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I

PAOLO PRECRISTIANO

1. La nascita a Tarso di Cilicia

Lo studio della personalità religiosa e culturale precristiana dell’A-


postolo Paolo, il giudeo Sha’ul, viene spesso lasciata nell’ombra. Gli
studi condotti da Martin Hengel1, che verranno esaminati in questa
trattazione, permettono di approfondire la questione delle origini,
dell’ambiente socio-politico, della cultura dell’apostolo, a metà strada
tra formazione ellenistica e giudaica. Definito come “giudeo ellenistico
della diaspora”, dalle parole dell’evangelista Luca contenute in
Atti 21,39 emergono alcuni dati circa la sua origine:

Ἐγὼ ἄνθρωπος μέν εἰμι Ἰουδαῖος, Ταρσεὺς


τῆς Κιλικίας, οὐκ ἀσήμου πόλεως πολίτης

«In realtà sono un giudeo, di Tarso di


Cilicia, cittadino di una non oscura città...»

Paolo si presenta con queste parole all’ufficiale romano che comanda


la coorte di mercenari siriani e greci che sorvegliano Gerusalemme
dalla torre Antonia, rivolgendosi ai giudei di Gerusalemme raccontando
la persecuzione del movimento cristiano e la chiamata da parte del
Messia, Gesù Cristo. Afferma di essere nato a Tarso, una grande città
ellenistica nota culturalmente, che negli anni in cui visse Paolo, durante
la giovinezza, era entrata nel favore di Augusto ottenendo particolari
vantaggi, tra cui la cittadinanza romana. La prosperità di questa città è
legata ad alcune personalità filosofiche stoiche, come Zenone,

1
Hengel, 1993, pp. 69-152.

3
fondatore di una scuola, e Arato di Soli di Cilicia, e a epicurei, come
Lisia e Diogene, che governò la città. Anche il geografo Strabone 2
mette in risalto che «è una città fiorente e potente, al punto che gode
della fama di metropoli». Rinaldo Fabris3, quanto alla data della nascita
di Paolo, spiega che negli Atti degli Apostoli Luca presenta Saulo, al
momento della lapidazione di Stefano nel 30 d.C., come νεανίας
(giovane), appellativo che era utilizzato dai greci per indicare una
persona tra i ventiquattro e i quarant’anni. Nella lettera a Filemone,
Paolo si presenta come πρεσβύτης, presumibilmente tra i 55/60 anni.
Da qui è probabile che l’apostolo sia nato nella prima decade, tra il 5/10
d.C.

2. Lo status di πολίτης di Tarso


Paolo a Tarso godette sia della cittadinanza locale che romana. Per
essere stata fedele a Cesare dopo la battaglia di Filippi, fu nominata città
portuale, e ottenne la cittadinanza romana come privilegio imperiale.
Anche Augusto fu positivo verso la città, sia riguardo il maestro di
filosofia Atenodoro che lo istruì e che proveniva da Tarso sia riguardo
il censimento di dracme. L’ipotesi formulata circa la cittadinanza risale
al racconto di Luca, che riporta minuziosamente informazioni sul
sistema amministrativo dell’impero e definisce Paolo un πολίτης a tutti
gli effetti. I genitori e il nonno di Paolo avranno presumibilmente
ottenuto questo privilegio a partire dal coinvolgimento di Tarso nelle
vicende politiche di Cesare che mostrò ai cittadini di quella città ambia
benevolenza4. Martin Hengel5 propone al contrario che questo diritto
provenisse dall’affrancamento a liberto di uno dei suoi antenati e che

2
Strabone, Γεωγραφικά, 14,5,13.
3
Fabris 20096, p. 14s.
4
Ibid., p. 25-31.
5
Hengel, 1993, pp. 33 – 61.

4
Paolo apparteneva alla comunità di Tarso ma «non possedeva il pieno
diritto di cittadinanza, e che in Luca, come nei LXX e parzialmente in
Giuseppe, πολίτης non volesse indicare la cittadinanza giuridica, bensì
la provenienza6». Inoltre tutti i giudei che divennero cives romani
provenivano dalla comunità palestinese e, una volta deportati in Italia
come prigionieri di guerra, ottennero l’affrancamento da parte dei loro
padroni così da estendere questo privilegio alla propria discendenza.
Sempre Hengel afferma che o il padre o il nonno dell’apostolo, da
liberti, amministrassero i beni di un romano benestante. La
testimonianza di Filone d’Alessandria fa comprendere che non solo una
volta affrancati potevano continuare le leggi dei padri ma che Augusto
stesso non li avrebbe mai cacciati da Roma 7. Da qui si comprende che
gli antenati di Paolo avessero ottenuto questo status di cives romani
durante la deportazione e avessero poi tramandato questo privilegio una
volta tornati in Oriente.

3. La questione del nomen


Il diritto di cittadinanza romana avrebbe garantito a Paolo la possibilità
di avere il nome romano completo, composto dai tria nomina, il
praenomen, il nomen, e il cognomen legato alla gens di provenienza.
Ma questo non è mai accennato, forse perché in ambienti orientali non
era d’uso questa pratica e andava contro l’usanza giudaica. Il nome
Sha’ul (‫שאול‬, Σαῦλος) denotava la provenienza dalla tribù di
Beniamino, e in particolare il re della tribù, Saul, offrendo indicazione
di una matrice culturale ebraica della famiglia. Il nome Paolo, al
contrario, non era molto frequente a Roma8, raro tra i greci e assente tra

6
Ibid., p. 37.
7
Filone, De legatione ad Gaium, 155.157.
8
Del nome Paolo Giuseppe Flavio menziona scarse attestazioni.

5
i palestinesi. Il primo è il nome cui è designato il protagonista della
prima parte degli Atti, il fariseo persecutore dei cristiani, mentre il
secondo nome racchiude il protagonista della seconda parte degli Atti,
fautore della predicazione della buona notizia del Cristo a tutte le
nazioni. Secondo Rinaldo Fabris9, l’evangelista Luca l’avrebbe definito
“Paolo” una volta che questi entrò a contatto con la cultura romano-
ellenistica, tanto da presentarsi in ciascuna lettera col nome e il titolo
assegnatogli dal Cristo stesso per la sua missione. Afferma infatti che
«il nome Pàulos, che significa “piccolo”, potrebbe essere sia il
cognomen o terzo nome sia il praenomen utilizzato come designazione
in famiglia e fra gli amici». Tenta anche di ricostruire i tria nomina di
Paolo come civis romanus, a partire da un possibile nome di patronus
latino: Caius Iulius Paulus o Caius Emilius Paulus. Nel primo caso se
ottenne la cittadinanza romana sotto la gens Iulia, nel secondo sotto la
gens Emilia. Da qui “Saulo” rappresenta il nome della diretta cerchia
famigliare e culturale ebraica, mentre “Paulos” il nome dell’ambiente
greco-romano in cui opera.

4. La famiglia e la professione
Le notizie sulla vita dei familiari di Paolo sono molto scarse. Dal libro
degli Atti si conosce solo il suo luogo di nascita, Tarso di Cilicia, ma
quando e come giunsero lì i suoi familiari non si conosce. Una fonte
non autorevole, San Gerolamo (De Viris Illustribus), racconta che la
famiglia di Paolo proveniva da una località della Galilea, Giscala, e i
genitori emigrarono da lì a Tarso quando i Romani espugnarono la città.
L’emigrazione giudaica in Asia è attestata anche dai libri profetici (Ez
27,10,13) per motivi commerciali o per cercare luoghi migliori in cui

9
Fabris 20096, pp. 31-33.

6
vivere. Sempre Fabris10 afferma che «una informazione indiretta sulla
diaspora giudaica in Cilicia si potrebbe desumere da quanto dice
l’autore degli Atti degli Apostoli circa la presenza di Ebrei asiatici a
Gerusalemme». Probabilmente Gerolamo stesso non aveva un quadro
generale degli eventi e non fu preciso sulla localizzazione di Giscala e
su altre notizie di Paolo. Quanto ad alcuni componenti familiari
espressamente citati, in Atti 23:16 si legge «Comunque il figlio della
sorella di Paolo udì che erano in agguato, e venne ed entrò nel quartiere
dei soldati e lo riferì a Paolo». Probabilmente la sorella, insieme ad altri
componenti, erano presenti a Gerusalemme e si erano trasferiti lì. Circa
lo stato civile, né Luca né Paolo accennano a moglie o figli, ma come
si legge in 1 Cor. 7,8 «Ora dico a quelli non sposati e alle vedove: è
bene per loro che rimangano come sono anch’io», perciò si dichiara
celibe. Circa la situazione lavorativa sono state elaborate varie ipotesi:
che appartenesse ad una famiglia ricca e di buona posizione sociale, che
fosse cresciuto in una famiglia agiata, che il padre avesse addirittura
una fabbrica dove realizzare tendaggi. Hengel constata che per essere
istruito da un maestro di greco, a pagamento, doveva appartenere ad
una famiglia del ceto medio – borghese oppure da una di liberti
benestanti. Notizie sul suo status lavorativo si leggono in Atti 18:3:
«e siccome era dello stesso mestiere restò nella loro casa, e lavoravano,
poiché erano di mestiere fabbricanti di tende». Qui Paolo si trova a
Corinto ospitato da Aquila e Priscilla, giudei rientrati da Roma per
ordine dell’imperatore Claudio. Pertanto dal racconto di Luca
comprendiamo che era uno σκηνοποιός, un artefice di tende, ma
risultano contrastanti opinioni sul luogo dell’apprendistato: a Tarso,
secondo Penna11, si colloca «l’apprendimento del ruvido mestiere di

10
Ibid., p. 24.
11
Penna 2015, p. 18s.

7
lavoratore di pelli (o tessuti di lino) per costruire teli/tende/tendoni
probabilmente trasmessogli dal padre», perché la città stesa era famosa
per la lavorazione del lino, testimoniato direttamente da frammenti
papiracei che rimandano al termine greco ταρσικάριος, derivante dal
nome della città in cui era prodotto il lino; Hengel12 al contrario afferma
che apprese quest’arte durante gli studi o quando divenne missionario
cristiano. Si spostava ripetutamente, con un’attrezzatura funzionale:
utensili da taglio e aghi, recuperando qua e là un tavolo per realizzare i
tendaggi. Egli svolgeva comunque il proprio lavoro con fatica, così da
permettergli di non pesare sulle comunità cristiane che visitava durante
i suoi viaggi.

5. La formazione tra due “mondi”


L’apostolo eredita dalla sua famiglia lo status ebraico, ma l’iter
formativo ed educativo oscilla tra due città fondamentali per lui: Tarso
e Gerusalemme. Da qui si comprenderà bene la profondità del Paolo
precristiano, il teologo giudeo, rispetto al più comune pensatore
cristiano. In due passi tratti dal racconto Lucano e dalle sue lettere,
riscontriamo come Paolo accentui la sua discendenza, la continuità col
giudaismo.

1. In Atti 23,6 Paolo parla al sinedrio di Gerusalemme:


- Ἄνδρες ἀδελφοί, ἐγὼ Φαρισαῖός εἰμι, υἱὸς Φαρισαίων· περὶ ἐλπίδος καὶ
ἀναστάσεως νεκρῶν ἐγὼ κρίνομαι.
- «Fratelli io sono fariseo, figlio di farisei, a causa della speranza e della
risurrezione dei morti sono in giudizio».
2. Nella lettera alla comunità di Filippi, cap. 3,4-6, parlando con i
cristiani aderenti, mette in guardia dagli avversari:

12
Hengel 1993 p. 66s.

8
- Εἴ τις δοκεῖ ἄλλος πεποιθέναι ἐν σαρκί, ἐγὼ μᾶλλον· περιτομῇ
ὀκταήμερος, ἐκ γένους Ἰσραήλ, φυλῆς Βενιαμίν, Ἑβραῖος ἐξ Ἑβραίων,
κατὰ νόμον Φαρισαῖος, κατὰ ζῆλος διώκων τὴν ἐκκλησίαν, κατὰ
δικαιοσύνην τὴν ἐν νόμῳ γενόμενος ἄμεμπτος.
- «Se qualcun altro pensa d’aver motivo di nutrire fiducia nella carne, io
molto di più: circonciso l’ottavo giorno, della stirpe d’Israele, della tribù
di Beniamino, Ebreo nato da Ebrei; rispetto alla legge, Fariseo; rispetto
allo zelo, perseguitando la congregazione, rispetto alla giustizia, che è
mediante la legge, uno che si è mostrato irriprovevole».

Paolo dichiara di essere nato da Ebrei, asserendo che entrambi i suoi


genitori furono ebrei di nascita, e il fatto che si identifichi come ebreo
e non fariseo, accentua la sua origine ebraica a livello linguistico e
culturale. Paolo proveniva dalla tribù di Beniamino, e con audacia
dichiara più volte di aver aderito al movimento dei farisei,
presupponendo che altri aderenti cristiani, cui indirizzava lettere o che
visitava durante i viaggi, conoscessero il suo passato da giudeo
militante13. Pertanto la “setta” di farisei, descritta minuziosamente da
Giuseppe Flavio (De bello Iudaico), rappresenta il punto di partenza per
la comprensione della personalità di Paolo cristiano. I farisei erano
rigidi quanto a tenore di vita e svago, osservavano con rispetto la
direttiva degli Anziani, ritenevano che fare il bene o il male dipendesse
dagli uomini, che l’anima fosse immortale: questo denota lo status di
Paolo di κατὰ νόμον Φαρισαῖος, fariseo quanto alla legge, come
dimostrazione del modo di interpretare la legge. Un altro problema del
Paolo precristiano è localizzare geograficamente la sua educazione, se
a Tarso o a Gerusalemme. Hengel14 presenta le tesi di Willem C. van

13
Fabris 20096 p. 36s.
14
Hengel 1993, p. 76s.

9
Unnik15, che si occupò approfonditamente di questo problema. A partire
dagli elementi biografici di Atti 22,3, Paolo dice essere nato a Tarso
(γεγεννημένος ἐν Ταρσῷ), di essere stato educato «in questa città»
ovvero Gerusalemme (ἀνατεθραμμένος δὲ ἐν τῇ πόλει ταύτῃ), e che
ricevette l’istruzione sempre a Gerusalemme (πεπαιδευμένος).
Pertanto la metropoli pagana (Tarso) non l’avrebbe per nulla
influenzato, e la lingua primitiva fu l’aramaico. Sempre van Unnik
afferma che Paolo svolse anche davanti alle autorità romane un discorso
nel quale rimarcava la sua discendenza e origine. Insieme con altre città
celeberrime al tempo e fondamentali per Paolo, come Damasco, Efeso,
Antiochia, Corinto, solo Gerusalemme, la città santa, secondo van
Unnik, rappresenta il fulcro primordiale di crescita e punto di partenza
per l’opera di predicazione missionaria. Tesi persuasiva e convincente,
a detta di Hengel, ma che sulla base delle poche informazioni riportate
nel racconto di Luca, non è incontrovertibile. Paolo non giunse molto
presto a Gerusalemme, a dimostrazione della bipolarità culturale
dell’apostolo, a metà strada tra il giudaismo e l’ellenismo, tanto che
«padroneggia il greco sì estrosamente, ma al tempo stesso tanto
magistralmente, che sembra improbabile che egli l’abbia appreso come
seconda lingua»16.
Da Atti 19,9 si ha un ulteriore conferma:
- καθ’ ἡμέραν διαλεγόμενος ἐν τῇ σχολῇ Τυράννου
- «insegnando ogni giorno nella scuola del Tiranno».
Paolo ha da poco intrapreso il terzo viaggio missionario, e dopo aver
passato Corinto, arriva ad Efeso, dove riunisce un gruppo di discepoli,

15
Van Unnik, 2009.
16
Hengel 1993, p.101.

10
sia giudei che greci, e impartisce loro lezioni per due anni. Si presume
che egli padroneggiasse la lingua della Scrittura e della liturgia,
l’ebraico e col tempo apprese mnemonicamente le scritture, in
particolare il libro dei Salmi; ma per insegnare in un contesto greco,
doveva necessariamente conoscere le scritture sacre in lingua greca, per
istruire i discepoli, che potrebbe aver conosciuto nella forma dei LXX.
Pertanto «Paolo si trova nella bibbia greca come a casa propria, poiché
l’aveva praticata sin dalla più tenera età...praticamente non lesse in
modo degno di nota letteratura greca classica»17. Anche se non è da
considerare come scrittore ellenistico emblematico, è rilevante come
abilmente usasse espediente retorici e letterari propri della cultura greca
che fanno di Paolo il «viandante tra due mondi»18.

6. Gli studi e l’approccio con la cultura greca


Dalle notizie biografiche che seguono nel racconto di Luca, si legge in
Atti 22,3ab:

- ἀνατεθραμμένος δὲ ἐν τῇ πόλει ταύτῃ παρὰ τοὺς πόδας Γαμαλιήλ,


πεπαιδευμένος
- «cresciuto in questa città, ai piedi di Gamaliele, e istruito….»

L’apostolo frequentò una scuola giudea a Gerusalemme presso il più


grande maestro farisaico del I secolo D.C. che gli permise di essere
educato nella legge dei padri, di mostrare zelo per essa. Ma proprio
perché il movimento farisaico non aveva sviluppi al di fuori dell’Israele,
Paolo fu particolarmente legato alla città di Gerusalemme19. La città
divenne una cosmopoli grazie a Erode, per prestigio e cultura, che Dio

17
Ibid., p. 106.
18
Ibid., p. 107.
19
Fabris 20096 p. 41.

11
scelse come residenza, meta di numerosi pellegrinaggi annui, ma che
era divenuta bilingue, ovvero parte degli Ebrei che vivevano là
padroneggiavano il greco, e presupponeva l’esistenza di farisei ellenici,
come la famiglia di Paolo stesso. Esisteva una scuola giudeo-ellenistica,
che impartiva retorica e non letteratura, mirata alla predicazione nella
sinagoga20. Come afferma Paolo, apprese la legge ai piedi Gamaliele,
detto il I, rispetto a Gamaliele II, conosciuto come patriarca, e questo
condizionò particolarmente la coscienza marcata sulla interpretazione
farisaica. La documentazione circa Gamaliele il vecchio non è sicura.
Era un fariseo molto conosciuto. Era nipote di Hillel il Vecchio,
fondatore di una delle due grandi scuole di pensiero del giudaismo
farisaico. Il metodo di Hillel era considerato più tollerante di quello del
suo rivale Shammai. Dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme
nel 70 E.V., la Bet Hillel (la Casa di Hillel) fu preferita alla Bet
Shammai (la Casa di Shammai). La Casa di Hillel divenne espressione
del giudaismo ufficiale, essendo tutte le altre sette giudaiche scomparse
con la distruzione del tempio. Spesso le decisioni della Bet Hillel sono
alla base della legge giudaica della Mishnàh, sulla quale si fonda il
Talmud, e sembra che l’influenza di Gamaliele sia stata uno dei fattori
principali del successo della Casa di Hillel. Gamaliele era così stimato
che fu il primo a essere chiamato “Rabban”, titolo superiore a
“Rabbi”21. Emil Schürer (Storia del popolo giudaico) fa luce sui metodi
usati dagli insegnanti rabbinici del I secolo spiegando che i maestri
miravano a fornire una conoscenza accurata della Torah orale, il che
presupponeva un continuo esercizio mnemonico. Questo spiegherebbe,
come detto in precedenza, come Paolo conosceva bene capitoli interi
della Scrittura a memoria tali da farne uso nell’insegnamento alla scuola

20
Hengel 1993, pp. 139-146.
21
Wt Library, Whatchtower Bible and tract society of Pennsylvania, Brooklyn, USA.

12
del Tiranno di Efeso. Paolo scrivendo ai Romani, cap. 1,14, afferma
«Io sono debitore verso i greci» lasciando intendere che a Gerusalemme
i due mondi in cui vive, giudaico ed ellenistico, si incontrano. Fabris22
spiega che l’apostolo Paolo scrisse in un greco di livello medio, in uso
nel I secolo, la κοινὴ ἑλληνική, muovendosi come nel proprio «habitat
naturale», evidenziando continui rimandi alla traduzione dei LXX. Da
un esame linguistico si evince che Paolo, per affrontare questioni e ed
esporre pensieri spirituali, fa uso di reminiscenze culturali greche come
echi nelle sue lettere. Di seguito espongo una breve rassegna di loci
paralleli tra le lettere paoline e il patrimonio culturale greco:
- AUTOSUFFICIENZA STOICA
- Fl 4: 11-12 «Non che io parli riguardo all’essere nel bisogno, poiché
ho imparato, in qualsiasi circostanza mi trovi, ad essere
autosufficiente. Io so in realtà come essere a corto [di mezzi], so in
realtà come avere abbondanza. In ogni cosa e in ogni circostanza ho
imparato il segreto sia di essere sazio che di avere fame, sia di avere
abbondanza che di essere nel bisogno».

- EPIMENIDE DI CRETA (Paradosso del mentitore)


- Tit 1:12 «Uno di essi, loro proprio profeta, disse: I cretesi sono
sempre bugiardi, dannose bestie selvagge, oziosi ghiottoni».

- MENANDRO ( fr. Taide ? )


- I Cor. 15:33 «Non siate sviati. Le cattive compagnie corrompono
le utili abitudini».

22
Fabris 20096, p. 44s.

13
- ARATO DI SOLI (Phaenomena) e CLEANTE (Inno a Zeus)
- Atti 17:28 «Come anche certi p5.oeti fra voi hanno detto: Poiché
siamo pure sua progenie».

- PLATONE (conoscenza della cose invisibili con le idee)


- 2 Cor 5:7 «poiché camminiamo per fede e non per visione».

Questi sono indizi della duplice appartenenza dell’apostolo, un’osmosi


tra giudaismo ed ellenismo. Adotta un linguaggio semplice, scarno,
esplicativo, sensibile, fa ricorso ad espedienti retorici della diatriba
ellenica. Bruno Corsani23 spiega come Paolo non abbia fatto sfoggio
della sua erudizione ma che abbia avuto almeno in parte una
consapevolezza della cultura greca. Da un esame delle sue lettere
avvenuto negli Stati Uniti, Paolo non è da conformare alla retorica
ellenistica, perché tale procedimento si riscontra negli eloquenti
discorsi delle sinagoghe di ebrei di lingua greca, e Paolo avrà appreso
tali procedimenti mediante il giudaismo stesso. Circa lo schema delle
lettere, non si poteva evitare la forma exordium – narratio – propositio
– confutatio – peroratio, ma quasi certamente ha preferito adoperare la
forma titulatio – adscriptio – salutatio tipica della letteratura ellenistica.
Al suo nome associa sempre il titolo (schiavo / apostolo), alla fine non
chiude con la formula Valete, ma usa la parola χάρις, simile al χάιρειν
greco. Dunque per il procedimento epistolare prese liberamente spunto
dalla tradizione epistolare ellenistica attraversa la matrice giudaica e
apprese questo metodo nelle sinagoghe di lingua greca di
Gerusalemme, dove acquisì elementi stilistici e retorici greci. Pertanto
si avvalse della formazione greca non avvenuta direttamente con gli

23
Corsani 1994, pp. 473-479.

14
scritti letterari e filosofici, ma derivanti dall’incontro con i “gentili”,
incontro avvenuto durante i suoi viaggi, che contribuì a formare la
propria cultura generale, e alla formazione scolastica greca a Tarso e a
Gerusalemme.

15

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