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ISBN: 978-88-99942-11-3
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Maksym Adam Kopiec ofm
Anno “B”
INTRODUZIONE
“E il Verbo era Dio…”. La parola che ci rivolge Dio non è una sem-
plice informazione o notizia, ma Egli stesso che ci viene incontro.
Nell’arco dell’anno liturgico viviamo i misteri della nostra salvezza
compiuta nella storia e nella persona del Figlio di Dio Incarnato,
Gesù Cristo. Perciò celebriamo la Sua nascita, la Sua opera pubblica,
la Sua passione, morte e risurrezione; celebriamo il dono dello
Spirito Santo nel giorno di Pentecoste e il mistero della Trinità;
ringraziamo il Signore per la maternità di Maria e per la presenza
dei santi nella vita della Chiesa; rivolgiamo con speranza il nostro
sguardo verso il futuro oltremondano, eterno e divino. In tutti questi
momenti ci accompagna la parola viva di Dio, con cui Egli effetti-
vamente si rende presente ed operante. Per questo vogliamo essere
molto più sensibili ed attenti al Suo messaggio in cui non solo Lo
sentiamo, ma Lo incontriamo ed entriamo in comunione con Lui.
Oggi la voce del Signore sembra essere zittita dal chiasso del
mondo, come dice il cardinale Robert Sarah nel suo recente libro
“La forza del silenzio”. Infatti per percepire la discreta Parola di
Dio, il Suo sussurrare all’orecchio umano, occorre a tutti noi il
silenzio. Abbiamo bisogno di soffermarci, trovare un minimo di
tempo per staccarci un po’ dal caos e dalla frenesia della quotidianità.
Se davvero vogliamo bene a noi stessi ci serve il profondo ed auten-
tico contatto con la Parola di Dio. Accogliendola nel silenzioso
ascolto, accogliamo Dio stesso che riempie il nostro intimo. Solo
con Dio dentro di noi è possibile vivere pienamente la propria vita,
il tempo, le diverse esperienze, senza scappare dalle difficoltà, senza
muoverci sulla superficie della nostra esistenza e senza rimanere nel
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mondo delle illusioni e delle apparenze temporali. Un sano egoismo
richiede di liberarsi dalla tentazione di poter arrangiarsi da soli e
quindi esige di fare (lo) spazio a Dio che continuamente ci parla.
Dio ci ha creati per fare comunione di vita con Lui, però tale destino
di ognuno di noi non è realizzabile senza il nostro attivo impegno
di ascoltare e di vivere secondo la Sua parola eterna e divina. Solo
l’atteggiamento di vera responsabilità di se stessi di fronte a Dio ci
rende capaci di essere responsabili degli altri e, dunque, di compiere
il comandamento dell’amore del prossimo.
Come è possibile riconoscere l’autentica Parola di Dio? A questo
punto emerge la necessità di cercarla ed ascoltarla all’interno della
Sacra Tradizione, intesa come forma della vita della Chiesa per come
è stata voluta dal Padre, fondata dal Cristo ed animata dallo Spirito
Santo. Infatti la vera Parola di Dio si rende rinvenibile “in tutto ciò
che la Chiesa è, in tutto ciò che la Chiesa vive e in tutto ciò che la
Chiesa crede” (cfr. Dei Verbum 8). La Chiesa, come Corpo di Cristo
e Tempio dello Spirito Santo, quindi come realtà mistica divino-
umana, è il luogo proprio della Parola di Dio. La Sacra Tradizione
della Chiesa abbraccia il Credo, la liturgia e la prassi. In modo
particolare la vita liturgica della Chiesa – ossia il momento celebra-
tivo del reale incontro tra la comunità dei battezzati e Dio Padre
per mezzo del Figlio e nello Spirito Santo – ci offre la condizione
in cui la Parola si fa sentire nel suo significato autentico e autorevole.
La Parola di Dio non ci arriva in modo privato, bensì nella comunità
della Chiesa che crede, prega e opera secondo i comandamenti; nella
Chiesa in cui ad ognuno è stato affidato un carisma e un dono
speciale. Certi carismi però sono stati sigillati in modo istituzionale;
ad esempio al Magistero della Chiesa, cioè al Collegio dei Vescovi
con a capo il Papa, è stato affidato il compito di conservare, trasmet-
tere e interpretare fedelmente la Parola di Dio.
In questa ottica si comprende la funzione di questo volume, che
in continuità con quanto offerto nel primo volume per l’anno “A”,
vuole proporre un commento pastorale e una riflessione spirituale
sulle letture previste per tutte le domeniche e le festività della anno
liturgico “B”. Questo commento però è inserito all’interno della
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bimillenaria storia della Chiesa, della sua Sacra Tradizione e dell’au-
tentico insegnamento del Magistero sin dalle origini della Chiesa.
Allo stesso tempo tale commento cerca di essere adatto alle domande
e sfide del moderno uditore della Parola di Dio, considerando le
sue problematiche, aspettative, esigenze e tutto il contesto odierno,
molto complesso, in cui viviamo. Per questo non poche volte si
fanno riferimenti alle parole dei Papi contemporanei e al loro pa-
trimonio magisteriale, in modo speciale a san Giovanni Paolo II
nel 40° anniversario della sua elezione come successore di Pietro
(1978-2018).
Ai lettori si augura che la lettura delle riflessioni contenute in
questo volume e che accompagnano l’ascolto della Parola di Dio,
sia d’aiuto e porti frutti nella loro vita spirituale e nella ricerca della
sempre più profonda amicizia con il Signore.
14 settembre 2017
(La) Festa dell’Esaltazione della Santa Croce
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ABBREVIAZIONI DEI LIBRI BIBLICI
Ab Abacuc
Abd Abdia
Ag Aggeo
Am Amos
Ap Apocalisse
At Atti degli Apostoli
Bar Baruc
Ct Cantico dei Cantici
Col Lettera ai Colossesi
1Cor Prima lettera ai Corinzi
2Cor Seconda lettera ai Corinzi
1Cr Primo libro delle Cronache
2Cr Secondo libro delle Cronache
Dn Daniele
Dt Deuteronomio
Eb Lettera agli Ebrei
Ef Lettera agli Efesini
Es Esodo
Esd Esdra
Est Ester
Ez Ezechiele
Fil Lettera ai Filippesi
Fm Lettera a Filemone
Gal Lettera ai Galati
Gb Giobbe
Gc Lettera di Giacomo
Gd Lettera di Giuda
Gdc Giudici
Gdt Giuditta
Gen Genesi
Ger Geremia
Gl Gioele
Gn Giona
Gs Giosuè
Gv Vangelo di Giovanni
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1Gv Prima lettera di Giovanni
2Gv Seconda lettera di Giovanni
3Gv Terza lettera di Giovanni
Is Isaia
Lam Lamentazioni
Lc Vangelo di Luca
Lv Levitico
1Mac Primo libro dei Maccabei
2Mac Secondo libro dei Maccabei
Mc Vangelo di Marco
Mi Michea
Ml Malachia
Mt Vangelo di Matteo
Na Naum
Ne Neemia
Nm Numeri
Os Osea
Pr Proverbi
1Pt Prima lettera di Pietro
2Pt Seconda lettera di Pietro
Qo Qohèlet
1Re Primo libro dei Re
2Re Secondo libro dei Re
Rm Lettera ai Romani
Rt Rut
Sal Salmi
1Sam Primo libro di Samuele
2Sam Secondo libro di Samuele
Sap Sapienza
Sir Siracide
Sof Sofonia
Tb Tobia
1Tm Prima lettera a Timoteo
2Tm Seconda lettera a Timoteo
1Ts Prima lettera ai Tessalonicesi
2Ts Seconda lettera ai Tessalonicesi
Tt Lettera a Tito
Zc Zaccaria
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TEMPO DI AVVENTO
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SECONDA DOMENICA DI AVVENTO
dolore, le delusioni di Dio, che lotta per il suo popolo. Nella prima
lettura il profeta Isaia proclama, con le parole ispirate, il lieto an-
nunzio della salvezza: “Nel deserto preparate la via al Signore spia-
nate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata,
ogni monte e ogni colle siano abbassati” (Is 40,3-4) Queste parole,
dirette al popolo di Israele annunciavano la liberazione dalla schia-
vitù del peccato e dalla deportazione, alla gente che aveva vissuto
per tanto tempo il dramma dell’esilio, che non credeva più nella
possibilità del ritorno e viveva nella tensione e nel dubbio. In questa
realtà il profeta è inviato a proclamare la consolazione nel momento
della tribolazione, a non temere, ad esortare, ad incoraggiare, a
portare il lieto annuncio della venuta del Signore che porta con sé
la salvezza, la speranza, la pace, la fiducia. Le sollecitazioni dei profeti
a preparare le vie per il Signore, le parole di incoraggiamento e di
consolazione rivolte al popolo di Israele sono rivolte anche a noi e
si riferiscono alla liberazione dalla schiavitù del peccato.
b) La consolazione biblica - È opportuno chiederci: in che cosa
consiste la consolazione? In questo testo biblico viene spiegata come
“parlare al cuore” è incoraggiare a proseguire un cammino difficile.
È una conversione verso Dio, un nuovo ascolto della Sua parola
dopo il silenzio doloroso dell’esilio. L’invito alla consolazione
proclamato da Isaia: “Consolate, consolate il mio popolo […] parlate
al cuore di Gerusalemme…”. Questo annuncio deve raggiungere ogni
abitante affinché sia rassicurato che Dio non si è dimenticato di lui
e che può continuare ad aver fiducia e a sperare nella Sua protezione
e nella Sua cura; la cura che ha Dio come Pastore buono; perciò
deve riprendere la sequela di Dio che, nella Sua bontà, trova la gioia
e non desidera altro che perdonare e dunque aspetta con pazienza
la conversione, per ristabilire una nuova relazione, una nuova alle-
anza, una nuova amicizia. Un’amicizia che porta con sé i Suoi doni:
verità, giustizia, amore, salvezza. È Gesù il nostro Salvatore, è Lui
il Buon Pastore che ama le sue pecorelle fino a dare la vita per loro:
“Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo
raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce le pecore madri”.
Anche noi comunque dobbiamo preparare le vie del Signore acco-
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SECONDA DOMENICA DI AVVENTO
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IMMACOLATA CONCEZIONE
DELLA BEATA VERGINE MARIA
8 dicembre
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TERZA DOMENICA DI AVVENTO
come diceva san Giovanni Paolo II, non è tanto quella materiale,
ma soprattutto quella di “non conoscere Gesù Cristo”.
c) Il contenuto del lieto annuncio: promulgare un anno di grazia
del Signore - Nella tradizione di Israele anno di grazia si riferisce
all’anno giubilare in cui si ristabiliva la giustizia restituendo la terra
ai poveri che non avevano di che sopravvivere; consisteva nella
liberazione da ogni forma di schiavitù, sia fisica che del possesso
dei beni. Ora ciò che porta l’anno di grazia, cioè il tempo messianico,
è un bene superiore, la vita vera e piena, la vita aperta ad una di-
mensione assoluta, quella eterna e divina. La vita eterna non è da
aspettare alla fine della storia individuale di ciascuno di noi, ma
viene già anticipata attraverso la più intima relazione con Dio di
cui espressione sono la fede salda, la speranza ferma e la carità ardente.
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QUARTA DOMENICA DI AVVENTO
1. Dio e la sua ‘casa’ – l’idea della ‘casa del Signore’ nell’ Antico
Testamento: il Tempio di Jahwe - La Liturgia della quarta Domenica
di Avvento che celebriamo oggi pone alla nostra attenzione un
tema che è al centro delle letture bibliche che ci sono state proposte,
nelle quali Dio chiede di fare di noi una ‘casa’ per Lui.
Iniziando a riflettere sulla prima lettura, tratta dal secondo libro di
Samuele, ci viene presentata la figura di Davide che pensa di costruire
la casa, il tempio per Dio per mettervi l’Arca dell’alleanza dopo
averla trasportata a Gerusalemme. Il re Davide, eletto nel segno della
benevolenza divina, con le sue vittorie militari ha conquistato una
certa autorità e rilevanza politica Per conservare tutto lo splendore
della sua posizione vuole costruire un tempio per il suo Dio. Nel
contesto culturale, la sua intenzione non aveva solo motivi religiosi,
ma piuttosto era quella di assicurarsi la presenza ed il favore divino
e garantirsi così il successo, la stabilità del suo regno con una di-
scendenza dinastica. Il profeta Natan in un primo momento sembra
approvare il progetto del re, ma Dio gli rivela un progetto diverso.
Molti profeti ricorderanno continuamente che Dio non è identifi-
cabile con il tempio e non vuole restare chiuso tra quattro mura, la
Sua presenza nel tempio non è sorgente di sicurezza; il progetto di
Dio è abitare l’universo. Egli ricorda a Davide che un servo non
può costruire una dimora per il suo Signore. Oggi potremmo dire:
Dio non si fa racchiudere o ricondurre alle nostre immagini, concetti,
alle pretese e attese umane, bensì va sempre ‘oltre’. In ogni modo
nell’Antico Testamento Dio non ha mai voluto essere chiuso in un
solo posto che Gli fosse potuto servire come un’unica casa, ma ha
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QUARTA DOMENICA DI AVVENTO
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TEMPO DI NATALE
noi è il Figlio di Dio “per mezzo del quale tutto è stato fatto e senza
di Lui nulla è stato fatto di ciò che esiste”. Farsi carne è farsi uomo
a tutti gli effetti: assumendo su di sé la forma umana si fa comple-
tamente solidale con l’uomo, con la sua debolezza, con i suoi limiti
e imperfezioni, inadeguatezze e perfino con la morte. Il prologo di
Giovanni, forse, non è di facile comprensione, ma vale la pena
cimentarsi con questo capolavoro per renderlo più accessibile.
b) Le analogie per spiegare chi è per noi il Figlio di Dio fattosi uomo
Le parole con le quali ci viene presentato il bambino che contem-
pliamo commossi nel presepe sono “Parola”, “Luce” e “Vita”. Queste
parole ci rivelano la Sua identità, la Sua missione e il dono che Egli
rappresenta per ognuno di noi.
La categoria della Parola: Ognuno di noi può attraversare dei
momenti di silenzio che si subisce a causa di prove dolorose, ferite,
solitudini e da qui nasce il desiderio di una parola piena di amore,
di comprensione. Non ci serve la parola superficiale che è simile ad
una chiacchiera, che non ci raggiunge nel profondo della nostra
esistenza, dei nostri problemi, anzi ci è dannoso ascoltare la parola
di accusa, di critica, di sospetto, di scoraggiamento. Aspettiamo la
Parola che ha in sé una forza creatrice, portatrice di speranza, che
stupisce, ci meraviglia, ci attrae. È Gesù questa Parola che per noi
si è fatta carne, è diventata un uomo in carne ed ossa, che è visibile,
toccabile che trasmette ed invita all’unione, al desiderio di stare
insieme. Questa Parola viene trasformata in una parola umana che
è “testimonianza”. Siamo tutti invitati al silenzio e all’ascolto di un
annuncio che chiede di essere accolto, che suscita gioia e stupore e
pone in cammino.
In questo cammino da custodire nel cuore, perché la Parola
possa farsi carne anche nella nostra esistenza, occorre la Luce. A
volte abbiamo l’impressione di vagare nel buio, come avvolti da una
spessa coltre che ci impedisce di vedere, sommersi dalla sofferenza
e dal male; altre volte perdiamo ogni punto di riferimento e vaghia-
mo smarriti come in mezzo alla nebbia. Ed allora imploriamo ‘la
luce’, ma non quella luce che ci abbaglia e che, impietosa, giudica
la nostra fragilità, i nostri sbagli; non una luce che ci umilia e ferisce
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NATALE DEL SIGNORE
Giovanni Paolo II
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DOMENICA DELLA SANTA FAMIGLIA DI
NAZARETH
Domenica fra l’ottava di Natale o 30 Dicembre
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SECONDA DOMENICA DOPO NATALE
di sé e del mondo. Il Verbo era Dio: ora si fa carne; Colui che era
presso Dio pone la sua tenda in mezzo a noi. È un invito a rivolgere
lo sguardo verso Colui presso il quale si trovava il Lògos: “Dio
nessuno lo ha mai visto…”. Solo in Gesù Cristo scopriamo il vero
mistero dell’essere umano, solo in Lui guardiamo la nostra vita, la
guardiamo dentro di noi e vediamo che il Verbo porta la vita alla
sua pienezza nella forma più bella e affascinante. Tuttavia il mondo
e l’uomo, amato in modo smisurato da Dio, è chiamato alla respon-
sabilità, alla scelta di manifestare l’accoglienza o il rifiuto della luce.
Nonostante l’origine divina del mondo e nonostante aver creato
l’uomo a Sua immagine e Sua somiglianza Dio è stato invece rifiutato
proprio dai “suoi”, dalla sua più alta creatura.
b) Il Lògos e la grazia di accedere al Padre - Il Verbo crea e sostiene
tutto il creato e ci svela di essere suoi figli: “a quanti però lo hanno
accolto ha dato il potere di diventare Figli di Dio”. Figli di Dio
sono coloro che credono nel Lògos; ma la nostra figliolanza è un
dono che ha bisogno di una attiva accoglienza da parte di ognuno
di noi: “Dalla sua pienezza, noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su
grazia”. Tuttavia la ‘grazia è sempre un dono da accettare in modo
da farsi coinvolgere da esso. Leggiamo ancora: “E il Verbo si fece
carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato
la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre
pieno di grazia e di verità”. Questo vuol dire che con la venuta del
Figlio, con la Sua incarnazione ci viene manifestato il volto di Dio,
non come giudice severo e lontano, ma come Padre. Verso la fine
del suo componimento poetico l’evangelista Giovanni orienta il
nostro sguardo verso Colui presso cui si trovava il Logos: “Dio
nessuno lo ha mai visto; il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno
del Padre, è lui che lo ha rivelato”. Senza Gesù il mondo si trovava
senza una via d’uscita, dalla quale il Figlio unigenito ci ha liberato;
solo Lui lo poteva fare perché Egli stesso è Dio.
Scrive San Paolo nella sua lettera agli Efesini: “Benedetto Dio,
Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni
benedizione spirituale nei cieli in Cristo” (Ef 1,3). Con queste parole
ci viene mostrato il modo in cui Dio pensa, guarda, agisce verso
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SECONDA DOMENICA DOPO NATALE
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MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO
1° gennaio nell’ottava di Natale
sentinelle della notte che sono in attesa di Lui; ama i Magi cammi-
natori solitari verso l’adorazione di Cristo.
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EPIFANIA DEL SIGNORE
6 Gennaio
2. La Verità che attira e che salva - Nelle letture odierne viene cele-
brata la manifestazione del Signore come il momento in cui Gesù,
un figlio d’Israele, il popolo santo, compie la propria vocazione. È
la festa dell’universalità e di illimitate prospettive, festa di luce e di
gioia perché “le genti sono chiamate in Cristo Gesù a condividere
la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della
stessa promessa del Vangelo” (Ef 3,6).
Il Vangelo di Matteo narra di alcuni Magi che, essendo attratti
dalla verità, hanno cercato e desiderato di incontrare Dio, anche se
non hanno avuto una piena conoscenza di ‘chi fosse veramente quel
Bambino’. Sono un piccolo gruppo di stranieri di cui non si conosce
la patria, che compiono un lungo percorso per incontrare un Re.
Scrutano il cielo, i segni celesti, aspettano qualcosa o qualcuno e si
imbattono in una stella, che li avrebbe condotti a trovare la verità,
il senso, la gloria, la bellezza di Dio. Quel puntino luminoso, quella
stella, che per loro non è una delle tante ma rappresenta un segno
speciale, è sufficiente per porli in cammino. Essi sono mossi da un
segreto desiderio di seguire quella traccia che ha afferrato la loro
mente ed il loro cuore. Partono spinti da un’attrazione, un desiderio,
una passione, accettando di abbandonare tutto pur di arrivare alla
meta, al traguardo, alla ricerca di un evento straordinario che hanno
intuito alzando lo sguardo verso l’alto, verso il cielo. Nel racconto
di Matteo, così essenziale, rischiamo di sottovalutare i “costi” di
questa avventura che li assimila a tutti i credenti. In effetti, il loro
comportamento si può paragonare ad un cammino di fede, perché:
- hanno fatto un lungo viaggio ed hanno faticato tanto;
- hanno coltivato dentro di sé la sapienza, la saggezza;
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EPIFANIA DEL SIGNORE
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BATTESIMO DEL SIGNORE
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TEMPO DI QUARESIMA
valore del digiuno non è solo una rinuncia al cibo, che nei nostri
tempi, sembra essere meno comprensibile e meno utile, ma è un
esercizio spirituale e corporale. È un esercizio che ci rende capaci
di regolarsi, ci insegna ad essere liberi da ogni vizio o schiavitù del
peccato; ci rende liberi, padroni delle nostre passioni, dei nostri
movimenti, sensi, desideri, grazie allo Spirito Santo. La Quaresima
è una occasione favorevole per potenziare questa antica pratica per
correggere il nostro egoismo e aprire il cuore all’amore di Dio e del
prossimo. Privarsi del cibo ci aiuta ad ascoltare Cristo e a nutrirci
della Sua Parola di salvezza e ci permette di saziare la fame più
intima e profonda: la fame di Dio. Come scriveva san Giovanni
Paolo II “il digiuno ha come sua finalità di aiutare ciascuno di noi
a fare di sé dono totale a Dio” (Veritatis splendor, 21).
Lo Spirito Santo ci spinge ad essere disponibili (?) dall’indivi-
dualismo, ma liberi e disponibili per gli altri. La presenza dello
Spirito Santo ci insegna ad essere contenti di ciò che facciamo e a
vivere con gioia questo tempo di riflessione sulla passione, affinché
possiamo entrare più in profondo della Sua Pasqua e Risurrezione
– è stato reso vivo nello Spirito! Il cammino penitenziale della
Quaresima è da vivere nel segno della speranza e della pace che ci
ha promesso Dio, il Quale ci viene incontro, il Quale, anzi, è in
mezzo a noi per donarci la Sua salvezza se accogliamo la Sua Parola.
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SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA
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TERZA DOMENICA DI QUARESIMA
Padre. Ogni luogo e ogni evento dove Dio si rende presente è sacro:
nella creazione in tutta la sua bellezza, ma in modo particolare nei
luoghi dove Lui si fa presente in modo sacramentale e interviene
concretamente e in modo preciso nella storia per operare la salvezza
dell’uomo. Prima era il Tempio, ora è la Chiesa (realtà divino-uma-
na), che oltre le mura di diverse dimensioni o diversa importanza,
è una comunità animata dallo Spirito Santo; presenza sacramentale
= luogo sacro. Questo intendeva Gesù: dov’è presente Dio è un luogo
sacro dove non si può tollerare un comportamento che sia di mercato
e che può offendere la sua sacralità, qualsiasi tipo di atteggiamento
che disprezza, distrugge o offende la presenza del Padre. Una fede
radicale si vive tramite il nostro senso profondo di rispetto, di stima,
di adorazione di fronte al Sacro, alla Presenza del Mistero nei vari
luoghi o momenti segnati, pervasi e impregnati da Dio. Questo
senso del sacro richiede adorazione, ammirazione, raccoglimento e
timore anche nella Chiesa che non si deve ritenere un luogo comune
come fosse un museo, una mostra ecc.
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QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA
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QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA
sia un giudice severo che castiga, sbaglia; semmai è l’uomo che castiga
se stesso peccando e fa male a se stesso quando si allontana da Dio
o Lo rifiuta. Dio ama il mondo di un amore smisurato e per questo
ha mandato nel mondo il Suo Figlio che è diventato uomo proprio
per mostrare agli uomini in modo chiaro ed evidente l’amore del
Padre, la Sua misericordia, il Suo disegno di salvezza, di gioia e di
pace. Per questo il Figlio accetta il pericolo di essere rifiutato, si
rende disponibile a farsi giudicare e condannare e non ha paura di
offrire la Sua stessa vita. A questo punto ci si domanda se è possibile
rifiutare questo Dio che ci offre la tenerezza e la possibilità del
perdono. In definitiva chi sceglie di non credere nel Figlio di Dio
si condanna da sé e rifiuta la salvezza che gli viene offerta. L’evan-
gelista Giovanni, descrivendo gli effetti della salvezza compiuta da
Gesù, riprende il contrasto luce-tenebra (come già nel prologo del
Vangelo). In pratica avviene una divisione tra coloro che decidono
per la luce e coloro che preferiscono le tenebre. Escludersi dall’amore
e dalla salvezza è una terribile responsabilità, mentre accettare la
luce vuol dire abbandonare ogni sentimento di rivalità e di medio-
crità e di supremazia che inquinano la vita quotidiana; significa
diventare più umili e benevoli. La singolarità su cui si basa la fede
cristiana è la passione e la morte di Gesù che non rappresentano un
incidente di percorso, ma la strada che Dio ha scelto per arrivare
all’uomo per liberarlo dal male introducendolo in una vita nuova.
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QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA
2. Dio si presenta per mezzo del profeta Geremia - Nella prima lettura
ci viene proposto uno straordinario brano del profeta Geremia in
cui Dio promette una nuova alleanza con Israele. L’insuccesso dell’al-
leanza conclusa al Sinai, a causa delle continue trasgressioni, sta a
dimostrare che il popolo aveva voluto allontanarsi dalla legge di Dio.
Per questo il profeta Geremia annuncia un evento straordinario che
va oltre ogni immaginazione: la legge di Dio non sarà più scritta su
tavole di pietra, ma su tavole di carne: “Porrò la mia legge dentro di
loro, la scriverò sul loro cuore”. Questa profezia viene comunicata
in uno dei peggiori momenti della storia di Israele: Geremia è stato
inviato da Dio per annunciare la rovina del regno di Giuda e il
prossimo esilio. Infatti egli appare come un uccello del malaugurio,
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QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA
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SETTIMANA SANTA
il nucleo della fede e della religione cristiana è così centrata sul tema
della sofferenza, della croce e della morte del Figlio di Dio? Per
molti la religione che gira intorno al simbolo della croce può piut-
tosto scoraggiare, rassegnare, anziché attirare e avvicinare, dare la
sensazione di essere più repellente che attraente. In realtà, però, in
Gesù e nel cristianesimo, non si tratta dell’apoteosi, dell’esaltazione
della sofferenza e della morte. Al centro del messaggio cristiano non
sta la morte e la sofferenza, ma l’Amore verso cui la sofferenza, la
passione rimanda, l’Amore che include il dolore. L’evangelista Marco
sottolinea che la gloria di Gesù è stata manifestata attraverso la
passione e non malgrado la passione.
Sul piano umano Gesù viene consegnato come vittima inerme
nelle mani delle autorità e subisce l’infamante pena della crocifissione
che doveva sradicare ogni attesa messianica nutrita nei suoi confronti.
Nella preghiera presso l’orto degli Ulivi, nel Getsemani, l’Evangelista
Marco racconta tutto lo sgomento e la sofferenza che Gesù vive in
prossimità di quello che sta per succedere. Questo turbamento,
pienamente umano fa sentire a Gesù il bisogno di avere accanto i
tre discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, testimoni della sua Tra-
sfigurazione sul monte Tabor, affinché gli siano vicini nei terribili
momenti della paura e dell’angoscia. Essi però non riescono a restare
svegli probabilmente perché non erano capaci di vivere ed entrare
nella Passione del loro Maestro. Ma Gesù continua a pregare inten-
samente e dalla preghiera scaturisce e avviene il mutamento: dalla
paura al coraggio per affrontare gli eventi, il coraggio che deriva
dalla fede rafforzata dalla prova.
La Passione di Dio assume e riceve senso, significato, valore
salvifico, redentore, ma solo in quanto è stata assunta, assorbita e
trasformata da Cristo che accetta la croce con Amore, come espres-
sione suprema del dono di Sé, mostrando fino a quanto, fino a che
punto si può e si vuole amare. Amore che non scappa mai e non
scende dalla croce: “… salva te stesso...”. A queste provocazioni e
oltraggi che sono rivolti a Gesù dai capi religiosi dai soldati e da
uno dei malfattori crocifissi ai lati di Gesù, Egli non risponde.
Risponde invece l’altro malfattore che ammette il proprio peccato
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DOMENICA DELLE PALME
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GIOVEDÌ SANTO
aiutano, che rialzano il prossimo nella dignità che gli spetta di diritto
e permettono di trasmettere loro il Suo Amore. Nel modo di agire
di Gesù si comprende la Sua morte accettata liberamente. A questo
proposito Pietro fa fatica ad accettare quel Messia che deve passare
attraverso la sofferenza.
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VENERDÌ SANTO
3. Il mistero della croce - Nel Venerdì Santo siamo messi ogni anno
davanti alla croce per meditare l’amore illimitato che ci viene donato.
Questo era lo strumento di morte che i romani utilizzavano per
intimorire ed eliminare in modo crudele ogni tentativo di ribellione
e di rivolta. Morire sulla croce per il condannato significava affron-
tare lunghe ore di tormento e terminava la sua esistenza con tremendi
dolori per soffocamento. Cristo inchiodato alla croce ha trasformato
quel legno in simbolo di salvezza e di amore; infatti la croce è di-
ventata segno di riconoscimento dei Suoi seguaci. Questo rovescia-
mento è stato compiuto da Gesù con il Suo atteggiamento di amare
malgrado la sua innocenza e la condanna ingiusta, malgrado le
sofferenze che gli sono state inflitte, malgrado la derisione di cui è
stato oggetto e le falsità proferite contro di Lui. Egli continua ad
amare per sconfiggere tutta la cattiveria ed il male. Non è la soffe-
renza, i dolori e la morte di Gesù che ci salvano poiché tutto questo
è la conseguenza di brutalità e di cammino verso la morte. Ci salva
Dio con la missione affidata a Gesù e ci salva Gesù con la fedeltà
al Padre, con il Suo amore che è talmente coinvolto con l’uomo da
impegnarsi fino al dono della Sua vita. In effetti il Servo di Dio (Is
52,13.53,12) che era sfigurato, abbandonato da tutti, disprezzato;
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VENERDÌ SANTO
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VEGLIA PASQUALE
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TEMPO DI PASQUA
DOMENICA DI PASQUA
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DOMENICA DI PASQUA
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LUNEDÌ DELL’ANGELO
testimonianza come abbiamo letto nel brano degli Atti degli Apostoli
trovando la forza di sopportare la corruzione (zizzania): con la pace
nel cuore che è la vera salute, possiamo affrontare il male, la corru-
zione e la zizzania.
La fede è dono di Dio che nasce dall’ascolto e dall’accettazione
del Vangelo. Il grande segreto di bellezza della Verità cristiana è
quello di non essere una “dottrina di Gesù”, ma Gesù stesso, Gesù
Risorto!
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SECONDA DOMENICA DI PASQUA
DELLA DIVINA MISERICORDIA
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TERZA DOMENICA DI PASQUA
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QUARTA DOMENICA DI PASQUA
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QUINTA DOMENICA DI PASQUA
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SESTA DOMENICA DI PASQUA
nella precarietà), ricordando che Dio ci ha amato fino alla fine, cioè
dando la sua vita per noi.
Questo amore non è sicuramente un semplice fatto emozionale,
sentimentale o di piacere, di cercare la propria felicità, di sentirsi
contenti e soddisfatti. L’immagine della vite e dei tralci indica che
il rimanere in lui comporta unione profonda per cui l’amore auten-
tico, profondo, vero, ha tantissime definizioni: affetto, legame,
dedizione all’altro.
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ASCENSIONE DEL SIGNORE
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SOLENNITÀ DI PENTECOSTE
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SOLENNITÀ DI PENTECOSTE
Dio per adozione (cfr. Gal 4,6; Rm 8,15-16. 26). Egli introduce la
Chiesa nella pienezza della verità (cfr. Gv 16,13), la unifica nella
comunione e nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni
gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti (cfr. Ef 4,11-12;
1Cor 12,4; Gal 5,22). Con la forza del Vangelo la fa ringiovanire,
continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo
Sposo. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al Signore Gesù: “Vieni”.
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TEMPO ORDINARIO
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TERZA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
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QUARTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
lo Spirito Santo che consola ogni pena, asciuga ogni lacrima, infonde
speranza in ogni uomo. Oggi, come ieri Gesù insegna con autorità
e lo Spirito Santo aiuta ad interpretare ciò che dice.
Ringraziamo il Signore che oggi ha voluto che riflettessimo su
questo argomento dell’autorità e che ci spinge ad essere credibili e
affidabili. Attraverso il Signore, in modo più efficace, potremo
continuare a parlare, a comunicare secondo il modo in cui viviamo.
Lo ringraziamo per ciò che ci ha comunicato e Gli chiediamo che
ci dia la forza, la grazia e l’aiuto affinché siamo in grado di poterLo
imitare.
158
QUINTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
2. Il male del giusto - Il brano della prima lettura tratta dal libro di
Giobbe, primo della serie dei libri sapienziali, descrive la realtà
oggettiva in cui ci troviamo fin dall’inizio: in una situazione della
nostra vita che non possiamo cambiare. Questo capita soprattutto
a persone perseguitate, povere, sfruttate, emarginate, disprezzate,
oppresse, allontanate. Infatti possiamo dire che il dolore è un’espe-
rienza, un destino comune a tutta l’umanità e nello stesso tempo è
un mistero. Il personaggio di Giobbe, protagonista dell’omonimo
libro, del quale oggi si legge un brano, rappresenta la figura della
persona che soffre per il male non commesso da lui. A Giobbe la
sua sofferenza, la situazione di dolore, del buio (gli) sembra assurda,
inspiegabile, ma nonostante abbia perduto tutti i suoi beni e tutti
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QUINTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
non solo gli apostoli, ma tutti questi bisognosi, malati, sfruttati, che
sono stati messi tra parentesi nella vita comunitaria della città, della
civiltà; questi poveri sono in prima fila a cercare la redenzione dal
male che subiscono, a desiderare la salvezza. Per questo Gesù va loro
incontro, in mezzo al dolore, in mezzo alla sofferenza diffusa, in
mezzo alla gente. Il 70% della popolazione vive, oggi, nella povertà,
nello sfruttamento, nella persecuzione, nell’oppressione, nell’ingiu-
stizia. Gesù va in mezzo a questi poveri sofferenti, disprezzati, rifiu-
tati, considerati come immondizia del mondo. Affronta con coraggio
la sofferenza e il dolore; non rimane indifferente, non si ripiega su
se stesso e non trova scuse per spiegare la situazione tirandosi indie-
tro, prendendo le distanze, allontanandosi in un atteggiamento di
inerzia e falsa pace. Gesù aveva il coraggio di far fronte a questa
realtà, anzi, ha deciso di immedesimarsi con loro. Per questo nel
Vangelo si legge: “Cristo ha preso le nostre infermità, si è caricato
delle nostre malattie…”. È difficile immaginare che i malati, guariti
da Gesù d’allora in poi ebbero una vita tranquilla e felice. Piuttosto
nella loro guarigione hanno scoperto la continua, premura e cura
di Dio con la quale potevano essere più fiduciosi e coraggiosi ad
affrontare ogni prova di dolore. Con Cristo qualsiasi situazione
difficile assume un significato profondo se nutriamo la speranza
che stando accanto a chi soffre, nel farci prossimo con umiltà verso
i deboli e gli ultimi, riusciamo ad essere esempio da imitare, rinvian-
do a Cristo, fonte e modello di amore che rende liberi per essere
servi gli uni per gli altri.
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SESTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
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SETTIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
1. Il perdono
a) Il racconto di Marco - Dio non dimentica i suoi figli e non
abbandona mai nessuno e la missione di Gesù segue la stessa dire-
zione e si esprime nel perdonare i peccati. La bella notizia di Gesù
coincide con la Sua sensazionale pretesa di essere Dio, perdonando
i peccati. Una cosa che crea dei contrasti con gli avversari che
rappresentavano il sistema religioso di quel tempo ed uno di questi
contrasti riguarda appunto il perdono dei peccati. Tanta gente
aveva sentito parlare dei miracoli che operava Gesù e da ogni parte
venivano per poterlo incontrare, tanto da creare un sovraffolla-
mento che rendeva difficile percorrere le vie di Cafarnao. Il rac-
conto del Vangelo di Marco di oggi ci introduce in una scena nella
quale tutta la numerosa folla accorsa da Gesù aveva bloccato l’en-
trata della casa dove Lui si trovava. Tutti volevano vederlo, volevano
conoscerlo per essere guariti e per ascoltare la Sua Parola. Fra tutta
questa folla c’è un paralitico che non potendo camminare con le
sue gambe, era portato da quattro uomini molto decisi che questo
incontro potesse avvenire. Essi escogitano una maniera molto
ingegnosa facendo calare il malato dal tetto della casa con delle
funi. Gesù è colpito da questa loro determinazione e vede in questo
la “fede”. La loro attesa era quella che il paralitico fosse guarito,
che potesse tornare a camminare, ma Gesù fa molto di più: lo
perdona. Naturalmente il Suo intervento desta una reazione scon-
volgente sia perché nella mentalità biblica ogni malattia era messa
in rapporto con il peccato, con la colpa e sia perché secondo il
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SETTIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Gesù risana l’uomo nel corpo dopo averlo risanato nello spirito con
il Suo perdono. La Sua missione consiste, appunto, nel riportare
l’uomo all’immagine divina offuscata con il peccato ed il perdono
è la soluzione migliore per la guarigione sia fisica che interiore e
risana tutto l’uomo. L’evangelista Marco ama designare Gesù “Figlio
dell’uomo” che indica la sua doppia caratteristica: quella di un uomo
comune e insieme quella di un personaggio celeste dotato di poteri
straordinari. In altre parole Gesù è l’uomo che ha sulla terra lo stesso
potere che Dio ha in cielo, anzi Egli è l’intervento stesso di Dio
nella storia. Con questo termine Gesù si definisce come colui che
verrà a compiere il giudizio alla fine dei tempi. Il racconto termina
con la meraviglia della gente che si interroga sulla identità di Gesù
causata dal suo modo di agire: “Non abbiamo mai visto nulla di
simile” (v.12). È il primo passo verso la fede.
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OTTAVA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
rare per poter stabilire una nuova relazione di amore sicura e sincera.
Il Signore promette al popolo di ricondurlo al ‘deserto’, cioè lì dove
non aveva nulla, per parlare al cuore di Israele, quando sperimenterà
che niente e nessuno lo libererà dall’amara condizione dell’esilio.
Quando tornerà ad essere sposa fedele il Signore si legherà di nuovo
al Suo popolo con affetto totale ed autentico, e ciò sarà motivo di
gioia per l’amore ritrovato e riconquistato.
b) Cristo – lo Sposo per eccellenza - Questa profezia è evidentemente
applicata alla figura di Gesù-Sposo e chi lo sa riconoscere può inau-
gurare la piena comunione con Dio. Per noi cristiani oltre alla
dimensione sponsale che deriva dall’essere creati dal Padre per mezzo
del Figlio, nello Spirito Santo, c’è anche la Redenzione che abbiamo
ricevuto dal Figlio mandato dal Padre per opera dello Spirito Santo.
Gesù dunque è lo Sposo di tutti i battezzati sia in virtù della crea-
zione che della Redenzione. I discepoli di Gesù sono come i giovani
amici di uno sposo che, come invitati, preparano la festa con l’amico
che celebra le nozze. La Sua sposa sarà la Chiesa con la quale misti-
camente si unirà nell’amore dello Spirito Santo.
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NONA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
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DECIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
caduto per mezzo di satana, ora riceve nel Figlio di Dio la rivelazione
di misericordia che dona speranza di perdono. Anche nel brano del
Vangelo di Marco proposto dalla liturgia odierna ci viene presentata
la situazione in cui Gesù che viene accusato dai dottori della legge,
che venivano da Gerusalemme, di essere posseduto da satana, proprio
perché Egli scacciava i demoni.
La risposta di Gesù è suddivisa in più parti:
a) Egli cerca di provare il paradosso dell’accusa che è fatta a partire
dal pregiudizio dei Suoi accusatori che non vedono nei miracoli di
Gesù la benevolenza di Dio. Siccome sono convinti che la loro
interpretazione della legge è quella giusta, ne deducono che Gesù
non può agire in nome di Dio, rivelandosi così ciechi dato che se
Gesù scaccia satana non può essere dalla sua parte.
b) Non solo non è dalla parte di satana ma mostra apertamente che
la sua azione è diretta contro satana e che è venuto a mettere fine
al suo regno che tiene l’uomo separato da Dio e quindi in una
condizione di morte.
c) Gesù conclude rispondendo che chi lo rifiuta non vuole conoscere
la verità; anzi, rifiutando la sua predicazione la trasforma in opera
del maligno e si pregiudica in modo irreparabile l’ingresso nel regno
di Dio. Nel linguaggio biblico attribuire ostinatamente a satana ciò
che invece viene da Dio, oppure, al contrario, conferire a Dio ciò
viene da satana e in effetti fraintendere l’amore con il male significa
la bestemmia contro lo Spirito Santo. Con questo modo di agire
viene compromessa in modo definitivo la propria vita rendendola
un fallimento.
Con la Sua risposta Gesù ci mette in guardia per non lasciarci
ingannare dal seduttore, ma trovare solo in Lui, che è vero Messia,
la vera strada da percorrere. Solo con Lui possiamo resistere al pec-
cato, cioè al rifiuto dell’Amore di Dio.
Anche noi crediamo che con la morte fisica non finisce tutto,
ma esiste un aldilà, un’altra dimensione, e che la nostra identità, la
nostra essenza di creature umane è fatta di anima e di corpo. Dio
ci ha riservato per il “dopo” un “edificio”, una “abitazione celeste”
che ci farà relazionare con la nuova creazione.
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UNDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
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UNDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
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DODICESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
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TREDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
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TREDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
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QUATTORDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
loro, (come) uno di tanti (persone). Però il loro sguardo era deter-
minato dall’umile sapienza e dall’autentica fede. Ci vuole la fede
per vedere in queste opere ed in queste parole l’intelligenza e l’operare
di Dio attraverso il Suo Inviato. I miracoli hanno come presupposto
la fede. Vengono compiuti quando si ha una relazione personale
con Gesù. I miracoli sono la risposta alla sincerità dell’uomo che
cerca la verità. Quindi non sono tanto i miracoli o la sapienza che
portano alla fede, ma è la fede che è necessaria per vedere i miracoli
e sentire la parola profetica di Dio.
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QUINDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
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QUINDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Non esiste la fede senza la pratica come se uno volesse dire: ‘Dio
sì, Cristo sì, la Chiesa no, questo ambiente non mi interessa’. Non
c’è Dio senza la Chiesa. La comunicazione che ci fa Dio attraverso
la Sua parola ci pone queste domande e questi messaggi. Lo vogliamo
ringraziare per tutto quello che ci comunica, ci dice, ci offre, per il
fatto di essere noi stessi scelti come annunciatori del suo messaggio
e lo vogliamo fare nel modo migliore possibile. Per poter fare questo
abbiamo bisogno del dono dello Spirito Santo che anima, agisce, e
ci rende coraggiosi, fiduciosi per uscire e andare verso il mondo di
oggi pieni dell’entusiasmo di appartenere a Gesù.
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SEDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
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SEDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
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DICIASSETTESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
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DICIASSETTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
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DICIOTTESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
1. Gesù come ‘pane di vita’ di fronte alle false aspettative del popolo
Gesù si definisce “pane di vita”, essendo solo Lui capace di saziare
la fame di Dio, la fame di senso, di verità che abbiamo nel cuore.
Ma il requisito necessario per riconoscere Gesù conforme ai nostri
bisogni è la fede. Infatti, ogni segno che Egli compie per farci com-
prendere la vita divina che ci vuole comunicare, è afferrabile solo
mediante questa fiducia. La fede ci porta a scoprire Gesù, nella
profondità della Sua Persona e della Sua Parola. Il messaggio del
Vangelo di oggi si può sintetizzare nell’affermazione: “Il pane di
Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo” (v.33), un
messaggio da accettare come rinnovamento nostro e della storia di
tutta l’umanità. Continuando il racconto di domenica scorsa, quando
la moltiplicazione dei pani ha infervorato la folla che, però, non
ha compreso l’importanza del segno, oggi comincia la lunga discus-
sione a Cafarnao tra Gesù e i giudei i quali lo “cercano” per i propri
bisogni, le proprie aspettative che, però, non coincidono con la vera
motivazione per cui Gesù va cercato. Gesù modifica e trasforma la
ricerca della gente orientandola a far emergere la domanda vera.
Gesù comprende che la folla non sa precisamente cosa vuole, per
cui spiega l’equivoco di cui è vittima: “Voi mi cercate non perché
avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi
siete saziati” (v.26). La gente dimostra di non aver capito che quel
segno doveva essere compreso come qualcosa di più vitale e impor-
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DICIOTTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
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DICIANNOVESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
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VENTESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
sua carne e bere il suo sangue per avere la vita eterna e il dono di
risuscitare nell’ultimo giorno. Alla fine del brano viene ancora
affermata la caratteristica precaria del dono della manna che non
ostacolò la morte dei padri d’Israele facendo emergere l’impareggia-
bile eternità di Gesù, pane di vita, della vita eterna.
228
VENTUNESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
apposta per provocare nei loro cuori una autentica riflessione sulla
immagine che avevano su di Lui. A nome di tutti risponde Pietro:
“Tu sei figlio di Dio”. Come per dire: ‘non sei un semplice maestro,
un insegnante, non sei Elia un’altra volta incarnato o Giovanni
Battista che è risorto, ma sei figlio di Dio’. E Gesù come commenta
questa professione di fede di Pietro? “Non la carne, non il sangue,
te l’avevano rivelato ma … il Padre che è nei cieli te l’aveva rivelato”;
in altri termini, occorre la grazia dall’Alto per essere capace di pro-
fessare nel figlio di Maria la presenza del Figlio di Dio Incarnato.
Invece qui nel Vangelo di Giovanni che cosa succede? Gesù prima
fa la domanda “Anche voi volete andare via?”. Rispondono i Dodici
nella forma della domanda retorica: ‘da chi andremo Signore?’. A
tal punto Gesù spiega: “Per questo vi ho detto che nessuno può
venire a me se non gli è concesso dal Padre, se non è attirato dal
Padre”. Solo con l’aiuto della grazia del Padre, attraverso il dono
della fede, è possibile riconoscere Gesù come Figlio di Dio e rico-
noscerLo anche nell’Eucaristia. Lui continua ad essere presente in
modo concreto, attivo, operante; è presente in mezzo a noi e con
noi, nella vita di ciascuno di noi. L’Eucaristia ne è garanzia una
conferma del Suo amore che si rende presente in mezzo a noi, perché
non ci vuole lasciare, non ci vuole abbandonare: “io sono con voi
tutti i giorni della vostra vita e della storia di tutto il mondo fino
alla fine”. In tal modo si rende più palese l’analogia tra i testi dei
Vangeli sinottici (Marco, Matteo, Luca) e del Vangelo di Giovanni
che assume la struttura divisa in quattro momenti: a) la manifesta-
zione di Gesù; b) il dubbio del popolo; c) la domanda provocatoria
di Gesù ai discepoli; d) la loro risposta affermativa.
Partecipando profondamente all’Eucaristia vogliamo pure noi
rispondere al Signore che ci chiede: “Volete andarvene anche voi?”
e “Chi dite che io sia per voi?”. Consapevoli della grazia che opera
in noi vogliamo confessare insieme agli Apostoli: “Tu sei i Figlio
di Dio, perciò non abbiamo altro dove andare”.
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VENTIDUESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
renza, un’armonia, non c’è spazio per l’ipocrisia, non c’è la possibi-
lità che uno usi i precetti, i comandamenti per il suo privato
interesse, ma li usa soltanto essendo spinto, stimolato condizionato
dall’amore, come voleva Gesù. Solo questa coerenza rende palese la
finalità e il vero ruolo della Legge.
e che il loro lavoro serve anche agli altri, alla società? Anche questa
è una forma di auto-inganno, di una incoerenza, di una falsità.
e) Non si ingannano forse coloro che si confrontano con gli altri,
con quelli più piccoli, più vulnerabili più fragili e li disprezzano
per potersi sentire superiori, più grandi, più forti, più autonomi?
Anche questo è un inganno, perché non si accorgono che, anche
chi è nella povertà, nella piccolezza, può essere veramente più forte
e meritare maggior rispetto.
f) Non si ingannano i dirigenti che sfruttano sul piano politico,
sociale, culturale tutto il popolo? Cercano i loro interessi ma non
si accorgono, che con il tempo, comunque la cosa verrà alla luce e
saranno giudicati valutati o condannati? Anche questa è una forma
di auto-inganno.
g) Infine non si ingannano i “criticoni” che puntano sugli altri,
vedono i loro difetti, i loro peccati e non lo fanno in buona fede
per aiutare questi “peccatori”, ma per coprire le proprie ingiustizie,
per attirare l’attenzione sugli altri, mentre loro si possono presentare
come quelli di una certa autorità, di una grande stima? Anche questo
è un auto-inganno.
In ogni caso, ingannando gli altri, come anche nel caso dei farisei,
degli scribi, dei sadducei non inganniamo noi stessi, vivendo nel
mondo delle nostre illusioni, delle nostre proiezioni, delle nostre
fantasie? E quindi anche la Legge del Signore, a volte, può essere
strumentalizzata, utilizzata male, affinché noi possiamo apparire
come migliori esternamente, ma dentro di noi le cose non vanno
così.
Dentro di noi esistono, funzionano, si muovono le intenzioni
cattive. Quindi il modo autentico di compiere i precetti è quello di
essere spinti e motivati dall’amore, perché se dentro di noi non c’è
l’amore che ci spinge, ci stimola a realizzare a mettere in pratica i
comandamenti, i precetti, questi non compiono la loro funzione,
rimangono fine a se stessi. Se invece siamo attenti a coltivare dentro
di noi l’amore, come motivo e come fine, compiamo i precetti, i
comandamenti e la legge del Signore, primo fra tutti il comanda-
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VENTIDUESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
poter fare buone scelte, per educare a plasmare una retta giusta
coscienza dentro di noi. Oggi la gente spiega le sue scelte, le sue
decisioni, i suoi valori dicendo: ‘secondo me’, ‘a mio parere’, ‘io
ritengo che…’; come se i principi del bene e del male fossero una
cosa opinabile e sottoposta all’arbitrio individuale. Ma se ognuno
avrà la sua etica, la sua morale per distinguere il bene ed il male,
come possiamo trovare un accordo? E se non lo troveremo, arrive-
remo ad un caos totale. Quindi l’etica e la morale, distinguere il
bene dal male non dipende da ogni individuo, altrimenti l’etica
diventa una cosa autoreferenziale, che dipenderebbe da ogni singola
persona che si renderebbe un giudice, mentre l’ultima istanza a
decidere dove c’è il bene e dove c’è il male viene solo da parte di
Dio: l’autore della legge, l’autore dell’albero della conoscenza del
bene e del male, (ricordiamo la storia del libro della Genesi): è Lui
che decide dov’è il confine tra il bene ed il male e quindi per rendere
un’etica comune, per poter distinguere giustamente, rettamente il
bene ed il male ci dobbiamo riferire alla legge del Signore, alla legge
del Vangelo, altrimenti ci perdiamo, altrimenti cadiamo nel nulla.
236
VENTITREESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
2. La sordità fisica - Prima di tutto cosa vuol dire sul piano naturale,
sul piano fisico, fisiologico essere muti, essere sordi, nella vita di
tutti i giorni; (di) non poter parlare, (di) non poter sentire, ascoltare,
accettare nessun suono da fuori? Potrebbe essere definita come una
specie di anomalia, di contraddizione di ciò che è l’uomo. Lui infatti
è un essere creato per comunicare, per ascoltare, per sentire, per
parlare ed esprimere ciò che sta dentro di lui. Invece, in questo caso,
il mutismo, la sordità, in qualche maniera contraddicono questa
capacità, questa abilità dell’essere umano. Però, sul piano naturale
anche se uno non riesce a verbalizzare e articolare le parole, le frasi
237
VENTITREESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
238
VENTITREESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
5. La sordità religiosa
a) L’ascolto di fede - Poi, alla fine, meditiamo sull’essere sordomuti
o soffrire di mutismo e sordità sul piano della fede. Possiamo sentire,
ascoltare tante parole notizie, informazioni che si ascoltano dalla
Tv, dalla radio, dai vicini, dalle persone che si incontrano per la
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VENTITREESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
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VENTIQUATTRESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
mai queste parole, che cosa stai dicendo? Sei rifiutato, respinto, la
passione, e poi crocifisso. La morte la risurrezione? Non esistono
queste cose, scandalizzi noi e scandalizzerai anche la gente’. Non
ci piace la croce nella nostra immagine di Gesù, nella fede, nella
religione, nella nostra vita. Ma non esiste un vero Cristo, un vero
Gesù, senza la croce. Chi elimina la croce, non conosce Gesù.
245
VENTIQUATTRESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Cristo e di noi stessi. Così seguendo Gesù, stando insieme con Lui
possiamo anche arrivare a quella coerenza, quell’armonia, tra quello
che conosciamo di Lui, tra quello che crediamo di Lui e quello che
viviamo nella vita di tutti i giorni, attraverso le nostre opere che
non sono altro che una forma di professare, di confessare Gesù
crocifisso nella nostra vita: Gesù crocifisso, morto e risorto che ci
dà la vera vita, la vita dei figli di Dio.
247
VENTICINQUESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
ospitata dentro di noi. Alla luce di quello che dice san Giacomo, la
Sapienza divina non è altro che una semplice, pura, mera intelligenza,
una conoscenza teorica, ma è, soprattutto, una conoscenza applicabile
e che va applicata alla vita. Per essere sapiente, non basta conoscere
tutto quello che la sapienza ci dice, ci offre e ci comunica, perché
una semplice conoscenza teorica non basta. La sapienza ci offre non
soltanto la capacità di sapere, di conoscere, di scrutare, penetrare ed
avere sempre più notizie, informazioni, conoscenze, scienze, dottrine
e così via. La sapienza, quella vera, ci offre l’arte di vivere e vivere
bene, così come vuole per noi Dio nostro Padre. Quindi, come
abbiamo detto, non basta conoscere le regole della vita e le vie giuste
della condotta, ma bisogna essere capaci di applicarle, di metterle
in atto, applicarle nella nostra vita. Soltanto a questa condizione,
se la sapienza viene messa in atto, se praticata nella nostra vita, si
traduce, e come dice san Giacomo, porta queste conseguenze: “La
Sapienza è pura, pacifica, mite arrendevole, piena di misericordia e
di buoni frutti, imparziale, sincera porta alla pace, porta ordine,
porta armonia, sicurezza, solidità, stabilità”. La Sapienza dall’alto è
innanzitutto genuina, non aggressiva. La vera Sapienza è pacifica,
piena di misericordia, non fa differenze, non è parziale, non nascon-
de i propri fini; si manifesta nei sentimenti di pace, che generano
l’unità della comunità, portano frutti di opere buone che non ac-
cendono le guerre, le liti, in ogni luogo dove si vive e si svolge la
propria attività.
però non capivano queste parole”, ovvero non hanno avuto la sa-
pienza di entrare in fondo all’annuncio di Gesù.
2° Nel secondo momento avviene la disputa dei discepoli su chi di
loro sarà superiore, più importante, rivelando così l’incomprensione
dell’annuncio della passione e la smania di orgoglio e di potere ed
anche questa è la mancanza della vera sapienza.
3° Nel terzo momento, Gesù dice: “Se uno vuole essere il primo,
sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. E preso un bambino lo
pose in mezzo a loro e abbracciandolo disse loro “chi accoglie uno
solo di questi bambini, nel mio nome accoglie me e chi accoglie me
non accoglie me ma Colui che mi ha mandato” cioè il Padre. Anche
se in modo implicito, ma comunque si rende palpabile che la Sa-
pienza si presenta e si identifica con Gesù, con Cristo il quale ci
dice e ci fa capire che la Sapienza si manifesta pienamente nella
croce. Ed a questo proposito ricordiamo il brano in cui san Paolo
nella Lettera ai Corinzi parlando della croce di Gesù dice: “Per i
Giudei è motivo di scandalo, per i pagani è motivo di stoltezza,
invece per noi cristiani, discepoli di Gesù, è la sapienza di Dio”.
Quindi c’è questa circolarità, questa reciprocità tra Gesù, Croce e
Sapienza.
b) La Sapienza e l’umiltà - Tornando ancora all’atteggiamento dei
discepoli, in cui con la loro discussione, la loro lite l’uno verso
l’altro manifestano l’assenza della sapienza, ed hanno anche una
idea sbagliata dell’autorità umana, considerandola come potere,
come dominio, per essere superiori, più forti, più popolari. Oggi
siamo tanto attenti alle statistiche, ai sondaggi di chi è più popolare,
ma la popolarità non è la misura dell’autentica sapienza di una
persona, non è nemmeno la situazione in cui uno è più stimato,
più lodato, più nobile ecc., ma essere superiore assume al contrario,
l’atteggiamento di umiltà. Per questo Gesù aveva detto loro: “Se uno
vuole essere il primo, sia l’ultimo”. E questo essere ultimo si identi-
fica con l’umiltà, che non vuol dire umiliazione, autodisprezzo o
sentirsi inferiori, un nulla, uno zero; l’umiltà non è questo. L’umiltà,
alla luce della Sapienza divina, vuol dire avere la capacità di cono-
scere ed accettare sé stessi, in quanto peccatori ed in quanto redenti
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VENTICINQUESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
252
VENTISEIESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
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VENTISETTESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
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VENTISETTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
così, cioè fin dal principio era così, dall’inizio della creazione, “Dio
li fece maschio e femmina”, per questo l’uomo lascerà suo padre e
sua madre e si unirà a sua moglie ed i due diventeranno una carne
sola. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto, per
cui nessuno, né il papa, né i vescovi, né i sacerdoti, sono autorizzati
a dividere ciò che Dio ha congiunto e unito. È doveroso chiarire
queste cose in ogni tempo e in ogni luogo dove vive la Chiesa.
d) Apertura alla procreazione - Un’altra caratteristica del matrimonio
è l’apertura alla procreazione; è aperta, non la esclude non la nega,
non nega che coloro che si sposano possano diventare genitori. Ciò
che caratterizza il matrimonio per come è stato voluto da Dio, esso
deve essere alla vita, alla nuova vita. La vita dei coniugi serve a
trasmettere il dono della vita. Così partecipano nell’atto dell’eterna
generazione del Padre all’interno del mistero Trinitario. Dio Padre
non conserva la vita per se stesso, ma la condivide pienamente con
il Suo Figlio Eterno.
263
VENTOTTESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
267
VENTINOVESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
2. Il concetto di servizio
a) Il ‘servizio’ malinteso - Siamo chiamati a servire però questo verbo
‘servire’ richiede una breve spiegazione. Difatti, si può servire in
diverse maniere; nella nostra vita il servizio può assumere diverse
forme e varie espressioni. Si può servire anche in senso negativo, ad
esempio nei casi in cui si serve perché si è succubi, sottomessi, sot-
toposti, lusinghieri, adulatori. Alcuni diventano quasi tentacoli di
chi ha potere, cioè vendono loro stessi, servono apparentemente,
sembrano persone come servitori bravi che si offrono, si consegnano,
si dedicano ma dietro il loro atteggiamento c’è il solo il loro inte-
resse, il loro obiettivo che vogliono raggiungere e quindi il servizio
diventa una copertura, un mezzo, uno strumento per raggiungere
gli scopi personali, individuali. Così vogliono compiacersi, e a volte
questo tipo di servizio assume anche la forma del carrierismo, attra-
verso il servizio succube. Ci sono infatti anche quelli che vogliono
appagare, soddisfare una certa lobby, un certo gruppo di interessi,
da parte del quale avevano ricevuto un appoggio, ed ora devono
servire, essere servitori nei confronti di questo gruppo a cui devono
tanto nella loro vita. Carrierismo, mondanità, celebrità, populismo,
farsi vedere con tutte quelle opere di carità che si possono fare, lo
fanno per far sì che gli altri li applaudano, per farsi vedere dai
mass-media, dai giornalisti, nelle prime pagine, affinché le video-
camere li seguano per mostrare i loro gesti di solidarietà esteriore,
semplicemente per la vanagloria. Va bene, si può ‘servire’ anche in
questa maniera clamorosa, chiassosa, rimbombante, populista… Ma
269
VENTINOVESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
conosciuto anche come “il Papa della famiglia”. Due giorni fa ab-
biamo celebrato l’anniversario della sua elezione come Papa e tra
qualche giorno, giovedì 22 ottobre celebreremo la sua memoria nel
calendario liturgico.
273
TRENTESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
1. Cercare Dio
a) L’approccio biblico - A volte la nostra riflessione sulla Parola di
Dio la iniziamo dalla parola del Vangelo o da una delle letture e
cerchiamo di individuare e specificare un comune denominatore,
un tema che potrebbe accomunare tutti i testi che la Parola di Dio
ci offre. Questa volta si vuole partire dall’antifona dell’ingresso alla
Santa Messa recitata all’inizio; essa riporta le parole del Salmo104:
“Gioisca il cuore di chi cerca il Signore, Cercate il Signore e la sua
potenza, cercate sempre il Suo volto”. La parola chiave è ‘cercare’.
Si tratta del ‘cercare’ che non è casuale perché in qualche maniera
ci fa capire in che cosa consiste il nostro rapporto con Dio, il rap-
porto tra Dio e l’uomo, che è definito e spiegabile appunto attraverso
il verbo ‘cercare’.
b) Il desiderio di Dio di ‘essere cercato’ - Questo vuol dire che Dio
desidera (di) essere cercato, vuole che noi lo cerchiamo, vuole
diventare l’obiettivo dei nostri desideri, delle nostre passioni, delle
nostre nostalgie; non vuole essere un Dio che si impone, un Dio
autoritario, un Dio dittatore, ma un Dio che nel silenzio si pro-
pone. Dio offre il dono del Suo amore, della Sua grazia, del Suo
perdono, del Suo affetto paterno, e vuole essere desiderato, cercato,
sembra quasi che voglia chiederci costantemente: ‘cercami, se mi
vuoi bene’.
274
TRENTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
‘Signore dove sei, Dio dove sei? Ti abbiamo perso, non sappiamo
più dove andare, dove ti dobbiamo cercare e come ti dobbiamo
cercare. Abbiamo perso i pastori, quelli che ci dovevano guidare,
che invece ci portano alla confusione. Signore, dove sei?’ (vedi il
messaggio di Benedetto XVI al funerale del cardinale Joachim Mei-
sner, il 15 luglio 2017).
d) La luce della fede - È allora che abbiamo bisogno in questo cam-
mino, della luce della fede, della speranza, come aveva detto papa
Benedetto XVI nella sua esortazione Verbum Domini. La Parola di
Dio è la parola della speranza che ci è tanto necessaria mentre fac-
ciamo il faticoso cammino della fede, soprattutto nei momenti in
cui la fede subisce dubbi, difficoltà, quando si trova nel momento
del buio, dell’oscuramento, nel momento occulto come nel caso del
figlio di Timèo, Bartimèo che era cieco ed anche lui era sperduto
come dice il Vangelo . Anche a noi Gesù dice: “La fede ti ha salvato”.
Anche per noi, la fede è la condizione per la salvezza definitiva ed
ultima; senza la fede non si può essere salvati. Ma allo stesso tempo
la fede è la forza, è il cibo, è il nutrimento, la fonte delle nostre
energie per poter continuare, malgrado tutti gli ostacoli, ed il buio,
per poter continuare il cammino verso il Signore. Inoltre, la fede
non è solo la condizione della salvezza, ma è anche l’anticipazione
della salvezza. La salvezza già la anticipiamo qui, la percepiamo in
questa vita, in qualche modo come in germe, in frammento. Ricor-
diamo a questo punto le parole del Vangelo di Giovanni quando
Gesù dice: “Chi crede già è salvato” (Gv 3,16). La nostra fede ci fa
sperimentare, ci fa vivere, in che cosa consisterà alla fine, la nostra
salvezza: nel rapporto vicino, intimo, profondo, inseparabile con il
Signore. In questa unione profonda di amore, di felicità, senza
lacrime, senza buio, senza oscurità; di fronte alla luce, come quella
luce che aveva riconquistato Bartimèo, grazie al Signore anche noi
ce la auguriamo. Chiediamo al Signore che ci dia la forza, di non
scoraggiarci, di non rassegnarci mai e di continuare il nostro cam-
mino di fede e che ci dia buoni, saggi, fedeli pastori capaci di guidare
ciascuno di noi verso la via che ci porterà alla vera autentica salvezza,
al vero, autentico incontro con Gesù.
277
TRENTUNESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
dizione della fedeltà del Suo popolo, per questo è perseverante l’appello
ad ascoltare e temere “il Signore tuo Dio”. Dio offre al Suo popolo
Israele la “Legge” come segno dell’alleanza, una cosa incomprensibile.
2. Dio dell’Amore
a) La legge dell’amore - Già nell’Antico Testamento il comandamento
dell’amore di Dio “Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, unico
è il Signore. Tu amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con
tutta la tua anima e con le tue forze” (v.5) è completato dal secondo
comandamento: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Lv 19,18)
Qui però il prossimo è inteso come il proprio connazionale. Per
Gesù, invece il prossimo è qualunque uomo, anche il proprio nemico.
L’amore del prossimo si rivela in modo inseparabile dall’amore per
Dio. È come se non si potesse concepire di amare Dio in modo
staccato dall’amore per il prossimo. Il legame tra l’amore di Dio e
l’amore per il prossimo è sempre al centro della vita cristiana. La
Legge dell’amore porta alla felicità, perciò non può essere imposta
perché non si può amare se si è obbligati o costretti. A questo punto
il discorso sulla Legge non tratta tanto di regolamenti e norme giuri-
diche, legislative, ma esprime e fa comprendere all’uomo la propria
identità umana. Senza Dio non potremo trovare noi stessi perché la
nostra persona è stata creata da Dio per entrare in un’intima relazione
con Lui, il che comporta inevitabilmente un concreto stile di vita.
b) L’amore di Dio e la nostra identità - L’amore non è solo una
forma di agire, ma è la fonte, il fondamento della nostra identità;
viviamo ed esistiamo non per caso o per un capriccio o arbitrio di
Dio, ma solo perché Lui ci ha creati per l’amore e solo per l’amore.
L’uomo è venuto al mondo dal disegno eterno di amore di Dio, è
orientato verso l’amore ed è per questo che può essere l’interlocutore
di Dio e partecipe della Sua vita. Gesù in più occasioni ha svelato
il volto di Dio come Padre che ama ogni essere umano – l’unica
creatura capace di rispondere a questo amore. Il cristianesimo dunque
non si basa su teorie o divieti, ma ‘su un amore che si dona fino
alla fine’ (Gv 13,1).
279
TRENTUNESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
281
TRENTADUESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
rosa che potrebbe suscitare una forte impressione. Quante volte noi,
avendo molto di più, non apprezziamo quello che abbiamo, senza
pensare che lo abbiamo ricevuto senza nostro merito; invece lei si
era resa conto, che quello che aveva lo possedeva perché l’aveva
ricevuto come dono. Il suo comportamento ci insegna ad assumere
l’atteggiamento di essere grati sempre di ciò che accade nella nostra
vita, di ciò che avviene, anche di quelle grazie che umanamente
possono essere difficili perché vivere nella povertà, effettivamente
non è un motivo per dire: ‘Grazie Signore di farmi povera o di farmi
vivere nella miseria’, ma il Signore ci invita alla logica di assumere
l’atteggiamento di bontà e gratitudine.
c) Generosità - Questa donna si rendeva conto, aveva la consapevo-
lezza, di avere ricevuto, di essere (donata) alimentata e fornita dalla
Provvidenza divina. Da qui nasce in lei il forte, prepotente desiderio
di fare l’offerta nel tempio e di dire grazie a Dio lasciando l’ultimo
spicciolo, le due monetine che fanno un soldo; così comprendiamo
meglio la frase del Vangelo: “Gratuitamente avete ricevuto e gratui-
tamente date” (Mt 10,8). Tutto quello che ci è stato dato ed anche
tutto quello che abbiamo acquistato, conquistato, lo abbiamo potuto
avere grazie alle capacità, abilità, facoltà, di cui il Signore ci aveva
dotato e grazie anche a certe condizioni di vita: il dono della salute
per cui si sono potuti raggiungere certi obiettivi nella vita; per questo
cerchiamo anche di dare gratuitamente, senza aspettare in cambio
di ricevere dagli altri.
C’è anche un’altra frase della Scrittura che dice: “C’è più gioia
nel dare che nel ricevere” (At 20,35). Quanto siamo contenti, quando
possiamo accontentare le persone che in diverse maniere sono vera-
mente bisognose, non soltanto sul piano materiale, ma bisognose
di affetto, di accoglienza, di ascolto, di sensibilità, di apprezzamento!
A volte, invece possiamo distruggere, far male, far soffrire le persone
anche con le parole, con le maldicenze. Perciò se crediamo che c’è
più gioia nel dare, possiamo offrire una parola buona, la presenza,
il consiglio, il conforto, l’ascolto; dare qualsiasi cosa, quella che a
loro serve, che è necessaria all’altra persona, come noi l’abbiamo
ricevuta, infatti ricevere significa anche avere umiltà.
284
TRENTADUESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
di tutti gli altri”. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo.
Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva,
tutto quanto aveva per vivere. Questo ci auguriamo e chiediamo al
Signore che ci aiuti a migliorare il nostro atteggiamento di autentica
generosità verso il prossimo e gratitudine, umiltà, e fiducia nei Suoi
confronti.
287
TRENTATREESIMA DOMENICA DEL TEMPO
ORDINARIO
2. L’idea della fine dei tempi alla luce del Libro del profeta Daniele
L’Antico Testamento non ci offre una chiara ed univoca concezione
della fine dei tempi, né della risurrezione né della vita eterna. Il
brano del Libro del profeta Daniele è uno dei pochi testi che ne
esprime una vaga idea. L’autore di questo libro esprime un’idea della
vita ultraterrena, di una vita nell’aldilà, verso la quale si arriva attra-
verso la risurrezione. Infatti, scrive l’autore, che tutti saranno risorti,
“quelli che dormono nella regione della polvere, si risveglieranno…”.
288
TRENTATREESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
3. Le ‘cose ultime’ alla luce delle parole di Gesù - Per quanto riguarda
il Vangelo e le parole di Gesù, quando Lui parla ed esprime il mes-
saggio riguardante la fine dell’universo, dei tempi, del mondo, si
deve fare attenzione al fatto che la vita, la storia, il mondo, non
hanno semplicemente un termine, una fine, una conclusione, una
scomparsa, ma tutta la storia dell’universo avrà compimento. Ed a
questo punto ricordiamo nel Vangelo di Giovanni, le ultime parole
di Gesù sulla croce. Gesù non ha detto ‘Tutto è finito, tutto è ter-
minato, tutto è scomparso, tutto è sparito’, ma ha detto “Tutto è
compiuto!”. Con queste parole termina e si compie la sua missione,
la sua vita terrena e si apre ad una realtà nuova, gloriosa, della
Risurrezione, del ritorno al Padre. Così anche nel nostro caso, il
compimento della nostra vita è portarla alla piena realizzazione.
Non è la scomparsa, il termine, la fine brusca, troncata, ma il com-
pimento, la realizzazione definitiva della nostra vita. La questione
del compimento di tutto ciò che esiste ci introduce al tema dei
289
TRENTATREESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
292
FESTE E SOLENNITÀ
NEL TEMPO ORDINARIO
297
ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE
301
SANTISSIMA TRINITÀ
303
SANTISSIMA TRINITÀ
tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come
te stesso” (Lc 10,25-28). Se dunque siamo capaci di amare, è perché
portiamo dentro di noi l’impronta della Trinità, del Dio-Amore.
c) Trinità e l’impegno missionario dei cristiani - Il Vangelo odierno
insiste sulla missione affidata agli apostoli di andare in tutto il
mondo, di ammaestrare tutte le nazioni battezzandole. Il brano ci
riporta tre affermazioni di Gesù. La prima afferma che Egli è stato
costituito partecipe degli stessi poteri di Dio. Il Figlio ha lo stesso
potere del Padre; ha la stessa signoria universale, in cielo e sulla
terra. La seconda è un comando dato agli apostoli e riguarda la
missione loro affidata di rendere gli uomini suoi discepoli. La terza
affermazione è la promessa di Gesù: “Ecco io sono con voi tutti i
giorni fino alla fine del mondo”. Non è una promessa di consola-
zione; è la garanzia di cura, di appoggio e di vittoria. La missione
apostolica sta sotto il segno di questa presenza. Gesù rimane nella
Chiesa, nella storia. La sua presenza tra noi tutti i giorni è presenza
anche del Padre e dello Spirito Santo ed in Lui sono operanti il
Padre e lo Spirito Santo.
Con il segno della croce che facciamo più volte durante la gior-
nata, rinvigoriamo la nostra certezza che la Santissima Trinità è
operante nella nostra vita; ci ricordiamo l’impegno di una risposta
autentica e gioiosa all’amore di Dio. ed è un gesto e un’invocazione
del Dio Vero che ci fa vincere ogni forma del male e del peccato.
306
SANTISSIMO CORPO
E SANGUE DI CRISTO
311
SACRATISSIMO CUORE DI GESÙ
4. L’amore non amato nel Libro del profeta Osea nel Cuore trafitto
di Gesù - Nell’Antico Testamento si parla del cuore di Dio come
strumento della Sua volontà. Viene scritto che i peccati dell’uomo
causano dolore al cuore di Dio che si impietosisce e perdona la
fragilità umana. Nel capitolo 11 del libro di Osea viene descritta la
profondità dell’amore manifestato al popolo di Israele dall’inizio
della storia: “Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto
ho chiamato mio figlio” (v.1). Purtroppo però, a questo incessante
amore, il popolo ha risposto con disinteresse e indifferenza tanto
314
SACRATISSIMO CUORE DI GESÙ
316
NATIVITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA
24 GIUGNO
Prima lettura: Is 49,1-6
Salmo 138
Seconda lettura: At 13,22-26
Vangelo: Lc 1,57-66.80
317
NATIVITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA
319
NATIVITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA
321
SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO
29 GIUGNO
1. San Pietro
a) La personalità - Simone figlio di Jona discepolo di Giovanni il
precursore, pescatore di Betsaida (Lc 5,3; Gv 1,44) che più tardi si era
trasferito a Cafarnao. È stato inserito dal fratello Andrea nel gruppo
dei dodici discepoli al seguito di Gesù (Gv 1,42). Gesù lo chiamerà
Cefa che significa Pietro perché intende realizzare in lui la pietra
fondamentale e la guida della comunità dei seguaci. Simon Pietro è
uno dei primi testimoni a vedere la tomba vuota ed ha un’apparizione
di Gesù risorto. Dalla descrizione che ne fanno i Vangeli possiamo
definire Pietro come un uomo duro istintivo e semplice, di grande
322
SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO
2. San Paolo
a) Un cenno storico
Molto diverso da Pietro, Paolo studioso, intellettuale, critico pun-
gente, fanatico e credente intransigente cade a terra davanti alla luce
di Gesù che lo investe in pieno giorno. Paolo ci ricorda la passione
della fede, lo slancio dell’annuncio, il dono della grazia divina, il
fuoco dello Spirito. Secondo At 22,3 Paolo nacque a Tarso in Cilicia
(attuale Turchia del sud), probabilmente attorno al 5-10 d.C. Secondo
i testi biblici, Paolo era un ebreo che godeva della cittadinanza
romana. Nei primi anni della sua vita (At 22,3 e 26,4) sarebbe cre-
sciuto a Gerusalemme, dove studiò alla scuola di Gamaliele. Nella
narrazione biblica viene descritto come presente e accondiscendente
dell’uccisione di Stefano, primo martire cristiano (intorno al 35),
non come esecutore della lapidazione, ma “custode dei mantelli”
dei lapidatori. In seguito in vari passi della Scrittura viene descritto
come impegnato alla persecuzione dei cristiani.
b) L’apostolato di Paolo - San Paolo è stato l’apostolo dei Gentili,
ovvero il principale missionario del Vangelo di Gesù tra i pagani
greci e romani. Non conobbe direttamente Gesù e, come tanti
connazionali, avversava la neo-istituita Chiesa cristiana, arrivando
a perseguitarla direttamente. Sempre secondo la narrazione biblica,
324
SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO
* * * * * * * * *
Un solo giorno è consacrato alla festa dei due apostoli. Ma
anch’essi erano una cosa sola, benché siano stati martirizzati in
giorni diversi, Pietro precedette, Paolo seguì. Celebriamo perciò
questo giorno di festa, consacrato per noi dal sangue degli Apostoli
Amiamone la fede, la vita, le fatiche, le sofferenze, le testimonianze
e la predicazione. La Chiesa, fondata su Cristo, nonostante le tante
tempeste e i peccati degli uomini rimane salda, perché la Chiesa
non è dei papi, dei vescovi, dei preti e neppure dei fedeli laici, è
soltanto di Cristo. Solo chi vive in Cristo promuove e difende la
Chiesa con la santità della vita e non con le sole parole di circostanza
o nuovi integralismi che possono trovare accoglienza in una Chiesa
che è e deve continuare ad essere madre, sull’esempio di Pietro e
Paolo, apostoli della fede e della comunione ecclesiale.
326
TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE
6 AGOSTO
ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse
risuscitato di morti.”
In fin dei conti ciò che dovrà accadere non sarà una conquista
trionfale di Gerusalemme, ma una condanna da Gerusalemme. Gli
“osanna” non sono stati per Lui un vero riconoscimento, ma dei
“sia crocifisso”; quindi la condanna e la diffamazione. Due tribu-
nali lo aspettavano per usare su di Lui la loro malvagità. Gesù, di
fronte ai due tribunali non si difese, ma annunciò: “Anzi io vi dico:
d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra di Dio,
e venire sulle nubi del cielo” (Mt 26,64). Egli glorioso ‘verrà sulle
nubi del cielo’, perché, investito di ogni potere in cielo e in terra.
c) La Trasfigurazione come invito alla preghiera - La trasfigurazione
è una situazione di preghiera in cui diventa visibile ciò che accade
nel dialogo di Gesù con il Padre: l’intima immedesimazione del Suo
essere con Dio, che diventa pura luce. Nel suo essere uno con il
Padre è avvolto di splendore, Gesù stesso è Luce da Luce. Ma Egli
non sfugge alla missione per cui è venuto nel mondo, rimane
nella storia e così fa capire a noi cristiani che pregare non
significa uscire dalla realtà e dalle responsabilità ma affrontarle,
confidando nell’amore fedele e inestinguibile di Dio. La mani-
festazione di Cristo sul Tabor non fu dunque solo un’esperienza per
preparare i tre Apostoli a resistere nella fede di fronte alla condanna
a morte di croce di Gesù, ma divenne, attraverso la contemplazione,
elemento forte dell’annuncio, così come Gesù aveva voluto.
denso guizzare di fulmini, segno della sua potenza contro gli empi.
I malvagi sono dispersi ed ecco che si stabilisce sulla terra il Regno
di Cristo sulle nazioni. È la seconda visione, e riguarda precisamente
Cristo, Cristo glorioso che è ‘sulle nubi del cielo’.
È lo stesso Gesù che usa l'immagine dello stare ‘sulle nubi’ per
indicare la sua gloria di risorto, e il suo essere Re del cielo e della
terra (Mt 24,30; 26,64). Nessuno di noi, dunque, può esitare nel
riconoscere in quell’uno “simile a un figlio di uomo” il Cristo
glorioso; “simile”, per indicare che quel personaggio possedeva un
aspetto divino. La visione di Daniele preannuncia il Cristo che andrà
verso il Padre ed a Lui è presentato, secondo il rito di corte, dalle
schiere degli angeli. È proprio una presentazione trionfale del Cristo
vincitore, a cui il Padre consegna il potere su tutte le genti: “Gli
diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servi-
vano”. La visione presenta in sé due momenti: quello della consegna
del potere al Cristo, e il momento in cui tutte le nazioni lo servono.
Al giudizio del Padre contro gli empi, che ostacolano il cammino
dei testimoni di Cristo, segue la loro sconfitta, e poi l'avvento sulla
terra, su tutte le nazioni della civiltà dell’amore. Il profeta Daniele
aveva visto cose che riguardavano fatti molto lontani; fatti che altri
avrebbero visto e vissuto, ma intanto era fondamentale che venissero
annunciati, affinché fossero riconosciuti al tempo della realizzazione
degli avvenimenti già profetizzati.
Nella trasfigurazione Gesù realizza la liberazione dell’uomo; pur
lasciandolo con le sue debolezze e le sue sofferenze, la sua solitudine
e la sua morte, (ma) trasfigura tutto ciò prendendolo su di sé e
facendo della condizione umana più povera il segno stesso della
prossimità di Dio al mondo. Questo sguardo trasfigurato su Gesù,
che fa vedere come le sorti del Regno si compiano con la Sua morte,
ha potuto attuarsi solo a partire dalla Risurrezione.
331
ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
15 AGOSTO
Nel 1950 Papa Pio XII proclamò il dogma che la Vergine Maria
“terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste
in anima e corpo”, la verità di fede che era già conosciuta dalla
Tradizione e confermata dai Padri della Chiesa. Un particolare molto
importante della venerazione tributata alla Madre di Cristo, eviden-
ziato dal Concilio Vaticano II: “perché fosse più pienamente con-
formata col Figlio suo, Signore dei dominanti e vincitore del peccato
e della morte” (Lumen gentium 59). Celebrando dunque l’Assunzione
di Maria, noi celebriamo lo splendore della Risurrezione del Cristo,
“primizia di coloro che sono morti” (seconda lettura). La certezza
di fede che Cristo ha vinto la morte in Maria ha un’ulteriore prova
in quanto viene assunta al Cielo in corpo e anima. “Ella è la gloria
di Cristo. Cristo si glorifica in Lei, come il Padre si è glorificato
in Lui. Tutta la gloria del corpo risorto di Cristo si riflette nel
corpo di Maria. La tradizione cristiana paragona la bellezza di
Maria alla bellezza della luna (pulchra ut luna). L’immagine è
profonda: come la luce della luna è una luce riflessa della luce del
sole, così l’assunzione al cielo di Maria è la luce riflessa della
risurrezione di Gesù” (cardinale Carlo Caffarra). Maria, nell’As-
sunzione, è la creatura che ha raggiunto la pienezza della salvezza,
fino alla trasfigurazione del corpo. È la donna vestita di sole e
coronata di dodici stelle. È la madre che ci aspetta e ci sollecita a
camminare verso il regno di Dio. Ella è garanzia che tutto l’uomo
sarà salvato e che i corpi risorgeranno.
L’atto di proclamazione dell’Assunta si mostrò quasi come
conferma del culto liturgico. Nel Vangelo che abbiamo appena
ascoltato, Maria stessa esprime profeticamente alcune parole che
dirigono in questa prospettiva, dicendo: “D’ora in poi tutte le
generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48). È una rivelazione
per tutta la storia della Chiesa. Questa espressione del Magnificat,
raccontata dall’Evangelista Luca, dichiara che la lode alla Vergine
Santa, Madre di Dio, profondamente legata a Cristo Suo figlio,
riguarda la Chiesa di tutti i tempi e di tutti i luoghi. L’annotazione
di queste parole da parte di san Luca ipotizza che la consacrazione
di Maria fosse già presente al periodo dell’Evangelista e questo
333
ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
336
SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI
1° NOVEMBRE
cose. Così ogni istante, ogni pensiero, parola, ogni opera, ogni cosa
quotidiana assume un grande valore per l’eternità. I “beati” vedono
la presenza di Dio in ogni circostanza, anche se fosse sfavorevole.
Ma chi ha vissuto le Beatitudini prima di tutti e soprattutto è stato
Gesù; il vero “Beato” è Lui. Egli è stato povero in spirito, afflitto,
misericordioso, affamato, assetato, puro di cuore, mite, operatore
di pace, perseguitato e causa della giustizia. Nella Sua passione,
Morte e Risurrezione Egli rivela il mistero della vera beatitudine;
per questo siamo spinti a seguirlo, ognuno nelle condizioni in cui
si trova a vivere.
E allora chiediamo a tutti i santi che intercedano, che ci aiutino,
che si facciano sentire ancora in modo più toccante nella nostra vita
e che noi siamo capaci di lodarli, ma anche di essere attratti a seguire
il loro esempio della totale donazione della loro vita al Signore e ai
fratelli, ad amare fino a saper rinunciare a noi stessi, a ‘perdere noi
stessi’ per amore. Solo così non ci perderemo, ma ci ritroveremo sulla
strada della santità che ci porterà alla gloria di Dio.
341
COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI
2 NOVEMBRE
fatto vicino all’uomo, è entrato nella sua vita per dirci: “Io sono la
risurrezione e la vita; chi crede in me anche se muore vivrà; chiunque
vive e crede in me non morirà in eterno” (Gv 11,25-26). Ci tornano
in mente tante altre parole di Gesù con le quali vuole confermare
le Sue promesse “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in
Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono
molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto;
quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi
prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io” (Gv 14,1-2).
Dio si è davvero rivelato facendosi raggiungibile e ha tanto amato
il mondo “da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede
in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Infatti
nel Suo infinito amore rivelato sulla Croce, si è calato fino al baratro
della morte, l’ha vinta e, in quanto Risorto, ha aperto anche a noi
le porte dell’eternità. Pertanto la Sua morte è la vita di tutti.
b) La preghiera per i defunti come atto d’amore - Ogni domenica,
recitando il Credo, noi riaffermiamo questa verità: “Dio verrà a
giudicare i vivi e i morti ed il Suo Regno non avrà fine”. La nostra
professione di fede ci promette la vita eterna che non vediamo con
gli occhi del corpo, ma (la) possiamo intravedere con gli occhi della
fede che illumina il nostro pellegrinaggio terreno. La fede nella
risurrezione dei corpi ci sostiene con una sicurezza solida che “con
la morte la vita non è tolta, ma trasformata e mentre si distrugge la
dimora di questo esilio terreno viene preparata una abitazione eterna
nel cielo”. Il ricordo dei defunti ci fa riflettere sul misterioso stato
di coloro che, come parte della Chiesa, si trovano in uno stato
intermedio di non partecipare ancora alla Santità di Dio e di tutti
i Santi. La nostra comunione con loro non è un semplice ricordo,
una nostalgica memoria, ma esiste un rapporto di amore e carità;
pregando per loro e partecipando alle Messe in suffragio esprimiamo
la nostra gratitudine per la loro vita.
345
NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO
RE DELL’UNIVERSO
349
CRISTO RE DELL’UNIVERSO
352
I NDICE
INTRODUZIONE 5
ABBREVIAZIONI DEI LIBRI BIBLICI 9
TEMPO DI AVVENTO
Prima domenica di Avvento 13
Seconda Domenica di Avvento 18
Immacolata Concezione 23
Terza Domenica di Avvento 27
Quarta Domenica di Avvento 32
TEMPO DI NATALE
Natale del Signore - Messa del giorno 36
Domenica della Santa Famiglia di Nazareth 43
Seconda Domenica dopo Natale 49
Maria Santissima Madre di Dio 54
Epifania del Signore 59
Battesimo del Signore 63
TEMPO DI QUARESIMA
Prima Domenica di Quaresima 68
Seconda Domenica di Quaresima 73
Terza Domenica di Quaresima 78
Quarta Domenica di Quaresima 83
Quinta Domenica di Quaresima 87
SETTIMANA SANTA
Domenica delle Palme 91
Giovedì Santo 96
Venerdì Santo 101
Veglia pasquale 105
TEMPO DI PASQUA
Domenica di Pasqua 109
Lunedì dell’Angelo 114
Seconda Domenica di Pasqua della Divina Misericordia 117
Terza Domenica di Pasqua 121
Quarta Domenica di Pasqua 126
Quinta Domenica di Pasqua 130
Sesta Domenica di Pasqua 134
Domenica dell’Ascensione del Signore 137
Pentecoste 142
TEMPO ORDINARIO
Seconda Domenica del Tempo Ordinario 147
Terza Domenica del Tempo Ordinario 151
Quarta Domenica del Tempo Ordinario 155
Quinta Domenica del Tempo Ordinario 159
Sesta Domenica del Tempo Ordinario 163
Settima Domenica del Tempo Ordinario 167
Ottava Domenica del Tempo Ordinario 172
Nona Domenica del Tempo Ordinario 176
Decima Domenica del Tempo Ordinario 181
Undicesima Domenica del Tempo Ordinario 186
Dodicesima Domenica del Tempo Ordinario 191
Tredicesima Domenica del Tempo Ordinario 196
Quattordicesima Domenica del Tempo Ordinario 201
Quindicesima Domenica del Tempo Ordinario 206
Sedicesima Domenica del Tempo Ordinario 211
Diciassettesima Domenica del Tempo Ordinario 215
Diciottesima Domenica del Tempo Ordinario 219
Diciannovesima Domenica del Tempo Ordinario 223
Ventesima Domenica del Tempo Ordinario 226
Ventunesima Domenica del Tempo Ordinario 229
Ventiduesima Domenica del Tempo Ordinario 232
Ventitreesima Domenica del Tempo Ordinario 237
entiquattresima Domenica del Tempo Ordinario 242
Venticinquesima Domenica del Tempo Ordinario 248
Ventiseiesima Domenica del Tempo Ordinario 253
Ventisettesima Domenica del Tempo Ordinario 257
Ventottesima Domenica del Tempo Ordinario 264
Ventinovesima Domenica del Tempo Ordinario 268
Trentesima Domenica del Tempo Ordinario 274
Trentunesima Domenica del Tempo Ordinario 278
Trentaduesima Domenica del Tempo Ordinario 282
Trentatreesima Domenica del Tempo Ordinario 288
FESTE E SOLENNITÀ NEL TEMPO ORDINARIO
Solennità di San Giuseppe 293
Annunciazione del Signore 298
Santissima Trinità 302
Santissimo Corpo e Sangue di Cristo 307
Sacratissimo Cuore 312
Natività di San Giovanni Battista 317
Santi Apostoli Pietro e Paolo 322
Trasfigurazione del Signore 327
Assunzione della Beata Vergine Maria 332
Solennità di Tutti i Santi 337
Commemorazione dei Defunti 342
Cristo Re dell’Universo 346