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FILARETEONLINE
PubblicazionidellaFacoltdiLettereeFilosofia
EZIOPARTESANA
Criticadelnonvero.Peruna
teoriadellinterpretazionein
Th.W.Adorno
Firenze,LaNuovaItalia,1997
(PubblicazionidellaFacoltdiLettereeFilosofiadellUniversit
degliStudidiMilano,171)
QuestoperasoggettaallalicenzaCreativeCommonsAttribuzione
Noncommerciale Nonoperederivate2.5Italia (CC BYNCND
2.5).Questosignificachepossibileriprodurlaodistribuirlaacondizio
neche
la paternit dellopera sia attribuita nei modi indicati dallautore o da
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licenza Creative Commons Italia (CC BYNCND 2.5) allindirizzo
http://creativecommons.org/licenses/byncnd/2.5/it/legalcode.
Nota.Ognivoltachequestoperausataodistribuita,cideveesserefat
tosecondoiterminidiquestalicenza, chedeveessereindicataesplicita
mente.
PUBBLICAZIONI
DELLA FACOLT DI LETTERE E FILOSOFIA
DELL'UNIVERSIT DEGLI STUDI DI MILANO
CLXXI
SEZIONE DI FILOSOFIA
25
EZIO PARTESANA
Partesana, Ezio
Critica del non vero :
Per una teoria dell'interpretazione in Th.W. Adorno. (Pubblicazioni della Facolt di lettere
e filosofia dell'Universit degli Studi di Milano ; 171.
Sezione di Filosofia ; 25). -
ISBN 88-221-1891-X
I. Tit.
1. Ermeneutica - Teorie di Theodor Wiesengrund Adorno
121.68
INDICE
Prefazione
p.
17
24
35
35
43
50
61
II passaggio dialettico
Linguaggio e interpretazione
Freud e Kafka
77
87
97
113
118
136
148
155
161
161
174
181
190
202
215
INDICE
BIBLIOGRAFIA GENERALE
Parte prima: opere e saggi di Th.W. Adorno, secondo la data
di pubblicazione in Italia
Parte seconda: edizione tedesca delle opere complete
di Th.W. Adorno
Parte terza: bibliografia critica
Parte quarta: emeroteca
Parte quinta: altri testi
p. 226
226
227
228
231
233
PREFAZIONE
PREFAZIONE
extra-concettuali, essa deve, quale che sia l'oggetto a cui si applica, ottem
perare a due obblighi incompatibili: comprendere il non-identico-da-lei e
insieme di ricondurlo, in un qualche modo, all'identit con se stessa.
Questa precariet del procedere filosofico, che non ha da nessuna parte
un punto di appoggio fermo, e continuamente viene rimandato dalla lo
gica dei concetti al non-concettuale e viceversa, fa tuttavia s che compren
dere filosoficamente non significhi solo ricostruire l'oggetto, ma in pari
tempo ridislocare s in base ad esso. Dall'imbarazzante scelta tra affidarsi
all'immediatezza e richiudersi nell'autonomia delle proprie categorie, in
fatti, la filosofia esce grazie al fatto che n i suoi concetti n i suoi
oggetti sono esseri ontologici bens - come riportato nell'incipit a questa
prefazione - rapporti elaborati e assunti da categorie immanenti alla socie
t. Allora il pensiero, che mediazione e non rispecchiamento di ci su
cui si esercita, ha il dovere di porsi continuamente di fronte se stesso,
compiendo quell'operazione interpretativa fondamentale che consiste nell'afferrare le proprie categorie nel concreto della relazione dialettica che
esse intrattengono con l'altro da s, e non nel ciclo tranquillo dell'iperuranio. Detto altrimenti: poich non le possibile l'immediatezza - n qui
troverebbe alcunch - la interpretazione filosofica parte dal mediato, da
quel quel che viene per secondo', e la mediazione stessa le diviene essenzia
le. Cos anche riflessione sulla filosofia non pu che essere percorsa obli
quamente, essendole interdetti sia l'abbandonarsi al puro ordine dei con
cetti, sia l'accettazione incondizionata dell'immediato positivo.
Tutto questo comporta che il confronto tra le categorie adorniane e
quelle ermeneutiche, poich in quanto tali esse sono mediazioni e non
essenze eterne n mera matter offacts, sia tanto pi vicino all'essenziale
quanto pi venga condotto in dirczione del rapporto che esse costituisco
no in quanto interpretazioni ed espressioni della realt. Ovvero tale con
fronto deve essere per un lato critica dell'ideologia e per l'altro aggiorna
mento della teoria. E le due cose, processualmente, coincidono. Non si
tratta di capire perch a certi periodi corrispondano certe Weltanschauungen filosofiche, quanto di sapere quali strumenti intellettuali siano in gra
do di comprendere la realt - e se stessi come parti di quella - e quali no.
Un non filosofo direbbe: sapere chi ha torto.
Ma non certo attraverso un confronto tra idee e realt, comunque,
che pu essere formato un simile giudizio; non c' un grado di rispecchia
mento da quantificare. Un progetto di ricerca quale quello qui delineato
eminentemente anti-nominalista. Nel senso che la resistenza che gli
universali, quelli ermeneutici come quelli impiegati dalla dialettica ador-
niana, manifestano alla loro totale sussunzione sotto un processo induttivo-deduttivo irriducibile a questioni definitorie di chiarezza e distinzio
ne. Limitarsi a prendere categorie chiave della tradizione ermeneutica quali ad esempio quelle di circolo, precomprensione, orizzonte, ricezione,
etc. -, mostrare se ad esse corrisponda o meno la realt, e quindi cer
carne una versione dialettica negli scritti di Adorno, sarebbe come credere
di poter guarire da una malattia stilando l'elenco dei malanni che non si
hanno, oppure convincendosi di averne una comoda e ben curabile al
posto di quella che realmente si ha. Chiariamo quindi che non si tratta per
nulla di compiere l'artificio dello stiracchiare i testi e i modi del pensiero
adorniano fino a che questi non confessino - sottoposti a simile tortura d'essere anch'essi inconsciamente iscritti nella grande madre della tradi
zione ermeneutica; cos facendo si mancherebbe di rispetto tanto agli uni
quanto all'altra. E d'altronde, ricondurre Adorno e l'ermeneutica ad una
comune radice di critica del razionalismo, per esempio, significherebbe
trattare intenti e categorie filosofiche come meri sintomi a partire dai quali
si possa risalire indietro ad una loro autentica causa, sociale, psicologica
o filosofica che sia. Al contrario, la loro mediatezza, o secondariet, s
sedimentata dal momento sociale, ma come per negativo, senza che sia
possibile una rappresentazione immediata della mediazione. Il modo in
cui il pensiero domina l'essere dopo esserne stato determinato non pu
semplicemente essere tolto per ritrovare l'essenza di quella determinazio
ne; allo stesso modo il confronto tra Adorno e l'ermeneutica non pu e non deve - giungere a delle Verit antecedenti entrambi. Porre alla
filosofia dialettica negativa le questioni dell'ermeneutica - affermando al
contempo che questo comporti, almeno implicitamente, la comprensione
del momento sociale di entrambe - non vuoi dire diminuire l'opposizione
che esiste tra le due, ma piuttosto mostrare come la dialettica sia in grado
di formulare al proprio interno domande e risposte sul medesimo ordine
di problemi, conferendo loro un aspetto diverso.
Questo far questione di se stessa che la filosofia porta avanti non
un momento di secondaria importanza. In esso presente anche il sospet
to legittimo sul significato stesso del lavorio filosofico. Non che il dimo
strare che la dialettica negativa sia all'altezza dei temi ermeneutici possa
giustificare la sua esistenza, ma se vero che la filosofia il proprio
tempo appreso per concetti, e non essendoci dubbio che il nostro tempo
si apprenda per una gran parte per concetti ermeneutici, allora presentare
una teoria dialettica dell'interpretazione, significa dimostrare che la dialetti
ca in quanto tale ancora all'altezza del nostro tempo.
PREFAZIONE
CAPITOLO I
INTRODUZIONE
L'INTERPRETAZIONE NEI PRIMI SCRITTI DEGLI ANNI '30
Qualsiasi critica filosofica oggi possibile come critica del linguag
gio. Essa deve estendersi non solo alla cosi detta adeguazione delle
parole alle cose, ma anche alla situazione delle parole in se stesse;
ci si deve domandare quanto siano idonee alla loro propria inten
zione, quanta della loro forza si sia storicamente estinta, quanto in
esse possa divenire configurativamente valido.
[...]
La struttura reale (sachliche) di un'immagine filosofica pu gi sta
re in una tensione figurativa con la sua propria struttura linguistica.
Th.W. Adorno '
3 Th.W. Adorno, Thesen ber die Sprache des Philosophen, cit. p. 374.
4 Th.W. Adorno, Die Aktualitt der Philosophie, in Th.W. Adorno, Gesammelte
Schriften, Band I, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1973, pp. 325-44; traduzione
italiana comparsa sulla rivista Utopia III, 1973, n. 7-8, a cura di C. Pettazzi.
Vista la data di questo discorso inaugurale sulla attualit, viene spontaneo riflet
tere sulla sua ingenuit politica. E oramai topos riconoscere la poca scaltrezza politica
di Adorno nei confronti del nazionalsocialismo, soprattutto vista la violenza di alcuni
suoi attacchi nei confronti di Heidegger, e della importanza che i crimini nazisti avran
no nel suo pensiero. La cosa certamente vera, e se ne potrebbero portare riscontri
oggettivi. Si deve tuttavia ricordare come anche altri autori, e amici di Adorno, pur
assai pi lungimiranti abbiano molto tardato a riconoscere il carattere irrimediabile
degli avvenimenti che si andavano maturando dall'inizio della seconda met degli anni
venti in Germania. A questo proposito si pu vedere il libro di E. Rusconi, La crisi di
Weimar, Einaudi, Torino 1977, dal quale si possono trarre interessanti notizie e dati
sociologici e politici. Ma anche Ernst Bloch ebbe qualche lapsus per eccesso di ottimi
smo. Un esempio eclatante di ci si pu avere nel libro Erbschaft dieser Zeit, pubblicato
la prima volta a Zurigo nel 1935, ma con aggiunte successive fino agli anni Quaranta,
e poi uscito per i tipi della Suhrkamp nel 1962, in italiano: Eredit del nostro tempo,
traduzione di L. Boella, Coliseum, Milano 1992. Proprio in un testo paradigmatico per
INTRODUZIONE
la lucidit delle analisi sociali e politiche, in alcuni passi Bloch si lascia andare alla tesi
diffusa che il nazionalsocialismo non avrebbe avuto futuro, e che per smontarlo sarebbe
stato sufficiente che prendesse un poco, e per poco tempo, il potere; cfr. pp. 4, 35, 1023, etc. Probabilmente uno dei pochi che vide giusto fin dal principio fu M. Horkheimer
che riusc, con la collaborazione di Pollock e Grossman, a salvare per tempo i fondi e
spesso i membri stessi dell'Istituto per le ricerche sociali.
5 Th.W. Adorno, Die Aktualitt der Philosophie, cit., p. 334.
10
tivo. Ma il suo legame con il carattere di secondariet del materiale filosofico (a differenza di quello scientifico) allarga la sua portata; quella
mediatezza non da riferirsi all'attivit del soggetto, o meglio: non da
riferirsi all'attivit cosciente del singolo soggetto; la filosofia, anzi, essen
zialmente interpretazione proprio perch non va alla ricerca di alcun apriori n del soggetto n dell'oggetto, non almeno nel senso extrasociale
in sui s'intende l'a-priori nella filosofia kantiana:
compito della filosofia non quello di scrutare le intenzioni nascoste e palesi della
realt, ma quello di interpretare la realt priva di intenzioni (die intentionslose
Wirklichkeit zu deuteri} [...] forse [l'interpretazione] completerebbe proprio l'or
dito che potrebbe trasformare le cifre in un testo 8 .
INTRODUZIONE
11
12 Cfr. Th.W. Adorno, Die Idee der Naturgeschtchte, op. cit. Per la trattazione di
questo saggio si veda pi avanti nel capitolo.
15 Th.W. Adorno, Prismen. Kulturkritik und Gesellschaft, Suhrkamp Verlag,
Frankfurt a. M. 1955; ed. it. Prismi. Saggi sulla critica della cultura, Einaudi, Torino
1972, p. 13, trad. C. Mainoldi.
14 Th.W. Adorno, Thesen ber die Sprache des Philosophen, cit., p. 367.
15 II rapporto tra Benjamin e Adorno analizzato nei dettagli, e avendo avuto a
disposizione gli archivi con gli inediti, dalla Buck-Morss in The origin of negative
dialectics, op. cit. l'unica, per quanto mi risulti, a dare notevole importanza all'impe
gno verbale che Adorno e Benjamin presero nell'autunno del 1929 a Knigstein.
12
Quel che importa qui vedere, prima delle parti relative all'interpretazione come decifrazione, come la storia e la natura siano condensate in
oggetti naturali morti, anzi supremamente morti - ma appunto: che furo
no altro da morti. Se fossero subito immediatamente la loro propria fissit,
nulla in essi potrebbe essere da leggere. Poco pi oltre Adorno afferma
che in Benjamin sia da superare (welter zu gehen - non 'aufheber) proprio
l'idea che la storia come natura sia venuta prima della natura come storia.
Il problema di un eventuale primato mancherebbe, secondo Adorno, il
suo proprio oggetto: non si tratta qui solo di dimostrare che nella storia
si presentano sempre di bel nuovo motivi di storia originaria, ma che la
storia originaria stessa ha in s, in quanto caducit, il motivo della sua
16 In questo senso semmai proto-marxiano. Cfr. M. Barzaghi, Dialettica e ma
terialismo in Adorno, Bulzoni, Roma 1982, pp. 18-19; A. Schmidt, Begriff des Materialismus bei Adorno, in Adorno-Konferenz 1983, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1983,
pp. 14-34.
17 Sebbene sia piuttosto vacuo citare testi ufficiali per i rapporti tra i due, vista
la mole di conversazioni dirette, scambio di abbozzi e epistole, cfr. W. Benjamin, //
dramma barocco tedesco, Einaudi, Torino 1971.
Per una ricognizione dei rapporti tra Adorno e Benjamin si possono vedere, quasi
estremi opposti, i saggi: S. Buck-Morss, The origin of negative dialectics, op. cit., G.
Agamben, // principe e il ranocchio. Il problema del metodo in Adorno e Benjamin, in
Aut Aut, 1979, n. 165-66, pp. 105-17. In quest'ultimo saggio, in particolare, ci sono
alcune sorprendenti affermazioni non tanto sul rapporto o sul pensiero di Benjamin
stesso, quanto nella ricostruzione operata da Agamben del pensiero di Adorno la cui
dialettica negativa viene letta come uno storicismo sospettoso ma assolutamente immo
bile su se stesso.
18 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, pp. 102-03. Adorno sta citando W.
Benjamin, Ursprung des deutschen Trauerspiels, Berlin, 1928, ed. it., Il dramma barocco
tedesco, op. cit.
INTRODUZIONE
13
storia I9; nulla di ontologico, nel senso che proprio l'illusione dell'inizio
ci che soggiace [...] alla critica 20 . Nei fatti questo quanto Adorno,
prima di conoscerlo adeguatamente, tuttavia consider essenziale del
materialismo di Marx, che fosse eliminato come falso problema il proble
ma dell'origine: il movimento che si esegue qui per gioco lo esegue il
materialismo sul serio. Sul serio vuoi dire che la risposta non continua a
restare nello spazio chiuso della conoscenza, ma viene impartita dalla
prassi 21 . In che modo?
Il materialismo ha chiamato questo rapporto con un nome che filosoficamente
giustificato: dialettica. [...] Quando Marx rimprover di aver solamente interpre
tato (interpretieren} in modi diversi il mondo [...] la affermazione era legittimata
non soltanto dalla prassi politica, ma altrettanto da quella filosofica.
14
sue forme idealistiche - di soggetto assoluto o di primato ontologico contro l'idea di una interpretazione che non sia prassi di modifica del
reale, e infine contro le potenze demoniche che rendono il testo della fi
losofia lacunoso e irregolare. Qualcosa nel reale cifrato, omesso, eppure
nascosto, forse addirittura costituisce l'essenza del reale, ma esso non a
disposizione. Il vivere non a disposizione scrisse Brecht 25 , e tuttavia:
l'idea di interpretazione non incoraggia la supposizione di un [...] dua
lismo di intelligibile e empirico, ovvero di una separazione tra la verit
dell'esistente e la sua apparenza 26; dopo la Scienza della logica di Hegel
tale separazione impensabile. Vero che Adorno non studi Hegel
sistematicamente fin ben oltre gli anni dei quali ci stiamo occupando.
tuttavia certo che egli conoscesse bene sia la persona che l'opera di Bloch,
e quindi un certo sapore dialettico hegeliano doveva essergli del tutto
noto 27 , infatti scrive, contro la separazione di empirico e intelligibile, che
chi interpretando ricerca dietro al mondo fenomenico un mondo in s [...] si
comporta come chi in un enigma voglia ricercare il riflesso di un essere che gli sta
dietro, un essere che l'enigma riflette e dal quale si lascia sorreggere, laddove la
funzione della soluzione dell'enigma quella di rischiarare a lampi e di sciogliere
(aufheben) la forma dell'enigma, non quella di persistere dietro l'enigma e d'essergli simile 28 .
25 B. Brecht, Gegen Verfhrung, traduzione italiana con testo a fronte della poesia
si trova in B. Brecht, Poesie e canzoni, tr. F. Fortini e R. Leiser, Einaudi, Torino 1981.
Uria quartina della poesia citata da Adorno in Terminologia filoso/tea.
INTRODUZIONE
15
16
30 Ibidem.
INTRODUZIONE
17
18
INTRODUZIONE
19
20
INTRODUZIONE
21
44 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, p. 103. Adorno sta citando da: W.
Benjamin, Ursprung des deutschen Trauerspiels, Berlin 1928, p. 178. Traduzione italia
na: // dramma barocco tedesco, a cura di E. Filippini, Eindaudi, Torino 1971.
45 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, cit., pp. 102-03.
22
della natura e l'idea della storia. A queste non si ricorre come invarianti. [...] In
Benjamin c' innanzitutto la concezione - ed questo il punto da superare - che
esistano alcuni fondamentali fenomeni storico-originarii che, presenti alle origini,
sono poi trapassati e, assunto significato solo nell'allegorico, ritornano in esso,
ritornano nel loro aspetto letterale. [...] Il termine "significato" ci dice che i
momenti 'natura' e 'storia' non si risolvono uno nell'altro, ma piuttosto erompono
contemporaneamente l'uno dall'altro e si intersecano in maniera tale che il natu
rale si presenta come segno per la storia, e la storia, anche nel suo lato pi schiet
tamente storico, come segno per la natura. [...] In eguai modo il "significare"
stesso si trasforma da problema dell'ermeneutica storico - filosofica [...] in mo
mento che transustanzia, per sua stessa costituzione, la storia in storia originaria 46 .
INTRODUZIONE
23
questo problema, centrale nella teoria estetica come rapporto tra l'opera
d'arte e il suo significato, ha anche la sua facies hippocratica appunto, cio
quella che concerne l'interpretazione finita o infinita, e soprattutto la
possibilit che essa ottenga di uscire dall'orbita schiacciante del testo;
questione che ci riporta all'assunto critico iniziale, che cio natura e storia
siano oggetti dell'interpretazione critica in quanto idee risultanti dal
processo dialettico stesso di natura e storia, e non identit ontologiche.
Adorno commentando la categoria di seconda natura di Lukcs
spiega: la storia degli uomini si irrigidisce a natura, essi la trovano estra
nea, priva di intenzione, meglio: come se fosse priva di intenzione - la
storia quando appare immutabile e mitico destino del genere umano as
sume i tratti della natura 47 , ma la stessa dialettica coinvolge anche l'imma
gine naturale. La natura irrigidita storica, il privo di intenzione, quel che
davvero resta oggi come natura, relativo all'intenzionale che pure oggi
appare come mitico e naturale. La costituzione della natura e della storia
storica, non nel senso di uno storicismo, o relativismo, assoluto, ma nella
dirczione di un totale abbandono dell'idea stessa di immediato. L'idea di
storia naturale ha il suo telos in questo: la storicizzazione della natura
corrisponde alla sua secolarizzazione. E una mossa del pensiero illumini
stico, una sua autocritica, perch riconosce l'istituzione del significato
come legata alla istituzione del soggetto. E questo lo skandalon della
filosofia naturale di Adorno: II termine "significato" ci dice che i momen
ti 'natura' e 'storia' non si risolvano l'uno nell'altro, ma piuttosto erompo
no contemporaneamente l'uno dall'altro 48 . Se non c' risoluzione possi
bile questo significa, in una categorizzazione in un certo senso pre-dialettica, che come signoria e servit ognuno abbisogna dell'altro come suo
altro per poter essere se stesso, e quindi ... il naturale si presenta come
segno per la storia, e la storia [...] come segno per la natura 49 . la
relazione dialettica che da riconoscere nel carattere di segno che l'una
per l'altra assumono natura e storia: In eguai modo il "significare" (bedeuten] stesso si trasforma da problema dell'ermeneutica storico-filosofica
(addirittura da problema nel senso trascendentale) in momento che transustanzia, per sua stessa costituzione, la storia in storia originaria 50 . Ed
47
48
49
5(1
Ibidem.
Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, cit., p. 104.
Ibidem.
Th.W. Adorno, Die Idee der Naturgeschichte, cit., p. 360.
24
LA ESATTA FANTASIA
" Per questo tema cfr. W. Benjamin, Schriften, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M.
1955, in italiano: W. Benjamin, Angelus Novus, tr. R. Solmi, Einaudi, Torino 1962; in
particolare i saggi: II compito del traduttore, Sulla lingua in generale e sulla lingua
dell'uomo, Sulla facolt mimetica.
curioso che proprio W. Benjamin abbia commentato, per la radio berlinese, dal
1929 al 1932, tra le altre, la leggenda di Kaspar Hauser, che tratta proprio della na
scita a quarantenni di un uomo che fino ad allora era rimasto chiuso in una torre.
L'esperienza fondamentale proprio di tipo linguistico-concettuale. Cfr. W. Benjamin,
Aufklrung fr Kinder. Rundfunkvortrge. Hrsg. von R. Tiedemann, Surhkamp Verlag,
Frankfurt a. M. 1985.
52 Th.W. Adorno, Thesen iiber die Sprache des Philosophen, cit., p. 369.
INTRODUZIONE
25
26
celebre frase dei Minima moralia: Non si da vita vera nella falsa 57 . Se
tutto falso, nel senso che nulla sottratto alla mediazione falsificante
della forma merc, a partire da che cosa possibile la critica? qual il
punto archimedeo? Adorno lo esprime con la metafora del Barone di
Mnchhausen che si solleva da s afferrandosi per il codino 58. In realt
una categoria estremamente affilata di esperienza si proporr di risolve
re negli scritti degli anni Sessanta questo problema. Tuttavia quel che qui
interessa la proposta dell'^ry inveniendi, il fatto che tanto presto compaia
l'idea della fantasia come struttura interpretativa della storia, meglio: delle
immagini storiche, estremamente importante. In un saggio del 1950,
Adorno cita dal manoscritto benjaminiano dei Passagen, a proposito delle
immagini dialettiche:
queste immagini sono proiezioni del desiderio, e la collettivit cerca in esse sia di
eliminare che di trasfigurare l'imperfezione del prodotto sociale. [...] Nel sogno in
cui, ad ogni epoca, si presenta in immagini la seguente, questa appare sposata ad
elementi della preistoria, cio di una societ senza classi. Le esperienze della quale,
depositate nell'inconscio della collettivit, producono, compenetrandosi col nuo
vo, l'utopia, che ha lasciato le sue tracce in mille configurazioni della vita, dalle
costruzioni durevoli alle mode effimere.
E cos commenta:
tali immagini erano tuttavia per Benjamin qualcosa di pi che archetipi dell'incon
scio collettivo come in Jung: per esse egli intendeva delle cristallizzazioni obiettive
del movimento storico e le denomin col nome di immagini dialettiche 59 .
Linke nach Adorno, hrsg. von W.F. Schller, Mnchen 1969; b) Hamburger Symphosion, hrsg. von M. Lbig und G. Schweppenhuser, Dietrich zu Klampen Verlag,
Lneburg 1984; e) Die frankfurter Schule im Licht des Marxismus, materiali dello Istitu
fr marxistische Studien und Forschungen, raccolti in occasione di due giornate di
studi in occasione del centenario della nascita di Lenin, Frankfurt a. M. 1970.
57 Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 35.
58 questa una delle metafore pi spesso usate da Adorno. La si ritrova, ad
esempio, sia nei Minima moralia, che nella Terminologia filolofica e nella Dialettica
negativa. Indica il pensiero senza fondamenti, cio per Adorno, quello che non si
preoccupa di partire dalla doxa e procedere in forma raposodica. Cfr. Th.W. Adorno,
Philosophische Terminologie, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1973; ed. it. Termino
logia filosofica, a cura di Anna Solmi, Einaudi, Torino 1975. Il testo raccoglie lezioni
tenute da Adorno a Francoforte nel 1962-63. La cura dell'edizione tedesca di R.Z,
Lippe.
INTRODUZIONE
27
28
Th.W. Adorno, Thesen ber die Sprache des Philosophen, cit., p. 366.
Ibidem, pp. 366-67.
Ibidem, p. 367.
INTRODUZIONE
29
30
67 Th.W. Adorno, Thesen ber die Sprache des Philosophen, cit., p. 368.
INTRODUZIONE
31
'" Th.W. Adorno, Thesen ber die Sprache des Philosophen, cit., p. 370.
32
accertare la verit priva di intenzione, invece che la verit a venire nella storia
come intenzione 74 .
74 Ibidem.
75 Ibidem, p. 10.
INTRODUZIONE
33
mio.
' 6 Th.W. Adorno, Thesen ber die Sprache des Philosophen, cit., p. 369. Corsivo
77 Ibidem, p. 370.
78 Cfr. la trasmutazione della forma di enigma, nel saggio Die Aktualitt der
Philosophie, op. cit.
34
CAPITOLO II
LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA
36
inversa sovrapposta a quella originaria, per dir cos dritta, che non pi
leggibile immediatamente. Per questo non significa che la protostoria del
capitalismo sia una bizzarria: essa corrisponde intanto all'idea che il me
todo di ricerca debba muoversi da ci che pi prossimo verso quel che
pi lontano 4 , e in secondo luogo esegue l'istanza prima della critica:
interpretare il particolare alla luce della totalit, tanto pi accanitamente
quanto pi questa connessione sembri scomparire in una totalit struttu
rale assente.
Qualcosa di simile stato tentato, in un saggio di commento all'opera
di Adorno, da C. Trke. Cercando gli snodi di una storia della secolariz
zazione del lavoro umano e del suo concetto - se sia una maledizione o
una nota caratteristica dell'essenza umana a immagine di Dio - afferma il
Trke che in entrambi i casi o la maledizione stata scagliata da Dio per
vendetta (ti guadagnerai il pane col sudore della fronte) o a Dio
sfuggito che chi nella societ non ha lavoro abbandonato da Dio e dagli
uomini [e] si trova privo della sua essenza 5 . Per fare il verso a Kierkegaard, che faceva il verso ad Hegel, che tu lavori o non lavori, sarai
comunque dannato 6. Simile l'inizio della Dialettica dell'illuminismo:
La condanna naturale degli uomini oggi inseparabile dal progresso sociale. [...]
Il singolo, di fronte alle potenze economiche, ridotto a zero. Queste, nello stesso
tempo, portano a un livello finora mai raggiunto il dominio della societ sulla
natura. Mentre il singolo sparisce davanti all'apparato che serve, rifornito da esso
meglio di quanto non sia mai stato. Nello stato ingiusto l'impotenza e la dirigibilit
della massa cresce con la quantit di beni che le viene assegnata 7 .
Dello stesso autore si pu vedere anche in traduzione italiana Gewalt und Tabu.
Philosophische Grenzgnge, Dietrich zu Klampen Verlag, Mnchen 1987, Violenza e
Tab, tr. U. Colla, Garzanti 1991.
6 Cfr. S. Kierkegaard, Enten-Eller, trad. it. A. Cortese, Adelphi, Milano 1978, pp.
98-100.
37
Quel che Benjamin esprime nel doppio carattere della violenza indipendentemente dall'ambito giuridico nel quale egli situa il suo saggio
- come mezzo e come espressione dell'essere, viene forse districata da
Adorno e Horkheimer nell'inevitabile aspetto di violenza interna e ester
na, dominio sulla natura come tecnica e dominio sull'interno come repres-
8 Ibidem, p. 12.
9 Ibidem, p. 13.
10 W. Benjamin, Angelus Novus, cit., Per una critica della violenza, pp. 5-38.
11 Ibidem, p. 6 e p. 23.
38
39
17 P.C. Lang ha mostrato quale funzione svolga il linguaggio nella creazione del
pensiero astratto senza il quale non c' identit, Cfr. P. Lang, Hermeneutik, Ideologiekrtik, Asthetik - \Jber Gadamer und Adorno sowie Fragcn ener aktuallen Asthetik,
Forum Academicum, inder Verlagsgruppe, Knigstein 1981, pp. 71 e sgg.
18 M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., p. 16.
19 Ibidem.
20 Ibidem, pp. 23, 26 et passim.
40
che solo in quanto diventa ci che non . [...] Ma questa dialettica rimane
impotente nella misura in cui si sviluppa dal grido di terrore, che la duplicazione,
la tautologia del terrore stesso 21 .
41
42
siero come rimosso; orrore mitico scrive Adorno, che tutt'altro che
metaforico:
il distacco del soggetto dall'oggetto, premessa dell'astrazione, fondato nel distac
co dalla cosa, a cui il padrone pervenne mediante il servitore. [...] L'universalit
delle idee, sviluppata dalla logica discorsiva, il dominio nella sfera del concetto, si
eleva sulla base del dominio reale. [...] Il S, che ha appreso l'ordine e la subor
dinazione alla scuola della sottomissione del mondo esterno, ha presto identificato
la verit in generale col pensiero disponente, senza le salde distinzioni del quale
essa non potrebbe sussistere. Esso ha bandito, con la magia mitica, la conoscenza
che coglie effettivamente l'oggetto. Tutto il suo odio rivolto all'immagine della
preistoria superata e alla sua immaginaria felicit 26.
43
44
Concludendo che:
la storia della civilt la storia dell'introversione del sacrificio. In altre parole la
storia della rinuncia. [...] Come gli individui hanno troppo poche, e non troppe
M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialektik der Aufklrung, cit., p. 21.
M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., p. 62.
Ibidem, pp. 66-68.
45
inibizioni, senza essere per questo di un briciolo pi sani, un metodo catartico che
non trovasse il proprio criterio nell'adattamento [...] dovrebbe condurre gli uomi
ni alla coscienza dell'infelicit 32 .
L'orrore che il mito prova di fronte alla natura lo stesso che l'illu
minismo prova di fronte al mito e alla natura di s: Si realizza, l'angoscia
pi antica, quella di perdere il proprio nome 35 .
Il nesso non esplicito, ancora in questi anni, nel pensiero di Ador
no. Lo ritroveremo con molta forza nella Dialettica negativa. Tuttavia gi
nella protostoria del soggetto la colpa della sostituzione delle difese con
46
l'amore delle difese - il che altro non significa che la rimozione di esse e
della loro origine - sullo stesso piano della scissione che da origine ai
nomi, e poi ai concetti, anch'essa una sostituzione, anzi la prima sostitui
bilit: misero un agnello al posto di un uomo - dunque anche questo era
possibile? 36 . Cos come un sacrificio enorme dovette costare la separazio
ne della natura dal S, allo stesso modo allontanarsi dal proprio nome prima con rituali mimetici, poi con segni universali - realizza proprio ci
contro cui avrebbe dovuto preservare: nessuno pi verr ucciso per pla
care le divinit, ma ognuno trasmutabile con un agnello. Il nome sta per
le cose a patto che le cose se ne stiano fuori di se stesse a sufficienza da
essere scambiabili, segnicamente, l'una con l'altra 37 . La colpa alla quale
non si pu sfuggire con un balzo quella della astrazione: senza di essa
c' solo caos, ma l'ordine che essa porta con s ha le sue vittime, e la sua
polizia: il linguaggio. Il linguaggio perde la sostituibilit specifica a favore
di una generica allorquando si instaura come linguaggio comune, o detto
altrimenti, come struttura linguistica, dove il rimando appare interno e la
memoria rimossa: l'astrazione [...] opera coi suoi oggetti come il desti
no di cui elimina il concetto: come liquidazione 38 , operata a partire dal
grido di terrore con cui esperito l'insolito che diventa il nome dell'in
solito e d'ora innanzi potr stare al posto di esso, e tutto sar fatto purch
tale sostituzione non riemerga alla coscienza: l'illuminismo angoscia
mitica radicalizzata. [...] Non ha da esserci pi nulla fuori, poich la sem
plice idea di un fuori la fonte genuina dell'angoscia 39. Ed ecco che
prima i feticci sottostavano alla legge dell'uguaglianza. Ora l'uguaglianza
diventa essa stessa un feticcio - che apre la possibilit di mettere qualcun
altro al proprio posto di fronte al pericolo, e come segno, la parola passa alla scienza, come parola vera e propria, viene ripartita
tra le varie arti. [...] Come segno, il linguaggio deve limitarsi a essere calcolo; per
conoscere la natura, deve abdicare alla pretesa di somigliarle. Come immagine,
36 C. Wolf, Kassandm, Luchterhand Verlag, Darmstadt 1983, tr. it. A. Raja, Cas
sandra, E/O edizioni, Roma 1987. Il geniale romanzo epico-tragico della Wolf
tutto registrato sulla sostituibilit determinata e indeterminata e sul principio del terzo
escluso.
37 Vorrei, a questo proposito, rimandare anche se solo con breve cenno, a F.
Rossi Landi, Metodica filoso/tea e scienza dei segni, Bompiani, Milano 1985, dove
trattato l'aspetto della relazione tra l'instaurazione del segno linguistico e la prima
attuazione della divisione sociale del lavoro.
38 M. Horkeimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., p. 21.
39 Ibidem, p. 23.
47
deve limitarsi a essere copia: per essere interamente natura, abdicare alla pretesa
di conoscerla 40.
48
mento della sua autonomia, che anzich consegnare le chiavi della citt
impone che essa stessa resa gabbia sia scambiata per natura; l'illuminismo,
sostiene Adorno, non pu che essere nominalistico. Nello stesso senso
l'illuminismo che liquida il mito totalitario: Quali che siano i miti a
cui ricorre la resistenza, per il solo fatto di diventare, in questo conflitto,
argomenti, rendono omaggio al principio della razionalit analitica che
essi rimproverano all'illuminismo. L'illuminismo totalitario 43 .
L'aver consumato i simboli analogo all'imperativo prescritto al pen
siero in Attualit della filosofia: dover rinunciare alla funzione simbolica,
farcela senza di essa, e infine, nella ricostruzione e memoria anche di ogni
pi piccolo filo, prospettare la soluzione dell'intreccio strano - mitico dell'ente. Infatti l'illuminismo, come nominalistico, si arresta davanti al
nomen, al concetto inesteso, puntuale, al nome proprio 44 . Nella religione
ebraica, prosegue Adorno, il legame tra nome e cosa ancora riconosciuto
nel divieto di pronunciare il nome di Dio. Pegno della fede rinunciare
alla sostituzione di questa con un'altra: la conoscenza la denuncia
dell'illusione di poter aver accesso e possesso del nome di Dio 45 . Ma
questa negazione non astratta:
questa esecuzione, negazione determinata, non garantita a priori. [...] La ne
gazione determinata respinge le rappresentazioni imperfette dell'assoluto, gli idoli,
non, come il rigorismo, opponendo loro l'idea alla cui stregua non reggono. La
dialettica rivela piuttosto ogni immagine come scrittura, e insegna a leggere nei
suoi caratteri l'ammissione della sua falsit, che la priva del suo potere e lo appro
pria alla verit 46 .
49
50
51
52
Ibidem, p. 87.
Ibidem, p. 91.
53
54
55
56
racconta sul proprio esilio. L'intellettuale minorato, una volta che sia
avvenuta nell'emigrazione l'espropriazione della lingua. Essa non qual
cosa di morto, ma partorisce a seconda dell'inseminazione: la parole han
no una storia 68, anzi per la maggior parte, esse sono la loro storia: quel che
indicano il riassunto di quel che sono servite a indicare, in ogni tempo
e fin nel pi piccolo filo tessuto 69. Quella dell'emigrato condizione stori
ca di chiunque non sia a casa propria, e per Adorno certo, nessuno a
casa propria in questo mondo; ogni lingua stata espropriata, anche in
questo caso vale la massima secondo la quale la pagliuzza nel tuo occhio
la migliore lente d'ingrandimento 70. Se l'espropriazione compiuta,
solo la sensibilit per tutto ci che discosto e appartato, l'odio per la
banalit, la ricerca ci ci che non ancora consunto [...] ancora l'ultima
chance del pensiero 71 ; la ragione si rifugiata - interamente ed ermeti
camente - nelle idiosincrasie personali 72 , che cos personali non sono poi,
ma anzi, come nella brutta letteratura le frasi che vengono messe in bocca
ai protagonisti e che dovrebbero essere le pi a loro intime proprie e
individuali suonano invece generalissime secondo i pi noti cliches, allo
stesso modo nelle idiosincrasie personali si scopre l'universale:
vero che nessuna idea esonerata da questa connessione, che nessuna di esse
pu persistere ciecamente nella sua chiusura particolare. Ma tutto dipende dal
modo in cui si compie il trapasso. La iattura viene dal pensiero come violenza,
dall'abbreviazione indebita del percorso, che deve passare attraverso l'impenetrabi
le, attraverso la durezza del particolare, per essere in grado di raggiungere l'univer
sale, la cui sostanza custodita nell'impenetrabilit stessa 1^.
57
dal centro), hanno a che fare con l'indugio presso la cosa, entrambi
devono scoprire il particolare in modo da non farne un semplice passo sul
cammino dell'universale, cosa che sarebbe segretamente la radice di ogni
idealismo 74 ; la conoscenza veramente allargante quella che indugia
presso il singolo fenomeno finch, sotto l'insistenza, il suo isolamento si
spezza - l'insistenza ben inteso quella del desiderio - ci presuppone,
evidentemente, un rapporto con l'universale, ma non un rapporto di sus
sunzione, anzi piuttosto il contrario. La mediazione dialettica non il ricor
so a qualcosa di pi astratto, ma il processo di risoluzione del concetto in se
stesso 7\ E Adorno prosegue citando il Nietzsche della Gaia scienza con
tro la vis eclettica e conciliatrice delle storie del pensiero: la morale del
pensiero appunto qui: il suo procedere non deve essere n ottuso n
sovrano, n cieco n vuoto, n atomistico n consequenziario - qualcosa
di contrario al circolo ermeneutico fa capolino: il particolare ancorch
concorrere alla costituzione del tutto, e viceversa, un elemento che tende
alla sua rottura, e tuttavia tale forza di rottura data solo dal circolo entro
il quale gli elementi sono spinti: non il circolo da scoprire ma la forza
che ha spinto gli elementi dentro di esso. Per questo la richiesta di ripro
durre tutti i passaggi che hanno portato al testo giudicata inutile prima
ancora che impossibile.
Non si tratta di stabilire un percorso ma, al contrario, di rappresenta
re un campo di forze, dove anche le lacune sono conservate come forza
del testo. Per le lacune conservano la loro forza solo entro un pensiero
che non rinunci all'obbligo di esprimersi per concetti. Dopo aver parlato
delle lacune, nello stesso aforisma 50, si legge:
II pensiero che rinuncia, in nome del rapporto al proprio oggetto, alla piena
trasparenza della sua genesi logica, resta pur sempre in difetto, in quanto rompe
la promessa che implicita nella forma stessa del giudizio ' 6 ,
e quindi
quando i filosofi, a cui si sa che il silenzio riusc sempre difficile, si lasciano
trascinare in una discussione, dovrebbero parlare in modo da farsi dare sempre
torto, ma - nello stesso tempo - da convincere l'avversario della sua non-verit 77 .
74 Ibidem, p. 77.
1~' Ibidem, p. 78. Corsivo mio.
76 Ibidem, p. 87.
" Ibidem, pp. 73-74.
58
e Adorno commenta che: "bisognerebbe fare come le due lepri [...] cadere
follemente come morti, raccogliersi, riprendere coscienza, e, se si ancora
Ibidem, p. 123.
Ibidem, p. 129.
59
in grado di respirare, scappare a tutta forza 80. Forza che la stessa della
contraddizione, delle lacune, e del padre del pensiero, il desiderio, infatti:
la forza dell'angoscia e della felicit sono la stessa cosa: la stessa apertura illimitata
[...] all'esperienza, in cui il soccombente si ritrova. [...] Solo l'eccentrico sarebbe
in grado di resistere e di imporre un alt all'assurdo. Egli solo potrebbe capacitarsi
dell'apparenza del male. [...] L'astuzia delle lepri impotenti riscatta - con le lepri
- anche il cacciatore, a cui invola la sua colpa 81 .
80 Ibidem, p. 240.
81 Ibidem, p. 241.
82 Ibidem, p. 123.
83 Ibidem, p. 21.
84 Ibidem, p. 255.
60
85
86
87
88
Ibidem,
Ibidem,
Ibidem,
Ibidem,
p.
p.
p.
p.
304.
171.
179.
78.
CAPITOLO III
MODELLI INTERPRETATIVI
Tra due posizioni divergenti, spesso il vero non trova affatto posto
nel mezzo. Quasi tutti i commentatori hanno fatto riferimento all'estetica
come al luogo dove Adorno costretto a lasciar vigere un concetto enfa
tico di verit; con due posizioni che possono essere presentate l'una come
critica del dogmatismo/estetismo, l'altra come riconduzione della verit
della filosofia alla verit dell'arte. Peter Lang 1 pu ben rappresentare la
prima posizione. Egli reperisce tanto in Gadamer quanto in Adorno un
riferimento dogmatico alla verit dell'arte, operato per togliersi d'impac
cio dalla indecidibilit delle rispettive teorie ermeneutiche e di critica
dell'ideologia. All'altro estremo possiamo trovare soprattutto i lavori fran
cesi 2 dove, sotto la doppia cifra dello strutturalismo e del surrealismo, la
teoria estetica destituita, almeno nelle intenzioni, dal regno soggettivo, si
1 P.C. Lang, Hermeneutik-Ideologiekritik-Asthetik. Uber Gadamer und Adorno
sowie Fragen einer aktuallen Asthetik, Forum Academicum, inder Verlagsgruppe
Athenum-Hain-Scriptor-Hanstein, Knigstein 1981, pp. 96-97.
2 Per una breve panoramica si possono vedere i due numeri monografici della
Revue d'Esthtique, Prsences d'Adorno, nel n. 1-2, del 1975, in particolare i saggi di
Baucar, Jimenez, Ladmiral; Adorno, nel n. 8, nuova serie, 1985, in particolare i lavori
di Ladmiral, Heyndels, Zima.
Assai indicativo anche il libro di O. Revault d'Allones, tradotto in italiano,
Destrutturazioni. Contro l'imperialismo culturale, ed. Faenza, Imola 1976, sebbene lasci
perplessi la ostentata struttura surrealista. Ad esempio a p. 75 leggiamo che Adorno
non sarebbe stato in grado di pensare fino in fondo il rifiuto della categoria borghese,
ottocentesca, di coscienza e pertanto scrive l'autore, mi prendo la libert, ogni volta
che Adorno scrive il termine "coscienza" di leggere: le forze sociali rivoluzionarie",
sostituzione indebita in Adorno e discutibile nella realt. Certamente Adorno pensava
che la coscienza borghese, vista la sua liquidazione de facto avvenuta nella struttura
produttiva sociale, potesse esercitare il ruolo di richiamo e contestazione, esattamente
62
come nella teoria marxista della letteratura la differenza tra strutture produttive e
coscienza di esse pu portare a percepire le prime, finalmente, come non naturali. In
nessun caso, tuttavia, Adorno avrebbe potuto chiamare forza sociali rivoluzionaria una
forma in larga misura ideologica e per lo pi in via di sparizione.
3 P.R. Felicioli, Esperienza estetica e soggettivit in Th.W. Adorno, in Itinerari,
anno XXII, 1983, pp. 163-182. Probabilmente influenzato dai precedenti lavori di E.
Ruschi, il lavoro di estremo interesse. l'unico, ad esempio, che elabori il tema della
monade presente nella Teoria estetica di Adorno, in collegamento con G.B. Vico.
4 Cfr. le notazioni di G. Vattimo contenute nella presentazione dell'edizione ita
liana del libro di Gadamer, Verit e metodo, ed. Bompiani, Milano 1983.
MODELLI INTERPRETATIVI
63
assoluto che esiste quello falso presente nella coscienza, che presenta a
se stesso lo stato sociale di cose come naturale e immutabile.
Il rapporto tra ontologia ermeneutica e dialettica ermeneutica, se
passa l'ossimoro, da vedere all'opera semmai, nelle differenti nozioni di
essere. Un paradigma di come questo tema sia stato affrontato - e a volte
anche distorto dal contesto ideologico - la da, per esempio, Fulvio Car
magnola 5 . Nella esposizione della tesi adorniana sulla necessit che il
concetto - che in s differenza - trovi nella dialettica l'espressione del
non concettuale, Carmagnola, a proposito dell'obbligo di far questo tra
mite concetti, usa pretesa al posto di obbligo 6. Ebbene, nel passaggio
tra obbligo e pretesa racchiusa in piccolo la storia della ricezione
adorniana dalla fine degli anni Sessanta ai giorni nostri. Scrive dunque
Carmagnola:
Se ci poniamo ad analizzare la torsione cui Adorno sottopone le strutture, in Hegel
sovrane e oggi vacillanti, del pensiero dialettico, un elemento traspare immediata
mente: il potere che Adorno tuttora riconosce al concetto, quello di costituire un
ponte tra lo spirito e la realt. [...] Guardare all'hegelismo radicale di Adorno [...]
attraverso la lente della genealogia nietscheana, pu scoprire, in questa versione
ultima e cosi raffinata del pensare dialettico, la sua ultima hybris 1 .
Come dire che dopo la morte di Dio, gli obblighi della ragione sono
solo tracotanza, e quindi pretesa appunto, quella adorniana compresa:
che la filosofia riesca infine a parlare di altro da s senza renderselo iden
tico. La ragione deve condurre a fondo la critica a se stessa fino a inde
bolirsi. A favore di che? - si domanderebbe Adorno. Separare verit e
menzogna il fine del metodo materialistico, non il suo punto di partenza.
In altre parole il suo punto di partenza l'oggetto permeato di errore, di
64
10
11
12
15
MODELLI INTERPRETATIVI
65
nata del falso che ora regna. Comprensibile quindi solo la negazione del
falso - ma perch non l'affermazione del vero?
Scrive Bodei 14 che la forma-identit della riproduzione sociale ha
fatto da modello a ogni sviluppo individuale, introiettata con terrore, e
conclude:
la logica dell'identit ha il suo supporto economico nel progressivo affermarsi di
ci che appare come scambio di equivalenti. [...] Si genera cos, in questa catena di
mediazioni dell'identico, la scomparsa e l'ottundimento dell'esperienza. L'impres
sione del dj vu colpisce i sensi non meno del pensiero 15 ;
66
E Bodei, parlando dei tre saggi giovanili dei quali anche noi ci siamo
occupati, scrive che:
come nella psicoanalisi freudiana (che qui costituisce uno dei modelli accanto ad
altre forme di ermeneutica), compito della filosofia decifrare testi lacunosi, ve
dere significativi i vuoti quanto i pieni, puntare l'attenzione su quei resti del
mondo fenomenico - quali sono, ad esempio, i lapsus in Freud - che apparen
temente non hanno senso, mentre sono invece il filo conduttore verso il rimosso
sociale 20,
concludendo che
difficilmente tale dialettica [...] priva del momento risolutivo della positivit me
diata, pu ottenere una fondazione legittima, poich la sua vera fondazione sul
non ancora, su ci che attende di realizzarsi e la cui assenza brilla nel mondo come
contraddizione 21 .
MODELLI INTERPRETATIVI
67
21 Cfr. S. Freud, La negazione e altri scritti teorici, a cura di C. Musatti, tr. Baruffi,
Colorni, Fachinelli, Einaudi, Torino 1981.
24 Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 237. Corsivo mio.
25 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 146 e 232.
26 Ibidem, p. 110.
2/ Ibidem, p. 131. Corsivo mio.
Lo stesso concetto non discorsivo era, in Die Aktualitt der Philosophie, l'unica possibilit della filosofia di liberarsi dal gioco dell'esattezza
cartesiana e mordere il pane che ricostruisce un testo facendo scomparire
il carattere di accecamento nel mentre che fornisce una risposta. Sempre
nella Teoria estetica si dice che:
l'autorit delle opere d'arte risiede in questo: esse costringono a riflettere su quale
base mai esse, figure dell'esistente e incapaci di chiamare all'esistenza ci che non
esiste, potrebbero divenirne l'immagine travolgente, se il non esistente non esistes
se di per se stesso 30,
Sia la verit della filosofia che quella inconscia delle opere d'arte che sono storiografia del desiderio di memoria - hanno la loro chiave
d'accesso nell'interpretazione. Scrive in proposito P. Biirger, per molti
versi critico di Adorno, che l'arte storiografia inconscia perch il ma
teriale artistico di un'epoca il risultato di un processo storico, in esso
28
29
30
31
miei.
Ibidem, p. 137.
Ibidem, p. 124.
Ibidem, p. 141.
Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, p. 11. Corsivo e spaziatura
MODELLI INTERPRETATIVI
69
32 Peter Brger, Vermittlung-Rezeption-Funktion. Asthetische Theorie una Methodologie der Literaturwissenschaft, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1979.
70
42 Ibidem, p. 213. Corsivo mio. Sul contenuto storico e sociale che i concetti
conservano, nell'impiego filosofico che ne fa Adorno, Cfr. A. Schmidt, Begriff des
Materialsmus bei Adorno, in AA.VV., Adorno-Konferenz 1983, cit., pp. 14-20.
MODELLI INTERPRETATIVI
71
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73
74
MODELLI INTERPRETATIVI
75
76
rispetto ai concetti intesi quali unit di segno degli oggetti empirici 60;
proprio come le parole, che conservano e mutano qualitativamente il loro
contenuto, perch esse stesse sono un contenuto. L'attivit dell'interpre
tare che si attua tramite la loro disposizione in sempre nuove costellazioni,
- come leggemmo - una sorta di ars inveniendi tramite fantasia esatta;
come nell'opera d'arte, per terminare il raffronto, la razionale attivit
dispositoria esercitata dalle opere su tutto ci che a loro eterogeneo a
conseguire la verit 61 .
Arte e filosofia sono identiche nella non identit. Nell'opera d'arte
grazie alla legge della forma, la tradizione, nella costrizione che esercita sui
materiali, si disvela ancora una volta come un contenuto sociale rimosso;
la filosofia identifica tramite concetti, ma nella disposizione nella quale li
organizza cerca, nel contempo, un'espressione al non-identico 62 . La loro
unit reale solo come protesta contro la separazione di intuizione e
concetto, sebbene essendo effettuale questa non affatto un'identit reale
limitata. Nelle costellazioni che entrambe mettono in scena, si tratta di
smontare il carattere naturale e storico per scoprire il carattere naturale
(dello storico) e storico (della natura). Non sono questi problemi che
possano essere risolti con una risposta. Come leggemmo nei saggi degli
anni '30, la critica prassi in quanto modifica il testo enigmatico del
concetto di natura e dell'aspetto storico, scioglie, per cos dire, la questio
ne dal suo carattere inintelligibile. Arte e filosofia danno voce al privo di
intenzione che il soggetto dell'enigma, in modo differente eppure, in
una certa misura, solidale. Non nel senso che il carattere di enigma sia
immediatamente il rimosso sociale - come invece accadrebbe, per esem
pio, se si volesse riscrivere la storia dal punto di vista degli sconfitti -, ma
perch mostrano che il non-intenzionale traccia per negativo di ci a cui
si potrebbe rivolgere intenzionalmente. Insomma, riconoscere l'irraziona
lit della ragione non comporta assumere l'irrazionale come Soggetto,
bens il riferimento per negativo alla razionalit del razionale - ad una
razionalit che sia anche giusta, non solo potente - e di conseguenza
all'esperienza dell'oggetto per come vi comparirebbe.
Arte e filosofia, intese come interpretazioni, sono memento mori di
quel che non accaduto. La differenza tra le due consiste in questo: che
la filosofia si applica alla doxa, l'arte se ne distanzia. Come in ogni autenIbidem, p. 164.
Ibidem, p. 163 e sgg.
Cfr. Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., pp. 73-74.
MODELLI INTERPRETATIVI
77
tico pensiero dialettico, il divenuto nel suo divenire il vero (mentre non
lo il risultato), allo stesso modo il contenuto di verit dell'interprelazione
filosofica e estetica sta, per Adorno, nel divenire del rapporto di distanza
dell'arte mediato dalla vicinanza della filosofia. Non sublime, per quanto
possa ricordare certi autori del primo romanticismo, quella unit prospet
tata, perch se vero che
l'autoconsapevolezza nei confronti del sublime naturale anticipa qualcosa della
conciliazione con la natura. La natura non pi oppressa dallo spirito, si libera dalla
scellerata connessione di primordialit e sovranit soggettiva. Tale emancipazione
sarebbe il ritorno della natura e questa, immagine contraria della pura esistenza,
il sublime. [...] La conciliazione [...] non il risultato del conflitto ma unica
mente il fatto che il conflitto trova un linguaggio.
Tuttavia
con ci il sublime diventa latente. [...] In corrispondenza la categorie del gioco
decadono. [...] Ci che si presenta come sublime suona vuoto, ci che gioca
indefessamente regredisce al puerile da cui deriva 65 ,
IL PASSAGGIO DIALETTICO
Se non c' dunque una via d'accesso immediata ad una visuale senza
punto di vista, e se l'interpretazione non pu rinunciare a prender le
mosse dall'esperienza empirica ma neanche affidarlesi ingenuamente, il
problema diviene, per noi, capire come la dialettica sbrogli questo intrico.
78
MODELLI INTERPRETATIVI
79
che dunque sono tanto fecondi quanto riesce loro l'interpretazione che:
a voler essere precisi, il pensante non pensa affatto, ma si fa teatro dell'esperienza
intellettuale, senza dipanarla. E mentre da essa scaturiscono gli impulsi anche per
il pensiero tradizionale, questo, per la sua forma, ne elimina il ricordo 72 .
69 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 299.
/0 Cfr. L. Althusser, Leggere il Capitale, op. cit. et passim, e Per Marx, et passim.
71 G. Deleuze, Diffrence et rptition, Presse Universitaires de France, Paris
1968, ed. it. Differenza e ripetizione, trad. G. Guglielmi, II Mulino, Bologna 1971.
72 Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, p. 17.
80
Il modus procedendi del saggio uguale a quello che trovammo nell'interpretazione come dissoluzione dell'enigma: richiamare gli elementi
materiali, disporli in una costellazione di forze, affinch il testo strappato
degli strani intrecci dell'ente risulti finalmente come testo leggibile. Il
saggio - a met secondo Adorno tra arte e filosofia - dunque cos affine
all'interpretazione? addirittura la forma interpretativa di Adorno? E se
davvero situato a met tra arte e filosofia, come costituisce le sue imma
gini astrali?
Il bello naturale mito trapassato nell'immaginazione e in tal modo forse liquida
to. [...] Le immagini estetiche non sono invarianti arcaiche [piuttosto] le opere
d'arte diventano immagini perch i processi che in loro si sono coagulati a obiet
tivit parlano. [...] I processi latenti sono fatti collettivi - e di essi - non esiste
imago senza immaginario. L'esperienza soggettiva arreca immagini che non sono
immagini di qualcosa e proprio esse sono di essenza collettiva 74 .
73 Ibidem, p. 18.
Gli scritti sul rapporto tra Lukcs e Adorno, sia in generale, sia in particolare sulla
forma saggio, sono molti. Si possono consultare, tra gli altri: T. Perlini, Sul concetto di
totalit nella riflessione estetica di Adorno, in Nuova Corrente, 1970, n. 52; M. Barzaghi, Dialettica e materialismo in Adorno, op. cit.; S. Buck-Morss, The origin of th
negative dialectics, op. cit.; AA.VV., Die Neue Link nach Adorno, hrsg. von F. Schller,
Munchen 1969.
74 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 113 e 145-46.
MODELLI INTERPRETATIVI
81
82
78 Sul tema identit, individuo e soggetto, cfr. i seguenti lavori: A. Schmidt, Begriff des Matenalismus bei Adorno, op. cit., per la distinzione tra soggetto datore di
forma e il soggetto come centro di esperienza; per un'analisi del Unwescn nella
dialettica adorniana, cfr. R. Racinaro, Hegel nella prospettiva di Bloch e Adorno, in
Critica marxista, 1974, n. 1, pp. 127-53, tra l'altro uno dei pochi lavori su Adorno
e Bloch, oltre al gi citato saggio di R. Tiedemann; per la differenza tra la posizione
nietzschana e quella adorniana sul destino del soggetto, e sulla contrapposizione tra
volont di potenza e ricordo, cfr. F. Carmagnola, La conoscenza degli estremi, op. cit.;
infine per il tema specifico della differenza tra liquidazione dell'individuo e critica del
soggetto, i termini della questione sono perfettamente illustrati da T. Pedini, Autocritica
detta ragione illuministica, in Ideologie, 1969, n. 9-10.
MODELLI INTERPRETATIVI
83
gini sono proiezioni del desiderio. [...] Queste tendenze rimandano alla fantasia
configurativa, che dal nuovo ha tratto il suo impulso, all'antichissimo. Nel sogno
in cui, ad ogni epoca, si presenta la seguente, questa apparir sposata ad elementi
della preistoria, cio di una societ senza classi. Le esperienza della quale, depositate
nell'inconscio della collettivit, producono, compenetrandosi col nuovo, l'utopia, che
ha lasciato le sue tracce in mille configurazioni della vita 1''.
In questa citazione troviamo molti dei termini che Adorno usa per
descrivere, e prescrivere, l'interpretazione. Ed egli commenta che per tali
immagini Benjamin intendeva delle cristallizzazioni obiettive del movi
mento storico e le denomin col nome di immagini dialettiche 80. Le
immagini dialettiche, in questo la differenza tra Benjamin e Adorno 81 ,
hanno il loro modello nelle opere d'arte e non nella storia. Oggi che non
si pu immaginare alcuna configurazione dello spirito scrive Adorno le
opere d'arte sono il prototipo della sua configurazione. [...] In quanto
tensione tra gli elementi dell'opera d'arte lo spirito [...] processo e con
ci l'opera d'arte stessa 82 . Ma la tensione a cui si fa riferimento per
Adorno, abbiamo visto sopra, quella tra la forma, processo opposto e
necessario all'esperienza individuale, e il contenuto, inteso come esperien/9 W. Benjamin, citato da Adorno in Prismi, cit., p. 243. Corsivo mio.
80 Th.W. Adorno, Prismi, cit., p. 243.
81 P. Brger ha scritto un interessante saggio sulla differenza tra Benjamin e
Adorno che vorrei qui indicare. Secondo Brger Benjamin farebbe riferimento, come
modello, soprattutto all'avanguardia surrealista, mentre Adorno alla modernit estetica.
E lo scontro tra i due sarebbe riconducibile alla modalit espressiva propria del surre
alismo in antitesi a quella critica riflessiva dell'espressionismo. E tra l'altro l'anteceden
te dell'arte d'avanguardia andrebbe ricercato nel romanticismo, mentre quello del
moderno nel processo di autonomizzazione dell'arte, p. 86 e sgg. Cos mentre l'avan
guardismo negherebbe la divisione del lavoro e radicalizzerebbe lo shock dell'esperien
za, Adorno sarebbe esponente dell'opposizione all'avanguardismo, in nome della resi
stenza alla regressione. Cfr. P. Brger, Das Altern der Moderne, in Adorno-Konferenz
1983, cit., pp. 177-201; P. Brger, L'anti-avantguardisme dans l'esthtique d'Adorno, in
Revue d'Esthtique, nuova serie, 1985, n. 8.
H.R. Jauss, nello stesso volume, Adorno-Konferenz 1983, nel saggio Der literarische Prozejl des Modcrnismus von Rousseau bis Adorno, op. cit., propone un bivio a
partire dalla revisione della categoria della modernit operata da Dialettica dell'illumi
nismo, da una parte, come esponenti esemplari, P. Brger e Lyotard (e il primo forse
non sarebbe contento di trovarsi in compagnia del secondo...) dall'altra la critica radi
cale di Adorno. Ancora da citare la tesi di M. Jay, Th.W. Adorno, II Mulino, Bologna
1987, secondo la quale dalla coppia dell'elaborazione surrealista e benjaminiana si
potrebbero derivare due strade, divaricantesi, una Adorno e l'altra Derrida, aventi in
comune solo il radicalismo della lettura nietzscheana della morte di Dio.
82 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 150. Traduzione d'a me parzialmente
modificata.
84
za storica non individuale. Il soggetto sente come legge una forma, perch
stato rimosso il ricordo contenuto nella sua forma. Contro di essa si
richiamano le armate dell'esperienza, che costruisce la tensione. Ricono
scere e interpretare significa allora impadronirsi di quel processo, riper
correre soggettivamente un processo oggettivo, infatti:
10 spirito delle opere d'arte non concetto, ma tramite esso le opere divengono
commensurabili con concetto. [...] Perci la critica necessaria alle opere. Nello
spirito delle opere essa riconosce il loro carattere di verit oppure ve lo separa. In
questo atto soltanto [...] l'arte e la filosofia convergono 83 ,
85 Ibidem.
84 Ibidem, p. 163.
85 Per l'eredit del sublime kantiano, cfr. Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p.
133 et passim.
86 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 161.
MODELLI INTERPRETATIVI
85
la sua antitesi cio attraverso la razionale attivit dispositoria esercitata dalle opere
su tutto ci che a loro eterogeneo 8 '.
Ibidem, p. 164.
Ibidem, pp. 168-69.
Martin Luter, citato da Gadamer in Verit e metodo.
W.F. Haug, Zur Kritik der Warenstbetik, in Kursbuch, 20, 1970, pp.
86
MODELLI INTERPRETATIVI
87
LINGUAGGIO E INTERPRETAZIONE
La mediazione che dobbiamo dunque ora indagare quella, davvero
costitutiva, tra desiderio e linguaggio o, detto altrimenti e in termini di
filogenesi, quella del rapporto tra desiderio e principio di realt; senza
scordare tuttavia che il principio di realt del quale stiamo parlando
interamente sociale, non certo psicologico-neutro. Naturale conseguenza
che quello strumento sociale della divisione del lavoro che il linguaggio
deve poterci condurre alla comprensione del modo con il quale fantasia,
desiderio e ricordo, entrino a far parte del processo interpretativo. Vedia
mo dunque di analizzare la sua forma principale e pi semplice: la critica
immanente. Scrive Adorno che:
92 Un esempio la gi citata analisi, e interpretazione in secolarizzazione, fatta da
C. Trcke in Gewalt und Tab, op. cit.
93 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 160.
94 Ibidem, p. 150.
50
il procedimento immanente [...] prende sul serio il principio secondo cui non
l'ideologia in se stessa non vera, bens la sua pretesa di corrispondere alla realt.
Fare la critica immanente delle configurazioni spirituali significa cogliere nell'ana
lisi della loro forma e del loro senso la contraddizione tra la loro idea obiettiva e
quella pretesa 95 .
MODELLI INTERPRETATIVI
89
Il limite della critica immanente non dunque stabilito solo dal feti
cismo dell'immanenza logica, ma ha anche a che fare con il particolare
modo di penetrazione dell'universale nel particolare. Alla critica imma
nente spetta una parte fenomenologica la quale, tuttavia, facilmente si
lascia trasportare alla fenomenologia dell'immediato come se esso fosse
reale e non un posto del pensiero. Una tale ipostasi costituirebbe il suo
limite di validit. La critica immanente portata, per la sua natura, a fare
il pelo alla pretesa dell'ideologia di essere vera.
Funzionare all'infinito pu anche il terrore, ma il funzionare come fine a se stesso,
separato da ci per cui funziona, una contraddizione non meno di una qualsiasi
contraddizione logica. [...] Critica non significa solo decidere se le ipotesi proposte
possono essere dimostrate come esatte o come false: la critica penetra fino all'og
getto. Se i teoremi sono contraddittori, non detto che di questo debbano essere
sempre e necessariamente responsabili i teoremi lon.
Il limite della critica immanente sta allora nel fatto che non solo i
concetti, ma anche le cose possano essere false.
questo davvero un punto nevralgico delle interpretazioni adorniane. La critica deve essere capace di porsi tanto di fronte al testo quando
di fronte al reale, anzi, non manca il suo scopo solo quando compie con
temporaneamente entrambe le operazioni. Non si pu fingere tuttavia che
il reale sia categoria o realt priva di questioni. E la principale questa:
se la dialettica critica non ammette alcun originario, nemmeno tra idea e
realt, a partire da che cosa parla? A partire, risponde Adorno, dalla sua
forma, la forma-saggio, dove
90
gioia e gioco sono per il saggio essenziali. Esso non prende le mosse da Adamo e
va, ma da ci che vuoi trattare; dice quanto gli viene in mente e finisce quando
si sente esso stesso esaurito e non quando esaurito l'oggetto: e cos si colloca tra
le quisquilie 101 .
104 Ibidem.
MODELLI INTERPRETATIVI
91
Adorno sta qui parlando della ingenuit epica, cio della speranza
che nella narrazione oggettiva, prelirica, degli avvenimenti si faccia avanti
il senso delle cose stesse. Solo la pretesa scientifica che il linguaggio debba
misurarsi su di una struttura strettamente scientifica, fatta cio di defini
zioni e stati di cose, allontana di tanto il nesso tra parola e cosa da farlo
scomparire nella interminabile catena interna dei rimandi. Adorno cerca
di tenere memoria di ci che propriamente gi non si lascia proprio pi
ricordare 106 , ovvero del fatto che anche il linguaggio intrattenne stretti
rapporti con la costituzione e dell'individuo e della societ; e che se en
trambi sono mediati dal linguaggio, e dunque a loro volta lo mediano
come sarebbe semplice mostrare, tuttavia non possono essere identificati
con esso. La fuga di pensieri in cui si configura il sacrificio del discorso,
la fuga della lingua dalla sua prigione e se nella poesia omerica si ha
l'autonomizzazione della metafora rispetto al significato:
l'immagine linguistica elaborata dimentica in parte il proprio significato per incor
porare nell'immagine la lingua stessa invece di rendere trasparente l'immagine.
[...] Non che i poemi epici fossero dettati da intenzione allegorica. Ma la potenza
della tendenza storica in lingua e contenuto in essi cos grande che nel corso del
processo fra soggettivit e mitologia gli uomini e le cose [...] si trasformano in
semplici luoghi. [...] l'obbiettivo capovolgimento della pura esposizione non
significante in allegoria della storia a diventar visibile 107 .
106 Ibidem.
92
MODELLI INTERPRETATIVI
93
94
120 Ibidem.
MODELLI INTERPRETATIVI
95
praxis, che nel saggio sull'attualit della filosofia era la soluzione del carat
tere di enigma. Anche adesso si tratta di eseguire sul serio, in qualche
modo di riassumere e conservare tutti i caratteri evolutivi, i mille intrec
ci del testo, perch solo nel movimento di questo e della sua storia, il
problema un problema. Ma il guaio viene proprio dal fatto che il lin
guaggio, modello di struttura di forze come l'opera d'arte, un medium
due volte mediato, dal mediato e dall'altro. Nulla pi, semmai lo sia
stato, mosso in una dialettica diadica. Questa sarebbe, per esprimerci
poeticamente, possibile solo nel paradiso terrestre, dove nessun terrore
costrinse alcunch a esprimersi nella forma della rimozione a forma. Ma
ragiono che i testi di Adorno debbano essere letti da un punto di vista metodologico
con una particolare attenzione agli strumenti stilistici (p. 10). Il tutto sembra corri
spondere benissimo a quanto lo stesso Adorno afferma essere il compito dell'arte, da
cui non si sent mai fratto, cio quello di assumere tutte le questioni di contenuto come
se fossero questioni di stile. La Rose prosegue: i suoi testi potrebbero senz'altro essere
descritti come anti-testi, come di fatto egli descrisse quelli hegeliani (p. 21), e passa
ad analizzare alcune figure tipiche dello stile adorniano, ricollegandole volta per volta
a specifici contenuti e intenti, fra queste: la costruzione passiva (p. 12), il chiasme (p.
13). Segue l'analisi degli intenti che soggiacciono a tali figure formali: la differenza tra
espressione e comunicazione (p. 15), i rimandi mitici (p. 15), l'ironia (p. 16), l'inversio
ne (p. 17). Per la tradizione dell'ironia Adorno viene accostato a Nietzsche, al punto
che la Rose sostiene essere quella di Adorno una lettura nietzscheana di Hegel, con in
pi la discoperta del carattere metafisico delle stesse conclusioni di Nietzsche. Quindi
(p. 23) un'interessante terminologia - necessary illusion - descrive il passaggio dal
nichilismo al marxismo, dove il termine illusion usato dalla Rose per rendere l'idea
che si tratti di superare la gabbia del solipsismo empirista. Saltiamo alcune dense parti
di ricostruzione storica e teoretica del lavoro di Adorno, per approdare al rapporto con
Lukcs; cosi si esprime la Rose al termine del capitolo: il criterio lukacsiano per la
distruzione della ragione per Adorno paradigma della possibilit stessa d'esistenza
della cultura, intendendo con questo il valore formale ineliminabile che Adorno repe
risce come istinto critico della cultura. A pag. 124 si trova una delle rarissime citazioni
del tema della parodia in Adorno; questione davvero centrale per una teoria dell'interpetazione dialettica. Purtroppo la Rose si sofferma su di essa solo per contrappore la
preferenza lukcsiana per il realismo contro quella adorniana per la parodia formale.
Ancora pi oltre (pp. 139 e sgg.) la Rose riconosce come nel pensiero di Adorno: il
significato delle categorie concettuali una propriet della struttura sociale. [...] La
produzione di senso quindi opposta alla sua comunicazione (illusione); in questo
caso, significato e illusione sono contrapposti. Ad ogni modo, pi generalmente, il
significato identificato con il modo illusorio nel quale la struttura sociale appare
essere intelligibile o meno. Dato questo, la Rose sostiene essere le forme il terminus
ad quem della ricerca adorniana, in quanto in esse oscurato il significato nel contesto
sociale del tardo capitalismo; e per tanto tale ricerca va effettuata, data l'espulsione
delle forme significanti nella produzione, tra le maglie dei resti non produttivi. Da qui
la micrologia adorniana. Essa tenderebbe a ricostruire quello shock d'esperienza che
solo rende accettabile la struttura paratatticca della critica della dialettica negativa.
96
MODELLI INTERPRETATIVI
97
FREUD E KAFKA
Perch Freud e Kafka? Intanto perch la dialettica negativa, peculiar
mente, essendo negazione oltre che della sociale anche della propria tota
lit, trova espressione teoretica solo per modelli. Ma in secondo luogo per
vedere all'opera, in una interpretazione effettiva, due soluzioni del rappor
to tra soggetto e oggetto che Adorno consider paradigmatiche. Queste
soluzioni costituiranno, per noi non solo un momentaneo punto fermo
sulla questione, ma anche una guida per affrontare, nel seguente capitolo
quarto, gli snodi centrali della mediazione soggetto/oggetto per la formu
lazione che in essa ricevono le questione di una interpretazione filosofica.
Adorno sarebbe probabilmente il pi radicale degli ermeneuti, se
dovessimo prendere a metro di giudizio il riconoscimento della determi
nazione del contesto sul testo: non c' pensiero che sia immune dalla sua
comunicazione, e basta formularlo nella falsa sede e in un senso equivocabile per minare la sua verit124 . Forse questa la spiegazione dello
strano rapporto di Adorno con Freud, che tra l'altro rassomiglia, curiosa
mente, a quello con Marx. A entrambi Adorno non ha dedicato che pa
gine occasionali, notazioni e aforismi, eppure non c' alcun dubbio che
essi siano due colonne portanti del pensiero dell'autore francofortense.
Aveva scritto Adorno che nella psicoanalisi non c' nient'altro di
vero che le sue esagerazioni 125 , e questa frase gli era stata pi volte rim
proverata. N altrove il rapporto con Freud pi sereno.
L'illuminismo non illuminato di Freud porta acqua al mulino dello scetticismo
borghese. Tardo nemico dell'ipocrisia, egli sta a met strada tra la volont di
Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 17.
Ibidem, p. 47.
98
126 Ovviamente non si potr qui fare disamina della correttezza della ricezione
adorniana di Freud. Per quanto possa essere interessante capire quanto Adorno lo
conoscesse davvero, qui ci riguarda solo quanto egli crede di pensare in riferimento al
fondatore della psicoanalisi...
127 Ibidem, pp. 62-63.
MODELLI INTERPRETATIVI
99
Se il rigore, per Adorno, risiede nella autoriflessivit, ovvero nell'applicare a se stessi le proprie categorie, allora si tratta di far psicoanalisi
anche alla psicoanalisi, giacch essa , come tutti i pensieri, fondata sul
desiderio. I fatti incontrovertibili - crinale tra capacit euristica e dogma
tismo - sono, se util2zati come dati di fatto immediati, anch'essi una
proiezione e una paura. La psicoanalisi, come tutto il sapere, allora,
secondo Adorno formato da Freud, una formazione di compensazione,
spostamento e rimozione del terrore. La natura che essa scopre dipen
dente dalla natura delle categorie che impiega - altro semplice principio
ermeneutico - e quindi essa non scopre affatto la natura, perch non
affatto naturali sono le sue categorie; una certa mimesi con il modo col
quale le scienze fisiche e matematiche concepiscono se stesse anzich raf
forzare la psicoanalisi, le precluderebbe al contrario la possibilit di pene
trare in quella concezione, e non potendovi penetrare - seguendo le regole
che essa stessa ha scoperto - le introietta: poich anche le pi remote
oggettivazioni del pensiero traggono alimento dagli impulsi, il pensiero,
distruggendoli, distrugge la condizione di se stesso 128 . Ma c' anche
dell'altro. Secondo Adorno, il pensiero psicoanalitico prende per buone
non solo categorie ma anche giudizi borghesi, che significa di quella bor
ghesia europea del primo ventennio del Novecento 12q . Un esempio di ci
lo troviamo, per restare ai Minima moralia, nell'aforisma: Invito alla
danza. Lo schema della felicit , a detta di Adorno, elaborato sul com
plesso edipico. Lo psicoanalista affermer: un complesso edipico irrisol
to. Adorno si domanda, e allora? Il fatto che il progetto illuministico di
giungere finalmente a una societ dove le contraddizioni non siano sempre
le medesime, sia costruito dal fragile Io, utilizzando un ricordo che
probabilmente acquista molta della sua forza da un fantasma di felicit che
non mai esistita, non sminuisce affatto il valore del desiderio.
Come per molti altri pensatori borghesi, anche di Freud, Adorno
sostiene che fosse un radicale, giunto al limite possibile. Il problema ulti
mo quello della identificazione: Freud si sarebbe arrestato prima di
riconoscere l'influsso di entrambe le nature, non solo quella interna e
esterna, ma anche e soprattutto quella sociale. Adorno accetta e fa sua
128 Ibidem, p. 141.
129 Questa storicit per Adorno legata a quella dell'individuo e non semplice
mente a un problema di prospettiva; in modo non dissimile la pensava Marcuse, cfr.
H. Marcuse, Dae Veralten der Psychoanalyse. Versione tedesca di A. Schmidt della
conferenza Obsolescence of Psuchoanamysis, tenuta a New York nel 1963, ora in H.
Marcuse, Cultura e societ, Einaudi, Torino 1969, pp. 223-242.
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