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COMUNICAZIONE GRAFICA

Chi è coinvolto nella comunicazione:

• mittente: colui che codifica e trasmette il messaggio, pensa al concetto da trasferire e lo trasferisce,
la sua funzione viene detta emotiva
• il messaggio: è il contenuto della comunicazione trasmesso attraverso una serie di regole specifiche
e linguistiche
• il contesto: è l’insieme di condizioni in cui si svolge la comunicazione
• il destinatario: decodifica e interpreta il messaggio, la sua funzione è detta conativa
• il codice: è l’insieme strutturato di regole che permettono la comunicazione
• il contatto: è il canale utilizzato per trasmettere il messaggio, ha una funzione che viene detta fatica

A che cosa serve la comunicazione: la comunicazione avviene perché vogliamo che il destinatario reagisca al
nostro messaggio, vogliamo portare il nostro destinatario da un comportamento iniziale a un
comportamento finale. Bisogna considerare che quasi mai il nostro desiderio si concretizza nel mittente,
ovvero il comportamento terminale (Ct) che si ottiene è normalmente minore rispetto al comportamento
iniziale (Ci) sperato.
Il comportamento terminale effettivo è sempre minore del comportamento terminale teorico.
In generale da ingegneri possiamo dire che il rapporto tra il comportamento finale effettivo e quello teorico
è sempre < di 1, questo è dovuto agli errori di comunicazione che intercorrono tra il mittente e il destinatario.
il fatto che il rendimento della comunicazione sia
sempre < di 1 è dovuto alle “interferenze” durante la
comunicazione e che questa non è mai un processo
perfetto, tutte le variabili che influiscono sul
rendimento della comunicazione sono quelle che sono
segnate a fianco e devono essere moltiplicate tra di loro
in modo da avere una “percentuale” di riuscita della
comunicazione. Questo è ciò che distingue i buoni e i
cattivi comunicatori e cerchiamo di tenere a mente che
queste variabili sono moltiplicate tra loro e che quindi
basta avere un valore basso per abbassare il rendimento
totale.
Definizione dei comportamenti

Il comportamento terminale a cui noi vogliamo tendere è fatto da diverse parti, per riuscire a far sì che il
destinatario lo metta in pratica dobbiamo:
1. Parte informativa: dobbiamo far sì che il destinatario riceva l’informazione
2. Parte critica: dobbiamo far sì che il destinatario comprenda l’informazione
3. Parte applicativa: dobbiamo far sì che il destinatario faccia sua l’informazione e sia in grado di imitarla
e rielaborarla
1) PARTE INFORMATIVA CCM
Per operare deve toccare 3 diversi elementi del nostro essere:

• conoscenza
• comprensione
• memorizzazione
2) PARTE CRITICA ASV
Anche questa si divide in 3 momenti:
• analisi
• sintesi
• valutazione: comprendere se quello che ho sintetizzato mi serve oppure no
3) PARTE APPLICATIVA ICA
Altri 3 momenti:

• imitazione
• controllo
• automazione: ripetere quella operazione in modo automatico senza sforzi mentali

tutti questi punto operano sul nostro terreno affettivo ovvero si presuppone:
• che io sia ricettivo
• che produca una risposta
• che io interiorizzi i contenuti
Progettazione del processo comunicativo
Si definisce l’obiettivo da raggiungere, il sistema per raggiungerlo, poi si procede con una concretizzazione
qualitativa, poi quantitativa, e infine con il rilascio. Graficamente abbiamo:
Strutturazione dei concetti

L’insieme dei concetti che devo


trasferire rappresenta idealmente la
distanza tra il comportamento iniziale e
il comportamento finale che voglio
ottenere. In linea di massima bisogna
riuscire a comunicare una serie di
concetti in modo logico, che quindi sia
più facilmente comprensibile, a questo
fine i concetti devono essere trasferiti
in ordine.

Determinazione dei concetti

Inizialmente dobbiamo trovare tutti i


concetti che ci servono, essendo sicuri che
non ce ne siano di mancanti o cose del
genere, poi li si collega partendo dal più
generale al più particolare (o viceversa)
cercando di far in modo che nell’intero
discorso non ci siano salti logici.

Determinazione dell’ordine logico


Un metodo per determinarlo è quello di
utilizzare una matrice quadrata simmetrica
all’interno della quale cercheremo di disporre i
concetti nel modo più simmetrico possibile,
fatto questo potremo esporre i concetti
trattandoli qualora siano tra loro adiacenti, in
questo modo la nostra comunicazione sarà
chiara dal punto di vista logico.

L’unità di comunicazione
Esistono 2 sistemi principali per comunicare e permettere la fissazione di un concetto, queste regole
prendono il nome di:
RULEG: REGOLA – ESEMPIO – ESEMPIO: prima descrizione poi esempio completo, e infine esempio
incompleto da risolvere (per interiorizzazione)
EGRUL: ESEMPIO – REGOLA – ESEMPIO: prima esempio, poi spiegazione dell’esempio, e infine esempio
incompleto da risolvere (per interiorizzazione)
Estensione dell’unità di comunicazione
C’è sempre da stabilire l’importanza, ovvero il tempo da
dedicare a ogni unità di comunicazione, che dipende
dall’importanza e dall’estensione del concetto, dalla difficoltà
del concetto e dal numero di legami con altri concetti. In base a
questi 3 criteri a ogni concetto viene attribuito un suo peso.

ESEMPIO DELLA SPIEGAZIONE DELLA PREPARAZIONE DEL CAFFE’

ARTICOLO SCIENTIFICO
È uno scritto che presenta i risultati di un’attività di ricerca teorica o sperimentale, e ha l’obiettivo di
permettere a chi legge di risolvere gli stessi problemi che ho risolto io nella mia ricerca.
Come è suddiviso un articolo?

• Titolo: deve riuscire a caratterizzare, per quanto possibile, il contenuto dell’articolo


• Abstract: deve riassumere l’articolo, spiegare come si è svolto l’esperimento e esplicare i risultati
ottenuti, generalmente l’abstract si scrive dopo l’articolo.
• Parole chiave: sono da 3 a 5 parole, che magari possono apparire nel titolo, e che siano ricorrenti
nell’articolo e siano particolarmente importanti all’interno di questo.
• introduzione: primo paragrafo del nostro articolo, in questo momento il lettore saprà quale
“ricompensa” otterrà dallo sforzo fatto per aver letto il nostro articolo
• corpo: si usano capitoli, sezioni, paragrafi, ecc…, nonché immagini che devono essere referenziate
nell’articolo
• conclusioni: dicono cosa è stato fatto e cosa il lettore avrebbe dovuto imparare dalla lettura
dell’articolo
• bibliografia: elemento importante che viene utilizzata quanto il ricercatore si sta dedicando a un
argomento, e serve anche per valutare la conoscenza dell’autore riguardo a quel determinato
argomento
Progetto di ricerca
Nelle aziende c’è spesso bisogno di chiedere finanziamenti a enti esterni per poter portare a termine i propri
propositi, per farlo bisogna stilare dei “progetti di ricerca” che descrivano quali sono gli obiettivi della ricerca,
quali siano i risultati economici sperati e quali siano i mezzi economici necessari per provare a portare a
termine il progetto. Bisogna inoltre specificare la metodologia della ricerca e i tempi di realizzazione
I progetti di grandi dimensioni richiedono il coordinamento di vari enti, ad esempio per quanto riguarda il
politecnico:

• università
• enti di ricerca
• aziende
• istituzioni
che in genere devono condividere:

• obiettivi del progetto


• metodologia di ricerca
• quantità di risorse impegnate t
• empi di realizzazione
• utilizzazione dei risultati
I PRIN
I Programmi di ricerca di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN) prevedono proposte di ricerca libere e
autonome, senza obbligo di riferimenti a tematiche predefinite a livello centrale.
I punti qualificanti sono il cofinanziamento, il lavoro di ricerca di gruppo e il principio della valutazione dei
progetti di ricerca. I PRIN privilegiano le proposte che integrano varie competenze e apporti provenienti da
Università diverse.
Per la ricerca di carattere applicativo, sono attenti a proposte che evidenziano una particolare considerazione
verso gli eventuali utilizzatori dei risultati.
Ovviamente data l’importanza di progetti del genere ci sono dei professionisti addetti a selezionare i progetti
più validi e a classificarli in modo che lo stato finanziatore possa poi stanziare il denaro disponibile.
I PRIN sono composti da 2 documenti:
c’è un modello A che riguarda una prospettiva più
generale, deve essere scritto dal capofila del progetto
che si deve poi occupare di presentare il progetto di
fronte ai finanziatori o all’ente a cui si riferisce. Per ogni
modello A ci sono tanti modelli B quanti enti partner
che partecipano alla ricerca, che a loro volta devono
all’interno del documento spiegare quale ruolo
andranno a ricoprire nel processo.
Solo se il modello A descrive bene tutte le
caratteristiche del progetto si potrà capire che questo
progetto è stato discusso e studiato nei particolari
anche con gli enti partner.
All’interno del modello A bisogna inserire tutte le informazioni riguardo al progetto in modo che l’ente possa
conoscere tutte le specifiche del progetto e decidere se co finanziarlo o meno (un finanziamento totale è
impensabile perché una parte deve essere messa dall’azienda se questa crede nel suo progetto).
Modulo A: vengono indicate le figure del coordinatore con tutte le sue pubblicazioni più importanti ecc, poi
ci sono il totale delle spese e come saranno distribuite e infine la richiesta di cofinanziamento all’ente
C’è poi il modulo B in cui sono descritte le varie unità di ricerca, con le risorse umane che impegneranno nel
progetto e le rispettive qualifiche. In generale tra le varie unità di ricerca si viene a formare una sorta di
competizione per far capire di essere la più competente o preparata.
Modulo B: ogni unità di ricerca si descrive con il direttore, le pubblicazioni, le risorse umane impiegate,
sostanzialmente si cerca di mettere in evidenza quello che sarà l’apporto di ogni singola unità di ricerca nel
totale
Il modello dei PRIN è un modello Nazionale ma anche nelle Aziende si fa così, a fine dell’anno per spendere
il budget rimanente le varie aree dell’azienda possono presentare dei progetti nel loro ambito per accedere
ai finanziamenti da parte dell’azienda stessa, che sceglie di investire sui suoi reparti più INNOVATIVI e FORTI.
CURRICULUM VITAE
Il CV deve dimostrare le capacità e le potenzialità con cui potremmo operare in un certo ruolo e con certe
responsabilità.
Nel curriculum bisogna cercare di evitare gli estremi da entrambe le parti, sia per quanto riguarda colui che
cerca lavoro, sia per quanto riguarda l’impresa che cerca il lavoratore.
Cosa contiene il curriculum?
- luogo e data di stesura del CV
- nome e cognome
- luogo/data di nascita
- stato civile
- residenza
- numero di telefono
- se munito di automobile
- servizio militare (assolto presso, con il grado di)
- titolo di studio conseguito (anno, istituto, città, votazione)
- eventuali esperienze professionali (a partire dalla più recente, dal… al…)
- lingue straniere, parlate e scritte, e livello di conoscenza
- corsi di perfezionamento
- conoscenze informatiche (sistemi operativi, hardware, applicazioni)
- hobby, interessi, viaggi (se significativi)
- sport praticati (se significativi per tipo o per livello raggiunto)
- caratteristiche personali
Lettera di accompagnamento
Il Curriculum Vitae deve essere sintetico, formale e completo mentre la lettera di accompagnamento deve
essere calda e colloquiale.
La lettera di accompagnamento deve incuriosire il lettore spingendolo a continuare la lettura ovvero a voltare
pagina e leggere il Curriculum Vitae.
E’ necessario evitare lo stile burocratico (Avendo conseguito … ed essendo alla ricerca …), lo stile notarile (Io
sottoscritto … nato a … ), lo stile impersonale (Mario Rossi si è laureato …) ma anche gli eccessi di originalità
(Sono certo di essere la persona che la Sua azienda …)
Analisi dei sistemi di produzione
Diagrammi di Flusso: È una rappresentazione simbolica delle fasi di un processo produttivo o decisionale che
permette l’individuazione della sequenza temporale
Questo tipo di rappresentazione è innanzitutto utilizzato in ambito informatico per la definizione logica dal
processo da seguire durante la programmazione, ogni figura ha un significato diverso;
Un esempio di diagramma di flusso per l’ordinazione di un panino sarebbe il seguente (a sinistra):
il diagramma di flusso a destra invece è differente e prevede l’ordinazione
simultanea di tutte le componenti del nostro panino (Combo Meal).
Sicuramente il secondo sistema è molto più veloce e diminuisce la possibilità
di incorrere in errori.

in questo esempio invece è rappresentato il flusso di un


prodotto all’interno di un’impresa, è un tipo di
rappresentazione utile per ordinare logicamente tutti i
processi e talvolta questo tipo di rappresentazione può
essere fatta in maniera meno precisa del dovuto, quindi
senza seguire le formalità ma usando una sorta di SLANG.

Cosa bisogna scrivere in un diagramma di flusso?


• Dare un titolo a ciascun diagramma che illustra il processo.
• Indicare il nome dell’autore e la data di compilazione.
• Indicare chiaramente l’inizio e la fine del processo mediante gli appositi simboli.
• Mantenere costante la direzione del flusso dall’alto al basso e da sinistra a destra.
• L’ordine di lettura del diagramma è dall’alto in basso e da sinistra a destra.
• Numerare i successivi passi di specificazione.
• Mantenere un livello di dettaglio consistente, evitando eccessive complicazioni e
semplificazioni
• Non intersecare le linee di flusso. Utilizzare un “ponte”.
• Controllare che vi siano almeno due linee uscenti da un simbolo di decisione.
• Etichettare chiaramente i simboli e le linee uscenti dai simboli di decisione.
Diagrammi IDEF
I diagrammi IDEF fanno parte del progetto ICAM (Integrated Computer Aided Manufacturing). Esistono
diversi tipi di diagrammi IDEF:
1. IDEF0 per la generazione di modelli funzionali.
2. IDEF1 per la generazione di modelli informativi.
3. IDEF1X per la modellizzazione semantica dei dati.
4. IDEF2 per la generazione di modelli dinamici.
1) Diagramma IDEF0: È una tecnica di modellizzazione basata sulla combinazione di grafici e testi presentati
in modo organico e sistematico.
Il risultato è un modello del sistema, utile per la comprensione, l'analisi, il miglioramento o la sostituzione del
sistema.
Il modello è costituito da una serie gerarchica di diagrammi, testo e glossari che illustrano, con livello di
dettaglio via via crescente, le funzioni del sistema e il loro interfacciamento.
L’unità base in questo diagramma è una FUNZIONE, che deve avere un nume e deve essere una AZIONE.
ESEMPIO GENERICO ESEMPIO PARTICOLARE

Nella prima pagina viene rappresentata


quello che prende il nome di diagramma di
contesto, che ha una e una sola scatola (il
processo che dobbiamo descrivere, con il
nome del diagramma, la PURPOSE, ovvero il
FINE, e il VISION POINT, ovvero il PUNTO DI
VISTA, che potrebbe essere quello di un
economista, di un ingegnere o di chiunque
altro.
La prima pagina prende il nome di A – 0
La prima pagina viene AMPLIATA in tutte le SOTTOFUNZIONI
che dipendono da quella macro funzione della prima pagina,
e poi ogni funzione può ottenere a sua volta altre sotto -
funzioni in modo da chiarificare in maniera esaustiva tutto il
processo, in questo modo;

Il diagramma IDEF0 ha quelli che vengono definiti AUSILI, che sono:


• Testo: per fornire una concisa descrizione dei concetti inespressi;
• Glossario per la definizione di acronimi e frasi idiomatiche;
• Diagrammi di sola illustrazione (FEO - For exposition Only);
• Indice e albero dei nodi che rappresentano la struttura gerarchica del modello
Il diagramma può essere letto in entrambe le direzioni in modo da poter interpretare il processo sia dal basso
verso l’alto sia dall’alto verso il basso. Un esempio semplice potrebbe essere questo, con anche un ausilio
grafico:

Suggerimenti per il diagramma IDEF0:


• Individuazione del contesto, del punto di vista e dello scopo;
• Definizione dei contorni del contesto e creazione del diagramma A-0 contenente la sola scatola 0
(zero).
• Creazione del diagramma A0 mediante 3-6 sotto-funzioni: ha senso mettere questo numero di
sotto-funzioni perché se ne servono di meno vuol dire che non è necessaria una pagina intera per
descrivere la funzione sovrastante e se ne servono di più vuol dire che la funzione è troppo
complessa per essere suddivisa in un solo insieme di sotto – funzioni.
• Espansione di ciascuna funzione del diagramma A0 in diagrammi figli.
• Continuazione del processo fino a raggiungere un dato livello di dettaglio.
• Aggiunta delle pagine di testo descrittivo, del glossario, dei diagrammi di sola informazione (FEO -
For explanation only), dell’indice e dell’albero dei nodi
Esempio diagramma di flusso per la preparazione del caffè:

Traduzione in diagramma IDEF0:


PAGINA 1 (A0)

PAGINA 2 (AMPLIAMENTO DI A1)


ESEMPIO DIAGRAMMA DI FLUSSO E DIAFRAMMA IDEF 0 PER PREPARAZIONE AGLI ESAMI:

CURVA DI MATURITA’ DI UN PRODOTTO


Ci indica a seconda dei suoi periodi di vita i livelli di redditività di un prodotto.

Ovviamente prima dell’introduzione del nostro prodotto sul mercato ci saranno una grossa serie di spese da
sostenere.
Nel caso del nostro prodotto noi dobbiamo sviluppare un oggetto che sia un sostegno per un trolley su CAD
e seguiremo tutti i seguenti passaggi:
Noi dovremo occuparci dei seguenti momenti:

Questa è quello che ci interessa per quanto riguarda il nostro progetto, ognuna di queste fasi può essere
suddivisa in un ulteriore numero di passaggi più precisi.
1) Analisi di mercato:
Entrare nel mercato dei carrelli (TROLLEY) per la movimentazione di porte scorrevoli (SLIDING DOORS).

• A cosa serve una porta?


In primis una porta serve per chiudere delle aperture, un componente importante della porta sono
sicuramente i CARDINI, che servono a mantenere la porta fissata al muro
Un problema legato al cardine potrebbe essere il fatto che la sporcizia si accumuli all’interno del buco
inferiore, causando dei problemi nella chiusura o addirittura l’impossibilità di chiudere la porta. Una
soluzione che invece viene utilizzata molto spesso è quella di produrre il cardine superiore concavo, in modo
che grazie alla gravità la sporcizia non possa accumularsi da nessuna parte.
Un problema invece legato alla porta è che quando viene progettata una porta a cardini, questa, con la sua
apertura e chiusura, occupa una grossa parte di spazio della nostra casa, che non può essere sfruttato per
nulla se non per l’apertura e la chiusura della porta stessa.
Un’alternativa che viene utilizzata nelle case è la porta scorrevole a sparizione nel muro, in modo da
risparmiare spazio, anche questa soluzione genera dei problemi in quanto non permette l’inserimento, in
certe parti del muro, di alcun tipo di impianti. Le porte di questo genere vengono fatte scorrere su dei
carrellini (dei TROLLEY) che sono proprio quello che noi andremo a produrre.
Prima di capire se abbia senso o meno produrre un oggetto di questo genere dobbiamo operare quella che
si chiama ANALISI DI MERCATO.
Immaginiamo di avere un’azienda situata nel Nord Italia e di avere come area di mercato tutta l’ITALIA.
Innanzitutto dobbiamo cercare di capire quante porte scorrevoli vengono vendute in un anno, per farlo
cerchiamo di calcolare quante porte scorrevoli siano in media presenti nelle nostre case e negli uffici sparsi
su tutto il territorio nazionale.
Cominciamo quindi considerando il fatto che nel nostro paese ci sono circa 60 000 000 di italiani, con una
media di 3 persone per famiglia, e quindi circa 20 000 000 di famiglie → considerando che varie famiglie
hanno più di una casa consideriamo 30 000 000 di abitazioni. Supponiamo poi che sul totale delle porte
presenti in una casa circa 2 siano effettivamente scorrevoli.
Calcolando 2 porte scorrevoli per casa per 30 000 000 di case abbiamo un totale di 60 000 000 di porte
scorrevoli già installate nelle case degli italiani. Noi siamo interessati a capire in quante case potremmo
installare i nostri carrelli per le porte scorrevoli, e per farlo supponiamo che in media una ristrutturazione
della casa avvenga ogni 10 anni.
Considerando 60 000 000 di porte per 10 anni avremo una sostituzione media di 6 000 000 di porte all’anno.
Con un numero del genere concludiamo che la domanda media da soddisfare sarà di 6 000 000 di coppie di
carrellini, ovvero 12 000 000 di carrellini, che implicherebbe una produzione di 40 000 carrellini al giorno.
Supponendo che la nostra azienda riesca a coprire il 10% del mercato dei carrellini per porte scorrevoli in
italia concludiamo che la nostra produzione dovrà essere di circa 4000 carrellini al giorno.
Il prezzo di vendita finale del nostro carrellino è di 3,95 euro da parte dei rivenditori, quindi il prezzo di vendita
ai rivenditori, ovvero quelli con cui dovremo interfacciarci noi, non potrà superare i 2 euro.
Con tutti questi dati alla mano concludiamo che il fatturato giornaliero della nostra impresa sarà circa di 8000
euro al giorno.
A questo punto ci chiediamo, come potremmo progettare un carrello per una porta scorrevole?
1) potremmo immaginare un prodotto di questo genere, con le ruote che scorrono nella
rotaia che ne sorregge il peso. Questo tipo di struttura minimizza l’attrito ma presenta
anche parecchi problemi.

2) un’altra soluzione per la nostra porta


potrebbe essere essere questa, di cui a
sinistra

3) un’altra soluzione potrebbe essere questa, è stabile, scarica bene il


peso e non avvengono movimenti di torsione, tuttavia le ruote che
scorrono sui due supporti potrebbero inciderlo e impedire uno
scorrimento lineare
Per ovviare a questo problema potremmo pensare a una soluzione di
questo genere:

4) potrebbe essere una soluzione interessante


ma purtroppo dal punto di vista meccanico è
difficile progettare due curve che siano ben
incastrate e allineate e che di conseguenza
scorrano a lungo in maniera corretta.
5) La soluzione migliore risulta essere la seguente, che presenta parecchi aspetti positivi
è una forma che garantisce sostegno, un buon scarico del peso, un buon
sostegno del carrello, e la “fessura” inferiore permette che l’accumulo di
materiale di scarto non vada a intaccare il funzionamento del nostro
carrello.

2) Planning
Per determinare in maniera più PRECISA e SCIENTIFICA quale sia il tipo di rotaia migliore si utilizza la HOUSE
OF QUALITY, che trasforma le richieste del cliente in specifiche di progettazione
La house of quality non è l’unico strumento utilizzato nel design di un prodotto, infatti una prerogativa per
noi è il fatto che il nostro prodotto sia durevole nel tempo, quindi dovremo creare una matrice in cui
catalogare tutti i possibili guasti che potrebbero generarsi nel tempo, danneggiando o rendendo inutilizzabile
il nostro prodotto. Ai guasti devono essere abbinate le possibili cause di quei guasti, il livello di gravità, il
livello di frequenza, le misure di sicurezza per evitarli, ecc…

Un altro elemento importante è quello di conoscere come sono stati fatti altri prodotti dello stesso tipo, in
modo da prendere questi come base per poi innovare e migliorare.
I sistemi PLM
Data la grande mole di dati da gestire in questo momento è molto importante avere a disposizione delle
piattaforme in cui tenere e organizzare tutte le informazioni relative al nostro prodotto e a prodotti simili al
nostro
Un database come ARAS può raccogliere tantissime informazioni in modo strutturato riguardo a un qualsiasi
tipo di prodotto, che si tratti di CAD, dati legati ai test sul prodotto o altro. Questo tipo di piattaforme sono
necessarie in quanto ormai nessuno lavora più autonomamente a nessun tipo di prodotto e questi database
hanno delle casseforti a cui alcuni utenti con un permesso possono accedere per modificare ciò che è
contenuto all’interno. Mentre è in corso la modifica gli altri utenti ne sono a conoscenza e non possono
intervenire fino a quando questa non viene ultimata. Inoltre all’interno di questi database è possibile definire
come strutturare il processo di produzione, una volta fatto questo subentreranno dei nuovi ingegneri che si
occuperanno di altri elementi più particolari. In questo modo vengono raccolti anche tutti i lavoratori a cui
vengono date le autorizzazioni giuste per operare nel settore del prodotto di cui si occupano. Anche per chi
controlla tutto lo svolgimento delle operazioni è uno strumento potente grazie al quale poter capire quando
le varie parti del lavoro sono finite in modo da avere un’idea sul quadro generale. Altro elemento utile è il
fatto che tutte le versioni intermedie del prodotto vengono conservate per sapere tutte le tappe del
prodotto, questo può essere importante anche per chi produrrà qualcosa di simile in futuro, in modo da poter
riconoscere tutti i problemi delle progettazioni fatte prima, e poterli evitare.
Il motivo per cui sono utili i PLM è che c’è la necessità di gestire una grandissima quantità di dati, che devono
poter essere consultati, modificati, condivisi, ecc… e mantenuti in maniera ordinata e chiara. Solo grazie a
tutte le informazioni del PLM possiamo riuscire ad arrivare dall’inizio della sua progettazione fino alle fasi
finali
Nel PLM di oggi si va addirittura oltre in quanto bisogna programmare il riutilizzo degli scarti, dunque si deve
portare il proprio prodotto dalla culla ad una nuova culla, ovvero quella in cui verrà convertito in un nuovo
prodotto.
Il PLM è stato introdotto circa 20 anni fa in quanto i nostri prodotti stanno diventando sempre più complessi
e si stanno aggiornando sempre più velocemente. Le applicazioni dei PLM sono tantissime, qui abbiamo una
rappresentazione più schematica:
PLM nelle industrie
A seconda del numero di componenti e dati e della complessità di configurazione e dei problemi tecnologici
si possono classificare i vari tipi di impresa in questo diagramma.

Un altro dato interessante è la volatilità dei dati per quanto riguarda ambiti diversi

Al grafico possiamo aggiungere questi colori che in generale indicano la complessità degli standard e le regole
in quel determinato campo
Design della ruota:
Alla fine delle nostre analisi avevamo
definito che la forma più adeguata
per la nostra ruota sarebbe stata
questa, se volessimo fare una sezione
apparirebbe in questo modo:

Dobbiamo andare a investigare quello che è il contatto tra il foro della ruota e l’albero della staffa, che è di
fatto il punto in cui avviene l’attrito
se avessimo una porta particolarmente pesante l’attrito di strisciamento
sarebbe molto alto, rischiano non solo di rovinare la ruota ma anche di
impedire il corretto scorrimento della porta
per ridurlo il metodo più utilizzato è quello dei cuscinetti che fanno in
modo che tra la ruota e il perno ci sia un terzo elemento, il cuscinetto
stesso, che trasformi l’attrito dinamico di strisciamento in attrito statico

Conoscendo il funzionamento dei cuscinetti la sezione apparirebbe in questo modo:


quando la ruota viene messa in rotazione
invece che strisciare contro l’elemento
azzurro, sono i cilindri a ruotare, in questo
modo non si tratta di un attrito di
strisciamento ma un attrito dinamico, che
è molto meno consistente rispetto
all’attrito di strisciamento → la ruota gira
meglio e con meno energia.

Una sezione di un cuscinetto apparirebbe in questo modo:

Probabilmente questa soluzione potrebbe essere interessante dal punto di vista tecnico ma potrebbe essere
molto costosa dal punto di vista economico, in quanto si dovrebbero comprare i cuscinetti ecc…, allora
potremmo pensare a una soluzione diversa più semplice.
Una volta definite le specifiche del nostro carrello, e capito come mai si è scelta questa particolare forma, è
il momento di iniziare a progettare più da vicino il nostro pezzo, che avrà una parvenza tridimensionale simile
a questa:

Partiamo dai pezzi più semplici per arrivare poi a quelli più difficili, il pezzo più semplice sarebbero
sicuramente le sfere dei cuscinetti, ma quelle solitamente si comprano sempre sul mercato, in quanto
conviene dal punto di vista economico e se ne trovano di tutti i tipo, di conseguenza inizieremo dal pezzo blu
scuro.
Per disegnarlo cerchiamo innanzitutto di capire quante viste sono necessarie per rendere comprensibili ed
esaustive le informazioni che emergeranno dal nostro disegno.
1) ELEMENTO BLU:
L’elemento blu apparirà in questo modo,
dovremo creare degli smussamenti in modo da
evitare che ci siano punti angolosi, ovviamente
questi smussamenti dovranno essere
evidenziati anche sulla vista laterale.

Data la presenza delle sfere all’interno della


nostra ruota dovremo anche considerare uno
spazio interno in cui queste possano inserirsi

Ovviamente all’interno di questo disegno


mancano le quotature, i principi che usiamo per mettere le quotature è che metteremo tutte quelle
necessarie per la comprensione delle caratteristiche geometriche dell’oggetto. Dobbiamo in ogni modo
cercare di inserire quote non ridondanti e ricordarci anche di inserire le tolleranze in modo che il realizzatore
dell’oggetto sia per quanto possibile facilitato nel suo compito.
Oltre alle quote dovremo indicare le tolleranze, sia quelle geometriche (soprattutto per le forme trilobate)
che quelle dimensionali. Per le tolleranze si usa lo standard ISO20286 che per quanto riguarda la nostra ruota
ci darebbe un risultato di questo genere.
quel +0, -1,3 in basso a destra indica la tolleranza per quel determinato
pezzo, vuol dire che la ruota non può essere PIU’ GRANDE di un tot
(tolleranza 0) ma potrà essere PIU’ PICCOLA fino a 1,3 mm. Questo è
dovuto al modo in cui la ruota viene lavorata, ovvero al tornio.

Per il foro invece potremmo immaginare una tolleranza di questo genere:


può essere fino a 2mm PIU’ GRANDE, ma non può essere PIU’ PICCOLA.

Per la produzione di questa ruota dovremmo partire da una barra lunga 6m, che ruota all’interno di una sorta
di supporto, e partendo da questo avremo un utensile che toglie il materiale dalla barra in modo da ottenere
una forma desiderata. Una volta ottenuta la forma esterna desiderata dobbiamo in qualche modo ottenere
il foro centrale

Dopo aver fatto il foro dobbiamo anche ottenere la pista interna in cui scorrano i cuscinetti e allora avremo
un altro utensile che vada a “scavare” questo buco → tutte queste lavorazioni seguono quelle che sono le
tolleranze da noi imposte seguendo gli standard a cui ci rifacciamo, una rappresentazione finale della
lavorazione sarebbe questa:

La lavorazione al tornio avviene in questa maniera.

La lavorazione continua in questo modo:


Adesso capiamo come lavorare il pezzo GIALLO:

Per quanto riguarda il dimensionamento si effettua in questo modo:


TOLLERANZE
Tolleranze di lavorazione (lezione luigi Panza 02/12/2021) DA SISTEMARE e vedere l’ultima mezz’ora
Le dimensioni reali (ovvero quelle ottenute dopo i processi di lavorazione) sono sempre DIVERSE rispetto alle
dimensioni nominali (ottenute della modellazione CAD), tenendo conto di questa diversità dovremo definire
durante la progettazione un sistema di tolleranze che permetta di ottenere un pezzo funzionante anche dopo
la lavorazione meccanica.
l’ampiezza di tolleranza è la misura
che noi possiamo accettare di
ottenere dopo la lavorazione

esistono 3 tipi di accoppiamento


tra l’elemento generale
“ALBERO” e l’elemento generale
“FORO”. Il primo è un
accoppiamento FISSO, il
secondo è detto MOBILE e il
terzo invece INCERTO, quando
le due zone di tolleranza sono
parzialmente sovrapposte.

Tolleranze ISO: gradi di tolleranza


le normative isso prevedono una serie di gradi di tolleranza
le normative ISO prevendono una gamma di
scostamenti fondamentali per alberi (indicati
con lettere minuscole) e fori (indicati con
lettere maiuscole) che definiscono la
posizione della zona di tolleranza.
La scelta della posizione di tolleranza dipende
principalmente dalla tipologia di
accoppiamento da realizzare.

questa tabella indicata gli scostamenti


fondamentali per alberi

questa è la stessa tabella ma per quanto


riguarda i fori.

Tolleranze di lavorazione
Le dimensioni che inseriamo quando andiamo a modellare dei prodotti, poi quando vengono rese realtà
attraverso la fabbricazione di un oggetto, sono sempre leggermente diverse, questo a causa delle lavorazioni.
Per questo è necessario inserire le TOLLERANZE, dimensionali (che si riferiscono alle dimensioni dei pezzi) o
geometriche (che si riferiscono alle forme).
Le tolleranze, quindi, sono dei range di misure ammissibili che io tollero in produzione e si possono definire
attraverso due caratteristiche:
Ampiezza: definita come differenza (in valore assoluto) tra
scostamento superiore e inferiore prescritto
Posizione: individua la collocazione dell’ampiezza rispetto
alla quota nominale (quella nella modellazione) del pezzo.
La linea dello zero rappresenta la quota nominale
Gli accoppiamenti si eseguono tra due pezzi, ognuno dei quali ha le sue tolleranze dimensionali, gli
accoppiamenti che si possono creare sono 3;
• Accoppiamento forzato: l’intervallo di dimensioni ammissibili per
l’albero è maggiore delle dimensioni ammissibili del foro. Le due parti
diventano solidali

• Accoppiamento mobile: le dimensioni ammissibili del foro sono


sempre maggiori delle dimensioni ammissibili per l’albero

• Accoppiamento incerto: esiste parziale sovrapposizione tra le


dimensioni ammissibili del foro e dell’albero
L’ampiezza di tolleranza e la sua
posizione si decidono da una
normativa chiamata ISO, in
questa normativa lungo le varie
righe identifichiamo gli intervalli
dimensionali nominali, fissata
questa si va a decidere quale sia la
tolleranza che prevede la
normativa a seconda del grado di
tolleranza scelto. I bassi gradi di
tolleranza implicano una grande
precisione (processi meccanici
precisi), quelli più alti una
precisione minore (processi
meccanici anche più grossolani).
A determinare la posizione è
sempre la normativa, che prevede di identificare lo
scostamento fondamentale (ovvero lo scostamento più
vicina alla linea dello zero), indicato con MAIUSCOLA se
parliamo di fori e invece con la minuscola se parliamo di
alberi. Nel caso di un foro (sopra) lo scostamento
fondamentale sarà quello inferiore → si producono pezzi
più piccoli della loro dimensione nominale
Nel caso degli alberi invece le lettere sono minuscole,
supponiamo di prendere la posizione b, lo scostamento
fondamentale che leggeremo in tabella è quello superiore
in quanto è più vicino. Gli alberi, dunque, saranno sempre
più grandi del loro valore nominale.
Alcune volte in tabella viene indicato lo spostamento superiore, altre quello inferiore, una volta conosciuto
questo basta conoscere l’ampiezza di tolleranza per avere tutte le caratteristiche del nostro pezzo.
questa tabella esiste sia per i fori che per gli
alberi.
In definitiva per definire una tolleranza
abbiamo bisogno di una lettera (sigla
alfanumerica), che indichi la posizione e un
numero che indichi l’ampiezza della
tolleranza.
Quando andiamo ad affrontare le tolleranze
quindi avremo sempre a che fare con 3
tabelle.

per diminuire il numero di combinazioni fra gli accoppiamenti possibili nel sistema di tolleranza ISO, è comune
lavorare mantenendo costante la posizione della tolleranza del foro (sistema foro base) prendendo come
riferimento la posizione individuata dalla lettera H, e facendo variare la posizione dell’albero. È possibile
anche procedere in maniera inversa (sistema albero base). Seguendo il criterio foro base, quelli riportati in
tabella sono gli accoppiamenti di uso più comune.

Capiamo come determinare le tolleranze dei vari accoppiamenti:


2) si tratta di un H7/n6:
3) si tratta di un H7/g6
4) si tratta di un H7/r6

2) H7/n6 → accoppiamento incerto bronzina – supporto


3) H7/g6 → accoppiamento mobile albero – bronzina

4) H7/r6 → accoppiamento forzato ruota - albero


ESERCIZI:
1) Calcolare lo scostamento esistente tra la dimensione minima accettabile dell’albero e la dimensione
massima accettabile del foro in un accoppiamento H7/s6 con grandezza nominale pari a 50 mm. Dichiarare
inoltre la tipologia di accoppiamento designato.

2) Calcolare lo scostamento esistente tra la dimensione minima accettabile del foro e la dimensione massima
accettabile dell’albero in un accoppiamento H7/f6 con grandezza nominale pari a 80 mm. Dichiarare inoltre
la tipologia di accoppiamento designato.

3) Calcolare lo scostamento esistente tra la dimensione massima accettabile dell’albero e la dimensione


massima accettabile del foro in un accoppiamento H7/n6 con grandezza nominale pari a 22 mm. Dichiarare
inoltre la tipologia di accoppiamento designato
CONTROLLO NUMERICO PROGRAMMAZIONE
Un linguaggio che permette di programmare una piccola operazione di torniatura o altri tipi di operazioni
meccaniche che portano il prodotto dal grezzo al prodotto finito.
L’esigenza di possedere macchine automatiche flessibili e versatili ha portato allo sviluppo delle macchine
utensili a controllo numerico, ovvero macchine dotate di sistema elettrico che sono capaci di convertire dei
comandi che gli vengono dati con delle azioni da eseguire sull’utensile che sta lavorando.
L’idea di base è quella di, tramite il controllo numerico, controllare i movimenti della macchina grazie ad una
serie di istruzioni codificate in forma alfanumerica. Il sistema interpreta le stringhe e le trasforma in azioni.

Le macchine a controllo numerico possono essere programmate in due modi: creando l programma
direttamente dalla plancia di controllo oppure trasmettendo alla macchina il programma generato tramite
CAM (che è un software che permette di fare la programmazione dei movimenti a partire da una
programmazione grafica dell’oggetto da modellare). Ad oggi dato che ci sono vari programmi abbastanza
evoluti, piuttosto che programmare dalla plancia, si preferisce modellare dalla rappresentazione grafica su
CAM.
I campi di applicazione di questo controllo numerico sono:

• Fresatura
• Foratura
• Alesatura
• Torniatura
• Rettificatura, ecc…

Assi Macchina
Nel caso del tornio invece l’asse z è l’asse del pezzo (figure a sinistra)
Nel caso della fresa invece l’asse z è quello intorno al quale
gira il pezzo in lavorazione (figure a destra)

• L’asse di rotazione intorno a x si chiama A


• L’asse di rotazione intorno a y si chiama B
• L’asse di rotazione intorno a z s chiama C
In alcune fresatrici si possono anche trovare degli assi di
rotazione ovvero U,T,W, che sono altri movimenti paralleli
relativamente a X,Y,Z.

Esempio (COORDINATE ASSOLUTE):


• P(3) = 30,70
• P(4) = 80, -30

Ci basiamo sul punto


centrale (in cui si
incrociano gli assi), per
capire gli spostamenti
necessari per arrivare nei
vari punti

Esempio (COORDINATE INCREMENTALI):

• P(3) = 60, +10


• P(4) = 50, -100

Ci basiamo sulle coordinate del


punto precedente per capire gli
spostamenti necessari per
arrivare ai vari punti

Coordinate Assolute Torniatura:

• P(4) = 40,30
• P(5) = 60, 20
• P(6) = 80, 20
• P(7) = 80, 0
Teniamo in conto il fatto che
quando ci si sposta lungo l’asse
che in questo caso si chiama X si
considera non lo spostamento
radiale ma quello diametrale
(quindi due volte il radiale)

Coordinate Incrementali Torniatura:


Esercizio: coordinate assolute torniatura

• P(3) = 20, -40


• P(4) = 30, -50
• P(5) = 30, -70
• P(6) = 20, -80
• P(7) = 10, -95
Qui la distanza quando c’è un raggio
si considera in termini diametrali

Esercizio: coordinate Incrementali Torniatura


• P(3) = 2, -20
• P(4) = 5, -10
• P(5) = 0, -20
• P(6) = -5, -10
• P(7) = -5, -15
Qua la distanza quando c’è un
raggio si considera in termini radiali
(il primo punto viene sempre
espresso in coordinate assolute)

Programmazione
• La programmazione EIA/ISO è in formato alfanumerico
• Il programma è costituito da più blocchi
• Ogni blocco comprende informazioni geometriche e tecnologiche e sulla natura del comando

Indirizzo N

Indirizzo N: identifica il numero di blocco, i


blocchi devono essere indicati
progressivamente, solitamente con un passo
unitario per dare la possibilità di modificare i
blocchi a posteriori, un esempio è il seguente:

Indirizzo G
G90 – G91: definisce se vogliamo usare coordinate assolute oppure incrementali, viene espresso all’inizio del
programma → G90: coordinate assolute, G91: coordinate incrementali
G00: spostamento in rapido: indica che il nostro utensile si muoverà alla massima velocità possibile, non è
un modulo di lavoro ma serve ad avvicinare l’utensile al pezzo. Il punto finale non deve mai essere il punto di
contatto tra l’utensile e il pezzo, ci deve essere sempre un margine.
G01: è un modulo di lavoro, l’utensile si muove a una determinata velocità di avanzamento (F0.2) che deve
essere espressa
Se non troviamo variazioni su una dimensione vuol dire che quella dimensione non cambia per quel modulo
di lavorazione (ad esempio nella riga 2)
Nella riga 3 invece non è indicato nuovamente il valore della velocità di avanzamento perché è già indicata
nel comando precedente e non cambia
G02 – G03: interpolazione circolare: è un moto di lavoro (G02 → interpolazione oraria) (G03 → interpolazione
anti oraria) per definire la traiettoria circolare bisogna indicare oltre al punto finale della traiettoria le
coordinate del centro (utilizzando I,J,K) o le dimensioni del raggio
come vediamo prima stiamo indicato il
punto finale della traiettoria e
successivamente invece per indicare le
coordinate del centro della
circonferenza non si usano X,Y,Z ma
bensì I,J,K

Per indicare il raggio invece si usa R, seguito dalla distanza in mm del raggio stesso.
Indirizzi F/S – G94 – G95 – G96 – G97

Di solito si una velocità di taglio in giri al minuto (G97) e una velocità di avanzamento in mm/min per la
fresatrice (G94) mentre in mm/giro per le macchine con i pezzi in rotazione (tornitura) (G95).

Indirizzo T

Attraverso questo indirizzo selezioniamo l’utensile da utilizzare indicando la posizione


di quest’ultimo nel magazzino utensili. Prima di ciò tutti gli utensili devono essere
inizializzati in modo che il calcolatore sappia effettivamente a quale utensile ci stiamo
riferendo

Indirizzo M
Esercizio:

il movimento dalla posizione iniziale a P1 non è


un movimento di lavoro, quindi può essere
fatto in rapido, così non vale per il movimento
da P1 a P2, invece anche da P2 a P3 e da P3 a
P4 ci muoviamo in rapido
ESERCIZI 1 CALCOLO NUMERICO
• N10: prima linea
• T01: selezione utensile 01 nel
registro
• M06: comando di cambio utensile
• N20: seconda linea
• G90: utilizzo sistema coordinate
assolute
• G95: identifica l’unità di misura per la velocità di avanzamento
• F0.1: velocità di avanzamento utensile
• N30: terza linea
• G97: velocità di rotazione in
rpm
• S300: valore di rpm
• M08: attivazione liquido
refrigerante
• N40: quarta riga
• G00: movimento in rapido
• X42 , Z-2.5: coordinate a cui
avvicinarsi (non si deve toccare
l’oggetto in modellazione)
ESERCIZIO 2 CALCOLO NUMERICO
ESERCIZIO 3 CALCOLO NUMERICO

Fresatura – compensazione raggio utensile

• Il comando G41 compensa il raggio utensile sul lato sinistro


del percorso utensile programmato
• Il comando G42 compensa il raggio utensile sul lato destro
del percorso utensile programmato
• Il comando G40 cancella qualsiasi compensazione raggio
utensile applicata in precedenza

Non vedremo programmi di fresatura senza compensazione del raggio utensile


ESERCIZIO FRESATURA

Il cerchio azzurro rappresenta l’utensile che ruotando passa intorno al pezzo e rimuove il materiale in eccesso,
la compensazione del raggio utensile serve a evitare di dover calcolare sempre dove si trovi il centro di questo
utensile e regolare le coordinate in base a quello.
Con la compensazione del raggio fa tutto la macchina per conto suo senza che noi ci dobbiamo preoccupare
più di tanto.

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