Sei sulla pagina 1di 3

SOSTA INVERNALE

La pausa invernale rappresenta, nei campionati giovanili, l’ancora di salvezza, la fontana a cui
dissetarsi, l’oasi presso cui corpo e mente possono rifocillarsi. Abbiamo sempre sentito dire che il
riposo fa male all’atleta; d’altra parte merita attenzione anche l’opinione di chi sostiene che il
riposo permette di ripristinare le energie fisiche e mentali in modo che poi si possa ripartire in
maniera, se possibile, ancora più brillante. E cosa dire di chi utilizza il periodo di sosta per
sottoporre i giocatori a carichi di lavoro sempre più concentrati e pesanti...! L’ipotesi si basa sulla
convinzione (o speranza) che il periodo di carico permetta poi di avere prestazioni migliori, se non
eccezionali, alla ripresa del campionato. Se però grandi e intensi carichi di lavoro provocano
incidenti, traumi e difficoltà nel recupero e nell’assimilazione del lavoro successivo, gli effetti
miracolosi della preparazione svaniscono e lasciano il posto ai rimpianti e alla delusione. Anche
perché sappiamo quanto indigesto e pericoloso risulti al calciatore in particolare, l’assunzione di
elevati carichi di allenamento accompagnati da troppa o eccessiva intensità. Quantità e intensità non
vanno d’accordo, sono esclusiviste e gelose, o l’una o l’altra. L’obiettivo finale è la “freschezza”
nervosa ed è rappresentato dal serbatoio pieno di energie. Per i grandi giocatori (tutti quelli che
calcano il palcoscenico della serie A e della serie B lo sono di diritto), la cosa più importante che si
ricerca è una condizione psicofisica ottimale, con la puntualizzazione di aspetti tecnico - tattici. Per
i più giovani invece gli obiettivi sono completamente diversi. Se, come dovrebbe essere, le partite
di campionato che si sono susseguite fino alla sosta, oltre che per il risultato, fossero servite anche
per valutare e verificare le caratteristiche e le capacità tattiche, ma soprattutto quelle tecniche,
dovremmo essere in grado di conoscere il rendimento di ogni calciatore e, di conseguenza, le
esigenze dei singoli e della squadra. E allora quale migliore occasione della lunga sosta invernale
per lavorare in funzione del recupero, o dello sviluppo, di quegli aspetti che presentano margini e
possibilità di miglioramento. Cercando di concentrarsi su poche cose, anche su di una sola, nel caso
in cui il tempo a disposizione si riduca a poche settimane. Non possiamo dare per scontato il fatto
che la capacità di saper fare si acquisisca da soli; questo lo possiamo pretendere dai fuoriclasse,
poiché il tratto caratteristico del genio è sapere prima ancora di conoscere. Per gli altri, quindi per
la stragrande maggioranza, diventa necessario conoscere prima di sapere e quindi si deve procedere
per acquisizioni graduali. Ed è necessario sapere che i tempi sono doverosamente lunghi, a volte
molto lunghi, perché per diventare abili e sicuri, oltreché precisi, sono necessarie tante e tante
ripetizioni. Probabilmente passa anche attraverso il recupero delle cose semplici (ma accurate) la
possibilità di rivedere sui campi di calcio giocatori che giocano con la palla e non contro di essa;
sarebbe forse più produttivo consigliare, almeno ogni tanto, ai ragazzi di tenere il pallone tra i piedi
piuttosto che di passarlo “presto e subito”. Come sarebbe d’altronde auspicabile che anche per
quello che riguarda la preparazione fisica si utilizzasse questo periodo, dove per una serie di ragioni
è improbabile poter sviluppare tipi di lavoro più o meno complessi, per affrontare in maniera
esauriente un aspetto importante ma troppo spesso trascurato, come quello relativo alla mobilità
articolare e all’estensibilità muscolare. Così come dovrebbe essere consigliabile, alla ripresa
dell’attività in estate, concentrarsi su quegli elementi di preacrobatica che possono servire per
sviluppare e consolidare molte delle problematiche legate alla coordinazione motoria segmentaria e
generale.
Tornando a quello di cui si stava parlando prima e cioè la mobilità articolare e l’estensibilità
muscolare, questo capitolo non può certo considerarsi esaurito con i due, tre esercizi di stretching
(spesso male eseguiti) che normalmente si eseguono nel corso delle sedute di allenamento. Lo
stretching è certamente utile, ma non può e non deve essere l’unico punto di riferimento per un
allenatore che si pone l’obiettivo di far crescere e maturare un giovane calciatore. Gli slanci, le
oscillazioni così come la modulazione e l’alternanza tra le fasi attive e passive, il metodo FPN e
quant’altro possa essere utilizzato in questa direzione, rappresentano temi da sviluppare in maniera

1
approfondita, ma soprattutto per periodi significativamente lunghi. Utilizzare allora il periodo di
sosta per concentrarsi su alcuni obiettivi tecnici (senza trascurarne uno molto importante quale la
mobilità articolare e l’estensibilità muscolare), dovrebbe già di per sé offrire delle opportunità
importanti in un momento dedicato sì al riposo, alla rigenerazione e al recupero, ma anche utile per
continuare l’opera di addestramento e di costruzione.
A volte lascia disarmati vedere e notare atteggiamenti didascalici (spesso in negativo), che mass
media e allenatori di grido propongono nei loro interventi.
In questi frangenti la parte che dovrebbe essere la più pregnante e la più trattata, quella relativa al
lavoro sul campo, lascia il posto ad aspetti di colore e di costume.
Il risultato è che invece di educare i giovani a ragionare su modelli di riferimento positivi quali il
rapporto fra lavoro e risultati, a coltivare l’ambizione, l’orgoglio e ad utilizzare l’insoddisfazione
come spinta a migliorarsi, si tende a privilegiare piuttosto l’immagine dell’allenatore istrione e del
giocatore naïf e superficiale. Non mi pare sia un approccio corretto nei confronti dei giovani che
sentono continuamente invece il bisogno di rifarsi a modelli positivi. Modelli che, tra l’altro, non
vanno neppure inventati, in quanto esistono già. La stragrande maggioranza dei calciatori
professionisti sono molto seri ed efficienti; si allenano con impegno, costanza e determinazione. I
loro allenatori sono professionisti ineccepibili e scrupolosi oltre che preparati e capaci. Allora i
“fatti” del campo dovrebbero essere la sorgente a cui far abbeverare i giovani calciatori e gli addetti
ai lavori, per farli entrare dalla porta principale e accedere ai piani nobili del pianeta calcio, dando
la possibilità ai primi di mostrare anche la faccia normale e positiva e ai secondi di usufruire di
modelli seri e soprattutto utili e positivi.
Della Trilogia Sacchiana (occhio, lavoro e fortuna), nel cosmo giovanile ha soprattutto valore il
secondo aspetto quello relativo al lavoro.
Il sillogismo per cui partendo da occhio e fortuna si arriva alla formazione e alla creazione di
calciatori, mi pare proprio che non paghi, né sia adeguato. Così come non basta essere stati
calciatori per essere buoni allenatori; la storia narra anche di situazioni ed episodi che spesso
dimostrano esattamente il contrario. Sono ben altre le qualità che servono! Forse diceva bene (e
comunque ci serva da elemento di riflessione) il compianto Fabrizio De Andrè quando, in “Via del
Campo”, afferma che “...da un diamante non nasce niente, dal letame nascono i fior...”.
Ecco allora che anche un periodo apparentemente inutile può diventare una fase significativa dove
l’opera e l’intervento dell’allenatore non si limita alle telefonate atte a recuperare i giovani per la
data in cui si riprendono le ostilità.
Cerchiamo adesso di diventare pratici e concreti. Noi chiediamo ai giocatori di rispondere con
prontezza, precisione e inventiva alle richieste che rivolgiamo loro o alle situazioni che si
verificano in campo. Ma siamo noi capaci di fare altrettanto? Vediamo se siamo in grado di
individuare cinque “cose” che vorremmo fossero in grado di saper fare i nostri calciatori per quello
che riguarda le abilità di tipo generale e quelle specifiche. Per abilità di tipo generale si intendono
quelle che non influenzano direttamente la prestazione, ma costituiscono soltanto una sorta di
integrazione e di sostegno di base. Per abilità di tipo specifico al contrario si intendono quelle che,
riproducendo la tecnica della disciplina, influenzano direttamente la prestazione. Da parte mia
cercherò di rispondere a questo quesito nel prossimo numero, ancora una volta senza la pretesa di
voler affermare nessun dogma, ma solo di fornire stimoli, dubbi, elementi e momenti di riflessione.

2
Categoria Obiettivi generali Obiettivi specifici

Pulcini 1. ? 1. ?
2. ? 2. ?
3. ? 3. ?
4. ? 4. ?
5. ? 5. ?

Esordienti 1. ? 1. ?
2. ? 2. ?
3. ? 3. ?
4. ? 4. ?
5. ? 5. ?

Giovanissimi 1. ? 1. ?
2. ? 2. ?
3. ? 3. ?
4. ? 4. ?
5. ? 5. ?

Allievi 1. ? 1. ?
2. ? 2. ?
3. ? 3. ?
4. ? 4. ?
5. ? 5. ?

Juniores / Beretti / Primavera 1. ? 1. ?


2. ? 2. ?
3. ? 3. ?
4. ? 4. ?
5. ? 5. ?

Potrebbero piacerti anche