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Questo singolare "inizio" non significa che Gesù inauguri il suo ministero
quel mattino nella sinagoga di Nazaret. Infatti Lc 4,23 lascia chiaramente
intendere che il maestro aveva già insegnato e compiuto altrove opere potenti. Se,
dunque, non si tratta di un "inizio" cronologico, qual è il senso e la funzione di
questo "inaugurare" l'attività di Gesù nella sinagoga di Nazaret? Il racconto mette in
luce l'intento del terzo evangelista e la sua prospettiva teologica: ciò che Luca
intravede in quell'evento, sia riguardo alla vicenda di Gesù che all'opera
evangelizzatrice della chiesa.
"E si alzò per leggere". Gesù si alza per fare la seconda lettura, tratta dai
Profeti. Si noterà che manca il nome proprio "Gesù" in questa pericope. Il fatto
è stato definito "Economia tipicamente lucana" (Aletti, 40). Una tale
omissione rafforza il collegamento con il "vero inizio" descritto nel precedente
sommario (4,14-15), dove il nome del protagonista segue enfaticamente il verbo:
"e ritornò Gesù nella potenza dello Spirito in Galilea (4,14a). Al v. 16 Luca non
ha alcun bisogno di ripetere il nome; tacendolo rafforza la centralità del
protagonista.
1. Luca sottolinea anzitutto l'iniziativa di Gesù. E' lui che liberamente si
alza per assumersi il compito della lettura pubblica (nulla è detto su un
eventuale invito da parte del presidente, benché sia logico supporlo).
2. La narrazione va subito all'essenziale. Nel rotolo di Isaia Gesù trovò
il passo che gli serve per mostrare il carattere di promessa della Scrittura e il
suo presente compimento. Si tratta di Is 61,l-2a.
Di fatto il testo citato da Lc 4,18-19 è un testo misto ed è impensabile che
Gesù l'abbia "trovato così" nel rotolo che gli fu consegnato a Nazaret. Abbiamo
qui la combinazione di due passi di Isaia. Dopo la citazione di Is 61,1 (secondo
il testo della LXX) si passa a Is 58,6; quindi si ritorna a Is 61,2 che però viene
interrotto prima della seconda metà, omettendo il riferimento al "giorno di
vendetta" (Is 61,2b).
Pertanto, l'ultimo stico di Lc 4,18: "rimettere in libertà gli oppressi"
(aposteilai tethrausmenous en aphesei) manca in Is 61; è preso da Is 58,6
(LXX). Tale aggiun ta i l l u s t r a ulteriormente l'annuncio dell'"anno di grazia",
inteso come anno di "liberazione".
Non c'è dubbio che nel suo insieme questa citazione interpreta l'evento
del battesimo (Le 3,21ss). Nella sinagoga di Nazaret, attraverso il testo
isaiano, ci viene detto che quel discendere e posarsi dello Spirito su Gesù al
Giordano significò propriamente u n ' u n z i o n e messianica. Conseguentemente
"la pienezza dello Spirito" (Le 4,1) muove e orienta tutta l'attività di Gesù.
visto crescere Gesù sotto i propri occhi, crede perciò di conoscerlo, di sapere
tutto di lui: "non è costui il figlio di Giuseppe" ? (v. 22b). Qui la lode si intreccia
con una meraviglia che non può credere ai propri occhi, che non sa capacitarsi di
ciò che sta sperimentando: "Come può conoscere le Scritture senza essere stato
istruito"? (Gv 7,15).
1. La dimensione cultuale
Luca si rivela assai sensibile alla dimensione orante e soprattutto liturgica.
Abbiamo già avuto modo di rilevarlo in rapporto ai quattro cantici che scandiscono
i primi due capitoli di Le e in base al fatto che il terzo vangelo si apre e chiude nel
tempio di Gerusalemme, luogo eminente dell'incontro con Dio e della preghiera di
Israele. L'ambientazione dell'inizio del ministero p u b b l i c o del Signore nella
sinagoga di Nazaret, conferma questa caratteristica. E' in un contesto di preghiera e
di ascolto della Parola che il terzo evangelista invita il lettore ad approfondire il
significato cristologico e pneumatologico dell'evento battesimo e della missione
evangelizzatrice del Signore.
2. La dimensione di "promessa-compimento"
La dichiarazione del predicatore Gesù nella sinagoga del suo paese
puntualizza un aspetto fondamentale della teologia lucana (benché esso
non sia affatto esclusivo di questo evangelista): la dialettica di promessa-compimento.
In Gesù, nell’oggi (shmeron) del suo ministero, si compie (peplh w rw tai) la Scrittura
profetica. Come intendere quell’"oggi"? Come limitato e circoscritto alla persona e
missione storica di Gesù (quale lo intende Conzelmann), o piuttosto come estendibile
e prolungabile alla comunità che da lui trae origine, alla Chiesa?
L'insieme dell'opera lucana suggerisce la seconda alternativa. L'oggi di
Gesù continua infatti nell'oggi di Pietro e di Giovanni che gli rendono
testimonianza. Nel nome di Gesù di Nazaret, ora come allora, si ottiene salvezza
(cf. At 4,9 e contesto).