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e che ferisce
Luciano Manicardi
he cosa avviene quando la Parola di Dio, scaturita dal testo biblico, raggiunge
svelarsi a noi della nostra verit intima si accompagna sempre a un grande dolore: il
dolore della morte delle nostre idealizzazioni, dello spezzamento delle immagini di noi
che tanto amiamo ma che null'altro sono se non idoli. Come le folle di Gerusalemme,
cos anche il credente di sempre sente la trafittura del cuore all'ascolto della Parola di
Dio (cf At 2,37).
Questo dolore della Parola che mette a nudo, giudica e mette a morte per
tollerabile perch nasce da uno sguardo di amore, esattamente come lo sguardo di
Ges sull'uomo ricco, uno sguardo che trasmette amore (Ges, fissato lo sguardo su
di lui, lo am: Mc 10,21), quell'amore al cui interno pu avvenire la rivelazione della
povert, della mancanza profonda, forse anche della contraddizione che abita
quell'uomo (Una cosa ti manca: Mc 10,21), senza che questa lo schiacci, lo umilii,
ma sia invece il primo gradino della sequela dietro a Ges nella libert e nella verit
(Vieni e seguimi: Mc 10,21).
S, la valenza giudiziale della Parola, il fatto che essa tenda a convincere di peccato, a
svelare all'uomo la debolezza e la povert che lo abitano, parte costitutiva del
cammino di salvezza che la Parola di Dio indica e fa percorrere all'uomo. una Parola
che fa emergere la situazione reale dell'uomo davanti a Dio, gli pone un'esigenza che
indirizza il suo cammino e concede anche, a chi la accoglie, la forza di mutare la
propria condizione. In questo mi pare di ravvisare le tre grandi forme della Parola di
Dio nell'Antico Testamento: la sapienza, la legge, la profezia. Se la parola sapienziale
dice il reale, se la parola del comando (la legge) orienta il reale e se la parola
profetica interviene nel reale e lo cambia, sempre questa parola cerca relazione
con l'uomo e la trova in pienezza nella Parola fatta carne, Ges Cristo, che la via
(livello della Legge - Torah), la verit (livello profetico) e la vita (livello sapienziale).
Ges Cristo la Parola, e in quanto tale anche il Giudizio, colui che sa ci che vi
in ogni uomo (Gv 2,25), che scruta il cuore e i reni, cio la vita conscia e l'inconscio
degli uomini. Egli la Parola di Dio i cui occhi sono fiammeggianti (Ap 19,12-13).
Insomma, la Parola di Dio ci giudica quando e perch da essa noi ci sentiamo posti di
fronte alla Presenza del Signore! E questo giudizio tende a suscitare la responsabilit
dell'uomo: Davanti alla Parola di Dio (lgos to theo) non c' creatura che possa
nascondersi, ma tutto nudo e scoperto agli occhi suoi (cio, della Parola) e noi ad
essa dobbiamo rendere conto (ho lgos) (Eb 4,13). Alla Parola (di Dio) deve
rispondere la nostra parola, cio l'intera nostra vita con tutte le dimensioni
psicologiche e affettive, somatiche e spirituali che sono interpellate, toccate, messe in
crisi, ferite dalla Parola. l'opera di purificazione che la Parola, abitata dallo Spirito di
Dio, opera nell'uomo. la morte attraverso cui la Parola fa passare il credente per
guidarlo alla pienezza della vita. Perch anche l'ascolto della Parola avviene all'interno
della logica pasquale, cio nel quadro di una morte e di una resurrezione. Accogliere
la Parola dell'Evangelo comporta sempre questa dinamica pasquale. E questo ci dice
come sia difficile l'ascolto della Parola di Dio: noi poniamo resistenze a tale ascolto,
temiamo il giudizio della Parola su di noi, cerchiamo di evitare la purificazione e lo
spogliamento prodotti in noi dall'accoglienza del seme della Parola, cos come i terreni
non profondi, sassosi, o infestati dai rovi (Mc 4,1-9.13-20) non accolgono la semente
perch per farlo dovrebbero lasciarsi dissodare dai sassi, ripulire dai rovi, arare e
sarchiare come fa il padrone della vigna nella parabola narrata in Is 5. Ma, per quanto
temibile, questo giudizio vitale. Come vitale l'evento della morte di croce che si
apre alla resurrezione.
Da PER UNA FEDE MATURA, Elledici 2012, pp. 24-27)