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Appunti sul Profetismo a cura di

don Eulo Tarullo

1^ ed. 2002

Sulmona, marzo 2007

1
INTRODUZIONE

Il canone biblico contiene una serie di libri detti “profetici” attribuiti cioè a
personaggi (ovviamente ispirati) chiamati profeti.119 Sono 16 (18) i libri
profetici.

Anzi solitamente si fa una distinzione tra i profeti: maggiori e minori.

MAGGIORI (estensione del testo): Isaia – Geremia (Lamentazioni) – Ezechiele


– Daniele

MINORI: Amos – Osea – Michea – Sofonia – Abacuc – Naum – Baruc – Abdia


– Aggeo – Zaccaria – Malachia – Gioele.

Ovviamente noi parliamo di PROFETISMO BIBLICO, ma va subito notato che


il fenomeno “profetismo” non è esclusivamente biblico; forme di profetismo si
trovano un po’ ovunque nel Medio Oriente anche se esso raggiunge la più alta
espressione in Israele, dove però è, pur rimanendo degli elementi del profetismo
in generale, del tutto originale, non si spiega adeguatamente senza il
soprannaturale.120

Per quanto attiene al fenomeno profetismo si devono approfondire due aspetti:

a) sembra che si debba collegare in qualche modo alla natura emotivo-


razioneale dell’homo religiosus che (1) percepisce l’esistenza di un essere
superiore; (2) cerca di entrare in contatto con lui; (3) si pone in ascolto di
eventuali suoi messaggi e li proclama. Da qui la presenza in tutte le religioni
primitive e più evolute di “personaggi” quasi predisposti e capaci di
concentrazione mentale, che cadono in “trance” fino a sentirsi trasformati e
quindi abilitati a dare responsi sulle varie questioni. Da questo sforzo
dell’uomo di entrare in contatto con le divinità derivano fenomeni come la
119
Preciseremo chi è il “profeta”.
120
Senza l’influsso di Dio = ispirazione.
2
divinazione, l’oniromanzia e la magia, tutti modi per indagare l’ignoto e
scoprire la realtà sovra- umana.
b) Abbiamo testimonianze circa il profetismo extra-biblico.
 Alcune tavolette del grande archivio del regno di Mari (1933) dove si
parla di uno speciale nabismo121;
 Egitto: profezia di Neferti (sec. XX) con struttura molto simile allo
schema della profezia biblica (annuncio della mala sorte, annuncio
della buona sorte);
 Canaan:122 dove le manifestazioni profetiche prendono la forma
dell’estasi (profetismo estatico).
Come è detto in questo mondo extrabiblico il profeta? Chi è? Come viene visto?

Contemporaneamente è ritenuto come:

 Oggetto di una CHIAMATA (nabì) da parte di Dio


 Latore di un MESSAGGIO a coloro ai quali è inviato
Spesso si dice che è “uno che vede Dio”123 e ne diventa la bocca “bocca di
Dio”, sono l’idea del Profeta che si ritrova nel mondo biblico.

PROFETISMO e PROFETI nella BIBBIA

La Magna Carta (Atto Costitutivo) del profetismo biblico che Dio costituisce
come “ordine o istituzione profetica” come “canale permanente della
Rivelazione” la troviamo in Deuteronomio 18, 17-18.124

I Profeti125 sono, quindi, opera – istituzione di Dio.

121
NABI è uno dei termini da cui deriva PROFETA.
122
È la terra in cui si stanziano gli Ebrei, la Terra Promessa.
123
Veggente, questo concetto si ritrova nei due termini: Hozeh e Roheh.
124
“Il Signore mi rispose: Quello che hanno detto, va bene; io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro
fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò.” (Deut 18, 17-18).
125
Dall’inizio del popolo di Israele fino al V secolo. Dopo, ai tempi di Esdra e Neemia, non ci sono più
pericoli per l’integrità di Israele e quindi non ci sono profeti, ma verranno i sapienti con le loro serene
meditazioni.
3
- Etimologia del termine “PROFETA”

Nell’uso corrente al termine “profeta” viene dato il significato di “colui che


predice il futuro”, dice prima quanto accadrà.

È vero che spesso nelle parole dei profeti c’è l’annunzio di cose future, ma in
realtà egli è colui che si interessa del passato e del presente più che del futuro.

Il termine deriva dal greco προφήτης da προ – φεμί. Nel greco classico il
termine significa “colui che annunzia, notifica, proclama qualcosa” e si tratta di
un annunzio pubblico.

La preposizione προ che precede il termine φεμί sembra avere in origine un


senso prevalentemente locale (parlare “davanti” ad una assemblea, un gruppo, un
singolo) e non temporale (parlare “prima” che il fatto si compia). Nel nostro caso
προ sta per “in luogo di” , quindi “profeta” è oggi comunque la persona che
proclama/annuncia al posto di (in questo caso al posto di Dio) e ha il
corrispettivo nei termini ebraici i cui contenuti (significati) si ritrovano tutti nel
PROFETA.

NABI
è il chiamato, colui che ha ricevuto un incarico. Ha ricevuto un
mes-

saggio da Dio che annunzierà ad ogni costo agli uomini.

HOZEH
veggente, colui che riesce a vedere il segreto che solo Dio
conosce e

lo comunica con un oracolo. Non è tuttavia un indovino, ma colui


che

indica la volontà di Dio perché è mosso da Dio stesso.


4
RO’ EH
veggente, conosce cose sconosciute ad altri e rivela cose future e
nasco-

ste. Ma le conosce perché è chiamato da Dio.

Definizione di Profeta: al di là di ogni disquisizione terminologica, possiamo


certamente dire che per il mondo biblico “Il Profeta è l’uomo di Dio, perché
chiamato da lui ad essere il suo portavoce, il suo araldo; è colui che parla in
nome di, al posto di Dio.

Questo significato è confermato dall’uso costante che se ne fa nella Bibbia, dalla


quale ci risulta che i Profeti ci sono dall’inizio della Storia di Israele.

1. Abramo è profeta (Gen 20,7)126 anche se non fa alcuna predizione, ma


perché godette dell’intimità e protezione di Dio di cui conobbe i segreti e
chiamato da Dio a seguire la sua via nell’equità e nella giustizia (Gen
18,19).127
2. Mosè non solo meritò di essere chiamato profeta (Os 12,4), 128 ma,
secondo Deut 34,10,129 fu il più grande dei profeti, e nessuno nel futuro lo
avrebbe uguagliato (vede Dio faccia a faccia).
3. Aronne è profeta di Mosè (Es 7,12)130 occupa nei confronti di Mosè il
posto che ha il profeta nei confronti di Dio.

126
“Ora restituisci la donna di quest’uomo: egli è un profeta: preghi egli per te e tu vivrai. Ma se tu non la
restituisci, sappi che sarai degno di morte con tutti i tuoi”. (Gen 20,7).
127 “
Infatti io l’ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui ad osservare la via del
Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore realizzi per Abramo quanto gli ha promesso”
128
“Egli nel grembo materno soppiantò il fratello e da adulto lottò con Dio” (Os 12,4).
129
“Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè - lui con il quale il Signore parlava faccia a faccia”
(Deut 34,10).
130
“Gettarono ciascuno il suo bastone e i bastoni divennero serpenti. Ma il bastone di Aronne inghiottì i loro
bastoni.” (Es 7,12).
5
4. I Patriarchi sono chiamati profeti (cf Sal 104,15)131 in quanto re delle
loro tribù e messaggeri della tradizione rivelata.
5. Maria, sorella di Aronne e di Mosè, è chiamata “profetessa” (Es 15,20) 132
certamente per il Cantico che eleva in onore di JaHvé dopo il passaggio
del Mar Rosso. Così i 70 anziani che coadiuvano Mosè nel governo del
popolo.
6. Debora (Giudici 4, 4-5)133 che giudica il popolo stando seduta sotto una
palma, è Profetessa.
7. Profeta anonimo che rimprovera agli Israeliti la loro infedeltà riguardo
alla voce di Dio (Giudici 6, 8-10)134.

131
«Non toccate i miei consacrati, non fate alcun male ai miei profeti». (Sal 104,15).
132
“Allora Maria, la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un timpano: dietro a lei uscirono le donne
con i timpani, formando cori di danze.” (Es 15,20).
133
“In quel tempo era giudice d’Israele una profetessa, Debora, moglie di Lappidot. Essa sedeva sotto la
palma di Debora, tra Rama e Betel, sulle montagne di Efraim, e gli Israeliti venivano a lei per le vertenze
giudiziarie.” (Gdc 4, 4-5).
134
“Il Signore mandò loro un profeta che disse: «Dice il Signore, Dio d’Israele: Io vi ho fatti uscire
dall’Egitto e vi ho fatti uscire dalla condizione servile; vi ho liberati dalla mano degli Egiziani e dalla mano
di quanti vi opprimevano; li ho scacciati davanti a voi, vi ho dato il loro paese e vi ho detto: Io sono il
Signore vostro Dio; non venerate gli dei degli Amorrei, nel paese dei quali abitate. Ma voi non avete
ascoltato la mia voce».” (Gdc 6, 8-10).
6
IL PROFETISMO IN ISRAELE

In Israele, quindi, fin dall’inizio della sua storia, vi furono profeti. Come
abbiamo visto già Abramo e i Patriarchi tutti sono detti Profeti e di Mosé si dice
che non vi fu in Israele un profeta simile a lui (Deuteronomio 34, 10-11).135

È però a partire dall’insediamento definitivo di Israele in Canaan che il


profetismo diventa una “istituzione permanente” (Deuteronomio 18,9 ss.) 136 e
prende vigore; ha come punto di partenza il profeta Samuele (cfr Atti 3, 24).137

Da questo momento il numero dei profeti cresce ed influisce molto sulla vita del
popolo, sia dal punto di vista religioso che dal punto di vista politico(cfr
1Samuele 3, 20).138

Possiamo comunque fare una classificazione del profetismo in Israele:


135
“Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè - lui con il quale il Signore parlava faccia a faccia - per
tutti i segni e prodigi che il Signore lo aveva mandato a compiere nel paese di Egitto, contro il faraone,
contro i suoi ministri e contro tutto il suo paese.” (Deut 34, 10-11).
136
“Quando sarai entrato nel paese che il Signore tuo Dio sta per darti, non imparerai a commettere gli
abomini delle nazioni che vi abitano… Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un
profeta pari a me; a lui darete ascolto”. (Deut 18,9 ss.)
137
“Tutti i profeti, a cominciare da Samuele e da quanti parlarono in seguito, annunziarono questi giorni”.
(At 3,24).
138
“Perciò tutto Israele, da Dan fino a Bersabea, seppe che Samuele era stato costituito profeta del Signore”.
(1 Sam 3,20).
7
A) Profetismo estatico. (sec. XI a. C.)
È quello di ferventi “Jahvisti” che cercano di respingere i pericoli che
incombono sulla religione e sulla nazione (1 Sam 9-10) 139, sono gruppi.
Esternamente il fenomeno somiglia a quello dei profeti di Baal (cfr 1 Re 18, 25-
29)140:

 Non c’è chiamata da parte di Dio


 Né si è mossi dallo Spirito
Questi gruppi vivevano nei santuari di Jahvé, ( cfr. 1Samuele 19,20) 141 cadono in
trance e pregano di conoscere la sua volontà

B) Profetismo solitario.
(Si ha poi testimonianza di un Profetiamo solitario, quello cioè proprio di
singole persone e qui si hanno i Profeti in senso pieno).

Questa forma sorge all’epoca di Samuele che ne è il primo esponente (cf 1 Sam
3,20)142, all’epoca dei prime re (secoli XI – IX a. C.). Egli riceve da Dio la
chiamata ad essere messaggero dei suoi voleri. (cfr. 1 Sam 3, 1-21)143.

SAMUELE è conosciuto e stimato, perché quanto proclama si avvera. Riceve il


messaggio da Dio, è un “nabì”, (cfr. 1 Sam 4,6)144, anzi è il primo grande
139
“In passato in Israele, quando uno andava a consultare Dio, diceva: «Su, andiamo dal veggente»,
perché quello che oggi si dice profeta allora si diceva veggente. Disse dunque Saul al servo: «Hai detto
bene; su, andiamo» e si diressero alla città dove era l’uomo di Dio.” (1 Sam 9, 9-10).
140
“Elia disse ai profeti di Baal: «Sceglietevi il giovenco e cominciate voi perché siete più numerosi.
Invocate il nome del vostro Dio, ma senza appiccare il fuoco». (…)Passato il mezzogiorno, quelli ancora
agivano da invasati ed era venuto il momento in cui si sogliono offrire i sacrifici, ma non si sentiva alcuna
voce né una risposta né un segno di attenzione”. (1 Re 18, 25-29).
141
“Allora Saul spedì messaggeri a catturare Davide, ma quando videro profetare la comunità dei profeti,
mentre Samuele stava in piedi alla loro testa, lo spirito di Dio investì i messaggeri di Saul e anch’essi fecero i
profeti.” (1 Sam 19,20).
142
“Perciò tutto Israele, da Dan fino a Bersabea, seppe che Samuele era stato costituito profeta del Signore.”
(1 Sam 3,20).
143
“ (…) Samuele rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Allora il Signore disse a Samuele:
«Ecco io sto per fare in Israele una cosa tale che chiunque udirà ne avrà storditi gli orecchi (…) (1 Sam 3, 1-
21).
144
“Anche i Filistei udirono l’eco di quell’urlo e dissero: «Che significa il risuonare di quest’urlo così forte
nell’accampamento degli Ebrei?». Poi vennero a sapere che era arrivata nel loro campo l’arca del Signore” (1
8
profeta che incarna il tipo classico di profeta, secondo lo spirito di
Deuteronomio 18, 15-20145; sono quelli che i profeti scrittori chiameranno
“Profeti Anteriori”. In questa linea sono da porre anche NATAN, ELIA,
ELISEO.

Elia ed Eliseo sono del secolo IX a. C. In questo momento nascono anche


“associazioni di profeti” chiamati semplicemente “figli di profeti” (cfr. 1 Re 20,
35; 2 Re 2, 3.5.7.15).146

Questa forma di profetismo si affinerà e completerà e sarà caratteristica nei


grandi profeti del secolo VIII, quelli che ci hanno lasciato per iscritto i messaggi
divini e che quindi conosciamo come Profeti Scrittori (secoli VIII – IV a. C.).

È su alcuni di questi che noi soffermeremo la nostra attenzione. Prima però


ancora qualche considerazione di carattere generale.

Perché il Profetismo in Israele? Perché Dio suscita profeti tra il popolo?

Perché Dio vuole che comunichino la grande verità: “Jahvé è Dio di Israele,
Israele è il popolo eletto di Jahvé”. Perciò come portavoce di Dio hanno come
loro compito primario di far sapere questa verità che comporta conseguenze
pratiche per la vita pubblica e privata, un modo particolare di essere e di vivere
di Israele.

Perciò i profeti:

 Combattono l’idolatria (tentazione per Israele)

Sam 4,6).
145
“Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete
ascolto. 16Avrai così quanto hai chiesto al Signore tuo Dio, sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: Che
io non oda più la voce del Signore mio Dio e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia. 17Il
Signore mi rispose: Quello che hanno detto, va bene; 18io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e
gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. 19Se qualcuno non ascolterà le
parole, che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto.” (Deut 18, 15-20).
146
“Allora uno dei figli dei profeti disse al compagno per ordine del Signore: «Picchiami!». L’uomo si rifiutò
di picchiarlo”. (1 Re 20,35). “ Ifigli dei profeti che erano in Gerico si avvicinarono a Eliseo e gli dissero:
«Non sai tu che oggi il Signore ti toglierà il tuo padrone?». Rispose: «Lo so anch’io, ma non lo dite».” (2 Re
2,7).
9
 Lottano contro le tendenze scismatiche di Israele
 Richiamano alla forma religiosità con i conseguenti atteggiamenti
morali
 Combattono il formalismo che non salva
 Annunciano che la fedeltà a Jahvé è prosperità, sicurezza e pace
 Sconsigliano e combattono la politica pagana di alleanze con popoli e
potenze straniere
 Annunciano castighi e benedizioni, descrivono le prove di Israele e la
sua restaurazione, tracciano quadri grandiosi dell’epoca messianica.
In definitiva quello dei profeti è un compito triplice:

1. religioso (rapporto con Dio, alleanza)


2. morale (fedeltà alla legge)
3. politico (non alleanza coi pagani, sperare solo in Dio non nelle
potenze straniere).
Chi poteva essere profeta?

Chiunque può essere scelto – chiamato da Dio, senza limitazione di sesso,


stirpe, nascita, fortuna, educazione, età (cfr. 1 Re 19,19) 147. Infatti Amos è
pastore, Isaia è colto, Geremia ed Ezechiele sono sacerdoti; anche alcune donne
sono coinvolte: Debora al tempo dei Giudici (4, 4-5)148, Culda al tempo di Giosia
(2 Re 22,14)149.

Quale modo Dio usa per consacrarsi un Profeta?

147
“Partito di lì, Elia incontrò Eliseo figlio di Safàt. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre
egli stesso guidava il decimosecondo. Elia, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello”.(1 Re 19,
19).
148
“In quel tempo era giudice d’Israele una profetessa, Debora, moglie di Lappidot. 5Essa sedeva sotto la
palma di Debora, tra Rama e Betel, sulle montagne di Efraim, e gli Israeliti venivano a lei per le vertenze
giudiziarie”. (Gdg 4, 4-5).
149
“Il sacerdote Chelkia insieme con Achikam, Acbor, Safàn e Asaia andarono dalla profetessa Culda moglie
di Sallùm, figlio di Tikva, figlio di Carcas, guardarobiere; essa abitava in Gerusalemme nel secondo
quartiere”. (2 Re 22,14).
10
Non c’era uno speciale rito di investitura, semplicemente Dio gli si manifesta
con la sua Parola (audizione o ispirazione interna? – difficile dirlo). (cfr. Is 50,
4-5; Ger 15,16; Ez 2,8; Am 1,1)150. Oppure Dio gli si manifesta con visioni,
perciò il profeta è detto anche il “veggente”, l’uomo che vede (ro’ éh, hozeh) o
rappresentazioni interiori? (Am 1,4-6; Ez 37; Zac 6)151.

Il profeta ascolta, prega, esegue gli ordini; raramente ci sono manifestazioni -


che pure sono attestate – anormali: catalessi (Ez 1,25)152; afasia (Ez 3,26; 24, 27;
33, 22)153emiplegia (Ez 4,4-6)154.

In più i profeti sono “chiamati” e “mandati” a parlare. Sono “oratori” più che
“scrittori”, uomini di azione più che uomini da tavolino.

Dove parlano?

Li vediamo tra il pubblico, negli edifici di culto, nelle piazze, tra i soldati, nella
reggia, tra le autorità, sono lì dove c’è la gente.

All’interno del popolo di Israele i profeti prevalgono su tutti , nei riguardi delle
altre “funzioni” e “istituzioni” (sacerdozio, sapienti, giudici, monarchie).

150
“Il Signore Dio mi ha dato una lingua da iniziati, perché io sappia indirizzare allo sfiduciato una
parola. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come gli iniziati. 5Il Signore Dio mi ha
aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro”. (Is 50, 4-5)

151
“Alla casa di Cazaèl darò fuoco e divorerà i palazzi di Ben-Hadàd; 5spezzerò … sterminerò (…) dice il
Signore. 6Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Gaza (…) per consegnarle a Edom;” (Am 1, 4-6).
152
“Al centro apparve la figura di quattro esseri animati, dei quali questo era l’aspetto: avevano sembianza
umana” (Ez 1, 15).
153
“Ti farò aderire la lingua al palato e resterai muto; così non sarai più per loro uno che li rimprovera,
perché sono una genìa di ribelli.” (Ez 3, 26).
154
Mettiti poi a giacere sul fianco sinistro e sconta su di esso la iniquità d’Israele. Per il numero di giorni in
cui giacerai su di esso, espierai le sue iniquità: 5io ho computato a te gli anni della sua espiazione come un
numero di giorni. Per centonovanta giorni tu espierai le iniquità degli Israeliti. 6Terminati questi, giacerai
sul fianco destro e sconterai l’iniquità di Giuda per quaranta giorni, computando un giorno per ogni anno.
(Ez 4,4-6).
11
Il profetismo ci appare come la suprema istituzione che guida, illumina e critica
le altre: perché tutte hanno bisogno di ascoltare sempre la parola di Jahvé
affidata al profeta.

C’era una investitura particolare per il profeta?

No, pare che non ci fosse alcun rito di investitura, il passaggio allo stato di
profeta avviene in modo improvviso: “«Non ero profeta, né figlio di profeta; ero
un pastore e raccoglitore di sicomori; il Signore mi prese di dietro al bestiame e
il Signore mi disse: Và, profetizza al mio popolo Israele.” (Am 7,14-15).155

Il profeta era un uomo chiamato, non poteva sottrarsi, senza colpa grave: infatti
la missione a cui Jahvé chiama non era un servizio ma un ordine imposto:
“Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola
fu la gioia e la letizia del mio cuore, perché io portavo il tuo nome, Signore, Dio
degli eserciti.” (Ger 15,16).156

Come veniva esercitato il Profetismo?

 Con la parola viva. Sono “bocca di Dio”. Talvolta accompagnavano le


parole con gesti vivaci che avevano lo scopo di chiarire e rendere più
incisive le loro parole (Ez 6,11; 21, 11-12.17).157
 Con azioni simboliche che compivano durante la predicazione o anche
prima di essa per attirare l’attenzione.

155
“ (…) Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi:
«Eccomi, manda me!». Egli disse: «Và e riferisci a questo popolo… (…)” (Is 6, 1-13).

“Il cinque del quarto mese dell’anno trentesimo, (…), i cieli si aprirono ed ebbi visioni divine. (…) 3la parola
del Signore fu rivolta al sacerdote Ezechiele …” (Ez 1, 1-3).
156
“ «Figlio dell’uomo, nutrisci il ventre e riempi le viscere con questo rotolo che ti porgo». Io lo mangiai e
fu per la mia bocca dolce come il miele. Poi egli mi disse: «Figlio dell’uomo, và, recati dagli Israeliti e
riferisci loro le mie parole, …” (Ez 3,3) cfr. Ez 4,8: 3,16-21.
157
“Così dice il Signore Dio : Batti le mani, pesta i piedi in terra e dì: Oh, per tutti i loro orribili abomini il
popolo d’Israele perirà di spada, di fame e di peste! Chi è lontano morirà di peste, chi è vicino cadrà di
spada, chi è assediato morirà di fame: sfogherò su di loro il mio sdegno.” (Ez 6,11; cfr. Ez 21, 11-12.17).
12
 Il simbolismo era però limitato ad alcuni gesti più o meno spettacolari
(cfr. 1 Re 20, 35-43)158; spesso era costituito da avvenimenti che
riguardavano la vita stessa del profeta.
 Non mancano casi in cui i profeti fanno ricorso alla Scrittura. Ciò
soprattutto quando le profezie sono destinate a generazioni future; allora
non le pronunciano mai a viva voce, ma le consegnano direttamente allo
scritto (Ez 40-78; Dan 7-12)159.
Altre volte le profezie sono annunziate a viva voce, però il profeta stesso
provvede a fissarle per iscritto. Lo fa per diversi motivi:

1. per ordine stesso di Dio (Is 8,1; 30,8; Ger 36,2-3; Ez 24,2)160
2. o perché non vengano facilmente impugnate dagli avversari (Am
7,12; Ger 36)161
3. o perché giungano integralmente ai posteri specialmente in quelle
parti che riguardano il futuro (Is 8, 1-4; Ger 51, 60-64).162
Quando non è il singolo profeta a scrivere (e ciò accadeva raramente e per i
motivi ora accennati), si può pensare che siano stati i discepoli (perché attorno ai
profeti si formavano vere e proprie scuole) dopo la morte del profeta, a mettere
insieme i suoi oracoli, ad aggiungervi qualche notizia biografia e a pubblicare la
raccolta (cfr. Is 8,1; 30, 8; Ger 30, 2; 51, 60; Ez 43, 11; Ab 2, 2).163

158
“ (…)Costui gli disse: «Così dice il Signore: Perché hai lasciato andare libero quell’uomo da me votato
allo sterminio, la tua vita pagherà per la sua, il tuo popolo per il suo popolo». Il re di Israele se ne andò a
casa amareggiato e irritato ed entrò in Samaria. (1 Re 20, 35-43).

159
“Nel primo anno di Baldassàr re di Babilonia, Daniele, mentre era a letto, ebbe un sogno e visioni nella
sua mente. Egli scrisse il sogno e ne fece la relazione che dice: (… ) “ (Dn 7 ) cfr. anche Ez 40-48.
160
«Figlio dell’uomo, metti per iscritto la data di oggi, di questo giorno, perché proprio oggi il re di Babilonia
punta contro Gerusalemme.>> (Ez 24, 2); (cfr. anche Is 8,1; 30,8; Ger 36, 2-3).
161
“Amasia disse ad Amos: «Vattene, veggente, ritirati verso il paese di Giuda; là mangerai il tuo pane e là
potrai profetizzare.” (Am 7, 12); (cfr. anche Ger 36).
162
“Il Signore mi disse: «Prenditi una grande tavoletta e scrivici con caratteri ordinari: A Mahèr-salàl-cash-
baz ». Io mi presi testimoni fidati, il sacerdote Uria e Zaccaria figlio di Iebarachìa. ( … )” (Is 8, 1-4); (cfr.
anche Ger 51, 60-64).
163
“Il Signore rispose e mi disse: «Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette perchè la si legga
speditamente.” (Abacuc 2, 2); (cfr. anche Is 8,1; 30,8; Ger 30,2; 51,60; Ez 43,11).
13
Quale lo stile letterario dei profeti?

I libri profetici sono stati redatti prevalentemente in forma poetica, con


espressioni e immagini iperboliche (esagerate), spesso ardite o comunque poco
conformi alla nostra tradizione letteraria e ai nostri gusti occidentali.

La poesia la troviamo nella sua più svariata tonalità:

 epitalamo: per esprimere una gioia incontenibile;164


 elegia o lamentazione: per un dolore (cfr. Lamentazioni di Geremia)
 canto sacrificale: a scopo di ringraziamento (Ger 33,11)
 inno (Is 42, 10; 44, 23; 52, 9-12)165
 preghiera (Ger 14, 7-9)166
 canto penitenziale (Gioele 1-12)167
 anche il motteggio, a volte (Is 14).168

164
“ … grida di gioia e grida di allegria, la voce dello sposo e quella della sposa e il canto di coloro che
dicono: Lodate il Signore degli eserciti, perché è buono, perché la sua grazia dura sempre… “ (Ger 33, 11).
165
“Cantate al Signore un canto nuovo, lode a lui fino all’estremità della terra; lo celebri il mare con
quanto esso contiene, le isole con i loro abitanti”. (Is 42, 10); (cfr. anche Is 44, 23; 52, 9-12).
166
«Se le nostre iniquità testimoniano contro di noi, Signore, agisci per il tuo nome! (…) Eppure tu sei in
mezzo a noi, Signore, e noi siamo chiamati con il tuo nome, non abbandonarci>>. (Ger 14, 7-9).
167
“ …Cingete il cilicio e piangete, o sacerdoti, urlate, ministri dell’altare, venite, vegliate vestiti di sacco,
ministri del mio Dio, poichè priva d’offerta e libazione è la casa del vostro Dio. Proclamate un digiuno,
convocate un’assemblea, adunate gli anziani e tutti gli abitanti della regione nella casa del Signore
vostro Dio. …” (Gioele 1-12).
168
«Ah, come è finito l’aguzzino, è finita l’arroganza! (…)

Gli inferi di sotto si agitano per te, per venirti incontro al tuo arrivo; (…)

Come mai sei stato steso a terra, signore di popoli? (…)

Io la ridurrò a dominio dei ricci, a palude stagnante; la scoperò con la scopa della distruzione - oracolo
del Signore degli eserciti ->> (Is 14).

14
Questo vuol dire che il messaggio del profeta – come del resto quello di gran
parte della Bibbia – va bene interpretato (anche qui non una lettura letterale)
tenendo conto dei vari generi letterari:

1. l’oracolo: introdotto con la formula “Così dice Jahvé” e si


conclude con l’altra formula. “Oracolo di Jahvé”; riferito al futuro
è una minaccia o una promessa, riferito al presente è un rimprovero
o un avviso.
2. il racconto autobiografico (in prima persona). Il Profeta riferisce
fatti che lo riguardano e che sono strettamente connessi con la loro
missione.
3. il racconto biografico (in terza persona). Riferisce particolari dei
singoli profeti. Vi appartengono le notizie introduttive alle singole
raccolte di oracoli. Sono racconti in prosa che risalgono ai redattori
dei singoli libri i quali, più o meno direttamente, appartenevano
alla cerchia di persone legate al profeta.
Come si può sintetizzare il messaggio dei PROFETI?

1. Richiamano alla fedeltà all’alleanza sinaitica


2. Mettono in rilievo l’amore di Dio per il suo popolo con immagini molto
espressive:
 Dio è lo sposo fedele (Osea, Geremia, Ezechiele)
 Dio è il vignaiolo (Isaia, Ezechiele)
 Dio è il pastore (Geremia, Ezechiele)
3. Richiamano all’interiorità e alla pratica della vita contro il formalismo
cultuale
4. Preannunciano l’alleanza futura e la venuta di “uno, simile a figlio
d’uomo”, quindi del Messia
5. Presentano il “Piano” e il “Disegno” di Dio nella storia della salvezza

15
6. Preparano all’incontro con il più grande PROFETA: Gesù Cristo, che, a
sua volta, rimanda ai profeti e invita a meditare le loro parole.

I Profeti scrittori

Sono quelli che ci interessano particolarmente, alcuni dei quali li studieremo.

Agiscono e profetizzano:

 durante la monarchia in Israele,


 alla fine della monarchia;
 durante l’esilio a Babilonia;
 dopo l’esilio di Babilonia;
 fino all’epoca della restaurazione sotto Esdra e Neemia.

Collocazione cronologica

A) nel regno di Israele :

750 – 730 a. C. Amos

740 – 721 a. C. Osea

B) nel regno di Giuda:

740 – 678 a. C. Michea e Primo Isaia (cc 1-39)

621 – 587 a. C. Sofonia, Nahum, Abacuc e Geremia


16
587 – 538 a. C Lamentazioni, Ezechiele, Secondo Isaia (cc 40-55)

520 a. C. Aggeo e Primo Zaccaria (cc 1-8)

520 – 331 a. C. Terzo Isaia (cc 55-66), Abdia, Gioele, Malachia,


Giona

331 – 200 a. C. Secondo Zaccaria (cc 9-14), Baruc

167 – 164 a. C. Daniele (cc 1-12)

164 ss a. C. Daniele (3, 24-90 e cc 13-14)

Dal secolo V° in poi i veri e propri profeti vengono meno per i motivi di cui a pagina 3.

Si hanno 18 PROFETI e si distinguono in Maggiori e Minori

Maggiori: Isaia e Geremia (regno din Giuda prima dell’Esilio)

Ezechiele e Daniele (durante l’esilio)

Minori: Amos ed Osea (regno del Nord prima dell’esilio)

Michea – Sofonia – Abacuc _ Nahum – Baruc

(regno di Giuda prima dell’esilio)

Abdia – Aggeo - Zaccaria e Malachia

(dopo l’esilio)

Gioele

Giona (dopo l’esilio)

ONE BIBLICO
17
Libri storici (21):

Genesi., Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio,

Giosuè, Giudici, Rut,

1 e 2 Samuele, 1 e 2 Re, Cronache,

Esdra, Neemia,

Tobia, Giuditta, Ester,

1 e 2 Maccabei;

Libri didattici (7):

Giobbe,

Salmi,

Proverbi, Qoelet,

Cantico dei cantici,

Sapienza, Siracide

Libri Profetici (18):

Isaia,

Lamentazioni, Geremia, Baruc,

Ezechiele,

Daniele,

Osea, Gioele, Amos,

Abdia,
18
Giona,

Michea,

Nahum, Abacuc,

Sofonia,

Aggeo, Zaccaria, Malachia.

CRONOLOGIA DEI PROFETI

Dopo aver parlato del Profetismo in Israele in genere e prima dello studio di
alcuni profeti scrittori, può risultare utile situare i profeti nel tempo del popolo di
Israele.

Ia Fase Profeti anteriori (non scrittori)


Inizi del popolo Abramo (Gen 20,7), Mosé (Deut 18,15); Maria
(Es 15,20);
Debora (Giud 4,4)
Inizi della monarchia Samuele (1Sam 3,20); <Figli dei Profeti>
(Gruppi: 1Sam 2,27ss); Natan (con Davide: 2
Sam 7,12)
Inizi del rofetiamo classico nel Elia (1 Re c. 17- 2 Re c. 1); Eliseo (2 Re cc 2-
Regno del Nord (870-840) 13)
IIa Fase Profeti posteriori (scrittori)
Avanti l’esilio
780 nel Nord Amos, Osea
740 nel Sud Isaia, Michea
650 nel Sud Sofonia, Nahum, Abacuc
620 nel Sud Geremia (Baruc, segretario di Geremia)
19
Nell’Esilio Secondo Isaia (Is cc. 40-55)
586-531 Ezechiele
Dopo l’Esilio
520 Aggeo, Zaccaria
400 Malachia, Terzo Isaia (Is cc. 56-66), Giona,
160 Abdia
Gioele, Daniele

Senza tener conto della distinzione tra profeti maggiori e minori che, ricordo,
non deriva dall’importanza, dalla personalità, dal prestigio del profeta, ma dalla
lunghezza del testo a noi pervenuto, presenteremo alcuni Profeti tenendo
presente la loro collocazione cronologica.

20
AMOS

Amos è il più antico dei profeti di cui possediamo gli scritti. Contemporaneo di
Osea.

Le notizie sulla vita di Amos sono contenute nel titolo del libro (1,1): “Parole di
Amos, il quale fu tra i pecorai di Tekoa 169. Egli ebbe una visione contro Israele
nei giorni di Ozia re di Giuda (783-742 a. C.) e nei giorni di Geroboamo (786-

169
Località a 18 km a sud di Gerusalemme e a 8 km a sud di Betlemme.
21
746 a.C.) figlio di Joas re d’Israele, due anni avanti il terremoto” (cfr. Zac
14,5)170.

Il nome di “Amos” è probabilmente una contrazione di: Amosyah = Jahvé porta


o anche Peso, Fardello.

È pastore, probabilmente a servizio di qualche ricco proprietario di greggi e


secondo AM 7,14: “… incisore di sicomori …”, frutti simili a fichi, che
venivano incisi, perché giungessero a più rapida maturazione.

È chiamato mentre si trovava dietro il suo gregge (7,15) 171. Una chiamata che
non si manifestò con fenomeni esterni, ma consistette in un impulso interiore
irresistibile (cfr. 3, 3-8).172

Si sentiva profondamente diverso dai profeti professionisti tanto che al


Sacerdote di betel, Amasia, che voleva contestargli il diritto di profetare nel
santuario regale, egli risponde con sdegno: “Io non sono un profeta né un figlio
di profeta … il Signore mi prese da dietro il gregge e mi disse … va, profetizza
al mio popolo Israele” (cfr. 7, 14-15).

Il momento storico in cui Amos opera è piuttosto florido per Israele.

Grazie all’opera di Geroboamo il Regno di Samaria aveva ripreso l’antico


splendore dell’età salomonica; economia fiorente. Amos, giungendovi, è
impressionato da:

1. dai maestosi palazzi (6,8)173

170
“Sarà ostruita la valle fra i monti, poiché la nuova valle fra i monti giungerà fino ad Asal; sarà ostruita
come fu ostruita durante il terremoto, avvenuto al tempo di Ozia re di Giuda. Verrà allora il Signore mio Dio
e con lui tutti i suoi santi.” (Zaccaria 14,5)
171
“Il Signore mi prese di dietro al bestiame e il Signore mi disse: Và, profetizza al mio popolo Israele.”
(Am 7,15).
172
“… In verità, il Signore non fa cosa alcuna senza aver rivelato il suo consiglio ai suoi servitori, i profeti. …
Il Signore Dio ha parlato: chi può non profetare?” (Am 3, 3-8).
173
“… odio i suoi palazzi, consegnerò la città e quanto contiene.” (Am 6,8).
22
2. dalle grandi abitazioni (6,11),174 con vari appartamenti per le varie
esigenze estive e invernali (3,15;175 6,4)176
3. dalla vita comoda e spensierata (6, 4-6).177
Il profeta non può non denunciare questo lusso smodato – che non piace al
profeta -, perché esso nascondeva un profondo disordine, la cui responsabilità
ricadeva principalmente sulle classi privilegiate.

Infatti erano il frutto di innumerevoli ingiustizie e commesse ai danni dei meno


abbienti: i giudici amministravano la giustizia in modo venale (2,6; 6,7. 10-
12);178 i creditori riducevano in schiavitù i debitori per una piccola somma, o,
addirittura, per un paio di sandali (2,6; 8,6) 179; i mercanti trattavano i poveri
alterando misure e bilance (8,4ss)180.

L’impressione peggiore però il profeta l’ha nei santuari del Regno: (Betel 4,4;
5,5; 7,10)181 Dan (8,14),182 Siegal (4,4; 5,5). In essi si venerava il simbolismo
religioso del vitello d’oro che Amos chiama “il peccato di Samaria” (8,14); il
174
“… il Signore comanda di fare a pezzi la casa grande e quella piccola di ridurla in frantumi.” (Am 6,11).
175
“… Demolirò la casa d’inverno insieme con la sua casa d’estate e andranno in rovina le case d’avorio

e scompariranno i grandi palazzi.” (Am 3,15).


176
“ …Essi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti nella
stalla.” (Am 6,4).
177
“…Canterellano al suono dell’arpa, si pareggiano a David negli strumenti musicali; bevono il vino in
larghe coppe e si ungono con gli unguenti più raffinati, ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano.
(Am 6, 4-6)
178
“…Poichè voi cambiate il diritto in veleno e il frutto della giustizia in assenzio.” (Am 6,12).
179
“…perchè hanno venduto il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali;” (Am 2,6).

“…per comprare con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali? Venderemo anche lo
scarto del grano».(Am 8,6).
180
“…Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese, voi che dite: «Quando
sarà passato il novilunio e si potrà vendere il grano? E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,
diminuendo le misure e aumentando il siclo e usando bilance false, …”(Am 8,4ss).
181
“Andate pure a Betel e peccate! A Gàlgala e peccate ancora di più! Offrite ogni mattina i vostri sacrifici
e ogni tre giorni le vostre decime.” (Am 4,4).
23
culto suscitava l’ammirazione di tutti per le feste sacre (5,5.25) fra cui
spiccavano quelle del novilunio o del sabato (8,5) e i numerosi sacrifici (4,4-5).

Si trattava però di un culto disgiunto dalla pratica delle vere virtù. (5,21-24) 183 e,
per di più, ammetteva delle pratiche immorali di origine Cananea (2,7). 184

È contro tutto questo che Amos si scaglia, un messaggio che non è accolto e gli
fu intimato di ritornarsene in Giudea.

Secondo alcuni avrebbe obbedito e ripreso le occupazioni primitive; secondo


una certa tradizione però sarebbe stato colpito a morte da figlio del sacerdote
Amasia, e poi fu trasportato in fin di vita in patria dove morì e fu sepolto
accanto ai suoi avi.

Il Libro di Amos (9 capitoli)

Dopo il titolo (1,1) – in cui ci sono elementi sulla persona di Amos – e un tema
profetico (1,2), disse: “Il Signore da Sion ruggirà e da Gerusalemme darà la sua
voce, e faranno lutto le praterie dei pastori e sarà inaridita la vetta del Carmelo”;

“Non rivolgetevi a Betel, non andate a Gàlgala, non passate a Bersabea, perchè Gàlgala andrà tutta in
esilio e Betel sarà ridotta al nulla.” (Am 5,5).

“Amasia, sacerdote di Betel, mandò a dire a Geroboàmo re di Israele: «Amos congiura contro di te in
mezzo alla casa di Israele; il paese non può sopportare le sue parole,…” (Am 7,10).
182
“Quelli che giurano per il peccato di Samaria e dicono: «Per la vita del tuo dio, Dan!» oppure: «Per la
vita del tuo diletto, Bersabea!», cadranno senza più rialzarsi!” (Am 8,14).
183
“Io detesto, respingo le vostre feste e non gradisco le vostre riunioni; anche se voi mi offrite olocausti,
io non gradisco i vostri doni e le vittime grasse come pacificazione io non le guardo. Lontano da me il
frastuono dei tuoi canti: il suono delle tue arpe non posso sentirlo! Piuttosto scorra come acqua il diritto e
la giustizia come un torrente perenne.” (Am 5, 21-24).
184
“…essi che calpestano come la polvere della terra la testa dei poveri e fanno deviare il cammino dei
miseri; e padre e figlio vanno dalla stessa ragazza, profanando così il mio santo nome.” (Am 2,7).
24
il libro può essere diviso in 2 parti, costituite rispettivamente di ORACOLI E
VISIONI.

Prima Parte (1, 36 – 6, 14), comprende:

1. Il carme dei giudizi dei popoli (1,3 – 2, 16) sono descritti i popoli
circonvicino (Damasceni, Filistei, Siriani, Idumei, Ammoniti, Moabiti) di
Giuda e di Israele e annuncia i castighi loro riservati.
2. Cinque collezioni di oracoli (3 – 6): in essi il profeta prima rimprovera agli
israeliti i loro vizi (durezza di cuore, lusso, vana fiducia in una religiosità
esteriore) e poi ne ricorda i castighi. Le prime 3 collezioni iniziano con la
formula “Ascoltate questa parola …”, le altre due con “Guai …”.
Seconda Parte (7, 1 – 9, 15) è costituita da 5 visioni simboliche che
annunziano la prossima fine del regno di Israele: le cavallette, la siccità, il filo a
piombo, il cesto di frutti maturi, Jahvè presso l’altare di Betel. Dopo la terza
visione è intercalato il brano biografico sull’alterco tra Amasia ed Amos (7, 10-
17).

L’epilogo finale (9, 11-15) promette la restaurazione del regno davidico e una
felicità indefettibile.

Il messaggio profetico di Amos

1. Centralità del messaggio: annuncio del giudizio punitivo di Dio su Israele. In


forza dell’alleanza del Sinai, Israele avrebbe dovuto praticare la giustizia e la
religiosità interiore con maggiore impegno. Invece preferì violare la giustizia e la
legge morale facendo coesistere tutta al sua religiosità nello splendore delle feste

25
e nella molteplicità delle pratiche cultuali 185. Per questo sarà severamente punito
da Dio186.
2. Potrebbe non avvenire la punizione se solo cambiasse il comportamento, un
cambiamento radicale della condotta (5, 4-6.14-15) 187. Ma Amos non lo sapeva
per il suo tempo: ormai su Israele incombe il “giorno di Jahvé” (5, 18-27) 188, in
cui la punizione sarà operata dagli Assiri nel 727 a.C.
3. Tuttavia i disegni di Dio riguardo a Israele si realizzeranno ugualmente perché,
dopo la distruzione, sussisterà “un resto” (3,12; 5,3; 5, 15) 189 e vi sarà una

185
“Così dice il Signore: «Per tre misfatti d’Israele e per quattro non revocherò il mio decreto,
perchè hanno venduto il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali; essi che calpestano
come la polvere della terra la testa dei poveri e fanno deviare il cammino dei miseri; e padre e figlio
vanno dalla stessa ragazza, profanando così il mio santo nome. Su vesti prese come pegno si stendono
presso ogni altare e bevono il vino confiscato come ammenda nella casa del loro Dio. Eppure io ho
sterminato davanti a loro l’Amorreo, la cui statura era come quella dei cedri, e la forza come quella della
quercia; ho strappato i suoi frutti in alto e le sue radici di sotto. Io vi ho fatti uscire dal paese di Egitto e vi
ho condotti per quarant’anni nel deserto, per darvi in possesso il paese dell’Amorreo. Ho fatto sorgere
profeti tra i vostri figli e nazirei fra i vostri giovani. Non è forse così, o Israeliti?». Oracolo del Signore.
«Ma voi avete fatto bere vino ai nazirei e ai profeti avete ordinato: Non profetate!” (Amos 2, 6-12) cfr.
anche Amos 5, 6-11.

186 “Ascoltate queste parole, questo lamento che io pronunzio su di voi, o casa di Israele! È caduta, non
si alzerà più, la vergine d’Israele; è stesa al suolo, nessuno la fa rialzare. Poiché così dice il Signore Dio: La
città che usciva con mille uomini resterà con cento e la città di cento resterà con dieci, nella casa
d’Israele.” (Amos 5, 1-3) cfr. anche Amos 2, 13-16 e 3, 11-15.
187
“Cercate il bene e non il male, se volete vivere, e così il Signore, Dio degli eserciti, sia con voi, come
voi dite. Odiate il male e amate il bene e ristabilite nei tribunali il diritto; forse il Signore, Dio degli
eserciti, avrà pietà del resto di Giuseppe.” (Amos 5, 14-15) cfr. anche Amos 5, 4-6.
188
“Che sarà per voi il giorno del Signore? Sarà tenebre e non luce. (…) Io detesto, respingo le vostre
feste … Lontano da me il frastuono dei tuoi canti: (…) Ora, io vi manderò in esilio al di là di Damasco, dice
il Signore, il cui nome è Dio degli eserciti. (Amos 5, 18-27).
189
“Poiché così dice il Signore Dio: La città che usciva con mille uomini resterà con cento e la città di
cento resterà con dieci, nella casa d’Israele. (Amos 5, 3).
26
restaurazione nazionale attorno ad un discendente di Davide (9, 11-12) 190, che
godrà una perenne prosperità (9, 13-15)191.
4. Il Dio degli Israeliti è pure il padrone di tutti i popoli. Anch’essi infatti devono
osservare la legge morale di cui Jahvé è il creatore e il tutore geloso; altrimenti li
coglierà il severo castigo di Dio (1, 3; 2, 16) 192. In questo modo Amos afferma il
monoteismo e l’universalismo di Jahvé.
(Lettura Amos 7 – 8 – 9 , oltre a quella personale di tutti e 9 i capitoli.)

OSEA

190
“In quel giorno rialzerò la capanna di Davide, che è caduta; ne riparerò le brecce, ne rialzerò le
rovine, la ricostruirò come ai tempi antichi, perché conquistino il resto di Edom e tutte le nazioni sulle
quali è stato invocato il mio nome, dice il Signore, che farà tutto questo.” (Amos 9, 11-12).
191
“Ecco, verranno giorni, - dice il Signore - in cui chi ara s’incontrerà con chi miete e chi pigia l’uva con
chi getta il seme; dai monti stillerà il vino nuovo e colerà giù per le colline. Farò tornare gli esuli del mio
popolo Israele, (…) Li pianterò nella loro terra e non saranno mai divelti da quel suolo che io ho concesso
loro, dice il Signore tuo Dio.” (Amos 9, 13-15).
192
“Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Damasco e per quattro non revocherò il mio decreto, perchè
hanno trebbiato con trebbie ferrate Gàlaad.” (Amos 1,3).
27
Contemporaneo di Amos, anche se un po’ più giovane, è il profeta OSEA il cui
nome significa “Jahvé aiuta” o “Jahvé salva”.

Anche di questo profeta sono scarse le notizie biografiche (le poche derivano
dal testo stesso): è figlio di un certo Beeri, nasce nel regno del Nord (1,1) 193 ed è
probabilmente della tribù di Beniamino.

Dal titolo (1,1), ma anche da tutto il contenuto del libro si ricava che profetò
durante il regno di Geroboamo II (782 – 754) e dei suoi successori fin verso la
caduta di Samaria, e cioè tra il 750 e il 725 a. C.

La situazione del regno del Nord sotto Geroboamo II era di invidiabile


prosperità economica (2, 10 ss; 10, 1.111; 12,9) 194, tuttavia dopo la morte di
questo re, iniziò un periodo di disordini morali, politici e sociali, tanto che il
trono di Israele in breve giro di anni fu occupato da ben 5 sovrani tutti però ben
presto sbalzati dal trono e quasi tutti uccisi (7, 3-10).195

Furono re che fecero spesso ricorso ad alleanze straniere (7, 11) 196 dimostrando
così più fiducia negli uomini che in Dio.

193
“Parola del Signore rivolta a Osea figlio di Beerì, al tempo di Ozia, di Iotam, di Acaz, di Ezechia, re di
Giuda, e al tempo di Geroboàmo figlio di Ioas, re d’Israele.” (Osea 1,1).
194
“Rigogliosa vite era Israele, che dava frutto abbondante; ma più abbondante era il suo frutto, più
moltiplicava gli altari; più ricca era la terra, più belle faceva le sue stele.” (Osea 10, 1).
195
“Con la loro malvagità rallegrano il re, rallegrano i capi con le loro finzioni. Tutti bruciano d’ira,
ardono come un forno quando il fornaio cessa di rattizzare il fuoco, dopo che, preparata la pasta,
aspetta che sia lievitata. (…) Così sono caduti tutti i loro sovrani e nessuno si preoccupa di ricorrere a me.

(…) L’arroganza d’Israele testimonia contro di loro, non ritornano al Signore loro Dio e, malgrado
tutto, non lo ricercano.” (Osea 7, 3-10).
196
“Efraim è come un’ingenua colomba, priva d’intelligenza; ora chiamano l’Egitto, ora invece l’Assiria.”
(Osea 7, 11).
28
Agli occhi del profeta tutta l’istituzione monarchica era stata un fallimento
(ricordiamo la resistenza di Samuele a concedere un RE (1 Sam 8, 1-21) 197). Ma
la contestazione più amara che Osea fa è che:

 Le abitudini dei Cananei si sono introdotte in larghi strati della


popolazione;
 È in opera la Taurolatria, cioè la rappresentazione di Jahvé sotto la figura
di un giovane toro;
 Il culto aveva assunto forme licenziose (4,14) 198 ed era puro formalismo
(8,13; 10, 1.5.6; 12,12)199;
 I sacerdoti preferivano assecondare l’andazzo popolare anziché
condannarlo (4,4ss)200.
Tocca al profeta Osea levarsi contro questi disordini anche se nel libro non si fa
alcun cenno alla sua chiamata profetica (che, comunque, in un modo o in un
altro deve esserci stata). Lo fa attraverso la sua parola appassionata e ricca di
immagini ma anche attraverso la sua sconcertante esperienza matrimoniale
descritta nei cc. 1-3 (la sua storia personale diventa una profezia concreta), per
cui Osea diventa un Segno di Dio tra il popolo e per il popolo.

Dietro ordine di Dio e già all’inizio della sua attività profetica sposa una
“prostituta” di nome GOMER, forse una di quelle presenti nei vari santuari
cananei che Osea stigmatizza fortemente (4, 13-14)201.

197
“ (…) Gli dissero: «Tu ormai sei vecchio e i tuoi figli non ricalcano le tue orme. Ora stabilisci per noi un
re che ci governi, come avviene per tutti i popoli». Agli occhi di Samuele era cattiva la proposta perché
avevano detto: «Dacci un re che ci governi». Perciò Samuele pregò il Signore. (…)” cfr. 1 Samuele 8, 1-21.
198
“Non punirò le vostre figlie se si prostituiscono, nè le vostre nuore se commettono adulterio; poichè
essi stessi si appartano con le prostitute e con le prostitute sacre offrono sacrifici; un popolo, che non
comprende, va a precipizio.” (Osea 4, 14).
199
“Essi offrono sacrifici e ne mangiano le carni, ma il Signore non li gradisce; si ricorderà della loro
iniquità e punirà i loro peccati: dovranno tornare in Egitto.” (Osea 8, 13) cfr pure 10, 1.5.6; e 12,12).
200
“ Ma nessuno accusi, nessuno contesti; contro di te, sacerdote, muovo l’accusa. Tu inciampi di giorno e
il profeta con te inciampa di notte (…)” (Osea 4, 4 ss)
29
Da questa donna ebbe tre figli a cui impone nomi simbolici che richiamano i
castighi che Jahvé riserva al suo popolo infedele e ai suoi re:

1. (M) Yizre’el202= (Dio semina):allude alla distruzione della dinastia di


Jehu (841-813) per i delitti perpetrati in questa città;
2. (F) Non-compassione = (Lò Rumamah): indica la irrevocabilità della
punizione;
3. (M) Non-popolo-mio (Lò Ammù): indica la riprovazione da parte di Dio
Più tardi, sempre su ordine di Dio, Osea sposò un’adultera con la quale poté
convivere amorevolmente, però solo dopo che le fu imposto, a titolo di prova, un
lungo ritiro in casa, perfettamente continente.

Era anche questo un “segno” tratto dalla stessa vita del profeta che intendeva
significare la purificazione di Israele nell’esilio; il mutuo amore degli sposi, la
restaurazione dei buoni rapporti tra Iahvé e Israele.

Si è molto discusso sull’identità di questa seconda donna; era la stessa Gomer,


prima ripudiata e poi ripresa? O un’altra? La questione non è risolta. Rimane
comunque il valore simbolico.

- Leggere capitoli 1 e 2 –
Da quello che ci risulta dal testo, Osea dovette avere un temperamento
eccezionalmente affettivo e, forse, anche passionale. Perciò Dio si servì di
alcune sue esperienze personali per trasmettere l’insegnamento che Dio è amore
e ne esige dal popolo il contraccambio.

Il Libro del Profeta Osea.

201
Sulla cima dei monti fanno sacrifici e sui colli bruciano incensi sotto la quercia, i pioppi e i terebinti,
perchè buona è la loro ombra. Perciò si prostituiscono le vostre figlie e le vostre nuore commettono
adulterio. (…) (Osea 4, 13-14).
202
IZREEL = nome della città estiva del Regno di Israele dove erano avvenuti massacri ordinati da Jehu
(841-813) dopo l’usurpazione del potere (cfr 2 Re 9, 14-21).
30
È abbastanza difficile da capire sia perché il testo ebraico è assai male
conservato per cui certe espressioni si sono tradotte appoggiandosi su mere
ipotesi, sia perché la maggior parte degli oracoli sono brevi e assai difficili da
rapportare con quanto precede o segue.

C’è chi affaccia l’ipotesi che la raccolta degli oracoli del profeta sia stata fatta
dai discepoli (così si spiegherebbe il racconto biografico di 1, 2-8 alla terza
persona) senza preoccupazioni né cronologiche né sistematiche.

Comunemente il libro, che consta di 14 capitoli, si divide:

TITOLO (1, 1) con le notizie biografiche

PRIMA PARTE (1 – 3) contiene il messaggio derivante dalla esperienza


matrimoniale del profeta a sua volta divisa in tre sezioni:

- Relazione biografica in 3a persona (c. 1) che narra il matrimonio di Osea con


la prostituta e la nascita dei tre figli;
- Una serie di oracoli (c. 2) che sviluppano liberamente i temi dei cc. 1 e 3;
- Che riferisce il nuovo matrimonio con una donna caduta e l’imposizione ad
essa di una prova di fedeltà prima di iniziare la convivenza coniugale.
SECONDA PARTE ( 4, 1 – 14, 1) comprende una raccolta di oracoli che
contengono rimproveri, minacce, inviti alla penitenza, destinati a persone varie:
sacerdoti singoli e in gruppo, profeti, la casa reale, il popolo di Israele e di
Giuda.

Vi si condannano l’idolatria, i culti naturistici e scostumati, la predilezione per


gli usi civili e religiosi degli stranieri, la politica contraria ai veri interessi del
popolo, i mutamenti di governo, i delitti.

- (Leggere cc. 4 – 5) –

31
TERZA PARTE (14, 2- 10)203 riporta un nuovo invito alla conversione, con
promessa della grazia divina (14, 2-9), nonché un invito al lettore, dovuto
evidentemente a colui che ha raccolto gli oracoli o li ha pubblicati, affinché
impari gli insegnamenti contenuti nel libro e li metta in pratica (14, 10) 204.

Se gli oracoli di Osea sono stati raccolti da suoi discepoli è difficile dire da chi e
quando è stata fatta questa raccolta. Non ci sono però motivi per negare che essi
siano stati fissati per iscritto, vivente ancora il profeta e, in molti casi, dalla sua
stessa mano.

“Il dire di Osea procede per brevi sentenze, rapide pennellate, ardite immagini,
bruschi passaggi e quasi a sbalzo. La sua lingua è ricca di parole e di costruzioni
a lui proprie, dovute forse alle particolarità dialettali della sua patria. Per queste
medesime qualità, probabilmente, il suo testo, malconcio dai copisti, è a noi
giunto in uno stato sovente deplorevole … Dalle pagine di Osea traspare un
carattere impressionabile, ardente e patetico ad un tempo, sensibile soprattutto
alle tenerezze come alle focosità dell’amore. Sotto questo aspetto egli è un
precursore di Geremia” (A. Vaccari, La S. Bibbia). Non per nulla da qualcuno
Osea, da qualcuno, è chiamato il “Geremia del Nord”.

Il Messaggio Profetico.

o Jahvé ama di un amore elettivo e costante Israele, i cui mutamenti storici


più salienti sono rappresentati dal profeta specialmente attraverso le
vicende di una donna (nascita, infanzia, fidanzamento, matrimonio, “luna
di miele”, maternità, adulterio, ritorno alla fedeltà e perdono accordato
allo sposo). Per Osea tutta la storia di Israele è un dono dell’amore
203
“Torna dunque, Israele, al Signore tuo Dio, poichè hai inciampato nella tua iniquità. Preparate le
parole da dire e tornate al Signore; ditegli: «Togli ogni iniquità: accetta ciò che è bene e ti offriremo il
frutto delle nostre labbra. (…). “ (Osea 14, 2-9).
204
“Chi è saggio comprenda queste cose, chi ha intelligenza le comprenda; poichè rette sono le vie del
Signore, i giusti camminano in esse, mentre i malvagi v’inciampano.” (Osea 14,10)

32
divino, amche i richiami e le punizioni. E l’amore di Dio è pietoso e
misericordioso. In questo amore permanete materno di Dio (11, 3-4) 205
consiste la vera “conoscenza” e giustizia divina (6, 6; 10, 12).206
o Israele, però, non ricambia questo amore, e da questa mancata
corrispondenza, derivano altri peccati: la cupidigia dei sacerdoti che,
dimentichi della scienza e della legge (4,6) 207, traggono profitto dal
malaffare del popolo (4,8; 6,9)208; la politica umana e instabile della casa
regnante che merita tutta la detestazione (8,4; 209 13,11) perché ha
commesso cose abominevoli (7, 3-7)210 e ha causato l’apostasia del
popolo; il culto illegittimo che apre la via all’idolatria (8, 5-7.11-13) 211 e
all’universale corruzione (4,12-14)212.
o Di conseguenza Israele deve sperimentare la severa punizione di Dio.
Essa consisterà nella distruzione di Samaria da parte degli Assiri e nella
conseguente deportazione.
205
“Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di
loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua
guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. (Osea 11, 3-4).
206
“ … poiché voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti…” (Osea 6, 6)

“Seminate per voi secondo giustizia e mieterete secondo bontà; dissodatevi un campo nuovo, perchè è
tempo di cercare il Signore, finchè egli venga e diffonda su di voi la giustizia.” (Osea 10, 12).
207
“Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza. Poichè tu rifiuti la conoscenza, rifiuterò te come
mio sacerdote; hai dimenticato la legge del tuo Dio e io dimenticherò i tuoi figli”. (Osea 4, 6).
208
“Essi si nutrono del peccato del mio popolo e sono avidi della sua iniquità.” (Osea 4,8).
209
“Hanno creato dei re che io non ho designati; hanno scelto capi a mia insaputa. Con il loro argento e il
loro oro si sono fatti idoli ma per loro rovina.” (Osea 8,4).
210
“Hanno creato dei re che io non ho designati; hanno scelto capi a mia insaputa. Con il loro argento e il
loro oro si sono fatti idoli ma per loro rovina. (…) Tutti ardono come un forno e divorano i loro governanti.
Così sono caduti tutti i loro sovrani e nessuno si preoccupa di ricorrere a me.” (Osea 7, 3-7).
211
“Ripudio il tuo vitello, o Samaria! La mia ira divampa contro di loro; fino a quando non si potranno
purificare” (…). (Osea 8, 5-7.11-13).
212
“Il mio popolo consulta il suo pezzo di legno e il suo bastone gli dá il responso, poichè uno spirito di
prostituzione li svia e si prostituiscono, allontanandosi dal loro Dio. (…)” (Osea, 4,12-14).
33
o Tuttavia Israele riuscirà ad evitare la rovina definitiva perché, nella sua
estrema abiezione, ritornerà a Jahvé (2, 9 213; 5, 15) nella conversione.
Allora Dio, in un impulso irresistibile d’amore trionfante, realizzerà la
guarigione radicale di Israele (14,5)214, che è una autentica resurrezione
(13,14)215, la sua restaurazione religiosa, accompagnata da una prosperità
agricola quasi paradisiaca (2,18-20.23-25); 14, 6-8) 216 e soprattutto la
conclusione di una nuova alleanza (2, 21-22)217. Con questo nuovo patto
Jahvé riprenderà il suo fidanzamento con Israele portandogli in dono le
virtù che esso non era stato capace di conservare: la giustizia, la lealtà,
l’amore e la fedeltà.
o Più estremista del suo contemporaneo Amos, Osea vagheggia la
soppressione della monarchia e il ritorno alla vita nomade del deserto. Ai
suoi occhi il deserto è il luogo del castigo e della prova (2,5) 218 ma,
soprattutto, quello dell’unione tra Jahvè e il suo popolo (2, 16-17)219.
213
“Inseguirà i suoi amanti, ma non li raggiungerà, li cercherà senza trovarli. Allora dirà: «Ritornerò al mio
marito di prima perchè ero più felice di ora».” (Osea 2, 9)

“Me ne ritornerò alla mia dimora finchè non avranno espiato e cercheranno il mio volto, e ricorreranno a
me nella loro angoscia.” (Osea 5, 15).
214
“Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò di vero cuore, poichè la mia ira si è allontanata da loro.”
(Osea 14, 5).
215
“Li strapperò di mano agli inferi, li riscatterò dalla morte? Dov’è, o morte, la tua peste? Dov’è, o inferi, il
vostro sterminio? La compassione è nascosta ai miei occhi.” (Osea 13,14).
216
“Nel loro pascolo si sono saziati, si sono saziati e il loro cuore si è inorgoglito, per questo mi hanno
dimenticato. Perciò io sarò per loro come un leone, come un leopardo li spierò per la via, li assalirò come
un’orsa privata dei figli, spezzerò l’involucro del loro cuore, li divorerò come una leonessa; li sbraneranno
le bestie selvatiche.” (Osea 14, 6-8).
217
“ Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e
nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore.” (Osea 2, 21-22).
218
“ … altrimenti la spoglierò tutta nuda e la renderò come quando nacque e la ridurrò a un deserto,
come una terra arida, e la farò morire di sete.” (Osea 2, 5).
219
“Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Le renderò le sue vigne e
trasformerò la valle di Acòr in porta di speranza. Là canterà come nei giorni della sua giovinezza, come
quando uscì dal paese d’Egitto.” (Osea 2, 16-17).
34
ESEGESI di Os 4, 1-19 : PRIMO ORACOLO di OSEA

Os 5, 1-7 : RESPONSABILITÀ delle CLASSI DIRIGENTI

Considerazioni

Osea è uno dei profeti molto presente nel Nuovo Testamento per alcune sue
tematiche particolari. Particolare attenzione meritano i seguenti tre temi:

1. l’Immagine del matrimonio: applicato alle relazioni tra Dio e il


popolo di Israele. Sarà ripresa da Geremia, Ezechiele, Deuteroisaia, e
sarà presente nel Nuovo Testamento e nella cristianità in genere.
2. l’Immagine paterna di Dio: Dio è un padre che esige misericordia e
perdono, anche quando il figlio pecca, disobbedisce. Il tema è ripreso
nel Libro della Consolazione di Geremia (31, 18-20)220, avrà la sua
espressione più alta in Luca nella parabola del Padre Misericordioso
(Lc 15, 11-32).
3. Dio, di cui parla Osea, preferisce la misericordia ai sacrifici: “Voglio
la misericordia e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più che gli
olocausto” (6,6)221.
Molti altri passi di Osea sono citati nel N.T. (cfr Mt 2, 15 (Os 11, 1) =
“dall’Egitto ho chiamato mio Figlio”; cfr. Romani 2, 25s (Os 2, 23 e 1, 10) = la
misericordia è anche verso i Pagani.).

220
“così dice il Signore: «Ecco restaurerò la sorte delle tende di Giacobbe e avrò compassione delle sue
dimore. La città sarà ricostruita sulle rovine e il palazzo sorgerà di nuovo al suo posto. Ne usciranno inni di
lode, voci di gente festante. Li moltiplicherò e non diminuiranno, li onorerò e non saranno disprezzati i
loro figli saranno come una volta, la loro assemblea sarà stabile dinanzi a me; mentre punirò tutti i loro
avversari.” (Geremia 31, 18-20).
221
“le dissi: «Per lunghi giorni starai calma con me; non ti prostituirai e non sarai di alcun uomo; così
anch’io mi comporterò con te” (Osea 6, 6).
35
ISAIA

36
QUESTIONI INTRODUTTIVE.

Isaia (= Jahvé salva), figlio di Amos (non il profeta) si pensa sia nato a
Gerusalemme da famiglia aristocratica perché lo si trova in stretti contatti con la
corte di Gerusalemme.

L’epoca della sua nascita è da porsi tra il 770 – 765 a.C.. Le strette relazioni con
la corte di Gerusalemme, la vasta cultura che possedeva e le eminenti doti di cui
era dotato, lo prepararono mirabilmente alla funzione di portavoce (Profeta) di
Dio in mezzo al suo popolo. Ebbe moglie 222 e almeno 2 figli223 ai quali impose
nomi simbolici (7,3; 8,3).

Poco prima che morisse il re Ozia (740) Isaia fu chiamato con una celebre
visione (c. 6) alla missione profetica che assolse in uno dei tragici momenti della
storia di Giuda, durante il regno di Iotam, Acaz (735 – 716) ed Ezechia (716 –
687).

Da principio Isaia sferzò senza pietà i vizi dei suoi contemporanei, specialmente
le tendenze idolatriche (2,6; 3, 2-3) e l’ingiustizia sociale (1, 17-23; 3, 14-15; 5,
23). Stigmatizzò anche la leggerezza delle donne di Gerusalemme con una satira
(3,16-24) che non è per nulla inferiore alla analoghe composizioni degli scrittori
di ogni tempo. Tutti questi vizi erano la diretta conseguenza del benessere
materiale che contrassegnò il lungo regno di Ozia (783-742).

Durante il regno di Acaz (735-716) e di Ezechia (716-687), Isaia si inserì


energicamente nelle vicende politiche del suo paese.

Il principio che lo ispirò in tutta questa attività fu la cosiddetta “politica della


fede” in forza della quale Israele doveva riporre tutta la sua fiducia unicamente
su Jahvé ed escludere qualsiasi alleanza con potenze straniere e qualsiasi ricorso
a mezzi umani.
“Mi unii alla profetessa, che concepì e partorì un figlio …” (8,3).
222

223
“SEA-JASUB (= un resto ritornerà), MAHER – SALAMAS – BAZ (= veloce la preda, svelto il bottino:
simbolo della depredazione di Damasco e Samaria da parte di Assur).
37
Durante la guerra Siro-efraimita (745-727) che vide impegnati Samaria e
Damasco contro il regno di Giuda, Isaia cercò di dissuadere il re Acaz
dall’invocare l’aiuto dell’Assiria. Ma non gli riuscì, perché il re si rivelò un
uomo completamente scettico. Al profeta non rimase altro che protestare con
tutte le forze contro questa politica filo-assira che implicava una completa
sfiducia in Dio.

Nello stesso tempo egli condannò le pratiche pagane infiltratesi tra il popolo e i
mali morali che ne erano la diretta conseguenza. Purtroppo non è sempre facile
determinare quali oracoli si riferiscano a questo periodo.

Non migliore fortuna ebbe Isaia sotto il re Ezechia (716-687), che pure gli
dovette essere amico. Infatti questo pio re si alleò con l’Egitto nella speranza di
poter così liberarsi dal vassallaggio assiro.

Il profeta condanno questo ricorso all’Egitto e preannunciò l’invasione


dell’assiro Sennacherib in Giudea e la distruzione delle truppe egiziane inviate
a sostegno della lega. Tutto si verificò a puntino.

Nonostante i suoi rimproveri, Isaia non negò al re il suo appoggio quando questi
si trovò vicino alla morte. A nome di Dio gli notificò che sarebbe vissuto ancora
altri 15 anni e gliene diede la conferma facendo miracolosamente retrocedere di
10 gradi l’ombra solare (cfr 36, 7-8).

Secondo una tradizione ebraica, diffusa anche nella Chiesa cristiana (cfr.
Martirologio Romano al 6 luglio), Isaia sarebbe stato martirizzato sotto Manasse
(687-642), l’empio figlio e successore di Ezechia.

IL LIBRO

Contenuto.

38
Il libro di Isaia può essere diviso in due parti:

PRIMA PARTE (1 – 39): prevalgono le minacce e i castighi che sovrastano il


popolo in punizione dei suoi peccati e delle sue infedeltà;

SECONDA PARTE (40 – 66): preannuncia la fine dell’esilio babilonese, il


ritorno in patria degli esuli e la restaurazione della teocrazia in Giudea, mentre si
delinea, n lontananza, l’alba della felice era messianica.

Con sufficiente chiarezza si delineano nel libro dieci sezioni:

1. Prime predicazioni (1-15): i Giudei saranno severamente puniti per i loro


molteplici peccati; solo un piccolo numero di essi riuscirà a salvarsi.
2. La Vocazione (6): a profeta mediante una visione nel tempio di
Gerusalemme.
3. I Vaticini dell’Emmanuele (7-12): la nascita verginale (7); il segno del figlio
del profeta (8); il prodigioso fanciullo sul trono di Davide (9, 1-6);
punizione di Efraim e di Assur, nemici di Giuda (9, 7-10, 34); il discendente
di Davide al governo (11); canto di ringraziamento (12).
4. Vaticini contro le genti (13-23): Babilonesi (13, 1-14, 23; 21, 1-10), Assiri
(14, 24-27), Filistei (14, 28-32), Moabiti (15-16), Damasceni e alleati (17),
Cresciti (18), Egiziani (19), Egiziani e Cresciti (20), Idumei (21, 11-12),
Arabi (21, 13-17), Gerosolimitani (22), Fenici (23).
5. Oracoli escatologici o “Apocalisse” di Isaia (24-27): le descrizioni delle
calamità riservate al paese di Giuda e al popolo ebreo si alternano agli inni
di ringraziamento per l’avvenuta liberazione (24, 1-26,6); saggezza,
giustizia e santità divina riguardo al popolo di Israele e i suoi nemici (26,7-
27,9); distruzione della capitale nemica e ritorno in patria (27.10-13).
6. I danni dell’invasione assira (28-35). Minacce agli Efraimiti (s8,1-6) e ai
tiranni di Gerusalemme (28, 7-29); minacce d’assedio a Gerusalemme (29,
1-14); minacce ai capi che consigliano l’alleanza con l’Egitto (29, 15-31,5);

39
richiamo alla conversione e promessa di un avvenire migliore (31,6 –
32,20); minacce agli Assiri (33). Sorte finale dei Gentili, specialmente
Edomiti (34), e degli Ebrei (35).
7. Intermezzo storico (36 – 39 = “ Re 18,13 – 20,19); fallimento dell’invasione
di Sennacherib in Giudea (36-37); malattia e guarigione di Ezechia (38);
ambasciata di Merodach-Baladam (39).
8. La fine dell’esilio (40-48): sicuro ritorno in patria ad opera di Ciro, il
liberatore suscitato da Jahvé (40,1 – 42,9); lode a Jahvé e rimprovero agli
Ebrei increduli (42, 10-25); nuove assicurazioni di liberazione (43,1 –
44,23); scegliendo Ciro ad esecutore dei suoi disegni, Dio rivela potenza e
sapienza (44,24 – 45,25); caduta di Babilonia (46-47); rimproveri a Israele e
l’invito a ritornare in Giudea (48).
9. La fine del peccato e la restaurazione di Sion (49 – 55): il servo di Jahvé è
inviato a salvare Israele e le genti (49, 1-6); Dio soccorre Israele (49, 7-21);
l’afflitta Sion riottene i suoi figli con il concorso volenteroso degli stessi
Gentili (49, 22-26); Dio rescinde l’atto di ripudio e restituisce la grazia a
Israele (50, 1-3); il servo di Jahvé, docile e sottomesso, vince ogni
opposizione (50, 4-11); speranza nel pronto soccorso di Jahvé (51, 1-16);
Gerusalemme è invitata a godere i benefici della restaurazione (51, 17 – 52,
12); il Servo di Jahvé espia, con i suoi patimenti, le colpe di tutti (52, 13 –
53, 12); Sion è rinnovata nella sua popolazione (54, 1-17) e nella sua
magnificenza esteriore (55, 1-5); invito ai deportati a rientrare in patria (55,
6-13).
10. La nuova comunità dei redenti (56 – 66): la santità richiesta ad essi (56-59);
gli splendori della nuova Gerusalemme (60-62); il divino redentore e
rinnovatore (63 -64); la sorte finale dei credenti e degli increduli (65 – 66).

Origine del libro.

40
Il testo è piuttosto lungo e non può essere stata quindi un’opera scritta di getto.
Sicuramente le varie parti si vennero formando in tempi diversi e in diverse
occasioni anche perché Isaia ha esercitato il suo ministero profetico per circa 50
anni prendendo viva parte alle vicende della sua nazione.

Per gli stessi cc. 1-39, che gli studiosi concordemente attribuiscono ad Isaia, si
ammette l’attività redazionale dei discepoli del profeta che vengono
esplicitamente ricordati in 8,16224; questi hanno probabilmente raccolto gli
oracoli del maestro e li hanno redatti, secondo l’argomento, in svariate
collezioni indipendenti che, più tardi, confluirono in un’unica opera?

Ma sono tutti di Isaia, a parte la redazione dei discepoli, i 66 capitoli del testo?

Fino al XIX secolo nessuno metteva in dubbio l’unicità dell’autore, dopo questa
data gli esegeti acattolici alla cui opinione aderiscono non pochi cattolici,
distinguono:

o Cc. 1- 39: sono di Isaia;


o Cc. 40 – 55: sono di un anonimo profeta ebreo, vissuto in Babilonia verso
la fine dell’esilio, cioè un buon secolo e mezzo dopo Isaia (Deutero-
Isaia);
o Cc. 56-66: sono anch’essi di un anonimo, vissuto in Palestina tra i reduci
dell’esilio (Trito-Isaia).
Chi nega l’unicità d’autore lo fa in base ai seguenti argomenti:

1. l’autore dei cc. 40-55 parla come uno che vive in mezzo ai Giudei
della fine dell’esilio e quello dei cc. 56-66 sembra parlare a Giudei
appena rientrati in Patria. Isaia sarebbe morto al tempo di Manasse
(687-642) non c’è neppure un cenno alla situazione storica
costantemente presente nei cc. 1-39.

224
“Rinchiudi la testimonianza, sigilla questa rivelazione tra i miei discepoli” (Is 8,16).
41
2. le differenze di stile, di vocabolario e di dottrina sono maggiori
delle somiglianza. Queste ultime, poi, possono essere facilmente
spiegate ammettendo che un tardo discepolo di Isaia aveva
sviluppato in modo personale alcune idee madri del suo maestro.
3. la tradizione giudaico-cristiana che attribuisce tutto il libro a Isaia,
non ha valore apodittico (=categorico, tassativo) giacché prescinde
dalle questioni letterarie. È un fatto accertato che essa attribuisce il
Salterio a Davide, mentre questi è l’autore soltanto di una parte dei
150 Salmi.
La questione comunque è ancora aperta e comunque venga risolta, è bene
osservare che essa non pregiudica né il carattere ispirato del libro intero né
quello profetico dei vaticini.

Ora ci domandiamo: quali sono i punti di forza del messaggio profetico di Isaia?

Il messaggio Profetico.

1. La visione di Isaia nel tempio di Gerusalemme (c. 6) ebbe un ruolo


determinante nella sua vita e nella sua predicazione. Da qui anche il centro del
suo messaggio che è essenzialmente costituito dall’affermazione dell’unicità e
trascendenza di Jahvé.

Unicità: la gloria di Jahvè riempie tutta la terra

al suo cospetto si prostrano tutte le genti

tutti i popoli assieme ai loro dei nulla possono contro Jahvé

(cfr. 2,11-22; 6,1-4; 37, 16-17)


42
Trascendenza: è inculcata specialmente con il titolo “Santo d’Israele”

(1,4; 5,19.24; 6,3) frequentemente attribuito a Dio.

Questa santità è essenzialmente una qualità ontologica che

implica opposizione a ciò che è ordinario, destinato all’uso

umano, e segna una netta separazione dall’ambito umano.

È, perciò, l’attributo caratteristico di Dio e di tutto ciò che

entra in relazione con Lui.

2. Teologia della Storia: pur essendo infinitamente trascendente, Jahvé entra in


contatto con l’uomo e stabilisce rapporti con lui.

Dio dirige ogni avvenimento umano; controlla l’ascesa e il declino delle


nazioni. Gli interventi divini nella Storia umana abbracciano due tempi: la
punizione dei peccati e la restaurazione del Regno di Dio. La punizione però non
è totale, perché sussiste sempre un “RESTO” che Dio risparmia a motivo della
loro innocenza.

3. La fede: all’uomo. Israelita o pagano, Isaia domanda soprattutto la fede che


non è soltanto un atto intellettuale con cui si accettano le verità rivelate da Dio
(fede teologica), ma un atteggiamento che abbraccia la coscienza della propria
nullità, la piena dipendenza da Dio, la fiducia, la speranza, la pazienza,
l’abnegazione.

La mancanza di fede per Isaia è il peccato principale e la radice di tutti gli altri.
L’incredulità presenta 2 aspetti correlativi: il disprezzo di Dio e
l’autoesaltazione dell’uomo; è individuale e collettiva, politica e religiosa.

43
4. Il Messia: La figura del Messia è la pietra angolare (28, 16-17) 225 è
il principale artefice del piano divino di salvezza. Perciò Isaia, più
di qualsiasi altro profeta, merita di essere chiamato il profeta-
evangelista.
Questo Messia dovrà nascere da una vergine (7,14);

“ “ sarà Dio e uomo (9, 5-6226; 11, 1-9);

“ “ predicherà in Galilea (8,23; 9,2);

“ “ soffrirà indicibili dolori (53, 1-10);

“ “ per redimere gli uomini (42, 1-4; 49, 1-6);

“ “ risorgerà da morte (53, 11-12).

SONO DEGNI DI ATTENZIONE PARTICOLARE, NEL LIBRO DI ISAIA, QUEI PASSI CHE
ESPLICITANO L’IDEA DI MESSIA E CHE SONO:

- IL LIBRO DELL’EMMANUELE (7-11): 7, 10-17; 9, 1-6; 11, 1-9.

- I CARMI DEL SERVO DI JAHVÉ (42-53): 50, 4-9; 52, 13-15; 53, 1-12.

… PASSI LETTI SEMPRE DALLA CHIESA IN CHIAVE MESSIANICA. È CHIARO CHE

225
“Perciò così parla il Signore Jahvé: Ecco io pongo in Sion una pietra, una pietra scelta, angolare, preziosa,
bene fondata …) (Is 28, 16-17).
226
“Poiché un bambino ci è nato, un figlio ci è stato donato; nelle sue spalle riposa l’impero; e così chiama
per nome: meraviglioso consigliere, Dio potente, Padre perpetuo, Principe della pace”. (Is 9, 5-6).
44
ESEGESI DI ALCUNI PASSI DEL LIBRO DI ISAIA

Non potendo leggere e commentare tutto il libro di Isaia, siamo obbligati a fare
una selezione. Porremo la nostra attenzione su:

1. Il Libro dell’Emmanuele (Is 7 – 11)


2. I carmi del Servo di Jahvé (Is 42 – 53)

Il Libro dell’Emmanuele : Is 7 – 11.

Il cosiddetto “Libro dell’Emmanuele” (7-11) consta essenzialmente di 3 sezioni


a 3 diversi periodi dell’attività profetica di Isaia.

Is 7,1 - 8,20

Is 8, 21 – 9,6

(Queste due sezioni hanno come fondo storico la guerra siro-efraimita ai tempi
del re Acaz ,735-716).

Is 10,5 – 11,9

(Questa sezione si riferisce all’invasione dell’assiro Sennacherib, avvenuta sotto


il re Ezechia ,716-687).

La prima sezione del Libro dell’Emmanuele (7,1 – 8,20) è costituita da due


cicli: 7,1-25 e 8,1-20.

Il primo ciclo (7,1-25) descrive un incontro diretto tra il profeta e lo scettico


Acaz. Lo scopo del profeta è far desistere il re Acaz dalla sua politica umana
richiamandolo ad una maggiore fiducia in Jahvé. Il messaggio destinato al re è
una esortazione a non preoccuparsi e contiene due promesse:

45
1. a fronte del tentativo di distruggere la dinastia davidica da parte dei due re di
Damasco e Samaria, paragonati a 2 tizzoni ancora fumiganti, ma prossimi a
spegnersi e ad essere ridotti in cenere, è destinato a fallire; la dinastia
davidica non potrà essere abbattuta perché Jahvé si è impegnato a
conservarla in perpetuo.
2. la seconda promessa è condizionata: “Se non credete, non persisterete” (v.9).
Acaz potrà conservare il trono e trasmetterlo ai suoi legittimi successori solo
se saprà riporre tutta la sua fiducia in Dio.
Qualche tempo dopo questo incontro, ce ne fu un altro (7,10-25). Il Profeta
rinnova all’incredulo Acaz la duplice promessa accompagnandola con un segno.

Dapprima è il re stesso a chiedere un “segno” miracoloso immediato, che serva


come indizio e conferma della profezia circa l’esito della guerra siro-efraimita.

Il re Acaz è invitato a richiedere un miracolo che interessi il mondo sotterraneo


(lo SHEòL) oppure lo spazio interposto tra il firmamento e il cielo superiore.
Questi due mondi sfuggono completamente al dominio dell’uomo; perciò un
segno ivi compiuto non può essere che opera unicamente di Dio.

Acaz si rifiuta di tentare Dio, ma in realtà intende respingere la politica della


fede perché probabilmente aveva già deciso di ricorrere all’aiuto degli Assiri.

Allora Dio dà il “suo” segno. Esso non consiste solo nella nascita
dell’Emmanuele ma in tutto quello che è detto della sua infanzia. Si tratta di un
segno promissorio e comminatorio ad un tempo.

Infatti preannuncia l’imminente liberazione di Gerusalemme e la distruzione di


Samaria – Damasco (7,16) in conformità alla promessa assoluta (7,7); ma
prevede anche l’imminente punizione di Giuda e della dinastia davidica
(7,15.17-25) a causa della mancata realizzazione della promessa condizionata
(7,9). Entrambe le punizioni saranno operate dagli Assiri.

46
Il segno che Dio dà si trova in Is 7, 14-17

Testo e analisi:

“14Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine227 concepirà e partorirà un figlio, che

chiamerà Emmanuele228. 15Egli mangerà panna e miele229 finché non imparerà a rigettare il male e a
scegliere il bene230. 16Poiché prima ancora che il bimbo impari a rigettare il male e a scegliere il bene,
sarà abbandonato il paese di cui temi i due re. 17Il Signore manderà su di te, sul tuo popolo e sulla casa
di tuo padre giorni quali non vennero da quando Efraim si staccò da Giuda: manderà il re di Assiria”.

Il significato del vaticino

Si tratta di un segno incontestabilmente miracoloso:

- il bambino nasce da una vergine che diventa madre pur rimanendo tale;
- così è stato inteso dalla tradizione cattolica e dal N. T. (cfr. Mt 1, 18-23; Lc
1, 34-35).

227
La Vergine (ebraico HA AlmaH). La presenza dell’articolo suppone che la persona in questione sia
determinata, se non nel contesto, almeno nella mente del profeta. Essa è ALMAH = giovane, ragazza da
marito, donzella, vergine. Nella Bibbia troviamo questo termine 8 volte (Es 2,8; Gen 24,43; 1Cron 15,20;
Cant 1,3; 6,8; Sal 45(46), 1; 67(68), 26; Prov 30,19) e designa sempre una donna sviluppata sia sessualmente
che per l’età, non sposata e, perciò, in via ordinaria ancora vergine. Perciò il termine ebraico che indica
direttamente l’integrità sessualeè Bªtulah, ciononostante numerosi esegeti antichi e moderni preferiscono
tradurre ALMAH con “vergine” anziché con “giovane”.
228
Emmanuele: il nascituro è un figlio maschio a cui la madre imporrà il nome augurale di Emmanuele, cioè
“Dio con noi”. A differenza di quanto accade per il figlio di Isaia (8,3) qui è la madre che deve imporre il
nome. È un nome teofonico e quindi da solo non prova il carattere divino del bambino in questione. Tuttavia
assume un significato particolare, seguendo un ottimo principio esegetico, viene messo in relazione con gli
altri attributi di questo prodigioso fanciullo (8, 8.10; 9, 5-6; 11, 1-5; cfr. Mich 5,2). Allora appare
chiaramente che non può trattarsi del nome di un comune bambino ebreo.
229
La dieta del fanciullo: Avrà in cibo panna e miele (panna = hem’ah = latte rappreso). È un cibo che indica
abbondanza o carestia? Nel libro di Isaia la vita gaudente è costituita dall’abbondanza di carni e di vini scelti
(25,6) e la presenza del latte e del miele, come unici alimenti disponibili, è il segno di un disastro eccezionale
(7,22) anche se l’espressione “terra dove scorre latte e miele, (Es 3, 8.17; 13, 5; Lev 20,24; Ger 11,5; 32, 22)
indica una regione fertile”.
230
Quindi il nascituro dovrà crescere in una regione immiserita dall’invasione e devastazione nemica, dove
gli abitanti, sono costretti ad accontentarsi degli scarsi cibi dei pastori (cfr. 7, 20-25). Questo cibo dei poveri
durerà finché il bambino non avrà raggiunto l’uso della ragione che gli consentirà di distinguere il bene e il
male.

47
Il testo del resto favorisce questa interpretazione perché manca qualsiasi
riferimento al padre e il nonno, contrariamente all’uso vigente (cfr. 8,3) il nome
è imposto al bambino dalla madre.

È una nascita che suona minacciosa per Acaz infatti l’Emmanuele spunterà dal
tronco di Jesse spogliato dei suoi rami e ridotto alle umili condizioni del periodo
predavidico (cfr. Is 6, 13; 11, 1).

.Interpretazione del vaticino

+) Gli esegeti cattolici sono concordi nell’interpretare il brano come una


profezia del parto verginale di Maria Santissima. Sono indotti a farlo partendo
dalla citazione evangelica di Mt 1, 22-23231 e dal consenso dei Padri della Chiesa
che è unanime.

Quindi si sostiene il senso messianico letterale ed esclusivo.

+) Qualcuno però ammette il senso messianico tipico cioè la profezia si


riferirebbe in senso letterale ad un figlio di Isaia o ad Ezechia figlio del re Acaz
che sarebbero a loro volta figura e tipo del salvatore futuro.

Non ci sono elementi per rigettare questa interpretazione che oltre tutto ha il
vantaggio innegabile di eliminare la difficoltà che deriva dalla mancata
connessione cronologica tra la nascita di Cristo e la guerra siro-efraimita,
combattuta nel sec. VIII a. C.

Però il figlio del profeta ed Ezechia si fa fatica a vederli tipo del messia: non
sono stati concepiti in maniera soprannaturale e verginale, ma secondo le leggi
di natura.

231
“Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio
con noi”.
48
+) L’unica difficoltà addotta contro l’interpretazione messianica letterale è il
fatto che il profeta parli della nascita dell’Emmanuele e della guerra siro-
efraimita come di due avvenimenti contemporanei, mentre di fatto essi sono
separati da ben otto secoli. La difficoltà potrebbe essere superata tenendo
presente la cosiddetta “prospettiva profetica” che vuol dire che i profeti
presentano la realtà messianica come imminente e la pongono in relazione con
un evento futuro di prossima realizzazione. Cioè 2 eventi futuri
cronologicamente distinti, vengono presentati come simultanei.

Is 7, 1-7 è proprio l’esempio più classico: la nascita del Messia e la conseguente


liberazione messianica sono strettamente connesse con la liberazione del Regno
di Giuda dall’invasione siro-efraimita al tempo del re Acaz.

+) Fuori della Chiesa cattolica quasi nessun esegeta moderno adotta


l’interpretazione messianica. Gli Ebrei sono per l’esegesi letterale e storica:
l’Emmanuele è Ezechia o un figlio di Isaia. Del resto sostengono: Ezechia passò
alla storia come un re pio, meritevole di ricevere il nome simbolico “Dio con
noi”.

Chi pensa poi ad un figlio di Isaia sfrutta l’analogia dei nomi simbolici dei 2
figli del profeta (cfr. 7,3; 8,3)232.

Tuttavia: perché se il profeta si riferisce alla regina o a sua moglie usa il termine
“ALMAH” che mal si adatta ad una donna sposata?

In più al momento della profezia Ezechia sarebbe già nato da qualche anno.

Come si vede l’interpretazione non è univoca e pacifica quella messianica però,


nel mondo cattolico, è la prevalente.

Il secondo ciclo (8, 1-20)


Il Signore mi disse: «Chiamalo Mahèr-salàl-cash-baz, 4poiché, prima che il bambino sappia dire babbo
232

e mamma, le ricchezze di Damasco e le spoglie di Samaria saranno portate davanti al re di Assiria».

49
Richiama nuovamente l’attenzione sull’imminente distruzione di Damasco e
Samaria (8, 1-4) e la punizione della Giudea che, però, si concluderà con la sua
liberazione (8, 5-10).

Segue un incoraggiamento del profeta ai suoi discepoli (8, 11-20).

Seconda sezione: Is 8,21-9,6.

È la descrizione dello stato di desolazione del paese dopo la distruzione del 732
a. C. ad opera di Tiglat- Pilazar.

Un uomo si aggira tutto solo come in un deserto gravato dalle tenebre.


Tormentato dalla fame e dall’angoscia, non gli resta che imprecare contro il re e
il suo Dio da lui considerati come le vere causa di tanto disastro.

All’improvviso però le tenebre e il caos scompaiono come per incanto, per


lasciare il posto alla luce e alla gioia della salvezza messianica (8,21 – 9,4).

Con le immagini della luce e della gioia il profeta annuncia la liberazione delle
regioni settentrionali della Palestina oppresse dagli Assiri e la loro susseguente
glorificazione.

L’autore di tutto questo è un bambino misterioso, di cui Isaia enumera i titoli


onorifici e descrive la missione religiosa (9, 5-6).

La sua nascita accresce la gioia del popolo ebraico, finalmente libero, e assicura
la cessazione di ogni guerra. Infatti tutte le divise militari (mantello e calzoni)
vengono distrutte dopo che il pesante giogo che gravava sulle spalle degli
Israeliti, e il bastone dell’aguzzino sono stati spezzati.

Terza sezione: Is 10,5 – 11,9.

50
Le profezie di questa 3° sezione sono state pronunciate durante l’invasione
dell’Assiro Sennacherib (701 a. C.) che doveva miracolosamente essere
stroncata sotto le mura di Gerusalemme. Anche qui si distinguono 2 cicli fra loro
complementari.

o 1° ciclo (10,5 – 27b): descrive innanzitutto l’orgoglio degli Assiri e la


loro terribile punizione (10,5-19). Dio, il vero autore della storia umana,
li aveva scelti perché fossero un semplice strumento della sua ira contro
Israele; invece essi hanno dimenticato tale compito per arrogarsi quello di
dominatori assoluti. Perciò Dio, dopo la necessaria purificazione della
nazione giudaica (10,12), conseguita per loro mezzo, si rivolgerà contro
gli Assiri stessi. Il castigo è espresso con le immagini della consumazione
e dell’incendio. L’impero assiro è rappresentato come un corpo grasso,
simbolo del benessere e di forza, in cui Dio immette una malattia che lo
corroderà completamente; è anche paragonato ad una foresta che viene
distrutta dal fuoco in modo tale che rimarranno solo pochi ceppi ancora in
grado di ri-germogliare per mezzo di palloni. È il concetto cel “resto”,
familiare ad Isaia, che qui viene applicato all’Assiria.
o 2° ciclo (10,27c – 11,9): comprende la descrizione della marcia degli
Assiri su Gerusalemme e il suo esito catastrofico (10,27c – 34). Quando
l’esercito si trova a brevissima distanza dalla collina del tempio e
l’espugnazione della città è solo questione di ore, avviene lo sfacelo.
L’esercito assiro è paragonato ad un’immensa foresta su cui si abbatte
l’implacabile scure di Dio. Allo sfacelo degli Assiri il profeta
contrappone la restaurazione del popolo ebraico (11, 1-9). Essa sarà
operata da un discendente di Davide, ripieno dei più eccelsi doni dello
Spirito del Signore. Egli instaurerà un regno contrassegnato dalla
giustizia e dalla pace.
Dal Libro dell’Emmanuele (Is 7 – 11) si può ricavare una vera e propria dottrina
messianica di Isaia. Del Messia si afferma che:
51
1. ha la natura umana: nasce da una donna vergine nella concezione e
nel parto (7,14), che egli assicurerà l’appartenenza alla famiglia
regale di Davide (11,1);
2. ha la natura divina: la terra di Jahvé (=la Palestina) è la terra
dell’Emmanuele (8,8); egli è Dio Potente (9,5);
3. è salvatore: politico-religioso (7,14; 8, 8-10; 9,5: 11,4);
4. è un re: (9,15; 11, 1-5) che, in contrasto con il monarca assiro, si
assicura il dominio con mezzi spirituali (8, 5-6); 9, 1-6);
5. ha un regno di luce: (9,1 cfr Giovanni), di gioia (cfr Luca) e di
pace, che egli garantisce in modo perfetto (idillio tra gli animali:
11, 6-9) e perpetuo (9,6), mediante il buon governo (9,6; 11, 1-5) e
la conoscenza di Jahvé (11, 2.9).

52
I CARMI DEL SERVO DI JAHVE’

Is 42 – 53

I cosiddetti Carmi del Servo di Jahvé sono 4:

PRIMO CARME Is 42, 1-4

SECONDO CARME Is 49, 1-6

TERZO CARME Is 50, 4-9

QUARTO CARME Is 52, 13 – 53, 12

Il Primo Carme (Is 42, 1-4) è un oracolo di investitura. Jahvé presenta il suo
SERVO, descrivendo le doti e la missione futura.

Ecco il mio servo che io sostengo,

il mio eletto di cui mi compiaccio.

Ho posto il mio spirito su di lui;

egli porterà il diritto alle nazioni.

2Non griderà né alzerà il tono,

non farà udire in piazza la sua voce,

3non spezzerà una canna incrinata,

53
non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta.

Proclamerà il diritto con fermezza;

4non verrà meno e non si abbatterà,

finché non avrà stabilito il diritto sulla terra;

e per la sua dottrina saranno in attesa le isole.

Il Servo (ebr. cebed) ricorre sei volte in questi carmi (42,1; 49, 3.5.6; 52,13;
53,11) e denota sempre una sottomissione completa alla volontà di Dio. Non è
detto chiaramente a quale persona ci si riferisce, può quindi trattarsi di un
profeta, come di un re, di un patriarca, o una persona qualsiasi. In Isaia
comunque è nesso in risalto il legame affettivo che unisce Dio con il suo servo:

o lo “ha formato” (43, 1.7; 44, 2.24; 49, 5)


o lo “ha chiamato” (41,9; 43,1; 48,12; 49,1)
o “fin dal seno materno” (44, 2.24; 46, 3; 49, 1)
o lo “ha eletto” per una missione specifica (41, 8-9; 42, 1; 44,1)
o lo “sostiene” (41,10; 42,1)
La Missione (v.1): è una missione importante e difficoltosa, spirituale destinata
alle nazioni pagane. Il tema principale di questa predicazione è sintetizzato con
il termine MISPAT = sentenza giudiziaria, giudizio. Perciò il Servo avrà
l’impegnativa missione di convertire i pagani alla vera religione; a tal fine dovrà
agire sulle intelligenze umane, insegnando le verità intorno a Dio, ma anche
sulle volontà avviandole alla pietà pratica.

È paragonato a Mosé, perché dovrà compiere fra i pagani lo stesso ufficio che il
grande condottiero svolse fra gli Israeliti. Questa predicazione non esclude,
però, qualsiasi attività in mezzo al popolo ebraico.

54
Il Mondo della Missione (v. 2): è descritto con tre immagini negative che, nel
loro insieme, indicano un comportamento umile e nemico delle pose e del
chiasso.

Lo scopo della Missione (v. 3): il Servo ha lo scopo di salvare non di


distruggere. Le due metafore molto espressive della canna incrinata e del
lucignolo fumigante alludono certamente alla dolcezza e mansuetudine del servo
che si mostra disposto a risparmiare tutto quello che ha ancora capacità di
sopravvivere.

L’Esito della Missione . il Servo sarà perseverante nel suo atteggiamento fatto
di mansuetudine e di dolcezza; nessun ostacolo potrà impedire che il suo
insegnamento religioso-morale venga proclamato agli abitanti del bacino del
mediterraneo (= le isole) che qui rappresentano tutti i pagani. Mossi da un
desiderio più o meno cosciente, essi accoglieranno questi messaggi.

Il Secondo Carme (Is 49, 1-6): il brano di evidente carattere poetico,


appartiene al genere letterario del racconto autobiografico che ha notevoli
esempi negli scritti profetici.

1Ascoltatemi, o isole,

udite attentamente, nazioni lontane;

il Signore dal seno materno mi ha chiamato,

fino dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome.

2Ha reso la mia bocca come spada affilata,

mi ha nascosto all’ombra della sua mano,

mi ha reso freccia appuntita,

mi ha riposto nella sua faretra.

3Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele,

55
sul quale manifesterò la mia gloria».

4Io ho risposto: «Invano ho faticato,

per nulla e invano ho consumato le mie forze.

Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore,

la mia ricompensa presso il mio Dio».

5Ora disse il Signore

che mi ha plasmato suo servo dal seno materno

per ricondurre a lui Giacobbe

e a lui riunire Israele,

- poiché ero stato stimato dal Signore

e Dio era stato la mia forza -

6mi disse: «È troppo poco che tu sia mio servo

per restaurare le tribù di Giacobbe

e ricondurre i superstiti di Israele.

Ma io ti renderò luce delle nazioni

perché porti la mia salvezza

fino all’estremità della terra».

Qui il misterioso personaggio si rivolge all’intera umanità (= le isole, cfr, 42, 4)


perché presti attenzione alle sue particolari relazioni con Dio e alla missione che
egli è chiamato a compiere.

La elezione del Servo (v. 1): Dio lo ha scelto e destinato ad una missione e lo ha
reso atto allo svolgimento della missione senza che egli abbia alcun merito.

L’Attitudine del Servo (v. 2): Il servo è capace di svolgere la sua missione in
modo efficace. Lo dicono le metafore della spada e della freccia che designano
l’efficacia estrema della predicazione del Servo su uditori vicini (spada) e
lontani (freccia). Oltre che ad essere adatto, il servo è sempre pronto a svolgere
56
la sua missione; egli è come una spada che è a portata di mano o come una
freccia riposta nella faretra.

Lo Scopo della Missione (v. 3): Il servo è destinato ad essere lo strumento che
diffonde e procura la gloria di Dio. Il servo è salutato da Dio con l’appellativo di
“Israele” che desta molte preoccupazioni tra gli esegeti.. Alcuni tuttavia lo
interpretano nel senso di “il forte di Dio”, “il lottatore di Dio” (cfr. Gen 32, 29
Os 12, 4), sembra che possa essere tradotto con il significato ordinario “Israele”,
da intendersi però come espressione di un Israele ideale, distinto da quello
storico che, in questo contesto, (v. 5) appare bisognoso esso stesso di salvezza.

Difficile Missione del Servo (v. 4): a Dio che gli prospetta la missione futura, il
Servo contrappone l’insuccesso della sua opera già svolta o almeno in
esecuzione. Si tratta però di uno stato d’animo momentaneo, tanto umano e
comprensibile. Ben presto, infatti, subentrano la coscienza di aver fatto tutto
quello che era possibile e l’incrollabile fiducia in Dio.

Missione Spirituale e Universale del Servo (vv. 5-6): l’oracolo riportato dal v. 6
che riprende e completa il concetto precedente, afferma che la missione del
Servo in Israele verrà sostituita o ampliata da quella universalistica destinata ai
pagani del mondo intero.

Il Terzo Carme (Is 50, 4-9). Anche il Servo, che per altro non è mai nominato
con questo titolo, parla di sé e della sua missione.

4Il Signore Dio mi ha dato una lingua da iniziati,

perché io sappia indirizzare allo sfiduciato

una parola.

Ogni mattina fa attento il mio orecchio

perché io ascolti come gli iniziati.

57
5Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio

e io non ho opposto resistenza,

non mi sono tirato indietro.

6Ho presentato il dorso ai flagellatori,

la guancia a coloro che mi strappavano la barba;

non ho sottratto la faccia

agli insulti e agli sputi.

7Il Signore Dio mi assiste,

per questo non resto confuso,

per questo rendo la mia faccia dura come pietra,

sapendo di non restare deluso.

8È vicino chi mi rende giustizia;

chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci.

Chi mi accusa?

Si avvicini a me.

9Ecco, il Signore Dio mi assiste:

chi mi dichiarerà colpevole?

Ecco, come una veste si logorano tutti,

la tignola li divora.

L’Abilità e la Prontezza del Servo (vv. 4-5): il Servo deve consolare e infondere
fiducia a uomini sfiduciati e abbattuti. A tal fine ha bisogno soprattutto di una
parola molto efficace. Oltre ad avere questa capacità oratoria, il Servo si mostra
pronto ad accogliere i vari messaggi divini. Queste attitudini sono presentate
come dono di Dio. Perciò il Servo non prova alcuna esitazione quando Dio gli
rivela le sofferenza connesse con la sua missione.

58
Risoluzione di fronte alla Sofferenza (vv. 6-7): la missione del Servo è
contrassegnata da varie sofferenze perciò la sua sorte non si differenzia da quella
dei profeti che hanno sempre incontrato l’opposizione degli Israeliti. Gli affronti
fatti al Servo si succedono con una certa gradazione:

o percosse sul dorso


o depilazione della barba (disonore gravissimo per gli Ebrei)233
o sputi (colmo dell’ingiuria)234
Questi affronti sono da intendersi in senso metafisico o proprio? Un fatto però è
certo, fin dalla più alta antichità, gli esegeti hanno insistito sulla mirabile
corrispondenza esistente tra questo testo e la Passione di Gesù. Di fronte a
queste sofferenze fisico-morali, il Servo si mostra imperturbabile perché tale
dolore è connesso con la propria missione. La certezza che Dio lo assisterà
sempre, lo rende insensibile come pietra dura.

Sfida degli Avversari e Certezza della Vittoria (vv. 8-9): Il servo è così sicuro
della vittoria che sfida apertamente gli avversari. Essi sono invitati a provare che
egli è colpevole e il dibattito si deve svolgere alla presenza di Dio, che siede in
qualità di giudice. Però il Servo riporta piena vittoria perché i suoi accusatori
non solo non riescono nel loro intento, ma devono essi stessi subire la pena,
come indicano le 2 metafore del vestito logoro e della tignola che vogliono dire
che essi sono destinati ad un progressivo logoramento e alla consumazione
finale.

233 4Allora Canùn prese i ministri di Davide, fece loro radere la metà della barba e tagliare le vesti a metà

fino alle natiche, poi li lasciò andare. 5Quando fu informato della cosa, Davide mandò alcuni incontro a
loro, perché quegli uomini erano pieni di vergogna. Il re fece dire loro: «Restate a Gerico finché vi sia
cresciuta di nuovo la barba, poi tornerete». (2Sam 10,4)

234 14Il Signore rispose a Mosè: “Se suo padre le avesse sputato in viso, non ne porterebbe essa
vergogna per sette giorni? Stia dunque isolata fuori dell’accampamento sette giorni; poi vi sarà di nuovo
ammessa”. (Num 12, 14) (cfr. Deut 25,9).

59
Il Quarto Carme (Is 52, 13 – 53, 12): il Carme inizia e termina con un oracolo
di Jahvé (52,13-15; 53, 11-12) mentre la parte centrale (53, 1-10) è una
lamentazione collettiva sul servo. È il carme più ricco di dottrina, più lungo e
più difficile sia per il testo che per il contenuto. Non fa meraviglia perciò che
esso sia anche il più discusso.

13Ecco, il mio servo avrà successo, per attirare i nostri sguardi,

sarà onorato, esaltato e molto non splendore per provare in lui diletto.
innalzato.
3Disprezzato e reietto dagli uomini,
14Come molti si stupirono di lui
uomo dei dolori che ben conosce il
- tanto era sfigurato per essere d’uomo patire,
il suo aspetto
come uno davanti al quale ci si copre la
e diversa la sua forma da quella dei figli faccia,
dell’uomo -
era disprezzato e non ne avevamo
15così si meraviglieranno di lui molte alcuna stima.
genti; 4Eppure egli si è caricato delle nostre

i re davanti a lui si chiuderanno la sofferenze,


bocca,
si è addossato i nostri dolori
poiché vedranno un fatto mai ad essi
e noi lo giudicavamo castigato,
raccontato
percosso da Dio e umiliato.
e comprenderanno ciò che mai avevano
udito. 5Egli è stato trafitto per i nostri delitti,

schiacciato per le nostre iniquità.


1Chi avrebbe creduto alla nostra
Il castigo che ci dá salvezza si è
rivelazione? abbattuto su di lui;

A chi sarebbe stato manifestato il per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
braccio del Signore?
6Noi tutti eravamo sperduti come un
2È cresciuto come un virgulto davanti a
gregge,
lui
ognuno di noi seguiva la sua strada;
e come una radice in terra arida.
il Signore fece ricadere su di lui
Non ha apparenza né bellezza

60
l’iniquità di noi tutti. dei potenti egli farà bottino,

7Maltrattato, si lasciò umiliare perché ha consegnato se stesso alla


morte
e non aprì la sua bocca;
ed è stato annoverato fra gli empi,
era come agnello condotto al macello,
mentre egli portava il peccato di molti
come pecora muta di fronte ai suoi
tosatori, e intercedeva per i peccatori.

e non aprì la sua bocca.

8Con oppressione e ingiusta sentenza fu

tolto di mezzo;

chi si affligge per la sua sorte?

Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,

per l’iniquità del mio popolo fu percosso


a morte.

9Gli si diede sepoltura con gli empi,

con il ricco fu il suo tumulo,

sebbene non avesse commesso violenza

né vi fosse inganno nella sua bocca.

10Ma al Signore è piaciuto prostrarlo

con dolori.

Quando offrirà se stesso in espiazione,

vedrà una discendenza, vivrà a lungo,

si compirà per mezzo suo la volontà del


Signore.

11Dopo il suo intimo tormento vedrà la

luce

e si sazierà della sua conoscenza;

il giusto mio servo giustificherà molti,

egli si addosserà la loro iniquità.

12Perciò io gli darò in premio le

moltitudini,

61
PRIMO ORACOLO DI JAHVÈ (52, 13-15).

Jahvé presenta in un rapido scorcio tutta la carriera terrena del Servo. Avrà
successo e sarà esaltato (v. 13) in un modo così straordinario che anche gli
uomini più qualificati del mondo si stupiranno e si inchineranno davanti a lui
(vv. 14-15); però questa esaltazione è la conseguenza di una profonda
umiliazione di sofferenze indicibili. (v. 14).

L’Esaltazione del Servo (v. 13): la missione del Servo deve riuscire nel migliore
dei modi, poiché Dio lo vuole.

L’Umiliazione del Servo e lo Stupore dei Re della Terra (vv. 14-15): il Servo
subirà un’umiliazione così profonda che non sembrerà più neppure un uomo
(cfr. Sal 21 (22) 7-18). Si tratterà però di una situazione passeggera, perché
inaspettatamente il Servo verrà esaltato e, di fronte a questo capovolgimento di
scena, le genti pagane rimarranno stupefatte e i loro re “si chiuderanno la bocca”
cioè manifesteranno il loro rispetto reverenziale.

LA LAMENTAZIONE COLLETTIVA (53, 1-10)

L’interlocutore non è più Jahvé. Sulla sua identità gli esegeti discutono. Una
opinione molto diffusa addita il profeta stesso, che userebbe il plurale
maiestatico oppure parlerebbe a nome di altri profeti o del popolo. Sembra
preferibile vedervi gli stessi re di 52, 15.

Le inaudite sofferenze del Servo (vv. 1-3): i re che hanno seguito la


straordinaria vventura del Servo prima disprezzato e poi esaltato, non possono
non esprimere il profondo senso di meraviglia di fronte a contrasti così singolari
che sembrano incredibili. Davanti a questo “uomo di dolori” che tutti giudicano
un essere di ordine inferiore, non si può trattenere un senso di disprezzo e di
orrore. Tuttavia egli gode la compiacenza di Dio (v. 2).

66
Lo scopo delle sofferenze del Servo (vv. 4-6): tutti ritengono il Servo un
maledetto da Dio e invece egli è innocente e soffre unicamente perché si è
addossato i dolori e le colpe degli altri.

Lo spirito di sacrificio del Servo ( vv. 7-8): nelle strazianti sofferenze che
preludono alla morte violenta, il Servo rivela un carattere di tempra eccezionale.
La sua pazienza, la sua docile sottomissione e la mancanza assoluta di ogni
reazione per proclamare la sua innocenza, vengono espresse con l’immagine
dell’agnello mansueto, condotto al macello oppure alla tosatura.

La sepoltura del Servo (v. 9): il Servo in segno di particolare disprezzo, è


sepolto assieme a malfattori e a ricchi colpevoli di soprusi e inganni. Gli antichi
ebrei credevano che la vicinanza del cadavere di un delinquente potesse
profanare le tombe. Ancora una volta si rivela il contrasto tra questa disonorante
sepoltura e l’innocenza del Servo.

La glorificazione del Servo (v. 10): tutte le sofferenze che il Servo deve
sopportare sono la realizzazione di un preciso disegno. È Dio stesso che lo
vuole. Non fa perciò meraviglia che al Servo sia riservata una ricompensa
particolare. Essa consiste in una discendenza e in un prolungamento dei suoi
giorni che includono in primo luogo una glorificazione postuma attraverso
l’ammirazione e l’entusiasmo degli uomini, ma anche, almeno in modo velato,
l’idea di una resurrezione reale e fisica.

SECONDO ORACOLO DI JAHVÈ (53, 11-12)

Dio prende ancora la parola per proclamare i benefici effetti della sofferenza
espiatrice del Servo. Si tratta di un giusto che rende giusti gli altri che poi sono
tutti. Ma anche il Servo viene premiato. Egli vedrà la luce e si sazierà della
conoscenza di Dio e delle sue opere. Nella Bibbia e, specialmente nel libro di

67
Isaia, la luce è simbolo di benessere e di pace (cfr. 9,1); però non si può
escludere che qui ci sia una allusione, almeno velata alla resurrezione.

LA DOTTRINA DEI 4 CARMI

Le idee espresse nei 4 carmi possono essere così sintetizzate:

1. Il Servo ha una missione temporale perché deve guidare gli Israeliti nel
loro ritorno dall’esilio babilonese; anche l’Emmanuele di Is 7,11 deve
liberare gli Israeliti dal pericolo assiro.
2. La missione specifica del Servo è, però, di natura spirituale; infatti egli
deve far conoscere la religione di Jahvé a tutte le genti (42, 1.4; 49, 1) e
condurle a Dio (49. 6); anche Israele dovrà beneficare di questa opera
spirituale del Servo giacché gli sarà concesso di rimpatriare solo dopo
che si sarà convertito al suo Dio (49,6).
3. Questa missione del Servo è contrassegnata da umiliazioni (49, 4.7; 50,
5.7; 52, 14), da sofferenze e da morte violenta che egli sopporterà
pazientemente per i peccati degli altri (53, 4-6.8.12), perché
personalmente è innocente (53,9).
4. Così grandi sofferenze sono, però, premiate con la giustificazione degli
uomini (53, 11), la loro riconciliazione con Dio (53, 6) e la glorificazione
stessa del Servo (53, 10-12).

Chi è questo SERVO di cui parla Isaia?

Interpretazioni storiche del Servo

Gli studiosi di storia ebraica segnalano almeno una quindicina di personaggi e


tra essi prendono in considerazione specialmente ZOROBABELE (583-516?)
che attuò il ritorno dall’esilio attribuito al Servo in Is 49,6.

68
Gli esegeti ebrei, sia antichi che moderni, seguiti da alcuni cristiani a
cominciare dal secolo XIX, propongono l’interpretazione collettiva che
identifica il Servo con Israele, soprattutto quello deportato a Babilonia.

Essi si appoggiano sulla mentalità semitica che presenta una comunità come
fosse un singolo, sul contesto del libro in cui l’appellativo “servo” si riferisce
indubbiamente al popolo ebraico o almeno ad una sua parte considerevole, e
soprattutto sulla lezione “Israele” di 49, 3. Però va anche osservato che
l’appellativo, assegnato al Servo, non designa certamente l’Israele storico, a
motivo del v. 5, dove esso appare bisognoso di salvezza.

Che non possa essere identificato il Servo co Israele storico, si desume anche
dalle vistose differenze che esistono tra le due realtà:

◊ Israele è demoralizzato e sfiduciato (40, 27; 41, 10-13; 44,2)

è colpevole, peccatore, ostinato (40,2; 42,19-20;43,24-28)

è schiavo dei suoi nemici e soffre per i suoi peccati (42, 18-25)

o Il Servo è pieno di fiducia in Dio anche nei momenti più tristi (49,4; 50,7-9)
è innocente (42,1-4; 50, 4-6; 53, 9)

è il liberatore d’Israele (49,6) e soffre unicamente per i peccati altrui

(53, 4-6.11-12).

Non mancano neppure gli esegeti che riferiscono qualche carme al Messia o ad
altro individuo, e qualche altro alla collettività.

Esempio:

1. E. J. Kissane (cattolico): 1° e 2° carme a Israele


3° carme al Profeta

4° carme al Messia

69
2. H.. H. Rowley (protestante): 1°, 2° e 3° carme a Israele
4° carme al Messia

Si può vedere nel Servo di Jahvé, Gesù il Messia?

Un fatto è certo, nei Carmi non ricorre mai il nome del Messia, tuttavia
l’identità fra il Servo di Jahvé e il Messia è stata chiaramente affermata da Gesù,
dagli Apostoli, dai Padri della Chiesa e dagli scrittori cristiani antichi.

 In Lc 22, 37 Gesù applica alla sua imminente passione Is 52,12


“appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito,

ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”. (cfr. Mt 20,28)

In Lc 24, 26-27 Gesù allude chiaramente alla sofferenza e alla


glorificazione

del Servo

in Lc 18,31 Gesù parla di schiaffi, violenze, sputi e flagelli con una

terminologia che richiama certamente il testo greco di Is 50,6

 La catechesi primitiva ha istituito uno stretto rapporto tra la vita di Gesù e


i Carmi del Servo di Jahvé. È tipico l’esempio dell’apostolo Filippo che
prende spunto da Is 53,7-8 per catechizzare l’eunuco sull’opera di Gesù
(cfr. Atti 8,32-35). Altre citazioni dirette del quarto carme si hanno in
Rom 15,21 (Is 52,15), Giov 12,38 (Is 53, 1), Rom 10,16 (Is 53,1), e in Mt
8,17 (Is 53,4). Anche l’affermazione che Gesù ha assunto la “forma del
Servo” (Fil 2,7) e, come <<figlio dell’uomo>>, è destinato a soffrire e ad
essere disprezzato (Mc 9,12), si ispira chiaramente al Servo di Jahvé
sofferente e messo a morte. Gesù (Lc 2,31-32) e i continuatori della sua

70
opera (Atti 13,47) sono chiamati “luce delle genti” in evidente
dipendenza da Is 49,6.
 Con un’insistenza ancora maggiore i Padri e gli scrittori cristiani antichi
segnalano le somiglianze che intercorrono fra Gesù e il Servo di Jahvé. Il
carme particolarmente chiamato in causa è il 4°, che talvolta viene
addirittura riportato integralmente. (Cfr. Clemente Romano, Ad
Corinthios 16,2-16; S. Giustino, Dialogo con Trifone 13,42-43).
 Gli esegeti moderni cattolici, tuttavia, si domandano se i 4 Carmi si
applicano a Cristo e se questo riferimento è esclusivo oppure no.
Specialmente per il 4° Carme l’interpretazione messianica esclusiva
sembra la più probabile, anche se rimane sempre qualche perplessità. A
questo proposito l’opinione di un biblista, A. PENNA:
“… Sarebbe antistorico e contrario al carattere delle profezie il tentativo
di voler leggere tutta la passione e morte di Gesù nel testo di Isaia. La
profezia non può mai essere identica al racconto storico di un
avvenimento passato. Oltre alla mancanza di prospettiva cronologica, si
devono tener presenti altri elementi. Non è improbabile che il carattere
vivo alla descrizione si debba, più che ad una visone precisa dei vari
tormenti destinati al Messia, al riflesso delle pene e delle umiliazioni che
il popolo subiva nell’esilio oppure di quelle capitate a personaggi insigni,
quali Joachim, Sedecia, Geremia, Ezechiele e altri, di cui non ci è giunta
memoria” (A. Penna, Isaia, Torino 1958, pp. 387-388).

Infatti il Servo è descritto nei carmi con tratti che ne fanno una figura regale e,
soprattutto, profetica.

Egli è il Servo, l’eletto preso per mano da Dio (42, 1.6), come lo erano i re
secondo la concezione dell’antico Israele e degli altri popoli semiti; molto è
destinato ad essere onorato in modo veramente sovrano da parte dei re terreni
(52,15).

71
Ma è soprattutto il profeta cui incombe il gravoso compito di diffondere la vera
religione su tutta la terra (42,1).

Sembra che, nel delineare la figura del Servo, l’autore dei Carmi si sia servito
specialmente delle 2 figure luminose e profetiche di Mosè e Geremia. Il
ravvicinamento con Mosè è suggerito in modo particolare da 49, 5-6 in cui il
Servo è presentato come restauratore di Israele dopo di averlo ricondotto
dall’esilio; invece il confronto con Geremia, oltre che nel modo in cui si
svolgono le rispettive chiamate (42,1; 49,1 e Ger 1,4-5), è costituito dalle
opposizioni e dalle sofferenze che contrassegnano la vita di entrambi.

La questione in definitiva rimane aperta.

Non si può però escludere che il profeta, oltre che la figura del Cristo, abbia
intravisto qualche altra realtà storica distinta, oppure intimamente connessa con
la prima. Avremmo in questo caso una profezia a doppio oggetto che vorrebbe
dire che 2 eventi futuri, lo storico e il messianico, non sono distinti ma si
compenetrano intimamente in modo tale che “il primo sta al secondo solo come
il più piccolo al più grande, come il mediocre al perfetto, ma altresì come
l’immagine alla persona, come l’abbozzo al dipinto completo” (A. Vaccari).

Di questa profezia a doppio oggetto si trova un vistoso esempio nei carmi di Is


40,55 dove la liberazione dall’esilio è fusa in modo strettissimo con la
liberazione dalla schiavitù del operata dal Messia.

72
GEREMIA

Il Profeta e il suo mondo.

Geremia (Jahvé esalta) è il profeta di cui abbiamo notizie più abbondanti che ci
vengono, quasi tutte dallo stesso libro. Nasce verso il 650 a. C. ad Amatot, ca. 5
Km a nord est di Gerusalemme, da una famiglia sacerdotale.

Fu chiamato alla missione profetica nell’anno 13° (628/7 a. C.) del re Giosia
(640/7-609); dapprima egli si schernisce adducendo la sua giovane età (1,6) 235;
più tardi, le mille difficoltà che gli provenivano dalla sua missione, lo spinsero
ad accusare Jahvé di averlo sedotto (20,7).
235
Risposi: «Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane».

73
La sua vita fu un continuo calvario:

o Dovette rimanere celibe per volere divino (16,2)


o Sperimentò contrasti e umiliazioni di ogni genere
o Subì persecuzioni persino dai parenti (12,6)
L’attività profetica di Geremia si estende dal 626 a fino dopo il 587 e si divide
in tre fasi che coincidono con i tre regni di:

1. Giosia (640-609)
2. Joakim (609-598)
3. Sedecia (597-587)

Ai tempi di Giosia la situazione religiosa e morale lasciava molto a desiderare.


Accanto a Jahvé gli Ebrei adoravano numerose altre divinità con vere e proprie
forme di culto idolatriche (7, 18; 44, 17-19.25). Il profeta non si limita a
condannare energicamente tutti questi mali, ma annuncia anche la punizione che
consisterà in una invasione proveniente dal nord (2-6). (Leggere cap. 2)

Durante il regno di Joakim Geremia fu molto attivo. A questo periodo risalgono


le profezie contro Giuda e le nazioni (36,2) che contengono la condanna del
formalismo religioso e dell’idolatria ritornati di moda dopo la morte del re
Giosia.

In questo tempo pronunziò anche la grande profezia contro il tempio (7,21-34)


che suscitò una grande impressione nel popolo, convinto assertore
dell’inviolabilità del Santuario.

21Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: «Aggiungete pure i vostri olocausti ai vostri sacrifici e

mangiatene la carne! 22In verità io non parlai né diedi comandi sull’olocausto e sul sacrificio ai vostri
padri, quando li feci uscire dal paese d’Egitto. 23Ma questo comandai loro: Ascoltate la mia voce! Allora
io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; e camminate sempre sulla strada che vi prescriverò,
perché siate felici. 24Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio; anzi procedettero secondo
l’ostinazione del loro cuore malvagio e invece di voltarmi la faccia mi han voltato le spalle, 25da quando i
loro padri uscirono dal paese d’Egitto fino ad oggi. Io inviai a voi tutti i miei servitori, i profeti, con

74
premura e sempre; 26eppure essi non li ascoltarono e non prestarono orecchio. Resero dura la loro
nuca, divennero peggiori dei loro padri. 27Tu dirai loro tutte queste cose, ma essi non ti ascolteranno; li
chiamerai, ma non ti risponderanno. 28Allora dirai loro: Questo è il popolo che non ascolta la voce del
Signore suo Dio né accetta la correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca.

29Taglia la tua chioma e gettala via

e intona sulle alture un canto lugubre,

perché il Signore ha rigettato e abbandonato

la generazione che è oggetto della sua ira.

30Perché i figli di Giuda hanno commesso ciò che è male ai miei occhi, oracolo del Signore. Hanno posto i

loro abomini nel tempio che prende il nome da me, per contaminarlo. 31Hanno costruito l’altare di
Tofet, nella valle di Ben-Hinnòn, per bruciare nel fuoco i figli e le figlie, cosa che io non ho mai
comandato e che non mi è mai venuta in mente. 32Perciò verranno giorni - oracolo del Signore - nei
quali non si chiamerà più Tofet né valle di Ben-Hinnòn, ma valle della Strage. Allora si seppellirà in Tofet,
perché non ci sarà altro luogo. 33I cadaveri di questo popolo saranno pasto agli uccelli dell’aria e alle
bestie selvatiche e nessuno li scaccerà. 34Io farò cessare nelle città di Giuda e nelle vie di Gerusalemme
le grida di gioia e la voce dell’allegria, la voce dello sposo e della sposa, poiché il paese sarà ridotto un
deserto».

In questo periodo il profeta subì minacce di morte (26,.8), congiure (18,18-23),


maltrattamenti e persecuzioni di ogni sorta (17,18; 20,1-6; 36,26), malattia
(17,14) e isolamento morale (16, 1-5).

Durante il tragico regno di Sedecia, le difficoltà e le sofferenze del profeta


aumentarono. Dovette tener testa alla crescente influenza del partito ostile ai
Babilonesi, che era riuscito a trascinare nelle sue spire l’abulico sovrano. Non
potendo più impedire la catastrofe, Geremia, che aveva ormai abbandonato del
tutto le incertezze e gli incubi di un tempo, consiglia al re e alla corte una pronta
sottomissione a Nabucodonosor.

Accusato di disfattismo fu messo in prigione (37,15; 38, 6.28) e gettato in una


cisterna per farlo morire (38,1-13).

75
Durante il lungo assedio imposto dai Babilonesi a Gerusalemme, il re Sedecia
si incontrò più volte con lui in segreto (21,10; 37, 3-10), ma, succubo com’era
dei suoi consiglieri, non seppe proteggerlo dalle loro persecuzioni.

Fu in questo burrascoso periodo che Geremia pronunciò le sue più smaglianti


profezie (30-33) [leggere cap. 31]. Esse prevedevano la restaurazione di Israele
con Gerusalemme come centro della rinata nazione e un nuovo discendente di
Davide sul trono.

Dopo la presa di Gerusalemme i Babilonesi offrirono a Geremia la loro


protezione e lo invitarono a trasferirsi libero in Babilonia (40,4); ma egli preferì
rimanere in Palestina accanto al governatore Godolia che gli era buon amico, per
assisterlo nell’opera di riorganizzazione della nazione.

Purtroppo Godolia fu assassinato da un fanatico (41,2) e parecchi Giudei,


temendo di essere accusati di complicità, fuggirono in Egitto trascinando con sé
Geremia e il suo fedele segretario Baruc (43,6).

Qui il profeta continuò la sua attività (43-44) finché, al dire di una tradizione
giudaica, fu ucciso a Tafri dai Giudei che mal tolleravano i suoi aspri
rimproveri.

Secondo un’altra tradizione invece, morì di morte naturale in Babilonia dove


l’aveva condotto Nabucodonosor dopo la sua invasione egiziana del 567 a. C.

Il Libro.

Il libro contiene i discorsi pronunciati dal profeta nello spazio di più di 40 anni.

Frammiste ai discorsi si trovano anche notizie biografiche e narrazioni molto


estese di avvenimenti religiosi e civili nei quali il profeta fu implicato. Il libro
certamente non uscì di getto dalle mani di Geremia, ma venne formandosi a
tappe successive di cui rimangono tracce nell’opera stessa.
76
Possono in esso individuarsi 5 parti:

 Introduzione: vocazione profetica (1)


 Prima Parte: vaticini contro Giuda e Gerusalemme (2-29)
 Seconda Parte: Libro della consolazione (30-33)
 Terza Parte: attività di Geremia durante l’assedio di Gerusalemme (34,1 –
40,6)
 Quarta Parte: dopo la presa di Gerusalemme (40,7-45,5)
 Quinta Parte: Oracoli contro i popoli pagani (46-51)
 Appendice storica (52)

Il Messaggio profetico

Come gli altri profeti, Geremia afferma:

- unicità di Dio (2,11; 10,1-16; 16,20)


- saggezza e sovrana indipendenza del governo divino del mondo (8, 1-11)
- superiorità delle virtù morali e dello spirito interiore sopra i riti esterni
(7,3 -11.21- 23)
- obbligo di essere umani e benefici specialmente verso i più miseri (5,25-
29; 34,8-16)
Il profetiamo però si distingue dagli altri per alcuni aspetti che gli sono
caratteristici:

1. è “sacerdote senza culto, gioisco senza popolo e solitario senza


amici”, perciò si rifugia in Jahvé cui apre tutto il suo animo in
quelle “confessioni” (11,8-23; 12,1-6; 15,10-21; 17,14-18; 18,18-
23; 20, 7-18) che fanno di lui il più grande psicologo della Bibbia.
Non mancano in lui gli appelli alla vendetta (12,3; 17,18; 18,21-
23), né gli abbattimenti e le impennate d’animo (12,3; 15,10.16-17;
20, 7-10), però il profeta sa anche elevarsi a sentimenti così elevati

77
di fiducia in Dio che ne fanno un autentico rappresentante degli
“anawim” biblici.
2. Davanti alle terribili sofferenze riservate ai suoi connazionali il suo
cuore sanguina e sul suo labbro fiorisce la preghiera accorata
perché Dio risparmi tali sventure (14,1-15; 5.11; 18,20). La sua
preghiera è così forte che Dio sembra temerne l’efficacia (7,16;
11,14; 14,11). Il profondo affetto per i suoi connazionali non gli
impediscono, però, di rinfacciare loro di continuo colpe gravissime
e di minacciarne il meritato castigo. L’indagine che Geremia fa del
peccato tocca profondità impensate; nessuno più di lui svela le
pecche del cuore umano e invoca la forza della grazia divina che le
deve sanare (17, 9-14).
3. Geremia ha il merito di aver accentuato l’origine divina e la forza
dell’ispirazione profetica (20,7-11); per primo ha affermato il
valore della persona umana e la responsabilità individuale (31,29-
34).
4. Di solito è ritenuto il profeta della sciagura e dello sconsolato
dolore, ma questo si deve al fatto che gli toccò di vivere in uno dei
periodi più tristi della storia di Israele, ma anche alla sua
particolare sensibilità d’animo. Però ha sempre avete incrollabile
fiducia nell’aiuto di Dio, solo nel suo libro Jahvé è ripetutamente
chiamato “speranza di Israele” (14,8; 17,13; 50,7) e l’oggetto
principale di questa speranza è la restaurazione nazionale dopo
l’esilio babilonese, che segue l’alba della felice era messianica.
5. Geremia preannuncia la futura restaurazione in tre momenti diversi
del suo ministero profetico: all’inizio, quando rivolge le parole agli
esuli del regno settentrionale (3,11-18; 30,5-31;22); dopo la
deportazione del re Joakim e di parte del popolo (24,1-10; 29,1-

78
32); al tempo della distruzione di Gerusalemme rivolgendosi ai
superstiti del regno di Giuda (31,23-33.26; 23,3-8).
6. Anche per Geremia il Messia sarà un discendente di Davide che
instaurerà un regno di giustizia e di pace. “Del Messia, del resto,
Geremia non è soltanto l’araldo nella sua predicazione, ma anche,
più che nessun altro personaggio del V. T.. figura nella sua vita e
nei suoi patimenti. Celibe e solitario in mezzo ad una società di
gaudenti (15,17; 16,2), sollevato sul resto dell’umanità, come la
nobile idea cui si era consacrato (cfr. Lam 3,28), rappresenta la
sovrumana personalità del Figlio della Vergine; come “agnello
mansueto condotto al macello” (11,19) prefigura la vittima augusta
del Calvario” (A. Vaccari, La Sacra Bibbia, VI, Firenze 1953, p.
203).
7. L’influsso di Geremia sui posteri, con i suoi scritti e il suo
esempio, è enorme. Dipendono da lui letterariamente Ezechiele e,
per alcuni, anche il Deutero Isaia. Alla sua pietà si ispirano i
cosiddetti “poveri di Jahvé”. All’epoca dei Maccabei era
addirittura considerato un padre della patria (2 Mac 15,13-15). I
suoi vaticini sono ricordati nell’Antico e Nuovo Testamento (Dan
9,2; Siracide 49,7; Mt 2,17-18; 21,13; ….. 8,8-13; 10,15-17).
L’ammirazione per questo profeta perdura nell’epoca cristiana e
trova la sua migliore espressione in S. Girolamo: “Certe nullum
puto sanctiorem esse Hieremia qui virgo, propheta, santificatusque
in utero, ipso nomine praefigurat Dominum Salvatorem” 236 (in
Ieremia 23,9).

236
“Sicuramente reputo nessuno più santo di Geremia che celibe, profeta e già santo prima della nascita,
attraverso il suo stesso nome prefigura il Signore Salvatore”.
79
LAMENTAZIONI

Al profeta Geremia sono in qualche modo da riferire o per lo meno accostare le


cosiddette LAMENTAZIONI che l’antichità sia giudaica che cristiana ha
unanimemente associate al profeta Geremia che si conosce come compositore di
lamentazioni o canti funebri (2 Cron 35,25) tanto da chiamarle “Lamentazioni di
Geremia profeta”. Ma tale attribuzione non è poi così scontata come si dirà.

Titolo e divisione del libro.

80
Questo libretto, privo del titolo nella lingua ebraica, è chiamato “Θρήνοι =
Treni = Lamentazioni” nella versione dei LXX e della Vulgata.

Si tratta di 5 carmi elegiaci che si riferiscono tutti alla tremenda sciagura del
587 a. C. nella quale Gerusalemme e l’intero regno di Giuda furono distrutti e
una parte degli abitanti fu deportata in Babilonia.

Ognuno di questi carmi, però, accentua un aspetto particolare della tragedia.

 Primo Carme (1,1-22): deplora la perdita dei beni morali: indipendenza,


gloria e potenza;
 Secondo Carme (2,1-22): piange la rovina materiale e le stragi delle vite
umane nella presa della capitale;
 Terzo Carme (3,1-66): dopo un’acuta diagnosi del disastro, prospetta la
speranza del perdono e della restaurazione;
 Quarto Carme (4,1-22): deplora i mali sofferti da ogni ceto e le colpe dei
principali responsabili;
 Quinto carme (5,1-22): è soprattutto una preghiera a Dio per implorare la
sua pietà.
I vari elementi che compongono i singoli carmi si succedono più in base
all’ordine psicologico che a quello logico.

Composizione e genere letterario

I 5 Carmi, oltre al contenuto hanno in comune anche una particolare struttura


poetica. Sono tutti alfabetici, cioè regolati sulle lettere dell’alfabeto ebraico,
però in vario modo.

Infatti i primi 4 sono acrostici, cioè ogni verso o stico comincia con una lettera
dell’alfabeto ebraico; però il 2°, il 3° e il 4° hanno un’inversione fra 2
consonanti ‘ain e pe che finora non è stata spiegata in modo adeguato; inoltre il

81
5° si limita ad avere 22 versi, quante sono le lettere dell’alfabeto ebraico, senza
l’acrostico iniziale.

Questo artificio letterario, che si riscontra anche in altre composizioni poetiche


della Bibbia (cfr. Naum 1, 2-8; Prov 31, 10-31), risponde a preoccupazioni
estetiche e mnemoniche.

Il metro è quello “qînāh”, tipico delle composizioni elegiache e delle


lamentazioni. Per il genere letterario il libretto si ricollega alla lamentazioni
individuali e collettive, tanto diffuse nella Mesopotamia; però si riscontrano
anche altre forme letterarie di carattere tipicamente religioso come esortazioni
(2,18-22; 3,40-47), confessioni (1,18-20; 4,6.12.20) e considerazioni sapienziali
(3,25-39).

La struttura alfabetica e la dipendenza di forma letterarie largamente diffuse


hanno certamente influito sull’andamento del pensiero, però non sono riuscite a
soffocare l’intenso lirismo e la varietà delle immagini.

Origine.

Sono molto controverse le questioni che riguardano il tempo, il luogo, l’autore.

Per il tempo: composizione tra il 587 e il 538 a. C. avvenuta forse a


Gerusalemme giacché siamo informati che dalla distruzione fino al 520 a. C. ci
fu nel tempio la commemorazione liturgica dell’evento accompagnata da digiuni
(Ger 41,5; Zac 7, 3-5; 8,19). È probabile che questi carmi siano stati destinati a
questa funzione liturgica. Non mancano però quelli che pongono la
composizione a Babilonia o in Egitto.

Per l’autore: i moderni esegeti escludono Geremia per i seguenti motivi:

1. mancanza del titolo nel testo masoretico e in parecchie versioni antiche


2. nel canone ebraico l’opera è tra gli “Scritti” e non tra i “profeti”
82
3. il modo diverso nelle Lamentazioni e in Geremia di giustificare il re
Sedecia (Ger 37, 17-18 e Lam 4,20)
4. l’artificio alfabetico dei carmi si concilia con fatica con l’ammirabile
libertà stilistica di Geremia.
Comunque non mancano nemmeno oggi studiosi cattolici e non favorevoli alla
paternità geremiana dello Scritto, almeno parziale.

Insegnamento religioso.

È costituito essenzialmente dal giudizio sulla catastrofe nazionale del 587 a. C.


e dalla necessità che i superstiti si convertano a Dio. Infatti la nazione è stata
distrutta per volontà di Dio che ha voluto così punire la sua infedeltà religioso-
morale (1,5.8.18; 3,42-43; 4,13-16).

Non tutto però è finito, infatti Dio, nella sua infinità misericordia (3,22-24), è
pronto a restaurarla non appena gli scampati all’immane catastrofe
rinnegheranno i loro peccati e si convertiranno (3, 40-41).

In questa luce, il dolore appare un castigo, ma anche un efficace mezzo di cui


Dio si serve per purificare un individuo o un popolo. È la soluzione del
problema del dolore come è prospettata nel libro di Giobbe.

La Chiesa ha inserito questi carmi nella liturgia della Passione. In questo modo
essi non esprimono soltanto lo sgomento per la distruzione di una città, bensì
l’orrore per uno scempio molto più crudele o orribile, quale fu appunto la
crocifissione di Cristo.

LETTERA DI GEREMIA

83
Redatta forse tra il 250 e il 120 a. C.. è chiamata “LETTERA” per l’affinità che
ha con Ger 29, lettera agli Esuli. Per completezza di informazione su questo
profeta va detto che esite una cosiddetta Lettera di Geremia.

Sono solo 72 versetti, si trova nella versione greca dei LXX come libro a sé e
segue immediatamente “Le Lamentazioni”. Nella Vulgata e quindi nella nostra
Bibbia corrisponde al cap. 6 del libro di Baruc, segretario e amico di Geremia.

Il titolo la dichiara “una copia della lettera che Geremia inviò a color che
stavano per essere condotti prigionieri in Babilonia dal re dei Babilonesi, per
comunicare ciò che erastato comandato da Dio”

Di Lettera però essa non ha che il nome, giacché è una sarcastica confutazione
dell’ideologia babilonese basata sulla concezione largamente diffusa della
identità fra la divinità e il suo idolo.

L’autore vuole dimostrare l’assurdità dell’idolatria giacché le divinità


babilonesi esistono solo nella stolta opinione dei loro adoratori.

Le prove sono distribuite in 10 sezioni, corrispondenti ad altrettante strofe, che


si chiudono tutte con la conclusione pratica “dunque non li temete” cioè “non
riconosceteli come dei né onorateli di culto religioso”.

L’autore.

Alcuni elementi suggeriscono Geremia:

1. il titolo premesso nello scritto che addita chiaramente l’autore nel profeta
Geremia;
2. la testimonianza di 2Mac 2,2 secondo la quale il profeta raccomandò per
iscritto ai deportati “di non dimenticarsi dei precetti del Signore e di non

84
lasciare traviare la mente vedendo idoli d’oro e d’argento con i loro
ornamenti”.
Tuttavia questi argomenti non possono nulla poiché il titolo può essere
un’aggiunta posteriore suggerita dall’affinità di argomento e di forme che esiste
fra questo scritto e svariati brani di Geremia.

Comunque molto esegeti moderni ritengono che lo scritto risalga ad un autore


posteriore a Geremia e a noi sconosciuto, che lo compose in ebraico quando la
religione babilonese esercitava ancora il suo influsso deleterio.

Nella composizione della sua opera l’autore attinse abbondantemente a tutta la


tradizione profetica e particolarmente a Is 40-55 e Ger 10, 3-16; però utilizzò
anche la sua conoscenza diretta della religione babilonese.

Soltanto così si può spiegare l’esattezza con cui descrive le solenni processioni
degli idoli e le aberrazioni cultuali (vv. 42-43).

Tutto questo fa pensare ad un ebreo che visse in qualche città della


Mesopotamia.

MICHEA

85
A. Il Profeta e il suo mondo.
Dopo aver trattato di Geremia, facciamo un passo indietro ad un profeta
contemporaneo di Isaia: MICHEA237. Il nome vuol dire “Chi come Jahvé?”.

Sappiamo che era un nativo di Moreset (1,14) attuale “Tell el Gedeideh” e che
esercitò la sua attività profetica al tempo dei re di Giuda: Joatam (740 – 736),
Acaz (736 – 716) ed Ezechia (716 – 789).

Michea profetizzò prima nella Giudea sud-occidentale, poi a Gerusalemme,


forse perché il suo piccolo villaggio fu saccheggiato durante le invasioni assire
in Palestina.

È Geremia (26,18)238 che ricorda l’oracolo che il profeta pronunciò contro il


tempio di Gerusalemme.

La vita nella capitale gli fu resa difficile dalla tenace opposizione dei profeti
ufficiali, di cui egli non mancò di denunciare il falso ottimismo (2, 6-11) e la
bassa venalità (3, 5-8).

Le cose che più colpiscono questo rozzo paesano nel suo soggiorno a
Gerusalemme furono le “frodi” dei commercianti (6, 10-12) e, soprattutto, i
disordini sociali. Infatti non era raro che i grandi proprietari terrieri si
237
Il profeta di cui il 6 gennaio nel brano di Matteo con il racconto dei Magi: “E tu, Betlemme, terra di
Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio
popolo, Israele.” (Mt 2,6).
238
«Michea il Morastita, che profetizzava al tempo di Ezechia, re di Giuda, affermò a tutto il popolo di
Giuda: Dice il Signore degli eserciti: … >>

86
“accaparrassero” i poderi dei piccoli contadini (2,1-5) e spogliassero i loro
debitori “insolvibili” (2, 8-10).

Frequentemente poi i principi, i giudici, i sacerdoti e i profeti si avvalevano


della loro autorità per sfruttare la povera gente (3, 1-12; 7,3).

Non meno gravi erano i disordini religiosi e morali che il profeta denuncia con
indomita tenacia. Più che mai i suoi connazionali praticavano le aberrazioni
cultuali dei Cananei (5, 11-13), riponevano una fiducia cieca e superstiziosa nei
sacrifici (6, 6-8), affidavano la loro sicurezza alle armi (1,13; 5,4-5.9-10) e non
rifuggivano da “recriminazioni contro Jahvé” cui essi imputavano la colpa di
trascurare il suo popolo e di abbandonarlo nelle mani degli Assiri (6, 3-5).

Michea svolse la sua attività profetica nello stesso periodo di Isaia. Ciò si ricava
dai primi versetti dei rispettivi libri che ricordano i medesimi re Jotam, Acaz ed
Ezechia.

“Visione che Isaia, figlio di Amoz, ebbe su Giuda e su Gerusalemme nei giorni
di Ozia, di Iotam, di Acaz e di Ezechia, re di Giuda.” (Isaia 1,1)

“Parola del Signore, rivolta a Michea di Morèset, al tempo di Iotam, di Acaz e


di Ezechia, re di Giuda. Visione che egli ebbe riguardo a Samaria e a
Gerusalemme.” (Michea 1,1)

Che i due profeti si siano conosciuti e appoggiati vicendevolmente lo fanno


pensare le corrispondenze talvolta letterali, che si incontrano in alcuni vaticini.

Soprattutto per Michea questa amicizia dovette essere di non poco conforto.

A differenza di Isaia e di altri profeti, Michea, non ci ha lasciato il racconto


della sua vocazione. I suoi oracoli, però, ci mostrano che egli ebbe una vivida
coscienza della sua missione.

E sarà proprio questa che gli imporrà di pronunciare i suoi oracoli minacciosi,
anche quando i suoi connazionali gli richiedevano parole rassicuranti (2, 6-11).
87
Non sappiamo altro della sua attività profetica svoltasi per un quarantennio. Ciò
è dovuto al carattere lacunoso e frammentario del libro di Michea.

B. Il Libro.
Il libro di Michea comprende due parti simmetriche (1-3 e 6-7) in cui le
minacce (1 – 3 e 6,1 – 7,7) sono seguite da promesse e speranze (4 – 5 e 7,8 –
20).

o Titolo (1,1)
o Prima Parte (1,2 – 5,14)=: giudizio contro Israele e Giuda e promessa
della loro restaurazione.
o Seconda Parte (6,1 – 7,20): giudizio contro Iscraele e sua restaurazione
Il motivo dominante è il giudizio sul peccato, nel quale la descrizione della
colpa è accompagnata dalla minaccia del castigo oppure della sentenza divina
contro i colpevoli.

Il profeta rianima la speranza dei buoni mediante la forma classica dell’oracolo.

Il processo di Jahvé contro il suo popolo (6,1-8) è la composizione più celebre


di Michea.

Gli esegeti moderni sono concordi nel ritenere che il libro abbia assunto la
forma attuale molto tempo dopo Michea, probabilmente all’epoca del ritorno
dall’esilio.

Il libro sarebbe, perciò, essenzialmente opera di un compositore anonimo che


l’avrebbe composta con l’intento preciso di mantenere viva la speranza degli
esuli in una rinnovata teocrazia.

C. Il messaggio profetico.

88
Michea è soprattutto un profeta della condanna e del castigo. Alla pari di Amos,
egli stigmatizza specialmente le ingiustizie sociali.

Sono presi di mira:

i ricchi che opprimono i poveri (2, 1-5) e i debitori (2, 8-10);

i capi, i sacerdoti e gli pseudoprofeti che abusano della loro autorità ai danni dei
sudditi (3, 1-12; 7,3);

la frode nel commercio (6, 10-12);

le divisioni nella società (7, 5-6).

Naturalmente questi vizi si accompagnano alla infedeltà religiosa, che trova la


sua espressione nel culto falso, nell’ostilità spirituale contro Jahvé (1, 7.13; 5,
11-13; 6,3-5).

Dio però punirà tutti questi delitti:

infatti Samaria sarà distrutta (2, 6-7);

la Giudea sarà invasa (3,12);

lo stesso paese natio del profeta sarà devastato (1, 8-16);

i suoi connazionali soffriranno la fame durante l’assedio nemico (6, 14-15);

dopo la sconfitta (5, 9-10), ci sarà la ripartizione delle terre (2,4) e l’esilio
(4,10).

Tuttavia il peccato di Israele e la sua condanna non potranno impedire che si


compiano le promesse incluse nella parola divina.

Michea riprende i temi tradizionali del messianismo regale, però, alla pari di
Isaia e certamente sotto il suo influsso, li trasforma profondamente
aggiungendovi il tema del giudizio.

89
Infatti la salvezza messianica non è più riservata a tutta quanta la nazione, ma
ad una élite religiosa che emergerà in mezzo ad essa dopo la necessaria
purificazione divina. È l’idea del “resto” (4, 6-7; 5,2.6-7), che i profeti
annunciano, in attesa che l’esilio lo costituisca di fatto.

Alla testa di questa èlite il profeta vede il Re-Messia nato nella piccola
Betlemme (5, 1-5).

Michea è anche un maestro di vista spirituale per alcuni pensieri che sono tra i
più profondi per pietà religiosa in tutto l’Antico Testamento. Basta ricordare che
per lui (6,8) la vera religione è fatta di giustizia, pietà e fede, tre elementi che
costituiscono la sintesi della predicazione dei profeti coevi Amos, Osea e Isaia.

D. Esegesi di Michea 5, 1-3: Il Messia da Betlemme.


C’è un passo nel cap. 5 di Michea a cui si farà riferimento all’arrivo dei Magi a
Betlemme che ha bisogno di interpretazione e, leggendo il quale, ci si domanda
giustamente: di chi parla il profeta?

È il passo di Michea 5, 1-3:

1E tu, Betlemme di Efrata

così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda,

da te mi uscirà colui

che deve essere il dominatore in Israele;

le sue origini sono dall’antichità,

dai giorni più remoti.

2Perciò Dio li metterà in potere altrui

fino a quando colei che deve partorire partorirà;

e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli di Israele.

3Egli starà là e pascerà con la forza del Signore,

90
con la maestà del nome del Signore suo Dio.

Abiteranno sicuri perché egli allora sarà grande

fino agli estremi confini della terra

Analisi del testo.

Il profeta annuncia che la nazione israelitica, dopo l’esilio, sarà ricostituita e


avrà un capo della stirpe di Davide, che le assicurerà la pace e il benessere.
Questo sovrano avrà tutto l’appoggio di Jahvé e, perciò, potrà estendere il suo
regno fino alla estremità della terra.

Il Salvatore di Giuda nascerà nella piccola Betlemme “di Efrata” per


distinguerla dall’omonima della Galilea (Gios 19,15)239.

Non c’è dubbio che il nascituro appartenga alla tribù di Davide, Michea sembra
supporre noto ai suoi uditori (cfr. Is 9,6) l’oracolo del “Principe della pace”240.

Si dice: “mi deve uscire” si riferisce evidentemente non al profeta bensì a Jahvé
stesso, che destina il nascituro ad essere strumento qualificato nel governo del
popolo ebraico.

Questo re nuovo non è un primo venuto, perché può contare su ascendenti


antichi e celebri. Certamente il profeta intende affermare l’origine davidica del
nuovo re. Non mancano, però, gli esegeti che pensano all’origine divina del
Messia, la cui natura era nota in Israele al tempo di Michea grazie proprio alle
profezie di Isaia (cfr. 9,6). Di per sé il testo non si oppone a quest’ultima
interpretazione poiché le espressioni “da tempi anteriori, dai giorni più antichi”

239
“Esso includeva inoltre: Kattat, Naalal, Simron, Ideala e Betlemme: dodici città e i loro villaggi”.
(Giosuè 19,15).
240
“Grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno, che egli viene a
consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre; questo farà lo zelo del Signore degli
eserciti.” (Isaia 9,6).
91
sono usate nell’Antico Testamento per indicare sia il tempo antico (Is 51,9) 241
sia l’eternità in senso stretto (Prov. 8,23)242.

v. 2: Gli israeliti gemeranno sotto il giogo dei nemici che li hanno condotti in
esilio, fino alla nascita del loro liberatore. Comunque sotto la guida di questo
liberatore, gli Israeliti, che si erano staccati dal vero Israele e perciò erano stati
puniti severamente con l’esilio, si convertiranno a Jahvé e si riuniranno
nuovamente ai fedeli Jahvisti della Giudea, fratelli del liberatore.

Si formerà così nuovamente un unico popolo e finirà per sempre la scissione


delle 10 tribù. Anche Michea esprime l’idea del “resto” così familiare ai profeti
dell’Antico Testamento.

Con l’appoggio e l’autorità di Jahvé di cui è il rappresentante sulla terra, il


nuovo re governerà in modo pacifico. I suoi sudditi, però non sono gli Israeliti
scampati all’esilio ma gli uomini di tutto il mondo. Infatti il suo regno sarà
grande e si estenderà fino ai confini della terra.

Interpretazione del vaticinio.

La tradizione sia giudaica che cristiana è unanime nell’interpretare l’oracolo di


Michea in senso direttamente ed esclusivamente messianico.

Il pensiero dei Giudei è autorevolmente espresso in Matteo 2,5 e Giovanni 7,


41-42.

241
“Svegliati, svegliati, rivestiti di forza, o braccio del Signore. Svegliati come nei giorni antichi, come tra le
generazioni passate. Non hai tu forse fatto a pezzi Raab, non hai trafitto il drago?” (Isaia 51,9).
242
“ Dall’eternità sono stata costituita, fin dal principio, dagli inizi della terra.” (Proverbi 8,23).
92
“Essi dissero a Betlemme di Giudea. Infatti così è scritto per mezzo del
profeta”. Mt 2,5

“Non dice la Scrittura che il Cristo viene dalla stirpe di Davide e dal villaggio
di Betlemme dove viveva Davide?” Gv 7, 41-42.

S. Giustino prova che la profezia di Michea si è realizzata nella nascita di Gesù


a Betlemme (Dialogo con Trifone, 78);

Eusebio ricorda più volte che Michea ha designato Betlemme come luogo in
cui doveva nascere il Messia.

Teodoro di Mopsuestia, incline a negare la natura messianica di parecchie


profezie, riferì questa di Michea a Zorobabele ma fu condannato da papa
Vigilio.

Il carattere universalistico del regno e il riferimento a Is 7-9 confermano questa


interpretazione messianica. Non fa difficoltà che l’avvento messianico sia
connesso con la liberazione degli Israeliti dall’esilio.

Per mancanza di prospettiva profetica, Michea ha accostato due fatti futuri di


cui Dio non gli rivelò il preciso rapporto storico, ma solo la successione e la
connessione causale.

Anche qui si ha una profezia di beni materiali e nazionalistici, cha va


interpretata secondo le regole che sono sintetizzate in:

o Interpretazione letterale – pedagogica


o Interpretazione letterale – escatologica
o Interpretazione letterale – condizionata
o Interpretazione simbolica
Dottrina del vaticinio.

1. Il Messia deve nascere a Betlemme, luogo di origine di Davide e


della sua famiglia. Michea ha voluto completare la predizione di
Isaia indicando il luogo della nascita del Messia.
2. Il Messia ha il compito di fondare un regno universale di cui
faranno parte non solo gli Israeliti ma tutti gli uomini.
3. Esso sarà un regno di pace e di prosperità grazie all’indefettibile
assistenza divina.
SOMMARIO

Introduzione pag. 2

Il Profetismo in Israele pag. 6

Amos pag. 17

Isaia pag. 29

I Carmi del Servo di Jahvé pag. 43

Geremia pag. 55

Michea pag. 66

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