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IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

È una sequenza ordinata di atti, fatti e operazioni, posti in essere da più uffici o organi, collegati tra loro
e finalizzati al conseguimento di un risultato: l’emanazione di un provvedimento amministrativo.

Garantisce la partecipazione di coloro nei cui confronti la decisione della P.A. produrrà effetti → tali
soggetti possono nel corso di un procedimento amministrativo, far valere i propri interessi, dei quali
l’amministrazione dovrà tenere conto nell’adozione del provvedimento conclusivo.

La legge n. 241/1990 detta una disciplina generale sul procedimento amministrativo, improntata ai
principi di trasparenza e partecipazione, ha facilitato il controllo da parte degli interessati e il sindacato
sulla stessa ad opera degli interessati e dall’autorità competente. Correttivi nel corso degli anni = legge n.
15/2005 e legge n. 69/2009 → tesi ad incentivare il nuovo modello di azione amministrativa: partecipata e
trasparente.

Le fasi del procedimento amministrativo

Come disciplinato dalla legge n. 241/1990 il procedimento amministrativo è strutturato in 4 fasi:

 Fase di iniziativa nella quale il procedimento amministrativo ha inizio. Può essere attivata su:
 iniziativa di parte, ovvero quando un soggetto privato, interessato all’emanazione di un
provvedimento amministrativo, attiva il procedimento attraverso la presentazione di
un’istanza alla P.A. [Va specificato che, non ogni istanza fa automaticamente nascere in
capo all’amministrazione un obbligo di avviare un procedimento amministrativo ai fini
dell’adozione di un provvedimento amministrativo (c.d. obbligo di provvedere).
L’obbligo di provvedere nasce quando la legge espressamente disciplini il potere del
privato di presentare un’istanza, riconoscendogli la titolarità di una situazione giuridica
qualificata e differenziata.]
 d’ufficio, quando l’iniziativa è avviata da un organo amministrativo: su impulso della
stessa amministrazione decidente oppure di un’amministrazione terza che presenta una
richiesta o una proposta
 Fase istruttoria in cui il responsabile del procedimento analizza i fatti e gli interessi rilevanti ai fini
della decisione. Tra gli atti istruttori, acquisiti ai fini della decisione finale, meritano particolare
attenzione i pareri. La fase istruttoria deve consentire l’esame completo degli atti, fatti e interessi di
cui tenere conto, ma deve concludersi in tempo per consentire all’amministrazione di adottare il
provvedimento conclusivo nel rispetto del termine di conclusione del procedimento amministrativo.
 Fase decisoria nella quale viene determinato il contenuto del provvedimento amministrativo
conclusivo del procedimento. Può essere:
 semplice, nel caso in cui l’amministrazione decidente sia una (es. decreto ministeriale
o direttoriale)
 pluristrutturata ovvero articolata da una pluralità di manifestazioni di volontà,
adottate da diverse amministrazioni decidenti, e tra loro collegate. Tra le decisioni
pluristrutturate hanno particolare rilevanza i concerti e le intese.
Si parla di concerto quando il provvedimento amministrativo è formato
dalle manifestazioni di volontà di organi amministrativi in posizione di
parità tra loro (es. decreto del Ministero della salute, in concerto con il
Ministero dell’economia e delle finanze). In tal caso l’amministrazione
procedente adotta il provvedimento amministrativo conclusivo del
procedimento, unicamente dopo aver acquisito il concerto (ovvero la
manifestazione di volontà) da parte dell’altra amministrazione
competente. In assenza di concerto, il provvedimento non può essere
adottato.
Le intese costituiscono manifestazioni di volontà rese da enti diversi.
Anche in tal caso il provvedimento amministrativo non può essere
adottato in mancanza dell’intesa.
 Fase di integrazione dell’efficacia, fase eventuale che si realizza quando è apposta una condizione
all’efficacia del provvedimento. Vi sono casi in cui il provvedimento è efficace sia dal momento
della sua emanazione, in altri invece, l’ordinamento prevede che il provvedimento sia portato a
conoscenza dei destinatari. Ciò avviene attraverso:
 il controllo, ovvero il riesame dei provvedimenti adottati dall’amministrazione al fine
di accertarne la conformità alle norme giuridiche (c.d. controllo di legittimità) o di
corrispondenza ai criteri di opportunità e convenienza cui la P.A. deve attenersi
nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali (c.d. controllo di merito). La verifica dei
contenuti del provvedimento amministrativo, che viene esercitata da organi
competenti e solitamente esterni all’amministrazione che ha emanato l’atto. In tal
caso, solo all’esito positivo del controllo il provvedimento può divenire efficace. I
controlli si distinguono in:
 controlli preventivi, che intervengono prima che il
provvedimento spieghi i suoi effetti verso i destinatari
 controlli successivi, che intervengono dopo che il
provvedimento formato sia divenuto efficace
 controlli sostitutivi, nel caso in cui l’autorità gerarchicamente
superiore a quella competente ad emanare il provvedimento e
dotata di potere di sostituzione, accerta l’inerzia dell’organo
competente e lo emana in sostituzione di quest’ultimo.
 la comunicazione ai destinatari, nei casi degli atti c.d. recettizi, in cui la
comunicazione agli interessati costituisca presupposto indispensabile per l’efficacia
del provvedimento.

I TERMINI DI CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO


(Art. 2 legge n. 241/1990)
L’art. 2 legge n. 241/1990 disciplina l’obbligo della P.A. di concludere il procedimento amministrativo con
un provvedimento espresso – sia nel caso abbia avuto origine dall’istanza del privato, sia nel caso in cui sia
stato avviato d’ufficio – entro un termine certo e predefinito. Salvo diversa previsione contenuta nella
legge o nei provvedimenti in cui l’amministrazione definisce i termini di conclusione del procedimento, i
procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici devono
concludersi nel termine di 30 giorni.

Possibilità per le amministrazioni statali ed enti pubblici di allungare tale termine:

- possono essere individuati termini non superiori a 90 giorni per la conclusione di procedimenti
- in presenza di particolari presupposti e ove sia indispensabile il termine può essere prorogato fino a
180 giorni.
I termini per la conclusione del procedimento decorrono dall’inizio del procedimento (se d’ufficio) o dal
ricevimento dell’istanza se il procedimento è ad impulso di parte.

Possono essere sospesi per una sola volta e per un periodo di tempo non superiore a 30 giorni, per
l’acquisizione di informazioni o certificazione relative ai fatti, stati o qualità non attestati in documenti
già in possesso dall’amministrazione o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche
amministrazioni.

Il mancato rispetto dei termini di conclusione del procedimento

L’art. 2, comma 9, legge n. 241/1990 prevede che: la mancata o tardiva emanazione del provvedimento
nei termini costituisce elemento per la valutazione della performance individuale, di responsabilità
disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente o del funzionario inadempiente.

L’art. 2, commi 9-bis e 9-ter prevede che l’organo di Governo individua nell’ambito delle figure apicali
dell’amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia. [in caso in
omessa individuazione da parte dell’organo di governo, il responsabile del potere sostitutivo è
individuato nel dirigente generale o, in mancanza, nel dirigente preposto all’ufficio o, in mancanza, nel
funzionario di più elevato livello presente nell’amministrazione]. Il nominativo di questo soggetto è
pubblicato sul sito internet dell’amministrazione. Decorso inutilmente il termine del procedimento, il
privato può rivolgersi al responsabile del potere sostitutivo affinché, entro un termine pari alla metà di
quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti con la
nomina di un commissario.

L’art. 2 comma 9-quater dispone che il responsabile del potere sostitutivo entro il 30 gennaio di ogni
anno comunica all’organo di governo i procedimenti nei quali non è stato rispettato il termine di
conclusione.

L’art. 2 comma 9-quinques prevede che nei provvedimenti rilasciati in ritardo su istanza di parte, siano
espressi il termine previsto e quello effettivamente impiegato.

L’art. 338 comma 3 del codice penale, prevede anche una responsabilità penale per il pubblico
ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che non adotti un provvedimento nel termine prescritto
dalla legge e non risponda per esporre le ragioni del ritardo. Il reato di omissione non motivata di atti
richiesti è punito con la reclusione fino ad un anno o con una multa fino a 1032 euro.

Il silenzio della P.A.

Nei casi mancato rispetto dei termini di conclusione del procedimento, si forma il c.d. “silenzio” della
P.A. e può distinguersi:

- silenzio assenso, che si configura nei casi in cui la legge attribuisce all’inerzia dell’amministrazione
il valore di accoglimento di una determinata istanza. Pertanto, nel caso in cui l’amministrazione non
adotti il provvedimento nel termine previsto da disposizioni di legge, il decorso del tempo equivale
ad accoglimento dell’istanza del privato
- silenzio diniego, quando la legge conferisce all’inerzia della P.A. il significato di diniego
dell’istanza del privato
- silenzio inadempimento, che si verifica nell’ipotesi in cui l’inerzia dell’amministrazione non è
disciplinata da alcuna norma che attribuisca alla stessa un peculiare significato. Consiste nella
possibilità di ricorrere al giudice amministrativo per ottenere l’attuazione coattiva del dovere di
provvedere della P.A.

IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO


- Art. 4 legge n. 241/1990
- Art. 5 comma 1 legge n. 241/1990
- Art. 6-bis legge n. 241/1990

L’art. 4 legge n. 241/1990 prevede l’obbligo per l’amministrazione pubblica di individuare, per ogni
procedimento amministrativo, l’unità organizzativa responsabile dell’istruttoria e di ogni altro
adempimento procedimentale, nonché dell’adozione del provvedimento finale. Una volta individuata
l’unità organizzativa competente, il dirigente della stessa provvede ad individuare il responsabile del
procedimento, assegnando la responsabilità dell’istruttoria a sé o ad altro dipendente.
L’art. 5 comma 1 legge n. 241/1990 dispone che il responsabile del procedimento costituisce il titolare
della responsabilità istruttoria e di ogni altro adempimento inerente al singolo procedimento nonché,
eventualmente, dell’adozione del provvedimento finale.

L’unità organizzativa e il responsabile del procedimento vengono comunicati agli interessati


nella comunicazione di avvio del procedimento nonché –su richiesta– a chiunque vi abbia
interesse (art. 7 legge n. 241/1990). Il responsabile si occupa di: valutare, ai fini istruttori, le
condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti
per l’emanazione di un provvedimento; accertare d’ufficio i fatti, disponendo il compimento
degli atti necessari e, adottare ogni misura per l’adeguato svolgimento dell’istruttoria – può
esperire inoltre accertamenti tecnici ed ispezioni nonché ordinare l’esibizione di documenti;
proporre o, avendone la competenza, convocare le conferenze di servizi di cui all’art.14 della
legge n. 241/1990; curare le comunicazione, le pubblicazioni e le notificazioni previste dalle
leggi o dai regolamenti; adottare, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale, ovvero
trasmettere gli atti all’organo competente per l’adozione. L’organo competente, se diverso dal
responsabile del procedimento, non può discostarsi da quanto emerso dall’istruttoria, se non
indicandone motivazione nel provvedimento finale.

L’art. 6-bis legge n. 241/1990 detta specifiche previsioni per i casi di conflitto di interesse. Dispone che il
responsabile del procedimento – nonché i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni
tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale – devono astenersi da tali attività in caso di
conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale, al fine di garantire la
trasparenza dell’azione della P.A.

LA PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

La partecipazione rientra nel concetto di “giusto procedimento” amministrativo, condotto in maniera


trasparente e in coerenza con i principi di buon andamento e imparzialità (art. 97 comma 2 Cost.) della P.A.

La partecipazione avviene mediante:

 comunicazione di avvio del procedimento (art. 7 legge n. 241/1990)


 intervento nel procedimento (art. 9 legge n. 241/1990)
 la garanzia dei diritti dei partecipanti al procedimento (art. 10 legge n. 241/1990)
 il preavviso di rigetto (art. 10-bis legge n. 241/1990)

Comunicazione di avvio del procedimento (art. 7 legge n. 241/1990)

Costituisce il primo strumento con cui la P.A. consente la partecipazione degli interessati al procedimento
amministrativo. I soggetti che ricevono comunicazione di avvio:

- soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti
- soggetti che per legge devono intervenire nel procedimento
- soggetti individuati o individuabili, diversi dai destinatari – qualora dal provvedimento possa
derivare loro un pregiudizio –

Ai sensi dell’art. 7 legge n. 241/1990 l’amministrazione può omettere la comunicazione di avvio del
procedimento amministrativo:

- nelle ipotesi in cui sia necessario procedere all’immediata adozione di provvedimenti cautelari
[l’adozione di un provvedimento cautelare non esonera l’amministrazione dal comunicare l’avvio del
procedimento amministrativo successivo all’adozione del provvedimento e necessario per
stabilizzare gli effetti cautelari]
- ove sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità [le esigenze di
celerità devono sostanziarsi in un’urgenza dalla quale si evinca un’assoluta necessità di
immediatezza del provvedimento amministrativo; l’esigenza di celerità deve essere motivata e può
sussistere nel caso di adozione di ordinanze contingibili e urgenti e revoca dell’affidamento di un
appalto, da adottare a seguito dell’informativa prefettizia dalla quale risultino tentativi di
infiltrazione mafiosa]
- per i provvedimenti vincolati, ovvero nei casi in cui non sussista alcuna discrezionalità
dell’amministrazione nella definizione del contenuto del provvedimento [questa osservazione non è
sempre valida, in quanto, talvolta, la partecipazione del privato è utile anche nei procedimenti
vincolati, ad esempio, per l’accertamento dei fatti o per un contraddittorio sulle disposizioni
applicabili al caso di specie]
- nei casi di adozione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e
programmazione, nonché nei procedimenti tributari, per i quali sussistono specifiche norma che
ne regolano la formazione

Contenuti della comunicazione di avvio del procedimento amministrativo (art.8 legge n. 241/1990)

I contenuti della comunicazione di avvio sono:

- l’amministrazione competente
- l’oggetto
- l’ufficio e la persona responsabile del procedimento
- la data entro la quale deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia
dell’amministrazione
- la data di presentazione dell’istanza, nei procedimenti ad iniziativa di parte
- l’ufficio in cui si può prendere visione degli atti

Lo stesso articolo prevede che la comunicazione sia personale; qualora non sia possibile a causa del
numero dei destinatari o perché gravosa, l’amministrazione provvede a rendere noti gli elementi
contenuti nella comunicazione di avvio mediante forme di pubblicità ritenute più idonee. Di regola,
l’omissione della comunicazione di avvio, rende il provvedimento illegittimo per violazione di legge.

Intervento nel procedimento e diritti dei partecipanti (artt. 9 e 10 legge n. 241/1990)

Art. 9 legge n. 241/1990 → disciplina l’intervento degli interessati nel procedimento → qualunque
soggetto, pur non essendo destinatario del provvedimento, bensì portatore di interessi pubblici o privati,
ovvero portatore di interessi diffusi (costituito in associazioni o comitati), cui possa derivare un pregiudizio
dal provvedimento, ha facoltà di intervenire nel procedimento.

Art. 10 legge n. 241/1990 → disciplina i diritti dei partecipanti al procedimento → tutti i soggetti
partecipanti al procedimento hanno diritto di : prendere visione degli atti del procedimento, salvo nei casi
in cui la legge preveda che gli atti siano esclusi dal diritto di accesso; di presentare memorie scritte e
documenti, che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare ove siano pertinenti all’oggetto del
procedimento.

Il preavviso di rigetto (art. 10-bis legge n.241/1990)

Finalizzato a comunicare l’esistenza di motivi che ostacolano l’accoglimento dell’istanza. Costituisce un


atto endoprocedimentale nel quale l’amministrazione illustra la motivazione per cui intende rigettare
l’istanza del privato.

A seguito di tale comunicazione, gli interessati hanno facoltà di presentare entro 10 giorni dal ricevimento
della stessa, memorie e documenti che, ove pertinenti, l’amministrazione sarà tenuta a valutare. Nel caso in
cui, a seguito della valutazione degli elementi aggiuntivi, l’amministrazione decida comunque di adottare un
provvedimento di diniego, dovrà darne motivazione nel provvedimento medesimo.

Il preavviso di rigetto si applica unicamente ai procedimenti avviati su istanza di parte.

Non si applica:

- alle procedure concorsuali, come i concorsi per l’assunzione nel pubblico impiego e le procedure
selettive per il conseguimento dell’idoneità per l’iscrizione negli albi professionali
- nei procedimenti in materia previdenziale e assistenziale

L’AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA LEGGE SUL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

La legge n. 241/1990 si applica alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali, nonché alle società
con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all’esercizio delle funzioni amministrative.

Non si applica direttamente alle regioni e agli enti locali, che regolano le materie disciplinate dalla legge n.
241/1990, nel rispetto dell’autonomia riconosciuta loro dalla Costituzione. Tuttavia, va segnalato che alcune
disposizioni della legge n. 241/1990 attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117,
comma 2, lettera m) della Costituzione e, pertanto, devono essere applicate in modo uniforme sul territorio
nazionale (anche dalle regioni e dagli enti locali). Tali disposizioni attengono a:

- partecipazione dell’interessato al procedimento amministrativo


- individuazione di un responsabile del procedimento
- termini di conclusione del procedimento
- accesso alla documentazione amministrativa
Le regioni e gli enti locali non possono stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate ai privati dalle
disposizioni attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni, ma possono unicamente prevedere livelli ulteriori
di tutela.

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