta menzione del diritto all’indennizzo. L’art 13 stabilisce che le disposizioni dall’art 7 al 12
non si applicano nei confronti della PA diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di
pianificazione e programmazione nonché ai procedimenti tributari. La giurisprudenza ha ritenuto che si
possa legittimamente derogare l’obbligo di comunicazione nel caso di procedimenti finalizzati
all’occupazione d’urgenza di aree destinata alla costruzione di opere pubbliche. L’art 7 al comma 2 si
occupa di provvedimenti cautelari e consente all’amministrazione la loro adozione anche prima della
effettuazione della comunicazione dell’avvio del procedimento. Questi provvedimenti sono posti a garanzia
della futura determinazione contenuta nel provvedimento finale. Esistono poi provvedimenti “riservati”. La
giurisprudenza ha interpretato in senso restrittivo la norma che configura l’obbligo di comunicare l’avvio
del procedimento: essa ha escluso la sussistenza dell’obbligo nelle ipotesi di attività vincolata. La
partecipazione però può essere utile anche in caso di attività vincolata.
L’omissione della comunicazione di avvio del procedimento configura una ipotesi di illegittimità che può
essere fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista.
L’art 21 sancisce che il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata
comunicazione di avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri che il contenuto del
provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
11.l’istruttoria procedimentale: l’istruttoria è la fase del procedimento che si occupa di accertare fatti (sono
eventi, situazioni) e presupposti del provvedimento e acquisizione e valutazione degli interessi (aspirazioni
a beni della vita) implicati dall’esercizio del potere. Essa è condotta dal responsabile del procedimento (l’art
6 infatti riconosce tra gli obblighi del responsabile anche quello di curare l’adeguato svolgimento
dell’istruttoria). La decisione amministrativa finale deve essere preceduta da una conoscenza della realtà
esterna, che avviene appunto con l’istruttoria.
l’attività conoscitiva, volta ad acquisire la conoscenza dei fatti, si svolge con operazioni i cui risultati
vengono attestati da dichiarazioni di scienza. Gli interessi invece vengono introdotti nel procedimento
attraverso l’iniziativa dell’amministrazione procedente.
11.1 l’oggetto dell’attività istruttoria: nel nostro ordinamento vige il principio inquisitorio:
l’amministrazione non è vincolata dalle allegazioni delle parti, quindi può svolgere legittimamente la
propria attività conoscitiva a patto che l’intera attività rispetti il principio di non aggravamento del
procedimento. il principio inquisitorio pone il problema dell’oggetto dell’attività istruttoria e dunque,
nell’individuazione della porzione di realtà. Il legislatore, per risolvere il problema, individua situazioni di
fatto che costituiscono i presupposti dell’agire attraverso modalità diverse: talora definendo con precisione
i fatti stessi, in altre ipotesi utilizzando categorie più generiche o indicando il solo interesse pubblico.
Qualora la norma identifica esattamente la situazione di fatto, l’amministrazione dovrà accertare la
corrispondenza tra situazione di fatto e indicazione normativa. Qualora invece la norma indichi solo
l’interesse pubblico da soddisfare, l’istruttoria dovrà rivolgersi alla individuazione di una realtà di fatto che
appaia idonea a configurare l’esistenza dell’interesse pubblico. L’attività di selezione e evidenziazione dei
fatti e degli interessi non è priva di limiti e, in quanto tale, deve essere adeguatamente motivata (essa deve
rispettare ad esempio il principio di non aggravamento del procedimento).
11.2 le modalità di acquisizione degli interessi e la conferenza di servizi istruttoria: vedi paragrafo su
conferenza decisoria.
11.3. la partecipazione procedimentale: uno degli strumenti previsti dalla legge 241 per introdurre interessi
è la partecipazione. Gli artt 7 “comunicazione di avvio del procedimento” e 9 “intervento nel
procedimento” specificano che possono intervenire nel procedimento i soggetti nei confronti dei quali il
provvedimento finale deve produrre effetti, i soggetti che per legge devono intervenire e i soggetti che
possono subire un pregiudizio dal provvedimento (individuati o facilmente individuabili). Possono anche
intervenire i portatori di interessi pubblici e privati e i portatori di interessi diffusi (art 9).
La differenza principale tra le categorie indicate dall’art 7 e 9 riguarda la modalità in cui i soggetti
acquisiscono la conoscenza della pendenza di un procedimento nel quale intervenire: quelli dell’art 7,
mediante la comunicazione dell’avvio del procedimento; quelli dell’art 9 mediante vie diverse. Inoltre, i
soggetti dell’art 7 sono titolari di un interesse legittimo, quelli dell’art 9 hanno un interesse differenziato
ma non qualificato. L’art 9 inoltre non ritiene necessario che i soggetti che intervengono siano individuati o
facilmente individuabili. L’art 7 prevede un dovere dell’amministrazione di comunicare l’avvio del
procedimento; mentre la partecipazione disciplinata dall’art 9 è indipendente dal ricevimento dell’avviso
del procedimento. gli statuti degli enti locali possono ampliare la cerchia di soggetti che possono
intervenire. La disciplina degli enti locali prevede numerosi strumenti e istituti di partecipazione ulteriori:
consultazioni, istanze, referendum, petizioni, ecc. nell’analisi del tema della partecipazione, la dottrina ha
usato la nozione di “parti del procedimento”. si sono così individuate parti necessarie (previste dall’art 7) e
parti eventuali (art 9).
14. l’ambito di applicazione della disciplina sulla partecipazione procedimentale: art 13 “Ambito di
applicazione delle norme sulla partecipazione”: “Le disposizioni contenute nel presente capo (artt dal 7 al
12) non si applicano nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti
normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione e procedimenti tributari, per i
quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione”. In ordine agli atti amministrativi
generali, i quali si rivolgono a una pluralità di soggetti, essi non vanno a pregiudicare qualcuno in
particolare. L’unica categoria di procedimenti in relazione ai quali l’esclusione della partecipazione non crea
particolari problemi è costituita da quelli preordinati all’emanazione di atti normativi.
11.5 aspetti strutturali e funzionali della partecipazione: si tratta essenzialmente di una partecipazione
documentale (ma non è escluso che le norme secondarie possano introdurre forme di istruttoria pubblica
orale. Parte della dottrina ha ritenuto che le manifestazioni consistano in uno strumento di difesa a favore
del privato, da altri si è parlato di collaborazioni. Si deve però ritenere che anche la partecipazione sia
strumentale alla più congrua decisione finale in vista dell’interesse pubblico: essa ha cioè funzione
collaborativa. Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento, prima della formale
adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano
all’accoglimento della domanda. Tra i motivi che ostano non possono essere usati i ritardi attribuibili
all’amministrazione. Si tratta di una sorta di “seconda comunicazione”: entro il termine di 10 gg dal
ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni.
Tornando all’istituto in generale, i fatti rappresentati dai soggetti che intervengono non possono essere
accertati senza controllo: l’autore della rappresentazione infatti potrebbe avere maliziosamente alterato la
realtà. La PA in ogni caso dovrà verificare la pertinenza delle memorie all’oggetto del procedimento,
accertare i fatti introdotti nel procedimento dai privati. Anche in ordine ai provvedimenti vincolati la
partecipazione può essere utile: in questo caso essa sarà usata dalla PA per meglio individuare la
sussistenza dei fatti e presupposti che devono comunque essere accertati o valutati al fine di provvedere.
Mediante la partecipazione è possibile introdurre ipotesi di soluzione, le quali vanno ad arricchire il quadro
delle possibilità all’interno del quale l’amministrazione opererà la scelta finale.
11.6 partecipazione al procedimento, interessi procedimentali e loro tutela: è attribuita al cittadino una
serie di facoltà che possono essere esercitate già nel corso del procedimento. si fa riferimento alla nozione
di interessi procedimentali, interessi strumentali ad altre posizioni soggettive, che attengono a fatti
procedimentali. È importante capire come vengono tutelati tali interessi sia nel corso del procedimento, sia
al termine dello stesso, in quanto la loro lesione si può tradurre nella illegittimità del provvedimento finale.
Nell’ipotesi della lesione dell’interesse a partecipare, l’annullamento del provvedimento finale potrebbe poi
rappresentare una reazione successiva. Per quanto riguarda l’omissione della comunicazione, l’art 8
prevede che la stessa possa essere fatta valere dal solo soggetto nel cui interesse la comunicazione è posta.
Non si può però ritenere privo di conseguenze il comportamento dell’amministrazione lesivo di interessi
procedimentali. La soluzione forse più apprezzabile, ma al momento non recepita dal legislatore, sarebbe
quella di prevedere per gli interessi procedimentali forme di tutela immediate, non per forza giurisdizionali.
La legge in ogni caso si è mossa nel senso della limitazione dell’incidenza della violazione delle norme
procedimentali, stabilendo all’art 21 octies che non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di
norme sul procedimento qualora, per la natura del provvedimento, sia palese che il suo contenuto non
avrebbe potuto essere diverso da quello effettivamente adottato. Il provvedimento poi non è comunque
annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in
giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto
adottato.
11.7 il diritto di accesso ai documenti amministrativi: la partecipazione offre la possibilità ai soggetti
legittimati di “presentare memorie scritte e documenti” nonché “di prendere visione degli atti del
procedimento” (art 10). L’accesso ai documenti è una delle facoltà dei partecipanti. La partecipazione
svolge e realizza due funzioni:
- Funzione difensivaOttica di difesa della mia posizione;
- Funzione collaborativa la partecipazione però a volte può avere un’utilità per la PA, che in alcuni
frangenti, potrebbe anche essere in difetto di conoscenza della situazione di fatto e la partecipazione del
soggetto può colmare questa cosa.
È anche vero però che il diritto di accesso può essere esercitato anche a procedimento concluso, quindi non
è unicamente usato solo per prendere conoscenza di documenti amministrativi rispetto alla partecipazione.
Si tratta di un istituto che si collega al principio di trasparenza. Si può parlare di accesso
endoprocedimentale, esercitato all’interno del procedimento, e di accesso esoprocedimentale, relativo agli
atti di un procedimento concluso. Accesso collegato alla partecipazione: diritto di accesso per chi può
partecipare. L’art 22 indica proprio i soggetti legittimati, ossia “tutti i soggetti privati, compresi quelli
portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente
ad una situazione giuridica tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”. Ai sensi dell’art
24 “Esclusione dal diritto di accesso”, non sono ammissibili istanze di accesso preordinate a un controllo
generalizzato dell’operato delle PA. Il testo unico inoltre si occupa dell’accesso a documenti di enti locali: è
previsto un obbligo per tali enti di dettare norme per assicurare ai cittadini l’informazione sullo stato degli
atti, progetti e provvedimenti che li riguardano. Le autorità pubbliche sono tenute a rendere disponibili le
informazioni relative all’ambiente a chiunque ne faccia richiesta. Il diritto di accesso inoltre si esercita nei
confronti delle PA, aziende autonome e speciali, enti pubblici e gestori di pubblici servizi, nonché dei privati
limitatamente alla loro attività di pubblico interesse. l’art 22 cita anche i controinteressati (soggetti che
vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza) e interessati (soggetti privati che abbiano un
interesse diretto, concreto e attuale collegato al documento per cui si chiede l’accesso).
Il diritto di accesso riguarda i documenti amministrativi, di cui l’art 22 fornisce una definizione: è
considerata tale ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, o di qualunque altra specie del
contenuto di atti, detenuti da una PA o concernenti attività di pubblico interesse. La richiesta di accesso
deve essere motivata, indicare gli estremi del documento. Il diritto è esercitabile fino a quando
l’amministrazione ha l’obbligo di detenere i documenti ai quali si chiede di accedere. Vi è la possibilità di
esercitare l’accesso telematico. Qualora in base alla natura del documento richiesto non risulti l’esistenza di
controinteressati, il diritto di accesso può essere esercitato in via informale mediante richiesta, anche
verbale, all’ufficio dell’amministrazione. Ove si riscontri la presenza di controinteressati, o ancora,
sussistono dubbi sulla legittimazione del richiedente, sulla sua identità, l’amministrazione invita
l’interessato a presentare richiesta d’accesso formale. A seguito della domanda di accesso,
l’amministrazione può: invitare il richiedente a presentare istanza formale; rifiutare l’accesso(es in caso di
carenza di legittimazione del richiedente); differire l’accesso; limitare la portata dell’accesso
(consentendolo solo ad alcune parti del documento); accogliere l’istanza. Mentre per il rifiuto, il
differimento e la limitazione devono essere motivati, nulla viene detto per l’accoglimento. Con riferimento
all’ipotesi in cui l’amministrazione non si pronunci sulla richiesta di accesso, l’art 25 dispone che trascorsi
inutilmente 30 gg dalla richiesta, questa si intende respinta. In caso di accoglimento, il diritto di accesso si
esercita mediante estrazione e copia del documento. Non tutti i documenti possono essere osservati dai
cittadini. L’art 24 sancisce che il diritto di accesso non possa essere esercitato per documenti che
riguardano il segreto di stato, procedimenti tributari (vale la regola del criterio di specialità. Non si
applicano le norme della 241 e restano ferme le norme speciali previste per i procedimenti tributari),Tutti i
documenti della PA adottati per adottare atti normativi, amministrativi, generali, di pianificazione e
partecipazione, per i quali restano ferme le norme specifiche; Nei procedimenti selettivi per i documenti
amministrativi che contengono informazioni di carattere psico-attitudinale relativi a terzi. Si scrive nei bandi
di concorsi pubblici; Le singole pubbliche amministrazioni individuano delle categorie di documenti che
esse stesse formano o di cui hanno la disponibilità sottratti all’accesso, ma devono rientrare nelle previsioni
del c.1. Resta fermo che il governo (=i vari ministeri), con decreti, può prevedere dei casi ulteriori di
sottrazione:
- Altra categoria è la previsione della esclusione dell’accesso quando, nel caso in cui si tratta di
documenti pubblicati, ne derivi un pericolo per la sicurezza e la difesa della nazione.
Per ragioni di correttezza e continuità di relazioni internazionali.
- Quando l’accesso potrebbe pregiudicare aspetti legati alla politica monetaria e valutaria.
- Quando si tratta di documenti che riguardano la tutela di alcuni interessi particolari: reprimere
criminalità, ordine pubblico, attività di polizia giudiziaria, indagini in corso, ecc.
- Tutela della privacy di persone fisiche ma anche giuridiche, gruppi, imprese e associazioni. Quando
ci siano interessi sanitari, epistolari, professionali, finanziari, industriali e commerciali.
- Documenti inerenti alla contrattazione collettiva nazionale di lavoro.
L’art 24 al comma 6 rinvia ad un regolamento governativo di delegificazione per l’individuazione dei casi di
esclusione dell’accesso per esigenze di tutela della sicurezza.
Come detto i controinteressati sono soggetti che potrebbero vedere compromesso il loro diritto alla
riservatezza. La riservatezza è da tempo presidiata tramite l’istituzione del garante della privacy. 2 diritti
importanti non trovano applicazione nel settore pubblico: diritto alla portabilità dei dati (solo quelli trattati
con il consenso dell’interessato) e del diritto all’oblio. La disciplina ha un forte impatto non solo sui privati,
ma anche sulle amministrazioni. Si disciplinano le figure del titolare del trattamento (determina finalità e
mezzi del trattamento), responsabile del trattamento (colui che tratta i dati per conto del titolare);
obbligatoriamente vi è la figura del responsabile della protezione dei dati, soggetto chiamato a fornire info
a titolare e dipendenti, verificare la tenuta dei registri, rendere pareri, segnalare fenomeni di data breach
(violazione regole sul trattamento). il trattamento deve essere sempre orientato alla tutela del titolare dei
dati. Per le attività rischiose è importante la risk evaluation: un tipo di trattamento può portare rischi al
titolare dei dati in termini di limitazioni dei diritti di libertà (es in caso di profilazione); prima di effettuare il
trattamento occorre fare una valutazione di impatto dei trattamenti dei dati. Vengono riconosciute anche
sanzioni amministrative (risarcimento per danno del trattamento). Per garantire un monitoraggio da parte
del garante, i soggetti pubblici titolari del trattamento devono tenere un registro delle attività di
trattamento e delle categorie di attività. Il titolare dei dati ovviamente gode di un diritto di accesso ai dati
personali che lo riguardano.
Tornando alla legge, è molto importante la disciplina posta dalla legge breve, posto che, come visto,
l’accesso ai documenti la cui conoscenza potrebbe confliggere con le esigenze di riservatezza di dati
personali di soggetti terzi, il codice della privacy fa rinvio ai principi contenuti in tale legge, richiedendo
all’amministrazione di effettuare una “ponderazione tra interessi contrapposti”. La legge 241 dispone
comunque che ai richiedenti debba essere garantito l’accesso ai documenti la cui conoscenza sia necessaria
per curare o difendere i propri interessi giuridici. L’art 24 a comma 7 prevede poi che nel caso di documenti
contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito solo se strettamente indispensabile. Ove poi si
tratti di documenti contenenti dati supersensibili l’accesso è consentito solo se la situazione che si intende
tutelare con la richiesta di accesso è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un
diritto della personalità. La legge 241 prevede diversi tipi di accesso:
-accesso esoprocedimentale volto alla conoscenza dei soli dati del richiedente
-accesso esoprocedimentale volto alla conoscenza di dati personali di soggetti terzi rispetto all’istante
-accesso esoprocedimentale volto alla conoscenza di dati sensibili e giudiziari
-accesso esoprocedimentale volto alla conoscenza di dati supersensibili
-accesso endoprocedimentale.
A questo elenco deve aggiungersi l’accesso civico. L’art 25 (con riferimento ai casi di rifiuto) consente al
richiedente di chiedere di riesaminare la determinazione negativa nel termine di 30 gg al difensore civico
(se agisce contro enti locali) o, se agisce contro amministrazioni statali, alla commissione per l’accesso ai
documenti amministrativi. Scaduto inutilmente tale termine, il ricorso si intende respinto. Ove invece tali
organi ritengano illegittimo il diniego o il differimento, ne informano il richiedente e lo comunicano
all’autorità disponente, e, ove questa non emani il provvedimento confermativo motivato entro 30 gg dal
ricevimento della comunicazione, l’accesso è consentito. La disciplina sulla privacy affida invece la tutela del
diritto di accesso al Garante del trattamento dei dati personali. Nella direzione dell’aumento della
trasparenza e della piena garanzia della libertà di accesso, si muove il d.lgs 33/2013, che introduce nel
nostro ordinamento la nozione di accesso civico. Il campo di applicazione dell’istituto è duplice. In primo
luogo esso coincide con l’area dei dati, info e documenti per cui sussiste un obbligo di pubblicazione. In
secondo luogo, è possibile prendere visione anche di documenti dati che vengono resi pubblici ma senza
obbligo di pubblicazione. In entrambe le ipotesi, l’istanza non richiede motivazione; può essere trasmessa
per via telematica in alternativa all’ufficio che detiene i dati, o altro ufficio. Il rilascio di dati e documenti in
qualsiasi formato è gratuito, salvo il rimborso del costo effettivamente sostenuto dall’amministrazione per
la riproduzione su supporti materiali. Il procedimento di accesso civico deve concludersi con provvedimento
espresso e motivati nel termine di 30 gg dalla presentazione dell’istanza con la comunicazione al
richiedente e agli eventuali controinteressati. In caso di accoglimento, l’amministrazione provvede a
trasmettere al richiedente i documenti richiesti, o pubblicare tali dati e documenti tempestivamente sul
sito. Nei casi di diniego totale o parziale dell’accesso o di mancata risposta entro il termine di legge, la
normativa prevede rimedi amministrativi: il richiedente ha la possibilità di presentare richiesta di riesame al
responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che decide con provvedimento
motivato, entro 20 gg. Qualora si tratti di atti delle amministrazioni delle regioni o degli enti locali, il
richiedente può altresì presentare ricorso al difensore civico competente. L’inadempimento degli obblighi
di pubblicazione o il ritardo possono costituire danno all’immagine. I principali problemi applicativi si
pongono per l’accesso che concerne dati ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione. Per essi
possono sussistere controinteressati che devono presentare una motivata opposizione alla richiesta di
accesso. L’ordinamento individua limiti all’accesso civico. L’accesso è rifiutato se il diniego è necessario per
evitare un pregiudizio concreto alla tutela di taluni interessi pubblici (inerenti alla sicurezza pubblica) o
privati (dati personali, libertà). Il diritto è poi escluso IN ASSOLUTO nei casi di segreti di Stato, negli altri casi
di divieti di accesso previsti dalla legge, tra questi casi sono previsti quelli dell’art 24 detti
precedentemente. Poiché la legge non dice niente per il caso dell’inerzia, deve ritenersi che valga la regola
del silenzio inadempimento. Il rifiuto, l’inadempimento all’accesso devono essere motivati con riferimento
ai casi e limiti appena esaminati. Assai delicati sono i problemi di coordinamento tra l’accesso “classico” e
l’accesso civico. I 2 istituti possono interessare i medesimi documenti: mentre il primo spetta solo a chi
abbia un interesse specifico, il secondo è un vero e proprio diritto di conoscere riconosciuto a tutti. Solo
l’accesso civico costituisce una forma diffusa di controllo. I casi che giustificano un rifiuto dell’accesso civico
sono più ampi rispetto a quelli che consentono di rigettare la richiesta di accesso “classico”.
Presumibilmente l’interessato opterà per l’accesso civico, visto che si tratta di un diritto riconosciuto a
chiunque e che non richiede istanza motivata.
11.8 procedimento, atti dichiarativi e valutazioni: affinché i fati diventino rilevanti nel procedimento, essi
devono essere accertati dall’amministrazione procedente o da altra amministrazione. L’amministrazione
pone in essere atti dichiarativi (sono costituiti da dichiarazioni di scienza). Gli accertamenti in particolare
sono dichiarazioni relative a fatti semplici costatati. Tali atti dichiarativi hanno la funzione di attribuire
certezze legali che valgono per tutti (si parla di atti di certazione). Al fine di operare la qualificazione di un
fatto, spesso non è sufficiente effettuare una semplice attività di apprendimento, ma è richiesta un’attività
di valutazione. Le valutazioni tecniche a differenza degli accertamenti, riguardano fatti complessi. Tali
valutazioni sono frutto di “discrezionalità tecnica”.
Dal punto di vista della dinamica giuridica, gli atti in questione producono solo effetti endoprocedimentali,
che attengono cioè al procedere dell’azione verso la sua conclusione. Sotto il profilo della disciplina
procedimentale, l’art 17 si riferisce alle valutazioni tecniche. Qui è abbastanza simile alla struttura dell’art
16 sui pareri. La differenza sostanziale è che in questo caso le valutazioni VANNO CHIESTE. Entrano in gioco
soggetti sostituti Se è previsto che per adottare un provvedimento serve una valutazione tecnica, e anche
qui gli organi o gli enti a cui è stata chiesta non l’abbiano resa o non abbiano rappresentato che ci sono
esigenze istruttorie nei termini che le singole disposizioni possono aver previsto, il responsabile del
procedimento deve chiedere le valutazioni tecniche ad latri organi o enti che possiedano qualificazione e
capacità tecnica equipollenti o ad istituti universitari.
Per le valutazioni ci sono anche enti specifici, al di là degli organi.
Se si tratta di procedimenti preordinati alla tutela di particolari interessi (sensibili), non si applicano le
disposizioni del primo comma.
Nel caso in cui l’ente o l’organo abbia rappresentato esigenze istruttorie, si applica il comma 4 dell’art 16.
La norma si occupa del caso in cui esse siano richieste ad enti o organi appositi e questi non provvedano
entro 90 giorni dal ricevimento della richiesta. In questa ipotesi la legge prevede che il responsabile del
procedimento deve chiedere le suddette valutazioni ad altri organi dell’amministrazione pubblica o altri
enti pubblici dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollente, o a istituti universitari. Questa
disciplina non si applica in caso di valutazioni che devono essere prodotte da amministrazioni preposte alla
tutela ambientale, paesaggistico (interessi sensibili). Il comma 3 dell’art 17 sancisce che i precedenti commi
si applicano anche nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi o pareri (come previsto dall’art 16). La
scelta dell’art 17 è chiara nell’imporre di procedere in ogni caso alla valutazione tecnica, senza introdurre
meccanismi che conducano comunque alla conclusione del procedimento. ciò segna una differenza rispetto
a quanto previsto per il caso di pareri, in ordine ai quali, in particolari circostanze è consentito all’autorità
procedente di proseguire indipendentemente dalla loro acquisizione. Nell’ambito della dinamica giuridica
norma-potere-effetto si configura in tal modo una sorta di riserva di valutazione in capo ad alcuni organi ed
enti: la valutazione non è sostituibile né dalla parte privata, né dall’amministrazione decidente. L’art 2 al
comma 4 conferma la sussistenza della riserva.
11.9 le attività istruttorie dirette all’accertamento dei fatti: come visto, l’istruttoria è governata dal
responsabile del procedimento, che è chiamato ad accertare i fatti. Spesso il responsabile usa uffici o servizi
tecnici di altre amministrazioni. L’ordinamento consente in alcuni casi, che l’attività istruttoria sia svolta da
privati. Controversa è la soluzione al problema della natura dei poteri istruttori: si tratta di capire se essi
siano necessariamente implicati dalla titolarità del potere di provvedere. Deve comunque escludersi che
l’amministrazione disponga di poteri “impliciti” (ossia non espressi), che consentono di indagare la realtà
anche incidendo sulla sfera giuridica dei terzi. In presenza di tale incidenza, vige sempre il principio di
tipicità e nominatività dei poteri amministrativi. Quindi i poteri il cui esercizio potrebbe comportare una
incisione nella sfera giuridica del terzo debbono essere espressamente conferiti dalla legge. Per acquisire
conoscenza della realtà e interessi, l’amministrazione usa diversi strumenti. alcuni atti istruttori sono
previsti come obbligatori dalla legge. L’amministrazione può però porre in essere ulteriori atti
indipendentemente dall’attribuzione di specifici poteri da parte dell’ordinamento.
Il principio inquisitorio è applicabile anche alla scelta dei mezzi istruttori (perizie, ispezioni, ecc) che
l’amministrazione può usare per acquisire la conoscenza di fatti rilevanti ai fini della determinazione finale.
L’ampia possibilità di decisione in ordine alla natura dei mezzi istruttori incontra il limite del non
aggravamento del procedimento. le risultanze che emergono dai mezzi istruttori sono di norma
liberamente valutate dall’amministrazione. Ciò trova conferma nelle disposizioni che consentono alla stessa
di verificare la veridicità delle dichiarazioni presentate dalla parte (art 21). Eccezioni sono costituite dalle
certificazioni, che creano certezze erga omnes. I fatti semplici sono spesso rappresentati nel procedimento
mediante le seguenti attività delle parti: -esibizione di documenti di identità; -acquisizione diretta di
documenti e informazioni: le PA e gestori di pubblici servizi devono acquisire le informazioni oggetto delle
dichiarazioni sostitutive e tutti i dati in possesso delle PA (l’art 2 dice che i termini procedimentali possono
essere sospesi per una sola volta per l’acquisizione di info relative a fatti non attestati in documenti già in
possesso della PA).; -produzione di documenti o autocertificazioni (i certificati relativi a stati, qualità
personali o fatti non possono essere usati nei rapporti con le PA: il cittadino usa infatti dichiarazioni
sostitutive). Va ricordato che l’amministrazione non può fare richiesta di informazioni o documenti ulteriori
(può chiedere solo documenti in caso di mancata corrispondenza del contenuto dell’istanza). Tra i
procedimenti volti ad accertare i fatti si ricordano le inchieste e le ispezioni: esse sono destinate a
raccogliere informazioni necessarie per provvedere e danno luogo ad atti di accertamento. L’inchiesta
amministrativa mira ad acquisizione di scienza relativa a un evento straordinario che non può essere
conosciuto usando la normale attività ispettiva. L’ispezione è un insieme di atti, operazioni mirati ad
acquisire scienza che ha ad oggetto situazioni o comportamenti e che avviene in un luogo esterno rispetto
alla sede dell’amministrazione.
11.10. la fase consultiva: una volta acquisiti tutti gli interessi coinvolti nella scelta finale e verificati i fatti
rilevanti, l’amministrazione deve procedere a una valutazione del materiale istruttorio. In alcune ipotesi
questa valutazione viene effettuata mediante atti emanati da appositi uffici o organi (di norma collegiali).
Gli atti mediante i quali viene effettuata questa attività sono i pareri. I pareri sono diversi da “pareri-note”,
che hanno la funzione di rappresentare il punto di vista dell’amministrazione che li emana. Solo il parere è
espressione della funzione consultiva. Inoltre, non devono essere conclusi con i pareri gli atti resi da
consulenti o esperti privati, i quali non svolgono funzioni di amministrazione consultiva. I pareri si
distinguono come segue:
-pareri obbligatori: se la loro acquisizione è prescritta dalla legge.
-pareri facoltativi: essi non sono previsti dalla legge; l’amministrazione può di propria iniziativa richiederli, a
patto che questo non comporti un ingiustificato aggravamento del procedimento.
-pareri conformi: pareri che lasciano all’amministrazione attiva la possibilità di decidere se provvedere o
meno (se provvede, non può disattenderli).
-pareri semivincolanti: possono essere disattesi solo mediante l’adozione del provvedimento, da parte di un
organo diverso da quello che di norma dovrebbe emanarlo.
-pareri vincolanti: pareri obbligatori che non possono essere disattesi dall’amministrazione, salvo che essa
non li ritenga illegittimi.
Il parere va ad arricchire il quadro istruttorio: il subprocedimento consultivi inizia con la richiesta di pareri,
prosegue con lo studio del problema, discussione, e si conclude con la comunicazione all’autorità
richiedente.
Il procedimento consultivo è disciplinato dall’art 16 (attività consultiva): il parere obbligatorio deve essere
reso entro 20 gg. In caso di pareri facoltativi, gli organi devono comunicare alle amministrazioni richiedenti
il termine entro il quale il parere sarà reso, comunque non superiore a 20 giorni dal ricevimento della
richiesta. La disciplina comunque distingue a seconda che si tratti di parere obbligatorio o facoltativo.
Decorso il termine previsto senza che sia stato comunicato quello obbligatorio, il termine non decorre di
nuovo per intero, ma vengono sacrificati 5 giorni sull’altare della semplificazione. Se il parere richiesto era
facoltativo, l’amministrazione richiedente ha il dovere di procedere indipendentemente dall’espressione
del parere.
In ogni caso, salvo il caso di omessa richiesta del parere, il responsabile del procedimento non può essere
chiamato a rispondere degli eventuali danni derivanti dalla mancata espressione dei pareri. Questa
disciplina non si applica nel caso di interessi sensibili.
Pareri resi dal consiglio di Stato: sono effettuati dagli organi di governo che esercitano le funzioni di
indirizzo politico-amministrativo.
Non è sempre facile distinguere tra pareri, valutazioni tecniche e nullaosta. Dal punto di vista teorico:
pareri: espressione della funzione consultiva; valutazioni tecniche: attengono a uno o più presupposti
dell’agire che debbono essere valutati nel corso dell’istruttoria; nullaosta: atto di amministrazione attiva
che viene emanato in vista di un interesse differente da quello curato dall’amministrazione procedente.
12. la fase decisoria: rinvio (art 17 bis: alla prof questa disposizione non piace tanto). Il procedimento può
chiudersi anche con un silenzio. In ogni caso l’amministrazione procedente quando deve acquisire intese,
concerti, nullaosta di altri PA, il procedimento deve seguire regole precise. L’ordinamento prevede al
riguardo 2 istituti: quello del silenzio assenso e quello della conferenza di servizi decisoria obbligatoria. L’art
17 bis introduce il meccanismo del silenzio assenso endoprocedimentale: esso consente
all’amministrazione endoprocedimentale, in caso di inerzia del soggetto che deve esprimere l’assenso, di
procedere verso la conclusione del procedimento. nelle ipotesi in cui, nella fase decisoria, sia prevista
l’acquisizione di assensi, nullaosta, le amministrazioni li comunicano entro 30 gg dal ricevimento dello
schema di provvedimento. Decorso il termine senza che sia stato comunicato l’assenso, lo stesso si intende
acquisito. Il termine è interrotto qualora siano rappresentate esigenze istruttorie. L’interruzione opera
anche in caso di richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale. Ove sia espresso un dissenso
e siano coinvolte amministrazioni statali, la norma introduce un altro strumento per superare l’ostacolo: in
caso di mancato accordo tra le amministrazioni statali coinvolte, il presidente del consiglio dei ministri
decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento.
Il silenzio assenso si forma anche nelle ipotesi in cui sia prevista l’acquisizione di assensi, concerti o
nullaosta di amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili. Il termine entro il quale le
amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso è di 90 gg dal ricevimento della richiesta da
parte dell’amministrazione procedente. Trascorsi questi giorni senza comunicazione dell’assenso, lo si
intende acquisito.
Diverso regime degli interessi sensibili: ove essi siano curati da amministrazioni chiamate a rendere pareri o
esprimere valutazioni tecniche, a fronte dell’inerzia dell’amministrazione il procedimento non può
comunque avanzare. Viceversa, nei casi in cui le amministrazioni chiamate a tutelare quegli interessi
debbano partecipare al procedimento rilasciando assensi, concerti, l’inerzia protratta per 90 gg equivale
all’acquisizione dell’atto di assenso.
13. la fase integrativa dell’efficacia: la produzione dell’efficacia (cioè attitudine a produrre vicende
giuridiche e a qualificare situazioni e rapporti) è spesso subordinata al compimento di determinate
operazioni, al verificarsi di certi fatti. Il provvedimento può dunque essere perfetto (completo di tutti gli
elementi prescritti), ma non ancora efficace. Secondo l’art 21 quater, i provvedimenti amministrativi
efficaci sono eseguiti immediatamente. L’efficacia (esecuzione) del provvedimento può essere sospesa, per
gravi ragioni e per il tempo necessario, dallo stesso organo che l’ha emanata o da altro organo previsto
dalla legge. Il termine della sospensione può essere prorogato o differito per una sola volta. L’efficacia va
distinta dalla esecutorietà (attitudine dell’atto a essere portato a esecuzione dall’amministrazione anche
coattivamente). Ancora, diversa dall’efficacia è la validità, che dipende dalla conformità al paradigma
normativo dell’atto. Il provvedimento invalido può spiegare effetti in quanto: sul piano positivo, è la
disciplina sul processo amministrativo che, chiarendo che il ricorso non ha effetto sospensivo dell’efficacia
del provvedimento invalido, mostra che i 2 concetti sono disgiunti; in generale, tutti gli atti pubblici
producono effetti anche se invalidi, a conferma del fatto che per l’efficacia si richiede qualcosa di diverso
rispetto alla classica legittimità.
Operazioni di partecipazione: esse condizionano l’efficacia degli atti recettizi (che diventano efficaci solo nel
momento in cui pervengono nella sfera di conoscibilità del destinatario). Sono qualificati così gli atti
normativi. La legge, ai sensi dell’art 21 bis “Efficacia del provvedimento limitativo della sfera giuridica dei
privati”, attribuisce natura recettizia ai provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati. Si dispone
che tali atti acquistano efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione personale. I
provvedimenti ampliativi si ritiene producano effetti a prescindere dalla comunicazione, fatte salve le
specifiche disposizioni di legge.
Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati può contenere una motivata clausola di
immediata efficacia. Questa regola però non vale per i provvedimenti a carattere sanzionatorio. I
provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati aventi carattere cautelare ed urgente sono
immediatamente efficaci.
I vizi o le irregolarità delle operazioni di partecipazione non si trasmettono all’atto: esso però non produrrà i
suoi effetti, salva la possibilità di rinnovare la fase di comunicazione. Se l’efficacia risulta sospesa in attesa
dell’esito del controllo, si versa nell’ipotesi di controllo preventivo. Il controllo può anche svolgersi dopo la
produzione degli effetti dell’atto controllato: in tal caso si parla di controllo successivo, il quale non
impedisce l’efficacia del provvedimento dal momento della sua emanazione. Il controllo dà luogo
normalmente a un subprocedimento. Occorre anche ricordare, per completezza, altre misure di
partecipazione: esse sono previste non solo con riferimento agli atti limitativi della sfera giuridica dei privati
di cui all’art 21 bis: per gli altri provvedimenti, le misure di partecipazione svolgono una differente funzione,
consentendo al privato di avere legale conoscenza dell’atto ai fini della sua impugnazione, facendo dunque
decorrere i relativi termini. I più comuni mezzi di partecipazione sono: la pubblicazione, la pubblicità, la
comunicazione individuale, la convocazione. Talune di queste operazioni sono effettuate secondo
procedure formali ad opera di particolari soggetti: si tratta delle notificazioni (caratterizzate
dall’interposizione, tra autore e destinatario dell’atto, di un soggetto terzo che documenta il ricevimento
dell’atto. Le comunicazioni, le pubblicazioni e le notificazioni sono curate dal responsabile del
procedimento. l’art 3 stabilisce l’obbligo per l’amministrazione di indicare in ogni atto notificato al
destinatario il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere. La violazione di tale art, comporta una
irregolarità (insuscettibile di determinare l’illegittimità dell’atto. Tale violazione consente l’applicazione
dell’errore scusabile.
Art.21 ter ESECUTORIETÀ
Comma 1 il provvedimento amministrativo può chiedere a un soggetto di adempiere, se questo non
avviene c’è l’intervento dell’autorità. L’amministrazione coattivamente impone l’adempimento.
Il provvedimento costitutivo di obblighi indica il termine e le modalità dell’esecuzione da parte del soggetto
obbligato.
Comma 2Se le obbligazioni hanno ad oggetto somme di denaro lo Stato ha delle vie per ottenere il
pagamento (compensazione o di fronte a un giudice).
14. la semplificazione procedimentale: l’esigenza di semplificare è sentita anche e soprattutto in materia
procedimentale. L’art 20, consente di affermare che la semplificazione comporta la riduzione delle fasi
procedimentali, adeguamento alle nuove tecnologie, accorpamento e regolamentazione uniforme dei
procedimenti che attengono alle stesse attività. la legge 241, agli artt 14 e seguenti, definisce come istituti
di semplificazione la conferenza di servizi, gli accordi tra amministrazioni, la prefissione di termini e
meccanismi procedurali per consentire di ottenere certi pareri o valutazioni tecniche, l’autocertificazione, il
silenzio assenso (anche tra amministrazioni). La semplificazione può certo favorire i privati, ma solo quelli
interessati all’effetto finale, mentre pregiudica spesso gravemente gli interessi dei terzi controinteressati.
Inoltre, non tutti gli interessi (in particolare quelli sensibili) tollerano una disciplina procedimentale che
comporti una semplificazione.
CAPITOLO VII: LA CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO: IL PROVVEDIMENTO E GLI
ACCORDI AMMINISTRATIVI: 1.GLI ATTI DETERMINATIVI DEL CONTENUTO DEL PROVVEDIMENTO, L’ATTO
COMPLESSO, IL CONCERTO E L’INTESA.
L’amministrazione conclude il procedimento emanando una decisione.
La fase decisoria può essere costituita da:
- Una serie di atti
- Un atto proveniente da un unico organo (monocratico o collegiale)
- Un fatto
- Un accordo
1. Nel momento in cui la fase decisoria consiste nell’emanazione di atti (monocratici) o deliberazioni
(collegiali) preliminari determinativi del contenuto del provvedimento finale, si assiste all’adozione,
da parte di un organo, che per produrre effetti deve essere esternato ad opera di un altro organo.
Atto del primo organo = determinativo del contenuto del provvedimento finale, ma non produce effetti.
2. Altro modello decisione su proposta = atto di impulso procedimentale, necessario per far si che
il provvedimento finale sia emanato e indicativo del contenuto dello stesso. L’organo al quale si
rivolge la proposta ha sempre il potere di rifiutare l’adozione dell’atto finale, ma non può
modificare il contenuto della proposta.
3. Modello dell’atto complesso a differenza dei casi in cui i due atti (determinazione preliminare e
atto finale) restano separati, qui le manifestazioni di volontà, di pari dignità si fondono in un atto
unico. L’interdipendenza tra le parti dell’atto complesso fa sì che basti l’illegittimità di una di esse
per determinarne l’annullabilità.
Questo atto è imputabile alle amministrazioni partecipanti, quindi, deve essere impugnato nei loro
confronti. Quindi, l’atto complesso comprende gli accordi tra amministratori.
Simili a quest’ultimo sono il concerto e l’intesa:
- Concerto istituto che si riscontra di norma nelle relazioni tra organi dello stesso ente
l’autorità concertante (unica ad essere titolare di potere di iniziativa) elabora uno schema di
provvedimento e lo trasmette all’autorità concertata. Il consenso della autorità concertate
condiziona l’emanazione del provvedimento consenso = atto che non si fonde con quello
dell’amministrazione procedente, l’unica a poter adottare l’atto finale.
Nel caso in cui l’inerzia si protragga oltre i 30gg il concerto si intende acquisito ai sensi dell’art.17 bis.
- Intesa raggiunta tra enti differenti ai quali si imputa l’effetto. Allo stesso modo del concerto,
un’amministrazione deve chiedere l’intesa ad altra autorità, il cui consenso condiziona l’atto finale.
Esistono altri casi in cui la legge mette in risalto dei momenti endoprocedimentali collegati con la decisione
finale, influenzandola sotto il profilo del dovere di motivazione.
Art. 11 accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento gli accordi vedono due parti: PA e privati.
Privati = destinatari dei provvedimenti o degli accordi.
Prevede che gli accordi che l’amministrazione conclude coi privati siano preceduti da una determinazione
dell’organo che sarebbe competente per l’adozione del provvedimento, al fine di giustificare l’adozione
dell’accordo stesso Accordi di programma tra PA. art. 15. Sono accordi di programma, pianificazione.
Atto = c’è un soggetto pubblico
Provvedimento = prima c’è stato un procedimento.
.
Art. 10 diritti di coloro che possono partecipare al procedimento nel caso di procedimenti ad istanza di
parte impone di comunicare agli istanti i motivi che ostano (= si oppongono) all’accoglimento della
domanda.
equipara i soggetti che possono partecipare e quelli destinatari della comunicazione. Soggetti del art. e
dell’art.9. partecipazione scritta.
La partecipazione da parte del soggetto si traduce nella presentazione di memorie scritte. I soggetti hanno
diritto a prendere visione degli atti del procedimento.
Rientra nell’ambito dell’accesso documentale, ma in questo caso è un accesso procedimentale e non
endoprocedimentale.
Art.6 compiti del responsabile del procedimento e) l’organo che emana il provvedimento finale, se
diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria, se non
indicandone le motivazioni nel provvedimento finale.
Silenzio assenso (art.20) costituisce oggi la regola, nel nostro ordinamento, per i procedimenti ad istanza
di parte, anche se temperata da eccezioni.
Art.20 dispone che “fatta salva l’applicazione dell’art.19 (che attiene alla dichiarazione di inizio attività), nei
procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio
dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda (30 gg), se la
medesima amministrazione non comunica all’interessato il provvedimento di diniego.
I termini di conclusione del procedimento decorrono dalla data di ricevimento della domanda del privato.
Il campo di applicazione di questo istituto coincide con i procedimenti ad istanza di parte.
Al c.4 eccezioni in ordine alle quali il silenzio non può valere come assenso, ma, salvi i casi di silenzio
rigetto, va qualificato come silenzio inadempimento. Non si applica agli atti e procedimenti riguardanti il
patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione,
l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, i casi in cui la normativa comunitaria impone
l’adozione di provvedimenti amministrativi formali [..]
Queste eccezioni corrispondono all’area in ordine alla quale l’amministrazione dovrebbe provvedere
espressamente su domanda del privato.
Eccezioni:
1- Interessi sensibili
2- È la legge a dire che un silenzio non vale come assenso
3- Espressa richiesta di
4- Quando vi siano dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su richiesta dei singoli ministri
degli atti o che si svolgano dei procedimenti
il legislatore delegato ha avviato la mappatura dei casi assoggettati a SCIA il d.lgs. 222/2016 ha elencato
le attività soggette a SCIA e a comunicazione in alcuni importanti settori (commercio, edilizia e ambiente),
spingendosi a definire ipotesi di silenzio assenso.
Per evitare la formazione del silenzio, l’amministrazione competente può agire in 3 modi (due previsti
all’art.20):
1. Può provvedere espressamente, a patto che rimanga fermo il principio di cui all’art.2 in forza del
quale l’amministrazione ha il potere-dovere di provvedere con un atto espresso. Però, è evidente
che il meccanismo del silenzio sia un forte disincentivo nei confronti dell’adozione di provvedimenti
espressi di accoglimento dell’istanza. Comunque, ai sensi dell’art.21 c.2 ter, la formazione del
silenzio assenso non esclude la responsabilità del dipendente che non ha agito tempestivamente
nel caso in cui l’istanza non fosse conforme alle norme vigenti.
2. Art.20 c.1, può comunicare all’interessato il provvedimento di diniego entro 30 gg, in assenza di
diversa determinazione.
3. Può indire, entro 30 gg dalla presentazione dell’istanza di cui al c.1, una conferenza di servizi, anche
tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati.
Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l’amministrazione
competente può assumere determinazioni in via di autotutela (potere discrezionale) ai sensi degli artt. 21
quinquies (revoca del provvedimento) e 21 nonies (annullamento d’ufficio).
La sussistenza di questi poteri espone l’attività del privato, assentita mediante silenzio, a una certa
instabilità. A seguito della formazione del silenzio assenso, secondo la giurisprudenza, l’amministrazione
può comunque provvedere tardivamente in modo espresso.
In caso di dichiarazioni mendaci o false attestazioni il dichiarante è punito con la sanzione. La
dichiarazione mendace o falsa impedisce la formazione del silenzio.
Restano ferme le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo su attività soggette ad atti di assenso da
parte di PA previste da leggi vigenti, anche se è stato dato inizio all’attività ai sensi degli artt. 19 e 20.
In virtù dell’art.20 (silenzio assenso) silenzio = provvedimento favorevole.
La circostanza che l’amministrazione disponga di un potere amministrativo (sebbene non lo eserciti
emanando un provvedimento) ha come conseguenza che il privato, autorizzato a svolgere un’attività a
seguito del formarsi del silenzio, trovi il titolo legittimante dell’attività stessa negli effetti collegati al silenzio
e non nella legge.
Silenzio assenso ammesso anche nei rapporti tra amministrazioni e tra amministrazioni e gestori di
pubblici servizi con riferimento agli:
- Atti di consenso
- Concerti
- Nullaosta
L’art.17 bis consente l’acquisizione endoprocedimentale per silentium di questi assensi. Ciò vale anche se
sono relativi a interessi sensibili il termine in questo caso è di 90 gg.
Silenzio rigetto si forma nei casi in cui l’amministrazione (alla quale è stato indirizzato un ricorso
amministrativo) rimanga inerte.
Disciplinato dal d.p.r. 1199/1971 il ricorso si ritiene respinto trascorsi 90 gg dalla presentazione del
ricorso gerarchico.
Decorsi i 60 gg (30 in materia edilizia) si restringe la possibilità di avere un ripristino della legalità il
privato può però attivare i poteri inibitori, ma solo in presenza delle condizioni previste dall’art.21 nonies
sull’annullamento d’ufficio; in questo modo si allarga l’area di discrezionalità dell’amministrazione e,
dunque, non è più possibile ripristinare la legalità sul mero presupposto dell’assenza dei requisiti di legge.
La Corte costituzionale, sentenza 45/2019 chiarisce che, decorsi i due termini (60 gg e 18 mesi – in
riferimento al potere discrezionale), l’amministrazione rimane senza poteri. Rimane la possibilità di
rivolgersi al giudice ordinario per la tutela dei rapporti interprivati, di sollecitare i poteri pubblicistici di
vigilanza e repressivi di settore o di agire in via risarcitoria contro l’amministrazione o il dipendente per il
mancato esercizio del potere di verifica.
La SCIA per essere compatibile con l’ordinamento dell’UE deve risolversi in una dichiarazione privata che
apre la via a controlli successivi. In ogni caso la nuova formulazione dell’art.19 ha respinto la tesi del
provvedimento di formazione tacita confermando che sussiste, invece, un mero atto privato non
direttamente impugnabile.
Accanto all’autorizzazione, al silenzio, alla SCIA si era menzionato il modello dello svolgimento dell’attività
previa mera comunicazione la disciplina di questo istituto è posta dal d.lgs. 222/2016: prevede una serie
di attività in ordine alle quali la comunicazione produce effetto con la presentazione all’amministrazione
competente o allo sportello unico
11.obbligazioni e servizi pubblici: il servizio pubblico è la complessa relazione che si instaura tra
soggetto pubblico, che organizza un’offerta pubblica di prestazioni, rendendola doverosa, e utenti. Tale
relazione ha ad oggetto le prestazioni di cui l’amministrazione, predefinendone i caratteri attraverso la
individuazione del programma del servizio, garantisce, direttamente o indirettamente, l’erogazione, al
fine di soddisfare in modo continuativo i bisogni della collettività di riferimento, in capo alla quale sorge
di conseguenza una aspettativa giuridicamente rilevante. Il servizio è dunque “pubblico” in quanto reso
al pubblico degli utenti per la soddisfazione dei bisogni della collettività. Il servizio pubblico è “assunto”
dal soggetto pubblico con legge o con un atto generale, rendendo doverosa la conseguente attività. Alla
fase dell’assunzione del servizio segue quella della sua erogazione, cioè la concreta attività volta a
fornire prestazioni ai cittadini. In proposito, l’ordinamento prevede forme tipizzate di gestione. accanto
alla gestione diretta (o indiretta a mezzo di enti pubblici) è contemplato spesso l’intervento di soggetti
privati. Di recente, si è introdotto l’impiego del “contratto di servizio” quale strumento per disciplinare i
rapporti tra amministrazione e soggetto esercente: il d.lgs 422/1997, ad esempio, dispone che
l’esercizio dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale, con qualsiasi modalità effettuati e in
qualunque forma affidati, è regolato “mediante contratti di servizio di durata non superiore a 9 anni”.
Molteplici sono le classificazioni che possono essere operate in relazione ai servizi pubblici. già s’è fatto
cenno alla distinzione tra servizi a rilevanza economica (per i quali sussiste un mercato e dunque la
competenza legislativa statale esclusiva in materia di concorrenza; esercitabili in forme imprenditoriali,
essi rilevano per il diritto europeo e vanno affidati ai privati con procedure concorsuali: si pensi a
trasporti ed energia) e servizi privi di rilevanza economica (fuori del mercato: si pensi ai servizi sociali).
la costituzione parla di “servizi pubblici essenziali”. Gli artt. 33, 34 e 38 cost. ostano invece alla
nazionalizzazione e, cioè all’instaurazione di un monopolio pubblico per i servizi di istruzione (la
repubblica deve garantire a tutti “la scuola è aperta a tutti”, possibilità di fruizione) e di assistenza. Con
riferimento agli enti locali, la legge si riferisce ai servizi indispensabili e a quelli “ritenuti necessari per lo
sviluppo della comunità” (art 149 TU enti locali). Essi son finanziari dalle entrate fiscali.
I servizi sociali sono caratterizzati dai seguenti elementi: finalizzazione alla tutela e alla promozione del
benessere della persona, doverosità della predisposizione degli apparati pubblici necessari per la loro
gestione e, nella prospettiva della sussidiarietà orizzontale, assenza del divieto per i privati di svolgere
siffatta attività. di recente, è emersa la categoria di servizio universale, “insieme minimo definito di
servizi di qualità determinata, accessibili a tutti gli utenti a prescindere dalla loro ubicazione geografica
e a un prezzo accessibile” nel settore delle telecomunicazioni. Nozione diversa è quella di servizi di
pubblica utilità (settori dell’energia elettrica, del gas e delle telecomunicazioni): qui l’accento va posto
sul pubblico cui possono essere rese le prestazioni. Si distingue infine tra servizi a fruizione collettiva (si
pensi all’illuminazione) e servizi a fruizione individuale, erogati sulla base di un rapporto giuridico
specifico con l’utente (si pensi al trasporto e biglietto). Una specifica menzione meritano i servizi
pubblici locali che rientrano nella titolarità di comuni e province.
Tornando ai servizi pubblici in generale, la dottrina si è impegnata a nell’individuazione dei principi
giuridici applicabili al settore: accanto a quelli sopra analizzati, della doverosità, della continuità, della
parità di trattamento, della tipicità dei modelli di gestione e di eguaglianza, sono stati indicati i principi
dell’economicità, quelli della qualità, tutela e partecipazione. La norma da ultimo citata prevede che i
casi e le modalità di adozione delle carte dei servizi (le quali esplicitano i caratteri dei servizi offerti al
pubblico); da rimarcare anche il nesso con la trasparenza. Ulteriori principi: universalità e accessibilità.
Il d.l 332/1994 stabilisce che le dismissioni delle partecipazioni azionarie dello Stato e degli enti pubblici
nelle società in mano pubblica operanti nel settore della difesa, trasporti, telecomunicazioni, fonti di
energia sono subordinate alla creazione di organismi indipendenti per il controllo della qualità dei
servizi di rilevante interesse pubblico.