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Una Parola che mette a nudo

e che ferisce
Luciano Manicardi

he cosa avviene quando la Parola di Dio, scaturita dal testo biblico, raggiunge

l'ascoltatore? Un'esperienza non infrequente che al credente dato di fare quella di


sentirsi radiografato, messo a nudo o durante la proclamazione liturgica della
Parola o durante la lettura di un testo biblico nella lectio divina, oppure all'ascolto di
una omelia o di un commento di un testo biblico. La fede e l'ascolto che il credente
predispone divengono sorprendentemente accoglienza di una Parola che gi lo
conosce e cos lo mette in crisi. l'esperienza di David che reagisce con veemenza
alle parole del profeta Natan, ma poi deve riconoscere che ci che ha detto il profeta
non riguarda altri, ma concerne direttamente e personalmente lui: Sei tu
quell'uomo! (cf2Sam 12,1-14); la sorpresa della donna di Samaria di fronte a Ges
che le parla (Gv 4,26): Mi ha detto tutto quello che ho fatto (Gv 4,29). Nella Parola
di Dio, in ogni pagina della Scrittura che contiene la Parola di Dio, sempre presente
la domanda di Dio rivolta ad Adamo e ad ogni uomo: Dove sei? (Gen 3,9), dove ti
situi? Domanda che coglie Adamo e ogni uomo che accetti di ascoltarla, nella nudit,
nella fragilit: non che questa Parola crei tale nudit, ma la fa emergere, ponendo
l'uomo davanti a una Presenza altra (cf Gen 3,10). Quando si ascolta la Parola di Dio
nella convinzione di fede che essa ci riguarda (vorrei sottolineare: ci ri-guarda, ci
scruta e ci vede nel profondo), che parla a noi e di noi (res nostra agitur), allora noi la
accogliamo quale veramente : non come parola su Dio, non come parola
solamente umana, ma quale Parola di Dio che esercita la sua efficacia in coloro che
credono (cf lTs 2,13).
Questa efficacia della Parola, che implica anche una sua valenza giudiziale, parallela
a quella dell'Eucaristia attestata con forza da Paolo. quanto emerge dal passo di
1Cor 11,17-34 in cui i versetti 26-32 testimoniano la valenza giudiziale dell'Eucaristia:
Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del
Signore, finch egli venga. Perci chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore
in modo indegno, sar colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno,
dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perch chi mangia
e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.
per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti.
Se per ci esaminassimo attentamente da noi stessi, non saremmo giudicati; quando
poi siamo giudicati dal Signore, siamo da lui ammoniti per non essere condannati
insieme con il mondo (1 Cor 11,26-32).
Come l'Eucaristia un annunciare la presenza del Signore crocifisso, risorto e
veniente (1Cor 11,26; verbo katanghllein), cos annunciare l'Evangelo (1Cor 9,14;
verbo katanghllein) un manifestare la presenza del Cristo vivente (cf 2Cor 4,2):
Cristo presente nella sua parola, giacch lui che parla quando nella chiesa si
legge la sacra Scrittura (SC 7); tramite le Scritture Dio parla al suo popolo, Cristo
annuncia ancora l'Evangelo (SC 33); nelle Scritture Dio viene con sovrabbondanza di
amore incontro al suo popolo, cerca l'incontro e la relazione con ogni credente (cf DV
21). S, se nell'annuncio della Parola di Dio avviene la phanrosis ts aletheas (2Cor
4,2), la manifestazione della verit che Cristo, questa diviene anche svelamento
della verit che in ciascuno: ma svelamento anche spogliazione, abbattimento
delle difese, delle corazze, delle maschere, perch emerga la verit interiore. E questo

svelarsi a noi della nostra verit intima si accompagna sempre a un grande dolore: il
dolore della morte delle nostre idealizzazioni, dello spezzamento delle immagini di noi
che tanto amiamo ma che null'altro sono se non idoli. Come le folle di Gerusalemme,
cos anche il credente di sempre sente la trafittura del cuore all'ascolto della Parola di
Dio (cf At 2,37).
Questo dolore della Parola che mette a nudo, giudica e mette a morte per
tollerabile perch nasce da uno sguardo di amore, esattamente come lo sguardo di
Ges sull'uomo ricco, uno sguardo che trasmette amore (Ges, fissato lo sguardo su
di lui, lo am: Mc 10,21), quell'amore al cui interno pu avvenire la rivelazione della
povert, della mancanza profonda, forse anche della contraddizione che abita
quell'uomo (Una cosa ti manca: Mc 10,21), senza che questa lo schiacci, lo umilii,
ma sia invece il primo gradino della sequela dietro a Ges nella libert e nella verit
(Vieni e seguimi: Mc 10,21).
S, la valenza giudiziale della Parola, il fatto che essa tenda a convincere di peccato, a
svelare all'uomo la debolezza e la povert che lo abitano, parte costitutiva del
cammino di salvezza che la Parola di Dio indica e fa percorrere all'uomo. una Parola
che fa emergere la situazione reale dell'uomo davanti a Dio, gli pone un'esigenza che
indirizza il suo cammino e concede anche, a chi la accoglie, la forza di mutare la
propria condizione. In questo mi pare di ravvisare le tre grandi forme della Parola di
Dio nell'Antico Testamento: la sapienza, la legge, la profezia. Se la parola sapienziale
dice il reale, se la parola del comando (la legge) orienta il reale e se la parola
profetica interviene nel reale e lo cambia, sempre questa parola cerca relazione
con l'uomo e la trova in pienezza nella Parola fatta carne, Ges Cristo, che la via
(livello della Legge - Torah), la verit (livello profetico) e la vita (livello sapienziale).
Ges Cristo la Parola, e in quanto tale anche il Giudizio, colui che sa ci che vi
in ogni uomo (Gv 2,25), che scruta il cuore e i reni, cio la vita conscia e l'inconscio
degli uomini. Egli la Parola di Dio i cui occhi sono fiammeggianti (Ap 19,12-13).
Insomma, la Parola di Dio ci giudica quando e perch da essa noi ci sentiamo posti di
fronte alla Presenza del Signore! E questo giudizio tende a suscitare la responsabilit
dell'uomo: Davanti alla Parola di Dio (lgos to theo) non c' creatura che possa
nascondersi, ma tutto nudo e scoperto agli occhi suoi (cio, della Parola) e noi ad
essa dobbiamo rendere conto (ho lgos) (Eb 4,13). Alla Parola (di Dio) deve
rispondere la nostra parola, cio l'intera nostra vita con tutte le dimensioni
psicologiche e affettive, somatiche e spirituali che sono interpellate, toccate, messe in
crisi, ferite dalla Parola. l'opera di purificazione che la Parola, abitata dallo Spirito di
Dio, opera nell'uomo. la morte attraverso cui la Parola fa passare il credente per
guidarlo alla pienezza della vita. Perch anche l'ascolto della Parola avviene all'interno
della logica pasquale, cio nel quadro di una morte e di una resurrezione. Accogliere
la Parola dell'Evangelo comporta sempre questa dinamica pasquale. E questo ci dice
come sia difficile l'ascolto della Parola di Dio: noi poniamo resistenze a tale ascolto,
temiamo il giudizio della Parola su di noi, cerchiamo di evitare la purificazione e lo
spogliamento prodotti in noi dall'accoglienza del seme della Parola, cos come i terreni
non profondi, sassosi, o infestati dai rovi (Mc 4,1-9.13-20) non accolgono la semente
perch per farlo dovrebbero lasciarsi dissodare dai sassi, ripulire dai rovi, arare e
sarchiare come fa il padrone della vigna nella parabola narrata in Is 5. Ma, per quanto
temibile, questo giudizio vitale. Come vitale l'evento della morte di croce che si
apre alla resurrezione.
Da PER UNA FEDE MATURA, Elledici 2012, pp. 24-27)

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