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Andate, predicate, guarite

Premessa
La Chiesa, con il passare dei secoli, si è sempre più focalizzata sulla diffusione del
messaggio cattolico, (Matteo, Marco, Luca, Giovanni, Paolo, Giacomo)
accantonando ciò che può essere chiamato il mistero del messaggio, nelle parole, di
Ieschuà, ‫ה‬ַ ‫יהֶׁשְ ּו‬, (Gv.14,27÷16,33), Gesù, per la lotta contro la “parte oscura”, per
quello della guarigione, per quello esoterico.
La ricerca sulle parole di Ieschuà
Quando meditiamo sulle Sue parole, creiamo il terreno affinché possa manifestarsi
nella nostra vita la Sua promessa (Mar.16,17÷18): “E questi saranno i segni che
accompagneranno quelli che credono nella mia parola: nel mio nome, (quello di Gesù in
ebraico) scacceranno i demoni; … imporranno le mani sui malati (postura delle mani del Gran
Sacerdote) e questi guariranno”.
Le conseguenze pratiche che possiamo aspettarci dalla nostra ricerca e meditazione
dipende solo dalla nostra fede e dalla semplicità del nostro cuore; lo disse anche
Ieschuà, tramite gli scritti di Matteo (Mat.9,29): Se tutti pregassero per i loro simili si
creerebbe una rete di Luce… .
È scritto, anche, nella Bibbia ebraica (Sal.119,130) 1 : “la Parola di Dio nel rivelarsi,
illumina”.
La definizione del termine “preghiera”.
Analizzando alcuni termini nella Bibbia ebraica tradotti con la parola “preghiera” si
resta stupiti degli innumerevoli attributi.
Nella Bibbia ebraica, ad esempio, la parola, Preghiera, “Palalo”, ‫ּפל ַֹל‬ ָ , la si trova nei
Salmi e nella Genesi, (Sal.106,30) e (Gn.20,7), significa rispettivamente: giudicare e
pregare.
C'è un'altra parola, utilizzata nella Bibbia ebraica, che è stata tradotta con
“Preghiera” è la parola, Tephillah, ‫פּל ָה‬ִ ‫ּת‬
ְ , che significa: “stupirsi davanti alle
meraviglie di Dio e della propria anima”. È una traduzione molto ampia, ma rende
l'idea.
Nel Nuovo Testamento, i Vangeli, ad esempio, compaiono di frequente le parola
greche “euche ed aiteo”, che significano desiderare profondamente qualcosa e
volere una cosa insistentemente con tutto il cuore. Queste sono le parole che vennero
poi tradotte usando il termine “preghiera”.

1 Libro “Salmi” a cura di Roberto Reggi ed,EDB

Nel Nuovo Testamento la preghiera è parte essenziale della vita di Ieschuà, il Cristo,
e dei suoi discepoli, per questo le esortazioni all’orazione si trovano sia nei Sinottici 2 ,
sia negli Atti degli Apostoli 3 e nelle Epistole 4 . Sempre ed ovunque, in questi scritti,
ci si rivolge a Dio Padre, Elohim, ‫אֱֹלהִים‬, (Gn.1,1), e in alcuni passi a Cristo,
‫ה‬
ַ ‫יהֶׁשְ ּו‬, Ieschuà, mai a creature viventi o defunte.
I Sinottici ci presentano spesso Gesù, Ieschuà, in preghiera:
a) Al battesimo (Luc.3,21).
b) Nel deserto, (Luc.5,16).
c) Nella trasfigurazione sul monte vicino Cafarnao (Mat.14,23, Mar.6,46, Luc.6,12 e
9,29).
d) Al Getsemani, (Luc.22,44).
Vi sono, inoltre, preghiere attribuite proprio al Cristo quando si rivolge al Padre
celeste:
a) La preghiera di Gesù, Ieschuà, per i suoi discepoli, (Giov.17).
b) Il Padre Nostro di cui esistono due versioni, (Mat.6,9÷15 e Luc.11,1÷5).
Una lettura atemporale
Uno dei modi per comprendere le parole di Ieshuà, ‫ה‬ ַ ‫יהֶׁשְ ּו‬, tramite gli evangelisti, è
la lettura dei Vangeli in forma atemporale. Gli eventi narrati, invece di accadere in
Palestina duemila anni fa, possiamo immaginare, accadano qui nel nostro quotidiano.
Se si impara a farlo, si riesce ad interpretare questi gloriosi miracoli come fossero
delle dimostrazioni, contemporanee, ed attuali dell'amore e degli “Attributi” di
Ieschuà.
Usando l’immaginazione e la lettura atemporale si può leggere un racconto del
Vangelo e riviverlo, come spettatore, ambientandolo nel mondo attuale. Facendo
questo esercizio si può prendere il posto di uno dei presenti, oppure, se si necessita di
una cura, si può prendere il posto di colui che viene guarito.
Bisogna ricordare, però, che la Parola di Dio, Elohim, ‫אֱֹלהִים‬, è Parola vivente, e se
Ieschuà è suo figlio, anche le sue parole lo sono. C'è una potenza incredibile, che
sfugge ad ogni definizione, all’interno dei quattro Vangeli, e ogni sua parola o atto ha
ancora oggi un’enorme impatto sociale. Non ha importanza quante volte li si legge,

2 La traduzione della parola “sinottico” vuole significare “problema”. Nel N.T, tale termine, è
riferito ai Vangeli di
Matteo, Luca, Marco. Chiamasi problema sinottico la questione dei rapporti letterali dei tre primi
Vangeli tra di loro.
Vedi Dizionario Biblico ed. Claudiana Torino.
3 Atti degli Apostole è uno dei libri del N.T. (il quinto in ordine tradizionale, subito dopo i Vangeli),
in cui sono
esposte in parte le vicende della Chiesa primitiva nel trentennio che va dalla resurrezione di Gesù
all’arrivo di Paolo
come prigioniero di Roma.
4 Epistola, dal greco epistolè e dal latino epistula vuole significare “lettera”. Nome dato a ciascuno
dei 21 scritti del
N.T. che nell’ordine tradizionale dei libri biblici, che si trovano fra gli Atti degli Apostoli e
l’Apocalisse. Sono
attribuie a Paolo (13), Pietro (2), Giovanni (1), Giuda (1). Alcune traduzione della Bibbia anziché il
termine epistola
usano il termine lettera.

sono sempre attuali e vi si trova nuova luce e conforto. Qui si impara a trascendere
spazio e tempo quando si legge la Bibbia ebraica e il Vangelo.
Ieschuà stesso incoraggiò questo metodo, Egli, infatti, tramite Matteo non promise,
ma affermò, (Mat.28,20): … Ecco, io sono con voi sempre, fino alla fine del mondo.
(Qui è ribadita la nuova Alleanza di Ieschuà, già attuata da Elohim con Mosè nel V.T.)
Il Ministero della sua parola
La diffusione, della parola di Ieschuà, la troviamo nei Vangeli e nei primi tre capitoli
degli Atti degli Apostoli. Si potrà in questo modo comprendere il “Ministero della
sua parola e della Guarigione” nelle sue linee essenziali, perché troviamo la
narrazione della missione nel mondo dei dodici “Apostoli” e dei settantadue “72
Discepoli Laici”. (Qui, forse, si ripete nel Martinismo il continuo della missione dei Discepoli di
Ieschuà)
Ieschuà fu molto chiaro sulla loro missione, li inviò nel mondo allo scopo di
predicare il Regno di Dio e guarire gli ammalati. Diede ai dodici Apostoli e ai
settantadue Discepoli il potere di curare le malattie e quello di allontanare le forze
oscure.
Ai settantadue discepoli, persone che oggi verrebbero chiamati “Laici”, fu dato da
Ieschuà, il compito simile a quello degli Apostoli; però per ogni missione la
dovevano compiere in coppia. A loro venne anche raccomandato da Ieschuà, tramite
le parole di Luca, (Luc.10,8÷9): Quando entrerete in una città curate i malati che vi
si trovano e dite loro che il Regno dei Cieli è vicino.
Purtroppo non abbiamo molte informazioni sull'operato dei dodici Apostoli;
sappiamo solo che portarono la loro testimonianza coraggiosamente e talvolta con
buoni frutti terapeutici, solo le riflessioni di Paolo le documentano.
Abbiamo comunque un resoconto storico sull'operato dei Settantadue: le troviamo nel
libro dieci del Vangelo di Luca (Luc.10,17): I settantadue tornarono pieni di gioia,
dicendo: Signore, Ieschuà, anche i demoni si sottomettono a noi nel Tuo nome”.
Ieschuà guardò verso il cielo, per ringraziare suo Padre, perché tutti i 72 discepoli
erano tornati e avevano applicato l’avvertimento dato prima della loro partenza,
riportato da Luca, (Luc,10,20): Non sentitevi importanti al vostro ritorno perché i
demoni si sono sottomessi a voi, gioite piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nella
casa del Padre.
Se accogliessimo questa potente affermazione di Ieschuà e fossimo capaci di
riprendere, il fascino e lo splendore di questa antica scena, penso che tutte le nostre
paure, l’invidia, l’ansietà, l’apprensione, l’odio, svanirebbero nel nulla.
Il regno di Dio.

Quando si parla del Regno di Dio, la guarigione è inevitabile. Questo è il vero


significato della frase di Matteo (Mat.6,10): “Venga il Tuo Regno; sia fatta la Tua
volontà, come in cielo così in terra”.
Non importa se siamo sacerdoti, discepoli, laici, tutti abbiamo un compito da
adempiere; questo compito è quello che lo stesso Ieschuà ci ha affidato, perché noi
siamo i Suoi eredi e i testimoni della Sua Volontà e del Suo Nome. Quando usiamo il
Suo nome, abbiamo a disposizione, per la nostra preghiera: il Suo Amore; i Suoi
Attributi; la Sua Regalità; lo stesso rapporto Divino.
La guarigione secondo Luca
Luca ha scritto due libri: uno si chiamano “Vangelo secondo Luca” e l'altro è noto
col nome di “Atti degli Apostoli”, entrambi si trovano nella Bibbia del Nuovo
Testamento. Il Vangelo secondo Luca tratta principalmente delle opere di Ieschuà e
dei Suoi Insegnamenti. Nel terzo capitolo “degli Atti” si racconta come avvenne la
prima guarigione dopo l'ascesa di Ieschuà in cielo. È una storia stupefacente e lo si
può definire il più lungo racconto di una guarigione narrato nella Bibbia. La chiave
per “comprendere” questo mistero si trova nella Pentecoste.
La Pentecoste
La Pentecoste è un gruppo di persone che prega ripetutamente. Infatti gli Apostoli
oranti rappresentano il primo Gruppo di Preghiera Cristiana. La prima Novena fu
l'opera di un gruppo di persone perseveranti nella preghiera come descritto nel
secondo capitolo degli Atti degli Apostoli.
La Novena
La Novena consiste in una preghiera ripetuta per ben nove giorni, uno dopo l'altro,
senza tralasciarne nessuno, al fine di ottenere uno scopo terapeutico. Come ci viene
narrato all'inizio del capitolo 1 degli Atti degli Apostoli, la prima Novena fu fatta da
120 persone riunite a pregare.
Possiamo sempre trovare il tempo, pochi minuti al giorno, per fare una Novena e
realizzare l’importanza di una preghiera perseverante. Questo è anche ciò che
intendeva S. Paolo dicendo (I Tessalonicesi 5,17): “Pregate senza sosta”. Possiamo
dire che fare una Novena significa utilizzare la potenza della Parola di Dio.
Quando le condizioni sono quelle giuste, allora Dio può agire (Marco 16,20): “Il
Signore agiva insieme a loro... ed i prodigi li accompagnavano”; (Atti 3,16) “È
attraverso... la fede in Lui, che può arrivare la guarigione”.
La Salvezza

Nella Bibbia ebraica il termine “salvezza”, Ieschuà, ‫י ְׁשּועָה‬, (guarda caso, la stessa
pronuncia del Riparatore, ma con altri caratteri), ha vari significati:
a) (1Sam.14,45), Aiuto umano;
b) (Sal.74,12), Vittoria;
c) (Es.14,13), Aiuto Divino;
d) (Is.49,6), Salvezza divina.
e) In quasi tutti i Vangeli.
Naturalmente, nella guarigione, dobbiamo essere in armonia con Dio prima di
cominciare a pregare per la guarigione fisica. Sta infatti scritto in Matteo, (Mat.6,33):
“Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia”.
Questo versetto ci suggerisce di essere “una nuova creatura in Cristo”, così come
Lui ci ha concesso di esserlo, e tutto ciò include anche ogni possibile descrizione del
Ministero della Guarigione. Questo è il più grande miracolo di guarigione possibile
nella nostra esperienza.
Il nuovo modo d’amare di Ieschuà
Ieschuà portò sulla Terra un modo completamente nuovo di amare, e lo trasmise ai
suoi discepoli nel suo addio (Giovanni 15,9 e 12): “Come il Padre ha amato me, così
anch’io ho amato voi... Amatevi l'un l'altro come io ho amato voi”.
Fino a quel momento era stato ordinato all’uomo di amare Dio, Elohim, con tutto il
cuore, tutta l'anima e tutta la mente.
Da allora, invece, viene chiesto di amare in un modo nuovo, si dovrà amare il
prossimo come se stesso. Lo stesso Ieschuà si concederà a tutti coloro che Lo
accolgono, offrendogli se stesso.
Egli ci fornì un modo di amare simile a quello di Dio, infondendoci la sua Natura
Divina (II Pietro 1,4). Egli ci dona l'amore che il Padre ha per Lui, e ci invita a
donare tale amore agli altri.
Addirittura, per evitare che il nostro timore ci impedisse di credere in un dono di tale
portata, Egli lo confermò diverse volte, così come riportato in Giovanni 14,21÷23:
“Chi accoglie i miei precetti e li osserva, questo mi ama. Chi mi ama sarà amato dal
Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”.
Gli disse Giuda, non l’Iscariota: Signore, come è accaduto che devi manifestarti a
noi e non al mondo? Gli rispose Ieschuà: Se uno mi ama, osserverà la mia parola, il
Padre mio lo amerà, e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.
Ed ancora in Giovanni (Gio.17,22÷26): “E la gloria che Tu hai dato a me, io l'ho
data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e Tu in me, perché siano
perfetti nell'unità e il mondo sappia che Tu mi hai mandato e li hai amati come hai
amato me. Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io,

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perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato
prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non Ti ha conosciuto, ma io
Ti ho conosciuto; questi sanno che Tu mi hai mandato. Ed io ho fatto conoscere loro
il Tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi
e io in loro”.
Non è più sufficiente amare come possono amare gli uomini, è ora necessario amare
come ama Dio stesso, e questo lo dobbiamo fare non in qualche tempo futuro, in
qualche stato di beatitudine, ma nel nostro quotidiano.
E noi possiamo ricevere questo Amore divino solo aprendoci a Lui, Ieschuà, ed
avendo la volontà di riceverlo come dono gratuito di Dio, Elohim. È proprio questo
tipo di amore che chiediamo quando offriamo i nostri cuori come sacrificio vivente,
certamente bene accetto da Dio, Elohim.
I miracoli di Ieschuà
Nel Nuovo Testamento, in lingua greca, vi sono almeno tre parole diverse utilizzate
per definire un “miracolo”. Troviamo, Teras, che indica meraviglia, qualcosa di
portentoso. Segue, Semeion, che indica un segno divino. Ed infine vi è Dunamis, che
significa un atto di potenza.
Dunamis è la parola più adatta perché nei miracoli di Ieschuà, si trova una potenza
incredibile, indefinibile, che Egli riusciva a gestire con la sua volontà. Poteva
liberarla a favore di un malato; poteva portarla alla luce dal profondo dell’anima e
della vita di una persona. Purtroppo non sono mai state fatte ricerche scientifiche per
scoprire se tale potere è latente nell’uomo. Ci si accontenta di dire: “siamo convinti
che esistono i miracoli perché con essi Ieschuà ha potuto dimostrare di essere il
Figlio di Dio”.
L'amore di Ieschuà ci insegna come amare Dio.
Lo stesso Ieschuà ci rivela la docetica sul Regno del Padre, come pregare, quale
dovrebbe essere il nostro rapporto con il Divino.
Per prima cosa Egli ci insegna a chiamare Dio, “Padre”. Ci insegna come dobbiamo
intendere l'Amore e la Pietà del Padre, che non si occupa solo delle anime degli
uomini, ma anche dei loro corpi.
Disse San Paolo (Ebrei 4,16): “Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della
grazia, per ricevere misericordia, trovare grazia ed essere aiutati al momento
opportuno”. (Qui si esplicita la visione del Carro di Ezechiele).
Ieschuà rappresenta una benefica e paziente Presenza, che aspetta solo il momento in
cui noi faremo uso del Suo Dono per condividerlo, facendo leva sul nostro audace
desiderio di conoscenza e di Luce.
La parola “guarigione”.

Mateo, (Mt.8,8): Dì soltanto una parola ed il mio servo sarà guarito. Anche il cuore
di Ieschuà è pieno di Amore e Misericordia, e da questa abbondanza Egli attinge per
esprimere la parola che guarisce.
Vorremo ricordare che non è vero che le Sue Parole si potessero udire solo 20 secoli
fa, vi sono ancora oggi milioni di labbra attraverso le quali Egli può parlare,
esprimendo amore e guarigione.
Per potere udire le Sue parole sono sufficienti un po' di attenzione, silenzio, di ascolto
ed un cuore comprensivo:
 Egli scacciò gli spiriti con la Sua parola (Matteo 8,16).
 Comanda con autorità le forze oscure ed esse se ne vanno (Luca 4,36).
 Le sue sono parole di verità: … Quell'uomo credette alla parola che gli aveva
detto Ieschuà e si mise in cammino (Giovanni 4,50).
Una delle cose sbalorditive che emerge dai racconti dei Vangeli è che Ieschuà non
reclamò mai alcun monopolio della sua opera. In ogni occasione Egli ci mostrò
quanto intendesse condividere il Ministero della Guarigione con i suoi discepoli, e
talvolta lo sottolineò in modo specifico dicendo (Giovanni 14,12): Anche chi crede
in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al
Padre.
Queste parole di Ieschuà dovrebbero servire come motivazione di base per un
aspirante discepolo che, guidato, diventa ripieno del Suo Spirito, così diventare uno
strumento di pace. Chi va dicendo che questi miracoli potevano essere fatti soltanto
dai discepoli del primo secolo, dice qualcosa di assolutamente falso.
Va comunque precisato che per operare delle guarigioni, è necessario possedere la
“qualità di un discepolo di Ieschuà”.
Si tratta di vivere una vita consapevolmente ripiena del desiderio di Spirito Santo.
Ciò diventa possibile tramite frequenti momenti di preghiera in silenzio, come pure di
periodi in cui ci si sente fraternamente legati con coloro che stanno percorrendo lo
stesso cammino.
Quando questi requisiti sono osservati non vi è più alcun motivo per cui una persona
sia consacrata a Dio e non debba riuscire nell'esercitare il Ministero della Guarigione.
Mi sia permesso dire che, personalmente, penso che Dio desidera che molti uomini e
donne utilizzino questo dono a favore dei loro simili.
Il termine "sano" significa anche salute, salvezza e santificazione, sebbene nei secoli
ognuna di queste parole abbia assunto un significato diverso e specifico. Troviamo
nella Bibbia N.T. il seguente versetto che ne convalida la loro identicità (Luca 1,77):
Per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi
peccati.
Questa espressione “conoscenza della salvezza”, nella lingua latina si legge “scientia
salutis”, la cui traduzione diventa “La scienza della salute”.

Ieschuà non era un mago, era un grande terapeuta e sosteneva spesso, che i Suoi
discepoli erano in grado di fare qualsiasi cosa come Egli poteva fare, lo sosteneva
partendo dal fatto, che Egli aveva donato loro il Suo Spirito.
Più una persona si interessa degli altri e cerca di aiutarli a vivere meglio, e più
diventa adatta a praticare la Guarigione Spirituale. Non è detto che un santo debba
assomigliare a quella che viene definita una “persona pia”, ciò che conta nel santo o
in colui che sta lavorando per diventare tale, è il fatto che il suo “sé” personale viene
pian piano sostituito con il suo Sé superiore, che rappresenta un Attributo della Luce
del Cristo. San Paolo dice che tutti noi siamo chiamati ad essere santi (I Corinzi 1,2).
Ma chi sono i santi? Sono semplicemente degli uomini che permettono al perdono di
Dio di entrare in loro completamente, che non solo vengono cancellate le loro colpe,
ma vengono anche purificate la loro mente cosciente e subconscia.
Si può dire che, praticamente, tutto il loro essere viene rinnovato ed illuminato.
Questo fatto permette loro di rimettere le colpe agli altri in proporzione a quanto essi
stessi hanno permesso di essere perdonati, purificati e riavvicinati a Dio.
L’invocazione
Si potrebbe offrire a Dio un po’ della nostra vita per un amico; non è solo una
preghiera … è anche esicasmo.
Se vi trovate in un posto isolato chiudete gli occhi e pensate a Dio come se fosse una
grande luce che tutto avvolge con Amore; Dio è Luce e in Lui non vi è ombra alcuna.
Ora portate chi volete aiutare in questa Lluce; non chiedete nulla, non implorate
nessuna grazia. Immaginate di portare la persona che si vuole aiutare nella Luce che
rappresenta la Presenza di Dio. Allontanate dalla mente gli altri pensieri e rimanete
in pace nella presenza di Dio.
Uno dei peggiori pericoli nella preghiera di intercessione consiste nel concentrarsi
sulla malattia o sui problemi delle persone per le quali state pregando. Quando
preghiamo per il benessere di qualcuno, non dovremmo mai permettere che nella
nostra mente si aggirino dei pensieri relativi ai suoi problemi o alla sua malattia.
Dovremmo invece guardare fiduciosi verso Dio e dirgli con umile abbandono: “Sia
fatta Padre la tua Volontà in terra, qui e ora, come è fatta in cielo da sempre e per
sempre. Amen”.
Se sarete capaci di tenere questo atteggiamento, avrete modo di notare che qualcosa
cambierà nella vita di coloro per cui state pregando. Con questa preghiera voi usate la
vostra volontà per mantenere la persona afflitta nella Presenza di Dio o, se preferite,
nella Presenza di Ieschuà. Nel libro (Apocalisse 15,3) è riportato: “Grandi e mirabili
sono le tue opere, o Signore Dio onnipotente”.

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In questa fase dovrete provare “a visualizzare” la persona per cui state pregando nel
modo in cui la vorrebbe vedere Dio stesso. Una cosa del genere non è certo facile,
perciò potreste iniziare cercando di immaginarla come se fosse sana e felice. Createvi
un’immagine mentale in cui la persona appare nelle condizioni migliori.
Questo sarà un valido esercizio per la vostra immaginazione che Dio potrà utilizzare
a beneficio di quella persona. Col Suo aiuto, la vostra immaginazione diventerà
creativa ed efficace.
Immaginate l’ammalato che si sta rimettendo bene mentre è in ospedale. Considerate
gli infermieri, i dottori, i fisioterapisti come dei canali attraverso cui le giunge la
guarigione di Dio.
Immaginate che i problemi dell’ammalato siano svaniti, ed egli viva sereno e felice.
Immaginate Dio mentre agisce, vedetelo mentre crea la perfezione dall'imperfezione,
l'ordine dal disordine, il benessere dal malessere, la tranquillità dall'inquietudine.
Ora siete pronti per il passo successivo. Identificate il vostro desiderio per quella
persona con il desiderio di Dio di vedere tutto in armonia.
A questo punto, a conclusione, formulate un atto di Ringraziamento verso Dio.
Ringraziatelo per ogni persona che Gli avete presentato, perché sapete che la Sua
opera è stata compiuta. “Nelle Tue mani, Signore, affido questo Tuo figlio, lo lascio
alla Tua Presenza e Ti ringrazio per il Potere di Guarigione che la tua Luce gli sta
portando risplendendo su di lui (oppure su di lei), in questo momento”.
Non è necessario ripetere l'intera procedura tutti i giorni. Comunque mantenete
queste persone affidate a Dio, usate la vostra immaginazione per mantenerle nella
Sua Luce e nella Sua Presenza.
Potreste dire: "Mio Signore, lascio l’ammalato alla Tua Presenza, e Ti ringrazio per
i benefici che ha ricevuto finora e che sono certo sta ancora ricevendo". Usate delle
parole di questo tipo, senza essere legati a nessuno schema. Siate naturali. Utilizzate
le parole che escono spontanee dal vostro cuore, e per questo più gradite a Dio.
Il significato dell'espressione "Amore di Dio"
L'Amore di Dio è vero amore, non un semplice sentimento. La Bibbia usa quattro
parole che vengono tradotte con la parola italiana “amore”:
1. Eros, che indica l’amore umano; l'amore di un uomo per una donna, non
esclusivamente l’amore sessuale, ma include anche quello.
2. Philia, che sta ad indicare amore fraterno.
3. Caritas, amore altruistico, che si riferisce all'altruismo;
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4. Agape, che significa Amore Divino. È quest'ultimo tipo di amore che Ieschuà
provava per i Suoi discepoli.
Leggendo i capitoli 13, 14, 15 e 16 del Vangelo di S. Giovanni è evidenziato di
come l’Amore di Dio viene espresso tramite Gesù, Ieschuà. Questo Amore arriva al
culmine nell'ultimo versetto del 17° capitolo, quando Ieschuà dice: “E io ho fatto
conoscere loro il Tuo Nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai
amato sia in essi e io in loro” (Giovanni 17,26).

“Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”.


Nella preghiera “Abinu, Padre nostro” è riportato: “Sia fatta la tua volontà come in
cielo così in terra...”, questa affermazione deve essere sempre valida, ma va
compresa bene per non cadere nel fatalismo ed accettare qualsiasi risultato delle
nostre preghiere, attribuendolo alla Volontà divina.
Sappiamo per certo che non esistono miserie, malattie, peccati o debolezze nel
Regno dei Cieli; questo è il luogo dove viene sempre eseguita la perfetta volontà di
Dio. Per questo la nostra preghiera dovrebbe essere diretta a portare in terra la
perfezione divina; portarla sul malato per annientare la malattia. La preghiera
dovrebbe perciò diventare: “Padre santo, possa la Tua Volontà di salute, bellezza e
perfezione, manifestarsi in questo Tuo figlio, qui ed ora!. Amen”.
Mentre stiamo offrendo questa preghiera dovremmo abbandonare, per quanto
possibile, tutte le incertezze, paure, tensioni, risentimenti e scetticismi. Dovremmo far
nostra e sentire dentro di noi la Volontà di Dio, perfetta e piena di amore; una
Volontà che diventa una presenza reale in noi stessi ed in coloro per i quali stiamo
pregando.
Malgrado la sofferenza sulla croce, Ieschuà pregò il Padre affinché la sua Volontà
per la redenzione dell’umanità fosse completamente compiuta, e di perdonare quelli
che non sanno.
Questo caso è qualcosa di unico in tutta la storia, e rappresenta il vero cuore della
Redenzione e dell’Amore. Cerchiamo di non pretendere mai di identificare questo
sacrificio, unico nel suo genere, con qualche sofferenza o malattia nella nostra
umanità.
Shalom Aleikem

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