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2° CORSO PER TECNICI NAZIONALI DELLA FIT CON VALORE

DI ALLENATORE DI QUARTO LIVELLO EUROPEO CONI - FIT

Anni 2004/2005

PROJECT WORK

IMPATTO ED UTILIZZO DELL’ALLENAMENTO


MENTALE PER IL MIGLIORAMENTO DELLA TECNICA
(GIOVANI ATLETI NELLA FASCIA 12-14)

Autori
Marco D’Innocenzo
M.Paola D’Innocenzo
Gonario Zidda

Tutor:
Simone Sbardellati

Roma, 8-9 novembre 2005


INDICE

ABSTRACT Pag. 4
PREMESSA
1. INTRODUZIONE Pag. 9
1.1. PERCEZIONE, AZIONE E MOVIMENTO Pag. 89
1.1.1. La percezione della posizione e del movimento del
proprio corpo Pag. 10
1.1.2. Cinestesia Pag. 10
1.1.3. L’attenzione Pag. 12
1.1.4. Informazione sensoriale e azione Pag. 14
1.2. DEFINIZIONE DI ALLENAMENTO MENTALE (A.M.) Pag. 17
1.2.1. Le basi fisiologiche Pag 18
1.2.2. Il periodo ottimale di esecuzione e utilizzazione A.M. Pag. 19
1.2.3. Fattori interpersonali che influenzano l’efficacia Pag. 20
dell’A.M.
1.2.4. Valutazione riassuntiva dei vantaggi e dei limiti Pag. 20
dell’A.M.
2. TECNICHE UTILIZZABILI PER UN PROGRAMMA DI A.M. Pag. 23
2.1. Stato di Flow Pag. 23
2.2. Goal setting Pag. 24
2.3. Arousal, la gestione dell’energia fisica e mentale Pag. 28
2.4. Immagine mentale (Imagery) Pag. 29
2.5 Il training visivo Pag. 33
2.6. Tecniche per ottimizzare attenzione e concentrazione Pag. 34
2.7. Il training autogeno Pag. 36
2.8. Il Biofeedback Pag. 39
3. CONSIDERAZIONI SULLA MOTIVAZIONE Pag. 48
4. VARIABILI, ABILITÀ TECNICHE E PSICOLOGICHE Pag. 50
5. LE FASI PER LA REALIZZAZIONE DI UN PROGRAMMA DI A.M. Pag. 52

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5.1. Apprendimento e memorizzazione Pag. 52
6. PERCHÉ ATLETI E ALLENATORI INVESTONO POCO TEMPO Pag. 54
NELL’ALLENAMENTO DELLE ABILITÀ MENTALI, QUANDO GLI
STESSI RITENGONO LA COMPONENTE PSICOLOGICA TANTO
IMPORTANTE PER IL SUCCESSO COMPETITIVO?
7. LINEE GUIDA Pag. 55
8. CONCLUSIONI Pag. 59
9. ALLEGATI Pag. 62
All.A Verifica dell’efficacia dell’allenamento con Imagery Pag. 63
nell’esecuzione di attività motorie (Colpo del servizio)
All. B Condizionamento alla risposta visiva (Tennis: Pag. 79
allenamento specifico alla concentrazione
All. C Influenza di programmi di Visual Training sulla Pag. 85
prestazione di giocatori di tennis principianti
nell’approccio a rete.
All. D La five-step strategy adattata al servizio nel gioco del Pag. 91
tennis
All. E Esempio di applicazione del Training Autogeno Pag. 97
All. F Valutazione psicologica di un gruppo di tennisti Pag. 102
All. G L’applicazione del Biofeedback nella psicofisiologia Pag. 105
dello sport e nell’allenamento
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Pag. 121

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Abstract.

L’allenamento mentale produce significativi miglioramenti nella tecnica in


giovani atleti nella fascia di età 12-14 anni?
Lo scopo di questo project work non è stato quello di dare una risposta univoca né
esaustiva a questa domanda, ma quello di raccogliere ed analizzare studi recenti
sull’argomento al fine di offrire una panoramica delle tecniche maggiormente
utilizzate per lo sviluppo di un allenamento mentale da affiancare ad un
allenamento “tradizionale”.
Le sperimentazioni fino ad oggi trovate nel corso della ricerca sono
prevalentemente rivolte alla valutazione ed al miglioramento di alcuni aspetti
psicologici, poco è stato trovato riguardo l’impatto di un allenamento mentale su
aspetti più propriamente tecnici.
Premesso che è difficile creare una netta linea di demarcazione fra problematiche
psicologiche, atletiche ed ideomotorie, in quanto un miglioramento tecnico e di
prestazione non può prescindere da nessuno di questi aspetti, nel project work
abbiamo selezionato argomenti e tecniche con l’intento di offrire spunti utili alla
progettazione e realizzazione di nuove sperimentazioni validabili per numero di
atleti coinvolti e per tempo necessario alla valutazione dei risultati.

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PREMESSA

Lo sviluppo potenziale di un atleta, soprattutto nella fascia di crescita compresa


tra gli 12 e i 14 anni, è un progetto a lungo termine. L’adolescenza è per
eccellenza l’età del cambiamento e dello svilupparsi delle potenzialità. E lo sport
non fa eccezione. Sono gli anni in cui le esigenze interiori, di scoperta, di
definizione di se stessi e delle proprie prospettive-aspettative diventano più
pressanti. E parallelamente sono gli anni in cui gli allenamenti diventano più
continui e più specifici. E così succede che l’adolescenza è il periodo in cui gli
abbandoni della pratica sportiva professionalizzante sono più frequenti. Lo sport
professionalizzante non sostituisce, per esempio, il gioco, perché ha accentuazioni
psicologiche diverse. Il gioco è divertimento, con tutte le connotazioni di adesione
spontanea, appagamento interiore gratuito e scoperta dei propri mondi interiori ed
esteriori. Lo sport è prestazione e la soddisfazione eventuale è collegata al livello
della prestazione. Il gioco è creatività, esplorazione continua a tutto tondo. Lo
sport è ricerca della perfezione all’interno dei limiti della specialità scelta. Il gioco
è variazione, esplorazione, cambiamento. Lo sport è ripetizione, adeguamento,
disciplina. Nel gioco ci si pone in maniera attiva rispetto alle eventuali regole
esplicite, che del resto non sempre esistono. Nello sport il singolo atleta si pone in
maniera passiva rispetto alle regole, che sono tutte esplicite e fortemente
codificate. Il gioco porta sempre ad un qualche tipo di acquisizione almeno
simbolica, i gesti dello sport sono di per sé gratuiti, hanno un legame abbastanza
allentato rispetto ai gesti della vita quotidiana. Il gioco è indifferente agli
spettatori, se non addirittura segreto. Il gioco è sempre in rapporto di tensione
rispetto alla realtà e tende ad una sua trasformazione. Lo sport è completamente
inserito nella realtà concreta e sottoposto ad ogni sorta di misurazione oggettiva.
Lo sport ha anche elementi di gioco e contribuisce, ed in maniera decisa, alla
formazione di ciascuno, in special modo durante l’età critica dell’adolescenza,
proprio per i valori di confronto con se stessi, con gli altri e con i propri limiti. E
per il piacere ed i vantaggi che l’attività fisica può dare. E’ necessario che ci si
avvicini alla pratica agonistica con equilibrio e moderazione.

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Nell’ambito delle discipline individuali il tennis rappresenta sicuramente
l’esempio più rappresentativo di attività sportiva nella quale l’informazione
sensoriale influenza in modo sostanziale la qualità dell’esecuzione tecnico-tattica
in quanto contribuisce all’organizzazione al controllo ed all’esecuzione del colpo.
Il grado di sviluppo di un giocatore di tennis è principalmente dato dalla capacità
di stabilire precisi percorsi tattici, tecnici, fisici, biomeccanici e mentali.
“Il tennis è 80% testa e 20% gambe”. Questa è un’affermazione comune tra gli
operatori del settore, e seppure trascura l’importanza fondamentale di tecnica e
tattica, evidenzia come queste ultime non siano sufficienti a consentire ad
un’atleta, seppure giovane, di esprimersi ai massimi livelli e di raggiungere la
propria peak performance.
Oltre all’aspetto di sport prettamente individuale, occorre tener presente che nel
tennis sia la vittoria che la sconfitta si giocano a volte in brevi ping-pong di stati
d’animo, di sensazioni, di sicurezze e di paure e che in alcuni momenti della
partita l’approccio mentale riveste importanza pari se non superiore a quello
tecnico e fisico. I tre aspetti citati sono dunque correlati tra loro. Nel tennis il
pareggio non esiste e questo lo rende uno sport ricco di partecipazione emotiva.
Per questi motivi e per altri ancora l’allenamento mentale del tennista, anche in
età puberale, deve essere tenuto nella giusta considerazione insieme agli aspetti
tecnici, tattici e della preparazione fisica. In Figura 1 è riportato un modello
esemplificativo della correlazione tra preparazione e prestazione.

Figura 1

Il risultato primario da raggiungere in questi giovani atleti è il miglioramento a


breve, medio e lungo termine della prestazione e di tutti gli aspetti che
caratterizzano un gesto sportivo.

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Nel caso della prestazione sportiva gli allenatori svolgono un ruolo importante nel
promuovere un sistema di autoregolazione nell’atleta, sono fonte di informazioni
insostituibili su aspetti importanti della prestazione e della sua personalità e
rappresentano un tramite essenziale per conoscere le reazioni e le variazioni del
rendimento dell’atleta nel tempo e nelle diverse situazioni. Quando il feedback
corrisponde ad una rendicontazione attenta e fedele degli esiti prodotti da specifici
comportamenti in diverse situazioni, esso rappresenta fonte di informazione sulle
prestazioni raggiunte, occasione di verifica delle proprie capacità e motivo di
riflessione sulle proprie azioni.
Nel perfezionamento di una prestazione sportiva è anche utile disporre di modelli
di riferimento, osservare altri costituisce un modo efficace di accumulare
esperienze proiettando l’atleta in situazioni nuove, innescando processi generativi
di nuove strategie da adottare nel corso di un allenamento o di una gara. Si impara
a perfezionare le proprie abilità confrontando le proprie prestazioni con quelle
altrui.
L’allenamento mentale utilizza gli stessi principi generali dell’allenamento
atletico. Nell’allenamento atletico gli stimoli sono i carichi di lavoro motorio che
provocano continui cambiamenti strutturali e biochimici nella fibra muscolare e
nei sistemi centrali.
Nell’allenamento mentale si lavora su attività cognitiva, emozionale e
ideomotoria. L’obiettivo è lo sviluppo di abilità mentali specifiche per aumentare
il rendimento e ottimizzare la prestazione.
L’allenamento mentale prevede, al pari dell’allenamento atletico, sedute di
allenamento con cadenza regolare e sulla base di un programma che può essere
gestito da un tecnico con adeguata formazione. In alcuni casi i programmi
richiedono competenze particolari e la collaborazione tra il tecnico e lo psicologo
dello sport.
Premesso che la bibliografia più recente su allenamento mentale e argomenti
correlati è estremamente vasta, in questo P.W. ci siamo proposti di analizzare
come, quando e perché un allenatore deve inserire, nel programma di allenamento
di giocatori compresi tra 12 e 14 anni, non solo esercizi tecnici, atletici e tattici ma
anche un adeguato allenamento mentale allo scopo di far emergere tutte le

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potenzialità che possono portare all’ottenimento dei livelli massimi di prestazione
individuale. Abbiamo cercato di selezionare tecniche utili per progettare un
programma di allenamento mentale ed abbiamo riportato, in allegato, alcune
sperimentazioni effettuate da alcuni autori sul campo.

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1. INTRODUZIONE

Prima di addentrarci in modo specifico nell’applicazione del mental training a


tennisti in fase adolescenziale, ci pare opportuno richiamare concetti generali utili
per la comprensione di alcuni meccanismi psico-fisiologici coinvolti
nell’allenamento mentale.

1.1. PERCEZIONE, AZIONE E MOVIMENTO

Tenuto conto delle grandi capacità somatosensoriali in ragazzi di questa fascia di


età, l’utilizzo di diverse tecniche di allenamento mentale può portare ad un
miglioramento dello sviluppo tennistico di un giocatore
Il contatto con il mondo esterno avviene attraverso:
A) La sensazione, intesa come effetto soggettivo e immediato, provocato
dagli stimoli sui diversi organi di senso
B) La percezione, intesa come organizzazione dinamica e significativa degli
stimoli sensoriali
Il canale che ci appare più importante nella discussione: dell’allenamento mentale
è quello cinestetico.

Ogni azione umana volontaria che ha un obiettivo è sempre soggetta ad un motivo


dominante; nel tennis questo è rappresentato dall’obiettivo tattico. Esso richiede
l’elaborazione di stimoli percettivi, principalmente quelli cinestetici ed un dialogo
interiore attraverso il quale l’atleta manda a sé stesso messaggi fondamentali alla
riuscita della propria prestazione e che determina l’azione mediante la
decodificazione di afferenze sensitivo-sensoriali.
E’ opportuno in questa sede fare una breve introduzione a carattere generale sulla
percezione della posizione e del movimento del proprio corpo.

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1.1.1. La percezione della posizione e del movimento del proprio corpo

La percezione è un aspetto importante dell’esperienza umana. Attraverso


l’esperienza percettiva, detta cognitiva, siamo in grado di comprendere il mondo e
il nostro corpo, ma esiste un ruolo aggiuntivo della percezione indirizzato
all’azione.
Per compiere con successo un’azione, come ad esempio colpire con una racchetta
da tennis una palla, può non essere necessario analizzare compiutamente l’oggetto
da colpire. Nel caso di oggetti in movimento, difatti, la velocità può essere tale da
non consentire un apprezzamento delle qualità formali dell’oggetto. Pur non
essendo in grado di descrivere le caratteristiche di un oggetto lanciato ad alta
velocità, siamo comunque in grado di compiere azioni appropriate nei suoi
confronti come il colpirlo. Il successo dell’azione implica dunque la disponibilità
di una serie di informazioni relative alla posizione dell’oggetto nello spazio, alla
posizione e al movimento del corpo.
La percezione della posizione e del movimento del corpo deriva dall’integrazione
di informazioni di varia natura la cui elaborazione deve essere continuamente
aggiornata in quanto i cambiamenti di posizione sono continui. La fonte principale
di informazione sulla percezione della posizione e del movimento del corpo è
visiva, ma la visione non è l’unico sistema sensoriale che ci informa sul nostro
corpo. Tra le informazioni non visive che contribuiscono alla percezione corporea
assumono particolare importanza la cinestesia, ossia il senso di posizione e
movimento del corpo promosso dai recettori cutanei e profondi, ed il senso di
equilibrio, in cui prevale l’attività dei recettori vestibolari.

1.1.2. Cinestesia

Il termine cinestesia deriva dal greco kìnesis = movimento e aìsthesis =


percezione ed è utilizzato per indicare la percezione della posizione e del
movimento del corpo, derivata dalla sensibilità somatica, ossia di quella
sensibilità che fornisce informazioni di cui siamo generalmente poco consapevoli.

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Il sistema somatosensoriale è costituito da due tipi di propriocettori (recettori
sensibili a stimoli che originano all’interno degli organi): i recettori muscolari e i
recettori situati nelle capsule e nei legamenti articolari. Oltre a questi recettori
contribuiscono alla cinestesia anche i recettori cutanei sensibili alla pressione che
svolgono un ruolo importante nel segnalare il contatto tra il corpo ed altri oggetti.
I segnali generati da recettori periferici localizzati in un lato del corpo sono
trasmessi attraverso vie sensoriali ascendenti alla corteccia cerebrale
controlaterale somatosensitiva primaria, mediante sinapsi che si trovano a vari
livelli sottocorticali. Questa corteccia, localizzata a livello postcentrale del lobo
parietale, comprende quattro regioni: le aree 1,2,3a e 3b (Figura 2).

FIGURA 2 – La figura mostra la parte di corteccia dedicata all’elaborazione delle afferenze


somato sensoriali. La fig. 2 serve per capire l’orientamento del cervello rappresentato nella parte
centrale, con un polo centrale (anteriore) e uno occipitale (posteriore). Tutte le aree
somatosensoriali sono localizzate nel lobo parietale. L’area somatosensoriale primaria (S-I) è
localizzata nel giro post centrale (immediatamente dietro al solco centrale, ben individuabile nella
figura). L’area somatosensoriale secondaria indicata da S-II, è poco visibile nella figura, essendo
in parte coperta dal lobo temporale. Le cortecce parietali posteriori, ove ha luogo il livello più
elevato dell’elaborazione sensoriale, sono indicate in grigio. Nell’ingrandimento in basso si
possono distinguere diverse regioni corticali che appartengono all’ S-I e al lobo parietale
posteriore. Come si vede, regioni corticali diverse sono indicate da un numero; questa
numerazione si riferisce ad una classificazione del tessuto corticale fatta dall’anatomista
Brodmann negli anni1930. La classificazione di Brodmann è basata sulle diverse caratteristiche
anatomiche del tessuto corticale (numero di strati corticali, densità dei neuroni, disposizione e
quantità di fibre ecc.) e sulle differenti caratteristiche istologiche (forma, dimensioni ecc.) delle
cellule che vi si trovano. (Modificata, da Kendel et al., 1994)

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Aree diverse ricevono afferenze da un tipo specifico di recettori. La regione 3a
riceve in prevalenza dai recettori dello stiramento muscolare, le aree 1 e 3b
ricevono principalmente dai recettori cutanei e la regione 2 dai recettori articolari.
Le afferenze non si distribuiscono a caso all’interno di ogni regione, ma sono
disposte ordinatamente in modo che le informazioni che provengono da recettori
situati in zone vicine sulla superficie del corpo siano elaborate in regioni adiacenti
a livello corticale.
Dalla corteccia primaria l’informazione somatosensoriale è inviata ad altre
cortecce, dette di ordine superiore: la corteccia somatosensoriale secondaria e le
cortecce parietali posteriori.
Come la corteccia primaria anche quella secondaria è organizzata
somatotopicamente, ossia in modo ordinato. Essa si trova adiacente alla corteccia
primaria ed attua analisi più complesse. Ad esempio i neuroni della corteccia
somatosensoriale secondaria elaborano segnali che provengono da porzioni più
estese del corpo. Inoltre la corteccia secondaria ha una rappresentazione bilaterale
e non controlaterale come quella primaria.
Le cortecce parietali 5 e 7 (Fig.2) svolgono un ruolo di integrazione tra modalità
somatosensoriali diverse e ricevono anche informazioni visive e vestibolari

1.1.3. L’attenzione

L’attenzione ha un legame molto stretto con la percezione. Il carattere di


consapevolezza e di selezione dell’esperienza sensoriale, la capacità di produrre
azioni accurate e rapide, l’attenzione degli atleti, che rappresentano una categoria
speciale di persone su cui studiare l’attenzione, sono tutti aspetti importanti nello
studio della percettività legata all’azione.
Molti comportamenti originariamente consapevoli e volontari, diventano
automatici con l’apprendimento e una volta che questo è consolidato c’è ben poca
consapevolezza sia del comportamento motorio che produciamo, sia dell’azione di
controllo esercitata su di esso dall’informazione sensoriale.
L’attenzione è strettamente correlata alla consapevolezza. Possiamo portare
l’attenzione sulle sensazioni che provengono dal corpo concentrandoci sulla
percezione dell’equilibrio o di un movimento. L’attenzione rileva e porta alla

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consapevolezza un solo aspetto per volta in un processo seriale, non parallelo
come avviene nell’elaborazione dell’informazione.
Molti sport sono caratterizzati da notevoli richieste attenzionali. In particolare
nelle discipline con la palla, dette open skill, come ad esempio il tennis, è
richiesto un elevato grado di flessibilità attenzionale in quanto il comportamento
dell’atleta deve continuamente confrontarsi con la situazione variabile del campo.
Nel 1980 Posner ha proposto per lo studio dell’attenzione spaziale selettiva un
paradigma, utilizzato da altri autori in diversi studi successivi.
Il soggetto fissa un punto al centro di uno schermo senza muovere gli occhi. Dopo
un breve tempo appare un segnale (freccia o altro) detto stimolo cue che indica il
lato in cui comparirà lo stimolo. Dopo un breve intervallo, definito SOA
(Stimulus Onset Asynchrony) appare lo stimolo cui il soggetto deve rispondere,
detto stimolo imperativo o bersaglio, dallo stesso lato o dal lato opposto rispetto
allo stimolo cue iniziale. Il confronto tra le risposte ottenute nella condizione
valida (cue valido, stimolo dallo stesso lato) rispetto a quella invalida (cue
invalido, stimolo da lato opposto) consente di valutare l’efficienza della risposta
ad uno stimolo atteso rispetto ad uno inatteso. I risultati che si ottengono da
questo paragone possono essere confrontati con una situazione neutra di stimolo
cue (stimolo che non informa il soggetto o lo informa con un segnale diverso).
Il paradigma di Posner può essere modificato per studiare anche caratteristiche
diverse dall’attenzione spaziale. Ad esempio la durata del SOA è un parametro
importante per distinguere tra fenomeni legati ad attivazioni automatiche o
volontarie. Esso è stato applicato a diverse categorie di sportivi ed nella seguente
tabella sono riportati dati relativi ad uno studio effettuato da Nougier, Stein e
Bonnel nel 1991 relativamente ad alcuni sport. (Tabella 1)

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Tabella 1 – Tempi di reazione (in millesecondi) misurati con il parasigma di Posner.

In alcuni sport è richiesto un fuoco attenzionale molto ristretto.


In una partita di tennis possiamo concentrarci su un aspetto molto limitato del
campo visivo o del nostro corpo (solo sulla traiettoria della pallina o solo sulla
sensazione tattile della racchetta durante il colpo) oppure su una scena più ampia
esterna (il campo da tennis su cui si muove l’avversario, la luce della giornata) o
interna (la sensazione di contrazione del corpo e di tensione mentale). In momenti
diversi della partita può essere appropriato un fuoco attenzionale più o meno
ampio.

1.1.4. Informazione sensoriale e azione

L’informazione sensoriale gioca un ruolo molto importante nel controllo e nello


sviluppo di un’azione.
L’azione è mediata da un sistema esecutore che comprende l’elaborazione relativa
all’identificazione dello stimolo, la selezione della risposta appropriata e la
programmazione della risposta, e da un sistema effettore, che comprende il
programma motorio e il sistema effettore a livello di midollo spinale e muscoli. Il
modello elaborato da Schmidt e Wrisberg, riportato in Figura 3, è dotato di vari
feedback sensoriali per la regolazione dell’azione.

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Figura 3 - Modello gerarchico della prestazione nella versione proposta da Schmidt e Wrisberg
(2000). Il modello comprende tre sistemi principali: esecutore, effettore, comparatore.

L’informazione visiva che consente di intercettare un oggetto in movimento


coinvolge molteplici aspetti e anche le ricerche più recenti non forniscono una
sola risposta.
Alcuni studi hanno sottolineato l’importanza di una finestra temporale appropriata
nella quale vengono raccolte informazioni relative alla stima del tempo di
contatto. Ad esempio per predire correttamente la traiettoria di una palla da tennis
verso l’osservatore, che deve afferrarla con la mano, sembra critica una finestra
temporale che ha il suo picco intorno a 300 ms prima della collisione. Questa
ricerca è basata sulla riduzione della visibilità della palla con un procedimento di
illuminazione alternato alla mancanza di illuminazione.
Carello e altri (1999) hanno concentrato l’attenzione su aspetti di coordinamento
tattile-motorio. In un loro studio è stato osservato come la percezione tattile della
racchetta consenta di valutare il punto in cui l’impatto tra palla e racchetta è
ottimale (centro di percussione o “punto dolce” della racchetta).
Quando la palla entra in contatto con la racchetta proprio nel centro di
percussione, si ha l’impressione che la racchetta stia facendo tutto il lavoro da sola

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senza che vi sia sforzo da parte del braccio; viceversa il colpo non centrato
produce una sensazione di sforzo della mano. La traiettoria della palla e il tempo
di contatto sono registrati visivamente ma il centro di percussione no. Ad esempio
nel tennis gli occhi sono rivolti sempre verso l’avversario e mai verso la racchetta.
La percezione del “punto dolce” della racchetta è dunque dovuta all’attività dei
recettori somatosensoriali. Ovviamente per colpire bene la palla la visione e il
tatto devono coordinarsi e ciò avviene mediante ripetute esperienze. Gli autori non
si concentrano su questa integrazione visivo-tattile-motoria ma solo sull’aspetto di
percezione tattile implicato nell’azione e dimostrano che anche i soggetti che non
hanno fatto alcuna esperienza di tennis sono in grado di localizzare il punto dolce
della racchetta.
L’informazione disponibile risulta dalla modalità sensoriale che Gibson (1966) ha
definito tatto dinamico, in questo caso l’esperienza di maneggiare la racchetta. La
letteratura biodinamica ha dimostrato che il tatto dinamico informa non solo sulla
massa degli oggetti che si tengono in mano ma anche sulla localizzazione della
massa relativamente alla mano che regge o impugna l’oggetto. L’esperienza di
Carello e collaboratori dimostra che il centro di percussione è percepibile
mediante tatto dinamico anche se la persona non ha fatto grande esperienza con
racchetta e palla. (Figura 4)

Figura 4 – Valutazione mediante tatto dinamico del “punto dolce” della racchetta, Il soggetto non
vede la racchetta da tennis che tiene nella mano destra: la vista della racchetta è preclusa da una
tenda scura (non rappresentata nella figura) Si chiede al soggetto di individuare il centro di
percussione della racchetta e di indicarlo spostando un marcatore ben visibile ( la pallina da tennis
montata su un supporto). ( da Carello et al., 1999).

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1.2. DEFINIZIONE DI ALLENAMENTO MENTALE

Per AM s’intende l’apprendimento, od il miglioramento, di un processo di


movimento ottenuto attraverso una sua intensa rappresentazione mentale senza
che, contemporaneamente, venga realmente eseguito. Per riuscire ad realizzare un
AM efficace e’ necessaria una chiara rappresentazione mentale del compito
sportivo che deve essere allenato. L’AM è tanto più efficace quanto più
dettagliata è la rappresentazione mentale del movimento (Hotz, Weineck 1983,
76). L’AM viene suddiviso in allenamento sub- vocale, allenamento percettivo
nascosto ed allenamento ideomotorio. (Fig.5)

Figura 5 - Forme di AM (secondo Kunze in Kemmler 1973, 82)

Mentre l’allenamento sub-vocale e quello percettivo nascosto sono controllabili


più dall’esterno (attraverso determinate formule od immagini che si riferiscono
allo svolgimento ottimale del movimento) e rappresentano la realizzazione di un
valore nominale, nell’allenamento ideomotorio vi possono essere sia un valore
nominale come anche un valore reale, basato su dati. La realizzazione di un valore
reale si produce ogni volta che la rappresentazione del movimento viene collegata
ad un pattern di movimento già esistente. Invece, la realizzazione di un valore
nominale si ha quando il pattern di movimento non è ancora completamente
formato. Per cui, la realizzazione di un valore reale serve alla stabilizzazione di un
movimento, mentre la realizzazione di un valore nominale serve sempre
all’apprendimento, al miglioramento o ad un cambiamento dell’apprendimento.

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1.2.1. Le basi fisiologiche

Nell’AM, un ruolo importante viene svolto dal cosiddetto effetto Carpenter,


secondo il quale la rappresentazione mentale intensiva di un movimento provoca
una eccitazione centrale dell’area motoria della corteccia e con essa
microcontrazioni dei muscoli interessati. Perciò non ci si deve meravigliare se la
rappresentazione del movimento induce una intensificazione dello scambio
gassoso, una accelerazione della respirazione e della frequenza cardiaca, un
aumento della pressione sanguigna, una maggiore sensibilità della visione
periferica ed un aumento dell’eccitabilità dei nervi periferici. (Fig. 6, Fig. 7)
Come dimostrano ricerche encefalografiche (EEG), nel cervello, mentre viene
immaginato un movimento, si produce un incremento delle interrelazioni
intercerebrali. Nei soggetti adulti, durante l’AM, esse aumentano del 20-30%, nei
giovani atleti solo del 10-15%. In soggetti principianti o non praticanti, nell’EEG
si evidenziano interrelazioni notevolmente più scarse. Ad un confronto con
l’allenamento percettivo nascosto, si è visto che la rappresentazione mentale di un
proprio movimento porta ad un aumento della attività della zona motoria, mentre
quella di un movimento altrui aumenta l’attività della zona ottica..

Figura 6 – Cambiamenti della frequenza respiratoria e cardiaca durante l’allenamento motorio,


quello d’osservazione e quello mentale (Martin 1965, 64)

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Figura 7 – Accelerazione delle frequenza respiratoria durante la rappresentazione mentale della
percorrenza a nuoto di una distanza in un tempo definito. R = durata dei singoli atti respiratori (in
s); freccia = inizio e fine dell’esecuzione psicomotoria. Nella curva della respirazione è
chiaramente visibile la virata dopo metà della distanza (da Frester 1984, 123)

L’osservazione ripetuta di un film, di sequenze didattiche, di dimostrazioni di


movimento ecc., porta alla formazione di “tracce” nel SNC, che accelerano la
formazione di modelli della coordinazione motoria. Perciò, nella prassi
dell’allenamento, si dovrebbe tenere conto che le fasi iniziali e finali del
movimento che viene mostrato e le fasi di maggiore tensione sono quelle che
raggiungono il maggiore effetto.
A causa della stretta relazione esistente tra esecuzione reale e rappresentazione
mentale, un allenamento mentale, si deve proporre lo scopo di rendere ottimale il
processo di sviluppo e stabilizzazione della tecnica, servendosi di un’alternanza
ottimale tra esso e l’allenamento pratico.

1.2.2. Il periodo ottimale di esecuzione ed utilizzazione dell’AM

Non è possibile fornire dati univoci per quanto concerne il tempo di esercitazione
o il numero di ripetizioni. Sono tutti d’accordo che, se si vuole che l’AM sia
efficace, deve essere eseguito con la massima regolarità possibile. Secondo Syer,
Connoly (1987, 71), l’AM dovrebbe essere realizzato quotidianamente, sempre
nello stesso orario, per una durata da cinque a dieci minuti.
L’AM, richiedendo molta concentrazione e capacità rappresentativa, è molto
faticoso, per cui, secondo Ter Owanesjan (1971, 5 sequenza, 4), la durata di un
simile allenamento dovrebbe essere limitata a due, tre minuti, ripetuta durante una

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giornata, esercitando principalmente dettagli del movimento che sono difficili da
capire.
Il numero delle ripetizioni dipende dal compito che deve essere realizzato e dallo
stato di apprendimento dell’atleta. Inoltre la durata ed il numero delle ripetizioni
dipendono in larga misura dalla sua maturità, dai suoi interessi e dalla sua capacità
di concentrazione.

1.2.3. Fattori interpersonali che influenzano l’efficacia dell’AM

- Età
Come mostrato dalla figura 8, l’efficacia dell’AM aumenta con l’età.

Figura 8 - Miglioramento medio della capacità di allenamento mentale di gruppi d’età diversa
(Medler, Schmidt-Walther 1972, 422)

Comunque, l’incremento della capacità di allenamento mentale non procede


linearmente. I tassi maggiori di incremento si trovano nel periodo di età che va da
11,9 a 13,9 anni, per cui appare sensato che l’AM possa essere applicato, come
integrazione dell’allenamento pratico, a partire dal 13° anno di età.

1.2.4. Valutazione riassuntiva dei vantaggi e dei limiti dell’AM

Vantaggi dell’AM

•L’AM diminuisce i tempi di apprendimento nell’acquisizione delle tecniche


sportive.

20
•Esercitare mentalmente lo svolgimento di un movimento aumenta la stabilità di
una abilità
motoria.
•L’AM aumenta la precisione ed anche la velocità di esecuzione di un movimento.
•L’AM permette un’elevata frequenza di ripetizioni nell’unità di tempo e, quindi,
permette un
risparmio di energie.
•Negli sport e nelle discipline sportive, nelle quali l’allenamento è intensivo e
richiede un elevato
dispendio di energie e di tempo, l’AM offre una possibilità di rendere più
economico il lavoro.
•Soprattutto nelle pause provocate da infortuni, l’AM ha fornito buoni risultati
nel conservare la
rappresentazione del movimento e nel ridurre processi di atrofia.
•L’AM può essere utilizzato per la simulazione di situazioni pre-gara e di gara.
Ciò permette
all’atleta di diminuire lo stress psichico in quanto, precedentemente, si è
rappresentato
mentalmente più volte lo svolgimento della gara e del gesto tecnico.
•Durante il riscaldamento, l’AM può essere utilizzato come metodo integrativo ed
abbrevia il
tempo del riscaldamento stesso (risparmio di energie).
•L’AM è utile in quegli sport nei quali il tempo di allenamento è ridotto per
scarsa disponibilità
delle palestre o degli impianti.
•L’AM permette lo studio mentale dei movimenti al “rallentatore”, facilitando
così, soprattutto nel
caso di gesti tecnicamente difficili, un miglioramento della rappresentazione
mentale del
movimento.
•L’utilizzazione dell’AM è vantaggiosa in quegli sport dove esiste un rischio
elevato di infortuni.

21
•In questi sport, l’AM è utile per ridurre la paura in quanto, se ci si rappresenta
intensamente il
movimento, vengono identificati quali sono i suoi elementi che non sono stati
appresi con
sicurezza e che, così, diventano meglio realizzabili.
•L’AM è utile nella correzione di tecniche apprese in modo sbagliato, in quanto,
ripetendone la
rappresentazione mentale, “rompe” i vecchi schemi gestuali, consentendo la
programmazione di
altri.

Limiti dell’AM

•L’effetto dell’AM dipende dall’eperienza motoria e da una chiara conoscenza di


come si svolge il
movimento: per questo difficilmente può essere utilizzato prima dei dodici anni
di età.
•L’AM non è adatto, nella stessa misura, per tutti gli sport, ma appare
particolarmente adatto per le
discipline con elevate esigenze tecniche.
•A causa dell’elevata fatica mentale provocata dalla concentrazione, l’AM può
essere utilizzato
solo per un tempo limitato (circa due-tre minuti per unità di allenamento).
•L’AM non comprende il movimento dei muscoli e degli arti ed i controlli
(attraverso i relativi
processi di feedback cinestetico) sulla corretta esecuzione del movimento, che
dipendono da esso.
•Se viene utilizzato esclusivamente e troppo a lungo, per la lunga assenza di
controlli
sull’esecuzione reale, si possono sviluppare e fissare processi di movimenti non
corretti.

22
2. TECNICHE UTILIZZABILI PER UN PROGRAMMA DI
ALLENAMENTO MENTALE RIVOLTO A GIOVANI TENNISTI
NELLA FASCIA 12-14 ANNI

Le tecniche che crediamo siano importanti da considerare nella realizzazione di un


programma di allenamento mentale sono di seguito elencati:

1. Stato di Flow

2. Goal Setting

3. Arousal

4. Immaginazione (Imagery)

5. Training Visivo (Visual Training)

6. Tecniche per ottimizzare attenzione e concentrazione

7. Training Autogeno

8. Biofeedback

2.1. Stato di Flow

Nella pratica sportiva il raggiungimento di uno stato di coscienza consente di


portare la mente dell’atleta a fissarsi unicamente sul suo obiettivo: la gara,
l’allenamento ed il mantenimento della concentrazione. Esistono diverse tecniche
per il raggiungimento di questo stato di coscienza, chiamato in gergo tecnico Stato
di Flow, ossia quello stato mentale in cui ci si immerge in ciò che si sta facendo a
tal punto da far apparire tutto il resto poco o per nulla importante.
Lo stato mentale di flow, insieme allo stato di preparazione tecnica, tattica ed
atletica dei giocatori, concorre alla riuscita di prestazioni eccellenti ("Peak
Performances").
Per raggiungere lo Stato di Flow occorre la concentrazione su un obiettivo.

23
Anche un giovane atleta deve essere messo nella condizione di verificare i propri
obiettivi. L’obiettivo della vittoria esiste ma deve trovare un giusto
dimensionamento e diventa una conseguenza spesso naturale del raggiungimento
di obiettivi primari quali giocare meglio, mantenere la giusta concentrazione,
avere autostima, fiducia in sé stessi, divertirsi.
Nei bambini e nei giovani atleti le mete da raggiungere, le ambizioni e le decisioni
sono determinate dallo stato di consolidamento dell’identità personale, dalla
capacità di autodirigersi e di trarre vantaggio dalle esperienze. L’esperienza del
successo, in particolare, contribuisce a rafforzare l’impegno e il desiderio di
migliorare le proprie prestazioni. Nella progressione dello svolgimento di
un’attività sportiva il raggiungimento di determinati livelli di prestazione genera
sentimenti di orgoglio, soddisfazione e autostima che contribuiscono a mantenere
e migliorare le proprie prestazioni. L’ottimizzazione delle proprie risorse
personali è influenzato dalla capacità di monitorare le prestazioni e consente di
esprimere al meglio le proprie potenzialità contribuendo ad innalzare il livello
della prestazione.
In questo ambito acquisisce importanza il concetto di goal setting.

2.2. Goal Setting

Per goal setting si intende la scelta e la formulazione degli obiettivi a breve,


medio e lungo termine da parte dell’atleta ma anche dell’allenatore e degli altri
membri dello staff. Perseguire gli obiettivi proposti è una delle maggiori leve
dell’automotivazione.
Nella ricerca del goal setting è stato evidenziato che:
1) obiettivi specifici indirizzano l’attività in modo più efficace rispetto a
obiettivi vaghi e generici.
2) Obiettivi difficili, che rappresentano una sfida, producono una prestazione
migliore rispetto ad obiettivi modesti e facili.
3) Obiettivi a medio termine favoriscono il raggiungimento di obiettivi a
lungo termine.

24
Ogni obiettivo deve avere una direzione (come dirigere una propria azione verso
un obiettivo specifico) ed una qualità (quanto tempo dovranno essere impiegati
per raggiungere il risultato desiderato), e dev’essere definito in base all’equilibrio
tra sfida ed abilità. Chiaramente le mete più a lungo termine dovranno essere
rimisurate a seconda dei risultati che si acquisiscono durante il lavoro.

Nella ricerca del goal setting il contributo di una preparazione psicologica degli
atleti mirata, che tenga in considerazione sia le caratteristiche peculiari dello
sport, sia aspetti individuali dell’atleta può assumere importanza rilevante. Per
poterlo realizzare il buon senso non è sufficiente ma occorre competenza.
In questo contesto può inserirsi una preparazione psicologica degli atleti che
prevede l’applicazione rigorosa di strategie appropriate perché si raggiunga un
determinato stato mentale e la realizzazione di una condotta (o di un insieme di
condotte) che risulti rilevante per il rendimento. Essa si realizza tramite la
manipolazione di variabili psicologiche (come la motivazione, l’attenzione,
l’autoefficacia…), con l’obiettivo di conseguire il rendimento sportivo e personale
più appropriato per ogni momento (allenamento, pregara, gara, finali di partita…).

Le aree di intervento sono molteplici. Tra di esse possiamo evidenziare le


seguenti:

a. allenamento (per ottimizzare le possibilità di rendimento);

b. partita (verificare il dominio delle abilità acquisite anche in condizioni di


stress)

c. area d’appoggio, di cui fanno parte temi che possono ottimizzare il


rendimento in allenamento come in partita (comunicazione interpersonale,
riabilitazione di infortuni…)

In ogni esercizio, in ogni momento, in ogni interazione con i giocatori,


l’allenatore dovrebbe valutare quanto la nuova situazione stabilisca un equilibrio
tra capacità e difficoltà.

Nelle situazioni di partita il lavoro su questa variabile è più difficile. In gara,


infatti, esiste il pericolo di sottovalutare l’avversario (percezione di un basso

25
livello di difficoltà rispetto alle capacità ≡ "noia") come quello di "subire una
sfida", avendola persa già prima di cominciare a giocare (percezione di una
difficoltà troppo elevata per le capacità ≡ eccesso d’ansia). Partendo dal
presupposto della necessità di un lavoro per obiettivi chiari di ogni allenatore con
il proprio giocatore, si può utilizzare il goal setting per gestire la "noia" e l’"ansia"
in eccesso nelle situazioni di partita.

1. Gestione della "noia". E’ necessario programmare il "goal setting" pre-


gara in modo da spostare l’attenzione dall’obiettivo vittoria (traguardo
percepito come facile) ad un altro obiettivo utile ma di più difficile
raggiungimento (il miglioramento della transizione offensiva se ci è utile,
così come qualunque aspetto del nostro sistema di gioco che riteniamo di
dover migliorare). Chiaramente le valutazioni del rendimento dei
giocatori, durante il match, dovranno avere una certa evidenza per quanto
riguardi quell’obiettivo.

2. Gestione dell’ansia. L’ansia in sé non è un elemento negativo per il


rendimento, in quanto entro certi livelli favorisce l’attività sportiva. Il
fattore determinante è come l’atleta percepisce le manifestazioni ansiose e
come indirizza questo tipo di attivazione e di energia: se un giocatore
riesce od impara ad interpretare le proprie manifestazioni somatiche
d’ansia come energia che circola nel corpo e non come qualcosa di
negativo la conseguenza sarà l’assenza dei disturbi cognitivi e la
focalizzazione di quest’energia di attivazione. L’effetto negativo che
l’ansia può avere sul rendimento sportivo è dovuto allo spostamento della
motivazione dall’avere successo all’evitare la sconfitta.

A seconda di queste due caratteristiche è opportuno distinguere il goal setting in:

• 4 tipi di periodo: breve (la singola sessione, di gara o d’allenamento),


medio (la settimana), lungo (la fase, di solito qualche ciclo di settimane),
stagionale;

• metodo personalizzato di lavoro: individuale

26
Il lavoro per obiettivi è semplice e dà risultati evidenti, viene utilizzato con gli
atleti olimpici di ogni fascia e disciplina. Nasce dalla definizione secondo cui "un
obiettivo è ciò che una persona cerca coscientemente di fare", non l’eseguire un
ordine.

- Goal setting a breve termine

Si intende per goal setting a breve termine quello che riguarda l’arco di una partita
o di un allenamento. Bisogna gestire questo momento in gruppo, prevedendo la
possibilità di fornire al giocatore anche degli obiettivi individuali cui far
particolarmente attenzione per quell’evenienza.

Il momento migliore per svolgere questo tipo di lavoro è poco prima di entrare in
campo.

Lo stretching sarà poi il momento in cui ogni atleta può dirigere l’attenzione su
queste precise richieste, adottando tecniche di concentrazione ed attivandosi in
virtù di quelle richieste.

- Goal setting a medio termine

Può venir fatto per tutti gli aspetti dell’allenamento (tecnica, tattica, preparazione
atletica e mentale), con i responsabili dello staff tecnico (allenatore, vice
allenatore, preparatore atletico, preparatore mentale).

- Goal setting a lungo termine

Ogni allenatore programma scrupolosamente l’attività del proprio giocatore in


modo da poter infondere la propria filosofia di gioco il più efficacemente
possibile. Questa programmazione deve essere mostrata agli atleti, così da dare
loro idea della direzione in cui dovranno dirigere la propria attenzione.

E’ inoltre necessario programmare con ogni singolo giocatore un lavoro per


obiettivi sul lungo termine sia da un punto di vista tecnico, che fisico, che
mentale.

27
- Goal setting stagionale

E’ quello i cui obiettivi sono più difficili da raggiungere e più facili a variare. Si
tratta del risultato in virtù del quale un allenatore deve programmare la stagione.
Può però riguardare anche i miglioramenti del giocatore.

2.3.Arousal, la gestione dell'energia fisica e mentale

Una delle questioni più rilevanti in psicologia dello sport è la gestione dell’
arousal dell’atleta. Con il termine arousal è indicata in psicofisiologia l’intensità
dell’attivazione fisiologica e comportamentale dell’ organismo.
Quando l’organismo deve effettuare una prestazione deve attivarsi, cioè mettere in
moto una serie di processi caratteristici dello stato di arousal, tra i quali:
1. aumento della vigilanza e dell’attenzione (attivazione del sistema nervoso
centrale)
2. i muscoli si preparano allo sforzo (attivazione del sistema muscolo –
scheletrico)
3. cuore e polmoni si attivano per sopportare lo sforzo (sistema vegetativo –
simpatico)

Un basso livello di arousal è necessario:

o Prima di praticare una tecnica di visualizzazione (il giorno prima della


partita e nello spogliatoio.

o Quando risulta fondamentale un’ampia analisi percettiva per decidere e


reagire in modo rapido;

o Quando si deve eseguire un gesto tecnico accurato.

Un moderato livello di arousal è necessario:

o Quando il giocatore si prepara (compito di elevato impegno, alto dispendio


energetico, coordinazione fine dei movimenti e straregie complesse di

28
percezione e decisione, uno stato di eccitazione eccessivo
comprometterebbe la performance);

o Nella durata del tempo della partita in cui le migliori prestazioni si hanno
con un moderato livello di ansia.

2.4. Immagine mentale (Imagery)

Il termine imagery è il più diffusamente usato per parlare di immagini mentali;


altri sono visualization, visual motor behavior, mental pratice, ideomotor training,
visuomotor training, e trova la sua traduzione in italiano nel termine immagine.
L’imagery si riferisce ad un esercizio mentale che coinvolge non solo la vista ma
tutti i sensi: il tatto, l’udito, i muscoli come un “pensiero di tutto il corpo” (Cei
1987) in cui appunto le immagini mentali sono caratterizzate da sensazioni
sensomotorie. Non e’ quindi una semplice ripetizione mentale di un gesto ma
implica almeno tre capacità elementari:
1-provare sensazioni e avere percezioni tipiche dell’azione reale
2-la consapevolezza di questa attività, dei risultati che produce e l’azione mentale
volontaria per
provocarla
3-non è necessaria la presenza di antecedenti che determinano la prestazione per
realizzare questa
condizione psicofisica.
A sostegno dell’utilità dell’imagery nei programmi di allenamento mentale
esistono diversi modelli teorici:

La teoria psiconeuromuscolare si basa sull’assunto, noto anche come effetto


Carpenter, secondo il quale immaginare un movimento determina una
stimolazione, seppure molto lieve, dei muscoli interessati dall'attività
immaginativa. Le stimolazioni non arrivano ad una contrazione esternamente
visibile, ma possono essere registrate attraverso il potenziale elettrico muscolare
(EMG). Il risultato sarebbe un rinforzo, un consolidamento della traccia mnestica
nella memoria del movimento, a livello periferico, il che faciliterebbe la
successiva esecuzione concreta. L' allenamento mentale, in questo modo, può

29
accelerare il processo di apprendimento ed essere utile nella correzione dell'errore
o nella modifica di abitudini precedentemente acquisite. Questa pratica è
senz'altro allenante ed ha mostrato effetti positivi in discipline ad elevata
componente coordinativa, e nel recupero dagli infortuni da parte degli atleti.

La teoria dell’attivazione secondo cui la ripetizione mentale di un’azione svolge


una funzione di preparazione dell’azione stessa favorendo un livello di attivazione
generale, di direzione dell’attenzione su pensieri rilevanti per l’azione, di evitare
di porre attenzione su quelli irrilevanti, di creare un livello minimo di attivazione
muscolare che darebbe una condizione di maggior prontezza, quindi di abbassare
la soglia sensoriale dell’atleta e facilitare la prestazione di un’ampia varietà di
azioni motorie. Alcuni esperimenti specificano inoltre che l’allenamento con
immagini mentali è più efficace se durante l’imagery si utilizzano contenuti
rilevanti perl’attività che si vuol allenare, esiste, quindi, una vera e propria attività
allenante e non solo un’attivazione generica ed il favorimento di uno stato mentale
positivo.

La teoria simbolica dell’apprendimento


In questa teoria la pratica mentale allenerebbe gli elementi cognitivo-simbolici,
quindi gli elementi spazio temporali, ed aiuterebbe a preparare e pianificare
mentalmente la prestazione di un compito motorio piuttosto che un allenamento
puramente motorio a livello periferico.
Contrariamente alla teoria psiconeuromuscolare, l’attività allenante si svolgerebbe
a livello del sistema nervoso centrale e non periferico. Questa teoria mette in luce
che, nell’allenamento mentale, hanno importanza e sono più allenanti le
caratteristiche spazio temporali simboliche dell’azione motoria piuttosto di
ripetizioni mentali di azioni motorie dove queste sono assenti.
Vengono individuate tre fasi dell’apprendimento:
In una prima fase si organizzerebbero le strategie più appropriate per apprendere,
l’allievo è focalizzato su “cosa deve fare” piuttosto che su gli schemi motori. La
seconda fase è caratterizzata dal “come deve fare”, quindi sugli schemi motori.
Nella terza fase, dopo anni di pratica, l’abilità è diventata automatizzata, il

30
compito può esser eseguito controllando le interferenze “del cosa” e “del come”
eseguire un gesto.
Secondo questa teoria l’allenamento mentale avrebbe maggior efficacia nella
prima fase dell’apprendimento in quanto aiuterebbe ad organizzare il programma
del movimento a livello del sistema nervoso centrale.

La teoria bioinformazionale di Lang


Questa teoria affronta in modo diretto l’aspetto psicofisiologico dell’imagery. Si
ipotizza che le immagini mentali siano organizzate in modo specifico in un
insieme funzionalmente ben organizzato e fissato nel cervello.
Il modello postula che le immagini contengono due tipi di sistemi:
1- le proposizioni stimolo (le caratteristiche dello scenario che deve esser
immaginato – luogo, abbigliamento, attrezzi utilizzati)
2- le proposizioni risposta (le azioni fornite da colui che immagina, risposte
motorie, aspetti fisiologici)
L’insieme delle due è un’immagine che contiene un programma motorio che al
suo interno ha le istruzioni relative a come rispondere all’immagine. In sostanza
l’attività di immaginare una data scena porterebbe con sé la conseguente
attivazione e risposta psicomotoria, quindi al modificarsi dell’una si modifica
l’altra.
In psicologia clinica l’immaginare scene con contenuto di paura attiva una
caratteristica serie di risposte psicofisiologiche, come l’aumento del battito
cardiaco e dell’attività elettrodermica proprie di quella situazione. Quindi il
modificare le risposte fisiologiche modifica la qualità dell’immagine ritenuta
paurosa, viceversa rendere l’immagine meno paurosa modifica le risposte
fisiologiche. Studi successivi di Suinn [1990-1993] mettono in evidenza che ciò
che avviene durante il processo di immaginazione costituisce una copia
abbastanza precisa dell’esperienza reale, similmente a ciò che avviene durante
certi sogni piuttosto vividi, con la differenza che la ripetizioni di immagini
nell’allenamento con l’imagery è volontaria.

31
Al di là della teoria che vuole spiegare il funzionamento dell’allenamento con
l’imagery, dai vari studi emergono delle indicazioni pratiche e generali, anche se
non sempre concordi, per aumentare l’efficacia di questo tipo d’allenamento.
Come premessa bisogna dire che la capacità di imagery non è una cosa scontata
ma è un’abilità che si acquisisce con l’esercizio cosi come ogni altro tipo di gesto
atletico e la sua qualità e raffinatezza è in relazione diretta con l’allenamento e il
grado di professionalità dell’atleta.
Si riscontra inoltre che l’utilizzo dell’allenamento con imagery è utilizzato come
pratica quotidiana di allenamento nella maggior parte degli atleti di livello
mondiale.
L’utilizzo dell’imagery favorisce, oltre al miglioramento del gesto atletico, il
controllo dell’ansia dei pensieri negativi, l’autoregolazione dello stress, le
capacità attentive selezionando gli stimoli rilevanti da quelli irrilevanti, la capacità
d’attivazione alla gara, la motivazione, parti importanti per la valutazione di una
prestazione sportiva complessiva.
Sono consigliabili programmi di imagery personalizzati e modificabili in funzione
delle necessità dell’atleta.
La qualità di una buona immagine mentale è derivata dalla capacità soggettiva di
sperimentare il più possibile vividamente gli aspetti sensoriali del gesto prodotto
nell’immagine.
Ryan e Simons (1981) hanno dimostrato una superiorità nelle prestazioni in
soggetti che mostravano immagini particolarmente intense oppure cinestesiche,
rispetto a coloro che non riuscivano ad avere immagini mentali di questo tipo.
Altro elemento importante è la capacità di produrre immagini mentali positive che
contrasterebbero il diffondersi di quelle negative, confermando in tal modo la
rilevanza del pensiero positivo.
Rimangono ancora dati contrastanti se il far precedere l’allenamento con imagery
da uno stato di rilassamento sia utile o meno.

32
2.5. Il training visivo (Visual Training)

Varie ricerche hanno evidenziato che più del 70% delle informazioni che
giungono al cervello provengono dal sistema visivo ed è stato dimostrato che la
funzione visiva nell'uomo gioca un ruolo di fondamentale importanza nella
espressione delle varie attività che lo caratterizzano: attività cognitive, creative e
sportive. Vedere è una funzione così abituale e spontanea che viene spesso
utilizzata senza rendersene conto. L'azione dell'uomo rappresenta il prodotto
finale di una catena incredibilmente complessa di fenomeni che iniziano con la
percezione degli stimoli, continuano con l'elaborazione degli stessi ed infine
producono l'azione; la funzione visiva è la principale guida del corpo. La
dinamicità di ogni nostro gesto può essere espressa attraverso due componenti
inscindibili: lo spazio e il tempo. La funzione visiva è la funzione sensoriale che
ci fornisce il maggior numero di informazioni spazio-temporali e cognitive sulla
base delle quali l'individuo organizza la propria risposta all'ambiente. Vedere è in
larga misura un processo appreso, frutto di esperienze percettive, ed in quanto tale
può essere migliorato. Attraverso un originale e specifico approccio diagnostico,
una serie di procedure mettono in risalto gli aspetti ed il rendimento della
funzione visiva integrata con altre competenze dell'individuo, valutando aspetti
percettivi e comportamenti cognitivi e motori, verificando l'integrazione tra i
diversi sistemi funzionali sollecitando anche la coordinazione e l'equilibrio
corporeo. L'insegnamento di tecniche di concentrazione, di rilassamento e di
visualizzazione completa la preparazione per ottenere un ottimo stato di
rendimento psico-fisico e cognitivo. Certe attività richiedono lo sviluppo di alcune
particolari abilità ed il Visual Training consente di allenare e specializzare alcuni
aspetti della funzione visiva particolarmente utili: la velocità di lettura e
l'integrazione visivo-linguistica, la concentrazione, la coordinazione occhio-mano
e occhio-corpo, la rapidità di risposta alla percezione periferica, il mantenimento
prolungato della fissazione, ecc. Del resto, nell'ambito del lavoro e dello sport
ruoli diversi richiedono abilità diverse. Il Visual Training, opportunamente
integrato con altre metodiche, può modificare l'attitudine percettiva, gli
atteggiamenti comportamentali, ridurre le distrazioni, migliorare l'abilità

33
dell'individuo ad interagire con l'ambiente, analizzarlo e trarre da esso un maggior
numero di informazioni e rispondere in modo più rapido ed efficiente.
Quali sono i concetti di base del Visual Training?
Il Visual Training comprende una serie di tecniche di apprendimento ed
allenamento finalizzate al miglioramento del rendimento visivo e percettivo. Il
concetto di base di tali tecniche è il fatto che "vedere" è un continuo processo di
apprendimento e di educazione. Esperienze condotte su molti bambini di giovane
età hanno permesso di individuare alcune relazioni fondamentali tra il livello di
maturazione dell'apprendimento visivo e l'evoluzione del comportamento

Il tennis richiede un'elevata coordinazione fra l'occhio, la mano e/o il corpo e


l'attrezzo utilizzato, la racchetta, possiede una alta velocità relativa; un
miglioramento delle capacità visive può rappresentare un vantaggio
considerevole. Queste tecniche sono nate negli Stati Uniti negli anni '60 e sono
andate ad affiancarsi alle metodiche di preparazione tecnica e atletica mirate al
miglioramento delle prestazioni degli atleti professionisti. Per esprimersi ad alti
livelli non è infatti sufficiente avere occhi sani e un'ottima acuità visiva ma è
necessario percepire perfettamente e quanto più possibile velocemente ciò che ci
accade intorno per poter coordinare al meglio la risposta motoria.

2.6. Tecniche per ottimizzare attenzione e concentrazione

Se l’attenzione è un’importante risorsa della mente umana, la concentrazione è


un’abilità che consente di orientarla nel modo più efficace. Chiaramente necessita
di uno specifico allenamento. La focalizzazione e la concentrazione
dell’attenzione infatti non sono capacità innate.

Esistono numerose tecniche insegnabili per ottimizzare il funzionamento della


concentrazione stessa: con parole (self talk), con immagini (imagery) e con
pensieri (Thought stopping e Centering). Si tratta di metodi di allenamento che
possono venire attuati e che se adeguatamente allenati portano effetti visibili nei
giocatori in campo. Importante è che gli atleti possano attuare queste tecniche in
una routine pre performance.

34
Dialogo interno o self talk: si considera che parole e frasi positive possano
svolgere una funzione positiva sulla percezione di efficacia di sé. Il dialogo,
sempre positivo, può essere di tre tipi:

- affermazioni rilevanti il compito, riguardanti aspetti tecnici e tattici della


prestazione;

- parole chiave riguardanti l’umore che favoriscano l’instaurarsi di uno stato


emotivo percepito come efficace;

- affermazioni positive che stimolino la fiducia.

Statisticamente sono le prime ad essersi dimostrate più efficaci, ma probabilmente


la soluzione migliore è il giusto utilizzo di tutte e tre le tipologie, a seconda della
situazione.

Immagini mentali o imagery:si sono rivelate molto utili perché:

- favoriscono i processi attentivi;

- sono utili anche nell’apprendimento (visualizzazione sulle componenti chiave di


un movimento);

- se positive contrastano efficacemente i pensieri irrilevanti;

- eliminano il W.U.D. (Warm-Up Decrement, il decremento della prestazione che


le pause come ad

esempio il cambio di campo provocano)

Thought stopping e Centering: sono due tecniche che si avvalgono dell’utilizzo di


imagery e self talk. Il thought stopping consiste nell’eliminazione dei pensieri
negativi che affiorano alla coscienza, occupando risorse attentive inutilmente,
sostituendoli con pensieri positivi o compito rilevanti che modifichino lo stato
d’umore in atto e rifocalizzino l’attenzione. Il Centering consente il
consolidamento di questo automatismo. Le fasi sono quindi 4:

1. Rimuovere i pensieri negativi attraverso i positivi;

35
2. Centrare l’attenzione internamente per rilevare tensioni ed attivazione ottimali;

3. Restringere il focus esterno solo verso le informazioni rilevanti;

4. Raggiunto il controllo attentivo eseguire immediatamente l’azione.

2.7.Il Training Autogeno (TA)

Le tecniche di rilassamento e di distensione psico-fisica, se ben apprese ed


utilizzate, consentono una ginnastica propriocettiva e ristrutturante intesa a
recuperare e a perfezionare lo schema del corpo e l'immagine di sè e una maggiore
liberazione e disponibilità di endorfine, utili nello sforzo psico-fisico atletico.
Le tecniche di rilassamento dovrebbero essere apprese in un ambiente tranquillo,
caldo ed accogliente, seduti o distesi in una posizione confortevole che possa
essere mantenuta per un tempo sufficientemente lungo da consentire lo
svolgimento indisturbato delle esercitazioni. Dopo una prima fase di
apprendimento in situazioni “protette” il rilassamento va indotto in presenza di
disturbi esterni ed in situazioni anche stressanti. L’atleta deve gradualmente
imparare ad avviare risposte di distensione in qualsiasi ambiente e circostanza;
tale tipo di rilassamento è anche utilizzabile in alcune fasi particolari della
prestazione: nel tennis, ad esempio, prima del servizio o nelle pause del cambio di
campo, quando l’atleta ha bisogno di “disattivarsi” momentaneamente, ritrovare la
concentrazione ed eliminare aree di tensione muscolare.

L’impiego nello sport delle tecniche di rilassamento è dovuto al fatto che ogni
disciplina o specialità di destrezza o di potenza, si caratterizza per
l’interessamento di alcuni distretti somatici rispetto ad altri, che vengono così ad
assumere importanza primaria sia nella preparazione che nell’impiego agonistico
dell’atleta. In alcuni muscoli particolarmente interessati e sollecitati può
preesistere, accumularsi o residuare una certa e talvolta fastidiosa tensione,
caratterizzata da un aumento del tono muscolare, sia in quelli agonisti, ma
soprattutto negli antagonisti; tensione fisica che coinvolge anche la mente o
viceversa, e che potrebbe influenzare limitando o frenando la biomeccanica
articolare e quindi la fluidità esecutiva del gesto sportivo. Nel tennis , come in

36
tutti gli sport di precisione, è infatti necessario mantenere uno stato di calma
interiore proprio per evitare di irrigidirsi nel momento del colpo, per evitare di
entrare in un leggero stato di confusione e di incertezza nel mirare e dosare la
forza: un'emozione negativa, come l'irritazione o l'ansia, sopraggiunte durante
l'andamento della gara, rendono le difficoltà molto maggiori.

Il Training Autogeno è un metodo somato-psico-terapeutico ormai consigliato e


applicato anche da alcuni medici dello sport e si propone fra le tecniche di
rilassamento più diffuse per atleti e sportivi.

Metodo e tecnica
Per controllare le proprie reazioni fisiologiche, derivanti da particolari situazioni
di conflitto psicologico, in oriente vengono praticate diverse discipline come lo
joga o lo zen. Queste, che coinvolgono l’individuo in maniera totale, sono dei veri
e propri modelli di vita sociale e spirituale.
Il Training Autogeno, invece, maturato ai primi del ‘900 dagli studi sull’ipnosi di
Bernheim e Charcot in Francia ed elaborato dallo psichiatra J. Schultz intorno agli
anni ’30, è essenzialmente una tecnica di rilassamento, utile anche per curare i
disturbi organici e psichici.
L’obiettivo di Schultz era quello di rendere il paziente meno vincolato alla
dipendenza del terapeuta e divenire lui stesso autore del proprio cambiamento e
del proprio benessere. Il termine Autogeno vuole mettere in risalto come le
modificazioni psichiche e somatiche vengono provocate autonomamente dal
praticante, adattando il metodo alle proprie esigenze.
In generale la pratica del Training Autogeno influenza varie funzioni dipendenti
dal Sistema Nervoso Vegetativo quali la respirazione, la circolazione del sangue
ed il metabolismo. Inoltre consente di mutare il tono dell’umore ed attenuare gli
stati emotivi e l’ansia, portando ad un sempre maggiore grado di distensione,
benessere ed equilibrio psicosomatico. Permette, infatti, di combattere lo stress, le
tensioni muscolari e psichiche, la mancanza di energia, l’ansia e le sue
somatizzazioni.
Per mezzo del Training Autogeno si può raggiungere un’armonia interiore e
realizzare se stessi utilizzando al meglio le circostanze della vita.

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Training autogeno e tennis
Nello sport il training autogeno è un ottimo ausilio per contrastare l’ansia e la
tensione preagonistica. Specialmente se utilizzato con particolari sollecitazioni
assertive può arricchire la personalità dell’atleta rendendolo più consapevole delle
proprie potenzialità.
Chi pratica sport è un soggetto, di solito, che, per quanto tenace, determinato,
tollerante alla frustrazione e disponibile all’applicazione per ciò che riguarda la
possibilità di miglioramento del gesto tecnico è, per contro, superficiale,
disabituato, disattento, svalutante verso il miglioramento mentale: in altre parole
vorrebbe ottenere i benefici derivanti da queste tecniche senza perdere tempo.
Infatti, per mancanza di tempo o per una vera e propria programmazione di
allenamento, una seduta di mental-training a discapito di un allenamento in campo
è vista dall’atleta come un giorno perso, come un giorno in cui non ha fatto niente
e non riesce ad accettarlo. Occorre, pertanto, proporre tecniche brevi, semplici e
rapide il più possibile; è per questo motivo che un programma di training
autogeno tradizionale non può essere facilmente realizzato in ambito sportivo. E’
quindi consigliabile proporre un programma di traning autogeno che non superi le
sei settimane (preferibilmente durante la fase di preparazione invernale) con
sedute giornaliere di non più di 15 minuti. Ogni settimana sarà dedicata ad uno
degli esercizi di training autogeno, con l’obiettivo di riuscire ad ottenere il
rilassamento nel più breve tempo possibile, verosimilmente intorno ai 5-6 minuti
alla fine della settimana. Il contenimento del tempo è essenziale per poter
esercitare tali esercizi con efficacia durante il pre-partita, ai cambi di campo e ,
per i più bravi, nell’intervallo tra un punto e l’altro, quando non è né possibile né
utile ricercare un rilassamento prolungato.
Sedute di training autogeno tradizionale possono invece essere utili per un più
rapido recupero psicofisico dopo partite molto intense.

Il training autogeno si basa principalmente sull’ allenamento graduale alla


distensione e alla decontrazione progressiva muscolare. Assai efficace come
tecnica anti stress il TA, fatto regolarmente e seriamente, permette di ridurre la

38
tensione, di risparmiare e recuperare le energie migliorando cosi’ l’efficienza
fisica e mentale.
Le condizioni preliminari per poterlo realizzare sono: ambiente più possibile
tranquillo, luce bassa,temperatura equilibrata, abbigliamento comodo.

2.8. Il Biofeedback

Le tecniche di rilassamento muscolare nella terapia dell'ansia cronica producono,


mediante una risposta trofotropica a livello ipotalamico, una modulazione sia per
la componente emozionale dell'ansia sia per i suoi correlati neurovegetativi ed
endocrini. Inoltre, tendono ad agire indirettamente sulla componente cognitiva
della valutazione dello stimolo in quanto favoriscono la percezione del controllo e
la formazione di convinzioni di abilità nell'autocontrollo sullo stimolo “minaccia”.
In tal modo si determina un'attenuazione o un annullamento della valutazione
negativa dello stimolo stesso.

Un modello multimodale di controllo dello stress evidenzia quattro tipi distinti di


ansia che emergono, oltre che dalle componenti cognitiva e somatica dell'ansia
stessa, dalle differenze nel funzionamento emisferico.

Per la maggior parte dei soggetti destrimani, l'emisfero cerebrale sinistro è


specializzato in elaborazioni analitiche e sequenziali guidate principalmente dal
pensiero verbale. Elaborazioni cognitive logiche e analitiche sono utili per la
risoluzione dei problemi, l'apprendimento di nuove abilità, la modifica di abilità
preesistenti, l'analisi tattica della gara.

L'emisfero cerebrale destro è invece specializzato in elaborazioni in parallelo,


guidate da processi visuo - spaziali, capaci di integrare simultaneamente diversi
tipi di input. Le funzionalità di questo emisfero consentono attività intuitive e
creative, di orientamento spazio - temporale e di controllo dell'esecuzione di
abilità automatizzate. Una corretta interazione e integrazione delle funzionalità
emisferiche è ovviamente necessaria per un'adeguata prestazione sportiva.

39
In questa prospettiva emergono quattro tipi di ansia, in relazione alle diverse
specializzazioni emisferiche. L'aspetto interessante del modello, dal punto di vista
applicativo, è che per ogni manifestazione dell'ansia sono individuate le tecniche
specifiche di intervento maggiormente appropriate:

1. l'ansia somatica in relazione all'emisfero sinistro, che può manifestarsi con


tensioni muscolari prima della gara, può essere controllata attraverso
tecniche di rilassamento corporeo, biofeedback elettromiografico, ipnosi
nelle sue componenti di rilassamento e attività fisico - motorie;

2. l'ansia cognitiva collegata all'emisfero sinistro, determinata e sostenuta da


pensieri negativi e iperanalitici, può essere ridotta attraverso corretto goal -
setting, controllo dei pensieri, utilizzo di parole o frasi stimolo,
affermazioni positive, ristrutturazione cognitiva e ipnosi nelle sue
componenti suggestive;

3. l'ansia somatica in relazione all'emisfero destro, che tende a produrre


un'attivazione generale dell'organismo, può essere controllata attraverso
training autogeno, biofeedback, tecniche respiratorie e meditative,
esercitazioni fisiche intense;

4. l'ansia cognitiva collegata all'emisfero destro, che si può manifestare


attraverso immagini negative inerenti la prestazione personale, può essere
controllata con tecniche di ristrutturazione cognitiva finalizzate al
cambiamento dell'immagine di sé e ipnosi nelle sue componenti
immaginative.

Nelle situazioni reali, comunque, va tenuto presente che i quattro tipi di ansia
sono difficilmente distinguibili e separabili, potendosi manifestare
contemporaneamente in diverse combinazioni. Per esempio, l'ansia somatica
condizionata dalla presenza del pubblico tende a suscitare preoccupazioni (ansia
cognitiva) per i sintomi fisici. Pensieri e immagini negative, sono potenzialmente
in grado di provocare risposte tensive somatiche. Per tali ragioni è necessario
considerare attentamente le modalità soggettive di risposta alle situazioni

40
stressanti, in relazione anche alle richieste del compito, per progettare procedure
individualizzate e multimodali di intervento finalizzate alla gestione dello stress.

L'utilizzazione di tecniche di autocontrollo, in grado di fornire all'atleta uno


strumento per autoregolare la risposta di stress, rappresenta un presidio
particolarmente utile soprattutto per coloro che praticano discipline sportive
individuali.

Queste tecniche agiscono a un duplice livello d'azione:

1. a livello somatico sulla risposta neurovegetativa e neuroendocrina di


stress;

2. a livello psichico sulla valutazione cognitiva dello stressor (stimolo


stressante) e sulla valutazione di gestibilità di questo da parte del soggetto.

Il biofeedback - training, in questo contesto, rappresenta una tecnica di


autocontrollo con alcune caratteristiche peculiari tali da renderla utilizzabile in
modo piuttosto efficace in un setting di allenamento sportivo.

Il biofeedback (dalla fusione dei termini “biological” e “feedback”, o feedback


biologico) training è una tecnica che sfrutta la possibilità di apprendere ad
autocontrollare volontariamente determinate funzioni fisiologiche, per mezzo di
apparecchiature elettroniche in grado di rilevare nel soggetto una “funzione
biologica”, inviando successivamente all'individuo un'informazione (il feedback
biologico) sufficiente a produrre, tramite l'acquisizione di una maggiore
consapevolezza sull'andamento della funzione monitorata, una progressiva
capacità di autocontrollo precedentemente non posseduta.

L'obiettivo che si cerca di perseguire è quello di permettere ad una persona di


regolare funzioni biologiche che di norma non sono sotto il controllo volontario.
Per esempio queste funzioni possono essere la frequenza cardiaca, la temperatura,
l'attività muscolare, la resistenza elettrica della pelle, il ritmo Alfa cerebrale.

Mediante la rilevazione strumentale e l’osservazione dell'andamento di una o più


di queste funzioni, è possibile individuare quali atteggiamenti posturali, fisiologici

41
ed emotivi siano associati alle modificazioni delle attività biologiche analizzate e
quindi diventa possibile modifìcare queste funzioni col solo ausilio della volontà
consapevole.

Dalla definizione di biofeedback si capisce che esistono tante procedure di


biofeedback quanti sono i parametri biologici monitorabili, senza ricorrere a
metodiche invasive o traumatizzanti.

Le più importanti e diffuse tecniche di biofeedback sono le seguenti:


elettromiografico, elettroencefalografico, temperatura cutanea, pressione
arteriosa, frequenza cardiaca, attività elettrica della pelle

Il biofeedback elettromiografico (EMG)

Il biofeedbak elettromiografico si occupa di misurare l'attività dei vari gruppi


muscolari, allo scopo di fornire al paziente informazioni continue (in tempo reale)
di tensione muscolare con l'obiettivo di distensione e rilassamento.

In questo caso il parametro monitorato (tono muscolare) non appartiene


all'insieme delle attività sistema nervoso autonomo, ma ricade per la maggior
parte sotto il controllo diretto della volontà. Tuttavia ci sono molto spesso
situazioni che portano una persona a sviluppare tensioni muscolari inconsce in
vari distretti corporei oppure sono associati comunque a stati ansiosi..

Dal punto di vista fisiologico, l'elettromiogramma misura il livello di scarica delle


fibre nervose motorie che innervano il muscolo. Tale livello, espresso in
microvolts, è strettamente correlato al tono del muscolo.

Questo segnale, amplificato e trasformato in display acustico e/o visivo, fornisce


indicazioni al paziente riguardo al proprio tono muscolare.

I muscoli più frequentemente monitorati sono: il frontale, il trapezio, i muscoli


dell'avambraccio.

42
Questa scelta dipende dal fatto che questi muscoli riflettono più, di altri il grado
globale di tensione dell’organismo e permettono di utilizzare solo pochi elettrodi
di misura, anziché molti disseminati su tutto il corpo.

Il biofeedback termocutaneo

La procedura clinica del biofeedback termocutaneo consiste essenzialmente nel


fornire indicazioni al paziente riguardo la temperatura delle mani allo scopo di
addestrarlo ad ottenere una diminuizione (raro) o un aumento (più spesso) della
temperatura cutanea periferica.

Da un punto di vista fisiologico, il parametro che il paziente tende a modificare è


il flusso sanguineo nel distretto circolatorio cutaneo. A sua volta questo flusso è
condizionato dal livello di attivazione ortosimpatico. Ne consegue che un
aumento di temperatura e' spesso associato ad un aumento del rilassamento
psicofisico.

La rilevazione della temperatura è effettuata mediante una piccola sonda posta a


contatto della pelle. Cio’che interessa monitorare non e' tanto il valore assoluto
della temperatura, molto variabile da individuo a individuo, quanto le
modificazioni della temperatura rispetto al valore iniziale della seduta di
biofeedback.

Il display può essere visivo o acustico o entrambi; spesso è utilizzata una soglia
pre - programmata che quando è superata comporta l'emissione di un segnale per
il paziente.

La temperatura cutanea periferica e' un indicatore abbastanza fedele del livello di


attivazione nervosa dell’organismo. Infatti, in condizioni di stress emotivo, si
osserva una notevole vasocostrizione periferica, mentre il rilassamento psicofisico
induce una vasodilatazione.

Il feedback termocutaneo può quindi essere usato come tecnica di rilassamento


psicofisico.

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Il biofeedback della frequenza cardiaca

La frequenza cardiaca e' un parametro che può essere monitorato facilmente


utilizzando sistemi foto - ottici che applicati al dito di una mano, registrano le
onde sfigmiche sistoliche.

Questa tecnica prende il nome di fotopletismografia.

Le apparecchiature più moderne permettono di ricavare due parametri: la


frequenza cardiaca e lo stato di vasodilatazione (o di vasocostrizione) periferica in
base all'ampiezza del segnale registrato. Se l'ampiezza è bassa, significa che c'è
vasocostrizione (e la temperatura delle dita e' bassa) altrimenti se l'ampiezza del
segnale è buona, c'è vasodilatazione.

Il biofeedback della resistenza elettrica cutanea (GSR)

Questa tecnica prende il nome di GSR dalle parole inglesi Galvanic Skin
Resistence. La pelle si comporta infatti approssimativamente come un resistore.
Se si piazzano due elettrodi sulla superfice cutanea (in genere su due dita vicine) e
si applica ad essi una debole corrente costante, si genera un voltaggio da cui è
possibile calcolare la resistenza apparente della pelle.

Stimoli di tipo emozionali esterni (un rumore improvviso, un sospiro, una frase o
una parola detta da qualcuno) provocano una caduta della resistenza elettrica in
alcuni distretti cutanei, in particolare a livello palmare e della pianta dei piedi.

Lo stesso effetto si può ottenere con stimoli emozionali interni.

Questa risposta transitoria, che prende il nome di riflesso psico - galvanico, ha una
forma d'onda caratteristica con un tempo di salita di circa 1-2 secondi ed un tempo
di discesa più lungo.

Il tempo necessario affinché il valore della resistenza elettrica ritorni al livello pre
- stimolo è circa 20 secondi.

Questo effetto dipende anche dalla temperatura e tende a scomparire se la


temperatura ambiente supera i 30 gradi.

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La temperatura ideale per registrare i riflessi psicogalvanici è di circa 20 - 28
gradi. Il valore assoluto della resistenza elettrica della pelle può variare nei diversi
individui e nelle diverse situazioni fra 10 Kohms e 2000 Kohms/cm2.

Le modificazioni del valore assoluto della resistenza elettrica della pelle in genere
non superano il 5-10%.

Il valore assoluto della resistenza elettrica dipende dal grado di sudorazione delle
mani, quindi dall’attività delle ghiandole sudoripare.

Esistono sostanzialmente due tipi di attività elettrodermica analizzabili in termini


di resistenza elettrica:

1. L'attività tonica, che esprime il valore assoluto della resistenza elettrica


cutanea, e costituisce un indice dello stato generale di attivazione del
sistema nervoso dell'organismo. Il valore tonico e' più alto se l'individuo è
tranquillo e rilassato. Se invece è agitato e nervoso, aumenta la
sudorazione cutanea e si abbassa la resistenza elettrica della pelle.

2. L'attivita' fasica, cioè le rapide risposte provocate da stimoli prettamente


emozionali, sensoriali o ideativi, come descritto in precedenza.

E' l'intervento del terapeuta che permette la giusta lettura ed interpretazione dei
segnali provenienti dal corpo e garantisce quel clima psicologico che consente il
graduale apprendimento di nuove risposte neurovegetative.

Il biofeedback elettroencefalografico (EEG)

Il biofeedback EEG è un procedimento consistente nel monitorare l'attività


elettroencefalografica allo scopo di far acquisire al paziente la possibilità di
controllare il tipo di ritmo EEG, in particolare di aumentare il ritmo Alfa e Theta.

Il ritmo Alfa consiste in onde elettriche prodotte dal nostro cervello alla frequenza
di circa 10 Hz (oscillazioni al secondo) e la sua importanza nasce dalla
constatazione che i soggetti impegnati in esercizi di rilassamento psicofisico, ad

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occhi chiusi, ma in veglia, come per esempio nella meditazione, fanno registrare
alti livelli di attività EEG di tipo Alfa.

L'obiettivo che si persegue è la possibiltà di raggiungere più facilmente condizioni


psicofisiche di distensione, autocontrollo e benessere interiore mediante l'abilita'
di produrre Alfa.

Il paziente è istruito a chiudere gli occhi e a rilassarsi.

L'attività EEG è rilevata tramite una opportuna apparecchiatura mediante elettrodi


d'argento disposti nei lobi frontali, o temporali.

Questa sede e' più adatta per il training Alfa essendo il ritmo Alfa più forte ai lobi
temporali.

Lo strumento analizza il segnale EEG e fornisce un feedback acustico quando il


pattern rilevato coincide con una determinata frequenza ed ampiezza del segnale
EEG.

Non può essere utilizzato un feedback visivo perché il ritmo Alfa è abolito
dall'input sensoriale visivo.

Le più recenti tecniche di analisi spettrale EEG permettono di impostare qualsiasi


combinazione di frequenza del segnale EEG, come media dei segnali che si
manifestano in un dato momento su entrambi gli emisferi.

Il biofeedback Alfa può essere vantaggioso anche per soggetti normali che
vogliano aumentare il loro livello di autocontrollo e di lucidità mentale. Il ritmo
Alfa e' un buon indicatore di una mente non impegnata in pensieri, ma sveglia e
pronta a recepire stimoli sensoriali.

L'apertura degli occhi o forti rumori fanno cessare il ritmo Alfa che è sostituito dal
ritmo Beta.

Anche il ritmo Theta (4 - 8Hz) può essere utilizzato come biofeedback. In questo
caso è consigliato solo a soggetti normali che vogliano aumentare il loro livello di
coscienza o imparare a modificare lo stato di coscienza.

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Il Theta è un ritmo cerebrale che appare spontaneamente in prossimità del
passaggio dalla veglia al sonno. Per questo motivo, di norma è un ritmo che non e'
possibile prolungare a volontà (come l'Alfa) ma il training Theta permette piano
piano di ottenere e mantenere questo ritmo senza sprofondare nel sonno. Di
norma è più difficile effettuare il training Theta rispetto all'Alfa, quindi è bene
utilizzare questa tecnica solo in soggetti che abbiano già effettuato con successo il
training Alfa.

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3. CONSIDERAZIONI SULLA MOTIVAZIONE

Motivazione, visualizzazione, feedback, sono termini che fino a qualche anno fa


erano poco utilizzati, ma che nel corso degli ultimi anni sono diventati parte
integrante del bagaglio tecnico di ogni allenatore Non esistono persone pigre, non
motivate, esistono solo persone che hanno obiettivi deboli che non suscitano
emozioni forti. La motivazione è senz’altro uno degli elementi più importanti
quando si va a preparare un piano di allenamento, per qualunque livello di
prestazione. Ma cosa significa realmente motivazione? Per Bertolini la
motivazione è “ciò che sollecita l’individuo ad assumere ogni suo atteggiamento
ed a mettere in atto ogni suo comportamento.” Secondo Singer la motivazione
“influisce su ciò che facciamo, (quando vi è la possibilità di scelta) su quanto
tempo ci mettiamo e su come lo facciamo.” Thomas riporta le motivazioni a
quattro desideri fondamentali:
1. Il desiderio di sicurezza
2. Il desiderio di ottenere il riconoscimento delle proprie qualità
3. Il desiderio di ricevere risposte adeguate da parte dei propri simili
4. Il desiderio di nuove esperienze.

Come dire: accanto al training muscolare occorre esercitare anche la mente al


successo. Da dove cominciare? Una strada vincente può essere quella dell’
automotivazione, un distillato di pensiero orientale e occidentale che, aumentando
la fiducia e la stima in sé stessi, rimuove blocchi psicologici e cicatrici mentali,
spesso le autentiche cause di tante prestazioni di modesto livello.

L’automotivazione
L’automotivazione serve a tutti, però uno dei settori dove l’automotivazione sta
fornendo ottimi risultati è proprio quello dello sport e del tennis in particolare:
quando abbiamo una partita da disputare, sia essa la finale dei campionati del
mondo o un incontro di terza categoria non bisogna avere la sola preoccupazione
di allenare per ore ed ore solo il fisico. Se si ha davvero il desiderio di raggiungere
importanti traguardi, è necessario non trascurare lo sviluppo della psiche,

48
Prima regola: pensare positivo.
Ma in cosa consiste, in pratica, l’automotivazione? Il metodo è un mosaico di
esercizi e tecniche basato sulla visualizzazione, in altre parole, sul potere delle
immagini mentali evocate dall’ inconscio, in grado di mettere in luce le forze
psicologiche nascoste e, per questa via, restituire entusiasmo e fiducia, rimuovere
le influenze negative, tirare fuori il meglio da ciascuno. Lo sforzo più grande
consiste nel far pratica ed esperienza di nuovi modi di pensare, grazie ai quali è
possibile cambiare in positivo l’immagine del proprio io. Per prima cosa bisogna
imparare a neutralizzare i pensieri negativi.
Per vincere la partita è necessario provare a pensare in positivo: ossia, vedersi
vincitori. Poiché ci vuole un chiaro disegno mentale della partita prima di poterla
vivere con successo, il trucco consiste nell’esercitarsi a rivederla più e più volte
con l’immaginazione. A ricrearla nei più piccoli dettagli in quel laboratorio che è
la mente, fino a conoscere perfettamente come comportarsi quando si sarà
impegnati sul campo.
Perché funziona? Il fatto è che cervello, sistema nervoso e massa muscolare
funzionano come un servo meccanismo cioè nella stessa maniera di una macchina
automatica volta ad un fine. Date al cervello uno scopo ed il resto verrà da sé.
Quando la mente “vede” con chiarezza ciò che si vuole fare, comincerà a
funzionare eseguendo il lavoro molto meglio di quanto non ci sia modo di
ottenere per mezzo dei soli mezzi fisici. Il fatto che l’automotivazione sia un
metodo che funziona, non è pura teoria. Il cervello non riesce a stabilire la
differenza tra un’esperienza reale e una immaginata con grande intensità e nei
minimi particolari. Ad ogni modo non devono esserci malintesi: la visualizzazione
non sostituisce l’allenamento. È un’utile integrazione nei giorni precedenti la gara
e un sostituto temporaneo dell’allenamento nel caso di malattia, infortunio o
lunghi trasferimenti. Ma l’automotivazione ha bisogno di altro ancora. Così
sempre attraverso la visualizzazione, ossia le immagini mentali, prevede esercizi
di rilassamento e di respirazione.

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4. VARIABILI, ABILITÀ E TECNICHE PSICOLOGICHE

Come la preparazione atletica si occupa di variabili specifiche (resistenza, forza


veloce, forza elastica…) quella mentale ha i suoi specifici ambiti di applicazione,
o variabili. Lo sono, ad esempio, la motivazione, lo stress, l’autostima, la self
confidence, gli stati d’animo, il livello d’attivazione, l’attenzione, la presa di
decisioni, l’aggressività, le relazioni interpersonali e la coesione di gruppo.
Bisogna tener conto delle condizioni ambientali e personali che le influenzano, e
delle strategie che possono controllarle ed indirizzarle in una direzione adeguata.
Queste variabili infatti possono venire manipolate a seconda del momento.
Bisogna solo scegliere quelle su cui lavorare, e la direzione più opportuna
(incremento o diminuzione).

Le abilità si riferiscono alla capacità di un atleta di autocontrollare le variabili


rilevanti per il rendimento, o a quelle di un allenatore di controllare le variabili più
influenti sulla performance del proprio giocatore.

Possono essere: a) innate, b) acquisite attraverso l’esperienza, c) apprese tramite


un training psicologico appropriato.

In ogni caso queste abilità potranno venire perfezionate attraverso uno specifico
allenamento psicologico che ne corregga i difetti e le ponga all’interno di un
sistema con una struttura organizzata. Queste abilità (tra cui possiamo citare
l’autovalutazione dell’attivazione, l’autoregolazione, l’imagery, il self-talk, le
strategie di controllo dell’attenzione, la scelta e l’analisi degli obiettivi…) non
vanno allenate di per sé, singolarmente, ma in relazione alle variabili
(motivazione, stress, attenzione…) ed alla direzione (incremento o diminuzione)
individuata come maggiormente vantaggiosa. E’ infatti un grave e comune errore
il ridurre l’intervento psicologico sportivo al mero allenamento delle abilità, senza
discriminare quale sia la variabile su cui si intende avere un effetto. Ciò rende il
lavoro non strutturato, e gli effetti molto più evanescenti. Le abilità rilevanti
dell’allenatore hanno una doppia valenza: includono l’applicazione di determinate
tecniche perché i propri atleti rendano il massimo, ma si riferiscono anche alla
propria capacità di rendere al massimo. Non è infatti raro che gli allenatori

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sappiano controllare lo stato di attivazione dei giocatori ma non il proprio,
rendendo meno efficace la propria condotta.

Le tecniche psicologiche infine sono strategie per manipolare le variabili


psicologiche rilevanti senza che sia lo sportivo stesso o l’allenatore ad applicarle.
Sono sistemi di valutazione ed intervento propri dello psicologo, strumenti di cui
ha appreso il funzionamento nei propri studi universitari e post universitari,
metodi di grande impatto nel modificare le variabili relazionate al rendimento.

51
5. LE FASI PER LA REALIZZAZIONE DI UN PROGRAMMA DI ALLENAMENTO

MENTALE

Pur nel rispetto dell’individualità e della centralità del singolo atleta, un


programma di allenamento mentale segue una struttura sequenziale a tre fasi:
1. Educazione, finalizzata a sviluppare nell’atleta la consapevolezza di come
le abilità mentali influenzino la prestazione, riconoscerne l’allenabilità e
imparare come svilupparle;
2. Acquisizione, intesa come momento dell’apprendimento delle tecniche e
delle strategie necessarie allo sviluppo della varie abilità mentali.
Riguardo l’apprendimento abbiamo trovato interessanti alcune considerazioni di
Chisotti che riportiamo di seguito.

5.1. Apprendimento e memorizzazione

Ogni forma di apprendimento incide sulla morfologia delle cellule nervose,


modificandone i contatti sinaptici e dunque i percorsi cognitivi. In fase di
apprendimento, in psicologia, si parla di teoria motoria della mente evidenziando
l’elaborazione attiva dell’informazione. I fattori principali legati all’attività
mentale non sono un’acquisizione passiva degli stimoli ambientali ma come un
continuo processo di confronto continuamente aggiornato da “input” di entrata.
L’esecuzione di un movimento non avviene passivamente ma tramite
l’elaborazione attiva degli input. E’ un funzionamento complesso basato su
principi di feed-forward e di feed-back in cui l’informazione per essere efficace
deve essere confrontata e verificata con l’attività neuronale centrale. I nostri
organi sensoriali sono dunque forniti di un meccanismo anticipatorio (feed-
forward) con possibilità di correzione più o meno rapida (feed-back).
Nel momento in cui un allenatore insegna una tecnica si può considerare, dalla
parte dell’atleta, un apprendimento passivo e un apprendimento attivo. Con il
primo si intende la ripetizione automatica dell’informazione ricevuta.
Nell’apprendimento attivo invece il tecnico è cosciente che l’atleta, una volta
acquisita l’informazione, produrrà una comparazione tra le informazioni ricevute

52
(descrizione dell’esercizio) e quelle già presenti nella sua esperienza. Dopo di che
questo elaborerà un’anticipazione mentale dell’esercizio da eseguire (feed-
forward o meccanismo anticipatorio), ricontrollerà le condizioni reali
dell’ambiente dove dovrà eseguire l’esercizio per eventuali correzioni (feed-back)
ed infine eseguirà il gesto tecnico; gli stimoli ambientali vengono così ricercati
attivamente con una costruzione dei dati percettivi e mantenendo una propria
autonomia.
In pratica, l’esistenza di processi cognitivi con funzioni di anticipazione è tale da
facilitare la successiva focalizzazione dell’attenzione selettiva cosciente. Si
attuano tutti quei meccanismi che il cervello umano mette in atto per recuperare le
informazioni dell’ambiente, al fine di confrontarli in base alla propria realtà
interiore. Tutte queste informazioni acquisiscono valore in base alla realtà
soggettiva che ognuno di noi costruisce sulla base delle proprie emozioni:
emozioni positive danno input positivi, emozioni negative danno input negativi.
Emozioni e input interagiscono al fine di costruire la realtà del soggetto e questo è
di fondamentale importanza per comprendere le leggi dell’apprendimento. Ogni
tecnico deve intendere che i risultati dell’insegnamento spesso dipendono dalla
soggettività emozionale personale e del singolo atleta.

3. Pratica, intesa come la fase di allenamento mirata all’automatizzazione


delle abilità mentali e al loro trasferimento in gara. È importante che
l’atleta osservi e registri i progressi ottenuti in ciascuna abilità e li valuti in
funzione degli obiettivi prestabiliti. Il riconoscimento di progressi
raggiunti agisce positivamente sulla motivazione intrinseca e sull’idea di
efficacia attribuita al programma di allenamento.

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6. PERCHÉ ATLETI E ALLENATORI INVESTONO POCO TEMPO
NELL’ALLENAMENTO DELLE ABILITÀ MENTALI, QUANDO GLI STESSI
RITENGONO LA COMPONENTE PSICOLOGICA TANTO IMPORTANTE PER IL
SUCCESSO COMPETITIVO?

Per spiegare tale fenomeno possono essere chiamati in causa alcuni stereotipi o
pregiudizi e ragioni di ordine pratico (Weinberg & Gould, 1995). Tra i più
frequenti citiamo:
™ la psicologia dello sport cura gli atleti che hanno problemi psicologici. La
psicologia dello sport è, invece, di per sé orientata alla crescita
dell’individuo “sano”, attraverso l’ottimizzazione delle sue risorse
emotivo-cognitive, nell’intento di migliorarne la performance agonistica e
la qualità dell’esperienza. La cura dell’atleta con disturbo psichico spetta
alla medicina e alla psicologia clinica (Orlick, 1989; Ferraro & Rush,
2000);
™ le abilità psicologiche sono innate e immodificabili. Convinzione messa in
discussione da numerose ricerche sul campo (Mahoney, 1984; Felts &
Landers, 1983; Biddle, 1986; Ravizza, 1987; Hall et al. 1990; Gould &
Udry, 1994; Weinberg, 1994);
™ il training mentale non è utile. L’efficacia del training mentale è stata
dimostrata da numerose ricerche (Madigan et al.,1992; Valey 1994; Orlick
&Partington, 1986, 1988; McCaffrey & Orlick, 1989; Greenspan & Feltz,
1989);
™ il training mentale è riservato agli atleti d’elite. Il training mentale non è
prerogativa dei soli atleti d’elite, ma può essere applicato per tutti i livelli
tecnici: oltre che con atleti agonisti, anche in età evolutiva (Gould, 1988;
Hellstedt, 1987; Weiss, 1991), in soggetti portatori di handicap (ritardo
mentale, Travis & Sahs, 1991; disabilità fisiche, Asken, 1991;
audiolesione, Clark & Sachs, 1991);
™ mancanza di tempo. Un fattore contraddittorio, poiché, a fronte delle
stesse dichiarazioni che vogliono il fattore mentale come maggiormente
critico, molti allenatori e atleti tendono a dedicare il 100% del tempo
disponibile esclusivamente all’allenamento fisico, tecnico e tattico
(Ferraro & Rush, 2000).

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7. LINEE GUIDA

La messa a punto di un programma di allenamento mentale non può essere


generalizzata in quanto deve tener conto delle caratteristiche mentali e atletiche
del soggetto. Ci sembra comunque utile riportare le linee guida descritte da
Marisa Muzio e collaboratori.

™ Inizialmente, è fondamentale cercare di stabilire con l’atleta un rapporto di


collaborazione e fiducia. L’acquisizione del gergo tecnico, specifico della
disciplina che pratica, rappresenta uno degli accorgimenti atti a supportare
tale processo. Informarlo riguardo gli obiettivi del programma e le
modalità operative non è sufficiente. Va ribadita la centralità del suo ruolo:
ne consegue una sua responsabilizzazione e conseguente partecipazione
attiva alle fasi decisionali che lo riguardano (Butler & Hardy, 1995), È un
processo di crescita dell’individuo/atleta e, in quanto tale, mira ad
ottimizzare le risorse emotivo- cognitive ed incrementarne il livello di
autonomia e indipendenza, necessarie per affrontare le situazioni
agonistiche;

™ In tale processo è importante coinvolgere anche l’allenatore, la persona di


maggior riferimento per l’atleta. Il suo contributo risulta utile, sia per le
informazioni che può fornire, sia come supporto all’atleta durante le
sessioni di allenamento mentale autogestite, in particolare nell’esecuzione
di esercizi contestualizzati all’interno del normale allenamento tecnico o
atletico (Hall & Rodgers, 1989);

™ Le prime fasi del processo devono essere dedicate alla conoscenza


dell’atleta (Sailer, 1992; Robazza et al., 1994). È importante verificare:
ƒ quali siano, in termini di abilità mentali, punti di forza ed aree
di miglioramento. L’obiettivo è comprendere quale sia la
percezione soggettiva che l’atleta ha di sé, non tanto il suo
valore oggettivo;

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ƒ se utilizzi strategie mentali spontanee e, in caso affermativo, se
possano essere ulteriormente sviluppate, o debbano essere
modificate o sostituite. Spesso, infatti, molti atleti sviluppano
tali strategie, attraverso anni di esperienza, con un
procedimento per prove ed errori, che, non sempre ne
garantisce l’efficacia;
ƒ quali aspettative nutra nei confronti della preparazione mentale,
riducendole se eccessive o irrealistiche, sostituendole con altre
maggiormente produttive. Tali informazioni possono essere
acquisite attraverso un assessment psicodiagnostico, i cui
risultati costituiscono, poi, motivo di approfondimento e
discussione in sede di colloquio;

™ Ciascun programma va pianificato secondo una logica rigorosamente


individualizzata. Si selezionano obiettivi, strumenti e metodi in funzione
di differenti fattori:
ƒ il profilo di personalità dell’atleta, sotto gli aspetti cognitivo,
emotivo ed esperienziale, i bisogni e le aspirazioni;
ƒ le caratteristiche tecniche della disciplina e le specifiche
abilità mentali richieste;
ƒ i programmi di preparazione tecnica e atletica che l’atleta
segue;
ƒ il calendario agonistico e gli obiettivi di risultato che l’atleta
si prefigge;
ƒ la possibilità, in termini temporali e logistici, di eseguire gli
esercizi previsti dal programma di preparazione mentale
(Bull,1991). L’attento studio di tali elementi individua le
abilità mentali sulle quali concentrare l’intervento. Inoltre, è
utile attuare un’analisi approfondita delle caratteristiche
psicofisiologiche e biomeccaniche della disciplina, al fine di
evitare la tendenza ad attribuire l’origine di problemi e
difficoltà dell’atleta, per lo più, a cause psichiche (Boucher

56
& Rotella, 1987). Anche in questo caso, può risultare di
estrema utilità il supporto dell’allenatore; e lo sviluppo delle
abilità mentali richiede investimento di tempo e applicazione
metodica: è necessario dedicarsi alla pratica in modo
costante e sistematico. Il tempo necessario
all’apprendimento di una nuova capacità varia in funzione
di:
o livello di motivazione e coinvolgimento dell’atleta,
o abilità mentali già esistenti;
o caratteristiche della disciplina, anche in termini di maggior o
minor facilità di trasferimento dell’abilità appresa in
situazioni di gara. L’off-season o il pre-season costituiscono
i momenti ottimali per iniziare un programma di
preparazione mentale, poiché garantiscono la maggior
disponibilità di tempo ed una pressione minore – interna ed
esterna – operata dai risultati;

™ I programmi più recenti muovono da un approccio positivo


all’allenamento mentale. In riferimento ai punti di forza, mirano ad
incrementarne ulteriormente l’efficacia competitiva. Rispetto alle aree di
miglioramento, sono orientati all’acquisizione delle abilità necessarie a
ridurne l’effetto negativo, o, se possibile, a trasformarle in altrettanti punti
di forza;

™ Fase spesso trascurata, la valutazione dei progressi nello sviluppo delle


abilità mentali è un aspetto importante, condizionato, talvolta, da alcuni
elementi di ordine pratico. Una valutazione efficace:

o richiede feedback attendibili e misurabili;


o permette agli atleti di avanzare suggerimenti e proporre
eventuali modifiche al programma;

57
o rappresenta l’unica modalità per valutare in modo oggettivo
se il programma ha raggiunto gli obiettivi prefissati. A tale
scopo, risultano molto utili strumenti di supporto, quali
interviste strutturate e schede di valutazione. Il loro impiego
permette di supportare sia i feedback di natura qualitativa
(come sensazioni, pensieri e stati d’animo dell’atleta o
dell’allenatore) che quelli di natura quantitativa (come
statistiche di prestazione e registrazioni audiovisive).

58
8. CONCLUSIONI

La rassegna bibliografica esaminata per la stesura di questo Project Work ha

evidenziato l’esistenza di un grande fermento nella discussione degli aspetti

psicologici in ambito sportivo ed in particolare nella necessità di affiancare un

programma di allenamento mentale all’allenamento atletico e tecnico.

Analizzando la bibliografia selezionata ci siamo resi conto che, seppure la

psicologia dello sport e la sua applicazione a diversi sport ed al tennis in

particolare, sport principe per l’influenza di aspetti mentali sulla prestazione

sportiva, ha origini lontane, la sua applicazione è decisamente più recente, non

tanto su singoli giocatori di alto livello, ma soprattutto su giovani in fase

adolescenziale o in gruppi di giovani. L’analisi bibliografica da noi effettuata è

stata perciò volutamente ristretta agli ultimi 5 anni ed ha messo in luce l’esistenza

di una gran quantità di informazioni supportate da studi scientifici più o meno

rigorosi, ma essenzialmente teorici. Poco è stato fatto sperimentalmente sul

campo. Questo può derivare da diversi motivi uno dei quali è sicuramente la

difficoltà di effettuare una efficace sperimentazione sul campo con gruppi di

ragazzi in numero sufficiente all’elaborazione di statistiche e conclusioni

attendibili e per un tempo sufficientemente lungo necessario per la valutazione

dell’efficacia di programmi di allenamento mentale sul miglioramento della

tecnica.

Alcune recenti sperimentazioni:

Uno studio condotto da Pantedelidis e coll. ha evidenziato che in giovani tennisti

di 12 anni lo stress, che si genera in giocatori adulti nel corso di una gara, non è

59
presente. Nella ricerca effettuata l’ansia veniva misurata mediante il questionario

SCAT di Martens e mediante la misurazione dei livelli di cortisolo salivare

durante l’allenamento e dopo tre turni di campionato. Nei ragazzi non è stata

riscontrata differenza significativa nei livelli di ansia durante la competizione e

durante l’allenamento, così come non è stato rilevato alcun cambiamento

significativo del livello di cortisolo.

In un’altra ricerca condotta da Mamassis e coll. è stato valutato l’effetto di un

programma di mental training (PMT) su giovani tennisti sull’ansia pre-gara, sulla

self confidence e sulla prestazione tennistica.

Lo studio riporta l’impatto del PMT stagionale su due giocatori juniores sottoposti

a 5 diverse abilità psicologiche: goal setting, pensieri positivi e self-talk,

concentrazione e comportamento, tecniche di regolazione dell’arousal e imagery.

Un gruppo di controllo costituito da 4 giocatori equivalenti veniva sottoposto allo

stesso allenamento tennistico senza seguire un PMT.

L’efficacia del programma è stata valutata:

o mediante CSAI-2 (competitive state anxiety inventory-2);

o mediante valutazione degli atleti su 8 aspetti della prestazione tennistica

o mediante dati statistici tennis-specifici dei due atleti selezionati.


I risultati riportati indicano un incremento dell’ansia somatica, dell’ansia

cognitiva e della self-confidence. Inoltre, l’intensità della self-confidence e della

prestazione tennistica complessiva era maggiore nei soggetti sottoposti a PMT e

l’efficacia del PMT nel superamento di problemi specifici di performance.

Abbiamo voluto riassumere queste due esperienze nella parte conclusiva di questo

project work per mettere in luce quanto la sperimentazione in questo campo non

60
sia ancora in grado di valutare in modo univoco l’efficacia di un programma di

allenamento mentale nel migliorare la tecnica e la prestazione globale in giovani

tennisti, soprattutto perché la sperimentazione è rivolta soprattutto alla verifica di

alcuni parametri psicologici più che tecnici.

Il controllo dell’ansia, l’automotivazione, il rilassamento mentale e muscolare,

svolgono a nostro parere un’influenza importante nel miglioramento

dell’esecuzione di un gesto tecnico e conseguentemente tutte le tecniche

disponibili possono essere utilizzate con successo. Crediamo altresì che alcune

delle tecniche descritte, quali il training visivo e l’imagery possono offrire un

valido contributo al miglioramento della tecnica se inserite correttamente e

secondo un piano di allenamento individuale.

Qualunque programma di allenamento mentale che affianca e completa un

allenamento “tradizionale”, incentrato sugli aspetti tecnici e atletici, non può tener

conto di tutti gli aspetti trattati nel project work e la massimizzazione dei risultati

positivi non può che essere ottenuta utilizzando una combinazione delle tecniche

descritte.

Le ricerche sperimentali scelte come esempio di applicazione di programmi di

A.M. che utilizzino gli strumenti fino ad oggi ritenuti più efficaci peccano a

nostro avviso nel numero di soggetti coinvolti e nel tempo utilizzato per la

sperimentazione ma offrono sicuramente un valido know-how per lo sviluppo di

sperimentazioni future. Inoltre la sperimentazione trovata riguarda principalmente

il colpo del servizio, un’attività closed skill mentre quasi nulla è stato trovato su

azioni open skill quali dritto e rovescio che sarebbe invece interessante indagare.

61
9. ALLEGATI : Esperienze selezionate da bibliografia recente

Nella preparazione di questo project work abbiamo cercato di raccogliere


esperienze e strategie utili per approntare un programma di allenamento mentale
mirato a tennisti in fase adolescenziale. Ne abbiamo selezionato solo alcune tra le
più recenti riportandone il più fedelmente possibile il testo. La scelta è stata
dettata dal tentativo di trovare una valida applicazione a quegli elementi chiave
(imagery, visual training, arousal, goal setting, biofeedback, ecc.) descritti nel
project work.

62
ALLEGATO A

Verifica dell’efficacia dell’allenamento con Imagery


nell’esecuzione di attività motorie (Colpo del servizio)
Poeta Paccati S.

ASPETTI METODOLOGICI

La sperimentazione sul campo è stata effettuata da Silvano Poeta Paccati presso il


centro sportivo di Curnarsco di Treviolo (Bg) con la collaborazione del Maestro
Leonardo Mora e la supervisione dello psicologo Gabriele Zanardi, docente
presso l’Università di Pavia alla Facoltà di Scienze e Tecniche Psicologiche.
La domanda a cui si vuole rispondere con questa ricerca è: l’allenamento con
imagery migliora la percentuale dei servizi messi a segno nel bersaglio ed il gesto
tecnico che l’atleta deve eseguire?
Sono stati individuati come soggetti della sperimentazione in tutto 10 atleti di età
compresa fra i 13 e i 18 anni, di simile livello tennistico, suddivisi in due
campioni di pari numero.
Il primo gruppo di 5 atleti forma il campione di controllo che proseguirà col
normale allenamento tennistico previsto per la stagione 2003/04.
Il secondo gruppo di 5 atleti forma il campione sperimentale che oltre il normale
allenamento tennistico previsto per la stagione 2003/04 integrerà il lavoro con
imagery per 1 mese.
Ad entrambi i gruppi viene somministrata una prova di abilità del servizio. La
prova è stata strutturata in questo modo:
- ad ogni atleta è fornita l’indicazione di servire una prima palla di servizio a circa
il 75% - 80% della potenza mirando un’area precisa di circa 1,20 m. * 1,20 m.
posta a livello della T dell’area di servizio (allegato 1) per un numero totale di 20
servizi. Viene quindi rilevato il numero delle palle di servizio che hanno centrato
il bersaglio. Questa prova d’abilità verrà riproposta il mese successivo per
verificare se l’allenamento con imagery ha avuto esito positivo o meno.

63
Nella stessa giornata della prima prova si inizia l’allenamento con imagery col
gruppo sperimentale. Viene fornita agli atleti una semplice spiegazione teorica di
questo tipo di allenamento, la sua utilità e la dimostrazione pratica. Si esegue una
sessione pratica dell’allenamento per la durata circa di 45 minuti strutturata in 10
minuti di rilassamento classico volto alla percezione del proprio corpo, alla
sensazioni interne e di pesantezza degli arti partendo da quelli inferiori a quelli
superiori. Per 20 minuti circa si porta l’atleta a visualizzarsi, possibilmente con
una percezione “dall’interno” nell’atto di eseguire il servizio. La visualizzazione
viene guidata secondo la classica catena cinetica del servizio ponendo importanza
ai tre momenti fondamentali: l’equilibrio iniziale e la sensazione del tono
muscolare, il momento angolare la sensazione dell’impatto con la pallina e quello
lineare dell’uscita del gesto tecnico, cercando di rendere il più realistica e vivida
ai cinque sensi l’esperienza immaginativa.
Si introducono anche frasi positive, di fiducia, di concentrazione e di sensazione
di benessere nell’esecuzione del gesto. I circa, 15 minuti rimanenti vengono
utilizzati per discutere l’esperienza, risolvere difficoltà incontrate e dubbi vari.
Nel gruppo viene instaurato un clima di collaborazione e di fiducia. Questo
allenamento è svolto per una seduta la settimana, per un totale di 4 volte, sotto la
guida del sottoscritto Silvano Poeta Paccati e giornalmente, in autonomia, dagli
atleti. Inoltre viene chiesto agli atleti di compilare giornalmente due tabelle una
che riguarda le aree di tensione muscolare ed una che riguarda l’autovalutazione
delle capacità immaginative (allegato 2). Le tabelle compilate mi vengono
consegnate ogni incontro successivo. Queste vengono utilizzate sia per valutare
una progressione delle capacità di allenare l’imagery sia per verificare e risolvere
problemi soggettivi riguardo questo tipo d’allenamento.
Viene inoltre stilato per ogni atleta il profilo del gesto tecnico secondo una
valutazione fornitami dal Maestro Leonardo Mora (allegato 3). Questo profilo
verrà ristilato all’atto della seconda prova d’abilità del servizio per controllare se
l’allenamento con imagery ha influenzato la capacità di eseguire il gesto tecnico
oltre che l’aumentare della percentuale delle palle messe a segno nel bersaglio.

64
ANALISI DEI DATI

I risultati ottenuti sono riportati nella tabella 1 nel grafico 1 e 2

Gruppo allenato per un mese con


Gruppo di controllo
imagery

Servizi in zona su 20
Servizi in zona su 20 servizi
servizi

pre post pre post


allenamento allenamento
con imagery standard

L. 8 10 D. 3 4
D. 9 5 F. 2 2
L2 3 6 S. 10 8
C. 4 6 F2 4 5
A. 2 2 C2 6 5
Media 26% 29% Media 25% 24%

Tab. 1 – Risultati delle prove del gruppo sperimentale pre e post allenamento con
imagery e del gruppo di controllo pre e post allenamento standard.

35%
29%
30% 25% 26% 24% Gruppo di controllo
25%
20%
15% Gruppo allenato per
10% un mese con
imagery
5%
0%
pre post

Grafico 1 – Andamento dei risultati ottenuti con l’allenamento standard e con imagery dal
gruppo sperimentale e quello di controllo.

65
differenze sulla m edia di prestazione della battuta

6
5,8
5,6
5,4
media assoluta

5,2 gruppo
sperimentale
5
gruppo di controllo
4,8
4,6
4,4
4,2
4
prova pre prova post

Grafico 2 – Andamento delle medie assolute dei due campioni (sperimentale e di


controllo) prima e dopo l’allenamento standard e con imagery.

L’andamento della variazione delle medie assolute (e quindi di quelle percentuali


del grafico a barre) relative al campione sperimentale e a quello di controllo
suggerisce che l’allenamento con imagery costituisca un fattore di miglioramento
della prestazione. Infatti mentre nel campione di controllo la media diminuisce da
25% a 24%, nel campione sperimentale la media aumenta da 26% prima della
somministrazione dell’allenamento con imagery a 29% dopo l’allenamento con
imagery.

Un accurata analisi statistica dei dati ci dice che l’aumento percentuale ottenuto
dal gruppo allenato per un mese con imagery nel mettere a segno il servizio
potrebbe essere dovuto alla casualità.
Si dovrebbe logicamente concludere che in questo esperimento e per questo
campione l’allenamento con imagery non migliora la percentuale dei servizi messi
a segno nel bersaglio.

Questa rigorosa conclusione statistica ha bisogno di alcune considerazioni.


- la scarsità del numero di soggetti facenti parte il campione non permettono
alla varianza fra le medie di esser statisticamente significativa

66
- I grafici della variazione delle medie assolute e percentuali suggeriscono
un andamento chiaro dei dati a favore dell’utilità del training
- Il tempo necessario per un allenamento efficace di un colpo tennistico non
è stato sufficientemente lungo per permettere una stabilizzazione delle
nuove capacità acquisite così come probabilmente non è stata adeguata la
frequenza settimanale dell’intervento dell’autore di questa tesi.
- Si è cercato di ovviare alla non alta disponibilità di tempo degli atleti
strutturando un allenamento per settimana con Imagery guidato dall’autore
ed un allenamento giornaliero praticato in autonomia dagli stessi usando
come verifica di controllo le tabelle di aree di tensione muscolare ed di
autovalutazione delle capacità immaginative (allegato 2). Ritengo che una
maggior frequenza degli allenamenti guidati avrebbero portato a risultati
migliori dell’autoallenamento e quindi della prova sperimentale, in quanto
gli atleti eran completamente nuovi e non avvezzi a questo tipo
d’allenamento. Inizialmente, un allenamento guidato più frequente (in
letteratura scientifica anche se non si riscontra una concordanza si
ritengono adeguate dalle 2 alle 4 sedute settimanali) probabilmente
avrebbe rimosso in misura maggiore le difficoltà e gli ostacoli che
impediscono alla mente di esser produttiva ed efficace. La capacità di
imagery infatti non è una cosa scontata ma è un’abilità che si acquisisce
con l’esercizio cosi come ogni altro tipo di gesto atletico, la sua qualità e
raffinatezza è in relazione diretta con l’allenamento e il grado di
professionalità dell’atleta.
- Ancora a questo proposito, allenamenti con Imagery personalizzati alle
specifiche esigenze dell’atleta, quando possibile, sono preferibili in quanto
offrono risultati qualitativamente migliori.
- Un membro del gruppo sperimentale, D., ha avuto un crollo prestazionale
alla prova di controllo dovuto evidentemente ad un forte stato di
agitazione emotiva causata da ansia prestazionale
- Tutti gli altri soggetti del gruppo sperimentale hanno mantenuto inalterato
il loro score di servizi (A.), migliorato (C., L.)e addirittura raddoppiato

67
(L2); questo fatto non si è verificato nel gruppo di controllo che ha avuto
un andamento decisamente più stabile
- Dal raffronto prima-dopo del profilo del gesto tecnico fornitomi dal
Maestro Leonardo Mora si evidenzia chiaramente un miglioramento del
gesto tecnico del servizio nel gruppo sperimentale, cosa che non si può
affermare per il gruppo di controllo.

CONCLUSIONI

La valutazione della significatività dei risultati è un aspetto che suggerisce


l’opportunità di condurre nuove sperimentazioni al fine di estendere il campione
dei dati disponibili per l’analisi.
La ricerca condotta consente, a parere dell’autore, di affermare che l’ipotesi di
partenza sia stata complessivamente corroborata dai risultati ottenuti. Ciò è in
parte avvalorato dalla valutazione di un maestro esperto Maestro Leonardo Mora.
Al di là dei dati quantitativi la ricerca ha mostrato un aspetto dell’allenamento che
non era necessariamente prevedibile a priori.
L’introduzione dell’allenamento con imagery ha consentito di ottenere un miglior
spirito di gruppo fra gli atleti che si sono mostrati interessati e curiosi nei
confronti delle nuove tecniche di allenamento.
Particolare interesse ha suscitato il fatto che un allenamento sportivo potesse
trovare un significativo supporto dall’attività mentale anche se non
apparentemente collegata a quella fisica e muscolare. Tutti intuiscono quanto la
sfera psicologica sia importante nella pratica del tennis ma ancora pochi
intravedono una prassi di allenamento che ne tenga conto in modo significativo.
Certamente l’esasperazione degli aspetti atletici tecnologici, che impongono
capacità e qualità atletiche sempre maggiori erroneamente a volte fanno passare in
secondo piano le qualità mentali che un atleta di vertice deve possedere,
dimenticando che una persona, un atleta, è un’unica unità formata da mente e
corpo. L’utilizzo dell’imagery favorisce, oltre il migliorare del gesto atletico, il
controllo dell’ansia dei pensieri negativi, l’autoregolazione dello stress, le
capacità attentive selezionando gli stimoli rilevanti da quelli irrilevanti, la capacità

68
d’attivazione alla gara, la motivazione, parti importanti per la valutazione di una
prestazione sportiva complessiva.
L’esperienza condotta ha portato l’autore a valutare con un maestro esperto, il
Maestro Leonardo Mora, la possibilità di un intervento a sfondo psicologico più
generale e completo rivolto agli atleti della sezione agonistica della Scuola
Tennis di Curno.

69
SubAllegato 1

70
SubAllegato 2
AREE DI TENSIONE MUSCOLARE Nome e cognome………… Data…………

Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica

Mani . . . . . . .

Braccia . . . . . . .

Spalle . . . . . . .

Collo . . . . . . .

Mascella . . . . . . .

Occhi . . . . . . .

Fronte . . . . . . .

Torace . . . . . . .

Stomaco . . . . . . .

Pancia . . . . . . .

Schiena . . . . . . .

Cosce . . . . . . .

Polpacci . . . . . . .

Piedi . . . . . . .

Tutte le valutazioni le effettuerai al termine di ogni seduta giornaliera.


L’ultima valutazione della settimana ti consentirà di valutare i risultati ottenuti.
La valutazione viene espressa con un numero:
1 = molto teso
2 = teso
3 = rilassato
4 = molto rilassato

71
continua SubAllegato 2

GRIGLIA PER LA VISUALIZZAZIONE

Assegna il punteggio di 1 - 2 o 3 a seconda dell’intensità dell’Imagery.

Percezione Percezione Percezione Percezione

Visiva uditiva olfattiva cinestetica

Lunedì . . . .

Martedì . . . .

Mercoledì . . . .

Giovedì . . . .

Venerdì . . . .

Sabato . . . .

Domenica . . . .

72
SubAllegato3
Profilo atleti compilato dal Maestro Leonardo Mora

▪ gruppo sperimentale 1 prova pre ▪ gruppo sperimentale prova finale post


allenamento con imagery allenamento con imagery
A. ▪ 13 anni A. ▪ 13 anni

Lancio palla: alza troppo laterale verso sx Lancio palla: alza troppo laterale verso sx
Mulinello: buona scioltezza ma poca Mulinello: buona scioltezza ma poca
accelerazione accelerazione
Impatto: non sempre pieno causa lancio palla Impatto: non sempre pieno causa lancio palla non
non sempre buono sempre buono
Spinta gambe: poca oscillazione iniziale in Spinta gambe: discreta oscillazione iniziale
uscita buona buona spinta in uscita
Ritmo esecuzione: troppo veloce e continuo Ritmo esecuzione: troppo veloce e continuo
(assenza accelerazione in fase di mulinello) (assenza accelerazione in fase di mulinello)
Note: Note:
Servizi in zona: 2 Servizi in zona: 2

73
L2 ▪ 13 anni L2 ▪ 13 anni

Lancio palla: discreto Lancio palla: non sempre regolare e un


po’ indietro
Mulinello: discreta accelerazione Mulinello: fluido
Impatto: discreto anche il momento Impatto: Piu’ deciso del solito
dell’impatto
Spinta gambe: buon uso delle gambe e Spinta gambe: buon uso delle gambe e
dello spostamento dei pesi, buon dello spostamento dei pesi, buon
bilanciamento bilanciamento
Ritmo esecuzione: discreto ritmo di Ritmo esecuzione: discreto ritmo di
esecuzione esecuzione
Note: lancio da avanzare, migliorare la Note: sensazione di maggior potenza
presenza atletica per ottenere un
servizio più consistente
Servizi in zona: 3 Servizi in zona: 6

74
L. ▪ 13 anni L. ▪ 13 anni
Lancio palla: non regolare, a volte alto a Lancio palla: regolarmente basso
volte basso
Mulinello: buona velocità d’esecuzione del Mulinello: buona velocità d’esecuzione del
mulinello mulinello
Impatto: non sempre è pieno a causa del Impatto: pieno
lancio incostante
Spinta gambe: discreta spinta delle gambe e Spinta gambe: buona spinta delle gambe e
gestione dello spostamento dei pesi gestione dello spostamento dei pesi
Ritmo esecuzione: non regolare causa Ritmo esecuzione: troppo veloce, errore che
lancio ad altezza incostante determina la mal riuscita del colpo
Note: Note: impugnatura leggermente spostata sul
dritto, non convince
Servizi in zona: 8 Servizi in zona: 10

C. ▪ 13 anni C. ▪ 13 anni
Lancio palla: discreto, lascia la palla Lancio palla: buono e regolare
leggermente troppo presto
Mulinello: poca accelerazione in fase di Mulinello: sufficiente, sciolto e regolare
mulinello causa mano aperta
Impatto: poca forza/velocità all’impatto Impatto: si sente pieno
Spinta gambe: poco lavoro di gambe Spinta gambe: coordinazione discreta deve
migliorare fisicamente
Ritmo esecuzione: discreto Ritmo esecuzione: discreto
Note: da migliorare la gestione dello Note: sicuramente migliorato, le lacune atletiche
spostamento dei pesi per aumentare la gli impediscono l’ottimo
spinta e mano in fase del mulinello
Servizi in zona: 4 Servizi in zona: 6

75
◊ gruppo di controllo 1° prova ◊ gruppo di controllo 2° prova

D. ◊ 18 anni D. ◊ 18 anni
Lancio palla: non sempre regolare Lancio palla: non sempre regolare
Mulinello: buona velocità in fase di Mulinello: buona velocità in fase di mulinello
mulinello
Impatto: buono ma incostante causa lancio Impatto: pieno ma incostante causa lancio palla
palla non regolare non regolare
Spinta gambe: poco lavoro di gambe, non Spinta gambe: cattiva gestione del trasferimento
c’è un buon trasferimento del peso da dietro del peso da dietro in avanti
in avanti
Ritmo esecuzione: discreto Ritmo esecuzione: discreto
Note: Note: da migliorare lancio palla e spostamento
pesi
Servizi in zona: 3 Servizi in zona: 4

F. ◊ 13 anni F. ◊ 13 anni
Lancio palla: regolare ma forse Lancio palla: regolare troppo alto
eccessivamente alto
Mulinello: discreta accelerazione in fase Mulinello: discreta accelerazione in fase di
di mulinello mulinello
Impatto: non sempre pieno Impatto: non sempre pieno
Spinta gambe: presente ma senza Spinta gambe: presente ma cade su se stesso
trasferimento del peso da dietro in avanti
Ritmo esecuzione: discreto Ritmo esecuzione: discreto
Note: cattiva gestione del bilanciamento Note: cattiva gestione del bilanciamento in fase
in fase di uscita di uscita
Servizi in zona: 2 Servizi in zona: 2

76
S. ◊ 14 anni S. ◊ 14 anni
Lancio palla: regolare Lancio palla: regolare
Mulinello: buona velocità nell’esecuzione Mulinello: buona velocità nell’esecuzione del
del mulinello mulinello
Impatto: buono e pieno Impatto: buono e pieno
Spinta gambe: sufficiente, non c’e’ una Spinta gambe: sufficiente, non c’e’ una grande
grande utilizzo delle gambe anche se lo utilizzo delle gambe anche se lo spostamento dei
spostamento dei pesi è corretto pesi è corretto
Ritmo esecuzione: buono e regolare Ritmo esecuzione: buono e regolare
Note: Note:
Servizi in zona: 10 Servizi in zona: 8

F2 ◊ 13 anni F2 ◊ 13 anni
Lancio palla: abbastanza regolare, a volte Lancio palla: a volte troppo avanzato
troppo avanzato
Mulinello: discreto mulinello, molto Mulinello: discreto mulinello, molto utilizzo del
utilizzo del polso polso
Impatto: buono Impatto: pieno
Spinta gambe: quasi assente Spinta gambe: quasi assente
Ritmo esecuzione: buon ritmo d’esecuzione Ritmo esecuzione: buon ritmo d’esecuzione
Note: migliorare l’utilizzo delle gambe e Note: migliorare l’utilizzo delle gambe del busto
spostamento dei pesi per trasferire il peso
Servizi in zona: 4 Servizi in zona: 5

77
C2 ◊ 13 anni C2 ◊ 13 anni
Lancio palla: troppo alto e laterale a sx Lancio palla: troppo alto e laterale a sx
Mulinello: sufficiente in fase di mulinello Mulinello: poca accelerazione, movimento
ma con poca accelerazione, movimento troppo continuo
troppo continuo
Impatto: non sempre pieno causa lancio Impatto: non sempre pieno causa lancio palla
palla
Spinta gambe: non corretta gestione del Spinta gambe: non corretta gestione del
bilanciamento e spostamento del peso bilanciamento e spostamento del peso
Ritmo esecuzione: poco fluido Ritmo esecuzione: poco fluido
Note: migliorare l’utilizzo della spinta delle Note: migliorare l’utilizzo della spinta delle
gambe e dello spostamento dei pesi gambe e dello spostamento dei pesi
Servizi in zona: 6 Servizi in zona: 5

78
ALLEGATO B
Condizionamento alla risposta visiva (Tennis: allenamento specifico
alla concentrazione)
Zanolli S., Faccini P.

Il canale visivo

Uno degli stimoli che può aumentare maggiormente la concentrazione è quello


ottico. Certi colori catturano la visione e la mettono in relazione con le azioni che
si svolgono nell’attimo stesso che si guardano specie se si tratta di azioni che si
ripetono nel tempo sollecitando l’asse visione-memoria di fissazione. Sono state
messe a punto e descritte, pertanto esercitazioni specifiche di allenamento adatte
ad allenare la concentrazione nel tennis. Esse si basano sul fare risaltare con colori
le intersezioni delle linee del campo o sull’utilizzazione delle aree colorate che
l’atleta dovrà mirare e centrare durante l’esecuzione tecnica di alcuni colpi. A
conferma della validità del sistema si descrive una indagine statistica attuata su un
campione di tennisti di buon livello.
Diverse e complesse sono le variabili che possono condurre alla ottimizzazione
della performance nel tennis, tuttavia poca attenzione si è posta sulla possibilità
di allenare anche l’aspetto psico-neuro-sensoriale della concentrazione,
caratteristica che influisce in modo preponderante sull’esatta esecuzione dei colpi.
Tentativi di condizionamento all’autocontrollo vengono effettuati tramite tecniche
come il training autogeno ed il bio-feedback che sono però metodologie, se pur
valide, applicate fuori dal campo e dalla situazione agonistica: l’atleta si trova così
nella circostanza successiva di dovere, in campo, applicare questo autocontrollo a
pressing emozionali via via diversi e non previsti. Stimolare la concentrazione
allenandola vuole dire abituarsi a determinate situazioni provate durante le sedute
di allenamento.
Uno degli stimoli che maggiormente eleva la concentrazione è quello ottico; certi
colori catturano la visione e la mettono in relazione con le azioni che si svolgono
nell’attimo stesso che si guardano, specie se sono azioni che si ripetono nel

79
tempo, sollecitando l’asse visione-memoria di fissazione.
È una sorta di associazione mentale: cioè se io associo ad un colore un’azione
gratificante, più facilmente ogni qualvolta che mi capiterà di pensare a quel colore
assocerò la stessa azione; ed il fatto importante sarà che automaticamente scatterà
l’idea-azione frutto di questo allenamento condizionato.
Se si fissa un cerchio rosso e si guarda poi una superficie grigia uniforme, è facile
vedere su di essa un cerchio verde: si ha, cioè un immagine consecutiva negativa;
negativa perché il verde è il colore complementare del rosso. I colori
complementari possono anche servire ad aumentare la reciproca intensità.
Quando due colori complementari si trovano uno accanto all’altro, ciascuno di
essi appare ad un grado più alto di saturazione che non quando è vicino ad un
colore non complementare. Questo effetto, denominato contrasto simultaneo, è
la ragione della scelta di coppie di colori complementari (rosso/verde-giallo/blu)
per le insegne e segnalazioni navali.
Nella figura 1 sono rappresentati i livelli di regolazione dell’azione sui quali si
può intervenire metodologicamente (da Schnabel 1986).

80
Figura 1

Nella preparazione dell’azione vengono chiamati in causa pertanto:


l’orientamento sulla situazione attuale, la programmazione, la volontà di eseguirla
e la presa di decisione.
L’orientamento è inteso sia come l’insieme di informazioni recepite al momento
sia come informazioni per così dire archiviate (esperienze e modelli da attuare), le
altre caratteristiche vanno sotto il termine generico di controllo, dato
dall’immediatezza, dall’elaborazione delle informazioni attuali e passate sotto
l’influsso della motivazione. La regolazione è dunque l’organizzazione del livello
senso-motorio in base allo scopo dell’azione. Questa regolazione è direttamente
influenzata dai processi di regolazione di ordine psichico superiore, cioè da
legami proteici specifici prodotti da una ripetizione continua dello stimolo che
vanno a formare la memoria di fissazione (il sommarsi di legami proteici
specifici prodotti da una sequenza continua dello stimolo, costituisce la memoria

81
a breve termine, l’inserimento strutturale di queste proteine specifiche forma, di
contro, la memoria a lungo termine). Di fondamentale importanza è il tenere
presente che questa connessione interneuronale che costituisce la memoria
motoria non si sviluppa solo con la maturazione, ma anche attraverso un processo
di attivazione continua. Nelle fasi iniziali l’atleta tende ad apprendere lo schema
del movimento, tenendo ben presente l’obiettivo da raggiungere. Egli, nel
costruirsi mentalmente il movimento da apprendere usufruisce degli stimoli forniti
dall’allenatore, ma soprattutto sfrutta prevalentemente le impressioni sensoriali
coscienti, per lo più visive. Se il processo motorio viene ripetuto più volte si
attivano i collegamenti interneuronali o sinapsi neuronali e nella corteccia
cominciano a rappresentarsi fasi grezze di esso, e gli stessi movimenti muscolari,
tradotti in azione, risulteranno scarsamente economici ed assai poco coordinati.
Successivamente, queste attivazioni sinergiche scompariranno, fino ad arrivare, da
parte del soggetto, ad una esecuzione del movimento precisa ed armoniosa.
Questo avviene anche attraverso la cosiddetta fase di concentrazione. La fase di
stabilizzazione-automatizzazione dell’esecuzione motoria avviene, in ultima
analisi, quando l’atleta tende e cerca di concentrarsi solo sullo specifico gesto,
eliminando tutti i movimenti superflui e parassiti nel processo che porta ad una
perfetta esecuzione. Per un miglior rendimento occorre, pertanto, sintetizzare e
concentrare l’attenzione sui compiti tecnico-tattici e far si che anche essi vengano
automatizzati in modo da consentire all’atleta, nelle situazioni non previste, di
comportarsi sempre al meglio.
In ultima analisi, è stato dimostrato recentemente (Castiello, Umiltà 1988) che, la
reazione ad uno stimolo visivo avente un fuoco ristretto è più rapida rispetto ad
una che si svolge in un campo visivo aperto a fuoco più largo; si può allenare
quindi l’attenzione su di un campo visivo ristretto ed ideale, organizzando
l’attenzione nello spazio anche nelle fasi più estenuanti dell’attività fisica.
Dopo queste premesse, passiamo in rassegna alcune esercitazioni specifiche adatte
ad allenare la concentrazione nel tennis.

1. Condizionamento alla risposta visiva immediata sulla linea:


a) colorare le linee di fondo in settori. I set laterali andranno colorati, per esempio,

82
di verde brillante (se il fondo del campo è rosso). Si può utilizzare del trasparente
lucido da applicare direttamente sulla linea. L’esercizio dovrà mirare a centrare
tali settori (figura 2). Senza cambiare la disposizione dei colori, si passa
all’esercizio b) che richiede (figura 3) una sagoma colorata di cartone a rete (in
mancanza di uno sparring partner) nelle diverse disposizioni di attacco. A
seconda di queste, l’allenatore dovrà indirizzare la palla da colpire o alla destra o
alla sinistra del tennista, il quale dovrà rispondere con un lungolinea o con un
cross, ma sempre indirizzando la palla nel settore colorato (esso potrà venire
semmai gradualmente spostato per simulare angolazioni più spinte). In un
momento successivo, per rendere più facile l’esecuzione del colpo, si potrà
usufruire di un anello (colorato anche esso), posto sulla linea in prossimità della
rete (figura 4, in tratteggio). Centrando perfettamente il cerchio la palla cadrà nel
settore colorato delle linee di fondo, seguendo una traiettoria parallela alla linea
interna.
c) l’allenamento al servizio adotterà gli stessi sistemi di risposta neuromotoria o
per meglio dire visivo motoria. Infatti, colorando la linea dove è contenuta l’area
del rettangolo del servizio, ci si potrà allenare agli effetti od alle angolazioni
spinte a seconda della disposizione della sagoma o dell’allenatore (figura 5).

2. Condizionamento alla risposta visiva immediata su zone


determinate del campo:
a) allenamento alla palla smorzata: l’atleta dovrà disporsi dapprima in vicinanza
della rete e cercare di smorzare le volée che il suo allenatore gli propone, dentro
l’area di 2 cerchi di 50 cm di diametro colorati anche essi di rosso o di verde e
posti a destra e sinistra della linea centrale. Al tennista verrà
successivamente chiesto di arretrare fino alla linea di fondo campo (smorzando
sempre la palla nei cerchi colorati) così da stimolare la sensibilità del colpo nelle
diverse traiettorie. L’esercizio dovrà essere variato spostandosi nei diversi angoli
del campo.
b) allenamento al muro: si dispongono una serie di dischetti colorati del diametro
di circa 25 cm l’uno sopra la linea rappresentante la fascia della rete disegnata sul
muro ad una distanza di 10 cm l’uno dall’altro, per tutta la sua lunghezza. Il

83
tennista dovrà insistere per due colpi (cominciando, ad esempio di dritto) sul
primo dischetto per poi passare a piccoli passi all’altro e così via per tutta la linea
di fondo campo fino a colpirli in una serie tutti quanti. Si esalterà con ciò la
precisione e la destrezza del colpo (oltre al metabolismo anaerobico). Allorquando
la destrezza acquisita dall’atleta consentirà di eseguire le serie senza errori, si
potrà diminuire il diametro dei cerchietti posti sulla linea che indica la rete (figura
6).

Figure 2-6

Per avere un confronto statistico della validità del metodo, abbiamo sottoposto a
tale sperimentazione cinque tennisti dei quali due di elevato valore atletico
(gruppo A) e 3 non classificati (Nc) (gruppo B) dotati di buona esperienza

84
agonistica. La scelta dell’esercizio da utilizzare come protocollo di ricerca è stato
l’allenamento al servizio (l’esercizio c del paragrafo 1).
La ricerca è stata divisa in quattro fasi:
1a fase: gli atleti sono stati invitati ad eseguire 30 colpi di servizio ciascuno
mirando all’angolo alla loro sinistra, battendo da destra, cercando di indirizzare il
proprio colpo il più vicino possibile alla linea di battuta. È stata, quindi, calcolata
l’area totale geometrica in cui cadevano i servizi per ogni atleta, non considerando
i tiri out e, naturalmente, quelli a rete.
2a fase: gli atleti hanno di nuovo eseguito 30 servizi, questa volta però colorando
il vertice sinistro del rettangolo di battuta con il verde. Anche questa volta è stato
fatto il calcolo dell’area.
3a fase: a questo punto, dopo una riunione con gli atleti, abbiamo deciso di
inserire tale esercizio nella metodologia di allenamento di ognuno, e cioè quattro
sedute di allenamento settimanali di 25 minuti di durata per due settimane,
continuando ad utilizzare il colore verde.
4a fase: dopo due settimane di allenamento gli atleti sono stati sottoposti
nuovamente al test: 30 colpi all’angolo sinistro battendo da destra. Inoltre, e
questo per avere una conferma dell’avvenuto orientamento-dimensionamento
dell’attenzione, i tennisti hanno ripetuto l’esercizio eliminando l’area colorata, ma
facendo in modo di “pensare” (questa è stata la frase che abbiamo detto loro) “nel
momento immediatamente precedente al servizio, al colore che era posto ai vertici
del rettangolo di servizio”. I dati raccolti nella ricerca fanno pensare ad un
effettivo avvenuto condizionamento alla concentrazione- attenzione con l’ausilio
del colore. Senza voler prendere in considerazione le alte significatività statistiche
fra il confronto dei gruppi, giustificate, probabilmente, dalla esiguità del
campione, il dato che si evidenzia è la progressiva diminuzione dell’area che
racchiude le battute e quindi l’aumento della precisione di questo colpo,
cinesteticamente molto complesso.
È chiaro che sarebbe auspicabile ripetere la prova con un campione più vasto,
allargato anche a soggetti che iniziano l’apprendimento della singola disciplina, e,
soprattutto a quegli atleti che dimostrano un rendimento di gara di basso livello a
causa della non perfetta esecuzione di alcuni colpi.

85
ALLEGATO C

INFLUENZA DI PROGRAMMI DI VISUAL TRAINING SULLA PRESTAZIONE DI

GIOCATORI DI TENNIS PRINCIPIANTI NELL’APPROCCIO A RETE. (Libera


traduzione dall’inglese)

Vicente Luis del Campo (1) Raúl Reina Vaíllo,PhD, (1) David Sanz Rivas, PhD, (2) and Francisco
J. Moreno Hernández, PhD (1)

Negli ultimi 20 anni sono stati effettuati molti studi sulla percezione ed il tempo di
risposta nello sport. Nel campo del comportamento motorio è negli ultimi anni
emerso un nuovo campo di ricerca, “La visione e lo Sport” che focalizza
l’attenzione sulle strategia di ricerca visiva, del tempo di reazione e della
precisione dei colpi di risposta. L’introduzione di programmi di allenamento
visivo nel normale programma di allenamento di giocatori di tennis è risultato
utile nel ridurre il tempo tra la percezione visiva e la reazione alla risposta. Molti
programmi hanno utilizzato come strumenti operativi video atti a migliorare il
tempo di reazione alla risposta ed alcuni studi sono stati effettuati in contesti di
vita reale sul campo.
In questo studio trovano applicazione i concetti di apprendimento motorio e di
controllo del processo di allenamento nel tennis. Esso analizza l’influenza di
alcuni programmi di allenamento visivo sul tempo di reazione alla risposta e sulla
precisione della risposta in 40 giocatori di tennis principianti, sia in laboratorio
che sul campo. E’ stata simulata una situazione di colpo di approccio in seguito al
quale il giocatore deve reagire velocemente ed in modo preciso nel tentativo di
fare il punto mediante una volèe. Questi programmi, basati sull’anticipo, sono
diretti al miglioramento del tempo di reazione alla risposta e all’incremento del
numero di risposte corrette nell’esercizio specifico.

METODO
Per valutare l’anticipo e la precisione della risposta sono stati utilizzati due metodi
di allenamento. Un metodo prevedeva l’utilizzo di un segnale di pre-avvertimento,
l’altro l’occlusione. Dopo aver valutato inizialmente il loro tempo di risposta, i 40

86
giocatori principianti sono stati suddivisi in 4 gruppi sperimentali. Un gruppo
sottoposto al segnale di pre-avvertimento, un gruppo sottoposto all’occlusione, un
gruppo ha svolto l’esercizio pratico sul campo e un gruppo ha esercitato il
controllo sul colpo.
In laboratorio è stato utilizzato uno schermo di retro-proiezione di 5 x 3 m. I
giocatori dovevano simulare un approccio alla rete allo scopo di fare il punto con
una volèe (Figura 1).

Figura 1: Giocatore di tennis in approccio a rete in laboratorio

Il giocatore principiante doveva osservare il filmato di un giocatore di media


capacità, che esegue un colpo passante al quale reagire il più velocemente
possibile nella corretta direzione.
Le variabili indipendenti dell’esperimento erano: il tipo di colpo passante (dritto o
rovescio), la sua direzione (lungolinea o incrociato), la dimensione dell’immagine
(in laboratorio il campo bi- (2D) o tridimensionale (3D)) ed il tipo di programma
di visual training (con segnale di pre-avvertimento, con occlusione, pratica in
campo, controllo del colpo). Il tempo di risposta (tempo di reazione + tempo
impiegato a compiere il movimento) e la precisione della risposta sono stati
misurati prima e dopo l’utilizzo dei programmi di Visual training allo scopo di
studiare il loro effetto sulla risposta motoria. I programmi di Visual Training
forniscono un’informazione di ritorno (feedback) sul tempo di reazione e sulla
precisione della risposta.

87
Il training di percezione visiva è stato condotto in laboratorio, benché le
valutazioni siano state fatte sia in laboratorio che in situazioni reali sul campo
(Figure 2,3).

Figura 2. Giocatore di tennis in approccio a rete sul campo

Figura 3. Giocatore di tennis in approccio a rete sul campo


Per il gruppo sperimentale sottoposto al segnale di pre-avvertimento
l’informazione specifica sui diversi colpi (dritto e rovescio) è stata data mediante
montaggi audiovisivi. Per il gruppo sottoposto ad occlusione la durata del filmato
è stata gradualmente ridotta in modo che i giocatori potessero rispondere prima
che la palla fosse colpita. Il gruppo che ha svolto l’esercizio pratico ha eseguito le
esperienze senza indicazioni e limiti di tempo, mentre il gruppo di controllo ha

88
partecipato solamente al test iniziale e a quello finale. Ogni gruppo è stato
sottoposto a 8 sessioni di Visual Training ed ogni sezione durava circa 15 minuti.
I tempi di reazione alla risposta sono stati registrati utilizzando il sistema
tecnologico ideato da Moreno e altri e la precisione delle risposte è stata
analizzata visivamente utilizzando una macchina fotografica digitale.

RISULTATI
E’ stata stilata un’analisi descrittiva prima e dopo l’utilizzo dei programmi di
Visual Training, allo scopo di valutare le differenze tra i gruppi in termini di
tempo di reazione alla risposta e di precisione del colpo di risposta.

Tabella 1. Deviazione Media (M) e deviazione Standard (SD) della reazione alla
risposta (RR) in millisecondi (ms) per ogni gruppo sperimentale prima e dopo
l’utilizzo di programmi di Visual Training

PRIMA DEL PROGRAMMA VISUAL TRAINING DOPO IL PROGRAMMA VISUAL TRAINING

M_RR_2D M_RR_3D SD_RR_2D SD_RR_3D M_RR_2D M_RR_3D SD_RR_2D SD_RR_3D


GRUPPO (ms) (ms) (ms) (ms) (ms) (ms) (ms) (ms)

Preavviso 374,10 510,10 61,00 71,40 -116,40 113,70 242,20 257,80

Occlusione 376,40 488,80 75,80 87,30 62,30 294,20 185,80 200,00

Pratica 379,90 509,30 84,00 110,40 78,80 295,90 173,70 192,40

Controllo 379,90 497,40 86,10 110,40 358,60 467,40 80,90 133,60

Dall’esame della tabella 1 si può evidenziare che dopo l’applicazione dei


programmi di Visual Training si verifica una diminuzione significativa del tempo
di reazione alla risposta in laboratorio per il gruppo soggetto al segnale di pre-
avvertimento (da 374.1 a -116.4 ms), per il gruppo sottoposto ad occlusione (da
376.4 a 62.3 ms) e per il gruppo che ha svolto l’esercizio pratico (da 379.9 a 78.8
ms). Questo andamento è evidente nelle situazioni reali in campo in cui si osserva
una diminuzione del tempo di risposta per il gruppo sottoposto a segnale di pre-
avvertimento (da 510.1 a 113.7 ms), per il gruppo sottoposto ad occlusione (da
488.8 a 294.2 ms) e per il gruppo che ha svolto l’esercizio pratico (da 509.3 a

89
295.9 ms). I migliori tempi per ogni gruppo sono stati registrati in laboratorio
prima e dopo l’attuazione dei programmi di Visual Training.

Tabella 2. Percentuale di errore per ogni gruppo prima e dopo l’utilizzo di


programmi di Visual Training

PRIMA DEL PROGRAMMA DI VISUAL


DOPO IL PROGRAMMA DI VISUAL TRAINING
TRAINING

% ERRORE 2D % ERRORE 3D % ERRORE 2D % ERRORE 3D


GRUPPO

Preavviso 0,10 0,40 11,65 24,60

Occlusione 1,40 2,90 10,05 8,80

Pratica 0,70 1,70 6,70 8,30

Controllo 1,40 3,30 1,30 2,50

Dall’esame della tabella 2 si può osservare, dopo l’utilizzo dei programmi di


Visual Training in laboratorio e in campo, un incremento del numero degli errori
relativamente alla precisione del colpo di risposta nei tre gruppi (pre-
avvertimento, occlusione e pratico). Si può anche osservare che il gruppo
sottoposto a segnale di pre-avvertimento ha fatto il maggior numero di errori in
situazioni reali in campo (24.6% di errore). Nessun miglioramento nel tempo di
reazione e nella precisione è stato osservato nel gruppo di controllo sia in
laboratorio che in campo.
In conclusione i programmi di visual training producono sui giocatori di tennis
due effetti significativi. Il primo consiste in un miglioramento del loro tempo di
reazione alla risposta, effetto chiaramente visibile sia in laboratorio che sul
campo. I metodi di pre-avvertimento (pre-cue) e di occlusione sembra migliorino
l’anticipo sulla palla riducendo di conseguenza il tempo di reazione alla risposta.
Tale effetto è stato osservato anche nel gruppo pratico. Il secondo effetto
osservato consiste in un aumento dell’errore alla risposta che accompagna la
diminuzione del tempo di reazione alla risposta. Quest’ultimo effetto può essere
attribuito ad una insufficiente esposizione del giocatore a situazioni reali sul
campo durante le sessioni di visual training.
L’argomento, di grande attualità, richiede ulteriori ricerche.

90
ALLEGATO D

LA FIVE–STEP STRATEGY ADATTATA AL SERVIZIO NEL GIOCO


DEL TENNIS
Georgia Romano

Il servizio nel gioco del tennis è un’attività closed skill in cui l’ambiente è
relativamente stabile e l’atleta ha un certo tempo per prepararsi ad eseguire una
prestazione il più possibile conforme ad un modello ideale; ciò lo differenzia dalle
altre azioni presenti nel gioco del tennis che sono open skill, nelle quali il
soggetto deve rispondere rapidamente e in modo appropriato a situazioni
costantemente mutevoli (sport di situazione). L’obiettivo che si vuole conseguire
con l’utilizzo della Five-Step Strategy è quello di migliorare la consapevolezza
corporea, incrementare l’abilità di controllare immagini, pensieri , attenzione,
arousal, stress e enfatizzare l’importanza del recupero delle sensazioni di peak
performance, derivanti da precedenti esperienze sportive di successo.

La Five-step Strategy è stata elaborata da Robert N. Singer per l’apprendimento


delle closed skill. Accanto all’acquisizione e alla padronanza di conoscenze e
abilità tecniche inerenti la singola disciplina sportiva, Singer sottolinea
l’importanza dell’apprendimento di strategie per rendere più rapidi ed efficaci i
processi di apprendimento ed esecuzione motoria. Per strategia si può intendere il
modo in cui il soggetto seleziona, organizza, elabora e integra nuove esperienze e
conoscenze. Una strategia appropriata, permettendo un’organizzazione ottimale
dei processi cognitivi, favorisce l’acquisizione e la ritenzione di informazioni e
abilità, l’identificazione e la comprensione dell’errore, la generalizzazione delle
conoscenze a situazioni simili e, in definitiva, una sempre maggiore autonomia
esecutiva.
La Five-step Strategy si sviluppa in cinque passi (sottostrategie) da svolgere una
dopo l’altra in ordine sequenziale:
• preparazione (readying),
• immaginazione (imaging),

91
• concentrazione (focusing),
• esecuzione (executing),
• valutazione (evaluating)

Primo passo: PREPARAZIONE


Un obiettivo importante iniziale è il miglioramento della consapevolezza
corporea, che può essere ottenuto prestando attenzione alle sensazioni somatiche
importanti per le attività sportive. Un’adeguata consapevolezza corporea e
motoria aiuta l’atleta ad eseguire correttamente, in quanto facilita il
conseguimento di condizioni preparatorie ottimali per svolgere il compito e il
controllo dei segnali corporei in fase esecutiva. Aiuta anche a modulare il livello
di attivazione psico-fisiologica (arousal) in conformità alle richieste della
prestazione sportiva. L’esecuzione motoria ottimale si situa a livelli intermedi di
arousal (Legge di Yerkes Dodson, o ipotesi della U inversa), variabili in funzione
del compito e delle caratteristiche dell’atleta: considerando che il servizio nel
tennis è una prestazione dispendiosa sotto il profilo energetico (potenza: in un
buon servizio tra giocatori professionisti la velocità della pallina supera i 170

92
km/h), ma che richiede anche un’elevata precisione, si può affermare che viene
svolto più accuratamente con livelli di arousal intermedi.
Per il servizio nel tennis, nella fase di preparazione le esercitazioni sono
finalizzate a:
a) rilevare sensazioni derivanti da vari distretti corporei in fase preparatoria;
b) rilevare sensazioni provenienti dal contatto dei piedi con la superficie e dal
contatto delle mani con la racchetta e con la pallina;
c) percepire e controllare il respiro (la frequenza della respirazione toracica e
diaframmatrica con gli aspetti di aumento o decremento dell’arousal ad essa
connessa)
d) percepire il battito cardiaco
Le sensazioni somatiche si rilevano facilmente rivolgendo semplicemente
l’attenzione ai distretti corporei in posizione preparatoria (inventario corporeo),
agendo sui diversi analizzatori sensoriali: analizzatore cinestetico, analizzatore
tattile, analizzatore visivo, analizzatore uditivo. Attraverso questa procedura sono
attivati singolarmente o in combinazione tra loro gli analizzatori sensoriali
coinvolti nel servizio del tennis.
Per percepire il battito cardiaco e controllare il respiro sono molto utili esercizi
respiratori (quali ispirazioni e espirazioni forzate), rivolgendo l’attenzione sui
movimenti del torace e del diaframma.
Per conseguire una stato preparatorio ottimale, infine, si chiede all’atleta di
recuperare, in maniera dettagliata, le sensazioni derivanti da una precedente
prestazione ideale (peak performance).

Secondo passo: VISUALIZZAZIONE


In questa fase si richiede al soggetto di formare immagini sia esterne sia interne:
nelle prime l’atleta è invitato a vedere il proprio corpo o sue parti da varie
prospettive come attraverso una cinepresa, anche spostando l’angolo di visuale e
zummando, mentre nelle seconde la prospettiva è interna. Relativamente alla
velocità dell’azione rappresentata mentalmente, essa dovrebbe quanto più
possibile coincidere con l’esecuzione reale, anche se in alcune fasi del
perfezionamento del gesto o della correzione dell’errore può essere utile rallentare

93
momentaneamente l’azione. Gradualmente si arriva alla visualizzazione
dell’azione da una prospettiva interna, da “dentro”, recuperando così più
facilmente le sensazioni cinestesiche del movimento. L’immaginazione interna
consente di anticipare più volte il gesto corretto in maniera multisensoriale (visiva
e cinestetica, in particolare, ma anche tattile e uditiva), collegando la sensazione
corporea alla visualizzazione.

Terzo passo: CONCENTRAZIONE


La capacità di dirigere e mantenere l’attenzione sugli elementi importanti della
prestazione, escludendo stimoli esterni e/o interni ininfluenti o di disturbo, è
giustamente considerata una delle abilità mentali di primaria importanza. Dopo la
preparazione e l’immaginazione, nel terzo passo si richiede di focalizzare
l’attenzione su alcuni aspetti rilevanti del compito.
Al momento della preparazione, il tennista può rivolgere l’attenzione sul proprio
corpo per rilevare zone di tensione muscolare o per regolare la respirazione
(focus interno ampio o ristretto), durante la fase di caricamento delle gambe,
l’attenzione può essere rivolta alla percezione di dove si vuole indirizzare la
pallina (focus esterno ristretto).
Come esercitazione, all’atleta può essere richiesto durante il caricamento delle
gambe, di spostare volontariamente l’attenzione su :
1. Dove indirizzare la pallina (zone del campo).
2. contatto della mano con la racchetta e/o appoggio dei piedi al suolo.
3. zone di tensione tra mano avambraccio e spalla.

La capacità di integrare informazioni visive, tattili e cinestisiche risulta un aspetto


importante in questa fase.
Risulta utile, inoltre, ripetere mentalmente frasi significative del tipo “sono
concentrato”.
Il tennista, va aiutato a diventare sempre più consapevole delle richieste percettive
nei vari momenti della prestazione, e ad applicare uno stile attentivo flessibile.

94
Quarto passo: ESECUZIONE
Dopo le fasi di preparazione, immaginazione e concentrazione segue l’esecuzione.
In questo quarto passo il tennista non ha più bisogno di pensare al movimento o ai
possibili risultati dell’azione; anzi, il pensare in maniera analitica al movimento in
questa fase, tende a danneggiare lo svolgimento fluido e corretto dell’azione come
programmato. Per un’esecuzione completamente “involontaria”, e quindi libera
dal controllo consapevole, è comunque necessario che le tecniche siano state
sufficientemente automatizzate e che le sensazioni siano state acquisite, elaborate
ed integrate tra loro. Nelle fasi iniziali dell’apprendimento o nel perfezionamento,
quando sono necessari il controllo cosciente dell’azione e la memorizzazione di
informazioni importanti, può essere ancora richiesta la ricezione di sensazioni
cinestesiche, tattili, enterocettive (attività respiratoria e cardiaca) durante
l’esecuzione. Per apprendere, perfezionare e correggere la tecnica sono quindi
utili esercitazioni di consapevolezza corporea e visualizzazioni anche in questa
fase.

Quinto passo: VALUTAZIONE


L’ultimo passo della Five-Step strategy richiede all’atleta di valutare quanto
effettuato: particolari esecutivi, strategia utilizzata, risultato ottenuto sono tutti
elementi da prendere in considerazione per ricavare informazioni che consentano
l’eventuale correzione del gesto e/o il rafforzamento dell’esecuzione corretta. Per
sensibilizzare il tennista all’autovalutazione, è utile porre, con una certa
frequenza, domande di carattere generale (Come hai eseguito? Com’è andata?) o
particolare (Dove sentivi la maggior tensione muscolare?). Attraverso le domande
il tennista è stimolato ad approfondire l’analisi personale del colpo e a prestare
attenzione a quanto vissuto e percepito durante tutte le fasi tecniche collegando la
prestazione al risultato finale. Il feedback dell’allenatore sui particolari della
prestazione è molto importante, ma non deve essere fornito con eccessiva
frequenza: molte correzioni e suggerimenti, infatti, pur facilitando la prestazione
immediata non sono altrettanto efficaci per l’apprendimento a lungo termine
quanto informazioni sommative, fornite, cioè, dopo un certo numero di

95
esecuzioni. Informazioni eccessive tendono a creare dipendenza da una guida
esterna a scapito del feedback intrinseco e dell’analisi personale.

Conclusioni
La Five-Step Strategy è stata elaborata da Singer per poter essere applicata, con
opportune modifiche, ad un’ampia gamma di attività motorie e sportive a closed
skill. Sviluppata durante l’allenamento, la strategia è di agevole applicazione e si
integra in maniera coerente con le esercitazioni tecniche per potenziarne gli
effetti. Le richieste fanno riferimento ad attività cognitive e comportamenti che il
soggetto normalmente già utilizza per proprio conto in modo spesso
inconsapevole e non sistematico. Per rendere la strategia pienamente efficace e
per potenziarne ulteriormente gli effetti si possono utilizzare altre tecniche di
preparazione mentale come, per esempio, procedure per il controllo dei pensieri,
formulazione degli obiettivi (goal setting) o individualizzazione e
perfezionamento della strategia.
Gli obiettivi perseguibili sono:
• consapevolezza corporea
• modulazione degli stati di attivazione
• incremento delle abilità immaginative
• controllo dell’attenzione
• esecuzione automatica
• sviluppo del senso critico e valutazione autonoma della prestazione
• controllo dei pensieri
• formulazione degli obiettivi
• recupero delle sensazioni di peak performance
• gestione dello stress

Dal conseguimento di questi obiettivi derivano non solo miglioramenti della


prestazione, ma anche maggior fiducia nelle capacità personali e soddisfazione
dalla pratica sportiva.

96
ALLEGATO E

Esempio di applicazione del training autogeno


Balducci D.

L’ambiente nel quale si decide di praticare il Training Autogeno deve essere


tranquillo, confortevole, in penombra, lontano da stimoli sonori e visivi.
L’abbigliamento non necessita di alcuna particolarità, l’unico requisito è che non
sia costrittivo. Vanno tolti anche orologio, occhiali e scarpe.
La durata di una esercitazione di Training Autogeno non supera solitamente i 10
minuti e va praticata sistematicamente, almeno nelle prime settimane, per 2-3
volte al giorno. Inizialmente partendo solo con il primo esercizio, anche in
maniera frazionata. Man mano che aumenta la familiarità con il rilassamento si
completa l’esercizio e si introduce il secondo e così via.
Le posture da assumere sono essenzialmente tre:
1) posizione supino: gambe leggermente divaricate con le punte rivolte verso
l’esterno, braccia distanti dal corpo appena flesse ai gomiti con le dita
delle mani rilassate che formano un piccolo arco. La testa può essere
poggiata su un cuscino oppure sullo stesso piano del busto. Importante è
che la posizione permetta il rilassamento del corpo e delle spalle. Il
materasso non deve essere troppo morbido. Ci si può sdraiare anche a
terra, su un tappeto.
2) Posizione seduto su una poltrona: schienale e braccioli devono essere tali
da consentire l’appoggio della testa e gli avambracci. Vanno evitate
poltrone troppo morbide o troppo basse. Le mani e le dita poggiano inerti
sul bordo dei braccioli, facendo anche in modo che le gambe non tocchino
tra loro e che i piedi siano poggiati comodamente a terra.
3) Posizione seduto su una sedia: detta anche posizione del cocchiere. I piedi
poggiano a terra mentre le ginocchia, flesse a circa 90°, vanno mantenute
leggermente divaricate. La posizione corretta del busto è quella che si
ottiene lasciando pendere le braccia lateralmente, lungo il corpo,
inspirando profondamente estendendo il torace e la nuca. Quindi lasciarsi

97
ricadere su se stesso espirando profondamente in modo che la testa e le
spalle cadano in avanti. Raggiunta questa posizione portare gli avambracci
sulle cosce.
Il cardine su cui ruota il Training Autogeno è la calma, stato che si raggiunge
progressivamente e gradualmente in 6 stadi (esercizi) che agiscono sui muscoli,
vasi sanguigni, cuore, respirazione, organi addominali e capo.
Gli esercizi si suddividono in inferiori e superiori. Nei primi l’attenzione mentale
viene rivolta a particolari sensazioni corporee, nei secondi invece, l’attenzione
viene rivolta a particolari rappresentazioni mentali.
Il Training degli esercizi superiori, proprio perché rivolto alla mente e
all’inconscio, richiede la presenza di un terapeuta, mentre gli esercizi inferiori
possono essere eseguiti anche da soli.
In tutto sono sei, i primi due sono detti fondamentali e gli altri quattro
complementari:
1) esercizio della pesantezza, che agisce sul rilassamento dei muscoli;
2) esercizio del calore, che agisce sulla dilatazione dei vasi sanguigni
periferici;
3) esercizio del cuore, che agisce sulla funzionalità cardiaca;
4) esercizio del respiro, che agisce sull’apparato respiratorio;
5) esercizio del plesso solare, che agisce sugli organi dell’addome;
6) esercizio della fronte, che agisce a livello cerebrale.
Gli esercizi fondamentali sono utili per raggiungere un livello di rilassamento
elevato, intervenendo attivamente nei meccanismi che solitamente scattano in
maniera automatica. Gli esercizi complementari, invece, sono mirati in maniera
specifica verso un organo. Nella pratica sportiva i primi due assumono importanza
prioritaria.
L’esecuzione degli esercizi avviene in questo modo:
predisporsi adeguatamente chiudendo gli occhi ed effettuando qualche respiro
profondo. Non offrire resistenza ai pensieri che arrivano alla mente, lasciarli
scivolare via da soli. Ora ripetere più volte e molto lentamente la formula: “Io
sono calmo…calmo…perfettamente calmo…calmo, sereno…, rilassato…”

98
Inizialmente, per aiutarsi nel rilassamento, si può utilizzare la respirazione
profonda (diaframmatica) che può tornare utile in molte altre situazioni
quotidiane: per una migliore concentrazione, per abbassare il livello di stress
fisico e psichico e rilassare mente e corpo, per diminuire lo stato di emotività e
ritrovare la calma, per conciliare il sonno, ecc. Inoltre esercita un efficace
messaggio sugli organi interni e contribuisce a disintossicare l’organismo.
Si effettua nel modo seguente:
1) inspirare profondamente e lentamente per circa 6 secondi, riempiendo
prima l’addome e poi la parte media e alta del torace. Pertanto sentire in
progressione
l’addome che si gonfia, le costole che si allargano e lo sterno (parte
anteriore
medio-alta del torace) che si alza;
2) trattenere l’aria per circa 3 secondi;
3) espirare lentamente per circa 6 secondi, espellendo l’aria prima dal torace
e poi dall’addome. Pertanto sentire in progressione inversa
dell’inspirazione lo sterno che si abbassa, le costole che si chiudono e
l’addome che si sgonfia;
4) restare senza aria per circa 3 secondi;
5) riprendere il ciclo e proseguire per almeno 5-6 atti respiratori; per 10
minuti almeno si utilizza la respirazione profonda come unico metodo di
rilassamento. Nel tempo, progressivamente, si possono aumentare anche le
fasi del ciclo respiratorio che, rispettando sempre il rapporto in secondi di
6-3-6-3 (2 di inspirazione-1 di apnea inspiratoria-2 di espirazione-1 di
apnea espiratoria), arriveranno a raddoppiarsi, quindi 12-6-12-6 secondi).

1 – Esercizio della pesantezza: la sequenza prevede la progressiva, lenta analisi


delle varie parti del corpo iniziando col braccio destro, per passare poi al braccio
sinistro, alla gamba destra, alla gamba sinistra, addome, petto, spalle e schiena,
ripetendo la formula:”Io sono calmo…, calmo…, perfettamente calmo… Il mio
braccio destro è pesante…, pesante…, molto pesante… Io mi sento
completamente rilassato…”

99
Ripetere la formula 5-6 volte.
Con la stessa formula si procede poi in sequenza sulle altre parti del corpo.
Mentre si ripetono le formule concentrarsi sull’arto che si sta rilassando
visualizzandone i muscoli che progressivamente si rilasciano.
Soprattutto nelle sedute iniziali, è opportuno soffermarsi su ogni arto per 5-6 volte
in maniera continuativa prima di passare all’altro arto.
2 – Esercizio del calore: la sequenza è la stessa dell’esercizio precedente. Anche
la formula è la stessa, sostituendo a “pesante” la parola “caldo”: “Io sono
calmo…, calmo…, perfettamente calmo… Il mio braccio destro è caldo…,
caldo…, molto caldo… e mi sento completamente rilassato…”
Ripetere la formula per 5-6 volte.
Con la stessa formula si procede poi per le altre parti del corpo.
Mentre si ripetono le formule concentrarsi sull’arto che si sta scaldando
visualizzandone i muscoli che progressivamente si rilasciano ed i capillari che
vengono irrorati e dilatati dal flusso sanguigno.
Soprattutto nelle sedute iniziali è opportuno soffermarsi su ogni arto per 5-6 volte
in maniera continuativa prima di passare all’altro arto.
3 – Esercizio del cuore: concentrandosi sul cuore, visualizzarlo al centro del
torace, ripetendo la formula:”Io sono calmo…, calmo…, perfettamente calmo…Il
mio cuore è forte e batte calmo…calmo e regolare…Io mi sento calmo e
tranquillo…”
Ripetere la formula 5-6 volte.
Secondo Schultz, in soggetti ben allenati, il ritmo cardiaco può essere volutamente
accelerato o rallentato con le opportune formule.
4 – Esercizio del respiro: visualizzando il corpo, ed in particolare i polmoni,
concentrarsi sul respiro, ripetendo la formula:”Io sono calmo…, calmo…,
perfettamente calmo…Il mio respiro è calmo e regolare…Io mi sento calmo e
tranquillo…”Fino a giungere a:”Il mio respiro diventa sempre più profondo…,
calmo…, regolare…Io mi sento calmo e tranquillo…”
Progressivamente spostare la visualizzazione al centro del corpo, immaginandolo
come un grande polmone:”Il mio corpo respira con me…Il respiro mi respira…”
Ripetere la formula 5-6 volte.

100
Un aiuto può venire visualizzandosi immerso nel mare sotto forma di spugna che
si sgonfia al ritmo delle onde. Immaginare che il respiro assuma il ritmo della
spugna.
5 – Esercizio del plesso solare: concentrandosi nella zona centrale tra lo sterno e
l’ombelico ripetere la formula:”Io sono calmo…, calmo…, perfettamente
calmo…Il mio plesso solare è caldo…, molto caldo…Il mio plesso solare è caldo
e irradia calore…
Ripetere la formula 5-6 volte.
Immaginare un piccolo sole posto nell’addome che diffonde calore tutto intorno
oppure il sangue che affluisce in quella zona apportandovi energia vitale e calore,
calore che scioglie tutte le tensioni.
6 – Esercizio della fronte: concentrarsi sulla fronte con la formula:”Io sono
calmo…, calmo…, perfettamente calmo…La mia fronte è fresca... piacevolmente
fresca…”
Ripetere la formula 5-6 volte.
Un’immagine efficace può essere quella di vedersi sdraiato su un prato o su una
spiaggia col sole che riscalda il corpo mentre una piacevole brezza sfiora la fronte.
Al termine di ogni seduta, eseguire dei piccoli movimenti detti esercizi di ripresa.
Consistono in movimenti di flessione ed estensione dei piedi e delle mani fino al
coinvolgimento delle braccia e delle gambe, prima piccoli e via via sempre più
energici. Quindi respirare profondamente e aprire gli occhi.

101
ALLEGATO F

Valutazione psicologica di un gruppo di tennisti

Gerin Birsa M.

In seguito alla nascente collaborazione con il Centro Regionale di Medicina dello


Sport di Trieste mi è stata richiesta la valutazione psicologica di un gruppo di
giovani tennisti facenti parte della Federazione Italiana Tennis, Comitato
Regionale del Friuli - Venezia Giulia.

Ho ritenuto opportuno somministrare ai piccoli atleti (dai 12 ai 13 anni)


l'inventario psicologico della prestazione per avere un quadro delle abilità e
potenzialità mentali ed il test della figura umana (Test di Machover) per sondare
gli stati emozionali e la maturazione psicologica degli atleti.
Qui di seguito riporto i risultati complessivi ottenuti dal gruppo con l'Inventario
suddivisi in 7 scale.

SCALA DELLA MOTIVAZIONE : 23.3 (77.7%)

E' interessante e molto positivo il fatto che la scala che ha riportato nel complesso
il valore più elevato sia quella della motivazione: questo dato fa ben sperare nel
sereno e felice futuro agonistico dei piccoli atleti, che trovano in sè motivi e
stimoli adeguati per perseguire i loro obiettivi. I ragazzi fanno del loro meglio per
riuscire come atleti e lavorano duramente a questo scopo.

SCALA DELL'ENERGIA POSITIVA: 21.8 (72.7%)

Il buon risultato riportato in questa scala ci fa supporre che i ragazzi si divertono


molto, desiderano continuare a giocare ed hanno voglia di sfidare e di sfidarsi,
caratteristiche fondamentali per la riuscita nella pratica sportiva adolescenziale.

102
SCALA DEL CONTROLLO DELL'AROUSAL: 19.5 (65%)

Al terzo posto di questa valutazione troviamo la scala del controllo dell'arousal,


che offre una misurazione dello stato di attivazione psicofisiologica dell'atleta;
questa scala assume una rilevanza particolare quando si parla del controllo dello
stato ansiogeno o dello stato di stress. I ragazzi nel complesso riescono a
controllare abbastanza bene la loro ansia da prestazione, che sembra essere a
livelli più che accettabili.

SCALA DEL CONTROLLO DELL'ATTENZIONE: 19.2 (64%)

Al quarto posto si colloca la scala del controllo dell'attenzione, che offre una
misura dell'abilità degli atleti di concentrarsi sugli elementi importanti della
partita. Anche in questo caso la valutazione è buona, il gruppo riesce spesso a
trovare la giusta concentrazione agonistica.

SCALA DELL'AUTOSTIMA: 19 (63.3%)

La scala dell'autostima offre una misura della carica interiore degli atleti e di
quanto ripongano fiducia nelle loro capacità e si proiettano verso un futuro
vincente.La valutazione verte su valori positivi; i ragazzi tendono a viversi la
maggior parte delle volte come vincenti.

SCALA DEL CONTROLLO IMMAGINATIVO: 18.8 (62.7%)

La scala del controllo immaginativo sonda le capacità del soggetto ad esempio di


immaginare e visualizzare la sua performance, abilità che può risultare molto utile
poiché molte ricerche dimostrano che ripetere mentalmente i propri gesti atletici
incrementa il rendimento sportivo.I ragazzi possiedono una discreta capacità
immaginativa, in buona parte da sviluppare tramite allenamento: data la giovane
età questo dato è perfettamente nella norma.

SCALA DEL CONTROLLO DELL' ATTEGGIAMENTO: 14.11 (47%)

La scala del controllo dell'atteggiamento ci offre principalmente una misura


dell'impegno che l'atleta fornisce, sulla sua positività nei confronti della gara e
sulla sua volontà di allenarsi. Quest'ultima è l'unica scala che ci presenta un

103
risultato inferiore al 50% del punteggio totale; ciò sta a significare che è il tallone
di Achille del piccolo gruppo che globalmente non sempre sa mantenersi positivo
ed entusiasta in ogni momento della competizione, non sempre dà il meglio di sé,
non sempre si ritiene responsabile di quello che fa e spesso non sopporta di fare
errori. Lo screening psicodiagnostico non ha evidenziato particolari problemi nel
gruppetto dei sei ragazzini, ma si è proposto di approfondire l'indagine per
qualche elemento.

104
ALLEGATO G

L'APPLICAZIONE DEL BIOFEEDBACK NELLA PSICOFISIOLOGIA


DELLO SPORT E NELL'ALLENAMENTO

Manili U., Ferrari M.

La pertinenza degli interventi di biofeedback nella preparazione atletica può


essere ricondotta allo stesso “principio psicofisiologico” (Green, Green, e Walters,
1970) che stabilisce come ad ogni cambiamento fisiologico sia associato un
parallelo cambiamento nello stato mentale ed emozionale e, viceversa, ad ogni
cambiamento nello stato mentale ed emozionale, conscio o inconscio, sia
associato ad un cambiamento adeguato e corrispondente nello stato fisiologico.
Il biofeedback è un procedimento attraverso cui il soggetto impara a ri-
appropriarsi della capacità di controllare e di poter influenzare le proprie risposte
fisiologiche (Blanchard e Epstein, 1978) attraverso una retroazione
psicofisiologica e una maggiore propriocezione.
La psicologia dello sport si è interessata al biofeedback sin dai primi anni ‘80
applicandolo inizialmente sia per indurre delle modificazioni nello stato di
attivazione degli atleti (ad es. Zaichkowsky, 1983), che come ricerca applicata in
questo campo per individuare le condizioni psicofisiologiche associate al
miglioramento della prestazione sportiva.
Nel presente articolo, dopo una breve descrizione della procedura di Biofeedback
(BFB) in generale e del suo possibile uso clinico, verranno esaminate alcune
procedure di adattamento alle esigenze della preparazione dell’atleta e si
forniranno alcuni dei principali riferimenti sulla letteratura estera in materia.

Modalità applicative
Uno degli aspetti più qualificanti per l’efficacia degli interventi basati sul BFB è
quindi la peculiare possibilità di erogare i rinforzi con continuità ed
automatismo, con grande aderenza alle situazioni, in quanto è il soggetto stesso a

105
provvedervi, prima in laboratorio e poi in ogni momento della vita quotidiana,
senza necessità di ricorrere a complesse schedule di rinforzo intermittente o al
coinvolgimento di terzi, né ad istituzioni altamente professionalizzate e costose.
Durante il trattamento di BFB si rilevano continue modificazioni cognitive:
imparando a riconoscere le proprie risposte fisiologiche (tensione muscolare,
frequenza cardiaca, ecc.) e a controllarle con l’aiuto dello strumento segnalatore,
il paziente compie nuove attribuzioni alle emozioni provate, migliora le capacità
di valutazione dei propri stati interni e incrementa le aspettative di autocontrollo
nelle situazioni ansiogene il cui significato psicologico percepito, più che le
conseguenze fisiologiche, è il principale responsabile delle alterazioni
adrenocorticali connesse allo stress.

L’impiego terapeutico
La terapia di BFB interviene sulla sfera cognitiva in tre fasi successive:
di concettualizzazione, di training e di trasferimento dal laboratorio alla realtà.
Nella prima fase, il soggetto viene informato sul metodo di lavoro, ne viene
evidenziata la motivazione alla terapia e la necessità della sua attiva
partecipazione e del rigoroso rispetto delle procedure di training. Si mette in luce
il significato che egli attribuisce ai propri disturbi, come li concettualizza e quale
importanza attribuisca loro.
Dopo che l’indagine ha individuato le situazioni ansiogene per il soggetto, le
definizioni che egli ne dà nonché il livello di informazioni che possiede sul
proprio stato di tensione e sulla sua evoluzione prima e dopo il verificarsi della
situazione temuta, si passa alla fase di training.
Anzitutto, perciò, si chiede al soggetto di distogliere l’attenzione dai propri stati
interni somatici e cognitivi, rilassandosi e non pensando a nulla, per allontanarlo
dalle irrazionali aspettative sui suoi sintomi e sulla possibilità di controllarli. Il
terapeuta interviene allora illustrando i meccanismi funzionali della
strumentazione per il BFB e guidando la formazione di convinzioni positive sugli
effetti del trattamento e sulla loro utilità nell’affrontare le situazioni ritenute
pericolose. Le spiegazioni corrette su quanto sta accadendo o può accadere
agiscono così sugli stati interni del soggetto (dialogo interno, immaginazione e

106
fantasie) e lo rendono gradualmente consapevole della propria capacità di
esercitare anche su di essi un controllo prima ritenuto impossibile.
L’addestramento ricevuto in laboratorio trova applicazione ai problemi reali
attraverso l’atto cognitivo di ridefinizione del sintomo in termini di percezioni
personali (es. tensione di un muscolo) anziché di stati generici (es. ansia).
Il sintomo così identificato può allora essere affrontato con le tecniche apprese in
laboratorio e, col crescere della fiducia nel successo, la situazione ad esso
associata perde la sua efficacia ansiogena.

La ristrutturazione cognitiva
L’applicazione terapeutica del BFB si fonda quindi su una ristrutturazione
cognitiva del paziente, che aumenta la capacità di autocontrollo attraverso:
• l’attenzione a sequenza e modalità d’insorgenza dei disturbi temuti e
quindi spesso rimossi dal pensiero cosciente
• l’inibizione dei pensieri di timore e delle reazioni maladattative di
evitamento degli eventi negativi quando i sintomi vengano identificati e
affrontati con il supporto delle spiegazioni razionali fornite dallo psicologo
ed evidenziate dal feedback fornito dallo strumento
L’intervento si sviluppa attraverso la critica e la mediazione delle convinzioni
del soggetto sull’inidentificabilità e incontrollabilità degli stati interni, che
vengono confutate dai dati oggettivi forniti dallo strumento, e l’illustrazione dei
meccanismi di genesi e rappresentazione delle emozioni.
Si procede poi alla ridefinizione dell’attribuzione degli stati di tensione ad una
fisiologica preparazione dell’organismo all’azione efficace, anziché ad una
sintomatologia di ansia che preannuncia una crisi neurovegetativa.
Si ottiene così un graduale incremento delle capacità di controllo degli stati
interni che cresce con l’allenamento e induce una progressiva diminuzione delle
aspettative negative ansiogene.
L’efficacia delle tecniche, puntualmente verificabile coi dati strumentali, genera
infatti la convinzione razionale della propria capacità d’intervento,
incrementando fiducia in sé e autonomia dei soggetti.

107
In sostanza, mentre la raccolta degli elementi di storia del soggetto secondo i
principi dell’apprendimento e l’osservazione dei suoi atti verbali ed extraverbali
vengono compiute seguendo il modello comportamentale, la valutazione della
struttura e dello sviluppo dell’intervento terapeutico deve tener conto anche degli
elementi cognitivi che vi sono connessi.

Elementi tecnici essenziali


L’efficacia dell’intervento con BFB è condizionata peraltro da vari elementi
tecnici relativi all’acquisizione dei dati, all’ambiente e agli strumenti, alla scelta
del tipo di trattamento, all’impostazione della prima seduta e all’identificazione
del baseline, alla condotta delle sedute successive, al loro numero e frequenza,
agli esercizi che il paziente deve svolgere per proprio conto.
Il metodo di acquisizione dati si sceglierà in funzione degli scopi del trattamento
(prestazione, ricerca, ecc.), della funzione fisiologica osservata e, naturalmente,
della strumentazione disponibile. Sono preferibili strumenti con display digitali a
quelli analogici, idonei più a fornire l’immagine immediata dell’andamento di una
funzione.
La scelta del trattamento avviene previa discussione collegiale dello staff
(psicologo, tecnico, medico, atleta) che, alla luce dello scopo prefisso e delle
eventuali controindicazioni, individua quali funzioni monitorare e con quali
modalità (ad es. temperatura cutanea (T) o conduttanza dermica (GSR), EMG
frontale seguito o meno da EEG Theta feedback, SMR, ecc.). Durante la prima
seduta, si illustrano con la massima chiarezza e completezza il piano di
trattamento e gli strumenti che saranno utilizzati, sottolineandone l’innocuità, si
impartiscono le istruzioni per l’uso di attrezzature e la compilazione dei
questionari, si confermano gli orari.
Si dovranno accertare comprensione e motivazione da parte del soggetto,
chiarendogli il ruolo tipicamente attivo che dovrà sostenere nell’intervento e
incoraggiandolo a chiedere chiarimenti e a verbalizzare dubbi, atteggiamento
verso le attrezzature e contenuti cognitivi sull’esito del trattamento.

108
Assieme al vero e proprio training, la verifica e la discussione delle convinzioni
del soggetto sul BFB e sui propri disturbi costituiscono infatti un aspetto
fondamentale dell’intervento.
Si opera quindi la prima registrazione dei dati elettrofisiologici di base,
illustrandone dettagliatamente al soggetto funzione e modalità di rilevamento. La
registrazione del baseline, che costituisce l’indispensabile riferimento per
l’andamento del trattamento e della capacità di autocontrollo del soggetto,
andrebbe estesa a più processi fisiologici oltre a quelli che saranno oggetto di
feedback e dovrebbe possibilmente essere reiterata nelle tre prime sedute, senza
comunicarne i valori al soggetto. Per economia o in carenza di tempo, può essere
fatta una sola volta e integrata con i valori rilevati all’inizio della prima seduta
successiva. Il pattern di risposte dovrebbe essere rilevato sia in condizioni di
rilassamento e sia con somministrazione di stressor sperimentale (ad es.
operazioni matematiche).
Gli elettrodi per EMG e EEG feedback, sui quali viene disposta l’apposita pasta
elettrolitica, si applicano previa pulizia della cute dal grasso e dalle cellule morte
con una soluzione detergente. I termistori per il feedback della temperatura e gli
elettrodi per il GSR si applicano invece a secco, fissandoli con una striscia adesiva
leggera e traspirante, gli uni alla pelle e gli altri ai polpastrelli del II e III dito della
mano.
Prima dell’inizio della seduta, si somministra un questionario di autovalutazione
dell’ansia (o specifico) ed eventualmente si misurano pressione arteriosa e
frequenza cardiaca. Questi tre rilevamenti andranno ripetuti al termine delle
seduta. Si fa quindi assumere al soggetto una posizione confortevole sulla
poltrona reclinabile e si somministra il segnale di feedback dei ritmi EEG, della
tensione muscolare, e/o delle altre variabili da monitorare, per 20-30 minuti,
frazionandolo in brevi periodi di 6 minuti intercalati a pause senza feedback di 1
minuto. Al termine della seduta, dopo la ripetizione dei rilevamenti iniziali e la
rimozione dei sensori, si commenta l’andamento del trattamento con specifica
attenzione ai vissuti del soggetto in merito alle variazioni elettrofisiologiche e alle
strategie adottate per controllarle, nonché agli avvenimenti dei giorni precedenti,
agli esercizi svolti per proprio conto e alle sue condizioni psicofisiche in genere.

109
Saranno impartite istruzioni al soggetto per assicurare l’uniformità di condizioni
tra la seduta di baseline e quelle successive, nelle quali il solo nuovo elemento
inserito sarà ad esempio il feedback.
Le istruzioni fornite al soggetto nella prima seduta di feedback sono di
fondamentale importanza e devono mirare soprattutto a non rafforzare il suo
prevedibile scetticismo sulle proprie capacità di controllo e sugli esiti del
trattamento. Si dovrà chiarire che non ci si attendono risultati fin dall’inizio e che
il solo scopo è la familiarizzazione con i segnali e le loro variazioni. Nelle sedute
successive si stabiliranno con prudente gradualità i collegamenti tra l’andamento
del segnale e gli stati interni e le istruzioni tenderanno specificamente ad
incoraggiare il controllo sulle funzioni vegetative, sia in aumento che in
diminuzione, indi la loro variazione nel senso desiderato. Per assicurare
uniformità e confrontabilità dei trattamenti, si dovrebbero utilizzare istruzioni
standardizzate che potrebbero assumere la forma, ad esempio per una seduta
iniziale di EMG feedback training del muscolo frontale.
Il numero standard consigliato è di 20 sedute, esclusa quella di baseline, con
una frequenza ottimale iniziale di 3 alla settimana e minima di 2. Nella fase
finale, le sedute vengono diradate a frequenza settimanale per 1 mese e
quindicinale per quello seguente e quindi seriate ogni 2-6 mesi per il richiamo
durante il follow-up. Qualora nelle ultime sedute si intravedano segni di
miglioramento non del tutto consolidato, il trattamento può essere prolungato.
Poiché lo scopo dell’intervento è il trasferimento delle capacità di controllo alla
vita di ogni giorno, la pratica a casa delle risposte apprese è di importanza
capitale fin dall’inizio delle sedute. Gli esercizi consistono nella ripetizione dei
comportamenti esplicati in laboratorio, senza l’ausilio del feedback ma talora con
il supporto di istruzioni registrate per esercizi che seguono i principi del training
autogeno, del rilassamento progressivo e simili.
Le esercitazioni dovrebbero essere svolte due volte al giorno, per la durata di 15-
20 minuti, in momenti tranquilli, ma non di sonno o stanchezza, e dovrebbero
proseguire per almeno 4-6 mesi per consolidare gli effetti del trattamento.

110
TABELLA 1 - Intervento tipo in B.F.B training
(Tamburello e Urso, 1980)

1. misurazioni basali in ambiente clinico: colloquio psicologico, profilo


psicofisiologico (EMG; GSR; HR; ecc.) in condizioni di calma e di
stress (circa 20 min)
2. misurazioni basali in ambiente naturale dell’intensità e della frequenza
del disturbo per una settimana e, quindi, per tutto il periodo del B.F.B.
training
3. addestramento all’auto-regolazione del parametro scelto
4. esercizi a casa di auto-regolazione attraverso apparecchi di B.F.B.
portatili e tecniche di rilassamento (15-20 min. al giorno)
5. generalizzazione dell’apprendimento all’auto-regolazione in situazioni di
stress indotto e reale, con e senza B.F.B.
6. Follow-up successivi, dopo una settimana, dopo un mese, sei mesi, un
anno

Gli obbiettivi della psicologia applicata allo sport


Uno dei compiti più comunemente affidati allo psicologo dello sport è quello di
aiutare l’atleta a sviluppare strategie atte a ottenere un controllo volontario su
specifiche funzioni biologiche. Nella storia della psicologia applicata allo sport
sono state perciò suggerite molteplici strategie per la regolazione
dell’attivazione (Williams, 1993) e il BFB risulta una delle più efficaci nel
facilitare l’apprendimento dell’autoregolazione dell’attivazione.
Da una prima valutazione, gli interventi con il BFB sembrano infatti essere
maggiormente indicati proprio per i “target terapeutici” costituiti dagli atleti di
alto livello i quali, durante il loro allenamento quotidiano, sono abituati a valutare
continuamente le proprie prestazioni fisiche e, per questa ragione, prestano
attenzione al feedback immediato.
Nei loro confronti, il BFB può perciò essere applicato con successo
all’apprendimento sistematico del processo di psicoregolazione, dal momento che
è costruito essenzialmente su ciò che gli atleti già fanno d’abitudine. Per questo

111
motivo, le applicazioni del BFB allo sport sono state ampiamente esaminate dai
ricercatori, che hanno riconosciuto il grande potenziale offerto dalla
psicofisiologia per la comprensione e il miglioramento della prestazione atletica.
(vedi Sandweiss e Wolf, 1985; Zaichkowsky e Fuchs, 1988, 1989).
La maggior parte di questi ricercatori ha indagato gli effetti positivi del BFB nel
ridurre l’ansia da prestazione, sebbene altri abbiano anche esaminato l’impiego
del BFB per l’incremento della forza muscolare, per ridurre il dolore e la
fatica, per aumentare la flessibilità e per regolare il ritmo cardiaco.

Dati, effetti e procedure


Nel campo dello sport, sono state utilizzate alcune modalità di BFB quali
l’elettromiografo (EMG), la temperatura cutanea (TEMP), la risposta
galvanica della pelle (GSR), la frequenza cardiaca (HR) e
l’elettroencefalogramma (EEG). Tra queste, l’allenamento al BFB con EMG,
GSR e HR è stato usato per lo più allo scopo di migliorare la prestazione degli
atleti in varie discipline sportive attraverso la psicoregolazione (Landers 1988;
Petruzzello, Landers, e Salazar, 1991).
Recentemente, l’interesse dei ricercatori per il BFB applicato allo sport si è diretto
verso l’identificazione delle condizioni psicologiche associate alla prestazione
migliore, soprattutto in sport "closed skill" (Collins, 1995); tuttavia, le
modificazioni delle dimensioni fisiologiche degli stati di attivazione degli atleti
che usano il BFB destano ancora un grande interesse negli allenatori, atleti e
psicologi dello sport (Zaichkowsky e Takenaka, 1993).

Usando il BFB (Atlas m-8600) Blumenstein, Bar-Eli e Tenenbaum (1995) hanno


studiato gli effetti del training autogeno, dell’imagery e del training musicale
sugli indici fisiologici e sulla prestazione atletica. Sostanzialmente, le tre
procedure di psicoregolazione, di rilassamento (abbassando l’attivazione) e di
attivazione (dando energia o "psyching-up", vedi Zaichkowsky e Takenaka,
1993), sono state somministrate, in combinazione col BFB, in un disegno
sperimentale con 39 studenti di college, per esaminare i loro effetti sia sulle
variabili fisiologiche che sulla prestazione atletica. Gli indici fisiologici erano HR,

112
EMG e GSR e la frequenza del respiro (fb), mentre la prestazione era valutata in
base ad un compito atletico (sprint –100 metri).
Il risultato di questo studio ha indicato che il BFB ha un significativo “effetto-
aumento” sia sulle componenti fisiologiche che sulla prestazione atletica
soprattutto quando viene accompagnato dal TA e dall’Imagery. Si è notato che la
musica soft, rispetto ad altre tecniche di rilassamento, è piuttosto priva di effetti
benefici. Il maggior effetto di rilassamento è stato ottenuto dal TA e il più forte
effetto di attivazione dall’Imagery, entrambi associati al BFB.
Da un punto di vista pratico, questi risultati indicano che, quando deve essere
suggerito agli atleti un programma di training mentale, allo psicologo dello sport
conviene usare una combinazione di queste tecniche (TA con EMG o GSR - BFB
con o senza Imagery, musica, etc.), che risulta massimizzare i risultati positivi di
ogni programma.
Per rispondere alla pressione della gara, gli psicologi dello sport hanno spesso
applicato modelli transazionali di stress (Rotella e Lerner, 1993). In ogni modello,
le percezioni delle reazioni fisiologiche o emozionali da parte degli atleti variano
a seconda della situazione e dello stress potenziale indotto dall’ambiente di gara.
Ad esempio, l’allenamento alla somministrazione dello stress di Meichenbaum
(1985), definisce un vasta gamma di trattamenti che considera sia le capacità di
coping cognitive che quelle fisiologiche. Meinchenbaum prevede varie modalità
di somministrazione dello stress che, in primo luogo, riguardano una
combinazione di abilità di coping che l’individuo può padroneggiare e usare se ha
bisogno di affrontare situazioni di stress. In secondo luogo, consentono di
insegnare ai soggetti a reperire per proprio conto le informazioni adattative per
affrontare gli stressor.
Vengono sviluppate specifiche sessioni di auto-affermazioni, per prepararsi allo
stressor, confrontarsi e prendere dimestichezza con esso, affrontando la
sensazione di venire sopraffatti e rinforzando le auto-affermazioni capaci di
agevolare un coping efficace.

113
La preparazione alla competizione
L’allenamento alla somministrazione dello stress e simili procedure transazionali
sembrerebbero essere particolarmente applicabili agli atleti: l’allenamento
all’auto-istruzione può comprendere abilità e strategie volte all’auto-affermazione,
oltre a istruzioni volte alla concentrazione e ai processi attentivi (Meinchenbaum,
1985; Nideffer, 1993).
In accordo con tali conclusioni e con la loro ricerca, Blumenstein, Tenenbaum,
Bar-Eli, e Pie (1995), hanno definito i principi di una procedura a due stadi per
preparare gli atleti alla competizione. La procedura si basa sull’uso del BFB
computerizzato e dell’apparecchiatura per la videoregistrazione (VCR), abbinati a
tecniche di rilassamento e/o attivazione al fine di simulare le sensazioni delle
situazioni di gara.
Durante il primo stadio, l’atleta viene introdotto al dispositivo di BFB e impara
come controllare in modo consapevole le sue risposte psicofisiologiche.
Nel secondo stadio egli impara a modificare volontariamente i propri livelli di
attivazione e a mantenere questo stato per quanto lo desidera. Questa auto-
regolazione dell’attivazione viene usata per incrementare le immagini mentali
della gara, esercitate prima o dopo la competizione.

Fasi applicative
Il programma di preparazione mentale si traduce essenzialmente nel guidare
l’atleta attraverso le situazioni di complessità gradualmente crescente che
caratterizzano 5 fasi successive.
Nelle sessioni che si susseguono nelle pause tra gare e allenamento, lo stesso
atleta deve ricominciare ogni volta con una versione abbreviata delle fasi 1 e 2,
per rinfrescare le sue conoscenze e aggiornarle alla modificata situazione, per
procedere poi più o meno rapidamente alle fasi 3-5.
L’approccio a 5 fasi (Tabella 2 e 3) è scandito in sessioni il cui limiti di tempo
sono flessibili e vengono stabiliti individualmente e include:

114
1. Introduzione – apprendimento delle tecniche di autoregolazione (T.A.,
Imagery, Allenamento al BFB), in 15 sessioni in un setting di laboratorio.
2. Identificazione - abitudine alle modalità del BFB, identificazione degli
atleti che hanno dimostrato di rispondere più sensibilmente alle modalità
di BFB durante le 15 sessioni.
3. Simulazione - allenamento in un setting di laboratorio con stress da
competizione simulato (simulazione VCR), in 15 sessioni.
4. Trasformazione - applicazione dell’allenamento mentale alla pratica (dal
laboratorio al campo), in 15 sessioni sul campo.
5. Realizzazione - attuazione delle tecniche all’interno una vera
competizione, per raggiungere l’autoregolazione ottimale in gara
mediamente in 10 sessioni.

TABELLA 2 - L’impiego del B.F.B. nello sport


(Modificata da B. Blumenstein, M. Bar-Eli, 2001)
SRT Fase 1: SRT Fase 2: SRT Fase 3:
INTRODUZIONE IDENTIFICAZION SIMULAZIONE
Baseline E
Scopo: apprendimento di Scopo: Scopo: allenamento
varie tecniche di auto- identificazione e al BFB con stress da
regolazione rinforzo della competizione
Struttura: modalità di risposta simulato
• Sessione 1-5: efficace al BFB Struttura:
T.A. Struttura: • Sessione 1-3:
• Sessione 6-10: • Sessione 6- simulazioni
Imagery 15: rinforzo audio-visive
• Sessione 11-15: Totale: circa 15 • Sessione 4-
allenamento al sessioni 15:
BFB Setting : laboratorio simulazione
Totale: circa 15 sessioni VCR
Setting: laboratorio Totale: circa 15
sessioni
SRT+VC Fase 4: SRT+VCR Fase 5:
R TRASFORMAZIONE REALIZZAZIONE

115
Scopo: processo di Scopo: ottenere la
trasferimento della regolazione ottimale
preparazione mentale dal in condizione di gara
laboratorio a condizioni di Struttura:
allenamento • Sessione 1-
Struttura: 10: check-up
• Sessione 1-15: in situazioni
utilizzo del BFB di gara
portatile e differenti
dispositivo VCR Totale: circa 10
in differenti sessioni
situazioni di Setting: gara
allenamento
Totale: circa 15 sessioni
Setting: sul campo

TABELLA 3 - L’applicazione ad alcune discipline sportive


(modificato da B. Blumenstein, 1999)

TRATTAMENTO
DURATA
BFB TRAGUARDO O
DISCIPLINA TRATTAMENTO
ATLETI (modalità, posizione e GESTO RISULTATI
SPORTIVA BFB (sessione X
trattamento SPORTIVO
durata)
aggiuntivo)
Allenamento al EMG , HR ,
BFB per il GSR
EMG frontale + TA
30-40 X 20 min. recupero o per la Decremento
(rilassamento con TA)
preparazione dell’eccitazione
iniziale emozionale
EMG , HR ,
GSR
EMG frontale + IM
Allenamento al alto livello di
(attivazione e
Atleti di 40 X 15-20 min. BFB per l’inizio eccitazione e
concentrazione tramite
alto livello (prontezza) concentrazione
immaginazione)
N° =16 durante il
LOTTA,
Preparazio combattimento
JUDO
ne mentale EMG ,
in GSR
1.5 anni Per combattimenti
alto livello di
EMG + TA + IM 20-30 X 25-30 min. di allenamento e di
eccitazione,
gara
sicurezza +
prontezza
GSR
Per combattimenti alto livello di
GSR + TA + IM + VCR 50-60 X 25-30 min. di allenamento e di eccitazione,
gara sicurezza +
concentrazione

116
Gli effetti degli interventi
Un'analisi della letteratura sulla psicologia dello sport ha rivelato come siano stati
usati con gli atleti, una grande varietà di approcci all’allenamento mentale
(Sachs, 1991; Williams, 1989) che hanno utilizzato anche la tecnica del
biofeedback (Zaichkowsky e Fuchs, 1988).
Le applicazioni del BFB sono state discusse in molteplici studi (Basmajian,
1989; Basmajian e Wolf, 1990; Daniel e Landers, 1981; Landers, 1985;
Sandweiss e Wolf, 1985; Zaichkowsky e Fuchs, 1988). In particolare, il BFB
elettromiografico (EMG) è stato comunemente usato per ridurre gli stati d’ansia
e di conseguenza, per migliorare la prestazione (Petruzzello, Landers e Salazar,
1991).
Recentemente, gli effetti di training autogeno (rilassamento), mental imagery
(eccitazione) e music training sono stati studiati sia separatamente che insieme
al BFB. Lo studio ha rivelato che le tecniche mentali associate al BFB hanno
portato ad un significativo aumento degli indici fisiologici che si associano allo
stato emotivo dell’atleta. Per esempio, HR, EMG, GSR e Fb (frequenza
respiratoria) sono aumentate durante il training autogeno, durante l’ascolto di
musica soft o durante la combinazione di entrambi.
Blumenstein e altri hanno utilizzato EMG e BFB per affinare lo stato emozionale
dell’atleta. Questo metodo è stato applicato sia in laboratorio, sia in condizioni
d’allenamento e si è dimostrato davvero utile nel dirigere l’atleta verso il proprio
stato mentale persona-specifico (Tabella 4).
È stato inoltre riscontrato che la combinazione del rilassamento con l’allenamento
all’imagery rende l’atleta capace di riprodurre un comportamento adattivo, sulla
base di situazioni (eventi) stressanti precedenti, e di scegliere reazioni adeguate.
Le interpretazioni delle videoregistrazioni e l’analisi di azioni tecniche e tattiche,
associate ad indici psicofisiologici, consentono di perfezionare la prestazione
fisica (motoria) in risposta ai vari comportamenti degli avversari sia negli sport di
combattimento che in altre discipline.

117
TABELLA 4 - Esempi di profili di personalità di atleti di alto livello in
differenti sport
SPORT PROFILI
STILI INDIVIDUALI
GENERALI SPECIFICI
DI REGOLAZIONE
Sport da combattimento: Alta Motivazione Stile continuo con
lotta, boxe, judo, Stabile, dominante sportiva orientamento esterno
scherma Alta auto-regolazione dell’attenzione
Ansia Alta Motivazione Stile esplosivo con
Giochi con la palla:
Instabilità sportiva orientamento esterno
calcio, basket
Estroversione Bassa auto-regolazione dell’attenzione
Sport di velocità e Stabile Alta Motivazione Stile esplosivo con
potenza: Dominante sportiva orientamento interno
scatto, salto Bassa stabilità dell’attenzione
emozionale

sollevamento pesi Introversione Bassa stabilità Stile esplosivo con


dominante emozionale orientamento interno
Alta Motivazione dell’attenzione
sportiva
Sport aerobici: Stabile Alta stabilità emozionale Stile continuo con
corsa di fondo, nuoto Alto auto-controllo Alta Motivazione orientamento interno
sportiva dell’attenzione

La ricerca in psicologia dello sport ha dimostrato che gli interventi strutturati per
sviluppare nell’atleta la capacità di affrontare efficacemente situazioni stressanti si
traducono solitamente in un miglioramento della prestazione (Feltz e Ewing,
1987; Greenspan e Feltz, 1989; Orlik e Partington, 1988).
Alcune delle ricerche condotte sull'utilizzo del biofeedback hanno preso in esame
tre procedure orientate cognitivamente: TA, IT e M.
Gli effetti positivi delle prime due procedure sulla prestazione atletica sono state
ripetutamente dimostrati dalla letteratura, in particolare per l’imagery (Howe,
1991). Va notato che l’imagery è stata anche usata in combinazione con altre
tecniche. Per esempio, sul rinforzo del comportamento video-motorio (VMBR),
sono stati usati insieme l’imagery e il rilassamento, per ridurre l’ansia e migliorare
la prestazione. In modo simile, sono state usate combinazioni di imagery e
rilassamento per migliorare la prestazione nella pratica del Karate.
Krenz (1984) ha condotto una serie di studi di casi, esaminando l’uso del TA per
il rilassamento, con giocatori di tennis e ginnasti con e senza esperienza. Dalle
relazioni degli atleti e degli allenatori, concluse che in vari casi tale addestramento
migliora la capacità di gestire l’ansia e la concentrazione. Molte varianti del TA

118
state usate per migliorare la prestazione anche di atleti di alto livello in
competizioni reali.
Solitamente, il BFB è considerato un importante strumento per la gestione dello
stress e per il controllo, ma si sono incontrate difficoltà per dimostrare una
relazione diretta tra BFB e prestazione (Landers, 1988; Petruzzello et al., 1991;
Zaichkowsky e Fuchs, 1988).
Alcuni studi indicano che l’impiego del BFB produce negli atleti la diminuzione
dei livelli dello stress e dello stress autodeterminato e che tali variabili non sono
necessariamente correlate (Bennet e Hall, 1979; Tsukomoto, 1979).

Il meccanismo d’azione del BFB


Sembrerebbe che la presa di conoscenza dei dati di BFB, attraverso la
stimolazione visiva eccitatoria, modifichi il ritmo degli impulsi nel Sistema
Autonomo, la traspirazione della pelle (come rilevato dal GSR), il ritmo
respiratorio ed eventualmente il tono muscolare, come emerge dalle misure
dell’EMG. Le informazioni circa lo stato biologico dell’individuo fornite dal BFB
vanno a rinforzare le sue risposte a livello somatico, per effetto di meccanismi
orientati cognitivamente. In questo modo il soggetto può ricevere dei feedback
connessi ai risultati sia delle sue azioni, che delle sue prestazioni ("conoscenza dei
risultati" e "conoscenza della prestazione" - vedi Magill, 1986-1989, Salmoni e
al., 1984). Alcuni feedback sembrano avere maggiori effetti sulla prestazione
motoria, fungendo da rinforzo che contribuisce unicamente alla facilitazione del
processo di apprendimento, attraverso l’identificazione rapida del training e della
sua efficacia o ininfluenza.
Il BFB è stato anche usato, generalmente in congiunzione con altre procedure di
gestione dello stress, per aiutare le persone a migliorare la loro salute psicologica
e a cambiare i comportamenti ad essa associati, in altri ambiti oltre a quelli
sportivi e di allenamento (Greenberg, 1983; Norris e Fahrion, 1984).

L’efficacia del BFB


A lungo termine, l’uso efficace del BFB e della gestione dello stress richiede
all’individuo un sostanziale cambiamento della valutazione soggettiva del

119
comportamento idoneo a migliorare la propria capacità di affrontare lo stress
(Lazarus e Folkman, 1984).
I cambiamenti degli stati fisiologici dovrebbero quindi essere accompagnati da
cambiamenti adeguati allo stato mentale-emozionale, in linea con i fondamenti
psicofisiologici di base che sottendono l’uso del BFB (Green e Green, 1977).
Tuttavia, per scoprire questi cambiamenti psicologici servono periodi di
allenamento relativamente lunghi e misurazioni molto sensibili e/o compito-
specifiche.
In effetti, la specificità del compito del trattamento psicologico, specialmente col
BFB, può contribuire al miglioramento della prestazione del compito stesso ed è
pertanto essenziale per esercitare un’influenza positiva sulle capacità
dell’individuo di affrontare efficacemente lo stress. Il trattamento deve insomma
essere focalizzato sul compito specifico da eseguire.
Questo principio è in linea con la Teoria dell’Azione, secondo la quale un
processo di autoregolazione efficace richiede che l’individuo definisca
soggettivamente e affronti attivamente le situazioni che gli si presentano, tenendo
sempre presenti le caratteristiche specifiche del compito che deve essere eseguito.
Sono emerse idee simili nella letteratura sul BFB, in particolare entro una cornice
di modelli di cibernetica che descrivono i principi neurologici e psicologici che
sovrintendono all’uso del BFB e alla sua associazione con altre procedure di
gestione dello stress usate per migliorare la prestazione (ad es. Green e Green,
1977; Norris e Fahrion, 1984).

120
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Nota ai riferimenti bibliografici


Per la stesura del project work abbiamo, per quanto possibile, concentrato
l’attenzione sulla bibliografia più recente (2000-2005).
Per la ricerca del materiale bibliografico è stata utilizzata, per concessione della
Facoltà di Farmacia dell’Università di Roma “La Sapienza” la banca dati
SciFinder Scholar, un'applicazione che consente di utilizzare, tramite la rete
Internet, le banche dati del CAS - Chemical Abstract Service con diretto accesso
alla banca dati Medline.
I siti consultati sono di seguito elencati:

¾ http://www.itftennis.com/coaching/practicalinfo/onlinearticles/english/
¾ http://www.psyco.com/sitosport/psicohomepage.html
¾ http://www.psymedisport.com
¾ http://www.sportmedicina.com
¾ http://www.sirc.ca (limitatamente alle riviste scientifiche consultabili in
abbinamento con SciFinder Scholar)
¾ http://www.sponet.de/
¾ http://www.sportdoc.unicaen.fr/heracles/
¾ http://www.ausport.gov.au/
¾ http://www.indire.it/
¾ http://www.stms.nl/
¾ http://www.eric.ed.gov/
¾ http://www.ncbi.nlm.gov/(limitatamente alle riviste scientifiche
consultabili in abbinamento con SciFinder Scholar)
¾ http://www.scopus.com (limitatamente alle riviste scientifiche consultabili
in abbinamento con SciFinder Scholar)

La parte introduttiva è stata elaborata utilizzando principalmente alcuni


argomenti trattati nel libro di Donatella Spinelli Psicologia dello sport e del
movimento umano, (2002), Edizione Zanichelli, nel libro di Jürgen Weinech
L’allenamento ottimale Una teoria dell’allenamento basata sui principi della
fisiologia del movimento con particolare riferimento all’allenamento infantile e
giovanile, (2001), Edizione Calzetti-Mariucci e in alcuni articoli. In particolare:

Aglioti, S.M., Facchini, S., (2002). ‘Il cervello motorio’, in Spinelli, D.,
Psicologia dello sport e del movimento umano, , Zanichelli, 39-60.

Muzio, M., Crosta, D., (2004). ‘Flow e preparazione mentale: dallo studio
dell’esperienza ottimale allo sviluppo del training mentale’, in Muzio, M., Sport:
flow e prestazione eccellente. Dai modelli teorici all'applicazione sul campo,
Franco Angeli

Spinelli, D., Zoccoletti P., (2002). ‘Percezione e azione’, in Spinelli, D.,


Psicologia dello sport e del movimento umano, Zanichelli, 3-38.

121
Trabucchi, P., (2002). ‘La preparazione mentale negli sport di resistenza’, in
Spinelli D., Psicologia dello sport e del movimento umano, Zanichelli, 208-215.

Weinech, J.,(2001). ‘Metodi psicologici diretti a migliorare il processo di


apprendimento della tecnica’ in Weinech, J., L’allenamento ottimale Una teoria
dell’allenamento basata sui principi della fisiologia del movimento con
particolare riferimento all’allenamento infantile e giovanile, Calzetti-Mariucci,
530-539.

La parte descrittiva delle tecniche utilizzabili per un programma di A.M. è


stata elaborata sulla base della seguente bibliografia:

Balducci, D., (2004). ‘Training Autogeno’, estratto dalla tesina “Il rilassamento
neuromuscolare come elemento di mental training” del Corso nazionale di
specializzazione per tecnici della F.I.T. equivalente al IV livello europeo 2004.

Giannelli, L., Giannelli, M., ‘Il training visivo per l'efficienza visiva, mentale e
psicomotoria’ articolo pubblicato sul sito:
http://www.euromedicaitalia.com/approf.htm

Mamassis, G., & Doganis, G. (2004). The effects of a mental training program on
juniors pre-competitive anxiety, self-confidence, and tennis performance. Journal
of Applied Sport Psychology, 16, 118-137.

Paccati Poeta, S., (2003). ‘Verifica dell’efficacia dell’allenamento con Imagery


nell’esecuzione di attività motorie’, estratto dalla tesina svolta presso l’Università
di Pavia alla Facoltà di Scienze e Tecniche Psicologiche, pubblicata nel sito:
http://www.psymedisport.com/E_Evolutiva.asp

Pantedelis, D., Chamoux, A., Fargeas, M.A., Robert, A., Lac, G., (1997). ‘A 11
ans le jouer del tennis est-il indifférent au stress de la compétition?’,
Arch.Pédiatr., 4, 237-242.
Pirola, G., ‘La preparazione psicologica allo stato di "flow’, estratto dalla tesi in
psicologia dello sport e la pallacanestro, pubblicata nel sito
http://www.usap.it/DW/1c1.htm

Sacchettino, P., (2002). ‘Il biofeedback’, estratto dalla tesi di specializzazione in


psicologia dello sport “Dal cervello al biofeedback: un affascinante viaggio tra
corpo e mente inseguendo la mia monoidea” presso il Dipartimento di Psicologia
dello Sport, Istituto Superiore di Educazione Fisica – Torino, Scuola
Universitaria Interfacolta’ Scienze Motorie – Torino

Zanolli, S., Faccini, P., ‘Condizionamento alla risposta visiva. Tennis,


allenamento specifico alla concentrazione’, articolo pubblicato sul sito:
http://www.sportmedicina.com/tennis_e_concentrazione.htm

122
Gli allegati
Balducci, D., (2004). ‘Training Autogeno’, estratto dalla tesina “Il rilassamento
neuromuscolare come elemento di mental training” del Corso nazionale di
specializzazione per tecnici della F.I.T. equivalente al IV livello europeo 2004.

Gerin Birsa, M., (1999). ‘Valutazione psicologica di un gruppo di tennisti’,


articolo pubblicato sul sito: http://www.psymedisport.com/E_Evolutiva.asp

Luis del Campo, V., Reina Vaillo, R., Sanz Rivas, D., Moreno Hernandez, F.J.,
(2004). ‘Influence of Visual Training Programmes on the Performance of the
Novice Tennis Player Approaching the Net’, Medicine and Science in Tennis, 9,
2, (http://www.stms.nl/april2005/artikel4.html

Paccati Poeta, S., (2003). ‘Verifica dell’efficacia dell’allenamento con Imagery


nell’esecuzione di attività motorie’ tesina svolta presso l’Università di Pavia alla
Facoltà di Scienze e Tecniche Psicologiche, pubblicata nel sito:
http://www.psymedisport.com/E_Evolutiva.asp

Romano, G., (2003). ‘La five-step strategy adattata al servizio nel gioco del
tennis’, articolo pubblicato nel sito:
http://www.psymedisport.com/Articoli/LA%20FIVE%20STEP%20STRATEGY.
doc.

Zanolli, S., Faccini, P., ‘Condizionamento alla risposta visiva. Tennis,


allenamento specifico alla concentrazione’, articolo pubblicato nel sito:
http://www.sportmedicina.com/tennis_e_concentrazione.htm

123

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