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PARTE TERZA : LA LOGIA NELLA SCIENZA GIURIDICA

SEZIONE A
NOZIONI GENERALI

1 CAPITOLO: I COMPITI DELLA LOGICA

1 scienza giuridica e logica


La logica è la teoria del ragionamento,e il ragionamento è un momento costitutivo della scienza
giuridica, forse più che in altri ambiti disciplinari. Per almeno 2 motivi.
Anzitutto le fonti della scienza in generale sono due :
 osservazione (spontanea o sperimentale)
 ragionamento
Ma nella scienza giuridica osservazione ed esperimento hanno una funzione secondaria, in quanto
svolgono qualche ruolo nell'accertamento dei fatti nel processo, ma normalmente non sono
compiute da giuristi ma da altri, x es testimoni o consulenti.
I giuristi come notava Guido Calogero non si servono di laboratori, di provette o di apparecchi: il
loro strumento di lavoro è essenzialmente il ragionamento. Questo è un primo motivo che induce a
ritenere il ragionamento, e perciò la logica, essenziale alla giurisprudenza. Ma c’è almeno un
secondo motivo, perché per il giurista ragionare non è soltanto una necessità imposta dalla natura
della sua attività, è di più: è anche un dovere imposto dalla legge; x es gli artt. 132 c.p.c. e 125
c.p.p. richiedono che la sentenza sia motivata, che vuol dire ragionata.

2 i compiti della logica


Vediamo quali sono in generale i compiti della logica. Dobbiamo prima chiarire 3 concetti: quello
del ragionamento, quello della di struttura di un ragionamento e quello di argomento, in particolare
quello di argomento testuale. Il ragionamento, come strumento del pensiero giuridico, è
probabilmente la forma più articolata ed alta del pensiero, perche non si limita ad affermare una tesi
ma ne cerca e ne offre ragioni di credibilità. Si può dire perciò che il RAGIONAMENTO è il
procedimento mentale con il quale si adducono ragioni a sostegno di una qualche tesi.
La STRUTTURA DEL RAGIONAMENTO è l’insieme degli elementi essenziali che lo
costituiscono, ossia:
1. TESI : che il ragionamento vuole sostenere e che tecnicamente si chiama “conclusione” del
ragionamento;
2. RAGIONI: ossia proposizioni adottate a suo sostegno, che tecnicamente si dicono
“premesse”
3. RELAZIONE : ossia il legame tra tesi e ragioni, chiamata “nesso di consequenzialità”
Un ARGOMENTO è un ragionamento espresso linguisticamente, ed un argomento considerato
esattamente nella forma in cui di fatto è formulato lo designiamo come ARGOMENTO
TESTUALE. Premesso questo, la logica cerca di rispondere a 2 domande:
1. Dato un ragionamento quale è la sua struttura?
2. Data la struttura, è un buon ragionamento ?
La serie di operazioni con cui si risponde alla prima domanda si chiama ANALISI
STRUTTURALE, per la seconda VALUTAZIONE STRUTTURALE.

3 analisi strutturale: argomento testuale e ricostruito


La prima domanda che mira a scoprire la struttura di un ragionamento, è necessaria perche il
ragionamento è espresso in un argomento testuale, e l’argomento testuale spesso nasconde la reale
struttura del ragionamento che sta sotto. La nasconde perché l'argomento testuale non dice sempre
con ordine,tutto, solo ed univocamente quello che pure intende dire o dovrebbe dire. Il mero
argomento testuale non fa cogliere la sostanza del ragionamento.

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Per svelare questa sostanza dobbiamo
i. ordinare : l’argomento testuale non è ordinato, occorre allora individuare la tesi finale alla
quale mira l’intero apparato argomentativo e in vista di essa ricostruire l'ordine logico dei
collegamenti fra tesi e le ragioni e fra i vari argomenti fra loro connessi
ii. completare: l’argomento testuale non ci dice tutto quello che nel ragionamento è implicito:
va quindi aggiunto ciò che è rimasto sottaciuto: premesse, passaggi logici, sottintesi per
brevità di discordo. Nella terminologia gli argomenti a cui mancano premesse o conclusioni
sono detti “entimemi”
iii. Essenzializzare : l’argomento testuale dice più di quanto sia essenziale, per questo occorre
sfoltire il testo eliminando le ridondanze: tutto ciò che è solo emotivo, ripetitivo o
incidentale.
iv. L’argomento testuale non è sempre univoco: vano quindi sostituite le espressioni non
univoche con espressioni univoche
L'argomento esplicitato è detto argomento RICOSTRUITO; questo lavoro di passaggio
dall'argomento testuale all'argomento ricostruito è l'analisi strutturale degli argomenti che è il
primo compito della logica.
Vanno peraltro precisati due punti:
i. Primo : non sempre è necessaria la ricostruzione strutturale, perché qualche volta la struttiua
argomentativa è già sufficientemente manifesta nell’argomento testuale.
ii. Secondo : l'argomento ricostruito è spesso pesante, goffo è privo insomma della qualità della
buona comunicazione: perciò non è destinato a sostituire l’argomento testuale. Non
dobbiamo parlare il linguaggio del ricostruito ma continuare a parlare il linguaggio abituale;
l’argomento ricostruito non ci serve per parlare, ma ha altri fini, in particolare 3: un fine
ermeneutico in quanto ci serve a comprendere più profondamente gli altri argomenti,
strategico in quanto ci serve per difendere meglio i nostri argomenti e per attaccare gli
argomenti avversai nei punti deboli, critico perché serve alla valutazione degli argomenti.

4 la valutazione strutturale: retorica e logica


Un argomento può essere buono o cattivo, dotato di pregi o affetto da vizi. Alcuni pregi o vizi di un
argomento riguardano il modo in cui è stato espresso l'argomento testuale : sono pregi o vizi di
comunicazione. Altri vizi riguardano invece la struttura esplicitata dell'argomento ricostruito: sono
pregi o vizi strutturali. Ad es. un argomento ha pregi se è conciso, efficace; mentre ha visi se è
prolisso, sciatto, noioso. Almeno sul terreno della valutazione giuridica, i pregi e i vizi di
comunicazione influenzano si la disposizione a valutare ma poi non sono essi oggetto da valutare.
Nessun avvocato attacca l’argomentazione avversaria dichiarando che è prolissa:
un’argomentazione giuridica si censura mettendo a fuoco i difetti della sua struttura, i vizi cioè delle
proposizione e delle relazioni che sono gli elementi costitutivi del ragionamento. La valutazione
essenziale dell’argomentazione giuridica è dunque la valutazione strutturale, e con questo siamo
alla seconda domanda, che corrisponde al secondo compito della logica: data, ossia ricostruita, la
struttura del ragionamento, esso è un buon ragionamento? Trattandosi di una valutazione strutturale,
la risposta dipende dal valore che si può riconoscere ai vari elementi della struttura: dal valore della
tesi sostenuta, e soprattutto dal valore delle ragioni che pretendono di sostenerla, e dalla sussistenza
della relazione logica che deve esserci tra quella e queste. Dunque, 2 i compiti della logica: analisi
strutturale degli argomenti e valutazione di questi in base alla loro struttura fatta emergere
dall’argomento ricostruito. Cominciamo allora a vedere la struttura e gli elementi costitutivi in
generale dei vari tipi di argomenti.

2 CAPITOLO: STRUTTURE GENERALI DEGLI ARGOMENTI


1 la struttura di singoli argomenti
Anzitutto analizziamo la struttura della forma più semplice di argomentazione: quella costituita da
un singolo argomento. Un argomento è un ragionamento espresso linguisticamente, che nel suo

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tenore testuale può presentarsi nella forme più varie , ma che può essere ricostruito, esplicitato e
tradotto in una forma struttura standard generale di questo tipo:
A
B
...
__ (dunque)
Z
dove A, B ecc sono le ragioni che sostengono, che d’ora in poi diremo premesse; Z è la tesi finale
ovvero la conclusione, la linea che separa le premesse dalla conclusione è il nesso di
consequenzialità. Il dunque si potrebbe esprimere anche in altri modi, x es con perciò o con ne
segue che. Le premesse possono essere 2, ma anche una sola o più di 2 (i puntini sospensivi stanno
a significare questo).
Il ragionamento ha due letture :
 Derivativa ossia partendo dalle premesse ed arrivando alla conclusione (dunque)
 Giustificativa ossia lettura a ritroso dalla conclusione alla premesse (perché, o anche
dato che, infatti ecc)
A
B
...
lettura giustificativa ↑ (perché) __ (dunque) ↓ lettura derivativa
Z

2 la struttura di contesi argomentativi


Di solito gli argomenti non si presentano da soli ma sono collegati tra di loro, si possono distinguere
in argomenti composti e argomenti contrapposti.
a) Argomenti composti
la loro funzione è quella di rafforzarsi fra loro. I principali tipi di argomenti composti sono gli
argomenti a cascata e argomenti convergenti.
Gli argomenti a cascata si possono definire così: due argomenti sono composti a cascata se la
conclusione di uno costituisce una delle premesse dell'altro:
C
Struttura: D
...
__

A
B
...
__
Z
Dove A è la conclusione dell’argomento più in alto e al tempo stesso premessa di quello più in
basso. La funzione dell’argomento superiore è quella di giustificare o rafforzare una premessa
dubbia o debole (A) dell’argomento inferiore.
Es la disoccupazione è aumentata perche la banche hanno ridotto i finanziamenti alla imprese e ciò
è dovuto alla crisi globale, determinata a sua volta dal fallimento di alcune banche.
L’argomentazione a cascata è praticamente sempre presente nel processo, perché il fatto dedotto in
giudizio, la cui verità insieme alla norma è premessa del dispositivo finale. Deve sempre essere
provata e cioè diventare conclusione di un argomento probatorio.

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Gli argomenti convergenti hanno una struttura diversa

A C
B D
... ...
__ __

Si può dire che 2 argomenti sono convergenti se hanno indipendenti fra loro ma insistono sulla
stessa conclusione. Anche la loro funzione è rafforzare la conclusione facendo convergere su di essa
il peso di diversi argomenti.
b) Argomenti Contrapposti
Sono argomenti che attaccano, cioè confutano, argomenti avversari.
Gli attacchi agli argomenti avversari possono essere di diverso tipo:
 Attacco ad una premessa di cui si nega la verità

C
D
...
__

non A
B
...
__
Z

 Attacco la nesso di consequenzialità consiste nel dimostrare che esso non sussiste o che è
debole, è negare che le premesse sostengano sufficientemente la conclusione

C
D
...
__
A
B
...
non __
Z

 Attacco diretto alla conclusione avversaria si costruisce un argomento la cui conclusione è la


negazione della conclusione avversaria.

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C
D
...
__
A
B
...
__
non Z

Soffermiamoci alla distinzione tra i vari attacchi per quanto riguarda la loro efficacia dialettica. Se
attacchiamo direttamente la conclusione avversaria abbiamo dimostrato che la conclusione
avversaria è falsa e crolla l’intero suo argomento di sostegno. Se invece attacchiamo le premesse
avversarie o il nesso, non abbiamo con ciò che la conclusione è falsa: abbiamo soltanto distrutto o
indebolito i suoi attuali elementi di sostegno; possiamo solo dire che, allo stato della discussione,
essa non è provata.

CAPITOLO 3: IL VALORE DEGLI ARGOMENTI


1 fattori della forza di un argomento: valore della premesse e del nesso di consequenzialità
Abbiamo esaminato il primo compito della logica, consideriamo adesso il secondo: la valutazione
strutturale degli argomenti, vediamo da che dipende la loro forza. La forza di un argomento dipende
dal valore degli elementi costitutivi della sua struttura cioè dalla verità della premesse e la
sussistenza del nesso di consequenzialità.
Per stabilire la forza di un argomento dobbiamo farci due domande: Sono vere le premesse ?
Sussiste in nesso di consequenzialità?
Queste domande sono indipendenti tra loro quando si è risposto alla prima non si sa sulla seconda a
viceversa.
Il nesso, espresso dal dunque,corrisponde ad un condizionale del tipo se-allora : se le premesse
sono vere allora è vera la conclusione. Ora, quando si dice che un condizionale è vero non si dice né
che è vero l’antecedente né che è vero il conseguente, ma solo che è vero il se-allora, la loro
connessione. Perciò quando si è stabilita la sussistenza del nesso non si è ancora stabilita la verità
della conclusione. Infatti può accadere che in un argomento le premesse siano vere e non sussista il
nesso e viceversa ossia premesse false con un nesso realistico.

2 gradi di valore
La forza di un argomento dipende dal valore, ossia dalla verità delle premesse e dal valore, ossia la
sussistenza del nesso di consequenzialità. Ma possiamo essere più precisi perché la verità delle
premesse e la sussistenza del nesso sono suscettibili di gradazione, in quanto possono essere dotati
di certezza o di maggiore o minore probabilità.
Nella logica deduttiva non c’è ragione di operare questa distinzione: le premesse si assumono come
certamente vere o certamente falese, analogamente il nesso sussiste con certezza o non sussiste
affatto. Eppure nell'argomentare scientifico e nello stesso argomentare comune spesso parliamo di
proposizioni che sono soltanto probabili in certo grado e traiamo conclusioni in virtù di un nesso di
consequenzialità non sempre dotato della massima forza, ma esso stesso più o meno forte, più o
meno probabile.
Questo linguaggio è presente nelle scienze empiriche, nel linguaggio ordinario e nella scienza
giuridica stessa; va notata tuttavia una differenza.
Il linguaggio delle scienze empiriche esprime i gradi di frequenza e i gradi di probabilità dei fatti in
precisi termini quantitativi, con un indice percentuale numerico, n%, compreso nell’intervallo da 0 a
100. Quelle che diremo leggi statistiche indicano la frequenza dei fatti con enunciati del tipo:
nel n% dei casi accade che ( es. nel 25 % dei casi accade questo).

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Le espressioni probabilistiche indicano la probabilità di fatti con enunciati del tipo
All’n% è probabile che.. (es al 25 % dei casi è probabile che questo accada).
Il linguaggio ordinario esprime invece i gradi di frequenza e di probabilità dei fatti in termini
qualitativi e più sommari, con enunciati del tipo " raramente, frequentemente, per lo
più,generalmente, nella maggior parte dei casi accade questo" , che è il modo di esprimersi delle
c.d. massime di comune esperienza, fondate con enunciati del tipo " è improbabile, è piuttosto
probabile, è altamente probabile che accada questo". Questo ha fatto si che si è potuto creare una
corrispondenza tra il linguaggio comune e quello scientifico, in quanto espressioni come è
improbabile può corrispondere all' 5 % del linguaggio scientifico e cosi via.

3 valore delle premesse: certezza e probabilità


Le premesse, o più in generale le proposizioni che figurano in un’argomentazione, possono essere
certe o probabili in maggiore o minor grado. Entrambi questi tipi di proposizioni sono utilizzati
nella scienza giuridica, ma occorre specificare che c’è la certezza assoluto e la certezza relativa o
pratica. Le proposizioni assolutamente certe sono certe al 100% e non sono rivedibili alla luce di
novità. Invece le proposizioni solo relativamente o praticamente certe hanno una probabilità che
sfiora il 100% pur senza raggiungerlo. La certezza relativa, come in generale le probabilità, è
essenzialmente rivedibile in base ad ulteriori conoscenze. Si puà dire che le proposizioni
relativamente o praticamente certe sono quelle accertate al di là del ragionevole dubbio. Possiamo
allora distinguere: proposizioni che sono fonte di certezza assoluta, al 100%, proposizioni che sono
fonte di certezza relativa, attualmente al di là di ragionevoli dubbi, e proposizioni che sono soltanto
più o meno probabili ma non prossime alla probabilità del 100%.
a) Proposizioni che sono fonte di certezza assoluta : sono tutte quelle leggi delle scienze esatte
come la matematica,geometria e della stessa logica deduttiva o induttiva. Tutte queste sono
leggi universali, nel senso che hanno la formula universale tutti gli A sono B, forma priva
di ogni indice di probabilità o di frequenza. Nel diritto premesse assolutamente certe non si
danno che in casi rari ad esempio nell'accertamento di fatti da parte di speciali periti o
consulenti tecnici.
b) Proposizioni che sono fonte di certezza relativa : alcune di queste preposizioni hanno
carattere generale, altre riguardano singoli fatti. Hanno un carattere generale e sono fonte di
certezza relativa, ma assimilabile alla certezza assoluta, per cui anch'esse assumono la
forma universale tutti gli A sono B , in questa categoria vi rientrano leggi scientifiche( leggi
empiriche basate su un valore statistico vicino al 100%), leggi giuridiche (esse non sono
fonte di certezza assoluta ma relativa: sono certe se e finché non ne venga messa in
discussione la validità o la interpretazione) e massime di comune esperienza( fondate sul
per lo più o quasi sempre). In questa categoria rientrano come detto fatti singoli come :
fatti notori (il fatto che un certo giorno c’è stato uno sciopero generale), fatti facilmente
osservabili da tutti ( disposizione di legge sulla Gazzetta ufficiale) fatti accertati sulla base
di prove legali (efficacia dell’atto pubblico: l’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di
falso)
c) Proposizioni che sono fonte di semplice probabilità: al di sotto delle proposizioni
assolutamente certe e di quelle relativamente certe ci sono proposizioni solo più o meno
probabili, dotate cioè di un grado di probabilità lontano dal 100%.

4 valore del nesso di consequenzialità: deduzione e induzione


Anche il nesso può essere certo o solo più o meno probabile. Abbiamo visto che il nesso, il dunque,
è esprimibile nel condizionale se le premesse sono vere allora è vera anche la conclusione. Ora, in
alcuni casi questo condizionale è certo, e concludiamo dicendo certamente dunque. In altri casi in
condizionale è meno forte, è solo più o meno probabile, e allora possiamo concludere solo dicendo
probabilmente dunque.

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A
B
...
(certamente dunque) __ (probabilmente dunque)
Z
Si badi il certamente e il probabilmente dunque si riferiscono non alla conclusione ma al nesso di
consequenzialità: p il condizionale se-allora che è certo o probabile, non la conclusione in sé. La
distinzione fra i 2 tipi di nessi e i 2 tipi di argomenti vale a distinguere a due rami della logica,
deduzione e induzione, argomenti deduttivi e argomenti induttivi: l’argomentazione deduttiva
corrisponde al certamente dunque; l’argomentazione induttiva corrisponde al probabilmente
dunque.

5 La forza di un argomento : argomenti dimostrativi e argomenti plausibili


Poiché la forza di un argomento dipende dal valore delle premesse e dal nesso di consequenzialità,
in base al valore di quelle e di questo si possono classificare gli argomenti in base alla forza: ci sono
argomenti fortissimi e argomenti meno forti; diremo dimostrativi i primi e plausibili i secondi.
Gli argomenti dimostrativi, chiamati da Aristotele apodittici, sono tutti quegli argomenti dotati di un
valore massimo nelle premesse e nel nesso di consequenzialità: sono assolutamente certi (esempio
argomenti di matematica).
Gli argomenti plausibili, chiamati da Aristotele dialettici, hanno meno forza: o perché le premesse
non sono assolutamente certe, o perché il nesso è induttivo, o per entrambe le cose. A seconda del
valore delle premesse e della forza del nesso, la plausibilità è graduale: un argomento può essere
molto plausibile, abbastanza plausibile, poso plausibile, implausibile ecc. Gli argomenti
dimostrativi sono propri delle scienze esatte, in tutti gli altri campi della conoscenza dobbiamo
accontentarci della plausibilità: nella plausibilità rientra anche la scienza del diritto.

4 CAPITOLO: ESEMPI DÌ SCHEMI LOGICI


1 gli schemi e le loro caratteristiche
Gli esempi logici presenti sono deduttivi e induttivi

2 esempi di schemi deduttivi


In tutti gli schemi deduttivi la sussistenza del nesso è sempre garantita come certa in quanto di può
dire certamente dunque o certamente ne segue che.

2.1 la regola della costitutività


Fra gli schemi deduttivi possiamo includere anzitutto la regola della costitutività (RC)

una norma valida stabilisce "A"


___________________________
A
questo è uno schema di argomento che è esclusivo della logica giuridica, in virtù del quale da
enunciati che riguardano norme con il loro contenuto si passa ad enunciati che riguardano i fatti
giuridici che corrispondono al contenuto delle norme.

2.2 il sillogismo applicativo


Il sillogismo applicativo ( SA) è l'argomento con cui si applica una legge universale a un caso
particolare:
tutti gli A sono B
ièA
________
ièB

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dove la prima premessa è la legge di base e i rappresenta un particolare oggetto individuale.
Esempio "tutti gli uomini sono mortali, Socrate è un uomo. dunque Socrate è mortale"
In questo caso la legge può essere giudica, una massima di comune esperienza o una legge
scientifica universale.

2.3 il modus ponens


E' in modus ponens (MP) l'argomento per cui, posto che un fatto A ne condizione un altro B, e
accertato che il primo si è verificato, si conclude che si sia verificato anche il secondo.
se A allora B
A
__________
B
La prima premessa col condizionale se A allora B dice appunto che il fatto A condiziona il fatto B,
e costituisce la legge di base del modus ponens. La seconda premessa accerta la sussistenza del
fatto condizionante, che è l’antecedente del condizionale. La conclusione afferma la sussistenza del
fatto condizionato, che è il conseguente del condizionale.
Esempio "se Scorate è un uomo allora è mortale, ma Socrate è un uomo e dunque è mortale"

2.4 il modus tollens


E' in modus tollens (MT) l'argomento per cui, posto che un fatto A ne condiziona un altro B, e visto
che il secondo non si è verificato, si conclude che non deve essersi verificato neppure il primo
sa A allora B
non B
_________
non A
che si legge se fosse A sarebbe B, ma non è B e dunque non può essere A.
Qui, la legge di base, cioè il condizionale della prima premesse, è di solito costituita da massime di
comune esperienza. È infatti un tipo di ragionamento piuttosto comune.
Esempio " se avessi studiato avresti superato l'esame, ma non hai superato l'esame dunque si vede
che non hai studiato"

2.5 il sillogismo disgiuntivo( o ragionamento per esclusione)


Il sillogismo disgiuntivo, o ragionamento per esclusione, è l'argomento per cui, posta un'alternativa
fra due o più ipotesi, scartatele tutte tranne una si conclude per l'ipotesi residua:
AoB
non B
_________
A
E' un ragionamento ben noto si dall'antichità, Cicerone lo definiva:
esposte più ipotesi e negate tutte la altre quell'unica che resta necessariamente ne risulta provata.
E’ un tipo di argomento molto spesso usato nella prova dei fatti, ma ha un’importanza molto più
generale: può considerarsi uno degli schemi fondamentali per qualsiasi tipo di ricerca. Ogni ricerca
si svolge essenzialmente in 3 tappe. Prima si avanza una serie di ipotesi alternative: questo
corrisponde alla prima premessa del ragionamento per esclusione: A o B o C ecc. poi si
sottopongono a controllo le varie ipotesi formulate e le si escludono in base a varie considerazioni:
questo corrisponde alla seconda premessa del ragionamento per esclusione: non B, non C ecc. infine
l’ipotesi che sopravvive costituisce l’esito della ricerca: ciò corrisponde alla conclusione del
ragionamento per esclusione.

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2.6 il ragionamento per assurdo (o riduzione all’assurdo dell’avversario)
Il ragionamento per assurdo, o ragionamento che riduce all’assurdo l’avversario, è il ragionamento
con cui,per mostrare che da certe premesse segue deduttivamente una certa conclusione, si mostra
che si accettano quelle premesse ma si rifiuta quella conclusione ci si contraddice.
Il fatto di accettando le premesse ma rifiutando la conclusione ci si contraddice significa che, una
volta accettate le premesse, per evitare l’assurdo della contraddizione si DEVE accettare anche la
conclusione: non c’è altra alternativa. La linea che si segue in questo ragionamento può essere
rappresentata con un grafico. Indichiamo con PR le premesse dalle quali riteniamo deducibile una
certa conclusione C. quando noi sosteniamo che da PR si deduce necessariamente C, può esserci o
possiamo sempre immaginare che ci sia qualcuno che dialetticamente tenta di confutarci: eccetto le
premesse, dice questi, ma non la pretesa conclusione C: PR ma non C.
PR(premesse)

C non C
Le premesse PR sono comuni a noi e al nostro oppositore, ma le posizioni si dividono quanto alla
conclusione C.
E' un genere di ragionamento ben noto nella deduzioni della geometria e della matematica: quando
si vuole dimostrare un teorema si mostra che accettando gli assiomi, se si nega il teorema si arriva
attraverso una catena più o meno lunga di passaggi a contraddirsi; ma si tratta di un tipo di
argomentazione usato dappertutto.

3 esempi si schemi induttivi


Negli schemi induttivi il nesso di consequenzialità, per definizione, non è mai certo, ha una
probabilità inferiore al 100%. Varia a seconda del tipo di argomento, e il suo valore dipende anche
dalla probabilità delle premesse che costituisce la legge di base, se c’è.

3.1 la generalizzazione universale induttiva


La generalizzazione universale induttiva (GUI) è l'argomento con cui dall'osservazione di alcuni
casi particolari si ricava una legge universale, valida per tutti i casi. In questo argomento la prima
premessa non è una legge di base, è solo la registrazione di una serie di osservazioni: la legge
invece è quella che si ottiene nella conclusione. Questo è lo schema:

tutti gli A osservati sono B


____________________________(probabilmente dunque)
tutti gli a sono B
tutti gli A osservati costituisce il limitato campione che viene osservato, tutti gli A è la intera
produzione popolazione sulla quale si proietta la struttura del campione. Esempio : tutti gli smeraldi
osservati sono verdi, probabilmente tutti gli smeraldi sono in generale verdi.

3.2 la generalizzazione statistica


Molte volte non siamo in condizione di dire che tutti i casi osservati hanno una certa caratteristica,
ma solo che una data percentuale dei casi osservati presentano quella caratteristica. Per questo non
si può usare la GUI ma usiamo la GS. La generalizzazione statistica (GS) è l'argomento con cui
dall'osservazione di alcuni casi particolari si ricava una legge statistica, valida non per tutti i casi ma
per una percentuale di essi.
l'n% degli A osservati è B
____________________________(probabilmente dunque)
l'n% degli A è B

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3.3 caratteri e condizioni delle generalizzazioni
La GUI e la GS sono procedimenti induttivi, e pertanto in essi il nesso ha variabile forza
probabilistica. Le condizioni di questa forza dipendono dalla formazione del campione, e sono tre:
1. Veridicità : il campione delle essere vero non falso ne probabile
2. Numerosità : più sono i casi osservati più è probabile il nesso
3. Rappresentatività : il campione deve rappresentare la maggior parte delle caratteristiche
della popolazione presa in considerazione
Il mancato rispetto di queste condizioni rende le generalizzazioni induttivamente deboli.

3.4 il sillogismo statistico


Le generalizzazioni concludono con una legge universale (tutti gli A sono B, l’n% degli A è B),;
entrambi i tipi di legge possono poi essere applicati a casi particolari. La legge universale, abbiamo
visto, si applica a casi particolari con il sillogismo applicativo che è deduttivo. È possibile applicare
anche la legge statistica a casi particolari con un sillogismo induttivo: il sillogismo statistico.
Si può definire il sillogismo statistico (SS) come l'argomento che applica una legge statistica
( scientifica o una massima di esperienza) ad un caso particolare:
l n% degli A è B
ièA
_____________ (probabilmente all’n% dunque)
ièB
Esempio il 45% dei fumatori abituali spesso muore di un tumore la polmone, Sempronio è un
fumatore abituale con il 45% di probabilità ne segue che Sempronio rischia di essere affetto di
tumore.

3.5 l'argomento per abduzione


Di solito procediamo dalla causa agli effetti (c’è fuoco, dunque qualcosa brucia). Ma non di rado
ignoriamo la causa e conosciamo solo gli effetti e, pur se con minore certezza, procediamo a
rovesci, dagli effetti risaliamo alla causa di cui quegli effetti sono segni o indizi. L’argomento che
procede in questo modo è l’argomento per abduzione, che si potrebbe anche dire argomento
indiziario. Esso serve appunto a risalire da certe conseguenze alla scoperta del fatto che le ha
prodotte: l'argomento per abduzione (ABD) è l'argomento con cui, sapendo che ad un certo fatto
ipotizzato segue normalmente una data conseguenza, dalle presenza di questa conseguenza, che
funziona come indizio del fatto ipotizzato, si risale al fatto stesso.
è probabile che se (c'è il fatto) F allora (c'è anche l'indizio) I
(c'è l'indizio) I
________________________ (probabilmente dunque)
(c'è il fatto) F
Esempio: è probabile che se ha piovuto allora il terreno sarà bagnato, osserviamo che in effetti il
terreno è bagnato allora probabilmente dunque ha piovuto.
Tuttavia il semplice schema sopra indicato costituisce solo quello che potremmo dire il nucleo del
ragionamento abduttivo, nucleo che di per se è insufficiente per stimare la forza dell'argomento,
ossia il grado di probabilità del nesso di consequenzialità espresso dal dunque. Per valutare con
maggiore precisione questa forza argomentativa, il nucleo deve essere integrato da ulteriori
informazioni che si posso chiamare condizioni al contorno dell’abduzione e che emergono da un
teorema di calcolo delle probabilità, dal teorema di Bayes.
Da questo teorema si possono dedurre le condizioni in base alle quali varia la probabilità del nesso
induttivo di consequenzialità dell’argomento per abduzione. Queste condizioni sono:
a) la probabilità apriori del fatto da scoprire F,
b) il confronto fra la probabilità del condizionale di base ( se c'è F c'è I) e il condizionale
alternativo ( anche se non c'è F può esserci I)

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più precisamente la probabilità del nesso induttivo cresce :
a) quanto più è alta la probabilità a priori del fatto ipotizzato
b) quanto maggiore è la probabilità che l'indizio sia conseguenza del fatto ipotizzato (se c’è F
allora I) rispetto alla probabilità che invece l'indizio sia conseguenza non del fatto
ipotizzato ma di altri fatti (che anche se non F allora I).
c'è già una certa probabilità che F
è probabile che se F allora I
è meno probabile che se non F allora I
c'è I
____________________________________________ ( è più probabile di prima dunque che)
F
Così l’ipotesi della pioggia indotta dall’indizio del terreno bagnato è ben confermata se riteniamo
che il terreno è bagnato più probabilmente a causa della pioggia che a causa di altri fatti, ma è
irragionevole se sappiamo che è invece più probabile che il terreno sia bagnato in conseguenza non
della pioggia ma di altre cause 8 x es per l’abituale umidità della zona)

3.6 l'argomento per abduzione multipla


C'è un importante corollario del teorema di Bayes per cui sotto certe condizioni di indipendenza la
forza del nesso in un argomento per abduzione cresce col numero di indizi che convergono sul fatto
ipotizzato. Possiamo chiamarlo argomento per abduzione multipla (ABDM) e nel suo nucleo può
essere rappresentato nello schema:

probabilmente se F allora I 1,I2,....In


I 1,I2,....In
____________________________________(probabilmente dunque)
F
Esempio: se ha piovuto allora il terreno sarà bagnato, l'aria sarà fresca, nell’aria si sentirà odore di
ozono, il cielo sarà ancora nuvoloso, in effetti c'è questo, molto probabilmente ha piovuto.

CAPITOLO 5: I VIZI DEGLI ARGOMENTI


1 vizi di comunicazione e vizi strutturali
L'argomentazione come può essere plausibile e forte così può essere implausibile e debole perché
affetta da vizi o errori. Si è già distinto 2 generi di vizi dell’argomentazione: vizi di comunicazione
che riguardano il modo non felice in cui sia stato espresso l’argomento testuale , perché sciatto,
noioso, non accattivante, e vizi strutturali che riguardano la struttura dell’ argomento, cioè i vizi
relativi alle premesse e al nesso di consequenzialità.

2 vizi delle premesse


Le premesse sono viziate se non sono vere o non sono sufficientemente provate. La tipologia di
questi errori è vastissima. Le premesse che più interessano i giuristi sono: le alternative e le
massime di comune esperienza. Le premesse costituite da 2 o più ipotesi ( AoB, AoBoC…) di solito
vengono usate come prima premessa dei sillogismi disgiuntivi o ragionamenti per esclusione. Tali
premesse possono essere false quando sono incomplete, ossia quando le alternative ipotizzate non
sono tutte quelle possibili. Per quanto riguarda le massime di comune esperienza esse sono espresse
in termini non percentuali ma qualitativi (generalmente, perlopiù….) ottenendo spesso
generalizzazioni imprecise e grossolane. Può così capitare che si citino come massime adagi
popolari o addirittura pregiudizi che sono privi di un serio fondamento. Ciò accade specialmente
quando ci si muove sul terreno psicologico o sociologico.

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3 vizi del nesso di consequenzialità
Di fondamentale importanza sono i vizi che riguardano il nesso di consequenzialità. Un argomento
è viziato nel nesso , ossia logicamente scorretto, se ha un nesso che non è deduttivamente valido e
non è neppure induttivamente abbastanza forte.
Il nome con cui sono noti i vizi del nesso è sofismi o fallacie: sofisma o fallacia è un argomento
apparentemente persuasivo (al livello dell’argomento testuale), ma che, analizzato (al livello di
argomento strutturato), si rileva logicamente scorretto, cioè privo di nesso deduttivamente validoe
di nesso induttivamente forte. oggi si sono individuate più di 100 fallacie.

3.1 la fallacia dell'affermazione del conseguente


Lo schema di tale fallacia è il seguente:
se A allora B
B
_____________________
A
è una deformazione del modus ponens (se A allora B, A, quindi B). La premessa è uguale nei due
schemi (MP e fallacia), ma nella fallacia la seconda premessa e la conclusione sono invertite: la
fallacia conclude con l’antecedente del condizionale A, sulla base dell’affermazione del
conseguente B – da cui il nome.
Es : - se il tale fiume si trova in Italia allora è in Europa, è in Europa, dunque si trova in Italia.
- se questo animale è un gatto allora ha quattro zampe, questo animale, che è il mio cane, ha quattro
zampe, dunque il mio cane è un gatto.
Tuttavia, l’argomento nella forma della fallacia dell’affermazione del conseguente è sbagliato come
argomento deduttivo, se cioè con esso si pretende di concludere dicendo certamente dunque, ma, in
certi casi, può vale come argomento induttivo, se ci si limita a concludere dicendo probabilmente
dunque. (probabilmente se A allora B, B, probabilmente quindi A)

3.2 la generalizzazione affrettata


Si ha quando non si rispettano le condizioni di forza della generalizzazione: ossia quando non si
registrano correttamente le osservazioni del campione. È la causa delle massime di comune
esperienza errate.

3.3 l'argomento per mancanza di prova contraria


Questa fallacia consiste nel sostenere una tesi solo perché non è stato provato il contrario. Si
sostiene che una tesi è falsa solo perché non è stato provato che è vera, o che una tesi è vera solo
perché non è stato provato che è falsa:

non è provato che A è vera


____________________________
A è falsa

non è provato che A è falsa


____________________________
A è vera
esempio : non è provato che su altri pianeti c'è vita, dunque fuori del nostro pianeta non c'è vita.
In generale questo modo di ragionare è un errore, ma non sempre. In particolare non lo è nel diritto
quando è imposto l’onere della prova: ad es. art. 530 c.p.p. se non è provata la colpevolezza
del’imputato questi non è colpevole. Ma ciò che qui rende valido l’argomento è proprio questa
ulteriore premessa aggiunta dal diritto, perché allora l’argomento diventa addirittura una deduzione,
precisamente un modus ponens:

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- se non è provato che l’imputato è colpevole, allora l’imputato non è colpevole

- non è provato che l’imputato è colpevole

- l’imputato non è colpevole

3.4 l'argomento dell'appello all'autorità incompetente


Questa fallacia consiste nel sostenere una cosa sola perché l'ha detta una persona che ha generiche
qualità positive, per esempio gode di popolarità, ma che non è competente a dare quel giudizio. La
fallacia può essere così schematizzata:

A è affermata da i ( non competente)


_______________________________________
A è vera
pubblicità e propaganda fanno, magari implicitamente, largo uso ed abuso dell’argomento
dell’autorità incompetente. Altrettanto frequentemente, tuttavia, l’argomento non è fallace. Ad es.
quasi sempre prendiamo per vero ciò che afferma il medico. Quello che in molti casi rende
accettabile l’argomento dell’appello dell’autorità è la competenza della persona che compie
l’affermazione: competenza nel senso che essa è attendibile quanto ai fatti che afferma.

3.5 l'errore delle informazioni trascurate


C’è un ultimo tipo di errore, importante sul piano dialettico e in particolare sul piano processuale:
l’errore delle informazioni trascurate, che consiste nel non tenere conto di informazioni e di dati che
sono disponibili nel contesto degli elementi di giudizio raccolti. Un tale errore può verificarsi
specialmente quando si decide una controversia trascurando obiezioni e argomenti, che forniscono
informazioni, avanzati da una parte o dall’altra; il che rende logicamente scorretta la valutazione
delle induzioni, perché una induzione è corretta solo se si tiene conto di tutte le informazioni
rilevanti disponibili. Perciò questo è uno dei possibili motivi di censura di una sentenza.

SEZIONE B
APPLICAZIONI

CAP 1. APPLICAZIONI DELLA LOGICA ALLA SCIENZA GIURDIDICA

1. SCIENZA GIURIDICA PURA E SCIENZA GIURIDICA APLLICATA.

E’ iportante mostrare gli usi che della logica compie la scienza giuridica nell’affrontare i problemi
che le sono propri. Quali sono questi problemi? Per rispondere a questa domanda occorre
distinguere due momenti della scienza giuridica:
a) SCIENZA GIURIDICA PURA O TEORICA, comunemente “dottrina” , la quale tratta
questioni generali ed astratte, chiedendosi , p.e, se una certa legge sia costituzionalmente
legittima;
b) SCIENZA GIURIDICA APPLICATA O PRATICA, la “giurisprudenza, la quale affronta
questioni pratiche e concrete, chiedendosi, per es., se il contratto concluso fra due
determinate persone sia o no un contratto di compravendita, se questo contratto è nullo ecc.
Ma la scienza giuridica applicata per rispondere alle domande particolari e concrete che si pone
deve aver risolto anche problemi generali ed astratti propri della scienza pura e tecnica (non a caso
avvocati, magistrati, fanno continuo riferimento alla dottrina).

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2. QUESTIONI DI DIRITTO E QUESTIONI DI FATTO.

Ai fini processuali è importante la distinzione tra questioni di diritto e questioni di fatto.


L’importanza della distinzione è stata ben avvertita dalla retorica antica, la quale, ha elaborato la
teoria dello STATUS CAUSAE. Status causae voleva dire lo specifico punto in discussione nella
causa, cioè la specifica questione che nasce dall’affermazione di una parte e dalla negazione
dell’altra; e tra gli status causae ha distinto e analizzato da un lato la questione di fatto, in cui ciò
che si discute è appunto l’esistenza di un fatto, e dall’altro la questione di diritto, in cui si discute la
qualificazione giuridica ddel fatto.
Se teniamo presente questa distinzione non sarà difficile distinguere questioni di mero fatto e
questioni di diritto.
a) QUESTIONI DI MERO FATTO: sono quelle che riguardano l’accadimento esteriore,
considerato in se e per se, a prescindere dal suo significato giuridico; questioni perciò
risolvibili anche da chi nulla sa di diritto;
b) QUESTIONI DI DIRITTO: sono quelle che riguardano il significato giuridico
dell’accadimento derivante dal contenuto delle norme; questioni perciò risolvibili solo da
chi ha conoscenze giuridiche.
Occorre stare attenti ai casi che sono misti di diritto e di fatto. Prendiamo ad esempio il caso
dell’art. 433 c.c. il quale impone l’obbligo di prestare gli alimenti a una certa categoria di congiunti
dell’obbligato. La questione se l’obbligato abbia prestato i dovuti alimenti ad una data persona
potrebbe sembrare una questione di mero fatto. Non lo è: è una domanda che non si può rivolgere a
chi ignori il significato giuridico del termine “alimenti” che è diverso da quello comune. In
definitiva, la questione rimane di diritto finchè in essa si presentano concetti di diritto che non
hanno corrispondenza nell’esperienza extragiuridica. Per arrivare a porre la questione di fatto il
giurista deve analizzare e specificare questi concetti giuridici fino al punto in cui essi e i linguaggio
in cui sono espressi giungano a coincidere con i concettive il linguaggio dell’esperienza comune o
scientifica.

CAPITOLO 2
ARGOMENTI NELLE QUESTIONI DÌ DIRITTO

1gli argomenti nelle questioni di diritto


Le questioni di diritto sono fondamentalmente di due generi, di validità o di interpretazione. I
diversi generi di questioni non sono separati tra loro, nel senso che per sapere se una norma è valida
spesso dobbiamo sapere che cosa significa.

2 argomenti nelle questioni di validità delle norme


Chiedersi se una norma è valida è chiedersi se quella norma appartiene all’ordinamento normativo,
e ciò presuppone che si abbia un’idea dell’ordinamento, di ciò che esso è. Una tale definizione la dà
il principio di identificazione , nel quale si esprime l’atto con cui i padri della costituzione hanno
concepito e definito l’ordinamento: il principio di identificazione stabilisce appunto che
l’ordinamento è composto di certe norme.
Le norme nella nostra scienza giuridica devono rispettare la costituzione emanate nel 1948.
Sono valide e conformi alla costituzione
 Norme della costituzione e norme logicamente derivabili;
 Norme che la costituzione abbia recepito e quelle da esse derivabili;
 Norme determinate nella loro validità dalle norme di trasformazione e di razionalizzazione
che sono esse stesse contenute nell’ordinamento
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2.1 l’argomento a contrario e l’argomento per analogia
I principi generale di esclusione e di analogia sono norme di validità che entrano in gioco nel caso
di lacune, ossia di casi non previsti, e producono una norma integrativa che disciplina quei casi. La
logica con cui operano questi principi è rappresentabile in due speciali argomenti, rispettivamente
l’argomento a contrario e l’argomento per analogia
L’argomento al contrario è l’argomento in base al quale , una data norma valida che stabilisce che
gli A sono B e dato che A’ non è A, si conclude che A’(non previsti) non sono B.
Si può così schematiccare:
Gli A sono B
Gli A’ non sono A
_______________________
Gli A’ non sono B
Posto cosi l’argomento è una fallace perché presenta della incongruenze.
Es: i protestanti sono credenti, i cattolici non sono protestanti, dunque i cattolici non sono credenti.
L’argomento diventa deduttivo e valido se si presuppone il principio generale di esclusione, che
dice appunto che la disciplina stabilita da una norma è esclusa, per i casi non previsti: se gli A sono
B, e gli A’ non sono A, allora gli A’ non sono B. Con l’aggiunta di questo presupposto l’argomento
diventa un modus ponens
Se gli A sono B e gli A’ non sono A allora gli A’ non sono B
Gli A sono B e gli A’ non sono A
_________________________________
Gli A’ non sono B
L’argomento per analogia (o a simili) è l’argomento in base al quale, data una norma valida che
stabilisce che gli A sono B , e dato che certi A’ non sono previsti dalla norma (quindi non sono A)
ma sono simili agli A, si conclude che vale la norma che stabilisce che anche gli A’ (non previsti)
sono B. L’argomento è rappresentabile nello schema:

Gli A sono B
Gli A’ non sono A ma sono molto simili ad A
________________________________________
Anche gli A’ sono B
Ancora una volta lì argomento è incompleto e privo di valore logico.
(per esempio i muli sono sterili, gli asini sono simili ai muli, dunque anche gli asini sono sterili)
Ma anche l’argomento per analogia può essere ricostruito in forma valida esplicitando una
premessa di carattere generale che è presupposta. Completando con l’aggiunta di questa premessa,
anche l’argomento per analogia diventa un modus ponens:
Se gli A sono B e gli A’ non sono A ma sono simili agli A, allora anche gli A’ sono B
Gli A sono B e gli A’ non sono A ma sono simili agli A
_________________________________________________
Anche gli A’ sono
L’argomento per analogia si esclude nel caso di leggi penali e di leggi eccezionali

2.2 la logica nelle ricostruzioni dei principi generali


Altro strumento di integrazione dell’ordinamento è il ricorso ai principi generali . I principi generali
sono norme a carattere generale. Talvolta questi principi sono enunciati esplicitamente
nell’ordinamento; in questi casi non si pone il problema di sapere attraverso quali procedimenti
logici si sono ricavati; altre volte, i principi non sono espressi; e qui si pone il problema logico.
Comunemente si ritiene che i principi si ottengano per generalizzazione da singolo disposizioni
particolari. Si tratta della generalizzazione universale induttiva. Allora lo schema dell’argomento
con cui si ricavano questi principi può essere questo:

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se nell’ordinamento è valido il principio P allora ce ne saranno tracce in varie norme
ci sono tracce di P nelle norme N,M,O
_____________________________________________________
Nell’ordinamento è valido P
Esempio Principio di conservazione degli Atti, principio esistente negli Articoli 1367,1419,1424 il
principio esiste.

3 la logica nella interpretazione

L’interpretazione è la lettura che il giurista da alla legge, per l’interpretazione è necessario


l’utilizzo di tre criteri:
1. Criterio letterale : conoscenza delle grammatica e dell’linguaggio
2. Criterio sistematico : il giurista deve considerare l’intero contesto discorsivo nel quale si
inscrive la disposizione da interpretare;
3. Criterio teleologico : occorre tenere conto del contesto situazionale, le circostanze nelle
quali è stata posta la disposizione da interpretare;
Il giurista quando si accinge all’interpretazione ha in mente tutto questo complesso di criteri, che
costituiscono le premesse per i l ragionamento ermeneutico; d’altra parte il giurista ha di fronte un
problema interpretativo: il dubbio (alternativa di due o più interpretazioni). Il giurista può
procedere logicamente in questo modo: confronta ciascuna ipotesi (s,s’,s’’) con le sottintese
premesse ermeneutiche (criterio letterale,sistematico e teologico), e le esclude, cioè le nega, via via
che contrastino con uno od altro dei criteri, e infine accetta per esclusione l’ipotesi sopravvissuta.
Tutto può essere rappresentato nel seguente schema:
Criterio letterale
Criterio sistematico
Criterio teleologico
_______________________

S o S’ o S’’
Non S’ non S’’
__________________
S ( conclusione)

CAPITOLO 3

ARGOMENTI NELLE QUESTIONI DI FATTO

1 gli argomenti nelle questioni di fatto: le prove


Gli argomenti usati per la soluzione delle questioni di fatto sono le prove,. Provare la sussistenza di
un fatto implica argomentare e ragionare. Dottrina e giurisprudenza lo confermano parlando a tal
proposito di “ argomenti probatori”. Nel loro nucleo le prove consistono nell’enunciare un fatto
accertato, elemento di prova, dal quali si desume la sussistenza di un fatto da provare. Perciò
scriveremo:
E (elemento da provare)
________
F (fatto da provare)
O, in forma giustificativa: F è un fatto ipotizzato da provare, sussiste, dato E, l’elemento di prova.

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Da un punto di vista logico distingueremo le prove a carattere deduttivo dalle prove a carattere
induttivo.

2 prove deduttive
Si potrebbe pensare che gli argomenti probatori, in quanto relativi a questioni di fatto, siano
esclusivamente di natura induttiva. Ma in realtà ci sono argomenti induttivi utilizzabili nelle
questioni di diritto e argomenti deduttivi applicabili alle questioni di fatto.

2.1 prove in forma di sillogismo applicativo e di modus ponens


Il sillogismo applicativo e il modus ponens si prestano ad essere impiegati nella prova dei fatti
quando la legge di base corrisponde ad una legge scientifica o ad una massima di comune
esperienza: a condizione però che tale legge possa essere considerata fonte di certezza almeno
pratica, e che perciò possa essere trattata nel sillogismo applicativo nella forma universale tutti gli A
sono B (ossia come legge valida al 100%), e nel modus ponens nella forma se A allora B senza
alcun indice di probabilità. Se si possono assumere come vere tutte e due le premesse del sillogismo
applicativo o del modus ponens, allora l’argomento probatorio svolto in queste forme avrà la
massima forza e sarà pienamente plausibile.

2.2 la prova dell’alibi e il modus tollens


Il modus tollens può avere diverse applicazioni nell’ambito delle prove, ma tra le più interessanti
c’è la prova dell’alibi. Quest’ultima si può definire come l’argomento con cui si prova che un
soggetto non ha commesso un fatto sulla base della circostanza che quel soggetto si trovava in un
luogo diverso da quello del fatto. Questo tipo di argomento può essere esposto nella forma del
modus tollens ( se A allora B, ma non A, dunque non B) : se l’imputato fosse l’autore del delitto, si
sarebbe dovuto trovare sul luogo del delitto ,ma li non si trovava ,quindi non è l’autore del delitto.
La prova dell’alibi è una delle prove più forti di cui possa servirsi la difesa, a condizione però che
entrambe le premesse si possano considerare fuori di ogni ragionevole dubbio.

2.3 la prova per esclusione e il sillogismo disgiuntivo


La prova per esclusione consiste nel fatto che muovendo da un’alternativa di diversi fatti ipotizzati,
A o B o C…, ed escludendo sulla base di altre prove tutti i fatti ipotizzati, non B, non C, ecc, si
conclude per l’unica ipotesi rimasta in piedi.
Es: i possibili autori del fatto sono X o Y, ma Y non è stato, dunque è stato X.

2.4 la riduzione all’assurdo nella prova dei fatti.


La riduzione per assurdo è il ragionamento con cui si dimostra che, accettate certe premesse , chi ne
rifiutasse una certa conclusione finirebbe per contraddirsi. La dimostrazione per assurdo (per cui
si usa anche la locuzione latina reductio ad absurdum), nota anche come "ragionamento per
assurdo", è un tipo di argomentazione logica in cui si assume temporaneamente un'ipotesi, si
giunge ad una conclusione assurda, e quindi si dimostra che l'assunto originale deve essere
errato.
Il fatto di accettare le premesse ma rifiutare la conclusione vuol dire contraddirsi per evitare questo
si deve accettare la conclusione.
In verità l’uso del ragionamento per assurdo è piuttosto intuitivo e di fatto lo si impiega con
maggior difficoltà nella matematica che nel discorso quotidiano, politico o giuridico: mettere in
difficoltà l’avversario e mostrare che è lui che sbaglia fino al punto di dire cose assurde è un modo
molto comune ed istintivo di avere ragione. E’ perciò frequentemente usato nel processo.

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3 prove induttive
Le prove di carattere induttivo sono le prove per lo più disciplinate dalle legge: la prova
testimoniale, la prova documentale, la prova indiziaria, la prova peritale.

3.1 prove in forma di sillogismo statistico


Il sillogismo statistico ha la forma l’n % degli A è B, I è A ,con la probabilità dell’ n %, dunque I
è B.
Esempio Tutti gli omicidi sono motivati, Caio è un omicida, dunque Caio per uccidere ha avuto un
movente.
La forza dell’intero argomento, cioè il grado della sua plausibilità, dipende dal valore del nesso di
consequenzialità, che è uguale all’n % della legge di base, e dalla verità della seconda premessa,
che è l’elemento di prova.

3.1.1 la prova testimoniale


La prova testimoniale nel sillogismo statistico rimane generalmente nascosta. Nel suo nucleo, la
prova testimoniale si presenta nella forma dell’elemento di prova, che è la dichiarazione del
testimone, e del fatto da provare, che è la verità di ciò che dice il testimone.

A è affermato da T
_________________________ probabilmente
A è vero
Dove A è il fatto a provare e T è il testimone che afferma quel fatto.
Questo schema di prova, cosi come stà, non solo non è valido, ma sembra costruire la fallacia a noi
nota dell’appello ad autorità incompetente. L’argomento probatorio tuttavia non è fallace in quanto
il testimone viene considerato competente in quanto persona informata dei fatti che afferma. Si
presume che il testimone si sia trovato in condizioni tali da rendere credibili le sue dichiarazioni.
Ciò che pertanto da forza all’argomento è un’assunzione tacita con la quale bisogna integrare lo
schema di sopra:

L’n% di ciò che è stato affermato da persona che nelle condizioni C,C’,C’’ è vero
A è affermato da T che nelle condizioni C,C’,C’’
____________________________________________________
A è vero
Le condizioni di attendibilità del testimone possono essere classificate in almeno 4 categorie:
 Oggettive : il fatto deve essere stato percepito direttamente dal testimone, e ben visibili;
 Psicologiche : il testimone deve avere le piene facoltà di percezione, movimento, di
intendere e volere;
 Logiche : le dichiarazioni del testimone devono essere coerenti, chiare e non incredibili;
 Morali : la moralità del testimone non deve essere messa in discussione da precedenti
penali o da possibili vantaggi ottenibili attraverso una testimonianza fasulla

3.1.2 la prova documentale


Simile alla prova testimoniale è la prova documentale, solo che qui chi parla non è un testimone ma
un documento. La struttura della prova documentale è simile alla prova testimoniale salvo il fatto
che le premesse nella prova documentale sono più articolate:
-L’n% di ciò che è affermato nel documento D redatto da persona che nelle condizioni
C,C’,C’’ è vero
-A è affermato nel documento D redatto da persona che nelle condizioni C,C’,C’’
____________________________________( con la probabilità dell’n%, dunque)
A è vero

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Anche in questi casi bisogna accertare la piena veridicità della prova. La principale differenza dalla
prova testimoniale è la necessità di provare a parte l’autenticità del documento.

3.2 la prova indiziaria


La prova indiziaria ha la struttura logica dell’argomento per abduzione (La prova indiziaria si
presenta nel suo nucleo, cosi come la prova testimoniale,nella forma tipica del rapporto tra un
elemento di prova, e il fatto da provare:
C’è l’indizio I
__________________________ probabilmente dunque
Sussiste il fatto da provare F

Ma, come nella prova testimoniale, questo schema deve essere integrato con una serie di
presupposti sottaciuti.
C’è già una certa possibilità che il fatto F da provare sussiste
È probabile che se c’è il fatto F allora c’è anche l’indizio I
( l’indizio I è probabile conseguenza del fatto F)
È meno probabile che se non c’è il fatto F ci sia l’inizio I
( l’indizio I è conseguenza meno probabile del fatto F)
È accertata l’esistenza dell’indizio I
________________________________________________più probabilmente di prima dunque
Il fatto F sussiste

Es: se Tizio ha ucciso allora possedeva l’arma del delitto (se F allora I), e, presupponendo
questa legge di base, dall’indizio risaliamo al fatto che intendiamo provare: è accertato,
diciamo, che l’imputato era in possesso dell’arma (I), con molta probabilità dunque Tizio ha
ucciso F.

3.2.1 indizi gravi precisi concordanti


Gli indizi possono essere classificati in:
a) Gravi: un indizio deve essere grave nel senso che deve “aggravare” la posizione della parte
contro la quale l’indizio viene fatto valere;
b) Preciso: l’indizio deve essere un indizio preciso del fatto da provare nel senso che deve
indicare precisamente quel fatto e non altri fatti;
c) Pluralità concordante degli indizi: qui vanno considerati sia l’aspetto della pluralità che
quello della concordanza. Il fatto che l’art 192 c.p.p e l’art.2729 c.c. parlano di indizi al
plurale ha costituito argomento per ritenere che un solo indizio è insufficiente. Ma alcune
recenti sentenze della corte di cass hanno ammesso che in certi casi può bastare anche un
solo indizio purchè sia particolarmente grave e preciso. Quanto al requisito della
concordanza, esso significa anzitutto che gli indizi devono convergere sul medesimo fatto e
non devono contrastare tra loro.

3.3 la prova peritale


In tutti i tipi di prova fin qui esaminati, se la prova può essere basata su una massima di esperienza ,
il giudice, l’avvocato, il p.m, è in grado da solo di argomentare e di valutare. Ma quando le massime
di comune esperienza non sono sufficienti a risolvere la questione di fatto si rivolgono ad un perito
più specificamente “consulente tecnico d’ufficio”. La prova peritale è la prova che viene utilizzate
sulla base di perizie effettuate da esperti su una determinata situazione.
Questa prova avrà i caratteri della precisione e della esternalità in quanto la valutazione della prova
stessa è fatta da persone che sono estranee alla vicenda, seguendo leggi empiriche e scientifiche.
La prova peritale ha anch’essa una sua logica. Ma nella prova peritale si possono distinguere, per
cosi dire, una logica interna ed una logica esterna: la logica interna è il ragionamento che compie il

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perito per giungere alle sue conclusioni, la logica esterna è il ragionamento che compie il giudice ,
l’avvocato o il ministero , quando accetta o respinge le conclusioni della perizia.
Se il giudice dissente dalla perizia del consulente tecnico deve motivare il suo dissenso e non può
sostituire alle conclusioni peritali una propria autonoma conclusione. Potrà disporre, motivando, o il
rinnovo della perizia o una perizia suppletiva.

4 la valutazione complessiva delle prove


La valutazione delle prove da parte del giudice può essere fatta valutando tutte la prove
contemporaneamente oppure analizzandole una per una.
Dopo questa valutazione le prove verranno considerate attendibili, inattendibili, sufficienti,
insufficienti, rilavanti o irrilevanti ai fini di togliere ogni ragionevole dubbio sulla colpevolezza o
meno dell’imputato I criteri di valutazione complessiva delle prove sono differenti a seconda che si
tratti di un processo civile o di un processo penale. Nel primo caso può bastare il criterio della
preponderanza delle prove: si tratta di stabilire se, date tutte le prove, a favore e contro, è più
possibile la sussistenza o la insussistenza del fatto dedotto in giudizio. Nel processo penale questo
non basta: le prove a favore del fatto delittuoso non solo devono superare le prove contrarie ma
devono spingere la probabilità della sussistenza del fatto molto in alto, oltre la soglia del
ragionevole dubbio.

CAPITOLO 4.

LA LOGIA NELLA SENTENZA

1 la sentenza come argomento testuale e come argomento riconosciuto


L’intero processo si riassume nella sentenza . Ma per esaminare la struttura logica e i possibili vizi
della sentenza occorre distinguere la sentenza come argomento testuale e la sentenza come
argomento ricostruito. L’argomento testuale è letteralmente enunciato da chi argomenta (il giudice)
celando al sui interno la struttura dell’argomento stesso con le motivazioni, quello riconosciuto è
quello che noi possiamo ricostruire sull' argomento testuale, serve per comprendere la sentenza.

2 la struttura logica della sentenza


Poiché la sentenza deve essere motivata e normalmente bene male lo è, essa è un argomentazione,
e in quanto tale ha una struttura logica. Secondo l’opinione corrente la struttura logica della
sentenza è un semplice sillogismo applicativo, in quanto appunto applica una norma a carattere
generale ad un fatto particolare, secondo il noto schema:

Tutti gli A sono B (norma)


(motivazione)
I è A (fatto)
____________________________

IèB (dispositivo)

Dove entrambe le premesse costituiscono la motivazione e la conclusione il dispositivo della


sentenza. Questo è chiamato comunemente sillogismo giudiziale. Per quanto utile questo schema
rappresenta solo sommariamente e non del tutto esattamente la struttura argomentativa della
sentenza. In realtà la sentenza nella sua struttura logica non ha queste caratteristiche. E’ da dire
dunque più esattamente che la sentenza nella sua struttura logica è una composizione di argomenti,
ricostruibili in certe forme e solo più o meno plausibili.

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3 dei vizi della sentenza
L’intera sentenza come pure i suoi su argomenti possono essere viziati. Occorre fare due importanti
distinzioni. Anzitutto si distinguerà a seconda che l’argomento viziato riguardi questioni di diritto o
questioni di fatto. Poi all’interno di entrambi, ma soprattutto a proposito dei vizi degli argomenti di
fatto, si distingueranno in vizi logici e vizi di merito.

3.1 vizi degli argomenti relativi alle questioni di diritto


In un argomento relativo ad una questione di diritto l’errore può riguardare i giudizi di diritto o il
nesso di consequenzialità tra premesse e conclusione. L’errore può dipendere da:
 Aver considerato valida una norma che non lo è più;
 Una errata interpretazione della norma;
 Una errata applicazione di una norma in un caso particolare;

3.2 vizi degli argomenti relativi alle questioni di fatto vizi logici
I vizi relativi ad un’argomentazione relativa a questioni di fatto si distinguono in: vizi logici e vizi
di merito.
I vizi logici sono discutibili davanti alla cassazione, e riguardano la logica della sentenza. Questi
sono ricorribili in cassazione solo se investono un punto che sia decisivo per la soluzione della
controversia . Vizi logici sono la contraddittorietà, la insufficienza o la mancanza della motivazione.

3.2.1 contraddittorietà
Due proposizioni sono contraddittorie se non possono essere entrambe vere, o, in altri termini, se la
loro congiunzione disegna un fatto impossibile al 100%. Raramente due affermazioni
contraddittorie appaiono in modo esplicito e testuale, nella forma A e non B. Per lo più la
contraddittorietà è implicita e deve essere riconosciuta al di sotto delle espressioni testuali. La
contraddizione invece è apparente se per esempio deriva soltanto dall’uso improprio del linguaggio,
o se deriva da mero errore materiale.

3.2.2 insufficiente motivazione


Questo vizio colpisce il nesso di consequenzialità dell’argomento in fatto. Il nesso di
consequenzialità è viziato se è troppo debole per sostenere la conclusione. Es: una sentenza può
commettere la fallacia dell’appello ad autorità incompetente,una sentenza può commettere la
fallacia dell’affermazione del conseguente, vizi di insufficiente motivazione derivanti dalla errata
valutazione delle prove e la mancata considerazione nella sentenza di elementi decisivi peraltro
disponibili.

3.2.3 motivazione mancante


La motivazione può essere insufficiente ma può addirittura mancare: può esserci solo
apparentemente o mancare del tutto. Il caso più classico di motivazione apparente è la c.d.
motivazione per relationem che si ha quando il giudice si limita a rinviare per la motivazione ad
argomentazioni svolte in altra sede.
Esempio giudice dell’appello rinvia le argomentazioni svolte dal giudice di primo grado.
La mancanza assoluta di motivazione in fatto si ha quando la sentenza contiene giudizi di fatto che
il giudice avrebbe dovuto motivare ma che neppure accenna a giustificare.

3.3 vizi relativi alle questioni di fatto vizi di merito


I vizi di merito consistono nella falsità di giudizi di fatto che figurino in un argomento della
sentenza. I vizi di merito nelle questioni di fatto decise da una sentenza possono essere denunciati al
giudice d’appello ma non alla Cassazione. Tuttavia ci sono delle eccezioni. Per esempio errori
relativi a massime di comune esperienza o a fatti notori. E , in generale , gli errori più macroscopici.
Per quanto concerne le massime di comune esperienza ci sono considerazioni di logica induttiva che

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mostrano come l'errore ad esse relativo si risolve necessariamente in un vizio di insufficiente
motivazione.
l'n% degli A sono B
iè A
________________________
ièB

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