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costruzioni federiciane presenti in Sicilia.

La costruzione originaria, un castello


a base quadrata e quattro torri angolari, risale al 1240. Nel corso degli anni,
tuttavia, furono numerose le modifiche e le aggiunte alla struttura. La storia di
questo castello si intreccia con quella di una statua di ariete in bronzo,
custodita oggi nel Museo Archeologico Salinas di Palermo. Ma questa è solamente una
delle storie affascinanti e curiosità che si lega a questo straordinario edificio.

La storia del Castello Maniace


Il nome di Castello Maniace fa riferimento al comandante bizantino Giorgio Maniace
che, probabilmente, costruì nell’XI secolo un primo edificio militare di cui però
oggi non c’è traccia. L’impianto attuale è composto da un nucleo centrale che
risale al periodo svevo e a questo si aggiunsero nuove costruzioni nel corso dei
secoli. La realizzazione del castello svevo risale al periodo tra il 1232 e il
1240, per volere di Federico II. Diversi interventi realizzati durante il XVI
secolo serviranno ad inserire le batterie dei cannoni e collegare il castello al
resto delle fortificazioni volute da Carlo V. Nel XVII secolo l’architetto militare
Carlos de Grunembergh fece aggiungere la fortificazione a punta di diamante che si
trova all’estremità del promontorio, il cosiddetto Forte della Vignazza. Nel 1704
un fulmine provocò l’esplosione di una delle torri adibite a polveriera,
distruggendo completamente l’ala nord est del Castello Maniace.

Curiosità: Nel 2018 è stata posta alla sinistra dell’ingresso una Staufer Stele. Si
tratta di un monumento commemorativo che viene allestito nei luoghi simbolo degli
Hohenstaufen, la dinastia di Federico II.

Gli arieti in bronzo del Castello Maniace

Il Castello Maniace, nel corso dei secoli, è stato teatro di diversi eventi
storici. Nel 1300, ad esempio, Roberto d’Angiò e Federico d’Aragona firmarono una
tregua proprio in questo castello. Inoltre l’edificio ospitò le regine Costanza,
Maria di Sicilia e Bianca d’Evreux. C’è però un evento molto importante avvenuto
nel 1448 che collega il maniero a due statue di arieti in bronzo di epoca greca.

Giovanni da Ventimiglia e la Strage dei Baroni

Quando il Castello Maniace fu ultimato nel 1240, ai lati del portale di ingresso
erano presenti due arieti in bronzo. Una di queste statue è andata perduta mentre
l’altra è oggi esposta nel Museo Archeologico Salinas di Palermo. Le statue che si
possono vedere oggi sono invece delle riproduzioni donate dal Rotary Club di
Siracusa. I due arieti risalivano al III secolo a.C. e la loro storia è
strettamente legata a quella del castello. Nel 1448 il re Alfonso il Magnanimo
inviò a Siracusa il comandante Giovanni da Ventimiglia con l’obiettivo di sedare le
rivolte organizzate da alcuni baroni siracusani. Il militare organizzò un banchetto
dove invitò i nobili che riteneva i principali responsabili e li fece decapitare.
Per la fedeltà alla corona dimostrata, Giovanni da Ventimiglia ricevette in dono
proprio i due arieti che fece portare nel suo castello a Castelbuono.

Il viaggio degli arieti in bronzo da Siracusa a Palermo

Nel 1485 i Ventimiglia si ribellarono al Re e furono per questo esiliati. Gli


arieti furono confiscati e sistemati a Palermo prima a Palazzo Steri e poi al
Castello a mare. Nel 1735 le statue furono trasferite a Napoli ma, subito dopo,
ritornarono a Palermo all’interno del Palazzo Reale. La loro presenza è
testimoniata sia da Goethe, che li descrisse in una sua lettera, che dal pittore
francese Jean-Pierre Houël. Le statue infatti sono rappresentate in una delle
incisioni presenti nel suo Voyage pittoresque. Nel corso dei moti insurrezionali
del 1848 una cannonata distrusse una delle due statue che sarà quindi fusa mentre,
l’altra, subì solo dei danni. Dopo il suo restauro, il re Vittorio Emanuele II
decise di donare la statua al Real Museo Archeologico di Palermo (oggi Museo
Archeologico Salinas).

Architettura ed esterno del Castello Maniace


La visita al Castello Maniace di Siracusa inizia attraverso uno spiazzo che era il
cortile dell’ex presidio militare della Caserma Abela. Si arriva così ad un ponte
in muratura costruito agli inizi del XX secolo e che ha sostituito il ponte
levatoio risalente all’epoca spagnola. Il portale di accesso al castello è in marmo
ed è riccamente decorato. Presenta una forma ad ogiva con colonnine, capitelli e
figure zoomorfe. Lo stemma di Carlo V che si trova sopra l’arco è un’aggiunta del
1614. Ai lati del portale sono invece visibili le mensole dove erano collocati gli
arieti in bronzo. La fabbrica della costruzione originaria sveva è composta da un
quadrato con lati da 58 metri. Ai quattro angoli sono presenti quattro torri
circolari ognuna dotata di scala a chiocciola. Il forte della Vignazza, cioè la
costruzione aggiunta nel 1850 sulla punta estrema del promontorio, si sviluppa su
due piani ed ha una pianta a forma di diamante.

L’interno del Castello Maniace

L’interno del Castello Maniace, prima dell’esplosione della polveriera, era


costituito da un unico grande ambiente. La grande sala aveva sedici colonne libere,
quattro semicolonne angolari e sedici semicolonne perimetrali, che sorreggevano
venticinque campate coperte da volte a crociera costolonate. Agli angoli erano
presenti quattro camini monumentali. Le colonne sono realizzate in pietra calcarea
e hanno nella zona dei capitelli una decorazione a crochet, cioè ad uncino, tipica
dell’architettura sveva.

Curiosità: Nei blocchi che formano le pareti del lato ovest e sulle pareti interne
del Castello Maniace sono visibili alcune sigle. Si tratta del contrassegno apposto
dai “lapicidi”. Questi erano gli artigiani che lavoravano i massi estratti dalle
cave, trasformandoli in parallelepipedi con misure prestabilite. Il segno serviva
quindi a rendere riconoscibile il proprio lavoro e a farsi pagare.

Il possibile significato simbolico dell’interno del castello

Lo studioso siciliano Giuseppe Agnello ha proposto un collegamento tra la struttura


a 25 arcate del grande salone del Castello Maniace e una miniatura contenuta nel
Liber ad honorem Augusti di Pietro da Eboli e conservata alla Biblioteca di Berna.
Le 24 crociere rappresenterebbero i feudi e i territori del Sacro Romano Impero
mentre il campo centrale, venticinquesima partizione, nel quale è raffigurata la
fonte Aretusa, indicherebbe il Regnum Siciliae. Lo storico dell’arte Guglielmo De
Angelis d’Ossat invece, ha messo in evidenza l’influenza di modi islamici. Sembrano
infatti presenti alcune caratteristiche delle moschee fortificate a cui si aggiunge
anche l’orientamento dell’asse del castello verso la Mecca. È possibile che
Federico II abbia maturato questo tipo di influenza durante la crociata compiuta
tra il 1228 e il 1229.

Il Bagno della Regina

Nella parete sud-ovest della grande sala del Castello Maniace si apre una scala con
copertura a volta che porta al cosiddetto “Bagno della Regina”. I 41 gradini
superstiti conducono ad una piccola sala con una vasca, alimentata probabilmente
dalla stessa faglia da cui hanno origine la Fonte Aretusa e la sorgente nell’ipogeo
della Chiesa di San Filippo. Lungo le pareti ci sono incisi alcuni caratteri
ebraici. Per questo motivo alcuni studiosi pensano che questa zona del castello
fosse legata ai riti di purificazione di cultura ebraica.

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