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UNIVERSITDEGLISTUDIDIMILANO

FILARETEONLINE
PubblicazionidellaFacoltdiLettereeFilosofia

EZIOPARTESANA

Criticadelnonvero.Peruna
teoriadellinterpretazionein
Th.W.Adorno
Firenze,LaNuovaItalia,1997
(PubblicazionidellaFacoltdiLettereeFilosofiadellUniversit
degliStudidiMilano,171)

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mente.

PUBBLICAZIONI
DELLA FACOLT DI LETTERE E FILOSOFIA
DELL'UNIVERSIT DEGLI STUDI DI MILANO
CLXXI

SEZIONE DI FILOSOFIA

25

EZIO PARTESANA

CRITICA DEL NON VERO


PER UNA TEORIA DELL'INTERPRETAZIONE
IN TH.W. ADORNO

LA NUOVA ITALIA EDITRICE


FIRENZE

Partesana, Ezio
Critica del non vero :
Per una teoria dell'interpretazione in Th.W. Adorno. (Pubblicazioni della Facolt di lettere
e filosofia dell'Universit degli Studi di Milano ; 171.
Sezione di Filosofia ; 25). -

ISBN 88-221-1891-X
I. Tit.
1. Ermeneutica - Teorie di Theodor Wiesengrund Adorno
121.68

Propriet letteraria riservata


Printed in Italy
Copyright 1995 by La Nuova Italia Editrice, Firenze
l a edizione: febbraio 1997

a mio padre, Carlo

INDICE

Prefazione

p.

CAPITOLO I. INTRODUZIONE. L'INTERPRETAZIONE NEI PRIMI


SCRITTI DEGLI ANNI '30

L'idea di storia naturale


La esatta fantasia

17
24

CAPITOLO II. LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

35

Troppa fiducia nella coscienza attuale


Perch Ulisse non ascolt il canto delle sirene
Desiderio, etica e interpretazione

35
43
50

CAPITOLO III. MODELLI INTERPRETATIVI

61

II passaggio dialettico
Linguaggio e interpretazione
Freud e Kafka

77
87
97

CAPITOLO IV. LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

113

Verit, processo e immaginazione. La lettura di Hegel


La memoria del gioco e il dolore del ricordo
Ideologia, utopia e obbligo al concetto
Dialettica negativa. La costruzione dell'immaginazione critica

118
136
148
155

CAPITOLO V. DIALETTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA.


LA PARODIA

161

Memoria tra traduzione e desiderio


Ontologia e deontologia: l'unit di logica e etica
La contraddizione come chiave ermeneutica
II debito storico e il rapporto tra verit e piacere
Per una teoria dell'interpretazione: la parodia
Fine dell'interpretazione

161
174
181
190
202
215

INDICE

BIBLIOGRAFIA GENERALE
Parte prima: opere e saggi di Th.W. Adorno, secondo la data
di pubblicazione in Italia
Parte seconda: edizione tedesca delle opere complete
di Th.W. Adorno
Parte terza: bibliografia critica
Parte quarta: emeroteca
Parte quinta: altri testi

p. 226
226

227
228
231
233

PREFAZIONE

Anche quando la filosofia pretende di elaborare i rap


porti secondo principi puri e astratti, essa assume in s,
positivamente o negativamente, categorie immanenti
alla societ esistente.
Th.W. Adorno 1

II problema che si intende porre in questo volume quello dei rap


porti tra Adorno e l'ermeneutica. A prima vista esiste una soluzione im
mediata: poich quello dei rapporti tra Adorno e l'ermeneutica , come
direbbero i logici, un insieme vuoto, la soluzione sta nel fatto che non
esista alcun rapporto. Tuttavia basta considerare non rapporti tra autori,
bens rapporti tra effettive pratiche filosofiche, che il vuoto si riempie. Ci si
trova allora a guardare l'opera di Adorno da un altro punto di vista, e cio
a domandarsi su cosa poggi la straordinaria capacit di penetrazione cri
tica di quel pensiero; e poich lo studio dei fondamenti e della pratica
interpretativa l'oggetto attorno al quale oggi si riunisce quell'insieme
eterogeneo di teorie che si pu chiamare genericamente ermeneutico, vien
fatto di pensare se non sia possibile descrivere la forza critico-interpreta
tiva della dialettica nei termini di una pratica ermeneutica.
Ora, se palese che Adorno dovesse possedere una prassi interpre
tativa, e che sia dunque possibile, almeno in linea di principio, individuar
la e descriverla a partire dai suoi lavori, si presentano, per, per farlo, due
vie percorribili entrambe insoddisfacenti. L'una consisterebbe nell'ennesi
ma sintesi teorica di che cosa sia e come funzioni la negative Dialektik,
lavoro che non solo gi stato compiuto da ottimi studiosi, e che dunque
non necessario ripetere, ma che soprattutto non pu comprendere in s,
dato il suo carattere filologico, la battaglia attuale tra dialettica ed erme1 Th.W. Adorno e M. Horkheimer a cura di, Lezioni di sociologia, voi. IV dei
Frankfurter Beitrge zur Soziologie dell'Instttut fr Sozialforschung di Francoforte,
editi da Th.W. Adorno e W. Dirks, Europische Verlagsansalt, Frankfurt a. M. 1956,
trad. A. Mazzone, Einaudi, Torino 1966, p. 15.

CRITICA DEL NON VERO

nautica. L'altra opzione, simmetrica e contraria, sarebbe di interpretare la


filosofia critica alla luce, come si suoi dire, dell'ermeneutica, cio mostrare
e dimostrare come e in che misura essa sia all'altezza della contemporanea
koyn filosofica. Una strategia di inglobamento che avrebbe il prevedibile
difetto di oscurare l'identit specifica del pensar dialettico, e di conse
guenza di perderne la portata critica anche nei confronti della stessa er
meneutica.
Qualsiasi scelta si compia per cavar fuori dall'opera di Adorno una
teoria generale dell'interpretazione esposta ai difetti di cui sopra, o ancor
peggio al rischio di sistematizzare un pensiero di sua volont critico atten
to di ogni totalit. Lo stesso vale per quella qui proposta - che solo
apparentemente semplice - con a suo favore, per, il pregio di derivare
dai presupposti teorici dello stesso Adorno. Si tratta, in breve, di porre agli
scritti di Adorno le domande della tradizione ermeneutica. In questo modo
l'oggetto della ricerca bens "illuminato" dall'ermeneutica - , per dir
cos, lo stesso oggetto - ma inserito in una configurazione tale (il pensiero
di Adorno), che n l'oggetto n la sua comprensione risultino / medesimi
dell'ermeneutica. E quindi rimangono presenti per intero le questioni che
questa pone alla riflessione, ma senza che questa interezza azzeri lo spe
cifico della filosofia critica. Ricostruire attraverso le effettive interpretazioni critiche di Adorno e, va da s, attraverso la sua dialettica, una teoria
dell'interpretazione, risulta allora possibile senza dover forzare i testi ad
essere quel che non sono, e cio scritti sull'ermeneutica.
Un simile escamotage attuabile perch, come dicevamo prima, una
pratica critico-interpretativa costantemente all'opera nei testi di Adorno
e sebbene non sia concepita affatto come ermeneutica - anzi sia in forte
polemica con la versione heideggeriana di essa - ha anche ricevuto una
formulazione teorica in Dialettica negativa. Lo sguardo parziale alla quale
intendiamo sottoporla, cio il fatto che le faremo domande solo circa
l'oggetto interpretazione critica, una colpa non solo inevitabile ma
fruttuosa 2 . Essa deriva e trova una sua giustificazione, del resto, proprio
nella dialettica tra pensiero filosofico e categorie immanenti alla socie
t 3 , che costituisce oggetto di tanta parte degli scritti adorniani.
Poich la filosofia, secondo Adorno, accede all'esperienza solo per
tramite di concetti, i quali, a loro volta, sono il risultato di determinazioni
2 Cfr. Th.W. Adorno, II saggio come forma, in Note per la letteratura, voi. I,
Einaudi, Torino 1979, pp. 5-30; L. Althusser, Per Marx, Editori Riuniti, Roma 1967.
3 Vedi l'incipit a questa prefazione.

PREFAZIONE

extra-concettuali, essa deve, quale che sia l'oggetto a cui si applica, ottem
perare a due obblighi incompatibili: comprendere il non-identico-da-lei e
insieme di ricondurlo, in un qualche modo, all'identit con se stessa.
Questa precariet del procedere filosofico, che non ha da nessuna parte
un punto di appoggio fermo, e continuamente viene rimandato dalla lo
gica dei concetti al non-concettuale e viceversa, fa tuttavia s che compren
dere filosoficamente non significhi solo ricostruire l'oggetto, ma in pari
tempo ridislocare s in base ad esso. Dall'imbarazzante scelta tra affidarsi
all'immediatezza e richiudersi nell'autonomia delle proprie categorie, in
fatti, la filosofia esce grazie al fatto che n i suoi concetti n i suoi
oggetti sono esseri ontologici bens - come riportato nell'incipit a questa
prefazione - rapporti elaborati e assunti da categorie immanenti alla socie
t. Allora il pensiero, che mediazione e non rispecchiamento di ci su
cui si esercita, ha il dovere di porsi continuamente di fronte se stesso,
compiendo quell'operazione interpretativa fondamentale che consiste nell'afferrare le proprie categorie nel concreto della relazione dialettica che
esse intrattengono con l'altro da s, e non nel ciclo tranquillo dell'iperuranio. Detto altrimenti: poich non le possibile l'immediatezza - n qui
troverebbe alcunch - la interpretazione filosofica parte dal mediato, da
quel quel che viene per secondo', e la mediazione stessa le diviene essenzia
le. Cos anche riflessione sulla filosofia non pu che essere percorsa obli
quamente, essendole interdetti sia l'abbandonarsi al puro ordine dei con
cetti, sia l'accettazione incondizionata dell'immediato positivo.
Tutto questo comporta che il confronto tra le categorie adorniane e
quelle ermeneutiche, poich in quanto tali esse sono mediazioni e non
essenze eterne n mera matter offacts, sia tanto pi vicino all'essenziale
quanto pi venga condotto in dirczione del rapporto che esse costituisco
no in quanto interpretazioni ed espressioni della realt. Ovvero tale con
fronto deve essere per un lato critica dell'ideologia e per l'altro aggiorna
mento della teoria. E le due cose, processualmente, coincidono. Non si
tratta di capire perch a certi periodi corrispondano certe Weltanschauungen filosofiche, quanto di sapere quali strumenti intellettuali siano in gra
do di comprendere la realt - e se stessi come parti di quella - e quali no.
Un non filosofo direbbe: sapere chi ha torto.
Ma non certo attraverso un confronto tra idee e realt, comunque,
che pu essere formato un simile giudizio; non c' un grado di rispecchia
mento da quantificare. Un progetto di ricerca quale quello qui delineato
eminentemente anti-nominalista. Nel senso che la resistenza che gli
universali, quelli ermeneutici come quelli impiegati dalla dialettica ador-

CRITICA DEL NON VERO

niana, manifestano alla loro totale sussunzione sotto un processo induttivo-deduttivo irriducibile a questioni definitorie di chiarezza e distinzio
ne. Limitarsi a prendere categorie chiave della tradizione ermeneutica quali ad esempio quelle di circolo, precomprensione, orizzonte, ricezione,
etc. -, mostrare se ad esse corrisponda o meno la realt, e quindi cer
carne una versione dialettica negli scritti di Adorno, sarebbe come credere
di poter guarire da una malattia stilando l'elenco dei malanni che non si
hanno, oppure convincendosi di averne una comoda e ben curabile al
posto di quella che realmente si ha. Chiariamo quindi che non si tratta per
nulla di compiere l'artificio dello stiracchiare i testi e i modi del pensiero
adorniano fino a che questi non confessino - sottoposti a simile tortura d'essere anch'essi inconsciamente iscritti nella grande madre della tradi
zione ermeneutica; cos facendo si mancherebbe di rispetto tanto agli uni
quanto all'altra. E d'altronde, ricondurre Adorno e l'ermeneutica ad una
comune radice di critica del razionalismo, per esempio, significherebbe
trattare intenti e categorie filosofiche come meri sintomi a partire dai quali
si possa risalire indietro ad una loro autentica causa, sociale, psicologica
o filosofica che sia. Al contrario, la loro mediatezza, o secondariet, s
sedimentata dal momento sociale, ma come per negativo, senza che sia
possibile una rappresentazione immediata della mediazione. Il modo in
cui il pensiero domina l'essere dopo esserne stato determinato non pu
semplicemente essere tolto per ritrovare l'essenza di quella determinazio
ne; allo stesso modo il confronto tra Adorno e l'ermeneutica non pu e non deve - giungere a delle Verit antecedenti entrambi. Porre alla
filosofia dialettica negativa le questioni dell'ermeneutica - affermando al
contempo che questo comporti, almeno implicitamente, la comprensione
del momento sociale di entrambe - non vuoi dire diminuire l'opposizione
che esiste tra le due, ma piuttosto mostrare come la dialettica sia in grado
di formulare al proprio interno domande e risposte sul medesimo ordine
di problemi, conferendo loro un aspetto diverso.
Questo far questione di se stessa che la filosofia porta avanti non
un momento di secondaria importanza. In esso presente anche il sospet
to legittimo sul significato stesso del lavorio filosofico. Non che il dimo
strare che la dialettica negativa sia all'altezza dei temi ermeneutici possa
giustificare la sua esistenza, ma se vero che la filosofia il proprio
tempo appreso per concetti, e non essendoci dubbio che il nostro tempo
si apprenda per una gran parte per concetti ermeneutici, allora presentare
una teoria dialettica dell'interpretazione, significa dimostrare che la dialetti
ca in quanto tale ancora all'altezza del nostro tempo.

PREFAZIONE

Si obbietter forse a questo punto che dubbio che le ermeneutiche


costituiscano un'unit, e che anzi di fatto un oggetto ermeneutica non
si da. vero, e non si pu certo costruirsi una unit ad hoc riferendosi ad
un presunto nucleo di problemi che esisterebbe indipendentemente dalla
teoria che li tratta. Questo intento, che gi nella sua sostanza interpre
tativo, deve poter mostrare non solo quali siano queste contraddizioni ma
anche in che modo siano state assunte in essa - dunque conservate e
rimosse - e attraverso quale mediazione si sia tentato concettualmente di
corrispondervi. Se di ogni filosofia si pu affermare, secondo Adorno, che
se non vuota, risponda a contraddizioni essenziali, tuttavia la compren
sione di tale rispondenza non a portata di mano, essa dipende piuttosto
dalla lettura critica, ma questa il risultato che qui ci proponiamo, non il
punto di partenza. Tuttavia poich non nostra intenzione una disamina
esplicita di nessuna ermeneutica, ma solo la ricerca di un primo abbozzo
di una teoria dell'interpretazione in Adorno, e semmai ci aspettiamo solo
di riflesso e implicitamente che una tale teoria dialettica dell'interpretazio
ne possa essere spunto di riflessione su certi aspetti di alcune prassi di
lettura critica contemporanee, non necessario per noi formulare una
unit della scienza dell'interpretazione o della storia delle teoria ermeneu
tiche, ma sufficiente sottintendere un riferimento ad un insieme di que
stioni e soluzioni - e cio ad una certa convergenza che si verifica oggi nel
decidere i criteri di pregnanza di questioni e soluzioni, intorno alle radici
del pensiero ermeneutico 4 .
Il processo dell'esecuzione - esecuzione nell'accezione adorniana,
cio nel senso in cui si pu dire eseguire un brano musicale o di in
terpretarlo - che qui ci accingiamo a compiere non consiste dunque
affatto nella comparazione della varie teorie per estrarre poi predicati
generali da sottoporre a verifica del maglio dialettico. Al contrario; essa si
muove perch, restando in metafora, il musicista (nel nostro caso i libri di
Adorno) prima di eseguire la partitura deve interpretarla, renderla sua.

4 Giacch non verranno riassunte n espresse sistematicamente nel prosieguo del


lavoro, necessaria qui l'onest di indicare l'origine delle conoscenze ermeneutiche
dell'autore. Esse derivano in parte dallo studio diretto, ma anche dalle lezioni, dai testi
e dalle discussioni avute con Paolo D'Alessandro. A questi - e alle sue ricerche sulla
lettura sintomale - l'autore debitore soprattutto dell'incontro con la possibilit di
differenziazione tra ideologia e scienza ermeneutica. Cos si potrebbe dire che mentre
l'autore responsabile dell'esperienza dell'ermeneutica come ideologia apologetica,
deve a D'Alessandro la conoscenza delle questioni di una teoria interpretativa filosofica, in tutta la loro seriet.

CRITICA DEL NON VERO

Questa dialettica ha il suo lato mefistofelico nel mostrare, attraverso dif


ferenti costellazioni concettuali, tutto quel che , esplicitamente o impli
citamente, contenuto in un pensiero ma che dalla prospettiva immanente
risulterebbe invisibile. Proprio come nella psicologia individuale, in linea
generale ad ognuno inaccessibile non una rimozione qualsiasi bens la
sua propria, allo stesso modo se sottoponiamo Adorno ai temi dell'erme
neutica filosofica perch da questa dislocazione ci aspettiamo emergano
ragioni che all'interno del loro proprio paradigma rischierebbero di resta
re invisibili. In un certo senso si tratta non di togliere ma di cogliere
l'ideologia presente nelle problematiche, che in essa deve trovarsi, nasco
sto, anche il suo contenuto di verit.
Da questo dipende infine quel che pi importa: la riflessione dell'er
meneutica sulla dialettica adorniana deve illuminare il proprio oggetto,
interpretare criticamente Vethos ermeneutico, e - se coerente con il
nucleo teoretico dialettico della verit come processo - venir trasformata
essa stessa. L'opera di chiarificazione della mediazione concettuale dei
suoi contenuti non ha, per dir cos, quartiere; del resto Adorno lo espresse
nel modo pi chiaro: non si da vita vera nella falsa 5 , dunque neanche
filosofia. Abbiamo cos un doppio vuoto da oltrepassare: una prassi inter
pretativa dialettica che non si coscientemente posta come tale di fronte
ai problemi dell'ermeneutica, e una teoria ermeneutica che riflette 6 su di
s attraverso la dialettica negativa. un po' come se l'ermeneutica andasse
in analisi dalla filosofia di Adorno e noi per trascrivessimo solo le rifles
sioni private dell'analista. Esse avranno sempre a che fare col dialogo
terapeutico ma non direttamente, saranno invece indice di quanto i rac
conti dell'analizzato siano in grado di destare del pensiero dell'analista.
Detto altrimenti; se Adorno ha scritto la sua filosofia come dialettica
negativa, che lo sforzo di ottenere, secondo le parole del suo autore, la
prospettiva dalla quale le cose appaiano dissestate 7 , ed dunque sempre
dipendente dal proprio oggetto o, detto altrimenti, eseguibile solo per
modelli, altro non vuole essere questa ricerca su ermeneutica e dialettica
negativa che un modello di quest'ultima.

5 Th.W. Adorno, Minima moralia, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1951, trad.


it. di L. Ceppa, Minima moralia, Einaudi, Torino 1979, p. 35.
6 Questa pars destruens risulter, nel presente lavoro, implicita; un suo svolgimen
to soddisfacente, com' evidente, richiederebbe una ricerca a s e non pu certo venir
fatto en passant.
1 Cfr. Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 304.

CAPITOLO I
INTRODUZIONE
L'INTERPRETAZIONE NEI PRIMI SCRITTI DEGLI ANNI '30
Qualsiasi critica filosofica oggi possibile come critica del linguag
gio. Essa deve estendersi non solo alla cosi detta adeguazione delle
parole alle cose, ma anche alla situazione delle parole in se stesse;
ci si deve domandare quanto siano idonee alla loro propria inten
zione, quanta della loro forza si sia storicamente estinta, quanto in
esse possa divenire configurativamente valido.
[...]
La struttura reale (sachliche) di un'immagine filosofica pu gi sta
re in una tensione figurativa con la sua propria struttura linguistica.
Th.W. Adorno '

Se pure vero che non si pu ricavare dai testi pi di quanto si sia


disposti a immettervi 2 , tuttavia non si deve poter estrarre l'oro dal piom
bo. Cosi il fatto che Adorno abbia cominciato la sua riflessione filosofica
con scritti dove si pongono esplicitamente le questioni dell'interpretazione
e del rapporto tra questa e le strutture linguistiche, costituisce per la
presente ricerca pi un problema che non una conferma; la formazione
culturale in genere e filosofica in particolare di Adorno non consentono
una lettura di questi primi lavori come anticipazioni di interessi ermeneu
tici poi abbandonati. Come gi detto nella Prefazione, simili interessi sono
estranei all'orizzonte di problemi in cui si muove adesso (e si muover in
seguito) il giovane Theodor Wisengrund. Semmai da notare come prima ancora di un'esaudiente lettura di Hegel - il significato della filo
sofia fosse, per Adorno, da ricondursi alla critica filosofica, e questa a sua
volta avesse un aspetto fondamentale nel rapporto tra configurazione lin
guistica e struttura reale storica. E vero che questa dialettica fortemente
influenzata da Benjamin, e che dunque manca ancora dell'aspetto pi
tipicamente adorniano dell'uso delle determinazioni come negazioni senza
risoluzione in una forma storica pi alta, ma ci costituisce un indizio
' Th.W. Adorno, Thesen iiber die Sprache des Philosopben, in Th.W. Adorno,
Gesammelte Schriften, Band I, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1973, pp. 336-74. Il
saggio risale, secondo le indicazione della bibliografia ufficiale Suhrkamp, all'inizio
degli anni Trenta.
2 Cfr. Th.W. Adorno, Drei Studien zu Hegel, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M.
1963; ed. it. Tre studi su Hegel, trad. R. Bodei, II Mulino, Bologna 1971, p. 191.

CRITICA DEL NON VERPO

prezioso di come i problemi di una teoria dell'interpretazione fossero


posti autonomamente da Adorno. Essi cio ricevettero una formulazione
linguistica che se non era dialettica non era neppure ermeneutica. Cosi se
non si pu dire che questi scritti forniscano gi una prima sistemazione
della forma critica nella dialettica di Adorno, tuttavia rappresentano la
giustificazione e il primo passo del nostro intento, che quello di tradurre
- senza alcuna illusione di fedelt o neutralit - le questioni ermeneutiche
all'interno della dialettica negativa.
Il fatto che questa traduzione la si trovi gi compiuta, se da un lato
alleggerisce dalla responsabilit di impostarla e dall'arbitrio di compierla,
dall'altro, appunto, costituisce evidentemente un problema; nel senso che
da spiegare come mai essa apparentemente scompaia negli scritti succes
sivi. L'ipotesi che si presenta , naturalmente, che essa non scompaia
affatto, ma che anzi venga continuamente riproposta, alimentandosi con
temporaneamente delle interpretazioni effettive di fenomeni artistici pro
poste da Adorno e delle autoriflessioni critiche sui poteri e doveri del
discorso filosofico; e che l'espressione che qui riceve il problema interpre
tativo sia in una tensione figurativa con la sua propria struttura linguisti
ca 5 . Bisogna perci sciogliere l'aspetto enigmatico di questa tensione
perch si dispieghi il contenuto della sua presenza in assenza.
Nel 1931, dunque, Adorno tenne il suo discorso inaugurale all'uni
versit di Francoforte: Die Aktualitdt der Philosophie 1*. L'attualit della

3 Th.W. Adorno, Thesen ber die Sprache des Philosophen, cit. p. 374.
4 Th.W. Adorno, Die Aktualitt der Philosophie, in Th.W. Adorno, Gesammelte
Schriften, Band I, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1973, pp. 325-44; traduzione
italiana comparsa sulla rivista Utopia III, 1973, n. 7-8, a cura di C. Pettazzi.
Vista la data di questo discorso inaugurale sulla attualit, viene spontaneo riflet
tere sulla sua ingenuit politica. E oramai topos riconoscere la poca scaltrezza politica
di Adorno nei confronti del nazionalsocialismo, soprattutto vista la violenza di alcuni
suoi attacchi nei confronti di Heidegger, e della importanza che i crimini nazisti avran
no nel suo pensiero. La cosa certamente vera, e se ne potrebbero portare riscontri
oggettivi. Si deve tuttavia ricordare come anche altri autori, e amici di Adorno, pur
assai pi lungimiranti abbiano molto tardato a riconoscere il carattere irrimediabile
degli avvenimenti che si andavano maturando dall'inizio della seconda met degli anni
venti in Germania. A questo proposito si pu vedere il libro di E. Rusconi, La crisi di
Weimar, Einaudi, Torino 1977, dal quale si possono trarre interessanti notizie e dati
sociologici e politici. Ma anche Ernst Bloch ebbe qualche lapsus per eccesso di ottimi
smo. Un esempio eclatante di ci si pu avere nel libro Erbschaft dieser Zeit, pubblicato
la prima volta a Zurigo nel 1935, ma con aggiunte successive fino agli anni Quaranta,
e poi uscito per i tipi della Suhrkamp nel 1962, in italiano: Eredit del nostro tempo,
traduzione di L. Boella, Coliseum, Milano 1992. Proprio in un testo paradigmatico per

INTRODUZIONE

filosofia si definirebbe innanzitutto per differenza dalla scienza, ma un


tipo di differenza che concerna da vicino il nostro oggetto, infatti:
la filosofia non si differenzia dalla scienza [...] per un pi elevato grado di gene
ralit. Essa non si separa dalla scienza n per astrattezza di categorie n per la
natura del suo materiale. La differenza consiste piuttosto principalmente nel fatto
che la singola scienza accetta i suoi reperti, in ogni caso gli ultimi e i pi profondi,
come non scioglibili e riposanti su s, mentre la filosofia intende gi il primo
reperto che incontra come segno che a lei spetta decifrare. Detto semplicemente:
l'idea della scienza la ricerca, quella della filosofia la interpretazione 5 .

Questa presa di posizione, che si pu ben chiamare programmatica


vista l'occasione della sua pronuncia, tutt'altro che sorprendente. La
distinzione tra ricerca (Forschung] e interpretazione (Deutung] appartiene
alla tradizione della differenza tra scienze della natura e scienze dello
spirito, segnatamente quelle ermeneutiche. Tuttavia l'introduzione alla
differenza se espressa semplicemente nel detto che per la filosofia non
esista "nulla di immediato tra ciclo e terra" 6 , tutt'altro che scontata e
anzi ulteriormente complicata da una sorta di realismo ingenuo come si legge poco oltre: le nostre percezioni possono sempre essere
forme, ma il mondo, nel quale viviamo e che si costituisce diversamente
dalle nostre percezioni, non lo . Il realismo ingenuo deriva senz'altro,
dal punto di vista soggettivo, dal distacco di Adorno da Kant - sia quello
letto assieme all'amico Krakauer che quello appreso tramite la filosofia del
maestro Cornelius ' -, e serve in prima istanza contro l'idealismo specula

la lucidit delle analisi sociali e politiche, in alcuni passi Bloch si lascia andare alla tesi
diffusa che il nazionalsocialismo non avrebbe avuto futuro, e che per smontarlo sarebbe
stato sufficiente che prendesse un poco, e per poco tempo, il potere; cfr. pp. 4, 35, 1023, etc. Probabilmente uno dei pochi che vide giusto fin dal principio fu M. Horkheimer
che riusc, con la collaborazione di Pollock e Grossman, a salvare per tempo i fondi e
spesso i membri stessi dell'Istituto per le ricerche sociali.
5 Th.W. Adorno, Die Aktualitt der Philosophie, cit., p. 334.

6 Cfr. Th.W. Adorno, Negative Dialektik, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M.


1966; ed. it. Dialettica negativa, trad. di C. Donolo, Einaudi, Torino 1970, p. 153.
1 La tesi di abilitazione di Adorno recava il titolo Der Begriff des Unbewuftten in
der transzendentalen Seelenlehre. Per altro verso non pare si possa condividere appieno
la tesi ricostruttiva di un interesse di Adorno per Marx e Freud tardo e dovuto pi ad
amicizie personali che non a esigenze effettive. Il testo pi accurato nell'esaminare la
penetrazione adorniana del pensiero di Freud, meglio detto: quella del pensiero di
Freud all'interno di Adorno, Susan Buck-Morss, The ongin of negative dialectics, cfr.
pp. 17-20.

10

CRITICA DEL NON VERPO

tivo. Ma il suo legame con il carattere di secondariet del materiale filosofico (a differenza di quello scientifico) allarga la sua portata; quella
mediatezza non da riferirsi all'attivit del soggetto, o meglio: non da
riferirsi all'attivit cosciente del singolo soggetto; la filosofia, anzi, essen
zialmente interpretazione proprio perch non va alla ricerca di alcun apriori n del soggetto n dell'oggetto, non almeno nel senso extrasociale
in sui s'intende l'a-priori nella filosofia kantiana:
compito della filosofia non quello di scrutare le intenzioni nascoste e palesi della
realt, ma quello di interpretare la realt priva di intenzioni (die intentionslose
Wirklichkeit zu deuteri} [...] forse [l'interpretazione] completerebbe proprio l'or
dito che potrebbe trasformare le cifre in un testo 8 .

Il privo di intenzione che si cifra nel testo, escluso il richiamo kantia


no, sembra allora indicare pi la dialettica sociale (si pensi a Dialettica
dell'illuminismo] che non mai semplicemente duplicata in modo aperto
dal pensiero, piuttosto che non un elemento individuale. Quel che condu
ce la riflessione a farsi interpretazione critica, insomma, non si trova in
campo psicologico, ma nell'apparente insensatezza del dato di partenza
come immediatamente esso . Se il primato dell'oggetto, oggetto non
naturale, e la critica dell'idealismo e dell'immediato motivano il rifiuto
adorniano alla comprensione psicologica, come ben chiarifica la critica
fuggevolmente rivolta a Dilthey in Die Idee der Naturgeschichte 9, il riferirsi
al privo di intenzioni nelle cose, desta stupore poich le cose non hanno,
in senso letterale, alcuna intenzione. Il dubbio legittimo che Adorno
pensi gi, sebbene in modo ancora incerto, al privo di intenzione all'inter
no della totalit sociale data 10 , dove nessuna ragione che faccia giustizia
(Rechtfertigende Vernunft) pu ritrovarsi in una realt la cui forma e il cui
ordine costernano ogni diritto della ragione 11 ; con l'attenzione precoce-

8 Th.W. Adorno, L'attualit della filosofia, cit., p. 7.


9 Th.W. Adorno, Die Idee der Naturgeschichte, in Th.W. Adorno, Gesammelte
Schriften, Band I, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. pp. 345-65. Il saggio del 1932.
La traduzione italiana, a opera di M. Tosti Croce, comparsa sulla rivista II cannoc
chiale, 1977, n. 1-2, pp. 91-112. Il passo in questione a p. 361 dell'edizione originale.
1(1 Si ricordi che gli scritti di Horkheimer sulla teoria critica iniziano proprio nel
1932. Cfr. M. Horkheimer, Teoria critica. Scritti 1932-41, trad. G. Backhaus, 2 voli.,
Einaudi, Torino 1974, voi. II, pp. 178-83.
11 Th.W. Adorno, Die Aktualitt der Philosophie, p. 325. La traduzione che qui
offro grammaticalmente scorretta al fine di mostrare meglio i significati del termine
tedesco Rechtfertigende...

INTRODUZIONE

11

mente rivolta a quel nesso di Ragione e Storia dove l'affermazione della


ragione illuminista effetto e insieme condizione dell'affermazione della
societ borghese che appunto scrive Storia e Ragione con l'iniziale
maiuscola.
Che l'intenzione di levarla di mezzo, quella maiuscola, non sia sorta
solo pi tardi in Adorno, testimoniato intanto dalla convinzione di dover
preparare una Naturgeschichte [2, e quindi una critica della pretesa ideolo
gica di immutabilit di ragione e storia che in quelle maiuscole si esprime.
Ma poi anche, in modo evidente, dalla possibilit di accostare giudizi
espressi da Adorno su quel nesso in scritti della maturit a quelli presenti
in questi tre saggi degli anni '30. Nelle Thesen ber die Sprache des Philosophen, ad esempio, si dice che nessuna societ che contraddica il suo
proprio concetto, il concetto di umanit, pu avere piena coscienza di se
stessa 15 , come ventidue anni dopo, in Prismi: Senza societ conchiusa
non si da obiettivit e con ci nessun linguaggio vero e comprensibile 14 .
Deve essere chiaro, quindi, che se non ci fosse societ - cio una storia
sociale della ragione - non esisterebbe il privo di intenzione, n linguag
gio, n critica; solo una societ, non un'astratta individualit umana, pu
cifrarsi nei propri testi come enigma.
Si legga, dunque in proposito, il saggio Die Idee der Naturgeschichte 1 ''. In esso vien resa palese la trasformazione del naturale in storico e
dello storico in naturale. Questo tema prender il suo aspetto genealogico
nella Dialettica dell'illuminismo, ma la sua parte nel processo della "filo
sofia interpretativa", per esprimersi con le parole di Adorno, chiaro fin
d'ora, prima ancora che nella sua rielaborazione all'interno della Dialettica
negativa. Il privo di intenzioni la storia che appare agli uomini come
destino, come natura, e allo stesso tempo la natura dalla quale i soggetti
e la storia si sono a dura forza staccati. un privo di intenzioni dove le
intenzioni sono quelle del soggetto, del soggetto quale - nell'intreccio di

12 Cfr. Th.W. Adorno, Die Idee der Naturgeschtchte, op. cit. Per la trattazione di
questo saggio si veda pi avanti nel capitolo.
15 Th.W. Adorno, Prismen. Kulturkritik und Gesellschaft, Suhrkamp Verlag,
Frankfurt a. M. 1955; ed. it. Prismi. Saggi sulla critica della cultura, Einaudi, Torino
1972, p. 13, trad. C. Mainoldi.

14 Th.W. Adorno, Thesen ber die Sprache des Philosophen, cit., p. 367.
15 II rapporto tra Benjamin e Adorno analizzato nei dettagli, e avendo avuto a
disposizione gli archivi con gli inediti, dalla Buck-Morss in The origin of negative
dialectics, op. cit. l'unica, per quanto mi risulti, a dare notevole importanza all'impe
gno verbale che Adorno e Benjamin presero nell'autunno del 1929 a Knigstein.

12

CRITICA DEL NON VERPO

societ e natura trascorsa - e non quale si pretende di essere nell'idealismo


filosofico. Ovvero un soggetto che non psicologico e nemmeno trascen
dentale 16, al quale la benjaminiana Urgeschichte des Subjects 17si riferisce. E
proprio in Die Idee der Naturgeschichte si legge, dopo una escursione da
Lukcs atta a chiarire inizialmente la categoria di seconda natura, una
citazione tratta da Benjamin:
La storia in tutto quanto ha, fin dall'inizio, di inopportuno, di doloroso, di sba
gliato si configura in un volto - anzi: nel teschio di un morto. [...] Non soltanto
la natura dell'esistenza umana tout court, ma anche la storicit biografica di un
singolo si esprime significativamente, in forma di enigma, in questo suo aspetto,
l'aspetto naturale supremamente degradato 18.

Quel che importa qui vedere, prima delle parti relative all'interpretazione come decifrazione, come la storia e la natura siano condensate in
oggetti naturali morti, anzi supremamente morti - ma appunto: che furo
no altro da morti. Se fossero subito immediatamente la loro propria fissit,
nulla in essi potrebbe essere da leggere. Poco pi oltre Adorno afferma
che in Benjamin sia da superare (welter zu gehen - non 'aufheber) proprio
l'idea che la storia come natura sia venuta prima della natura come storia.
Il problema di un eventuale primato mancherebbe, secondo Adorno, il
suo proprio oggetto: non si tratta qui solo di dimostrare che nella storia
si presentano sempre di bel nuovo motivi di storia originaria, ma che la
storia originaria stessa ha in s, in quanto caducit, il motivo della sua
16 In questo senso semmai proto-marxiano. Cfr. M. Barzaghi, Dialettica e ma
terialismo in Adorno, Bulzoni, Roma 1982, pp. 18-19; A. Schmidt, Begriff des Materialismus bei Adorno, in Adorno-Konferenz 1983, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1983,
pp. 14-34.
17 Sebbene sia piuttosto vacuo citare testi ufficiali per i rapporti tra i due, vista
la mole di conversazioni dirette, scambio di abbozzi e epistole, cfr. W. Benjamin, //
dramma barocco tedesco, Einaudi, Torino 1971.
Per una ricognizione dei rapporti tra Adorno e Benjamin si possono vedere, quasi
estremi opposti, i saggi: S. Buck-Morss, The origin of negative dialectics, op. cit., G.
Agamben, // principe e il ranocchio. Il problema del metodo in Adorno e Benjamin, in
Aut Aut, 1979, n. 165-66, pp. 105-17. In quest'ultimo saggio, in particolare, ci sono
alcune sorprendenti affermazioni non tanto sul rapporto o sul pensiero di Benjamin
stesso, quanto nella ricostruzione operata da Agamben del pensiero di Adorno la cui
dialettica negativa viene letta come uno storicismo sospettoso ma assolutamente immo
bile su se stesso.
18 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, pp. 102-03. Adorno sta citando W.
Benjamin, Ursprung des deutschen Trauerspiels, Berlin, 1928, ed. it., Il dramma barocco
tedesco, op. cit.

INTRODUZIONE

13

storia I9; nulla di ontologico, nel senso che proprio l'illusione dell'inizio
ci che soggiace [...] alla critica 20 . Nei fatti questo quanto Adorno,
prima di conoscerlo adeguatamente, tuttavia consider essenziale del
materialismo di Marx, che fosse eliminato come falso problema il proble
ma dell'origine: il movimento che si esegue qui per gioco lo esegue il
materialismo sul serio. Sul serio vuoi dire che la risposta non continua a
restare nello spazio chiuso della conoscenza, ma viene impartita dalla
prassi 21 . In che modo?
Il materialismo ha chiamato questo rapporto con un nome che filosoficamente
giustificato: dialettica. [...] Quando Marx rimprover di aver solamente interpre
tato (interpretieren} in modi diversi il mondo [...] la affermazione era legittimata
non soltanto dalla prassi politica, ma altrettanto da quella filosofica.

nel senso che l'unione di dialettica e materialismo in grado finalmente


di porre il problema dell'interpretazione (Deutung) filosofica in una pro
spettiva che non sia quella del mero interpretare (interpretieren} idealisti
co; questa prospettiva quella che assume a suo oggetto l'incongruit che
esso oggetto mostra, e ne rintraccia la logica; perch anche per la filosofia:
il testo che [...] deve leggere incompleto, pieno di contrasti e lacunoso e molto
vi pu essere attribuito alla cieca demonfa; allora il leggere forse proprio il nostro
compito, perch con ci noi, leggendo, si possa imparare a meglio riconoscere e
bandire le potenze demoniache 22.

Se teniamo presente come in questo testo siano presenti a titolo di


lettori prodigiosi 23 Marx e Freud, allora ha perfettamente ragione la
Buck-Morss a richiamare l'attenzione sul fatto che le parole di Ricouer sui
maestri del sospetto, si possano applicare trent'anni e pi prima ad
Adorno 24 . Prendiamo allora per chiaro intanto questo: la interpretazione
per Adorno esercizio di sospetto, contro la soggettivit in entrambe le

19 Th.W. Adorno, Die Idee der Naturgeschichte, cit., pp. 359-60.


20 Th.W. Adorno, L'attualit della filosofia, cit., p. 9.
21 Ibidem, p. 7.
22 Ibidem, p. 7.
23 L. Althusser, Lire le Capital, Librairie Francois Maspero, Paris 1965; ed. it.
Leggere il Capitale, a cura di R. Rinaldi e V. Oskian, Feltrinelli, Milano 1968. Il passo
sul che cosa significhi leggere e perch sia cruciale si trova alle pp. 14-16 del testo
italiano.

24 S. Buck-Morss, The origin of negative dialectics, cit., p. 236.

14

CRITICA DEL NON VERPO

sue forme idealistiche - di soggetto assoluto o di primato ontologico contro l'idea di una interpretazione che non sia prassi di modifica del
reale, e infine contro le potenze demoniche che rendono il testo della fi
losofia lacunoso e irregolare. Qualcosa nel reale cifrato, omesso, eppure
nascosto, forse addirittura costituisce l'essenza del reale, ma esso non a
disposizione. Il vivere non a disposizione scrisse Brecht 25 , e tuttavia:
l'idea di interpretazione non incoraggia la supposizione di un [...] dua
lismo di intelligibile e empirico, ovvero di una separazione tra la verit
dell'esistente e la sua apparenza 26; dopo la Scienza della logica di Hegel
tale separazione impensabile. Vero che Adorno non studi Hegel
sistematicamente fin ben oltre gli anni dei quali ci stiamo occupando.
tuttavia certo che egli conoscesse bene sia la persona che l'opera di Bloch,
e quindi un certo sapore dialettico hegeliano doveva essergli del tutto
noto 27 , infatti scrive, contro la separazione di empirico e intelligibile, che
chi interpretando ricerca dietro al mondo fenomenico un mondo in s [...] si
comporta come chi in un enigma voglia ricercare il riflesso di un essere che gli sta
dietro, un essere che l'enigma riflette e dal quale si lascia sorreggere, laddove la
funzione della soluzione dell'enigma quella di rischiarare a lampi e di sciogliere
(aufheben) la forma dell'enigma, non quella di persistere dietro l'enigma e d'essergli simile 28 .

L'enigma non rappresentazione della sua soluzione, al contrario la


sua soluzione espressione della falsit dell'enigma come qualcosa che
viene annientato da questa, e insieme la scoperta della necessit dell'enig
ma come unica forma di testo possibile. La presenza di un residuo non
intenzionale nell'oggetto traccia della dialettica di natura e storia; tanto
pi questa si presenta come naturale - perdendo cos la sua trasparenza
- tanto pi quella diventa enigmatica, intreccio di natura e storia sotto
l'aspetto della sola natura. Che la natura debba comprendere in s la storia
originaria del soggetto dalla quale ancora non s' usciti, ed anche la storia
sociale riflessa, questo quanto costituisce l'enigma. Non a torto allora
Adorno indica nella dialettica come riflessione contro l'originario e nel

25 B. Brecht, Gegen Verfhrung, traduzione italiana con testo a fronte della poesia
si trova in B. Brecht, Poesie e canzoni, tr. F. Fortini e R. Leiser, Einaudi, Torino 1981.
Uria quartina della poesia citata da Adorno in Terminologia filoso/tea.

26 Th.W. Adorno, L'attualit della filosofia, cit., p. 7.


27 Cfr. S. Buck-Morss, The origin of negative dialectics, cit., p. 4.
28 Th.W. Adorno, L'attualit della filosofia, cit., p. 7.

INTRODUZIONE

15

materialismo come prassi concreta contro la fonte dell'oscuramento, la


lettura critica che dalla stessa forma del falso - una volta compreso come
tale - pu attingere il vero, secondo il classico schema marxiano della
critica dell'ideologia. Gi qui evidente come la soluzione dell'enigma sia
entrambe le cose: la soppressione del suo carattere di enigma e la sua
conservazione nel passaggio alla prassi. Ecco perch Adorno prende come
esempio di interpretazione filosofica proprio il passo in cui Marx rim
proverava ai filosofi di aver meramente interpretato il mondo senza mu
tarlo. E per lo stesso motivo Adorno non ha affatto in mente la prassi
come lotta politica, bens parla esplicitamente di prassi filosofica che
deve passare dalla interpretazione alla modificazione del suo oggetto. Che
cosa sia tale prassi, e perch meriti questo nome, spiegato poco oltre:
e - come le soluzioni degli enigmi si costruiscono mediante un procedimento che
consiste nel condurre gli elementi singoli e dispersi della domanda in differenti
disposizioni, fino a che essi non si riuniscano a formare una figura, da cui salti
fuori la soluzione, mentre la domanda dilegua - cos la filosofia deve condurre i
suoi elementi, che essa riceve dalla scienza, in mutevoli costellazioni, o, per dirla
con una espressione meno astrologica e scientificamente pi attuale, in mutevoli
tentativi di disposizione, fino a che essi formino una figura, che sia leggibile come
risposta, mentre la domanda dilegua 29 .

Si deve innanzitutto far attenzione a non confondere questa metafora


con un modello euristico: non che il carattere enigmatico sussista solo
grazie alla sua configurazione, e che dunque per prova ed errore si possa
mutarla fino a che non salti fuori bella e pronta la soluzione. Ma neppure
l'enigma in quanto tale , una volta svelato come enigma, la sua soluzione.
Carattere enigmatico e risposta stanno in opposizione, la lettura che dis
solve il primo la medesima che fornisce la seconda. Non si tratta in alcun
modo di sostituire la struttura dell'enigma come risposta alla domanda
determinata che l'enigma pone. Non perch tale struttura non esista; cos
come quella linguistica o storica - e Adorno lo riconoscer in pi occasio
ni - essa scientificamente valida, ma quale che sia il suo potere assumerla
come origine e da essa trarre le leggi della interpretazione della cosa signi
ficherebbe assumere a priori che la cosa si risolva interamente nella pro
pria struttura, il che proprio quel che Adorno fin da allora contestava.
Egli, in un certo senso, radicalizza l'idea di decostruzione delle varie mi-

16

CRITICA DEL NON VERPO

tologie sul soggetto, la volont, l'intenzione e via dicendo, mostrando


come sia esse che il loro rischiaramento non siano dati ultimi n primi, ma
ancora e sempre formazioni scientifiche che costituiscono proprio il pro
blema della filosofia, i suoi enigmi, con tanto di carattere demoniaco,
la filosofia deve procedere continuamente interpretando, con la pretesa alla verit
senza mai possedere una chiave certa dell'interpretazione e senza che le venga dato
qualcosa di pi dei cenni fugaci che dileguano nelle figure enigmatiche dell'ente
e nei loro strani intrecci. La storia della filosofia non altro che la storia di questi
intrecci; per questo sono dati cosi pochi risultati; per questo essa deve comin
ciare sempre da capo; per questo essa non pu fare a meno del pi piccolo filo che
tempi remoti hanno filato e che forse completerebbe proprio l'ordito che potrebbe
trasformare le cifre in un testo 30.

Si fatica a trattenere le metafore adorniane in quella specie di limbo


tra l'uso moderno della metafora e il semplice poetico traslare, limbo che
possiamo chiamare costellazione, o meglio: campo di forze della costella
zione. Che la filosofia debba pretendere alla verit , oggi, tutt'altro che
pacifico - anche se pure questo stato di guerra contro la pretesa alla verit
sarebbe passibile di interpretazione come enigma, e la sua materia andreb
be cercata probabilmente nello sviluppo della scienza come forza produt
tiva e nel parallelo evolversi della filosofia come ricerca e strumento di
consenso. Ma ancora pi sorprendente il richiamo a che non si rinunci
finanche al pi piccolo filo che tempi remoti hanno filato. Non chiaro
se si tratti di filatura filosofica, sociale o storica tout court. Se rileggiamo
la frase ricomponendola in una costellazione diversa troviamo: la storia
della filosofia la storia degli strani intrecci dell'ente, per questo essa,
la storia della filosofia, deve possedere tutti i fili degli intrecci al fine di
trasformare l'ordito, e cio la propria storia, in un testo, e tramite questo
le cifre del reale, esse stesse in un testo. Parrebbe che Adorno non riesca
a tener distinti il destino della filosofia da quello degli enigmi reali, o detto
altrimenti: da quello degli enigmi dell'effettuale privo di intenzione. La
cosa ulteriormente complicata da quanto scritto poco oltre, che impa
rare a leggere possa consentirci di bandire le forze demoniache che risie
dono negli enigmi. Si potrebbe avanzare l'ipotesi che le forze demoniache
siano proprio ci che costituisce il carattere di enigma dell'enigma, e che
in qualche modo esse e la filosofia abbiamo in comune pi di quanto si

30 Ibidem.

INTRODUZIONE

17

sospetti, al punto che essa legga se stessa in loro, e la soppressione del


l'enigma come risposta, ovvero un variare dispositivo che sciolga l'enigma,
sia al tempo stesso compito e morte della filosofia; qualcosa di dialettica
mente simile a quanto annunciato in Dialettica negativa: l'utopia della
conoscenza sarebbe di aprire con concetti l'a-concettuale senza renderlo
identico a essi 31 .

L'IDEA DI STORIA NATURALE


L'intenzione vera e propria di ci che dir volta ad abolire l'anti
tesi tradizionale di natura e storia, ... la frattura fra soggetto e oggetto
che esso [l'illuminismo] vieta di colmare, diventa index della falsit pro
pria e della verit 32 . Queste due frasi si trovano rispettivamente nel sag
gio Die Idee der Naturgeschichte e nel libro Dialettica dell'illuminismo. Il
testo del saggio costituito da un discorso tenuto da Adorno alla Kant
Gesellschaft nel 1932. Segue dunque di un anno Die Aktualitt der Philosophie. Ed un saggio assai particolare. Intanto un quasi ininterrotto
lapsus stilistico di Adorno: in esso, unica volta, egli utilizza parole e con
cetti tratti dalla tradizione fenomenologica e ontologica, senza farne paro
dia. vero che ci avviene in altri scritti ma quel che rende sorprendente
questa acquiescenza di Adorno verso una terminologia che ha combattuto
per tutta la sua opera, che questo saggio stato scritto dopo aver gi
acquisito tutta la conoscenza necessaria (e non prima, come accade per
esempio alla tesi di laurea o alla tesi su Kierkegaard) a dire le stesse cose
ma con termini diversi. Ma poich non mai possibile dire le stesse cose
con termini diversi, quel che detto in questo saggio non doveva, al
tempo, essere esprimibile in nessun altro linguaggio. Questo comporta che
uno dei punti fermi del pensiero di Adorno, l'idea di storia naturale ap
punto che ritorner sia nella Dialettica negativa sia nella Teoria estetica,
abbia avuto bisogno di esser formulato in un linguaggio estraneo, se cosi
si pu dire, al pensiero del suo autore. La cosa rilevante. Vediamo ora
di segnare le costellazioni principali del saggio, tramite di esse sar possi-

31 Th.W. Adorno, Negative Dialektik, cit., p. 21.


32 Th.W. Adorno, Die Idee der Naturgeschichte, cit., p. 345; e M. Horkheimer &
Th.W. Adorno, Dialektik der Aufkldrung. Philosophische Fragmente, S. Fischer Verlag,
Frankfurt a. M. 1969, in italiano Dialettica dell'illuminismo, trad. R. Solmi, Einaudi,
Torino 1982, p. 47.

18

CRITICA DEL NON VERPO

bile avanzare un'ipotesi di spiegazione.


Il saggio comincia con la decifrazione del titolo, in particolare con
due definizioni - altra cosa che Adorno non far mai pi: iniziare con
delle definizioni! Anzi indicher in pi luoghi come l'esigenza di defini
zioni iniziali sia il marchio di un pensiero filosofico reificato - una relativa
al termine 'natura' e l'altra al termine 'storia'. Il concetto di natura, segna
tamente non la natura stessa, un concetto che volendolo tradurre nel
tradizionale linguaggio concettuale filosofico, si pu rendere tout court
con il concetto di mitico. [...] Intendo con ci quello che insito da
sempre, quello che la storia umana porta come Essere ad essa congiunto
e supposto per destino, quello che in essa appare come a lei sostanziale 33 .
'Storia' invece secondo l'autore: significa quel modo di comportarsi degli
uomini [...] caratterizzato soprattutto dal fatto che in esso appare un ele
mento qualitativamente nuovo, dal fatto che esso un movimento che non
si svolge in pura identit [...] ma che fa emergere il nuovo e che acquista
il suo vero carattere nell'apparizione del nuovo 34 .
Dopo queste definizioni di partenza, Adorno spiega le sue intenzioni,
vuole prendere le mosse criticando l'ontologia giacch
la questione sull'ontologia, come oggi viene posta, non nient'altro che ci che ho
inteso per natura 35- e pi oltre? - merito della questione ontologica aver elabo
rato in maniera radicale l'inscindibilit degli elementi di natura e storia 36.

La proposta che vorrei avanzare, di fronte a queste stranezze, che


il tema della revisione della scissione tra natura e storia sia identico alla
tesi centrale della Dialettica dell'illuminismo, ovvero del rovesciamento
dell'illuminismo in mitologia e del mito in illuminismo. La trasposizione
della natura in mito ce la fornisce Adorno nello stesso saggio. Quella tra
storia e illuminismo pu destare pi dubbi. Tuttavia se ripercorriamo i
passaggi della dialettica dal mito all'illuminismo, troviamo che l'accezione
del tutto ampliata in cui questo secondo termine viene utilizzato da Ador
no e Horkheimer, consente, ad esempio, di porre la religione e il sacrificio

33 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, p. 91; ho lasciato immutata la tradu


zione di M. Tosti Croce: la scelta della maiuscola per la parola 'Sein' , com' evidente,
del tutto indecidibile traducendo dal tedesco, e tuttavia per il tono e il contenuto di
questo saggio, mi sembrata del tutto appropriata.
34 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, cit., p. 92.
Ibidem, p. 99.

INTRODUZIONE

19

ad essa legato come primo illuminismo; qualcosa di simile a quanto soste


nuto da Freud in Totem e Tab. Anzi, il mito stesso gi una scissione
operata, che crea quel che poi dolendosi della scissione da forza al mito.
L'illuminismo esattamente quel processo di scissione e allontanamento
che fa emergere ogni volta il nuovo. Col che ovviamente il vecchio viene
ricacciato nel mitico, e la paura di fronte all'ignoto viene sostituita dalla
paura di fronte all'obliato. Questo per Adorno, e lo rester anche nel
l'ultima elaborazione della teoria estetica, il movimento del qualitativa
mente nuovo per eccellenza: il movimento con cui sorge l'individuo, o
meglio detto la separazione tra oggetto e soggetto 37 .
Ma in questo saggio manca ancora, rispetto al capolavoro scritto
con Horkheimer, un'analisi della relazioni tra l'illuminismo e il mito all'in
terno del concetto stesso - o della ragione, se si preferisce - che sia
autenticamente dialettica. Questo fa s che per esprimere la natura come
storia - l'emergere dell'azione umana entro il mito, secondo le definizioni
appena riportate - si debba far riferimento ad un rapporto tra idee, e
quindi all'ontologia che ha il merito di aver elaborato in maniera radicale
[...] natura e storia. Si potrebbe anzi azzardare che l'ontologia delle idee
di storia e natura lasci scoperto e accessibile un campo che, dopo le analisi
della Dialettica dell'illuminismo sul mito, risulter chiuso per sempre con
la proibizione scritturale di farsi immagini, e cio l'elemento utopico di
uscita dalla falsa alternativa tra mito e illuminismo. Questa ipotesi rende
rebbe anche ragione della funzione che qui Adorno assegna alla benjaminiana allegoria (anch'essa simbolo della storia impietrita); funzione che in
seguito verr svolta differentemente dall'interpretazione nella dialettica
negativa.
Ma vediamo come Adorno disegna l'idea di storia naturale. La sezio
ne al riguardo inizia col riportare un testo di Lukcs sulla seconda natu
ra, e passa poi a esaminare la categoria benjaminiana di allegoria. Benjamin parte dal fatto che l'allegoria non un rapporto di mere casualit
secondarie; l'allegorico non un segno casuale per un contenuto in esso
sotteso; piuttosto tra l'allegoria e il pensato allegoricamente esiste un rap
porto causale: "l'allegoria espressione" 38. Oltre a non essere segno di
5 ' poi certamente vero che i passaggi di tale movimento sono molteplici. La
divisione del lavoro, il progresso scientifico, il mercantilismo, e via dicendo, sono altret
tanti punti nodali indicati da Adorno in varie sue opere. Nessun dubbio tuttavia che
nella Dialettica dell'illuminismo questa prima scissione sia la fondamentale.
58 Th.W. Adorno, Die Idee der Naturgeschtchte, p. 358. Adorno sta citando una
frase di Benjamin Allegorie sei Ausdruck che si trova nel // dramma barocco tedesco.

20

CRITICA DEL NON VERPO

una causalit, l'allegoria come espressione non neppure simbolica d'una


essenza non concettualizzabile; piuttosto si dovrebbe dire che nell'mterpretazione filosofica essa si sostituisce alla funzione sintetico-appercettiva
del simbolo ma senza rassomigliargli. Scrive Adorno che
da tempo l'interpretazione si separata da ogni domanda relativa al senso; detto
in altri termini, i simboli della filosofia sono andati in rovina. [...] La filosofia [...]
deve imparare a farcela senza la funzione simbolica, nella quale finora, almeno
nell'idealismo, il particolare pareva rappresentare l'universale 39 .

cos evidente che, a meno di postulare una contraddizione infecon


da, allegoria e funzione simbolica sono profondamente diverse. Alla pre
tesa simbolica, che l'altra met della verit sia nascosta e solo pagando la
contromarca del simbolo essa sia immediatamente disponibile a introdurre
alla totalit, si contrappone l'allegoria, dove rapporto causale e espressione
sono identici e dunque non possono venir attraversati n percorsi con
dirczione univoca: ... la relazione tra ci che appare allegoricamente e ci
che significato non affatto una relazione di segno casuale; si verifica
piuttosto un fatto particolare, essa 'espressione' 40. Detto a nostra volta
in altri termini, si potrebbe dimostrare che la soluzione del simbolo
la verit del simbolizzato, in presenza del quale il simbolo sarebbe inutile
e immobile; mentre la soluzione dell'allegoria non la soppressione del
l'allegorico, giacch se nel rapporto espressivo si toglie l'espressione nulla
pi conduce all'espresso. Solo il segno sta per il segnato, nell'allegorico
il rapporto espressivo che sta per l'allegorizzato, un rapporto che sta per
una sua parte: una sineddoche.
Con il che il paragone con l'enigma si ribalta: se l'oggetto dell'interpretazione fosse preso come simbolo allora in esso si troverebbe gi pron
ta la verit, l'altra met dell'apparenza - ma nell'interpretare l'allegoria si
scioglie il carattere espressivo affinch l'espresso giunga alla luce: ci che
si svolge e si esprime nello spazio dell'allegoria non nient'altro che un
rapporto storico. Il tema dell'allegorico semplicemente la storia 41 . Di
fronte ad esso si tratta non di concetti da spiegare traendoli l'uno dall'al
tro, ma di fissare una costellazione di idee 42 ; ecco ripetuta, quasi uguale,

'9 Th.W. Adorno, L'attualit della filosofia, cit., p. 8.

40 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, cit., p. 102.


41 Ibidem. Corsivo mio.
42 Ibidem, p. 103. Corsivo mio.

INTRODUZIONE

21

la formula del gioco di combinazioni proposta da Adorno a proposito


della soluzione dell'enigma.
possibile adesso pensare che, nonostante tutto questo, non si dia
nulla se non nella forma dell'allegorico enigma? Nulla, nel senso di: nulla
di originario? e che quindi l'uccisione dell'enigma significhi solo una per
dita di senso? Se Adorno sostiene come la risposta relativa all'enigma
non sia il "senso" dell'enigma [e che] la risposta sta [...] in stretta antitesi
all'enigma; essa ha bisogno della costruzione a partire dagli elementi del
l'enigma ed essa distrugge l'enigma stesso 43 , non sarebbe piuttosto da
dire che la risposta distrugga il carattere di enigma dell'enigma ma non il
suo materiale? Cosa vuoi dire altrimenti che la risposta deve essere costru
ita a partire dagli elementi dell'enigma, e che anzi, la risposta stia in una
diversa configurazione, o costellazione, degli elementi materiali dell'enig
ma?
La storia in tutto quanto ha - Adorno sta citando da Benjamin -, fin dall'inizio,
di inopportuno, di doloroso, di sbagliato si configura in un volto - anzi: nel teschio
di un morto [...] non soltanto la natura dell'esistenza umana tout court, ma anche
la storicit biografica di un singolo si esprime significativamente, in forma di enig
ma, in questo suo aspetto, l'aspetto naturale supremamente degradato. E questo
il nucleo della concezione allegorica, dell'esposizione barocca, mondana della sto
ria [...]; che significante soltanto nelle stazioni del suo decadere. Tanto il
significato e tanto l'abbandono alla morte, perch la morte che pi profonda
mente scava la merlettata linea di demarcazione tra la physis e il significato 44 .

Prima del passo qui riportato Benjamin distingueva il simbolo dall'al


legoria in base al rapporto che istituiscono nella caducit: il simbolo tra
sfigura la caducit facendo apparire il volto trasfigurato della natura nella
luce della redenzione, mentre nell'allegoria si propone agli occhi dell'os
servatore la facies hippocratica della storia come un pietrificato paesaggio
primevo 45 - Adorno commenta:
Che cosa significa parlare qui di caducit e che cosa vuoi dire storia originaria del
significare? [...] Si tratta non di concetti da spiegare traendoli l'uno dall'altro, ma
di fissare una costellazione di idee: cio l'idea della caducit, del significare e l'idea

43 Th.W. Adorno, L'attualit della filosofia, cit., p. 8.

44 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, p. 103. Adorno sta citando da: W.
Benjamin, Ursprung des deutschen Trauerspiels, Berlin 1928, p. 178. Traduzione italia
na: // dramma barocco tedesco, a cura di E. Filippini, Eindaudi, Torino 1971.
45 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, cit., pp. 102-03.

22

CRITICA DEL NON VERPO

della natura e l'idea della storia. A queste non si ricorre come invarianti. [...] In
Benjamin c' innanzitutto la concezione - ed questo il punto da superare - che
esistano alcuni fondamentali fenomeni storico-originarii che, presenti alle origini,
sono poi trapassati e, assunto significato solo nell'allegorico, ritornano in esso,
ritornano nel loro aspetto letterale. [...] Il termine "significato" ci dice che i
momenti 'natura' e 'storia' non si risolvono uno nell'altro, ma piuttosto erompono
contemporaneamente l'uno dall'altro e si intersecano in maniera tale che il natu
rale si presenta come segno per la storia, e la storia, anche nel suo lato pi schiet
tamente storico, come segno per la natura. [...] In eguai modo il "significare"
stesso si trasforma da problema dell'ermeneutica storico - filosofica [...] in mo
mento che transustanzia, per sua stessa costituzione, la storia in storia originaria 46 .

Si deve innanzitutto cercare di chiarire che cosa in gioco in questo


confronto. Si tratta della questione della verit - detto nel modo pi
chiaro tra quelli possibili: solo se esiste una soluzione all'enigma tale per
cui l'enigma scompaia si pu opporsi al relativismo, o a uno storicismo
frainteso, ma se quel che ci si ritrova dopo la scomparsa dell'enigma la
nuda e pura verit, allora si cade nelle braccia della verit extratemporale,
eterna, metafisica. Se il tema dell'allegorico la storia, e se essa giunge in
questo ad espressione perch analoga la struttura dell'uno e dell'altra,
allora l'allegoria in grado di comprendere non solo l'apparenza della
successione temporale degli eventi ma in questa anche quel privo di inten
zione che, vedremo, costituisce propriamente l'oggetto da interpretare,
ricollegando i suoi fili. Chiariamo con un esempio; il cristianesimo paradigmatico della ricostruzione simbolica della storia, in esso il significato
predisposto agli avvenimenti che si ordinano gerarchicamente rispetto
all'unico evento, il Cristo - e ogni deviazione , per quanto significativa,
accidentale, anzi la sua significativit si costruisce proprio ex negativo
rispetto al corso della storia. Questo il modello concettuale di storia
simbolica (si badi bene: il concetto di storia simbolica, non la storia sim
bolica), dove il senso trascorre senza rischio dall'evento agli avvenimenti.
La costruzione allegorica, al contrario, non si affida alla rappresentazione
bens all'wterpretazione, e il significato non disponibile nel testo ma va
ottenuto tramite il testo nella disposizione dei suoi materiali. Cos il testo
cieco ma l'interpretazione non si sostituisce ad esso - non , nella ter
minologia di questi lavori adorniani, la spiegazione dell'enigma che lo
dissolve, come se sotto di esso si mostrassero, entrambe autentiche, do
manda e risposta; bens l'enigma l'allegoria da interpretare. Non solo;

Th.W. Adorno, Die Idee der Naturgeschichte, cit., p. 360.

INTRODUZIONE

23

questo problema, centrale nella teoria estetica come rapporto tra l'opera
d'arte e il suo significato, ha anche la sua facies hippocratica appunto, cio
quella che concerne l'interpretazione finita o infinita, e soprattutto la
possibilit che essa ottenga di uscire dall'orbita schiacciante del testo;
questione che ci riporta all'assunto critico iniziale, che cio natura e storia
siano oggetti dell'interpretazione critica in quanto idee risultanti dal
processo dialettico stesso di natura e storia, e non identit ontologiche.
Adorno commentando la categoria di seconda natura di Lukcs
spiega: la storia degli uomini si irrigidisce a natura, essi la trovano estra
nea, priva di intenzione, meglio: come se fosse priva di intenzione - la
storia quando appare immutabile e mitico destino del genere umano as
sume i tratti della natura 47 , ma la stessa dialettica coinvolge anche l'imma
gine naturale. La natura irrigidita storica, il privo di intenzione, quel che
davvero resta oggi come natura, relativo all'intenzionale che pure oggi
appare come mitico e naturale. La costituzione della natura e della storia
storica, non nel senso di uno storicismo, o relativismo, assoluto, ma nella
dirczione di un totale abbandono dell'idea stessa di immediato. L'idea di
storia naturale ha il suo telos in questo: la storicizzazione della natura
corrisponde alla sua secolarizzazione. E una mossa del pensiero illumini
stico, una sua autocritica, perch riconosce l'istituzione del significato
come legata alla istituzione del soggetto. E questo lo skandalon della
filosofia naturale di Adorno: II termine "significato" ci dice che i momen
ti 'natura' e 'storia' non si risolvano l'uno nell'altro, ma piuttosto erompo
no contemporaneamente l'uno dall'altro 48 . Se non c' risoluzione possi
bile questo significa, in una categorizzazione in un certo senso pre-dialettica, che come signoria e servit ognuno abbisogna dell'altro come suo
altro per poter essere se stesso, e quindi ... il naturale si presenta come
segno per la storia, e la storia [...] come segno per la natura 49 . la
relazione dialettica che da riconoscere nel carattere di segno che l'una
per l'altra assumono natura e storia: In eguai modo il "significare" (bedeuten] stesso si trasforma da problema dell'ermeneutica storico-filosofica
(addirittura da problema nel senso trascendentale) in momento che transustanzia, per sua stessa costituzione, la storia in storia originaria 50 . Ed

47
48
49
5(1

Ibidem.
Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, cit., p. 104.
Ibidem.
Th.W. Adorno, Die Idee der Naturgeschichte, cit., p. 360.

24

CRITICA DEL NON VERPO

proprio per questo che in Benjamin si parla di storia originaria del


significare 51 ; non perch si possa allegoricamente riferirsi ad un lingua
adamitica, bens perch la storia originaria del significare non problema
ermeneutico (nel senso ristretto che Adorno dava a questa parola di 'filo
logia interpretante') ma a pieno titolo dialettica dell'illuminismo, spiega
zione della costituzione dell'uomo e in uno della natura come unit della
differenza e diversit nell'identit: qualsiasi critica filosofica oggi pos
sibile come critica del linguaggio 52 .
Poich la filosofia non accetta nulla come dato primo, nemmeno il
significato e il suo contrario, il privo di significato, o il privo di intenzione,
sono da essa accettati come origine.
Il grido di terrore con cui esperito l'insolito, diventa il suo nome. [...] Lo sdop
piamento della natura in apparenza ed essenza [...] nasce dalla paura dell'uomo,
la cui espressione diventa una spiegazione... In cui gi implicita la separazione
di soggetto e oggetto. Se l'albero non pi considerato solo come albero, ma come
testimonianza di qualcos'altro, come sede del mana, la lingua esprime la contrad
dizione, che una cosa, cio, se stessa e insieme qualcos'altro da ci che ,
identica e non identica. Tramite la divinit il linguaggio diventa, da tautologia,
linguaggio".

Ma allora, su quali basi comporre e interpretare l'allegorico?

LA ESATTA FANTASIA

II ricorso alla facolt d'una esatta fantasia si trova in posizione cen


trale per lo meno in tre testi di Adorno: la Teoria estetica, i Tre studi su

" Per questo tema cfr. W. Benjamin, Schriften, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M.
1955, in italiano: W. Benjamin, Angelus Novus, tr. R. Solmi, Einaudi, Torino 1962; in
particolare i saggi: II compito del traduttore, Sulla lingua in generale e sulla lingua
dell'uomo, Sulla facolt mimetica.
curioso che proprio W. Benjamin abbia commentato, per la radio berlinese, dal
1929 al 1932, tra le altre, la leggenda di Kaspar Hauser, che tratta proprio della na
scita a quarantenni di un uomo che fino ad allora era rimasto chiuso in una torre.
L'esperienza fondamentale proprio di tipo linguistico-concettuale. Cfr. W. Benjamin,
Aufklrung fr Kinder. Rundfunkvortrge. Hrsg. von R. Tiedemann, Surhkamp Verlag,
Frankfurt a. M. 1985.
52 Th.W. Adorno, Thesen iiber die Sprache des Philosophen, cit., p. 369.

55 M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., pp. 22-23.

INTRODUZIONE

25

Hegel e i Minima moralia. Nel discorso Die Aktualitdt der Philosophie,


essa compare per la prima volta in campo filosofico. Eravamo giunti,
prima di addentrarci nella questione allegorica, alla delucidazione sul fatto
che il metodo di variare il materiale per ottenere tramite nuova disposizio
ne il dileguare dell'enigma avesse suo nome proprio: dialettica, in partico
lare la dialettica di Marx. Commentando questo passo si era richiamata
l'attenzione sul fatto che solo tramite il riferimento a Marx si comprende
perch Adorno chiami la lettura atto fondamentale e soprattutto prassi
teoretica. In seguito Adorno riprende e integra la critica sia al relativismo
storicista che alle invarianze psicologiche, compare il nome di Klages e
inizia a chiarirsi il rapporto tra l'arte di disposizione del materiale e l'al
legoria. Infine leggiamo:
Nella trattazione del materiale concettuale da parte della filosofia non parlo a caso
[...] di costruzione e di costellazione. Infatti le immagini storicbe [...] non sono
semplice autodatit. Esse [...] debbono venire prodotte dagli uomini e legittimarsi in
definitiva solo attraverso il fatto che la realt si condensa intorno a loro in maniera
stringente. [...] Esse sono i modelli con i quali la ratio si avvicina [...] a una realt
che sfugge alla legge. [...] Si pu vedere qui un tentativo di riprendere quella
vecchia concezione della filosofia che Bacone formul e sulla quale Leibniz di
affatic una vita: una concezione che l'idealismo derise come stravagante: quella
della ars inveniendi. "

Reso chiaro intanto quanto sopra affermato, e cio il carattere storico


e non psicologico del privo di intenzione e del suo carattere enigmatico,
Adorno chiama in soccorso un nome da tempo caduto in proscrizione.
Non solo la provocazione a dettar legge. Ci ritroviamo bens di fronte
allo stesso problema che pi tardi molti critici Vl indicheranno sotto la

54 Th.W. Adorno, Astetische Theorie, a cura di G. Adorno e R. Tiedemann,


Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1970. In Italiano: Teoria estetica, tr. E. De Angelis,
Einaudi, Torino 1975; Th.W. Adorno, Drei Studien ^u Hegel, op. cit., ; Th.W. Adorno,
Minima moralia. Reflexionen aus dem bcscbadigten Leben, Suhrkamp Verlag, Frankfurt
a. M. 1951. In italiano Minima moralia. Meditazioni della vita offesa, tr. R. Solmi.
Einaudi, Torino 1954. In questo testo il tema della esatta fantasia viene elaborato
all'interno di una teoria dell'esperienza, esso prende pertanto nomi diversi. Si guardi
per esempio l'ultimo aforisma.
" Th.W. Adorno, L'attualit della filosofia, cit., p. 10. Corsivo mio.
56 Cfr. i saggi: G. Pasqualotto, Teoria come utopia, studi sulla scuola di Francoforte, Bertani, Verona 1974; M. Pretti, Homo teoreticus, Franco Angeli, Milano 1978;
ancora M. Pretti, Teoria come prassi e politico m Th. W. Adorno, in Rassegna italiana
di sociologia XX, 1980, n. 2, pp. 265-90. Inoltre i volumi collcttane!: a) Die Neue

26

CRITICA DEL NON VERPO

celebre frase dei Minima moralia: Non si da vita vera nella falsa 57 . Se
tutto falso, nel senso che nulla sottratto alla mediazione falsificante
della forma merc, a partire da che cosa possibile la critica? qual il
punto archimedeo? Adorno lo esprime con la metafora del Barone di
Mnchhausen che si solleva da s afferrandosi per il codino 58. In realt
una categoria estremamente affilata di esperienza si proporr di risolve
re negli scritti degli anni Sessanta questo problema. Tuttavia quel che qui
interessa la proposta dell'^ry inveniendi, il fatto che tanto presto compaia
l'idea della fantasia come struttura interpretativa della storia, meglio: delle
immagini storiche, estremamente importante. In un saggio del 1950,
Adorno cita dal manoscritto benjaminiano dei Passagen, a proposito delle
immagini dialettiche:
queste immagini sono proiezioni del desiderio, e la collettivit cerca in esse sia di
eliminare che di trasfigurare l'imperfezione del prodotto sociale. [...] Nel sogno in
cui, ad ogni epoca, si presenta in immagini la seguente, questa appare sposata ad
elementi della preistoria, cio di una societ senza classi. Le esperienze della quale,
depositate nell'inconscio della collettivit, producono, compenetrandosi col nuo
vo, l'utopia, che ha lasciato le sue tracce in mille configurazioni della vita, dalle
costruzioni durevoli alle mode effimere.

E cos commenta:
tali immagini erano tuttavia per Benjamin qualcosa di pi che archetipi dell'incon
scio collettivo come in Jung: per esse egli intendeva delle cristallizzazioni obiettive
del movimento storico e le denomin col nome di immagini dialettiche 59 .

Linke nach Adorno, hrsg. von W.F. Schller, Mnchen 1969; b) Hamburger Symphosion, hrsg. von M. Lbig und G. Schweppenhuser, Dietrich zu Klampen Verlag,
Lneburg 1984; e) Die frankfurter Schule im Licht des Marxismus, materiali dello Istitu
fr marxistische Studien und Forschungen, raccolti in occasione di due giornate di
studi in occasione del centenario della nascita di Lenin, Frankfurt a. M. 1970.
57 Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 35.
58 questa una delle metafore pi spesso usate da Adorno. La si ritrova, ad
esempio, sia nei Minima moralia, che nella Terminologia filolofica e nella Dialettica
negativa. Indica il pensiero senza fondamenti, cio per Adorno, quello che non si
preoccupa di partire dalla doxa e procedere in forma raposodica. Cfr. Th.W. Adorno,
Philosophische Terminologie, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1973; ed. it. Termino
logia filosofica, a cura di Anna Solmi, Einaudi, Torino 1975. Il testo raccoglie lezioni
tenute da Adorno a Francoforte nel 1962-63. La cura dell'edizione tedesca di R.Z,
Lippe.

59 Th.W. Adorno, Prismi, cit., p. 243.

INTRODUZIONE

27

Com' facile vedere in questa citazione compaiono molti dei termini


che costituiscono il problema anche del saggio del 1931 del quale ci stia
mo occupando. Aggiungiamo un'ultima citazione da Die Aktualitdt der
Philosophie prima di passare al commento; la parte immediatamente
seguente a quella suil'<m inveniendi:
Organo di questa ars inveniendi la fantasia. Una fantasia esatta, una fantasia che
si trattiene con fermezza sul materiale. [...] Se l'idea di interpretazione filosofica
[...] sussiste a buon diritto, allora essa si lascia esprimere come esigenza di dare
risposta alle domande di una realt che si trova davanti, mediante una fantasia che
raggnippa assieme gli elementi della domanda, senza andare al di l del perimetro
degli elementi stessi, e la cui esattezza diviene controllabile al dileguarsi della
domanda 60.

Se si potesse dire che cifrato nel privo di intenzioni sia il rapporto


tra soggetto e oggetto - nota dolente della filosofia tutta - allora il richia
mo alla fantasia come arte dislocatrice si chiarirebbe; perch dislocare non
significa solo rimescolare le carte a casaccio nell'attesa che esca la combi
nazione vincente. Del materiale enigmatico - nell'ipotesi sia il rapporto tra
soggetto e oggetto, nelle varie forme che questi assumono - parte inte
grante il soggetto. Ovvero: dislocare impiegare un atteggiamento dialet
tico che riguarda anzitutto il soggetto. In questo senso la fantasia la
facolt adatta a questo operare nella misura in cui libera dalle costrizioni
dell'empirico immediato, tanto quanto dalle illusioni di interezza del sog
getto. Che essa abbia poi il modello nella pratica del materialismo dialet
tico richiama alla mente in modo quasi letterale Marx: il rapporto tra
soggetti e oggetti non teoretico ma pratico, un rapporto che si deter
mina e si concretizza in particolari modi di produzione. Il commento a
Benjamin conferma questa proposta interpretativa. Alla dialettica spettava
il nome della decifrazione degli enigma perch essa da il modello delle
soluzioni delle quali solo la prassi materialistica dispone 61 , ovvero quello
secondo il quale la risposta non deve lasciare intatta la domanda. La
nozione di modello ritorna anche a proposito dell'esatta fantasia, -citata
poco pi sopra, in esso la 'transustanziazione' di Adorno e la 'trasfigura
zione' del passo di Benjamin trovano comunanza. Si tratta di un doppio
legame: da un lato non esistono immagini che non siano gi una trasfigu-

Th.W. Adorno, L'attualit della filosofia, cit., p. 10.


Th.W. Adorno, Prismi, cit., p. 243.

28

CRITICA DEL NON VERPO

razione, come si esprime Benjamin, dall'altro esse giungono al presente


sotto forma fratta e l'opera della filosofia consiste nel porre il loro mate
riale in modo che il carattere enigmatico si transustanzi e dilegui. , detto
metaforicamente, la messa in dialettica del celebre intuizioni cieche e
concetti vuoti, con in pi la consapevolezza che anche questa, come tutte
le immagini dialettiche, possiede la sua storia; la prima interpretazione
compiuta dal soggetto sotto pressioni irrimediabili: essa consiste nel
l'espulsione di parti del testo affinch in esso non sia leggibile la sua
origine. Compito della filosofia secondo Adorno quello di disporre le
parti presenti, senza credere loro ma senza tuttavia aggiungere nulla dal di
fuori, affinch esse da cifra e frammento assumano l'aspetto di un testo.
Testo cio: qualcosa di umano e sociale che parla di altro da s. La esatta
fantasia fa appello negativo critico: si contrappone al metodo della legge
scientifica, per la quale il vincolo al pensiero razionale (nel senso della
Dialettica dell'illuminismo) insuperabile.
Ma qual il movimento nel quale si compie la fantasia? e che signi
fica l'aggettivo esatta? Nel saggio Thesen ber die Sprache des Philosophen scrive Adorno che la differenza tra forma e contenuto nel linguag
gio filosofico non una disgiunzione eterna e senza storia. Essa si richiama
esplicitamente al pensiero idealistico: corrisponde all'idealistica differenza
di forma e contenuto della conoscenza 62 . Differenza che, si chiarisce
subito, falsa e tuttavia non revocabile d'un gesto, che anzi forse proprio
la sua revocabilit costituisce il principale problema della filosofia, nonch
suo compito. A tale differenza si associa il bolso pretendere che si parli
chiaro, pretesa che, prima di ogni altra, suppone che lingua e cose stiano
in buono rapporto tra di loro, un rapporto appunto per il quale cosa e
parola entrino serenamente in contatto senza bisogno di alcuna tensione
da parte del linguaggio 63 . Non solo, ma tale pretesa per lo pi avanzata
da coloro ai quali il ruolo sociale nella oscurit del parlar filosofico non
dovrebbe essere del tutto incomprensibile, come sostiene Adorno:
L'astratta idealistica pretesa che siano adeguati linguaggio, oggetti e so
ciet, l'esatto contrario della effettivit del linguaggio reale (wirklicher
Sprachrealitt] M . Il potere del linguaggio, insomma, tanto quanto i suoi
limiti non sono sovrastorici ma dipendono dalla configurazione nella quale

Th.W. Adorno, Thesen ber die Sprache des Philosophen, cit., p. 366.
Ibidem, pp. 366-67.
Ibidem, p. 367.

INTRODUZIONE

29

sorto e dal rapporto di questa con l'attuale - perch il linguaggio


fenomeno sociale: senza societ conchiusa non si da alcuna obiettivit, e
con ci nessun linguaggio vero e comprensibile 65 . Anche se in effetti la
connessione tra linguaggio e societ non in questo saggio esplicitata con
chiarezza, sufficiente, per ora, riassumere l'idea che il linguaggio cifri la
realt del privo di intenzione in una immagine enigmatica, la risposta alla
quale consiste nel far sparire il carattere di enigma, tramite disposizioni
diverse del medesimo materiale, affinch ne salti fuori il carattere storico
come segno della natura e quello naturale come cifra della storia - un'al
legoria interpretativa che veda nel morto le cifre del sogno del futuro, e
che abbia un nesso causale espressivo con la storia: questo il linguaggio,
nella cui forma sedimentato il contenuto. Nessuno dei fili di tale sedi
mentazione non indispensabile: attraverso di essi la filosofia pu, forse,
ricostruire il testo e se stessa. Ogni critica filosofica oggi possibile come
critica del linguaggio e aggiunge Adorno, tale critica significa domandare
la propria verit alle parole e alle cose, citare in giudizio il linguaggio, ma
altrettanto le cose.
Un'altra maniera per indagare la questione di rivolgere attenzione
alla facolt del nominare le cose, cio all'aspetto intensivo del concetto. La
posizione di Adorno nella querelle tra nominalismo e realismo sempre
stata estremamente dialettica 66: per un verso il realismo mente quando
pone come originaria l'essenza della cosa e da essa fa discendere, a secon
da delle correnti, o la non esistenza della cosa (individuo significa: sogget
to assoluto, se nessun uomo soggetto assoluto allora nessun uomo un
individuo) o la reale esistenza dell'essenza (l'uomo essere per essenza
libero, ergo in ultima istanza, qualunque uomo gi ora e adesso libero
semplicemente per il fatto di essere uomo), ma per altro verso esso ha
perfettamente ragione contro il nominalismo sulla pretesa di poter chia
mare il giudizio la realt quanto non corrisponde al suo proprio concetto.
Per il semplice fatto che gli uomini, secondo le parole scritturali, pur non
essendo la loro testa il mondo, hanno tutto il mondo nella loro testa.
Questa posizione, facile vedere, resta fedele all'idea che la differenza tra
forma e contenuto sia da criticare e insieme innegabile. Ma come pos
sibile far funzionare i nomi realisticamente senza dar loro spessore onto65 Ibidem.
66 Per un'analisi di questo tema ci si potrebbe servire delle pagine della Termino
logia filolofica, cit., pp. 16-28, 39-40, nonch l'interessantissima difesa adorniana
della prova ontologica alle pp. 92, 95 e 100 e sgg.

30

CRITICA DEL NON VERPO

logico e metafisico? [...] nuove parole dei filosofi si configurano oggi


solamente come modificazione (Vernderung) della configurazione delle
parole, che stanno nella storia, e non nella creazione di una nuova lin
gua 67 , risponde Adorno, quasi che la possibilit di avere parola sia iden
tica all'operazione che si compie per sciogliere gli enigmi: variare la costel
lazione materiale, fino a quando il carattere mitico e enigmatico non scom
paia. Meglio: non si muti in altro, all'interno della prassi filosofica, per far
scomparire il demoniaco stesso, forse. Adorno singolarmente vicino alla
concezione della inutilit di cercare nelle singole parole verit o falsit, ma
bens nella loro configurazione. Tranne per il fatto che nelle parole
sedimentata la storia:
... [la] critica del linguaggio non deve solamente investire la mera adeguazione
di parola e cosa, bens altrettanto la situazione delle parole in se stesse; si deve
chiedere alle parole fin dove siano idonee a portare a conclusione (tragen) la loro
pretesa intenzione, fin dove la loro forza storica si sia consumata, fin dove esse
possano affermare qualcosa configurativamente... 68 .

Le parole hanno quindi un lato realistico poich in esse compresa


una intenzione, e questa al contempo il loro lato sociale. Ma esse sono
anche dei puri nomi ai quali nulla vale, se nulla corrisponde, contrapporre
come desiderio. Ci in forza di cui possibile scavare con le e nelle parole
il loro carattere di linguaggio figurativo. Ma figurativo e esatta
fantasia hanno gi troppo in comune, meglio affrettarsi a precisare che
qui Adorno non ha affatto in mente un linguaggio carico di pathos, o con
variazioni melodiche, o retoriche etimologiche; proprio Heidegger citato
come esempio negativo del tentativo di restituire alle parole la loro dignit
qualche riga prima. Il carattere figurativo si riferisce qui alla configura
zione, mutando la quale possibile creare un linguaggio che possa essere
portatore di vero, e comprensibile.
Configurazione; gi stato incontrato questo termine negli altri due
saggi, come documentato da Pierre V. Zima in Adorno et la crise du
langage... 69 esso non altro che una variazione terminologica, che verr
poi definitivamente abbandonata, della costellazione. Questo vuoi dire

67 Th.W. Adorno, Thesen ber die Sprache des Philosophen, cit., p. 368.

68 Ibidem, pp. 369-70.


69 P.N. Zima, La crise du langage, cit., ma cfr. anche: a) M. Jay, Th.W. Adorno,
II Mulino, Bologna 1987; b) M. Barzaghi, Dialettica e materialismo in Adorno, op. cit.

INTRODUZIONE

31

che solo un linguaggio in forma di costellazione pu esprimersi senza


tradire. Un linguaggio in costellazione dove la struttura reale di un'imma
gine filosofica pu gi stare in una tensione figurativa con la sua propria
struttura linguistica 70 . Differenza tra struttura della cosa e struttura del
linguaggio che diventa produttiva: la domanda : su quale delle due si
debba calare l'esatta fantasia della quale andiamo cercando ragione?
Il tema dell'allegorico semplicemente la storia, un rapporto
storico tra ci che appare, la natura apparente, e ci che significato, vale
a dire la caducit 71 . Solo quel che stato, in quanto non pi, o meglio
come forma cifrata, in grado di esprimere significativamente la natura
dell'esistenza umana. Il significato come il significare sono originari, nel
commento di Adorno, perch dell'istitutiva distanza tra soggetto e oggetto
fanno tema di esposizione: Si deve partire dal fatto che la storia, cos
come ci si presenta, si configura come completa discontinuit in quanto
contiene non solo fatti e avvenimenti disparati, ma anche disparit di tipo
strutturale 72 . Tale discontinuit la stessa categoria di caducit che
Benjamin e Lukcs hanno rappresentato nel testo di Adorno. Ora quando
Adorno critica la filosofia che ha bisogno per farcela della funzione sim
bolica perch la funzione, che la domanda filosofica tradizionale si
aspettava da idee sovrastoriche e simbolicamente significative, viene inve
ce svolta da idee a-simboliche intrastoricamente costruite 73 . Insomma: la
categoria di simbolo viene rifiutata perch, ad avviso di Adorno, in essa
non possibile immettere appieno la dimensione storica, proprio perch
il simbolo funzione di superamento della storia anche quando simboleg
gia per eccellenza l'inizio della storia - la croce cristiana. O pi propria
mente si tratta di una differenza tra due tipi di storia; la prima intenzio
nale, sensata e progressiva, le seconda discontinua, continuamente costret
ta a cifrarsi in allegorie, e dispiegare le proprie differenze temporalmente,
nella caducit che fa s che ogni morto passato rappresenti la cifra del
presente, come il teschio di Benjamin,
... secondo la mia concezione, la storia non sarebbe pi il luogo a partire dal
quale le idee si elevano, si pongono in risalto da sole e scompaiono di nuovo, ma
le immagini storiche sarebbero esse stesse idee e sarebbe la loro connessione ad

'" Th.W. Adorno, Thesen ber die Sprache des Philosophen, cit., p. 370.

71 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, cit., p. 102.

72 Th.W. Adorno, L'idea di storia naturale, cit., p. 105.


'' Th.W. Adorno, L'attualit della filosofia, cit., p. 8.

32

CRITICA DEL NON VERPO

accertare la verit priva di intenzione, invece che la verit a venire nella storia
come intenzione 74 .

Le immagini storiche, nelle quali cifrata la natura come storia e la


storia come natura, sono esse stesse idee di una verit non intenzionale, e
la loro connessione, parente stretta della costellazione degli elementi
materiali dell'enigma, come della disposizione strutturale nuova delle pa
role, anzi l'unico criterio per accertare la verit. Cosa sia una connessio
ne di immagini di una realt che radicalmente discontinua difficile da
immaginarsi. E tuttavia da ricordare il passo nel quale Adorno sostiene
che la filosofia sia in grado di leggere nella propria discontinuit se stessa
e tramite di ci anche attaccare il demonico che l'ha costretta a nascondersi in enigmi. Secondo questa suggestione, cos, la discontinuit storica
sarebbe la porta di ingresso dell'interpretazione, che non prende nulla per
proprio dato, ma anzi lo sfrutta affinch tramite nuove composizioni degli
elementi scompaia il carattere di enigma:
la filosofa [...] si tratterr l dove la realt irriducibile fa irruzione. [...] L'irruzione
dell'irriducibile si compie in maniera concretamente storica e perci la storia or
dina l'alt al movimento del pensiero verso i presupposti. La produttivit del pen
siero pu dialetticamente dar buona prova di s soltanto nella concrezione storica.
Entrambe vengono in comunicazione attraverso i modelli 75 .

Anche le immagini originarie sono descritte come modelli, cos


come anche la fantasia esatta, organo della ars inveniendi, si trattiene con
fermezza sul materiale, allo stesso modo della filosofia nei confronti della
concrezione storica, - l'incontro finale avviene nei modelli, dunque nelle
immagini storiche, che sono idee la cui connessione, costellazione creata
dalla ars inveniendi, accerta la verit del privo di intenzioni. L'organo della
ars inveniendi, la fantasia esatta, organo nel senso letterale: organo di
senso, non metodo o mezzo tecnico. Non si tratta di fantasticare tutte le
soluzioni possibili, sperando che ne cavi fuori il coniglio giusto, ma di
utilizzare l'organo della fantasia, cio quello della immaginazione, che crea
immagini storiche radicalmente per rappresentarsi la storia la cui verit
non l'avvento intenzionale, ma al contrario il residuo, il non intenziona
le, anzi meglio: la verit cifrata nel non intenzionale, che quasi un testo,

74 Ibidem.
75 Ibidem, p. 10.

INTRODUZIONE

33

in attesa che da tutti i fili tessuti in tutti i tempi la filosofia riesca a


ricostruire la storia naturale, la storia del privo di intenzioni.
Se paragoniamo l'irruzione dello storico di Adorno, con l'irruzione
della storia nell'inconscio di Freud, abbiamo un confronto suggestivo,
ancorch probabilmente filologicamente inconsistente (per ora). Con la
differenza che il privo di intenzione a irrompere e far rimettere in moto
l'intenzionale che appare in moto ma fermo. una questione temporale.
Qualcosa accade nella storia, originaria e naturale ma poi ordinaria e
umana, che crea degli strappi nel tessuto delle immagini che pure parreb
be non doversi interrompere mai; l'idea, la cosa stessa, diventa strano
intreccio e enigma. Di qual sorta sia questa rottura sar mostrato pi
avanti, per ora quel che conta, in conclusione, dimostrare una forma di
questa frattura: quella del linguaggio. Quale modello ha in mente Adorno?
Uno dove, perlomeno,
il linguaggio configurativo diviene [...] l'esplicita procedura che presuppone l'inin
terrotta dignit delle parole senza doverla aggirare, [...] si determina il linguaggio
configurativo [...] come unit dialettica incrociata, e insolubile, di concetto e cosa 76

ma nelle parole sedimentata la storia, e esse ne prendono possesso solo


all'interno della modificazione del campo di forze entro cui sono messe a
operare. La forma e lo stile sono dunque - come sostenuto nella Teoria
estetica - un contenuto sedimentato e sottratto alla coscienza e
all'intenzione. Le parole sono quindi in grado di decifrare solo se ricono
scono tale sedimento e lo mettono in moto contro la sensibilit attuale:
La struttura reale di un'immagine filosofica [immagine storica e dialetti
ca] pu gi stare in una tensione figurativa [cio stilistica e formale, dun
que contenutistica] con la sua propria struttura linguistica [formale e sti
listica, dunque contenutistica] 77 . Sono due forme, cio due contenuti,
che entrano in tensione figurativa, poich sono diacronici in misura diver
sa, appartengono a due gradi differenti del processo di trasformazione in
immagine 78 . L'organo di senso di tale appercezione non pu che essere la
fantasia, che le immagini produce, a partire dalla memoria. Questa produ
zione fantastica in quanto le immagini non devono rispecchiare bens

mio.

' 6 Th.W. Adorno, Thesen ber die Sprache des Philosophen, cit., p. 369. Corsivo
77 Ibidem, p. 370.

78 Cfr. la trasmutazione della forma di enigma, nel saggio Die Aktualitt der
Philosophie, op. cit.

34

CRITICA DEL NON VERPO

decifrare il reale e il linguaggio; ma anche in funzione della memoria


perch il contenuto dei nomi espressione della loro storia, anche se
tramite una trasmutazione in forma (Verwandlung ins Gebilde) che la
rende non intenzionale.
Certamente le immagini non sono immediatamente identificabili con
la forma, n il figurativo. Ma per risolvere questo problema abbiamo bi
sogno di procurarci e esplorare altre categorie adorniane. Per adesso
possiamo concludere dicendo che il processo interpretativo della filosofia
un compito di decifrare, nel senso stretto di far scomparire la cifratura,
e esso eseguito dalla facolt di creare immagini a partire da quel che
stato dimenticato.

CAPITOLO II
LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

Al pensatore odierno non si chiede niente di meno che questo:


essere nello stesso momento nelle cose e al di fuori delle cose; e il
gesto del barone di Mnchhausen, che si solleva dallo stagno affer
randosi per il codino, diventa lo schema di ogni conoscenza che
vuoi essere qualcosa di pi che constatazione o progetto.
Th.W. Adorno 1 .

TROPPA FIDUCIA NELLA COSCIENZA ATTUALE

La Dialettica dell'illuminismo, dedicata a E. Pollock, esprime chiara


mente il proprio intento: comprendere perch l'umanit, invece di entra
re in uno stato veramente umano, sprofondi in un nuovo genere di bar
barie 2 . Sono evidenti gli accenti etici di questo progetto, ma, proseguono
i due autori, l'opera non ha potuto essere eseguita fino a fondo, avevamo
ancora troppa fiducia nella coscienza attuale 3 . Il punto di vista che sareb
be necessario per una protostoria (Urgeschichte] del capitalismo sottratto
dalla storia del capitalismo. Poich l'identit attraverso la quale sia possi
bile individuare le determinazioni proprie della totalit (sociale) e ricono
scere le svolte decisive attraverso le quali si instaurata e ha prodotto
l'individualit (sociale), non a disposizione, diventa un controsenso an
dar in cerca dell'uomo-in-s, come se esso esistesse prima della storia e
indipendentemente da essa. Come scrisse Freud, le forze che contrappon
gono l'individuo alla societ e quelle che lo costituiscono come tale sono
le stesse; toglietele e non avrete l'Io puro ma un puro bel niente. Ma c'
anche un'altra ragione per la quale va criticato il mito di una spiegazione
della storia a partire dalla sua origine: il fatto che l'illuminismo totali
tario, e cio scrive la propria storia all'indietro, mentre nello stesso
momento cancella la trama dell'ordine storico. Ne risulta una scrittura

Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 79.


M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., p. 3.
Ibidem.

36

CRITICA DEL NON VERO

inversa sovrapposta a quella originaria, per dir cos dritta, che non pi
leggibile immediatamente. Per questo non significa che la protostoria del
capitalismo sia una bizzarria: essa corrisponde intanto all'idea che il me
todo di ricerca debba muoversi da ci che pi prossimo verso quel che
pi lontano 4 , e in secondo luogo esegue l'istanza prima della critica:
interpretare il particolare alla luce della totalit, tanto pi accanitamente
quanto pi questa connessione sembri scomparire in una totalit struttu
rale assente.
Qualcosa di simile stato tentato, in un saggio di commento all'opera
di Adorno, da C. Trke. Cercando gli snodi di una storia della secolariz
zazione del lavoro umano e del suo concetto - se sia una maledizione o
una nota caratteristica dell'essenza umana a immagine di Dio - afferma il
Trke che in entrambi i casi o la maledizione stata scagliata da Dio per
vendetta (ti guadagnerai il pane col sudore della fronte) o a Dio
sfuggito che chi nella societ non ha lavoro abbandonato da Dio e dagli
uomini [e] si trova privo della sua essenza 5 . Per fare il verso a Kierkegaard, che faceva il verso ad Hegel, che tu lavori o non lavori, sarai
comunque dannato 6. Simile l'inizio della Dialettica dell'illuminismo:
La condanna naturale degli uomini oggi inseparabile dal progresso sociale. [...]
Il singolo, di fronte alle potenze economiche, ridotto a zero. Queste, nello stesso
tempo, portano a un livello finora mai raggiunto il dominio della societ sulla
natura. Mentre il singolo sparisce davanti all'apparato che serve, rifornito da esso
meglio di quanto non sia mai stato. Nello stato ingiusto l'impotenza e la dirigibilit
della massa cresce con la quantit di beni che le viene assegnata 7 .

Qualunque destino pare migliore dell'impotenza e del terrore di fron


te alla strapotenza della natura, ma la natura insegna che c' un destino
peggiore. Cosi il lavoro da lotta contro la natura - lotta mediante la quale
il singolo si realizza - divenuto controllo sulla natura del singolo, il

4 Cfr. Barzaghi, cit., e G.B. Vaccaro, Attualit di Adorno?, in Critica marxista,


1989, n. 5, pp. 133-48.
5 Cfr. C. Trcke, Gottesgeschenk Arbcit. Theologisches zu einem profanen Begriff,
in AA.VV., Hamburger Adorno-Symphosion, cit., pp. 87-98.

Dello stesso autore si pu vedere anche in traduzione italiana Gewalt und Tabu.
Philosophische Grenzgnge, Dietrich zu Klampen Verlag, Mnchen 1987, Violenza e
Tab, tr. U. Colla, Garzanti 1991.
6 Cfr. S. Kierkegaard, Enten-Eller, trad. it. A. Cortese, Adelphi, Milano 1978, pp.
98-100.

7 M, Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., pp. 6-7.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

37

quale, se si liberato dalla schiavit della miseria, ha tuttavia perduto la


sua relazione con il senso di quella liberazione. I beni materiali che pu
procurarsi li paga dando loro la sua propria identit, che potr poi riavere
in forma allucinatoria solo surrogando la sua storia con l'immobile palude
delle sempre uguali merci.
L'ipotesi del libro nota: il mito gi illuminismo e l'illuminismo si
rovescia in mitologia; non in ultimo, poich l'infrazione del mito , al
contempo, l'effrazione della ragione attraverso l'autocritica: solo il pen
siero che fa violenza a se stesso abbastanza duro da infrangere il mito 8
- e questa violenza necessaria si determina non astrattamente bens, come
una sorta di risarcimento, soffermandosi presso quel che stato sacrifi
cato: lungo l'itinerario verso la nuova scienza gli uomini rinunciano al
significato. Essi sostituiscono il concetto con la formula, la causa con la
regola e la probabilit 9. Violenza e sacrificio sono paradigmi mitici non
meno che razionali, anzi: la razionalit stessa con la quantit di rinuncia
che comporta, con i suoi sacrifici, si instaura n pi n meno che come
forma mitica, ovvero come violenza diretta verso l'interno a difesa da
quella naturale che possiede una medesima quantit di violenza, ma con
il peggioramento di una gratuit inarrestabile. Scriveva, nella stessa pro
spettiva, Benjamin in un saggio intitolato Per una crtica della violenza
(Gewalt) 10, che
la violenza, per cominciare, pu essere cercata solo nel regno dei mezzi e non in
quello dei fini - per - essa non mezzo, ma manifestazione. E questa violenza
conosce manifestazioni affatto oggettive, in cui pu essere sottoposta alla critica.
Esse si trovano - in modo altamente significativo - anzitutto nel mito. La violenza
mitica nella sua forma esemplare semplice manifestazione degli di. Non mezzo
ai loro scopi, appena manifestazione della loro volont, essa soprattutto manife
stazione del loro essere 11 .

Quel che Benjamin esprime nel doppio carattere della violenza indipendentemente dall'ambito giuridico nel quale egli situa il suo saggio
- come mezzo e come espressione dell'essere, viene forse districata da
Adorno e Horkheimer nell'inevitabile aspetto di violenza interna e ester
na, dominio sulla natura come tecnica e dominio sull'interno come repres-

8 Ibidem, p. 12.
9 Ibidem, p. 13.
10 W. Benjamin, Angelus Novus, cit., Per una critica della violenza, pp. 5-38.
11 Ibidem, p. 6 e p. 23.

38

CRITICA DEL NON VERO

sione. La violenza attraverso la quale si effettua la rinuncia al significato


quella attraverso la quale il significato regredisce, cos
le molteplici affinit fra ci che vengono scacciate dall'unico rapporto fra il
soggetto datore e l'oggetto privo di senso, fra il significato razionale e il portatore
accidentale di esso. Nella fase magica sogno ed immagine non erano considerati
solo come un segno della cosa, ma erano uniti a essa dalla somiglianz o dal nome.
Non un rapporto di intenzionalit ma di affinit 12 .

Il movente chiaro: il mezzo attraverso il quale si opera la violenza


l'astrazione, lo strumento dell'illuminismo, essa opera coi suoi ogget
ti come il destino di cui elimina il concetto: come liquidazione 13 liquidazione che il contrario dell'esecuzione, che Adorno indica nella
Teoria estetica come medium sia dell'interpretazione, sia della creazione.
Esecuzione dunque cantra paura: il grido di terrore con cui esperito
l'insolito, diventa il suo nome [...] l'illuminismo angoscia mitica radicalizzata 14 , dando nome e astraendo esso prende le distanze, espelle quel
che vorr dominare, prepara una pelle abbastanza spessa da ricevere lo
shock senza ferirsi.
L'illuminismo l'angoscia mitica radicalizzata. La pura immanenza positivistica,
che il suo ultimo prodotto, non che un tab per cos dire universale. Non ha
da esserci pi nulla fuori, poich la semplice idea di un fuori la fonte genuina
dell'angoscia. [...] La proposizione spinoziana Conatus sese conservandi primum
et unicum virtutis est fundamentum, la vera massima di ogni civilt occidentale 15 .

Quanto si appreso come modello di autoconservazione rimane


come struttura per tutte le future operazioni, anche quando queste non
siano pi direttamente volte alla autoconservazione, e per quanto com
plessa possa diventare la rete di bisogni che costituiscono la conservazio
ne. Anzi, il processo si svolge a tal punto che il mezzo, tramite la violenza
del quale ci si una volta salvati, acquista magica autonomia e promuove
da solo il comportamento del suo creatore. Davvero ha ragione Trcke, la
societ offre una secolarizzazione della religione che una parodia della
palinodia 16.
12
13
14
15

M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., p. 18.


Ibidem, p. 21.
bidem, pp. 22-23.
bidem, pp. 23 e 36-37.

16 Cfr. C. Trke, Gottesgeschenk..., op. cit.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

39

II linguaggio il mezzo dell'illuminismo nel mito che rivela la sua


identit con l'impulso illuministico 17 ; cos i miti che cadono sotto i colpi
dell'illuminismo erano gi il prodotto dell'illuminismo stesso 18 , e il lin
guaggio del mito il linguaggio dell'illuminismo. Quale che sia il linguag
gio dell'interpretazione, esso non ha niente a che spartire con la regressio
ne, la quale, del resto, non conduce all'origine ma all'originaria rimozione.
necessario che l'interpretazione sia non l'espressione dell'origine ma la
comprensione dell'originato, non la chiarificazione del mito, ma il dispie
gamento allegorico lo scopo della critica. Il mito:
voleva raccontare, nominare, dire l'origine.. [...] Questa tendenza si rafforzata
con la stesura e la raccolta dei miti. [...] Le divinit olimpiche non sono pi
direttamente identiche agli elementi, ma li significano [...] sono gi ai limiti del
l'allegoria. [...] L'essere si scinde d'ora in poi nel logos [...] e nella massa di tutte
le cose e creature esterne. Una sola differenza [...] assorbe tutte le altre 19.

Significato e allegoria vanno di pari passo nella separazione dell'espe


rienza da ci di cui esperienza. In un senso diverso - visto che mito e
illuminismo parlano la stessa lingua - diventa allora cruciale l'origine del
mito, ovvero in quanto esso sviluppa gi pienamente la logica del controllo
razionale.
Lo sdoppiamento della natura in apparenza ed essenza [...] nasce dalla paura
dell'uomo, la cui espressione diventa una spiegazione. Non che l'anima venga
trasferita nella natura [...]; mana, lo spirito che muove, non una proiezione, ma
l'eco della strapotenza reale della natura nelle deboli anime dei selvaggi. [...] Se
l'albero non pi considerato solo come albero, ma come testimonianza di qualcos'altre, come sede del mana, la lingua esprime la contraddizione che una cosa,
cio, se stessa e insieme qualcos'altro da ci che , identica e non identica 20 .

Ma c' ancora un passo da compiere prima che l'espressione lingui


stica, o meglio simbolica, diventi linguaggio:
tramite la divinit il linguaggio diventa, da tautologia, linguaggio. Il concetto [...]
stato [...] fin dall'inizio, un prodotto del pensiero dialettico, dove ogni cosa ci

17 P.C. Lang ha mostrato quale funzione svolga il linguaggio nella creazione del
pensiero astratto senza il quale non c' identit, Cfr. P. Lang, Hermeneutik, Ideologiekrtik, Asthetik - \Jber Gadamer und Adorno sowie Fragcn ener aktuallen Asthetik,
Forum Academicum, inder Verlagsgruppe, Knigstein 1981, pp. 71 e sgg.
18 M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., p. 16.

19 Ibidem.
20 Ibidem, pp. 23, 26 et passim.

40

CRITICA DEL NON VERO

che solo in quanto diventa ci che non . [...] Ma questa dialettica rimane
impotente nella misura in cui si sviluppa dal grido di terrore, che la duplicazione,
la tautologia del terrore stesso 21 .

Secondo Adorno, insomma, la paura davvero elemento primo del


linguaggio; tramite di essa si appronta una sede all'identico a s nella
natura; in tale sede poi possibile sacrificare la parte che recalcitra di
fronte alla rinuncia che impone l'autoconservazione, e il mondo si scinde
nell'allegorico e nel simbolico; l'uno scienza dell'accaduto, l'altro equiva
lenza dell'accadibile. Solo se il linguaggio conserva l'allegorico in s,
possibile ali'interprelazione sfuggire l'equivalenza imposta dal sacrificio
del significato a favore della manipolabilit. per questo allora che l'il
luminismo prova un orrore mitico per il mito, perch esso avverte la
presenza del mito non solo in concetti e termini confusi, come crede la
critica semantica, ma in ogni espressione umana, in quanto non abbia un
posto nel quadro teleologico dell'autoconservazione 22 . Il terrore quindi
suscitato, per dir cosi, da tutto ci che accade senza intenzione; qualun
que cosa meglio di essa, finanche immaginarsi di venir puniti da di
irosi e nascosti - l'imprevisto al rischiaramento illuminista proprio il
privo di intenzione che trovammo nei primi scritti filosofici di Adorno.
In quel caso ci premette sottolineare la portata antipsicologistica e anti
soggettivistica, in questa posizione si precisa, come anticipammo allora, la
causa della scissione che imporr, d'allora in poi, la questione della di
stanza e del rapporto tra soggetto e oggetto. Il realismo ingenuo si
fatto adulto 23 .
L'orrore che la critica semantica prova di fronte all'inutile diretto
contro l'illusione positiva dell'eliminazione della comprensione con la
previsione, senza dubbio. E tuttavia qualcosa di tale orrore resta in qualsiasi teoria tratti semplicemente la struttura linguistica sotto il modello
inespresso delle scienze fisiche matematizzate. La fungibilit, la scambia
bilit, sono il tratto distintivo della logica del linguaggio che emerge attra21 Ibidem.
23 Sia R. Solmi che L. Ceppa notano, nelle rispettive introduzione e prefazione ai
Minima moralia, come questo sia il libro pi nietzscheano di Adorno, il quale non
nasconde a sua volta l'opinione, in Dialettica dell'illuminismo, che Nietzsche sia stato
il pi radicale degli anti-nominalisti.
Per la questione si vedano, per esempio: F. Nietzsche, Genealogia della morale, a
cura di G. Colli e M. Montinari, Mondadori, Milano 1979, e i suggerimenti e le critiche
di S. Natoli, Ermeneutica e Genealogia, Feltrinelli, Milano 1981.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

41

verso il sacrificio mitico fino alla terminologia scientifica dell'illuminismo.


Il livello di astrazione che si richiede gi tutto contenuto, appunto, nel
sacrificio, ma il sacrificio linguistico non comporta necessariamente
l'abolizione della semantica.
Nella magia la sostituibilit specifica. Ci che accade alla lancia del nemico, ai
suoi capelli, al suo nome, fatto anche alla persona; la vittima sacrificale viene
massacrata al posto del dio. La sostituzione nel sacrificio un progresso verso la
logica discorsiva. [...] A ci mette fine la scienza. Non c', in essa, sostituibilit
specifica: vittime s, ma nessun dio. La sostituibilit si rovescia in fungibilit uni
versale 24 .

La struttura di significante e significato, in qual che sia versione la si


voglia moltiplicare, se ci si limita al suo aspetto trascendentale, assai pi
affine alla fungibilit della scienza - dove ogni termine deve servire a
costruire, o costituire, l'insieme delle operazione possibili - piuttosto che
alla magia simbolica, dove il nome pu ancora essere vero o falso; e
Adorno non crede che la cosa possa piacere a tutti.
Nella fase magica sogno e immagine non erano considerati solo come segno della
cosa, ma erano uniti ad essa dalla somiglianz o dal nome. Non un rapporto di
intenzionalit, ma di affinit. La magia , come la scienza, rivolta a scopi, ma li
persegue mediante la mimesi, non in un crescente distacco dall'oggetto. Essa non
riposa affatto sull'onnipotenza dei pensieri, che il primitivo si attribuirebbe
come il nevrotico [...]. La fiducia incrollabile nella possibilit di dominare il
mondo che Freud attribuisce anacronisticamente alla magia, corrisponde solo al
dominio del mondo secondo il principio di realt ad opera della scienza posata e
matura 21 .

Il dominio insomma passa per la separazione - istitutiva - mentre


non cos la paura. La prima opera di trasposizione, quindi di interpretazione, viene rivolta contro la paura: l'ignoto trapassa in rimosso. Il resto
di tale calcolo dorme nelle parole, nel linguaggio. La sua necessaria astra
zione rimanda al non astratto, e poich l'astrazione fondata sull'identit,
l'identit del linguaggio rimanda al non identico. La interpretazione
originaria fu una identificazione cui si pervenne tramite una soppressione
di quel che identificabile non era - la forma inidentificabile torna al pen24 M.
25 M.
Adorno sta
sgg, Ed. it.

Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, op. cit., p. 18.


Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., pp. 18-19.
citando Freud da Totem e Tab, in Gesammelte Werken, X Band, pp. 106
S. Freud, Opere 1912-14, Boringhieri, Torino, p. 91.

42

CRITICA DEL NON VERO

siero come rimosso; orrore mitico scrive Adorno, che tutt'altro che
metaforico:
il distacco del soggetto dall'oggetto, premessa dell'astrazione, fondato nel distac
co dalla cosa, a cui il padrone pervenne mediante il servitore. [...] L'universalit
delle idee, sviluppata dalla logica discorsiva, il dominio nella sfera del concetto, si
eleva sulla base del dominio reale. [...] Il S, che ha appreso l'ordine e la subor
dinazione alla scuola della sottomissione del mondo esterno, ha presto identificato
la verit in generale col pensiero disponente, senza le salde distinzioni del quale
essa non potrebbe sussistere. Esso ha bandito, con la magia mitica, la conoscenza
che coglie effettivamente l'oggetto. Tutto il suo odio rivolto all'immagine della
preistoria superata e alla sua immaginaria felicit 26.

Vedremo come tale immaginaria felicit sia il punteruolo col quale


scardinare la gabbia del mitico illuminismo. Per ora constatiamo come
l'oggetto del quale si occupa l'interpretazione, in Adorno, abbia di fronte
qualcosa di cui teme l'essenziale come la minaccia peggiore alla sua stabi
lit, forse anzi a se stesso intero. E se vogliamo chiarire i termini che
abbiamo visti impiegati negli anni '30 a illustrare la filosofia come interpretazione, diciamo che sciogliere la forma dell'enigma vorrebbe dire,
davvero, sciogliere la forma del soggetto per come esso oggi costituito,
anche se lo scioglimento del soggetto non la liquidazione dell'individuo;
perch la liquidazione il gesto tipico dell'illuminismo regredente a mito
logia - liquidazione come contrapposta alla ragione della cosa, liquidazio
ne cantra dialettica. Essa non esegue sul serio il movimento dell'interpretazione, si limita a distaccare l'enigma dall'ente, lasciando gli individui soli
col carattere di enigma, che poi appare ad essi come natura mitica, indo
mabile, e che risospinge la immagine di libert sempre pi indietro: la
libert si colloca l dove certo non pu esistere: prima che ci fosse il
soggetto della libert. Per questo Adorno pot scrivere nella Attualit
della filosofa che il materialismo storico esegue sul serio il movimento di
critica del linguaggio che l'interpretazione svolge solo nel pensiero.
Nella destituzione dell'individuo la scienza moderna nasconde quella del
soggetto, gi avvenuta, e invola la colpa in un a-storico presente che pure
presenta s come pura natura, e nel linguaggio inchioda l'inafferrabile
bugia, la cui verit non compatibile con l'impostazione della domanda.
Anche le domande possono, a buon diritto essere false, e non l'ultimo
compito dell'interpretazione sarebbe l'awedersene. Cos come la coazione
26 M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., pp. 21-22.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

43

antica si ridispone nell'obbligo di fornire una risposta anche quando que


sta esigerebbe di ribaltare l'essenza, che appare, in quella che sarebbe
dovuta apparire: Vero sarebbe il pensiero che desidera il giusto ma
l'urgenza di una questione non pu costringere a dare una risposta, se
non si riesce a ottenerne una vera perch
la volont di non farsi saziare, di apprendere qualcosa di essenziale [...] viene
deformata da risposte tagliate sul bisogno, ambigue tra l'obbligo legittimo di of
frire pane, non pietre, e la convinzione illegittima, che debba essere pane, perch
cos deve essere 27 .

PERCH ULISSE NON ASCOLT IL CANTO DELLE SIRENE


Nel tredicesimo canto de\Y Odissea, Ulisse sfugge all'incanto con
mezzi astuti. Nella sua versione dell'accaduto Kafka, che guarda da molto
pi lontano, spiega benissimo il meccanismo attraverso il quale si pu
sfuggire alla seduzione delle sirene: si tratta della riflessione 28. Nella pro
gressione del racconto kafkiano - Ulisse non sente, finge di non sentire,
le sirene non cantano fingono solamente, Ulisse non sente che le sirene
non cantano, Ulisse finge di non sentire che le sirene non cantino - c'
tutta la vertigine dialettica dei giochi dei bambini che scoprono l'infinito
della riflessione e ci si perdono nel ritornello del "io so che tu sai che io
so che tu sai...". Anche Brecht, per molti versi all'opposto della scuola di
Francoforte, registra l'esperienza secondo la quale la seduzione alla paura
debba essere il fondamento della civilt moderna. Questo nesso illustra
to da Adorno e Horkheimer nell'excursus su Odissea, o mito e illuminismo
all'interno della Dialettica dell'illuminismo. La paura esige il sacrificio per
placare gli di, ma gli di sono, fuor di metafora, quel naturale che minac
cia la natura, cos che il nesso di sacrificio e scissione - ovvero creazione
- indissolubile.
Il S strappa se stesso al dissolvimento in cieca natura, della quale il sacrificio
torna sempre a far valere i suoi diritti. [...] Il S permanente identico, che sorge
dall'aver superato il sacrificio, direttamente a sua volta un rituale sacrificale

2/ Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., pp. 83, 189, 63.


28 F. Kafka, Das Schweigen der Sirenen, del f9f7, tr. it. in F. Kafka, SchizziParabole-Aforismi, tr. A. Lavagetto, Mursia, Milano 1983.

44

CRITICA DEL NON VERO

rigido, e implacabilmente osservato, che l'uomo celebra a se stesso opponendo la


propria coscienza al contesto naturale 29.

L'incanto al quale Ulisse s'impone di resistere con la duplicazione e


scissione propria della riflessione proprio la regressione all'indistinto.
Senza questa operazione, che il potere della astrazione e, in ultima analisi
del linguaggio, non si da vita umana, ma
dal momento in cui l'uomo si recide la coscienza di se stesso come natura, tutti i
fini per cui si conserva in vita [...] e fin la coscienza stessa, perdono ogni valore,
e l'insediamento del mezzo a scopo, che assume, nel tardo capitalismo, i tratti della
follia aperta, si pu gi scorgere nella preistoria della soggettivit 30.

Da qui - dalla Urgeschichte del soggetto - inizia la storia della civilt,


e Horkheimer e Adorno ne danno un resoconto fulminante assumendo a
prototipo dell'individuo moderno Ulisse che sfugge all'incanto delle sire
ne.
Odissee non tenta di seguire un'altra via da quella che passa davanti all'isola delle
Sirene. E non tenta neppure di fare assegnamento al suo sapere superiore e di
porgere libero ascolto alle maliarde, nell'illusione che gli basti come scudo la sua
libert. [...] Proprio in quanto - tecnicamente illuminato - si fa legare, Odissee
riconosce la strapotenza arcaica del canto. Egli si china al canto del piacere, e lo
sventa, cos, come la morte. L'ascoltatore legato attirato dalle Sirene come nes
sun altro. Solo ha disposto le cose in modo che, pur caduto, egli non cada in loro
potere. [...] Le Sirene hanno quel che loro spetta, ma gi ridotto e neutralizzato
- nella preistoria borghese - al rimpianto di chi prosegue. [...] Nasce cos la
coscienza del significato. [...] Odissee scopre, nelle parole, ci che nella societ
borghese sviluppata si dir formalismo: la loro validit permanente pagata col
distacco dal contenuto che di volta in volta le riempie, onde possano riferirsi - in
questo distacco - ad ogni contenuto possibile, a nessuno o allo stesso Odissee. Dal
formalismo dei nomi e dei decreti mitici, che vogliono comandare, indifferenti
come la natura, sugli uomini e sulla storia, emerge il nominalismo, il prototipo del
pensiero borghese 31 .

Concludendo che:
la storia della civilt la storia dell'introversione del sacrificio. In altre parole la
storia della rinuncia. [...] Come gli individui hanno troppo poche, e non troppe
M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialektik der Aufklrung, cit., p. 21.
M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., p. 62.
Ibidem, pp. 66-68.

LA TRISTE SCIENZA DELL ESPERIENZA

45

inibizioni, senza essere per questo di un briciolo pi sani, un metodo catartico che
non trovasse il proprio criterio nell'adattamento [...] dovrebbe condurre gli uomi
ni alla coscienza dell'infelicit 32 .

In un illuminante tardo saggio di Freud 33 la stessa sostituzione degli


scopi con i mezzi della quale parla Adorno attribuita all'inconscio
processo di difesa, il quale abbandonerebbe la paura della minaccia contro
la quale eresse le difese in favore del terrore di perdere le difese stesse.
Ancora Adorno scrive che
ognuna delle figure mitiche tenuta a fare sempre la stessa cosa. Ognuna consiste
nella ripetizione: il cui fallimento segnerebbe la sua fine. [...] Sono immagini della
coazione: le atrocit che commettono sono la maledizione che pesa su di esse.
L'ineluttabilit mitica definita dall'equivalenza fra quella maledizione, il delitto
che la paga e la colpa che ne deriva e che riproduce la maledizione.

E un attimo prima ancora,


l'umanit ha dovuto sottoporsi a un trattamento spaventoso, perch nascesse e si
consolidasse il S, il carattere identico, pratico, virile dell'uomo, e qualcosa di tutto
ci si ripete in ogni infanzia. [...] Il pensiero di Odissee [...] conosce due sole
possibilit di scampo. Una quella che prescrive ai compagni. Egli tappa loro le
orecchie con la cera, e ordina loro di remare a tutta forza. Chi vuoi durare e
sussistere, non deve porgere ascolto al richiamo dell'irrevocabile. [...] L'altra pos
sibilit quella che sceglie Odissee, il signore terriero, che fa lavorare gli altri per
s. Egli ode, ma impotente, legato, all'albero della nave, e pi la tentazione diventa
forte, e pi strettamente si fa legare, cosi come, pi tardi, anche i borghesi si
negheranno pi tenacemente la felicit quanto pi - crescendo la loro potenza l'avranno a portata di mano 34.

L'orrore che il mito prova di fronte alla natura lo stesso che l'illu
minismo prova di fronte al mito e alla natura di s: Si realizza, l'angoscia
pi antica, quella di perdere il proprio nome 35 .
Il nesso non esplicito, ancora in questi anni, nel pensiero di Ador
no. Lo ritroveremo con molta forza nella Dialettica negativa. Tuttavia gi
nella protostoria del soggetto la colpa della sostituzione delle difese con

32 Ibidem e Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., pp. 63-63.


33 S. Freud, Analisi terminabile e interminabile, in Opere voi. XI, pp. 499-538, in
particolare p. 521.
34 M. Horkheimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., pp. 65 e 41.
35 Ibidem, p. 38.

46

CRITICA DEL NON VERO

l'amore delle difese - il che altro non significa che la rimozione di esse e
della loro origine - sullo stesso piano della scissione che da origine ai
nomi, e poi ai concetti, anch'essa una sostituzione, anzi la prima sostitui
bilit: misero un agnello al posto di un uomo - dunque anche questo era
possibile? 36 . Cos come un sacrificio enorme dovette costare la separazio
ne della natura dal S, allo stesso modo allontanarsi dal proprio nome prima con rituali mimetici, poi con segni universali - realizza proprio ci
contro cui avrebbe dovuto preservare: nessuno pi verr ucciso per pla
care le divinit, ma ognuno trasmutabile con un agnello. Il nome sta per
le cose a patto che le cose se ne stiano fuori di se stesse a sufficienza da
essere scambiabili, segnicamente, l'una con l'altra 37 . La colpa alla quale
non si pu sfuggire con un balzo quella della astrazione: senza di essa
c' solo caos, ma l'ordine che essa porta con s ha le sue vittime, e la sua
polizia: il linguaggio. Il linguaggio perde la sostituibilit specifica a favore
di una generica allorquando si instaura come linguaggio comune, o detto
altrimenti, come struttura linguistica, dove il rimando appare interno e la
memoria rimossa: l'astrazione [...] opera coi suoi oggetti come il desti
no di cui elimina il concetto: come liquidazione 38 , operata a partire dal
grido di terrore con cui esperito l'insolito che diventa il nome dell'in
solito e d'ora innanzi potr stare al posto di esso, e tutto sar fatto purch
tale sostituzione non riemerga alla coscienza: l'illuminismo angoscia
mitica radicalizzata. [...] Non ha da esserci pi nulla fuori, poich la sem
plice idea di un fuori la fonte genuina dell'angoscia 39. Ed ecco che
prima i feticci sottostavano alla legge dell'uguaglianza. Ora l'uguaglianza
diventa essa stessa un feticcio - che apre la possibilit di mettere qualcun
altro al proprio posto di fronte al pericolo, e come segno, la parola passa alla scienza, come parola vera e propria, viene ripartita
tra le varie arti. [...] Come segno, il linguaggio deve limitarsi a essere calcolo; per
conoscere la natura, deve abdicare alla pretesa di somigliarle. Come immagine,

36 C. Wolf, Kassandm, Luchterhand Verlag, Darmstadt 1983, tr. it. A. Raja, Cas
sandra, E/O edizioni, Roma 1987. Il geniale romanzo epico-tragico della Wolf
tutto registrato sulla sostituibilit determinata e indeterminata e sul principio del terzo
escluso.
37 Vorrei, a questo proposito, rimandare anche se solo con breve cenno, a F.
Rossi Landi, Metodica filoso/tea e scienza dei segni, Bompiani, Milano 1985, dove
trattato l'aspetto della relazione tra l'instaurazione del segno linguistico e la prima
attuazione della divisione sociale del lavoro.
38 M. Horkeimer e Th.W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, cit., p. 21.
39 Ibidem, p. 23.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

47

deve limitarsi a essere copia: per essere interamente natura, abdicare alla pretesa
di conoscerla 40.

Per cominciare a mettere ordine, nel nostro discorso, dovremmo dire


che un'interpretazione che voglia fedelt al proprio oggetto dovrebbe te
nere fermo il carattere apparentemente irresolubile di questa alternativa,
e trattare il linguaggio come se fosse una cosa in s scissa di apparenza e
essenza, sul modello dell'albero di cui abbiamo parlato pi sopra;
la separazione di segno e immagine inevitabile. Ma se ipostatizzata con ingenuo
compiacimento, ognuno dei due principi isolati tende alla distruzione della verit.
L'abisso che si aperto in questa separazione, stato individuato e trattato dalla
filosofia nel rapporto di intuizione e concetto, e a pi riprese, ma invano, essa ha
cercato di colmarlo 41 .

Di fronte alla stessa alternativa si trova l'interpretazione: dopo che la


realt stata interpretata per difendersi da essa, la scissione non recupe
rabile. Allora, che fare? Si comprende ora meglio cosa fosse la dignit
della parole di cui parlava Adorno nei saggi esaminati nel capitolo pre
cedente. Ma esiste l'altra faccia della medaglia.
Fin da quando il linguaggio entra nella storia, i suoi padroni sono sacerdoti e
maghi [...] il mondo gi diviso in una sfera di potere e in una sfera profana. [...]
Il linguaggio stesso conferiva ai rapporti di dominio, l'universalit che aveva assun
to come mezzo di comunicazione e [all'interno di questa situazione] i simboli
prendono l'aspetto di feticci. Il loro contenuto, la ripetizione della natura, si rivela
poi sempre, in seguito, come la permanenza [...] della costrizione sociale [cos che]
il dominio si oppone al singolo come l'universale, come la ragione nella realt. [...]
Nell'imparzialit del linguaggio scientifico l'impotente ha perso del tutto la forza
di esprimersi, e solo l'esistente trova il suo segno neutrale [ma] questa neutralit
pi metafisica della metafisica. Infine l'illuminismo ha consumato non solo i
simboli, ma anche i loro successori, i concetti universali, e non ha lasciato altro,
della metafisica, che la paura del collettivo dalla quale essa nata 42 .

Il linguaggio - all'interno del quale giostra l'interpretazione - assume


l'aspetto di natura; i nomi scivolano e da concetti si fanno meri sintomi del
terrore che rimosso e sforzo della rimozione facciano irruzione di nuovo.
Non dunque la parola, il nome, regge il complesso di colpa, ma il movi40 Ibidem, pp. 24-25.
41 Ibidem, p. 26.
42 Ibidem, pp. 29-30.

48

CRITICA DEL NON VERO

mento della sua autonomia, che anzich consegnare le chiavi della citt
impone che essa stessa resa gabbia sia scambiata per natura; l'illuminismo,
sostiene Adorno, non pu che essere nominalistico. Nello stesso senso
l'illuminismo che liquida il mito totalitario: Quali che siano i miti a
cui ricorre la resistenza, per il solo fatto di diventare, in questo conflitto,
argomenti, rendono omaggio al principio della razionalit analitica che
essi rimproverano all'illuminismo. L'illuminismo totalitario 43 .
L'aver consumato i simboli analogo all'imperativo prescritto al pen
siero in Attualit della filosofia: dover rinunciare alla funzione simbolica,
farcela senza di essa, e infine, nella ricostruzione e memoria anche di ogni
pi piccolo filo, prospettare la soluzione dell'intreccio strano - mitico dell'ente. Infatti l'illuminismo, come nominalistico, si arresta davanti al
nomen, al concetto inesteso, puntuale, al nome proprio 44 . Nella religione
ebraica, prosegue Adorno, il legame tra nome e cosa ancora riconosciuto
nel divieto di pronunciare il nome di Dio. Pegno della fede rinunciare
alla sostituzione di questa con un'altra: la conoscenza la denuncia
dell'illusione di poter aver accesso e possesso del nome di Dio 45 . Ma
questa negazione non astratta:
questa esecuzione, negazione determinata, non garantita a priori. [...] La ne
gazione determinata respinge le rappresentazioni imperfette dell'assoluto, gli idoli,
non, come il rigorismo, opponendo loro l'idea alla cui stregua non reggono. La
dialettica rivela piuttosto ogni immagine come scrittura, e insegna a leggere nei
suoi caratteri l'ammissione della sua falsit, che la priva del suo potere e lo appro
pria alla verit 46 .

Il potere dell'eguaglianza e della difesa, della paura e della sostituibi


lit, dell'astrazione e del calcolo, dell'agnello al posto di un uomo, della
divisione del potere fondata sul potere del nome di dividere l'ente stesso
in apparenza e essenza, la sede del mana magico e di se stesso. La
dialettica come interpretazione deve spogliare l'apparenza di natura di
questo processo, quindi l'apparenza di natura di ogni linguaggio. E, nel
suo stesso carattere, leggere l'ammissione che neppure esso, come le cose,
pi se stesso, ma cela altro. Solo cos il linguaggio diventa pi di un
semplice sistema di segni 47 .
43 Ibidem, p. 14.
44 Ibidem, p. 31.
45 Ibidem.
46 Ibidem, pp. 31-32.
47 Ibidem, p. 32.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

49

II nesso di particolare e universale cos descritto, si presenta anche,


come ricerca della dialettica deU'illuminismo nascosta in ogni oggetto
d'esperienza, nei Minima moralia, i quali sono, in quanto scienza del
l'esperienza [odierna], l'ideale proseguimento del volume scritto con
Horkheimer. Per qui la riflessione da per compiuta la protostoria del
soggetto e si attacca direttamente ai risultati, all'esperienza come , al suo
carattere di impenetrabilit che va sciolto:
[il pensiero] deve passare attraverso l'impenetrabile, attraverso la durezza del
particolare, per essere in grado di raggiungere l'universale, la cui sostanza custo
dita nell'impenetrabilit stessa. [...] Si potrebbe quasi dire che la verit stessa
dipende dalla durata, dalla pazienza e dalla tenacia con cui si sosta o si indugia
presso il singolo oggetto 48 .

Questa dialettica dell'interpretazione svolta nell'oggetto, e non un


esercizio che compia il filologo; n l'oggetto n l'universale che lo indica
sono semplici segni, rimandi ciechi che basti seguire; piuttosto si tratta di
intrecci da decifrare 49 . Non si da una realt nuda e cruda dalla quale
partire. Se Adorno, in Terminologia filosofica, prende partito per la prova
ontologia di Anselmo 50, questo avviene perch il linguaggio delle cose
un problematico realismo degli universali che si tratta di raggiungere. Ma
l'universale come connessione che determina le possibilit linguistiche e
espressive del particolare, impenetrabile allo sguardo del connesso: la
partecipazione non consente la distanza. Il nominalismo dell'illuminismo
opera una reductio ad unum e il potere dell'universalit si stempera nell'in
dividuale che reso cieco dell'origine della sua relazione con l'universale.
Basti ricordare qui quanto scritto, e commentato, nel saggio L'idea di
storia naturale, nel capitolo precedente. Qualunque lettura, o interpretazione, che si attui prima della disconnessione di quell'accecamento, legge,
per dir cos, i comunicati stampa dell'universale senza neppure sospettarlo
- un universale che , come tutto, posto. Anche se al posto dell'origine
fosse un abisso, VAbgrund. Ma non solo, gli attribuisce anche un soggetto
che da gran tempo non esiste, un soggetto umano che nella sua autonomia
regge solamente grazie all'illusione della sostanzialit dell'individuo, il
particolare che perde il nome di fronte all'astrazione scambiabile del con
cetto. Ma mentre l'individuo solo empiricamente sostanziale, il nominaTh.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 81.
Cfr. il primo capitolo.
Cfr. Th.W. Adorno, Terminologia filolofica, cit., p. 93 e sgg.

50

CRITICA DEL NON VERO

lismo gli affida, al contrario, la responsabilit della cosa, come se le cose


fossero oggetti prima e indipendentemente dalla relazione che le ha sepa
rate dal soggetto, dando origine a entrambi.
Se nella differenza tra universale e particolare nascosta in piccolo
tutta l'ideologia del nominalismo, l'interpretazione che si voglia liberare
dal suo modello deve iniziare dal riconoscimento del carattere di falsit
di ogni immagine come scrittura, nel carattere ideologico della loro
identificazione e nella falsit della loro scissione. Vediamo dunque come
si presenta questo materiale ad una fenomenologia della quotidiana
vita offesa.

DESIDERIO, ETICA E INTERPRETAZIONE


Scriveva F. Schlegel che: per capire una persona bisogna anzitutto
essere pi intelligenti di lei, in secondo luogo intelligenti quanto lei e
anche stupidi allo stesso modo 51 , e gli fa eco Adorno:
ci che vale per la vita istintiva, vale anche per quella spirituale: il pittore o il
compositore che si vieta questa o quella combinazione di colori o serie di accordi
perch la giudica dozzinale e di cattivo gusto, lo scrittore a cui determinate forme
linguistiche danno sui nervi perch gli sembrano pedantesche e banali, reagisce
cosi vivacemente contro di esse perch anche in lui ci sono, per cos dire, degli
strati che sono attirati in quella dirczione 52 .

L'idea che l'organo di sensibilit dello spirituale poggi sulla mimesi,


e la sua finezza, in ultima istanza, sulla repressione degli istinti contro i
quali si protesta, non , come visto, esclusiva di Adorno, senza tuttavia che
questo comporti un ritorno all'indietro nell'ordine della produzione. An
corch doversi liberare dalla repressione: i tab che costituiscono, nel
loro insieme, il rango intellettuale di una persona [...] sono sempre diretti
contro impulsi e tendenze che sono presenti anche in essa 53 . Come dire
che non si supera mai l'isola delle sirene, ci si limita a girarci intorno a
cerchi pi o meno ampi - e questo l'essenziale. E oltre scritto: Non
solo, come Nietzsche ben sapeva, tutte le cose buone sono state un tempo
cose cattive: anche le cose pi delicate, abbandonate alla loro forza di
51 F. Schlegel, Schriften und Fragmente, Behler Verlag, p. 158.
52 Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 21.
53 Ibidem.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

51

gravita, tendono a sfociare nella brutalit senza limiti 54 . La capacit di


reagire ali'indurimento legata non alla purezza - all'immediatezza - ma
al contrario all'esperienza non rimossa ma contrastata. E tutto ci funzio
na, per cos dire, fin nelle fibre dell'Io come ben si vede anche nella
descrizione che Adorno offre della propria sorte: Ogni intellettuale nel
l'emigrazione - senza eccezione - minorato. [...] Espropriata la sua
lingua, e livellata la dimensione storica da cui la sua conoscenza attingeva
ogni energia 55 ; indifferentemente, si suppone, al livello di controllo o di
rapporti presenti nello stato soggettivo dell'intellettuale emigrante.
Ma c' di pi, il testo in se stesso subisce la tensione della lotta fra
la necessit di opporre resistenza e la necessit di avvicinarsi al burrone a
sufficienza da poterlo riconoscere; nell'aforisma numero 50, Lacune,
leggiamo che
si richiede [...] allo scrittore di riprodurre esplicitamente tutti i passi che lo hanno
condotto alla sua affermazione. [...] Questa richiesta [...] falsa, anche come
criterio dell'esposizione. Poich il valore di un pensiero si misura alla sua distanza
dalla continuit del noto [...]; quanto pi si avvicina allo standard prestabilito, e
tanto pi sparisce la sua funzione antitetica; e solo in questa sua funzione, nel
rapporto patente col suo opposto, e non nella sua esistenza isolata, il fondamento
della verit'6 ;

cos come il rango intellettuale di una persona, anche il rango di verit di


uno scritto sembra essere nella quantit di rimozioni che esso riesce a
mettere in gioco, in gioco non in atto. Infatti
la conoscenza si attua in una fitta rete di pregiudizi, intuizioni, nervature, corre
zioni, anticipi e esagerazioni, cio nel contesto dell'esperienza, che, per quanto
fitta e fondata, non trasparente in ogni suo punto 57 .

Sembreremmo spinti in dirczione freudiano-dialettica, cio in una


prospettiva di imposizione o retorica del significato, legata pi all'espe
rienza che non alla obiettivit. Ma c' una messa in guardia che non si pu
trascurare:
in ogni pensiero non ozioso resta il segno dell'impossibilit di una completa legit54 Ibidem, p. 84.

55 Ibidem, pp. 26-27.


56 Ibidem, pp. 85-65.
57 //, p. 86.

52

CRITICA DEL NON VERO

Umazione: come, in sogno, sappiamo di lezioni di matematica perdute per una


beata mattina in letto, e che non sono pi recuperabili. Il pensiero attende che un
giorno il ricordo di ci che stato perduto lo ridesti, e lo trasformi in teoria 58 .

Adorno rivendica una parte non concettuale, diciamo meglio: non


chiara e distinta, alla vera conoscenza. E questo concorda con l'insieme
del suo pensiero. Ma quel che strano , se sciolto dal carattere enigma
tico, l'esempio che egli produce. Il pensiero non ozioso, che impossibile
legittimare fino in fondo, quello della lezione di matematica perduta o
della mattina beata nel letto? Non sono forse, oggi, entrambi irrecupera
bili? Dir che la verit stia nella lezione perduta significherebbe affermare
che si debba commettere un atto proibito per poi avere la verit della
proibizione, senz'altro vero ma piuttosto contorto. Ma del resto, se l'illegittimabile l'aver preferito il sonno alla lezione, cos' di un pensiero che
aspetta la pigrizia per essere ridestato? La cosa non funziona. Un aiuto ci
viene da poche pagine dopo: La tecnica letteraria impone di rinunciare
anche a pensieri fecondi, se la costruzione lo richiede. I pensieri soppressi
contribuiscono alla sua forza e alla sua ricchezza 59 . La forza qui evocata
resta come le lacune del testo, inespressa. qualcosa di simile al rimosso,
ma solo in apparenza. Esso non prender partito per il vero cosi com',
ma solo quando il ricordo di ci che stato perduto lo ridesti e lo
trasformi in teoria.
Altre lacune le abbiamo gi trovate; esse erano l'aspetto lacunoso,
quasi demoniaco, che l'interpretazione doveva sciogliere, nel saggio L'at
tualit della filosofia1. Cos'ha dunque infine questa mattina trovata e le
zione perduta, e che cosa sono le lacune che essa evoca e che daranno la
forza al pensiero nel suo ricordo, liberandolo dal demoniaco? Essa ricor
do di una felicit passata che non incatenata all'apologi del dato cosi
com', giacch essa felicit solo nel ricordo; ora sappiamo che quella era
felicit: il solo rapporto della coscienza alla felicit la gratitudine: ed
ci che costituisce la sua dignit incomparabile e che ... non c' felicit
senza feticismo 61 . Che cosa abbia la felicit di tanto importante di fronte
all'interpretazione chiaro: senza desiderio, non c' conoscenza, neppure
quella interpretativa:

Ibidem, p. 87.
Ibidem, p. 91.

Cfr. il primo capitolo.


Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 127 e p. 139.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

53

poich anche le pi remote oggettivazioni del pensiero traggono alimento dagli


impulsi (Triebe], il pensiero, distruggendoli, distrugge la condizione di se stesso.
[...] Ma se gli impulsi non sono superati e conservati nel pensiero [...] non si
realizza conoscenza alcuna, e il pensiero che uccide suo padre, il desiderio,
colpito dalla nemesi della stupidit. [...] Espulsa la fantasia, esorcizzato anche il
giudizio, il vero atto conoscitivo 62 .

Non semplice comprendere perch desiderio, fantasia e conoscenza


siano cosi strettamente legati. Ancora la esatta fantasia del testo del
1931 era rimasta in debito di una spiegazione. certamente questione di
precomprensione come si esprimerebbe Gadamer, ma in senso del tutto
particolare.
Il desiderio partorisce il pensiero come desiderio di sottrarsi allo
strapotere delle forze, interne e esterne della natura. Nel far questo la
natura, la sua esperienza, gli si trasforma tra le mani: essa diviene sempre
pi simile a quel che dovrebbe essere per non impaurire: un regno di
dominio. Per far questo anche la natura interna ha dovuto essere violata
e frenata, e sotto la cenere cova l'incendio passato. Entrambe sono ora
insieme quel che erano e quel che sono divenute - l'esperienza, che non
atto esclusivo dell'io del principio di realt, registra inevitabilmente, e
per lo pi inconsciamente, anche il passaggio dall'una all'altra. Tale regi
strazione subisce, ad opera del linguaggio la chirurgica resezione della
parte viva, per renderla inoffensiva. Ora non c' strada all'indietro, ma
solo la chance di riportare a ricordo la memoria rimossa. Essa il terreno
infatti sul quale nasce il desiderio.
La psicoanalisi si vanta di restituire agli uomini la loro capacit di godere, turbata
dalle nevrosi. [...] La felicit prescritta appunto di questo tipo; per poterla
condividere, il nevrotico beneficato deve bandire anche l'ultimo resto di ragione
che rimozione e regressione gli avevano lasciato, e, per amor dello psicanalista,
prender gusto ai film di quart'ordine, ai pranzi cari ma cattivi [...], ai compunti
drinks e ad un sex sapientemente dosato. [...] Come gli individui hanno troppo
poche, e non troppe inibizioni, senza essere per questo di un briciolo pi sani, un
metodo catartico che non trovasse il proprio criterio nell'adattamento e nel suc
cesso economico, dovrebbe condurre gli uomini alla coscienza dell'infelicit, del
l'infelicit generale e della propria, indissolubilmente connessa alla prima, e toglier
loro le soddisfazioni apparenti. [...] Appartiene al meccanismo dell'oppressione
vietare la conoscenza del dolore che produce, e una via diretta conduce dal van
gelo della gioia alla costruzione dei campi di sterminio. [...] Questo lo schema

Ibidem, pp. 141-42.

54

CRITICA DEL NON VERO

dell'intatta capacit di godere. Chi lo denuncia avr, dallo psicanalista, la conferma


di essere afflitto da un complesso edipico 63 .

La fantasia e il desiderio, legati alla eliminazione del dolore, sono,


non affatto per scherzo, il terreno prodotto dall'Edipo: essi denunciano la
realt e ne producono un'altra - ma questo lo schema di ogni
interpretazione, far di un testo un testo leggibile; anche l'ermeneutica
cos affetta dal complesso edipico. Quel che importa non , come nella
psicoanalisi, ammesso che l lo sia, la storia individuale e le sue lacune
rimosse, ma il fatto che tali lacune, senza mai poterlo confessare, sono
state create dal pensiero/ricordo della felicit e a essa segretamente com
misurano ogni reale, senza scegliere nella umiliante alternativa di fronte
alla quale il tardo capitalismo mette segretamente tutti i suoi sudditi: di
ventare un adulto come tutti gli altri o restare un bambino 64 . Poich non
si tratta di restare bambini, non si pu far finta che il testo sia immedia
tamente il significato, ma neppure l'apparenza reale lo . Solo la fantasia,
ovvero il desiderio che ritorni quello stato del quale ci si ricorda, ma che
probabilmente non mai esistito, dove s' stati felici, decide dell'interpretazione; facile darne un esempio nei testi di Adorno. Con la famiglia,
scrive ad esempio il nostro,
scomparso non solo l'organo pi efficiente della borghesia, ma la resistenza che,
se opprimeva l'individuo, d'altro canto lo rafforzava, o addirittura lo produceva.
La fine della famiglia paralizza le controforze. L'ordine collettivistico nascente
una tragica parodia di quello senza classi: e col borghese liquida l'utopia che si
nutriva dell'amore per la madre 65 .

Ma se l'unica possibilit fosse legata al ritorno dell'utopie saremmo


nei guai; non attraverso la contrapposizione di immagini ideali alla triste
condizione reale che il pensiero diviene in grado di penetrarla. Anzi, le
immagini utopiche, quasi come un soddisfacimento allucinatorio - una
metonimia della critica - sono contrarie alla dialettica interpretativa, e
come tali proibite.
La famosa proibizione di farsi immagini adorniana, la si ritrova in
uno dei luoghi meno aspettati, la Estetica di Hegel, ovvero le lezioni rac
colte sotto questo titolo da H.G. Hotho e pubblicate nel 1836-38. Dove
65 Ibidem, pp. 63-64.
64 Ibidem, p. 155.
65 Ibidem, p. 13.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

55

si dice che la riproduzione della natura rimane spesso indietro rispetto a


se stessa, Hegel racconta: James Bruce, nel suo viaggio in Abissinia,
avendo mostrato ad un turco un quadro raffigurante pesci, dapprima lo
sbalord, ma subito dopo ne ebbe questa replica: "Se questo pesce si
lever contro di te il giorno del giudizio e ti dir: tu mi hai dato s un
corpo, ma non un'anima viva, come ti giustificherai allora di fronte a
questa accusa?" 66 . Adorno diffida delle immagini per lo stesso motivo: il
loro carattere espressivo troppo forte per dir che siano solo un gioco, ma
la loro possibilit troppo debole perch siano un risarcimento. Per con
tinuare con la metafora, nel giorno del giudizio il pesce avr s avuto
l'anima, al contrario di quanto narra Hegel, ma accuser allora di averlo
lasciato senza terra. Allo stesso modo la proibizione di Adorno contro le
immagini felici non rivolta a tutelare la sacralit o inarrivabilit dell'immaginato, ma bens a evitare che si confonda l'immaginato con il reale.
L'esatta fantasia non fantasia produttrice di immagini, la Produktive
Einbildungskraft di Kant, essa una fantasia senza immagini, che utilizza
il materiale dell'enigma, sul quale si applica, come se fosse l'unico mate
riale esistente - , come scrisse Adorno, un'arte combinatoria, cio di
composizione di forze. Forze della cosa, che il soggetto, non spezzato il
pensiero dal desiderio pone in forma. Ed un soggetto tutt'altro che
onnipotente o perfettamente centrato, anzi
la ragione dialettica l'irragioncvolezza di fronte alla ragione dominante. [...] La
dialettica non pu arrestarsi davanti ai concetti di sano e di malato, e neppure
davanti a quelli, strettamente affini, di ragionevole e irragionevole. Una volta che
ha conosciuto per malato l'universale dominante [...] vede la sola cellula di gua
rigione in ci che, commisurato a quell'ordine, appare malato, eccentrico, paranoide o addirittura folle - e ancora prosegue - E essenziale al pensiero, un momento
di esagerazione, un trapassare oltre le cose, un liberarsi dalla gravita del puro fatto
- per concludere infine che - veri sono solo i pensieri che non comprendono se
stessi 67 .

L'esatta fantasia tanto del soggetto quanto della cosa, il loro


possibile incontro, dove l'uno presta la forma di avvenimenti, esperienze
e ricordi, all'altro affinch questo abbia oltre che l'immagine anche l'anima.
La stessa cosa accade per i testi, e le interpretazioni. Vediamo di
comporre una possibile costellazione di ci a partire da quanto Adorno

66 G.W.F. Hegel, Estetica, a cura di N. Merker, Einaudi, Torino, 1963, p. 53.


67 Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., pp. 76, 147 e 231.

56

CRITICA DEL NON VERO

racconta sul proprio esilio. L'intellettuale minorato, una volta che sia
avvenuta nell'emigrazione l'espropriazione della lingua. Essa non qual
cosa di morto, ma partorisce a seconda dell'inseminazione: la parole han
no una storia 68, anzi per la maggior parte, esse sono la loro storia: quel che
indicano il riassunto di quel che sono servite a indicare, in ogni tempo
e fin nel pi piccolo filo tessuto 69. Quella dell'emigrato condizione stori
ca di chiunque non sia a casa propria, e per Adorno certo, nessuno a
casa propria in questo mondo; ogni lingua stata espropriata, anche in
questo caso vale la massima secondo la quale la pagliuzza nel tuo occhio
la migliore lente d'ingrandimento 70. Se l'espropriazione compiuta,
solo la sensibilit per tutto ci che discosto e appartato, l'odio per la
banalit, la ricerca ci ci che non ancora consunto [...] ancora l'ultima
chance del pensiero 71 ; la ragione si rifugiata - interamente ed ermeti
camente - nelle idiosincrasie personali 72 , che cos personali non sono poi,
ma anzi, come nella brutta letteratura le frasi che vengono messe in bocca
ai protagonisti e che dovrebbero essere le pi a loro intime proprie e
individuali suonano invece generalissime secondo i pi noti cliches, allo
stesso modo nelle idiosincrasie personali si scopre l'universale:
vero che nessuna idea esonerata da questa connessione, che nessuna di esse
pu persistere ciecamente nella sua chiusura particolare. Ma tutto dipende dal
modo in cui si compie il trapasso. La iattura viene dal pensiero come violenza,
dall'abbreviazione indebita del percorso, che deve passare attraverso l'impenetrabi
le, attraverso la durezza del particolare, per essere in grado di raggiungere l'univer
sale, la cui sostanza custodita nell'impenetrabilit stessa 1^.

Le idiosincrasie personali, come le lacune testuali, sono l'impe


netrabile, nel quale si conserva la sostanza della cosa; perch le cose non
sono quello che sono come abbiamo gi letto nella Dialettica dell'illumi
nismo. Lo stesso viene ribadito, in termini pi obicttivanti poco oltre: In
un testo filosofico tutte le proposizioni devono essere ugualmente vicine
al centro: nessuna principale significa anche: nessuna secondaria. Il con
centrico, o l'a-centrico (Adorno si esprime esattamente al contrario nella
Dialettica negativa, tutte le proposizioni devono essere ugualmente lontane
6rt Cfr. Th.W. Adorno, Tbesen ber die Sprache des Philosophen, op. cit.
69 Cfr. Th.W. Adorno, Die Aktualitt der Philosophie, op. cit.

70 Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 48.


71 Ibidem, p. 70.
72 Ibidem, p. 73.
73 bidem, p. 81. Corsivo mio.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

57

dal centro), hanno a che fare con l'indugio presso la cosa, entrambi
devono scoprire il particolare in modo da non farne un semplice passo sul
cammino dell'universale, cosa che sarebbe segretamente la radice di ogni
idealismo 74 ; la conoscenza veramente allargante quella che indugia
presso il singolo fenomeno finch, sotto l'insistenza, il suo isolamento si
spezza - l'insistenza ben inteso quella del desiderio - ci presuppone,
evidentemente, un rapporto con l'universale, ma non un rapporto di sus
sunzione, anzi piuttosto il contrario. La mediazione dialettica non il ricor
so a qualcosa di pi astratto, ma il processo di risoluzione del concetto in se
stesso 7\ E Adorno prosegue citando il Nietzsche della Gaia scienza con
tro la vis eclettica e conciliatrice delle storie del pensiero: la morale del
pensiero appunto qui: il suo procedere non deve essere n ottuso n
sovrano, n cieco n vuoto, n atomistico n consequenziario - qualcosa
di contrario al circolo ermeneutico fa capolino: il particolare ancorch
concorrere alla costituzione del tutto, e viceversa, un elemento che tende
alla sua rottura, e tuttavia tale forza di rottura data solo dal circolo entro
il quale gli elementi sono spinti: non il circolo da scoprire ma la forza
che ha spinto gli elementi dentro di esso. Per questo la richiesta di ripro
durre tutti i passaggi che hanno portato al testo giudicata inutile prima
ancora che impossibile.
Non si tratta di stabilire un percorso ma, al contrario, di rappresenta
re un campo di forze, dove anche le lacune sono conservate come forza
del testo. Per le lacune conservano la loro forza solo entro un pensiero
che non rinunci all'obbligo di esprimersi per concetti. Dopo aver parlato
delle lacune, nello stesso aforisma 50, si legge:
II pensiero che rinuncia, in nome del rapporto al proprio oggetto, alla piena
trasparenza della sua genesi logica, resta pur sempre in difetto, in quanto rompe
la promessa che implicita nella forma stessa del giudizio ' 6 ,

e quindi
quando i filosofi, a cui si sa che il silenzio riusc sempre difficile, si lasciano
trascinare in una discussione, dovrebbero parlare in modo da farsi dare sempre
torto, ma - nello stesso tempo - da convincere l'avversario della sua non-verit 77 .

74 Ibidem, p. 77.
1~' Ibidem, p. 78. Corsivo mio.
76 Ibidem, p. 87.
" Ibidem, pp. 73-74.

58

CRITICA DEL NON VERO

Non c' modo di allungare direttamente le mani verso la cosa ma solo


la possibilit di farla risultar fuori dal testo, attraverso la forza che si
instaura tra rigore e non conciliazione formale. Se manca il rigore, la forza
si mescola, gli elementi si sciolgono, se abbonda la conciliazione nella
forma, le tensioni sono appianate in una struttura rigida e stabile. Obbligo
alla forma e fedelt agli elementi che di per loro distruggerebbero la forma
come
il talento [che] non forse altro che rabbia felicemente sublimata, la capacit di
tradurre quelle energie che, un tempo, si esaltavano oltre ogni limite nello sforzo
di distruggere gli oggetti che opponevano resistenza [...] e di essere altrettanto
tenaci e implacabili nella ricerca del segreto degli oggetti 78,
giacch
il mondo [...] il suo principio unificatore lo sdoppiamento, ed esso concilia solo
in quanto attua la perfetta inconciliabilit di universale e particolare. La sua essen
za l'inessenza: ma la sua apparenza, la menzogna merc la quale sussiste,
l'esponente della verit 79

- ogni negazione deve essere, insomma, determinata.


L'interpretazione chiamata a rispettare l'essenza del testo anche se
questa inessenziale, giacch tramite di essa pu scorgere e far sorgere
l'esponente della verit. E una mimesi cosciente, ossimoro, alla quale
Adorno chiama l'interpretazione, una identificazione con l'aggressore
dove non valga far paura. C' un racconto, nei Minima moralia, com
movente e triste, a proposito delle due lepri che si salvano dal cacciatore
fingendo d'essere morte,
Fin da quando cominciai a riflettere, mi rese sempre felice la canzone che comincia
con le parole tra il monte e la profonda, profonda valle: la storia delle due lepri
che, mentre si sollazzano sull'erba, sono abbattute dal cacciatore, e, quando si
rendono conto di essere ancora in vita scappano via. Ma solo pi tardi ho com
preso il monito contenuto in quella storia: la ragione pu resistere solo nella
disperazione e nell'eccesso; occorre l'assurdo per non soccombere alla follia oggettiva;

e Adorno commenta che: "bisognerebbe fare come le due lepri [...] cadere
follemente come morti, raccogliersi, riprendere coscienza, e, se si ancora
Ibidem, p. 123.
Ibidem, p. 129.

LA TRISTE SCIENZA DELL'ESPERIENZA

59

in grado di respirare, scappare a tutta forza 80. Forza che la stessa della
contraddizione, delle lacune, e del padre del pensiero, il desiderio, infatti:
la forza dell'angoscia e della felicit sono la stessa cosa: la stessa apertura illimitata
[...] all'esperienza, in cui il soccombente si ritrova. [...] Solo l'eccentrico sarebbe
in grado di resistere e di imporre un alt all'assurdo. Egli solo potrebbe capacitarsi
dell'apparenza del male. [...] L'astuzia delle lepri impotenti riscatta - con le lepri
- anche il cacciatore, a cui invola la sua colpa 81 .

Contro il nominalismo: la verit un indugio, una imitazione del


falso. Una imitazione che ami le sue lacune e soppressioni, la parte
ingiustificabile, la non autocomprensione, dove le bugie abbiano le gam
be lunghe e si possa dire precorrano i tempi 82 . Ma tale estraneit,
unico rimedio, secondo le parole di Adorno, all'estraniazione, non pos
sibile procurarsela che attraverso un ricordo della memoria, la trasforma
zione degli impulsi in impulsi intellettuali; non perch queste propriet del
soggetto siano esse, psicologicamente, il vero, ma perch solo attraverso di
esse la fantasia pu capacitarsi della storia del testo. Lo spirito non che
istinto che ha avuto fortuna; i tab costituiscono, nel loro insieme, il
rango intellettuale di una persona, le soppressioni il rango di un testo, e
ci che vale per la vita istintiva, vale anche per quella spirituale 83 . Ma
compiere tale esperienza , nel mondo oggi, la cosa pi difficile.
Questa impossibilit forse il tema pi noto nel pensiero di Adorno;
scrive l'idiozia oggettiva, neppure l'ironia ancora in grado di resiste
re alla follia.
Il medium dell'ironia, la differenza tra ideologia e realt, scomparso. L'ideo
logia si rassegna a confermare la realt attraverso la duplicazione pura e semplice
della stessa. L'ironia diceva di una cosa: questo ci che afferma di essere, ma
ecco com' in realt; ma oggi, anche nella menzogna radicale, il mondo si fa forte
del fatto che le cose stanno proprio cosi, e questa semplice constatazione coincide,
per lui, col bene 84.

La celebre chiusa dei Minima moralia che afferma essere la prospet


tiva di interpretazione delle cose la pi facile a ottenersi e insieme

80 Ibidem, p. 240.

81 Ibidem, p. 241.

82 Ibidem, p. 123.
83 Ibidem, p. 21.
84 Ibidem, p. 255.

60

CRITICA DEL NON VERO

l'assolutamente impossibile, per quel che essa richiederebbe all'interpre


tante di non essere nel mondo in cui necessario interpretare, indica
tuttavia una prospettiva: considerare tutte le cose come si presenterebbe
ro dal punto di vista della redenzione. Un punto di vista che non si
instaura senza il desiderio e l'esperienza dell'individuo, ma che solo trami
te questa si fa falso in un attimo: II pensiero che respinge pi appassio
natamente il proprio condizionamento per amore dell'incondizionato,
cade tanto pi inconsapevolmente, e quindi pi fatalmente, in bala del
mondo 85 .
Il condizionato non chiuso, non la totalit. Il tutto falso, ma il
Falso non il Tutto. Perch il tutto storico, storia naturale, cio natura
sotto la cifra storica e storia sotto la cifra naturale. Fino al punto in cui sia
possibile riconoscere che: l'individuo talmente storico in tutte le sue
fibre da essere in grado di ribellarsi, con la trama sottile della sua costi
tuzione tardoborghese, alla trama sottile della costituzione tardoborghese 86. Questo lo schema della parodia, la teoria interpretativa di Adorno.
La teoria si vede rinviata all'obliquo, all'opaco, all'indeterminato, che, come tale,
ha senza dubbio qualcosa di anacronistico, ma non si esaurisce nell'invecchiato,
perch ha giocato un tiro alla dinamica storica,

come Benjamin ha lasciato in eredit il compito di


non affidare esclusivamente questo tentativo [di mettere filosoficamente a frutto
ci che non ancora determinato dalle grandi intenzioni] ai rebus sconcertanti del
pensiero, ma di recuperare ci che privo di intenzione attraverso il concetto:
l'obbligo di pensare dialetticamente e non dialetticamente ad un tempo 87

cos che per questo:


al pensatore odierno non si chiede niente di meno che questo: essere nello stesso
momento nelle cose e al di fuori delle cose; e il gesto del barone di Mnchhausen,
che si solleva dallo stagno afferrandosi per il codino, diventa lo schema di ogni
conoscenza che vuoi essere qualcosa di pi che constatazione o progetto 88.

85
86
87
88

Ibidem,
Ibidem,
Ibidem,
Ibidem,

p.
p.
p.
p.

304.
171.
179.
78.

CAPITOLO III
MODELLI INTERPRETATIVI

La dialettica come il sole: se la guardi ti acceca, ma se aspetti che


passi diventa notte.
Franco Fortini

Tra due posizioni divergenti, spesso il vero non trova affatto posto
nel mezzo. Quasi tutti i commentatori hanno fatto riferimento all'estetica
come al luogo dove Adorno costretto a lasciar vigere un concetto enfa
tico di verit; con due posizioni che possono essere presentate l'una come
critica del dogmatismo/estetismo, l'altra come riconduzione della verit
della filosofia alla verit dell'arte. Peter Lang 1 pu ben rappresentare la
prima posizione. Egli reperisce tanto in Gadamer quanto in Adorno un
riferimento dogmatico alla verit dell'arte, operato per togliersi d'impac
cio dalla indecidibilit delle rispettive teorie ermeneutiche e di critica
dell'ideologia. All'altro estremo possiamo trovare soprattutto i lavori fran
cesi 2 dove, sotto la doppia cifra dello strutturalismo e del surrealismo, la
teoria estetica destituita, almeno nelle intenzioni, dal regno soggettivo, si
1 P.C. Lang, Hermeneutik-Ideologiekritik-Asthetik. Uber Gadamer und Adorno
sowie Fragen einer aktuallen Asthetik, Forum Academicum, inder Verlagsgruppe
Athenum-Hain-Scriptor-Hanstein, Knigstein 1981, pp. 96-97.
2 Per una breve panoramica si possono vedere i due numeri monografici della
Revue d'Esthtique, Prsences d'Adorno, nel n. 1-2, del 1975, in particolare i saggi di
Baucar, Jimenez, Ladmiral; Adorno, nel n. 8, nuova serie, 1985, in particolare i lavori
di Ladmiral, Heyndels, Zima.
Assai indicativo anche il libro di O. Revault d'Allones, tradotto in italiano,
Destrutturazioni. Contro l'imperialismo culturale, ed. Faenza, Imola 1976, sebbene lasci
perplessi la ostentata struttura surrealista. Ad esempio a p. 75 leggiamo che Adorno
non sarebbe stato in grado di pensare fino in fondo il rifiuto della categoria borghese,
ottocentesca, di coscienza e pertanto scrive l'autore, mi prendo la libert, ogni volta
che Adorno scrive il termine "coscienza" di leggere: le forze sociali rivoluzionarie",
sostituzione indebita in Adorno e discutibile nella realt. Certamente Adorno pensava
che la coscienza borghese, vista la sua liquidazione de facto avvenuta nella struttura
produttiva sociale, potesse esercitare il ruolo di richiamo e contestazione, esattamente

62

CRITICA DEL NON VERO

presenta quasi in uno schema schellinghiano come modello dell'azione


delle forze nel mondo. In Italia, un tentativo simile stato condotto, per
esempio, da P. R. Felicioli, in Esperienza, estetica e soggettivit in Th.W.
Adorno\ sempre sulla scia del possibile rapporto tra Adorno e Gadamer
- questa volta implicito 4 - nella ricerca di un modello di esperienza della
tradizione che abbia al suo interno la tematizzazione piena dell'individuale
e del suo rapporto affettivo con le cose.
In tutti questi casi, il rapporto tra Gadamer e Adorno - come pi
tardi, morto Adorno, quello tra la Scuola di Costanza e la teoria critica probabilmente spinto troppo oltre i termini comuni. vero che entram
bi si richiamano allo hegeliano "Philosophie ist ihre Zeit in Gedanken
erfafit"; anche probabile che su questo, come sulla possibilit da parte
dell'esperienza artistica di possedere la chiave per dischiudere l'enigma di
come avvenga l'interpretazione, i due concordino. Tuttavia mi sembra che
il problema ermeneutico si ponga solo dopo questo punto. La nozione di
orizzonte e quella di ideologia definiscono entrambe la formazione di
una Bildung che non padroneggiata dall'individuo. Ma la differenza
consiste in questo: mentre per Gadamer la comprensione dell'orizzonte, la
fusione, la situazione ermeneutica nella quale, in ultima istanza, c' da
apprendere soprattutto il proprio apprendere, l'essere come medio tra
scendentale della costituzione dell'esperienza storica dei soggetti, per
Adorno, al contrario, il proprio tempo appreso tanto poco compreso
quanto qualsiasi altra esperienza di irrazionalit eteronoma, e non apre
affatto alla possibilit d'esperienza di invarianti ontologiche. Anzi su di
esso di appunta proprio la critica dialettica, per portare fuor di se stessa
questa apprensione. Quando Gadamer conclude alla ontologia del lin
guaggio, molto pi vicino allo Hegel del manuale, quello della nozione
idealistica dello spirito come assoluta comprensione e espressione della
sostanza (e cio come soggetto), che non Adorno, per il quale l'unico

come nella teoria marxista della letteratura la differenza tra strutture produttive e
coscienza di esse pu portare a percepire le prime, finalmente, come non naturali. In
nessun caso, tuttavia, Adorno avrebbe potuto chiamare forza sociali rivoluzionaria una
forma in larga misura ideologica e per lo pi in via di sparizione.
3 P.R. Felicioli, Esperienza estetica e soggettivit in Th.W. Adorno, in Itinerari,
anno XXII, 1983, pp. 163-182. Probabilmente influenzato dai precedenti lavori di E.
Ruschi, il lavoro di estremo interesse. l'unico, ad esempio, che elabori il tema della
monade presente nella Teoria estetica di Adorno, in collegamento con G.B. Vico.
4 Cfr. le notazioni di G. Vattimo contenute nella presentazione dell'edizione ita
liana del libro di Gadamer, Verit e metodo, ed. Bompiani, Milano 1983.

MODELLI INTERPRETATIVI

63

assoluto che esiste quello falso presente nella coscienza, che presenta a
se stesso lo stato sociale di cose come naturale e immutabile.
Il rapporto tra ontologia ermeneutica e dialettica ermeneutica, se
passa l'ossimoro, da vedere all'opera semmai, nelle differenti nozioni di
essere. Un paradigma di come questo tema sia stato affrontato - e a volte
anche distorto dal contesto ideologico - la da, per esempio, Fulvio Car
magnola 5 . Nella esposizione della tesi adorniana sulla necessit che il
concetto - che in s differenza - trovi nella dialettica l'espressione del
non concettuale, Carmagnola, a proposito dell'obbligo di far questo tra
mite concetti, usa pretesa al posto di obbligo 6. Ebbene, nel passaggio
tra obbligo e pretesa racchiusa in piccolo la storia della ricezione
adorniana dalla fine degli anni Sessanta ai giorni nostri. Scrive dunque
Carmagnola:
Se ci poniamo ad analizzare la torsione cui Adorno sottopone le strutture, in Hegel
sovrane e oggi vacillanti, del pensiero dialettico, un elemento traspare immediata
mente: il potere che Adorno tuttora riconosce al concetto, quello di costituire un
ponte tra lo spirito e la realt. [...] Guardare all'hegelismo radicale di Adorno [...]
attraverso la lente della genealogia nietscheana, pu scoprire, in questa versione
ultima e cosi raffinata del pensare dialettico, la sua ultima hybris 1 .

Come dire che dopo la morte di Dio, gli obblighi della ragione sono
solo tracotanza, e quindi pretesa appunto, quella adorniana compresa:
che la filosofia riesca infine a parlare di altro da s senza renderselo iden
tico. La ragione deve condurre a fondo la critica a se stessa fino a inde
bolirsi. A favore di che? - si domanderebbe Adorno. Separare verit e
menzogna il fine del metodo materialistico, non il suo punto di partenza.
In altre parole il suo punto di partenza l'oggetto permeato di errore, di

5 F. Carmagnola, Conoscenza degli estremi. Sulla nozione di apparenza in Hegel,


Nietzsche, Adorno, Unicopli, Milano 1986, p. 117 e sgg.
In proposito, sempre in italiano, anche i lavori di R. Racinaro e T. Perlini, trattano
questo tema. Racinaro, in Hegel nella prospettiva di Bloch e Adorno, in Critica marxi
sta, 1974, n. 1, pp. 127-53, illustra perfettamente il rapporto tra reale/astratto/falso e
irreale/concreto/vero, riconducendolo sia al tema dell'identit del concetto sia, paral
lelamente e quasi in una sorta di nuova Fenomenologia dello spirito, alla societ come
totalit e alla lettura adorniana dei Grundrisse marxiani. Perlini in Dialettica e utopia,
in Aut Aut, 1970, n. 119-120, pp. 135-56, parla di una doppia categoria di totalit
in Adorno, una del gi, quella sociale, e l'altra aperta, del non ancora.
6 F. Carmagnola, Conoscenza degli estremi, cit., pp. 117-21.
7 Ibidem, p. 117.

64

CRITICA DEL NON VERO

doxa 8 - concetto enfatico di verit 9. All'ontologia, come regno della


necessit, si contrappone la deontologia come regno della possibilit questo il principio di tutte le interpretazioni adorniane.
Sarebbe nullo il pensiero senza bisogno, [...] vero sarebbe il pensiero che desidera
il giusto - sebbene - [...] il pensiero a partire dal bisogno si confonde se il bisogno
viene concepito in modo meramente soggettivo. I bisogni sono un conglomerato
del vero e del falso: vero sarebbe il pensiero che desidera il giusto 10

- il bisogno, la doxa, dalla quale sempre prende l'avvio la filosofia. Non


certo per scelta, ma perch il pensiero non pu attingere alla fonte del
vero, bello e buono. Radicale per Adorno, come per Marx del resto, non
la riflessione sull'origine in quanto tale, ma la penetrazione e comprensio
ne delle conseguenze; semmai la foce del razionale, non la fonte. In
questo senso, porre desiderio a fondamento della interpretazione significa
affidarla a un organo fragile e fallibile, a quel ricordo che, abbiamo visto,
produce il materiale del desiderio. allora che la questione di una reden
zione complessiva - di un Dio che interpreti le cose e con questo ci salvi
- diviene nel suo risultato pressoch indifferente 11 . Il problema sta
piuttosto nel mettersi nella prospettiva di Dio, di fronte al quale poich
egli le ha fatte egli le comprende 12, le cose della natura, s'intende - e
anche l'uomo, che deve porsi nella distanza dalla quale ogni cosa sembri
revocabile. Nell'ontologia nulla revocabile. In Heidegger nulla revoca
bile. La differenza tra interpretazione corretta e scorretta diviene, nono
stante ogni contraria polemica, di nuovo affidata alla capacit del singolo
uomo empirico - purch sia nella situazione di ascolto corretta. In Ador
no, per contro, la possibilit di comprensione viene affidata alla possibilit
di desiderare il giusto: [...] pensiero e pensato sono reciprocamente
mediati. Propriamente si pu comprendere filosoficamente solo ci che
vero. Realizzare il giudizio, in cui si comprende, coincide con la decisione
sul vero e sul falso 13 . E vero per Adorno solo la negazione determis M. Jay, Th.W. Adorno, Fontana Paperbacks, London 1984; ed. it. trad. S. Pompucci Rosso, II Mulino, Bologna 1987. M. Jay sta citando da Th.W. Adorno, Charles
Baudelaire. Einer Lyriker in Zeitalter des Hochkapitalismus, Suhrkamp Verlag,
Frankfurt a. M. 1969.
9 Th.W. Adorno, Wozu noch Philosophie?, op. cit.

10
11
12
15

Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 87.


Cfr. Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 304.
II riferimento , ovviamente, a Vico.
Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., pp. 55-56.

MODELLI INTERPRETATIVI

65

nata del falso che ora regna. Comprensibile quindi solo la negazione del
falso - ma perch non l'affermazione del vero?
Scrive Bodei 14 che la forma-identit della riproduzione sociale ha
fatto da modello a ogni sviluppo individuale, introiettata con terrore, e
conclude:
la logica dell'identit ha il suo supporto economico nel progressivo affermarsi di
ci che appare come scambio di equivalenti. [...] Si genera cos, in questa catena di
mediazioni dell'identico, la scomparsa e l'ottundimento dell'esperienza. L'impres
sione del dj vu colpisce i sensi non meno del pensiero 15 ;

e Adorno commenta se stesso dicendo che se proprio di ontologia si


dovesse parlare di fronte alla possibilit concreta dell'utopia, la dialettica
l'ontologia dello stato falso 16 . Ma si tratta di una ontologia negativa e non nera come scrive Carmagnola, forse troppo suggestionato dalla
presenza di Nietzsche 17 -, in quanto concepisce il vero solo come negazio
ne del falso e non accetta nulla di ontologico propriamente detto, ma anzi
riconosce nell'ontologia una produzione della coscienza di fronte alla tra
dizione e alla societ. In questo stato, prosegue Bodei,
la lotta di classe non scomparsa, diventata solo virtualmente invisibile e
strumentalizzata alla logica dell'equilibrio. Non potendosi manifestare come lotta
aperta, si manifesta in sede privata. [...] In tutte le societ che colpiscono il dis
senso, la speranza di un mondo nuovo giace nella resistenza e nel rifiuto di piccole
minoranze. [...] Adorno prefigura una lunga guerra di posizione. [...] Al concetto
di lotta di classe si sostituisce quello di resistenza al dominio

e in questo, che sembra individualismo borghese, non per assente la


coscienza della sua insufficienza, proprio l dove meno ce la si attende:
[l'arte] il "luogotenente" del soggetto collettivo assente [...] essa costi
tuisce l'agnizione e la revoca del rimosso sociale 18, o come si esprime

14 R. Bodei, Adorno e la dialettica, in Rivista critica di storia della filosofa, anno


XXX, ottobre-dicembre 1975, fase. IV, pp. 432-57.
15 Ibidem, p. 435.
16 Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 10.
'' F. Carmagnola, Conoscenza degli estremi, cit., p. 121 : ... utopia nera che
consapevole di doversi esaurire nell'infinito analizzare e disporre quei pochi e frusti
concetti della tradizione - posizione inaccettabile da parte di Adorno. Tra l'altro
Carmagnola cita I. Fetscher, Ein Kampfer ohne lllusion, che parla di Hffnungslos
Liebe che certo qualcosa di molto diverso da una utopia nera...
18 R. Bodei, Adorno e la dialettica, cit., pp. 438-40.

66

CRITICA DEL NON VERO

Adorno nella teoria estetica, essa storiografia inconscia. Alla filosofia


come interpretazione spetta di mostrare come l'arte menta sul mondo per
poter dire il vero, si procuri cio un'estraneit necessaria, che la filosofia
non pu possedere - pena la regressione, tanto forti sono in essa le ten
denze ad assimilarsi al dominio - ma che solo essa pu giustificare. Allo
stesso modo di fronte alla realt, si potrebbe dire, l'arte senza filosofia
cieca e la filosofia senza arte vuota.
Arte e filosofia hanno un elemento in comune non nella forma o nel procedimento
formativo, bens in un atteggiamento che rifiuta la pseudomorfosi. Entrambe resta
no fedeli al loro contenuto al di l della loro opposizione; l'arte indurendosi contro
i propri significati; la filosofia rifiutando di accettare qualsiasi immediato 19.

E Bodei, parlando dei tre saggi giovanili dei quali anche noi ci siamo
occupati, scrive che:
come nella psicoanalisi freudiana (che qui costituisce uno dei modelli accanto ad
altre forme di ermeneutica), compito della filosofia decifrare testi lacunosi, ve
dere significativi i vuoti quanto i pieni, puntare l'attenzione su quei resti del
mondo fenomenico - quali sono, ad esempio, i lapsus in Freud - che apparen
temente non hanno senso, mentre sono invece il filo conduttore verso il rimosso
sociale 20,

concludendo che
difficilmente tale dialettica [...] priva del momento risolutivo della positivit me
diata, pu ottenere una fondazione legittima, poich la sua vera fondazione sul
non ancora, su ci che attende di realizzarsi e la cui assenza brilla nel mondo come
contraddizione 21 .

L'unione di non ancora e ermeneutica psicoanalitica del resto


professata esplicitamente da Adorno, secondo il quale: la speranza non
il ricordo tenuto fermo bens il ritorno dell'obliato 22 : una societ senza
classi. Ed quindi vera l'interpretazione di Bodei, che la fondazione della
19 Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 14. Traduzione in parte da me
modificata, corsivi compresi.
20 R. Bodei, Adorno e la dialettica, cit., p. 446.
21 Ibidem, p. 456.
22 Th.W. Adorno, Noten zur Literatur, Suhrkamp Verlag, 4 Banden, Frankfurt
a. M. 1958, 1961, 1965, 1974, ed. it. Note per la letteratura, 2 volumi, Einaudi, Torino,
1979, tr. E. De Angelis, G. Manzoni, A. Frioli, voi. II, p. 131.

MODELLI INTERPRETATIVI

67

dialettica, ovvero di quel tipo di interpretazione che si comprende come


prassi in quanto modifica e distrugge il carattere di enigma della cosa,
poggia sulla speranza come ritorno dell'obliato; speranza che , in termini
ancora da chiarire, esperienza di una sorpresa.
Proprio Freud nello scritto sulla negazione 2 ' aveva affermato che la
risposta: l'avevo sempre saputo ma non me lo ero mai ricordato sia per
essenza la risposta che si ottiene quando si avanzata una ricostruzione e
interpretazione corretta all'analizzando. Allo stesso modo Adorno alla
ricerca di una unit morale ricostruita dall'interpretazione opposta all'im
pressione di frammentariet e estraniazione, che il compito della filosofia
sarebbe piuttosto quello di cercare - nell'opposizione di sentimento e
intelletto - la loro unit: che appunto l'unit morale 2*.
Si tratta, in entrambi i casi, di una anamnesi di tipo del tutto parti
colare, perch al contrario dell'ontologia platonica, quel che viene
ricordato a rigore non esiste prima del ricordo: meglio detto, esiste nella
forma della sua assenza, che come le lacune del testo, di cui abbiamo letto
nei Minima moralia, contribuiscono alla forza del testo non meno delle
presenze. Scrive Adorno nella Teoria estetica che:
il linguaggio delle opere d'arte costituito [...] da una corrente sotterranea collet
tiva [...]; la loro sostanza collettiva parla del loro stesso carattere di immagini - e
quindi - ... il contenuto di verit delle opere d'arte storiografia inconscia, solidale
con quel che fino ad oggi sempre di nuovo soccombente 25 .

Ed chiaro che tale solidariet, che si costituisce attraverso il


momento magico &e\Y apparition cui sempre connesso il fascino del
bello, ha strette relazioni con la memoria: Senza una memoria storica non
ci sarebbe alcuna bellezza 26 , quell'esperienza memore di una situazio
ne senza dominio, che probabilmente non c' mai stata 21 . Questa interpre
tazione fondata sul non ancora, come scrive Bodei un non ancora che
memoria di una situazione che probabilmente non c' mai stata, lo
scandalo ermeneutico della teoria critica, il suo passaggio dalla verit-checosa alla verit-per-che, o detto chiaramente: il passaggio dalla verit non

21 Cfr. S. Freud, La negazione e altri scritti teorici, a cura di C. Musatti, tr. Baruffi,
Colorni, Fachinelli, Einaudi, Torino 1981.
24 Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 237. Corsivo mio.
25 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 146 e 232.
26 Ibidem, p. 110.
2/ Ibidem, p. 131. Corsivo mio.

CRITICA DEL NON VERO

dialettica, in ultima istanza sempre trascendentale, a quella dialettica, che


la differenza tra esperienza e sapere,
... scrittura sorgente in un lampo e scomparente che tuttavia non si lascia leggere
per ci che significa 28 - in particolare nell'opera d'arte dove - ci che sfuggente
viene obbiettivato e chiamato a durare; per questo essa concetto, solo che non
il concetto della logica discorsiva 29 .

Lo stesso concetto non discorsivo era, in Die Aktualitt der Philosophie, l'unica possibilit della filosofia di liberarsi dal gioco dell'esattezza
cartesiana e mordere il pane che ricostruisce un testo facendo scomparire
il carattere di accecamento nel mentre che fornisce una risposta. Sempre
nella Teoria estetica si dice che:
l'autorit delle opere d'arte risiede in questo: esse costringono a riflettere su quale
base mai esse, figure dell'esistente e incapaci di chiamare all'esistenza ci che non
esiste, potrebbero divenirne l'immagine travolgente, se il non esistente non esistes
se di per se stesso 30,

questa l'esistenza del non ancora di cui parlava Bodei, la medesima


ancora intrecciata al ricordo individuale che si scontra con una memoria
di una situazione che forse non c' mai stata. A tal punto obiettivo,
questo non ancora, una volta che ci si sia liberati dal modello scienti
stico di oggettivit, che esso funge anche da index veri, infatti:
il criterio di oggettivit non la verifica della tesi enunciata tramite un esame
iterativo, ma la esperienza individuale compresa tra speranza e delusione. Nel
ricordo essa da rilievo alle proprie osservazioni, confermandole o confutandole 31 .

Sia la verit della filosofia che quella inconscia delle opere d'arte che sono storiografia del desiderio di memoria - hanno la loro chiave
d'accesso nell'interpretazione. Scrive in proposito P. Biirger, per molti
versi critico di Adorno, che l'arte storiografia inconscia perch il ma
teriale artistico di un'epoca il risultato di un processo storico, in esso

28
29
30
31
miei.

Ibidem, p. 137.
Ibidem, p. 124.
Ibidem, p. 141.
Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, p. 11. Corsivo e spaziatura

MODELLI INTERPRETATIVI

69

congelata un'esperienza storica 32 - e Adorno spiega che se la forma va


comunque sentita come un contenuto perch essa: altro non che un
contenuto sedimentato 53 . Insomma, il contenuto delle opere d'arte, che
fa s che esse registrino inconsciamente un'esperienza che soccombe, la
loro forma, la quale a sua volta stata la registrazione di un contenuto
d'esperienza; tra questi due estremi che si cifra la verit, tanto che l'arte
ha tante prospettive quante ne ha la forma e non di pi 34 , o, detto
altrimenti:
la forma che tocca a un contenuto essa stessa un contenuto sedimentato. [...]
Quanto pi profondamente il contenuto materiale (esperito fino a che diviene
irriconoscibile) si converte in categorie formali, tanto meno commensurabili al
contenuto gi elaborato delle opere d'arte divengono i materiali non sublimati.
Tutto ci che si manifesta nell'opera d'arte effettualmente e con lo stesso diritto
sia forma che con tenuto J \

La forma il medium dell'arte - cos come ugualmente lo della


filosofia 36 - , la mediazione della forma - il cui carattere principale in
arte il rinunciare e il tagliare 37 - la mediazione di contraddizioni che in

32 Peter Brger, Vermittlung-Rezeption-Funktion. Asthetische Theorie una Methodologie der Literaturwissenschaft, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1979.

33 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 237-246.


34 Ibidem, p. 239.
35 Ibidem, pp. 244-45.
36 Th.W. Adorno, Terminologia filosofica, p. 51.
Per una ricognizione sul tema si possono consultare: per l'aforisma come stile J.R.
Ladmiral, Dialectique negative de l'criture aphoristique, in AA.VV., Adorno, in Revue
d'Esthtique, nuova serie, 1985, n. 8, e il suo corrispettivo critico P. Reichel, Verabsolutierte Negation, op. cit., il quale rimprovera l'inconclusivit politica dell'aforisma e
la sua facilit e non stringenza al povero Adorno; per un paragone tra lo stile di Adorno
e le scelte formali di Derrida, P. Zima, Adorno et la crise du langage: pour une critique
de la parataxis, in Revue d'Esthtique, nuova serie, 1985, n. 8; R. Tiedemann che
parla di linguaggio interpretante a proposito delle scelte lessicali di Adorno, in Begriff-Bild-Name. Uber Adornos Utopie von Erkenntnis, in Hamburger Adorno-Symposton, op. cit.; per una ricerca degli effetti stilistici nella ricerca sociologica contrapposta
all'empirismo matematico delle scienze sociali negli Stati Uniti, cfr. G. Rose, The
Melancoly science: an introduction to th thought of Th.W. Adorno, Free Press, New
York 1978, forse la migliore studiosa delle questioni stilistiche in Adorno. Per una
visuale diversa, infine, per il rapporto di Adorno con il materialismo cfr. N. Tertullian,
Materialismo e morale nella Dialettica negativa di Adorno, in Critica marxista, 1985,
n. 4, pp. 149-72.
37 Per l'idea che formare significhi tagliare, rimuovere e diminuire, piuttosto che
aumentare, cfr. Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 240 e sgg.

70

CRITICA DEL NON VERO

s contenuta nell'empiria: diventa il per s della coscienza solo attraverso


l'atto del ritirarsi, compiuto dall'arte. In ci tale atto un atto di cono
scenza 38.
Nella Terminologia filosofica, scrive Adorno che ci che pi
importante per l'uso della terminologia filosofica, vale a dire la qualit
strutturale delle parole 39, significa che la terminologia [...] deve essere
usata in connessioni, in costellazioni nuove, dove possa acquistare un
nuovo valore di posizione 40.
Se la filosofa davvero filosofia [...] le essenziale il linguaggio, e cio la forma
in cui i concetti sono esposti. [...] La differenza fra il significato puramente con
cettuale delle parole e ci che il linguaggio esprime con esse in verit il medium
in cui soltanto si sviluppa il pensiero filosofico,

tale modo di procedere


possibile soltanto in un medium che non propriamente concettuale, ma lingui
stico: lo stile o la forma espositiva. In questo senso nella filosofia il linguaggio o
lo stile non anteriore alla cosa stessa, ma appartiene costitutivamente alla cosa 41 .

La spiegazione di tale accento duplice: per un verso solo cos la


filosofia in grado di sciogliere il carattere irrigidito dei suoi concetti, la
rigida loro universalit che si impone come forma di coscienza al di sopra
e contro l'esperienza delle cose, per l'altro, giacch non siamo uomini
primitivi, e allo stesso modo, si pu scrivere che:
i termini filosofici sono, propriamente, dei punti nodali della storia del pensiero
che si sono conservati e intorno ai quali poi ruota [...] la storia della filosofia [...]:
ogni termine filosofico la cicatrice di un problema irrisolto 42 .

38 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 244.


39 Th.W. Adorno, Terminologia filosofica, cit., p. 30.
Tra l'altro W. BonIS sostiene essere l'interpretazione adorniana chiaramente strut
turale, a differenza di quella hegeliana che sarebbe procedurale, pur restando stretta
mente dialettica, in W. BonB, Empirie und Dechiffrierung von Wirklichkeit, in AA.VV.,
Adorno-Konfernz 1983, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1983.
40 Th.W. Adorno, Terminologia filosofica, cit., p. 50.
41 Ibidem, p. 51.

42 Ibidem, p. 213. Corsivo mio. Sul contenuto storico e sociale che i concetti
conservano, nell'impiego filosofico che ne fa Adorno, Cfr. A. Schmidt, Begriff des
Materialsmus bei Adorno, in AA.VV., Adorno-Konferenz 1983, cit., pp. 14-20.

MODELLI INTERPRETATIVI

71

Pensare identificare tramite astrazione, su questo Adorno non ha


alcun dubbio. Tuttavia tale pensiero produce, dialetticamente, delle ferite
fin nel fondo della propria terminologia. Finanche l'arte impegnata nel
riconoscimento e nella rimarginazione di quei colpi, ma senza la possibilit
di riferirsi ad un immediato, anche le opere d'arte - come la filosofia possono guarire le ferite [...] solo mediante un aumento di astrazione che
impedisca la contaminazione dei fermenti concettuali con la realt empi
rica: il concetto diventa parametro 45 . Ma che il concetto filosofico rag
giunga una tale insperata nobilt, una questione che si decide a seconda
del modo in cui, sia in arte che in filosofia, il contenuto conservato nella
forma, che collettiva, inconscia e, finalmente, tradizione. Il rapporto
costitutivo della tradizione con la forma mediante la rimozione sociale,
punto archimedeo della filosofia, Adorno le deriva proprio da Freud.
Una tradizione - scrive Freud [...] - deve aver subito la rimozione, lo stato di
permanenza nell'inconscio, prima di poter produrre al suo ritorno effetti cosi
imponenti, di poter costringere le masse al suo incantesimo. Ma non solo la
tradizione religiosa, anche quella estetica ricordo di un fattore inconscio, addi
rittura rimosso. Quando essa sprigiona di fatto effetti grandiosi, questi non
nascono dalla coscienza rettilinea e di superficie della continuazione, ma semmai
dal luogo in cui il ricordo inconscio spezza la continuit. La tradizione presente
nelle opere accusate di sperimentalismo, e non in quelle intenzionalmente
tradizionalistiche 44 .

4 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 168. Spaziatura mia.


Per uno studio della doppia astrazione operata dall'arte, e il suo parallelo con la
intentio obliqua della intentio obliqua, di cui parla Adorno in Metacntica della gnoseo
logia e in Parole chiave, cfr. G. Carchia, Sulla teoria estetica di Adorno, in Verri, 1976,
n. 4, pp. 66-73, dove si prospetta un parallelo tra la metacritica della gnoseologia che
scopre attraverso il primato dell'oggetto la mediazione soggettiva, e la mimesi secon
da delle opere d'arte che imiterebbero se stesse per poter rappresentare l'altro.
44 Th.W. Adorno, Prismi, cit., p. 153.
Per il rapporto tra tradizione e inconscio nel pensiero di Adorno, cfr. T. Perlini,
Dialettica e Utopia, in Aut Aut, 1970, n. 119-120, pp. 135-56; un interessante detour
su Adorno e Lacan stato tentato da A. Rescio, Oggetto e critica del soggetto in Adorno,
in AA.VV., Psicoanalisi e semiotica, Milano 1975; sulla permanenza di caratteri natu
rali nella ragion formale e sulla impossibilit di una regressione a prima della sepa
razione e intreccio tra ragione e natura, cfr. F. Porcarelli, // concetto di natura in
Nietzsche e nella scuola di Francoforte, in II Cannocchiale, 1977, pp. 61-83; il rappor
to tra rimosso sociale e rimozione individuale in Adorno, stato affrontato da M.G.
Meriggi, Nota su Adorno e Freud, in Utopia, I, 1971, n. 5-6; una ricognozione sul
l'evoluzione dei concetti adorniani nel romanticismo tedesco stata fatta, con successo,
da H.R. Jauss, Das literarische Prozeft des Modernismus von Rousseau bis Adorno, in
Adorno-Konferenz 1983, op. cit., rinvenendo soprattutto ih Schiller e Schlegel possibili

72

CRITICA DEL NON VERO

Abbiamo gi visto che inconscio e collettivo sono termini che


spettano al contenuto presente delle opere d'arte quando esse sono poste
in forma, ovvero in quella particolare tensione che mostra le contraddizio
ni senza appianarle, giacch il tutto sopravvive solo grazie alle parti. Nella
Teoria estetica scritto: ... in forza dell'opera di configurazione artistica
il suo [del soggetto] proprio contenuto oggettivo - latente - viene alla
luce 45 . L'altro, cui l'arte si procura di procurare diritto di replica, il
medesimo che abbiamo gi incontrato con Bodei: il ricordo. Ad esso si
contrappone il mitico, lo strapotere naturale che imprime paura, che viene
rimosso e diventa con ci una forma - proprio come la ratto illuministica
diviene la forma della rimozione della propria formazione. La dialettica
dell'illuminismo il contrario dialettico della verit delle opere d'arte:
quella ricade nel mito che era gi illuminazione, queste creano dei miti per
poter ricalcare la differenza tra quel che vuole presentarsi insieme e iden
ticamente come ragione e come natura, affinch la ragione stessa, non
l'arte (le opere d'arte non parlano a se stesse, sebbene parlino solo tra di
loro, precisa Adorno), si accorga di essere un mito, un grido di terrore
cristallizzato.
Se ogni progresso della ragionevolezza accompagnato dalla paura
che possa scomparire ci che l'ha messo in moto e che da essa minaccia
di essere inghiottito: la verit 46, la memoria del non ancora struttu
ralmente simile alla memoria collettiva latente che contenuto delle opere
d'arte. I contenuti delle opere d'arte sono fatti collettivi 47 , ma nei fatti
collettivi - nella divisione sociale - il segno si separa dall'immagine e con
questo la conoscenza si scinde in due parti, ognuna delle quali, come
l'uomo platonico, da se stessa impotente. Cos anche nelle esperienze
estetiche (o filosofiche) la fallacia della scissione non viene affatto retti
ficata [...] l'immagine ne colpita non meno del concetto 48 . Data questa
precedenti della teoria negativa di Adorno; infine Schmidt, nel gi pi volte citato
lavoro, ha messo in rilievo l'importanza della nozione di Trieb dall'opera di Marx a
quella di Adorno, nozione senza la quale, a detta di Schmidt, la dialettica si troverebbe
immobile. Per l'impostazione della ricezione freudiana in Adorno, cfr. W. Bon$,
Psychoanalyse als Wissenschaft una Kritik. Zur Freudrezeption der Frankfurter Schule, e
J. Benjamin, Die Antinomien des patriarchaliscehn Denkens. Kritisce Theone und
Psychoanalyse, entrmabi in AA.VV., Sozialforschung als Kritik, hrsg. von W. Bonft und
A. Honneth, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1982.
45 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 597.
46 Ibidem, p. 136.
47 Ibidem, p. 145.
48 Ibidem.

MODELLI INTERPRETATIVI

73

situazione, la ragione deve oggettivamente, al di l di qualsiasi pathos


utopico, affidarsi a forme almeno apparentemente opposte a se stessa;
come il saggio che:
sfiora la logica della musica, rigorosa arte di passaggi e tuttavia priva di concetti,
per restituire al linguaggio parlato ci che la tirannide della logica discorsiva gli
aveva tolto [...] esso svolge i pensieri secondo procedimenti differenti da quelli
della logica discorsiva 49.

Mentre tuttavia le opere d'arte, cui la forma saggio si rifa, diventano


immagini perch i processi stessi che in loro si sono coagulati a obbiettivit, parlano,
i processi latenti nelle opere d'arte ed erompenti nell'attimo, la loro storicit in
terna [che altro non se non, ancora, la forma come contenuto sedimentato e non
pi cosciente], sono la storia esterna sedimentata. Il carattere vincolante della
obiettivazione delle opere cosi come le esperienze di cui esse vivono sono fatti
collettivi. Il linguaggio delle opere d'arte costituito [...] da una corrente sotter
ranea collettiva. [...] L'esperienza soggettiva arreca immagini che non sono imma
gini di qualcosa 50 .

Possiamo allora dire - per stabilire un parziale punto fermo - che la


memoria del non ancora una memoria formale? Di una forma in senso
stresso? E cio di un contenuto che stato strappato all'immediato per
divenire obiettivamente forma vincolante? E che tuttavia una forma
diversa da quella della ratto illuministica?
L'esperienza soggettiva arreca immagini che non sono immagini di qualcosa e
proprio esse sono di essenza collettiva [...] in forza di tale contenuto d'esperienza
- che esperienza sui generis poich - le opere d'arte [...] sono empiria tramite
deformazione empirica. Questa la loro affinit col sogno 51 .

Non forse, infatti, il sogno il materiale con il quale sono fatti i


desideri, indifferentemente parrebbe, alla volont del sogno? Anzi: prima
della volont del sogno, visto che il sogno non vuole, a rigore, nulla? La
risposta di Adorno semplice: no. Poich non va a buon fine nessuna
sublimazione che non conservi in s ci che sublima 52 , la tradizione
49
50
51
52

Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, p. 28.


Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 145-46.
Ibidem, p. 146.
Ibidem, p. 160.

74

CRITICA DEL NON VERO

tanto forte quanto pi il motivo della sua assunzione stato rimosso, o


meglio sublimato nella tradizione stessa, per questo:
la tradizione in contraddizione con la razionalit, sebbene questa si formi all'in
terno di quella. Il suo mezzo non la coscienza, ma il carattere vincolante dato,
irriflesso, di determinate forme sociali, la presenza del passato, tale carattere che
si trasferisce immediatamente nella sfera spirituale 53 ,

ma allora qual la differenza tra la memoria di un passato diverso, che


forse non mai esistito, e la memoria/sublimazione della tradizione? se
chi ama il passato e, per non impoverire, non intende rinunciare a tale
amore, da subito adito all'equivoco perfidamente entusiasta che il suo
pensiero non vada interpretato in tal senso e che egli sia aperto a un
discorso sul presente? 54
Cos come, nei Minima moralia, l'intatto schema della capacit di
godere viene diagnosticato come complesso edipico perch sfrutta la
memoria di un passato felice per protestare sul presente anche se come
'dato di fatto' tale passato non fu affatto felice, anzi a rigore non fu pro
prio, ma solo alla luce del suo seguente, allo stesso modo quel che
colpisce, spezzandola, la possibilit di una tradizione razionale il verdetto
della societ, essa a rendere impossibile un rapporto trasparente con la
tradizione, e a bollare come edipica la capacit individuale di godimen
to. Eppure tra la memoria e il ricordo, tra la situazione per come essa fu,
e la situazione per quel che significa oggi, esiste un rapporto di reciproca
determinazione.
L'oblio disumano perch fa dimenticare la sofferenza accumulata. [...] Per que
sto la tradizione si trova oggi davanti a una contraddizione insolubile: nessuna
attuale n da resuscitare, ma quando ogni tradizione spenta, la marcia verso la
disumanit iniziata 55 .

Si tratta di due tradizioni diverse - quella che rimossa si impone


come forma e quella che ricordata da materiale alla felicit - o sono la
medesima? La natura affermativa della tradizione crolla; la tradizione
stessa, nient'altro che con la sua esistenza, ad affermare che il significato

53 Th.W. Adorno, Ohne Leitbild. Parva Aesthetica, Suhrkamp Verlag, Frankfurt


a. M. 1967, ed. it. Parva Aesthetica, trad. E. Franchetti, Feltrinelli, Milano 1979, p. 27.
^ Ibidem, p. 30.
55 Ibidem, p. 33.

MODELLI INTERPRETATIVI

75

si conserva, si trasmette attraverso la successione temporale 5h. Tradizione


che la medesima della quale si dice si trovi di fronte ad una contraddi
zione insolubile qui, e che, nel saggio Die Aktualitt der Philosophie, si
diceva conservasse tutti i fili, anche il minimo, che servono alla filosofia
critica per interpretare la realt affinch ne risulti un testo, la cui forza sar
poi dipendente dalla capacit di far risaltare quel che nel testo stato
soppresso, le lacune. Allora la forma che il testo prende, ovvero il rap
porto tra la tendenza centrifuga degli elementi e la necessit della unit
per manifestare tale forza centripeta, composta da
contenuti precipitati, in cui sopravvive ci che sarebbe altrimenti dimenticato e
che non pi in grado di parlarci direttamente. Ci che una volta cercava rifugio
nella forma, sussiste senza nome nella durata di questa. Le forme dell'arte registra
no la storia dell'umanit pi esattamente dei documenti: e non c' indurimento
della forma che non si possa interpretare come negazione della durezza della
vita".

certo che anche la durezza della vita e la durata della forma


sono forme, appunto, della coscienza. Non avrebbe nessun senso dire che
la vita in s dura, cos come il durare della forma morta nell'arte,
immanente alla coscienza collettiva. Tuttavia se nell'arte ci che sfug
gente viene obbiettivato e chiamato a durare: per questo essa concet
to 58, le opere d'arte sono sottratte alla legge dell'oblio e del mito proprio
grazie al loro sottomettersi alla legge della forma 59 . La tradizione, insom
ma, non cosa che si possa rifiutare o accettare a seconda del giudizio che
si esprime sulla sua funzione sociale; essa c' e fonda l'essenza stessa del
pensiero (in questo caso artistico) rispetto alla tradizione. Un'arte senza
tradizione tanto poco pensabile quanto una filosofia senza oggetto, an
che se questo non significa che esse debbano essere solidali con la tradi
zione e l'oggetto. Piuttosto questi sono le cicatrici della storia alle quali
vanno tolte le bende. L'elemento concettuale, di cui tanto l'arte quanto la
filosofia si servono per questa operazione, s inalienabile cos alla lingua
come a qualsiasi arte ma vi diventa qualcosa di qualitativamente diverso

56 Ibidem, p. 37. Spaziatura mia.


97 Th.W. Adorno, Philosophie der Neue Musik, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a.M.
1948; in italiano, Filosofia della musica moderna, tr. L. Rognoni, Einaudi, Torino 1975,
p. 49.
58 Th.W. Adorno, 'Teoria estetica, cit., p. 124.
''' Ibidem, p. 147 e sgg.

76

CRITICA DEL NON VERO

rispetto ai concetti intesi quali unit di segno degli oggetti empirici 60;
proprio come le parole, che conservano e mutano qualitativamente il loro
contenuto, perch esse stesse sono un contenuto. L'attivit dell'interpre
tare che si attua tramite la loro disposizione in sempre nuove costellazioni,
- come leggemmo - una sorta di ars inveniendi tramite fantasia esatta;
come nell'opera d'arte, per terminare il raffronto, la razionale attivit
dispositoria esercitata dalle opere su tutto ci che a loro eterogeneo a
conseguire la verit 61 .
Arte e filosofia sono identiche nella non identit. Nell'opera d'arte
grazie alla legge della forma, la tradizione, nella costrizione che esercita sui
materiali, si disvela ancora una volta come un contenuto sociale rimosso;
la filosofia identifica tramite concetti, ma nella disposizione nella quale li
organizza cerca, nel contempo, un'espressione al non-identico 62 . La loro
unit reale solo come protesta contro la separazione di intuizione e
concetto, sebbene essendo effettuale questa non affatto un'identit reale
limitata. Nelle costellazioni che entrambe mettono in scena, si tratta di
smontare il carattere naturale e storico per scoprire il carattere naturale
(dello storico) e storico (della natura). Non sono questi problemi che
possano essere risolti con una risposta. Come leggemmo nei saggi degli
anni '30, la critica prassi in quanto modifica il testo enigmatico del
concetto di natura e dell'aspetto storico, scioglie, per cos dire, la questio
ne dal suo carattere inintelligibile. Arte e filosofia danno voce al privo di
intenzione che il soggetto dell'enigma, in modo differente eppure, in
una certa misura, solidale. Non nel senso che il carattere di enigma sia
immediatamente il rimosso sociale - come invece accadrebbe, per esem
pio, se si volesse riscrivere la storia dal punto di vista degli sconfitti -, ma
perch mostrano che il non-intenzionale traccia per negativo di ci a cui
si potrebbe rivolgere intenzionalmente. Insomma, riconoscere l'irraziona
lit della ragione non comporta assumere l'irrazionale come Soggetto,
bens il riferimento per negativo alla razionalit del razionale - ad una
razionalit che sia anche giusta, non solo potente - e di conseguenza
all'esperienza dell'oggetto per come vi comparirebbe.
Arte e filosofia, intese come interpretazioni, sono memento mori di
quel che non accaduto. La differenza tra le due consiste in questo: che
la filosofia si applica alla doxa, l'arte se ne distanzia. Come in ogni autenIbidem, p. 164.
Ibidem, p. 163 e sgg.
Cfr. Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., pp. 73-74.

MODELLI INTERPRETATIVI

77

tico pensiero dialettico, il divenuto nel suo divenire il vero (mentre non
lo il risultato), allo stesso modo il contenuto di verit dell'interprelazione
filosofica e estetica sta, per Adorno, nel divenire del rapporto di distanza
dell'arte mediato dalla vicinanza della filosofia. Non sublime, per quanto
possa ricordare certi autori del primo romanticismo, quella unit prospet
tata, perch se vero che
l'autoconsapevolezza nei confronti del sublime naturale anticipa qualcosa della
conciliazione con la natura. La natura non pi oppressa dallo spirito, si libera dalla
scellerata connessione di primordialit e sovranit soggettiva. Tale emancipazione
sarebbe il ritorno della natura e questa, immagine contraria della pura esistenza,
il sublime. [...] La conciliazione [...] non il risultato del conflitto ma unica
mente il fatto che il conflitto trova un linguaggio.

Tuttavia
con ci il sublime diventa latente. [...] In corrispondenza la categorie del gioco
decadono. [...] Ci che si presenta come sublime suona vuoto, ci che gioca
indefessamente regredisce al puerile da cui deriva 65 ,

giacch il sublime, che conserva il rimosso dandogli linguaggio, non parla


pi della conciliazione ma della regressione. Al contrario, tutto il proble
ma dell'interpretazione racchiuso nella differenza tra regressione e
conciliazione, dialettica micidiale perch
una dialettica, che non resti pi incollata all'identit, provoca se non l'accusa di
non aver terreno sotto i piedi [...] quella di far venire le vertigini. [...] Invece per
essere feconda la conoscenza si getta a fona perdu negli oggetti. La vertigine che
ne deriva un index veri M .

IL PASSAGGIO DIALETTICO

Se non c' dunque una via d'accesso immediata ad una visuale senza
punto di vista, e se l'interpretazione non pu rinunciare a prender le
mosse dall'esperienza empirica ma neanche affidarlesi ingenuamente, il
problema diviene, per noi, capire come la dialettica sbrogli questo intrico.

Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 330-31.


Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., pp. 29-30.

78

CRITICA DEL NON VERO

Un modello lo abbiamo nel processo di spiritualizzazione che pro


prio dell'opera d'arte, dove interviene il passaggio dall'interpretazione
simbolica a quella letterale del materiale:
proprio l'arte radicale, mentre si rifiuta ai desiderata del realismo, in rapporto
di tensione col simbolo. Si potrebbe dimostrare che i simboli [...] nella nuova arte
si rendono tendenzialmente autonomi rispetto alla loro funzione di simboli. [...]
L'arte assorbe i simboli grazie al fatto che essi non simboleggiano pi niente; [...]
ci che prima era simbolico diviene letterale. [...] Il fatto che nessuna opera sia
simbolo rende conto del fatto che in nessuna opera l'assoluto si manifesti imme
diatamente; altrimenti l'arte non sarebbe n apparenza n gioco ma realt 6'.

Anche l'interpretazione filosofica, che deve fare a meno del simbo


lico, non ha accesso diretto all'assoluto. Tuttavia essa cifra nel particolare
la immagine dell'assoluto, ovvero del sociale. questo il cos detto me
todo micrologico 66 . Quella che Althusser chiam la pretesa espressiva,
taglio d'essenza, della dialettica in effetti presente, anche se a titolo del
tutto particolare 67 ; infatti il valore e il significato delle parole e dei concetti
dovuto alla storia. Poich le parole si riferiscono al reale, la mutazione
del loro significato non dipende solo dal contesto linguistico e concettuale
ma altrettanto dal rapporto del pensiero con la realt, perci bisogna
confrontare ci che le parole storicamente evocano con il proprio livello
di coscienza, e chiedersi se quel che si tratta allora di esprimere possa
ancora essere considerato come qualcosa di sostanziale dal punto di vista
della cosa 68. Ordine di non facile esecuzione, che di nuovo trova sulla
stessa linea arte e filosofia.
Processo l'opera d'arte lo essenzialmente nel rapporto di tutto e parti. [...]
Questo rapporto a sua volta un divenire. [...] Il tutto resta qualcosa che si
produce solo in virt della tendenze che in essa agiscono. D'altro canto le parti
non sono ci per cui quasi inevitabilmente l'analisi le scambia, cio non sono

65 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 162-62.

66 Segnalo l'esistenza di un lavoro su Foucault e Adorno, purtroppo incentrato


sul tema, un poco troppo generico, della critica alla cultura, si tratta di A. Honneth,
Foucault e Adorno: due forme per una critica del moderno, in Fenomenologia e socie
t, 1989, n. 1, pp. 39-56.
67 Cfr. L. Althusser, Lire le Capital, cit., p. 17 sgg. et passim; e Pour Marx, Fran
cois Maspero, Paris 1965, italiano, Per Marx, tr. F. Madonia, Editori Riuniti, Roma
1967, pp. 82-87, 165-66, 175-76.
68 Th.W. Adorno, Terminologia filosofica, cit., p. 64. Traduzione parzialmente da
me modificata.

MODELLI INTERPRETATIVI

79

datila: piuttosto sono centri di forza che spingono al tutto e, naturalmente, di


necessit sono da quello anche preformate. Il vortice di questa dialettica inghiotte
in definitiva il concetto stesso di significato 69 .

La dialettica, questa come ogni altra, ha bisogno della categoria di


tempo per funzionare. Se davvero esistesse un pensiero senza tempo, se
l'inconscio, per esempio, pensasse, ad esso sarebbe preclusa la dialettica.
La tensione tra parte e tutto sarebbe risolta nella possibilit di influenza
da parte di quel che viene dopo su quel che viene prima. Ancora Althusser
nella categoria di causalit strutturale presentava come scandalo la re
troazione dell'effetto sulla causa 70 , ma come osserv Deleuze, in tutt'altro
contesto 71 , il fatto che un effetto retroagisca sulla causa non una confu
tazione della dialettica se la retroazione avviene sulla causa dopo che l'ef
fetto ne sorto fuori. Qualcosa del genere avviene per le opere d'arte, e
per l'interpretazione, che nella durata - permanenza e insieme mutamento
- ha il suo tempo. Il vortice che inghiotte il concetto stesso di significato
originato dall'impossibilit di fissare in alcun elemento il significato
appunto. Cosa che nemmeno fattibile riferendosi alla totalit, che non
meno relativa delle sue parti. Non per sommatoria n per depurazione
che il pensiero trova fondamento; la prescrizione che ogni singola parte sia
ugualmente lontana dal centro significa anche questo. Solo la costel
lazione, riconoscendo ogni centro di forza come falsa espressione, riesce
a far smentire ogni gravita da un'altra, e in questo far emergere il vero.
quasi una interpretazione che si opera da s:
[...] i concetti non costituiscono il continuum delle operazioni, il pensiero non
procede tutto chiuso in se stesso, ma i vari aspetti si intrecciano l'uno con l'altro
come in un tappeto ['tappeto' che ricorda l'intreccio e la trama del reale in Die
Aktualitt der Philosophie]. Dalla fittezza di questo intreccio dipende la fecondit
dei pensieri

che dunque sono tanto fecondi quanto riesce loro l'interpretazione che:
a voler essere precisi, il pensante non pensa affatto, ma si fa teatro dell'esperienza
intellettuale, senza dipanarla. E mentre da essa scaturiscono gli impulsi anche per
il pensiero tradizionale, questo, per la sua forma, ne elimina il ricordo 72 .
69 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 299.
/0 Cfr. L. Althusser, Leggere il Capitale, op. cit. et passim, e Per Marx, et passim.
71 G. Deleuze, Diffrence et rptition, Presse Universitaires de France, Paris
1968, ed. it. Differenza e ripetizione, trad. G. Guglielmi, II Mulino, Bologna 1971.
72 Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, p. 17.

80

CRITICA DEL NON VERO

Questa esperienza intellettuale non meno concreta della esperienza


tout court; e di nuovo troviamo che il pensiero tradizionale rimuove il
ricordo di tale esperienza. La conclusione che Adorno ne trae come si
debba scrivere un saggio: i suoi concetti
vanno esposti in maniera che si sorreggano a vicenda e che ciascuno riceva la
propria precisa articolazione soltanto dalle figurazioni che forma nel rapporto con
altri. In esso elementi discreti e tra loro differenziati si raccolgono in un unico
contesto leggibile; il saggio non crea costruzioni n strutture. Tuttavia attraverso
il loro movimento gli elementi si cristallizzano in configurazione. Questa un
campo di forze cos come nella visuale del saggio, ogni produzione spirituale deve
tradursi in un campo di forze 73 .

Il modus procedendi del saggio uguale a quello che trovammo nell'interpretazione come dissoluzione dell'enigma: richiamare gli elementi
materiali, disporli in una costellazione di forze, affinch il testo strappato
degli strani intrecci dell'ente risulti finalmente come testo leggibile. Il
saggio - a met secondo Adorno tra arte e filosofia - dunque cos affine
all'interpretazione? addirittura la forma interpretativa di Adorno? E se
davvero situato a met tra arte e filosofia, come costituisce le sue imma
gini astrali?
Il bello naturale mito trapassato nell'immaginazione e in tal modo forse liquida
to. [...] Le immagini estetiche non sono invarianti arcaiche [piuttosto] le opere
d'arte diventano immagini perch i processi che in loro si sono coagulati a obiet
tivit parlano. [...] I processi latenti sono fatti collettivi - e di essi - non esiste
imago senza immaginario. L'esperienza soggettiva arreca immagini che non sono
immagini di qualcosa e proprio esse sono di essenza collettiva 74 .

L'emancipazione delle immagini estetiche da quelle mitiche si attua


tramite il sottomettersi delle opere d'arte alla loro propria irrealt, che non
l'irrealt del delirio n quella irrazionale dell'empirico, bens la legge
della forma: questa la loro methexi alla ragionevolezza per cui illu-

73 Ibidem, p. 18.
Gli scritti sul rapporto tra Lukcs e Adorno, sia in generale, sia in particolare sulla
forma saggio, sono molti. Si possono consultare, tra gli altri: T. Perlini, Sul concetto di
totalit nella riflessione estetica di Adorno, in Nuova Corrente, 1970, n. 52; M. Barzaghi, Dialettica e materialismo in Adorno, op. cit.; S. Buck-Morss, The origin of th
negative dialectics, op. cit.; AA.VV., Die Neue Link nach Adorno, hrsg. von F. Schller,
Munchen 1969.
74 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 113 e 145-46.

MODELLI INTERPRETATIVI

81

minate sono quelle opere d'arte che in inflessibile distanza dall'empiria


rendono testimonianza di una giusta coscienza 75 . Il mito come la tradi
zione appartiene a processi tendenzialmente inconsci e collettivi, mentre
l'immaginazione davvero sul confine tra individuale e collettivo; inoltre
essa pi simile al desiderio che non alla paura, e come tale essa nemica
del mitico. La natura fu mito finch dovette essere dominata e suscitava
terrore; oggi bello naturale. Ma poich il dominio su essa totale, forma
stessa della razionalit, e poich questa totalit diventata nel frattempo
seconda natura, cio immagine naturale di un non naturale, allora l'intrec
cio di mito e immaginazione tuttora all'opera. E stato scacciato dal ciclo,
ma per essere spedito in un iperuranio ancora pi lontano. Giacch l'ope
ra che crea immagini espone questo intreccio, essa rassomiglia, per un
verso, ed questa la sua forza, alla realt.
Opera d'arte e realt sono identiche e non identiche. Se non avessero
nulla a che fare l'una con l'altra, allora non avrebbero alcun senso le opere
d'arte, ma se fossero identiche, allora le opere sarebbero mera duplicazio
ne, come volle credere l'artista Fiatone, o sogno a occhi chiusi. Per
questo, al contrario della tradizione psicologica dell'ermeneutica, Adorno
pu scrivere che l'analisi ripercorre soggettivamente la via che aggettiva
mente l'opera d'arte descrive in s, indifferentemente all'autore, alle sue
condizioni. La storia cifrata nell'opera ugualmente cifrata nel soggetto,
ma questi non la possiede. L'unica esperienza che ne fa, quando essa
all'opera come mediazione della costituentesi soggettivit dell'opera d'ar
te. Ma anche questa un'esperienza nel mezzo della contraddizione. In
fatti perch si colga il peso della tradizione necessario che qualcosa
nell'individuo faccia resistenza, seppure d'un poco, alla sua coazione. Cos
la particolarit dell'individuo si oppone all'universale storico della tradi
zione, cio al potere delle sue forme, ma se l'individuo non fosse anche
particolare, allora non ci sarebbe alcuna resistenza alla forza delle connes
sioni sociali, e l'arte non potrebbe prendere le distanze dall'empirico,
condizione invece della sua verit 76 .
75 Ibidem, p. 147.
' 6 Su questi problemi si possono consultare i seguenti lavori: W. Boni?, Empirie
und Dechiffrierung von Wirklichkeit, op. cit., che ricostruisce un breve ma interessante
collegamento in proposito alla funzione dell'esperienza come centro della costellazione
teoretica tra Adorno, Benjamin, Feyerabend e Dilthey; M. Barzaghi, Dialettica e mate
rialismo in Adorno, op. cit., che affronta il tema del rapporto con Benjamin in una luce
originale, ovvero dal punto di vista dello sviluppo del marxismo critico senza lasciare
troppo spazio alla polemica; F. Carmagnola, Conoscenza degli estremi, op. cit., che vede

82

CRITICA DEL NON VERO

Lo stesso meccanismo dialettico si svolge nel rapporto tra individuo


e pensiero. Mentre si deve riconoscere che il soggetto non pensa affatto,
sbagliato credere di poter eliminare il residuo empirico che si cela sotto
ogni funzione senza soggetto 77 . Non perch la riflessione debba prender
partito per il dominio del soggetto, che anzi questo semmai il suo pec
cato originale, ma al contrario perch il riconoscimento della base empi
rica di ogni operazione di pensiero il primo passo di un'autocritica
dell'illuminismo. Non perch l'empirico sia immediato, ma al contrario,
solo perch l'empirico si presenta come realt immediata e non lo , la
critica del soggetto altro dalla liquidazione dell'individuo. Tale liquida
zione, per altro, empirica e difende non l'individuo ma la struttura di
produzione dell'individuale, senza nominarla. Probabilmente questo
l'intreccio che l'esperienza dipana, proprio come teoria dell'interpretazione, indipendentemente dalla intenzione del soggetto: l'interpretazione
atto tanto falsificante quanto critico. E la distinzione spetta, in ultima
istanza, alla felicit 78.
Il tema del ricordo e quello della produzione di immagini appaiono
determinanti per l'interpretazione, forse addirittura coincidenti. Nel senso
che il termine di giudizio dell'interpretazione, anche se si riferisce in ul
tima istanza alla felicit, non dato ma va prodotto. In che senso, si
chiarisce leggendo un passo di Prismi, nel saggio Profilo di Walter Benjamin, dove Adorno cita, dal manoscritto dei Passagen.
Alla forma del nuovo mezzo di produzione [...] corrispondono, nella coscienza
collettiva, immagini nelle quali il nuovo si compenetra col vecchio. Queste imma-

nel ruolo utopico negativo dell'indentila dell'individuo un tratto di collegamento tra il


pensiero di Adorno e quello di G. Deleuze; A. Rescio, Oggetto e critica del soggetto in
Adorno, op. cit.; e infine G. Carchia, Sulla teoria estetica di Adorno, op. cit., dove
l'autore parla di una specificit della Ratto aisthesis.
77 Cfr. Th.W. Adorno, Metacntica della gnoseologia, op. cit., et passim.

78 Sul tema identit, individuo e soggetto, cfr. i seguenti lavori: A. Schmidt, Begriff des Matenalismus bei Adorno, op. cit., per la distinzione tra soggetto datore di
forma e il soggetto come centro di esperienza; per un'analisi del Unwescn nella
dialettica adorniana, cfr. R. Racinaro, Hegel nella prospettiva di Bloch e Adorno, in
Critica marxista, 1974, n. 1, pp. 127-53, tra l'altro uno dei pochi lavori su Adorno
e Bloch, oltre al gi citato saggio di R. Tiedemann; per la differenza tra la posizione
nietzschana e quella adorniana sul destino del soggetto, e sulla contrapposizione tra
volont di potenza e ricordo, cfr. F. Carmagnola, La conoscenza degli estremi, op. cit.;
infine per il tema specifico della differenza tra liquidazione dell'individuo e critica del
soggetto, i termini della questione sono perfettamente illustrati da T. Pedini, Autocritica
detta ragione illuministica, in Ideologie, 1969, n. 9-10.

MODELLI INTERPRETATIVI

83

gini sono proiezioni del desiderio. [...] Queste tendenze rimandano alla fantasia
configurativa, che dal nuovo ha tratto il suo impulso, all'antichissimo. Nel sogno
in cui, ad ogni epoca, si presenta la seguente, questa apparir sposata ad elementi
della preistoria, cio di una societ senza classi. Le esperienza della quale, depositate
nell'inconscio della collettivit, producono, compenetrandosi col nuovo, l'utopia, che
ha lasciato le sue tracce in mille configurazioni della vita 1''.

In questa citazione troviamo molti dei termini che Adorno usa per
descrivere, e prescrivere, l'interpretazione. Ed egli commenta che per tali
immagini Benjamin intendeva delle cristallizzazioni obiettive del movi
mento storico e le denomin col nome di immagini dialettiche 80. Le
immagini dialettiche, in questo la differenza tra Benjamin e Adorno 81 ,
hanno il loro modello nelle opere d'arte e non nella storia. Oggi che non
si pu immaginare alcuna configurazione dello spirito scrive Adorno le
opere d'arte sono il prototipo della sua configurazione. [...] In quanto
tensione tra gli elementi dell'opera d'arte lo spirito [...] processo e con
ci l'opera d'arte stessa 82 . Ma la tensione a cui si fa riferimento per
Adorno, abbiamo visto sopra, quella tra la forma, processo opposto e
necessario all'esperienza individuale, e il contenuto, inteso come esperien/9 W. Benjamin, citato da Adorno in Prismi, cit., p. 243. Corsivo mio.
80 Th.W. Adorno, Prismi, cit., p. 243.
81 P. Brger ha scritto un interessante saggio sulla differenza tra Benjamin e
Adorno che vorrei qui indicare. Secondo Brger Benjamin farebbe riferimento, come
modello, soprattutto all'avanguardia surrealista, mentre Adorno alla modernit estetica.
E lo scontro tra i due sarebbe riconducibile alla modalit espressiva propria del surre
alismo in antitesi a quella critica riflessiva dell'espressionismo. E tra l'altro l'anteceden
te dell'arte d'avanguardia andrebbe ricercato nel romanticismo, mentre quello del
moderno nel processo di autonomizzazione dell'arte, p. 86 e sgg. Cos mentre l'avan
guardismo negherebbe la divisione del lavoro e radicalizzerebbe lo shock dell'esperien
za, Adorno sarebbe esponente dell'opposizione all'avanguardismo, in nome della resi
stenza alla regressione. Cfr. P. Brger, Das Altern der Moderne, in Adorno-Konferenz
1983, cit., pp. 177-201; P. Brger, L'anti-avantguardisme dans l'esthtique d'Adorno, in
Revue d'Esthtique, nuova serie, 1985, n. 8.
H.R. Jauss, nello stesso volume, Adorno-Konferenz 1983, nel saggio Der literarische Prozejl des Modcrnismus von Rousseau bis Adorno, op. cit., propone un bivio a
partire dalla revisione della categoria della modernit operata da Dialettica dell'illumi
nismo, da una parte, come esponenti esemplari, P. Brger e Lyotard (e il primo forse
non sarebbe contento di trovarsi in compagnia del secondo...) dall'altra la critica radi
cale di Adorno. Ancora da citare la tesi di M. Jay, Th.W. Adorno, II Mulino, Bologna
1987, secondo la quale dalla coppia dell'elaborazione surrealista e benjaminiana si
potrebbero derivare due strade, divaricantesi, una Adorno e l'altra Derrida, aventi in
comune solo il radicalismo della lettura nietzscheana della morte di Dio.
82 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 150. Traduzione d'a me parzialmente
modificata.

84

CRITICA DEL NON VERO

za storica non individuale. Il soggetto sente come legge una forma, perch
stato rimosso il ricordo contenuto nella sua forma. Contro di essa si
richiamano le armate dell'esperienza, che costruisce la tensione. Ricono
scere e interpretare significa allora impadronirsi di quel processo, riper
correre soggettivamente un processo oggettivo, infatti:
10 spirito delle opere d'arte non concetto, ma tramite esso le opere divengono
commensurabili con concetto. [...] Perci la critica necessaria alle opere. Nello
spirito delle opere essa riconosce il loro carattere di verit oppure ve lo separa. In
questo atto soltanto [...] l'arte e la filosofia convergono 83 ,

convergono in questo: che l'arte consta dell'espressione del vero, o in


termini benjaminiani del suo sogno, ma tuttavia non possiede di per s la
capacit di dividerlo dal falso. Questa capacit spetta alla critica, all'interpretazione, che sente ovunque la forma come contenuto, e la storia cifrata
nella forma immanente dell'opera.
Si potrebbe quasi scriver che l'arte e il concetto compiano lo stesso
lavoro: la prima fornendo la costellazione della soluzione all'impossibile,
11 secondo rendendo ragione ad essa. Scrive Adorno che ci che prima
era simbolico diviene letterale 84 , e solo grazie a questo l'arte, che tendenzialmente ostile al mito come spiegazione della natura, pu assorbire
i simboli: essi non simboleggiano pi niente. Ancora nella tarda antichit
greca, ad esempio, alcuni modi di modulazione minore venivano avvertiti
come imitazione simbolica. Oggi, al tempo di Adorno, il tema dell'alle
gretto della prima sinfonia di Mahler, Fra Martino volto sulla triade mino
re anzich su quella maggiore, non in alcun modo un simbolo, ma
piuttosto una funzione formale immanente allo sviluppo dell'idea secondo
la quale il tragico e il comico insieme, la marcia funebre e il canto di
bambini, sono gli unici eredi del sublime naturale 85 . Nella intuitivit col
legata al simbolico, che merc la spiegazione perde il suo carattere simbo
lico, nascosta, tuttavia una mediazione non concettuale 86 .
Il desideratum della intuitivit vorrebbe conservare [...] il momento mimetico,
ed cieco nei confronti del fatto che quel momento seguita a vivere solo attraverso

85 Ibidem.
84 Ibidem, p. 163.
85 Per l'eredit del sublime kantiano, cfr. Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p.
133 et passim.
86 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 161.

MODELLI INTERPRETATIVI

85

la sua antitesi cio attraverso la razionale attivit dispositoria esercitata dalle opere
su tutto ci che a loro eterogeneo 8 '.

L'impulso mimetico, quello che nella dialettica dell'illuminismo fu il


vero avversario della mitologia illuminista, e nel quale sopravvive il deside
rio ma non la realt della conciliazione, la fonte del pensiero. Per questo
Adorno, lo abbiamo visto, richiama la importanza di un pensiero che non
uccida suo padre, il desiderio, e al contempo la necessit di non con
fondere la spinta e il materiale mimetico con la forma mimetica o col
pensiero stesso. Tale impulso:
investe anche la mediazione, il concetto, il non presente. [...] L'arte tanto poco
concetto quanto intuizione, e proprio cos protesta contro la separazione dei due.
[...] Essa intuizione di un non intuibile ed paraconcettuale ma senza concetto.
per grazie ai concetti che l'arte pone in libert il suo strato mimetico, non
concettuale 88.

A questo punto, davvero il concetto diviene metro di comprensione,


non modello, dell'opera d'arte. Il concetto diventa "parametro" e la
loro propria obiettivazione [delle opere d'arte] le rende "res" di secondo
grado 89 .
Come la natura oggi natura mediata, e in questo viene confusa alla
natura seconda, che societ, allo stesso modo l'arte rende i suoi prodotti
delle cose che cose non sono affatto, ma rapporti. In essi, come nei rap
porti extra-artistici, nascosta l'essenza, ovvero la storia, di quei rapporti.
La loro espressione dipende dalla possibilit di obicttivarli senza fissarli,
ma la verit richiede anche che l'interpretazione raccolga attorno al mo
mento della cristallizzazione tutta la storia - Qui non intellegit res, non
potest ex verbis sensum elicere 90 .
In un saggio di Wolfgang Fritz Haug, Zur Kritik dcr Warensthetik^,
troviamo un esempio di modificazione del principio di realt, per il tema
che qui ci interessa. La dialettica signoria/servit, spiega Haug, viene
duplicata nell'esistenza di pubblicit, desiderio e produzione. All'interno
della produzione, l'apparenza estetica passa da funzione simbolica a una
87 Ibidem, p. 163.
88
89
90
91
140-58.

Ibidem, p. 164.
Ibidem, pp. 168-69.
Martin Luter, citato da Gadamer in Verit e metodo.
W.F. Haug, Zur Kritik der Warenstbetik, in Kursbuch, 20, 1970, pp.

86

CRITICA DEL NON VERO

schiettamente di realizzazione del capitale. Si manipolano le confezioni


delle merci perch il valore d'uso ha ritrovato una funzione simbolicosociale, la medesima che era stata espulsa dal passaggio dalla manifattura
all'industria. Tuttavia questo richiede che la coscienza degli acquirenti
venga preparata a spostare il proprio desiderio dal valore d'uso puro a
un valore d'uso simbolico, d'identit sociale. Affinch i desideri possano
essere soddisfatti nella forma della merc attuale, il desiderio deve essere
determinato da obbligo a forme di valore irrazionali. Ma dopo si costret
ti a seguire ciecamente e in ogni modo la legge che tali desideri dettano.
E non solo nel senso leggero per il quale si produce ci di cui si convinti
gli uomini di aver bisogno - ma anche nella micidiale inversione per la
quale poich si sempre mediati dall'altro, cio dal desiderio dell'altro, se
si modifica il desiderio se ne viene mediati di conseguenza. Possiamo
leggere questa dialettica allargandola al di fuori della sfera, per altro nient'affatto ristretta della circolazione e produzione delle merci, anche alla
produzione e circolazione di quei valori sui generis che sono la coscienza
e le idee. Nella prefazione al Capitale Marx ha dato un'allegoria minaccio
sa. il celebre de te fabula narratur con il quale egli rivolge il proprio
libro contro i suoi lettori inglesi e tedeschi. importante sottolineare che
egli concep il proprio lavoro come valore che avrebbe trovato la propria
corrispondenza solo a patto che fosse pensato come riflessione della dia
lettica di tutti gli individui coinvolti in quel modo di produzione. Detto in
modo semplice: quel che retoricamente apre il Capitale alla dialettica costi
tutiva della societ un'allegoria. Si pu leggere il Capitale come una
favola che parla di noi, a patto che non lo si legga come una favola. Le
favole, cio, raccontano in allegoria, di solito, il momento del processo di
formazione del senso della vita. Hanno a loro oggetto la coscienza, a volte,
l'ideologia. Parlano del brutto, del crudele o dell'amore e della solitudine,
o ancora della morte e della lotta, del padre e della madre. Sono questi
temi della cos detta sovrastruttura. Essi non possono essere scritti inge
nuamente e direttamente nella parole della societ, perch cos facendo li
si presenterebbe come uguali ad essa; perdendo con questo il loro carat
tere relativo all'assoluto, per come esso dato e pensato nella nostra
attuale societ. Cos il linguaggio delle merci , fino a un certo punto, il
linguaggio della produzione delle merci, mentre gli argomenti che si sareb
bero detti spirituali usano di questo linguaggio come un'allegoria, per non
rimanergli appiattiti sopra. una strana inversione: non si racconta lo
spirito santo sotto la forma della luce e del pane - cos come allora - ma
lo spirito ad aver bisogno della luce e del pane. Il piano dell'allegoria

MODELLI INTERPRETATIVI

87

teologica ribaltato 92 : l il vero si esprime nell'ombra di una figurazione


- qui il falso che si smaschera nel corpo della produzione, poich esso
la falsa immagine creata e nascosta proprio da quella produzione che
dovrebbe esprimere. Fare la critica significa allora, forse, usare il linguag
gio dei rapporti di produzione come se fosse una favola dei rapporti so
ciali umani, ovvero non stabilire, perch non c', un primum tra desiderio
e bisogno, valore materiale e spirituale?
Lo spirito - scrive Adorno - indifferente alla distinzione tra sen
sualit e idealismo 95 . Le opere d'arte corrodono l'idea di spirituale fino
a quanto questo non assomigli a loro stesse, e con ci demoliscono lo
spirituale. Ma nella negazione determinata dello spirito esse restano tut
tavia legate a lui [...] esse non lo simulano ma la forza che rivolgono
contro di lui la sua stessa presenza 94 . Se interpretare significa portare
a coscienza soggettiva un processo oggettivamente avvenuto, e se la media
zione avviene tramite il desiderio, allora uno dei suoi passi la traduzione
del desiderio. Se la dialettica dell'interpretazione non potrebbe funzionare
senza il tempo, la cui assenza scioglierebbe la contraddizione tra esperien
za e sapere - senza desiderio, senza un'allegoria capitale del desiderio, di
un passato diverso e migliore, la dialettica dell'interpretazione sarebbe
altrettanto impotente e immobile, sia che falsifichi sia che critichi.

LINGUAGGIO E INTERPRETAZIONE
La mediazione che dobbiamo dunque ora indagare quella, davvero
costitutiva, tra desiderio e linguaggio o, detto altrimenti e in termini di
filogenesi, quella del rapporto tra desiderio e principio di realt; senza
scordare tuttavia che il principio di realt del quale stiamo parlando
interamente sociale, non certo psicologico-neutro. Naturale conseguenza
che quello strumento sociale della divisione del lavoro che il linguaggio
deve poterci condurre alla comprensione del modo con il quale fantasia,
desiderio e ricordo, entrino a far parte del processo interpretativo. Vedia
mo dunque di analizzare la sua forma principale e pi semplice: la critica
immanente. Scrive Adorno che:
92 Un esempio la gi citata analisi, e interpretazione in secolarizzazione, fatta da
C. Trcke in Gewalt und Tab, op. cit.
93 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 160.
94 Ibidem, p. 150.

50

CRITICA DEL NON VERO

il procedimento immanente [...] prende sul serio il principio secondo cui non
l'ideologia in se stessa non vera, bens la sua pretesa di corrispondere alla realt.
Fare la critica immanente delle configurazioni spirituali significa cogliere nell'ana
lisi della loro forma e del loro senso la contraddizione tra la loro idea obiettiva e
quella pretesa 95 .

questa una tra le pi semplici delle molte definizioni che Adorno


offre del metodo immanente. Esso veramente dialettico; si potrebbe dire
che aspetta, guardando la cosa, che essa esprima i suoi parametri per
confrontarla poi, successivamente, con questi. L'analisi immanente oggettiva e costituisce l'altra faccia del richiamo alla fantasia esatta, al desi
derio, alle lacune, e via dicendo. Scrive il Nostro, ad esempio, che quando
la coscienza della critica immanente si avvicina all'oggetto e ne rinviene
un'insufficienza, non la ascrive frettolosamente all'individuo e alla sua
psicologia [...] cerca invece di desumerla dall'inconciliabilit dei momenti
costituenti l'oggetto 96. In questa determinazione il concetto non va con
fuso con il concetto definitorio tradizionale, esso concetto forte, del
quale si pu predicare falsit o verit, secondo quanto spiegato da Adorno
a proposito del concetto di societ 97 , e deve essere costruito come costella
zione, con tutte le sue parti, ed in tale costruzione che si possono com
mettere errori.
Se questa la categoria di critica immanente, tuttavia neanch'essa
esente da perplessit, giacch:
per quanto fedelmente si possa seguire il principio della critica immanente, esso
non pu essere applicato in forma acritica l dove si erige a solo e unico criterio
la stessa immanenza logica, prescindendo da qualsiasi contenuto particolare. [...]
La critica immanente ha il proprio limite nel principio feticizzato della logica
immanente: anche questo deve essere chiamato per nome 98;

e in tutt'altro campo, nel paragrafo sull'opera d'arte come monade e l'ana


lisi immanente, si legge:

95 Th.W. Adorno, Prismi, cit., p. 19.


96 Ibidem, pp. 19-20.
97 Th.W. Adorno, Soziologische Schnften I, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a.M.
1972, ed. it. Scritti sociologici, trad. A.M. Solmi, Einaudi; Torino 1976, p. 5.
98 Th.W. Adorno, Die Positivismusstreit in der deutscken Soziologic, hrsg. von H.
Maus und F. Frstenberg, Einleitung, H. Luchterhand Verlag, Nuewied und Berlin
1969, ed. it. Dialettica e positivismo in sociologia, Introduzione, trad. A. M. Solmi,
Einaudi, Torino 1972, p. 10.

MODELLI INTERPRETATIVI

89

nondimeno all'analisi immanente associato l'autoinganno. [...] Il concetto deve


essere portato alla monade dall'esterno per aprirla dall'interno e di nuovo sgreto
larla; se esso pretendesse di essere attinto solo alla sostanza obbiettiva dell'opera
prenderebbe un bell'abbaglio. La costituzione [...] delle opere d'arte qua talis da
indicazioni che rimandano al di l di essa stessa. Se viene assolutizzata, l'analisi
immanente cade preda dell'ideologia. [...] Con una regolarit che indica un fatto
strutturale, le analisi immanenti, se il loro contatto con ci che ha ricevuto una
forma sufficientemente stretto, conducono a definizioni universali mentre speci
ficano all'estremo. [...] L'interazione di universale e particolare, che nelle opere
d'arte avviene inconsciamente e che l'estetica deve innalzare alla coscienza, ci
che veramente costringe ad una concezione dialettica dell'arte".

Il limite della critica immanente non dunque stabilito solo dal feti
cismo dell'immanenza logica, ma ha anche a che fare con il particolare
modo di penetrazione dell'universale nel particolare. Alla critica imma
nente spetta una parte fenomenologica la quale, tuttavia, facilmente si
lascia trasportare alla fenomenologia dell'immediato come se esso fosse
reale e non un posto del pensiero. Una tale ipostasi costituirebbe il suo
limite di validit. La critica immanente portata, per la sua natura, a fare
il pelo alla pretesa dell'ideologia di essere vera.
Funzionare all'infinito pu anche il terrore, ma il funzionare come fine a se stesso,
separato da ci per cui funziona, una contraddizione non meno di una qualsiasi
contraddizione logica. [...] Critica non significa solo decidere se le ipotesi proposte
possono essere dimostrate come esatte o come false: la critica penetra fino all'og
getto. Se i teoremi sono contraddittori, non detto che di questo debbano essere
sempre e necessariamente responsabili i teoremi lon.

Il limite della critica immanente sta allora nel fatto che non solo i
concetti, ma anche le cose possano essere false.
questo davvero un punto nevralgico delle interpretazioni adorniane. La critica deve essere capace di porsi tanto di fronte al testo quando
di fronte al reale, anzi, non manca il suo scopo solo quando compie con
temporaneamente entrambe le operazioni. Non si pu fingere tuttavia che
il reale sia categoria o realt priva di questioni. E la principale questa:
se la dialettica critica non ammette alcun originario, nemmeno tra idea e
realt, a partire da che cosa parla? A partire, risponde Adorno, dalla sua
forma, la forma-saggio, dove

Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 302, 302-04.


' Th.W. Adorno, Dialettica e positivismo in sociologia, cit., Introduzione, p. 37.

90

CRITICA DEL NON VERO

gioia e gioco sono per il saggio essenziali. Esso non prende le mosse da Adamo e
va, ma da ci che vuoi trattare; dice quanto gli viene in mente e finisce quando
si sente esso stesso esaurito e non quando esaurito l'oggetto: e cos si colloca tra
le quisquilie 101 .

Il saggio non prende per suo l'interesse della cosa, ma ha termine


quando si sente esso stesso esaurito e non quando esaurito l'oggetto.
La forma saggio non ben collocata n ben fondata. Il saggio, scrive
Adorno, una forma di interpretazione che rifiuta il problema della com
prensione di che cosa l'autore abbia voluto dire, che passa di importan
za di fronte alla obiettivazione di ci che l'autore ha effettivamente detto;
se non c' risultato interpretativo che al tempo stesso non sia proiezione
all'interno dell'opera, il criterio della riuscita la possibilit di concilia
re l'interpretazione con il testo e con se stessa, e la sua capacit di far
parlare tutti quanti i fattori che costituiscono l'oggetto 102 .
Ma cosa significa conciliare l'interpretazione con se stessa, e con la
necessit di esaurire tutti i fattori dell'oggetto? Il saggio, puntualizza
Adorno, non una forma d'arte, esso deve rispettare l'obbligo a espri
mersi per concetti, contratto non appena abbia usato concetti in una frase
o in un giudizio 103 ; e non pu, neppure il saggio, fidare ciecamente nel
linguaggio, nelle sue torsioni e tensioni, che altrimenti: l'ambiziosa tra
scendenza del linguaggio sul significato finisce in una vacuit di signifi
cato 104 . La trascendenza del linguaggio svela la trascendentalit sociale di
esso rispetto agli uomini, ma non rispetto alla societ. Anzich cercare il
primato in questa o in quello si dovrebbe, a detta di Adorno, riconoscerne
l'intreccio, la dialettica insomma. E in essa il fatto che il linguaggio appaia
trascendente alla coscienza dovrebbe esso stesso essere un motivo e un
oggetto di riflessione. Cosi come l'illuminismo deve criticarsi se vuole
sospendere almeno la ricaduta nel mito, allo stesso modo per il linguaggio
il tentativo di emancipare l'esposizione dalla ragion riflettente, il tenta
tivo cio di eliminare il carattere mitico e immaginifico del nominare dalla
vertigine dialettica:
il tentativo sempre gi disperato fatto dalla lingua, spingendo all'estremo la sua
intenzione determinatrice, di guarire dal negativo della sua intenzionalit, dalla

101 Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, p. 6.


102 Ibidem, p. 7.
103 Ibidem, p. 10.

104 Ibidem.

MODELLI INTERPRETATIVI

91

manipolazione concettuale degli oggetti, e di far venire avanti il reale in maniera


pura, non disturbato dalla violenza degli ordinamenti delle parole. [...] Nessuna
narrazione ha mai avuto parte alla verit senza aver guardato nell'abisso in cui
precipita il linguaggio che vorrebbe separarsi in nome e immagine 105 .

Adorno sta qui parlando della ingenuit epica, cio della speranza
che nella narrazione oggettiva, prelirica, degli avvenimenti si faccia avanti
il senso delle cose stesse. Solo la pretesa scientifica che il linguaggio debba
misurarsi su di una struttura strettamente scientifica, fatta cio di defini
zioni e stati di cose, allontana di tanto il nesso tra parola e cosa da farlo
scomparire nella interminabile catena interna dei rimandi. Adorno cerca
di tenere memoria di ci che propriamente gi non si lascia proprio pi
ricordare 106 , ovvero del fatto che anche il linguaggio intrattenne stretti
rapporti con la costituzione e dell'individuo e della societ; e che se en
trambi sono mediati dal linguaggio, e dunque a loro volta lo mediano
come sarebbe semplice mostrare, tuttavia non possono essere identificati
con esso. La fuga di pensieri in cui si configura il sacrificio del discorso,
la fuga della lingua dalla sua prigione e se nella poesia omerica si ha
l'autonomizzazione della metafora rispetto al significato:
l'immagine linguistica elaborata dimentica in parte il proprio significato per incor
porare nell'immagine la lingua stessa invece di rendere trasparente l'immagine.
[...] Non che i poemi epici fossero dettati da intenzione allegorica. Ma la potenza
della tendenza storica in lingua e contenuto in essi cos grande che nel corso del
processo fra soggettivit e mitologia gli uomini e le cose [...] si trasformano in
semplici luoghi. [...] l'obbiettivo capovolgimento della pura esposizione non
significante in allegoria della storia a diventar visibile 107 .

Il linguaggio parla di se stesso, si fa ricorsivo, nel tentativo di elimi


nare la propria mediazione. Ma l'esigenza della parola verginale, in se
stessa sociale 108, nella poesia lirica si promette una seconda immedia
tezza perduta la speranza nella prima, una [...] immediatezza: l'umano,
il linguaggio stesso, appare come se fosse ancora una volta la creazione,
mentre tutto ci che esterno si smorza nell'eco dell'anima 109 cos come
in quell'eco si irrigid un tempo il primo moto, di terrore per l'esterno,

105 Ibidem, p. 34.

106 Ibidem.

107 Ibidem, p. 36.


108 Ibidem, p. 49.
109 Ibidem, p. 51.

92

CRITICA DEL NON VERO

dell'anima. Ma tale tentativo sfrutta per riuscire la radice della propria


smentita: il carattere della lingua, infatti:
la lingua essa stessa qualcosa di doppio. Con le sue configurazioni essa si impone
totalmente ai moti soggettivi; anzi manca poco dal poter pensare che essa in
generale a portarli a maturazione. D'altra parte essa rimane il medium dei concetti,
ci che produce l'ineluttabile rapporto con l'universale e con la societ. Le pro
duzioni liriche supreme sono perci quelle nelle quali il soggetto risuona nella
lingua [...] finch il linguaggio stesso si lascia udire [...] in tal modo il linguaggio
media intimamente lirica e societ 110. [...] D'altra parte per il linguaggio non va
assolutizzato. [...] L'attimo dell'autocancellazione, nel quale il soggetto si cala e
annulla nella lingua, non un suo sacrificarsi all'essere 111 ;

anzi giacch il soggetto storico e dovrebbe poter essere cosciente della


propria azione nella storia, il fatto che esso come soggettivit individuale
debba per un istante scomparire nella storia semmai:
un attimo di conciliazione: la lingua parla direttamente soltanto se non parla come
qualcosa di esterno al soggetto bens come voce [che dovrebbe essere] propria di
quest'ultimo, ovvero nella poesia lirica, mediante l'identificazione col linguaggio,
il soggetto nega tanto la sua semplice contraddizione monadologica nei confronti
della societ quanto il suo semplice funzionare all'interno della societ 112 .

Anche nella Teora estetica si trova l'affermazione che l'esperienza del


soggetto sia l'immagine collettiva che si aggiunge alla legge formale del
l'opera d'arte. Si pu ora comprendere come il carattere collettivo, quello
110 Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, p. 53.
111 per quanto questi temi inducano a farlo, non si esaminer qui la querelle tra
Adorno e Heidegger. Per un tentativo - invero forse un poco troppo conciliante e
psicologico - di dare ragione del contrapporsi violento del primo al secondo, cfr. H.
Mrchen, Macht una Herrschaft im Denken von Heidegger und Adorno, Klett-Cotta,
Stuttgart 1980, Adorno und Heidegger, Klett-Cotta Verlag, Stuttgart 1981. L'autore si
impegna in un certosino lavoro di ricerca filologica di tutte le citazioni, implicite e
esplicite, di Heidegger nell'opera di Adorno, per concludere che: a) Adorno citava
Heidegger in maniera capziosa; b) l'accanirsi di Adorno verso Heidegger risulterebbe
sospetto; e) entrambi sarebbero pensatori della tecnica; d) la scuola heideggeriana
dovrebbe tuttavia prendere sul serio le critiche adorniane, sostanzialmente di apologe
tica indiretta. Mrchen inoltre si prende la briga di ricostruire i rapporti, periodizzando
cinque fasi, l'ultima della quali (1967-69) vedrebbe un tendenziale affievolirsi dei motivi
polemici di Adorno. Il segreto impulso della critica di Adorno starebbe in una altret
tanto segreta affinit, rimossa dal francofortese, perch sia la dialettica critica sia la
domanda sull'essere deriverebbero da una radice hegeliana. L'unione tra i due si do
vrebbe poter scorgere nella sfiducia nella ragione e nel loro antiumanesimo.
112 Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, p. 54.

MODELLI INTERPRETATIVI

93

linguistico e quello di enigma, siano determinazioni che non posano ferme


e indifferenti, ma ognuna la soluzione delle tensioni dell'altra o, per
esprimerci come Adorno, ognuna risolve il carattere di enigma dell'altra
per diventare essa stessa, in nuova configurazione, enigma del vero. Tutte
le opere d'arte [...] sono enigmi, [esse] ripropongono il carattere di enig
ma sotto l'aspetto della lingua 113 ; e Adorno spiega:
del carattere enigmatico dell'arte pu accertarsi in modo elementare il cos detto
mancante di orecchio che non capisce il linguaggio della musica, percepisce solo
guazzabugli e si chiede meravigliato che cosa mai questi rumori debbano signifi
care; la differenza tra quel che ode lui e ci che ode il musicista, identifica la zona
del carattere di enigma 114 .

La differenza tra chi non capisce il linguaggio e chi lo capisce, ovvero


per lo meno sa che un linguaggio, definisce la possibilit di porre una
frase del linguaggio come problema ermeneutico. Infatti di fronte al
carattere enigmatico lo stesso capire una categoria problematica 115 . Se
in Die Aktualitdt der Phtlosophie avevamo trovata espressa la convinzione
che comprendere volesse dire togliere di mezzo il carattere di enigma, di
modo che l'enigma e la soluzione non potessero stare tranquillamente uno
accanto all'altra, qui Adorno scrive ugualmente che l'enigma non riso
lubile, solo la sua conformazione decifrabile e proprio questo tocca alla
filosofia. [...] Tuttavia il carattere di enigma non estinto dal capire. [...]
[Nelle opere d'arte] sciogliere l'enigma equivale a dare la ragione della sua
insolubilit 116. E ancora: come negli enigmi [anche nelle opere d'arte]
la risposta viene taciuta e estorta con la struttura. A ci serve la logica
immanente 117 - quella della legge formale a cui le opere si sottopongono
per poter essere pi di imitazione e meno di realt. Citando l'opera di
Klee, conclude l'autore che:
tutte le opere d'arte sono scritture (criture] [...], geroglifizzanti, per le quali il
codice and perduto ed a costituire il contenuto delle quali contribuisce non da
ultimo quella mancanza. Solo in quanto scrittura le opere d'arte sono linguistiche.
[...] Ma la risposta taciuta e determinata delle opere d'arte non si manifesta ali'in terpretazione d'un colpo, come nuova immediatzza, bens solo passando attraver-

Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 204.


Ibidem, traduzione da me parzialmente mutata.
Ibidem, p. 206.
Ibidem, p. 207.
Ibidem, p. 211.

94

CRITICA DEL NON VERO

so tutte le mediazioni. [...] Il carattere di enigma sopravvive all'interpretazione che


ottiene la risposta 118 .

La differenza rispetto alla metafora dell'enigma degli anni '30 consi


ste dunque in questo: il carattere di realt-che-domanda non viene dissolto
dalla risposta data dall'interpretazione; poich il codice and perduto,
rimane la forma linguistica, la struttura entro la quale si forma la doman
da, e che solo l'interpretazione filosofica, quella che non prende nulla per
immediato e tutto sul serio, riesce a portare alla luce. una differenza
portata da un aumento, per dir cosi, della consapevolezza linguistica; ,
insomma, la mediazione tra struttura linguistica e oggetti, insieme alla
sicurezza che la forma non esaurisca la sostanza della cosa, che richiede
l'interpretazione, e non pi solo l'ontologia del rapporto tra storia e na
tura. Mentre il carattere di domanda appartiene alla mediazione tra singo
larit e universalit, la loro costellazione non a portata di mano, n un
possesso che possa essere esibito, moneta sonante. La sua esistenza, la
legge della forma alla quale si vorrebbe ridurre la cosa, perduta nel senso
che divenuta una costrizione formale perch introiettata nella ratto, sia
in generale, sia in quella affatto particolare dell'opera d'arte. L'ambiguo
intreccio dell'ente incontrato all'inizio della parabola filosofica di Ador
no, ritorna in questo che l'ultimo scritto del filosofo, a chiarire che cosa
sia mai l'enigma: enigmatico infatti che un ambiguo intreccio possa non
di meno essere univoco e come tale venir capito 119.
Il paradigma di colui che si pone l'ente, la cosa, l'opera o il pensiero,
come problema, il modello della filosofia, per Adorno quello dell'esecu
tore:
la facolt mimetica si manifesta nella prassi della rappresentazione artistica quale
imitazione della curva di movimento del rappresentato; tale imitazione la quin
tessenza della comprensione al di qua del carattere di enigma 120 .

Non luogo questo per intervenire sull'esecuzione come comprensio


ne mimetica, secondo il suggerimento della Rose 121 . Tuttavia ritorna la

118 Ibidem, traduzione da me in parte alterata e spaziature mie.


119 Ibidem, p. 212. Spaziatura mia.

120 Ibidem.

121 Cfr. Gillian Rose, The melancholy science. An introduction to th tought of


Theodor W. Adorno, The MacMillan Press, London 1978. Il testo estremamente
insolito, tanto quanto interessante. Nella prefazione Rose chiarisce il suo intento: Io

MODELLI INTERPRETATIVI

95

praxis, che nel saggio sull'attualit della filosofia era la soluzione del carat
tere di enigma. Anche adesso si tratta di eseguire sul serio, in qualche
modo di riassumere e conservare tutti i caratteri evolutivi, i mille intrec
ci del testo, perch solo nel movimento di questo e della sua storia, il
problema un problema. Ma il guaio viene proprio dal fatto che il lin
guaggio, modello di struttura di forze come l'opera d'arte, un medium
due volte mediato, dal mediato e dall'altro. Nulla pi, semmai lo sia
stato, mosso in una dialettica diadica. Questa sarebbe, per esprimerci
poeticamente, possibile solo nel paradiso terrestre, dove nessun terrore
costrinse alcunch a esprimersi nella forma della rimozione a forma. Ma

ragiono che i testi di Adorno debbano essere letti da un punto di vista metodologico
con una particolare attenzione agli strumenti stilistici (p. 10). Il tutto sembra corri
spondere benissimo a quanto lo stesso Adorno afferma essere il compito dell'arte, da
cui non si sent mai fratto, cio quello di assumere tutte le questioni di contenuto come
se fossero questioni di stile. La Rose prosegue: i suoi testi potrebbero senz'altro essere
descritti come anti-testi, come di fatto egli descrisse quelli hegeliani (p. 21), e passa
ad analizzare alcune figure tipiche dello stile adorniano, ricollegandole volta per volta
a specifici contenuti e intenti, fra queste: la costruzione passiva (p. 12), il chiasme (p.
13). Segue l'analisi degli intenti che soggiacciono a tali figure formali: la differenza tra
espressione e comunicazione (p. 15), i rimandi mitici (p. 15), l'ironia (p. 16), l'inversio
ne (p. 17). Per la tradizione dell'ironia Adorno viene accostato a Nietzsche, al punto
che la Rose sostiene essere quella di Adorno una lettura nietzscheana di Hegel, con in
pi la discoperta del carattere metafisico delle stesse conclusioni di Nietzsche. Quindi
(p. 23) un'interessante terminologia - necessary illusion - descrive il passaggio dal
nichilismo al marxismo, dove il termine illusion usato dalla Rose per rendere l'idea
che si tratti di superare la gabbia del solipsismo empirista. Saltiamo alcune dense parti
di ricostruzione storica e teoretica del lavoro di Adorno, per approdare al rapporto con
Lukcs; cosi si esprime la Rose al termine del capitolo: il criterio lukacsiano per la
distruzione della ragione per Adorno paradigma della possibilit stessa d'esistenza
della cultura, intendendo con questo il valore formale ineliminabile che Adorno repe
risce come istinto critico della cultura. A pag. 124 si trova una delle rarissime citazioni
del tema della parodia in Adorno; questione davvero centrale per una teoria dell'interpetazione dialettica. Purtroppo la Rose si sofferma su di essa solo per contrappore la
preferenza lukcsiana per il realismo contro quella adorniana per la parodia formale.
Ancora pi oltre (pp. 139 e sgg.) la Rose riconosce come nel pensiero di Adorno: il
significato delle categorie concettuali una propriet della struttura sociale. [...] La
produzione di senso quindi opposta alla sua comunicazione (illusione); in questo
caso, significato e illusione sono contrapposti. Ad ogni modo, pi generalmente, il
significato identificato con il modo illusorio nel quale la struttura sociale appare
essere intelligibile o meno. Dato questo, la Rose sostiene essere le forme il terminus
ad quem della ricerca adorniana, in quanto in esse oscurato il significato nel contesto
sociale del tardo capitalismo; e per tanto tale ricerca va effettuata, data l'espulsione
delle forme significanti nella produzione, tra le maglie dei resti non produttivi. Da qui
la micrologia adorniana. Essa tenderebbe a ricostruire quello shock d'esperienza che
solo rende accettabile la struttura paratatticca della critica della dialettica negativa.

96

CRITICA DEL NON VERO

l'illuminismo ha davvero scacciato Dio dal paradiso. L'uomo al suo posto


non pu farsi garante. Cartesio aveva perfettamente ragione, nonostante i
rimproveri di poca astuzia filosofica, a sostenere che solo Dio pu garan
tire il passaggio dal pensiero alla cosa. Eliminato l'ontologico, l'assoluto
vero immutato, resta solo la vertigine, che quella nietzscheana ina anche
quella che Adorno afferma essere il carattere distintivo, e quasi stretta di
riconoscimento, tra dialettica e coscienza. Nessuna delle due pu arrestar
si a se stessa. Cos il carattere linguistico, inconscio e collettivo delle opere
d'arte lo rincontriamo adesso per riconoscerei il volto dell'utopia del lin
guaggio: il carattere linguistico dell'arte porta a riflettere su che cosa parli
dell'arte; ci che parla propriamente il suo soggetto mentre non lo sono
n chi la produce n chi la recepisce, e segue l'esempio:
l'Io grammaticale della poesia posto solo da quello che parla latentemente attra
verso la creazione artistica. [...] l'Io obbiettivamente immanente alla sostanza
dell'opera, si costituisce nella creazione artistica, attraverso l'atto del linguaggio di
questa. [...] La forza di tale alienazione dell'io privato alla sostanza dell'opera
data dall'essenza collettiva in esso accumulata; essenza che costituisce il carattere
linguistico delle opere. [In esse] parla un noi e non un io. [...] Questo noi fa
entrare il proprio aspetto letterale, si cambia in impulso immanente e tuttavia
conserva il carattere parlante. Le poesie [...] hanno riferimento ad un noi; per
amore della propria linguisticit devono darsi da fare per liberarsi della linguisticit a loro esterna;

secondo il processo di interiorizzazione della forma a contenuto proprio,


e questo processo proprio anche delle altre arti, come quella figurativa:
il suo noi senz'altro il sensorium al suo livello storico, fino a che esso rompe,
in virt della compiuta formazione del suo linguaggio formale, la relazione con una
mutata oggettivit 122 .

Questa possibilit di rottura, vedremo, coincide con le possibilit


dell'interpretazione. Essa andrebbe condotta dal punto di vista di un sog
getto che non esiste ancora, e perci non pu essere isolata da una parte
di impulso e desiderio e elaborazione dell'esperienza, ma anzi tenuta ad
anticipare tutta quanta una societ non esistente ed il suo non esistente
soggetto 123 . Il carattere di enigma viene eliminato, come sostenuto nel

122 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 281-83.


123 Ibidem, p. 283.

MODELLI INTERPRETATIVI

97

millenovecento e trentuno, poich viene, dalla risposta, eliminata la par


venza del soggetto e l'ideologia della sua naturalit e il corollario della
trascendentalit delle strutture entro le quali si trova a vivere, o ancora
meglio: il piglio filosofico che rende immortale e immutabile, nuovo Dio
senza volto, ogni trascendentale. Ma al contempo il carattere di enigma si
conserva perch il soggetto a nome del quale si parla non esiste affatto, e
il suo desiderio non pu far le veci. Una societ accecata non pu soste
nere la forma del soggetto, n pu volerla.

FREUD E KAFKA
Perch Freud e Kafka? Intanto perch la dialettica negativa, peculiar
mente, essendo negazione oltre che della sociale anche della propria tota
lit, trova espressione teoretica solo per modelli. Ma in secondo luogo per
vedere all'opera, in una interpretazione effettiva, due soluzioni del rappor
to tra soggetto e oggetto che Adorno consider paradigmatiche. Queste
soluzioni costituiranno, per noi non solo un momentaneo punto fermo
sulla questione, ma anche una guida per affrontare, nel seguente capitolo
quarto, gli snodi centrali della mediazione soggetto/oggetto per la formu
lazione che in essa ricevono le questione di una interpretazione filosofica.
Adorno sarebbe probabilmente il pi radicale degli ermeneuti, se
dovessimo prendere a metro di giudizio il riconoscimento della determi
nazione del contesto sul testo: non c' pensiero che sia immune dalla sua
comunicazione, e basta formularlo nella falsa sede e in un senso equivocabile per minare la sua verit124 . Forse questa la spiegazione dello
strano rapporto di Adorno con Freud, che tra l'altro rassomiglia, curiosa
mente, a quello con Marx. A entrambi Adorno non ha dedicato che pa
gine occasionali, notazioni e aforismi, eppure non c' alcun dubbio che
essi siano due colonne portanti del pensiero dell'autore francofortense.
Aveva scritto Adorno che nella psicoanalisi non c' nient'altro di
vero che le sue esagerazioni 125 , e questa frase gli era stata pi volte rim
proverata. N altrove il rapporto con Freud pi sereno.
L'illuminismo non illuminato di Freud porta acqua al mulino dello scetticismo
borghese. Tardo nemico dell'ipocrisia, egli sta a met strada tra la volont di
Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 17.
Ibidem, p. 47.

98

CRITICA DEL NON VERO

un'aperta emancipazione degli oppressi, e l'apologi dell'aperta oppressione. La


ragione per lui una semplice sovrastruttura, e non tanto [...] per via del suo
psicologismo [...] quanto piuttosto perch rigetta lo scopo, senza significato e
senza ragione, solo in funzione e in vista del quale la ragione potrebbe dimostrarsi
razionale: il piacere. Se quest'ultimo svalutato e incluso tra gli espedienti della
conservazione della specie, e risolto cos, in qualche modo, in ragione astuta [...]
la ratio scade di colpo a razionalizzazione. La verit affidata alla relativit e gli
uomini al potere. Solo chi riuscisse a definire l'utopia nel cieco piacere fisico, che
non ha intenzione e anzi la placa, sarebbe in possesso di un'idea stabile e certa
della verit. Ma nell'opera di Freud si riproduce, contro la volont dell'autore, la
duplice ostilit contro il piacere e contro lo spirito, di cui la psicoanalisi ha sco
perto la comune radice. [...] ... quel non so che di vacuo e di meccanico che si
osserva in molti di coloro che sono stati sottoposti con successo all'analisi, non va
attribuito solo alla malattia, ma anche alla guarigione, che spezza ci che libera 126 .

questa probabilmente una delle pi semplici e cattive prese di


posizione verso Freud. Eppure i Minima moralia sono senz'altro, nel senso
letterale del termine, un testo (anche) di psicoanalisi freudiana. Moltissime
delle categorie che Adorno impiega per descrivere l'alienazione e la sua
storia, introiezione, identificazione, rimozione, sublimazione, dialettica
dell'istinto, etc., sono nella loro forza costitutiva freudiane. Ancora, i passi
che abbiamo gi utilizzato, sulla funzione di forza che le lacune, del testo
e dei pensieri, esercitano sul testo e sui pensieri, sono suggestioni psico
analitiche. L'impianto stesso dell'attacco a Freud, decisamente freudia
no. E allora?
Adorno pare voler separare la potenza critica e categoriale della psi
coanalisi dalla metodologia terapeutica, accusando questa seconda di aver
sottobanco introdotto delle finalit, bloccate, o meglio apologetiche, con
trarie o per lo meno estranee alla psicoanalisi.
Il celebre transfert, indispensabile alla terapia, e la cui risoluzione costituisce - non
per nulla - il punto cruciale dell'analisi, la situazione artificiale in cui il soggetto
operer - infaustamente e volontariamente - quell'annullamento di se stesso che
un tempo era prodotto, con felice spontaneit, dalla devozione e dall'affetto, gi
lo schema della condotta riflessa che, in forma di marcia agli ordini del capo,
liquida, insieme allo spirito, anche gli analisti che lo hanno tradito 12 '.

126 Ovviamente non si potr qui fare disamina della correttezza della ricezione
adorniana di Freud. Per quanto possa essere interessante capire quanto Adorno lo
conoscesse davvero, qui ci riguarda solo quanto egli crede di pensare in riferimento al
fondatore della psicoanalisi...
127 Ibidem, pp. 62-63.

MODELLI INTERPRETATIVI

99

Se il rigore, per Adorno, risiede nella autoriflessivit, ovvero nell'applicare a se stessi le proprie categorie, allora si tratta di far psicoanalisi
anche alla psicoanalisi, giacch essa , come tutti i pensieri, fondata sul
desiderio. I fatti incontrovertibili - crinale tra capacit euristica e dogma
tismo - sono, se util2zati come dati di fatto immediati, anch'essi una
proiezione e una paura. La psicoanalisi, come tutto il sapere, allora,
secondo Adorno formato da Freud, una formazione di compensazione,
spostamento e rimozione del terrore. La natura che essa scopre dipen
dente dalla natura delle categorie che impiega - altro semplice principio
ermeneutico - e quindi essa non scopre affatto la natura, perch non
affatto naturali sono le sue categorie; una certa mimesi con il modo col
quale le scienze fisiche e matematiche concepiscono se stesse anzich raf
forzare la psicoanalisi, le precluderebbe al contrario la possibilit di pene
trare in quella concezione, e non potendovi penetrare - seguendo le regole
che essa stessa ha scoperto - le introietta: poich anche le pi remote
oggettivazioni del pensiero traggono alimento dagli impulsi, il pensiero,
distruggendoli, distrugge la condizione di se stesso 128 . Ma c' anche
dell'altro. Secondo Adorno, il pensiero psicoanalitico prende per buone
non solo categorie ma anche giudizi borghesi, che significa di quella bor
ghesia europea del primo ventennio del Novecento 12q . Un esempio di ci
lo troviamo, per restare ai Minima moralia, nell'aforisma: Invito alla
danza. Lo schema della felicit , a detta di Adorno, elaborato sul com
plesso edipico. Lo psicoanalista affermer: un complesso edipico irrisol
to. Adorno si domanda, e allora? Il fatto che il progetto illuministico di
giungere finalmente a una societ dove le contraddizioni non siano sempre
le medesime, sia costruito dal fragile Io, utilizzando un ricordo che
probabilmente acquista molta della sua forza da un fantasma di felicit che
non mai esistita, non sminuisce affatto il valore del desiderio.
Come per molti altri pensatori borghesi, anche di Freud, Adorno
sostiene che fosse un radicale, giunto al limite possibile. Il problema ulti
mo quello della identificazione: Freud si sarebbe arrestato prima di
riconoscere l'influsso di entrambe le nature, non solo quella interna e
esterna, ma anche e soprattutto quella sociale. Adorno accetta e fa sua
128 Ibidem, p. 141.
129 Questa storicit per Adorno legata a quella dell'individuo e non semplice
mente a un problema di prospettiva; in modo non dissimile la pensava Marcuse, cfr.
H. Marcuse, Dae Veralten der Psychoanalyse. Versione tedesca di A. Schmidt della
conferenza Obsolescence of Psuchoanamysis, tenuta a New York nel 1963, ora in H.
Marcuse, Cultura e societ, Einaudi, Torino 1969, pp. 223-242.

100

CRITICA DEL NON VERO

l'idea secondo la quale la forma razionale che si apprende per sopravvive


re, resti poi a determinare il visibile e l'invisibile del mondo. Ma integra
la natura e l'eredit ben oltre l'inconscio individuale. L'individuo moder
no ancora pi sociale: comprende la storia della razionalit, la sua genesi
difensiva - e tuttavia l'origine non il senso, n lo scopo, n tanto meno
stabilisce il rango di una cosa. La manifestazione non identica alla causa,
non semplice effetto di essa:
l'espressione nega la realt, mettendole davanti ci che non le somiglia, ma non la
rinnega; e guarda in faccia il conflitto, che risulta ciecamente nel sintomo. Ci
che l'espressione ha in comune con la rimozione, che in essa l'impulso bloccato
dalla realt. A quell'impulso, e a tutto il complesso di esperienza a cui appartiene,
resta vietata la comunicazione immediata con l'oggetto. Come espressione, esso
perviene alla manifestazione non deformata di se stesso, e per ci anche della
resistenza, in una sorta di mimesi sensibile 130.

La mimesi sensibile , era nella Teoria estetica, il modello originario


dell'interpretazione e comprensione. Si deve quindi, a questo punto, pro
porre la mimesi e il ricordo come funzioni dell'interpretazione, e rimprove
rare a Freud, o ai suoi seguaci, di aver un'ennesima volta confuso l'origine
con la verit, l'inconscio con la verit? Di aver confuso la secondariet del
pensiero razionale con un buon motivo per sostenere il rafforzamento delle
difese erette dal principio di realt? L'aporia, scrive Adorno:
rimanda alla psicoanalisi in quanto tale. Da un lato essa considera la libido come
la vera realt psichica, la soddisfazione come positiva e il rifiuto come negativo,
perch porta alla malattia. Ma d'altro lato essa accetta la civilt, che determina
coattivamente il rifiuto, con un atteggiamento che se non addirittura acritico
tuttavia rassegnato. In nome del principio di realt essa giustifica i sacrifici psichici
dell'individuo, senza sottoporre lo stesso principio della realt a un esame razio
nale 131 .

Se in questo Freud in immenso vantaggio rispetto ai suoi avversar!


revisionisti:
la grandezza di Freud, come di tutti i pensatori borghesi radicali, consiste nel fatto
che egli lascia queste contraddizioni irrisolte, e disdegna di pretendere un'armonia
sistematica dove la cosa stessa internamente lacerata 132
Ibidem, p. 258.

Th.W. Adorno, Scritti sociologici, cit., p. 32.


Ibidem, pp. pp. 32-33.

MODELLI INTERPRETATIVI

101

tuttavia il rimprovero a Freud rimane; egli non avrebbe considerato come


la societ possa, senza essere ridotta a dimensione antropologica, entrare
a far parte violentemente del patrimonio gestito dalla mente. Le introiezio
ni, insomma, sono tanto contenutistiche quanto formali, nel senso che
quel che viene introiettato come forma semplicemente un contenuto che
le generazioni precedenti hanno internalizzato e rimosso come tale, e si
sono protette assumendo la forma di elaborazione del dato pi consona.
Ma dato che questa consonanza si scontra da un lato con i bisogni originari dell'uomo e dall'altro con le esigenze, altrettanto rigorose, di soprav
vivenza in questa societ, in molti casi stato necessario nascondere quel
che si era imparato.
L'Io assume consapevolmente al proprio servizio, come propria attrezzatura, l'uo
mo intero. Nel corso di questa ristrutturazione radicale l'Io come direttore della
produzione cede tanto di s all'io come strumento della produzione, da ridursi a
un astratto punto di riferimento: l'autoconservazione perde il suo s. Le qualit
[...] non fanno pi parte del soggetto, ma il soggetto si rivolge ad esse come al
proprio oggetto interno. Nella loro sconfinata docilit all'io, si sono estraniate da
esso; totalmente passive, cessano di alimentarlo. Questa la patogenesi sociale
della schizofrenia. La separazione delle qualit dal fondo istintivo come dal s che
le comanda, dove prima le teneva semplicemente insieme, fa che l'uomo paghi la
sua crescente organizzazione interna con una crescente disintegrazione 153 .

Dunque nelle funzioni dell'Io, la contraddizione della ratio assorbita


insieme alla morale viene pagata con la scissione dell'elemento che fu
unificante. Ancora nello scritto a difesa di Freud contro la Horney, Ador
no dichiara di credere in una duplicazione, per dir cos, della vecchia
triade freudiana tra Io, Es, e Superlo. L'Io, originariamente al servizio del
principio di realt, deve ora accettare di far le veci della realt sociale. Ma
questa, come insieme di norme e proibizioni, oggettivamente guardata e
rappresentata dalle istanze del Superlo. L'Io cos costretto a cedere una
parte del suo territorio a un giudice severo e punitivo, che confonde
principi morali e principio di realt. Disubbidire ai giudici sociali sentito
come un male, e esige una punizione. L'analisi o rinuncia all'adattamento,
oppure si trova nella sgradevole situazione di instaurare una nuova allean
za, non pi con l'Io, ma col rappresentante del principio sociale di realt:
il Superlo. Il bene e il vero, in una parodia della filosofia platonica, tor
nano ad essere la stessa cosa, ma in una realt che l'indice del falso, per
" 3 Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., pp. 280-81.

102

CRITICA DEL NON VERO

voler restare in termini rigorosamente freudiani, una realt che il risul


tato di una rimozione di cui da lungo morto il soggetto ma rimasto il
motivo. Cos:
il Superlo, l'istanza della coscienza, non mette solo davanti agli occhi del singolo
ci che socialmente vietato come se fosse il male in s, ma fonde irrazionalmente
l'antica paura della distruzione fisica con quella molto pi recente di non appar
tenere pi alla comunit sociale che circonda gli uomini al posto della natura 134 .

La funzione dell'Io diventa produzione di fantasmi da quanto la re


alt sottratta alla sua mediazione. I desideri, che venivano prodotti
mediando e trasfigurando le pulsioni, sono ricacciati nell'immaginario, e
viene buttata la mappa della loro posizione. L'Io diviene quasi una funzio
ne inconscia. Ma giacch necessario mantenere l'illusione della singola
rit - a questo stadio dello sviluppo del soggetto essa irrinunciabile socialmente si insiste sempre pi sulla psicologia dell'Io, e sempre pi gli
si addossano responsabilit. La motilit, come nel sogno, bloccata. E il
desiderio si fa allucinazione. Non c' pi nessuna possibilit di lavorare
per modificare il reale a favore dell'impulso dell'Es. L'individuo portato
a pensare di coincidere con i propri impulsi - come se il vero fosse l'in
conscio - non vedendo come l'Es sia il deposito dei desideri bloccati, che
per l'uomo sociale sono impulsi socialmente bloccati. Il deposito cos,
dove dovrebbe voltolarsi la calda bestiola dell'anima 135 , in effetti
l'espressione della manipolazione sociale. Quel che sembra pi a portata
di mano, l'intimo individuale, se espresso in questi termini, in realt il
pi comune e stereotipo prodotto della industria culturale. E ci il
risultato della situazione per la quale tanto pi il soggetto si sente debole
tanto maggiore il suo desiderio di identificarsi con qualcosa di stabile e
grande. Cos l'Io rinuncia a pensarsi come Io, l'istanza critica viene inibita,
e si instaura una preoccupante alleanza, che sempre stata sottintesa, fra
le pressioni sociali del Superlo e quelle dell'Es. Questi a sua volta deve
reinghiottire il desiderio di poter modificare il reale affinch corrisponda
al suo piacere, e farsi piacere i prodotti apprestati alla sua soddisfazione.
Deve contenere sia la sedimentazione delle vecchie funzioni dell'Io in
un'area non pi accessibile, sia quel che era il suo originario territorio. In
questo contesto scrive Adorno: il fatto che nessuna realt sociale possa
134 Th.W. Adorno, Scritti sociologici, cit., p.40.
155 S. Esenin, Pugacev. I versi citati si trovano cosi tradotti nell'edizione Einaudi,
Torino 1971.

MODELLI INTERPRETATIVI

103

essere pensata senza fare riferimento alla totalit [...] ma non traducibile
in alcuna immediatezza evidente e tangibile [...] conferisce ali 'interpretazione l'importanza che essa possiede in sociologia 136; tale interpretazione
fisionomica, essa esercita il criterio del dubbio su tutto quel che le si
presenta, comprese le proprie proiezioni. Indica la guida di questo sguar
do fisionomico il poietico:
questo elemento non letterale, ludico (secondo l'espressione di Nietzsche) defini
sce il concetto dell'interpretazione, che interpreta un essente rapportandolo a un
non essente. La mancanza di una completa letteralit testimonia la tesa non iden
tit di essenza e fenomeno 137

La logica di questa interpretazione simile a quella del linguaggio


musicale, dove la presenza avviene per tramite del tutto, ma il tutto non
la verit della presenza; mentre il luddismo ci riporta alla mente Vars
invenendi che, cos la defin Adorno, l'organo di senso della esatta
fantasia, a sua volta medium dell'interpretazione. Per, nonostante l'unio
ne di gioco e fantasia,
non per questo l'interpretazione arbitraria. La mediazione tra il fenomeno e il
suo contenuto bisognoso di interpretazione avviene attraverso la storia: ci che
dell'essenziale appare nel fenomeno ci attraverso cui esso diventato quello che
, ci che in esso stato represso e ci che, nel dolore del proprio indurimento, genera
quello che si sta appena formando. Su questo [...] si dirige lo sguardo della fisio-

Quel che appare appartenere all'ambito soggettivo, la fantasia, la


critica, il desiderio e via dicendo, rispetto a una realt falsa, rivendica
invece la verit obiettiva per la quale il mondo non avrebbe dovuto essere
cos. Mentre, al contrario, l'elemento oggettivo, l'essere cos e basta, un
prodotto del soggetto, nel quale esso non ha pi la possibilit di riconoscersi. Se la precedente citazione tratta dagli scritti di sociologia, il
modello ancora una volta quello artistico, nel saggio Bach difeso contro
i suoi ammiratori^ si legge che finch la musica ha bisogno di essere
interpretata, la sua legge formale consiste nella tensione tra l'essenza com-

Th.W. Adorno, Dialettica e positivismo in sociologia, cit., p. 44.


Ibidem, p. 47.
Ibidem, pp. 48-49. Corsivo mio.

Cfr. Th.W. Adorno, Prismi, cit., pp. 129-43.

104

CRITICA DEL NON VERO

positiva e l'apparenza sensibile. Ogni opera in realt un campo di for


za 14t). Come il saggio, essa deve rinunciare a mettere in scena il soggetto,
perch esso si ritirato e sopravvive solo nell'eccentrico. Il saggio [...]
la forma critica per eccellenza 141 - non si difende quel che sta scompa
rendo imitando la sua presenza, ma rintracciando le tracce della sua verit
- la sua libert nello scegliersi gli oggetti, la sua sovranit di fronte a tutte
le priorities di fattualit o teoria, derivano dal fatto che tutti gli oggetti
sono per esso alla stessa distanza dal centro 142 che non c' pi. La forma
saggio storicamente affine alla retorica perch si fortifica nei testi, e,
scrive Adorno, Benjamin l'ha praticata fino in fondo. Tutte le sue asser
zioni sono ugualmente vicine al centro. [...] Egli ottemper alla massima
deirEmbahnstrafie secondo la quale tutti i colpi decisivi oggi sono portati
con la mano sinistra, senza per questo recedere in nulla dalla verit 143 . La
retorica benjaminiana, che si affida al testo, ne , insomma, il modello
insuperato: il suo saggismo consiste nel trattare testi profani come se
fossero sacri. [...] La chiave di quelle figure enigmatiche perduta; deb
bono [...] "parlar esse stesse" 144 . E allora:
interpretazione, traduzione, critica sono gli schemi del suo pensiero [...] alcune
volte parl del suo metodo come di una parodia del metodo filologico. Anche qui
non disconoscibile un modello teologico [...] Tra le operazioni per secolarizzare
la teologia al fine di salvarla non l'ultima quella di considerare i testi profani
come se fossero sacri l45 .

La teologia s il discorso che Dio fa agli uomini, ma soprattutto


il rintracciare degli uomini, nel libro della natura e nel libro dello spirito,
secondo l'idea di Agostino, nei segni la traccia della speranza, nel minimo
passaggio la porta attraverso la quale ad ogni istante pu entrare il Messiah. una logica del sintomo-del-ricordo 146 . Anche Adorno concorda, e
per meno fiducioso corregge:
140 Th.W. Adorno, Prismi, cit., p. 167.
141 Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, p. 24.
142 Ibidem, p. 25.

145 Th.W. Adorno, Prismi, cit., p. 237.


144 Ibidem, p. 240.
145 Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. II, p. 249.
146 Per la questione del rapporto tra sintomo, memoria e desiderio, si pu con
sultare: R. Heyndels, Discontinuit et question du sens: quelques remarques sur Adorno
et Pascal, in AA.VV., Adorno, in Revue d'Esthtique, nuova serie, 1985, n. 8; oltre
al gi pi volte citato lavoro di Carchia, Sulla teora estetica di Adorno, per il rapporto
tra mimesi e memoria, dove la seconda fonderebbe la possibilit della prima.

MODELLI INTERPRETATIVI

105

il saggio si garantisce un terreno, seppur incerto, sul quale poggiare, cos come un
tempo faceva l'esegesi teologica delle scritture. Ma la sua tendenza opposta,
una tendenza critica: mettere i testi a confronto con il loro concetto enfatico, con
la verit che ognuno di essi, anche involontariamente, esprime. [...] Allo sguardo
del saggio la seconda natura acquista consapevolezza di s come prima natura 147 .

La dialettica che Adorno trovava arrestata in Freud, bloccata dalla


paura delle proprie conseguenze, viene rimessa in moto: da un lato ogni
testo sacro, indica cio oltre se stesso, dall'altro la fedelt a esso consiste
nel costringerlo a confessare quel che vorrebbe ma non pu: il proprio
impulso critico. Il medium di tale interrogatorio sono:
i passaggi scandalosi della retorica, dove l'associazione, la polivalenza dei termini,
l'omissione della sintesi logica rendevano facile il compito dell'ascoltatore - e - nel
saggio la suasivit della comunicazione [...] alienata dal suo fine originario, per
divenire pura determinazione dell'esposizione in s;

per questo il saggio lavora, per:


far capire insomma che ogni qual volta un termine connota alcunch di diverso,
il diverso non pi del tutto tale, per far capire che l'unit del termine indica una
unit, comunque nascosta, della cosa stessa. [...] Anche qui il saggio sfiora la logica
della musica, rigorosa arte di passaggi e tuttavia priva di concetti, per restituire al
linguaggio ci che la tirannide della logica discorsiva gli aveva tolto 148 .

Di nuovo il senso risiede nella storia, nel movimento dell'intera strut


tura sui propri cardini, senza che si possa a piacere sceglierne uno fisso.
Il mutamento di verit e di contenuto dei termini, vero e falso, index veri
e del falso. Secondo una logica, che la logica odierna sociale relega all'arte,
alla religione, e all'inconscio affettivo. Ma anche nell'affetto la filosofia si
ispessisce a esperienza affinch le si dischiuda la speranza 149 , e cos si
proteggono le verit filosofiche.
Ogni volta che si stava insieme con lui [con Benjamin] si ricostruiva una cosa
altrimenti morta senza la possibilit di recupero, la festa. Standogli vicini si aveva
la sensazione che ha il bambino nell'attimo in cui si apre uno spiraglio della stanza

147 Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, p. 26.


148 Ibidem, pp. 27-28.
149 Cfr. Th.W. Adorno, Prismi, cit., p. 247.

106

CRITICA DEL NON VERO

natalizia e un flusso di luce costringe l'occhio alle lagrime, pi commovente e pi


certo di quanto non sia tutto il chiarore che lo saluta quando il bimbo invitato
a entrare nella stanza. In Benjamin tutta la forza del pensiero si riuniva per pre
parare tali attimi e in essi soltanto trapassato quel che una volta veniva promesso
dagli insegnamenti della teologia 150.

Il richiamo non semplicemente un ricordo biografico. Qualcosa


della filosofia abbisogna dell'esperienza, senza la quale nessuna promessa
mantenuta. Nei Minima moralia avevano trovato l'oblio dell'obbligo, la
mattina perduta nel letto, come metafora del vero che sorge dal ricordo
- ma gli esempi potrebbero continuare per pagine. Il fatto che se la
logica del discorso non racchiude pi la possibilit di opporsi all'apparen
za reale, solo l'eccedenza dell'individuo - n soggetto n signore del reale
- pu scardinare le costellazioni irrigidite nella forma. E l'esperienza del
l'individuo un minimo, un passaggio minimo, qualcosa di espulso, ri
mosso. Un residuo, e dunque:
l'interprelazione non sequestra ci che trova considerandolo verit valida e tutta
via sa che non ci sarebbe verit senza la luce di cui segue le tracce nei testi. A ci
essa da il colore del lutto, del quale l'asserzione del senso non sospetta nulla e che
viene spasmodicamente negato da chi insiste su ci che ritiene faccia al caso 151 .

E questo colore del lutto - memoria dell'assenza - che deve essere


unito allo shock, all'attimo di stupore e di erotismo che, ad esempio, le
parole straniere, vecchie o in nuove costellazioni, possono procurare. Esse:
potrebbero conservare qualcosa di quell'utopia del linguaggio, di un linguaggio
senza terra, non legato alla signoria di ci che storicamente esiste, che vive incon
sapevolmente nel loro uso infantile. Disperate come teschi, le parole straniere
aspettano di venir destate in un ordine migliore 152 .

Ma tutte le parole che non siano parole d'ordine dell'ordine sociale


presente, sono parole straniere 153 . E del resto perch mai le parole
sarebbero indifferenti alla costruzione entro la quale vengono pronuncia
te? A proposito de Spren di Ernst Bloch, scrive Adorno:

150
151
152
153

Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. II, p. 257.


Ibidem, voi. I, p. 123.
Ibidem, voi. II, p. 211.
Ibidem, p. 219.

MODELLI INTERPRETATIVI

107

Le tracce discendono dall'indicibile dell'infanzia, che una volta diceva tutto. [...]
Ma l'adulto che ricorda tutto ci porter alla vittoria le pedine che a suo tempo
ha perso al gioco, senza tuttavia tradirne l'immagine alla ragione troppo adulta;
quasi ogni ermeneutica accoglie in s la spiegazione razionalistica e poi la strapazza
per bene. Le esperienze sono tanto poco esoteriche quanto ci che una volta
commuoveva nelle campane di Natale e che non si lascia mai completamente
cancellare: quel che ora e qui non pu essere tutto 154 .

La spiegazione razionalistica viene strapazzata perch l'interpretazione che non conservi le tracce del futuro attraverso le pedine del passato,
si appiattisce sul qui e ora come se qui e ora fosse il concreto. Cos le
opere d'arte non le si capisce come una lingua straniera [ma nemmeno
una lingua straniera si comprende come una lingua straniera, abbiamo
appena visto] o come concetti, giudizi e deduzioni della propria lingua
[...] piuttosto come una specie di rifacimento, come il ricompimento delle
tensioni sedimentate nell'opera 155 . A quest'idea di una mimesi come
interpretazione adeguata, quella che ricostruisce soggettivamente il pro
cesso oggettivo e immanente dell'oggetto, tempo di dar nome: esecuzio
ne 156, nel senso in cui: eseguire correttamente un dramma o un brano
musicale significa formularlo correttamente come problema 157 .
Nel libro Dissonanze 178, che cosa sia l'esecuzione viene spiegato pi
a fondo: eseguire significa ripetere, in s, l'opera di composizione delle
tensioni della costellazione, la loro parte che si sedimentata in forma,
cio in tradizione-contenuto, e la parte che sopravvive come contenuto
sociale latente, il carattere linguistico, cifrato, mosso dal non ancora, dal
materiale espulso sia dall'Io che dalla rappresentanza dell'inconscio. Ese
guire, identicamente al tradurre benjaminiano, significa interpretare, e
viceversa: l'interpretazione deve essere un'esecuzione. L'opera, la cosa,
non sono, come la verit, un possesso, un risultato che possa essere acqui-

154 Ibidem, pp. 220-21.


155 Ibidem, p. 113.
156 L'idea che il modello dell'interpretazione filosofica possa essere venuto a
Benjamin dal suo lavoro di traduttore e a Adorno dalla sua esperienza di esecutore
musicale, durante i loro colloqui invernali a Knigsberg, di Susan Buck-Morss, The
origin of negative dialectics, op. cit. Se ne pu trovare conferma nel testo di J. Ladmiral,
Dialectque negative de l'criture aphoristique, op. cit.
157 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 312.
158 Th.W. Adorno, Dissonanzen, Vandenhoeck & Ruprecht, Gttingen 1958, ed.
it. Dissonanze, a cura di G. Manzoni, Feltrinelli, Milano 1981, p. 191 e sgg.

108

CRITICA DEL NON VERO

stato una volta per tutte, una somma; ma un'esperienza da ripetere e da


confrontare con il proprio livello di coscienza, cos come Adorno scrisse
vanno confrontate nell'interpretazione le parole. Il sedimento esprime il
movimento solo come traccia, come indice. Si deve seguire l'indice ma
non confondere la traccia con la cosa, perch la cosa non una cosa ma
un rapporto.
Ci soccorre qui, paradigmaticamente, quanto scrive Adorno.
Interpretando il Finale di Partita non si pu [...] inseguire la chimera di
mediarne il senso per via filosofica: comprenderlo vuoi dire n pi n
meno comprenderne l'impossibilit 159; detto altrimenti: necessario fare
l'esperienza della incomprensibilit, attraverso la mutazione della forma in questo caso il pensiero - in contenuto;
il pensiero si trasforma [...] in una sorta di materia di secondo grado. [...] Beckett
[...] usa pensieri sans phrase come frasi, materiali parziali del monologue inttieur
nei quali lo spirito stesso si trasformato 160.

Il disgustoso dell'opera di Beckett non pu essere costretto in


filosofemi perch esso la parodia della filosofia vomitata fuori dai suoi
dialoghi, e del pari la parodia delle forme 161 . E la parodia non la si pu
interpretare: ogni tentativo di interpretazione rimane inevitabilmente in
arretrato rispetto a Beckett [...] La possibilit che un'interpretazione sia o
meno all'altezza di tutto questo potrebbe quasi diventare il criterio di una
filosofia futura 162 : la parodia non si lascia interpretare dalla filosofia,
perch essa il medium dell'interpretazione filosofica, e come tale pu
solo essere espressa tramite rappresentazione, teatro del pensare 163 .
Il linguaggio comunicativo postula [...] la tesi della ragion sufficiente. Ma questa
esigenza praticamente non viene pi soddisfatta: gli uomini, nel parlarsi, in parte
sono guidati dalla loro psicologia, in parte mirano a scopi che, in quanto intesi alla
pura e semplice autoconservazione, si allontanano dalFoggettivit che la forma
logica fa balenare. [...] Per Freud [...] la ratto della comunicazione verbale
sempre anche razionalizzazione. Ma la ratto stessa nata dall'interesse all'autocon-

Th.W. Adorno, Noie per la letteratura, cit., voi. I, p. 269.


Cfr. in proposito: R. Tiedemann, Begriff, Bild, Name, etc. cit., pp. 71-72.
Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, p. 270.
Ibidem, pp. 270-71.
Cfr. Ibidem.

MODELLI INTERPRETATIVI

109

servazione, e per questo ogni razionalizzazione coartata sta a dimostrare la sua


irrazionalit 164 .

Proprio come accade nell'analisi, la semplice enunciazione di una


interpretazione non costituisce la risoluzione della rimozione, e sempre di
pi l'analista si deve semmai preoccupare di rafforzare l'oblio piuttosto
che scatenare il ritorno del ricordo, pena una sofferenza ben maggiore da
quella prodotta dalla difesa. L'interpretazione operando l ricostruzione
del problema, purch venga sentito in una semi-mimesi come problema,
percorre lo stesso percorso della analisi, ma fa del suo stesso percorso
oggetto.
Nel saggio su Kafka questa connessione espressa nel modo pi
chiaro: ogni proposizione dice: interpretami, ma nessuna tollera l'interpretazione. Ciascuna, insieme con la reazione " cos", impone la doman
da: "Com' che lo so gi?" - che la tipica risposta, secondo Freud, della
interpretazione riuscita - e
attraverso la violenza con cui Kafka esige l'interpretazione [...] i suoi testi impli
cano che tra essi e la loro vittima non sussista una distanza stabile, e che essi
investano la dimensione affettiva del lettore a un punto tale che questi tema che
il raccontato si avventi su di lui 169 .

Ma non si tratta di una esperienza del lettore 166: questa aggressiva


vicinanza fisica mette fuori gioco l'abitudine del lettore a identificarsi coi
personaggi dei romanzi. [...] Fintante che non si trova la parola, il lettore
rimane colpevole 167 ; cos Adorno fornisce quella che gli pare essere la
regola per una interpretazione comprendente l'esperienza, che pure in

]M La differenza tra espressione e comunicazione fondamentale. La prima im


plica ovviamente la dimensione sociale, ma solo implicitamente, come latenza forma
le scriverebbe Adorno, il quale per la seconda invece intende l'espressione rivolta
all'altro, l'espressione che deve rendersi commensurabile e comprensibile all'esperienza
dell'altro.

Cfr. Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, pp. 293-94.
165 Cfr. Th.W. Adorno, Note per la letteratura, cit., voi. I, p. 251.
166 Quale, per esempio, quella teorizzata dalla cos detta Scuola di Costanza; Cfr.
H.R. Jauss, // testo poetico nel mutamento d'orizzonte della lettura, e W. Iser, La situa
zione attuale della teoria della letteratura. I concetti chiave e l'immaginario, entrambi in
AA.VV., Teoria della ricezione, a cura di R.C. Holub, Einaudi, Torino 1989. Cfr. anche
H.R. Jauss, Kleine Apologie der stbetischen Erfahrung, UniversittsVerlag, Konstanz
1972, tr. it. di C. Gentili, Apologi dell'esperienza estetica, Einaudi, Torino 1985.
167 Ibidem.

110

CRITICA DEL NON VERO

Kafka peggio che in Beckett pare essere proibita. Ci che appare proibi
tivo , invece, probabilmente solo confusamente avvertito come vicinissimo.
Una prima regola per evitare un trapasso immediato al significato troppo ovvio,
gi inteso dall'opera, potrebbe essere questa: prendere tutto alla lettera. [...] Sol
tanto la fedelt alla lettera, e non la comprensione di fini gi prefissati, potr prima
o poi aiutare. In un'opera letteraria che costantemente si oscura e si smentisce,
ogni enunciato determinato fa da contrappeso alla clausola generale
dell'indeterminatezza. Kafka ha cercato di sabotare questa regola... Ma il principio
della puntualit letterale, certo un ricordo dell'esegesi del Pentateuco nella tradi
zione ebraica, trova i suoi punti di appoggio in vari passi kafkiani - senza il suo
criterio - [...] il polisignificante si dissolverebbe fatalmente in indifferente,

ma questo indifferente non il carattere dell'inconscio, nel quale anzi al


contrario tutto essenziale e differentissimo;
Kafka prende i sogni alla lettera ed questo uno degli elementi pi efficaci che
provocano lo shock. Viene eliminato tutto ci che potrebbe scostarsi dal sogno e
dalla sua logica prelogica e proprio per questo risulta eliminato il sogno stesso.
Non lo spaventoso a provocare lo shock, bens la sua owiet. [...] Ma il lettore
deve comportarsi con Kafka come Kafka con i sogni. Deve cio insistere sui par
ticolari incommensurabili, e impenetrabili, sui punti ciechi. [...] Spesso i gesti
costituiscono un contrappunto alle parole: il prelinguistico, il preterintenzionale
da lo sgambetto alla polisignificanza, la quale come malattia ha corroso in Kafka
ogni significazione. [...] Simili comportamenti sono le tracce delle esperienze co
perte dal significare. Lo stato ultimo di un linguaggio che sgorga dalla bocca di
coloro che lo parlano. [...] Alle esperienze che si sono depositate nei gesti a un
certo punto seguir l'interpretazione, sar possibile riconoscere nella loro mimesi
un universale represso dal senso comune 168 .

Siamo davvero qui di fronte - n sorprende trattandosi di Adorno


che commenta Kafka - a molti temi dell'ermeneutica biblica. Anche qui
la fedelt alla lettera l'unica possibilit di far saltar fuori lo spirito; ma
di nuovo anche noi in questo caso dobbiamo sottrarci alla malia della
comunicazione. E procedere adagio. La fedelt alla lettera non opposta
alla mimesi dell'esperienza, anzi la condizione di essa, contro alla interpretazione totale - qualcosa come l'immediata ricognizione del significato

168 Questa, e le precedenti citazioni sono tutte tratte da: Th.W. Adorno, Prismi,
cit., pp. 252-55.

MODELLI INTERPRETATIVI

111

anagogico o metaforico - che mette fuori gioco l'esperienza per trapassare


immediatamente in teoria. Anche Kafka vuoi esser preso come testo sacro,
ma nel senso primo dei testi sacri: esperienza da ripetere. La letteralit
anche questo, che solo prendendo ogni cosa all'estremo questa mostrer
la necessit di venir mediata dall'altro. La via di mezzo uccide il rapporto,
non lo conserva. Mentre l'unit di shock e mimesi alla lettera porta alle
soglie del sogno. I materiali devono essere compressi nella differenza tra
parole e gesto, dacch la pura differenzialit delle parole viene al termine
corrosa da se stessa. L'immanenza, come un sortilegio, va spezzata dal di
dentro, altrimenti in una parodia dell'inveramento, si trasforma in trascendentalit. Ma per questo non si pu rintracciare il fondo ultimo nel sogno.
Dove tutto fosse ridotto alla logica prelogica del sogno, come nei testi
di Kafka, ogni cosa sarebbe infine indifferente contro la propria intenzio
ne; senza principio di realt non per questo il sogno diventa la realt. Esso
continua a essere padre del pensiero solo finch esiste il figlio suo. Di
fronte ad esso si tratta di comportarsi come Kafka, appellarsi al minimo,
ai punti ciechi. Essi sono le tracce materiali che la fantasia utilizzer per
costruire l'interpretazione dell'altro dal sogno. I gesti nei quali deposi
tata la memoria di quel che il senso comune - parola fin troppo gentile qui
- ha represso. Ma di cui, come nell'inconscio dove nulla viene distrutto
una volta per tutte, si conserva ricordo. Se ovvia l'obiezione secondo
cui [...] quelle esperienze non sarebbero altro che proiezioni casuali pri
vate e psicologiche 169, risponde Adorno che Kafka:
strappa la psicoanalisi alla psicologia. La stessa psicoanalisi, in quanto fa derivare
l'individuo da istinti amorfi e confusi, l'Io dall'Ex, gi in certo modo contraria
allo specificamente psicologico. La persona si trasforma da sostanza a un mero
principio di organizzazione di impulsi somatici. In Freud come in Kafka ci che
viene dall'anima non conta pi [...] [Kafka] si distingue da Freud [...] non per una
pi delicata spiritualit, bens per uno scetticismo ancora pi profondo, se possi
bile, nei confronti dell'io. La letteralit kafkiana atta a questo scopo 170.

La ulteriorit di Kafka consiste nel suo trasportare le leggi interpre


tative della psicoanalisi fuori dalla mente e dentro la realt stessa.
Quella di Kafka una potente capacit demolitrice. Egli lacera e abbatte la fac
ciata che cela l'enormit del dolore, facciata a cui sempre pi si adegua il controllo

169 Th.W. Adorno, Prismi, cit., p. 255.


17(1 Ibidem, p. 257.

112

CRITICA DEL NON VERO

razionale. Nella demolizione [...] egli non si attiene, come la psicologia, al sogget
to, bens penetra fino alla dimensione materiale, sino al meramente esistente, il
quale nel crollo pi completo della coscienza che cede, che rinuncia sempre pi
ad ogni autoaffermazione, si esibisce nel fondo soggettivo. [...] A questo rilassa
mento teso sino alla lacerazione quel che era metafora, significato, spirito, cade in
grembo immediatamente e inintenzionalmente come corpo spirituale. come se
la teoria filosofica dell'intuizione categoriale [...] venisse riconosciuta valida all'in
ferno. La monade senza finestre si rivela lanterna magica, madre di tutte le imma
gini 171 .

In questo Kafka, prosegue Adorno, da l'interpretazione letterale della


societ borghese. Il metaforico ha riconosciuto se stesso, ancora, e si
perso. La espressione della soggettivit cade nell'illibert di ogni pura
soggettivit. Cos come pura soggettivit l'apparenza di realt. Adorno
non si perita di affermare che Kafka rappresenta l'allegoria della rivoluzio
ne. Il primato della libert del soggetto non pu essere eseguito che
modificando le condizioni degli intrecci della materia, sui quali Kafka
applica la logica del minimo e dello scarto. L'altro di cui si va alla scoperta
non all'origine, semmai nella speranza alla fine. E cos come essa anche
l'interpretazione adorniana di Kafka si pone dal punto di vista della fine.
Questo saggio su Kafka fu scritto durante la seconda guerra mondia
le, lo sterminio nazista e l'emigrazione di Adorno, alla sua comprensione
e essenza quest'esperienza non estranea. Ma nemmeno l'esperienza a cui
si appella, il gesto prelinguistico, la mimesi, razionalmente disponibile,
cos come quella della filosofia dopo Auschwitz. Anzi, essa deve essere
faticosamente strappata alla doppia illusione di un Io intero e presente, e
a quella disperazione che accetta l'interpretazione come una presa d'atto.
Contro entrambe si propone l'interpretazione come richiesta di modifica
re la condizione che il testo rappresenta, nella legge formale, e materiale,
che mette in scena. Adorno pu comprendere Kafka attraverso un para
gone con Freud perch - pu sembrare strano dirlo - entrambi hanno a
oggetto il medesimo.

Ibidem, pp. 257-58.

CAPITOLO IV
LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

Cos tanto naturale all'uomo la logica, [...] essa la sua propria,


peculiare, natura stessa. [...] Cos si dovrebbe dire che il Logico sia
piuttosto il Soprannaturale, che in ogni comportamento naturale
dell'uomo, nel suo sentimento, intuizione, brama, bisogno e istinto,
penetra, facendone in generale qualcosa di umano.
G.W.F. Hegel '

Nella Teoria estetica sono frequenti le metafore scritturali. Cos le


spiega A. Baricco:
La prima peculiarit della scrittura appare [...] quella di darsi come segno privo
di significato. [...] Linguaggio non soggettivo e non significante, espressione obiet
tiva: l'ideale della scrittura sembra raccogliere l'aspirazione a rievocare il linguag
gio primitivo delle cose. [...] E tuttavia nulla mancherebbe tanto la comprensione
del tratto mimetico della scrittura quanto il ridurla ad un'immediata adesione al
pre-razionale della natura. La scrittura mimesi, ma mimesi necessariamente
mediata. [...] Essa non-significante, ma non lo sic et simpldter. lo in quanto
prodotto di un processo che accanto al momento della decadenza del significato
comprende quello della sua costruzione; il suo essere muta riporta, pi che alla
natura, alle antiche scritture di cui s' persa la chiave, [...] il loro silenzio tanto
poco immediato quanto furono innumerevoli i secoli che ci vollero a inventarne il
segreto e a dimenticarlo. [...] La scrittura sembrerebbe proporsi in suprema istan
za come un ritorno ad un'esperienza della verit originaria delle cose,

e dopo aver richiamato la teorizzazione benjaminiana conclude: ma tutto


ci la scrittura non realizza in vista di un'epifania dell'autenticit: essa non
rievoca la verit delle cose, rievoca piuttosto l'enigma di quelle, sottraendolo all'oblio 2 .
Dunque, il problema del rapporto tra mimesi, simbolo e segno, non
si pone all'interno di una prospettiva genealogica: secondo l'illusione per
1 G.W.F. Hegel, Wtssenschaft der Logik, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1969,
p. 20.

2 Cfr. A. Baricco, Scrittura, memoria, interpretazione. Appunti sulla teoria estetica


di Th.W. Adorno, in Rivista di Estetica, XXI, n. 9, 1981, pp. 96-109.

11^

CRITICA DEL NON VERO

la quale ci che pi antico sia perci stesso pi vero; non c' un Inizio
nel quale sia iscritto il Senso, il cominciamento non epifania del vero n
vertigine del nulla. La critica di Adorno, abbiamo visto, considera simili
tensioni filosofiche all'assoluto come rovesciamento non mediato, e quindi
identico, del nominalismo della societ borghese. Esso infatti mostra il suo
lato peggiore proprio nelle scienze sociali, dove l'assunzione della realt a
giudice unico, e del linguaggio a sistema di segni convenzionali e arbitrari
rischia di compromettere non solo la comprensione di quel che, in termini
ermeneutici, si chiamerebbe il contesto di precomprensione, ma anche il
senso dell'intero atto chiarificatore. Secondo Adorno il pensiero in s e
per s dialetticamente legato al suo Gegenstand in un intreccio di dominio
e liberazione dalla coazione del pensiero stesso.
Pensare - scrive - , gi in s, prima di ogni contenuto specifico, negare, resistenza
contro ci che viene imposto; il pensiero l'ha ereditata dal rapporto del lavoro con
il suo materiale:, che ne l'archetipo. [...] Violentando ci su cui esercita la sue
sintesi, il pensiero segue anche un potenziale [...] e ubbidisce senza coscienza
all'idea di risarcire i frammenti per ci che esso stesso ha compiuto; la filosofia
diventa cosciente di questo fatto inconsapevole. La speranza della conciliazione
accompagna il pensiero inconciliabile, poich la resistenza del pensiero contro il
meramente essente, l'imperiosa libert del soggetto, intende ottenere dall'oggetto
anche ci che esso ha perduto a causa della sua trasformazione in oggetto 3 .

Questo quanto Baricco chiamava l'oblio che il linguaggio in grado


di revocare: la negazione dell'essente anche attraverso la memoria della
storia della sua riduzione a essente, l'opposizione all'oggetto anche in
forza della dialettica tra concettuale e a-concettuale. Ma questo il pas
saggio - in termini adorniani - dalla funzione mimetico-simbolica a quella
segnica, che decide delle possibilit e del compito del linguaggio oggi.
Abbiamo visto, nella Dialettica dell'illuminismo le tappe della trasfor
mazione della funzione espressiva: dalla mimesi alla rievocazione sacerdo
tale di essa attraverso il simbolo - che gi instaura la scissione tra mani
polazione della natura e sua significazione - fino alla vera e propria pos
sibilit di conservazione e tradizione del sapere. Questa possibilit di
conservazione e tramandare l'effetto di una certa quantit di rimozione
e oblio la cui forza la forza stessa della forma in cui avvengono conser
vazione e tramandare. La dialettica che si instaura tra la rimozione di un
contenuto - che per questo diviene costrizione formale e quindi traman3 Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 18.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

115

dabile e tradizione - e la necessit, pi volte richiamata da Adorno di


sentire ovunque lo stile come contenuto, la negazione determinata di
quel percorso. Sentire la forma come contenuto non equivale quindi a
ricondurla alla sua origine, ma piuttosto a revocare l'oblio della sua for
mazione, a riportare alla coscienza che cosa una forma, e nel riconosci
mento della sua genesi sciogliere il carattere misterioso.
La rinuncia filosofica alla funzione simbolica, che incontrammo nel
saggio Die Aktualitt der Pbilosopkie, indica che tale possibilit interpre
tativa non si raggiunge immediatamente tramite la mimesi, ma piuttosto
che questa deve, come quella artistica, essere una mimesi seconda. Se nel
simbolo conservato il simboleggiato, il segno, attraverso la distanza,
raggiunge la meta del significato solo come risultato di una riflessione qualcosa di radicalmente opposto alla regressione. E regressione e rimo
zione sono, come sappiamo inscindibili. Per contro nel sistema di segni,
nella struttura del campo di forza delle parole e dei concetti 4 la interpretazione rassomiglia di pi a un risarcimento che alla costruzione di senso;
in accordo con l'impressione che il primo moto interpretativo sia la falsi
ficazione, collettiva e inconscia, dei rapporti, o come si esprime, poetica
mente, Bloch in accordo col fatto che:
la terra continua ad essere inabitabile per l'uomo, nonostante alcuni simboli del
l'approdo, che tuttavia non sono in grado di illuminare, se non per mezzo di sogni,
la porta vivente della semi-esistenza o la porta fatale della possibile non-esistenza.
Non si sono ancora incarnati n hanno conosciuto una prassi terrestre-sovraterrestre: in ogni caso, la terra inabitabile, insieme ad alcuni simboli di felicit, un
buon apprendistato per sogni realisti dietro la porta 5 .

La relazione tra interpretazione e senso, nella prassi filosofica di


Adorno si interseca con quella della coppia mimesi-differenza. In un passo
della Dialettica negativa si legge che: abbandonarsi all'oggetto [nel ten
tativo di comprenderlo] equivale a rendere giustizia ai suoi momenti qua
litativi; contro all'ideologia che, forte della convinzione che gli oggetti e
i soggetti siano due enti indipendenti, vorrebbe sottrarre il soggetto il pi
possibile dalla ricerca scientifica, Adorno ricorda che i momenti qualitativi
dell'oggetto sono mediati dal soggetto: esigono il soggetto intiero, non il

4 La distinzione adorniana tra Kraftfeld e Kostellation ampiamente trattata dal


gi citato libro di M. Jay, Th.W. Adorno.
5 E. Bloch, Spren, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1959. Edizione italiana a
cura di L. Boella, Tracce, Coliseum, Milano 1989, p. 164.

11(2

CRITICA DEL NON VERO

suo residuo trascendentale. Quanto pi vengono vietate sue reazioni in


quanto presunte soggettive, tanto pi determinazioni qualitative della cosa
sfuggono alla conoscenza 6 . E questo per un duplice motivo: innanzitutto
le reazioni soggettive, in quanto socialmente condizionate, non sono affat
to assolutamente individuali, ma anzi in esse si esprime proprio quel con
dizionamento. Ma in secondo luogo, e tanto pi quanto maggiore il
grado di eteronomia soggettiva, costitutivamente esse partecipano della
formazione dell'oggetto non meno che del soggetto stesso. In deciso
contrasto con il normale ideale di scienza, l'oggettivit della conoscenza
dialettica ha bisogno di pi, non di meno soggetto, altrimenti l'esperienza
filosofica si immiserisce 7 ; e tale oggettivit quella, prima ricordata, per
cui il pensiero per sua essenza negazione della realt. Tale negazione
affidata, pur fragilissima, al soggetto. Si potrebbe quasi dire: affidata al
soggetto perch esso l'unico ente irreale, e quindi il solo che possa, in
nome del possibile, opporsi al certo.
Questo momento di differenziazione soggettivo, non nel senso di
arbitrario, ma proprio perch del soggetto. L'ideale della differenzia
zione e qualificazione [...] non si riferisce solo ad una capacit individuale,
non indispensabile per l'oggetto. Esso riceve il suo impulso dalla cosa.
differenziato chi in essa e nel suo concetto riesce a distinguere ancora il
minimo^. Il suo postulato quello della capacit di esperienza dell'og
getto 9 che la capacit stessa di costituzione del soggetto. In essa: trova
riparo il momento mimetico della conoscenza U). All'interno del passaggio
dalla funzione simbolica, e quindi di prassi ravvicinata, alla funzione segnica, dove la capacit di successo misura del potere, la conoscenza si
esprime come unione di mimesi e concetto, e questo processo si riassume
come differenziazione. Essa contiene in s tanto la capacit di reazione
mimetica quanto l'organo logico 11 .
La necessit dell'interpretazione dipende, in qualche modo, dalla
necessit del pensiero. Il rapporto tra le due somiglia, in misura, a quello
tra concetto e il suo contenuto particolare. Se il pensiero si comporta
con i propri oggetti in modo tale da essere pi che accumulazione di
previsioni, esso ancora quel che veniva indicato da Hegel: una verit che
6 Th.W. Adorno, dialettica negativa, cit., p. 39.
7 Ibidem, p. 37.
8 Ibidem, pp. 39-40. Corsivo mio.
9 Ibidem, p. 40.
10 Ibidem.
11 Ibidem,

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

]_\~]

conservazione di esperienza. Ma questo ideale non pu essere consegui


to che a guisa di concetti. Senza di essi non c' la natura immediatamente
a disposizione, n chance di intersoggettivit; o meglio: proprio perch
l'intersoggettivit alla base della percezione della natura - della sua
costituzione - questa si trova nascosta dietro quella. Ma non un nascon
dimento che possa essere levato, nonostante le frequenti metafore di que
sto genere, come un velo. Togliere quel velo significherebbe abolizione del
soggetto, dietro del quale non sta in attesa l'origine delle cose, ma la
violenza della funzione. Essa non pu essere tolta con un atto di pensiero,
ma solo con una rivoluzione sociale 12 . La speranza del pensiero certo
proprio la revoca della violenza della funzione sui funzionanti - gli uomini
-, ma la realizzazione di questa speranza richiede il superamento della
filosofia: in questo Adorno pienamente e ortodossamente marxista. Mai
vien confusa l'interpretazione del mondo con il suo cambiamento. Per
questo la critica penetrante del relativismo, il paradigma della negazio
ne determinata 13 , perch dietro di esso fa capolino l'indifferenza che il
relativismo ostenta per la totalit come se l'indifferenza proteggesse dalla
totalit. Se una massima esiste in Adorno quella per la quale anche ci
che non si conosce n riconosce agisce sulla vita degli uomini, anzi forse
esso pi di tutto; di fronte alla totalit, che i sistemi idealisti ricercavano
come suggello del vero, si dovrebbe comportarsi esattamente come essi
sembravano esigere: mostrando come quel di cui si va in cerca sia il pi
prossimo e certo.
Alla coscienza dell'apparenza inerente alla totalit concettuale non resta altro che
spezzare l'apparente identit totale in modo immanente. [...] Poich per quella
totalit si costruisce secondo la logica, il cui nucleo il principio del terzo escluso,
tutto ci che non vi si piega, tutto il qualitativamente diverso, assume il marchio
della contraddizione. La contraddizione il non-identico sotto l'aspetto dell'iden
tit. [...] La dialettica la coscienza conseguente della non-identit 14 .

La impotenza del pensiero di fronte alla realt vera, poich il pen


siero impotente. La totalit che esso si trova ad affrontare totalit del
pensiero, nel duplice senso per cui tutto racchiuso in esso, e i suoi
concetti pretendono di racchiudere tutto il proprio contenuto; di fronte a
12
teorica
15
14

II tentativo filosofico di rimuovere l'alienazione per mezzo di una prospettiva


proprio quel che Adorno rimproverava all'esistenzialismo...
bidem, p. 34.
bidem, p. 5.

CRITICA DEL NON VERO

questo il pensiero non pu che cercare di spezzare, in forza propria, quel


che gli appare, ma solo appare, essere la sua forza. Ma l'impotenza del
pensiero anche falsa. Il suo motivo ha avuto convenienza e origine nella
sfera di separazione del pensiero dal lavoro, dove la negativit come
rimasta tutta attaccata al fare e, per nemesi, il pensiero ne rimasto spo
gliato. Quanto pi esso si messo al servizio della divisione sociale del
lavoro, tanto pi il movente - sottilissimo confine tra desiderio e paura gli si scomparso. E rimane ora solo, appunto, come desiderio che non
si sa giustificare. per questo che Adorno insiste tanto sulla parte di
esagerazione, di gioco, di preconcetto e fantasia che inerisce al pensiero
per come esse dovrebbe poter essere. Ed vero che questa ancora una
posizione illuminista che esige l'interpretazione della realt nella coscienza
che essa, da s, non sia tutta la realt. Come a dire che il pensiero se non
portavoce solo del proprio dominio necessariamente pensiero della
mediazione, e dunque irrimediabilmente legato alla mediazione in s, al
l'autocritica se si vuole, insomma: alla dialettica. Ma se non c' pi il
momento della Aufhebung, il rapporto tra il processo e i suoi momenti, del
quale stiamo osservando l'aspetto interpretativo, quel che Adorno chiam
dialettica negativa, deve spiegare com' possibile fare a meno della cate
goria della totalit, o meglio: quale dialettica si muove all'interno di una
totalit reale ma falsa.

VERIT, PROCESSO E IMMAGINAZIONE. LA LETTURA DI HEGEL


La lettura adorniana di Hegel il luogo dove si pu vedere lo svilup
po della filosofia critica dal ceppo della dialettica fenomenologica. Non ci
interessa tanto l'interpretazione di Hegel, ma gli spiragli che in questa si
aprono per un aggiornamento della dialettica. Con il vantaggio, non se
condario, rispetto a Dialettica negativa, di una miglior comprensibilit, di
una semplicit maggiore. Vediamo.
Mediazione [...] non significa mai, in Hegel, [...] qualcosa di mezzo
fra gli estremi, perch la mediazione si raggiunge attraverso il passaggio fra
gli estremi stessi come tali; questo l'aspetto radicale in Hegel, incompa
tibile con ogni moderatismo 15 . Questo commento introduttivo vale an
che come guida per l'interpretazione stessa che Adorno conduce. Do-

15 Th.W. Adorno, Tre studi su Hegel, cit., p. 37.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

H9

vremmo qui fare come suggerisce Althusser a proposito della 'dialettica'


marxiana: trascurare la sostanza storica di quel che Hegel abbia o non
abbia effettivamente scritto e pensato, per concentrarci sulla effettiva pras
si di Adorno interprete. Egli riconosce che non solo non esiste fonda
mento al pensiero ma anche che:
non c' neppure costituente, non ci sono condizioni produttive dello spirito, fuori
dall'astrazione compiuta da effettivi soggetti; e quindi compiuta da un non mera
mente soggettivo, da un mondo - nel senso che - un Io che non fosse pi, in
nessun senso, Io e quindi facesse a meno di ogni riferimento alla coscienza indi
viduata e con ci, necessariamente, alla persona spazio-temporale, sarebbe un non
senso; non solo sospeso nel vuoto e cos indeterminabile come Hegel ebbe a
rinfacciare al suo controconcetto, all'essere; ma anche come Io, come per l'appun
to mediato alla coscienza, non sarebbe pi neppure afferrabile. L'analisi dell'asso
luto soggetto deve riconoscere la irriducibilit di un momento empirico, di non
identit 16 .

Questo non significa affatto sostenere che il soggetto sieda sereno


presso di s, signore del territorio e controllore del pensiero. Al contrario:
la difficolt a riconoscere che un semplice portatore 1 ' sempre qualcosa
di pi di un semplice portatore, sta proprio in questo: nel fatto che l'esi
stenza individuale appare quasi come un residuo empirico, del tutto su
perfluo alla costruzione. Ma pure senza questo riconoscimento, si ottiene
l'effetto per cui la verit, che pure riguarda il singolo esistente, da lui
indifferente, separata: in qualche misura verit assoluta - ab saluta - e
pura. vero che per l'interpretazione necessaria dapprima una certa
quantit di distanza 18, ma quel che vale qui serve in generale a ogni interpretazione, compresa quella che cerca di rimettere il soggetto al suo giusto
posto. Tra le molte possibile, forse la pi stringata esposizione del proble
ma, si trova nel saggio Su soggetto e oggetto.
Soggetto pu riferirsi tanto al singolo individuo quanto a determinazioni univer
sali. [...] L'equivocit in questione non eliminabile sic et simpliciter mediante una
mera chiarificazione terminologica. Questo per il fatto che i due significati hanno
reciprocamente bisogno uno dell'altro 19.
16 Ibidem, pp. 38 e 47.
17 Trger, in tedesco sono gli individui-supporto delle funzione sociali della pro
duzione.
18 Cfr. Th.W. Adorno, Parole chiave. Modelli critici, cit., p. 167.
19 Th.W. Adorno, Soggetto e oggetto, in Paorle chiave, cit., pp. 211-31. La citazio
ne a p. 211.

120

CRITICA DEL NON VERO

E Adorno prosegue spiegando:


in un certo senso cio i concetti di soggetto e oggetto, anzi ci a cui sono riferiti,
hanno la priorit su ogni definizione. [...] Di qui la resistenza che soggetto e
oggetto oppongono alla definizione. [...] La riflessione che nella terminologia filosofica va sotto il nome di intentio obliqua, il controriferimento da parte di
quell'ambiguo concetto di oggetto a un non meno ambiguo concetto di soggetto.
La seconda riflessione riflette la prima... La scissione tra soggetto e oggetto nel
contempo reale ed apparente. vera, perch nell'ambito della conoscenza dell'ef
fettiva scissione, della dissociazione della condizione umana, da espressione a un
che di necessariamente divenuto; falsa, perch la scissione, risultato di un processo
in divenire, non dev'essere ipostatizzata 20.

Fino a qui tutto semplice; pi che questione di ricercare il rapporto


tra concetti si tratta di riconoscere come i nomi indichino posizioni di
funzione che mutano e che tuttavia si ripresentano a ogni conoscenza.
L'indicazione a non ipostatizzare la scissione viene immediatamente circo
scritta:
la scissione diventa ideologia, addirittura la sua forma normale, non appena sia
fissata senza mediazione. [...] L'immagine di una condizione temporalmente o
extratemporalmente originaria di felice identit di soggetto e oggetto [...] roman
tica; in certi momenti stata la proiezione del desiderio, oggi soltanto una
menzogna. L'inseparabilit, prima che il soggetto si costituisse, era il terrore del
contesto naturale cieco, era il mito 21 .

E del resto Adorno avverte: l'inseparabilit non unit. Insomma, la


scissione una scissione che essa stessa avvenuta nell'ambito del sogget
to. Come ogni altra revoca, anche questa non pu avere il suo pertugio
nella regressione. La funzione dell'Io deve essere conservata ma separan
dola il pi possibile dalla miseria cui la riduce l'aggressione sociale. Si
intende cosi che cosa Adorno voglia evitare specificando il valore del
primato dell'oggetto:
priorit dell'oggetto significa [...] che il soggetto [...] dal canto suo oggetto,
come l'oggetto, dal momento che di fatto viene conosciuto non altrimenti che
mediante la coscienza, anche soggetto. [...] La mediazione si riferisce al mediato.
Ma il soggetto, il concetto portante della mediazione, il come, e mai, in quanto
contrapposto all'oggetto, il quid che viene postulato da ogni rappresentazione

211 Ibidem, p. 213.


2 Ibidem.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

121

concepibile derivante dal concetto di soggetto. Il soggetto potenzialmente [...] pu


essere pensato indipendentemente dall'oggettivit; ma non si pu fare altrettanto
per la soggettivit rispetto all'oggetto. [...] La priorit dell'oggetto Vntentio
obliqua dell'intendo obliqua 22 .

questione di qualcosa di simile ad una 'semiotica sociologica' 23 :


problema del superamento - per una volta nella classica accezione hege
liana - del realismo ingenuo. Si deve render ragione sia dell'esistenza degli
oggetti solo come oggetti a noi (il che vale anche ovviamente per i
soggetti, soggetto compreso), sia dell'esperienza inevitabile nella quale gli
oggetti mostrano tutta la loro indipendenza da noi.
Perch l'oggetto diventa qualcosa unicamente in quanto determinato. Nelle
determinazioni che apparentemente gli conferisce solo il soggetto, s'impone la sua
propria oggettivit. [...] Viceversa il presunto oggetto puro, esente dall'ingrediente
del pensiero e dell'intuizione, proprio il riflesso dell'astratta soggettivit: solo
essa eguaglia a s l'altro mediante l'astrazione. L'oggetto di un'esperienza integra,
a differenza del sostrato privo di intenzioni [...], pi obiettivo di quel sostrato.
[...] La sua eredit per toccata in sorte ad una critica dell'esperienza che ne
raggiunge la condizionatezza storica, e in definitiva sociale. Perch la societ
immanente all'esperienza non allo gbnos. Solo l'autocoscienza sociale della cono
scenza la fa pervenire alla sua oggettivit. [...] La critica della societ critica della
conoscenza, e viceversa 24 .

L'esperienza dell'oggetto, ma anche del testo come oggetto, richiede


un primato del testo che tuttavia possibile solo come critica della societ,
ovvero, principiamente e individualmente, come critica che consenta
l'esperienza della societ. Se una certa quantit di astrazione in esso, e
nulla pu il soggetto (il ricettore o l'autore) per aumentarla o diminuirla,
perch essa corrisponde alle determinazioni sociali espresse in quel testo
e, in generale, determinanti la forma e la formazione dei testi. Il principio
dialettico fondamentale dell'estetica di Adorno - che i rapporti sociali si
traducano in arte come contenuto formale - vale anche in sede di gnose
ologia o, detto ancor pi chiaro, vale anche come principio dialettico della
critica dell'ideologico. All'interno dell'esperienza individuale delle forme,
si richiama l'esperienza non individuale, proprio perch quella sociale

22 Ibidem, p. 218.
21 Cfr. P. Zima, Adorno et la crine du langagc: pour une critque de la parataxis, in
<Revue d'Esthtique, nuova serie, 1985, n. 8.
24 Th.W. Adorno, Soggetto e oggetto, in Pelarle chiave, cit., pp. 218-19.

J22

CRITICA DEL NON VERO

come questa. Eppure al suo interno, come critica, presente il momento


soggettivo. Proprio come in Hegel, il negativo individuale; ma'la positi
vit lungi dall'essere quel che deve instaurarsi alla fine del processo, , in
ogni singolo momento astratto, tutta in atto. Ma questa totalit, che regna,
come si esprime Adorno, merc la menzogna, non tutto. Quel che sfugge
ad essa non attuale, sebbene abbia partecipato dell'attualit: se il prin
cipio di realt di realt sociale 25 , l'oggettivit che si raggiunge con la
sua acccttazione non pu essere altro che quella del prodotto sociale, della
produzione socialmente organizzata, il cui primato si manifesta nella stra
na parodia per la quale si deve passare per un massimo di soggettivit per
arrivare all'oggetto. questa l'identit di critica della conoscenza e critica
della societ. Ma il processo di interpretazione del suo movimento, il
modello (scriveva Adorno nel citato saggio Die Aktualitdt der Philosophie)
della conoscenza tout court, perch anche in essa si tratterebbe di raggiun
gere l'oggettivit. Anche in essa l'eliminazione del soggetto non contribu
isce alla obiettivit ma piuttosto alla liberazione dal negativo resistente.
Non perch il soggetto, nel mito religioso della lettura 26, disponga dell'interpretazione - ma al contrario: perch esso una disposizione dell'interpretazione. Dell'ideologia che appronta, per tutti, la realt sociale entro
la quale viene percepito, si fa esperienza tanto del sociale quanto del
naturale. Anche per l'interpretazione la critica della societ critica dell'interpretazione, e viceversa.
Che cosa comporta questo nella lettura filosofica delle opere? ed in
particolare in Hegel? forse sostituire ad ogni parola un corrispettivo socio
logico? Certamente no, ma allora: qual la chiave del significato dei testi
hegeliani? Scrive Adorno:
nella cerchia dei grandi filosofi Hegel certo l'unico nel cui caso non si sa, alla
lettera, e neppure si pu convenientemente decidere di che cosa mai si stia discor
rendo; e nel cui caso anche la possibilit eli una tale decisione non ha documentabilit. [...] Solo la fantasia esatta [...] arriver, senza ricorrere a forzature, a
illuminare 2 '.

il momento individuale la chiave tramite le quale si pu aprire il


senso del testo hegeliano; ma questo accade in dirczione contraria al sog25 Cfr. F. Jameson, Late marxism. Adorno and th Persistence of th Dialectic,
Verso, London 1990. In particolare le pp. 23-82 e 97-140.
26 Cfr. L. Althusser, Leggere il Capitale, op. cit.
27 Th.W. Adorno, Tre studi su Hegel, cit., pp. 135-36.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

123

gettivismo - anche al soggettivismo senza soggetto dello strutturalismo


psicoanalitico -, accade poich l'oscurit di Hegel Verwandlung ins
Gebilde: trasmutazione in forma di una oscurit della forma sociale che
non intelligibile a se stessa. L'individuale allora da interpretare nella
misura in cui riflette in s i rapporti sociali; ovvero sia quando ne espres
sione, e si tratter allora di critica all'ideologia, sia quando la riflessione
essa stessa critica, e deve compiere l'atto dialettico di rivolgersi anche
contro se stessa, di comprendere se stessa come fenomeno della totalit.
questo un processo interpretativo, ma del tutto particolare, perch rivol
to a un oggetto del quale non garantita da nessun Dio, in anticipo, la
chance teorica di una esatta decisione. Esatta fantasia e esatta decisione sul
senso sono, come gi accennammo, cose distinte. Questo ha certamente
un suo motivo nel fatto che, nella dialettica, non solo verit e interpretazione non sono separabili 28 , ma soprattutto l'interpretazione e il risulta
to sono dei processi: l'atto ermeneutico avviene comunque a priori del
l'esperienza per il soggetto empirico, che solo nel rifletterlo - e quindi
nella critica dialettica - pu portarlo a trasparenza. perch l'esperienza
sempre mediata che la mediazione diviene non una tra le scelte possibili
ma l'unica conoscenza. Essa non rincorre cose in s ma il processo delle
cose; e non si contenta di svelare che non esiste nulla di immediato tra
ciclo e terra, ma vuole afferrare il processo, cio la cosa per come insie
me alla negativit che riposa in essa. Per usare una metafora si potrebbe
dire che il processo un mostro dormiente da destare. Ma l'afferrabilit
di un processo, al contrario di quanto accade nelle scienze empiriche della
natura, secondo Adorno, strettamente dipendente dall'esperienza effet
tiva del processo. Non ci sono esperimenti possibili, la partecipazione del
soggetto parte dell'oggetto, cio del processo-oggetto come di quello
soggetto, e della loro relazione. Cosi anche nella lettura non ci sono scor
ciatoie; l'esperienza del pensiero va ripetuta, e il circolo ermeneutico da
legge gnoseologica si intreccia alla critica della societ. Cos quando Ador
no argomenta che:
non si deve procedere, sorvolando sui passaggi nei quali rimane in sospeso di che
cosa essi trattino; ma la loro struttura di senso si dovrebbe derivare dal contenuto
della filosofia hegeliana. Il carattere dell'essere sospeso le intrinseco, in accordo
con la dottrina che il vero non lo si afferra in nessuna tesi particolare, in nessun
enunciato definitivamente positivo. In Hegel la forma commisurata a questa sua

Ibidem, pp. Ile sgg.

CRITICA DEL NON VERO

12^

intenzione. Niente si lascia comprendere isolatamente, tutto solo nell'intero; con


la penosa difficolt che l'intero ha di nuovo la sua vita unicamente in quella dei
suoi singoli momenti 29 ;

intende dire che il rapporto tra le parti ed il tutto comprende non solo le
parti ed il tutto del testo ma soprattutto le parti ed il tutto sociali delle
quali il testo una parte; la dialettica insomma cos attenta al testo - la
penetrazione del quale si protrae fino alle sue strutture formali - che
l'esperienza che fa di esso e il suo concetto - come nella pi classica
dialettica della Fenomenologia dello spirito - le fanno sorgere all'interno
del testo stesso le determinazioni non testuali.
Una dialettica non bloccata allora incompatibile con il testualismo.
L'interpretazione dialettica riconosce l'importanza del formalismo ma
come eclettica della forma, non affatto come esaurimento del senso. La
dialettica dei minimi passaggi pi realista del re, tanto minima da
riuscire a passare attraverso le maglie strette che vorrebbero trattenere
sempre e solo all'interno dell'universo testuale. Il processo del testo, i suoi
passaggi, sono stretti tra il carattere discontinuo dell'esposizione linguisti
ca e quello processuale continuo del vero che si tratterebbe di afferrare.
Alcune frasi allora dovranno essere lette non per il loro contenuto mani
festo, ma come specie di retoriche funzionali, qualcosa a met strada tra
il passaggio minimo strutturale e la funzione concettuale. E non sono
affatto rari i tentativi adorniani di spiegare questa metonimicit della fe
nomenologia dialettica, facendo riferimento proprio alla musica; esperien
za, del resto, non rara n esoterica. Per comprendere la tesi kantiana del
noumeno, ad esempio, probabilmente irrinunciabile capire prima il suo
valore di posizione all'interno della costruzione gnoseologica della critica
della ragione, e non solo il contenuto che sotto quel concetto dovrebbe
cadere. E questo modo di intendere piuttosto vicino, per un verso,
proprio alla struttura del linguaggio, dove il valore delle parole ha due
facce: una, per dir cos, di etichetta, e un'altra di valore posizionale 30. Ma
29 Ibidem, p. 137.
50 Interessante sarebbe, su questo punto, una riflessione sulle tesi esposte da
Wittgenstein nelle Ricerche filosofiche. Proprio nell'esempio del gioco linguistico in
atto nella costruzione di una casa, si vede chiaramente come esso rimandi a elementi
non linguistici in senso stretto. La funzione denominatrice del linguaggio, insieme con
quella antropologko-trascendentale, sono in relazione al costruire; come nel celebre
esempio marxiano, anche qui, persino il peggior architetto migliore dell'ape, perch
almeno uno dei due giocatori deve avere in mente altro oltre al gioco affinch il gioco
riesca.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

125

Adorno ha in mente qualche cosa di pi: non solo la strettoia espressiva


di un linguaggio che appare discontinuo di fronte al suo proprio contenu
to che discontinuo non , o ma di una discontinuit affatto differente,
a rendere processuale la verit, e inafferrabile in contenuto di certe pro
posizioni. L'espressione della verit non pu rinunciare del tutto al mo
mento mimetico, non solo perch questo costitutivo della sua esperienza,
ma anche perch l'esposizione, la rappresentazione del vero, in parte
mimesi del carattere di questo 31 . Lo , cio, come trasformazione. Dire
che il vero processo non significa, insomma, solo identificare essenza e
divenire (Wesen ist was gewesen ist, scrive Hegel), ma anche rivendicare
il carattere processuale dell'espressione del vero. Cos come nella realt
non c' un punto che sia il perno e l'origine di tutto, anche nel pensiero,
o nello scrivere, non ci si deve affidare al singolo giudizio, ma comporre
la costellazione del vero.
Questa necessit rende finalmente chiaro il continuo richiedere la
partecipazione dell'esperienza individuale al processo interpretativo, al
fine di renderlo fruttuoso per la comprensione. Scrive per esempio Ador
no che:
nel caso di questo concetto [la produktive Einbildungskraft kantiana] dovete sem
plicemente cercare di rappresentarvi realmente qualcosa, di dargli un contenuto
concreto. [...] In genere la regola fondamentale per capire la filosofia di non
accontentarsi solo di comprendere il valore di posizione dei concetti all'interno di
un pensiero i2 .

Allora si deve dunque seguire il significato dato dal valore di posizio


ne della categoria, come scritto negli studi su Hegel, e, al contempo, stare
in guardia dal farsi trascinare nella moda di sostituire ovunque al conte
nuto il valore di posizione, come se la filosofia fosse un gioco di simula
zione? N l'uno n l'altro.
Di fronte a qualsiasi concetto filosofco - dove penso ai difficili testi hegeliani della
Fenomenologia e della grande Logica - dovete [...] cercare di rappresentarvi con
cretamente ogni discussione concettuale, per quanto astratta e difficile possa ap
parire. Interpretare la filosofa significa sempre non limitarsi solo a chiarire il
valore di posizione nel contesto deduttivo o induttivo, ma cercare anche di rap51 Per la partecipazione del mimetico al vero cfr. il saggio Aspetti della filosofia
hegeliana, contenuto nel gi citato Tre studi su Hegel, dove si tratta del rapporto tra
imitazione, ideologia e mimesi, tra filosofia e costituzione sociale.
52 Th.W. Adorno, Terminologia filolofica, cit., voi. I, p. 261.

CRITICA DEL NON VERO

presentarsi in modo veramente evidente lo stato di fatto che oggetto della discus
sione.

E dopo aver citato Husserl, conclude chiarendo ancora:


se leggete La riproduzione dell'immaginazione o se sentite parlare di noi, del
nostro pensiero o della nostra coscienza, dovete cercare di dare un contenuto
concreto a questi termini, di rappresentarvi qualcosa".

Attesa, memoria, desiderio e rappresentazione del contenuto, sono le


condizioni dell'interpretazione. Ma che rapporto tra la necessit di affer
rare il valore di posizione e quella di rappresentarsi ovunque, per ogni
concetto, qualcosa di concreto? Detto chiaro: che rapporto tra valore di
posizione ed esperienza? Vediamo un esempio; nella critica musicale
Adorno parla di verit o falsit di una certa forma e successione. Bene,
non si pu sostenere che i rivolti che aprono il secondo movimento della
sonata per pianoforte 111 di Beethoven, ad esempio, siano in s veri o falsi
- dire che un accordo di do maggiore con un sol basso sia falso un vero
non senso. Eppure esiste la possibilit, per contro, di dimostrare come
quella precisa soluzione formale beethoveniana sia la risoluzione giusta del
problema costituito dal consumarsi dell'uso degli accordi rivoltati nel
l'opera sinfonica, della quale la sonata 111 insieme punto di massima
differenziazione e rassomiglianza. Ora, non tanto questione di fornire
quella dimostrazione, sulla cui correttezza si potrebbe discutere a lungo;
il fatto che di fronte a un problema esiste qualcosa che pu essere giusto
o sbagliato, mentre l'espressione e la comunicazione non possono dirsi
tali, se non a patto di concepirsi anch'esse riferite a un problema, un
enigma. Ma, ed qui che la cosa si complica, nell'ambito delle interpretazioni filosofiche, cio critiche, l'atto della comprensione e quello della
critica, l'afferramento dell'espressione e il giudizio critico, sono insepara
bili; infatti:
in genere falsa la concezione [...] che la critica debba istituirsi in secondo grado
sulla base di ci che si inteso. La filosofia ha il suo adempimento nella perma
nente disgiunzione del vero e del falso. L'atto del capire si compie nel medesimo
momento e con ci stesso virtualmente anche critica di ci che da intendersi }4 .

33 Ibidem, pp. 261-62.


34 Th.W. Adorno, Tre studi su Hegel, cit., p. 197.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

127

E dunque se non sono separabili come si disgiunge il vero dal


falso? L'inseparabilit di comprensione e giudizio, richiama quella tra
comprensione del valore di posizione e rappresentazione del contenuto
d'esperienza. Ad ogni istante sono da tenere in considerazione - scrive
Adorno - due massime apparentemente irriducibili: quella di un minuzio
so calarsi nella cosa e quella di un libero distanziarsene 51 , mentre chi
leggendo Hegel sostituisce la trasparenza del singolo momento con la
determinazione del valore di posizione del dettaglio nel sistema, rinuncia
gi a capire con rigore 36. Una fedelt che si tenga immanente alla inten
zione di Hegel richiede [...] che per capirlo si completi o si sorpassi ad
dirittura il testo, ovvero:
non serve a nulla meditare su singole formulazioni criptiche. [...] meglio [...]
ricostruire i contesti di situazioni che continuamente stanno dinanzi a Hegel,
anche quando la sua formulazione se ne distacca. Pi importante di ci che egli
aveva in mente ci di cui parla; dal programma si deve ricostruire la situazione
di fatto e impostare il problema per procedere a pensarvi in modo indipendente.
[...] - il segreto del metodo filosofico presumibile che sia tutto qui; che intendere
e risolvere un problema siano lo stesso - allora anche l'intenzione di Hegel si
chiarisce, sia che ci che egli pensava cripticamente ora si disveli da s, sia che le
sue considerazioni si articolino attraverso le loro stesse omissioni ".

Il problema d'esperienza e il valore di posizione, servono, devono


servire, quindi da indicatori di quale sia la domanda a cui l'autore da
risposta, e che, per forza di cosa, nella risposta dileguata; a seconda di
come si dispongono i termini concettuali di un problema si ottiene la
risposta. Proprio come nei saggi degli anni Trenta 3X ritorna adesso la
relazione tra problema e risposta. Da un lato l'impostazione la compren
sione, ma attraverso di questa si compie una nuova riflessione, una intentio obliqua dell'intentio obliqua, perch la comprensione coincide con l'at
to del giudizio. Quel che resta la cicatrice del problema, con la sua
parte morta e insieme alla viva, cio quel che non stato sciolto ma solo
rimosso e nascosto. Ed precisamente la parte viva a cui ci si riferisce
chiedendo che l'oggettivit venga conservata nella soggettivit e non no
nostante essa. Quanto scrisse Heidegger nell'analitica esistenziale dell'Esserci, vale anche per la filosofia di Adorno: senza soggettivit concreta,
"
56
57
58

Ibidem, p. 141.
Ibidem, p. 142.
Ibidem, pp. 181-82.
In particolare Cfr. Th.W. Adorno, Die Aktualitdt der Philosophie, op. cit.

128

CRITICA DEL NON VERO

ontica e esistentiva, non c' prospettiva di accesso neppure al problema


ontologico, giacch questo, per paradossale che paia, creato da quella:
ci che viene per secondo determina l'importanza e il valore di ci che
per primo.
L'interprelazione deve rendere ragione di questa inversione. Ed essa
nascosta come pura inversione linguistica. La necessit di stare tra la
totalit della funzione concettuale, la sua forma, e la particolarit del
l'esperienza, del contenuto che bisogna assegnare ad ogni proposizione,
completandola e andando oltre di essa, tale doppio dovere, , per Adorno,
reso possibile dalla paradossale struttura del linguaggio: ... ogni linguag
gio filosofico un antilinguaggio, contrassegnato dal marchio della pro
pria impossibilit 39 . Riferendosi al linguaggio come comunicazione e
espressione, dunque, la filosofia ha come possibilit solo quella antilingui
stica. Anche qui si chiarisce il problema per differenza.
La sentenza di Wittgenstein: Si deve tacere di ci di cui non si pu parlare
schiettamente antifilosofica. [...] La filosofa potrebbe definirsi, sempre che sia
definibile, come sforzo di dire ci di cui non si pu parlare 40 ;

e tale sforzo una lotta contro il linguaggio, in qualche modo, e attraverso


di esso. La chiarezza, e la distinzione, non sono peculiarit del linguaggio,
piuttosto oscura coscienza, cio ideologia nel senso in cui Adorno scrisse
che l'ideologia contiene il vero, dei limiti linguistici contro i quali deve
procedere la riflessione sul linguaggio per eccellenza - secondo il Nostro
in filosofia:
la richiesta di chiarezza s'impiglia nel linguaggio, poich il linguaggio delle parole
non consente propriamente chiarezza [...], linguisticamente la chiarezza ugual
mente in dipendenza dalla posizione del pensiero rispetto all'oggettivit; in
quanto si lascia dire come chiaro, senza residui, solo ci che vero 41 - e quin
di - propriamente si pu comprendere filosoficamente solo ci che vero. Rea
lizzare il giudizio in cui si comprende, coincide con la decisione sul vero e sul
falso 42 ;

59 Ibidem, p. 147.
40 Th.W. Adorno, Tre studi su Hegel, cit., p. 148.
La citazione di Wittgenstein tratta dal Tractatus Logico-philosophicus, cit., p.
285.
41 Ibidem, p. 151.
42 Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 56.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

129

e infine ancora: il linguaggio stesso, che un indice del vero, indice del
falso 43 , come nella Dialettica negativa:
per essere feconda la filosofia si getta a fona perdu negli oggetti. La vertigine che
ne deriva un index veri, lo shock dell'aperto, la negativit, quale essa appare
necessariamente nel previsto e nel costante, non verit solo per il non vero 44 .

Accostando citazioni, tratte alternativamente da Dialettica negativa e


dai Tre studi su Hegel, non solo si verifica che quanto scritto nei secondi
non sia relativo alla questione linguistica solo per come essa si presenta nei
testi di Hegel, ma anche e soprattutto si evidenzia meglio l'elemento non
linguistico. Esso , per Adorno, inscindibile dal linguaggio ma non iden
tico. Il paradosso rimane intatto: la verit mediata dal linguaggio - non
solo epistemologicamente o gnoseologicamente - poich la realt stessa
mediata dal linguaggio. Ma Adorno si rifiuta al riconoscimento di qualsiasi
primato al medium sul mediato. Il linguaggio indice del vero e del falso
perch solo attraverso di esso che la dialettica, come arte del tener
fermo il concetto, pu esercitarsi. Ovvero l'unico medium della nega
tivit nei confronti del reale. Ma non esso stesso n l'una n l'altro.
Scrive Adorno 45 che la dialettica tien fermo il concetto rispetto al variare
di quanto sotto di esso contenuto, per poter alfine comprendere, cio
decidere, se l'errore stia, volta per volta, dalla parte dell'immobile o del
variato. Lo stesso invita a fare per la comprensione della filosofia: andare
alla ricerca delle invarianti terminologiche per scoprire quale movimento
di pensiero stia sotto di esse, giacch il loro ritornare non mai l'eterno
ritorno dell'identico. I due movimenti qui prospettati, quello della critica
e quello della comprensione, sono simmetrici e speculari. In essi il linguag
gio ha la sua parte poich conserva sia il fisso che il mobile; il fisso grazie
alla reificazione che il concetto di identit conferisce alle parole, il mobile
a causa del variare del valore di posizione e del significato, a seconda del
contesto e della costellazione nei quali si incontrano i termini.
Tuttavia la forma del problema non ha solo queste tre dimensioni. Il
linguaggio scisso, per Adorno, anche nella sua funzione espressiva e
comunicativa, cosi che:

Th.W. Adorno, Tre studi su Hegel, cit., p. 151.


Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 30.
Cfr. Th.W. Adorno, Tre studi su Hegel, cit. pp. Ile sgg. e 199 e sgg.

130

CRITICA DEL NON VERO

meglio di ogni altro si toglierebbe dall'imbarazzo un linguaggio filosofico che


mirasse all'intendersi senza scambiarlo con la chiarezza. Il linguaggio come espres
sione della cosa non finisce nella comunicazione - esso per - non [...] indipen
dente dalla comunicazione. [...] Il linguaggio come espressione della cosa e il
linguaggio come partecipazione sono inscindibilmente intrecciati. [...] Anche il
comportamento linguistico pi integro non pu eliminare l'antagonismo di in s
e per altro. [...] Il momento della universalit, senza il quale nessun linguaggio
sarebbe tale, vulnera inevitabilmente la piena determinatezza del particolare che
esso vuole appunto determinare nella sua costituzione di fatto. Il correttivo lo
sforzo, per quanto sempre irriconoscibile, a intendersi. Questo rimane come polo
opposto alla pura oggettivit linguistica. Solo nella tensione dei due poli si rag
giunge la piena verit dell'espressione 46 .

Comunicazione e espressione sono i due poli anche dell'atto interpre


tativo. In uno l'autore congela il linguaggio attraverso la propria esperien
za a un grado massimo di espressione, ma la riconversione alla comunica
zione, che l'ermeneutica dovrebbe garantire, deve sciogliere e nel contem
po conservare non l'intenzione ma la sostanza dell'espressione. E la so
stanza dell'espressione deve essere, di nuovo, la cosa. Ma essa costituita
anche dal vissuto, per prendere a prestito da un ambito diverso questa
espressione, del soggetto. Per questo, non per intendere l'ermeneutica
come ricostruzione psicologica o storico-ideologica della soggettivit,
Adorno chiede che l'interezza dell'oggetto sia salvaguardata attraverso un
di pi, e non un di meno di soggettivit. La cosa sociale, e sociale
significa: mediata dal soggetto, che a sua volta determinato dall'ambito
sociale, fin nella propria esperienza, nella forma e nelle strutture della
propria esperienza. Un modello interpretativo che togliesse la soggettivit,
non avrebbe in mano la cosa stessa, ma solo il residuo sociale ineliminabile
dal fatto che pensare significa sempre comunque pensare qualcosa 4 '. Non
si deve cercare di comprendere che cosa avesse in mente Hegel, scrive
Adorno, ma che cosa scritto nei suoi testi: giacch quel che fu in mente
a Hegel ben di pi di quel che Hegel aveva in mente. Di esso parteci-

46 Ibidem, pp. 152-53.


47 Cfr. Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 31.
La quesione trova, tuttavia, la sua trattazione in Th.W. Adorno, Metacritica alla
gnoseologia, op. cit. Si possono consultare in proposito i seguenti studi critici: F. Dallmayr, Phenomenology and Criticai Theory: Adorno, in Cultural Hermeneutics, voi.
Ili, 1976; U. Galeazzi, Kant e Husserl nei primi lavori filosofici di Adorno, in Rivista
di filosofia neoscolastica, 1983, pp. 263-87; C. Pettazzi, La fase trascendentale del
pensiero di Th.W. Adorno: Cornelius, in Rivista critica di storia della filosofa, 1977,
pp. 436-49.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

13 \

pano motivi sociali - forme e nascondimenti, in misura preponderante


oscuri all'autore. La misura preponderante esige che si vada oltre il
testo e lo si completi, mentre l'oscurit si pu leggere solo attraverso i
vuoti del testo.
qui da tener presente che i vuoti del testo, che abbiamo gi cercato
di evidenziare come elementi oscuri d'esperienza leggendo i Minima moralia, e come residui mimetici nella Dialettica dell'illuminismo, sono diver
si dai vuoti del linguaggio stesso. I primi vengono conservati, sono possi
bili, grazie ai secondi, ma n sono l'unica conseguenza, n costituiscono il
punto di approdo. I vuoti del concetto sono i momenti qualitativi indivi
duali che il concetto, per essere identificazione, deve sopprimere. Al con
trario quelli del testo indicano la peculiare cristallizzazione della funzione
concettuale in un dato momento storico, col suo intreccio sociale specifico
e determinato. Ad esempio, nel testo Materialismo e morale^*, Horkheimer
ricostruisce la genesi del senso critico morale a partire dall'evoluzione
della funzione della tradizione nel Medioevo. Non ci interessa qui la cor
rettezza di tale analisi, quanto piuttosto rilevare che esiste differenza tra la
differenza di quel che Kant pensava sotto il concetto di interesse e di
volere morale e quel che effettivamente giaceva in tale scissione (secondo
Horkheimer il problema dell'armonia prestabilita di egoismi, proprio del
capitalismo coevo a Kant), e il fatto che la parola sola interesse riunisce
sotto di s momenti qualitativi diversi, che possono emergere solo in co
stellazioni variate, fino al limite di una per ogni individuo. Non solo ma,
secondo Adorno, di fronte a tali costellazioni abbiamo raggiunto solo il
valore espressivo della cosa. Per arrivare fino al suo proprio contenuto
necessario - obbligo simmetrico e opposto - fare la verifica dei nomi 49 ,
dare, si direbbe in linguaggio ingenuo, ad ogni cosa il suo giusto nome,
ovvero affrontare l'operazione dialettica di una esperienza non immiserita
ma ancora collegata al desiderio. E questa l'operazione interpretativa cri
tica, la identit di comprensione e giudizio.
Senza la funzione universale del concetto non sarebbe possibile cri
ticare il reale, ma tale funzione gi, in una qualche misura, una soppres
sione di caratteristiche individuali del reale. E ancora: senza desiderio non

4* M. Horkheimer, Kritische Theorie. Eine Dokumentation, voi. I, Fischer Verlag,


Frankfurt a. M. 1968; ed. it. Teoria critica, trad. G. Backhaus, Einaudi, Torino 1974.
Il saggio in questione si trova alle pp. 71-109.
49 Operazione metaforicamente analoga a quella suggerita da F. Fortini, Verifica
dei poteri, Einaudi, Torino 1989, pp. 215-219.

132

CRITICA DEL NON VERO

sarebbe possibile la decisione di tener fermo il concetto e tentare di cam


biare il reale, ma seguendo il solo desiderio si rischia di identificare pen
siero e reale prima che essi siano giunti a una qualsiasi sorta di relazione.
Il desiderio genesi del concetto. Avevamo gi trovata questa affermazio
ne (nei Minima moralid) l dove Adorno rivendicava la produttivit delle
lacune del testo, la forza che le soppressioni davano alla capacit di
esprimere della cosa l'essenziale. Vediamo adesso come tale intreccio si
dipani in esigenze precise nell'uso della funzione linguistica, dalla com
prensione della quale dipende l'atto interpretativo. Scrive Adorno:
lo sforzo del sensorium linguistico, verso la pregnanza molto pi grande di quello
che si richiede a tener ferme le definizioni meccaniche. [...] Quel procedimento
poi anche insufficiente. Le parole infatti, nelle lingue empiriche, non sono affatto
puri nomi, ma sempre anche thesei, prodotti di coscienza soggettiva. [...] Il lin
guaggio filosofico non ha qui altro rimedio che adoperare quelle parole, le quali
se fossero usate alla lettera come nomi dovrebbero fallire, con una cautela tale da
ottenere che attraverso il loro valore di posizione si possa diminuire quella arbi
trariet;

concludendo che:
un corretto comportamento linguistico potrebbe paragonarsi al modo col quale un
emigrato impara una lingua straniera. Sotto la spinta della necessit e dell'impa
zienza egli pu, piuttosto che adoperare il dizionario, leggere tutto quanto gli sia
accessibile. Molti termini si esplicheranno gi nel contesto, ma avvolti ancora a
lungo da una cortina di indeterminatezza tollereranno equivocazioni anche ridico
le, fino a che per la ricchezza delle combinazioni nelle quali appaiono finiranno col
chiarire i loro equivoci; e meglio di quanto consentirebbe il dizionario, nel quale
gi solo la scelta dei sinonimi affetta da tutta la limitatezza e indifferenzialit
linguistica del lessicografo 50 .

Questa dichiarazione spiega bene che cosa Adorno intenda per il


significato delle parole. E anche in che modo le costellazioni rendano la
loro parte ad esso. Ci sarebbe da aggiungere tutta la parte extratestuale di
esse, ma quel che qui interessa notare che Adorno, seppur sotto excusatio di una metafora, propone come modello del 'giusto' apprendimento
linguistico quello della lingua non madre. La cosa davvero sorprendente,
e tanto pi se si considera l'uso che della propria lingua fece Adorno 51 , e

Th.W. Adorno, Tre studi su Hegel, cit., pp. 153-54.


Cfr. M. Jay, Th.W. Adorno, op. cit., et passim.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

133

la sua ritrosia a esprimersi in inglese. Nei Minima moralia con gli stessi
identici argomenti, si giungeva a sostenere che l'emigrato, quand'anche
utilizzi la sua lingua madre, sempre minorato dal fatto di vivere in un
paese dove non si parla quella lingua. E allora?
Che cosa ha l'apprendimento di una lingua straniera che non invece
posseduto dalla lingua madre? Adorno scrisse un saggio sull'unico scrit
tore europeo moderno che decise di non esprimersi nella propria lingua
madre: Beckett^2 . In esso si sostiene che nessun linguaggio pu sbarazzarsi
del tutto del suo elemento semantico per divenire puramente mimetico o
pura catena di significanti. I valori mimetici, scrive Adorno, una volta
separati a forza da quelli semantici cadono preda dell'arbitrio e poi, anco
ra, di un nuovo tipo di convenzione, essa stessa a sua volta portatrice di
una semantica. La soluzione beckettiana differente. Anzich cercare di
seguire il flusso di pensiero-linguaggio senza darsi pena di afferrarlo, nella
pura rappresentazione di esso, Beckett sceglie la poesia di un linguaggio
che nega il linguaggio 53 - ovvero la trasformazione dell'elemento seman
tico nello strumento della propria assurdit. Ma che cosa fa preferire la
lingua straniera appresa non tramite dizionario? Anche nella lingua madre
ci sono costellazioni, semantica, sintassi, valori di posizione, elementi
mimetici, e via dicendo. Anche le parole della lingua madre, anzi esse di
pi forse, conservano tutta la memoria della lingua. In esse si notano
meglio le sfumature e la musicalit, anch'essa tanto cara e spesso portata
a modello da Adorno. Ma le due cose non sono in opposizione.
La filosofia si rappresenta il comportamento del bambino [...] con l'antropomor
fismo dell'adulto. [...] Ci che al bambino da da fare piuttosto il suo rapporto
con le parole, che si appropria con uno sforzo quasi non pi immaginabile in
un'et successiva. [...] Egli vuole rendersi conto del significato delle parole, e
l'occuparsi di esse [...] gli fa afferrare il rapporto tra parola e cosa. Potr annoiare
la madre con il penoso problema, perch la panca si chiama panca. La sua inge
nuit non ingenua. [...] Il senso delle parole e il loro contenuto di verit, la loro
posizione rispetto all'oggettivit non sono ancora nettamente distinti: sapere che
cosa significa la parola panca e cos' realmente una panca [...] si equivale. [...]
Heidegger ha dalla sua parte il fatto che non c' nessun in s senza linguaggio, che
quindi la lingua nella verit, non questa in quella come qualcosa di meramente

'2 In effetti non proprio vero che Beckett sia l'unico - per citare solo un altro:
Canetti - ma certo un esempio paradigmatico perch la scelta non ha relazioni con
necessit esteriori.

" Th.W. Adorno, Tentativo di capire il Finale di partita, in Note per la lettera
tura, voi. II, cit., p. 292.

134

CRITICA DEL NON VERO

denotato dalla lingua. Tuttavia il contributo costitutivo della lingua alla verit non
ne fonda l'identit. La forza della lingua si verifica in quanto nella riflessione
espressione e cosa si diversificano. La lingua diventa istanza di verit solo con la
coscienza della non identit dell'espressione con il denotato. Heidegger si nega a
tale riflessione, si ferma dopo il primo passo della dialettica della filosofia del
linguaggio. Il suo pensiero restaurazione anche nel senso che tramite un rituale
del nominare vorrebbe ristabilire il potere del nome. Ma [...] con la secolarizza
zione i soggetti hanno sottratto alle lingue secolarizzate i nomi, e l'oggettivit del
linguaggio richiede la loro intransigenza, non una confidenza filosofica in Dio. Il
linguaggio pi che segno soltanto grazie alla sua forza significativa, quando
possiede ci che intende nel modo pi preciso e serrato 54 .

La secolarizzazione di cui parla Adorno, ha svolto qui sul serio


quel che viene prospettato come vantaggio della lingua straniera: ha di
sgiunto natura e linguaggio. L'irruzione della distanza proprio ci che si
rimprovera a Heidegger di non aver voluto vedere. Il potere (Gewalt] del
nominare era generato dall'unione naturale di nome e cosa, naturale e
cio: divino. Tutto linguaggio, ammette Adorno, ma il linguaggio non
tutto. Questo ben pi di un chiasme ironico. E il segreto del realismo
di Adorno, che lo rende, nonostante ogni sforzo, non assimilabile alle
filosofie ermeneutiche di origine heideggeriana. La lingua straniera appre
sa senza dizionario ha il merito di un esperimento mentale, come li chia
mava Piaget, unico e quasi irripetibile. Possedendo una lingua possibile
registrare l'esperienza dell'apprendimento di una lingua. Possedendo il
linguaggio possibile avere coscienza dell'esperienza dell'apprendimento
del linguaggio. Cosa che non fu possibile la prima volta perch la prima
volta non c'era soggettivit che potesse registrare l'esperienza che ha isti
tuito la soggettivit. Ma questo non significa che il linguaggio sia la sog
gettivit. N viceversa. L'esperimento/esperienza rompe l'incantesimo del
soggetto e del linguaggio. Al primo ricorda che la sua stessa coscienza non
gli appartiene a-dialetticamente, ma al secondo riporta la sua posizione di
thesei. Non solo ogni lingua storica, ma lo , abbiamo intravisto anche
nella Dialettica dell'illuminismo, il linguaggio stesso. Certo oltre di esso si
cade probabilmente nella preistoria. Ma la preistoria non un nulla. E del
resto Freud, e dopo di lui altri e altre, hanno mostrato come neppure la
preistoria dell'individuo sia nulla. Adorno richiede che il comportamento
linguistico abbia verso se stesso un atteggiamento di distanza e insieme si
54 Th.W. Adorno, Dialettica negativa, eh., pp. 99-100. significativo il fatto che
questo paragrafo abbia come titolo Das kindliche Frage. Purtroppo nell'edizione
italiana i titoli dei paragrafi sono misteriosamente scomparsi.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

135

getti del tutto entro la cosa. La prescrizione appare paradossale, ma vedia


mo come si possa esplicare nell'atto della lettura, ritornando agli studi su
Hegel.
All'inizio del terzo saggio Adorno scrive che Hegel sarebbe l'autore
nei cui testi non possibile decidere, nemmeno in linea di principio, quale
sia il senso di certe frasi, n a priori se esse ne abbiamo uno. Sono prosegue Adorno -, la Grande logica e la Fenomenologia, dei quasi testi,
anzi la Grande logica non lo pi. Per essi vale come paradigma universale
del pensiero quel che quasi letteralmente in altro luogo l'essenza della
comprensione musicale, qui e l:
il tempo articolabile solo attraverso le distinzioni del noto e non ancora noto di
ci che stato e del nuovo; il procedere ha a condizione una coscienza che scorre
all'indietro. Si deve conoscere per intero una frase, certificarsi in ogni istante
retrospettivamente di quanto preceduto. I singoli passaggi sono da ritenersi
conseguenza di questo; occorre realizzare il senso della rammemorazione declinan
te, sentire ci che riappare non come corrispondenza architettonica bens come un
divenuto che si impone per forza propria".

Ed ecco allora come si deve leggere Hegel:


L'esperienza soggettiva solo il guscio di quella filosofica, la quale matura al di
sotto e poi lo getta via. [...] Hegel lo si deve leggere di contrasto, anche di maniera
che ogni operazione logica, per quanto si presenti come puramente formale, venga
addotta al suo nucleo di esperienza. L'equivalente di tale esperienza nel lettore
l'immaginazione. Se questi volesse meramente constatare che cosa significhi un
passo, o addirittura inseguire la chimera di indovinare che cosa mai l'autore abbia
voluto dire, gli si volatizzerebbe il contenuto della cui certezza filosofica egli va
perdutamente in cerca. Nessuno pu estrarre da Hegel pi di quanto vi immetta. Il
processo di intendere la progressiva autocorrezione di simili proiezioni attraverso
il confronto con ci che sta scritto. La cosa stessa contiene, come legge della sua
forma, l'aspettativa di una fantasia produttiva nel lettore. Proprio nella frattura fra
esperienza e concetto deve inserirsi il comprendere. Dove i concetti si costituiscono
ad apparato indipendente [...] qui che bisogna riportarli ali'esperienza spirituale che
li ha motivati: occorre rivitalizzarli quanto essi vorrebbero e invece non possono.
[...] Si pu leggere Hegel solo associativamente. Ci di cui si deve fare il tentativo
di lasciare che ad ogni passo del testo entrino nel giro tante possibilit dell'inten
zionato, tante relazioni ad altro, quante sono quelle che si affollano e premono. La
prestazione della fantasia produttiva consiste, non da ultimo, in questo 56 .

" Th.W. Adorno, Tre studi su Hegel, cit., p. 188.


56 Ibidem, pp. 190-93. Corsivi miei.

CRITICA DEL NON VERO

Con questo abbiamo di nuovo toccato il paradosso nevralgico della


lettura: all'universale si accede solo tramite l'esperienza individuale. La
fantasia produttiva - che gi trovammo come medium, ars inveniendi per
la soluzione del carattere di enigma, nel testo del 1931 - ritorna qui: si
ritrova in Hegel solo ci che vi si immette. Il comprendere deve inserirsi
nella frattura fra esperienza e concetto, ma per poter far ci necessario
che il concetto possa restare per un attimo come qualcosa di fermo, e
questo accade nel linguaggio. E al contempo l'esperienza deve essere
imitata; non nel senso ingenuo di far finta che, ma pi profondamente.
Le invarianti del testo di Hegel, compito paradossale chiama Adorno il
loro rinvenimento, sono l'appiglio entro il quale possibile leggere la
forma dell'esperienza che si va compiendo. Il confronto tra la dialettica
concetto/esperienza del testo e l'esperienza della lettura di quel testo. Ma
essa stessa non separabile dalla memoria, non solo del testo, ma dell'in
tero soggetto - intero: anima, corpo e demone - che di fronte al testo.
Non c' bisogno di eliminare il soggetto per detronizzare il soggetto asso
luto. Tale critica ha gi pensato la realt a compierla. La chance dell'inter
pretazione deve raccoglierla per ricostruire anche il 'testo' di essa, e non
per darsene un principio. Perch nella differenza tra l'esperienza della
lettura - triade di concetto esperienza e riflessione - e l'esperienza del
lettore - cosciente e incosciente - nulla che sia non-vero si lascia capire.
Cos ci che non si capisce fa saltare il sistema 57 . Ecco la funzione delle
lacune: aprire ali' a- concettuale tramite concetti senza renderselo identi
co. Ma questo pu essere fatto solo nella doppia lettura del testo. Doppia
lettura che dialettica in quanto assegna alla fantasia dell'interpretazione
di far emergere tutte le differenze tra cosa e testo grazie alla, seppur
relativa, fissit che il linguaggio garantisce al testo. pur vero che tale
dialettica si instaura anche tra testo e testo, per dir cos, da soli. Ma solo
alla presenza del negativo, cio del desiderio dell'individuo.

LA MEMORIA DEL GIOCO E IL DOLORE DEL RICORDO

Abbiamo visto che la dialettica negativa pu risolvere il problema


della totalit grazie a quel particolare genere di riassunto della totalit che
l'individuo Trger del capitalismo, e che tale risoluzione in bilico tra

57 Ibidem, p. 199.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

137

la funzione negatrice del pensiero, manifestantesi nel linguaggio, e l'imma


nenza del testo. Si dovr adesso render ragione di questa facolt dell'in
dividuale mostrando come memoria e ricordo siano il terminus a quo del
pensiero critico.
La metafora del gioco, strettamente connessa a quella di costellazio
ne, in Adorno, come in due suoi celebri contemporanei, Gadamer e
Feyerabend 58 , presente in funzione polemica: contro il dominio totale
del metodo la filosofia contiene, in funzione correttiva, il momento del
gioco, che la tradizione della sua scientifizzazione vorrebbe eliminare del
tutto 19. C' una componente antikantiana - ben analizzata, per esempio,
da Habermas 60 - in questa opposizione. Il metodo, se cos si pu ancora
chiamare, determinato dalla verit dell'oggetto. Se questa si pone come
negazione della falsa apparenza della sua identit, il metodo sar determi
nato dalla negazione della falsa identit, sar, in ultima istanza, una nega
zione determinata. Questa categoria hegeliana viene accettata da Adorno
come l'eredit centrale del pensiero del filosofo della dialettica, mentre il
punto di distanza dettato dal rifiuto a una soluzione gerarchica della
negazione. Quel che in Hegel si organizza a sapere assoluto deve rimanere,
secondo Adorno, a uno stadio precedente: semi-smontato nella forma
paratattica. Tale situazione, simile alla dialettica in stato di quiete proposta
da Benjamin, non solo evita di porre in gerarchla concetti e cose secondo
determinazioni che appartengano solo al soggetto, ma di per se stessa,
come semplice cifra stilistica, si oppone alla realt nella quale mediante il
principio di scambio degli equivalenti, ogni ente viene gerarchizzato in
base alle leggi dello scambio.
Nel Saggio come forma, abbiamo visto come veniva presentato lo stile
paratattico; se la filosofia vuole sfuggire all'effetto di apologi non deve
soggiacere all'illusione che il reale sia rappresentabile sotto forma di siste
ma. Poich la forma divenuta del contenuto, e quindi l'istanza ideologica
pu celarsi anche interamente nei 'soli' aspetti formali, per questo il sag
gio, facendo della forma fratta la sua forma, nei vuoti che lascia, nelle
incompletezze che non colma, indica come ci di cui tratta sia esso stesso
58 Cfr. H.G. Gadamer, Verit e metodo, op. cit.; e P. Feyerabend, Contro il
metodo, traci. L. Sosio, Feltrinelli, Milano 1984. Per una coincidenza questi due testi
sono, curiosamente, pressoch contemporanei della Dialettica negativa, il testo meto
dologico di Adorno.
'9 Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 13.
611 Cfr. J. Habermas, Conoscenza e interesse, trad. G.E. Rusconi, Laterza, Bari
1973; in particolare le pp. 209 e sgg.

CRITICA DEL NON VERO

vuoto e manchevole. Questo vuoto e questa manchevolezza non sono


certo dichiarabili nei puri nomi. Tra l'altro essi tendono di per s alla
identit, e quindi alla pienezza del coincidere. E del resto un nome non
pu da solo essere vuoto, neppure quando si tenga a pieno regime la sua
funzione significante, che , scrive Adorno, ci in virt di cui solo il nome
di pi che un semplice segno. Il fratto, la rinuncia alla sistematica, vanno
conquistati innanzitutto sotto l'aspetto formale in due punti nevralgici: nel
riconoscimento della fondamentale operazione di astrazione e identifica
zione che il linguaggio ha compiuto nella storia della evoluzione dell'uo
mo, e quindi anche nel riconoscimento dei debiti che questa evoluzione ha
contratto con il non universale e il non identico, e in secondo luogo nella
radicalit della critica, o meglio della autocritica, che i concetti debbono
compiere su tale astrazione. Davvero l'illuminismo - in ultima istanza
anche quello nietzscheano - ineliminabile. La strada del ritorno bloc
cata. La radicalit della critica illuminista contro il mito - non in ultimo
quindi contro se stessa come spiegato da Horkheimer e Adorno - collega
il procedimento paratattico alla strada ermeneutica della critica immanen
te; l'assenza di centro, il rifiuto della paratassi alla subordinazione gerarchizzata, sono anche un modo del cominciamento della critica come chia
rificazione del non-vero 61 .
Il processo della critica immanente esige necessariamente l'elaborazio
ne di una dialettica della domanda e della risposta; se la negazione deter
minata trova il suo paradigma in una critica penetrante del relativismo,
come scrisse Adorno, perch la dialettica non pu fare a meno di qualcosa
di costante, ha si un cominciamento: per non gli attribuisce pi il pri
mato 62 . Ovvero: contro l'indifferenza dello scetticismo, che nasconde
sempre la propensione ad apologizzare il pi forte, la negazione determi
nata chiede, in prima istanza, che resti la differenza tra vero e falso. Se la
negazione di qualsiasi universale si capovolge in acccttazione supina del
falso universale che di fatto domina nella societ, di contro a questo la
negazione determinata non propone affatto un differente universale ma
confuta la pretesa di identit tra la negazione teoretica dell'universale e la

61 Cfr. Th.W. Adorno, Paratassi in Note per la letteratura, voi. II, cit., pp. 127-69.
I commentatori che hanno riconosciuto il legame tra critica immanente e paratassi
in Adorno sono molti. Tra essi si possono vedere: M. Barzaghi, Dialettica e materialismo
in Adorno, op. cit., pp. 142-43; R Bodei, Adorno e la dialettica, op. cit., pp. 446-48; G.
Rose, The melancholy science, op. cit., pp. 12 e sgg.
62 Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 34.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

139

non esistenza de facto di un universale. Ma appunto tale atteggiamento


che esige a suo sostegno la critica immanente: essa prende sul serio le
dichiarazioni del testo, cerca le domande alle quali esso indica di voler
rispondere, e infine giudica se le risposte fornite siano corrette, ovvero
relative alla domanda posta, e giuste, ovvero se dissolvano il carattere della
domanda. La sua norma ben definita da Adorno con parole scritturali.
La volont di non farsi saziare, di apprendere qualcosa di essenziale dalla filosofia,
viene deformata da risposte tagliate sul bisogno, ambigue tra l'obbligo legittimo di
offrire pane, non pietre, e la convinzione illegittima che debba essere pane perch
cos dev'essere, - poich - l'urgenza di una questione non pu costringere a dare
una risposta, se non si riesce a ottenerne una vera, - allora - sarebbe nullo il
pensiero senza bisogno, che non vuole nulla; ma il pensiero a partire dal bisogno
si confonde se il bisogno viene concepito in modo meramente soggettivo. I bisogni
sono un conglomerato del vero e del falso: vero sarebbe il pensiero che desidera
il giusto 65 .

Come avevamo gi notato, alla fine, non c' critica n negazione


senza bisogno e desiderio di soddisfazione, giacch essenza del pensiero modellata su quella del lavoro - la negazione 64 .
Per chiarire questo punto torniamo per un attimo al bisogno di
sistema. Adorno riconosce in esso il tentativo di dare rappresentazione
razionale a ci che razionale non , neppure come sistema di sistematico
dominio, mentre scrivere senza idea sistematica sarebbe ancor pi ideolo
gico. Cos si costretti a pensare senz'altro entro l'idea sistematica ma
senza pretendere di soddisfarla, imitando la soddisfazione nevrotica che la
totalit sociale offre ai suoi membri. Se si abbandonasse del tutto l'idea
che la realt debba essere rappresentabile entro un sistema razionale,
entro un risarcire i frammenti come si esprime Adorno, allora qualsiasi
ingiustizia e violenza del singolo sul singolo sarebbe, a fondo, non critica
bile. Alla critica necessario un punto fermo, ripete Adorno, ma senza che
se ne faccia un principio 65 . Cos:
pensare , gi in s, prima di ogni contenuto specifico, negare, resistenza contro
ci che gli viene imposto... [...] Violentando ci su cui si esercita le sue sintesi il
pensiero segue anche un potenziale che attende in ci che gli sta di fronte, e
ubbidisce senza coscienza all'idea di risarcire i frammenti, per ci che esso stesso

bidem, pp. 63, 189 e 83.


Cfr. bidem, p. 18.
Cfr. Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., pp. 127 e sgg. e pp. 157 e sgg.

14Q

CRITICA DEL NON VERO

ha compiuto; la filosofia diventa cosciente di questo fatto inconsapevole. La spe


ranza della conciliazione accompagna il pensiero inconciliabile, poich la resisten
za del pensiero contro il meramente essente, l'imperiosa libert del soggetto, inten
de ottenere dall'oggetto anche ci che esso ha perduto a causa della sua trasfor
mazione in oggetto. [...] Per il bisogno del sistema [...] era allora qualcosa di pi
che pseudomorfosi dello spirito rispetto al metodo irresistibilmente affermantesi
delle scienze matematiche e naturali. [...] All'ombra dell'incompletezza della pro
pria emancipazione la coscienza borghese deve temere di venir annullata da una
pi avanzata [...] perci dilata teoreticamente la propria autonomia a un sistema.
[...] La ratto borghese si propose di produrre dal suo interno l'ordine che aveva
negato all'esterno. Ma quello in quanto prodotto non pi un ordine, e quindi
insaziabile. Un tale ordine prodotto in modo insensato-razionale fu appunto il
sistema: qualcosa di posto. [...] Esso doveva spostare la sua origine nel pensiero
formale scisso dal contenuto. [...] Il sistema filosofico fu fin dall'inizio antinomico.
In esso l'approccio si fondeva con la propria impossibilit: agli inizi dei sistemi
moderni essa ha appunto condannato l'uno alla distruzione ad opera del succes
sivo. La ratio per affermarsi come sistema che estingueva virtualmente tutte le
determinazioni qualitative, cui si riferiva, fini in inconciliabile contrasto con l'oggettivit, cui faceva violenza, pretendendo di afferrarla. Se ne allontan tanto pi
quanto pi completamente essa l'assoggett ai suoi assiomi. [...] La grande filoso
fia fu accompagnata da uno zelo paranoico di non tollerare nient'altro che se
stessa. [...] La proliferazione dei sistemi [...] annuncia con la sua non-verit quella
dei sistemi stessi, ci che hanno di folle. [...] Gli animali da preda sono affamati;
assalire la preda difficile, spesso pericoloso. Affinch l'animale lo tenti ha biso
gno di impulsi supplementari. Essi si fondono con il senso sgradevole della fame,
formando un'ira rivolta alla preda la cui espressione a sua volta atterrisce e para
lizza opportunamente quest'ultima. Progredendo nell'umanizzazione ci viene
razionalizzato tramite proiezione. L'animai rationale, che brama l'avversario, deve
trovare un motivo, essendo gi beato possessore di un Super-Io. Quanto pi com
pletamente ci che egli fa segue la legge dell'autoconservazione, tanto meno egli
deve ammetterne il primato a s e agli altri. [...] L'essere vivente da divorare deve
essere cattivo. Questo schema antropologico si sublimato fino nella gnoseologia.
[...] Il sistema il ventre divenuto spirito, l'ira il segno di ogni idealismo 66.

dunque dovere dell'interpretazione resistere alla medesima tenta


zione a demonizzare il proprio oggetto. Anch'essa si salva da ci solo se
rinuncia alla sistematicit. Questa rinuncia e la costellazione sono, nel
risultato, la medesima cosa.

66 Ibidem, pp. 18 e sgg. Sulla traduzione di questo brano si sono rese necessarie
delle piccole modificazioni rispetto alla versione offerta, con un certo dispregio della
sintassi italiana, da Donolo.
Da notare le rassomiglianze con la funzione che la Begierde svolge nella Fenome
nologia di Hegel, nel passaggio dal solipsismo dell'autocoscienza al dialogo di due
autocoscienze, prima della dialettica tra signoria e servit.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

141

Comprendere una cosa, non semplicemente inserirla, riportarla al sistema di coor


dinate, non altro che cogliere il momento singolo nella sua connessione imma
nente con altri. Un tale antisoggettivismo si muove, sotto l'involucro scricchiolante
dell'idealismo assoluto, nella inclinazione a spiegare di volta in volta le cose da
trattare ricorrendo al modo in cui divennero 67 .

La constatazione semplice: il sistema risponde si a un bisogno, ma


la domanda e la risposta che esso fornisce sono taciute. Mentre la cosa
chiede non di essere inquadrata in un ordine sistematico, ma che si sciol
gano in costellazione gli elementi dei quali intimamente composta; ma
questa anche la regola ermeneutica della interpretazione tramite critica
immanente. La costellazione non semplicemente il campo di forza dei
concetti. Essa conserva, a differenza dell'uso decostruzionista, il momento
unificante. Sono concetti, in dialettica con la loro esperienza (come abbia
mo gi visto) che richiedono la partecipazione di altri sia per loro stessi
che nella composizione individuale e sociale (quindi soggettivamente in
conscia) della loro esperienza.
Il momento unificante [senza il quale il relativismo gioca dalla parte dei puri
rapporti di forza] sopravvive, senza negazione della negazione, ed anche senza
affidarsi all'astrazione come principio supremo, per il fatto che non si avanza dai
concetti gradualmente fino al concetto supremo, ma che essi si presentano in
costellazione. Questa illumina l'elemento specifico dell'oggetto, che per il proce
dimento classificatorio indifferente o un disturbo. Ne un modello l'atteggiarsi
del linguaggio. Essa non offre un mero sistema di segni per funzioni conoscitive.
Quando si presenta essenzialmente come linguaggio, diventando rappresentazione,
essa non definisce i suoi concetti. Essa da oggettivit ai concetti grazie al rapporto
in cui li pone, centrati su una cosa. [...] Soltanto le costellazioni rappresentano
dall'esterno quel che il concetto ha tolto via nell'interno, il di pi che esso vuoi
essere, per quanto non possa esserlo 68 .

La concettualizzazione appare chiara. In primo luogo la costellazione


non linguistica tout court; pertiene alla cosa ed linguistica in quanto e
nella misura in cui l'esperienza della cosa linguistica essa stessa. In se
condo luogo, sempre tramite il linguaggio, comprendiamo meglio quanto
avevamo incontrato precedentemente, la paradigmaticit dell'apprendi
mento di una lingua straniera senza dizionario: essa un apprendimento
per costellazioni - , in un certo senso, mimesi delle costellazioni reali.

Ibidem, pp. 22-23.


Ibidem, p. 145.

142

CRITICA DEL NON VERO

Un'altra citazione dallo stesso testo, indica il rapporto tra essenza e costel
lazione: quando una categoria si modifica [...] muta la costellazione di
tutte e quindi ciascuna 69. La mutevolezza delle costellazioni indica una
relativa mutevolezza dell'essenza. Detto meglio: l'essenza data dalla co
stellazione, mutato un solo termine di questa, modificato il gioco delle
relazioni, anche l'essenza singola ne viene in parte modificata. Scrive
Adorno che non si deve filosofare sul concreto, ma a partire da esso, e
che per questo: la verit oscillante, fragile a causa del suo contenuto
temporale 70 . Da qui l'invito adorniano: se il concreto tende a occultarsi
dentro un carattere sincronico, solo la ricognizione sulla concretezza come
tale porta al nocciolo temporale della verit. Temporalit che significa non
solo che il tempo, il divenire, fanno essenzialmente parte del vero, dell'og
getto vero, ma anche, e questa una suggestione benjaminiana 7 ', nel senso
che la verit cambia a seconda delle condizioni materiali nelle quali viene
espressa. Per poter muoversi in tali mutazioni, essendo il punto di vista del
soggetto tendenzialmente statico, ci si deve servire di quel che Adorno
chiama, con riferimento al Kant della Critica della facolt di giudizio,
immaginazione produttiva. E appunto la modificazione in senso dialettico
di questa categoria che porta Adorno a intrecciarla costantemente con la
metafora del gioco. Una prima funzione di tale metafora ancora rivol
ta contro la prepotenza del modello matematico-scientifico naturale: con
tro il dominio totale del metodo la filosofia contiene, in funzione corret
tiva, il momento del gioco, che la tradizione della sua scientifizzazione
vorrebbe eliminare del tutto 72 . Ma quindi si prosegue:
il pensiero non ingenuo sa quanto poco esso penetri nel pensato, e deve pur
sempre parlare, come se lo possedesse interamente. Cos assomiglia al gioco di
downs. Esso pu tanto meno negare tali tratti, in quanto essi soli gli aprono uno
spiraglio di speranza su ci che gli negato. La filosofia quanto di pi serio ci
sia, ma cosi seria poi non lo nemmeno.
69 Ibidem, p. 149.
Non sfuggir a nessuno l'assonanza di questa affermazione adorniana con quelle
fatte da De Saussure prima, e poi da tutti gli strutturalismi che alla sua linguistica si
richiamano. Cfr. in proposito P. D'Alessandro, Darstellung e soggettivit, La Nuova
Italia, Firenze 1980, e F. Jameson, La prigione del linguaggio, trad. G. Franci, Cappelli,
Bologna 1982.

70 Ibidem, p. 30 e p. 31.
71 Tra le molte delineazioni di questo tema, sembra particolarmente importante
quella operata da F. Muzzioli, Interpretazione e presa di posizione nella critica letteraria
di Walter Benjamin, in Allegoria, II, 1990, n. 4.
72 Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 13.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

143

E si precisa che il gioco garantisce la speranza solo:


quanto mira a quel che esso stesso a priori non gi e su cui non detiene alcun
potere garantito, appartiene secondo il suo concetto a una sfera del non domato,
che stato reso tab dall'essenza concettuale.

Ecco a che cosa apre il gioco: al non concettuale, nella traccia della
sua permanenza attraverso il ritorno dell'elemento mimetico, preconcet
tuale. Non tramite regressione tuttavia bens:
il concetto pu sostenere la causa di ci che ha rimosso, della mimesi, solo appro
priandosi, nei modi di atteggiarsi, di qualcosa di essa, senza perdervisi. In questo
senso il momento estetico non accidentale alla filosofia. [...] per anche suo
compito toglierlo nel rigore delle sue conoscenze del reale. Queste e il gioco sono
i suoi poli. [...] Arte e filosofia hanno un elemento comune non nella forma o nel
procedimento formativo, bens in un atteggiamento che rifiuta la pseudomorfosi.
Entrambe restano fedeli al loro contenuto 7 '.

Qualunque campo di definizione, costellazione, etc., pone in primo


luogo l'esclusione; ed in generale la posizione delle determinazioni pre
suppone la possibilit del loro rinvenimento. All'interno della riflessione
filosofica sul linguaggio questo significa che la discrezione concettuale
- i rapporti all'interno della costellazione -, cos come quella formale degli
elementi minimi fonetici o segnici, il fondamento di ogni operazione
linguistica. Il linguaggio, secondo Adorno, non nonostante ma proprio
grazie a tale paradosso: esso ha bisogno delle pi minime differenzialit
per poter astrarre e comporre unit parzialmente indifferenziate. Questa
situazione non va sciolta a favore di nessuno dei due corni. Ed inoltre
questo problema ha la sua accentuazione nel salto, immotivabile in ultima
istanza nel solo pensiero ma proprio perch non riguarda il solo pensiero,
dal sistema al reale definito o, come scrive Adorno dal pensare al pen
sato, che pure il pensare sa di non afferrare mai. In questo passaggio
l'alterit dei segni, trapassa nella negazione.
questa la radice, da un punto di vista linguistico, della dialettica
negativa. Essa contraddice alla operazione idealistica secondo la quale
quanto differente dal campo definito non portatore del nome, e poich
questo nome diviene poi il centro di attrazione del discorso, la non
reggenza esclude non solo teoreticamente delle qualit, ma molto pi:
73 Ibidem, p. 14.

144

CRITICA DEL NON VERO

esclude dell'aura di significanza. E poich il carattere metaforico del lin


guaggio accentua l'aurea etica del senso 74 , allora l'esclusione sempre, in
una qualche misura, una rimozione a dei diritti. questa l'altra faccia,
probabilmente la pi importante, del realismo degli universali in Ador
no. Contro a esso, a correttivo, vediamo adesso sorgere la limitazione del
diritto del concettuale: il nominalismo, per dirla in un'altra maniera, poi
ch lascia del tutto indifferenti i rapporti reali tra le cose, si capovolge nel
suo contrario. Giacch non pu sfuggire del tutto alla significanza, al
rimando oltre il piano linguistico, quando ci avviene si trova sprovvisto
dell'organo di senso tramite il quale dar, finalmente, parola al reale.
Questa situazione simile a quella descritta da Freud a proposito
della difficolt a parlare dell'inconscio, nel duplice senso, soggettivo e
oggettivo, del complemento di specificazione. Che ci si possa servire di un
sistema di segni de-realizzato e moltiplicato, al punto da non incorrere
nella dialettica dell'esclusione, o da incorrere in una sola rimozione origi
naria, una possibilit che non si incontra nei testi adorniani. Ma del resto
non essa a occuparci qui. Piuttosto dobbiamo mostrare come il gioco,
la fantasia esatta e produttiva, servano da correttivo al caposaldo vero e
proprio del metodo scientifico: la definizione. Perch in realt contro di
essa, secondo la pi classica delle tradizione dialettiche, che Adorno uti
lizza quella metafora. La definizione sempre preceduta dalla presa di
partito per essa, e dalla indifferenza al definito. In questo compreso un
momento di mascheramento ideologico fondato su di un artificio retorico.
Dapprima viene posto il contenuto della definizione e le sue determinazio
ni. Queste vengono successivamente fatte passare al vaglio della critica. La
scoperta di erroneit porta alla predicazione, per negativo, del loro inver
so. Questa sorta di dialettica teologica poggia sintomaticamente in realt
non sulla prova della erroneit della definizione ma proprio sulla defini
zione stessa - sul concetto identico, nel fatto e nel modo del suo essere
posto, cio nella rimozione del 'posto' a favore dell'essere. Con una specie
di risentimento', la diversit tra costruzione concettuale e la sua critica
e decostruzione, appare tanto pi marcata quanto meno, nell'intelligenza
del testo, si tenuto conto proprio della sua costitutiva, e irrinunciabile
anche in via di principio, spezzata interezza. Cos come per il bisogno di

74 Cfr. F. Nietzsche, Frammenti postumi 1887-88, voi. Vili, tomo II, delle Opere
di Friedrich Nietzsche, a cura di G. Colli e M. Montinari, Adelphi, Milano 1971. In
particolare alle pp. 129 e sgg.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

145

sistema, come abbiamo visto. Accade allora che il termine altro contro
il quale viene rivolta la critica, sia stato posto a bella posta dal soggetto,
che poi, nel pensiero critico, lo prende come reale ed effettuale - rimuo
vendo la riflessione sui motivi, sulla ragione sufficiente, della definizione
come processo di ragione.
Immaginiamo, per esempio, che si potesse parlare con la volpe della
fiaba, quella che decide di rinunciare all'uva perch posta troppo in alto,
e giustificante la disdetta con la frase: del resto ancora acerba, e
chiederle perch mai tanta passione per quei frutti: essa resterebbe inter
detta. Infatti il fatto di dover essere una 'volpe' che rende problematico
alla volpe il rinunciare all'uva - dimostrarsi incapace di risolvere un pro
blema la negazione dell'identit della volpe, giacch Volpe' significa:
quell'essere che, nel proprio essere, possiede astuzia a sufficienza per
dominare ogni situazione problematica. Se la volpe vuole l'uva deve po
terla avere: altrimenti non una vera 'volpe' - qui che l'animale si rende
conto di dover stare attento ai propri desideri giacch gli fatto obbligo di
essere sempre in grado di soddisfarli. Allora interviene l'attivit di masche
ramento, rivolta nella fiaba all'oggetto, ma nella realt, come ben sappia
mo, liberissima di risolversi contro le volpi stesse. Cosi ogni definizione
dovrebbe, a costo di prendere partito per una causa persa, tenere presente
come questo destino da volpe sia il pericolo nascosto nel suo successo.
Il nominalismo si comporta, insomma, come il positivismo giuridico
che a sua volta il diritto nato a difesa del capitalismo della borghesia:
la legge che fa esistere il reato e non l'esistenza di reati che richiede una
legislazione; salvo poi l'aporia del fondamento costitutivo dell'intero ordi
namento. L'interpretazione critica deve, secondo Adorno, comportarsi al
contrario; deve fantasticare intorno a possibili reati, per cos dire, e inven
tare per essi delle leggi e delle pene appropriate. Fuor di metafora la
critica non ha altro fondamento che la teoria, ma la teoria s, ne ha un
altro. Nel testo del 1931 sull'attualit delle filosofia avevamo incontrato
come organo dell'interpretazione la strana ars inveniendi condotta dalla
esatta fantasia sul materiale messo a disposizione dall'enigma stesso. An
cora, quindici anni pi tardi, nei Minima moralia Adorno indicava nel
ricordo e nel desiderio i padri del pensiero, dove il parricidio pi che
liberazione implica solo la castrazione. Dovrebbe ora essere chiaro qual sia
il fondamento della fantasia e delle metafore sul gioco. Nella stessa
teoria estetica, in pi luoghi, l'arte rappresentata come gioco, come
fuochi d'artificio. Ma un gioco dove libert e costrizione convivono, di
nuovo proprio come nel bisogno di sistema; senza legge, nessuna libert:

146

CRITICA DEL NON VERO

Nullum criminem, nulla poena sine lege. Ma il ribaltamento della logica


del diritto, che abbiamo appena proposto come metafora dell'interpretazione, ha la sua dialettica all'interno della negativit motrice della critica;
il ricordo il suo contrappeso 75 . Adorno stesso ha espresso l'alternativa
ultima dell'individuo nell'epoca del capitalismo maturo come quella tra
diventare adulti o restare bambini. Domandare, come fa il bambino,
perch la panca si chiami 'panca' va oltre la sua propria ingenuit, per
toccare il punto estremo del carattere mimetico del pensiero che rifiuta la
pseudomorfosi; e la violenza del gioco infantile che nel ricordo dell'adulto
diviene di struggente felicit, si mostra come metafora paradigmatica del
pensiero in Adorno.
Come gli individui hanno troppo poche, e non troppe inibizioni, senza essere per
questo di un briciolo pi sani... - allo stesso modo - il talento non forse altro
che rabbia felicemente sublimata, la capacit di tradurre quelle energie che, un
tempo, si esaltavano oltre ogni limite nello sforzo di distruggere gli oggetti che
opponevano resistenza, e di essere altrettanto tenaci e implacabili nella ricerca del
segreto degli oggetti come il bambino che, un tempo, non si dava pace finch non
aveva strappato al giocattolo tartassato la sua voce lamentosa.

E ancora:
poich anche le pi remote oggettivazioni del pensiero traggono alimento dagli
impulsi [Trieben], il pensiero, distruggendoli, distrugge la condizione di se stes
so [...] il pensiero che uccide il suo padre, il desiderio, colpito dalla nemesi della
stupidit [...] espulsa la fantasia, esorcizzato anche il giudizio, il vero atto cono
scitivo,

ed per questo che: veri sono solo i pensieri che non comprendono se
stessi, e che comunque agisca:
l'intellettuale sbaglia. Egli sperimenta radicalmente, come una questione di vita,
l'umiliante alternativa di fronte alla quale il tardo capitalismo mette segretamente
tutti i suoi sudditi: diventare un adulto come tutti gli altri o restare un bambino
- perch - in ogni pensiero non ozioso resta il segno dell'impossibilit di una
completa legittimazione: come, in un sogno, sappiamo di lezioni di matematica

75 Tra i molti critici che hanno trattato questo tema, quello che meno lo ha
costretto nella sola relazione tra la filosofia di Benjamin e quella di Adorno - e quindi
il pi utile per noi qui - quello di T. Perlini, Infanzia e felicit in Adorno, in Comu
nit, 1972, n. 161-62.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

147

perdute per una beata mattina in letto, e che non sono pi recuperabili. Il pen
siero attende che un giorno il ricordo di ci che stato perduto lo ridesti, e lo
trasformi in teoria 76 .

La materia del desiderio il gioco, ovvero la trasformazione tramite


desiderio, degli elementi del ricordo. A questa trasformazione del tutto
estranea la questione della verit, del rispecchiamento oggettivo, del ricor
dato. Purch il ricordato si tinga del colore della felicit, la forza che il
ricordo di questa fornisce, permette la messa in moto della fantasia imma
ginativa. Perch essa sia anche esatta si deve tuttavia misurare con le
comprensioni fornite dalla riflessione: questa dialettica quella propria
dell'atto interpretativo giacch: il vero atto conoscitivo il giudizio e
l'atto con cui si comprende e quello con cui si giudica sono il medesi
mo.
Il desiderio non libero per essenza, sappiamo bene anzi, e Adorno
ce lo ha insegnato probabilmente meglio di tutti, che anch'esso oramai
a disposizione del capitalismo per le proprie funzioni di riproduzione.
Quando si fa riferimento ad esso come forza dell'intento critico, non si
vuole semplicemente saltare fuori dalla totalit - come se il desiderio
individuale fosse un metafisico punto inesteso dal quale procurarsi la
prospettiva perfetta per una conoscenza vera e un'interpretazione compiu
ta. Solamente, ma di nuovo, non il contenuto del desiderio, bens il suo
rapporto con il pensiero il paradigma della relazione che la critica do
vrebbe intrattenere con il reale; relazione obliqua per muoversi tra la
necessit di riconoscere quel che senza pagare il prezzo di eternare il
tutto. Ed in fondo la questione semplice: la mediazione sociale rende
reale la totalit ma al contempo riconosce in essa l'operare non di forze
celesti ma di terrestri uomini; desiderare significa dialettica tra concetto,
reale e non identico. Questa dialettica non a disposizione dell'individuo
ma, come quella hegeliana della Fenomenologia, porta a compimento le
proprie contraddizioni in forza del negativo determinato che l'individuo
empirico . Dobbiamo quindi ora tornare al rapporto, che l'interpretazione deve afferrare, tra non vero e concetto, alla teoresi della dialettica
negativa.

Th.W. Adorno, Minima moralia, op. cit., et passim.

}4g

CRITICA DEL NON VERO

IDEOLOGIA, UTOPIA E OBBLIGO AL CONCETTO


Per il Giudaismo, legge e morale sono inseparabili. Non so se vi esiste, non credo,
distinzione fra il sacro e il profano ma solo quel che secondo la Legge e quello
che non lo , fra giusto e ingiusto, puro e impuro. In questo senso il Giudaismo
un momento capitale [...] dell'intelletto e del senso; e anche un desiderio o una
speranza 7 '.

Queste parole di Fortini valgono anche per la dialettica negativa di


Adorno; anch'egli si esprime in uno strano modo a proposito del rapporto
tra religione dell'individuo e legge del soggetto.
L'enfasi filosofica sulla forza costitutiva del soggetto tiene per anche sempre
lontani dalla verit. Cos specie animali come il dinosauro triceratops o il rinoce
ronte trascinano con s le loro corazze che li proteggono come una prigione
concresciuta, e cercano invano - almeno cos sembra antropomorfisticamente - di
togliersele di dosso. [...] (cos) il momento soggettivo viene come avvolto dall'oggettivo, esso stesso oggettivo, come un qualcosa di imposto al soggetto in modo
limitante 78 .

La coscienza assoluta - scrive dieci righe prima Adorno - incoscien


te. Se l'industria e la pubblicit culturale fornissero solo false rappresen
tazioni, ad esse sarebbe in qualche modo semplice e agevole contrapporre
autentiche rappresentazioni. Dove il criterio di verit il rispecchiamento,
il problema dell'ideologico decisamente semplice (come si pu vedere
nello sfortunato episodio epistemologico di Lenin). Ma la produzione
ideologica non cos superficiale. Andrebbe semmai immaginata come
una sorta di Edipo sociale 79: come processo di formazione dell'organo di
formazione, o come suggerisce Freud, organo difensivo. La ragione sorge
come ideologia; intanto soddisfa bisogni e volont essenziali ai suoi pro
duttori - e fa questo in quanto struttura l'ordine stesso della relazione tra
Io e natura, intcriore e esterna. Quel che essa consegna in eredit ad
ognuno, sono le immagini per rappresentarsi gioie e dolori, il linguaggio
di quella impossibile traduzione cui accennammo a proposito della
categoria di gioco. Essa forma l'occhio e la lingua del pensiero, la sua
divisione dal lavoro, il modo di procedere stesso della riflessione, il crite77 F. Fortini, Extrema Ratto, Garzanti, Milano 1991, p. 60.
78 Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 161.
7>) Cfr. in proposito F. Vanni e M. Sacchi, Gruppi e identit, Cortina, Milano
1992.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

149

rio su ci che costituisce un problema e su quanto pu rappresentare una


soluzione. pi corretto pensare all'ideologia come produzione del dato
- appunto perch esso, come Adorno non si stanca di ripetere, non mai
dato - che non cercare di liberarsene come semplice duplicazione irre
tita e capovolta del vero mondo. E la sua profondit consiste proprio
nell'apparenza di totale trasparenza, nel sembrare una sola e semplice
superficie.
La sua prima operazione consiste nello spostare l'attribuzione tra
natura e storia. Come vedemmo nel saggio Die Idee der Naturgeschichte,
e come ancora scrive Adorno nella Dialettica negativa a proposito della
resistenza contro la riflessione dialettica:
chi si piega alla disciplina dialettica deve certamente pagare un amaro tributo in
termini di molteplicit qualitativa all'esperienza. L'impoverimento dell'esperienza
ad opera della dialettica, di cui si scandalizzano le opinioni ragionevoli e sensate,
si rivela tuttavia nel mondo amministrato adeguato alla sua astratta monotonia. Ci
che vi di doloroso nella dialettica il dolore su quel mondo, elevato a concetto 80 .

Per un verso quindi i caratteri dell'esperienza vengono astratti a ca


ratteri extratemporali dell'essenza delle cose stesse. Mentre, d'altra parte,
l'opposizione del pensiero, il suo carattere irrimediabilmente negativo,
viene imputato al solo pensiero come suo vizio dell'origine. In questa
situazione la diretta opposizione non avrebbe come risultato che prepara
re un mercato delle idee, una bancarella di Weltanschauungen, dove ognu
no possa, indifferentemente, scegliere quella che pi gli si adatta. a
correzione di ci che la filosofia ha il suo vero interesse l dove Hegel,
d'accordo con la tradizione, dimostrava il suo disinteresse: nell'a-concettuale, individuale e particolare 81 , solo li le maglie dell'universale falso
entrano in contraddizione con l'aspirazione immanente del particolare a
ricevere, entro la propria costellazione, l'universale vero. Per il partico
lare, individuale e a-concettuale, senza parola e senza lingua. Il suo
coglimento deve essere sempre, nella realt falsa, uno sgambetto, uno
scherzo tirato alla legge di sopravvivenza; legge che appresa una volta
per tutte non appena si cristallizza l'esperienza della dipendenza della
duplicazione sociale dai meccanismi di produzione. Non che tale legge
venga dichiarata ad ogni singolo uomo che viene sulla terra. Come dicem-

Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 6.


bidem, p. 8.

15Q

CRITICA DEL NON VERO

mo a proposito della teoria estetica, ogni forma, o legge, un contenuto,


in questo caso dei rapporti sociali, che si sedimentato fino a divenire
inconscio. Se ci occupasse in questo lavoro la storia dei rapporti sociali
potremmo cercare di mostrare il processo di scissione tra immagine di s
e immagine dell'altro che interviene nel processo di quella rimozione.
Essendo per un altro il nostro scopo, vediamo cosa scrive Adorno sul
penetrare l'individuale. Ma quella parte di verit che pu essere colta dai
concetti oltre il loro ambito astratto - quella parte di verit che i concetti
devono risarcire all'universale e al particolare, e risarcire due volte: una
prima al particolare che sempre in quanto sussunto anche estinto nel
l'universale, e una seconda volta perch questa sussunzione nel nostro
mondo prima di tutto una sussunzione reale, e solo dopo anche una
sussunzione teoretica, quella parte di verit - non pu avere altra scena
che ci che il concetto opprime, disprezza e rigetta. L'utopia della cono
scenza sarebbe di aprire con concetti l'aconcettuale senza renderglielo
simile 82 .
Certo la Dialettica negativa conduce la critica all'ideologico, cio l'au
tocritica della ragion speculativa, per dir cos sulla base del rapporto tra
pensiero e non pensiero, sulla base delle trame che di questo rapporto
sono le fondamenta, le condizioni di possibilit, per dir cos trascenden
tali, del sorgere dell'ideologico. Mentre l'esame delle condizioni sociali e
politiche in secondo piano 83 . Pur tuttavia, anche in questo caso Adorno
convinto di mostrare in questo la logica stessa del pensiero nel capita
lismo maturo. La contraddizione, dice Adorno, afferma dapprima che il
concetto non pu esaurire il contenuto di ci che compreso sotto di esso
e che quindi, in termini molto hegeliani: la contraddizione il non
identico sotto l'aspetto dell'identit 84 .
Che il concetto sia concetto, anche quando tratta dell'essente, non cambia
niente al fatto che esso intessuto a sua volta in un tutto non concettuale, da
cui si isola unicamente grazie alla propria reificazione, che pure lo fonda come
concetto. [...] Mutare questa dirczione della concettualit, riportarla al non-

82 Ibidem, p. 9.
85 ancora M. Barzaghi ad analizzare il vantaggio che Adorno acquista rispetto
al marxismo ortodosso con questa posizione. Secondo lui l'importanza attribuita da
Pollock alla sfera della circolazione, mise gli autori della scuola di Francoforte, e Ador
no in particolare, in condizione di riconoscere meglio il processo di sussunzione reale
in atto anche nella sfera della circolazione.
84 Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 5.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

]_ 5 I

identico, la cerniera della dialettica negativa. Di fronte alla consapevolezza del


carattere costitutivo del non-concettuale nel concetto dovrebbe sciogliersi la coa
zione all'identit 8'.

Ma la cosa complicata dal fatto che la societ capitalista si comporta


nei confronti della dialettica dell'illuminismo come un parassita: l'ideolo
gia che essa propone non potrebbe funzionare se non prendesse forza dai
meccanismi di quella stessa dialettica illuminista di cui concetto e non
concettuale, o identico e non identico, e anche soggetto e oggetto - per
voler qui non fare distinzioni per altro importanti - esprimono la radice.
Se il pensiero che sempre identificazione non si ponesse gi a disposi
zione del falso, come ogni assoluta identificazione, in nessun modo po
trebbero reggersi identificazioni palesemente false. L'ideologico in qual
che modo una intentio recta della intentio recta per parafrasare l'atto cri
tico adorniano della intentio obliqua della intentio obliqua. Nell'interstizio
tra le due operazioni di identit il processo interpretativo dovrebbe sfor
zare se stesso nella prima, e smontare l'illusione della seconda attraverso
la propria autocritica. Cosi che la filosofia: dovrebbe avere il suo conte
nuto nella molteplicit non inquadrata da alcun schema degli oggetti che
le si impongono o che cerca 86 , dovrebbe, se fosse possibile un simile
punto di vista sottratto alla prospettiva. Ma se tale prospettiva non
assumibile, la filosofia si ritrova alla imitazione, alla imitazione del carat
tere mimetico, alla legge del come... se .... Essa, come abbiamo letto,
non pu far a meno di assumere punti fermi, ma pu rinunciare a tener
fermo ciascuno di essi. In questo alla filosofia:
il momento espressivo integrale, mimetico-aconcettuale, viene oggettivato solo
tramite l'esposizione - il linguaggio. La libert della filosofia non altro che la
capacit di articolarne Pillibert [articolare l'illibert del linguaggio, si intende] 87 .

Questa illibert, sulla cui duplicit di livello non insisteremo ancora,


smontabile solo attraverso una interpretazione megalomane, una interpretazione che esiga dall'interpretato tutte le connessioni della sua
costellazione, e principalmente quelle rimosse e che un vuoto hanno
lasciato.

85 Ibidem, p. 12.
86 Ibidem, p. 13.
87 Ibidem, p. 17.

152

CRITICA DEL NON VERO

Con la speranza non garantita che ogni singolo e particolare che essa decifra
rappresenti in s, come la monade leibniziana, quel tutto che come tale le sfugge
continuamente, per in base a una disarmonia prestabilita piuttosto che a una
armonia 88.

Penetrazione del particolare, nell'aspettativa che si sveli la disarmonia


di universale e non identico, per Adorno: pensare filosoficamente per
modelli; la dialettica negativa un insieme di analisi di modelli 89. Se il
non vero ha le sue proprie connessioni, e se le connessioni sono storiche,
allora ogni enigma interpretativo deve ricevere la sua propria risposta.
Detto meglio, anche la critica ha bisogno di abbandonare l'astratto univer
sale: la scoperta della dinamica edipica non consente, per esempio, nessun
intervento o miglioramento, fino a quando essa non penetra in quella
particolare connessione edipica. Cos allo stesso modo, la critica dell'eco
nomia di scambio del capitalismo maturo, solo la cornice che dice tutto
e nulla, entro la quale ogni singolo fenomeno deve ricevere la ristruttura
zione delle proprie connessioni; uno sguardo fisionomico che rintracci
l'universale nelle sue configurazioni concrete che sono sempre particolari.
Ed ecco quindi il passo successivo.
La teoria della seconda natura [...] centrale in ogni dialettica negativa. Essa
assume l'immediatezza immediata, le formazioni che la societ e il suo sviluppo
presentano al pensiero, tei quel, per rivelare con l'analisi le loro mediazioni, secon
do il criterio della differenza immanente dei fenomeni rispetto a quanto di per s
pretendono di essere 90 .

Dunque il corrispettivo interpretativo della costellazione altro non


che il riconoscimento delle mediazioni, o ancora, il rifiuto cieiroriginariet
in ogni sua forma. Ma paradossalmente il punto archimedeo della interpretazione ci che i fenomeni di per s pretendono di essere, senza di
che, senza la distonia tra pretese dei fenomeni e desideri, la critica non
potrebbe muovere passo - interpretazione significa critica del non vero. I
desideri non erano presenti nella citazione; a conferma di questa ag
giunta si possono tuttavia riportare le parti salienti delle idee, gi incon
trate, sul ruolo della soggettivit nel reperimento dei momenti qualitativi
dell'oggetto, gli stessi che entrano in contraddizione con quel che i feno-

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

]J3

meni pretendono di essere. Scrive Adorno che: in deciso contrasto con


il normale ideale di scienza, l'oggettivit della conoscenza dialettica ha
bisogno di pi, non di meno soggetto, perch: abbandonarsi all'oggetto
equivale a rendere giustizia ai suoi momenti qualitativi; ma questi mo
menti qualitativi dipendono dalla differenzialit del soggetto e: diffe
renziato chi in essa [esperienza] e nel suo concetto riesce a distinguere
ancora il minimo, sfuggente al concetto; soltanto la differenziazione riesce
a raggiungere il minimo 91 . E questo al sottilissimo confine tra esperien
za mimetica, quasi somatica, e riflessione razionale:
il momento mimetico sulla via della sua secolarizzazione si fonde con quello razio
nale. Questo processo si riassume come differenziazione. Essa contiene in s tanto
la capacit di reazione mimetica quanto l'organo logico per il rapporto tra genere,
specie e differenza specifica 92 .

In questa fusione troveremo - forma chiasme della parodia - la dia


lettica tra ricordo e dolore, all'interno della diacronia delle loro forme. Ma
per adesso registriamo soltanto come l'elemento mimetico, quasi cieco,
ritorni, secolarizzato, all'interno delle forze che possono collaborare al
processo interpretativo. E in questo, anche dal punto di vista dei Trger,
ancora il momento individuale, pur con tutta la sua finitezza e fragilit,
attraverso il quale si deve passare.
La coscienza individuale riceve ogni contenuto dal suo portatore, per la sua auto
conservazione, e si riproduce con essa. La coscienza individuale riesce a liberarse
ne, ad ampliarsi tramite autoriflessione. A ci la spinge il tormento per cui ogni
universalit ha la tendenza ad acquistare il predominio nell'esperienza indiviciuale.
[...] L'universale del soggetto non si fa cogliere altro che nel movimento della
coscienza individuale 95 .

Ea verit, nella interpretazione, si raggiunge attraverso un organo di


senso che appartiene all'individuo. Nella posizione di fronte al principio
di realt che l'ideologico vorrebbe assegnare a se stesso, la filosofia e
l'individuo trovano una comunione.
La filosofia attinge ci che ancora la legittima da un negativo, dal fatto che quel
l'elemento insolubile davanti al quale capitol [...] a sua volta un feticcio nel suo
91 Ibidem, pp. 37 e sgg.
2 Ibidem, p. 40.
93 Ibidem, p. 41.

154

CRITICA DEL NON VERO

essere-cos-e-non-altrimenti, il feticcio dell'irrevocabilit dell'essente. Esso si dis


solve di fronte alla coscienza che esso [...] divenuto in condizioni date;

ed dunque la coscienza storica della mobilit della costellazione, la non


demoralizzazione del soggetto che pu sciogliere il carattere reificato del
l'apparire cos e non altrimenti dei fenomeni, ma non basta:
questo divenire scompare e risiede nella cosa, placabile con il suo concetto tanto
poco quanto scindibile dal suo risultato e dimenticabile. Simile l'esperienza
temporale. Nella lettura dell'essente come testo del suo divenire si toccano la
dialettica materialista e quella idealistica. [...] Ci con cui la dialettica penetra i
suoi oggetti induriti la possibilit, su cui la realt ha ingannato e che pure traluce
da ogni oggetto. [...] Persino in Benjamin i concetti tendono in certo modo auto
ritariamente a celare la loro concettualit. Ma solo il concetto pu realizzare ci
che i concetti impediscono. L'errore determinabile di ogni concetto obbliga ad
evocarne altri; cos sorgono quelle costellazioni, alle quali soltanto passato qual
cosa della speranza del nome 94.

L'essente il testo del suo divenire, che stato occultato come testo.
In esso rimane come qualcosa di cui necessario (provare il bisogno di)
ricostruire, attraverso i vuoti, la costellazione. E ricostruire la costellazione
significa in primo luogo sbugiardare la legge della naturalit, dell'esser
cos e non altrimenti. Nella cosa, appunto, il testo del divenire prende
corpo e in uno scompare: precisamente questa scomparsa che richiede
l'interpretazione. Interpretazione che non placabile n con il concetto n
con il risultato di quel che l'oggetto divenuto, ma solo con la speranza
che la possibilit di altro sia celata in quello scomparire, nel fatto che
stato fatto scomparire, o che incessantemente da s scompare. Il concetto,
con cui la riflessione si trova necessariamente ad operare, non cura la
ferita, al contrario, si potrebbe quasi dire che la rende evidente e pi
chiara, se ne fa portatore, quasi come nell'evento cristiano, ma al contrario
di quello fa nascere la consapevolezza dell'errore, e per correggerlo, nell'interpretazione, ne fornisce altri, dai quali spera in ultimo di poter uscire,
facendo ritorno al potere del nome, nella mimesi sacra, di poter afferrare
il proprio oggetto. Che cosa significa questo per una filosofia che si inter
preta come interpretazione critica del testo?
La metessi della filosofia alla tradizione sarebbe per soltanto la sua negazione
determinata. Essa viene fondata dai testi che critica. Il suo atteggiamento diventa
94 Th.W. Adorno, Negative Dialekttk, cit., pp. 62-63.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

\^

commensurabile alla tradizione nel rapporto coi testi, che la tradizione le offre e
che la incarnano. Questo giustifica il passaggio dalla filosofia all'interpretazione,
che non eleva n l'interpretato n il simbolo ad assoluto, bens cerca ci che vero
dove il pensiero secolarizza l'immagine originaria irrecuperabile di testi sacri 95 .

Il rapporto con i testi diventa cos paradigmatico del rapporto con il


textum, il dato che non dato ma posto. In esso la filosofia deve passare
all'interpretazione se non vuole cadere a esercitazione, e quindi limitarsi
a rappresentare lo stato di fatto delle cose come l'unico possibile. Ancora
una volta si arriva all'unit di filosofia e problema linguistico, per trovare
questa volta spifferata, per dir cos, la soluzione di Adorno, che adesso
dovrebbe suonare chiara.
Con il suo legame esplicito o latente coi testi la filosofia ammette la sua essenza
linguistica [...] [e] la retorica rappresenta nella filosofia tutto quanto non pu
essere pensato altro che nel linguaggio. [...] Incessantemente la corrompe lo scopo
della persuasione, senza il quale pure d'altra parte la relazione del pensiero alla
prassi scomparirebbe dall'atto del pensiero. [...] Infatti l'eliminazione della lingua
dal pensiero non ne la demitologizzazione. Accecata, la filosofia sacrifica con la
lingua ci con cui essa si rapporta alla cosa in modo diverso dalla mera denota
zione; solo come lingua il simile in grado di riconoscere il simile. [...] La dialet
tica, etimologicamente linguaggio come organo del pensiero, sarebbe il tentativo
di salvare criticamente il momento retorico, cio di avvicinare fino all'indistinguibilit espressione e cosa. [...] Contro l'opinione volgare, nella dialettica il momento
retorico prende partito per il contenuto. [...] Essa inclina [...] al contenuto in
quanto elemento aperto, non predeterminato dall'impalcatura: appello contro il
mito. [...] La conoscenza che vuole il contenuto, vuole l'utopia. [...] il possibile,
mai l'immediatamente reale, che preclude l'utopia; perci in mezzo all'esistente
esso appare astratto. Il colore incancellabile viene dal non-essente. Per esso lavora
il pensiero, un frammento di esistenza, che penetra fino al non-essente, come
sempre negativamente. Soltanto l'estrema lontananza sarebbe davvero la vicinanza:
la filosofia il prisma che ne imprigiona il colore 96 .

DIALETTICA NEGATIVA. LA COSTRUZIONE DELL'IMMAGINAZIONE CRITICA


L'esistenza di colui che pone la domanda, la domanda dell'interpretazione, non , dice Adorno, la verit. Non c' nel dialettico francofortense nessun umanesimo esistenzialista. Leggere i Minima moralia, come pure

95 Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 49.


96 Ibidem, p. 50.

156

CRITICA DEL NON VERO

stato fatto, come testo esistenzialista, scorretto. Nel saggio Die Aktualitdt der Philosophie leggemmo che:
chi interpretando ricerca dietro al mondo fenomenico un mondo in s, che ne
costituisca il fondamento e che lo sottenda, si comporta come chi in un enigma
voglia ricercare il riflesso di un essere che gli sta dietro, un Essere che l'enigma
riflette e dal quale si lascia sorreggere, laddove la funzione dell'enigma quella di
rischiarare a lampi e di sciogliere [aufheben] la forma dell'enigma 97 .

E nella Dialettica negativa quasi negli stessi termini:


in filosofia la domanda autentica comprende quasi sempre in certo modo la sua
risposta. Essa non conosce un prima-poi di domanda e risposta, come la ricerca
scientifica. Deve modellare la domanda in base a ci che ha sperimentato, in modo
che venga recuperato. Le sue risposte non sono date, fatte, prodotte: in esse si
rovescia la domanda dispiegata, trasparente 98.

Sembra davvero che l'idea dell'interpretazione sia quella che pi


costante e invariabile rimane nella produzione di Adorno. Ma che cosa
significa che la domanda non cela la risposta, ma l'una prende il posto
dell'altra? Significa che la forma di enigma , esattamente come la rispo
sta, solo il risultato di una certa costellazione: i medesimi elementi, in una
diversa disposizione, costituiscono la costellazione con forma enigma e la
costellazione con forma risposta. Ora, che cosa differenzia la forma enig
ma dalla forma risposta? A proposito della risposta, chiarisce Adorno, la
discriminante se essa fornisca pane o pietre, secondo le parole scritturali.
Se corrisponda, detto in maniera un poco semplificata, ai bisogni di chi
pone la domanda. Ma:
bisogni reali possono essere oggettivamente ideologie, senza che da ci nasca un
titolo per negarli. Infatti persino nei bisogni degli uomini catalogati e amministrati
reagisce qualcosa in cui non sono completamente controllati, il sovrappi della
partecipazione soggettiva, di cui il sistema non diventato completamente signore.
I bisogni materiali dovrebbero essere rispettati perfino nella loro forma rovesciata
provocata dalla sovrapproduzione 99.

Il bisogno, persino quello organizzato dall'industria che lo induce


solo per poter piazzare sul mercato la sua soddisfazione, conserva del
97 Th.W. Adorno, Attualit della filosofia, cit., p. 7.

98 Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 55.


99 Ibidem, p. 82.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

\^~]

desiderio il carattere di negazione dell'immediato dato. Dunque esso


sempre fonte di quella differenza tra esperienza e idea che cardine dell'interpretazione. Ma poich tale differenza si presenta in costellazioni, il
bisogno, come il desiderio, sembrano essere l'energia universale, l'etere,
entro il quale le cose si muovono. Questo non significa fare dei passi in
dirczione del soggettivismo; la dialettica dei bisogni mostra del tutto evi
dentemente come sarebbe puramente illusorio cercare di far cambiare
idea all'inconscio rispetto ai suoi bisogni. evidente che la soddisfazione
offerta al pulsionale dalla societ, e massimamente da questa societ, non
pu essere che metonimica 1()0. Tale la sorte dei bisogni ideologici, essa
tuttavia identica a quella dei cosiddetti bisogni autentici: anche per essi
la soddisfazione comporterebbe la distruzione. In entrambi i casi, in effet
ti, la soddisfazione dei bisogni, le risposte al pulsionale, deve essere me
tonimica - in Adorno non c' alcuno spazio per un pathos dell'originario.
All'origine c' solo lo stato di violenza, l'abolizione del quale comunque
una entrata nello stato sociale. La natura non si camuffa, ma diventa
irrimediabilmente natura seconda. E proprio perch sotto di essa dor
miente la natura prima repressa. Ma la prospettiva non l'abolizione di
ogni repressione, anzi, semmai, affidata totalmente alla possibilit di una
buona traduzione della necessaria rimozione del testo originale. Esso
deve essere presupposto come tale, ma non c' alcun testo originale, anche
se la nostalgia per esso tuttavia autentica; il fatto che sia una nostalgia
per un passato non esistito non rende inesistente la nostalgia.
Quanto pi senza speranza le forme sociali esistenti bloccano questa nostalgia,
tanto pi irresistibilmente l'autoconservazione disperata viene gettata in una filo
sofia [cio nella forma interpretativa per eccellenza], che deve essere due cose
contemporaneamente, disperata e autoconservazione 1" 1 .

La mediazione mediata dal mediato 102 - questo vale anche per il


linguaggio, e la sorte dei bisogni, il destino delle pulsioni, che abbiamo
appena visto avviene, per l'uomo, all'interno del linguaggio. All'interno
cio di una mediazione mediata dal mediato. Essa, in una certa misura,
deve essere imitazione dell'elemento mimetico, come controcanto al nomi-

""' Si ricordino, in proposito, i due saggi: Sulla psicoanalisi revisionista e Psicoaalisi e sociologia, contenuti in Th.W. Adorno, Scritti sociologici, op. cit.
101 Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 83.
1(12 Ibidem, p. 89.

158

CRITICA DEL NON VERO

nalismo, senza imitare il legame teologico tra nome e cosa. La sua dispo
sizione rivolge la propria astrazione sia contro la realt di cui parla, sia
contro se stessa. In esso avviene la mediazione - che un tempo fu costi
tuzione - tra soggetto e natura. L'atteggiamento mimetico , in un certo
senso, la cattiva coscienza del linguaggio; in esso il soggetto separato a
forza e del tutto imperfettamente dalla natura vorrebbe riprendere posses
so della formula magica per l'unit con essa. Ma di contro a ci sta la sua
costitutiva socialit, con il disagio corrispondente, che blocca al sogget
to come soggetto il ritorno. Persino la regressione pi patologica si arresta
di fronte all'elemento bruto dell'amorfo. Al di l del principio di piacere si
trova il terreno metafisico della pulsione a eliminare il terreno delle pul
sioni, ovvero la differenza stessa tra materia e materia - il circolo che le
ha separate 103 . Scritto in modo fiabesco: nell'Es hanno casa sia i sempre
identici impulsi somatici sia il deposito della rimozione (cio tradizione,
cio traduzione in forma di contenuti rimossi) sociale. Cos che il linguag
gio, entro il quale si muove l'interpretazione, agganciato ai due estremi:
da una parte il mimetico come raccordo extratestuale, o extralinguistico
tout court, dall'altra il latente sociale come sua riflessione. Cos come ve
demmo a suo tempo per l'autonomia dell'opera d'arte, e per il bisogno di
sistema, anche in questo caso l'una cosa non senza l'altra. La soluzione
adorniana all'interno della versione gnoseologica di questa dialettica, quel
la del rapporto soggetto/oggetto, la seguente:
non un qualcosa, ma solo proposizioni potrebbero comunque essere ontologiche.
L'individuo, che possiede una coscienza, e la cui coscienza non sarebbe senza di
esso, resta spazio-temporale, fatticit, essente: non essere. Nell'essere implicito il
soggetto, infatti un concetto e non immediatamente dato, ma nel soggetto
implicita una coscienza individuale e quindi un elemento ontico 104 .

E, continua Adorno sempre avente Heidegger come modello critico,


ma la verit, la costellazione di soggetto e oggetto in cui entrambi si compenetrano
pu essere tanto poco ridotta alla soggettivit, quanto viceversa a quell'essere, di
cui Heidegger tenta di confondere il rapporto dialettico con la soggettivit 105 .

io? per questa interpretazione del testo freudiano si rimanda a P. D'Alessandro,


// gioco inconscio nella storia, Franco Angeli, Milano 1990.

104 Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p.113.


105 Ibidem, p. 115.

LA DIALETTICA TRA UNIVERSALI E INDIVIDUALIT

Cos:
non c' essere senza essente. Il qualcosa, come sostrato, necessario al pensiero, del
concetto [...] l'astrazione estrema del contenuto materiale non identico con il
pensare, un'astrazione per che non pu essere eliminata da alcun ulteriore pro
cesso di pensiero. [...] Correlativamente, anche al polo opposto soggettivo, il con
cetto puro, funzione del pensare, non pu essere separato radicalmente dall'Io
essente 1()6 .

In questo modo racconta Adorno l'atteggiamento dialettico rispetto


a questo paradosso - che noi potremmo applicare identico all'identico
paradosso del linguaggio/soggetto.
In un certo senso la dialettica pi positivistica del positivismo, da lei disprezzato:
essa rispetta, come pensiero, quel che si deve pensare, l'oggetto, anche dove esso
non segue le regole del pensiero. [...] Il pensiero non costretto ad accontentarsi
della propria normativit; in grado di pensare contro se stesso, senza rinunciare
a se stesso. [...] Ci che apparentemente intollerabile, cio che la soggettivit
presupponga il fattuale, e viceversa l'oggettivit il soggetto [che il soggetto presup
ponga il linguaggio come suo trascendentale, e il trascendentale linguistico l'unio
ne sociale e il singolo parlante] intollerabile soltanto per tale accecamento: l'ipo
stasi del rapporto fra fondamento e deduzione, del principio soggettivo; cui non
si piega l'esperienza del soggetto. [...] Tale dialettica negativa. La sua idea espri
me la differenza da Hegel. [...] La forza del tutto che opera in ogni singola deter
minazione [anche del tutto linguistico, ovviamente] non solo ne la negazione, ma
anche essa stessa il negativo, non vero 107 .

E si precisa, due pagine dopo che:


di fatto la dialettica non n soltanto un metodo n qualcosa di reale nel senso
dell'intelletto ingenuo. Non un metodo: infatti la cosa inconciliata [...] contraddittoria e si chiude a ogni tentativo di una sua interpretazione univoca. [...] Non
un semplicemente reale: infatti la contraddittoriet una categoria della riflessio-

Dunque come si deve comportare il pensiero dialettico, che pensie


ro come interpretazione del carattere enigmatico? Come si deve compor
tare soprattutto rispetto al fatto che: il mondo nella sua testa ma la testa

1)6 Ibidem, p. 121.


"' Ibidem, pp. 126-27.
08 Ibidem, p. 129.

160

CRITICA DEL NON VERO

non il mondo l09 ? Dato che il linguaggio, come pi volte ripete Adorno,
le essenziale, nel senso che solo in esso la fantasia esatta pu servirsi del
materiale per dar corso all'esperienza di risposta come dissoluzione della
domanda - dissoluzione infine in cui non soggettivit e individuo empiri
co hanno entrambi luogo?
Secondo Adorno contro la tentazione di ridurre la dualit nel trascen
dentale, del quale: quasi impossibile spezzare la forza, nonostante la
assoluta non fondatezza del soggetto, e giacch essa una non fondatezza
nel pensiero che esige fondatezza, e che non va affatto confusa con l'eteronomia degli individui esistenti, contro la quale al contrario, per quanto
le possibile, la filosofia dovrebbe protestare, di fronte a ci:
non possibile altro che la negazione determinata dei momenti singoli, tramite i
quali il soggetto e l'oggetto sono assolutamente contrapposti e perci identificabili
l'uno con l'altro. In verit il soggetto non mai del tutto soggetto, l'oggetto
oggetto. Nessuno dei due per un pezzo staccato da un terzo elemento che li
trascenderebbe. [...] Si deve tener fermo criticamente alla dualit di soggetto e
oggetto, contro la pretesa di totalit inerente al pensiero. vero che la separazione
[...] soggettiva, risultato di una elaborazione ordinatrice. Per la critica dell'ori
gine soggettiva della separazione non riunifica il separato, quando oramai si
biforcato nella realt 110.

Una scelta, forse la principale, in qualche modo di rinuncia e scon


fitta del pensiero. Del pensiero dialettico. Una sconfitta che si consumata
al di fuori del pensiero. Ma che tuttavia ha forse ancora una chance di
opposizione. Perch anche il dolore ha una sua forza. La questione per
l'interpretazione critica : come renderlo produttivo?

19 una frase della Torah.


10 Th.W. Adorno, Dialettica negativa cit., p. 157.

CAPITOLO V
DIALETTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA
Se questa opposizione si insedia nel singolo, [...] e [se] questa
scissione sussister nella massa pi grande del popolo, che costitu
isce l'organizzazione vivente di un tale spirito, allora i ceti e le leggi,
i costumi e la religione sono spacciati e l'intero della sua coesione,
la sua costituzione, perduto. [...] L'esistenza della filosofia ha il
suo fondamento nello stesso dissidio, solo che essa filosofia non
rivolta a singole forme, singole determinatezze, ma alla determina
tezza intesa nella sua assoluta astrazione, e la figura che in essa si
da vita, la determinatezza assolutamente libera, nell'elemento del
conoscere; questo suo elemento esso stesso la coscienza, la singo
larit...

G.W.F. Hegel 1
MEMORIA TRA TRADUZIONE E DESIDERIO
Uno dei giochi diffusi tra i bambini, che abbiano imparato a servirsi
di immagini e parole, quello di provarsi a inventare nuovi e straordinari
esseri fantastici. Invariabilmente il gioco si conclude con la scoperta che
non possibile inventare nulla ex nihilo; tutto quel che si riesce a fare
combinare in forme e unit mai viste elementi che, per altro, sono tutti gi
presenti nell'esperienza. L'atteggiamento di Adorno rispetto all'organo di
senso della critica, critica delle immagini e delle cose, rassomigliante a
questo. In nessun caso si tratta di scoprire da qualche parte il punto
archimedeo esterno che permetta di sollevare il mondo al di sopra della
nebbia ideologica che lo avvolge. Per due motivi: intanto oltre la nebbia
non si trova il sole, oltre la dialettica dell'illuminismo non rimasta in
quiete e disponibile la struttura mitico-mimetica, n una qualche altra
sorte di origine; come si gi visto rimozione e istituzione sono atti con
temporanei. E in secondo luogo, non reperibile da nessuna parte un
fondamento sottratto alla struttura a partire dal quale si possa condurre la
critica alla definizione dell'immagine del meglio.

1 La citata frase di Hegel si trova nel frammento jenense Ist auf das Allgemeine, e corrisponde ai fogli lOa e lOb del manoscritto del 1801-02. La traduzione di
Remo Bodei; cfr. R. Bodei, Scomposizioni. Forme dell'individuo moderno, Einaudi,
Torino 1987. Corsivo mio.

162

CRITICA DEL NON VERO

Uno dei luoghi comuni sulla filosofia di Adorno proprio questo,


che si sia forsennatamente rifiutato, per cause inerenti alla sua psicologia
individuale (o alla sua classe sociale di origine, a seconda delle versioni)
alla dipittura del meglio. Molti studi sono anche dedicati alla ricerca di un
motivo immanente alla filosofia adorniana dell'assunzione del divieto scrit
turale di formarsi immagini. Ma sia la spiegazione basata sulla teoria del
l'industria culturale, per la quale ogni proposizione in positivo collabore rebbe all'apologetica indiretta dell'esistente (curiosamente proprio il rim
provero che Lukcs rivolse a Schopenhauer, uno degli scrittori neri pi
presenti e meno trattati dalla scuola francofortense, eccezion fatta per i
due studi di Horkheimer 2 ), sia la riconduzione di questo motivo alle radici
ebraiche del pensiero di Adorno - che pure sono certamente importantis
sime e, per tramite di Benjamin e quindi di Scholem, non affatto solo di
seconda mano - entrambe le spiegazioni lasciano teoreticamente insoddi
sfatti.
In un'opera che difficilmente si arrestata di fronte a tab concilia
tivi quando si trattava di difendere la possibilit di una vita giusta di fronte
alla presente, e che considerava compito della filosofia - uno se non l'uni
co - quello dello smascheramento di tutte le forme che conducono alla
sopportazione, alla condivisione della scissione attraverso la quale solo
tollerata la struttura sociale e riproduttiva del capitalismo maturo, e infine
a ogni tentativo di naturalizzare (ed per Adorno indifferente se si tratti
di naturalizzazione ontologico-teologica o fisico-naturalistica) ci che
sociale per sua essenza, in una tal opera la proibizione di farsi immagini
deve avere a che fare, almeno nella testa dell'autore, con un punto nevral
gico della possibilit del meglio. La mancanza di immagini deve, in una
qualche misura, essere vicina al meglio possibile adesso e qui. E questo in
modo tale da superare l'eterno contrasto tra accontentarsi e non deflette
re. La proibizione di farsi immagini inoltre - vista la sua connotazione
agogica - deve anche avere relazione con la prassi interpretativa di Ador
no; in qualche modo le immagini di Dio sviano o corrompono le intatte
possibilit della critica. Vedremo, nella Dialettica negativa come questa
proibizione sia strettamente connessa all'idea della verit, questa infinita

2 Cfr. M. Horkheimer, Sozialphilosophischen Studien, Fischer Verlag, Frakfurt a.


M. 1972; ed. it. Studi di filosofia della societ, a cura di W. Erede, trad. A.M. Solmi,
G. Carchia, G. Backhaus, Einaudi, Torino 1981. In particolare i saggi: Schopenhauer e
la societ; Sul pessimismo oggi e II pensiero di Schopenhauer in rapporto alla scienza e alla
religione.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

\(f

spina della filosofia. Vedremo come la proposta di Adorno sar infatti


quella di intessere e accettare, la dialettica della coscienza individuale.
Questo organo, forse il pi delicato, dubitabile e incerto tra tutti, proprio
nel suo essere servitore di molti, moltissimi padroni - un poco come la
classe proletaria nella vulgata marxista - dovendo sopportare tutte le ca
tene ha collegamenti diretti con tutti coloro che tengono le catene, e,
tramite la memoria, pu sottoporre a confronto i suoi padroni. E nel
confronto prendere partito contro la propria alienazione a divinit. Perch
la ragione del singolo pur sempre un frammento della ragione sociale.
Ma alla rappresentazione di questa possibilit, incerta se racchiusa
nei termini di una teoria dell'interpretazione, non estranea neppure la
delicata questione se l'atto interpretativo debba dipendere da prescrizioni
oppure se, al contrario, le prescrizioni siano determinate da come l'atto
interpretativo esso di per s; e va scritto chiaramente: per Adorno la
risposta decisamente a favore del dover essere. Concependo egli l'interpretazione come chance critica per eccellenza - all'interno della coscienza
di ognuno - la sua una possibilit, non una prassi determinata dalla
struttura delle cose. Diciamo che non un existentialia, se non nel senso
che ogni processo di pensiero anche un atto interpretativo. Ma tanto pi
l'atto interpretativo si limita a ricalcare la produzione non individuale di
illustrazione delle strutture del mondo, tanto minore , come leggemmo,
la partecipazione del soggetto individuale ali'afferramento dei momenti
qualitativi dell'oggetto, tanto pi siamo, sempre secondo Adorno, ai con
fini della critica, verso la scomparsa della interpretazione a favore della
circolazione della merc. E come efficacemente mostrato da Rossi Landi,
ma non certo solo da lui, la circolazione della merc presuppone atti
ermeneutici ma non essa stessa un atto ermeneutico basandosi, per sua
propria forma, sulla identit. E dove regna l'identit astratta non c' etica
e dunque neppure la necessit della critica.
Abbiamo veduto come l'individuo partecipi del processo interpreta
tivo non nonostante ma grazie alla sua costituzione soggettiva. Come
si esprime Adorno, la costituzione tardoborghese dell'individuo la mi
gliore chiave d'accesso alla societ del capitalismo maturo e, da questa,
alla comprensione della natura seconda in generale. Si tratta ora di mo
strare in che modo le due facolt individuali tra cui si situa la critica memoria e desiderio di felicit - abbiano un lato aggettivo, e come tale
oggettivit non sia solo dialettica ma anche etica.
Scrive Adorno, nel 1962 in uno dei rari casi di un suo pronunciamen
to sul meglio, che: bene ci che si libera dalle catene, ci che trova

164

CRITICA DEL NON VERO

un linguaggio, ci che apre gli occhi 3 . Anche il ricordo, come abbiamo


gi visto, legato al bene - nei Minima moralia si trova la rappresentazio
ne del desiderio, del destare la speranza, attraverso il ricordo della beata
mattinata perduta nel letto. La forza del pensiero, commenta Adorno,
qualcosa di simile al ricordo delle lezioni perdute e del poltrire nel letto.
Sempre nello stesso testo si trova espresso anche il legame tra felicit e
ricordo: il solo rapporto della coscienza alla felicit la gratitudine, e
poco sopra:
per la felicit come per la verit: non la si ha, ma ci si . Felicit non che l'essere
circondati, l'essere dentro, come un tempo nel grembo della madre [...] ecco
perch nessuno che sia felice pu sapere di esserlo. [...] Chi dice di essere felice
mente, in quanto evoca la felicit, e pecca contro di essa. Fedele alla felicit solo
chi dice di essere stato felice. Il solo rapporto della coscienza alla felicit la
gratitudine: ed ci che costituisce la sua dignit incomparabile 4 .

Non si tratta evidentemente della mera impossibilit di essere felici al


tempo presente, bens della dialettica della rappresentazione della felicit
al tempo presente; la felicit si avverte, ma la distanza necessaria alla
rappresentazione fa s che dove c' la rappresentazione allora non c' pi
lo stato, e viceversa. La gratitudine, sentimento volto ad un atto passato,
per forza di cose, nient'altro che il ricordo della felicit. Cos che, po
tremmo dire, la felicit si lascia vivere e ricordare ma non rappresentare
nella coscienza come stato presente. Che cosa ha mai la felicit, nei con
fronti della coscienza, da imporre tale proibizione? anche nei confronti
della felicit si esercita la proibizione all'immagine?
in questione qui il rapporto tra coscienza e felicit, come una specie
determinata di quello pi generale tra ricordo e autocoscienza presente; ,
detto in altri termini, lo stesso problema che al termine della sezione sullo
Spirito assoluto fa, in Hegel, ricominciare da capo l'intera Fenomenolo
gia. E dato che per Adorno, vedremo, alla possibilit del meglio legata
anche l'interpretazione - sospesa tra oggettivit che esige un pi di sog
getto, e individualit che dialetticamente rappresentata da una soluzione
del rapporto tra universalit e particolarit - siamo di fronte a una que
stione cruciale anche per l'interpretazione. Adorno si esprime chiaramente
sull'oggetto della memoria a cui ci si richiama, il punto di afferramento
della critica, e su di esso non si fa illusioni di alcun tipo:
Th.W. Adorno, Parole chiave, cit., p. 44.
Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 127.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

\f

il fatto che l'esperienza del bello naturale si tenga [...] al di qua del dominio sulla
natura, come se all'origine fosse un'esperienza immediata, ne profila la forza e la
debolezza. La forza, perch quell'esperienza memore di una situazione senza
dominio, che probabilmente non c' mai stata 5.

Non dunque qualcosa che sia possibile ricordare, seppure apparte


nente alla sfera della memoria. Ancora Adorno nel saggio sulla ingenuit
epica, contenuto in Note per la letteratura, a proposito dell'opera ultima
di G. Keller, ma in generale delle opere che rammemorano gli aspetti
gentili del capitalismo nascente, scrive, con la consapevolezza che se
l'individuo per come lo conosciamo un prodotto storico, e dunque
passibile di invecchiamento ma non identificabile allo stato che lo ha
prodotto.
Soltanto tale ingenuit consente di narrare degli inizi dell'era tardocapitalistica,
gravidi di sciagure, e farli appropriare dall'anamnesi invece di limitarsi a raccon
tarne e in forza del protocollo che conosce il tempo ancora soltanto come indice,
con ingannevole presenzialit, precipitarli nel nulla di ci su cui nessun ricordo
riesce pi a posarsi. In tale memoria di ci che propriamente non si lascia pi
ricordare [...] esprime naturalmente tanta verit, cio proprio la fungibilit nemica
della memoria, quanta ne sarebbe di nuovo possibile soltanto a una teoria che in
maniera trasparente precisasse la perdita di esperienza in base all'esperienza della
societ. In virt dell'ingenuit epica la parola narrante, nel cui habitus nei confron
ti del passato vive sempre un elemento di apologetica e di giustificazione della
datit in quanto degna di nota, corregge se stessa. [...] Il tentativo di emancipare
l'esposizione dalla ragione riflettente il tentativo sempre gi disperato fatto dalla
lingua, spingendo fino all'estremo la sua intenzione determinatrice, di guarire dal
negativo della sua intenzionalit, dalla manipolazione concettuale degli oggetti, e
di far venire avanti il reale in maniera pura, non disturbato dalla violenza degli
ordinamenti delle parole 6 .

Questo straordinario brano va letto attentamente, data la ricchezza


delle connessioni presenti e la modalit, sempre ellittica, delle soluzioni
proposte.
Intanto fa da sfondo la convinzione decisamente marxista di Adorno,
secondo la quale le forme prodotte da un certo grado di sviluppo della
produzione, in questo caso l'individuo borghese, potendo entrare in con
traddizione con un successivo stadio di sviluppo, non per questo sono
materiale inerte, n inutile. Cos il fatto che l'individuo borghese, centrato
1 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 113. Corsivo mio.
6 Th.W. Adorno, Note per la letteratura, voi. I, cit., pp. 33-34.

166

CRITICA DEL NON VERO

ideologicamente sull'autocoscienza, sebbene di fatto non esista come tale


e non sia affatto centrato sulla coscienza, rifletta un potenziale, un ideale
forse anche, che non appartiene interamente solo allo sviluppo della bor
ghesia, ne allunga i confini oltre l'oggettiva funzione produttiva e culturale
svolta. E dunque Adorno non disposto a liquidarlo insieme alla critica
del soggetto trascendentale. In questo, anzi, lo scandalo, il rimosso dell'in
dividuo, pare essere, a Adorno, assai di pi la funzione riflettente e giu
dicante, vigile per dir cos, piuttosto che il meccanismo inconscio.
Questo perch di ogni forma ci si deve appropriare - volenti o no
lenti - all'interno della determinazione storica (che poi altro non che un
modo impreciso di dire modo di produzione ) in cui s' evoluta. Ma non
lineare quella determinazione, al contrario c' opposizione tra il raccon
to: che conosce il tempo ancora soltanto come indice e la forza di
appropriazione nell'anamnesi. Cos anche se il racconto del tempo
non il tempo, non si pu certo cavarsi d'impaccio con la constatazione
che l'esperienza del tempo corrisponda al racconto dell'esperienza; un
simile spicciolo d'idealismo confonderebbe una determinazione nel pen
siero con una del pensiero, ovvero, idealisticamente appunto, identifiche
rebbe l'oggetto mentale con l'effettivit extra-mentale. La fede nell'im
mortalit individuale, per esempio, si pu ben dire che sia un potente
fattore di organizzazione dell'esperienza soggettiva del tempo, ma non
pu certo soddisfare come scansione storica. La differenza tra modello e
sistema non si lascia soppiantare, insomma, da una logica che rifiutando
il sistema non trovi pi motivo per distinguere il modello dalla realt. E
per questo che Adorno pu scrivere che, nonostante le similitudini enor
mi, la logica hegeliana e il modello storico religioso non sono compatibili
(le autorit prussiane, scarse filosoficamente, ma con le orecchie aguzze, lo
dovettero aver ben compreso quando, ascoltati i primi vagiti dei giovani
hegeliani, richiamarono Schelling perch estirpasse da Berlino il cancro
dell'hegelismo...). Il fatto che la totalit hegeliana ha bisogno di essere
orientata temporalmente solo in funzione negativa, perch: a intenderla
rettamente, la scelta del punto di cominciamento, del primo, indifferente
per la filosofia hegeliana 7 ; e non interessa dunque al pensiero dialettico
il dover ripercorrere le stesse tappe del movimento effettivo. In questo si
potrebbe dire che la critica dialettica come teoria interpretativa, escluda
gi in linea di principio, l'idea della ricostruzione come compito erme-

Th.W. Adorno, Tre studi su Hegel, cit., p. 42.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

1^7

neutico. Non solo, ma cade anche il significato stesso di un primato logico, ontologico, o di qual si voglia gerarchla - che sia determinato dal
prima e dal dopo, e Adorno ne fornisce un esempio proprio riferen
dosi all'individuo, e richiamando Nietzsche.
Che l'individuo, come insegnano il processo storico e la genesi psicologica, sia
un'istanza derivata; che l'individuo non possa rivendicare per s quella invariabi
lit di cui aveva assunto l'apparenza nelle epoche di una societ individualistica,
questo fatto pu stare alla base del verdetto che la storia ha emesso sull'individuo.
Ma questo giudizio non assoluto. Come ha capito Nietzsche, ci che stato
originato pu essere superiore alla sua origine. Critica dell'individuo non significa
sua eliminazione 8 .

L'interpretazione dialettica della storia temporalmente ingenua per


il cominciamento, ma poich questo le indifferente la sua ingenuit si
capovolge. un poco come se, dovendo rinunciare ad avere in mano o
l'una cosa o l'altra, la dialettica - in una parodia del baratto faustiano abbia appreso a far a meno dell'inizio per avere in cambio il nesso reale
del presente. Grazie a questo intendimento, il soggetto della interpretazione torna in Adorno a un suo posto, come struttura che comprenda anche
l'opposizione tra tempo come indice e tempo come anamnesi. Non
perch il tempo storico sia soggettivo ma al contrario perch non lo
che abbisogna della soggettivit, solo cos infatti pu distinguersi dall'or
dine dei vissuti e non coincidere con questi. Solo il soggetto, nella sua
costituzione attraverso la memoria, pu riconoscere la storia come sua
propria materia e insieme a s opposta. Ma non un soggetto trascenden
tale. L'autonomia della struttura sociale che si maschera come autonomia
del soggetto rende imprescindibile insieme alla critica del nominalismo del
soggetto borghese anche la trascendentalit, senza sconti, come si suoi
dire, fatti in nome del principio speranza. Per la critica si deve arrestare
prima di far confusione e identificare nuovamente il concetto di soggetto
autonomo con l'eteronomia dell'individuo empirico. La destituzione del
primo non deve essere apologetica dello spossessamento del secondo.
Anche una realt imperfetta pu opporsi ad un'idea perfetta; anzi come
ben sapevano i medievali la sola esistenza di una realt imperfetta un
gran guaio per la quiete delle perfette idee nella mente di Dio. Avviene
cos una strana inversione: la critica alle pretese dell'idea svela l'ideologia

Th.W. Adorno, Scritti sociologici, cit., p. 83. Corsivo mio.

168

CRITICA DEL NON VERO

che nasconde l'eteronomia effettuale, mentre la critica al concreto perde


la capacit di distinguere tra eteronomia imposta e revocabile, e eteronomia, per dir cosi, naturale, cio legata alla condizione umana. questa
l'inversione: l'irrazionale e il mitico stanno dalla parte del Superlo sociale;
il razionale e il riflessivo sono, per contro, individuali. La civilt delle
merci ha mercificato il disagio della civilt, e lo vende.
Es e Super-Io stringono l'alleanza a cui mirava gi la teoria, e proprio l dove le
masse agiscono istintivamente sono preformate dalla censura e hanno la benedizio
ne del potere. [...] La concezione freudiana dell'arcaicit, per non dire eternit
dell'inconscio vera nel senso che le concrete situazioni e motivazione sociali
entrano in quella sfera solo a condizione di trasformarsi, di ridursi. Il fatto che
l'inconscio e la coscienza non siano contemporanei esso stesso uno stigma dello
sviluppo sociale contraddittorio. Nell'inconscio si deposita tutto ci che nel sog
getto non tiene il passo, ci che deve pagare lo scotto del progresso e dell'illumi
nismo. Ci che arretrato diventa eterno 9.

Per questo il tempo indice tende, come abbiamo letto, a precipi


tare gli eventi nel: nulla di ci su cui nessun ricordo riesce pi a posarsi.
Mentre il suo contrario, sempre contrario dialettico, s'intende, il ramme
morare, appare - si pensi alle pagine adorniane su Proust - come un
esempio di quella tendenza illuminista a cui s' sempre accompagnata,
insieme ad altro, la ricerca freudiana. Rammemorare ha il suo significato
esatto, cio in costellazione non enigmatica, anche nella pi schietta gno
seologia: quasi sempre nella eccentricit del pensiero si lascia intravedere
l'elemento centrale 10 , e questa eccentricit, che sempre una eccentricit
anche linguistica, non affatto opposta alla centratura del soggetto. Anzi,
in un'epoca che spossessa il soggetto di fatto, di quasi tutte le sue funzioni,
teoreticamente la soggettivit diviene eccentrica rispetto al discorso della
destrutturazione del soggetto. Spiega Adorno che:
gi per la sua lingua e i suoi segni il pensiero preordinato al singolo individuo,
e l'intenzione che questi ha di pensare per s contiene anche nell'estrema op
posizione all'universale un momento della parvenza: quel tanto del suo pensiero
che appartiene al pensatore individuale , sia per il contenuto che per la forma,
qualcosa di fuggevole 11 .

Ibidem, pp. 52-53.


1 Th.W. Adorno, Metacritica della gnoseologia, cit., p. 16.
Ibidem, p. 67.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

19

Di qui - dal carattere radicalmente anti-ontologico della possibilit


della prospettiva critica, che si affida a quel che appare come il trascura
bile della totalit sia concettuale che sociale -, da qui dunque l'indispen
sabilit del soggetto per il reperimento dell'organo di senso dei momenti
qualitativi dell'oggetto. Ora, alla luce di quanto sopra scritto, si compren
de meglio il dixit adorniano sulla scrittura equidistante: [per il saggio] la
sua libert nello scegliersi gli oggetti, la sua sovranit di fronte a tutte le
priorities di fattualit o teoria, derivano dal fatto che tutti gli oggetti sono
per esso alla stessa distanza dal centro 12 ; e dato che il saggio modello
dell'interpretazione critica della filosofia: in un testo filosofico tutte le
proposizioni devono essere ugualmente distanti dal centro 13 . Perch
quella equidistanza eccentrica, nella ratio dominante, tanto dal soggetto
ideologico, quanto dall'oggetto quantitativo e meramente essente.
Se il soggetto ha funzione di registrare dove e come pu l'eccentrico
della totalit, tuttavia la temporalit della memoria disordinata dal fatto
che per adempiere a entrambe le sue funzioni - ricordare e fornire mate
riali per il desiderio - costretta a rifugiarsi nell'inconscio, a prender
forma in esso, o meglio: a prender forma per poter ri-uscire da esso. La
forma qualcosa di simile al ritorno del rimosso, come abbiamo visto nella
Teoria estetica.
Tutte le forme della musica, e non solo quelle dell'espressionismo, sono contenuti
precipitati, in cui sopravvive ci che sarebbe altrimenti dimenticato e che non
pi in grado di parlarci direttamente. Ci che una volta cercava rifugio nella
forma, sussiste senza nome nella durata di questa. Le forme dell'arte registrano la
storia dell'umanit pi esattamente dei documenti 14 .

Ecco dunque che anche in questa dialettica - centrale per il nostro


problema - il rapporto della coscienza alla forma quello di memoria di
ci che propriamente non si lascia pi ricordare: qualcosa di assai simile
al sentimento di passato, il solo col quale la coscienza individuale possa
rivolgersi alla felicit.
Qualcosa della memoria si oppone all'adattamento. Dobbiamo, pur
troppo, andarlo a cercare in un luogo semideserto: la critica adorniana alla
12 Th.W. Adorno, Note per la letteratura, voi. I., cit., p. 24.
13 Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 74. Identica espressione anche in
Nofe per la letteratura, voi. I., cit., p. 25.
14 Th.W. Adorno, Filosofia delia musica moderna, cit., p. 49. Un interessante
confronto critico sarebbe possibile con le tesi espresse da F. Orlando in Per una teoria
freudiana della letteratura, Einaudi, Torino 1973.

170

CRITICA DEL NON VERO

cos detta psicoanalisi revisionista. A met di quel saggio, a proposito


della necessit all'adattamento - spina nel fianco della psicoanalisi critica
- scrive il Nostro: con la simpatia della Horney per l'adattamento
strettamente connessa la sua riluttanza a familiarizzare troppo col passa
to 15 . Non solo nel senso che l'ottimismo impone di non girarsi indietro
a scanso del rischio di vedere che non tutto poi funziona cos bene come
dovrebbe; ma anche - l'abbiamo gi visto - perch dal passato emergono
in forma vaga le immagini d'una felicit ricordata che fanno risaltare
l'infelicit presente, perch da quel ricordare ci che propriamente non
si lascia pi ricordare si forma l'esperienza d'una razionalit diversa
dall'adattamento alla sottomissione/introiezione della natura. La intatta
capacit di godere, scrive Adorno, simile a qualcosa che la psicoanalisi
indicherebbe sotto il nome di complesso edipico. Una fedelt testarda ad
un elemento a rigore - cio: al rigore della ratto dominante - inesistente,
giustamente viene definito come atteggiamento nevrotico. Ma gli che le
nevrosi sono formazioni di compromesso non un mero sintomo d'errore; e
non si lasciano tagliare via come il marcio dal sano, al contrario: esse
vanno interpretate e, sciolto il loro aspetto enigmatico, riconsegnate alla
storia dell'individuo. Proprio contro l'idea che questi debba farsene una
ragione e adattarsi al dato di fatto della societ, si appunta la opposi
zione adorniana alla psicoanalisi freudiana e alle sue varianti statuniten
si. Spezzare il nesso tra ricordo e critica, gli apparve mutilazione della
facolt di giudizio - della ragion riflettente -, cio, in una qualche misura,
coincidendo l'atto del giudizio con quello del pensiero e dell'interpretazione, mutilazione del pensiero.
Il meglio non a disposizione, ma al contrario da strappare con
forza al reale sotto forma di negazione della sua inumanit. La possibilit
diretta di accedere al vero, al buono e al bello una extrema ratio ma
destinata al fallimento perch si vuole gettata oltre il problema, senza
scioglierlo'nella prassi. Cos Adorno pu scrivere, ad esempio, che data la
situazione della ragione non l'eccesso di divieti che paralizza, bens l'ap
parenza di essi sopra il dominio:
con la famiglia - perdurando il sistema - scomparso non solo l'organo pi
efficiente della borghesia, ma la resistenza che, se opprimeva l'individuo, d'altro
canto lo rafforzava, o addirittura lo produceva. La fine della famiglia paralizza le

Th.W. Adorno, Scritti sociologici, cit., p. 27.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

\~] \

controforze. L'ordine collettivistico nascente una tragica parodia di quello senza


classi: e col borghese liquida l'utopia che si nutriva dell'amore della madre 16 .

Oppressione e produzione non sono qui presenti solo per tener fede
a un istinto dialettico. Senza la partecipazione del motore individuale del
desiderio, non c' neppure il movente per l'interpretazione critica. Il fatto
che pensare sia interpretare non significa che non si possa essere ridotti a
non pensare. Siamo a un punto critico: la partecipazione dell'individuo al
processo interpretativo la chiave di spiegazione del rapporto tra memo
ria e ricordo. Cos' infatti la memoria di ci che non si lascia ricordare se
non un'interpretazione, una metaforica ricostruzione a partire dalle trac
ce? quelle che Adorno, trent'anni prima, chiamava tracce dell'oscuro
intreccio dell'essente, e che dovevano fornire il materiale alla esatta fan
tasia, organo della ars inveniendil? E che significa scoperta di qualcosa che
non mai esistito? che cosa se non produzione di una immagine? di una
immagine a cui si fa divieto di presentarsi in carne e ossa, e il perch
ancora non lo sappiamo? Che la differenza tra scoperta e invenzione di
una immagine stia nel processo di messa in forma del contenuto? e che
quindi sia una parte del processo del linguaggio attraverso il quale deve
poter essere data la sua utopia?
Attraverso lo shock provocato dalle parole straniere, scrive Adorno,
si ha l'ultimo tentativo di raggiungere gli uomini attraverso il linguaggio:
in tal modo le parole straniere potrebbero conservare qualcosa di quell'utopia del
linguaggio, di un linguaggio senza terra, non legato alla signoria di ci che stori
camente esiste, che vive inconsapevolmente nel loro uso infantile. Disperate come
teschi, le parole straniere aspettano di venir destate in un ordine migliore 17 .

Questa dunque l'utopia del linguaggio secondo il Nostro: che esso


riesca a dire senza signoria sulle e senza signoria dalle cose esistenti. Come
la memoria, anch'esso si riferisce a una dimensione che, se non addirittura
inesistente, per lo meno vivente inconsapevolmente.
Adorno ci porta un esempio di rammemoratore perfetto, che pu
servire da guida per procedere. Scrive: ... la potenza di Bach la potenza
di questa evocazione. Egli non fu un arcaico maestro artigiano, ma un

16 Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 13.


17 Th.W. Adorno, Note per la letteratura, voi. I, cit., p. 211.

172

CRITICA DEL NON VERO

genio del saper ricordare 18, e intende che si tratta di ricordare il posto
dell'uomo nell'assoluto, fino a che, e solo fino a che, precisa con cura
Adorno, l'assoluto non presente come esperienza corporea. E quindi la
forma artistica bachiana sarebbe una sorta di promemoria, una metonimia
dell'arte e dell'uomo come funtori, segni, del rapporto con l'assoluto.
Assoluto che nei termini della religiosit bachiana, significa felicit.
Il fatto che l'uomo abbia la possibilit di fungere da segno della
felicit attraverso la memoria non tuttavia esclusivo dell'opera di Bach.
Leggiamo, a esempio, un luogo della Teoria estetica. A proposito della
differenza tra bello naturale e bello artistico del paesaggio si dice che:
senza una memoria storica non ci sarebbe alcuna bellezza 19 e si prose
gue con la gi citata definizione dell'arte come memoria di una felicit mai
esistita. Il problema che ci si presenta questo: quale pu essere l'organo
per la memoria del non esistito e non ricordabile?
Adorno, ma come lui anche Benjamin e Bloch, spesso esprime il gesto
della comprensione attraverso una proposizione ipotetica, attraverso il
come... se.... Si tratta di una secolarizzazione di una tradizione religiosa.
Il racconto o la parabola perdono il valore simbolico 20, attraverso la seco
larizzazione della dimensione trascendente. Il racconto propone non la
condizione della redenzione ma bens la descrizione della differenza tra
redenzione e non redento. Si potrebbe scrivere, per gioco, che si tratti di
una delusione, nel senso etimologico stretto della parola: chi parla
costretto nella litote dove solo esasperando il negativo si approccia la
verit. Ma se nel procedimento classico della litote il negato non esiste ed
il falso, mentre l'affermato esiste ed il vero, nella parodica della seco
larizzazione della teologia il negato esiste ma ancora il falso, e nulla
affermato, e questo il lato del vero 21 .
Si dice che ci fosse un automa costruito in modo tale da rispondere, ad ogni mossa
di un giocatore di scacchi, con una contromossa che gli assicurava la vittoria. Un
fantoccio in veste da turco, con una pipa in bocca, sedeva di fronte alla scacchiera,

18 Th.W. Adorno, Prismi, eh., p. 133.


19 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 110.
20 Cfr. W. Benjamin, // dramma barocco tedesco, op. cit., e Lettere 1913-40, Einaudi, Torino 1978; E. Bloch, Tracce, op. cit., pp. 9-10, 14, 23-24 et passim. Per quanto
concerne Adorno basti ricordare l'ultimo aforisma dei Minima moralia: La filosofa
[...] il tentativo di considerare tutte le cose come si presenterebbero dal punto di vista
della redenzione.
21 Cfr. Walter Benjamin, Tesi sulla storia, in Angelus novus, op. cit.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

173

poggiata su un'ampia tavola. Un sistema di specchi suscitava l'illusione che questa


tavola fosse trasparente da tutte le parti. In realt c'era accoccolato un nano gob
bo, che era un asso nel gioco degli scacchi e che guidava per mezzo di fili la mano
del burattino. Qualcosa di simile a questo apparecchio si pu immaginare nella
filosofia. Vincere deve sempre il fantoccio chiamato materialismo storico. Esso
pu farcela senz'altro con chiunque se prende al suo servizio la teologia, che oggi,
com' noto, piccola e brutta, e che non deve farsi scorgere da nessuno 22 .

Attraverso questa costrizione, l'uscita dalla riflessione, dall'interpretazione, non pu che essere una de-lusione: una cessazione del gioco. Per
restare all'allegoria benjaminiana, il giocatore di scacchi nascosto nell'au
toma dovr, alla fine, deludere gli spettatori e, cessando di giocare, farsi
vedere finalmente come artefice delle vittorie ottenute dal materialismo
storico attraverso la teologia. Anche in questo progetto il fulcro costitu
ito da una dimensione temporale del ricordo. evidente che nessuno
possiede memoria dell'aspetto del mondo sotto la luce della redenzione,
n un'anamnesi platonica dei puri concetti dell'essere. L'uso dell'utopia
teologica, piuttosto, ha a che vedere con la battaglia contro il relativismo
interpretativo da un lato, e contro il naturalismo dall'altro. La prospettiva
teologica consegna all'immagine e somiglianz il diritto/dovere di rispon
dere in prima persona, come se il soggetto fosse, in quel momento, Dio.
Proprio perch egli il portatore del divino - come ci rivelarono le scrit
ture - in esso il divino ha la sua sede umana.
Il rapporto tra Dio e gli uomini, se questi siano necessari alla sua
infinit, oppure se Dio avesse potuto anche regnare su un universo senza
uomo, un tema spettacolare, e che qui purtroppo dobbiamo tralasciare,
della filosofia medioevale, soprattutto intorno al volgere del secondo seco
lo del primo millennio. Quel che possiamo prendere a prestito, per meta
fora, l'idea che l'uomo come organo di senso per il male e per il bene
indispensabile al processo di perfezionamento del creato (idea questa, a
dir il vero, che risale pi indietro, almeno a Boezio). Cos allo stesso
modo, l'interpretazione, per Adorno, giacch legata strettamente al
come... se... della redenzione, e poich questo come... se... avverti
bile solo dal soggetto, in quanto essere in stato di bisogno che utilizza i
suoi materiali di esperienza e di fantasia per dar forma a dei desideri,
allora bench dell'interpretazione non decida affatto il soggetto, essa pu
avvenire solo per suo tramite. Il soggetto empirico esistente l'unico

22 Ibidem, p. 75.

174

CRITICA DEL NON VERO

portatore delle differenze tra essere e dover essere, nelle quali ha luogo,
secondo Adorno, l'interpretazione.
In un aforisma dei Minima moralia Adorno ripercorre attraverso Jean
Paul e Marcel Proust, la dialettica del ricordo 23 . In esso l'intreccio tra
ricordo e presente, memoria e storia, mostrato con cenni, purtroppo
brevi ma sufficienti tuttavia a formulare questa osservazione: se il ricordo
la facolt individuale di connettere passato e presente - quindi, in un
qualche modo, come gi visto, anche la facolt del desiderio - e la memo
ria invece il rapporto storico, generale o almeno sopraindividuale, tra
allora e ora, l'individuo e il ricordo sono il teatro nel quale pu aver
luogo la rappresentazione di una diversa disposizione della costellazione,
diversa disposizione attraverso la quale il carattere enigmatico del mondo
scompaia, e riluca la traccia del diverso. Che tutto questo avvenga attra
verso una colossale metafora teologica - il come... se... dove si finge che
quel che avviene nell'individuale ricordo riguardi la generale memoria spiega oltre alla proibizione di farsi immagini, che queste subito smonte
rebbero il carattere del come... se... per passare al simbolico, anche la
necessit dell'interpretazipne. Suo modello sar, per Adorno, l'esecuzione.
Ovvero quella particolare messa in forma dove l'esecutore deve rispondere
sia alle condizioni d'essere della partitura che alla necessit del dover
essere l'esecuzione esecuzione perfetta, compiutamente esprimente la ve
rit dell'opera. L'esecutore - che non a caso si chiama anche interprete costretto, insomma, tra essere e dover essere, ontologia ed etica; e se dal
lato della prima sta senz'altro la cosa in s, dall'altro l'esperienza dell'ese
cutore non si separa dal suo lavoro, riconnettendolo alla storia.
Non solo per un gioco etimologico che l'esecutore interprete.
Adorno ha in mente, senza dubbio, l'esecutore musicale il quale deve
possedere - cos si esprime letteralmente il critico francofortense - il ricor
do anticipatore, deve ricordare tutta la partitura per anticipare il suo senso
in ogni nota che suona. La possibilit della musica sta tutta qui: c', ma
attende di essere suonata; senza di che nessun Dio la pu salvare.

ONTOLOGIA E DEONTOLOGIA: L'UNIT DI LOGICA E ETICA


II criterio di oggettivit - scrive Adorno ne // saggio come forma non la verifica delle tesi enunciate tramite un esame iterativo, ma
23 Si tratta del n. 106 Tutti i fiorellini alle pp. 195-97 della gi citata edizione.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

Y")

l'esperienza individuale compresa tra speranza e delusione. Nel ricordo,


essa da rilievo alle proprie osservazioni, confermandole o confutandole 24 .
E stata Susan Buck-Morss, nel citato libro su Adorno e Benjamin (e si
direbbe sulla scorta di suggerimenti da parte di M. Jay, come chiarito
nella prefazione al testo) a indicare nell'esperienza personale di Adorno
come musicista e di Benjamin come traduttore il possibile nucleo del
comune progetto ermeneutico dei due, elaborato nel corso dell'inverno
trascorso insieme 25 . Nella prassi traduttiva - sia musicale che linguistica i due trovavano il modello di una interpretazione che non lasciasse immu
tato l'interpretato, ma che anzi lo trasformasse interamente. Per quanto
riguarda Adorno troviamo che l'esecuzione per lui un problema stretta
mente ermeneutico: eseguire correttamente un dramma o un brano
musicale significa formularlo correttamente come problema, in modo tale
che vengano riconosciute le esigenze inconciliabili che esso pone all'inter
prete 26. Non solo, ma questo atteggiamento vale anche per l'interpretazione di testi filosofici, come si vede pi volte nei capitoli di Dialettica
negativa dedicati all'ontologia heideggeriana, dove a ogni passo ci si chie
de se il pensiero di Heidegger fornisca soddisfazione alle domande che
esso stesso si pone.
Formulare qualcosa come problema non significa altro che rintraccia
re il bisogno che in esso contenuto: come cerco di fare in tutte queste
considerazioni, anche in questo caso bisogna anzitutto cercare di determi
nare il bisogno o la verit che vi sono impliciti 27 . Di modo che, visto che
i bisogni sono comunque avvertiti individualmente, problema e bisogno,
domanda e bisogno, sono determinazioni dialettiche, che arrivano alla
contraddizione attraverso l'individuo. Ma il passaggio dalla cosa al bi
sogno una traduzione. Allo stesso modo in cui eseguire un brano mu
sicale presentandolo come problema, significa tradurre qualcosa che si
presenta sotto forma di risposta, in un materiale che appaia invece come
problema. Traduzione molto pi problematica, per altro, quella dal
bisogno al desiderio. Sappiamo che individualmente essa avviene sulla
scorta di ricordi che non hanno diretto rapporto con ci che realmente
accaduto. Ma sappiamo anche che i bisogni, commistione di falso e di

24 Th.W. Adorno, Note per la letteratura, voi. I, op. cit., p. 11.

25 Cfr. S. Buck-Morss, The origin of negative dialecttcs, op. cit.


26 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., p. 312. Ma cfr. anche l'esempio contenuto
in Dissonanze, cit., p. 191.
27 Th.W. Adorno, Terminologia filoso/tea, voi. I, cit., p. 150.

176

CRITICA DEL NON VERO

vero, confinano da un lato con la struttura antropologico-somatica dell'uo


mo e dall'altra con la dialettica dell'identit che costellazione sociale per
eccellenza. Come dire che i bisogni da tradurre sono o ciechi come talpe
o del tutto inaffidabili, per dir cos, index veri et falsi. Il pensiero senza
bisogno , secondo Adorno, vuoto. Ma il bisogno assurto ad assoluto
cieco: vero sarebbe il pensiero che desidera il giusto. Oltre al motore,
insomma, sono necessari anche apparati di guida. Meglio: di traduzione.
Ma che cos' un desiderio che deve essere'?
Molti critici hanno riconosciuto nel pensiero di Adorno un rifiuto alla
distinzione in linea di principio tra essere e dover essere. A partire dalla
ricostruzione delle connessioni tra critica della societ e critica gnoseologica 28, fino ai rapporti con il postmoderno e alla dialettica tra essere e
desiderio, tra ontologia e deontologia 29. Lo stesso Adorno stato genero
so nell'indicare la sua filosofia come: ontologia dello stato falso (in
Dialettica negativa), filosofia del non vero (Minima moralia) e infine a
concludere che: la filosofia, quale solo potrebbe giustificarsi al cospetto
della disperazione, il tentativo di considerare tutte le cose come si pre
senterebbero dal punto di vista della redenzione 30 , dove evidente come
la necessit di giustificarsi della filosofia di fronte alla disperazione
stabilisce un legame tra etica e gnoseologia (se cos si vuoi considerare la
filosofia) o logica (per restare sul pi hegeliano dei modi di esprimersi),
saldo e ultimo. E in effetti la cosa non dovrebbe destare troppo scalpore.
La separazione di filosofia e etica storicamente prodotta e databile, sep
pure avvenuta su una serie di direttrici e non su una singola. Accettarla
come definitiva un processo di accecamento a cui un pensiero accorto
sulle determinazioni alle quali sottoposta la lettura della struttura della
filosofia stessa, non dovrebbe inchinarsi.
Ma preso atto di questo, assai pi difficile mostrare nell'individuo,
nella dialettica tra ricordo e memoria, nella sua presa di partito per la
28 Cfr. M. Barzaghi, Dialettica e materialismo in Adorno, op. cit.; AA.VV. [Tiedemann e Schmidt], Adorno-Konferenz 1983, op. cit.
Per una critica da sinistra si vedano i voli, collettanei: Die neue Link nach
Adorno, hrsg. von F. Schller, Kinder Verlag, Miinchen 1969, e Hamburger AdornoSymphosion, hrsg. von M. Lobig und G. Schweppenhauser, Dietrich zu Kamplen Ver
lag, Lneburg 1984.
29 J.P. Ladmiral, Adorno cantra Heidegger, in Revue d'Esthtique, n. 1-2, 1975.
In questo saggio l'autore mostra come il lato deontologico abbia un primato rispetto
all'ontologia, primato tautologico in un certo senso, poich secondo Ladmiral nelle
categorie del pensiero adorniano l'etica a stabilire dei primati ontologici.
30 Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 304.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

\~]~]

propria felicit, un punto a partire dal quale possa svilupparsi e muoversi


l'oggettivit dell'interpretazione, come scrisse Adorno esperienza indivi
duale compresa tra speranza e delusione 31 . Nel saggio Die Aktualitt der
Philosophie trovammo che la esatta fantasia doveva essere l'organo di
senso di una ars inveniendi, il cui scopo era quello di variare i rapporti di
forza della costellazione del reale affinch il carattere di enigma scompa
risse per lasciar posto a una nuova costellazione. E se l'esatta fantasia era
l'organo di senso, il materiale era dato dalle immagini dell'essente a partire
dalle quale la fantasia andava ricostruendo le disposizioni possibili della
costellazione. Ora, anche il ricordo individuale ci apparso come organo
di senso della costruzione di immagini attraverso le quali la memoria
potesse trovare una nuova disposizione di fronte alla quale il reale deve
rendere ragione. E anche l'esecuzione, o la traduzione, abbiamo visto,
sono figure di scioglimento dell'enigmatico come trasformazione dell'enig
matico in desiderio, in formulazione di problema.
Il fatto che Adorno concepisce - ma sarebbe meglio dire: usa,
senza fornirne una dichiarazione esplicita - uno stesso modello tanto nel
saggio degli anni Trenta, a proposito della filosofia come interpretazione,
tanto per quel che riguarda l'esecuzione/interpretazione dell'arte, tanto
infine per quel che spetta alla filosofia come dialettica di desiderio/rispo
sta. In ognuno di questi casi, l'individuo assicura la possibilit che si svol
ga la dialettica delle contraddizioni, delle tensioni portate in atto dagli
elementi materiali, e che da esse fuoriesca l'interpretazione. Vediamo
dunque alcune citazioni dai testi per suffragare questa lettura.
In Metacritica della gnoseologia scrive Adorno:
le cosiddette trovate improvvise non sono n cosi irrazionali n cosi rapsodiche
come attribuisce loro lo scientismo [...] in esse esplode il sapere inconscio, non del
tutto soggetto ai meccanismi di controllo. [...] Poich non hanno parte alcuna al
lavoro manipolativo della coscienza pilotata dall'Io, ma invece si ricordano in
maniera passivo-spontanea di quegli elementi che irritano il pensiero ordinatore,
queste trovate improvvise sono in effetti estranee all'Io - Ichfremd, segnala il
traduttore - [...] Nelle intuizioni la ratio cerca di rammentare quanto ha dimenti-

31 Vale la pena di notare come questo sia il punto dolente di ogni interpretazione
di Adorno come precursore del postmoderno. Si vedano i paradigmatici: Santambrogio, Pensiero negativo e progettualit sociale nel pensiero di Th.W. Adorno, in Rassegna
italiana di sociologia, 1986; A. Wellmer, Dialettica moderno-postmoderno. La critica
della ragione dopo Adorno, Unicopli, Milano 1987.

178

CRITICA DEL NON VERO

cato. [...] Nel ricordo involontario il pensiero arbitrario tenta, bench invano, di
porre rimedio ad una parte di ci che tuttavia deve perpetrare 32 .

Qualcosa di simile aveva ricordato Adorno anche nella teoria estetica


dove il contenuto delle opere d'arte vien detto discendere sempre dall'immaginario come processo latente collettivo 33 , e anche nel saggio
Skoteinos, ovvero come si debba leggere si era incontrato un simile atteg
giamento, nel richiamare la funzione insostituibile, nella interpretazione di
Hegel e dei testi in genere, della rammemorazione, ovvero, come scritto
nella Terminologia filosofica del pensare ovunque una propria esperienza
concreta sotto ogni concetto che si incontra nella lettura; negli studi su la
filosofia hegeliana scrive Adorno che:
il tempo articolabile solo attraverso le distinzioni del noto e non ancora noto, di
ci che stato e del nuovo; il procedere ha a condizione una coscienza che scorre
all'indietro. Si ^eve conoscere per intero una frase, certificarsi retrospettivamente
di quanto preceduto. I singoli passaggi sono da ritenersi conseguenza di questo;
occorre realizzare il senso della memorazione declinante, sentire ci che riappare
non come corrispondenza architettonica bens come un divenuto che si impone
per forza propria 34 .

Cos il semplice consiglio a non sorvolare sui concetti oscuri (riba


dito sia negli studi su Hegel che nelle lezioni di terminologia filosofica)
appare qui invece, forte dell'excursus che abbiamo compiuto su memoria
e desiderio, come l'autentica soluzione dialettica tra tutto e parti, dove la
parte la funzione dell'articolazione del tutto, e dove l'interpretazione si
affida alla diatriba incolmabile tra la memoria dell'intero e il senso/ricordo
del singolo frammento.
Ancora una citazione, per concludere, sulla unit. Nei Minima moraU, dottrina della retta vita come precisato nell'introduzione, Adorno
scrive che: l'intelligenza una categoria morale. La separazione di intel
letto e sentimento [...] assolutizza la suddivisione dell'uomo in funzioni,
suddivisione che, viceversa, si determinata storicamente 35 . E dopo aver
chiarito come non si tratti affatto di rinverdire la posizione romantica
dell'unit dei due, conclude che: il compito della filosofia sarebbe piut-

32 Th.W. Adorno, Metacritica della gnoseologia, cit., pp. 54-55. Corsivo mio.
33 Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 145-46.
34 Th.W. Adorno, Tre studi su Hegel, cit., p. 188. Corsivo mio.
35 Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 237.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

179

tosto quello di cercare - nell'opposizione di sentimento e intelletto - la


loro unit: che appunto unit morale^.
Tale unit che si prospetta quella che pu essere realizzata dall'interpretazione. essa a ricollocare nell'opposizione tra sentimento e
intelletto il compito interpretativo attribuito, senza dubbi, da Adorno
alla filosofia. Il ricavare prospettive in cui le cose appaiano dissestate,
dell'ultimo aforisma dei Minima moralia, una prassi interpretativa, un
nuovo punto di vista, a partire dal quale l'enigma della solidit si sciolga
nella sembianza del dissesto. Ma evidente che dissesto - come del
resto molte altre categorie che Adorno applica al campo teoretico 37 - sia
una categoria morale prima e pi che gnoseologica. Quando Adorno scri
ve che il tutto, inteso come societ, reale ma falso, intende proprio
riagganciare giudizio teoretico e posizione etica. Riannodare la scissione
operata dall'utopia illuminista di una perfetta separazione tra dati di fatto,
scienza esatta, e ineffabile sentire, intuitivi sentimenti. questa la separa
zione che la critica smentisce come natura e accetta come dato, ma nella
distinzione tra natura e dato. E questa, ancora, la motivazione, del gesto
impossibile della filosofia: quello del barone di Mnchhausen del solle
varsi da s per il codino. O l'alternativa, come leggemmo, tra crescere
come tutti gli altri e restare bambino. O ancora, infine, l'utopia del lin
guaggio: che sempre deve fare nomi nel tentativo, disperato, di afferrare
le cose. Come s' gi visto:
in tal modo le parole straniere potrebbero conservare qualcosa di quell'utopia del
linguaggio, di un linguaggio senza terra, non legato alla signoria di ci che stori
camente esiste, che vive inconsapevolmente nel loro uso infantile. Disperate come
teschi, le parole straniere aspettano di venir destate in un ordine migliore 58.

il caso di ricordare come teschio fosse, proprio nel saggio Die


Aktualitt der Philosophie dal quale prendemmo l'avvio, simbolo dell'alle
gorico banjaminiano. In quel luogo Adorno commentava Benjamin richie
dendo che dall'allegoria derivasse la dialettica della storia naturale, ovvero
la capacit di leggere nella Natura lo storico e nello Storico il natu
rale. E quello un problema che concerne la genesi del desiderio, e che ci
riporta alla categoria di esperienza che: sarebbe l'unit di tradizione e di

Ibidem. Corsivo mio..


Si pensi, ad esempio, all'uso adorniano dell'aggettivo falsox
Th.W. Adorno, Note per la letteratura, voi. I, cit., p. 211.

180

CRITICA DEL NON VERO

manifesto desiderium dell'estraneo. Ma la sua stessa possibilit messa in


pericolo 39. Tradizione e ragione hanno la loro unit, qui, come compito
della filosofia, unit che nell'esperienza come dialettica di tradizione e
desiderio, la stessa del rapporto tra filosofia ed esperienza: la filosofia si
inspessisce a esperienza affinch le si dischiuda la speranza 40, sebbene
tuttavia: l'esperienza soggettiva solo il guscio di quella filosofica, la
quale matura al di sotto di essa e poi lo getta via 41 . Ancora una volta
siamo di fronte a una opposizione simmetrica che bisogna smontare per
poter leggere. Come possibile che la filosofia debba inspessirsi a espe
rienza, cio prender materie e forze dalla dialettica del desiderio che ab
biamo appena trattato, e nel contempo maturare entro questa e quindi
gettarla via come un guscio?
Nel passaggio tra bisogni, memoria e desideri, attraverso il ricordo e
la produzione di immagini, avviene una traduzione, e questa traduzione
condizione di non cecit del pensiero, che per abbisogna del vero, giac
ch giusto quel pensiero che desidera il vero. Ora evidente che criterio
di questa traduzione non pu essere il rispecchiamento; non ha nessun
senso parlare di rispecchiamento di un dato nella traduzione tra materiale
del pensiero/ricordo e desiderio, e men che meno nel passaggio al pensie
ro. Se la critica dialettica ha un cominciamento e non un primo - uguale
in questo alla paratassi - la risoluzione di questa a-centralit in effetti
contenuta proprio in quella unit di etica e logica che la filosofia si trova
a dover realizzare e che espressa dall'idea che delle interpretazioni non
sia verifica la corroborazione ma: l'esperienza individuale compresa tra
speranza e delusione che: nel ricordo [...] da rilievo alle proprie osser
vazioni, confermandole o confutandole 42 , leggendo con fantasia inge
gnosa e esatta, dove giudizio e comprensione non sono separati e la
massima guida quella contraddittoria di essere a ogni momento dentro
e fuori del testo, giacch leggerlo significa dischiudere la verit poich:
propriamente si lascia comprendere filosoficamente solo ci che vero.
Il fatto che guida dell'interpretazione sia il suo movimento stesso e
non un principio esterno n uno interno al solo testo, chiaro; ma in che

i9 Ibidem, p. 65.
40 Th.W. Adorno, Prismi, cit., p. 247. Non senza interesse osservare che questo
costrutto riferito all'opera di Benjamin...
41 Th.W. Adorno, Tre studi su Hegel, cit., p. 190.
42 Th.W. Adorno, Noie per la letteratura, voi. I, cit., p. 11.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

Jgl

modo il movimento interpretativo, attraverso il soggetto, costituisce l'interpretazione?

LA CONTRADDIZIONE COME CHIAVE ERMENEUTICA

Se davvero l'oggetto della felicit fosse del tutto indifferente, se esso


fosse astrattamente sostituibile, se nel desiderio non fosse rimarcata l'idea
di una mancanza che si sarebbe dovuta evitare - e che in un qualche
tempo sperso nella memoria fu, nella rappresentazione che ne abbiamo,
colmata dall'amore - allora il soddisfacimento totale metonimico, acce
dendo al sistema delle merci, rappresenterebbe qualcosa di simile alla
fine della storia. Il carattere di feticcio, le sue evoluzioni nell'industria
culturale, renderebbero impraticabile non solo il pensiero critico ma, in
generale, qualsiasi forma di pensiero. Ma le forze in gioco non appaiono,
alla riflessione, che nella forma in cui giungono alla rappresentazione:
incomprensibili, fantasie, immagini, mostri. Per la loro apparizione un
fenomeno storico, vale a dire che tramite la forma della loro apparizione
dicono molto sulle contraddizioni a partire dai quali sono state generate.
Abbiamo veduto come la funzione del soggetto empirico, del mille
nario individuo, partecipi al processo interpretativo-formativo, sebbene
non ne sia n il centro n il giudice. Ma la dimensione entro la quale
questo pu avvenire, quella dell'esperienza del dolore. Scrive il Nostro:
il riferimento all'esperienza - cui il saggio conferisce tanta sostanza quanta la teoria
tradizionale ne conferisce alle mere categorie - riferimento a tutta la storia; la
semplice esperienza individuale, la pi vicina e quindi quella con cui inizia la
coscienza, anch'essa mediata dall'esperienza omnicomprensiva dell'umanit sto
rica; ed pura illusione della societ e dell'ideologia individualistica ritenere che
l'esperienza dell'umanit storica sia mediata e l'immediato sta invece ci che
specifico per ciascuno 4 '.

stato F. Carmagnola, nel testo gi citato 44 , a indicare la posizione


di Adorno come realismo critico; non nel senso preciso che questo
termine ha nella storia della filosofia, ma pi ristrettamente nel significato
per cui verso l'ideologia ogni realismo necessariamente critico. Se l'ope-

Ibidem, p. 14.
F. Carmagnola, La conoscenza degli estremi, op. cit.

182

CRITICA DEL NON VERO

razione di quella di far figurare come natura delle astrazioni (prima


fra tutte, ovviamente, quella dello scambio tra forza lavoro e salario) allo
ra la riconduzione realistica dei rapporti funziona da smascheramento
dell'ideologico. Ma, ed questo il punto, anche la teoria del realismo
una teoria. La realt non si lascia mai afferrare come fatto bruto. Il fatto
bruto non meno mediato della teoria. Il ricorso adorniano all'esperienza
rischia allora di scivolare, per voler controbilanciare l'oggettivismo, in una
troppo accentuata soggettivit. E certamente i suoi critici non si lascereb
bero soddisfare dalla dialettica di soggetto/oggetto. La risposta forte di
Adorno, si trova invece l dove non ci si aspetterebbe di trovarla: se
l'esperienza del soggetto tanto cruciale perch essa non del soggetto.
Nella categoria di intentio obliqua della intentio obliqua contenuta que
sta forma: tanto meno il soggetto padrone della sua esperienza, tanto
pi nelle forme soggettive si annida la chiave di volta delle strutture ge
nerali.
Il richiamo di Adorno all'esperienza non cos possibile confonderlo
con un richiamo esistenzialista. Anzi, proprio perch il soggetto non c'
quasi, in esso c' l'altro da esso: soprattutto le strutture della sua produ
zione e mantenimento. La decifrazione dell'individualit, delle sue espe
rienze, per questo vicina alla decifrazione delle parole di una lingua
straniera. Dalla sua riuscita ci si aspetta non tanto la comprensione della
parola - che anzi il punto di partenza - rna la comprensione della lingua.
In questo, la separatezza di principio tra semantica e sintassi , se non
revocata, messa in questione, e non solo per l'estraneit, specificamente
adorniana, alla linguistica contemporanea. L'idea che gli elementi ultimi
del significato siano le parole, o la reciproca dimensione che queste isti
tuiscono tra di loro, da sottoporre al vaglio della sua propria ideologia
di riferimento, come ogni altra posizione teoretica. Poich: non esiste
nulla che non sia mediato, ogni rappresentazione di mediazione passi
bile di essere variata ad opera della esatta fantasia. L'arte combinatoria,
che Adorno identific con la filosofia interpretativa, non solo l'atteggia
mento del pensiero di fronte al falso, ma soprattutto quello del pensiero
di fronte a se stesso. Dove esso dovrebbe sciogliere l'enigma delle sue
proprie figure. Cos l'insieme intero della lingua a cui viene assegnato,
dal pensiero, un valore. Valore che uno degli elementi della costellazione
del pensiero, non un semplice medium. L'idea del puro medium assente
da Adorno: il rapporto della filosofia con i concetti non consiste in primo
luogo nel fatto che essa stabilisca e definisca questi concetti, ma nel fatto
che essa cerca sempre di rendere ragione di ci che i concetti dicono

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

Jg3

obiettivamente 45 , e ci che essi devono obbiettivamente dire la cosa,


della quale parte qualitativa non eliminabile , come leggemmo, l'esperien
za soggettiva. La lotta contro l'assolutismo concettuale e quella per l'au
tonomia - che lotta morale - del soggetto, si incontrano.
Nella decifrazione si tratta allora di recuperare, attraverso i momenti
soggettivi che mostrano la loro radicale non autonomia, i momenti auto
nomi tanto del soggetto quanto dell'oggetto. E questo dovrebbe essere
reso possibile per il fatto che il non identico del soggetto fornito dal
medesimo apparecchio che vorrebbe far scomparire il non identico del
concetto: il concetto. Cos:
la dialettica acquista un lato ultrarealistico. [...] Raccogliere e potenziare materia
listicamente il concetto hegeliano di esperienza dunque il programma di Adorno
dove [...] l'essenza del logico non logica, mentre il logico assoluto (Husserl,
Hegel) si basa sulla premessa di un a priori formale assolutamente libero dai fatti
reali. [...] La Logik der Zerfalls ha insomma una base tradizionale 46 ;

che quella che riconosce l'elemento idealistico in ogni pensiero che non
introduca in se stesso la propria differenza specifica come antidoto. Cosa
che Adorno ha cercato di fare proprio nella Dialettica negativa, luogo
deputato della Logik der Zerfalls. La conclusione, per quel che ci interessa,
esemplare:
se la dialettica differenza, quest'ultima smette di essere l'impensabile, e sta tutta
entro il concetto. [...] La differenza che trova posto nella dialettica un memento
mori per la dialettica stessa: se essa ontologia dello stato falso, vive ed esiste
finch la realt falsa essa stessa 4 '.

Quello che stiamo cercando un modello di autoriflessione del pen


siero dove il momento da superare la coazione all'identit. Poich tutto
mediato, di ogni cosa, appunto, si pu domandare ragione, di ogni
elemento si pu provare a variare la costellazione. E in questa variazione
che viene proposto il dolore come organo di senso per la differenza, ov
vero per il non identico. E quindi come organo di senso per il processo
interpretativo.

Th.W. Adorno, Terminologia filsofica, voi. I, cit., p. 177.


F. Carmagnola, Conoscenza degli estremi, cit., pp. 126-27.
Ibidem.

184

CRITICA DEL NON VERO

In quanto il pensiero si sprofonda in quel che dapprima gli sta di fronte, il con
cetto, diventando consapevole del suo carattere immanentemente antinomico, se
gue l'idea di qualcosa che sarebbe al di l della contraddizione. Il contrasto tra il
pensiero e l'eterogeneo rispetto ad esso si riproduce nel pensiero stesso come una
sua contraddizione immanente. La critica reciproca di universale e particolare, atti
d'identificazione, che giudicano se il concetto adeguato al suo contenuto o se il
particolare coincide anche con il suo concetto, sono il mezzo per pensare la non
identit di particolare e concetto: e non solo quello del pensiero. Se l'umanit deve
liberarsi dalla coazione che realmente subisce sotto forma di identificazione, deve
anche conseguire l'identit con il proprio concetto. A ci partecipano tutte le
categorie rilevanti. Il principio di scambio, la riduzione del lavoro umano al con
cetto universale astratto del tempo di lavoro medio, imparentato strettamente
con il principio di identificazione. Il suo modello sociale lo scambio e non
sarebbe senza di esso; tramite lo scambio entit singole e prestazioni non identiche
diventano commensurabili, identiche. La diffusione del principio trasforma tutto
il mondo in identico, in totalit 48 . '

Essa l'identit irrazionale: se a nessun uomo fosse pi sottratta una


parte del suo lavoro vivente, sarebbe raggiunta una identit razionale e la
societ avrebbe superato il pensiero identificante 49 .
Come dire, in un altro modo, che l'utopia di un linguaggio dove ogni
cosa corrisponda al suo segno, dove tra i parlanti sia istituita una perfetta
comprensione, di fatto esiste: essa la struttura sociale di produzione.
Solo che esiste in una forma rovesciata. Cos il centro attorno a cui
stiamo indagando - il soggetto dell'organo di senso della differenza -
esso stesso un centro distorto, equilibrio di una struttura percepita dall'in
dividuo come perennemente sull'orlo di una catastrofe. Dunque ci di cui
andiamo in cerca deve mostrare come siano possibili distorsione e identit
allo stesso momento, ideologia e critica dell'ideologia nello stesso essere
sociale 0. Per far questo riprendiamo quanto gi accennato circa composi
zione ed esecuzione musicali, in quanto modelli di prassi interpretativa 51 .
Adorno concepisce l'esecuzione come una vera e propria interpretazione,
dove il termine 'esecuzione' esce dal contesto strettamente artistico per
~1X Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., pp. 130-31.

49 Ibidem.
'" Evidentemente questo aspetto ci riguarda qui solo dal lato individuale, anche
se sarebbe necessario, in seguito, ricostruire pi ampiamente le connessioni di questo
con la collettivit sociale.
51 Alcuni critici hanno notato l'importanza paradigmatica di queste due categorie.
Si vedano, ad esempio: R. Tiedemann, Adorno Konferenz 1983, op. cit.; D. Schnebel,
Komposition von Sprache - sprachlichc Gestaltung von Musik in Adornos Werk, in
AA.VV., Thcodor W. Adorno zum Gcdchtms, op. cit.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

185

entrare a indicare ogni sorta di giustificazione dei concetti; l'esecutore


deve trovare l'interpretazione perfetta, non pu accontentarsi di giungere
semplicemente a considerare che quella certa successione di segni potreb
be essere letta ed eseguita in questo o quest'altro modo - non pu lasciare
il testo in forma di domanda inespressa. Mentre ecco come viene mostrata
da Adorno l'oggettivit dell'interpretazione e dell'esecuzione.
Il pensiero finisce sempre col lavorare intorno ad una cosa e alle sue formulazioni
che gli forniscono il suo elemento passivo. In termini-limite si pu dire: io non
penso, e questo ben pensare. Un segno sensibile abbastanza appropriato per
rendere visivamente tale verit, potrebbe essere costituito dalla matita o dalla
penna che si tiene in mano mentre si pensa. [...] Simili strumenti, di cui si ha
bisogno anche se non sono affatto comodi da usare, ci ricordano che non dobbia
mo pensare a casaccio, ma a qualcosa di preciso. L'interpretazione e la critica dei
testi perci il fondamento inestimabile dell'aggettivit del pensiero^2.

Questa posizione, di colui che indossa uno strumento di scrittura


e lavora intorno alla cosa, appare davvero simile a quella del musicista
con lo strumento in mano, per il quale il massimo di attenzione e concentrazione deve, non porlo in primo piano, ma al contrario dare alla parti
tura tutte le voci in essa contenute. Insomma necessario che l'esecutore
conosca la storia dell'opera che sta suonando.
Capire allora non significa altro che enucleare quel che l'autore di volta in volta
ha voluto dire o, comunque, far emergere i moti psicologici e individuali. [...] Ma
cos come difficilmente si pu stabilire che cosa un individuo ha pensato o provato
nella tale e tal altra occasione, allo stesso modo da tali forme di penetrazione
nell'animo dell'autore non si ricaverebbe nulla di essenziale. Gli impulsi degli
autori si spengono nel contenuto oggettivo da quelli assunto. Per svelarsi, tuttavia,
l'obiettiva pienezza dei significati racchiusi in qualsiasi fenomeno spirituale esige
dal destinatario proprio quella spontaneit della fantasia soggettiva che invece
viene frustata in nome di una disciplina oggettiva. Non c' risultato interpretativo
che al tempo stesso non sia proiezione all'interno dell'opera".

Si comincia cosi a chiarire il ruolo della soggettivit nel processo


interpretativo. La fantasia soggettiva nella misura in cui si oppone alla
falsa oggettivit, e per quanto tenue sia l'unico filo rimasto per uscire dal
labirinto. Ancora pi deciso , se possibile, Adorno in un altro luogo:

'2 Th.W. Adorno, Parole chiave, cit., pp. 18-19. Corsivo mio.
^ Th.W. Adorno, Note per la letteratura, voi. I, cit., p. 7.

186

CRITICA DEL NON VERO

a voler essere precisi, // pensante non pensa affatto, ma si fa teatro dell'esperienza


intellettuale, sema dipanarla. [...] I suoi concetti brillano della luce di un terminus
ad quem che gli rimane sconosciuto e non invece di un manifesto terminus a quo,
ed qui che il suo stesso metodo esprime l'intenzione utopica.

E Adorno prosegue come avevamo gi anticipato:


i suoi concetti vanno esposti in maniera che si sorreggano a vicenda e che ciascuno
riceva la propria precisa articolazione soltanto dalle configurazioni che forma nel
rapporto con altri. In esso elementi discreti e tra loro differenziati si raccolgono
in un unico contesto leggibile; il saggio non crea costruzioni n strutture. Tuttavia
attraverso il loro movimento gli elementi si cristallizzano in configurazione. Questa
un campo di forze cos come nella visuale del saggio, ogni produzione spirituale
deve tradursi in un campo di forze 54 .

L'irrinunciabilit del soggetto non deriva solo dalla dialettica dell'oggettivit dell'oggetto, ma anche dalla necessit di assentarsi. E solo un
soggetto che ci sia pu assentarsi. Perch le immagini del teatro che va
messo in moto devono pur sempre essere coniate e avere senso. A propo
sito della necessit di seguire da un lato il puro svolgersi delle determina
zioni e dall'altro rappresentarsi ogni volta il contenuto di ogni preposizio
ne, nella lettura di Hegel, Adorno precisa che l'equivalente di tale espe
rienza, quella dello spirito, nel lettore l'immaginazione mentre: se
questi volesse meramente constatare che cosa significhi un passo, o addi
rittura inseguire la chimera di indovinare cosa mai l'autore abbia voluto
dire, gli si volatizzerebbe il contenuto 55 .
L'immaginazione pu far ci che Adorno le chiede perch a fondo
della sua capacit di mettere in forma differente le costellazioni entro cui
compare il reale, cos come per la memoria e il ricordo, si trova l'imma
ginario come processo latente collettivo, come risultato di una tradizio
ne. Ma questa stata a sua volta un'opera di ermeneutica, nel cui risultato
celata la forza che l'ha condotta in forma. La partecipazione della fan
tasia individuale serve a mettere in moto le contraddizioni senza le quali
neppure l'inconscio, che pure non ne ha, avrebbe di che esistere. La
fantasia individuale partecipa per la sua caratteristica di portare, quasi
come tracce rovesciate, cifrata la realt, nient'affatto fantastica, in cui vive
l'individuo. Che poi la sola che ci preme di interpretare. E tale fantasia
un organo del rapporto tra tradizione e individuo.
54 Ibidem, pp. 17-18. Corsivo mio.

55 Th.W. Adorno, Tre studi su Hegel, cit., pp. 190-91.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

Jgy

Varrebbe la pena di scrivere una storia della fantasia. [...] La sua denigrazione [...]
un fenomeno tipico della regressione dello spirito borghese, che non deve tut
tavia essere considerato come un suo errore evitabile, ma avviene nel segno di una
fatalit che unisce la ragione strumentale di cui la societ ha bisogno con quel
tab. [...] Fantasia significa meno inventare liberamente che operare mentalmente
senza il soccorso pronto e affrettato dei fatti'6;

e a proposito della filosofia della musica riusciamo a sapere che cosa il


nostro intenda per fantasia. Altro non che quella ars inveniendi cui serve
da organo. Organo della Darstellung del pensiero l'esperienza e il deside
rio, organo della arte combinatoria la fantasia; per questo, ad esempio:
la pedagogia musicale dovrebbe innanzi tutto sollecitare la capacit degli scolari
della fantasia musicale, e insegnare agli scolari ad immaginarsi la musica con
l'orecchio interiore. [...] Diventa cos evidente la funzione fondamentale della
fantasia, che la capacit di concepire immediatamente ci che si esegue e si
ascolta come veicolo di un fattore spirituale".

E questa la funzione stretta - giacch veicolo altro non significa della 'forma', della tradizione. Del resto Adorno si esprime in maniera
quasi identica, anni dopo, a proposito della lettura: si deve leggere Hegel
descrivendo insieme le curve del movimento spirituale, quasi a suonare
con l'orecchio speculativo i pensieri come note 58 . Diventa tradizione,
ricordiamo, solo ci che stato rimosso, e che a causa di tale rimozione
tende a diventar forma, nel senso che ogni forma corrisponde a un con
tenuto rimosso. La tradizione cos:
in contraddizione con la razionalit, sebbene questa si formi all'interno di quella.
Il suo mezzo non la coscienza, ma il carattere vincolante dato, irriflesso, di
determinate forme sociali, la presenza del passato, tale carattere che si trasferisce
immediatamente nella sfera spirituale. La tradizione in senso stretto incompati
bile con la societ borghese 59 .

Ma il rapporto che la tradizione propone non altro, l'abbiamo visto


nella citazione adorniana di Benjamin, che il testo su cui si adopera l'interpretazione. Interpretare qualcosa che non sia passato in eredit ma che
sia ancora da avvenire sarebbe un controsenso. Quando Adorno, quindi,
Th.W.
Th.W.
Th.W.
Th.W.

Adorno,
Adorno,
Adorno,
Adorno,

Dialettica e positivismo in sociologia, cit., pp. 64-65.


Dissonanze, cit., pp. 133 e 135.
Tre studi su Hegel, cit., p. 172.
Parva Aesthetica, cit., p. 27.

188

CRITICA DEL NON VERO

sostiene che la tradizione a rigore incompatibile con la societ borghese,


perch essa - del resto esattamente come il rimosso - conserva in forma
qualcosa che dovrebbe essere, nelle intenzioni, consegnato all'oblio. Come
la contraddizione, che indice di una contraddizione reale astratta nel
pensiero, anche la costrizione della tradizione non mai derivata dal puro
ciclo.
L'oblio disumano perch fa dimenticare la sofferenza accumulata: giacch la
traccia della storia nelle cose, nelle parole, nei colori e nei suoni sempre quella
della passata sofferenza. Per questo la tradizione si trova oggi davanti a una con
traddizione insolubile: nessuna attuale n da resuscitare, ma quando ogni tradi
zione spenta, la marcia verso la disumanit iniziata 60.

Gi con questo, forse saremmo in grado di mostrare il ruolo della


soggettivit, nel senso precisato, all'interno del processo interpretativo.
necessario per indicare - citando interamente il punto nevralgico in cui
il Nostro spiega il carattere della tradizione, per evitare fraintendimenti e
predisporre una buona comprensione della Dialettica negativa - in che
senso la tradizione sia la forma della forma. Rileggiamo quindi dal saggio
su Arnold Schnberg.
Una tradizione - scrive Freud nell'ultima opera da lui portata a termine, "Mos
e il monoteismo" - basata soltanto sulla tradizione orale non potrebbe possedere
il carattere ossessivo che insito nel fenomeno religioso. Essa verrebbe ascoltata,
valutata, e forse respinta, proprio come ogni altra notizia; ma non acquisterebbe
mai il privilegio di potersi svincolare dal pensiero logico. Deve aver subito la
rimozione, lo stato di permanenza nell'inconscio, prima di poter produrre al suo
ritorno effetti cosi imponenti, di poter costringere le masse nel suo incantesimo.
Ma non solo la tradizione religiosa, anche quella estetica ricordo di un fattore
inconscio, addirittura rimosso. Quando essa sprigiona di fatto effetti grandiosi,
questi non nascono dalla coscienza rettilinea e di superficie della continuazione,
ma semmai dal luogo in cui il ricordo inconscio spezza la continuit. La tradizione
presente nelle opere accusate di sperimentalismo, e non in quelle intenzional
mente tradizionalistiche. [...] Egli [Schnberg] rivolge una feconda critica al ma
nifesto materiale sonoro del classicismo e del romanticismo, agli accordi tonali e
ai loro collegamenti guidati da norme precise, al melodizzare contenuto tra inter
valli di seconda e quelli delle triadi, insomma a tutta la facciata della musica degli
ultimi duecento anni. Ma nella grande musica della tradizione questi elementi non
interessavano in quanto tali, bens in quanto essi assumevano una funzione precisa
nel rappresentare lo specifico contenuto musicale, il dato compositivo. Sotto la
facciata c'era un'altra struttura latente, determinata in vari modi dalla facciata ma
60 Ibidem, p. 33.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

Ig9

sempre producente e giustificante dal suo interno tale facciata, intesa come un
elemento costantemente problematico. Capire la musica tradizionale signific sem
pre anche rendersi conto, insieme con la struttura della facciata, anche di quell'al
tra struttura, realizzando il rapporto reciproco tra le due. [...] La spontanea forza
creativa di Schnberg esegu un'oggettiva sentenza storica, diede cio libero corso
alla struttura latente mettendo da parte quella manifesta 61 .

questa quella che abbiamo chiamato, con Adorno, esecuzione. Non


che senza Schnberg la sentenza sarebbe stata annullata, oppure che
qualcuno avrebbe dovuto far la parte di Schnberg. Semplicemente
qualcuno doveva essere in grado di avvertire non solo la facciata, ma
anche la portanza latente. In grado di sentire ovunque la forma come
contenuto. La forma intesa fin nel suo intimo, l'intimo di quegli intervalli
che secondo Fiatone davano il ritmo alla saggezza e alla bellezza, e che
secondo l'avversario Aristotele, erano addirittura ritmati sulle orbite cele
sti. Quella natura andava sentita come storia, qualcuno doveva avver
tire il dolore annidato nella forma, nella rimozione, e dargli parola. Questo
non significa, e il dialettico Adorno ne del tutto consapevole, che l'eli
minazione della forma darebbe come risultato la libert. Come per la
tradizione la forma la forma della memoria che non pu essere ricordata.
E questa memoria ancor meglio che nessuna memoria. L'interpretazione
non fa che applicare alla lettera la legge dell'identit, variando il campo di
forze della configurazione, e quindi il significato complessivo. L dove
questa variazione viene avvertita come dolore dal soggetto che, nella
dialettica tra rimozione e ritorno del rimosso, si fa teatro dell'esperienza
sostituendo le parti mancanti con le sue immagini - della cui origine
abbiamo gi discusso abbastanza - significa che una contraddizione del
testo penetrata nella esistenza individuale e che la forma stata lace
rata e la totalit rotta. Ottenere queste prospettive , appunto, secondo
Adorno il compito della filosofia.
Non quindi per amor della sofferenza, o per pessimismo, che Ador
no assegna al doloroso - al da rimuovere - tanta parte. E del resto si
potrebbe dire, in modo semplice, che il dolore altro non che il negativo
nella forma dell'esperienza del singolo il quale, con immagini di felicit
prese a prestito dalla: memoria di ci che propriamente non si lascia pi
ricordare, fa la prova: pronunciando tutti i nomi per vedere quali dolga
no. L'eliminazione della forma non coincide con la libert pi di quanto

Th.W. Adorno, Prismi, cit., pp. 153-54.

190

CRITICA DEL NON VERO

il libero scambio coincida con l'abolizione della coazione identitaria. Per


questo Adorno sostiene che solo in una societ dove a nessuno fosse
sottratta parte del suo lavoro si potrebbe realizzare un'identit non mac
chiata da una falsa equivalenza. Fino a allora il dolore rester una contrad
dizione oggettiva avvertita dal soggetto, teatro dell'esperienza. Avvertita
dal soggetto che tanto pi viene distrutto tanto pi lascia intravedere la
trama del sovrasoggettivo. Tuttavia avvertita non intende certo un
modello di coscienza assoluta. L'avvertimento della contraddizione ogget
tiva , da parte del soggetto, per lo pi inconscio. Per questo dobbiamo
ancora compiere il passo della dialettica della forma - della parodia prima di concludere la ricerca, e vedere come la storia entri a costituire
tutti i punti di questa configurazione.

IL DEBITO STORICO E IL RAPPORTO TRA VERIT E PIACERE

Nei vari rapporti dialettici che abbiamo analizzato fin qui - memoria,
ricordo, tradizione, e via dicendo - una delle dimensioni specifiche della
dialettica rimasta in ombra. E in effetti non perch sia poco importante
ai nostri fini. Si tratta di quel che Hegel cos spiega nella Fenomenologia
dello spirito 62 :
La sostanza viva bens l'essere il quale in verit Soggetto, o, ci che poi lo
stesso, l'essere che in verit effettuale, ma soltanto in quanto la sostanza il
movimento del porre se stesso, o in quanto essa la mediazione del divenir-altroda-s con se stesso. Come soggetto essa la pura negativit semplice, ed , proprio
per ci, la scissione del semplice in due parti, o la duplicazione opponente; questa,
a sua volta, la negazione di questa diversit indifferente e della sua opposizione;
soltanto questa ricostituentesi eguaglianza o la riflessione entro l'esser-altro in se
stesso, - non unit originaria come tale, n unit immediata come tale, - il vero.
Il vero il divenire di se stesso, il circolo che presuppone e ha all'inizio la propria
fine come proprio fine, e che solo mediante l'attuazione e la propria fine effet
tuale.

E, pi oltre, vien detto che cosa sia tale ricostituentesi eguaglianza:


l'elemento della filosofia il processo che si crea e percorre i suoi momenti; e
questo intero movimento costituisce il positivo, e la verit del positivo medesimo.
Cos la verit racchiude in s anche il negativo, ossia ci che si chiamerebbe il
62 G.W.F. Hegel, Fenomenologia dello spirito, cit., p. 14.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

\C)\

falso, qualora potesse venir considerato come alcunch dal quale si debba far
astrazione. Ci che sta dileguando deve anzi venir considerato esso stesso come
essenziale; esso, cio, non da considerare nella determinazione di un alcunch di
rigido, che, tagliato via dal vero, debba venir abbandonato, dove che sia, al di fuori
di questo; n d'altronde il vero da considerare come un alcunch di positivizzato
e morto, giacente inerte dall'altra parte. L'apparenza un sorgere e un passare che
n sorge n passa, ma che in s e costituisce l'effettualit e il movimento della
vita della verit. Per tal modo, il vero il trionfo bacchico dove non c' membro
che non sia ebbro 65 .

Adorno commenta proprio questo celebre passo della Vorrede hege


liana: nella sua microstruttura il pensiero hegeliano, come la sua figura
letteraria, quel che Benjamin chiamava "dialettica in stasi" 64 ; ovvero la
capacit di fare come se si potesse sospendere il corso delle reciproche
determinazioni dialettiche per sorprenderne due, per dir cos, sull'atto di
congiungersi.
Stiamo qui trattando di qualcosa di essenziale alla dialettica. Forse
non la peggiore tra le sue definizioni sarebbe quella che la identificasse
con la forza di cogliere il vero come movimento anzich come risultato.
Con il suo corollario secondo il quale soggetti e oggetti sono altrettanto
divenire quanto il divenire della loro relazione. Se abbiamo lasciato che
mancasse questo aspetto dalla trattazione di una teoria dell'interpretazione
in Adorno, stato in primo luogo perch la questione sufficientemente
nota (sebbene spesso si direbbe, con Hegel, nota ma per questo non
affatto conosciuta...), e in secondo luogo perch una sua anche insufficien
te trattazione ci avrebbe occupati troppo a lungo. Se ora se ne scrive
seppure brevemente per arricchire di questa determinazione quanto
detto in precedenza sulla costellazione e sul destino della lingua. La paro
dia infatti, per anticipare qualcosa, un movimento che si attua all'interno
di due dimensioni storiche differenti entro una stessa configurazione.
Nella terminologia filosofica leggemmo che: i termini filosofici sono,
propriamente, dei punti nodali della storia del pensiero che si sono con
servati e attorno a cui ruota - per cosi dire - la storia della filosofia.
Oppure - se mi consentite la formulazione: ogni termine filosofico la
cicatrice di un problema irrisolto 615 , ma la cicatrice come il sintomo:
essa esprime non solo il passato, l'accaduto, ma altrettanto radicalmente il
presente, il ritorno del rimosso, per come esso si determinato.
63 Ibidem, pp. 37-38.
64 Th.W. Adorno, Tre studi su Hegel, cit., p. 184.
65 Th.W. Adorno, Terminologia filosofica, voi. I, cit., p. 213.

192

CRITICA DEL NON VERO

Si potrebbe dire che ogniqualvolta un termine si cristallizzato e ricompare con


tinuamente, esso non indica sempre e univocamente la stessa cosa, ma potete
invece esser certi che accaduto qualcosa di cui i filosofi non sono venuti a capo 66.

Come dire che le parole che conserviamo sono solo quelle irrisolte,
di cui non si riusciti a fornire la giustificazione. Giustificazione che
sempre extralessicale, cos che conclude Adorno: la mia tesi che i ter
mini invariati esprimono l'identit dei problemi tramandati, mentre il
processo storico che risolve i problemi in modi diversi dev'essere cercato
nel cambiamento dei significati 67 .
Anche a proposito del rapporto tra tradizione, cio storia rimossa,
delle parole in generale e le parole stesse, Adorno si esprime chiaramente.
La lingua della scrittura non un agglomerato di contrassegni; nella scrittura i
valori di ciascuna parola e di ciascun nesso di parole ricevono oggettivamente la
loro espressione dalla loro storia, e dentro la storia delle parole sta il processo
storico in generale 68;

per questo terminologia e tradizione intrattengono un rapporto cos stret


to, perch:
questa trasmissione [quella dei problemi dei quali non si venuti a capo] una
funzione della terminologia, che in tal modo a priori in un certo rapporto di
contrasto o di contraddizione col pensiero immediato della cosa stessa. Essa ha
cosi qualcosa dei fenomeni di pedagogizzazione che possiamo osservare oggi: il
problema di insegnare qualcosa ad altre persone, di trovare i mezzi con cui comu
nicare e trasmettere loro certe conoscenze, viene a sostituire il problema della cosa
stessa o della verit della cosa 69 ;

anche se bisogna constatare che purtroppo oggi:


la disputa su ci che i filosofi intendevano dire nei loro testi ha preso il posto del
problema di ci che i testi dicono in se stessi, e del rapporto che esiste fra ci che
essi dicono con la verit che noi possiamo pensare. Lavorare contro questa specie
di filologizzazione certo uno dei compiti essenziali della filosofia 70.

66
67
68
69
70

Ibidem, p. 214.
Ibidem, p. 215.
Th.W. Adorno, Parva Aesthetica, cit., p. 32.
Th.W. Adorno, Terminologia filoso/tea, voi. I, cit., p. 58.
Ibidem, pp. 64-65.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

^93

ancora in quest'ambito di pensiero che riacquista pieno significato


quanto leggemmo sulle omissioni del testo che sono sempre in qualche
modo omissioni del termine per un concetto o del concetto tout court:
pi importante di ci che egli aveva in mente ci di cui parla giacch
non il soggetto scrivente a guidare la dialettica di terminologia/tradizio
ne che abbiamo appena delineato:
il primato dell'obiettivit, rispetto al corso dei pensieri quali si vorrebbero, della
determinata circostanza che dev'essere considerata, costituisce anche nella filosofia
di Hegel un'istanza contro la medesima. Se all'interno di un paragrafo il problema
che gli compete si delinea come circoscritto e risolto [...] allora anche l'intenzione
di Hegel si chiarisce, sia che ci che egli pensava cripticamente ora si disveli da
s, sia che le sue considerazioni si articolino attraverso le loro stesse omissioni".

Contro queste accumulazioni di storia nelle parole e nelle costellazio


ni, accumulazione che oscilla sempre tra soluzione e rimozione, si pone la
trascendenza della singola parola, il cui rappresentante paradigmatico
Adorno individua in Heidegger. Chi abusa di questa trascendenza, che
deriva, secondo il Nostro, dal rapporto tra particolare e universale:
punta su una teoria prettamente nominalista del linguaggio, secondo la quale le
parole sono gettoni da gioco scambiabili, non toccate dalla storia. Questa tuttavia
penetra in ogni parola e impedisce ad esse la riproduzione di quel presunto senso
originario di cui il gergo va a caccia. Che cosa gergo e che cosa no dipende dal
fatto di scrivere la parola con un accento nel quale essa si ponga come trascenden
te rispetto al proprio significato; oppure di dare peso alle singole parole a spese
della proposizione, del giudizio, del pensato 72 .

A fronte di questa trascendenza ne esiste un'altra.


Il desideratum della filosofia, quel che le esclusivamente proprio e in ragione del
quale la rappresentazione (Darstellung) le essenziale, il motivo per cui tutte le
parole dicono pi di quanto ciascuna dice. Di ci approfitta la tecnica del gergo.
La trascendenza della verit rispetto al significato delle singole parole e dei giudizi
viene aggiunta alle parole stesse come loro propriet immutabile, mentre quel Pi
si costruisce solo nella costellazione, in forma mediata. Il linguaggio filosofico, in
base al suo ideale, trascende ci che dice tramite ci che dice nel corso del pen-

71 Th.W. Adorno, Tre studi su Hegel, cit., pp. 181-82.


72 Th.W. Adorno, Jargon der Eigentlichkeit. Zur deutschen Ideologie, Suhrkamo
Verlag, Frankfurt a. M. 1964; ed. it., Gergo dell'autenticit. Sull'ideologia tedesca, a cura
di R. Bodei, Bollati Boringhieri, Torino 1969, p. 10.

194

CRITICA DEL NON VERO

siero. Esso trascende in forma dialettica, quando al suo interno la contraddizione


di verit e pensiero diventa cosciente di s e dunque padrona di s 73 .

Ogni pensiero contiene dunque, nella sua materialit formale, nel


contenuto d'esperienza, nelle sue leggi segniche e simboliche, una storia
che deve essere conosciuta. Il suo valore non deciso dall'oggetto n
dall'interesse del soggetto - piuttosto dalla sua capacit di aprire all'espe
rienza. E dunque, poich l'esperienza non immediatamente il pensiero,
di andar contro di s, di aprire quel che pure stando a suo fondamento,
viene da esso negato sotto l'identificazione. Questa la sua forza. Ogni
interpretazione cos uno smontaggio di una costellazione a partire da
una determinata cristallizzazione storica di essa. Cristallizzazione che si
lascia leggere per lo pi nella dialettica storica dei termini e del rapporto
tra senso (per cui desiderio e ricordo) del singolo e rappresentazione
(Darstellung) della struttura sociale. L'atto della comprensione contem
poraneo, anzi forse lo stesso del giudizio formulato secondo l'intricato
e incosciente avvertimento soggettivo della contraddizione sotto l'aspetto
della tradizione, della rimozione e della forma naturale. In quel che si
avverte come mancanza, anche nell'esperienza individuale, tanto pi dove
l'autonomia del soggetto ridotta dalla potenza della struttura, si intrave
de la traccia di quel che stato necessario sottrarre alla cosa per giungere
all'espressione. Sottrazione a cui si aggiunge quella propria e determinata
di quella espressione rispetto a tutte le altre possibili. Questa doppia in
terpretazione, o esecuzione ideologica, si pu dire ripeta, ogni volta, il
processo, messo in luce da Adorno, della dialettica dell'illuminismo, dalla
mimesi al simbolo e poi al segno. Dove la progressiva separazione istitu
isce lo spazio di differenza entro il quale poi di necessit si situerebbe
l'interpretazione come critica. Senza quelle sottrazioni, o sovracostruzioni,
il che qui lo stesso, c', appunto, solo la paura come rapporto con il
naturale, e la paura non una interpretazione. Molto freudiano in questo,
Adorno scommette sulla ineliminabilit del desiderio come motore del
processo illuministico, e della autoriflessione di esso; autoriflessione che
trova il suo culmine proprio nella interpretazione offerta da Dialettica
negativa. Senza desiderio quindi, a livello di esecutori delle rappresenta
zioni delle configurazioni (Darstellungen der Konstellation], non c' inter
pretazione poich manca la distanza tra pensiero e realt. Giacch il de
siderio del pensiero stato, secondo il Nostro, modellato sul lavoro come
73 Ibidem, pp. 12-13.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

\^

primo fondamentale atto negativo. Ma anche senza l'obbligo all'identit


razionale di pensiero e realt, non si da desiderio, e quindi la contraddi
zione che richiede l'interpretazione.
In un certo senso dotare di contenuto reale un pensiero e conoscere
a quale desiderio esso risponda sono la medesima cosa. La differenza in
tale medesimit, la dialettica della formazione dell'individuo, lo spazio
che Adorno assegna all'interpretazione. Solo in esso la capacit dell'indi
viduo di produrre immagini come proiezione e sostituto dell'esperienza,
consente la posizione dell'arte combinatoria che elimina il carattere di
enigma del reale falso per far riferimento, sotto di esso, ai suoi moventi.
In questo, accettare ogni pensiero come risposta a desideri e decidere sulla
loro soddisfazione tutt'uno. per necessario mostrare come tale unit,
la cui leva etica abbiamo gi indicato, faccia riferimento a una categoria di
verit ingenua, realista e al contmpo essenzialmente critico dialettica.
Scrive Adorno che:
la filosofia non consiste semplicemente nella corrispondenza fra il pensiero e il
linguaggio da un lato e l'oggetto dall'altro, ma in verit possiede o coglie il suo
oggetto sempre soltanto in quanto lo sorpassa, qualcosa di pi del puro oggetto.
Di conseguenza l'immagine, o l'allegoria, un elemento pressoch irrinunciabile
della stessa filosofia ' 4 .

E quindi la filosofia pi che una interpretazione del mondo, una


critica che anticipa, per quanto le possibile, un'altra forma sociale. Cos
che il processo interpretativo, che tanto si appoggia alla contraddizione
oggettiva, soggettivamente avvertita dall'individuo come dolore e infelici
t, nel momento in cui scioglie l'apparenza di ineluttabilit del proprio
oggetto, si fa anche strumento di liberazione. Per, questo non pu acca
dere una volta per tutte. L'interpretazione che ha sempre a che fare con
le parole deve in ogni momento tener presente che se richiamata fuori
di esse, perch il linguaggio stesso non linguistico ma storico. Non
quindi legittimo:
cercare di fare a meno di ogni surplus storico. Bisogna confrontare ci che le
parole storicamente evocano con il livello di coscienza che il proprio, e chiedersi
se ci che si tratta di esprimere qui pu essere ancora considerato come qualcosa
di sostanziale dal punto di vista della cosa 7'.

' 4 Th.W. Adorno, Terminologia filolofica, voi. I, cit., pp. 63-64.


'' Ibidem.

196

CRITICA DEL NON VERO

Questa evocazione storica ha il suo corrispettivo nell'atteggiamento


d'attesa del soggetto:
chi voglia conoscere una cosa, e non ricamarvi sopra con delle categorie, deve
invero rimettersi ad essa senza riserve, senza coperture pregiudiziali; ci gli riesce,
per, solo qualora in lui stesso vi sia gi in stato di attesa, come teoria, il potenziale
di quel sapere che poi si attualizza solo mediante lo sprofondarsi nell'oggetto 76;

una precomprensione, direbbero gli ermeneuti, che non solo esisten


ziale, bens anche sedimentata nell'oggetto che socialmente prodotto n
pi n meno delle parole. Per questo:
l'oggetto si apre ad un'insistenza monadologica, che cosciente della costellazione
in cui esso sta: la possibilit di penetrare all'interno richiede quell'elemento este
riore. Tale universalit immanente nel singolo per aggettiva come storia sedimen
tata. Essa in lui e fuori di lui, un elemento che lo avvolge, in esso ha il suo posto.
Cogliere la costellazione in cui sta la cosa equivale a decifrarla come quella che lo
porta in s come suo divenuto. [...] Soltanto un sapere che ha presente anche la
collocazione storica dell'oggetto nel suo rapporto con altri, in grado di liberare
la storia nell'oggetto: attualizzazione e concentrazione di qualcosa di gi noto, che
lo modifica. La conoscenza dell'oggetto nella sua costellazione conoscenza del
processo accumulato in esso 11 .

Tra l'altro la insistenza monadologica trova in Teoria estetica una


sua pi ampia formulazione nel carattere monadologico delle opere d'arte:
sempre pi l'atto interpretativo cessa di far differenza sulla categoria alla
quale dovrebbe appartenere il suo proprio oggetto, per divenire atto cri
tico vero e proprio. Esso alla ricerca dei punti ciechi della storia allo
stesso modo in cui Marx chiar, una volta per tutte, che la societ si cifra
nei suoi prodotti i quali le appaiono incomprensibili fino a che oscuro
rimane il fondamento della loro produzione. La rimozione storica, ripor
tare a coscienza la quale il compito dell'interpretazione critica, non
appare dunque mai come un dato di fatto, ma nascosta sotto le contrad
dizioni che, come dei sintomi, tendono a costituire una totalit senza via
d'uscita. Non la totalit ci di cui l'interpretazione va in cerca. Poich
essa presente solo nelle sue contraddizioni determinate, e queste a loro
volta sono tali in quanto nascondono l'effettuale, il testo da leggere si
pu dire che, a rigor di termini, non esista ancora. Ci di cui disponiamo
76 Th.W. Adorno, Tre studi su Hegel, cit., p. 123.
77 Th.W. Adorno, Negative Dialektik, p. cit., p. 165. Corsivi miei.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

\()~]

sono solo gli scarti della sua soppressione delle sue tracce. La questione
appare pi chiara, forse, seguendo quanto scrisse Adorno a proposito
dell'amico Benjamin.
Se Benjamin ebbe a scrivere che la storia stata scritta finora dal punto di vista
del vincitore e deve essere scritta da quello dei vinti, occorre aggiungere che la
conoscenza deve bens rappresentare la logica infausta della successione di vittoria
e disfatta, ma deve rivolgersi - nello stesso tempo - a ci che non entrato in questa
dinamica, a ci che rimasto per via: ai prodotti di scarto e ai punti ciechi che sono
sfuggiti alla dialettica. [...] Ci che trascende la societ dominante, non solo la
potenzialit che essa ha sviluppato, ma anche ci che non entrato nelle leggi del
movimento storico. La teoria si vede rinviata all'obliquo, all'opaco, all'indetermi
nato, che, come tale, ha senza dubbio qualcosa di anacronistico, ma non si esau
risce nell'invecchiato, perch ha giocato un tiro alla dinamica storica. [...] Gli
scritti di Benjamin sono il tentativo, continuamente ripreso, di mettere filosoficamente a frutto ci che non ancora determinato dalle grandi intenzioni. Il compito
che egli ci ha lasciato in eredit quello di non affidare esclusivamente questo
tentativo ai rebus sconcertanti del pensiero, ma di recuperare ci che privo di
intenzione attraverso il concetto: l'obbligo di pensare dialetticamente e non dialetti
camente ad un tempo'*.

Il privo di intenzione era, lo ricordiamo, il punto nevralgico della


ermeneutica filosofica nei saggi degli anni Trenta. L'appiglio dialettico
della critica deve passare attraverso di esso - come la Deutung freudiana
attraverso il Lustprinzip - perch solo li sopravvive ancora il non-identico
della totalit sociale sviluppata. Essa ha soppresso le proprie origini nel
tentativo di occultare le proprie contraddizioni. Ma capire significa affer
rare il processo dialettico, e senza contraddizioni non c' processo. Non
allora per amore dei minimi passaggi che l'interpretazione si affida
all'eccentrico e all'individuale; non una sua forza ma una sua debolezza
il fatto che la storia si conservi solo in essi; per questa debolezza e pur
tuttavia una chance. Le immagini di felicit dell'infanzia non valgono come
terminus ad quem dell'interpretazione, ma come corpo di uno spirito che
ancora di l da venire; segno che una diversa realt deve poter esistere:
le tracce discendono dall'indicibile dell'infanzia, che una volta diceva tutto. [...]
Ma l'adulto che ricorda tutto ci porter alla vittoria le pedine che a suo tempo
ha perso al gioco, senza tuttavia tradirne l'immagine alla ragione troppo adulta;
quasi ogni ermeneutica accogli in s la spiegazione razionalistica e poi la strapazza
per bene. Le esperienze sono tanto poco esoteriche quanto ci che una volta
Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., pp. 178-79. Corsivi miei.

198

CRITICA DEL NON VERO

commuoveva nelle campane di Natale e che ora non si lascia mai completamente
cancellare: quel che ora e qui non pu essere tutto 79 .

L'interpretazione non affronta il proprio compito del tutto disarmata.


Se non si intende la coscienza come mero portavoce del principio di
realt, e se si riconosce come anche la pi rarefatta tra le funzioni trascen
dentali abbia un referente empirico, allora si deve anche ristabilire la
verit dell'idealismo: il soggetto riflette se stesso, l'oggetto no. Ma questo
non comporta che l'interpretazione sia idealista. Al contrario. Uscire dal
concetto le essenziale tanto quanto entrarvi davvero. E ci possibile
perch resta vero - contro l'idealismo - il primato dell'oggetto; la coscien
za infatti il processo di riflessione di una conciliazione (quella di soggetto
e oggetto) che non riuscita, e la negativit del pensiero lo sta a testimo
niare. La critica cos costretta a fare ritorno all'impotenza dello spirito,
a prender coscienza del fatto che il rapporto del pensiero con i suoi og
getti esso stesso un prodotto sociale, la soluzione del quale coincide, in
ultima istanza come s'usa dire, con quella di un superamento delle attuali
contraddittorie forme sociali.
La coscienza funzione del soggetto vivente, il suo concetto formato a sua
immagine. Ci non si pu eliminare dal suo senso. L'obiezione che in tal modo si
confonde il momento empirico della soggettivit con quella trascendentale o essen
ziale debole. Senza alcuna relazione con una coscienza empirica, quella dell'io
vivente, non ci sarebbe alcuna coscienza trascendentale, puramente spirituale.
Riflessioni analoghe sulla genesi dell'oggetto sarebbero vane. Mediazione dell'og
getto significa che non pu essere ipostatizzato staticamente, dogmaticamente, ma
conoscibile soltanto nel suo intreccio con la soggettivit; mediazione del soggetto
significa che letteralmente non sarebbe senza il momento dell'oggettivit. Indice
del primato dell'oggetto l'impotenza dello spirito in tutti i suoi giudizi come
nell'organizzazione della realt. L'elemento negativo, cio che allo spirito non
riuscita la conciliazione insieme all'identificazione, diventa motore della propria
demistificazione. Esso vero e apparenza: vero, perch nulla esente dal dominio
che esso ha portato alla sua forma pura; non vero: perch nella sua confusione con
il dominio non affatto lo spirito che si crede di essere e per cui si spaccia. Con
ci l'illuminismo trascende la sua autointerpretazione tradizionale: essa non pi
soltanto demitologizzazione come reductio ad hominem, bens viceversa anche
come reductio hominis, come comprensione dell'inganno del soggetto stilizzantesi
ad assoluto. Il soggetto la tarda forma del mito, eppure simile alla pi antica 80 .

79 Th.W. Adorno, Note per la letteratura, voi. I, cit., pp. 220-21. Adorno sta, nel
brano citato, parlando di E. Bloch.

80 Th.W. Adorno, Negative Dialektik, cit., p. 186.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

199

II soggetto mitico poich mitica :


la celebrazione dell'insensato come senso, la ripetizione rituale di connessioni
naturali in singole azioni simboliche come se in tal modo fossero una sovranatura.
Categorie come l'angoscia, di cui si deve almeno stabilire che non dovrebbe durare
per sempre, diventano [...] elementi costitutivi dell'essere in quanto tale 81 .

L'interpretazione legata alla autointerpretazione del pensiero pi di


quanto di solito si ammetta. Non perch l'essere che pu essere compre
so linguaggio, ma al contrario perch anche il linguaggio deve essere
compreso come essere sociale. L'opera di composizione di differenti co
stellazioni, che tutt'uno con l'interpretazione, non allora solo un arti
ficio atto a disvelare la falsa apparenza, non solo illuminismo, ma al
contempo anche critica del mito illuministico di una ragione naturalmente
indirizzata alla felicit degli uomini. L'idealismo di questa fede non sta
per nella convinzione che la ragione debba poter guidare l'organizzazio
ne dell'esistenza, ma nell'aver espulso dallo spirito - e di conseguenza
dalla verit - ogni riferimento alla materia, nell'aver fatto del bene qual
cosa che non ha nulla a che spartire con il piacere. Come dire che la
dialettica dell'illuminismo ha occultato la dialettica di materia e spirito, la
cui conciliazione pure fu il suo scopo dichiarato.
Contro questa estrema idealizzazione anche del momento corporale
Adorno sostenne che non ha senso una verit che non abbia a che fare con
il piacere fisico e, in ultima istanza, con quello sensuale. Se la repressione
dell'individuo il prezzo pagato dall'illuminismo nella sua battaglia contro
il mito, l'autocritica dell'illuminismo deve cominciare, o meglio trova il
suo motivo, proprio li:
l'aspirazione materialista di capire la cosa, esige il contrario: l'oggetto nella sua
interezza si potrebbe pensare solo senza immagine. Tale assenza d'immagine con
verge con il divieto teologico di farsi un'immagine di Dio. Il materialismo lo
secolarizza, non permettendo di dipingersi positivamente l'utopia: questo il con
tenuto della sua negativit. Esso d'accordo con la teologia, laddove pi mate
rialistico. La sua nostalgia sarebbe la resurrezione della carne, che invece del
tutto estranea all'idealismo, il regno dello spirito assoluto. Punto di fuga del
materialismo sarebbe la propria negazione, la liberazione dello spirito dal primato
dei bisogni materiali nella condizione della loro soddisfazione. Lo spirito potrebbe
conciliarsi soltanto con l'impulso corporale placato e diventare quel che da tanto

Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 107.

200

CRITICA DEL NON VERO

tempo promette soltanto, finch - entro il sortilegio delle condizioni materiali nega la soddisfazione dei bisogni materiali 82 .

Allora l'individualit che serve da sostegno all'interpretazione critica


non pi cieca sulle proprie origine, non individualit come mero sup
porto delle funzioni soggettive, delle quali giustamente va condotta fino in
fondo la critica, ma elemento nel quale si incontrano il presente della
negazione e il telos della liberazione. Dolore, ricordo e desiderio non sono
esistenziali ma momenti materiali della storia. L'interpretazione che li usa
per scomporre le costellazioni enigmatiche in figurazioni trasparenti, nell'opporsi alla falsa totalit si ritrova opposta anche a se stessa, rimandata
ad un livello elementare della sensazione dove non c' nulla da interpre
tare, infatti:
non c' sensazione senza momento somatico. [...] Qualunque sensazione in s
anche senso del corpo. Non si pu nemmeno dire che questo accompagni quel
la. [...] Il timbro verbale di parole come sensibile, sensuale, anzi gi quello di
sensazione, rivela quanto poco le fattispecie cosi designate siano puri momenti
della conoscenza, come li tratta la gnoseologia. La ricostruzione immanente al
soggetto del mondo oggettuale non avrebbe potuto costruire la base della sua
gerarchia, la sensazione appunto, senza la physis, e la gnoseologia autarchica solo
su di essa. Come elemento non puramente cognitivo della conoscenza il momento
somatico irriducibile. [...] Il fatto che le prestazioni cognitive del soggetto della
conoscenza secondo il loro senso siano somatiche, tocca non solo il rapporto di
fondazione di soggetto ed oggetto, ma anche la dignit del corporale. Al polo
ontico della conoscenza esso si rivela come suo nucleo 83 .

L'esistenza di questo nucleo non , per, la base di una metafisica


sensista. Adorno, cosciente di star riflettendo su un momento originario
virtuale, sui pensieri di Dio prima della creazione, non vuole affatto
affermare che la riflessione critica debba chiudersi una volta raggiunto il
grado zero del soma. Intanto perch l'uomo non segue la legge mecca
nica della causalit newtoniana, e il fatto che alla base si ritrovi sempre
l'elemento corporeo non significa che esso, in quanto causa, sia superiore
e spieghi tutti i suoi effetti. Ma poi, e soprattutto, perch lo stadio elemen
tare del corpo indissolubilmente intrecciato con la concreta situazione
della coscienza del corpo. Detto altrimenti, riprendendo i termini de Die

82 Ibidem, p. 185.
85 Ibidem, p. 173.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

201

Idee der Naturgeschichte, la natura sulla quale si elevata la societ


diventata sociale tanto quanto appare, di contro, naturale la organizzazio
ne capitalista di quella. Solo nella negazione dell'apparenza naturale della
societ si accede ancora, e per via negativa, ad una natura non trasmutata.
questo che connette l'interpretazione alla dignit corporale come
nucleo del polo ontico della conoscenza. Man mano che la critica sma
schera la verit occultata nelle rappresentazioni ideologiche, variando e
decentrando, in base al ricordo e al desiderio di felicit contenuti nell'in
dividuo, la struttura degli intrecci dialettici fino a che esibiscano una di
versa possibilit di conciliazione che essi pure portano in loro, le si fa
incontro il proprio per altro, la materia dalla quale sono derivate le forme
logiche contro le quali si adopera.
L'estremo riferirsi al piacere sensuale delle mediazioni e quindi il
nucleo materiale della gnoseologia, allora, e siamo qui giunti al nucleo
della prassi interpretativa di Adorno, la prima apparizione della forma
parodica che la contraddizione assume quando un contenuto materiale si
presenta opposto ad un altro come una forma di contro ad un contenuto.
Chiarire in che rapporto questi due elementi stiano tra di loro all'interno
della prassi interpretativa, e come la forma si sdoppi in tradizione e anti
cipazione, sar il compito del prossimo paragrafo. Per adesso concludiamo
vedendo all'opera questa negativit nel nesso tra pensiero e infelicit in
dividuale.
Ogni dolore ed ogni negativit, motore del pensiero dialettico, sono la forma alta
mente mediata, talvolta irriconoscibile, del fisico, cosi come ogni felicit tende alla
soddisfazione sensuale e in essa ottiene la sua aggettivit. Se si toglie alla felicit
ogni aspetto in tal senso, non pi tale. Nei dati soggettivamente sensuali quella
dimensione, che a sua volta l'elemento che si oppone allo spirito nello spirito,
viene ridotta in certo modo alla sua riproduzione gnoseologica. [...] comodo
criticare questa teoria come celatamente ingenuamente naturalistica. Ma in essa
vibra un'ultima volta il momento somatico entro la gnoseologia, prima che venga
del tutto eliminato. Esso sopravvive nella conoscenza come sua inquietudine, che
la mette in movimento e si riproduce implacabilmente nel suo sviluppo. La co
scienza infelice non una accecata vanit dello spirito, ma gli inerente, l'unica
autentica dignit che ricevette nella separazione dal corpo. [...] La minima traccia
di una sofferenza senza senso nel mondo dell'esperienza smentisce tutta la filoso
fia dell'identit. [...] // momento corporale annuncia alla conoscenza che non ci deve
essere sofferenza, che tutto deve diventare diverso. [...] Per questo l'elemento speci
ficamente materialistico converge con quello critico, con la prassi che muta la societ.
L'eliminazione del dolore, o la sua attenuazione fino a un grado che non anticipabile teoreticamente e al quale non si pu porre alcun limite, dipende non dal
singolo, che sente il dolore, ma soltanto dal genere, cui appartiene anche quando se

202

CRITICA DEL NON VERO

ne separa e aggettivamente viene respinto nella solitudine assoluta dell'oggetto impotenfe 84.

Se questo vero, tutto l'apparato interpretativo che abbiamo fin qui


ricostruito deve, anch'esso, commisurarsi e trovare ragione nello stesso
elemento specificatamente materiale, in ultima istanza la protesta che
non ci deve essere sofferenza.

PER UNA TEORIA DELL'INTERPRETAZIONE: LA PARODIA


Nel corrispettivo nell'edizione tedesca dei testi di Adorno disponibili
in italiano, si contano soltanto poche occorrenze del termine 'parodia' Parodie in tedesco. Se nonostante questo verr impiegata per definire la
chiave della prassi interpretativa di Adorno, questo dovuto al fatto che
non si tratta di trovare una parola, quanto di definire un concetto. In
questo senso si sarebbe potuto cercare di dare la costellazione di qualche
altro termine - dialettica per esempio, o critica - e in fondo sarebbe stato
10 stesso, con l'inconveniente per di dover continuamente dare le diffe
renze rispetto a tutti gli altri impieghi. Inconveniente che arricchirebbe
senz'altro il significato, ma che renderebbe la ricostruzione molto pi
lunga del lecito in questa occasione 85 .
Adorno, in pi luoghi, fa professione in un'ermeneutica del trascura
bile:
seguo un metodo in cui dichiaro spontaneamente e assai volentieri la mia fiducia,
11 metodo che si basa sulla convinzione che affermazioni eccentriche, che in appa
renza non hanno affatto il peso ad esempio della grande filosofia ufficiale, ma in
cui il pensiero per cosi dire si mette in libert, permettono di riconoscere chiara
mente il vero significato che si cela dietro di essa 86.
M Th.W. Adorno, Negative Dialektik, cit., pp. 202-03. Spaziature mie.
85 Un'interessante digressione si presenterebbe qui nel raffronto tra la teoria althusseriana della lettura sintomale e la qui proposta parodica interpretativa di Adorno.
Manca lo spazio per svolgere il tema; vorrei tuttavia citare il lavoro di A Callinicos,
Marxism and Philosophy, Oxford University Press, New York 1985, alle pp. 80-95
questi tenta un accostamento tra i due sulla base di un supposto comune antihegelismo,
in quanto entrambi difenderebbero i diritti del particolare contro l'universale. Pur non
condividendo l'impostazione del commento, mi sembra tuttavia sintomale che Callini
cos abbia riconosciuto il legame tra le due teorie critiche e cercato di esaminare la loro
relazione. In un qualche modo questo ci conforta nel lavoro di esporre la dialettica
adorniana sub specie di ermeneutica critica...
86 Th.W. Adorno, Terminologia filolofica, voi. I, cit., p. 156.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

203

Di questa fiducia, che l'individuo sia uno strumento di misurazione


sensibilissimo delle configurazioni ideologiche principali, di cui gi a lun
go abbiamo parlato, espressione anche un altro luogo dei Minima moralia, che , al contempo, il principio dell'interpretazione parodica: l'in
dividuo talmente storico in tutte le sue fibre da essere in grado di ribel
larsi, con la trama sottile della sua costituzione tardoborghese, alla trama
sottile della costituzione tardo borghese 87 . E una sineddoche interpreta
tiva di Adorno su Hegel chiarisce questo frammento di aforisma. In essa
si mostra, all'interno del testo, come il principio della parte per il tutto sia,
oltre che figura retorica, anche ben altro. A proposito della attribuzione
del lavoro alle attivit dello spirito, scrive Adorno:
Hegel non pu, a nessun costo, far parola della divisione di lavoro fisico e spiri
tuale e non decifra lo spirito come aspetto isolato del lavoro, ma vanifica invece
il lavoro a momento dello spirito, sceglie in certo qual modo a sua massima la
figura retorica pars pr foto 8X.

Il fatto che, senza la rimozione hegeliana, sapremmo ancora qual


cosa sulla divisione del lavoro, ma non sapremmo nulla sulla necessit
hegeliana della sua soppressione, che , per la storia della divisione del
lavoro, altrettanto importante. Per questo (rimandando ancora un poco
una definizione di parodia) Adorno pu scrivere che le bugie hanno le
gambe lunghe, tanto che si pu dire precorrano i tempi: ... la ragione si
rifugiata - interamente ed ermeticamente - nelle idiosincrasie personali
[...] l'ingiustizia il medio della vera giustizia, dato che per il mondo: la
sua essenza l'inessenza: ma la sua apparenza, la menzogna merc la quale
sussiste, l'esponente della verit 89 . Infatti: a volersi esprimere enfatica
mente, parodia significa impiego delle forme nell'epoca della loro impossibi
lit. La parodia dimostra tale impossibilit e modifica cosi le forme.
La parodia si definisce anche in rapporto all'allegoria e all'ironia91 . Su
quest'ultima le opinioni di Adorno sono chiare; se: l'ironia enigmatica
che non riducibile a uno scherno contenutistico, si pu capire per la
prima volta [in Thomas Mann] in base alla sua funzione capace di dar
forma 92 ; tuttavia:
Th.W. Adorno, Minima rnoralia, cit., p. 171.
Th.W.
Th.W.
Th.W.
Cfr. R.
Th.W.

Adorno, Tre studi su Hegel, cit., p. 55.


Adorno, Minima moralia, cit., pp. 73, 81 e 129.
Adorno, Note per la letteratura, voi. I, cit., p. 288. Corsivo mio.
Luperini, L'allegoria del moderno, Editori Riuniti, Roma 1990.
Adorno, Note per la letteratura, voi. I, cit., p. 42.

204

CRITICA DEL NON VERO

il mezzo stesso dell'ironia entrato in contraddizione con la verit. L'ironia con


futa l'oggetto in quanto lo rappresenta come ci che pretende di essere e lo
commisura - senza giudizio, quasi senza intervento del soggetto osservante - al suo
essere-in-s. Essa coglie il negativo confrontando il positivo con la sua stessa pre
tesa di positivit. Non appena aggiunge una parola di spiegazione, l'ironia si di
strugge. Essa presuppone quindi l'idea di ci che di per s evidente e - in origine
- della risonanza sociale. [...] L'ironia passata, ad intervalli, dalla parte degli
oppressi, specialmente quando, in realt, essi non erano gi pi tali. Ma, prigionie
ra della propria forma, non si mai del tutto liberata dall'eredit autoritaria, dalla
malignit che non ammette obiezioni. [...] [Cos che] II medium dell'ironia, la
differenza tra ideologia e realt, scomparso. L'ideologia si rassegna a confermare
la realt attraverso la duplicazione pura e semplice della stessa. L'ironia diceva di
una cosa: questo ci che afferma di essere, ma ecco com' in realt; ma oggi,
anche nella menzogna radicale, il mondo si fa forte del fatto che le cose stanno
proprio cosi, e questa semplice constatazione coincide, per lui, col bene 93 .

Pi complessa invece la questione allegorica. Per una sua esaustiva


trattazione nell'opera di Adorno sarebbe necessaria una ricognizione
molto ampia. Tuttavia per delineare la differenza specifica con la parodia,
ci basti qui darne una momentanea definizione. Potremmo chiamare al
legorico quell'atto espressivo e interpretativo che nella ripetizione di un
contenuto identico varia la forma espressiva della sua rappresentazione, e
con questo modifica il contenuto stesso. Dato questo potremmo, ex con
trario, definire la parodia come presentazione di un nuovo contenuto al
l'interno della medesima forma, col che la forma stessa ne viene mutata.
Che cosa sia il contenuto stato detto in precedenza 94 ; la forma - dia
lettica della tradizione e storiografia inconscia - vien cos definita da
Adorno in un luogo cruciale della Dialettica negativa, perfetto a indicare
da subito la portata ambigua, tra ideologia e liberazione, della forma:
ci che appare come privo di forma ad una costituzione dell'esistenza modellata
esclusivamente secondo una ragione soggettiva, il puro principio dell'essere per
un altro, del carattere di merc, che soggioga i soggetti. [...] Ma lo stesso carattere
di merc, dominio mediato di uomini su uomini, fissa i soggetti nella loro minorit;
la loro maturit e la libert rispetto al qualitativo andrebbero insieme. Lo stile
manifesta sotto i riflettori dell'arte moderna stessa i suoi momenti repressivi. Il
bisogno della forma che esso manifesta inganna sul suo elemento cattivo, coatto.
Una forma che non dimostra in se stessa il suo diritto alla vita grazie alla sua
funzione trasparente, ma viene solo posta perch sia forma, non vera quindi
insufficiente anche come forma 95 .
Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., pp. 253-55.
Cfr. i cpp. Ili e IV di questo lavoro.

Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., pp. 84-85.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

205

questa una strana equivalenza: l'immaginario processo latente


collettivo come la forma storiografia inconscia, che deve dimostrare di
essere vera per non tradire la propria funzione. Evidentemente la forma,
la dialettica della forma, all'interno delle tensioni configurative, cariche di
storia accumulata, deve possedere anche un momento liberatorio, di
espressione di ci che altrimenti resterebbe senza parola. Questa capacit
liberatrice della forma, in effetti, la vediamo all'opera nella prassi critica
di Adorno.
Due esempi. Il primo riguarda la professione pi antica di Adorno,
quella di critico musicale. La posizione paradigmatica assegnata al tardo
Beethoven 96 o a Mahler 97 , dipende dalla capacit espressa nelle opere di
forzare il grado di maturazione del materiale compositivo giunto loro in
eredit. Tale forzatura , appunto, il processo parodico. Non si tratta
infatti - come Adorno rimprover alla tarda dodecafonia e serialismo - di
azzerare le forme ereditate per erigerne delle nuove. In questo modo si
avrebbe, al contrario, una seconda rimozione operata sulla prima. Piutto
sto il problema far esplodere la contraddizione che le forme assumono
quando non sono pi atte a contenere l'esperienza che vien loro consegna
ta. E una contraddizione oggettiva - avrebbe scritto Lukcs - non una
innovazione soggettiva. Questa dialettica assomiglia pi a quella tra forze
produttive e rapporti di produzione, sulla quale modellata, che non alla
dialettica crescente dell'esperienza della Fenomenologia dello spirito. Ma
prima di ulteriori precisazioni vediamo un secondo esempio.
Nel commentare la piece teatrale di Beckett, Finale di partita, Adorno
riassume la posizione di Beckett indicando proprio nella capacit di mo
strare l'impossibilit delle forme dell'individuo borghese, attraverso una
rappresentazione delle forme dell'individuo borghese, il valore estetico
dell'opera beckettiana:
il dgout di Beckett non pu essere imposto dall'esterno. Esortato a stare al gioco,
risponde con la parodia: la parodia della filosofia vomitata fuori dai suoi dialo
ghi, e del pari la parodia delle forme - perci - [...] ogni tentativo di interpretazione rimane inevitabilmente in arretrato rispetto a Beckett: eppure il suo teatro,
proprio perch si limita a una realt empirica infranta, guizza oltre questa, e
rimanda a una interpretazione proprio per la sua natura enigmatica. La possibilit

Cfr. Th.W. Adorno, Sul tardo stile di Beethoven, in Aut Aut, n. 225,
Cfr. Th.W. Adorno, Mahler, op. cit.

206

CRITICA DEL NON VERO

che un'interprelazione sia o meno all'altezza di tutto questo potrebbe quasi diven
tare il criterio di una filosofia futura 98 .

Questa , di nuovo, la descrizione della filosofia che Adorno present


in L'attualit della filosofia: risoluzione del carattere enigmatico. Infatti la
necessit della interpretazione che la parodia richiede legata alla impos
sibilit, conferita dall'essere semplice impiego di materiale empirico, di
scavalcare i limiti dell'espressione. Come anche la soluzione dell'enigma
altro non era che una diversa disposizione della costellazione dello stesso
materiale empirico che costituiva la domanda. Il posto che allora era oc
cupato dalla an invenieni e dalla esatta fantasia, qui preso dalla inter
pretazione della parodia, qualcosa che si potrebbe parafrasare kantiana
mente: la parodia senza filosofia cieca, ma la filosofia senza parodica
vuota". Ma la parodia ha anche la sua realizzazione nel mondo. Spesso
anzi, l'inveramento delle istanze della ragione illuministica si attua sotto
forma parodica, quasi che non si fosse stati capaci di ricostruire il testo
della storia al fine di bandire il demoniaco. Scrive Adorno in due di
stanti periodi di tempo:
In un'ora storica in cui la conciliazione di soggetto e oggetto stata rovesciata in
parodia satanica, in liquidazione del soggetto nell'ordine oggettivo, pu ancora
giovare alla conciliazione soltanto la filosofia che disdegna l'inganno di quell'ordi
ne e fa valere, contro l'autoalienazione universale, ci che alienato senza pi
speranze, ci per cui nemmeno la cosa stessa ha pi nulla da dire 100.

E quasi trent'anni pi tardi, a proposito della consumazione delle


forme tramite la funzione parodica, e tra queste del simbolismo, ripete
che:
si potrebbe dimostrare che i simboli o, detto linguisticamente, le metafore, nella
nuova arte si rendono tendenzialmente autonome rispetto alla loro funzione di
simboli ed in tal modo contribuiscono per la loro parte alla costituzione di una
sfera antitetica all'empiria e ai suoi significati. L'arte assorbe i simboli grazie al
fatto che essi non simboleggiano pi niente [...] ci che prima era simbolico
diviene letterale 101 ;

e questa , in un qualche modo, la verit odierna del simbolico.


Th.W. Adorno, Note per la letteratura, voi. I, cit., pp. 270-71.
Cfr. Th.W. Adorno Teora estetica, cit., pp. 138-39.
' Th.W. Adorno, filosofia detta musica moderna, cit., pp. 32-33.
Th.W. Adorno, Teoria estetica, cit., pp. 162-63.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

207

Vediamo cos come alla parodia corrisponda sempre una sopravvi


venza di forme dove, grazie al mutamento dei contenuti che si richiede
vengano da esse mostrati, si mostra la verit dei contenuti che, per essere
accolti, devono distruggere la forma; come se qualcosa di non partoribile
dovesse essere comunque partorito da un utero umano.
La forma, che deve ovunque essere sentita come contenuto - perch
questo il modo in cui la materia penetra nel soggetto - ne solo l'ese
cuzione a livello molto avanzato: l'estetica, dove i gradi di coscienza cor
rispondono a materiali compositivi, cio a forme molto precise. Ma la
medesima cosa abbiamo vista all'opera anche come nerbo dell'interpretazione della dialettica dell'illuminismo: la maturazione di un rapporto di
verso tra individuo e natura modifica l'interno stesso dell'una e dell'altro.
Anzi, crea addirittura tale interno. La modificazione della forma di un
rapporto muta i contenuti del rapporto e ne porta alla luce uno nuovo. Il
mito, definito in Dialettica negativa come ritorno dell'identico, realmente
simile, in un qualche modo, all'intento parodico, che vuole a ogni costo
fermarsi presso la tradizione, e con questo la minaccia.
Aveva scritto Freud 1()2 che sovente il decorso delle rimozioni quello
per cui il soggetto si attacca alle proprie difese dimenticando il motivo e
il fatto per cui sono state istituite. Secondo Adorno nella dialettica della
tradizione accade qualcosa di simile: tanto pi l'individuo vuole fermarsi
presso la forma di individualit che ha ricevuto in eredit, tanto pi i
contenuti d'esperienza gliela distruggono sotto gli occhi. La dialettica
dell'esperienza una funzione parodica. Quel che viene sperimentato
deve in qualche modo essere ricondotto per differenze e identit al gi
noto, ma se fosse identico al gi noto non sarebbe vissuto come nuovo.
L'utopia del concetto, secondo le parole di Adorno, di aprire l'a-concettuale con concetti senza renderglielo simile, esprime del resto la stessa
cosa: la necessit di una forma senza che questa porti all'identificazione
astratta sotto di essa. La parodia pu far ci perch in essa la forma, a
dispetto del suo esser tenuta ferma, ha funzione negativa. Nella questio
ne, per dir cos, si da sempre ragione al contenuto che non ci sta,
rispetto alla forma; ma in questo la forma non meramente tolta ma
interpretata nelle sua originaria rimozione.
Anche il primato dell'oggetto 103 ha la sua formulazione all'interno
della dialettica parodica che stiamo indagando. Essa infatti per sua stessa
S. Freud, Analisi terminabile e interminabile, op. cit.
Cfr. Th.W. Adorno, Parole chiave, cit., pp. 211-14, 250-51, 218 et passim.

208

CRITICA DEL NON VERO

essenza non tende alla realizzazione dell'unit tra espressione e contenuto,


o meglio: vi tende scoprendone l'impossibilit. Cos la intentio obliqua
viene in luce attraverso la divisione tra momenti soggettivi (e il loro riman
do oggettivo) e momenti oggetti (attraverso il loro rimando soggettivo,
come leggemmo a proposito dei momenti qualitativi dell'oggetto), divi
sione che altrimenti sarebbe impraticabile. Lo scontro che si realizza, nel
tentativo soggettivo di rimandare l'obiettivo solo al momento formale, si
manifesta nella resistenza che questo offre - come testimonia anche la pi
semplice delle esperienze.
Similmente la critica immanente, istanza materialistica per eccellenza
secondo Adorno, anch'essa una forma parodica. Anzi attraverso di essa
scopriamo l'elemento estetico della parodia: il carattere come... se... 104 .
La critica immanente altro non fa che prendere per buone alla lettera le
domande che il testo si pone e commisurare le sue risposte a quelle. Cos
come la forma saggio, esso non si interroga, almeno al principio, sull'ori
gine di posizione delle domande, ma fa come se la loro forma fosse
naturale. Imita la storia naturale concependo ovunque lo storico come
naturale e viceversa. Il suo risultato , appunto, la scoperta della differenza
che sussiste tra la forma domanda entro cui collocato il testo, e il con
tenuto delle risposte che vengono offerte, e questa la spiegazione del
dileguare del carattere di enigma, che incontrammo nel primo capitolo.
Anche questo dileguare in sostanza una dialettica delle forme. la
forma enigmatica che dilegua per contraddizione col suo contenuto, o
meglio: con quel suo contenuto che si ottenuto permutando gli elementi
materiali della sua costellazione, attraverso la fantasia, in una diversa di
sposizione.
Si vede bene coin il momento soggettivo della parodia non sia n
individuale n esistenziale. La fantasia l'elemento grazie al quale le ten
sioni della costellazione possono essere trasposte nel pensiero. Senza di
che l'arte sarebbe semplicemente la realt, il pensiero la cosa. Identit di
reale e razionale. Ma il pensiero, modellato sul lavoro, come vedemmo, ha
la sua prima e essenziale disposizione nella negazione del dato per come
esso appare. Per questo non necessaria una negazione reale ma solo
quella della riflessione. La scissione cos tra le due tanto essenziale quan
to, in prospettiva, la concezione della loro possibile unificazione. Infatti
solo in forza di tale scissione pu avvenire la critica del concetto e del

Cfr. cap. IV.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

209

reale. Ma la forza che conduce a questa scissione - per proseguire nella


ricollocazione delle categorie che abbiamo commentate nel corso del lavo
ro - pur trovandosi entro le cose, come bloccata dalla potenza della
realt, la quale non teme alcun male dalla contraddizione. L'orrore per la
contraddizione una cosa che appartiene tutta alla mente dell'uomo, la
realt contraddittoria, eppure ci, di per s, non la smuoverebbe di un
centimetro.
Il pensare qualcosa di contraddicentesi pare precedere la separazione. In senso
genetico la logica si rappresenta come tentativo di integrazione e di stabile ordine
dell'originariamente multivoco, come passo decisivo della demitologizzazione. La
sua autorit assoluta [...] deriva proprio dalla sua trasformazione in tab, quindi
nell'inibizione di tendenze contrarie preponderanti. In quanto legge del pensie
ro, esso ha come contenuto un divieto: non distrarti dal pensare, non ti fare
distogliere l'attenzione dalla natura inarticolata, ma trattieni salda come possesso
l'unit dell'intenzionato' 05 .

Ecco perch solo in una sospensione essenziale del carattere reale


della realt, il soggetto pu darsi alla contraddizione e provare a muovere
i suoi termini, fino a che si dissolva. Sotto la pressione dell'angoscia e della
paura, questo non sarebbe possibile. La parodia, realizzando il contatto
tra due epoche diverse - la antecedente che si presenta come forma, e la
seguente sotto l'aspetto del contenuto - limita la pressione dell'orrore
mitico e insieme ne conserva memoria, senza la quale infatti l'incontro non
si realizzerebbe.
Nel rapporto tra desiderio e memoria, avevamo visto come si realizzi
una traduzione di materiali di varia provenienza. Anche questa traduzione
pu essere vista sotto il riguardo che qui ci occupa. Che cos' la traduzio
ne infatti se non una forma della parodia? Essa consiste in quella partico
lare forma di esecuzione del testo dove i segni vanno disposti in immagini
e connessioni di significati, dove elementi all'apparenza insignificanti rice
vono dalla comprensione l'unica certezza del io significo questo 'qualco
sa'. A partire da questa certezza, cio dal loro carattere di realt cifrata,
essi vengono tradotti in una forma - diversa da quella del puro-segno/
puro-significante - che consenta al loro contenuto di diventare linguaggio.
Ma si tratta qui di un contenuto che al contempo formale e materiale 106.

105 Th.W. Adorno, Metacritica della gnoseologia, cit., pp. 87-88.


106 Cfr., curiosamente, W. Benjamin, Le affinit elettive, in Angelus Novus, op. cit.

210

CRITICA DEL NON VERO

La forma stilistica , infatti, una precisa disposizione sociale storica


mente divenuta. Le connessioni dei segni, la forma enigma allora
veicolo di altrettanto contenuto del semplice contenuto materiale, di quel
che viene raccontato. Anche in questo caso vige il principio dialettico
per il quale solo tramite la contraddizione si pu aprire l'a-concettuale
senza renderselo identico. Letteralmente la traduzione sarebbe, come la
parodia, un impiego della forma nell'epoca della sua impossibilit. Essa
esegue quel che lo scritto sembra chiedere, cio che lo si sorpassi per
giungere alle cose, in tutta seriet. Ma solo se questa traduzione si sar
spellata le mani nel tentativo della fedelt assoluta, e cio della forma
perfetta, potr risaltare la differenza tra il contenuto e la sua espressione.
Questa differenza per Adorno vicinissima alla verit. Essa, e non altro,
costituisce la strada verso il non identico. Tale differenza allora non deve
essere eliminata, ancorch la sua eliminazione fosse possibile, perch solo
grazie ad essa possibile mandare a frutto la critica su entrambi i versanti:
quello del contenuto e quello della forma - e in questo esprimere il giu
dizio sul rapporto tra realt e pensiero.
Entrambi sono prodotti sociali, passati attraverso un processo di messa
in forma. Non sono dati - se non al singolo individuo - ma posti. Nella
lettura dei testi la filosofia, come indic Adorno, realizza il proprio pecu
liare rapporto con la tradizione: il mantenimento dei termini nella muta
zione del loro significato. La differenza formale registra entrambi, ovvero
la variazione delle costellazioni reali e sociali e ideologiche. Come a dire
che nella storia, ad esempio, del conio wolfiano della parola 'BewuBtsein',
e della sua introduzione all'interno di tutta la successiva speculazione
dell'idealismo, cifrato un contenuto che si scontrer violentemente,
poniamo, con l'anglosassone 'mind', nella filosofia neopositivistica.
La parodia anche la modalit dell'esecuzione. Se questa richiede
che la traduzione venga condotta nel reperimento dei problemi che il
testo (musicale, scritto, o quant'altro) presenta, quella suggerisce che la
esecuzione non sia affatto solo un regresso allo stadio precedente, a quella
problematica di cui il testo dovrebbe costituire la risposta. Si tratta al
contrario di vedere come il problema riceva nuova luce all'interno della
forma in cui esso presentato come risposta. La vicinanza infatti tra co
stellazione e parodia fortissima. Anzi si potrebbe dire che la parodia
una costellazione allungata su entrambi gli assi: diacronico e sincronico.
Questo pu essere visto recuperando il saggio come forma paratattica, e
quindi di rappresentazione della costellazione, per eccellenza. Scrive
Adorno che il disagio per il modo di procedere del saggio :

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

211

in parte vero in parte sbagliato. Vero perch di fatto il saggio non conclude e la
incapacit di concludere riemerge come parodia del suo stesso a priori; e allora gli
si addossa una colpa commessa invece dalle forme che cancellano la traccia del
l'arbitrariet. Il disagio invece fuori posto perch la costellazione del saggio non
arbitraria. [...] Definiscono il saggio l'unit del suo oggetto e l'unit di teoria ed
esperienza entrate nell'oggetto stesso. [...] Riferendosi sempre a cose gi fatte, il
saggio non si presenta mai come creazione n cerca qualcosa di omnicomprensivo,
la cui totalit sia analoga a quella della creazione. La totalit del saggio, unit di una
forma che in s costruita esaustivamente, la totalit del non totale, una totalit
che neppur come forma propugna la tesi [...] dell'identit di pensiero e cosa;
e poco dopo conclude:
esso realizza quasi parodisticamente quella polemica altrimenti spuntata che il pen
siero conduce contro una mera filosofia dei punti di vista. Esso logora le teorie che
gli sono vicine; la sua tendenza sempre rivolta a liquidare l'opinione, anche
quella con la quale esso inizia. Il saggio ci che stato fin dall'inizio, la forma
critica per eccellenza; e cio, in quanto critica immanente di produzione spirituali
e confrontazione di quel che esse sono col loro concetto, critica dell'ideologia 107 .

La forma saggio dunque nient'altro che forma parodica applicata.


Ci a dire che la forma della riflessione e quella dell'interpretazione coin
cidono (cosa che, del resto, avevamo gi trovata scritta in Adorno). Per
questo, e non per altro, non solo il vero che ha bisogno dell'interpreta
zione, ma anche l'interpretazione che ha bisogno del vero. Detto in altri
termini: l'interpretazione possibile solo come critica.
Data questa funzione importante indicare come la parodia sia l'in
verso interpretativo che si trova ex negativo nella dialettica negativa adorniana a svolgere il ruolo della Aufhebung. Se questa ha il compito di
risalire all'universale che si rivela essere la verit della contraddizione
particolare, quella serve a smontare l'apparenza della conciliazione tra
singolare e universale, l'apparente verit della espressione dell'universale
nel particolare, e viceversa. Serve, in una parola, a far sentire la mancanza
della universalit, a smascherare l'apparenza per la quale ogni frammento
frammento di nulla. Giacch l'universale esiste nella forma di una pro
duzione di soggetti che non sono pi in grado di riconoscerlo, attraverso
l'analisi del non riconoscimento viene a galla il materiale dell'accecamen
to. Quando trovammo scritto che nei vuoti del testo si concentrava,
forse, proprio la forza del testo, riconoscemmo in questo l'espressione del
10/ Th.W. Adorno, Note per la letteratura, voi. I, cit., pp. 22-24. Corsivi miei.

212

CRITICA DEL NON VERO

fatto che la totalit entro la quale il pensiero si svolge pu essere presen


tata come tale solo a patto di una serie di rimozioni. Attraverso l'interpretazione parodica possiamo adesso render la cosa ancora pi chiara.
La societ, la totalit sociale, penetra nell'individuo non come estra
neit, ma perch ne la forma; ed in modo accresciuto quando questi vuoi
essere un universale. Giacch il pensiero non l'oggetto, l'eterogeneit
inespugnabile. Ma in quanto la cosa in quel modo nella testa essa diviene
utilizzabile dal soggetto, e cio dall'essere sociale. Il suo nome sar tanto
pi corretto quanto pi mostrer la secondariet del materiale d'esperien
za e sociale dal quale tratto. Questi sono la sua forma, cio la parte
universale del suo senso/contenuto. E, poich l'universale per l'uomo non
solo la natura, esso violenza che si esercita per tradurre una cosa
dentro una testa. Tuttavia questa non affatto la prima traduzione. Poich
l'uomo , sia come concetto che come ente, esattamente una astrazione di
una determinata epoca sociale, ne abbiamo il risultato che ogni pensiero
gi sempre una traduzione elaborata dal soggetto con i suoi materiali e
le sue forme, ma soprattutto sotto la necessit del principio sociale di
realt. Quindi materiali e forme - che per la quasi totalit non sono co
scienti - di quel che esperisce come se fosse non tradotto. la storia di
questo supposto non tradotto che chiarisce di che cosa in realt si tratti;
come dice Adorno, la forma una storiografia inconscia.
Sotto una interminabile serie di analogie e trasposizioni - di astratte
identit - andata persa la possibilit di riconoscimento senza identifica
zione con la forma di dominio. Ci che un tempo serv letteralmente alla
sopravvivenza sopravvissuto a scapito dell'utilizzo razionale di quel che
era stato prodotto.
La parodia mostra che l'esperienza individuale che sarebbe necessaria
alla creazione di una forma di identit razionale non disponibile. Mentre
l'identit effettiva viola continuamente la non identit, essa si trasmette
come una coazione all'unit. Come unit index dell'utopico, ma come
coazione essa la forma di pensiero entro cui il non identico viene rimos
so. Il mantenimento della forma un modo della memoria, seppur di una
memoria che ha dovuto prender la strada della rimozione. In questo i
linguaggi e le forme sono depositi della memoria, trascendentali di fronte
al soggetto empirico, ma costellazioni storiche di fronte al soggetto uma
nit. Entro di essi i vuoti, i lapsus e le scelte stilistiche indicano i nuclei
delle posizioni di agenti sovraindividuali, di interessi che si formano e
cambiano nella struttura sociale.
Il soggetto interpretante ha a disposizione i materiali per cogliere

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

213

queste costellazioni, la fantasia gli permette di mettere in scena la rappre


sentazione del dato, e, attraverso il desiderio, di variare le sue combi
nazioni. Di modo che nessuna appaia immutabile e pura natura.
L'esperienza del dolore che si avverte nella distanza tra desiderio,
felicit e esperienza, indice di una contraddizione non soggettiva. Di un
errore nella trama della rappresentazione che avviene dentro la duplicazio
ne irriflessiva del dato. Per questo il pensiero ha bisogno di tutte le
tendenze empirico-soggettive e insieme avviene l dove, propriamente
non si pensa affatto, nel soffermasi presso la cosa, nel prestare a essa la
forza per quell'esperienza di s che essa non pu compiere. Essa - il non
identico - intrappolata nella forma del nome. Al nome spetta di co
struire l'impianto di liberazione. La parodia, come distribuzione e soluzio
ne tra forma - come deposito di soluzioni passate per uscire dallo stato di
paura - e contenuto - inteso quale esperienza presente di una forma e di
un contenuto - consente l'interpretazione storica della cosa. E allo stesso
modo come mantenimento della forma, essa si oppone alla sua rimozione,
cio all'operazione ideologica che trasforma il revocabile in naturale.
Ma in quanto mantenimento della forma nell'epoca della sua impos
sibilit, la parodia non identifica, non concettualizza ogni cosa. Attende
allo scontro tra l'obbligo inevitabile dell'eredit della specie e l'istintualit
individuale: principio dell'esecuzione come interpretazione. E nella prete
sa di cacciare a forza le cose entro le forme socialmente disponibili - nel
principio della critica immanente - segue le tracce della traduzione
compiuta1 da ogni testo. Nel dover essere per il quale nella dialettica tra
esperienza e concetto, la mancanza pu essere tanto dell'uno quanto del
l'altra.
L'espressione paratattica smonta la priorit che la forma esigerebbe
dal contenuto. Cos come accade nell'allegoria - che il complemento e
non il contrario della parodia - il fatto che la forma venga mantenuta pur
se divenuta tradizione passata, significa che qualcosa di rimosso, la tradi
zione, viene mantenuto affinch un altro rimosso possa venir mostrato.
L'espressione indica, l'interpretazione protegge tale atto dal regredire a
cieca imitazione e ripetizione mitica, e dal porsi ideologicamente come
non rimosso, verit pura. A sua volta il mostrare dell'espressione vieta al
concetto di ridurre il mostrato all'identit concettuale, modellata su quella
sociale della rinuncia alla revocabilit della funzione merc.
La due forme, quella che si presenta come tale e l'altra, sua esecuzio
ne all'interno del come... se ..., si presentano insieme. Ognuna reclama
che venga mostrato il suo proprio contenuto, cio: un contenuto pi vec-

214

CRITICA DEL NON VERO

chic ed uno pi nuovo, come se fossero separabili e separati. Il primo ,


per dir cos, un pericolo oramai fermo che permette al pericolo attuale l'identificazione indeterminata - di venire a galla. L'interpretazione si
serve di questi due piani per rinfacciare continuamente al primo quel che
ha fatto; non al fine della sua redenzione, ma per permettere al secondo
di farsi luce, nella rappresentazione del primo come un ex-secondo. Si
tratta di fare il Wttz del primo affinch il secondo non ne abbia a soffrire.
Questo significa che la teoria dell'interpretazione adorniana dialet
tica in senso stretto, in quanto riconosce la mediazione come universale,
e insieme non dialettica, poich lascia che una necessit impossibile viga
al fine di far emergere il diritto del parlante: che quel che non tutto
quel che 108 . La parodia come interpretazione tien fermo alle regole del
gioco, ma per gioco. Sotto di esso, la decisione spetta al desiderio di
felicit. Che esso sia stato costruito con materiali dubbi non diminuisce la
sua importanza. La sua secondariet scandalosa solo per un pensiero che
vorrebbe ancorare l'autonomia in un punto fermo ontologico, quale che
sia. Parodia vuole che il processo interpretativo venga condotto su se
stesso fino alla propria impotenza: autointerpretazione spietata dell'inter
pretazione, riconoscere in s l'intreccio di interpretazione e ideologia, che
non interpreta affatto, ma tutto prende per buono e tutto per vero.
E questo del resto nient'altro che il contenuto della autocritica della
ragione illuministica, alla quale Adorno ha dedicato la sua opera. Nella
convinzione che dopo di esso il processo non possa che avvenire nella
dirczione di una radicalizzazione della ragione, ma di un regresso o az
zeramento. Anche questo significa la dignit incomparabile, come si espri
me Adorno, del ricordare, fuori da cui c' solo l'inizio delle barbarie.
un'autocritica che si svolge nella realt, per quanto questa sia di
venuta concettualmente problematica, e nella realt dell'individuo. Con
cettualmente per sta a significare: alla ragione stessa. Mentre gli individui
continuano a vivere e interpretare, il vero si annuncia, oltre che come
divenire, anche come possibilit che si palesa quando la forma mantenuta,
contenuto di primo grado, si appresta a ricevere un nuovo contenuto, che
al contempo la sua critica. E nell'entrare in essa la modifica.
questo che decide dell'interpretazione: se tra i due contendenti,
l'esperienza e la forma, debba vincere l'uno o l'altro. Nel primo caso
108 La frase si trova, come incipit, all'inizio di AA.VV., Die nette Link nach Ador
no, op. cit., con l'indicazione che si tratti di una dichiarazione orale... Ma del resto
espressioni quasi identiche si trovano in tutti i testi di Adorno.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

215

avremmo una regressione dell'esperienza e la mercificazione dell'industria


culturale. Nel secondo, se sospinto da buoni desideri, una modificazione
della tradizione, del rimosso formale, che apra alla possibilit della memo
ria, del toglimento del tab sul rimosso.
Esattamente come avviene, secondo Adorno, nell'arte, la doppia let
tura lettura genealogica del contenuto come reazione alla forma mime
tica e all'imitazione astratta della ratio oggi dominante. Nella seconda
lettura, parallela, si scoprir, forse, la posizione mediata della prima e
insieme i diritti naturali che hanno bisogno di entrambe le cose: il loro
dominio e la loro libert - il testo e l'interpretazione.
La filosofia, quale solo potrebbe giustificarsi al cospetto della disperazione, il
tentativo di considerare tutte le cose come si presenterebbero dal punto di vista
della redenzione. La conoscenza non ha altra luce che non sia quella che emana
dalla redenzione sul mondo: tutto il resto si esaurisce nella ricostruzione a poste
riori e fa parte della tecnica. Si tratta di stabilire prospettive in cui il mondo si
dissesti, si estranei, riveli le sue fratture e le sue crepe, come apparir un giorno,
deformato e manchevole, nella luce messianica. Ottenere queste prospettive senza
arbitrio e violenza, dal semplice contatto con gli oggetti, questo, e questo soltanto,
il compito del pensiero. E la cosa pi semplice di tutte, poich lo stato attuale
invoca irresistibilmente questa conoscenza, anzi, perch la perfetta negativit, non
appena fissata in volto, si converte nella cifra del suo opposto. Ma anche l'assolutamente impossibile, perch presuppone un punto di vista sottratto, sia pure
d'un soffio, al cerchio magico dell'esistenza 109 .

Forse c' una possibilit anche per questa impossibilit all'interpretazione. Ma di essa si decide uscendo dal problema di che cosa intendesse
Adorno, secondo il principio della sua stessa filosofia, per vedere se i suoi
testi dicano il vero o il falso sulla realt. Ma per far questo di essa che
si deve pensare.

FINE DELL'INTERPRETAZIONE
La musica di Mahler non soggettiva nel senso che esprime l'individuo, ma perch
egli la pone in bocca al disertore. Tutto in essa l'ultima parola. Chi va alla forca
butta fuori tutto quello che altrimenti avrebbe detto quando non lo ascoltava
nessuno: solo che ora detto apertamente. La musica confessa che il destino del
mondo non dipende pi dall'individuo, ma sa anche che questo individuo non

Th.W. Adorno, Minima moralia, cit., p. 304.

216

CRITICA DEL NON VERO

possiede alcun contenuto che non sia suo, per quanto infranto e impotente. Per
questo le fratture dell'individuo sono la scrittura della verit. In esse il movimento
della societ si presenta negativo come nelle sue vittime. In queste sinfonie anche
le marce vengono intese e riflesse da colui che esse travolgono con s. Solo quelli
che sono usciti dai ranghi, i calpestati, l'avamposto perduto, il soldato sepolto al
suono delle belle trombe, il povero tamburino, gli uomini totalmente privi di
libert incarnano per Mahler la libert. Senza nulla promettere, le sue sinfonie
sono ballate della disfatta: che presto sar notte 110.

Con queste frasi si conclude il saggio di Adorno su Mahler. In esse,


credo si possa dire, detto anche il destino della filosofia del filosofo
francofortense.
La riflessione filosofica , almeno in Italia, dominata da correnti che
potrebbero essere definite ermeneutiche. La loro comune definizione
dipende meno da concordi risultati che dall'identit dei presupposti del
modo di procedere, di decidere che cosa costituisca un problema e, entro
di esso, scegliere che cosa debba essere considerata una risposta.
la filosofia della morte della metafisica, della morte del soggetto,
della morte della verit. Certamente Nietzsche e Heidegger da un lato,
Freud, Lacan e Derrida dall'altro, e la fenomenologia infine dal terzo,
costituiscono i vertici di un triangolo che entro di s ha accumulato una
quantit notevole di materiale e speculazione. Non senza rapporto,
questo affermarsi, con i mutamenti sociali e politici intercorsi dalla fine
degli anni Sessanta a oggi.
Curiosamente tutte e tre le scuole sopra indicate appartennero
anche al patrimonio culturale di Adorno. Tuttavia se la filosofia si man
tenne in vita perch era stato mancato il momento della sua realizzazio
ne 111 , egli ha sempre concepito l'autoriflessione, l'autocritica dell'illumi
nismo, come unica possibilit di una teoria che conservasse pudore di
fronte al reale. Come prodotto della divisione sociale del lavoro, la filoso
fia non pu evitare di interrogarsi sull'altra met, sulla sorellastra cattiva,
sul suo altro. Ma questo significa, probabilmente e in primo luogo, non
confondere i problemi del reale con quelli dei concetti, e la problematicit
della categoria di reale con una problematicit reale. La posizione cri
tica di Adorno nei confronti di Husserl ne un esempio lampante.
Se abbiamo tentato, allora, una teoria dell'interpretazione in Adorno,
non stato perch la risposta di Adorno a quell'enigma potesse gia1(1 Th.W. Adorno, Mahler, cit., p. 286.
11 Th.W. Adorno, Dialettica negativa, cit., p. 3.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

217

cere accanto all'enigma lasciandolo immutato - ma perch essa, come


filosofia critica, modificasse con la risposta la forma stessa dell'enigma 112 .
Si trattato di immergere nell'opera di Adorno una serie di problemi
- che non stato possibile esplicitare ogni volta indicandone paternit e
riferimenti bibliografici per osservare a che genere di configurazione di
forze dessero luogo una volta immersi in un ambiente tanto differente. E
in questo, data la forma saggio e paratattica del pensiero di Adorno, si
dovuto, per forza di cose, seguire almeno in parte la sua convinzione
dell'impossibilit di riassumere per risultati, ma, al contrario, di collocare
tutte le proposizioni ugualmente vicine al centro 113 . Questo ha fatto s
di rendere impossibile una vera e propria conclusione al lavoro, che sareb
be da pensare come l'archivio dei suoi risultati. Quel che invece si pu
fare, e che ci accingiamo a compiere, la rappresentazione della costella
zione generale dei problemi, dove a ogni termine corrisponda: l'evocazio
ne dei suoi significati in rapporto al livello storico di coscienza raggiun
to 114 .
Per una teoria dell'interpretazione significa appunto che il lavoro
effettuale dovrebbe ancora essere compiuto. Il quale, tuttavia, senza l'au
silio dei materiali, che costituiscono la forma del problema, cos come Vars
invcmendi e l'esatta fantasia sarebbe lavoro vuoto.
Nel lungo tragitto compiuto attraverso trentotto anni di produzione
di Adorno, alcuni temi principali si sono mostrati ricorrenti - secondo lo
stesso autore, questo indice della verit del problema che li ha suscitati,
e la loro variazione il contenuto di verit che in essi, di volta in volta,
pu venir pensato.
Alcuni di essi, come la critica dell'ontologia e della fenomenologia
husserliana delle Ricerche logiche, l'interpretazione della coazione al siste
ma in Hegel o la polemica antipositivista, sono sufficientemente noti per
ch non ci si soffermi su di essi in questa conclusione.
Altri, per contro, sembrano quasi stare al di fuori del recinto sacro
della filosofia, nel quale, a detta di Hegel, gli uomini attendono che scenda
finalmente, la divinit 115 .
Il punto nevralgico, non solo di questa ricerca ma dell'intera produ
zione estetica ci i Adorno, qualcosa che potremmo chiamare in termini
12
'
14
15

Cfr.
Cfr.
Cfr.
Cfr.

Th.W. Adorno,
Th.W. Adorno,
Th.W. Adorno,
G.W. F. Hegel,

Die Aktualitt der Philosophie, op. cit.


Parafassi, in Note per la letteratura, voi. I, op. cit.
Terminologia filolofica, op. cit.
Estetica, cit., pp. 7J3-19 e 754-57.

218

CRITICA DEL NON VERO

gadameriani Verwandlung ins Gebilde. il principio per il quale le forme


di coscienza trasmettono i loro contenuti sotto l'aspetto di una forma, che
a sua volta costituisce l'intero cui si sottomettono e che compone le parti.
Ed certamente questa una delle pi antiche idee di Adorno, giacch la
troviamo sin dalla Filosofia della musica moderna - non del tutto a spro
posito si potrebbe indicarne uno degli antecedenti nella allegoria benjaminiana - e fino alla Teora estetica, dove oramai prende la forma della
dialettica tra forma dell'opera, materiale compositivo e dialettica della
tradizione.
Ma essa, ed questo uno dei punti della tesi, non un processo
esclusivo dell'ambito artistico: la si ritrova anche nella Dialettica dell'illu
minismo e, in parte mutata, nella prospettiva della dissoluzione dell'indi
viduo borghese dei Minima moralia. Essa , in qualche modo, gi la pa
rodia - l'organo di attuazione dell'interpretazione - per come stato
presentato. Infatti grazie alla differenza tra elementi materiali formali e
materiali dell'enigma, l'interpretazione collega diversi stadi della coscien
za, non solo individuale, ma soprattutto storica e cio, nel caso nostro,
sociale; sebbene questo collegamento resti qualcosa di sostanzialmente
diverso dalla fusione di orizzonti, trattandosi piuttosto di un teatro di
contraddizioni.
Il fatto che le forme attraverso le quali, socialmente, si organizza la
sopravvivenza dell'individuo e il controllo della natura, restino a comporre
la tradizione con un processo analogo a quello delle forme estetiche, in
dica come, in generale, la coscienza sia il deposito di esperienze che si
arrestano come le figure della fenomenologia hegeliana - grazie al loro
assumere un aspetto generico-formale. E Adorno non ha in alcun luogo
sottovalutato il potere del linguaggio in questa operazione. Ma pure, con
tro tutta una tradizione psicoanalitica e strutturalista, ha sempre tenuto
fermo alla distinzione tra trascendentale e sociale, cosi come a quella tra
medium e origine ontologica.
Solo attraverso il linguaggio il concetto un qualcosa di relativamen
te stabile al confronto di quel che sotto di esso si intende indicato.
questo il realismo ingenuo di Adorno. E tuttavia l'ipostasi del linguag
gio , per Adorno, la identificazione del medium con la cosa mediata, e
della mediazione con la ragion sufficiente. La trascendenza si attua non
tendendo al massimo l'aspetto trascendentale del linguaggio, bens secon
do il Nostro, allestendo paratatticamente l'utopia del concetto: esprimere
l'aconcettuale senza renderselo identico.
La differenza tra le due operazioni in questo consiste: nella decisione

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

219

su che cosa sia il concreto, e se si debba filosofare su di esso o a partire


da esso. In questo contesto Adorno rifiuta il procedimento della definizio
ne. Sapendo in anticipo a che cosa corrisponda il nome poi operazione
semplice, sebbene non indolore, rinunciare a qualsiasi idea di verit mentre in realt si sta rinunciando a una idea aristotelica di verit che lo
sviluppo storico ha gi da lungi liquidato.
Il processo di astrazione, appunto, irrinunciabile al pensiero, ha la
sua parte di verit nella certezza, che solo identificando l'eterodosso
possibile proseguire nell'illuminismo, ma pure anche cosciente che i suoi
oggetti sono comunque enti di pensiero, parole non cose. L'interpretazione deve rendersi accorta di ci: di avere a che fare con forme eterodosse
di enti di pensiero.
Del resto alcune magistrali interpretazioni di Adorno sfruttano pro
prio la differenza esistente tra la forma, come funzione concettuale e
espressiva (termini altrimenti distinti) unificante, il suo uso, e la sua con
temporanea impossibilit a render ragione dell'esperienza; basti ricordare
non solo il Beethoven della sonata 111, ma anche Mahler e Beckett. Dove
la impossibilit alla forma non solo il risultato di una personale pas
sione di Adorno per le cos dette avanguardie storiche, ma indica una
precisa zona di rimozione. In termini molto nietzscheani, e molto freudia
ni anche, essa la rimozione dell'individuale concreto, del mondo del
caos, a favore di una astrazione ordinatrice. Ma giacch il mondo umano
sempre meno quello naturale e sempre pi quello sociale, anche della
apparente irrazionalit del mondo sociale - apparente nel senso che si
tratta in realt di una razionalit tecnica - deve quella rimozione render
conto.
Nel teatro della riflessione che l'individuo in grado di mettere in
moto attraverso la potenza del desiderio come elaborazione successiva di
un utopico stato di grazia, e in cui viene chiamata in giudizio, per una
volta, la realt, si incontrano cos due concordanti eppure antitetiche
necessit. Da un lato quella per cui senza la ragione (illusione necessaria
la chiam Nietzsche) non c' libert ma solo terrore, dall'altro quella di
autoriflettere le identificazioni astratte della ragione giacch sotto il peso
di esse rischia di scomparire la possibilit stessa dello scopo per il quale
erano sorte: l'autoconservazione nella dirczione della felicit.
per questo che l'interpretazione si scopre prima di tutto come
critica del non vero. Spinta da una parte contro la signoria del cos-e-nonaltrimenti, che il dato sembra esigere di per s, e che l'orizzonte ideo
logico allarga sempre pi al sociale come se fosse dato di natura, e dall'ai-

220

CRITICA DEL NON VERO

tra costretta, contro forse le sue tendenze pi intime, a bloccarsi la via


della regressione - dove la consegna nelle mani dell'irrazionale la pi
completa possibile - essa rivendica la vicinanza assoluta di verit e piacere
sensuale senza per questo voler scambiare la propria identit con l'otteni
mento del secondo.
Fu probabilmente questo uno dei punti di rottura teorica tra Marcuse
e Adorno. Nel secondo resiste l'idea che l'identit sia una ricorrenza
multipla, senza alcuna possibilit di ricercarne il fondamento, pena lo
scoprire solo l'inconscio collettivo latente di questa organizzazione so
ciale, cio, in ultima istanza, della organizzazione sociale basata sulla di
visione del lavoro. L'interpretazione assume cosi la prospettiva - ennesimo
passo in dirczione della morte di Dio - dell'individuo al quale essa deve
restituire speranza. Sebbene esso sia solo una delle forme, n la pi antica
n certo la pi solida dell'evoluzione della specie umana. E qui che trova
sostegno la critica immanente e la negazione determinata, medium dialet
tica dell'interpretazione. Sebbene si debba dire che le contraddizioni ap
partengano sempre alla cosa - al testo se cos ci si vuole esprimere - la
loro messa in moto non naturale: essa dipende sempre dal negativo
del loro coglimento, del sentimento negativo che si trasforma in una do
manda, come scrisse Adorno, petulante e ingenua ma, che cosi ingenua
poi non mai, sul perch cos e non altrimenti.
L'interpretazione si incontra allora con la immagine secolarizzata
(altra categoria benjaminiana) dell'allegoria interpretativa biblica: il senso
morale e anagogico sono in realt pi che il risultato, la guida dell'inter
pretazione. E non questo indifferente alla dialettica della messa in forma
tipica della parodia. Fu Kant, almeno nelle ricostruzioni adorniane, a in
dicare come l'intelletto abbia come unica funzione di mettere in forma
quel che di per s ne avrebbe poca, o addirittura alcuna (anche qui Nietzsche non estraneo...). Aggiunge Adorno che questo anche il modus
procedendi dell'eredit, della tradizione. La cosa non ininfluente: la tra
dizione , paradossalmente, l'ambito stesso della verit. Se essa la con
servazione del processo intero, e la tradizione la trasformazione di un
contenuto - cio per un dialettico come Adorno una relazione - in una
forma vincolante, allora la interpretazione e la tradizione sono identiche e
contrarie.
Come mostrano le interpretazioni di filosofia della musica di Adorno,
l'extraestetico penetra nell'opera d'arte come vincolo formale, come con
tenuto sociale rimosso e, ideologicamente, ad un tempo espresso. Ma l'in
dividuo, che non certamente soggetto di questo processo, tuttavia il

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

221

suo vero organo di senso. Come dire che la memoria sociale pi com
pleta ma assai pi cieca del ricordo individuale. In quella si conservano
finanche le tracce di ci che non ha traccia, di ci che stato espulso, ma
solo in queste le forme possono risultare incongrue rispetto alle esperien
ze. Se - ancora Nietzsche 116 - il giudizio sempre in ultima istanza un
giudizio di soddisfazione espresso dall'uomo, allora anche categorie come
impossibilit o possibilit sono espressioni di una situazione di felicit o
di dolore.
Sebbene l'individuo non possa mutare le costellazioni concrete, egli
pu tuttavia considerarle come... se... potessero essere diverse. La filo
sofia ha raggiunto, nel processo, in fondo sempre illuministico, di demi
stificazione, un grado di coscienza che non pu essere eluso. Eppure ha
reso anche ancor pi chiaro che la coscienza una forma di un determi
nato grado di sviluppo. Questa idea, per lo meno di Marx prima che di
Adorno, secondo la quale l'essere sociale determina la coscienza,
anche la chiave di volta per la rivolta della coscienza contro l'essere. Quel
che oggi vorrebbe essere accolto come smentita del materialismo storico
e della critica dell'economia politica, il fatto che le forme di coscienza
influiscano sulle forme produttive, invece forse l'apertura a una diversa
interpretazione della storia. Diversa interpretazione che n l'abiura di
Lukcs (che per primo formul chiaramente, per una parte, questa idea)
n il riassunto ad hoc della filosofia del Novecento compiuto per richiu
derla sotto l'inganno estremo metafisico, possono annullare.
L'individuo si trova sul limite di tutto. Indifeso dallo strapotere della
struttura, sociale o testuale, storico-biologica o inconscia, egli non in
grado di reperire da nessuna parte un punto fermo a partire dal quale
pensare e criticare. Eppure l'atto della interpretazione continua, anzi esso
forse, come scrisse Adorno nel mille e novecentotrentuno, l'atteggiamen
to per eccellenza della filosofia. Gli che il rimosso torna a presentarsi
all'individuo come eredit sociale, come forma, forma stessa della sua
coscienza, con la quale, nonostante tutte le sempre crescenti difficolt egli
rifiuta di non identificarsi. Ma questo grado eli sviluppo della coscienza si

116 Che la filosofia di Nietzsche appartenga in qualche modo alla tradizione della
scuola di Francoforte indubitabile. Pochi sono, per altro, i lavori di questi autori che
discutano di Nietzsche. un'assenza interessante. Tuttavia non credo che le interpretazioni di tale mancanza fondate sul concetto di 'natura' in Adorno e Nietzsche colle
gano il punto cruciale, che forse andrebbe cercato, semmai, nello illuminismo diabo
lico dei due.

222

CRITICA DEL NON VERO

duole della vita che conduce, e non trova in s forme concettuali, espres
sive e di azione - necessarie a comprenderla e a mutarla. Anzi a lui, e
anche per noi, come si esprimerebbe Hegel, tali forme sono diventate,
parodisticamente, materiali, di nuovo come un tempo dovettero esser state
prima di venir spediti sufficientemente lontani da non costituire pi una
minaccia. Su questi materiali si esercita la pressione artistica, ma anche la
pressione del pensiero tout court.
Entrambi afflitti dalla impossibilit di calare l'esperienza nelle forme
che il mondo ha approntato per essa, ne forniscono una rappresentazione
(in questi casi Adorno usa sempre e invariabilmente il termine Darstellung
per distinguere dalla rappresentazione come costruzione di immagine, in
tedesco Vorstellung} dove le tensioni restano: dove la forma viene im
piegata nonostante la sua inadeguatezza. Dove la parodia della forma - il
portare il sempre identico (l'inconscio privo di tempo) dentro il nuovo
(interpretare significa far irrompere il tempo nell'inconscio che di per s
ne privo) 118 - distrugge la forma stessa come natura, le toglie il carattere
di tradizione inviolabile, rende meno dura la rimozione. Cade, insomma,
il velo per il quale tutto appariva immutabile e immutato. E l'interpretare
si scopre critica del non vero.
Allora la coscienza individuale si scopre essa stessa una forma prodot
ta, storicamente prodotta, una sottile trama la chiama Adorno, dell'epo
ca tardoborghese. E ad essa si pongono di fronte altre forme - altri me
dium -, dall'aspetto trascendentale come non solo il linguaggio, ma la
struttura stessa del pensare per identificazioni, sorta in assonanza con la
divisione del lavoro nella sfera della produzione e l'identificazione nella
sfera della circolazione e scambio. Queste forme hanno, per Adorno, alla
radice la medesima struttura delle forme artistiche - che non per nulla egli

117 L'importanza del termine Darstellung all'interno del pensiero adorniano me


riterebbe una ricerca a s; probabilmente a cominciare dalla comparsa di questa
parola all'interno della cerchia degli autori di riferimento del Nostro. L'origine dell'uso
moderno risale, secondo il dizionario storico, alla rappresentazione che le parti uf
ficiali sostenevano in ambito giudiziario e in particolare durante un processo, dove la
parola e la cosa erano legate in destino dalla sistemazione delle cause e delle leggi. Cosa
che, tra l'altro, concorda con quanto sostenuto da Gadamer in Verit e metodo a
proposito del latino repmesentatio. Ovviamente non qui possibile procedere oltre in
tale ricerca...
118 Sarebbe assurdo pensare di indicare tutti i passi in cui Freud parla della
dimensione temporale del non-conscio; indichiamo tuttavia due trattazioni tarde del
tema, che ci paiono paradigmaticamente chiare, cfr. dunque S. Freud Opere, voi. XI
1930-38, Bollati Boringhieri, Torino, pp. 541-54, 572-74 e 599-609.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

223

chiama materiali compositivi - e di queste condividono il carattere:


riprendendo un tema quasi fichteano (passato ad Adorno sicuramente
attraverso le letture kantiane e la peculiare fenomenologia di Cornelius) si
potrebbe dire che senza limiti non c' neppure Io, o detto in termini pi
dialettici: prima o al di sotto delle forme che la coscienza assume in eredit
e impone non c' la libert del contenuto, ma solo la massima indetermi
natezza, la vuotezza quasi assoluta, del caos - l'essere e il nulla della prima
triade della Scienza della logica hegeliana.
Cos che la coscienza individuale, entro la quale avviene la composi
zione di forze della interpretazione sebbene, ripetiamo, non l'interpretazione stessa, non ha a disposizione una via d'uscita che non sia quella di
far la prova: inserire i propri contenuti in quelle forme di cui dispone. E
il chiasmo si intreccia ulteriormente se si tiene presente come, per Adorno
ma non solo per lui, i contenuti della coscienza sono sociali fino all'osso,
e, d'altra parte, le forme, sia quella particolare della coscienza individuale,
sia quelle trascendentali (per riassumere con questo nome quel che
potrebbe andare sotto la categoria lukcsiana di seconda natura) sono
il risultato della spinta all'autoconservazione, sono la risultante di relazioni
e rapporti di forza la cui forza conservata nella forza della forma che si
esercita, appunto, come tradizione, in arte, e come trascendentale nella
conoscenza, per far solo due tra i molti possibili esempi.
La croce in chiasmo dell'interpretazione, allora, non si attua tramite
la liberazione dalla forme della natura seconda, n, d'altro canto, iden
tificandole con la natura tout court e proseguendo quindi alla ricerca di un
fondamento: l'interpretazione , per Adorno, atto sostanzialmente privo di
fondamento. Sebbene egli suggerisca una serie di verifiche 119 , del tutto
chiaro come le reazioni individuali della interpretazione non possano fun
gere da criterio del vero. A meno che esse siano non-individuali e il vero
sia concepito in modo, per dir cos, non aristotelico.
Questo , per, proprio quel che vien messo in gioco da quel proces
so che chiamammo interpretazione parodica. In essa la coscienza indivi
duale, che si assicurata i contenuti empirici (ai quali secondo il Nostro
ogni contenuto alla fine riconducibile), si fa teatro della propria costitu
zione, delle forme sociali - nel senso ampio del termine - rapporti istituiti
e rimossi e genealogie. Essa ne fa teatro come se questi fossero natura
prima, valide e certe. Ma accade, e parrebbe accada sempre pi spesso,

Cfr. il cap. IV.

224

CRITICA DEL NON VERO

che questo modo di prender sul serio, questa critica immanente all'in
terno della dialettica della domanda, faccia saltar via la pretesa di neutra
lit, di funzionalit, di verit in una parola, delle forme, lasciando l'indi
viduo e i suoi medium fratti e scomposti. qui che, sostenuto dal deside
rio e dalla convinzione che quel che non tutto quel che , il teatro
comincia a combinare in forme diverse quegli stessi elementi, fino a elimi
nare ogni priorit, riconoscere la mediazione e, finalmente, mettere in atto
la critica. I suoi contenuti, che sono tanto dell'individuo quanto della sua
societ, non possono scomparire. Il loro destino fissato nell'alternativa
fra assumere forma distorta - sforzarsi, per dir cos, di entrare in scarpe
troppo strette -, e sempre pi distorta man mano che l'evoluzione storica
modifica i tratti richiesti dal principio di conservazione, con tutte le sue
versioni sociali e individuali, oppure agire modificando quelle forme: re
troagire sulla propria eredit, considerando tutto ci che appare natura
come storia, non dato ma posto, e, in ultima istanza, revocabile.
L'interpretazione per Adorno non deve, allora, tanto avere a suo
risultato la scoperta del vero come rispecchiamento, quanto la modifica
zione dello statuto dell'apparente e del reale. Modificazione che si riassu
me fin troppo facilmente nel diritto alla felicit, nel diritto a commensu
rare le cose a questa. Si tratta, chiaro, di conquistare una prospetti
va e non la cosa stessa nella sua essenza, come se essa avesse una essenza.
Questa prospettiva , in fondo, quella dialettica, della cosa come processo
e quindi della mutazione del suo contenuto e della sua verit in relazione
al grado di sviluppo. la prospettiva della critica per eccellenza: prender
tutto per vero al fine di verificare ogni nome come se si trattasse di dar
nomi per la prima volta.
evidente che una simile interpretazione lungi dall'abolire la tradi
zione e la trasmissione, deve anzi conservarle come solo materiale su cui
pu operare. La costellazione, infatti, entro cui avviene la interpretazione
parodica, se mossa dalla coscienza individuale, non tuttavia affatto, o
quasi per nulla, questione di coscienza individuale. Non si tratta, per
Adorno, di sistemare i punti pi dolenti del soggetto di modo che egli
possa adattarsi, pi o meno bene, alle condizioni presenti; quanto permet
tere allo stato presente delle cose di lasciar muoversi finalmente le proprie
forze, che sono le forze delle cose e del soggetto, insomma della loro
mediazione 12.
120 Th.W. Adorno, Parole chiave, op. cit., in particolare si veda il saggio Su sog
getto e oggetto.

DIDATTICA NEGATIVA ED ESPERIENZA. LA PARODIA

225

Se vero che senza l'intervento del soggetto, meglio: del pensiero e di


suo padre, il desiderio, non si metterebbe in moto il negativo del conside
rare l'enigma come... se..., pure certo che se la sistemazione del mondo
fosse razionale alla felicit, nessuno scontento potrebbe infilarvi di soppiatto delle contraddizioni. Cos l'interpretazione parodica non soggettiva,
nel senso che di essa non decide il soggetto, e neppure il suo risultato la
ricostruzione dell'intento soggettivo. Ma non nemmeno oggettiva, in essa
non c' alcun essere-cosi-e-non-altrimenti che venga tenuto fermo, neppu
re nella pi raffinata delle astrazioni. Essa, cos si esprimerebbe Adorno,
rimane ferma alla distinzione ma nella prospettiva della sua revoca: nella
prospettiva non di recidere la dialettica tra soggetto e oggetto, bens, attra
verso il riconoscimento della sua complessit, di accrescerla.
La storia - come memoria e come ricordo - il nerbo stesso della
possibilit del chiasme interpretativo di cui abbiamo parlato poco sopra.
L'oblio disumano non solo perch scorda i morti, ma soprattutto per
ch solo attraverso la accumulazione storica di significato, di successioni di
strati di forma, di diverse forme di rapporto, la interpretazione pu tener
teso il filo che collega quel che deve venir provato e quel che, di fatto espe
rito, viene informato in esso. Fin nel caso pi semplice, quello di una sin
gola parola, solo se in essa si accumulata della storia, l'esperienza che sotto
di essa dovrebbe essere pensabile dal soggetto pu contraddirla o farsi
contraddire. La storia, che pure non immediatamente conoscenza, come
mediazione del mondo il medium della conoscenza, ovvero dialetticamen
te, in qualche modo, l'oggetto della conoscenza. Come abbiamo detto, la
prospettiva su di essa che l'interpretazione deve liberare. Non ci che
avvenuto si tratta di interpretare, ma l'effetto che ci che avvenuto ha su
quel che deve, o pu dover, avvenire. La storia , insomma, il medio e la
causa delle trasformazioni in forma, delle rimozioni, e delle reazioni dell'organo di senso individuo che abbiamo visto all'opera nell'interpretazione. Cos se la conoscenza storica indispensabile per comprendere il
valore di posizione delle parti dell'interpretando, l'interpretazione non si
esaurisce in essa, n nella sua ricostruzione. Anzi, si potrebbe forse prospet
tare - ma la ricerca tutta da compiere - se Adorno non concepisca la storia
come una forma dell'interpretazione. Certamente il libro storico Dialet
tica dell'illuminismo si propose proprio di comprendere la prima interpre
tazione dopo il mito, l'atto costitutivo, dell'illuminismo.
Ma del resto in conclusione, neppure l'interpretazione conoscenza
in Adorno, se non in quanto egli ha considerato la conoscenza, per come
essa oggi possibile, solo come negazione determinata del non vero.

BIBLIOGRAFIA GENERALE

La presente bibliografa si riferisce solo alle opere effettivamente utilizzate o


citate, nonch ai testi di riferimento che compaiono in nota. Non quindi esau
stiva delle pubblicazioni di e su Adorno".

PARTE PRIMA: OPERE E SAGGI DI Tn.W. ADORNO, CITATI, IN ORDINE CRONOLOGICO


SECONDO LA DATA DI PUBBLICAZIONE IN ITALIA

Minima moralia, trad. R. Solmi, Einaudi, Torino 1954.


Filosofia della musica moderna, trad. L. Rognoni, Einaudi, Torino 1959.
Dissonanze, trad. G. Manzoni, (l'edizione italiana porta in aggiunta due saggi del
1957: Neue Musik, Interpretation, Publikum e Verfremdes Hauptwerk) Feltrinelli, Milano 1959.
Kierkegaard. Costruzione dell'estetico, trad. A.B. Cori, Longanesi, Milano 1962.
Sulla metacritica della gnoseologia, trad. A.B. Cori, Sugarco, Milano 1964.
Dialettica dell'illuminismo, scritta con Max Horkheimer, trad. R. Solmi, Einaudi,
Torino 1966.
Lezioni di sociologia, (gli scritti sono attribuiti all'Istituto per la ricerca sociale di
Francoforte, senza indicazione dei singoli autori. Corrisponde al voi. IV dei
"Frankfurter Beitrge zur Soziologie", M. Horkheimer e Th.W. Adorno
compaiono come curatori della raccolta) trad. A. Mazzone, Einaudi, Torino
1966.
Wagner-Mahler, (i due studi sono accorpati solo nell'edizione italiana) trad. M.
Bartolotto e G. Manzoni, Einaudi, Torino 1966.

Compaiono con l'indicazione dell'edizione originale quelle opere straniere che


sono state consultate effettivamente in quell'edizione, accompagnata con l'indicazione
della traduzione italiana con l'anno di riferimento dell'edizione dalla quale tratta
l'eventuale citazione.

BIBLIOGRAFIA GENERALE

227

Anmerkungen zum sozialen Konflikt beute. Nacb zwei Seminaren, in "Giovane


critica", n. 17, 1967.
Il fido maestro sostituto trad. G. Manzoni, Einaudi, Torino 1969.
superato Marx? in AA.VV. Marx Vivo, Mondadori, Milano 1969.
Dialettica negativa, trad. C.A. Donolo, Einaudi, Torino 1970.
Introduzione alla sociologia della musica, trad. G. Manzoni, Einaudi, Torino 1971.
Tre studi su Hegel, trad. F. Serra, II Mulino, Bologna 1971.
Dialettica e positivismo in sociologia, autori vari, trad. A.M. Solmi, Einaudi, Torino
1972.
Prismi, trad. C. Mainoldi, M.B. Peruzzi, E. Zolla, E. Filippini, G. Manzoni, A.B.
Cori, Einaudi, Torino 1972.
L'attualit della filosofia, trad. C. Pettazzi, in "Utopia", 1973, n. 7-8.
Parole chiave. Modelli critici, trad. M. Agrati, Sugarco, Milano 1975.
Teoria estetica, trad. E. De Angelis, Einaudi, Torino 1975.
Terminologia filoso/tea, trad. A. Solmi, Einaudi, Torino 1975, 2 voli.
Scritti sociologici, (si tratta di una selezione degli scritti compresi nell'edizione
originale tedesca) trad. A.M. Solmi, Einaudi, Torino 1976.
L'idea di storia naturale, trad. M. Tosti Croce, in "II Cannocchiale", 1977, n. 1-2.
Note per la letteratura, trad. E. De Angelis, A. Frioli e G. Manzoni, Einaudi,
Torino 1979, 2 voli.
Parva Aesthetica, E. Farnchetti, Feltrinelli, Milano 1979*.
// tardo stile di Beethoven, trad. A. Arbo, in "Aut Aut", 1988, n. 225.
Il gergo dell'autenticit, trad. R. Bodei, Bollati Boringhieri, Torino 1989.

PARTE SECONDA: EDIZIONE TEDESCA DELLE OPERE COMPLETE DI TH.W. ADORNO


Theodor Wisengrund Adorno, Gesammelte Schnften, hrsg. von G. Adorno und R.
Tiedemann, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M., in 20 Banden.
I: Philosophische Frhschriften
II: Kierkegaard. Konstruktion des sthetischen
III: Dialektik der Aufklrung
IV: Minima moralia
V: Zur Metakritik der Erkenntnistheorie
Drei Studien zu Hegel
VI: Negative Dialetktik
VII: sthetische Theorie
Vili: Soziologische Schriften I
IX: Soziologische Schriften II
X: Kulturkritik und Gesellschaft. Prismen.
Ohne Leitbild. Parva Aesthetica
Eingriffe. Stichworte
XI: Noten zur Eiteratur
XII: Philosophie der neuen Musik
XIII: Die musikalische Monographien
XIV: Dissonanzen
XV: Komposition fr den Film

228

BIBLIOGRAFIA GENERALE

Der getreuer Korrepetitor


XVI: Musikalische Schriften I-III
XVII: Musikalische Schriften IV
XVIII: Musikalische Schriften V
XIX: Musikalische Schriften VI
XX: Vermischte Schriften

PARTE TERZA: BIBLIOGRAFIA CRITICA


Sezione prima: volumi collettanei su Adorno e la scuola di Francoforte.
AA.VV., Teorie letterarie nella scuola di Francoforte, in Quaderni critici, Roma
1976. In particolare i saggi: M. Carlino, // surrealismo negli scritti teoricocritici di Marcuse, Adorno, Benjamin; A. Mastropasqua, Alcune note su Benjamin, Adorno e la scuola di Francoforte.
AA.VV., Theodor W. Adorno, hrsg. von H.L. Arnold, Text+Kritik, Mnchen
1971.
AA.VV., Adorno Konfernz 1983, hrsg. von L.V. Friedeburg und J. Habermas,
Suhrkamp Verlag, FRankfurt a. M. 1983. In particolare i saggi: A. Schmidt,
Begriff des Materialismus bei Adorno; H.R. Jauss, Der literarische Prozef, des
Modernismus von Rousseau bis Adorno; P. Biirger, Das altern der Moderne;
W. BonE, Empirie und Dechifrierung von Wirklichkeit. Zur Methodologie bei
Adorno.
AA.VV., Th.W. Adorno zum Gedchtnis. Eine Sammlung hrsg von FI. Schweppenhuser, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1971. In particolare i seguenti
saggi: Th.W. Adorno, Resignation; J. Habermas, Theodor W. Adorno wdre
am 11 September 66 Jahre alt geworden; P. von Haselberg, Denken aus Pro
test; G. Picht, Atonale Philosophie; D. Schnebel, Komposition von Sprache....
AA.VV., Die frankfurter Schule im Licht des Marxismus. Zur Kritik des Philosophie
und Sociologie von Horkheimer, Adorno, Marcuse und Habermas, Marxistische Blatter Verlag, Frankfurt a. M. 1970.
AA.VV., IJber Th.W. Adorno, hrsg. von Oppens, Suhrkamp Verlag, Frankfurt
a. M. 1968.
AA.VV., Die neue Linke nach Adorno, hrgs. von W.F. Schller, Kinfler Verlag,
Mnchen 1969.
AA.VV., Kritik und Interpretation der kritischen Theorie, Aufstze ber Adorno,
Horkheimer, Marcuse, Benjamin, Habermas. A. Achenbach, GieBen 1975.
AA.VV., Hamburger Adorno-Sympbosion, hrsg. von M. Lbig und G. Scweppenhuser, Dietri eh zu Klampen Verlag, Lneburg 1984. In particolare i
saggi: R. Tiedemann, Begriff-Bild-Name. Uber Adornos Utopie von Erkenntnis; C. Trke, Gottesgeshcenk Arbeit. Theologisches zu einem profanen Begriff; W. Hofer, Adorno und Kafka.
AA.VV., Zeugnisse. Th.W. Adorno zum sechzigsten Geburstag, hrsg. von M.
Horkheimer, Europische Verlagsanstalt, Frankfurt a. M. 1963.
AA.VV., Materialen zur sthetischen Theorie Theodor W. Adornos Konstruktion
der Moderne, hrsg. von Burkhardt und Ldke, Suhrkamp Verlag, Frankfurt

BIBLIOGRAFIA GENERALE

229

a. M. 1980. Cfr. in particolare il saggio di H.R. Jauss, Negativitt una sthetische Erfahrung.
AA.VV., Prsences d'Adorno, in Revue d'Esthtique, 1975, n. 1-2. In partico
lare i saggi: E. Baucar, L'esthtique camme antropologe. Une lecture d'Adorno
a partir du Manuscript de 1844; G. Hhn, Une logique de la dcomposition
polir une lecture de Th.W. Adomo; M. Jimenez, Prsences d'Adorno; J.R.
Ladmiral, Adorno cantra Heidegger; O.K. D'Allones, Adorno non Adorno.
AA.VV., Adorno, in Revue d'Esthtique, nuova serie, 1985, n. 8. In particolare
i saggi: P. Brger, L'antiavantgardisme dans l'esthtique d'Adorno; J. R. La
dmiral, Dialectique negative de l'criture aphonstique; R. Heyndels, Disconti
nuit et question du scns: quelques remarques sur Adorno et Pascal; P. Zima,
Adorno et la crise du langage: pour une critique de la parataxis.

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der Noten zur Literatur Th.W. Adorno, Gerstenberg, Hildesheim 1979.
W. Bon e A. Honneth, Sozialforschung als Kritik. Zum sozihvissenschaftlicbe
Potential dcr kntiscben Tbeorie, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1982. Cfr.
in particolare i saggi: W. BonB, Psychoanalyse als Wissenschaft una Kritik: zur
Freudrezeption der Frankfurt Schule; J. Benjamin, Die Antinomien des
patriarcbalischen Denkens.

H. Brunkhorst, Th.W. Adorno - Dialektik der Moderne, Piper Verlag. Mnchen


1990.
R. Bubner, Philosophie ist ihre Zeit in Gedanken erfalk, in Hermenutik und
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P. Brger, Vermittlung-Rezeption-Funktion. Asthetische Theorie und Methodologie
der Literaturwisscnschaft, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1979.
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Roma 1979.
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sche, Adorno, Liguori, Napoli 1979.
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Frankfurt a. M. 1968; trad. it. Teoria critica, 2 voli., a cura di H.G. Backhaus,
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sowie Fragen einer aktuellen Asthetik, Forum Academicus in der Verlagsgruppe Athenum, Knigstein/Ts. 1981.
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P. Reichel, Verabsolutierte Negation. Zu Adornos Theorie von der Triebkraften der
Gesellschaftlichen Entwiklung, Marxistische Blatter Verlag, Frankfurt a.M.
1972.
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sconi, De Donato ed., Bari 1972.
M. Vacatello, Th.W. Adorno: il rinvio della prassi, La Nuova Italia, Firenze 1972.
J.M. Vincent, La Theorie critique de l'Ecole de Francfort, Galile, Paris 1976.
A. Wellmer, Dialettica moderno-postmoderno. La critica della ragione dopo Adorno,
Unicopli, Milano 1987.
V. Zmegac, Creazione letteraria e consumo sociale, Liguori, Napoli 1980.

1 Questo preziosissimo volume comparso dopo la stesura del presente lavoro;


se ne da qui notizia soprattutto per l'interesse che esso riveste, e non solo per i lettori
di Adorno, ma non stato, per ovvia impossibilit, utilizzato come apparato critico.

BIBLIOGRAFIA GENERALE

23 1

PARTE QUARTA: EMEROTECA


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R. Ansani, L'ossessione del nuovo. L'avanguardia nel pensiero di Th.W. Adorno, in
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Th.W. Adorno, in Rivista di estetica, 1981, n. 9, pp. 96-109.
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1977, n. 32.
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1967, n. 1.
F. Porcarelli, // concento di natura in Nietzsche e nella scuola di Francoforte, in II
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di sociologia, 1980, pp. 265-98.
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1987, pp. 19-47.
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musica moderna, op. cit.
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Rassegna italiana di sociologia, 1986, pp. 117-34.
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(solo nell'edizione italiana del 1954)
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barocco tedesco, a cura di E. Filippini, Einaudi, Torino 1971.
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Suhrkamp Verlag, Frankfurt a. M. 1955; trad. Angelus Novus, a cura di R.
Solmi, Einaudi, Torino, 1962.

2 Testi che compaiono in citazione o che hanno costituito struttura della ricerca
o esposizioni di riferimento.

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Finito di stampare nel mese di febbraio 1997


da La Grafica & Stampa ed. srl, Vicen/a

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