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UNIVERSITDEGLISTUDIDIMILANO

FILARETEONLINE
PubblicazionidellaFacoltdiLettereeFilosofia

EZIOPARTESANA

Criticadelnonvero.Peruna
teoriadellinterpretazionein
Th.W.Adorno
Firenze,LaNuovaItalia,1997
(PubblicazionidellaFacoltdiLettereeFilosofiadellUniversit
degliStudidiMilano,171)

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mente.

PUBBLICAZIONI
DELLA FACOLT DI LETTERE E FILOSOFIA
DELL'UNIVERSIT DEGLI STUDI DI MILANO
CLXXI

SEZIONE DI FILOSOFIA

25

EZIO PARTESANA

CRITICA DEL NON VERO


PER UNA TEORIA DELL'INTERPRETAZIONE
IN TH.W. ADORNO

LA NUOVA ITALIA EDITRICE


FIRENZE

Partesana, Ezio
Critica del non vero :
Per una teoria dell'interpretazione in Th.W. Adorno. (Pubblicazioni della Facolt di lettere
e filosofia dell'Universit degli Studi di Milano ; 171.
Sezione di Filosofia ; 25). -

ISBN 88-221-1891-X
I. Tit.
1. Ermeneutica - Teorie di Theodor Wiesengrund Adorno
121.68

Propriet letteraria riservata


Printed in Italy
Copyright 1995 by La Nuova Italia Editrice, Firenze
l a edizione: febbraio 1997

a mio padre, Carlo

INDICE

Prefazione

p.

CAPITOLO I. INTRODUZIONE. L'INTERPRETAZIONE NEI PRIMI


SCRITTI DEGLI ANNI '30

L'idea di storia naturale


La esatta fantasia

17
24

CAPITOLO II. LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

35

Troppa fiducia nella coscienza attuale


Perch Ulisse non ascolt il canto delle sirene
Desiderio, etica e interpretazione

35
43
50

CAPITOLO III. MODELLI INTERPRETATIVI

61

II passaggio dialettico
Linguaggio e interpretazione
Freud e Kafka

77
87
97

CAPITOLO IV. LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

113

Verit, processo e immaginazione. La lettura di Hegel


La memoria del gioco e il dolore del ricordo
Ideologia, utopia e obbligo al concetto
Dialettica negativa. La costruzione dell'immaginazione critica

118
136
148
155

CAPITOLO V. DIALETTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA.


LA PARODIA

161

Memoria tra traduzione e desiderio


Ontologia e deontologia: l'unit di logica e etica
La contraddizione come chiave ermeneutica
II debito storico e il rapporto tra verit e piacere
Per una teoria dell'interpretazione: la parodia
Fine dell'interpretazione

161
174
181
190
202
215

INDICE

BIBLIOGRAFIA GENERALE
Parte prima: opere e saggi di Th.W. Adorno, secondo la data
di pubblicazione in Italia
Parte seconda: edizione tedesca delle opere complete
di Th.W. Adorno
Parte terza: bibliografia critica
Parte quarta: emeroteca
Parte quinta: altri testi

p. 226
226

227
228
231
233

PREFAZIONE

Anche quando la filosofia pretende di elaborare i rap


porti secondo principi puri e astratti, essa assume in s,
positivamente o negativamente, categorie immanenti
alla societ esistente.
Th.W. Adorno 1

II problema che si intende porre in questo volume quello dei rap


porti tra Adorno e l'ermeneutica. A prima vista esiste una soluzione im
mediata: poich quello dei rapporti tra Adorno e l'ermeneutica , come
direbbero i logici, un insieme vuoto, la soluzione sta nel fatto che non
esista alcun rapporto. Tuttavia basta considerare non rapporti tra autori,
bens rapporti tra effettive pratiche filosofiche, che il vuoto si riempie. Ci si
trova allora a guardare l'opera di Adorno da un altro punto di vista, e cio
a domandarsi su cosa poggi la straordinaria capacit di penetrazione cri
tica di quel pensiero; e poich lo studio dei fondamenti e della pratica
interpretativa l'oggetto attorno al quale oggi si riunisce quell'insieme
eterogeneo di teorie che si pu chiamare genericamente ermeneutico, vien
fatto di pensare se non sia possibile descrivere la forza critico-interpreta
tiva della dialettica nei termini di una pratica ermeneutica.
Ora, se palese che Adorno dovesse possedere una prassi interpre
tativa, e che sia dunque possibile, almeno in linea di principio, individuar
la e descriverla a partire dai suoi lavori, si presentano, per, per farlo, due
vie percorribili entrambe insoddisfacenti. L'una consisterebbe nell'ennesi
ma sintesi teorica di che cosa sia e come funzioni la negative Dialektik,
lavoro che non solo gi stato compiuto da ottimi studiosi, e che dunque
non necessario ripetere, ma che soprattutto non pu comprendere in s,
dato il suo carattere filologico, la battaglia attuale tra dialettica ed erme1 Th.W. Adorno e M. Horkheimer a cura di, Lezioni di sociologia, voi. IV dei
Frankfurter Beitrge zur Soziologie dell'Instttut fr Sozialforschung di Francoforte,
editi da Th.W. Adorno e W. Dirks, Europische Verlagsansalt, Frankfurt a. M. 1956,
trad. A. Mazzone, Einaudi, Torino 1966, p. 15.

CRITICA DEL NON VERO

nautica. L'altra opzione, simmetrica e contraria, sarebbe di interpretare la


filosofia critica alla luce, come si suoi dire, dell'ermeneutica, cio mostrare
e dimostrare come e in che misura essa sia all'altezza della contemporanea
koyn filosofica. Una strategia di inglobamento che avrebbe il prevedibile
difetto di oscurare l'identit specifica del pensar dialettico, e di conse
guenza di perderne la portata critica anche nei confronti della stessa er
meneutica.
Qualsiasi scelta si compia per cavar fuori dall'opera di Adorno una
teoria generale dell'interpretazione esposta ai difetti di cui sopra, o ancor
peggio al rischio di sistematizzare un pensiero di sua volont critico atten
to di ogni totalit. Lo stesso vale per quella qui proposta - che solo
apparentemente semplice - con a suo favore, per, il pregio di derivare
dai presupposti teorici dello stesso Adorno. Si tratta, in breve, di porre agli
scritti di Adorno le domande della tradizione ermeneutica. In questo modo
l'oggetto della ricerca bens "illuminato" dall'ermeneutica - , per dir
cos, lo stesso oggetto - ma inserito in una configurazione tale (il pensiero
di Adorno), che n l'oggetto n la sua comprensione risultino / medesimi
dell'ermeneutica. E quindi rimangono presenti per intero le questioni che
questa pone alla riflessione, ma senza che questa interezza azzeri lo spe
cifico della filosofia critica. Ricostruire attraverso le effettive interpretazioni critiche di Adorno e, va da s, attraverso la sua dialettica, una teoria
dell'interpretazione, risulta allora possibile senza dover forzare i testi ad
essere quel che non sono, e cio scritti sull'ermeneutica.
Un simile escamotage attuabile perch, come dicevamo prima, una
pratica critico-interpretativa costantemente all'opera nei testi di Adorno
e sebbene non sia concepita affatto come ermeneutica - anzi sia in forte
polemica con la versione heideggeriana di essa - ha anche ricevuto una
formulazione teorica in Dialettica negativa. Lo sguardo parziale alla quale
intendiamo sottoporla, cio il fatto che le faremo domande solo circa
l'oggetto interpretazione critica, una colpa non solo inevitabile ma
fruttuosa 2 . Essa deriva e trova una sua giustificazione, del resto, proprio
nella dialettica tra pensiero filosofico e categorie immanenti alla socie
t 3 , che costituisce oggetto di tanta parte degli scritti adorniani.
Poich la filosofia, secondo Adorno, accede all'esperienza solo per
tramite di concetti, i quali, a loro volta, sono il risultato di determinazioni
2 Cfr. Th.W. Adorno, II saggio come forma, in Note per la letteratura, voi. I,
Einaudi, Torino 1979, pp. 5-30; L. Althusser, Per Marx, Editori Riuniti, Roma 1967.
3 Vedi l'incipit a questa prefazione.

PREFAZIONE

extra-concettuali, essa deve, quale che sia l'oggetto a cui si applica, ottem
perare a due obblighi incompatibili: comprendere il non-identico-da-lei e
insieme di ricondurlo, in un qualche modo, all'identit con se stessa.
Questa precariet del procedere filosofico, che non ha da nessuna parte
un punto di appoggio fermo, e continuamente viene rimandato dalla lo
gica dei concetti al non-concettuale e viceversa, fa tuttavia s che compren
dere filosoficamente non significhi solo ricostruire l'oggetto, ma in pari
tempo ridislocare s in base ad esso. Dall'imbarazzante scelta tra affidarsi
all'immediatezza e richiudersi nell'autonomia delle proprie categorie, in
fatti, la filosofia esce grazie al fatto che n i suoi concetti n i suoi
oggetti sono esseri ontologici bens - come riportato nell'incipit a questa
prefazione - rapporti elaborati e assunti da categorie immanenti alla socie
t. Allora il pensiero, che mediazione e non rispecchiamento di ci su
cui si esercita, ha il dovere di porsi continuamente di fronte se stesso,
compiendo quell'operazione interpretativa fondamentale che consiste nell'afferrare le proprie categorie nel concreto della relazione dialettica che
esse intrattengono con l'altro da s, e non nel ciclo tranquillo dell'iperuranio. Detto altrimenti: poich non le possibile l'immediatezza - n qui
troverebbe alcunch - la interpretazione filosofica parte dal mediato, da
quel quel che viene per secondo', e la mediazione stessa le diviene essenzia
le. Cos anche riflessione sulla filosofia non pu che essere percorsa obli
quamente, essendole interdetti sia l'abbandonarsi al puro ordine dei con
cetti, sia l'accettazione incondizionata dell'immediato positivo.
Tutto questo comporta che il confronto tra le categorie adorniane e
quelle ermeneutiche, poich in quanto tali esse sono mediazioni e non
essenze eterne n mera matter offacts, sia tanto pi vicino all'essenziale
quanto pi venga condotto in dirczione del rapporto che esse costituisco
no in quanto interpretazioni ed espressioni della realt. Ovvero tale con
fronto deve essere per un lato critica dell'ideologia e per l'altro aggiorna
mento della teoria. E le due cose, processualmente, coincidono. Non si
tratta di capire perch a certi periodi corrispondano certe Weltanschauungen filosofiche, quanto di sapere quali strumenti intellettuali siano in gra
do di comprendere la realt - e se stessi come parti di quella - e quali no.
Un non filosofo direbbe: sapere chi ha torto.
Ma non certo attraverso un confronto tra idee e realt, comunque,
che pu essere formato un simile giudizio; non c' un grado di rispecchia
mento da quantificare. Un progetto di ricerca quale quello qui delineato
eminentemente anti-nominalista. Nel senso che la resistenza che gli
universali, quelli ermeneutici come quelli impiegati dalla dialettica ador-

CRITICA DEL NON VERO

niana, manifestano alla loro totale sussunzione sotto un processo induttivo-deduttivo irriducibile a questioni definitorie di chiarezza e distinzio
ne. Limitarsi a prendere categorie chiave della tradizione ermeneutica quali ad esempio quelle di circolo, precomprensione, orizzonte, ricezione,
etc. -, mostrare se ad esse corrisponda o meno la realt, e quindi cer
carne una versione dialettica negli scritti di Adorno, sarebbe come credere
di poter guarire da una malattia stilando l'elenco dei malanni che non si
hanno, oppure convincendosi di averne una comoda e ben curabile al
posto di quella che realmente si ha. Chiariamo quindi che non si tratta per
nulla di compiere l'artificio dello stiracchiare i testi e i modi del pensiero
adorniano fino a che questi non confessino - sottoposti a simile tortura d'essere anch'essi inconsciamente iscritti nella grande madre della tradi
zione ermeneutica; cos facendo si mancherebbe di rispetto tanto agli uni
quanto all'altra. E d'altronde, ricondurre Adorno e l'ermeneutica ad una
comune radice di critica del razionalismo, per esempio, significherebbe
trattare intenti e categorie filosofiche come meri sintomi a partire dai quali
si possa risalire indietro ad una loro autentica causa, sociale, psicologica
o filosofica che sia. Al contrario, la loro mediatezza, o secondariet, s
sedimentata dal momento sociale, ma come per negativo, senza che sia
possibile una rappresentazione immediata della mediazione. Il modo in
cui il pensiero domina l'essere dopo esserne stato determinato non pu
semplicemente essere tolto per ritrovare l'essenza di quella determinazio
ne; allo stesso modo il confronto tra Adorno e l'ermeneutica non pu e non deve - giungere a delle Verit antecedenti entrambi. Porre alla
filosofia dialettica negativa le questioni dell'ermeneutica - affermando al
contempo che questo comporti, almeno implicitamente, la comprensione
del momento sociale di entrambe - non vuoi dire diminuire l'opposizione
che esiste tra le due, ma piuttosto mostrare come la dialettica sia in grado
di formulare al proprio interno domande e risposte sul medesimo ordine
di problemi, conferendo loro un aspetto diverso.
Questo far questione di se stessa che la filosofia porta avanti non
un momento di secondaria importanza. In esso presente anche il sospet
to legittimo sul significato stesso del lavorio filosofico. Non che il dimo
strare che la dialettica negativa sia all'altezza dei temi ermeneutici possa
giustificare la sua esistenza, ma se vero che la filosofia il proprio
tempo appreso per concetti, e non essendoci dubbio che il nostro tempo
si apprenda per una gran parte per concetti ermeneutici, allora presentare
una teoria dialettica dell'interpretazione, significa dimostrare che la dialetti
ca in quanto tale ancora all'altezza del nostro tempo.

PREFAZIONE

Si obbietter forse a questo punto che dubbio che le ermeneutiche


costituiscano un'unit, e che anzi di fatto un oggetto ermeneutica non
si da. vero, e non si pu certo costruirsi una unit ad hoc riferendosi ad
un presunto nucleo di problemi che esisterebbe indipendentemente dalla
teoria che li tratta. Questo intento, che gi nella sua sostanza interpre
tativo, deve poter mostrare non solo quali siano queste contraddizioni ma
anche in che modo siano state assunte in essa - dunque conservate e
rimosse - e attraverso quale mediazione si sia tentato concettualmente di
corrispondervi. Se di ogni filosofia si pu affermare, secondo Adorno, che
se non vuota, risponda a contraddizioni essenziali, tuttavia la compren
sione di tale rispondenza non a portata di mano, essa dipende piuttosto
dalla lettura critica, ma questa il risultato che qui ci proponiamo, non il
punto di partenza. Tuttavia poich non nostra intenzione una disamina
esplicita di nessuna ermeneutica, ma solo la ricerca di un primo abbozzo
di una teoria dell'interpretazione in Adorno, e semmai ci aspettiamo solo
di riflesso e implicitamente che una tale teoria dialettica dell'interpretazio
ne possa essere spunto di riflessione su certi aspetti di alcune prassi di
lettura critica contemporanee, non necessario per noi formulare una
unit della scienza dell'interpretazione o della storia delle teoria ermeneu
tiche, ma sufficiente sottintendere un riferimento ad un insieme di que
stioni e soluzioni - e cio ad una certa convergenza che si verifica oggi nel
decidere i criteri di pregnanza di questioni e soluzioni, intorno alle radici
del pensiero ermeneutico 4 .
Il processo dell'esecuzione - esecuzione nell'accezione adorniana,
cio nel senso in cui si pu dire eseguire un brano musicale o di in
terpretarlo - che qui ci accingiamo a compiere non consiste dunque
affatto nella comparazione della varie teorie per estrarre poi predicati
generali da sottoporre a verifica del maglio dialettico. Al contrario; essa si
muove perch, restando in metafora, il musicista (nel nostro caso i libri di
Adorno) prima di eseguire la partitura deve interpretarla, renderla sua.

4 Giacch non verranno riassunte n espresse sistematicamente nel prosieguo del


lavoro, necessaria qui l'onest di indicare l'origine delle conoscenze ermeneutiche
dell'autore. Esse derivano in parte dallo studio diretto, ma anche dalle lezioni, dai testi
e dalle discussioni avute con Paolo D'Alessandro. A questi - e alle sue ricerche sulla
lettura sintomale - l'autore debitore soprattutto dell'incontro con la possibilit di
differenziazione tra ideologia e scienza ermeneutica. Cos si potrebbe dire che mentre
l'autore responsabile dell'esperienza dell'ermeneutica come ideologia apologetica,
deve a D'Alessandro la conoscenza delle questioni di una teoria interpretativa filosofica, in tutta la loro seriet.

CRITICA DEL NON VERO

Questa dialettica ha il suo lato mefistofelico nel mostrare, attraverso dif


ferenti costellazioni concettuali, tutto quel che , esplicitamente o impli
citamente, contenuto in un pensiero ma che dalla prospettiva immanente
risulterebbe invisibile. Proprio come nella psicologia individuale, in linea
generale ad ognuno inaccessibile non una rimozione qualsiasi bens la
sua propria, allo stesso modo se sottoponiamo Adorno ai temi dell'erme
neutica filosofica perch da questa dislocazione ci aspettiamo emergano
ragioni che all'interno del loro proprio paradigma rischierebbero di resta
re invisibili. In un certo senso si tratta non di togliere ma di cogliere
l'ideologia presente nelle problematiche, che in essa deve trovarsi, nasco
sto, anche il suo contenuto di verit.
Da questo dipende infine quel che pi importa: la riflessione dell'er
meneutica sulla dialettica adorniana deve illuminare il proprio oggetto,
interpretare criticamente Vethos ermeneutico, e - se coerente con il
nucleo teoretico dialettico della verit come processo - venir trasformata
essa stessa. L'opera di chiarificazione della mediazione concettuale dei
suoi contenuti non ha, per dir cos, quartiere; del resto Adorno lo espresse
nel modo pi chiaro: non si da vita vera nella falsa 5 , dunque neanche
filosofia. Abbiamo cos un doppio vuoto da oltrepassare: una prassi inter
pretativa dialettica che non si coscientemente posta come tale di fronte
ai problemi dell'ermeneutica, e una teoria ermeneutica che riflette 6 su di
s attraverso la dialettica negativa. un po' come se l'ermeneutica andasse
in analisi dalla filosofia di Adorno e noi per trascrivessimo solo le rifles
sioni private dell'analista. Esse avranno sempre a che fare col dialogo
terapeutico ma non direttamente, saranno invece indice di quanto i rac
conti dell'analizzato siano in grado di destare del pensiero dell'analista.
Detto altrimenti; se Adorno ha scritto la sua filosofia come dialettica
negativa, che lo sforzo di ottenere, secondo le parole del suo autore, la
prospettiva dalla quale le cose appaiano dissestate 7 , ed dunque sempre
dipendente dal proprio oggetto o, detto altrimenti, eseguibile solo per
modelli, altro non vuole essere questa ricerca su ermeneutica e dialettica
negativa che un modello di quest'ultima.

5 Th.W. Adorno, Minima moralia, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1951, trad.


it. di L. Ceppa, Minima moralia, Einaudi, Torino 1979, p. 35.
6 Questa pars destruens risulter, nel presente lavoro, implicita; un suo svolgimen
to soddisfacente, com' evidente, richiederebbe una ricerca a s e non pu certo venir
fatto en passant.
1 Cfr. Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 304.

CAPITOLO I
INTRODUZIONE
L'INTERPRETAZIONE NEI PRIMI SCRITTI DEGLI ANNI '30
Qualsiasi critica filosofica oggi possibile come critica del linguag
gio. Essa deve estendersi non solo alla cosi detta adeguazione delle
parole alle cose, ma anche alla situazione delle parole in se stesse;
ci si deve domandare quanto siano idonee alla loro propria inten
zione, quanta della loro forza si sia storicamente estinta, quanto in
esse possa divenire configurativamente valido.
[...]
La struttura reale (sachliche) di un'immagine filosofica pu gi sta
re in una tensione figurativa con la sua propria struttura linguistica.
Th.W. Adorno '

Se pure vero che non si pu ricavare dai testi pi di quanto si sia


disposti a immettervi 2 , tuttavia non si deve poter estrarre l'oro dal piom
bo. Cosi il fatto che Adorno abbia cominciato la sua riflessione filosofica
con scritti dove si pongono esplicitamente le questioni dell'interpretazione
e del rapporto tra questa e le strutture linguistiche, costituisce per la
presente ricerca pi un problema che non una conferma; la formazione
culturale in genere e filosofica in particolare di Adorno non consentono
una lettura di questi primi lavori come anticipazioni di interessi ermeneu
tici poi abbandonati. Come gi detto nella Prefazione, simili interessi sono
estranei all'orizzonte di problemi in cui si muove adesso (e si muover in
seguito) il giovane Theodor Wisengrund. Semmai da notare come prima ancora di un'esaudiente lettura di Hegel - il significato della filo
sofia fosse, per Adorno, da ricondursi alla critica filosofica, e questa a sua
volta avesse un aspetto fondamentale nel rapporto tra configurazione lin
guistica e struttura reale storica. E vero che questa dialettica fortemente
influenzata da Benjamin, e che dunque manca ancora dell'aspetto pi
tipicamente adorniano dell'uso delle determinazioni come negazioni senza
risoluzione in una forma storica pi alta, ma ci costituisce un indizio
' Th.W. Adorno, Thesen iiber die Sprache des Philosopben, in Th.W. Adorno,
Gesammelte Schriften, Band I, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1973, pp. 336-74. Il
saggio risale, secondo le indicazione della bibliografia ufficiale Suhrkamp, all'inizio
degli anni Trenta.
2 Cfr. Th.W. Adorno, Drei Studien zu Hegel, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M.
1963; ed. it. Tre studi su Hegel, trad. R. Bodei, II Mulino, Bologna 1971, p. 191.

CRITICA DEL NON VERPO

prezioso di come i problemi di una teoria dell'interpretazione fossero


posti autonomamente da Adorno. Essi cio ricevettero una formulazione
linguistica che se non era dialettica non era neppure ermeneutica. Cosi se
non si pu dire che questi scritti forniscano gi una prima sistemazione
della forma critica nella dialettica di Adorno, tuttavia rappresentano la
giustificazione e il primo passo del nostro intento, che quello di tradurre
- senza alcuna illusione di fedelt o neutralit - le questioni ermeneutiche
all'interno della dialettica negativa.
Il fatto che questa traduzione la si trovi gi compiuta, se da un lato
alleggerisce dalla responsabilit di impostarla e dall'arbitrio di compierla,
dall'altro, appunto, costituisce evidentemente un problema; nel senso che
da spiegare come mai essa apparentemente scompaia negli scritti succes
sivi. L'ipotesi che si presenta , naturalmente, che essa non scompaia
affatto, ma che anzi venga continuamente riproposta, alimentandosi con
temporaneamente delle interpretazioni effettive di fenomeni artistici pro
poste da Adorno e delle autoriflessioni critiche sui poteri e doveri del
discorso filosofico; e che l'espressione che qui riceve il problema interpre
tativo sia in una tensione figurativa con la sua propria struttura linguisti
ca 5 . Bisogna perci sciogliere l'aspetto enigmatico di questa tensione
perch si dispieghi il contenuto della sua presenza in assenza.
Nel 1931, dunque, Adorno tenne il suo discorso inaugurale all'uni
versit di Francoforte: Die Aktualitdt der Philosophie 1*. L'attualit della

3 Th.W. Adorno, Thesen ber die Sprache des Philosophen, cit. p. 374.
4 Th.W. Adorno, Die Aktualitt der Philosophie, in Th.W. Adorno, Gesammelte
Schriften, Band I, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1973, pp. 325-44; traduzione
italiana comparsa sulla rivista Utopia III, 1973, n. 7-8, a cura di C. Pettazzi.
Vista la data di questo discorso inaugurale sulla attualit, viene spontaneo riflet
tere sulla sua ingenuit politica. E oramai topos riconoscere la poca scaltrezza politica
di Adorno nei confronti del nazionalsocialismo, soprattutto vista la violenza di alcuni
suoi attacchi nei confronti di Heidegger, e della importanza che i crimini nazisti avran
no nel suo pensiero. La cosa certamente vera, e se ne potrebbero portare riscontri
oggettivi. Si deve tuttavia ricordare come anche altri autori, e amici di Adorno, pur
assai pi lungimiranti abbiano molto tardato a riconoscere il carattere irrimediabile
degli avvenimenti che si andavano maturando dall'inizio della seconda met degli anni
venti in Germania. A questo proposito si pu vedere il libro di E. Rusconi, La crisi di
Weimar, Einaudi, Torino 1977, dal quale si possono trarre interessanti notizie e dati
sociologici e politici. Ma anche Ernst Bloch ebbe qualche lapsus per eccesso di ottimi
smo. Un esempio eclatante di ci si pu avere nel libro Erbschaft dieser Zeit, pubblicato
la prima volta a Zurigo nel 1935, ma con aggiunte successive fino agli anni Quaranta,
e poi uscito per i tipi della Suhrkamp nel 1962, in italiano: Eredit del nostro tempo,
traduzione di L. Boella, Coliseum, Milano 1992. Proprio in un testo paradigmatico per

INTRODUZIONE

filosofia si definirebbe innanzitutto per differenza dalla scienza, ma un


tipo di differenza che concerna da vicino il nostro oggetto, infatti:
la filosofia non si differenzia dalla scienza [...] per un pi elevato grado di gene
ralit. Essa non si separa dalla scienza n per astrattezza di categorie n per la
natura del suo materiale. La differenza consiste piuttosto principalmente nel fatto
che la singola scienza accetta i suoi reperti, in ogni caso gli ultimi e i pi profondi,
come non scioglibili e riposanti su s, mentre la filosofia intende gi il primo
reperto che incontra come segno che a lei spetta decifrare. Detto semplicemente:
l'idea della scienza la ricerca, quella della filosofia la interpretazione 5 .

Questa presa di posizione, che si pu ben chiamare programmatica


vista l'occasione della sua pronuncia, tutt'altro che sorprendente. La
distinzione tra ricerca (Forschung] e interpretazione (Deutung] appartiene
alla tradizione della differenza tra scienze della natura e scienze dello
spirito, segnatamente quelle ermeneutiche. Tuttavia l'introduzione alla
differenza se espressa semplicemente nel detto che per la filosofia non
esista "nulla di immediato tra ciclo e terra" 6 , tutt'altro che scontata e
anzi ulteriormente complicata da una sorta di realismo ingenuo come si legge poco oltre: le nostre percezioni possono sempre essere
forme, ma il mondo, nel quale viviamo e che si costituisce diversamente
dalle nostre percezioni, non lo . Il realismo ingenuo deriva senz'altro,
dal punto di vista soggettivo, dal distacco di Adorno da Kant - sia quello
letto assieme all'amico Krakauer che quello appreso tramite la filosofia del
maestro Cornelius ' -, e serve in prima istanza contro l'idealismo specula

la lucidit delle analisi sociali e politiche, in alcuni passi Bloch si lascia andare alla tesi
diffusa che il nazionalsocialismo non avrebbe avuto futuro, e che per smontarlo sarebbe
stato sufficiente che prendesse un poco, e per poco tempo, il potere; cfr. pp. 4, 35, 1023, etc. Probabilmente uno dei pochi che vide giusto fin dal principio fu M. Horkheimer
che riusc, con la collaborazione di Pollock e Grossman, a salvare per tempo i fondi e
spesso i membri stessi dell'Istituto per le ricerche sociali.
5 Th.W. Adorno, Die Aktualitt der Philosophie, cit., p. 334.

6 Cfr. Th.W. Adorno, Negative Dialektik, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M.


1966; ed. it. Dialettica negativa, trad. di C. Donolo, Einaudi, Torino 1970, p. 153.
1 La tesi di abilitazione di Adorno recava il titolo Der Begriff des Unbewuftten in
der transzendentalen Seelenlehre. Per altro verso non pare si possa condividere appieno
la tesi ricostruttiva di un interesse di Adorno per Marx e Freud tardo e dovuto pi ad
amicizie personali che non a esigenze effettive. Il testo pi accurato nell'esaminare la
penetrazione adorniana del pensiero di Freud, meglio detto: quella del pensiero di
Freud all'interno di Adorno, Susan Buck-Morss, The ongin of negative dialectics, cfr.
pp. 17-20.

10

CRITICA DEL NON VERPO

tivo. Ma il suo legame con il carattere di secondariet del materiale filosofico (a differenza di quello scientifico) allarga la sua portata; quella
mediatezza non da riferirsi all'attivit del soggetto, o meglio: non da
riferirsi all'attivit cosciente del singolo soggetto; la filosofia, anzi, essen
zialmente interpretazione proprio perch non va alla ricerca di alcun apriori n del soggetto n dell'oggetto, non almeno nel senso extrasociale
in sui s'intende l'a-priori nella filosofia kantiana:
compito della filosofia non quello di scrutare le intenzioni nascoste e palesi della
realt, ma quello di interpretare la realt priva di intenzioni (die intentionslose
Wirklichkeit zu deuteri} [...] forse [l'interpretazione] completerebbe proprio l'or
dito che potrebbe trasformare le cifre in un testo 8 .

Il privo di intenzione che si cifra nel testo, escluso il richiamo kantia


no, sembra allora indicare pi la dialettica sociale (si pensi a Dialettica
dell'illuminismo] che non mai semplicemente duplicata in modo aperto
dal pensiero, piuttosto che non un elemento individuale. Quel che condu
ce la riflessione a farsi interpretazione critica, insomma, non si trova in
campo psicologico, ma nell'apparente insensatezza del dato di partenza
come immediatamente esso . Se il primato dell'oggetto, oggetto non
naturale, e la critica dell'idealismo e dell'immediato motivano il rifiuto
adorniano alla comprensione psicologica, come ben chiarifica la critica
fuggevolmente rivolta a Dilthey in Die Idee der Naturgeschichte 9, il riferirsi
al privo di intenzioni nelle cose, desta stupore poich le cose non hanno,
in senso letterale, alcuna intenzione. Il dubbio legittimo che Adorno
pensi gi, sebbene in modo ancora incerto, al privo di intenzione all'inter
no della totalit sociale data 10 , dove nessuna ragione che faccia giustizia
(Rechtfertigende Vernunft) pu ritrovarsi in una realt la cui forma e il cui
ordine costernano ogni diritto della ragione 11 ; con l'attenzione precoce-

8 Th.W. Adorno, L'attualit della filosofia, cit., p. 7.


9 Th.W. Adorno, Die Idee der Naturgeschichte, in Th.W. Adorno, Gesammelte
Schriften, Band I, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. pp. 345-65. Il saggio del 1932.
La traduzione italiana, a opera di M. Tosti Croce, comparsa sulla rivista II cannoc
chiale, 1977, n. 1-2, pp. 91-112. Il passo in questione a p. 361 dell'edizione originale.
1(1 Si ricordi che gli scritti di Horkheimer sulla teoria critica iniziano proprio nel
1932. Cfr. M. Horkheimer, Teoria critica. Scritti 1932-41, trad. G. Backhaus, 2 voli.,
Einaudi, Torino 1974, voi. II, pp. 178-83.
11 Th.W. Adorno, Die Aktualitt der Philosophie, p. 325. La traduzione che qui
offro grammaticalmente scorretta al fine di mostrare meglio i significati del termine
tedesco Rechtfertigende...

INTRODUZIONE

11

mente rivolta a quel nesso di Ragione e Storia dove l'affermazione della


ragione illuminista effetto e insieme condizione dell'affermazione della
societ borghese che appunto scrive Storia e Ragione con l'iniziale
maiuscola.
Che l'intenzione di levarla di mezzo, quella maiuscola, non sia sorta
solo pi tardi in Adorno, testimoniato intanto dalla convinzione di dover
preparare una Naturgeschichte [2, e quindi una critica della pretesa ideolo
gica di immutabilit di ragione e storia che in quelle maiuscole si esprime.
Ma poi anche, in modo evidente, dalla possibilit di accostare giudizi
espressi da Adorno su quel nesso in scritti della maturit a quelli presenti
in questi tre saggi degli anni '30. Nelle Thesen ber die Sprache des Philosophen, ad esempio, si dice che nessuna societ che contraddica il suo
proprio concetto, il concetto di umanit, pu avere piena coscienza di se
stessa 15 , come ventidue anni dopo, in Prismi: Senza societ conchiusa
non si da obiettivit e con ci nessun linguaggio vero e comprensibile 14 .
Deve essere chiaro, quindi, che se non ci fosse societ - cio una storia
sociale della ragione - non esisterebbe il privo di intenzione, n linguag
gio, n critica; solo una societ, non un'astratta individualit umana, pu
cifrarsi nei propri testi come enigma.
Si legga, dunque in proposito, il saggio Die Idee der Naturgeschichte 1 ''. In esso vien resa palese la trasformazione del naturale in storico e
dello storico in naturale. Questo tema prender il suo aspetto genealogico
nella Dialettica dell'illuminismo, ma la sua parte nel processo della "filo
sofia interpretativa", per esprimersi con le parole di Adorno, chiaro fin
d'ora, prima ancora che nella sua rielaborazione all'interno della Dialettica
negativa. Il privo di intenzioni la storia che appare agli uomini come
destino, come natura, e allo stesso tempo la natura dalla quale i soggetti
e la storia si sono a dura forza staccati. un privo di intenzioni dove le
intenzioni sono quelle del soggetto, del soggetto quale - nell'intreccio di

12 Cfr. Th.W. Adorno, Die Idee der Naturgeschtchte, op. cit. Per la trattazione di
questo saggio si veda pi avanti nel capitolo.
15 Th.W. Adorno, Prismen. Kulturkritik und Gesellschaft, Suhrkamp Verlag,
Frankfurt a. M. 1955; ed. it. Prismi. Saggi sulla critica della cultura, Einaudi, Torino
1972, p. 13, trad. C. Mainoldi.

14 Th.W. Adorno, Thesen ber die Sprache des Philosophen, cit., p. 367.
15 II rapporto tra Benjamin e Adorno analizzato nei dettagli, e avendo avuto a
disposizione gli archivi con gli inediti, dalla Buck-Morss in The origin of negative
dialectics, op. cit. l'unica, per quanto mi risulti, a dare notevole importanza all'impe
gno verbale che Adorno e Benjamin presero nell'autunno del 1929 a Knigstein.

12

CRITICA DEL NON VERPO

societ e natura trascorsa - e non quale si pretende di essere nell'idealismo


filosofico. Ovvero un soggetto che non psicologico e nemmeno trascen
dentale 16, al quale la benjaminiana Urgeschichte des Subjects 17si riferisce. E
proprio in Die Idee der Naturgeschichte si legge, dopo una escursione da
Lukcs atta a chiarire inizialmente la categoria di seconda natura, una
citazione tratta da Benjamin:
La storia in tutto quanto ha, fin dall'inizio, di inopportuno, di doloroso, di sba
gliato si configura in un volto - anzi: nel teschio di un morto. [...] Non soltanto
la natura dell'esistenza umana tout court, ma anche la storicit biografica di un
singolo si esprime significativamente, in forma di enigma, in questo suo aspetto,
l'aspetto naturale supremamente degradato 18.

Quel che importa qui vedere, prima delle parti relative all'interpretazione come decifrazione, come la storia e la natura siano condensate in
oggetti naturali morti, anzi supremamente morti - ma appunto: che furo
no altro da morti. Se fossero subito immediatamente la loro propria fissit,
nulla in essi potrebbe essere da leggere. Poco pi oltre Adorno afferma
che in Benjamin sia da superare (welter zu gehen - non 'aufheber) proprio
l'idea che la storia come natura sia venuta prima della natura come storia.
Il problema di un eventuale primato mancherebbe, secondo Adorno, il
suo proprio oggetto: non si tratta qui solo di dimostrare che nella storia
si presentano sempre di bel nuovo motivi di storia originaria, ma che la
storia originaria stessa ha in s, in quanto caducit, il motivo della sua
16 In questo senso semmai proto-marxiano. Cfr. M. Barzaghi, Dialettica e ma
terialismo in Adorno, Bulzoni, Roma 1982, pp. 18-19; A. Schmidt, Begriff des Materialismus bei Adorno, in Adorno-Konferenz 1983, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1983,
pp. 14-34.
17 Sebbene sia piuttosto vacuo citare testi ufficiali per i rapporti tra i due, vista
la mole di conversazioni dirette, scambio di abbozzi e epistole, cfr. W. Benjamin, //
dramma barocco tedesco, Einaudi, Torino 1971.
Per una ricognizione dei rapporti tra Adorno e Benjamin si possono vedere, quasi
estremi opposti, i saggi: S. Buck-Morss, The origin of negative dialectics, op. cit., G.
Agamben, // principe e il ranocchio. Il problema del metodo in Adorno e Benjamin, in
Aut Aut, 1979, n. 165-66, pp. 105-17. In quest'ultimo saggio, in particolare, ci sono
alcune sorprendenti affermazioni non tanto sul rapporto o sul pensiero di Benjamin
stesso, quanto nella ricostruzione operata da Agamben del pensiero di Adorno la cui
dialettica negativa viene letta come uno storicismo sospettoso ma assolutamente immo
bile su se stesso.
18 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, pp. 102-03. Adorno sta citando W.
Benjamin, Ursprung des deutschen Trauerspiels, Berlin, 1928, ed. it., Il dramma barocco
tedesco, op. cit.

INTRODUZIONE

13

storia I9; nulla di ontologico, nel senso che proprio l'illusione dell'inizio
ci che soggiace [...] alla critica 20 . Nei fatti questo quanto Adorno,
prima di conoscerlo adeguatamente, tuttavia consider essenziale del
materialismo di Marx, che fosse eliminato come falso problema il proble
ma dell'origine: il movimento che si esegue qui per gioco lo esegue il
materialismo sul serio. Sul serio vuoi dire che la risposta non continua a
restare nello spazio chiuso della conoscenza, ma viene impartita dalla
prassi 21 . In che modo?
Il materialismo ha chiamato questo rapporto con un nome che filosoficamente
giustificato: dialettica. [...] Quando Marx rimprover di aver solamente interpre
tato (interpretieren} in modi diversi il mondo [...] la affermazione era legittimata
non soltanto dalla prassi politica, ma altrettanto da quella filosofica.

nel senso che l'unione di dialettica e materialismo in grado finalmente


di porre il problema dell'interpretazione (Deutung) filosofica in una pro
spettiva che non sia quella del mero interpretare (interpretieren} idealisti
co; questa prospettiva quella che assume a suo oggetto l'incongruit che
esso oggetto mostra, e ne rintraccia la logica; perch anche per la filosofia:
il testo che [...] deve leggere incompleto, pieno di contrasti e lacunoso e molto
vi pu essere attribuito alla cieca demonfa; allora il leggere forse proprio il nostro
compito, perch con ci noi, leggendo, si possa imparare a meglio riconoscere e
bandire le potenze demoniache 22.

Se teniamo presente come in questo testo siano presenti a titolo di


lettori prodigiosi 23 Marx e Freud, allora ha perfettamente ragione la
Buck-Morss a richiamare l'attenzione sul fatto che le parole di Ricouer sui
maestri del sospetto, si possano applicare trent'anni e pi prima ad
Adorno 24 . Prendiamo allora per chiaro intanto questo: la interpretazione
per Adorno esercizio di sospetto, contro la soggettivit in entrambe le

19 Th.W. Adorno, Die Idee der Naturgeschichte, cit., pp. 359-60.


20 Th.W. Adorno, L'attualit della filosofia, cit., p. 9.
21 Ibidem, p. 7.
22 Ibidem, p. 7.
23 L. Althusser, Lire le Capital, Librairie Francois Maspero, Paris 1965; ed. it.
Leggere il Capitale, a cura di R. Rinaldi e V. Oskian, Feltrinelli, Milano 1968. Il passo
sul che cosa significhi leggere e perch sia cruciale si trova alle pp. 14-16 del testo
italiano.

24 S. Buck-Morss, The origin of negative dialectics, cit., p. 236.

14

CRITICA DEL NON VERPO

sue forme idealistiche - di soggetto assoluto o di primato ontologico contro l'idea di una interpretazione che non sia prassi di modifica del
reale, e infine contro le potenze demoniche che rendono il testo della fi
losofia lacunoso e irregolare. Qualcosa nel reale cifrato, omesso, eppure
nascosto, forse addirittura costituisce l'essenza del reale, ma esso non a
disposizione. Il vivere non a disposizione scrisse Brecht 25 , e tuttavia:
l'idea di interpretazione non incoraggia la supposizione di un [...] dua
lismo di intelligibile e empirico, ovvero di una separazione tra la verit
dell'esistente e la sua apparenza 26; dopo la Scienza della logica di Hegel
tale separazione impensabile. Vero che Adorno non studi Hegel
sistematicamente fin ben oltre gli anni dei quali ci stiamo occupando.
tuttavia certo che egli conoscesse bene sia la persona che l'opera di Bloch,
e quindi un certo sapore dialettico hegeliano doveva essergli del tutto
noto 27 , infatti scrive, contro la separazione di empirico e intelligibile, che
chi interpretando ricerca dietro al mondo fenomenico un mondo in s [...] si
comporta come chi in un enigma voglia ricercare il riflesso di un essere che gli sta
dietro, un essere che l'enigma riflette e dal quale si lascia sorreggere, laddove la
funzione della soluzione dell'enigma quella di rischiarare a lampi e di sciogliere
(aufheben) la forma dell'enigma, non quella di persistere dietro l'enigma e d'essergli simile 28 .

L'enigma non rappresentazione della sua soluzione, al contrario la


sua soluzione espressione della falsit dell'enigma come qualcosa che
viene annientato da questa, e insieme la scoperta della necessit dell'enig
ma come unica forma di testo possibile. La presenza di un residuo non
intenzionale nell'oggetto traccia della dialettica di natura e storia; tanto
pi questa si presenta come naturale - perdendo cos la sua trasparenza
- tanto pi quella diventa enigmatica, intreccio di natura e storia sotto
l'aspetto della sola natura. Che la natura debba comprendere in s la storia
originaria del soggetto dalla quale ancora non s' usciti, ed anche la storia
sociale riflessa, questo quanto costituisce l'enigma. Non a torto allora
Adorno indica nella dialettica come riflessione contro l'originario e nel

25 B. Brecht, Gegen Verfhrung, traduzione italiana con testo a fronte della poesia
si trova in B. Brecht, Poesie e canzoni, tr. F. Fortini e R. Leiser, Einaudi, Torino 1981.
Uria quartina della poesia citata da Adorno in Terminologia filoso/tea.

26 Th.W. Adorno, L'attualit della filosofia, cit., p. 7.


27 Cfr. S. Buck-Morss, The origin of negative dialectics, cit., p. 4.
28 Th.W. Adorno, L'attualit della filosofia, cit., p. 7.

INTRODUZIONE

15

materialismo come prassi concreta contro la fonte dell'oscuramento, la


lettura critica che dalla stessa forma del falso - una volta compreso come
tale - pu attingere il vero, secondo il classico schema marxiano della
critica dell'ideologia. Gi qui evidente come la soluzione dell'enigma sia
entrambe le cose: la soppressione del suo carattere di enigma e la sua
conservazione nel passaggio alla prassi. Ecco perch Adorno prende come
esempio di interpretazione filosofica proprio il passo in cui Marx rim
proverava ai filosofi di aver meramente interpretato il mondo senza mu
tarlo. E per lo stesso motivo Adorno non ha affatto in mente la prassi
come lotta politica, bens parla esplicitamente di prassi filosofica che
deve passare dalla interpretazione alla modificazione del suo oggetto. Che
cosa sia tale prassi, e perch meriti questo nome, spiegato poco oltre:
e - come le soluzioni degli enigmi si costruiscono mediante un procedimento che
consiste nel condurre gli elementi singoli e dispersi della domanda in differenti
disposizioni, fino a che essi non si riuniscano a formare una figura, da cui salti
fuori la soluzione, mentre la domanda dilegua - cos la filosofia deve condurre i
suoi elementi, che essa riceve dalla scienza, in mutevoli costellazioni, o, per dirla
con una espressione meno astrologica e scientificamente pi attuale, in mutevoli
tentativi di disposizione, fino a che essi formino una figura, che sia leggibile come
risposta, mentre la domanda dilegua 29 .

Si deve innanzitutto far attenzione a non confondere questa metafora


con un modello euristico: non che il carattere enigmatico sussista solo
grazie alla sua configurazione, e che dunque per prova ed errore si possa
mutarla fino a che non salti fuori bella e pronta la soluzione. Ma neppure
l'enigma in quanto tale , una volta svelato come enigma, la sua soluzione.
Carattere enigmatico e risposta stanno in opposizione, la lettura che dis
solve il primo la medesima che fornisce la seconda. Non si tratta in alcun
modo di sostituire la struttura dell'enigma come risposta alla domanda
determinata che l'enigma pone. Non perch tale struttura non esista; cos
come quella linguistica o storica - e Adorno lo riconoscer in pi occasio
ni - essa scientificamente valida, ma quale che sia il suo potere assumerla
come origine e da essa trarre le leggi della interpretazione della cosa signi
ficherebbe assumere a priori che la cosa si risolva interamente nella pro
pria struttura, il che proprio quel che Adorno fin da allora contestava.
Egli, in un certo senso, radicalizza l'idea di decostruzione delle varie mi-

16

CRITICA DEL NON VERPO

tologie sul soggetto, la volont, l'intenzione e via dicendo, mostrando


come sia esse che il loro rischiaramento non siano dati ultimi n primi, ma
ancora e sempre formazioni scientifiche che costituiscono proprio il pro
blema della filosofia, i suoi enigmi, con tanto di carattere demoniaco,
la filosofia deve procedere continuamente interpretando, con la pretesa alla verit
senza mai possedere una chiave certa dell'interpretazione e senza che le venga dato
qualcosa di pi dei cenni fugaci che dileguano nelle figure enigmatiche dell'ente
e nei loro strani intrecci. La storia della filosofia non altro che la storia di questi
intrecci; per questo sono dati cosi pochi risultati; per questo essa deve comin
ciare sempre da capo; per questo essa non pu fare a meno del pi piccolo filo che
tempi remoti hanno filato e che forse completerebbe proprio l'ordito che potrebbe
trasformare le cifre in un testo 30.

Si fatica a trattenere le metafore adorniane in quella specie di limbo


tra l'uso moderno della metafora e il semplice poetico traslare, limbo che
possiamo chiamare costellazione, o meglio: campo di forze della costella
zione. Che la filosofia debba pretendere alla verit , oggi, tutt'altro che
pacifico - anche se pure questo stato di guerra contro la pretesa alla verit
sarebbe passibile di interpretazione come enigma, e la sua materia andreb
be cercata probabilmente nello sviluppo della scienza come forza produt
tiva e nel parallelo evolversi della filosofia come ricerca e strumento di
consenso. Ma ancora pi sorprendente il richiamo a che non si rinunci
finanche al pi piccolo filo che tempi remoti hanno filato. Non chiaro
se si tratti di filatura filosofica, sociale o storica tout court. Se rileggiamo
la frase ricomponendola in una costellazione diversa troviamo: la storia
della filosofia la storia degli strani intrecci dell'ente, per questo essa,
la storia della filosofia, deve possedere tutti i fili degli intrecci al fine di
trasformare l'ordito, e cio la propria storia, in un testo, e tramite questo
le cifre del reale, esse stesse in un testo. Parrebbe che Adorno non riesca
a tener distinti il destino della filosofia da quello degli enigmi reali, o detto
altrimenti: da quello degli enigmi dell'effettuale privo di intenzione. La
cosa ulteriormente complicata da quanto scritto poco oltre, che impa
rare a leggere possa consentirci di bandire le forze demoniache che risie
dono negli enigmi. Si potrebbe avanzare l'ipotesi che le forze demoniache
siano proprio ci che costituisce il carattere di enigma dell'enigma, e che
in qualche modo esse e la filosofia abbiamo in comune pi di quanto si

30 Ibidem.

INTRODUZIONE

17

sospetti, al punto che essa legga se stessa in loro, e la soppressione del


l'enigma come risposta, ovvero un variare dispositivo che sciolga l'enigma,
sia al tempo stesso compito e morte della filosofia; qualcosa di dialettica
mente simile a quanto annunciato in Dialettica negativa: l'utopia della
conoscenza sarebbe di aprire con concetti l'a-concettuale senza renderlo
identico a essi 31 .

L'IDEA DI STORIA NATURALE


L'intenzione vera e propria di ci che dir volta ad abolire l'anti
tesi tradizionale di natura e storia, ... la frattura fra soggetto e oggetto
che esso [l'illuminismo] vieta di colmare, diventa index della falsit pro
pria e della verit 32 . Queste due frasi si trovano rispettivamente nel sag
gio Die Idee der Naturgeschichte e nel libro Dialettica dell'illuminismo. Il
testo del saggio costituito da un discorso tenuto da Adorno alla Kant
Gesellschaft nel 1932. Segue dunque di un anno Die Aktualitt der Philosophie. Ed un saggio assai particolare. Intanto un quasi ininterrotto
lapsus stilistico di Adorno: in esso, unica volta, egli utilizza parole e con
cetti tratti dalla tradizione fenomenologica e ontologica, senza farne paro
dia. vero che ci avviene in altri scritti ma quel che rende sorprendente
questa acquiescenza di Adorno verso una terminologia che ha combattuto
per tutta la sua opera, che questo saggio stato scritto dopo aver gi
acquisito tutta la conoscenza necessaria (e non prima, come accade per
esempio alla tesi di laurea o alla tesi su Kierkegaard) a dire le stesse cose
ma con termini diversi. Ma poich non mai possibile dire le stesse cose
con termini diversi, quel che detto in questo saggio non doveva, al
tempo, essere esprimibile in nessun altro linguaggio. Questo comporta che
uno dei punti fermi del pensiero di Adorno, l'idea di storia naturale ap
punto che ritorner sia nella Dialettica negativa sia nella Teoria estetica,
abbia avuto bisogno di esser formulato in un linguaggio estraneo, se cosi
si pu dire, al pensiero del suo autore. La cosa rilevante. Vediamo ora
di segnare le costellazioni principali del saggio, tramite di esse sar possi-

31 Th.W. Adorno, Negative Dialektik, cit., p. 21.


32 Th.W. Adorno, Die Idee der Naturgeschichte, cit., p. 345; e M. Horkheimer &
Th.W. Adorno, Dialektik der Aufkldrung. Philosophische Fragmente, S. Fischer Verlag,
Frankfurt a. M. 1969, in italiano Dialettica dell'illuminismo, trad. R. Solmi, Einaudi,
Torino 1982, p. 47.

18

CRITICA DEL NON VERPO

bile avanzare un'ipotesi di spiegazione.


Il saggio comincia con la decifrazione del titolo, in particolare con
due definizioni - altra cosa che Adorno non far mai pi: iniziare con
delle definizioni! Anzi indicher in pi luoghi come l'esigenza di defini
zioni iniziali sia il marchio di un pensiero filosofico reificato - una relativa
al termine 'natura' e l'altra al termine 'storia'. Il concetto di natura, segna
tamente non la natura stessa, un concetto che volendolo tradurre nel
tradizionale linguaggio concettuale filosofico, si pu rendere tout court
con il concetto di mitico. [...] Intendo con ci quello che insito da
sempre, quello che la storia umana porta come Essere ad essa congiunto
e supposto per destino, quello che in essa appare come a lei sostanziale 33 .
'Storia' invece secondo l'autore: significa quel modo di comportarsi degli
uomini [...] caratterizzato soprattutto dal fatto che in esso appare un ele
mento qualitativamente nuovo, dal fatto che esso un movimento che non
si svolge in pura identit [...] ma che fa emergere il nuovo e che acquista
il suo vero carattere nell'apparizione del nuovo 34 .
Dopo queste definizioni di partenza, Adorno spiega le sue intenzioni,
vuole prendere le mosse criticando l'ontologia giacch
la questione sull'ontologia, come oggi viene posta, non nient'altro che ci che ho
inteso per natura 35- e pi oltre? - merito della questione ontologica aver elabo
rato in maniera radicale l'inscindibilit degli elementi di natura e storia 36.

La proposta che vorrei avanzare, di fronte a queste stranezze, che


il tema della revisione della scissione tra natura e storia sia identico alla
tesi centrale della Dialettica dell'illuminismo, ovvero del rovesciamento
dell'illuminismo in mitologia e del mito in illuminismo. La trasposizione
della natura in mito ce la fornisce Adorno nello stesso saggio. Quella tra
storia e illuminismo pu destare pi dubbi. Tuttavia se ripercorriamo i
passaggi della dialettica dal mito all'illuminismo, troviamo che l'accezione
del tutto ampliata in cui questo secondo termine viene utilizzato da Ador
no e Horkheimer, consente, ad esempio, di porre la religione e il sacrificio

33 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, p. 91; ho lasciato immutata la tradu


zione di M. Tosti Croce: la scelta della maiuscola per la parola 'Sein' , com' evidente,
del tutto indecidibile traducendo dal tedesco, e tuttavia per il tono e il contenuto di
questo saggio, mi sembrata del tutto appropriata.
34 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, cit., p. 92.
Ibidem, p. 99.

INTRODUZIONE

19

ad essa legato come primo illuminismo; qualcosa di simile a quanto soste


nuto da Freud in Totem e Tab. Anzi, il mito stesso gi una scissione
operata, che crea quel che poi dolendosi della scissione da forza al mito.
L'illuminismo esattamente quel processo di scissione e allontanamento
che fa emergere ogni volta il nuovo. Col che ovviamente il vecchio viene
ricacciato nel mitico, e la paura di fronte all'ignoto viene sostituita dalla
paura di fronte all'obliato. Questo per Adorno, e lo rester anche nel
l'ultima elaborazione della teoria estetica, il movimento del qualitativa
mente nuovo per eccellenza: il movimento con cui sorge l'individuo, o
meglio detto la separazione tra oggetto e soggetto 37 .
Ma in questo saggio manca ancora, rispetto al capolavoro scritto
con Horkheimer, un'analisi della relazioni tra l'illuminismo e il mito all'in
terno del concetto stesso - o della ragione, se si preferisce - che sia
autenticamente dialettica. Questo fa s che per esprimere la natura come
storia - l'emergere dell'azione umana entro il mito, secondo le definizioni
appena riportate - si debba far riferimento ad un rapporto tra idee, e
quindi all'ontologia che ha il merito di aver elaborato in maniera radicale
[...] natura e storia. Si potrebbe anzi azzardare che l'ontologia delle idee
di storia e natura lasci scoperto e accessibile un campo che, dopo le analisi
della Dialettica dell'illuminismo sul mito, risulter chiuso per sempre con
la proibizione scritturale di farsi immagini, e cio l'elemento utopico di
uscita dalla falsa alternativa tra mito e illuminismo. Questa ipotesi rende
rebbe anche ragione della funzione che qui Adorno assegna alla benjaminiana allegoria (anch'essa simbolo della storia impietrita); funzione che in
seguito verr svolta differentemente dall'interpretazione nella dialettica
negativa.
Ma vediamo come Adorno disegna l'idea di storia naturale. La sezio
ne al riguardo inizia col riportare un testo di Lukcs sulla seconda natu
ra, e passa poi a esaminare la categoria benjaminiana di allegoria. Benjamin parte dal fatto che l'allegoria non un rapporto di mere casualit
secondarie; l'allegorico non un segno casuale per un contenuto in esso
sotteso; piuttosto tra l'allegoria e il pensato allegoricamente esiste un rap
porto causale: "l'allegoria espressione" 38. Oltre a non essere segno di
5 ' poi certamente vero che i passaggi di tale movimento sono molteplici. La
divisione del lavoro, il progresso scientifico, il mercantilismo, e via dicendo, sono altret
tanti punti nodali indicati da Adorno in varie sue opere. Nessun dubbio tuttavia che
nella Dialettica dell'illuminismo questa prima scissione sia la fondamentale.
58 Th.W. Adorno, Die Idee der Naturgeschtchte, p. 358. Adorno sta citando una
frase di Benjamin Allegorie sei Ausdruck che si trova nel // dramma barocco tedesco.

20

CRITICA DEL NON VERPO

una causalit, l'allegoria come espressione non neppure simbolica d'una


essenza non concettualizzabile; piuttosto si dovrebbe dire che nell'mterpretazione filosofica essa si sostituisce alla funzione sintetico-appercettiva
del simbolo ma senza rassomigliargli. Scrive Adorno che
da tempo l'interpretazione si separata da ogni domanda relativa al senso; detto
in altri termini, i simboli della filosofia sono andati in rovina. [...] La filosofia [...]
deve imparare a farcela senza la funzione simbolica, nella quale finora, almeno
nell'idealismo, il particolare pareva rappresentare l'universale 39 .

cos evidente che, a meno di postulare una contraddizione infecon


da, allegoria e funzione simbolica sono profondamente diverse. Alla pre
tesa simbolica, che l'altra met della verit sia nascosta e solo pagando la
contromarca del simbolo essa sia immediatamente disponibile a introdurre
alla totalit, si contrappone l'allegoria, dove rapporto causale e espressione
sono identici e dunque non possono venir attraversati n percorsi con
dirczione univoca: ... la relazione tra ci che appare allegoricamente e ci
che significato non affatto una relazione di segno casuale; si verifica
piuttosto un fatto particolare, essa 'espressione' 40. Detto a nostra volta
in altri termini, si potrebbe dimostrare che la soluzione del simbolo
la verit del simbolizzato, in presenza del quale il simbolo sarebbe inutile
e immobile; mentre la soluzione dell'allegoria non la soppressione del
l'allegorico, giacch se nel rapporto espressivo si toglie l'espressione nulla
pi conduce all'espresso. Solo il segno sta per il segnato, nell'allegorico
il rapporto espressivo che sta per l'allegorizzato, un rapporto che sta per
una sua parte: una sineddoche.
Con il che il paragone con l'enigma si ribalta: se l'oggetto dell'interpretazione fosse preso come simbolo allora in esso si troverebbe gi pron
ta la verit, l'altra met dell'apparenza - ma nell'interpretare l'allegoria si
scioglie il carattere espressivo affinch l'espresso giunga alla luce: ci che
si svolge e si esprime nello spazio dell'allegoria non nient'altro che un
rapporto storico. Il tema dell'allegorico semplicemente la storia 41 . Di
fronte ad esso si tratta non di concetti da spiegare traendoli l'uno dall'al
tro, ma di fissare una costellazione di idee 42 ; ecco ripetuta, quasi uguale,

'9 Th.W. Adorno, L'attualit della filosofia, cit., p. 8.

40 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, cit., p. 102.


41 Ibidem. Corsivo mio.
42 Ibidem, p. 103. Corsivo mio.

INTRODUZIONE

21

la formula del gioco di combinazioni proposta da Adorno a proposito


della soluzione dell'enigma.
possibile adesso pensare che, nonostante tutto questo, non si dia
nulla se non nella forma dell'allegorico enigma? Nulla, nel senso di: nulla
di originario? e che quindi l'uccisione dell'enigma significhi solo una per
dita di senso? Se Adorno sostiene come la risposta relativa all'enigma
non sia il "senso" dell'enigma [e che] la risposta sta [...] in stretta antitesi
all'enigma; essa ha bisogno della costruzione a partire dagli elementi del
l'enigma ed essa distrugge l'enigma stesso 43 , non sarebbe piuttosto da
dire che la risposta distrugga il carattere di enigma dell'enigma ma non il
suo materiale? Cosa vuoi dire altrimenti che la risposta deve essere costru
ita a partire dagli elementi dell'enigma, e che anzi, la risposta stia in una
diversa configurazione, o costellazione, degli elementi materiali dell'enig
ma?
La storia in tutto quanto ha - Adorno sta citando da Benjamin -, fin dall'inizio,
di inopportuno, di doloroso, di sbagliato si configura in un volto - anzi: nel teschio
di un morto [...] non soltanto la natura dell'esistenza umana tout court, ma anche
la storicit biografica di un singolo si esprime significativamente, in forma di enig
ma, in questo suo aspetto, l'aspetto naturale supremamente degradato. E questo
il nucleo della concezione allegorica, dell'esposizione barocca, mondana della sto
ria [...]; che significante soltanto nelle stazioni del suo decadere. Tanto il
significato e tanto l'abbandono alla morte, perch la morte che pi profonda
mente scava la merlettata linea di demarcazione tra la physis e il significato 44 .

Prima del passo qui riportato Benjamin distingueva il simbolo dall'al


legoria in base al rapporto che istituiscono nella caducit: il simbolo tra
sfigura la caducit facendo apparire il volto trasfigurato della natura nella
luce della redenzione, mentre nell'allegoria si propone agli occhi dell'os
servatore la facies hippocratica della storia come un pietrificato paesaggio
primevo 45 - Adorno commenta:
Che cosa significa parlare qui di caducit e che cosa vuoi dire storia originaria del
significare? [...] Si tratta non di concetti da spiegare traendoli l'uno dall'altro, ma
di fissare una costellazione di idee: cio l'idea della caducit, del significare e l'idea

43 Th.W. Adorno, L'attualit della filosofia, cit., p. 8.

44 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, p. 103. Adorno sta citando da: W.
Benjamin, Ursprung des deutschen Trauerspiels, Berlin 1928, p. 178. Traduzione italia
na: // dramma barocco tedesco, a cura di E. Filippini, Eindaudi, Torino 1971.
45 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, cit., pp. 102-03.

22

CRITICA DEL NON VERPO

della natura e l'idea della storia. A queste non si ricorre come invarianti. [...] In
Benjamin c' innanzitutto la concezione - ed questo il punto da superare - che
esistano alcuni fondamentali fenomeni storico-originarii che, presenti alle origini,
sono poi trapassati e, assunto significato solo nell'allegorico, ritornano in esso,
ritornano nel loro aspetto letterale. [...] Il termine "significato" ci dice che i
momenti 'natura' e 'storia' non si risolvono uno nell'altro, ma piuttosto erompono
contemporaneamente l'uno dall'altro e si intersecano in maniera tale che il natu
rale si presenta come segno per la storia, e la storia, anche nel suo lato pi schiet
tamente storico, come segno per la natura. [...] In eguai modo il "significare"
stesso si trasforma da problema dell'ermeneutica storico - filosofica [...] in mo
mento che transustanzia, per sua stessa costituzione, la storia in storia originaria 46 .

Si deve innanzitutto cercare di chiarire che cosa in gioco in questo


confronto. Si tratta della questione della verit - detto nel modo pi
chiaro tra quelli possibili: solo se esiste una soluzione all'enigma tale per
cui l'enigma scompaia si pu opporsi al relativismo, o a uno storicismo
frainteso, ma se quel che ci si ritrova dopo la scomparsa dell'enigma la
nuda e pura verit, allora si cade nelle braccia della verit extratemporale,
eterna, metafisica. Se il tema dell'allegorico la storia, e se essa giunge in
questo ad espressione perch analoga la struttura dell'uno e dell'altra,
allora l'allegoria in grado di comprendere non solo l'apparenza della
successione temporale degli eventi ma in questa anche quel privo di inten
zione che, vedremo, costituisce propriamente l'oggetto da interpretare,
ricollegando i suoi fili. Chiariamo con un esempio; il cristianesimo paradigmatico della ricostruzione simbolica della storia, in esso il significato
predisposto agli avvenimenti che si ordinano gerarchicamente rispetto
all'unico evento, il Cristo - e ogni deviazione , per quanto significativa,
accidentale, anzi la sua significativit si costruisce proprio ex negativo
rispetto al corso della storia. Questo il modello concettuale di storia
simbolica (si badi bene: il concetto di storia simbolica, non la storia sim
bolica), dove il senso trascorre senza rischio dall'evento agli avvenimenti.
La costruzione allegorica, al contrario, non si affida alla rappresentazione
bens all'wterpretazione, e il significato non disponibile nel testo ma va
ottenuto tramite il testo nella disposizione dei suoi materiali. Cos il testo
cieco ma l'interpretazione non si sostituisce ad esso - non , nella ter
minologia di questi lavori adorniani, la spiegazione dell'enigma che lo
dissolve, come se sotto di esso si mostrassero, entrambe autentiche, do
manda e risposta; bens l'enigma l'allegoria da interpretare. Non solo;

Th.W. Adorno, Die Idee der Naturgeschichte, cit., p. 360.

INTRODUZIONE

23

questo problema, centrale nella teoria estetica come rapporto tra l'opera
d'arte e il suo significato, ha anche la sua facies hippocratica appunto, cio
quella che concerne l'interpretazione finita o infinita, e soprattutto la
possibilit che essa ottenga di uscire dall'orbita schiacciante del testo;
questione che ci riporta all'assunto critico iniziale, che cio natura e storia
siano oggetti dell'interpretazione critica in quanto idee risultanti dal
processo dialettico stesso di natura e storia, e non identit ontologiche.
Adorno commentando la categoria di seconda natura di Lukcs
spiega: la storia degli uomini si irrigidisce a natura, essi la trovano estra
nea, priva di intenzione, meglio: come se fosse priva di intenzione - la
storia quando appare immutabile e mitico destino del genere umano as
sume i tratti della natura 47 , ma la stessa dialettica coinvolge anche l'imma
gine naturale. La natura irrigidita storica, il privo di intenzione, quel che
davvero resta oggi come natura, relativo all'intenzionale che pure oggi
appare come mitico e naturale. La costituzione della natura e della storia
storica, non nel senso di uno storicismo, o relativismo, assoluto, ma nella
dirczione di un totale abbandono dell'idea stessa di immediato. L'idea di
storia naturale ha il suo telos in questo: la storicizzazione della natura
corrisponde alla sua secolarizzazione. E una mossa del pensiero illumini
stico, una sua autocritica, perch riconosce l'istituzione del significato
come legata alla istituzione del soggetto. E questo lo skandalon della
filosofia naturale di Adorno: II termine "significato" ci dice che i momen
ti 'natura' e 'storia' non si risolvano l'uno nell'altro, ma piuttosto erompo
no contemporaneamente l'uno dall'altro 48 . Se non c' risoluzione possi
bile questo significa, in una categorizzazione in un certo senso pre-dialettica, che come signoria e servit ognuno abbisogna dell'altro come suo
altro per poter essere se stesso, e quindi ... il naturale si presenta come
segno per la storia, e la storia [...] come segno per la natura 49 . la
relazione dialettica che da riconoscere nel carattere di segno che l'una
per l'altra assumono natura e storia: In eguai modo il "significare" (bedeuten] stesso si trasforma da problema dell'ermeneutica storico-filosofica
(addirittura da problema nel senso trascendentale) in momento che transustanzia, per sua stessa costituzione, la storia in storia originaria 50 . Ed

47
48
49
5(1

Ibidem.
Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, cit., p. 104.
Ibidem.
Th.W. Adorno, Die Idee der Naturgeschichte, cit., p. 360.

24

CRITICA DEL NON VERPO

proprio per questo che in Benjamin si parla di storia originaria del


significare 51 ; non perch si possa allegoricamente riferirsi ad un lingua
adamitica, bens perch la storia originaria del significare non problema
ermeneutico (nel senso ristretto che Adorno dava a questa parola di 'filo
logia interpretante') ma a pieno titolo dialettica dell'illuminismo, spiega
zione della costituzione dell'uomo e in uno della natura come unit della
differenza e diversit nell'identit: qualsiasi critica filosofica oggi pos
sibile come critica del linguaggio 52 .
Poich la filosofia non accetta nulla come dato primo, nemmeno il
significato e il suo contrario, il privo di significato, o il privo di intenzione,
sono da essa accettati come origine.
Il grido di terrore con cui esperito l'insolito, diventa il suo nome. [...] Lo sdop
piamento della natura in apparenza ed essenza [...] nasce dalla paura dell'uomo,
la cui espressione diventa una spiegazione... In cui gi implicita la separazione
di soggetto e oggetto. Se l'albero non pi considerato solo come albero, ma come
testimonianza di qualcos'altro, come sede del mana, la lingua esprime la contrad
dizione, che una cosa, cio, se stessa e insieme qualcos'altro da ci che ,
identica e non identica. Tramite la divinit il linguaggio diventa, da tautologia,
linguaggio".

Ma allora, su quali basi comporre e interpretare l'allegorico?

LA ESATTA FANTASIA

II ricorso alla facolt d'una esatta fantasia si trova in posizione cen


trale per lo meno in tre testi di Adorno: la Teoria estetica, i Tre studi su

" Per questo tema cfr. W. Benjamin, Schriften, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M.
1955, in italiano: W. Benjamin, Angelus Novus, tr. R. Solmi, Einaudi, Torino 1962; in
particolare i saggi: II compito del traduttore, Sulla lingua in generale e sulla lingua
dell'uomo, Sulla facolt mimetica.
curioso che proprio W. Benjamin abbia commentato, per la radio berlinese, dal
1929 al 1932, tra le altre, la leggenda di Kaspar Hauser, che tratta proprio della na
scita a quarantenni di un uomo che fino ad allora era rimasto chiuso in una torre.
L'esperienza fondamentale proprio di tipo linguistico-concettuale. Cfr. W. Benjamin,
Aufklrung fr Kinder. Rundfunkvortrge. Hrsg. von R. Tiedemann, Surhkamp Verlag,
Frankfurt a. M. 1985.
52 Th.W. Adorno, Thesen iiber die Sprache des Philosophen, cit., p. 369.

55 M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., pp. 22-23.

INTRODUZIONE

25

Hegel e i Minima moralia. Nel discorso Die Aktualitdt der Philosophie,


essa compare per la prima volta in campo filosofico. Eravamo giunti,
prima di addentrarci nella questione allegorica, alla delucidazione sul fatto
che il metodo di variare il materiale per ottenere tramite nuova disposizio
ne il dileguare dell'enigma avesse suo nome proprio: dialettica, in partico
lare la dialettica di Marx. Commentando questo passo si era richiamata
l'attenzione sul fatto che solo tramite il riferimento a Marx si comprende
perch Adorno chiami la lettura atto fondamentale e soprattutto prassi
teoretica. In seguito Adorno riprende e integra la critica sia al relativismo
storicista che alle invarianze psicologiche, compare il nome di Klages e
inizia a chiarirsi il rapporto tra l'arte di disposizione del materiale e l'al
legoria. Infine leggiamo:
Nella trattazione del materiale concettuale da parte della filosofia non parlo a caso
[...] di costruzione e di costellazione. Infatti le immagini storicbe [...] non sono
semplice autodatit. Esse [...] debbono venire prodotte dagli uomini e legittimarsi in
definitiva solo attraverso il fatto che la realt si condensa intorno a loro in maniera
stringente. [...] Esse sono i modelli con i quali la ratio si avvicina [...] a una realt
che sfugge alla legge. [...] Si pu vedere qui un tentativo di riprendere quella
vecchia concezione della filosofia che Bacone formul e sulla quale Leibniz di
affatic una vita: una concezione che l'idealismo derise come stravagante: quella
della ars inveniendi. "

Reso chiaro intanto quanto sopra affermato, e cio il carattere storico


e non psicologico del privo di intenzione e del suo carattere enigmatico,
Adorno chiama in soccorso un nome da tempo caduto in proscrizione.
Non solo la provocazione a dettar legge. Ci ritroviamo bens di fronte
allo stesso problema che pi tardi molti critici Vl indicheranno sotto la

54 Th.W. Adorno, Astetische Theorie, a cura di G. Adorno e R. Tiedemann,


Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1970. In Italiano: Teoria estetica, tr. E. De Angelis,
Einaudi, Torino 1975; Th.W. Adorno, Drei Studien ^u Hegel, op. cit., ; Th.W. Adorno,
Minima moralia. Reflexionen aus dem bcscbadigten Leben, Suhrkamp Verlag, Frankfurt
a. M. 1951. In italiano Minima moralia. Meditazioni della vita offesa, tr. R. Solmi.
Einaudi, Torino 1954. In questo testo il tema della esatta fantasia viene elaborato
all'interno di una teoria dell'esperienza, esso prende pertanto nomi diversi. Si guardi
per esempio l'ultimo aforisma.
" Th.W. Adorno, L'attualit della filosofia, cit., p. 10. Corsivo mio.
56 Cfr. i saggi: G. Pasqualotto, Teoria come utopia, studi sulla scuola di Francoforte, Bertani, Verona 1974; M. Pretti, Homo teoreticus, Franco Angeli, Milano 1978;
ancora M. Pretti, Teoria come prassi e politico m Th. W. Adorno, in Rassegna italiana
di sociologia XX, 1980, n. 2, pp. 265-90. Inoltre i volumi collcttane!: a) Die Neue

26

CRITICA DEL NON VERPO

celebre frase dei Minima moralia: Non si da vita vera nella falsa 57 . Se
tutto falso, nel senso che nulla sottratto alla mediazione falsificante
della forma merc, a partire da che cosa possibile la critica? qual il
punto archimedeo? Adorno lo esprime con la metafora del Barone di
Mnchhausen che si solleva da s afferrandosi per il codino 58. In realt
una categoria estremamente affilata di esperienza si proporr di risolve
re negli scritti degli anni Sessanta questo problema. Tuttavia quel che qui
interessa la proposta dell'^ry inveniendi, il fatto che tanto presto compaia
l'idea della fantasia come struttura interpretativa della storia, meglio: delle
immagini storiche, estremamente importante. In un saggio del 1950,
Adorno cita dal manoscritto benjaminiano dei Passagen, a proposito delle
immagini dialettiche:
queste immagini sono proiezioni del desiderio, e la collettivit cerca in esse sia di
eliminare che di trasfigurare l'imperfezione del prodotto sociale. [...] Nel sogno in
cui, ad ogni epoca, si presenta in immagini la seguente, questa appare sposata ad
elementi della preistoria, cio di una societ senza classi. Le esperienze della quale,
depositate nell'inconscio della collettivit, producono, compenetrandosi col nuo
vo, l'utopia, che ha lasciato le sue tracce in mille configurazioni della vita, dalle
costruzioni durevoli alle mode effimere.

E cos commenta:
tali immagini erano tuttavia per Benjamin qualcosa di pi che archetipi dell'incon
scio collettivo come in Jung: per esse egli intendeva delle cristallizzazioni obiettive
del movimento storico e le denomin col nome di immagini dialettiche 59 .

Linke nach Adorno, hrsg. von W.F. Schller, Mnchen 1969; b) Hamburger Symphosion, hrsg. von M. Lbig und G. Schweppenhuser, Dietrich zu Klampen Verlag,
Lneburg 1984; e) Die frankfurter Schule im Licht des Marxismus, materiali dello Istitu
fr marxistische Studien und Forschungen, raccolti in occasione di due giornate di
studi in occasione del centenario della nascita di Lenin, Frankfurt a. M. 1970.
57 Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 35.
58 questa una delle metafore pi spesso usate da Adorno. La si ritrova, ad
esempio, sia nei Minima moralia, che nella Terminologia filolofica e nella Dialettica
negativa. Indica il pensiero senza fondamenti, cio per Adorno, quello che non si
preoccupa di partire dalla doxa e procedere in forma raposodica. Cfr. Th.W. Adorno,
Philosophische Terminologie, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1973; ed. it. Termino
logia filosofica, a cura di Anna Solmi, Einaudi, Torino 1975. Il testo raccoglie lezioni
tenute da Adorno a Francoforte nel 1962-63. La cura dell'edizione tedesca di R.Z,
Lippe.

59 Th.W. Adorno, Prismi, cit., p. 243.

INTRODUZIONE

27

Com' facile vedere in questa citazione compaiono molti dei termini


che costituiscono il problema anche del saggio del 1931 del quale ci stia
mo occupando. Aggiungiamo un'ultima citazione da Die Aktualitdt der
Philosophie prima di passare al commento; la parte immediatamente
seguente a quella suil'<m inveniendi:
Organo di questa ars inveniendi la fantasia. Una fantasia esatta, una fantasia che
si trattiene con fermezza sul materiale. [...] Se l'idea di interpretazione filosofica
[...] sussiste a buon diritto, allora essa si lascia esprimere come esigenza di dare
risposta alle domande di una realt che si trova davanti, mediante una fantasia che
raggnippa assieme gli elementi della domanda, senza andare al di l del perimetro
degli elementi stessi, e la cui esattezza diviene controllabile al dileguarsi della
domanda 60.

Se si potesse dire che cifrato nel privo di intenzioni sia il rapporto


tra soggetto e oggetto - nota dolente della filosofia tutta - allora il richia
mo alla fantasia come arte dislocatrice si chiarirebbe; perch dislocare non
significa solo rimescolare le carte a casaccio nell'attesa che esca la combi
nazione vincente. Del materiale enigmatico - nell'ipotesi sia il rapporto tra
soggetto e oggetto, nelle varie forme che questi assumono - parte inte
grante il soggetto. Ovvero: dislocare impiegare un atteggiamento dialet
tico che riguarda anzitutto il soggetto. In questo senso la fantasia la
facolt adatta a questo operare nella misura in cui libera dalle costrizioni
dell'empirico immediato, tanto quanto dalle illusioni di interezza del sog
getto. Che essa abbia poi il modello nella pratica del materialismo dialet
tico richiama alla mente in modo quasi letterale Marx: il rapporto tra
soggetti e oggetti non teoretico ma pratico, un rapporto che si deter
mina e si concretizza in particolari modi di produzione. Il commento a
Benjamin conferma questa proposta interpretativa. Alla dialettica spettava
il nome della decifrazione degli enigma perch essa da il modello delle
soluzioni delle quali solo la prassi materialistica dispone 61 , ovvero quello
secondo il quale la risposta non deve lasciare intatta la domanda. La
nozione di modello ritorna anche a proposito dell'esatta fantasia, -citata
poco pi sopra, in esso la 'transustanziazione' di Adorno e la 'trasfigura
zione' del passo di Benjamin trovano comunanza. Si tratta di un doppio
legame: da un lato non esistono immagini che non siano gi una trasfigu-

Th.W. Adorno, L'attualit della filosofia, cit., p. 10.


Th.W. Adorno, Prismi, cit., p. 243.

28

CRITICA DEL NON VERPO

razione, come si esprime Benjamin, dall'altro esse giungono al presente


sotto forma fratta e l'opera della filosofia consiste nel porre il loro mate
riale in modo che il carattere enigmatico si transustanzi e dilegui. , detto
metaforicamente, la messa in dialettica del celebre intuizioni cieche e
concetti vuoti, con in pi la consapevolezza che anche questa, come tutte
le immagini dialettiche, possiede la sua storia; la prima interpretazione
compiuta dal soggetto sotto pressioni irrimediabili: essa consiste nel
l'espulsione di parti del testo affinch in esso non sia leggibile la sua
origine. Compito della filosofia secondo Adorno quello di disporre le
parti presenti, senza credere loro ma senza tuttavia aggiungere nulla dal di
fuori, affinch esse da cifra e frammento assumano l'aspetto di un testo.
Testo cio: qualcosa di umano e sociale che parla di altro da s. La esatta
fantasia fa appello negativo critico: si contrappone al metodo della legge
scientifica, per la quale il vincolo al pensiero razionale (nel senso della
Dialettica dell'illuminismo) insuperabile.
Ma qual il movimento nel quale si compie la fantasia? e che signi
fica l'aggettivo esatta? Nel saggio Thesen ber die Sprache des Philosophen scrive Adorno che la differenza tra forma e contenuto nel linguag
gio filosofico non una disgiunzione eterna e senza storia. Essa si richiama
esplicitamente al pensiero idealistico: corrisponde all'idealistica differenza
di forma e contenuto della conoscenza 62 . Differenza che, si chiarisce
subito, falsa e tuttavia non revocabile d'un gesto, che anzi forse proprio
la sua revocabilit costituisce il principale problema della filosofia, nonch
suo compito. A tale differenza si associa il bolso pretendere che si parli
chiaro, pretesa che, prima di ogni altra, suppone che lingua e cose stiano
in buono rapporto tra di loro, un rapporto appunto per il quale cosa e
parola entrino serenamente in contatto senza bisogno di alcuna tensione
da parte del linguaggio 63 . Non solo, ma tale pretesa per lo pi avanzata
da coloro ai quali il ruolo sociale nella oscurit del parlar filosofico non
dovrebbe essere del tutto incomprensibile, come sostiene Adorno:
L'astratta idealistica pretesa che siano adeguati linguaggio, oggetti e so
ciet, l'esatto contrario della effettivit del linguaggio reale (wirklicher
Sprachrealitt] M . Il potere del linguaggio, insomma, tanto quanto i suoi
limiti non sono sovrastorici ma dipendono dalla configurazione nella quale

Th.W. Adorno, Thesen ber die Sprache des Philosophen, cit., p. 366.
Ibidem, pp. 366-67.
Ibidem, p. 367.

INTRODUZIONE

29

sorto e dal rapporto di questa con l'attuale - perch il linguaggio


fenomeno sociale: senza societ conchiusa non si da alcuna obiettivit, e
con ci nessun linguaggio vero e comprensibile 65 . Anche se in effetti la
connessione tra linguaggio e societ non in questo saggio esplicitata con
chiarezza, sufficiente, per ora, riassumere l'idea che il linguaggio cifri la
realt del privo di intenzione in una immagine enigmatica, la risposta alla
quale consiste nel far sparire il carattere di enigma, tramite disposizioni
diverse del medesimo materiale, affinch ne salti fuori il carattere storico
come segno della natura e quello naturale come cifra della storia - un'al
legoria interpretativa che veda nel morto le cifre del sogno del futuro, e
che abbia un nesso causale espressivo con la storia: questo il linguaggio,
nella cui forma sedimentato il contenuto. Nessuno dei fili di tale sedi
mentazione non indispensabile: attraverso di essi la filosofia pu, forse,
ricostruire il testo e se stessa. Ogni critica filosofica oggi possibile come
critica del linguaggio e aggiunge Adorno, tale critica significa domandare
la propria verit alle parole e alle cose, citare in giudizio il linguaggio, ma
altrettanto le cose.
Un'altra maniera per indagare la questione di rivolgere attenzione
alla facolt del nominare le cose, cio all'aspetto intensivo del concetto. La
posizione di Adorno nella querelle tra nominalismo e realismo sempre
stata estremamente dialettica 66: per un verso il realismo mente quando
pone come originaria l'essenza della cosa e da essa fa discendere, a secon
da delle correnti, o la non esistenza della cosa (individuo significa: sogget
to assoluto, se nessun uomo soggetto assoluto allora nessun uomo un
individuo) o la reale esistenza dell'essenza (l'uomo essere per essenza
libero, ergo in ultima istanza, qualunque uomo gi ora e adesso libero
semplicemente per il fatto di essere uomo), ma per altro verso esso ha
perfettamente ragione contro il nominalismo sulla pretesa di poter chia
mare il giudizio la realt quanto non corrisponde al suo proprio concetto.
Per il semplice fatto che gli uomini, secondo le parole scritturali, pur non
essendo la loro testa il mondo, hanno tutto il mondo nella loro testa.
Questa posizione, facile vedere, resta fedele all'idea che la differenza tra
forma e contenuto sia da criticare e insieme innegabile. Ma come pos
sibile far funzionare i nomi realisticamente senza dar loro spessore onto65 Ibidem.
66 Per un'analisi di questo tema ci si potrebbe servire delle pagine della Termino
logia filolofica, cit., pp. 16-28, 39-40, nonch l'interessantissima difesa adorniana
della prova ontologica alle pp. 92, 95 e 100 e sgg.

30

CRITICA DEL NON VERPO

logico e metafisico? [...] nuove parole dei filosofi si configurano oggi


solamente come modificazione (Vernderung) della configurazione delle
parole, che stanno nella storia, e non nella creazione di una nuova lin
gua 67 , risponde Adorno, quasi che la possibilit di avere parola sia iden
tica all'operazione che si compie per sciogliere gli enigmi: variare la costel
lazione materiale, fino a quando il carattere mitico e enigmatico non scom
paia. Meglio: non si muti in altro, all'interno della prassi filosofica, per far
scomparire il demoniaco stesso, forse. Adorno singolarmente vicino alla
concezione della inutilit di cercare nelle singole parole verit o falsit, ma
bens nella loro configurazione. Tranne per il fatto che nelle parole
sedimentata la storia:
... [la] critica del linguaggio non deve solamente investire la mera adeguazione
di parola e cosa, bens altrettanto la situazione delle parole in se stesse; si deve
chiedere alle parole fin dove siano idonee a portare a conclusione (tragen) la loro
pretesa intenzione, fin dove la loro forza storica si sia consumata, fin dove esse
possano affermare qualcosa configurativamente... 68 .

Le parole hanno quindi un lato realistico poich in esse compresa


una intenzione, e questa al contempo il loro lato sociale. Ma esse sono
anche dei puri nomi ai quali nulla vale, se nulla corrisponde, contrapporre
come desiderio. Ci in forza di cui possibile scavare con le e nelle parole
il loro carattere di linguaggio figurativo. Ma figurativo e esatta
fantasia hanno gi troppo in comune, meglio affrettarsi a precisare che
qui Adorno non ha affatto in mente un linguaggio carico di pathos, o con
variazioni melodiche, o retoriche etimologiche; proprio Heidegger citato
come esempio negativo del tentativo di restituire alle parole la loro dignit
qualche riga prima. Il carattere figurativo si riferisce qui alla configura
zione, mutando la quale possibile creare un linguaggio che possa essere
portatore di vero, e comprensibile.
Configurazione; gi stato incontrato questo termine negli altri due
saggi, come documentato da Pierre V. Zima in Adorno et la crise du
langage... 69 esso non altro che una variazione terminologica, che verr
poi definitivamente abbandonata, della costellazione. Questo vuoi dire

67 Th.W. Adorno, Thesen ber die Sprache des Philosophen, cit., p. 368.

68 Ibidem, pp. 369-70.


69 P.N. Zima, La crise du langage, cit., ma cfr. anche: a) M. Jay, Th.W. Adorno,
II Mulino, Bologna 1987; b) M. Barzaghi, Dialettica e materialismo in Adorno, op. cit.

INTRODUZIONE

31

che solo un linguaggio in forma di costellazione pu esprimersi senza


tradire. Un linguaggio in costellazione dove la struttura reale di un'imma
gine filosofica pu gi stare in una tensione figurativa con la sua propria
struttura linguistica 70 . Differenza tra struttura della cosa e struttura del
linguaggio che diventa produttiva: la domanda : su quale delle due si
debba calare l'esatta fantasia della quale andiamo cercando ragione?
Il tema dell'allegorico semplicemente la storia, un rapporto
storico tra ci che appare, la natura apparente, e ci che significato, vale
a dire la caducit 71 . Solo quel che stato, in quanto non pi, o meglio
come forma cifrata, in grado di esprimere significativamente la natura
dell'esistenza umana. Il significato come il significare sono originari, nel
commento di Adorno, perch dell'istitutiva distanza tra soggetto e oggetto
fanno tema di esposizione: Si deve partire dal fatto che la storia, cos
come ci si presenta, si configura come completa discontinuit in quanto
contiene non solo fatti e avvenimenti disparati, ma anche disparit di tipo
strutturale 72 . Tale discontinuit la stessa categoria di caducit che
Benjamin e Lukcs hanno rappresentato nel testo di Adorno. Ora quando
Adorno critica la filosofia che ha bisogno per farcela della funzione sim
bolica perch la funzione, che la domanda filosofica tradizionale si
aspettava da idee sovrastoriche e simbolicamente significative, viene inve
ce svolta da idee a-simboliche intrastoricamente costruite 73 . Insomma: la
categoria di simbolo viene rifiutata perch, ad avviso di Adorno, in essa
non possibile immettere appieno la dimensione storica, proprio perch
il simbolo funzione di superamento della storia anche quando simboleg
gia per eccellenza l'inizio della storia - la croce cristiana. O pi propria
mente si tratta di una differenza tra due tipi di storia; la prima intenzio
nale, sensata e progressiva, le seconda discontinua, continuamente costret
ta a cifrarsi in allegorie, e dispiegare le proprie differenze temporalmente,
nella caducit che fa s che ogni morto passato rappresenti la cifra del
presente, come il teschio di Benjamin,
... secondo la mia concezione, la storia non sarebbe pi il luogo a partire dal
quale le idee si elevano, si pongono in risalto da sole e scompaiono di nuovo, ma
le immagini storiche sarebbero esse stesse idee e sarebbe la loro connessione ad

'" Th.W. Adorno, Thesen ber die Sprache des Philosophen, cit., p. 370.

71 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, cit., p. 102.

72 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, cit., p. 105.


'' Th.W. Adorno, L'attualit della filosofia, cit., p. 8.

32

CRITICA DEL NON VERPO

accertare la verit priva di intenzione, invece che la verit a venire nella storia
come intenzione 74 .

Le immagini storiche, nelle quali cifrata la natura come storia e la


storia come natura, sono esse stesse idee di una verit non intenzionale, e
la loro connessione, parente stretta della costellazione degli elementi
materiali dell'enigma, come della disposizione strutturale nuova delle pa
role, anzi l'unico criterio per accertare la verit. Cosa sia una connessio
ne di immagini di una realt che radicalmente discontinua difficile da
immaginarsi. E tuttavia da ricordare il passo nel quale Adorno sostiene
che la filosofia sia in grado di leggere nella propria discontinuit se stessa
e tramite di ci anche attaccare il demonico che l'ha costretta a nascondersi in enigmi. Secondo questa suggestione, cos, la discontinuit storica
sarebbe la porta di ingresso dell'interpretazione, che non prende nulla per
proprio dato, ma anzi lo sfrutta affinch tramite nuove composizioni degli
elementi scompaia il carattere di enigma:
la filosofa [...] si tratterr l dove la realt irriducibile fa irruzione. [...] L'irruzione
dell'irriducibile si compie in maniera concretamente storica e perci la storia or
dina l'alt al movimento del pensiero verso i presupposti. La produttivit del pen
siero pu dialetticamente dar buona prova di s soltanto nella concrezione storica.
Entrambe vengono in comunicazione attraverso i modelli 75 .

Anche le immagini originarie sono descritte come modelli, cos


come anche la fantasia esatta, organo della ars inveniendi, si trattiene con
fermezza sul materiale, allo stesso modo della filosofia nei confronti della
concrezione storica, - l'incontro finale avviene nei modelli, dunque nelle
immagini storiche, che sono idee la cui connessione, costellazione creata
dalla ars inveniendi, accerta la verit del privo di intenzioni. L'organo della
ars inveniendi, la fantasia esatta, organo nel senso letterale: organo di
senso, non metodo o mezzo tecnico. Non si tratta di fantasticare tutte le
soluzioni possibili, sperando che ne cavi fuori il coniglio giusto, ma di
utilizzare l'organo della fantasia, cio quello della immaginazione, che crea
immagini storiche radicalmente per rappresentarsi la storia la cui verit
non l'avvento intenzionale, ma al contrario il residuo, il non intenziona
le, anzi meglio: la verit cifrata nel non intenzionale, che quasi un testo,

74 Ibidem.
75 Ibidem, p. 10.

INTRODUZIONE

33

in attesa che da tutti i fili tessuti in tutti i tempi la filosofia riesca a


ricostruire la storia naturale, la storia del privo di intenzioni.
Se paragoniamo l'irruzione dello storico di Adorno, con l'irruzione
della storia nell'inconscio di Freud, abbiamo un confronto suggestivo,
ancorch probabilmente filologicamente inconsistente (per ora). Con la
differenza che il privo di intenzione a irrompere e far rimettere in moto
l'intenzionale che appare in moto ma fermo. una questione temporale.
Qualcosa accade nella storia, originaria e naturale ma poi ordinaria e
umana, che crea degli strappi nel tessuto delle immagini che pure parreb
be non doversi interrompere mai; l'idea, la cosa stessa, diventa strano
intreccio e enigma. Di qual sorta sia questa rottura sar mostrato pi
avanti, per ora quel che conta, in conclusione, dimostrare una forma di
questa frattura: quella del linguaggio. Quale modello ha in mente Adorno?
Uno dove, perlomeno,
il linguaggio configurativo diviene [...] l'esplicita procedura che presuppone l'inin
terrotta dignit delle parole senza doverla aggirare, [...] si determina il linguaggio
configurativo [...] come unit dialettica incrociata, e insolubile, di concetto e cosa 76

ma nelle parole sedimentata la storia, e esse ne prendono possesso solo


all'interno della modificazione del campo di forze entro cui sono messe a
operare. La forma e lo stile sono dunque - come sostenuto nella Teoria
estetica - un contenuto sedimentato e sottratto alla coscienza e
all'intenzione. Le parole sono quindi in grado di decifrare solo se ricono
scono tale sedimento e lo mettono in moto contro la sensibilit attuale:
La struttura reale di un'immagine filosofica [immagine storica e dialetti
ca] pu gi stare in una tensione figurativa [cio stilistica e formale, dun
que contenutistica] con la sua propria struttura linguistica [formale e sti
listica, dunque contenutistica] 77 . Sono due forme, cio due contenuti,
che entrano in tensione figurativa, poich sono diacronici in misura diver
sa, appartengono a due gradi differenti del processo di trasformazione in
immagine 78 . L'organo di senso di tale appercezione non pu che essere la
fantasia, che le immagini produce, a partire dalla memoria. Questa produ
zione fantastica in quanto le immagini non devono rispecchiare bens

mio.

' 6 Th.W. Adorno, Thesen ber die Sprache des Philosophen, cit., p. 369. Corsivo
77 Ibidem, p. 370.

78 Cfr. la trasmutazione della forma di enigma, nel saggio Die Aktualitt der
Philosophie, op. cit.

34

CRITICA DEL NON VERPO

decifrare il reale e il linguaggio; ma anche in funzione della memoria


perch il contenuto dei nomi espressione della loro storia, anche se
tramite una trasmutazione in forma (Verwandlung ins Gebilde) che la
rende non intenzionale.
Certamente le immagini non sono immediatamente identificabili con
la forma, n il figurativo. Ma per risolvere questo problema abbiamo bi
sogno di procurarci e esplorare altre categorie adorniane. Per adesso
possiamo concludere dicendo che il processo interpretativo della filosofia
un compito di decifrare, nel senso stretto di far scomparire la cifratura,
e esso eseguito dalla facolt di creare immagini a partire da quel che
stato dimenticato.

CAPITOLO II
LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

Al pensatore odierno non si chiede niente di meno che questo:


essere nello stesso momento nelle cose e al di fuori delle cose; e il
gesto del barone di Mnchhausen, che si solleva dallo stagno affer
randosi per il codino, diventa lo schema di ogni conoscenza che
vuoi essere qualcosa di pi che constatazione o progetto.
Th.W. Adorno 1 .

TROPPA FIDUCIA NELLA COSCIENZA ATTUALE

La Dialettica dell'illuminismo, dedicata a E. Pollock, esprime chiara


mente il proprio intento: comprendere perch l'umanit, invece di entra
re in uno stato veramente umano, sprofondi in un nuovo genere di bar
barie 2 . Sono evidenti gli accenti etici di questo progetto, ma, proseguono
i due autori, l'opera non ha potuto essere eseguita fino a fondo, avevamo
ancora troppa fiducia nella coscienza attuale 3 . Il punto di vista che sareb
be necessario per una protostoria (Urgeschichte] del capitalismo sottratto
dalla storia del capitalismo. Poich l'identit attraverso la quale sia possi
bile individuare le determinazioni proprie della totalit (sociale) e ricono
scere le svolte decisive attraverso le quali si instaurata e ha prodotto
l'individualit (sociale), non a disposizione, diventa un controsenso an
dar in cerca dell'uomo-in-s, come se esso esistesse prima della storia e
indipendentemente da essa. Come scrisse Freud, le forze che contrappon
gono l'individuo alla societ e quelle che lo costituiscono come tale sono
le stesse; toglietele e non avrete l'Io puro ma un puro bel niente. Ma c'
anche un'altra ragione per la quale va criticato il mito di una spiegazione
della storia a partire dalla sua origine: il fatto che l'illuminismo totali
tario, e cio scrive la propria storia all'indietro, mentre nello stesso
momento cancella la trama dell'ordine storico. Ne risulta una scrittura

Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 79.


M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., p. 3.
Ibidem.

36

CRITICA DEL NON VERO

inversa sovrapposta a quella originaria, per dir cos dritta, che non pi
leggibile immediatamente. Per questo non significa che la protostoria del
capitalismo sia una bizzarria: essa corrisponde intanto all'idea che il me
todo di ricerca debba muoversi da ci che pi prossimo verso quel che
pi lontano 4 , e in secondo luogo esegue l'istanza prima della critica:
interpretare il particolare alla luce della totalit, tanto pi accanitamente
quanto pi questa connessione sembri scomparire in una totalit struttu
rale assente.
Qualcosa di simile stato tentato, in un saggio di commento all'opera
di Adorno, da C. Trke. Cercando gli snodi di una storia della secolariz
zazione del lavoro umano e del suo concetto - se sia una maledizione o
una nota caratteristica dell'essenza umana a immagine di Dio - afferma il
Trke che in entrambi i casi o la maledizione stata scagliata da Dio per
vendetta (ti guadagnerai il pane col sudore della fronte) o a Dio
sfuggito che chi nella societ non ha lavoro abbandonato da Dio e dagli
uomini [e] si trova privo della sua essenza 5 . Per fare il verso a Kierkegaard, che faceva il verso ad Hegel, che tu lavori o non lavori, sarai
comunque dannato 6. Simile l'inizio della Dialettica dell'illuminismo:
La condanna naturale degli uomini oggi inseparabile dal progresso sociale. [...]
Il singolo, di fronte alle potenze economiche, ridotto a zero. Queste, nello stesso
tempo, portano a un livello finora mai raggiunto il dominio della societ sulla
natura. Mentre il singolo sparisce davanti all'apparato che serve, rifornito da esso
meglio di quanto non sia mai stato. Nello stato ingiusto l'impotenza e la dirigibilit
della massa cresce con la quantit di beni che le viene assegnata 7 .

Qualunque destino pare migliore dell'impotenza e del terrore di fron


te alla strapotenza della natura, ma la natura insegna che c' un destino
peggiore. Cosi il lavoro da lotta contro la natura - lotta mediante la quale
il singolo si realizza - divenuto controllo sulla natura del singolo, il

4 Cfr. Barzaghi, cit., e G.B. Vaccaro, Attualit di Adorno?, in Critica marxista,


1989, n. 5, pp. 133-48.
5 Cfr. C. Trcke, Gottesgeschenk Arbcit. Theologisches zu einem profanen Begriff,
in AA.VV., Hamburger Adorno-Symphosion, cit., pp. 87-98.

Dello stesso autore si pu vedere anche in traduzione italiana Gewalt und Tabu.
Philosophische Grenzgnge, Dietrich zu Klampen Verlag, Mnchen 1987, Violenza e
Tab, tr. U. Colla, Garzanti 1991.
6 Cfr. S. Kierkegaard, Enten-Eller, trad. it. A. Cortese, Adelphi, Milano 1978, pp.
98-100.

7 M, Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., pp. 6-7.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

37

quale, se si liberato dalla schiavit della miseria, ha tuttavia perduto la


sua relazione con il senso di quella liberazione. I beni materiali che pu
procurarsi li paga dando loro la sua propria identit, che potr poi riavere
in forma allucinatoria solo surrogando la sua storia con l'immobile palude
delle sempre uguali merci.
L'ipotesi del libro nota: il mito gi illuminismo e l'illuminismo si
rovescia in mitologia; non in ultimo, poich l'infrazione del mito , al
contempo, l'effrazione della ragione attraverso l'autocritica: solo il pen
siero che fa violenza a se stesso abbastanza duro da infrangere il mito 8
- e questa violenza necessaria si determina non astrattamente bens, come
una sorta di risarcimento, soffermandosi presso quel che stato sacrifi
cato: lungo l'itinerario verso la nuova scienza gli uomini rinunciano al
significato. Essi sostituiscono il concetto con la formula, la causa con la
regola e la probabilit 9. Violenza e sacrificio sono paradigmi mitici non
meno che razionali, anzi: la razionalit stessa con la quantit di rinuncia
che comporta, con i suoi sacrifici, si instaura n pi n meno che come
forma mitica, ovvero come violenza diretta verso l'interno a difesa da
quella naturale che possiede una medesima quantit di violenza, ma con
il peggioramento di una gratuit inarrestabile. Scriveva, nella stessa pro
spettiva, Benjamin in un saggio intitolato Per una crtica della violenza
(Gewalt) 10, che
la violenza, per cominciare, pu essere cercata solo nel regno dei mezzi e non in
quello dei fini - per - essa non mezzo, ma manifestazione. E questa violenza
conosce manifestazioni affatto oggettive, in cui pu essere sottoposta alla critica.
Esse si trovano - in modo altamente significativo - anzitutto nel mito. La violenza
mitica nella sua forma esemplare semplice manifestazione degli di. Non mezzo
ai loro scopi, appena manifestazione della loro volont, essa soprattutto manife
stazione del loro essere 11 .

Quel che Benjamin esprime nel doppio carattere della violenza indipendentemente dall'ambito giuridico nel quale egli situa il suo saggio
- come mezzo e come espressione dell'essere, viene forse districata da
Adorno e Horkheimer nell'inevitabile aspetto di violenza interna e ester
na, dominio sulla natura come tecnica e dominio sull'interno come repres-

8 Ibidem, p. 12.
9 Ibidem, p. 13.
10 W. Benjamin, Angelus Novus, cit., Per una critica della violenza, pp. 5-38.
11 Ibidem, p. 6 e p. 23.

38

CRITICA DEL NON VERO

sione. La violenza attraverso la quale si effettua la rinuncia al significato


quella attraverso la quale il significato regredisce, cos
le molteplici affinit fra ci che vengono scacciate dall'unico rapporto fra il
soggetto datore e l'oggetto privo di senso, fra il significato razionale e il portatore
accidentale di esso. Nella fase magica sogno ed immagine non erano considerati
solo come un segno della cosa, ma erano uniti a essa dalla somiglianz o dal nome.
Non un rapporto di intenzionalit ma di affinit 12 .

Il movente chiaro: il mezzo attraverso il quale si opera la violenza


l'astrazione, lo strumento dell'illuminismo, essa opera coi suoi ogget
ti come il destino di cui elimina il concetto: come liquidazione 13 liquidazione che il contrario dell'esecuzione, che Adorno indica nella
Teoria estetica come medium sia dell'interpretazione, sia della creazione.
Esecuzione dunque cantra paura: il grido di terrore con cui esperito
l'insolito, diventa il suo nome [...] l'illuminismo angoscia mitica radicalizzata 14 , dando nome e astraendo esso prende le distanze, espelle quel
che vorr dominare, prepara una pelle abbastanza spessa da ricevere lo
shock senza ferirsi.
L'illuminismo l'angoscia mitica radicalizzata. La pura immanenza positivistica,
che il suo ultimo prodotto, non che un tab per cos dire universale. Non ha
da esserci pi nulla fuori, poich la semplice idea di un fuori la fonte genuina
dell'angoscia. [...] La proposizione spinoziana Conatus sese conservandi primum
et unicum virtutis est fundamentum, la vera massima di ogni civilt occidentale 15 .

Quanto si appreso come modello di autoconservazione rimane


come struttura per tutte le future operazioni, anche quando queste non
siano pi direttamente volte alla autoconservazione, e per quanto com
plessa possa diventare la rete di bisogni che costituiscono la conservazio
ne. Anzi, il processo si svolge a tal punto che il mezzo, tramite la violenza
del quale ci si una volta salvati, acquista magica autonomia e promuove
da solo il comportamento del suo creatore. Davvero ha ragione Trcke, la
societ offre una secolarizzazione della religione che una parodia della
palinodia 16.
12
13
14
15

M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., p. 18.


Ibidem, p. 21.
bidem, pp. 22-23.
bidem, pp. 23 e 36-37.

16 Cfr. C. Trke, Gottesgeschenk..., op. cit.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

39

II linguaggio il mezzo dell'illuminismo nel mito che rivela la sua


identit con l'impulso illuministico 17 ; cos i miti che cadono sotto i colpi
dell'illuminismo erano gi il prodotto dell'illuminismo stesso 18 , e il lin
guaggio del mito il linguaggio dell'illuminismo. Quale che sia il linguag
gio dell'interpretazione, esso non ha niente a che spartire con la regressio
ne, la quale, del resto, non conduce all'origine ma all'originaria rimozione.
necessario che l'interpretazione sia non l'espressione dell'origine ma la
comprensione dell'originato, non la chiarificazione del mito, ma il dispie
gamento allegorico lo scopo della critica. Il mito:
voleva raccontare, nominare, dire l'origine.. [...] Questa tendenza si rafforzata
con la stesura e la raccolta dei miti. [...] Le divinit olimpiche non sono pi
direttamente identiche agli elementi, ma li significano [...] sono gi ai limiti del
l'allegoria. [...] L'essere si scinde d'ora in poi nel logos [...] e nella massa di tutte
le cose e creature esterne. Una sola differenza [...] assorbe tutte le altre 19.

Significato e allegoria vanno di pari passo nella separazione dell'espe


rienza da ci di cui esperienza. In un senso diverso - visto che mito e
illuminismo parlano la stessa lingua - diventa allora cruciale l'origine del
mito, ovvero in quanto esso sviluppa gi pienamente la logica del controllo
razionale.
Lo sdoppiamento della natura in apparenza ed essenza [...] nasce dalla paura
dell'uomo, la cui espressione diventa una spiegazione. Non che l'anima venga
trasferita nella natura [...]; mana, lo spirito che muove, non una proiezione, ma
l'eco della strapotenza reale della natura nelle deboli anime dei selvaggi. [...] Se
l'albero non pi considerato solo come albero, ma come testimonianza di qualcos'altre, come sede del mana, la lingua esprime la contraddizione che una cosa,
cio, se stessa e insieme qualcos'altro da ci che , identica e non identica 20 .

Ma c' ancora un passo da compiere prima che l'espressione lingui


stica, o meglio simbolica, diventi linguaggio:
tramite la divinit il linguaggio diventa, da tautologia, linguaggio. Il concetto [...]
stato [...] fin dall'inizio, un prodotto del pensiero dialettico, dove ogni cosa ci

17 P.C. Lang ha mostrato quale funzione svolga il linguaggio nella creazione del
pensiero astratto senza il quale non c' identit, Cfr. P. Lang, Hermeneutik, Ideologiekrtik, Asthetik - \Jber Gadamer und Adorno sowie Fragcn ener aktuallen Asthetik,
Forum Academicum, inder Verlagsgruppe, Knigstein 1981, pp. 71 e sgg.
18 M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., p. 16.

19 Ibidem.
20 Ibidem, pp. 23, 26 et passim.

40

CRITICA DEL NON VERO

che solo in quanto diventa ci che non . [...] Ma questa dialettica rimane
impotente nella misura in cui si sviluppa dal grido di terrore, che la duplicazione,
la tautologia del terrore stesso 21 .

Secondo Adorno, insomma, la paura davvero elemento primo del


linguaggio; tramite di essa si appronta una sede all'identico a s nella
natura; in tale sede poi possibile sacrificare la parte che recalcitra di
fronte alla rinuncia che impone l'autoconservazione, e il mondo si scinde
nell'allegorico e nel simbolico; l'uno scienza dell'accaduto, l'altro equiva
lenza dell'accadibile. Solo se il linguaggio conserva l'allegorico in s,
possibile ali'interprelazione sfuggire l'equivalenza imposta dal sacrificio
del significato a favore della manipolabilit. per questo allora che l'il
luminismo prova un orrore mitico per il mito, perch esso avverte la
presenza del mito non solo in concetti e termini confusi, come crede la
critica semantica, ma in ogni espressione umana, in quanto non abbia un
posto nel quadro teleologico dell'autoconservazione 22 . Il terrore quindi
suscitato, per dir cosi, da tutto ci che accade senza intenzione; qualun
que cosa meglio di essa, finanche immaginarsi di venir puniti da di
irosi e nascosti - l'imprevisto al rischiaramento illuminista proprio il
privo di intenzione che trovammo nei primi scritti filosofici di Adorno.
In quel caso ci premette sottolineare la portata antipsicologistica e anti
soggettivistica, in questa posizione si precisa, come anticipammo allora, la
causa della scissione che imporr, d'allora in poi, la questione della di
stanza e del rapporto tra soggetto e oggetto. Il realismo ingenuo si
fatto adulto 23 .
L'orrore che la critica semantica prova di fronte all'inutile diretto
contro l'illusione positiva dell'eliminazione della comprensione con la
previsione, senza dubbio. E tuttavia qualcosa di tale orrore resta in qualsiasi teoria tratti semplicemente la struttura linguistica sotto il modello
inespresso delle scienze fisiche matematizzate. La fungibilit, la scambia
bilit, sono il tratto distintivo della logica del linguaggio che emerge attra21 Ibidem.
23 Sia R. Solmi che L. Ceppa notano, nelle rispettive introduzione e prefazione ai
Minima moralia, come questo sia il libro pi nietzscheano di Adorno, il quale non
nasconde a sua volta l'opinione, in Dialettica dell'illuminismo, che Nietzsche sia stato
il pi radicale degli anti-nominalisti.
Per la questione si vedano, per esempio: F. Nietzsche, Genealogia della morale, a
cura di G. Colli e M. Montinari, Mondadori, Milano 1979, e i suggerimenti e le critiche
di S. Natoli, Ermeneutica e Genealogia, Feltrinelli, Milano 1981.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

41

verso il sacrificio mitico fino alla terminologia scientifica dell'illuminismo.


Il livello di astrazione che si richiede gi tutto contenuto, appunto, nel
sacrificio, ma il sacrificio linguistico non comporta necessariamente
l'abolizione della semantica.
Nella magia la sostituibilit specifica. Ci che accade alla lancia del nemico, ai
suoi capelli, al suo nome, fatto anche alla persona; la vittima sacrificale viene
massacrata al posto del dio. La sostituzione nel sacrificio un progresso verso la
logica discorsiva. [...] A ci mette fine la scienza. Non c', in essa, sostituibilit
specifica: vittime s, ma nessun dio. La sostituibilit si rovescia in fungibilit uni
versale 24 .

La struttura di significante e significato, in qual che sia versione la si


voglia moltiplicare, se ci si limita al suo aspetto trascendentale, assai pi
affine alla fungibilit della scienza - dove ogni termine deve servire a
costruire, o costituire, l'insieme delle operazione possibili - piuttosto che
alla magia simbolica, dove il nome pu ancora essere vero o falso; e
Adorno non crede che la cosa possa piacere a tutti.
Nella fase magica sogno e immagine non erano considerati solo come segno della
cosa, ma erano uniti ad essa dalla somiglianz o dal nome. Non un rapporto di
intenzionalit, ma di affinit. La magia , come la scienza, rivolta a scopi, ma li
persegue mediante la mimesi, non in un crescente distacco dall'oggetto. Essa non
riposa affatto sull'onnipotenza dei pensieri, che il primitivo si attribuirebbe
come il nevrotico [...]. La fiducia incrollabile nella possibilit di dominare il
mondo che Freud attribuisce anacronisticamente alla magia, corrisponde solo al
dominio del mondo secondo il principio di realt ad opera della scienza posata e
matura 21 .

Il dominio insomma passa per la separazione - istitutiva - mentre


non cos la paura. La prima opera di trasposizione, quindi di interpretazione, viene rivolta contro la paura: l'ignoto trapassa in rimosso. Il resto
di tale calcolo dorme nelle parole, nel linguaggio. La sua necessaria astra
zione rimanda al non astratto, e poich l'astrazione fondata sull'identit,
l'identit del linguaggio rimanda al non identico. La interpretazione
originaria fu una identificazione cui si pervenne tramite una soppressione
di quel che identificabile non era - la forma inidentificabile torna al pen24 M.
25 M.
Adorno sta
sgg, Ed. it.

Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, op. cit., p. 18.


Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., pp. 18-19.
citando Freud da Totem e Tab, in Gesammelte Werken, X Band, pp. 106
S. Freud, Opere 1912-14, Boringhieri, Torino, p. 91.

42

CRITICA DEL NON VERO

siero come rimosso; orrore mitico scrive Adorno, che tutt'altro che
metaforico:
il distacco del soggetto dall'oggetto, premessa dell'astrazione, fondato nel distac
co dalla cosa, a cui il padrone pervenne mediante il servitore. [...] L'universalit
delle idee, sviluppata dalla logica discorsiva, il dominio nella sfera del concetto, si
eleva sulla base del dominio reale. [...] Il S, che ha appreso l'ordine e la subor
dinazione alla scuola della sottomissione del mondo esterno, ha presto identificato
la verit in generale col pensiero disponente, senza le salde distinzioni del quale
essa non potrebbe sussistere. Esso ha bandito, con la magia mitica, la conoscenza
che coglie effettivamente l'oggetto. Tutto il suo odio rivolto all'immagine della
preistoria superata e alla sua immaginaria felicit 26.

Vedremo come tale immaginaria felicit sia il punteruolo col quale


scardinare la gabbia del mitico illuminismo. Per ora constatiamo come
l'oggetto del quale si occupa l'interpretazione, in Adorno, abbia di fronte
qualcosa di cui teme l'essenziale come la minaccia peggiore alla sua stabi
lit, forse anzi a se stesso intero. E se vogliamo chiarire i termini che
abbiamo visti impiegati negli anni '30 a illustrare la filosofia come interpretazione, diciamo che sciogliere la forma dell'enigma vorrebbe dire,
davvero, sciogliere la forma del soggetto per come esso oggi costituito,
anche se lo scioglimento del soggetto non la liquidazione dell'individuo;
perch la liquidazione il gesto tipico dell'illuminismo regredente a mito
logia - liquidazione come contrapposta alla ragione della cosa, liquidazio
ne cantra dialettica. Essa non esegue sul serio il movimento dell'interpretazione, si limita a distaccare l'enigma dall'ente, lasciando gli individui soli
col carattere di enigma, che poi appare ad essi come natura mitica, indo
mabile, e che risospinge la immagine di libert sempre pi indietro: la
libert si colloca l dove certo non pu esistere: prima che ci fosse il
soggetto della libert. Per questo Adorno pot scrivere nella Attualit
della filosofa che il materialismo storico esegue sul serio il movimento di
critica del linguaggio che l'interpretazione svolge solo nel pensiero.
Nella destituzione dell'individuo la scienza moderna nasconde quella del
soggetto, gi avvenuta, e invola la colpa in un a-storico presente che pure
presenta s come pura natura, e nel linguaggio inchioda l'inafferrabile
bugia, la cui verit non compatibile con l'impostazione della domanda.
Anche le domande possono, a buon diritto essere false, e non l'ultimo
compito dell'interpretazione sarebbe l'awedersene. Cos come la coazione
26 M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., pp. 21-22.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

43

antica si ridispone nell'obbligo di fornire una risposta anche quando que


sta esigerebbe di ribaltare l'essenza, che appare, in quella che sarebbe
dovuta apparire: Vero sarebbe il pensiero che desidera il giusto ma
l'urgenza di una questione non pu costringere a dare una risposta, se
non si riesce a ottenerne una vera perch
la volont di non farsi saziare, di apprendere qualcosa di essenziale [...] viene
deformata da risposte tagliate sul bisogno, ambigue tra l'obbligo legittimo di of
frire pane, non pietre, e la convinzione illegittima, che debba essere pane, perch
cos deve essere 27 .

PERCH ULISSE NON ASCOLT IL CANTO DELLE SIRENE


Nel tredicesimo canto de\Y Odissea, Ulisse sfugge all'incanto con
mezzi astuti. Nella sua versione dell'accaduto Kafka, che guarda da molto
pi lontano, spiega benissimo il meccanismo attraverso il quale si pu
sfuggire alla seduzione delle sirene: si tratta della riflessione 28. Nella pro
gressione del racconto kafkiano - Ulisse non sente, finge di non sentire,
le sirene non cantano fingono solamente, Ulisse non sente che le sirene
non cantano, Ulisse finge di non sentire che le sirene non cantino - c'
tutta la vertigine dialettica dei giochi dei bambini che scoprono l'infinito
della riflessione e ci si perdono nel ritornello del "io so che tu sai che io
so che tu sai...". Anche Brecht, per molti versi all'opposto della scuola di
Francoforte, registra l'esperienza secondo la quale la seduzione alla paura
debba essere il fondamento della civilt moderna. Questo nesso illustra
to da Adorno e Horkheimer nell'excursus su Odissea, o mito e illuminismo
all'interno della Dialettica dell'illuminismo. La paura esige il sacrificio per
placare gli di, ma gli di sono, fuor di metafora, quel naturale che minac
cia la natura, cos che il nesso di sacrificio e scissione - ovvero creazione
- indissolubile.
Il S strappa se stesso al dissolvimento in cieca natura, della quale il sacrificio
torna sempre a far valere i suoi diritti. [...] Il S permanente identico, che sorge
dall'aver superato il sacrificio, direttamente a sua volta un rituale sacrificale

2/ Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., pp. 83, 189, 63.


28 F. Kafka, Das Schweigen der Sirenen, del f9f7, tr. it. in F. Kafka, SchizziParabole-Aforismi, tr. A. Lavagetto, Mursia, Milano 1983.

44

CRITICA DEL NON VERO

rigido, e implacabilmente osservato, che l'uomo celebra a se stesso opponendo la


propria coscienza al contesto naturale 29.

L'incanto al quale Ulisse s'impone di resistere con la duplicazione e


scissione propria della riflessione proprio la regressione all'indistinto.
Senza questa operazione, che il potere della astrazione e, in ultima analisi
del linguaggio, non si da vita umana, ma
dal momento in cui l'uomo si recide la coscienza di se stesso come natura, tutti i
fini per cui si conserva in vita [...] e fin la coscienza stessa, perdono ogni valore,
e l'insediamento del mezzo a scopo, che assume, nel tardo capitalismo, i tratti della
follia aperta, si pu gi scorgere nella preistoria della soggettivit 30.

Da qui - dalla Urgeschichte del soggetto - inizia la storia della civilt,


e Horkheimer e Adorno ne danno un resoconto fulminante assumendo a
prototipo dell'individuo moderno Ulisse che sfugge all'incanto delle sire
ne.
Odissee non tenta di seguire un'altra via da quella che passa davanti all'isola delle
Sirene. E non tenta neppure di fare assegnamento al suo sapere superiore e di
porgere libero ascolto alle maliarde, nell'illusione che gli basti come scudo la sua
libert. [...] Proprio in quanto - tecnicamente illuminato - si fa legare, Odissee
riconosce la strapotenza arcaica del canto. Egli si china al canto del piacere, e lo
sventa, cos, come la morte. L'ascoltatore legato attirato dalle Sirene come nes
sun altro. Solo ha disposto le cose in modo che, pur caduto, egli non cada in loro
potere. [...] Le Sirene hanno quel che loro spetta, ma gi ridotto e neutralizzato
- nella preistoria borghese - al rimpianto di chi prosegue. [...] Nasce cos la
coscienza del significato. [...] Odissee scopre, nelle parole, ci che nella societ
borghese sviluppata si dir formalismo: la loro validit permanente pagata col
distacco dal contenuto che di volta in volta le riempie, onde possano riferirsi - in
questo distacco - ad ogni contenuto possibile, a nessuno o allo stesso Odissee. Dal
formalismo dei nomi e dei decreti mitici, che vogliono comandare, indifferenti
come la natura, sugli uomini e sulla storia, emerge il nominalismo, il prototipo del
pensiero borghese 31 .

Concludendo che:
la storia della civilt la storia dell'introversione del sacrificio. In altre parole la
storia della rinuncia. [...] Come gli individui hanno troppo poche, e non troppe
M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialektik der Aufklrung, cit., p. 21.
M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., p. 62.
Ibidem, pp. 66-68.

LA TRISTE SCIENZA DELL ESPERIENZA

45

inibizioni, senza essere per questo di un briciolo pi sani, un metodo catartico che
non trovasse il proprio criterio nell'adattamento [...] dovrebbe condurre gli uomi
ni alla coscienza dell'infelicit 32 .

In un illuminante tardo saggio di Freud 33 la stessa sostituzione degli


scopi con i mezzi della quale parla Adorno attribuita all'inconscio
processo di difesa, il quale abbandonerebbe la paura della minaccia contro
la quale eresse le difese in favore del terrore di perdere le difese stesse.
Ancora Adorno scrive che
ognuna delle figure mitiche tenuta a fare sempre la stessa cosa. Ognuna consiste
nella ripetizione: il cui fallimento segnerebbe la sua fine. [...] Sono immagini della
coazione: le atrocit che commettono sono la maledizione che pesa su di esse.
L'ineluttabilit mitica definita dall'equivalenza fra quella maledizione, il delitto
che la paga e la colpa che ne deriva e che riproduce la maledizione.

E un attimo prima ancora,


l'umanit ha dovuto sottoporsi a un trattamento spaventoso, perch nascesse e si
consolidasse il S, il carattere identico, pratico, virile dell'uomo, e qualcosa di tutto
ci si ripete in ogni infanzia. [...] Il pensiero di Odissee [...] conosce due sole
possibilit di scampo. Una quella che prescrive ai compagni. Egli tappa loro le
orecchie con la cera, e ordina loro di remare a tutta forza. Chi vuoi durare e
sussistere, non deve porgere ascolto al richiamo dell'irrevocabile. [...] L'altra pos
sibilit quella che sceglie Odissee, il signore terriero, che fa lavorare gli altri per
s. Egli ode, ma impotente, legato, all'albero della nave, e pi la tentazione diventa
forte, e pi strettamente si fa legare, cosi come, pi tardi, anche i borghesi si
negheranno pi tenacemente la felicit quanto pi - crescendo la loro potenza l'avranno a portata di mano 34.

L'orrore che il mito prova di fronte alla natura lo stesso che l'illu
minismo prova di fronte al mito e alla natura di s: Si realizza, l'angoscia
pi antica, quella di perdere il proprio nome 35 .
Il nesso non esplicito, ancora in questi anni, nel pensiero di Ador
no. Lo ritroveremo con molta forza nella Dialettica negativa. Tuttavia gi
nella protostoria del soggetto la colpa della sostituzione delle difese con

32 Ibidem e Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., pp. 63-63.


33 S. Freud, Analisi terminabile e interminabile, in Opere voi. XI, pp. 499-538, in
particolare p. 521.
34 M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., pp. 65 e 41.
35 Ibidem, p. 38.

46

CRITICA DEL NON VERO

l'amore delle difese - il che altro non significa che la rimozione di esse e
della loro origine - sullo stesso piano della scissione che da origine ai
nomi, e poi ai concetti, anch'essa una sostituzione, anzi la prima sostitui
bilit: misero un agnello al posto di un uomo - dunque anche questo era
possibile? 36 . Cos come un sacrificio enorme dovette costare la separazio
ne della natura dal S, allo stesso modo allontanarsi dal proprio nome prima con rituali mimetici, poi con segni universali - realizza proprio ci
contro cui avrebbe dovuto preservare: nessuno pi verr ucciso per pla
care le divinit, ma ognuno trasmutabile con un agnello. Il nome sta per
le cose a patto che le cose se ne stiano fuori di se stesse a sufficienza da
essere scambiabili, segnicamente, l'una con l'altra 37 . La colpa alla quale
non si pu sfuggire con un balzo quella della astrazione: senza di essa
c' solo caos, ma l'ordine che essa porta con s ha le sue vittime, e la sua
polizia: il linguaggio. Il linguaggio perde la sostituibilit specifica a favore
di una generica allorquando si instaura come linguaggio comune, o detto
altrimenti, come struttura linguistica, dove il rimando appare interno e la
memoria rimossa: l'astrazione [...] opera coi suoi oggetti come il desti
no di cui elimina il concetto: come liquidazione 38 , operata a partire dal
grido di terrore con cui esperito l'insolito che diventa il nome dell'in
solito e d'ora innanzi potr stare al posto di esso, e tutto sar fatto purch
tale sostituzione non riemerga alla coscienza: l'illuminismo angoscia
mitica radicalizzata. [...] Non ha da esserci pi nulla fuori, poich la sem
plice idea di un fuori la fonte genuina dell'angoscia 39. Ed ecco che
prima i feticci sottostavano alla legge dell'uguaglianza. Ora l'uguaglianza
diventa essa stessa un feticcio - che apre la possibilit di mettere qualcun
altro al proprio posto di fronte al pericolo, e come segno, la parola passa alla scienza, come parola vera e propria, viene ripartita
tra le varie arti. [...] Come segno, il linguaggio deve limitarsi a essere calcolo; per
conoscere la natura, deve abdicare alla pretesa di somigliarle. Come immagine,

36 C. Wolf, Kassandm, Luchterhand Verlag, Darmstadt 1983, tr. it. A. Raja, Cas
sandra, E/O edizioni, Roma 1987. Il geniale romanzo epico-tragico della Wolf
tutto registrato sulla sostituibilit determinata e indeterminata e sul principio del terzo
escluso.
37 Vorrei, a questo proposito, rimandare anche se solo con breve cenno, a F.
Rossi Landi, Metodica filoso/tea e scienza dei segni, Bompiani, Milano 1985, dove
trattato l'aspetto della relazione tra l'instaurazione del segno linguistico e la prima
attuazione della divisione sociale del lavoro.
38 M. Horkeimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., p. 21.
39 Ibidem, p. 23.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

47

deve limitarsi a essere copia: per essere interamente natura, abdicare alla pretesa
di conoscerla 40.

Per cominciare a mettere ordine, nel nostro discorso, dovremmo dire


che un'interpretazione che voglia fedelt al proprio oggetto dovrebbe te
nere fermo il carattere apparentemente irresolubile di questa alternativa,
e trattare il linguaggio come se fosse una cosa in s scissa di apparenza e
essenza, sul modello dell'albero di cui abbiamo parlato pi sopra;
la separazione di segno e immagine inevitabile. Ma se ipostatizzata con ingenuo
compiacimento, ognuno dei due principi isolati tende alla distruzione della verit.
L'abisso che si aperto in questa separazione, stato individuato e trattato dalla
filosofia nel rapporto di intuizione e concetto, e a pi riprese, ma invano, essa ha
cercato di colmarlo 41 .

Di fronte alla stessa alternativa si trova l'interpretazione: dopo che la


realt stata interpretata per difendersi da essa, la scissione non recupe
rabile. Allora, che fare? Si comprende ora meglio cosa fosse la dignit
della parole di cui parlava Adorno nei saggi esaminati nel capitolo pre
cedente. Ma esiste l'altra faccia della medaglia.
Fin da quando il linguaggio entra nella storia, i suoi padroni sono sacerdoti e
maghi [...] il mondo gi diviso in una sfera di potere e in una sfera profana. [...]
Il linguaggio stesso conferiva ai rapporti di dominio, l'universalit che aveva assun
to come mezzo di comunicazione e [all'interno di questa situazione] i simboli
prendono l'aspetto di feticci. Il loro contenuto, la ripetizione della natura, si rivela
poi sempre, in seguito, come la permanenza [...] della costrizione sociale [cos che]
il dominio si oppone al singolo come l'universale, come la ragione nella realt. [...]
Nell'imparzialit del linguaggio scientifico l'impotente ha perso del tutto la forza
di esprimersi, e solo l'esistente trova il suo segno neutrale [ma] questa neutralit
pi metafisica della metafisica. Infine l'illuminismo ha consumato non solo i
simboli, ma anche i loro successori, i concetti universali, e non ha lasciato altro,
della metafisica, che la paura del collettivo dalla quale essa nata 42 .

Il linguaggio - all'interno del quale giostra l'interpretazione - assume


l'aspetto di natura; i nomi scivolano e da concetti si fanno meri sintomi del
terrore che rimosso e sforzo della rimozione facciano irruzione di nuovo.
Non dunque la parola, il nome, regge il complesso di colpa, ma il movi40 Ibidem, pp. 24-25.
41 Ibidem, p. 26.
42 Ibidem, pp. 29-30.

48

CRITICA DEL NON VERO

mento della sua autonomia, che anzich consegnare le chiavi della citt
impone che essa stessa resa gabbia sia scambiata per natura; l'illuminismo,
sostiene Adorno, non pu che essere nominalistico. Nello stesso senso
l'illuminismo che liquida il mito totalitario: Quali che siano i miti a
cui ricorre la resistenza, per il solo fatto di diventare, in questo conflitto,
argomenti, rendono omaggio al principio della razionalit analitica che
essi rimproverano all'illuminismo. L'illuminismo totalitario 43 .
L'aver consumato i simboli analogo all'imperativo prescritto al pen
siero in Attualit della filosofia: dover rinunciare alla funzione simbolica,
farcela senza di essa, e infine, nella ricostruzione e memoria anche di ogni
pi piccolo filo, prospettare la soluzione dell'intreccio strano - mitico dell'ente. Infatti l'illuminismo, come nominalistico, si arresta davanti al
nomen, al concetto inesteso, puntuale, al nome proprio 44 . Nella religione
ebraica, prosegue Adorno, il legame tra nome e cosa ancora riconosciuto
nel divieto di pronunciare il nome di Dio. Pegno della fede rinunciare
alla sostituzione di questa con un'altra: la conoscenza la denuncia
dell'illusione di poter aver accesso e possesso del nome di Dio 45 . Ma
questa negazione non astratta:
questa esecuzione, negazione determinata, non garantita a priori. [...] La ne
gazione determinata respinge le rappresentazioni imperfette dell'assoluto, gli idoli,
non, come il rigorismo, opponendo loro l'idea alla cui stregua non reggono. La
dialettica rivela piuttosto ogni immagine come scrittura, e insegna a leggere nei
suoi caratteri l'ammissione della sua falsit, che la priva del suo potere e lo appro
pria alla verit 46 .

Il potere dell'eguaglianza e della difesa, della paura e della sostituibi


lit, dell'astrazione e del calcolo, dell'agnello al posto di un uomo, della
divisione del potere fondata sul potere del nome di dividere l'ente stesso
in apparenza e essenza, la sede del mana magico e di se stesso. La
dialettica come interpretazione deve spogliare l'apparenza di natura di
questo processo, quindi l'apparenza di natura di ogni linguaggio. E, nel
suo stesso carattere, leggere l'ammissione che neppure esso, come le cose,
pi se stesso, ma cela altro. Solo cos il linguaggio diventa pi di un
semplice sistema di segni 47 .
43 Ibidem, p. 14.
44 Ibidem, p. 31.
45 Ibidem.
46 Ibidem, pp. 31-32.
47 Ibidem, p. 32.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

49

II nesso di particolare e universale cos descritto, si presenta anche,


come ricerca della dialettica deU'illuminismo nascosta in ogni oggetto
d'esperienza, nei Minima moralia, i quali sono, in quanto scienza del
l'esperienza [odierna], l'ideale proseguimento del volume scritto con
Horkheimer. Per qui la riflessione da per compiuta la protostoria del
soggetto e si attacca direttamente ai risultati, all'esperienza come , al suo
carattere di impenetrabilit che va sciolto:
[il pensiero] deve passare attraverso l'impenetrabile, attraverso la durezza del
particolare, per essere in grado di raggiungere l'universale, la cui sostanza custo
dita nell'impenetrabilit stessa. [...] Si potrebbe quasi dire che la verit stessa
dipende dalla durata, dalla pazienza e dalla tenacia con cui si sosta o si indugia
presso il singolo oggetto 48 .

Questa dialettica dell'interpretazione svolta nell'oggetto, e non un


esercizio che compia il filologo; n l'oggetto n l'universale che lo indica
sono semplici segni, rimandi ciechi che basti seguire; piuttosto si tratta di
intrecci da decifrare 49 . Non si da una realt nuda e cruda dalla quale
partire. Se Adorno, in Terminologia filosofica, prende partito per la prova
ontologia di Anselmo 50, questo avviene perch il linguaggio delle cose
un problematico realismo degli universali che si tratta di raggiungere. Ma
l'universale come connessione che determina le possibilit linguistiche e
espressive del particolare, impenetrabile allo sguardo del connesso: la
partecipazione non consente la distanza. Il nominalismo dell'illuminismo
opera una reductio ad unum e il potere dell'universalit si stempera nell'in
dividuale che reso cieco dell'origine della sua relazione con l'universale.
Basti ricordare qui quanto scritto, e commentato, nel saggio L'idea di
storia naturale, nel capitolo precedente. Qualunque lettura, o interpretazione, che si attui prima della disconnessione di quell'accecamento, legge,
per dir cos, i comunicati stampa dell'universale senza neppure sospettarlo
- un universale che , come tutto, posto. Anche se al posto dell'origine
fosse un abisso, VAbgrund. Ma non solo, gli attribuisce anche un soggetto
che da gran tempo non esiste, un soggetto umano che nella sua autonomia
regge solamente grazie all'illusione della sostanzialit dell'individuo, il
particolare che perde il nome di fronte all'astrazione scambiabile del con
cetto. Ma mentre l'individuo solo empiricamente sostanziale, il nominaTh.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 81.
Cfr. il primo capitolo.
Cfr. Th.W. Adorno, Terminologia filolofica, cit., p. 93 e sgg.

50

CRITICA DEL NON VERO

lismo gli affida, al contrario, la responsabilit della cosa, come se le cose


fossero oggetti prima e indipendentemente dalla relazione che le ha sepa
rate dal soggetto, dando origine a entrambi.
Se nella differenza tra universale e particolare nascosta in piccolo
tutta l'ideologia del nominalismo, l'interpretazione che si voglia liberare
dal suo modello deve iniziare dal riconoscimento del carattere di falsit
di ogni immagine come scrittura, nel carattere ideologico della loro
identificazione e nella falsit della loro scissione. Vediamo dunque come
si presenta questo materiale ad una fenomenologia della quotidiana
vita offesa.

DESIDERIO, ETICA E INTERPRETAZIONE


Scriveva F. Schlegel che: per capire una persona bisogna anzitutto
essere pi intelligenti di lei, in secondo luogo intelligenti quanto lei e
anche stupidi allo stesso modo 51 , e gli fa eco Adorno:
ci che vale per la vita istintiva, vale anche per quella spirituale: il pittore o il
compositore che si vieta questa o quella combinazione di colori o serie di accordi
perch la giudica dozzinale e di cattivo gusto, lo scrittore a cui determinate forme
linguistiche danno sui nervi perch gli sembrano pedantesche e banali, reagisce
cosi vivacemente contro di esse perch anche in lui ci sono, per cos dire, degli
strati che sono attirati in quella dirczione 52 .

L'idea che l'organo di sensibilit dello spirituale poggi sulla mimesi,


e la sua finezza, in ultima istanza, sulla repressione degli istinti contro i
quali si protesta, non , come visto, esclusiva di Adorno, senza tuttavia che
questo comporti un ritorno all'indietro nell'ordine della produzione. An
corch doversi liberare dalla repressione: i tab che costituiscono, nel
loro insieme, il rango intellettuale di una persona [...] sono sempre diretti
contro impulsi e tendenze che sono presenti anche in essa 53 . Come dire
che non si supera mai l'isola delle sirene, ci si limita a girarci intorno a
cerchi pi o meno ampi - e questo l'essenziale. E oltre scritto: Non
solo, come Nietzsche ben sapeva, tutte le cose buone sono state un tempo
cose cattive: anche le cose pi delicate, abbandonate alla loro forza di
51 F. Schlegel, Schriften und Fragmente, Behler Verlag, p. 158.
52 Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 21.
53 Ibidem.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

51

gravita, tendono a sfociare nella brutalit senza limiti 54 . La capacit di


reagire ali'indurimento legata non alla purezza - all'immediatezza - ma
al contrario all'esperienza non rimossa ma contrastata. E tutto ci funzio
na, per cos dire, fin nelle fibre dell'Io come ben si vede anche nella
descrizione che Adorno offre della propria sorte: Ogni intellettuale nel
l'emigrazione - senza eccezione - minorato. [...] Espropriata la sua
lingua, e livellata la dimensione storica da cui la sua conoscenza attingeva
ogni energia 55 ; indifferentemente, si suppone, al livello di controllo o di
rapporti presenti nello stato soggettivo dell'intellettuale emigrante.
Ma c' di pi, il testo in se stesso subisce la tensione della lotta fra
la necessit di opporre resistenza e la necessit di avvicinarsi al burrone a
sufficienza da poterlo riconoscere; nell'aforisma numero 50, Lacune,
leggiamo che
si richiede [...] allo scrittore di riprodurre esplicitamente tutti i passi che lo hanno
condotto alla sua affermazione. [...] Questa richiesta [...] falsa, anche come
criterio dell'esposizione. Poich il valore di un pensiero si misura alla sua distanza
dalla continuit del noto [...]; quanto pi si avvicina allo standard prestabilito, e
tanto pi sparisce la sua funzione antitetica; e solo in questa sua funzione, nel
rapporto patente col suo opposto, e non nella sua esistenza isolata, il fondamento
della verit'6 ;

cos come il rango intellettuale di una persona, anche il rango di verit di


uno scritto sembra essere nella quantit di rimozioni che esso riesce a
mettere in gioco, in gioco non in atto. Infatti
la conoscenza si attua in una fitta rete di pregiudizi, intuizioni, nervature, corre
zioni, anticipi e esagerazioni, cio nel contesto dell'esperienza, che, per quanto
fitta e fondata, non trasparente in ogni suo punto 57 .

Sembreremmo spinti in dirczione freudiano-dialettica, cio in una


prospettiva di imposizione o retorica del significato, legata pi all'espe
rienza che non alla obiettivit. Ma c' una messa in guardia che non si pu
trascurare:
in ogni pensiero non ozioso resta il segno dell'impossibilit di una completa legit54 Ibidem, p. 84.

55 Ibidem, pp. 26-27.


56 Ibidem, pp. 85-65.
57 //, p. 86.

52

CRITICA DEL NON VERO

Umazione: come, in sogno, sappiamo di lezioni di matematica perdute per una


beata mattina in letto, e che non sono pi recuperabili. Il pensiero attende che un
giorno il ricordo di ci che stato perduto lo ridesti, e lo trasformi in teoria 58 .

Adorno rivendica una parte non concettuale, diciamo meglio: non


chiara e distinta, alla vera conoscenza. E questo concorda con l'insieme
del suo pensiero. Ma quel che strano , se sciolto dal carattere enigma
tico, l'esempio che egli produce. Il pensiero non ozioso, che impossibile
legittimare fino in fondo, quello della lezione di matematica perduta o
della mattina beata nel letto? Non sono forse, oggi, entrambi irrecupera
bili? Dir che la verit stia nella lezione perduta significherebbe affermare
che si debba commettere un atto proibito per poi avere la verit della
proibizione, senz'altro vero ma piuttosto contorto. Ma del resto, se l'illegittimabile l'aver preferito il sonno alla lezione, cos' di un pensiero che
aspetta la pigrizia per essere ridestato? La cosa non funziona. Un aiuto ci
viene da poche pagine dopo: La tecnica letteraria impone di rinunciare
anche a pensieri fecondi, se la costruzione lo richiede. I pensieri soppressi
contribuiscono alla sua forza e alla sua ricchezza 59 . La forza qui evocata
resta come le lacune del testo, inespressa. qualcosa di simile al rimosso,
ma solo in apparenza. Esso non prender partito per il vero cosi com',
ma solo quando il ricordo di ci che stato perduto lo ridesti e lo
trasformi in teoria.
Altre lacune le abbiamo gi trovate; esse erano l'aspetto lacunoso,
quasi demoniaco, che l'interpretazione doveva sciogliere, nel saggio L'at
tualit della filosofia1. Cos'ha dunque infine questa mattina trovata e le
zione perduta, e che cosa sono le lacune che essa evoca e che daranno la
forza al pensiero nel suo ricordo, liberandolo dal demoniaco? Essa ricor
do di una felicit passata che non incatenata all'apologi del dato cosi
com', giacch essa felicit solo nel ricordo; ora sappiamo che quella era
felicit: il solo rapporto della coscienza alla felicit la gratitudine: ed
ci che costituisce la sua dignit incomparabile e che ... non c' felicit
senza feticismo 61 . Che cosa abbia la felicit di tanto importante di fronte
all'interpretazione chiaro: senza desiderio, non c' conoscenza, neppure
quella interpretativa:

Ibidem, p. 87.
Ibidem, p. 91.

Cfr. il primo capitolo.


Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 127 e p. 139.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

53

poich anche le pi remote oggettivazioni del pensiero traggono alimento dagli


impulsi (Triebe], il pensiero, distruggendoli, distrugge la condizione di se stesso.
[...] Ma se gli impulsi non sono superati e conservati nel pensiero [...] non si
realizza conoscenza alcuna, e il pensiero che uccide suo padre, il desiderio,
colpito dalla nemesi della stupidit. [...] Espulsa la fantasia, esorcizzato anche il
giudizio, il vero atto conoscitivo 62 .

Non semplice comprendere perch desiderio, fantasia e conoscenza


siano cosi strettamente legati. Ancora la esatta fantasia del testo del
1931 era rimasta in debito di una spiegazione. certamente questione di
precomprensione come si esprimerebbe Gadamer, ma in senso del tutto
particolare.
Il desiderio partorisce il pensiero come desiderio di sottrarsi allo
strapotere delle forze, interne e esterne della natura. Nel far questo la
natura, la sua esperienza, gli si trasforma tra le mani: essa diviene sempre
pi simile a quel che dovrebbe essere per non impaurire: un regno di
dominio. Per far questo anche la natura interna ha dovuto essere violata
e frenata, e sotto la cenere cova l'incendio passato. Entrambe sono ora
insieme quel che erano e quel che sono divenute - l'esperienza, che non
atto esclusivo dell'io del principio di realt, registra inevitabilmente, e
per lo pi inconsciamente, anche il passaggio dall'una all'altra. Tale regi
strazione subisce, ad opera del linguaggio la chirurgica resezione della
parte viva, per renderla inoffensiva. Ora non c' strada all'indietro, ma
solo la chance di riportare a ricordo la memoria rimossa. Essa il terreno
infatti sul quale nasce il desiderio.
La psicoanalisi si vanta di restituire agli uomini la loro capacit di godere, turbata
dalle nevrosi. [...] La felicit prescritta appunto di questo tipo; per poterla
condividere, il nevrotico beneficato deve bandire anche l'ultimo resto di ragione
che rimozione e regressione gli avevano lasciato, e, per amor dello psicanalista,
prender gusto ai film di quart'ordine, ai pranzi cari ma cattivi [...], ai compunti
drinks e ad un sex sapientemente dosato. [...] Come gli individui hanno troppo
poche, e non troppe inibizioni, senza essere per questo di un briciolo pi sani, un
metodo catartico che non trovasse il proprio criterio nell'adattamento e nel suc
cesso economico, dovrebbe condurre gli uomini alla coscienza dell'infelicit, del
l'infelicit generale e della propria, indissolubilmente connessa alla prima, e toglier
loro le soddisfazioni apparenti. [...] Appartiene al meccanismo dell'oppressione
vietare la conoscenza del dolore che produce, e una via diretta conduce dal van
gelo della gioia alla costruzione dei campi di sterminio. [...] Questo lo schema

Ibidem, pp. 141-42.

54

CRITICA DEL NON VERO

dell'intatta capacit di godere. Chi lo denuncia avr, dallo psicanalista, la conferma


di essere afflitto da un complesso edipico 63 .

La fantasia e il desiderio, legati alla eliminazione del dolore, sono,


non affatto per scherzo, il terreno prodotto dall'Edipo: essi denunciano la
realt e ne producono un'altra - ma questo lo schema di ogni
interpretazione, far di un testo un testo leggibile; anche l'ermeneutica
cos affetta dal complesso edipico. Quel che importa non , come nella
psicoanalisi, ammesso che l lo sia, la storia individuale e le sue lacune
rimosse, ma il fatto che tali lacune, senza mai poterlo confessare, sono
state create dal pensiero/ricordo della felicit e a essa segretamente com
misurano ogni reale, senza scegliere nella umiliante alternativa di fronte
alla quale il tardo capitalismo mette segretamente tutti i suoi sudditi: di
ventare un adulto come tutti gli altri o restare un bambino 64 . Poich non
si tratta di restare bambini, non si pu far finta che il testo sia immedia
tamente il significato, ma neppure l'apparenza reale lo . Solo la fantasia,
ovvero il desiderio che ritorni quello stato del quale ci si ricorda, ma che
probabilmente non mai esistito, dove s' stati felici, decide dell'interpretazione; facile darne un esempio nei testi di Adorno. Con la famiglia,
scrive ad esempio il nostro,
scomparso non solo l'organo pi efficiente della borghesia, ma la resistenza che,
se opprimeva l'individuo, d'altro canto lo rafforzava, o addirittura lo produceva.
La fine della famiglia paralizza le controforze. L'ordine collettivistico nascente
una tragica parodia di quello senza classi: e col borghese liquida l'utopia che si
nutriva dell'amore per la madre 65 .

Ma se l'unica possibilit fosse legata al ritorno dell'utopie saremmo


nei guai; non attraverso la contrapposizione di immagini ideali alla triste
condizione reale che il pensiero diviene in grado di penetrarla. Anzi, le
immagini utopiche, quasi come un soddisfacimento allucinatorio - una
metonimia della critica - sono contrarie alla dialettica interpretativa, e
come tali proibite.
La famosa proibizione di farsi immagini adorniana, la si ritrova in
uno dei luoghi meno aspettati, la Estetica di Hegel, ovvero le lezioni rac
colte sotto questo titolo da H.G. Hotho e pubblicate nel 1836-38. Dove
65 Ibidem, pp. 63-64.
64 Ibidem, p. 155.
65 Ibidem, p. 13.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

55

si dice che la riproduzione della natura rimane spesso indietro rispetto a


se stessa, Hegel racconta: James Bruce, nel suo viaggio in Abissinia,
avendo mostrato ad un turco un quadro raffigurante pesci, dapprima lo
sbalord, ma subito dopo ne ebbe questa replica: "Se questo pesce si
lever contro di te il giorno del giudizio e ti dir: tu mi hai dato s un
corpo, ma non un'anima viva, come ti giustificherai allora di fronte a
questa accusa?" 66 . Adorno diffida delle immagini per lo stesso motivo: il
loro carattere espressivo troppo forte per dir che siano solo un gioco, ma
la loro possibilit troppo debole perch siano un risarcimento. Per con
tinuare con la metafora, nel giorno del giudizio il pesce avr s avuto
l'anima, al contrario di quanto narra Hegel, ma accuser allora di averlo
lasciato senza terra. Allo stesso modo la proibizione di Adorno contro le
immagini felici non rivolta a tutelare la sacralit o inarrivabilit dell'immaginato, ma bens a evitare che si confonda l'immaginato con il reale.
L'esatta fantasia non fantasia produttrice di immagini, la Produktive
Einbildungskraft di Kant, essa una fantasia senza immagini, che utilizza
il materiale dell'enigma, sul quale si applica, come se fosse l'unico mate
riale esistente - , come scrisse Adorno, un'arte combinatoria, cio di
composizione di forze. Forze della cosa, che il soggetto, non spezzato il
pensiero dal desiderio pone in forma. Ed un soggetto tutt'altro che
onnipotente o perfettamente centrato, anzi
la ragione dialettica l'irragioncvolezza di fronte alla ragione dominante. [...] La
dialettica non pu arrestarsi davanti ai concetti di sano e di malato, e neppure
davanti a quelli, strettamente affini, di ragionevole e irragionevole. Una volta che
ha conosciuto per malato l'universale dominante [...] vede la sola cellula di gua
rigione in ci che, commisurato a quell'ordine, appare malato, eccentrico, paranoide o addirittura folle - e ancora prosegue - E essenziale al pensiero, un momento
di esagerazione, un trapassare oltre le cose, un liberarsi dalla gravita del puro fatto
- per concludere infine che - veri sono solo i pensieri che non comprendono se
stessi 67 .

L'esatta fantasia tanto del soggetto quanto della cosa, il loro


possibile incontro, dove l'uno presta la forma di avvenimenti, esperienze
e ricordi, all'altro affinch questo abbia oltre che l'immagine anche l'anima.
La stessa cosa accade per i testi, e le interpretazioni. Vediamo di
comporre una possibile costellazione di ci a partire da quanto Adorno

66 G.W.F. Hegel, Estetica, a cura di N. Merker, Einaudi, Torino, 1963, p. 53.


67 Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., pp. 76, 147 e 231.

56

CRITICA DEL NON VERO

racconta sul proprio esilio. L'intellettuale minorato, una volta che sia
avvenuta nell'emigrazione l'espropriazione della lingua. Essa non qual
cosa di morto, ma partorisce a seconda dell'inseminazione: la parole han
no una storia 68, anzi per la maggior parte, esse sono la loro storia: quel che
indicano il riassunto di quel che sono servite a indicare, in ogni tempo
e fin nel pi piccolo filo tessuto 69. Quella dell'emigrato condizione stori
ca di chiunque non sia a casa propria, e per Adorno certo, nessuno a
casa propria in questo mondo; ogni lingua stata espropriata, anche in
questo caso vale la massima secondo la quale la pagliuzza nel tuo occhio
la migliore lente d'ingrandimento 70. Se l'espropriazione compiuta,
solo la sensibilit per tutto ci che discosto e appartato, l'odio per la
banalit, la ricerca ci ci che non ancora consunto [...] ancora l'ultima
chance del pensiero 71 ; la ragione si rifugiata - interamente ed ermeti
camente - nelle idiosincrasie personali 72 , che cos personali non sono poi,
ma anzi, come nella brutta letteratura le frasi che vengono messe in bocca
ai protagonisti e che dovrebbero essere le pi a loro intime proprie e
individuali suonano invece generalissime secondo i pi noti cliches, allo
stesso modo nelle idiosincrasie personali si scopre l'universale:
vero che nessuna idea esonerata da questa connessione, che nessuna di esse
pu persistere ciecamente nella sua chiusura particolare. Ma tutto dipende dal
modo in cui si compie il trapasso. La iattura viene dal pensiero come violenza,
dall'abbreviazione indebita del percorso, che deve passare attraverso l'impenetrabi
le, attraverso la durezza del particolare, per essere in grado di raggiungere l'univer
sale, la cui sostanza custodita nell'impenetrabilit stessa 1^.

Le idiosincrasie personali, come le lacune testuali, sono l'impe


netrabile, nel quale si conserva la sostanza della cosa; perch le cose non
sono quello che sono come abbiamo gi letto nella Dialettica dell'illumi
nismo. Lo stesso viene ribadito, in termini pi obicttivanti poco oltre: In
un testo filosofico tutte le proposizioni devono essere ugualmente vicine
al centro: nessuna principale significa anche: nessuna secondaria. Il con
centrico, o l'a-centrico (Adorno si esprime esattamente al contrario nella
Dialettica negativa, tutte le proposizioni devono essere ugualmente lontane
6rt Cfr. Th.W. Adorno, Tbesen ber die Sprache des Philosophen, op. cit.
69 Cfr. Th.W. Adorno, Die Aktualitt der Philosophie, op. cit.

70 Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 48.


71 Ibidem, p. 70.
72 Ibidem, p. 73.
73 bidem, p. 81. Corsivo mio.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

57

dal centro), hanno a che fare con l'indugio presso la cosa, entrambi
devono scoprire il particolare in modo da non farne un semplice passo sul
cammino dell'universale, cosa che sarebbe segretamente la radice di ogni
idealismo 74 ; la conoscenza veramente allargante quella che indugia
presso il singolo fenomeno finch, sotto l'insistenza, il suo isolamento si
spezza - l'insistenza ben inteso quella del desiderio - ci presuppone,
evidentemente, un rapporto con l'universale, ma non un rapporto di sus
sunzione, anzi piuttosto il contrario. La mediazione dialettica non il ricor
so a qualcosa di pi astratto, ma il processo di risoluzione del concetto in se
stesso 7\ E Adorno prosegue citando il Nietzsche della Gaia scienza con
tro la vis eclettica e conciliatrice delle storie del pensiero: la morale del
pensiero appunto qui: il suo procedere non deve essere n ottuso n
sovrano, n cieco n vuoto, n atomistico n consequenziario - qualcosa
di contrario al circolo ermeneutico fa capolino: il particolare ancorch
concorrere alla costituzione del tutto, e viceversa, un elemento che tende
alla sua rottura, e tuttavia tale forza di rottura data solo dal circolo entro
il quale gli elementi sono spinti: non il circolo da scoprire ma la forza
che ha spinto gli elementi dentro di esso. Per questo la richiesta di ripro
durre tutti i passaggi che hanno portato al testo giudicata inutile prima
ancora che impossibile.
Non si tratta di stabilire un percorso ma, al contrario, di rappresenta
re un campo di forze, dove anche le lacune sono conservate come forza
del testo. Per le lacune conservano la loro forza solo entro un pensiero
che non rinunci all'obbligo di esprimersi per concetti. Dopo aver parlato
delle lacune, nello stesso aforisma 50, si legge:
II pensiero che rinuncia, in nome del rapporto al proprio oggetto, alla piena
trasparenza della sua genesi logica, resta pur sempre in difetto, in quanto rompe
la promessa che implicita nella forma stessa del giudizio ' 6 ,

e quindi
quando i filosofi, a cui si sa che il silenzio riusc sempre difficile, si lasciano
trascinare in una discussione, dovrebbero parlare in modo da farsi dare sempre
torto, ma - nello stesso tempo - da convincere l'avversario della sua non-verit 77 .

74 Ibidem, p. 77.
1~' Ibidem, p. 78. Corsivo mio.
76 Ibidem, p. 87.
" Ibidem, pp. 73-74.

58

CRITICA DEL NON VERO

Non c' modo di allungare direttamente le mani verso la cosa ma solo


la possibilit di farla risultar fuori dal testo, attraverso la forza che si
instaura tra rigore e non conciliazione formale. Se manca il rigore, la forza
si mescola, gli elementi si sciolgono, se abbonda la conciliazione nella
forma, le tensioni sono appianate in una struttura rigida e stabile. Obbligo
alla forma e fedelt agli elementi che di per loro distruggerebbero la forma
come
il talento [che] non forse altro che rabbia felicemente sublimata, la capacit di
tradurre quelle energie che, un tempo, si esaltavano oltre ogni limite nello sforzo
di distruggere gli oggetti che opponevano resistenza [...] e di essere altrettanto
tenaci e implacabili nella ricerca del segreto degli oggetti 78,
giacch
il mondo [...] il suo principio unificatore lo sdoppiamento, ed esso concilia solo
in quanto attua la perfetta inconciliabilit di universale e particolare. La sua essen
za l'inessenza: ma la sua apparenza, la menzogna merc la quale sussiste,
l'esponente della verit 79

- ogni negazione deve essere, insomma, determinata.


L'interpretazione chiamata a rispettare l'essenza del testo anche se
questa inessenziale, giacch tramite di essa pu scorgere e far sorgere
l'esponente della verit. E una mimesi cosciente, ossimoro, alla quale
Adorno chiama l'interpretazione, una identificazione con l'aggressore
dove non valga far paura. C' un racconto, nei Minima moralia, com
movente e triste, a proposito delle due lepri che si salvano dal cacciatore
fingendo d'essere morte,
Fin da quando cominciai a riflettere, mi rese sempre felice la canzone che comincia
con le parole tra il monte e la profonda, profonda valle: la storia delle due lepri
che, mentre si sollazzano sull'erba, sono abbattute dal cacciatore, e, quando si
rendono conto di essere ancora in vita scappano via. Ma solo pi tardi ho com
preso il monito contenuto in quella storia: la ragione pu resistere solo nella
disperazione e nell'eccesso; occorre l'assurdo per non soccombere alla follia oggettiva;

e Adorno commenta che: "bisognerebbe fare come le due lepri [...] cadere
follemente come morti, raccogliersi, riprendere coscienza, e, se si ancora
Ibidem, p. 123.
Ibidem, p. 129.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

59

in grado di respirare, scappare a tutta forza 80. Forza che la stessa della
contraddizione, delle lacune, e del padre del pensiero, il desiderio, infatti:
la forza dell'angoscia e della felicit sono la stessa cosa: la stessa apertura illimitata
[...] all'esperienza, in cui il soccombente si ritrova. [...] Solo l'eccentrico sarebbe
in grado di resistere e di imporre un alt all'assurdo. Egli solo potrebbe capacitarsi
dell'apparenza del male. [...] L'astuzia delle lepri impotenti riscatta - con le lepri
- anche il cacciatore, a cui invola la sua colpa 81 .

Contro il nominalismo: la verit un indugio, una imitazione del


falso. Una imitazione che ami le sue lacune e soppressioni, la parte
ingiustificabile, la non autocomprensione, dove le bugie abbiano le gam
be lunghe e si possa dire precorrano i tempi 82 . Ma tale estraneit,
unico rimedio, secondo le parole di Adorno, all'estraniazione, non pos
sibile procurarsela che attraverso un ricordo della memoria, la trasforma
zione degli impulsi in impulsi intellettuali; non perch queste propriet del
soggetto siano esse, psicologicamente, il vero, ma perch solo attraverso di
esse la fantasia pu capacitarsi della storia del testo. Lo spirito non che
istinto che ha avuto fortuna; i tab costituiscono, nel loro insieme, il
rango intellettuale di una persona, le soppressioni il rango di un testo, e
ci che vale per la vita istintiva, vale anche per quella spirituale 83 . Ma
compiere tale esperienza , nel mondo oggi, la cosa pi difficile.
Questa impossibilit forse il tema pi noto nel pensiero di Adorno;
scrive l'idiozia oggettiva, neppure l'ironia ancora in grado di resiste
re alla follia.
Il medium dell'ironia, la differenza tra ideologia e realt, scomparso. L'ideo
logia si rassegna a confermare la realt attraverso la duplicazione pura e semplice
della stessa. L'ironia diceva di una cosa: questo ci che afferma di essere, ma
ecco com' in realt; ma oggi, anche nella menzogna radicale, il mondo si fa forte
del fatto che le cose stanno proprio cosi, e questa semplice constatazione coincide,
per lui, col bene 84.

La celebre chiusa dei Minima moralia che afferma essere la prospet


tiva di interpretazione delle cose la pi facile a ottenersi e insieme

80 Ibidem, p. 240.

81 Ibidem, p. 241.

82 Ibidem, p. 123.
83 Ibidem, p. 21.
84 Ibidem, p. 255.

60

CRITICA DEL NON VERO

l'assolutamente impossibile, per quel che essa richiederebbe all'interpre


tante di non essere nel mondo in cui necessario interpretare, indica
tuttavia una prospettiva: considerare tutte le cose come si presenterebbe
ro dal punto di vista della redenzione. Un punto di vista che non si
instaura senza il desiderio e l'esperienza dell'individuo, ma che solo trami
te questa si fa falso in un attimo: II pensiero che respinge pi appassio
natamente il proprio condizionamento per amore dell'incondizionato,
cade tanto pi inconsapevolmente, e quindi pi fatalmente, in bala del
mondo 85 .
Il condizionato non chiuso, non la totalit. Il tutto falso, ma il
Falso non il Tutto. Perch il tutto storico, storia naturale, cio natura
sotto la cifra storica e storia sotto la cifra naturale. Fino al punto in cui sia
possibile riconoscere che: l'individuo talmente storico in tutte le sue
fibre da essere in grado di ribellarsi, con la trama sottile della sua costi
tuzione tardoborghese, alla trama sottile della costituzione tardoborghese 86. Questo lo schema della parodia, la teoria interpretativa di Adorno.
La teoria si vede rinviata all'obliquo, all'opaco, all'indeterminato, che, come tale,
ha senza dubbio qualcosa di anacronistico, ma non si esaurisce nell'invecchiato,
perch ha giocato un tiro alla dinamica storica,

come Benjamin ha lasciato in eredit il compito di


non affidare esclusivamente questo tentativo [di mettere filosoficamente a frutto
ci che non ancora determinato dalle grandi intenzioni] ai rebus sconcertanti del
pensiero, ma di recuperare ci che privo di intenzione attraverso il concetto:
l'obbligo di pensare dialetticamente e non dialetticamente ad un tempo 87

cos che per questo:


al pensatore odierno non si chiede niente di meno che questo: essere nello stesso
momento nelle cose e al di fuori delle cose; e il gesto del barone di Mnchhausen,
che si solleva dallo stagno afferrandosi per il codino, diventa lo schema di ogni
conoscenza che vuoi essere qualcosa di pi che constatazione o progetto 88.

85
86
87
88

Ibidem,
Ibidem,
Ibidem,
Ibidem,

p.
p.
p.
p.

304.
171.
179.
78.

CAPITOLO III
MODELLI INTERPRETATIVI

La dialettica come il sole: se la guardi ti acceca, ma se aspetti che


passi diventa notte.
Franco Fortini

Tra due posizioni divergenti, spesso il vero non trova affatto posto
nel mezzo. Quasi tutti i commentatori hanno fatto riferimento all'estetica
come al luogo dove Adorno costretto a lasciar vigere un concetto enfa
tico di verit; con due posizioni che possono essere presentate l'una come
critica del dogmatismo/estetismo, l'altra come riconduzione della verit
della filosofia alla verit dell'arte. Peter Lang 1 pu ben rappresentare la
prima posizione. Egli reperisce tanto in Gadamer quanto in Adorno un
riferimento dogmatico alla verit dell'arte, operato per togliersi d'impac
cio dalla indecidibilit delle rispettive teorie ermeneutiche e di critica
dell'ideologia. All'altro estremo possiamo trovare soprattutto i lavori fran
cesi 2 dove, sotto la doppia cifra dello strutturalismo e del surrealismo, la
teoria estetica destituita, almeno nelle intenzioni, dal regno soggettivo, si
1 P.C. Lang, Hermeneutik-Ideologiekritik-Asthetik. Uber Gadamer und Adorno
sowie Fragen einer aktuallen Asthetik, Forum Academicum, inder Verlagsgruppe
Athenum-Hain-Scriptor-Hanstein, Knigstein 1981, pp. 96-97.
2 Per una breve panoramica si possono vedere i due numeri monografici della
Revue d'Esthtique, Prsences d'Adorno, nel n. 1-2, del 1975, in particolare i saggi di
Baucar, Jimenez, Ladmiral; Adorno, nel n. 8, nuova serie, 1985, in particolare i lavori
di Ladmiral, Heyndels, Zima.
Assai indicativo anche il libro di O. Revault d'Allones, tradotto in italiano,
Destrutturazioni. Contro l'imperialismo culturale, ed. Faenza, Imola 1976, sebbene lasci
perplessi la ostentata struttura surrealista. Ad esempio a p. 75 leggiamo che Adorno
non sarebbe stato in grado di pensare fino in fondo il rifiuto della categoria borghese,
ottocentesca, di coscienza e pertanto scrive l'autore, mi prendo la libert, ogni volta
che Adorno scrive il termine "coscienza" di leggere: le forze sociali rivoluzionarie",
sostituzione indebita in Adorno e discutibile nella realt. Certamente Adorno pensava
che la coscienza borghese, vista la sua liquidazione de facto avvenuta nella struttura
produttiva sociale, potesse esercitare il ruolo di richiamo e contestazione, esattamente

62

CRITICA DEL NON VERO

presenta quasi in uno schema schellinghiano come modello dell'azione


delle forze nel mondo. In Italia, un tentativo simile stato condotto, per
esempio, da P. R. Felicioli, in Esperienza, estetica e soggettivit in Th.W.
Adorno\ sempre sulla scia del possibile rapporto tra Adorno e Gadamer
- questa volta implicito 4 - nella ricerca di un modello di esperienza della
tradizione che abbia al suo interno la tematizzazione piena dell'individuale
e del suo rapporto affettivo con le cose.
In tutti questi casi, il rapporto tra Gadamer e Adorno - come pi
tardi, morto Adorno, quello tra la Scuola di Costanza e la teoria critica probabilmente spinto troppo oltre i termini comuni. vero che entram
bi si richiamano allo hegeliano "Philosophie ist ihre Zeit in Gedanken
erfafit"; anche probabile che su questo, come sulla possibilit da parte
dell'esperienza artistica di possedere la chiave per dischiudere l'enigma di
come avvenga l'interpretazione, i due concordino. Tuttavia mi sembra che
il problema ermeneutico si ponga solo dopo questo punto. La nozione di
orizzonte e quella di ideologia definiscono entrambe la formazione di
una Bildung che non padroneggiata dall'individuo. Ma la differenza
consiste in questo: mentre per Gadamer la comprensione dell'orizzonte, la
fusione, la situazione ermeneutica nella quale, in ultima istanza, c' da
apprendere soprattutto il proprio apprendere, l'essere come medio tra
scendentale della costituzione dell'esperienza storica dei soggetti, per
Adorno, al contrario, il proprio tempo appreso tanto poco compreso
quanto qualsiasi altra esperienza di irrazionalit eteronoma, e non apre
affatto alla possibilit d'esperienza di invarianti ontologiche. Anzi su di
esso di appunta proprio la critica dialettica, per portare fuor di se stessa
questa apprensione. Quando Gadamer conclude alla ontologia del lin
guaggio, molto pi vicino allo Hegel del manuale, quello della nozione
idealistica dello spirito come assoluta comprensione e espressione della
sostanza (e cio come soggetto), che non Adorno, per il quale l'unico

come nella teoria marxista della letteratura la differenza tra strutture produttive e
coscienza di esse pu portare a percepire le prime, finalmente, come non naturali. In
nessun caso, tuttavia, Adorno avrebbe potuto chiamare forza sociali rivoluzionaria una
forma in larga misura ideologica e per lo pi in via di sparizione.
3 P.R. Felicioli, Esperienza estetica e soggettivit in Th.W. Adorno, in Itinerari,
anno XXII, 1983, pp. 163-182. Probabilmente influenzato dai precedenti lavori di E.
Ruschi, il lavoro di estremo interesse. l'unico, ad esempio, che elabori il tema della
monade presente nella Teoria estetica di Adorno, in collegamento con G.B. Vico.
4 Cfr. le notazioni di G. Vattimo contenute nella presentazione dell'edizione ita
liana del libro di Gadamer, Verit e metodo, ed. Bompiani, Milano 1983.

MODELLI INTERPRETATIVI

63

assoluto che esiste quello falso presente nella coscienza, che presenta a
se stesso lo stato sociale di cose come naturale e immutabile.
Il rapporto tra ontologia ermeneutica e dialettica ermeneutica, se
passa l'ossimoro, da vedere all'opera semmai, nelle differenti nozioni di
essere. Un paradigma di come questo tema sia stato affrontato - e a volte
anche distorto dal contesto ideologico - la da, per esempio, Fulvio Car
magnola 5 . Nella esposizione della tesi adorniana sulla necessit che il
concetto - che in s differenza - trovi nella dialettica l'espressione del
non concettuale, Carmagnola, a proposito dell'obbligo di far questo tra
mite concetti, usa pretesa al posto di obbligo 6. Ebbene, nel passaggio
tra obbligo e pretesa racchiusa in piccolo la storia della ricezione
adorniana dalla fine degli anni Sessanta ai giorni nostri. Scrive dunque
Carmagnola:
Se ci poniamo ad analizzare la torsione cui Adorno sottopone le strutture, in Hegel
sovrane e oggi vacillanti, del pensiero dialettico, un elemento traspare immediata
mente: il potere che Adorno tuttora riconosce al concetto, quello di costituire un
ponte tra lo spirito e la realt. [...] Guardare all'hegelismo radicale di Adorno [...]
attraverso la lente della genealogia nietscheana, pu scoprire, in questa versione
ultima e cosi raffinata del pensare dialettico, la sua ultima hybris 1 .

Come dire che dopo la morte di Dio, gli obblighi della ragione sono
solo tracotanza, e quindi pretesa appunto, quella adorniana compresa:
che la filosofia riesca infine a parlare di altro da s senza renderselo iden
tico. La ragione deve condurre a fondo la critica a se stessa fino a inde
bolirsi. A favore di che? - si domanderebbe Adorno. Separare verit e
menzogna il fine del metodo materialistico, non il suo punto di partenza.
In altre parole il suo punto di partenza l'oggetto permeato di errore, di

5 F. Carmagnola, Conoscenza degli estremi. Sulla nozione di apparenza in Hegel,


Nietzsche, Adorno, Unicopli, Milano 1986, p. 117 e sgg.
In proposito, sempre in italiano, anche i lavori di R. Racinaro e T. Perlini, trattano
questo tema. Racinaro, in Hegel nella prospettiva di Bloch e Adorno, in Critica marxi
sta, 1974, n. 1, pp. 127-53, illustra perfettamente il rapporto tra reale/astratto/falso e
irreale/concreto/vero, riconducendolo sia al tema dell'identit del concetto sia, paral
lelamente e quasi in una sorta di nuova Fenomenologia dello spirito, alla societ come
totalit e alla lettura adorniana dei Grundrisse marxiani. Perlini in Dialettica e utopia,
in Aut Aut, 1970, n. 119-120, pp. 135-56, parla di una doppia categoria di totalit
in Adorno, una del gi, quella sociale, e l'altra aperta, del non ancora.
6 F. Carmagnola, Conoscenza degli estremi, cit., pp. 117-21.
7 Ibidem, p. 117.

64

CRITICA DEL NON VERO

doxa 8 - concetto enfatico di verit 9. All'ontologia, come regno della


necessit, si contrappone la deontologia come regno della possibilit questo il principio di tutte le interpretazioni adorniane.
Sarebbe nullo il pensiero senza bisogno, [...] vero sarebbe il pensiero che desidera
il giusto - sebbene - [...] il pensiero a partire dal bisogno si confonde se il bisogno
viene concepito in modo meramente soggettivo. I bisogni sono un conglomerato
del vero e del falso: vero sarebbe il pensiero che desidera il giusto 10

- il bisogno, la doxa, dalla quale sempre prende l'avvio la filosofia. Non


certo per scelta, ma perch il pensiero non pu attingere alla fonte del
vero, bello e buono. Radicale per Adorno, come per Marx del resto, non
la riflessione sull'origine in quanto tale, ma la penetrazione e comprensio
ne delle conseguenze; semmai la foce del razionale, non la fonte. In
questo senso, porre desiderio a fondamento della interpretazione significa
affidarla a un organo fragile e fallibile, a quel ricordo che, abbiamo visto,
produce il materiale del desiderio. allora che la questione di una reden
zione complessiva - di un Dio che interpreti le cose e con questo ci salvi
- diviene nel suo risultato pressoch indifferente 11 . Il problema sta
piuttosto nel mettersi nella prospettiva di Dio, di fronte al quale poich
egli le ha fatte egli le comprende 12, le cose della natura, s'intende - e
anche l'uomo, che deve porsi nella distanza dalla quale ogni cosa sembri
revocabile. Nell'ontologia nulla revocabile. In Heidegger nulla revoca
bile. La differenza tra interpretazione corretta e scorretta diviene, nono
stante ogni contraria polemica, di nuovo affidata alla capacit del singolo
uomo empirico - purch sia nella situazione di ascolto corretta. In Ador
no, per contro, la possibilit di comprensione viene affidata alla possibilit
di desiderare il giusto: [...] pensiero e pensato sono reciprocamente
mediati. Propriamente si pu comprendere filosoficamente solo ci che
vero. Realizzare il giudizio, in cui si comprende, coincide con la decisione
sul vero e sul falso 13 . E vero per Adorno solo la negazione determis M. Jay, Th.W. Adorno, Fontana Paperbacks, London 1984; ed. it. trad. S. Pompucci Rosso, II Mulino, Bologna 1987. M. Jay sta citando da Th.W. Adorno, Charles
Baudelaire. Einer Lyriker in Zeitalter des Hochkapitalismus, Suhrkamp Verlag,
Frankfurt a. M. 1969.
9 Th.W. Adorno, Wozu noch Philosophie?, op. cit.

10
11
12
15

Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 87.


Cfr. Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 304.
II riferimento , ovviamente, a Vico.
Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., pp. 55-56.

MODELLI INTERPRETATIVI

65

nata del falso che ora regna. Comprensibile quindi solo la negazione del
falso - ma perch non l'affermazione del vero?
Scrive Bodei 14 che la forma-identit della riproduzione sociale ha
fatto da modello a ogni sviluppo individuale, introiettata con terrore, e
conclude:
la logica dell'identit ha il suo supporto economico nel progressivo affermarsi di
ci che appare come scambio di equivalenti. [...] Si genera cos, in questa catena di
mediazioni dell'identico, la scomparsa e l'ottundimento dell'esperienza. L'impres
sione del dj vu colpisce i sensi non meno del pensiero 15 ;

e Adorno commenta se stesso dicendo che se proprio di ontologia si


dovesse parlare di fronte alla possibilit concreta dell'utopia, la dialettica
l'ontologia dello stato falso 16 . Ma si tratta di una ontologia negativa e non nera come scrive Carmagnola, forse troppo suggestionato dalla
presenza di Nietzsche 17 -, in quanto concepisce il vero solo come negazio
ne del falso e non accetta nulla di ontologico propriamente detto, ma anzi
riconosce nell'ontologia una produzione della coscienza di fronte alla tra
dizione e alla societ. In questo stato, prosegue Bodei,
la lotta di classe non scomparsa, diventata solo virtualmente invisibile e
strumentalizzata alla logica dell'equilibrio. Non potendosi manifestare come lotta
aperta, si manifesta in sede privata. [...] In tutte le societ che colpiscono il dis
senso, la speranza di un mondo nuovo giace nella resistenza e nel rifiuto di piccole
minoranze. [...] Adorno prefigura una lunga guerra di posizione. [...] Al concetto
di lotta di classe si sostituisce quello di resistenza al dominio

e in questo, che sembra individualismo borghese, non per assente la


coscienza della sua insufficienza, proprio l dove meno ce la si attende:
[l'arte] il "luogotenente" del soggetto collettivo assente [...] essa costi
tuisce l'agnizione e la revoca del rimosso sociale 18, o come si esprime

14 R. Bodei, Adorno e la dialettica, in Rivista critica di storia della filosofa, anno


XXX, ottobre-dicembre 1975, fase. IV, pp. 432-57.
15 Ibidem, p. 435.
16 Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 10.
'' F. Carmagnola, Conoscenza degli estremi, cit., p. 121 : ... utopia nera che
consapevole di doversi esaurire nell'infinito analizzare e disporre quei pochi e frusti
concetti della tradizione - posizione inaccettabile da parte di Adorno. Tra l'altro
Carmagnola cita I. Fetscher, Ein Kampfer ohne lllusion, che parla di Hffnungslos
Liebe che certo qualcosa di molto diverso da una utopia nera...
18 R. Bodei, Adorno e la dialettica, cit., pp. 438-40.

66

CRITICA DEL NON VERO

Adorno nella teoria estetica, essa storiografia inconscia. Alla filosofia


come interpretazione spetta di mostrare come l'arte menta sul mondo per
poter dire il vero, si procuri cio un'estraneit necessaria, che la filosofia
non pu possedere - pena la regressione, tanto forti sono in essa le ten
denze ad assimilarsi al dominio - ma che solo essa pu giustificare. Allo
stesso modo di fronte alla realt, si potrebbe dire, l'arte senza filosofia
cieca e la filosofia senza arte vuota.
Arte e filosofia hanno un elemento in comune non nella forma o nel procedimento
formativo, bens in un atteggiamento che rifiuta la pseudomorfosi. Entrambe resta
no fedeli al loro contenuto al di l della loro opposizione; l'arte indurendosi contro
i propri significati; la filosofia rifiutando di accettare qualsiasi immediato 19.

E Bodei, parlando dei tre saggi giovanili dei quali anche noi ci siamo
occupati, scrive che:
come nella psicoanalisi freudiana (che qui costituisce uno dei modelli accanto ad
altre forme di ermeneutica), compito della filosofia decifrare testi lacunosi, ve
dere significativi i vuoti quanto i pieni, puntare l'attenzione su quei resti del
mondo fenomenico - quali sono, ad esempio, i lapsus in Freud - che apparen
temente non hanno senso, mentre sono invece il filo conduttore verso il rimosso
sociale 20,

concludendo che
difficilmente tale dialettica [...] priva del momento risolutivo della positivit me
diata, pu ottenere una fondazione legittima, poich la sua vera fondazione sul
non ancora, su ci che attende di realizzarsi e la cui assenza brilla nel mondo come
contraddizione 21 .

L'unione di non ancora e ermeneutica psicoanalitica del resto


professata esplicitamente da Adorno, secondo il quale: la speranza non
il ricordo tenuto fermo bens il ritorno dell'obliato 22 : una societ senza
classi. Ed quindi vera l'interpretazione di Bodei, che la fondazione della
19 Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 14. Traduzione in parte da me
modificata, corsivi compresi.
20 R. Bodei, Adorno e la dialettica, cit., p. 446.
21 Ibidem, p. 456.
22 Th.W. Adorno, Noten zur Literatur, Suhrkamp Verlag, 4 Banden, Frankfurt
a. M. 1958, 1961, 1965, 1974, ed. it. Note per la letteratura, 2 volumi, Einaudi, Torino,
1979, tr. E. De Angelis, G. Manzoni, A. Frioli, voi. II, p. 131.

MODELLI INTERPRETATIVI

67

dialettica, ovvero di quel tipo di interpretazione che si comprende come


prassi in quanto modifica e distrugge il carattere di enigma della cosa,
poggia sulla speranza come ritorno dell'obliato; speranza che , in termini
ancora da chiarire, esperienza di una sorpresa.
Proprio Freud nello scritto sulla negazione 2 ' aveva affermato che la
risposta: l'avevo sempre saputo ma non me lo ero mai ricordato sia per
essenza la risposta che si ottiene quando si avanzata una ricostruzione e
interpretazione corretta all'analizzando. Allo stesso modo Adorno alla
ricerca di una unit morale ricostruita dall'interpretazione opposta all'im
pressione di frammentariet e estraniazione, che il compito della filosofia
sarebbe piuttosto quello di cercare - nell'opposizione di sentimento e
intelletto - la loro unit: che appunto l'unit morale 2*.
Si tratta, in entrambi i casi, di una anamnesi di tipo del tutto parti
colare, perch al contrario dell'ontologia platonica, quel che viene
ricordato a rigore non esiste prima del ricordo: meglio detto, esiste nella
forma della sua assenza, che come le lacune del testo, di cui abbiamo letto
nei Minima moralia, contribuiscono alla forza del testo non meno delle
presenze. Scrive Adorno nella Teoria estetica che:
il linguaggio delle opere d'arte costituito [...] da una corrente sotterranea collet
tiva [...]; la loro sostanza collettiva parla del loro stesso carattere di immagini - e
quindi - ... il contenuto di verit delle opere d'arte storiografia inconscia, solidale
con quel che fino ad oggi sempre di nuovo soccombente 25 .

Ed chiaro che tale solidariet, che si costituisce attraverso il


momento magico &e\Y apparition cui sempre connesso il fascino del
bello, ha strette relazioni con la memoria: Senza una memoria storica non
ci sarebbe alcuna bellezza 26 , quell'esperienza memore di una situazio
ne senza dominio, che probabilmente non c' mai stata 21 . Questa interpre
tazione fondata sul non ancora, come scrive Bodei un non ancora che
memoria di una situazione che probabilmente non c' mai stata, lo
scandalo ermeneutico della teoria critica, il suo passaggio dalla verit-checosa alla verit-per-che, o detto chiaramente: il passaggio dalla verit non

21 Cfr. S. Freud, La negazione e altri scritti teorici, a cura di C. Musatti, tr. Baruffi,
Colorni, Fachinelli, Einaudi, Torino 1981.
24 Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 237. Corsivo mio.
25 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 146 e 232.
26 Ibidem, p. 110.
2/ Ibidem, p. 131. Corsivo mio.

CRITICA DEL NON VERO

dialettica, in ultima istanza sempre trascendentale, a quella dialettica, che


la differenza tra esperienza e sapere,
... scrittura sorgente in un lampo e scomparente che tuttavia non si lascia leggere
per ci che significa 28 - in particolare nell'opera d'arte dove - ci che sfuggente
viene obbiettivato e chiamato a durare; per questo essa concetto, solo che non
il concetto della logica discorsiva 29 .

Lo stesso concetto non discorsivo era, in Die Aktualitt der Philosophie, l'unica possibilit della filosofia di liberarsi dal gioco dell'esattezza
cartesiana e mordere il pane che ricostruisce un testo facendo scomparire
il carattere di accecamento nel mentre che fornisce una risposta. Sempre
nella Teoria estetica si dice che:
l'autorit delle opere d'arte risiede in questo: esse costringono a riflettere su quale
base mai esse, figure dell'esistente e incapaci di chiamare all'esistenza ci che non
esiste, potrebbero divenirne l'immagine travolgente, se il non esistente non esistes
se di per se stesso 30,

questa l'esistenza del non ancora di cui parlava Bodei, la medesima


ancora intrecciata al ricordo individuale che si scontra con una memoria
di una situazione che forse non c' mai stata. A tal punto obiettivo,
questo non ancora, una volta che ci si sia liberati dal modello scienti
stico di oggettivit, che esso funge anche da index veri, infatti:
il criterio di oggettivit non la verifica della tesi enunciata tramite un esame
iterativo, ma la esperienza individuale compresa tra speranza e delusione. Nel
ricordo essa da rilievo alle proprie osservazioni, confermandole o confutandole 31 .

Sia la verit della filosofia che quella inconscia delle opere d'arte che sono storiografia del desiderio di memoria - hanno la loro chiave
d'accesso nell'interpretazione. Scrive in proposito P. Biirger, per molti
versi critico di Adorno, che l'arte storiografia inconscia perch il ma
teriale artistico di un'epoca il risultato di un processo storico, in esso

28
29
30
31
miei.

Ibidem, p. 137.
Ibidem, p. 124.
Ibidem, p. 141.
Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, p. 11. Corsivo e spaziatura

MODELLI INTERPRETATIVI

69

congelata un'esperienza storica 32 - e Adorno spiega che se la forma va


comunque sentita come un contenuto perch essa: altro non che un
contenuto sedimentato 53 . Insomma, il contenuto delle opere d'arte, che
fa s che esse registrino inconsciamente un'esperienza che soccombe, la
loro forma, la quale a sua volta stata la registrazione di un contenuto
d'esperienza; tra questi due estremi che si cifra la verit, tanto che l'arte
ha tante prospettive quante ne ha la forma e non di pi 34 , o, detto
altrimenti:
la forma che tocca a un contenuto essa stessa un contenuto sedimentato. [...]
Quanto pi profondamente il contenuto materiale (esperito fino a che diviene
irriconoscibile) si converte in categorie formali, tanto meno commensurabili al
contenuto gi elaborato delle opere d'arte divengono i materiali non sublimati.
Tutto ci che si manifesta nell'opera d'arte effettualmente e con lo stesso diritto
sia forma che con tenuto J \

La forma il medium dell'arte - cos come ugualmente lo della


filosofia 36 - , la mediazione della forma - il cui carattere principale in
arte il rinunciare e il tagliare 37 - la mediazione di contraddizioni che in

32 Peter Brger, Vermittlung-Rezeption-Funktion. Asthetische Theorie una Methodologie der Literaturwissenschaft, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1979.

33 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 237-246.


34 Ibidem, p. 239.
35 Ibidem, pp. 244-45.
36 Th.W. Adorno, Terminologia filosofica, p. 51.
Per una ricognizione sul tema si possono consultare: per l'aforisma come stile J.R.
Ladmiral, Dialectique negative de l'criture aphoristique, in AA.VV., Adorno, in Revue
d'Esthtique, nuova serie, 1985, n. 8, e il suo corrispettivo critico P. Reichel, Verabsolutierte Negation, op. cit., il quale rimprovera l'inconclusivit politica dell'aforisma e
la sua facilit e non stringenza al povero Adorno; per un paragone tra lo stile di Adorno
e le scelte formali di Derrida, P. Zima, Adorno et la crise du langage: pour une critique
de la parataxis, in Revue d'Esthtique, nuova serie, 1985, n. 8; R. Tiedemann che
parla di linguaggio interpretante a proposito delle scelte lessicali di Adorno, in Begriff-Bild-Name. Uber Adornos Utopie von Erkenntnis, in Hamburger Adorno-Symposton, op. cit.; per una ricerca degli effetti stilistici nella ricerca sociologica contrapposta
all'empirismo matematico delle scienze sociali negli Stati Uniti, cfr. G. Rose, The
Melancoly science: an introduction to th thought of Th.W. Adorno, Free Press, New
York 1978, forse la migliore studiosa delle questioni stilistiche in Adorno. Per una
visuale diversa, infine, per il rapporto di Adorno con il materialismo cfr. N. Tertullian,
Materialismo e morale nella Dialettica negativa di Adorno, in Critica marxista, 1985,
n. 4, pp. 149-72.
37 Per l'idea che formare significhi tagliare, rimuovere e diminuire, piuttosto che
aumentare, cfr. Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 240 e sgg.

70

CRITICA DEL NON VERO

s contenuta nell'empiria: diventa il per s della coscienza solo attraverso


l'atto del ritirarsi, compiuto dall'arte. In ci tale atto un atto di cono
scenza 38.
Nella Terminologia filosofica, scrive Adorno che ci che pi
importante per l'uso della terminologia filosofica, vale a dire la qualit
strutturale delle parole 39, significa che la terminologia [...] deve essere
usata in connessioni, in costellazioni nuove, dove possa acquistare un
nuovo valore di posizione 40.
Se la filosofa davvero filosofia [...] le essenziale il linguaggio, e cio la forma
in cui i concetti sono esposti. [...] La differenza fra il significato puramente con
cettuale delle parole e ci che il linguaggio esprime con esse in verit il medium
in cui soltanto si sviluppa il pensiero filosofico,

tale modo di procedere


possibile soltanto in un medium che non propriamente concettuale, ma lingui
stico: lo stile o la forma espositiva. In questo senso nella filosofia il linguaggio o
lo stile non anteriore alla cosa stessa, ma appartiene costitutivamente alla cosa 41 .

La spiegazione di tale accento duplice: per un verso solo cos la


filosofia in grado di sciogliere il carattere irrigidito dei suoi concetti, la
rigida loro universalit che si impone come forma di coscienza al di sopra
e contro l'esperienza delle cose, per l'altro, giacch non siamo uomini
primitivi, e allo stesso modo, si pu scrivere che:
i termini filosofici sono, propriamente, dei punti nodali della storia del pensiero
che si sono conservati e intorno ai quali poi ruota [...] la storia della filosofia [...]:
ogni termine filosofico la cicatrice di un problema irrisolto 42 .

38 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 244.


39 Th.W. Adorno, Terminologia filosofica, cit., p. 30.
Tra l'altro W. BonIS sostiene essere l'interpretazione adorniana chiaramente strut
turale, a differenza di quella hegeliana che sarebbe procedurale, pur restando stretta
mente dialettica, in W. BonB, Empirie und Dechiffrierung von Wirklichkeit, in AA.VV.,
Adorno-Konfernz 1983, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1983.
40 Th.W. Adorno, Terminologia filosofica, cit., p. 50.
41 Ibidem, p. 51.

42 Ibidem, p. 213. Corsivo mio. Sul contenuto storico e sociale che i concetti
conservano, nell'impiego filosofico che ne fa Adorno, Cfr. A. Schmidt, Begriff des
Materialsmus bei Adorno, in AA.VV., Adorno-Konferenz 1983, cit., pp. 14-20.

MODELLI INTERPRETATIVI

71

Pensare identificare tramite astrazione, su questo Adorno non ha


alcun dubbio. Tuttavia tale pensiero produce, dialetticamente, delle ferite
fin nel fondo della propria terminologia. Finanche l'arte impegnata nel
riconoscimento e nella rimarginazione di quei colpi, ma senza la possibilit
di riferirsi ad un immediato, anche le opere d'arte - come la filosofia possono guarire le ferite [...] solo mediante un aumento di astrazione che
impedisca la contaminazione dei fermenti concettuali con la realt empi
rica: il concetto diventa parametro 45 . Ma che il concetto filosofico rag
giunga una tale insperata nobilt, una questione che si decide a seconda
del modo in cui, sia in arte che in filosofia, il contenuto conservato nella
forma, che collettiva, inconscia e, finalmente, tradizione. Il rapporto
costitutivo della tradizione con la forma mediante la rimozione sociale,
punto archimedeo della filosofia, Adorno le deriva proprio da Freud.
Una tradizione - scrive Freud [...] - deve aver subito la rimozione, lo stato di
permanenza nell'inconscio, prima di poter produrre al suo ritorno effetti cosi
imponenti, di poter costringere le masse al suo incantesimo. Ma non solo la
tradizione religiosa, anche quella estetica ricordo di un fattore inconscio, addi
rittura rimosso. Quando essa sprigiona di fatto effetti grandiosi, questi non
nascono dalla coscienza rettilinea e di superficie della continuazione, ma semmai
dal luogo in cui il ricordo inconscio spezza la continuit. La tradizione presente
nelle opere accusate di sperimentalismo, e non in quelle intenzionalmente
tradizionalistiche 44 .

4 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 168. Spaziatura mia.


Per uno studio della doppia astrazione operata dall'arte, e il suo parallelo con la
intentio obliqua della intentio obliqua, di cui parla Adorno in Metacntica della gnoseo
logia e in Parole chiave, cfr. G. Carchia, Sulla teoria estetica di Adorno, in Verri, 1976,
n. 4, pp. 66-73, dove si prospetta un parallelo tra la metacritica della gnoseologia che
scopre attraverso il primato dell'oggetto la mediazione soggettiva, e la mimesi secon
da delle opere d'arte che imiterebbero se stesse per poter rappresentare l'altro.
44 Th.W. Adorno, Prismi, cit., p. 153.
Per il rapporto tra tradizione e inconscio nel pensiero di Adorno, cfr. T. Perlini,
Dialettica e Utopia, in Aut Aut, 1970, n. 119-120, pp. 135-56; un interessante detour
su Adorno e Lacan stato tentato da A. Rescio, Oggetto e critica del soggetto in Adorno,
in AA.VV., Psicoanalisi e semiotica, Milano 1975; sulla permanenza di caratteri natu
rali nella ragion formale e sulla impossibilit di una regressione a prima della sepa
razione e intreccio tra ragione e natura, cfr. F. Porcarelli, // concetto di natura in
Nietzsche e nella scuola di Francoforte, in II Cannocchiale, 1977, pp. 61-83; il rappor
to tra rimosso sociale e rimozione individuale in Adorno, stato affrontato da M.G.
Meriggi, Nota su Adorno e Freud, in Utopia, I, 1971, n. 5-6; una ricognozione sul
l'evoluzione dei concetti adorniani nel romanticismo tedesco stata fatta, con successo,
da H.R. Jauss, Das literarische Prozeft des Modernismus von Rousseau bis Adorno, in
Adorno-Konferenz 1983, op. cit., rinvenendo soprattutto ih Schiller e Schlegel possibili

72

CRITICA DEL NON VERO

Abbiamo gi visto che inconscio e collettivo sono termini che


spettano al contenuto presente delle opere d'arte quando esse sono poste
in forma, ovvero in quella particolare tensione che mostra le contraddizio
ni senza appianarle, giacch il tutto sopravvive solo grazie alle parti. Nella
Teoria estetica scritto: ... in forza dell'opera di configurazione artistica
il suo [del soggetto] proprio contenuto oggettivo - latente - viene alla
luce 45 . L'altro, cui l'arte si procura di procurare diritto di replica, il
medesimo che abbiamo gi incontrato con Bodei: il ricordo. Ad esso si
contrappone il mitico, lo strapotere naturale che imprime paura, che viene
rimosso e diventa con ci una forma - proprio come la ratto illuministica
diviene la forma della rimozione della propria formazione. La dialettica
dell'illuminismo il contrario dialettico della verit delle opere d'arte:
quella ricade nel mito che era gi illuminazione, queste creano dei miti per
poter ricalcare la differenza tra quel che vuole presentarsi insieme e iden
ticamente come ragione e come natura, affinch la ragione stessa, non
l'arte (le opere d'arte non parlano a se stesse, sebbene parlino solo tra di
loro, precisa Adorno), si accorga di essere un mito, un grido di terrore
cristallizzato.
Se ogni progresso della ragionevolezza accompagnato dalla paura
che possa scomparire ci che l'ha messo in moto e che da essa minaccia
di essere inghiottito: la verit 46, la memoria del non ancora struttu
ralmente simile alla memoria collettiva latente che contenuto delle opere
d'arte. I contenuti delle opere d'arte sono fatti collettivi 47 , ma nei fatti
collettivi - nella divisione sociale - il segno si separa dall'immagine e con
questo la conoscenza si scinde in due parti, ognuna delle quali, come
l'uomo platonico, da se stessa impotente. Cos anche nelle esperienze
estetiche (o filosofiche) la fallacia della scissione non viene affatto retti
ficata [...] l'immagine ne colpita non meno del concetto 48 . Data questa
precedenti della teoria negativa di Adorno; infine Schmidt, nel gi pi volte citato
lavoro, ha messo in rilievo l'importanza della nozione di Trieb dall'opera di Marx a
quella di Adorno, nozione senza la quale, a detta di Schmidt, la dialettica si troverebbe
immobile. Per l'impostazione della ricezione freudiana in Adorno, cfr. W. Bon$,
Psychoanalyse als Wissenschaft una Kritik. Zur Freudrezeption der Frankfurter Schule, e
J. Benjamin, Die Antinomien des patriarchaliscehn Denkens. Kritisce Theone und
Psychoanalyse, entrmabi in AA.VV., Sozialforschung als Kritik, hrsg. von W. Bonft und
A. Honneth, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1982.
45 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 597.
46 Ibidem, p. 136.
47 Ibidem, p. 145.
48 Ibidem.

MODELLI INTERPRETATIVI

73

situazione, la ragione deve oggettivamente, al di l di qualsiasi pathos


utopico, affidarsi a forme almeno apparentemente opposte a se stessa;
come il saggio che:
sfiora la logica della musica, rigorosa arte di passaggi e tuttavia priva di concetti,
per restituire al linguaggio parlato ci che la tirannide della logica discorsiva gli
aveva tolto [...] esso svolge i pensieri secondo procedimenti differenti da quelli
della logica discorsiva 49.

Mentre tuttavia le opere d'arte, cui la forma saggio si rifa, diventano


immagini perch i processi stessi che in loro si sono coagulati a obbiettivit, parlano,
i processi latenti nelle opere d'arte ed erompenti nell'attimo, la loro storicit in
terna [che altro non se non, ancora, la forma come contenuto sedimentato e non
pi cosciente], sono la storia esterna sedimentata. Il carattere vincolante della
obiettivazione delle opere cosi come le esperienze di cui esse vivono sono fatti
collettivi. Il linguaggio delle opere d'arte costituito [...] da una corrente sotter
ranea collettiva. [...] L'esperienza soggettiva arreca immagini che non sono imma
gini di qualcosa 50 .

Possiamo allora dire - per stabilire un parziale punto fermo - che la


memoria del non ancora una memoria formale? Di una forma in senso
stresso? E cio di un contenuto che stato strappato all'immediato per
divenire obiettivamente forma vincolante? E che tuttavia una forma
diversa da quella della ratto illuministica?
L'esperienza soggettiva arreca immagini che non sono immagini di qualcosa e
proprio esse sono di essenza collettiva [...] in forza di tale contenuto d'esperienza
- che esperienza sui generis poich - le opere d'arte [...] sono empiria tramite
deformazione empirica. Questa la loro affinit col sogno 51 .

Non forse, infatti, il sogno il materiale con il quale sono fatti i


desideri, indifferentemente parrebbe, alla volont del sogno? Anzi: prima
della volont del sogno, visto che il sogno non vuole, a rigore, nulla? La
risposta di Adorno semplice: no. Poich non va a buon fine nessuna
sublimazione che non conservi in s ci che sublima 52 , la tradizione
49
50
51
52

Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, p. 28.


Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 145-46.
Ibidem, p. 146.
Ibidem, p. 160.

74

CRITICA DEL NON VERO

tanto forte quanto pi il motivo della sua assunzione stato rimosso, o


meglio sublimato nella tradizione stessa, per questo:
la tradizione in contraddizione con la razionalit, sebbene questa si formi all'in
terno di quella. Il suo mezzo non la coscienza, ma il carattere vincolante dato,
irriflesso, di determinate forme sociali, la presenza del passato, tale carattere che
si trasferisce immediatamente nella sfera spirituale 53 ,

ma allora qual la differenza tra la memoria di un passato diverso, che


forse non mai esistito, e la memoria/sublimazione della tradizione? se
chi ama il passato e, per non impoverire, non intende rinunciare a tale
amore, da subito adito all'equivoco perfidamente entusiasta che il suo
pensiero non vada interpretato in tal senso e che egli sia aperto a un
discorso sul presente? 54
Cos come, nei Minima moralia, l'intatto schema della capacit di
godere viene diagnosticato come complesso edipico perch sfrutta la
memoria di un passato felice per protestare sul presente anche se come
'dato di fatto' tale passato non fu affatto felice, anzi a rigore non fu pro
prio, ma solo alla luce del suo seguente, allo stesso modo quel che
colpisce, spezzandola, la possibilit di una tradizione razionale il verdetto
della societ, essa a rendere impossibile un rapporto trasparente con la
tradizione, e a bollare come edipica la capacit individuale di godimen
to. Eppure tra la memoria e il ricordo, tra la situazione per come essa fu,
e la situazione per quel che significa oggi, esiste un rapporto di reciproca
determinazione.
L'oblio disumano perch fa dimenticare la sofferenza accumulata. [...] Per que
sto la tradizione si trova oggi davanti a una contraddizione insolubile: nessuna
attuale n da resuscitare, ma quando ogni tradizione spenta, la marcia verso la
disumanit iniziata 55 .

Si tratta di due tradizioni diverse - quella che rimossa si impone


come forma e quella che ricordata da materiale alla felicit - o sono la
medesima? La natura affermativa della tradizione crolla; la tradizione
stessa, nient'altro che con la sua esistenza, ad affermare che il significato

53 Th.W. Adorno, Ohne Leitbild. Parva Aesthetica, Suhrkamp Verlag, Frankfurt


a. M. 1967, ed. it. Parva Aesthetica, trad. E. Franchetti, Feltrinelli, Milano 1979, p. 27.
^ Ibidem, p. 30.
55 Ibidem, p. 33.

MODELLI INTERPRETATIVI

75

si conserva, si trasmette attraverso la successione temporale 5h. Tradizione


che la medesima della quale si dice si trovi di fronte ad una contraddi
zione insolubile qui, e che, nel saggio Die Aktualitt der Philosophie, si
diceva conservasse tutti i fili, anche il minimo, che servono alla filosofia
critica per interpretare la realt affinch ne risulti un testo, la cui forza sar
poi dipendente dalla capacit di far risaltare quel che nel testo stato
soppresso, le lacune. Allora la forma che il testo prende, ovvero il rap
porto tra la tendenza centrifuga degli elementi e la necessit della unit
per manifestare tale forza centripeta, composta da
contenuti precipitati, in cui sopravvive ci che sarebbe altrimenti dimenticato e
che non pi in grado di parlarci direttamente. Ci che una volta cercava rifugio
nella forma, sussiste senza nome nella durata di questa. Le forme dell'arte registra
no la storia dell'umanit pi esattamente dei documenti: e non c' indurimento
della forma che non si possa interpretare come negazione della durezza della
vita".

certo che anche la durezza della vita e la durata della forma


sono forme, appunto, della coscienza. Non avrebbe nessun senso dire che
la vita in s dura, cos come il durare della forma morta nell'arte,
immanente alla coscienza collettiva. Tuttavia se nell'arte ci che sfug
gente viene obbiettivato e chiamato a durare: per questo essa concet
to 58, le opere d'arte sono sottratte alla legge dell'oblio e del mito proprio
grazie al loro sottomettersi alla legge della forma 59 . La tradizione, insom
ma, non cosa che si possa rifiutare o accettare a seconda del giudizio che
si esprime sulla sua funzione sociale; essa c' e fonda l'essenza stessa del
pensiero (in questo caso artistico) rispetto alla tradizione. Un'arte senza
tradizione tanto poco pensabile quanto una filosofia senza oggetto, an
che se questo non significa che esse debbano essere solidali con la tradi
zione e l'oggetto. Piuttosto questi sono le cicatrici della storia alle quali
vanno tolte le bende. L'elemento concettuale, di cui tanto l'arte quanto la
filosofia si servono per questa operazione, s inalienabile cos alla lingua
come a qualsiasi arte ma vi diventa qualcosa di qualitativamente diverso

56 Ibidem, p. 37. Spaziatura mia.


97 Th.W. Adorno, Philosophie der Neue Musik, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a.M.
1948; in italiano, Filosofia della musica moderna, tr. L. Rognoni, Einaudi, Torino 1975,
p. 49.
58 Th.W. Adorno, 'Teoria estetica, cit., p. 124.
''' Ibidem, p. 147 e sgg.

76

CRITICA DEL NON VERO

rispetto ai concetti intesi quali unit di segno degli oggetti empirici 60;
proprio come le parole, che conservano e mutano qualitativamente il loro
contenuto, perch esse stesse sono un contenuto. L'attivit dell'interpre
tare che si attua tramite la loro disposizione in sempre nuove costellazioni,
- come leggemmo - una sorta di ars inveniendi tramite fantasia esatta;
come nell'opera d'arte, per terminare il raffronto, la razionale attivit
dispositoria esercitata dalle opere su tutto ci che a loro eterogeneo a
conseguire la verit 61 .
Arte e filosofia sono identiche nella non identit. Nell'opera d'arte
grazie alla legge della forma, la tradizione, nella costrizione che esercita sui
materiali, si disvela ancora una volta come un contenuto sociale rimosso;
la filosofia identifica tramite concetti, ma nella disposizione nella quale li
organizza cerca, nel contempo, un'espressione al non-identico 62 . La loro
unit reale solo come protesta contro la separazione di intuizione e
concetto, sebbene essendo effettuale questa non affatto un'identit reale
limitata. Nelle costellazioni che entrambe mettono in scena, si tratta di
smontare il carattere naturale e storico per scoprire il carattere naturale
(dello storico) e storico (della natura). Non sono questi problemi che
possano essere risolti con una risposta. Come leggemmo nei saggi degli
anni '30, la critica prassi in quanto modifica il testo enigmatico del
concetto di natura e dell'aspetto storico, scioglie, per cos dire, la questio
ne dal suo carattere inintelligibile. Arte e filosofia danno voce al privo di
intenzione che il soggetto dell'enigma, in modo differente eppure, in
una certa misura, solidale. Non nel senso che il carattere di enigma sia
immediatamente il rimosso sociale - come invece accadrebbe, per esem
pio, se si volesse riscrivere la storia dal punto di vista degli sconfitti -, ma
perch mostrano che il non-intenzionale traccia per negativo di ci a cui
si potrebbe rivolgere intenzionalmente. Insomma, riconoscere l'irraziona
lit della ragione non comporta assumere l'irrazionale come Soggetto,
bens il riferimento per negativo alla razionalit del razionale - ad una
razionalit che sia anche giusta, non solo potente - e di conseguenza
all'esperienza dell'oggetto per come vi comparirebbe.
Arte e filosofia, intese come interpretazioni, sono memento mori di
quel che non accaduto. La differenza tra le due consiste in questo: che
la filosofia si applica alla doxa, l'arte se ne distanzia. Come in ogni autenIbidem, p. 164.
Ibidem, p. 163 e sgg.
Cfr. Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., pp. 73-74.

MODELLI INTERPRETATIVI

77

tico pensiero dialettico, il divenuto nel suo divenire il vero (mentre non
lo il risultato), allo stesso modo il contenuto di verit dell'interprelazione
filosofica e estetica sta, per Adorno, nel divenire del rapporto di distanza
dell'arte mediato dalla vicinanza della filosofia. Non sublime, per quanto
possa ricordare certi autori del primo romanticismo, quella unit prospet
tata, perch se vero che
l'autoconsapevolezza nei confronti del sublime naturale anticipa qualcosa della
conciliazione con la natura. La natura non pi oppressa dallo spirito, si libera dalla
scellerata connessione di primordialit e sovranit soggettiva. Tale emancipazione
sarebbe il ritorno della natura e questa, immagine contraria della pura esistenza,
il sublime. [...] La conciliazione [...] non il risultato del conflitto ma unica
mente il fatto che il conflitto trova un linguaggio.

Tuttavia
con ci il sublime diventa latente. [...] In corrispondenza la categorie del gioco
decadono. [...] Ci che si presenta come sublime suona vuoto, ci che gioca
indefessamente regredisce al puerile da cui deriva 65 ,

giacch il sublime, che conserva il rimosso dandogli linguaggio, non parla


pi della conciliazione ma della regressione. Al contrario, tutto il proble
ma dell'interpretazione racchiuso nella differenza tra regressione e
conciliazione, dialettica micidiale perch
una dialettica, che non resti pi incollata all'identit, provoca se non l'accusa di
non aver terreno sotto i piedi [...] quella di far venire le vertigini. [...] Invece per
essere feconda la conoscenza si getta a fona perdu negli oggetti. La vertigine che
ne deriva un index veri M .

IL PASSAGGIO DIALETTICO

Se non c' dunque una via d'accesso immediata ad una visuale senza
punto di vista, e se l'interpretazione non pu rinunciare a prender le
mosse dall'esperienza empirica ma neanche affidarlesi ingenuamente, il
problema diviene, per noi, capire come la dialettica sbrogli questo intrico.

Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 330-31.


Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., pp. 29-30.

78

CRITICA DEL NON VERO

Un modello lo abbiamo nel processo di spiritualizzazione che pro


prio dell'opera d'arte, dove interviene il passaggio dall'interpretazione
simbolica a quella letterale del materiale:
proprio l'arte radicale, mentre si rifiuta ai desiderata del realismo, in rapporto
di tensione col simbolo. Si potrebbe dimostrare che i simboli [...] nella nuova arte
si rendono tendenzialmente autonomi rispetto alla loro funzione di simboli. [...]
L'arte assorbe i simboli grazie al fatto che essi non simboleggiano pi niente; [...]
ci che prima era simbolico diviene letterale. [...] Il fatto che nessuna opera sia
simbolo rende conto del fatto che in nessuna opera l'assoluto si manifesti imme
diatamente; altrimenti l'arte non sarebbe n apparenza n gioco ma realt 6'.

Anche l'interpretazione filosofica, che deve fare a meno del simbo


lico, non ha accesso diretto all'assoluto. Tuttavia essa cifra nel particolare
la immagine dell'assoluto, ovvero del sociale. questo il cos detto me
todo micrologico 66 . Quella che Althusser chiam la pretesa espressiva,
taglio d'essenza, della dialettica in effetti presente, anche se a titolo del
tutto particolare 67 ; infatti il valore e il significato delle parole e dei concetti
dovuto alla storia. Poich le parole si riferiscono al reale, la mutazione
del loro significato non dipende solo dal contesto linguistico e concettuale
ma altrettanto dal rapporto del pensiero con la realt, perci bisogna
confrontare ci che le parole storicamente evocano con il proprio livello
di coscienza, e chiedersi se quel che si tratta allora di esprimere possa
ancora essere considerato come qualcosa di sostanziale dal punto di vista
della cosa 68. Ordine di non facile esecuzione, che di nuovo trova sulla
stessa linea arte e filosofia.
Processo l'opera d'arte lo essenzialmente nel rapporto di tutto e parti. [...]
Questo rapporto a sua volta un divenire. [...] Il tutto resta qualcosa che si
produce solo in virt della tendenze che in essa agiscono. D'altro canto le parti
non sono ci per cui quasi inevitabilmente l'analisi le scambia, cio non sono

65 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 162-62.

66 Segnalo l'esistenza di un lavoro su Foucault e Adorno, purtroppo incentrato


sul tema, un poco troppo generico, della critica alla cultura, si tratta di A. Honneth,
Foucault e Adorno: due forme per una critica del moderno, in Fenomenologia e socie
t, 1989, n. 1, pp. 39-56.
67 Cfr. L. Althusser, Lire le Capital, cit., p. 17 sgg. et passim; e Pour Marx, Fran
cois Maspero, Paris 1965, italiano, Per Marx, tr. F. Madonia, Editori Riuniti, Roma
1967, pp. 82-87, 165-66, 175-76.
68 Th.W. Adorno, Terminologia filosofica, cit., p. 64. Traduzione parzialmente da
me modificata.

MODELLI INTERPRETATIVI

79

datila: piuttosto sono centri di forza che spingono al tutto e, naturalmente, di


necessit sono da quello anche preformate. Il vortice di questa dialettica inghiotte
in definitiva il concetto stesso di significato 69 .

La dialettica, questa come ogni altra, ha bisogno della categoria di


tempo per funzionare. Se davvero esistesse un pensiero senza tempo, se
l'inconscio, per esempio, pensasse, ad esso sarebbe preclusa la dialettica.
La tensione tra parte e tutto sarebbe risolta nella possibilit di influenza
da parte di quel che viene dopo su quel che viene prima. Ancora Althusser
nella categoria di causalit strutturale presentava come scandalo la re
troazione dell'effetto sulla causa 70 , ma come osserv Deleuze, in tutt'altro
contesto 71 , il fatto che un effetto retroagisca sulla causa non una confu
tazione della dialettica se la retroazione avviene sulla causa dopo che l'ef
fetto ne sorto fuori. Qualcosa del genere avviene per le opere d'arte, e
per l'interpretazione, che nella durata - permanenza e insieme mutamento
- ha il suo tempo. Il vortice che inghiotte il concetto stesso di significato
originato dall'impossibilit di fissare in alcun elemento il significato
appunto. Cosa che nemmeno fattibile riferendosi alla totalit, che non
meno relativa delle sue parti. Non per sommatoria n per depurazione
che il pensiero trova fondamento; la prescrizione che ogni singola parte sia
ugualmente lontana dal centro significa anche questo. Solo la costel
lazione, riconoscendo ogni centro di forza come falsa espressione, riesce
a far smentire ogni gravita da un'altra, e in questo far emergere il vero.
quasi una interpretazione che si opera da s:
[...] i concetti non costituiscono il continuum delle operazioni, il pensiero non
procede tutto chiuso in se stesso, ma i vari aspetti si intrecciano l'uno con l'altro
come in un tappeto ['tappeto' che ricorda l'intreccio e la trama del reale in Die
Aktualitt der Philosophie]. Dalla fittezza di questo intreccio dipende la fecondit
dei pensieri

che dunque sono tanto fecondi quanto riesce loro l'interpretazione che:
a voler essere precisi, il pensante non pensa affatto, ma si fa teatro dell'esperienza
intellettuale, senza dipanarla. E mentre da essa scaturiscono gli impulsi anche per
il pensiero tradizionale, questo, per la sua forma, ne elimina il ricordo 72 .
69 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 299.
/0 Cfr. L. Althusser, Leggere il Capitale, op. cit. et passim, e Per Marx, et passim.
71 G. Deleuze, Diffrence et rptition, Presse Universitaires de France, Paris
1968, ed. it. Differenza e ripetizione, trad. G. Guglielmi, II Mulino, Bologna 1971.
72 Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, p. 17.

80

CRITICA DEL NON VERO

Questa esperienza intellettuale non meno concreta della esperienza


tout court; e di nuovo troviamo che il pensiero tradizionale rimuove il
ricordo di tale esperienza. La conclusione che Adorno ne trae come si
debba scrivere un saggio: i suoi concetti
vanno esposti in maniera che si sorreggano a vicenda e che ciascuno riceva la
propria precisa articolazione soltanto dalle figurazioni che forma nel rapporto con
altri. In esso elementi discreti e tra loro differenziati si raccolgono in un unico
contesto leggibile; il saggio non crea costruzioni n strutture. Tuttavia attraverso
il loro movimento gli elementi si cristallizzano in configurazione. Questa un
campo di forze cos come nella visuale del saggio, ogni produzione spirituale deve
tradursi in un campo di forze 73 .

Il modus procedendi del saggio uguale a quello che trovammo nell'interpretazione come dissoluzione dell'enigma: richiamare gli elementi
materiali, disporli in una costellazione di forze, affinch il testo strappato
degli strani intrecci dell'ente risulti finalmente come testo leggibile. Il
saggio - a met secondo Adorno tra arte e filosofia - dunque cos affine
all'interpretazione? addirittura la forma interpretativa di Adorno? E se
davvero situato a met tra arte e filosofia, come costituisce le sue imma
gini astrali?
Il bello naturale mito trapassato nell'immaginazione e in tal modo forse liquida
to. [...] Le immagini estetiche non sono invarianti arcaiche [piuttosto] le opere
d'arte diventano immagini perch i processi che in loro si sono coagulati a obiet
tivit parlano. [...] I processi latenti sono fatti collettivi - e di essi - non esiste
imago senza immaginario. L'esperienza soggettiva arreca immagini che non sono
immagini di qualcosa e proprio esse sono di essenza collettiva 74 .

L'emancipazione delle immagini estetiche da quelle mitiche si attua


tramite il sottomettersi delle opere d'arte alla loro propria irrealt, che non
l'irrealt del delirio n quella irrazionale dell'empirico, bens la legge
della forma: questa la loro methexi alla ragionevolezza per cui illu-

73 Ibidem, p. 18.
Gli scritti sul rapporto tra Lukcs e Adorno, sia in generale, sia in particolare sulla
forma saggio, sono molti. Si possono consultare, tra gli altri: T. Perlini, Sul concetto di
totalit nella riflessione estetica di Adorno, in Nuova Corrente, 1970, n. 52; M. Barzaghi, Dialettica e materialismo in Adorno, op. cit.; S. Buck-Morss, The origin of th
negative dialectics, op. cit.; AA.VV., Die Neue Link nach Adorno, hrsg. von F. Schller,
Munchen 1969.
74 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 113 e 145-46.

MODELLI INTERPRETATIVI

81

minate sono quelle opere d'arte che in inflessibile distanza dall'empiria


rendono testimonianza di una giusta coscienza 75 . Il mito come la tradi
zione appartiene a processi tendenzialmente inconsci e collettivi, mentre
l'immaginazione davvero sul confine tra individuale e collettivo; inoltre
essa pi simile al desiderio che non alla paura, e come tale essa nemica
del mitico. La natura fu mito finch dovette essere dominata e suscitava
terrore; oggi bello naturale. Ma poich il dominio su essa totale, forma
stessa della razionalit, e poich questa totalit diventata nel frattempo
seconda natura, cio immagine naturale di un non naturale, allora l'intrec
cio di mito e immaginazione tuttora all'opera. E stato scacciato dal ciclo,
ma per essere spedito in un iperuranio ancora pi lontano. Giacch l'ope
ra che crea immagini espone questo intreccio, essa rassomiglia, per un
verso, ed questa la sua forza, alla realt.
Opera d'arte e realt sono identiche e non identiche. Se non avessero
nulla a che fare l'una con l'altra, allora non avrebbero alcun senso le opere
d'arte, ma se fossero identiche, allora le opere sarebbero mera duplicazio
ne, come volle credere l'artista Fiatone, o sogno a occhi chiusi. Per
questo, al contrario della tradizione psicologica dell'ermeneutica, Adorno
pu scrivere che l'analisi ripercorre soggettivamente la via che aggettiva
mente l'opera d'arte descrive in s, indifferentemente all'autore, alle sue
condizioni. La storia cifrata nell'opera ugualmente cifrata nel soggetto,
ma questi non la possiede. L'unica esperienza che ne fa, quando essa
all'opera come mediazione della costituentesi soggettivit dell'opera d'ar
te. Ma anche questa un'esperienza nel mezzo della contraddizione. In
fatti perch si colga il peso della tradizione necessario che qualcosa
nell'individuo faccia resistenza, seppure d'un poco, alla sua coazione. Cos
la particolarit dell'individuo si oppone all'universale storico della tradi
zione, cio al potere delle sue forme, ma se l'individuo non fosse anche
particolare, allora non ci sarebbe alcuna resistenza alla forza delle connes
sioni sociali, e l'arte non potrebbe prendere le distanze dall'empirico,
condizione invece della sua verit 76 .
75 Ibidem, p. 147.
' 6 Su questi problemi si possono consultare i seguenti lavori: W. Boni?, Empirie
und Dechiffrierung von Wirklichkeit, op. cit., che ricostruisce un breve ma interessante
collegamento in proposito alla funzione dell'esperienza come centro della costellazione
teoretica tra Adorno, Benjamin, Feyerabend e Dilthey; M. Barzaghi, Dialettica e mate
rialismo in Adorno, op. cit., che affronta il tema del rapporto con Benjamin in una luce
originale, ovvero dal punto di vista dello sviluppo del marxismo critico senza lasciare
troppo spazio alla polemica; F. Carmagnola, Conoscenza degli estremi, op. cit., che vede

82

CRITICA DEL NON VERO

Lo stesso meccanismo dialettico si svolge nel rapporto tra individuo


e pensiero. Mentre si deve riconoscere che il soggetto non pensa affatto,
sbagliato credere di poter eliminare il residuo empirico che si cela sotto
ogni funzione senza soggetto 77 . Non perch la riflessione debba prender
partito per il dominio del soggetto, che anzi questo semmai il suo pec
cato originale, ma al contrario perch il riconoscimento della base empi
rica di ogni operazione di pensiero il primo passo di un'autocritica
dell'illuminismo. Non perch l'empirico sia immediato, ma al contrario,
solo perch l'empirico si presenta come realt immediata e non lo , la
critica del soggetto altro dalla liquidazione dell'individuo. Tale liquida
zione, per altro, empirica e difende non l'individuo ma la struttura di
produzione dell'individuale, senza nominarla. Probabilmente questo
l'intreccio che l'esperienza dipana, proprio come teoria dell'interpretazione, indipendentemente dalla intenzione del soggetto: l'interpretazione
atto tanto falsificante quanto critico. E la distinzione spetta, in ultima
istanza, alla felicit 78.
Il tema del ricordo e quello della produzione di immagini appaiono
determinanti per l'interpretazione, forse addirittura coincidenti. Nel senso
che il termine di giudizio dell'interpretazione, anche se si riferisce in ul
tima istanza alla felicit, non dato ma va prodotto. In che senso, si
chiarisce leggendo un passo di Prismi, nel saggio Profilo di Walter Benjamin, dove Adorno cita, dal manoscritto dei Passagen.
Alla forma del nuovo mezzo di produzione [...] corrispondono, nella coscienza
collettiva, immagini nelle quali il nuovo si compenetra col vecchio. Queste imma-

nel ruolo utopico negativo dell'indentila dell'individuo un tratto di collegamento tra il


pensiero di Adorno e quello di G. Deleuze; A. Rescio, Oggetto e critica del soggetto in
Adorno, op. cit.; e infine G. Carchia, Sulla teoria estetica di Adorno, op. cit., dove
l'autore parla di una specificit della Ratto aisthesis.
77 Cfr. Th.W. Adorno, Metacntica della gnoseologia, op. cit., et passim.

78 Sul tema identit, individuo e soggetto, cfr. i seguenti lavori: A. Schmidt, Begriff des Matenalismus bei Adorno, op. cit., per la distinzione tra soggetto datore di
forma e il soggetto come centro di esperienza; per un'analisi del Unwescn nella
dialettica adorniana, cfr. R. Racinaro, Hegel nella prospettiva di Bloch e Adorno, in
Critica marxista, 1974, n. 1, pp. 127-53, tra l'altro uno dei pochi lavori su Adorno
e Bloch, oltre al gi citato saggio di R. Tiedemann; per la differenza tra la posizione
nietzschana e quella adorniana sul destino del soggetto, e sulla contrapposizione tra
volont di potenza e ricordo, cfr. F. Carmagnola, La conoscenza degli estremi, op. cit.;
infine per il tema specifico della differenza tra liquidazione dell'individuo e critica del
soggetto, i termini della questione sono perfettamente illustrati da T. Pedini, Autocritica
detta ragione illuministica, in Ideologie, 1969, n. 9-10.

MODELLI INTERPRETATIVI

83

gini sono proiezioni del desiderio. [...] Queste tendenze rimandano alla fantasia
configurativa, che dal nuovo ha tratto il suo impulso, all'antichissimo. Nel sogno
in cui, ad ogni epoca, si presenta la seguente, questa apparir sposata ad elementi
della preistoria, cio di una societ senza classi. Le esperienza della quale, depositate
nell'inconscio della collettivit, producono, compenetrandosi col nuovo, l'utopia, che
ha lasciato le sue tracce in mille configurazioni della vita 1''.

In questa citazione troviamo molti dei termini che Adorno usa per
descrivere, e prescrivere, l'interpretazione. Ed egli commenta che per tali
immagini Benjamin intendeva delle cristallizzazioni obiettive del movi
mento storico e le denomin col nome di immagini dialettiche 80. Le
immagini dialettiche, in questo la differenza tra Benjamin e Adorno 81 ,
hanno il loro modello nelle opere d'arte e non nella storia. Oggi che non
si pu immaginare alcuna configurazione dello spirito scrive Adorno le
opere d'arte sono il prototipo della sua configurazione. [...] In quanto
tensione tra gli elementi dell'opera d'arte lo spirito [...] processo e con
ci l'opera d'arte stessa 82 . Ma la tensione a cui si fa riferimento per
Adorno, abbiamo visto sopra, quella tra la forma, processo opposto e
necessario all'esperienza individuale, e il contenuto, inteso come esperien/9 W. Benjamin, citato da Adorno in Prismi, cit., p. 243. Corsivo mio.
80 Th.W. Adorno, Prismi, cit., p. 243.
81 P. Brger ha scritto un interessante saggio sulla differenza tra Benjamin e
Adorno che vorrei qui indicare. Secondo Brger Benjamin farebbe riferimento, come
modello, soprattutto all'avanguardia surrealista, mentre Adorno alla modernit estetica.
E lo scontro tra i due sarebbe riconducibile alla modalit espressiva propria del surre
alismo in antitesi a quella critica riflessiva dell'espressionismo. E tra l'altro l'anteceden
te dell'arte d'avanguardia andrebbe ricercato nel romanticismo, mentre quello del
moderno nel processo di autonomizzazione dell'arte, p. 86 e sgg. Cos mentre l'avan
guardismo negherebbe la divisione del lavoro e radicalizzerebbe lo shock dell'esperien
za, Adorno sarebbe esponente dell'opposizione all'avanguardismo, in nome della resi
stenza alla regressione. Cfr. P. Brger, Das Altern der Moderne, in Adorno-Konferenz
1983, cit., pp. 177-201; P. Brger, L'anti-avantguardisme dans l'esthtique d'Adorno, in
Revue d'Esthtique, nuova serie, 1985, n. 8.
H.R. Jauss, nello stesso volume, Adorno-Konferenz 1983, nel saggio Der literarische Prozejl des Modcrnismus von Rousseau bis Adorno, op. cit., propone un bivio a
partire dalla revisione della categoria della modernit operata da Dialettica dell'illumi
nismo, da una parte, come esponenti esemplari, P. Brger e Lyotard (e il primo forse
non sarebbe contento di trovarsi in compagnia del secondo...) dall'altra la critica radi
cale di Adorno. Ancora da citare la tesi di M. Jay, Th.W. Adorno, II Mulino, Bologna
1987, secondo la quale dalla coppia dell'elaborazione surrealista e benjaminiana si
potrebbero derivare due strade, divaricantesi, una Adorno e l'altra Derrida, aventi in
comune solo il radicalismo della lettura nietzscheana della morte di Dio.
82 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 150. Traduzione d'a me parzialmente
modificata.

84

CRITICA DEL NON VERO

za storica non individuale. Il soggetto sente come legge una forma, perch
stato rimosso il ricordo contenuto nella sua forma. Contro di essa si
richiamano le armate dell'esperienza, che costruisce la tensione. Ricono
scere e interpretare significa allora impadronirsi di quel processo, riper
correre soggettivamente un processo oggettivo, infatti:
10 spirito delle opere d'arte non concetto, ma tramite esso le opere divengono
commensurabili con concetto. [...] Perci la critica necessaria alle opere. Nello
spirito delle opere essa riconosce il loro carattere di verit oppure ve lo separa. In
questo atto soltanto [...] l'arte e la filosofia convergono 83 ,

convergono in questo: che l'arte consta dell'espressione del vero, o in


termini benjaminiani del suo sogno, ma tuttavia non possiede di per s la
capacit di dividerlo dal falso. Questa capacit spetta alla critica, all'interpretazione, che sente ovunque la forma come contenuto, e la storia cifrata
nella forma immanente dell'opera.
Si potrebbe quasi scriver che l'arte e il concetto compiano lo stesso
lavoro: la prima fornendo la costellazione della soluzione all'impossibile,
11 secondo rendendo ragione ad essa. Scrive Adorno che ci che prima
era simbolico diviene letterale 84 , e solo grazie a questo l'arte, che tendenzialmente ostile al mito come spiegazione della natura, pu assorbire
i simboli: essi non simboleggiano pi niente. Ancora nella tarda antichit
greca, ad esempio, alcuni modi di modulazione minore venivano avvertiti
come imitazione simbolica. Oggi, al tempo di Adorno, il tema dell'alle
gretto della prima sinfonia di Mahler, Fra Martino volto sulla triade mino
re anzich su quella maggiore, non in alcun modo un simbolo, ma
piuttosto una funzione formale immanente allo sviluppo dell'idea secondo
la quale il tragico e il comico insieme, la marcia funebre e il canto di
bambini, sono gli unici eredi del sublime naturale 85 . Nella intuitivit col
legata al simbolico, che merc la spiegazione perde il suo carattere simbo
lico, nascosta, tuttavia una mediazione non concettuale 86 .
Il desideratum della intuitivit vorrebbe conservare [...] il momento mimetico,
ed cieco nei confronti del fatto che quel momento seguita a vivere solo attraverso

85 Ibidem.
84 Ibidem, p. 163.
85 Per l'eredit del sublime kantiano, cfr. Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p.
133 et passim.
86 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 161.

MODELLI INTERPRETATIVI

85

la sua antitesi cio attraverso la razionale attivit dispositoria esercitata dalle opere
su tutto ci che a loro eterogeneo 8 '.

L'impulso mimetico, quello che nella dialettica dell'illuminismo fu il


vero avversario della mitologia illuminista, e nel quale sopravvive il deside
rio ma non la realt della conciliazione, la fonte del pensiero. Per questo
Adorno, lo abbiamo visto, richiama la importanza di un pensiero che non
uccida suo padre, il desiderio, e al contempo la necessit di non con
fondere la spinta e il materiale mimetico con la forma mimetica o col
pensiero stesso. Tale impulso:
investe anche la mediazione, il concetto, il non presente. [...] L'arte tanto poco
concetto quanto intuizione, e proprio cos protesta contro la separazione dei due.
[...] Essa intuizione di un non intuibile ed paraconcettuale ma senza concetto.
per grazie ai concetti che l'arte pone in libert il suo strato mimetico, non
concettuale 88.

A questo punto, davvero il concetto diviene metro di comprensione,


non modello, dell'opera d'arte. Il concetto diventa "parametro" e la
loro propria obiettivazione [delle opere d'arte] le rende "res" di secondo
grado 89 .
Come la natura oggi natura mediata, e in questo viene confusa alla
natura seconda, che societ, allo stesso modo l'arte rende i suoi prodotti
delle cose che cose non sono affatto, ma rapporti. In essi, come nei rap
porti extra-artistici, nascosta l'essenza, ovvero la storia, di quei rapporti.
La loro espressione dipende dalla possibilit di obicttivarli senza fissarli,
ma la verit richiede anche che l'interpretazione raccolga attorno al mo
mento della cristallizzazione tutta la storia - Qui non intellegit res, non
potest ex verbis sensum elicere 90 .
In un saggio di Wolfgang Fritz Haug, Zur Kritik dcr Warensthetik^,
troviamo un esempio di modificazione del principio di realt, per il tema
che qui ci interessa. La dialettica signoria/servit, spiega Haug, viene
duplicata nell'esistenza di pubblicit, desiderio e produzione. All'interno
della produzione, l'apparenza estetica passa da funzione simbolica a una
87 Ibidem, p. 163.
88
89
90
91
140-58.

Ibidem, p. 164.
Ibidem, pp. 168-69.
Martin Luter, citato da Gadamer in Verit e metodo.
W.F. Haug, Zur Kritik der Warenstbetik, in Kursbuch, 20, 1970, pp.

86

CRITICA DEL NON VERO

schiettamente di realizzazione del capitale. Si manipolano le confezioni


delle merci perch il valore d'uso ha ritrovato una funzione simbolicosociale, la medesima che era stata espulsa dal passaggio dalla manifattura
all'industria. Tuttavia questo richiede che la coscienza degli acquirenti
venga preparata a spostare il proprio desiderio dal valore d'uso puro a
un valore d'uso simbolico, d'identit sociale. Affinch i desideri possano
essere soddisfatti nella forma della merc attuale, il desiderio deve essere
determinato da obbligo a forme di valore irrazionali. Ma dopo si costret
ti a seguire ciecamente e in ogni modo la legge che tali desideri dettano.
E non solo nel senso leggero per il quale si produce ci di cui si convinti
gli uomini di aver bisogno - ma anche nella micidiale inversione per la
quale poich si sempre mediati dall'altro, cio dal desiderio dell'altro, se
si modifica il desiderio se ne viene mediati di conseguenza. Possiamo
leggere questa dialettica allargandola al di fuori della sfera, per altro nient'affatto ristretta della circolazione e produzione delle merci, anche alla
produzione e circolazione di quei valori sui generis che sono la coscienza
e le idee. Nella prefazione al Capitale Marx ha dato un'allegoria minaccio
sa. il celebre de te fabula narratur con il quale egli rivolge il proprio
libro contro i suoi lettori inglesi e tedeschi. importante sottolineare che
egli concep il proprio lavoro come valore che avrebbe trovato la propria
corrispondenza solo a patto che fosse pensato come riflessione della dia
lettica di tutti gli individui coinvolti in quel modo di produzione. Detto in
modo semplice: quel che retoricamente apre il Capitale alla dialettica costi
tutiva della societ un'allegoria. Si pu leggere il Capitale come una
favola che parla di noi, a patto che non lo si legga come una favola. Le
favole, cio, raccontano in allegoria, di solito, il momento del processo di
formazione del senso della vita. Hanno a loro oggetto la coscienza, a volte,
l'ideologia. Parlano del brutto, del crudele o dell'amore e della solitudine,
o ancora della morte e della lotta, del padre e della madre. Sono questi
temi della cos detta sovrastruttura. Essi non possono essere scritti inge
nuamente e direttamente nella parole della societ, perch cos facendo li
si presenterebbe come uguali ad essa; perdendo con questo il loro carat
tere relativo all'assoluto, per come esso dato e pensato nella nostra
attuale societ. Cos il linguaggio delle merci , fino a un certo punto, il
linguaggio della produzione delle merci, mentre gli argomenti che si sareb
bero detti spirituali usano di questo linguaggio come un'allegoria, per non
rimanergli appiattiti sopra. una strana inversione: non si racconta lo
spirito santo sotto la forma della luce e del pane - cos come allora - ma
lo spirito ad aver bisogno della luce e del pane. Il piano dell'allegoria

MODELLI INTERPRETATIVI

87

teologica ribaltato 92 : l il vero si esprime nell'ombra di una figurazione


- qui il falso che si smaschera nel corpo della produzione, poich esso
la falsa immagine creata e nascosta proprio da quella produzione che
dovrebbe esprimere. Fare la critica significa allora, forse, usare il linguag
gio dei rapporti di produzione come se fosse una favola dei rapporti so
ciali umani, ovvero non stabilire, perch non c', un primum tra desiderio
e bisogno, valore materiale e spirituale?
Lo spirito - scrive Adorno - indifferente alla distinzione tra sen
sualit e idealismo 95 . Le opere d'arte corrodono l'idea di spirituale fino
a quanto questo non assomigli a loro stesse, e con ci demoliscono lo
spirituale. Ma nella negazione determinata dello spirito esse restano tut
tavia legate a lui [...] esse non lo simulano ma la forza che rivolgono
contro di lui la sua stessa presenza 94 . Se interpretare significa portare
a coscienza soggettiva un processo oggettivamente avvenuto, e se la media
zione avviene tramite il desiderio, allora uno dei suoi passi la traduzione
del desiderio. Se la dialettica dell'interpretazione non potrebbe funzionare
senza il tempo, la cui assenza scioglierebbe la contraddizione tra esperien
za e sapere - senza desiderio, senza un'allegoria capitale del desiderio, di
un passato diverso e migliore, la dialettica dell'interpretazione sarebbe
altrettanto impotente e immobile, sia che falsifichi sia che critichi.

LINGUAGGIO E INTERPRETAZIONE
La mediazione che dobbiamo dunque ora indagare quella, davvero
costitutiva, tra desiderio e linguaggio o, detto altrimenti e in termini di
filogenesi, quella del rapporto tra desiderio e principio di realt; senza
scordare tuttavia che il principio di realt del quale stiamo parlando
interamente sociale, non certo psicologico-neutro. Naturale conseguenza
che quello strumento sociale della divisione del lavoro che il linguaggio
deve poterci condurre alla comprensione del modo con il quale fantasia,
desiderio e ricordo, entrino a far parte del processo interpretativo. Vedia
mo dunque di analizzare la sua forma principale e pi semplice: la critica
immanente. Scrive Adorno che:
92 Un esempio la gi citata analisi, e interpretazione in secolarizzazione, fatta da
C. Trcke in Gewalt und Tab, op. cit.
93 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 160.
94 Ibidem, p. 150.

50

CRITICA DEL NON VERO

il procedimento immanente [...] prende sul serio il principio secondo cui non
l'ideologia in se stessa non vera, bens la sua pretesa di corrispondere alla realt.
Fare la critica immanente delle configurazioni spirituali significa cogliere nell'ana
lisi della loro forma e del loro senso la contraddizione tra la loro idea obiettiva e
quella pretesa 95 .

questa una tra le pi semplici delle molte definizioni che Adorno


offre del metodo immanente. Esso veramente dialettico; si potrebbe dire
che aspetta, guardando la cosa, che essa esprima i suoi parametri per
confrontarla poi, successivamente, con questi. L'analisi immanente oggettiva e costituisce l'altra faccia del richiamo alla fantasia esatta, al desi
derio, alle lacune, e via dicendo. Scrive il Nostro, ad esempio, che quando
la coscienza della critica immanente si avvicina all'oggetto e ne rinviene
un'insufficienza, non la ascrive frettolosamente all'individuo e alla sua
psicologia [...] cerca invece di desumerla dall'inconciliabilit dei momenti
costituenti l'oggetto 96. In questa determinazione il concetto non va con
fuso con il concetto definitorio tradizionale, esso concetto forte, del
quale si pu predicare falsit o verit, secondo quanto spiegato da Adorno
a proposito del concetto di societ 97 , e deve essere costruito come costella
zione, con tutte le sue parti, ed in tale costruzione che si possono com
mettere errori.
Se questa la categoria di critica immanente, tuttavia neanch'essa
esente da perplessit, giacch:
per quanto fedelmente si possa seguire il principio della critica immanente, esso
non pu essere applicato in forma acritica l dove si erige a solo e unico criterio
la stessa immanenza logica, prescindendo da qualsiasi contenuto particolare. [...]
La critica immanente ha il proprio limite nel principio feticizzato della logica
immanente: anche questo deve essere chiamato per nome 98;

e in tutt'altro campo, nel paragrafo sull'opera d'arte come monade e l'ana


lisi immanente, si legge:

95 Th.W. Adorno, Prismi, cit., p. 19.


96 Ibidem, pp. 19-20.
97 Th.W. Adorno, Soziologische Schnften I, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a.M.
1972, ed. it. Scritti sociologici, trad. A.M. Solmi, Einaudi; Torino 1976, p. 5.
98 Th.W. Adorno, Die Positivismusstreit in der deutscken Soziologic, hrsg. von H.
Maus und F. Frstenberg, Einleitung, H. Luchterhand Verlag, Nuewied und Berlin
1969, ed. it. Dialettica e positivismo in sociologia, Introduzione, trad. A. M. Solmi,
Einaudi, Torino 1972, p. 10.

MODELLI INTERPRETATIVI

89

nondimeno all'analisi immanente associato l'autoinganno. [...] Il concetto deve


essere portato alla monade dall'esterno per aprirla dall'interno e di nuovo sgreto
larla; se esso pretendesse di essere attinto solo alla sostanza obbiettiva dell'opera
prenderebbe un bell'abbaglio. La costituzione [...] delle opere d'arte qua talis da
indicazioni che rimandano al di l di essa stessa. Se viene assolutizzata, l'analisi
immanente cade preda dell'ideologia. [...] Con una regolarit che indica un fatto
strutturale, le analisi immanenti, se il loro contatto con ci che ha ricevuto una
forma sufficientemente stretto, conducono a definizioni universali mentre speci
ficano all'estremo. [...] L'interazione di universale e particolare, che nelle opere
d'arte avviene inconsciamente e che l'estetica deve innalzare alla coscienza, ci
che veramente costringe ad una concezione dialettica dell'arte".

Il limite della critica immanente non dunque stabilito solo dal feti
cismo dell'immanenza logica, ma ha anche a che fare con il particolare
modo di penetrazione dell'universale nel particolare. Alla critica imma
nente spetta una parte fenomenologica la quale, tuttavia, facilmente si
lascia trasportare alla fenomenologia dell'immediato come se esso fosse
reale e non un posto del pensiero. Una tale ipostasi costituirebbe il suo
limite di validit. La critica immanente portata, per la sua natura, a fare
il pelo alla pretesa dell'ideologia di essere vera.
Funzionare all'infinito pu anche il terrore, ma il funzionare come fine a se stesso,
separato da ci per cui funziona, una contraddizione non meno di una qualsiasi
contraddizione logica. [...] Critica non significa solo decidere se le ipotesi proposte
possono essere dimostrate come esatte o come false: la critica penetra fino all'og
getto. Se i teoremi sono contraddittori, non detto che di questo debbano essere
sempre e necessariamente responsabili i teoremi lon.

Il limite della critica immanente sta allora nel fatto che non solo i
concetti, ma anche le cose possano essere false.
questo davvero un punto nevralgico delle interpretazioni adorniane. La critica deve essere capace di porsi tanto di fronte al testo quando
di fronte al reale, anzi, non manca il suo scopo solo quando compie con
temporaneamente entrambe le operazioni. Non si pu fingere tuttavia che
il reale sia categoria o realt priva di questioni. E la principale questa:
se la dialettica critica non ammette alcun originario, nemmeno tra idea e
realt, a partire da che cosa parla? A partire, risponde Adorno, dalla sua
forma, la forma-saggio, dove

Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 302, 302-04.


' Th.W. Adorno, Dialettica e positivismo in sociologia, cit., Introduzione, p. 37.

90

CRITICA DEL NON VERO

gioia e gioco sono per il saggio essenziali. Esso non prende le mosse da Adamo e
va, ma da ci che vuoi trattare; dice quanto gli viene in mente e finisce quando
si sente esso stesso esaurito e non quando esaurito l'oggetto: e cos si colloca tra
le quisquilie 101 .

Il saggio non prende per suo l'interesse della cosa, ma ha termine


quando si sente esso stesso esaurito e non quando esaurito l'oggetto.
La forma saggio non ben collocata n ben fondata. Il saggio, scrive
Adorno, una forma di interpretazione che rifiuta il problema della com
prensione di che cosa l'autore abbia voluto dire, che passa di importan
za di fronte alla obiettivazione di ci che l'autore ha effettivamente detto;
se non c' risultato interpretativo che al tempo stesso non sia proiezione
all'interno dell'opera, il criterio della riuscita la possibilit di concilia
re l'interpretazione con il testo e con se stessa, e la sua capacit di far
parlare tutti quanti i fattori che costituiscono l'oggetto 102 .
Ma cosa significa conciliare l'interpretazione con se stessa, e con la
necessit di esaurire tutti i fattori dell'oggetto? Il saggio, puntualizza
Adorno, non una forma d'arte, esso deve rispettare l'obbligo a espri
mersi per concetti, contratto non appena abbia usato concetti in una frase
o in un giudizio 103 ; e non pu, neppure il saggio, fidare ciecamente nel
linguaggio, nelle sue torsioni e tensioni, che altrimenti: l'ambiziosa tra
scendenza del linguaggio sul significato finisce in una vacuit di signifi
cato 104 . La trascendenza del linguaggio svela la trascendentalit sociale di
esso rispetto agli uomini, ma non rispetto alla societ. Anzich cercare il
primato in questa o in quello si dovrebbe, a detta di Adorno, riconoscerne
l'intreccio, la dialettica insomma. E in essa il fatto che il linguaggio appaia
trascendente alla coscienza dovrebbe esso stesso essere un motivo e un
oggetto di riflessione. Cosi come l'illuminismo deve criticarsi se vuole
sospendere almeno la ricaduta nel mito, allo stesso modo per il linguaggio
il tentativo di emancipare l'esposizione dalla ragion riflettente, il tenta
tivo cio di eliminare il carattere mitico e immaginifico del nominare dalla
vertigine dialettica:
il tentativo sempre gi disperato fatto dalla lingua, spingendo all'estremo la sua
intenzione determinatrice, di guarire dal negativo della sua intenzionalit, dalla

101 Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, p. 6.


102 Ibidem, p. 7.
103 Ibidem, p. 10.

104 Ibidem.

MODELLI INTERPRETATIVI

91

manipolazione concettuale degli oggetti, e di far venire avanti il reale in maniera


pura, non disturbato dalla violenza degli ordinamenti delle parole. [...] Nessuna
narrazione ha mai avuto parte alla verit senza aver guardato nell'abisso in cui
precipita il linguaggio che vorrebbe separarsi in nome e immagine 105 .

Adorno sta qui parlando della ingenuit epica, cio della speranza
che nella narrazione oggettiva, prelirica, degli avvenimenti si faccia avanti
il senso delle cose stesse. Solo la pretesa scientifica che il linguaggio debba
misurarsi su di una struttura strettamente scientifica, fatta cio di defini
zioni e stati di cose, allontana di tanto il nesso tra parola e cosa da farlo
scomparire nella interminabile catena interna dei rimandi. Adorno cerca
di tenere memoria di ci che propriamente gi non si lascia proprio pi
ricordare 106 , ovvero del fatto che anche il linguaggio intrattenne stretti
rapporti con la costituzione e dell'individuo e della societ; e che se en
trambi sono mediati dal linguaggio, e dunque a loro volta lo mediano
come sarebbe semplice mostrare, tuttavia non possono essere identificati
con esso. La fuga di pensieri in cui si configura il sacrificio del discorso,
la fuga della lingua dalla sua prigione e se nella poesia omerica si ha
l'autonomizzazione della metafora rispetto al significato:
l'immagine linguistica elaborata dimentica in parte il proprio significato per incor
porare nell'immagine la lingua stessa invece di rendere trasparente l'immagine.
[...] Non che i poemi epici fossero dettati da intenzione allegorica. Ma la potenza
della tendenza storica in lingua e contenuto in essi cos grande che nel corso del
processo fra soggettivit e mitologia gli uomini e le cose [...] si trasformano in
semplici luoghi. [...] l'obbiettivo capovolgimento della pura esposizione non
significante in allegoria della storia a diventar visibile 107 .

Il linguaggio parla di se stesso, si fa ricorsivo, nel tentativo di elimi


nare la propria mediazione. Ma l'esigenza della parola verginale, in se
stessa sociale 108, nella poesia lirica si promette una seconda immedia
tezza perduta la speranza nella prima, una [...] immediatezza: l'umano,
il linguaggio stesso, appare come se fosse ancora una volta la creazione,
mentre tutto ci che esterno si smorza nell'eco dell'anima 109 cos come
in quell'eco si irrigid un tempo il primo moto, di terrore per l'esterno,

105 Ibidem, p. 34.

106 Ibidem.

107 Ibidem, p. 36.


108 Ibidem, p. 49.
109 Ibidem, p. 51.

92

CRITICA DEL NON VERO

dell'anima. Ma tale tentativo sfrutta per riuscire la radice della propria


smentita: il carattere della lingua, infatti:
la lingua essa stessa qualcosa di doppio. Con le sue configurazioni essa si impone
totalmente ai moti soggettivi; anzi manca poco dal poter pensare che essa in
generale a portarli a maturazione. D'altra parte essa rimane il medium dei concetti,
ci che produce l'ineluttabile rapporto con l'universale e con la societ. Le pro
duzioni liriche supreme sono perci quelle nelle quali il soggetto risuona nella
lingua [...] finch il linguaggio stesso si lascia udire [...] in tal modo il linguaggio
media intimamente lirica e societ 110. [...] D'altra parte per il linguaggio non va
assolutizzato. [...] L'attimo dell'autocancellazione, nel quale il soggetto si cala e
annulla nella lingua, non un suo sacrificarsi all'essere 111 ;

anzi giacch il soggetto storico e dovrebbe poter essere cosciente della


propria azione nella storia, il fatto che esso come soggettivit individuale
debba per un istante scomparire nella storia semmai:
un attimo di conciliazione: la lingua parla direttamente soltanto se non parla come
qualcosa di esterno al soggetto bens come voce [che dovrebbe essere] propria di
quest'ultimo, ovvero nella poesia lirica, mediante l'identificazione col linguaggio,
il soggetto nega tanto la sua semplice contraddizione monadologica nei confronti
della societ quanto il suo semplice funzionare all'interno della societ 112 .

Anche nella Teora estetica si trova l'affermazione che l'esperienza del


soggetto sia l'immagine collettiva che si aggiunge alla legge formale del
l'opera d'arte. Si pu ora comprendere come il carattere collettivo, quello
110 Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, p. 53.
111 per quanto questi temi inducano a farlo, non si esaminer qui la querelle tra
Adorno e Heidegger. Per un tentativo - invero forse un poco troppo conciliante e
psicologico - di dare ragione del contrapporsi violento del primo al secondo, cfr. H.
Mrchen, Macht una Herrschaft im Denken von Heidegger und Adorno, Klett-Cotta,
Stuttgart 1980, Adorno und Heidegger, Klett-Cotta Verlag, Stuttgart 1981. L'autore si
impegna in un certosino lavoro di ricerca filologica di tutte le citazioni, implicite e
esplicite, di Heidegger nell'opera di Adorno, per concludere che: a) Adorno citava
Heidegger in maniera capziosa; b) l'accanirsi di Adorno verso Heidegger risulterebbe
sospetto; e) entrambi sarebbero pensatori della tecnica; d) la scuola heideggeriana
dovrebbe tuttavia prendere sul serio le critiche adorniane, sostanzialmente di apologe
tica indiretta. Mrchen inoltre si prende la briga di ricostruire i rapporti, periodizzando
cinque fasi, l'ultima della quali (1967-69) vedrebbe un tendenziale affievolirsi dei motivi
polemici di Adorno. Il segreto impulso della critica di Adorno starebbe in una altret
tanto segreta affinit, rimossa dal francofortese, perch sia la dialettica critica sia la
domanda sull'essere deriverebbero da una radice hegeliana. L'unione tra i due si do
vrebbe poter scorgere nella sfiducia nella ragione e nel loro antiumanesimo.
112 Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, p. 54.

MODELLI INTERPRETATIVI

93

linguistico e quello di enigma, siano determinazioni che non posano ferme


e indifferenti, ma ognuna la soluzione delle tensioni dell'altra o, per
esprimerci come Adorno, ognuna risolve il carattere di enigma dell'altra
per diventare essa stessa, in nuova configurazione, enigma del vero. Tutte
le opere d'arte [...] sono enigmi, [esse] ripropongono il carattere di enig
ma sotto l'aspetto della lingua 113 ; e Adorno spiega:
del carattere enigmatico dell'arte pu accertarsi in modo elementare il cos detto
mancante di orecchio che non capisce il linguaggio della musica, percepisce solo
guazzabugli e si chiede meravigliato che cosa mai questi rumori debbano signifi
care; la differenza tra quel che ode lui e ci che ode il musicista, identifica la zona
del carattere di enigma 114 .

La differenza tra chi non capisce il linguaggio e chi lo capisce, ovvero


per lo meno sa che un linguaggio, definisce la possibilit di porre una
frase del linguaggio come problema ermeneutico. Infatti di fronte al
carattere enigmatico lo stesso capire una categoria problematica 115 . Se
in Die Aktualitdt der Phtlosophie avevamo trovata espressa la convinzione
che comprendere volesse dire togliere di mezzo il carattere di enigma, di
modo che l'enigma e la soluzione non potessero stare tranquillamente uno
accanto all'altra, qui Adorno scrive ugualmente che l'enigma non riso
lubile, solo la sua conformazione decifrabile e proprio questo tocca alla
filosofia. [...] Tuttavia il carattere di enigma non estinto dal capire. [...]
[Nelle opere d'arte] sciogliere l'enigma equivale a dare la ragione della sua
insolubilit 116. E ancora: come negli enigmi [anche nelle opere d'arte]
la risposta viene taciuta e estorta con la struttura. A ci serve la logica
immanente 117 - quella della legge formale a cui le opere si sottopongono
per poter essere pi di imitazione e meno di realt. Citando l'opera di
Klee, conclude l'autore che:
tutte le opere d'arte sono scritture (criture] [...], geroglifizzanti, per le quali il
codice and perduto ed a costituire il contenuto delle quali contribuisce non da
ultimo quella mancanza. Solo in quanto scrittura le opere d'arte sono linguistiche.
[...] Ma la risposta taciuta e determinata delle opere d'arte non si manifesta ali'in terpretazione d'un colpo, come nuova immediatzza, bens solo passando attraver-

Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 204.


Ibidem, traduzione da me parzialmente mutata.
Ibidem, p. 206.
Ibidem, p. 207.
Ibidem, p. 211.

94

CRITICA DEL NON VERO

so tutte le mediazioni. [...] Il carattere di enigma sopravvive all'interpretazione che


ottiene la risposta 118 .

La differenza rispetto alla metafora dell'enigma degli anni '30 consi


ste dunque in questo: il carattere di realt-che-domanda non viene dissolto
dalla risposta data dall'interpretazione; poich il codice and perduto,
rimane la forma linguistica, la struttura entro la quale si forma la doman
da, e che solo l'interpretazione filosofica, quella che non prende nulla per
immediato e tutto sul serio, riesce a portare alla luce. una differenza
portata da un aumento, per dir cosi, della consapevolezza linguistica; ,
insomma, la mediazione tra struttura linguistica e oggetti, insieme alla
sicurezza che la forma non esaurisca la sostanza della cosa, che richiede
l'interpretazione, e non pi solo l'ontologia del rapporto tra storia e na
tura. Mentre il carattere di domanda appartiene alla mediazione tra singo
larit e universalit, la loro costellazione non a portata di mano, n un
possesso che possa essere esibito, moneta sonante. La sua esistenza, la
legge della forma alla quale si vorrebbe ridurre la cosa, perduta nel senso
che divenuta una costrizione formale perch introiettata nella ratto, sia
in generale, sia in quella affatto particolare dell'opera d'arte. L'ambiguo
intreccio dell'ente incontrato all'inizio della parabola filosofica di Ador
no, ritorna in questo che l'ultimo scritto del filosofo, a chiarire che cosa
sia mai l'enigma: enigmatico infatti che un ambiguo intreccio possa non
di meno essere univoco e come tale venir capito 119.
Il paradigma di colui che si pone l'ente, la cosa, l'opera o il pensiero,
come problema, il modello della filosofia, per Adorno quello dell'esecu
tore:
la facolt mimetica si manifesta nella prassi della rappresentazione artistica quale
imitazione della curva di movimento del rappresentato; tale imitazione la quin
tessenza della comprensione al di qua del carattere di enigma 120 .

Non luogo questo per intervenire sull'esecuzione come comprensio


ne mimetica, secondo il suggerimento della Rose 121 . Tuttavia ritorna la

118 Ibidem, traduzione da me in parte alterata e spaziature mie.


119 Ibidem, p. 212. Spaziatura mia.

120 Ibidem.

121 Cfr. Gillian Rose, The melancholy science. An introduction to th tought of


Theodor W. Adorno, The MacMillan Press, London 1978. Il testo estremamente
insolito, tanto quanto interessante. Nella prefazione Rose chiarisce il suo intento: Io

MODELLI INTERPRETATIVI

95

praxis, che nel saggio sull'attualit della filosofia era la soluzione del carat
tere di enigma. Anche adesso si tratta di eseguire sul serio, in qualche
modo di riassumere e conservare tutti i caratteri evolutivi, i mille intrec
ci del testo, perch solo nel movimento di questo e della sua storia, il
problema un problema. Ma il guaio viene proprio dal fatto che il lin
guaggio, modello di struttura di forze come l'opera d'arte, un medium
due volte mediato, dal mediato e dall'altro. Nulla pi, semmai lo sia
stato, mosso in una dialettica diadica. Questa sarebbe, per esprimerci
poeticamente, possibile solo nel paradiso terrestre, dove nessun terrore
costrinse alcunch a esprimersi nella forma della rimozione a forma. Ma

ragiono che i testi di Adorno debbano essere letti da un punto di vista metodologico
con una particolare attenzione agli strumenti stilistici (p. 10). Il tutto sembra corri
spondere benissimo a quanto lo stesso Adorno afferma essere il compito dell'arte, da
cui non si sent mai fratto, cio quello di assumere tutte le questioni di contenuto come
se fossero questioni di stile. La Rose prosegue: i suoi testi potrebbero senz'altro essere
descritti come anti-testi, come di fatto egli descrisse quelli hegeliani (p. 21), e passa
ad analizzare alcune figure tipiche dello stile adorniano, ricollegandole volta per volta
a specifici contenuti e intenti, fra queste: la costruzione passiva (p. 12), il chiasme (p.
13). Segue l'analisi degli intenti che soggiacciono a tali figure formali: la differenza tra
espressione e comunicazione (p. 15), i rimandi mitici (p. 15), l'ironia (p. 16), l'inversio
ne (p. 17). Per la tradizione dell'ironia Adorno viene accostato a Nietzsche, al punto
che la Rose sostiene essere quella di Adorno una lettura nietzscheana di Hegel, con in
pi la discoperta del carattere metafisico delle stesse conclusioni di Nietzsche. Quindi
(p. 23) un'interessante terminologia - necessary illusion - descrive il passaggio dal
nichilismo al marxismo, dove il termine illusion usato dalla Rose per rendere l'idea
che si tratti di superare la gabbia del solipsismo empirista. Saltiamo alcune dense parti
di ricostruzione storica e teoretica del lavoro di Adorno, per approdare al rapporto con
Lukcs; cosi si esprime la Rose al termine del capitolo: il criterio lukacsiano per la
distruzione della ragione per Adorno paradigma della possibilit stessa d'esistenza
della cultura, intendendo con questo il valore formale ineliminabile che Adorno repe
risce come istinto critico della cultura. A pag. 124 si trova una delle rarissime citazioni
del tema della parodia in Adorno; questione davvero centrale per una teoria dell'interpetazione dialettica. Purtroppo la Rose si sofferma su di essa solo per contrappore la
preferenza lukcsiana per il realismo contro quella adorniana per la parodia formale.
Ancora pi oltre (pp. 139 e sgg.) la Rose riconosce come nel pensiero di Adorno: il
significato delle categorie concettuali una propriet della struttura sociale. [...] La
produzione di senso quindi opposta alla sua comunicazione (illusione); in questo
caso, significato e illusione sono contrapposti. Ad ogni modo, pi generalmente, il
significato identificato con il modo illusorio nel quale la struttura sociale appare
essere intelligibile o meno. Dato questo, la Rose sostiene essere le forme il terminus
ad quem della ricerca adorniana, in quanto in esse oscurato il significato nel contesto
sociale del tardo capitalismo; e per tanto tale ricerca va effettuata, data l'espulsione
delle forme significanti nella produzione, tra le maglie dei resti non produttivi. Da qui
la micrologia adorniana. Essa tenderebbe a ricostruire quello shock d'esperienza che
solo rende accettabile la struttura paratatticca della critica della dialettica negativa.

96

CRITICA DEL NON VERO

l'illuminismo ha davvero scacciato Dio dal paradiso. L'uomo al suo posto


non pu farsi garante. Cartesio aveva perfettamente ragione, nonostante i
rimproveri di poca astuzia filosofica, a sostenere che solo Dio pu garan
tire il passaggio dal pensiero alla cosa. Eliminato l'ontologico, l'assoluto
vero immutato, resta solo la vertigine, che quella nietzscheana ina anche
quella che Adorno afferma essere il carattere distintivo, e quasi stretta di
riconoscimento, tra dialettica e coscienza. Nessuna delle due pu arrestar
si a se stessa. Cos il carattere linguistico, inconscio e collettivo delle opere
d'arte lo rincontriamo adesso per riconoscerei il volto dell'utopia del lin
guaggio: il carattere linguistico dell'arte porta a riflettere su che cosa parli
dell'arte; ci che parla propriamente il suo soggetto mentre non lo sono
n chi la produce n chi la recepisce, e segue l'esempio:
l'Io grammaticale della poesia posto solo da quello che parla latentemente attra
verso la creazione artistica. [...] l'Io obbiettivamente immanente alla sostanza
dell'opera, si costituisce nella creazione artistica, attraverso l'atto del linguaggio di
questa. [...] La forza di tale alienazione dell'io privato alla sostanza dell'opera
data dall'essenza collettiva in esso accumulata; essenza che costituisce il carattere
linguistico delle opere. [In esse] parla un noi e non un io. [...] Questo noi fa
entrare il proprio aspetto letterale, si cambia in impulso immanente e tuttavia
conserva il carattere parlante. Le poesie [...] hanno riferimento ad un noi; per
amore della propria linguisticit devono darsi da fare per liberarsi della linguisticit a loro esterna;

secondo il processo di interiorizzazione della forma a contenuto proprio,


e questo processo proprio anche delle altre arti, come quella figurativa:
il suo noi senz'altro il sensorium al suo livello storico, fino a che esso rompe,
in virt della compiuta formazione del suo linguaggio formale, la relazione con una
mutata oggettivit 122 .

Questa possibilit di rottura, vedremo, coincide con le possibilit


dell'interpretazione. Essa andrebbe condotta dal punto di vista di un sog
getto che non esiste ancora, e perci non pu essere isolata da una parte
di impulso e desiderio e elaborazione dell'esperienza, ma anzi tenuta ad
anticipare tutta quanta una societ non esistente ed il suo non esistente
soggetto 123 . Il carattere di enigma viene eliminato, come sostenuto nel

122 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 281-83.


123 Ibidem, p. 283.

MODELLI INTERPRETATIVI

97

millenovecento e trentuno, poich viene, dalla risposta, eliminata la par


venza del soggetto e l'ideologia della sua naturalit e il corollario della
trascendentalit delle strutture entro le quali si trova a vivere, o ancora
meglio: il piglio filosofico che rende immortale e immutabile, nuovo Dio
senza volto, ogni trascendentale. Ma al contempo il carattere di enigma si
conserva perch il soggetto a nome del quale si parla non esiste affatto, e
il suo desiderio non pu far le veci. Una societ accecata non pu soste
nere la forma del soggetto, n pu volerla.

FREUD E KAFKA
Perch Freud e Kafka? Intanto perch la dialettica negativa, peculiar
mente, essendo negazione oltre che della sociale anche della propria tota
lit, trova espressione teoretica solo per modelli. Ma in secondo luogo per
vedere all'opera, in una interpretazione effettiva, due soluzioni del rappor
to tra soggetto e oggetto che Adorno consider paradigmatiche. Queste
soluzioni costituiranno, per noi non solo un momentaneo punto fermo
sulla questione, ma anche una guida per affrontare, nel seguente capitolo
quarto, gli snodi centrali della mediazione soggetto/oggetto per la formu
lazione che in essa ricevono le questione di una interpretazione filosofica.
Adorno sarebbe probabilmente il pi radicale degli ermeneuti, se
dovessimo prendere a metro di giudizio il riconoscimento della determi
nazione del contesto sul testo: non c' pensiero che sia immune dalla sua
comunicazione, e basta formularlo nella falsa sede e in un senso equivocabile per minare la sua verit124 . Forse questa la spiegazione dello
strano rapporto di Adorno con Freud, che tra l'altro rassomiglia, curiosa
mente, a quello con Marx. A entrambi Adorno non ha dedicato che pa
gine occasionali, notazioni e aforismi, eppure non c' alcun dubbio che
essi siano due colonne portanti del pensiero dell'autore francofortense.
Aveva scritto Adorno che nella psicoanalisi non c' nient'altro di
vero che le sue esagerazioni 125 , e questa frase gli era stata pi volte rim
proverata. N altrove il rapporto con Freud pi sereno.
L'illuminismo non illuminato di Freud porta acqua al mulino dello scetticismo
borghese. Tardo nemico dell'ipocrisia, egli sta a met strada tra la volont di
Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 17.
Ibidem, p. 47.

98

CRITICA DEL NON VERO

un'aperta emancipazione degli oppressi, e l'apologi dell'aperta oppressione. La


ragione per lui una semplice sovrastruttura, e non tanto [...] per via del suo
psicologismo [...] quanto piuttosto perch rigetta lo scopo, senza significato e
senza ragione, solo in funzione e in vista del quale la ragione potrebbe dimostrarsi
razionale: il piacere. Se quest'ultimo svalutato e incluso tra gli espedienti della
conservazione della specie, e risolto cos, in qualche modo, in ragione astuta [...]
la ratio scade di colpo a razionalizzazione. La verit affidata alla relativit e gli
uomini al potere. Solo chi riuscisse a definire l'utopia nel cieco piacere fisico, che
non ha intenzione e anzi la placa, sarebbe in possesso di un'idea stabile e certa
della verit. Ma nell'opera di Freud si riproduce, contro la volont dell'autore, la
duplice ostilit contro il piacere e contro lo spirito, di cui la psicoanalisi ha sco
perto la comune radice. [...] ... quel non so che di vacuo e di meccanico che si
osserva in molti di coloro che sono stati sottoposti con successo all'analisi, non va
attribuito solo alla malattia, ma anche alla guarigione, che spezza ci che libera 126 .

questa probabilmente una delle pi semplici e cattive prese di


posizione verso Freud. Eppure i Minima moralia sono senz'altro, nel senso
letterale del termine, un testo (anche) di psicoanalisi freudiana. Moltissime
delle categorie che Adorno impiega per descrivere l'alienazione e la sua
storia, introiezione, identificazione, rimozione, sublimazione, dialettica
dell'istinto, etc., sono nella loro forza costitutiva freudiane. Ancora, i passi
che abbiamo gi utilizzato, sulla funzione di forza che le lacune, del testo
e dei pensieri, esercitano sul testo e sui pensieri, sono suggestioni psico
analitiche. L'impianto stesso dell'attacco a Freud, decisamente freudia
no. E allora?
Adorno pare voler separare la potenza critica e categoriale della psi
coanalisi dalla metodologia terapeutica, accusando questa seconda di aver
sottobanco introdotto delle finalit, bloccate, o meglio apologetiche, con
trarie o per lo meno estranee alla psicoanalisi.
Il celebre transfert, indispensabile alla terapia, e la cui risoluzione costituisce - non
per nulla - il punto cruciale dell'analisi, la situazione artificiale in cui il soggetto
operer - infaustamente e volontariamente - quell'annullamento di se stesso che
un tempo era prodotto, con felice spontaneit, dalla devozione e dall'affetto, gi
lo schema della condotta riflessa che, in forma di marcia agli ordini del capo,
liquida, insieme allo spirito, anche gli analisti che lo hanno tradito 12 '.

126 Ovviamente non si potr qui fare disamina della correttezza della ricezione
adorniana di Freud. Per quanto possa essere interessante capire quanto Adorno lo
conoscesse davvero, qui ci riguarda solo quanto egli crede di pensare in riferimento al
fondatore della psicoanalisi...
127 Ibidem, pp. 62-63.

MODELLI INTERPRETATIVI

99

Se il rigore, per Adorno, risiede nella autoriflessivit, ovvero nell'applicare a se stessi le proprie categorie, allora si tratta di far psicoanalisi
anche alla psicoanalisi, giacch essa , come tutti i pensieri, fondata sul
desiderio. I fatti incontrovertibili - crinale tra capacit euristica e dogma
tismo - sono, se util2zati come dati di fatto immediati, anch'essi una
proiezione e una paura. La psicoanalisi, come tutto il sapere, allora,
secondo Adorno formato da Freud, una formazione di compensazione,
spostamento e rimozione del terrore. La natura che essa scopre dipen
dente dalla natura delle categorie che impiega - altro semplice principio
ermeneutico - e quindi essa non scopre affatto la natura, perch non
affatto naturali sono le sue categorie; una certa mimesi con il modo col
quale le scienze fisiche e matematiche concepiscono se stesse anzich raf
forzare la psicoanalisi, le precluderebbe al contrario la possibilit di pene
trare in quella concezione, e non potendovi penetrare - seguendo le regole
che essa stessa ha scoperto - le introietta: poich anche le pi remote
oggettivazioni del pensiero traggono alimento dagli impulsi, il pensiero,
distruggendoli, distrugge la condizione di se stesso 128 . Ma c' anche
dell'altro. Secondo Adorno, il pensiero psicoanalitico prende per buone
non solo categorie ma anche giudizi borghesi, che significa di quella bor
ghesia europea del primo ventennio del Novecento 12q . Un esempio di ci
lo troviamo, per restare ai Minima moralia, nell'aforisma: Invito alla
danza. Lo schema della felicit , a detta di Adorno, elaborato sul com
plesso edipico. Lo psicoanalista affermer: un complesso edipico irrisol
to. Adorno si domanda, e allora? Il fatto che il progetto illuministico di
giungere finalmente a una societ dove le contraddizioni non siano sempre
le medesime, sia costruito dal fragile Io, utilizzando un ricordo che
probabilmente acquista molta della sua forza da un fantasma di felicit che
non mai esistita, non sminuisce affatto il valore del desiderio.
Come per molti altri pensatori borghesi, anche di Freud, Adorno
sostiene che fosse un radicale, giunto al limite possibile. Il problema ulti
mo quello della identificazione: Freud si sarebbe arrestato prima di
riconoscere l'influsso di entrambe le nature, non solo quella interna e
esterna, ma anche e soprattutto quella sociale. Adorno accetta e fa sua
128 Ibidem, p. 141.
129 Questa storicit per Adorno legata a quella dell'individuo e non semplice
mente a un problema di prospettiva; in modo non dissimile la pensava Marcuse, cfr.
H. Marcuse, Dae Veralten der Psychoanalyse. Versione tedesca di A. Schmidt della
conferenza Obsolescence of Psuchoanamysis, tenuta a New York nel 1963, ora in H.
Marcuse, Cultura e societ, Einaudi, Torino 1969, pp. 223-242.

100

CRITICA DEL NON VERO

l'idea secondo la quale la forma razionale che si apprende per sopravvive


re, resti poi a determinare il visibile e l'invisibile del mondo. Ma integra
la natura e l'eredit ben oltre l'inconscio individuale. L'individuo moder
no ancora pi sociale: comprende la storia della razionalit, la sua genesi
difensiva - e tuttavia l'origine non il senso, n lo scopo, n tanto meno
stabilisce il rango di una cosa. La manifestazione non identica alla causa,
non semplice effetto di essa:
l'espressione nega la realt, mettendole davanti ci che non le somiglia, ma non la
rinnega; e guarda in faccia il conflitto, che risulta ciecamente nel sintomo. Ci
che l'espressione ha in comune con la rimozione, che in essa l'impulso bloccato
dalla realt. A quell'impulso, e a tutto il complesso di esperienza a cui appartiene,
resta vietata la comunicazione immediata con l'oggetto. Come espressione, esso
perviene alla manifestazione non deformata di se stesso, e per ci anche della
resistenza, in una sorta di mimesi sensibile 130.

La mimesi sensibile , era nella Teoria estetica, il modello originario


dell'interpretazione e comprensione. Si deve quindi, a questo punto, pro
porre la mimesi e il ricordo come funzioni dell'interpretazione, e rimprove
rare a Freud, o ai suoi seguaci, di aver un'ennesima volta confuso l'origine
con la verit, l'inconscio con la verit? Di aver confuso la secondariet del
pensiero razionale con un buon motivo per sostenere il rafforzamento delle
difese erette dal principio di realt? L'aporia, scrive Adorno:
rimanda alla psicoanalisi in quanto tale. Da un lato essa considera la libido come
la vera realt psichica, la soddisfazione come positiva e il rifiuto come negativo,
perch porta alla malattia. Ma d'altro lato essa accetta la civilt, che determina
coattivamente il rifiuto, con un atteggiamento che se non addirittura acritico
tuttavia rassegnato. In nome del principio di realt essa giustifica i sacrifici psichici
dell'individuo, senza sottoporre lo stesso principio della realt a un esame razio
nale 131 .

Se in questo Freud in immenso vantaggio rispetto ai suoi avversar!


revisionisti:
la grandezza di Freud, come di tutti i pensatori borghesi radicali, consiste nel fatto
che egli lascia queste contraddizioni irrisolte, e disdegna di pretendere un'armonia
sistematica dove la cosa stessa internamente lacerata 132
Ibidem, p. 258.

Th.W. Adorno, Scritti sociologici, cit., p. 32.


Ibidem, pp. pp. 32-33.

MODELLI INTERPRETATIVI

101

tuttavia il rimprovero a Freud rimane; egli non avrebbe considerato come


la societ possa, senza essere ridotta a dimensione antropologica, entrare
a far parte violentemente del patrimonio gestito dalla mente. Le introiezio
ni, insomma, sono tanto contenutistiche quanto formali, nel senso che
quel che viene introiettato come forma semplicemente un contenuto che
le generazioni precedenti hanno internalizzato e rimosso come tale, e si
sono protette assumendo la forma di elaborazione del dato pi consona.
Ma dato che questa consonanza si scontra da un lato con i bisogni originari dell'uomo e dall'altro con le esigenze, altrettanto rigorose, di soprav
vivenza in questa societ, in molti casi stato necessario nascondere quel
che si era imparato.
L'Io assume consapevolmente al proprio servizio, come propria attrezzatura, l'uo
mo intero. Nel corso di questa ristrutturazione radicale l'Io come direttore della
produzione cede tanto di s all'io come strumento della produzione, da ridursi a
un astratto punto di riferimento: l'autoconservazione perde il suo s. Le qualit
[...] non fanno pi parte del soggetto, ma il soggetto si rivolge ad esse come al
proprio oggetto interno. Nella loro sconfinata docilit all'io, si sono estraniate da
esso; totalmente passive, cessano di alimentarlo. Questa la patogenesi sociale
della schizofrenia. La separazione delle qualit dal fondo istintivo come dal s che
le comanda, dove prima le teneva semplicemente insieme, fa che l'uomo paghi la
sua crescente organizzazione interna con una crescente disintegrazione 153 .

Dunque nelle funzioni dell'Io, la contraddizione della ratio assorbita


insieme alla morale viene pagata con la scissione dell'elemento che fu
unificante. Ancora nello scritto a difesa di Freud contro la Horney, Ador
no dichiara di credere in una duplicazione, per dir cos, della vecchia
triade freudiana tra Io, Es, e Superlo. L'Io, originariamente al servizio del
principio di realt, deve ora accettare di far le veci della realt sociale. Ma
questa, come insieme di norme e proibizioni, oggettivamente guardata e
rappresentata dalle istanze del Superlo. L'Io cos costretto a cedere una
parte del suo territorio a un giudice severo e punitivo, che confonde
principi morali e principio di realt. Disubbidire ai giudici sociali sentito
come un male, e esige una punizione. L'analisi o rinuncia all'adattamento,
oppure si trova nella sgradevole situazione di instaurare una nuova allean
za, non pi con l'Io, ma col rappresentante del principio sociale di realt:
il Superlo. Il bene e il vero, in una parodia della filosofia platonica, tor
nano ad essere la stessa cosa, ma in una realt che l'indice del falso, per
" 3 Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., pp. 280-81.

102

CRITICA DEL NON VERO

voler restare in termini rigorosamente freudiani, una realt che il risul


tato di una rimozione di cui da lungo morto il soggetto ma rimasto il
motivo. Cos:
il Superlo, l'istanza della coscienza, non mette solo davanti agli occhi del singolo
ci che socialmente vietato come se fosse il male in s, ma fonde irrazionalmente
l'antica paura della distruzione fisica con quella molto pi recen