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ROMANTICISMO E INIZIO IMPRESSIONISMO

VIDEO 1 - Goya
Goya nasce a Fuendetodos paesino del sud della Spagna, in una casa di proprietà della madre,
piccola a giudicare dall'immagine. Il padre invece era versato nel lavoro manuale era un orafo,
quindi sin da giovane Goya ottiene una formazione officinali che poi completerà da Luson a
Saragozza.
Ben presto però l'artista si trasferisce a Madrid la capitale, la prima volta però gli andrà male e
capirà che ha bisogno di un di più di formazione, va quindi in Italia e parte a un concorso scelto
dall'università di Padova (tema scelto dall'università) Annibale che vede l'Italia dalle Alpi per la
prima volta. L'interpretazione di Goya è particolare poiché è vicina al gusto neoclassico data anche
dal colorismo tipico degli autori francesi niente di nuovo quindi ma quanto basta per farsi notare,
arriva secondo e questo titolo gli servirà arrivato a casa. Sposerà la sorella Baier direttore della real
fabriseria di Santa Barbara fabbrica di arazzi, non era il massimo per un artista ma comunque lo
aiuterà a intrudursi in ambienti nobili. Così Goya ha il suo accesso alla Madrid che conta e
diventerà pittore del Rei e riuscirà a farsi ammettere con un Cristo troppo febico, alla reale
accademia di San Bernando. Questo gli consente di introdursi nella committenza più alta.
RITRATTO DEI DUCHI DI OSUNA CON I FIGLI lei è stretta intorno ai figli piccoli che a
differenza delle norme dell'epoca sono vestiti da soldatini e stanno giocando, questo vuol dire che
loro erano nobili illuminati, cioè nobili educati alla coscienza infelice, la coscienza è di chi sa che il
mondo deve cambiare ma forse non accetta le estreme conseguenze di questo assunto, perché le
estreme conseguenze di questo assunto sono che gli errori su cui si fonda la società sono anche le
fondamento dei poteri dei pochi su tanti.
I duchi di Ossuna commisioneranno a Goya una serie di piccoli dipinti di tema sociale dove Goya
rappresenterà i mali del paese come la superstizione, la magia, demoni, streghe etc.
Lavorando con questa gente decide che è arrivato il momento di fare la sua parte e inizia a incidere i
Capricci, questo momento coincide con un momento particolare della sua vita perché era stato
nominato da poco Pittor dei Rei che Goya diviene pure sordo e questa ferita lo colpirà
profondamente anche nelle relazioni, nei rapporti, per esempio è anche di questi anni la presunta
relazione con la Duchessa D'Alba, solo che questa donna è una specie di dama di carità che amava
circondarsi di poveri oppressi, malati e aveva anche adottato una bimbetta nera che all'epoca era
considerato sbagliato, e quindi forse poteva provare simpatia nei confronti di Goya. I Capricci
mirano a distruggere i miti della società del tempo, la superstizione la magia il trionfo
dell'ignoranza è lui stigmatizzare questi mostri senza peli sulla lingua, individuando anche delle
persone che potevano riconoscersi nelle sue immagini ragione per cui queste sue immagini vengono
vendute in un ristrettissimo numero di esemplari e poi deve ritardo dal mercato, le sue incisioni le
vende infatti in una farmacia come se si trattasse di un farmaco per i mali del suo tempo.
IL SONJO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI questo uomo è un pittore si vede infatti un
uccello che stringe un pennello tra le zampe e glielo porta.
L’uomo addormentato è chiaramente un pittore, come indica l’uccello che stringe negli artigli un
pennello glielo reca come a dirgli “svegliati”. L’incisione dice “il sonno della ragione produce
mostri”: gufi, pipistrelli, animali dell’incubo, immagine di un’inquietudine profonda di quella
dimensione inesplorata che era l’inconscio. Da buon illuminista goya sostiene che la ragione va
tenuta desta. Questo ci spiega anche la complessità dell’opera di goya: se la ragione non dormisse
non verrebbe fuori quest’aspetto dell’uomo, che comunque però c’è, è reale, e allora l’esperienza
umana non sarebbe completa. Con quest’opera Goya guarda nell’abisso, e come diceva nietchze
“Se guardi nell’abisso l’abisso guarda in te”

Il 3 maggio
I Capricci vengono presentati nello stesso anno in cui deflagra la rivoluzione francese e sconvolgerà
l’Europa. Verrà ucciso in Francia il re dopo due anni dallo scoppio della rivoluzione, si crea una
nuova cortina di ferro, e si chiude così il transito di libri illuministi dalla Spagna alla Francia. Il
paese si chiude attraverso un periodo non particolarmente felice i cui protagonisti sono il sovrano
Carlo IV e la moglie, una Farnese, gente che delega il potere al primo ministro che fa il bello è il
cattivo tempo. Il paese si risveglia bruscamente con l’invasione dei francesi che entrano in Spagna
di nascosto, si approfittano delle divisioni fra il sovrano e suo figlio. (Carlo IV è quello che si è
fatto dipingere con la sua famiglia: quadro in cui il cuore di tutto è la regina, poi c’è il sovrano, il
fratello pazzo, la sorella pazza, la donna promessa sposa di Ferdinando settimo, e i duchi di Parma.
Il solito francese di passaggio interpretando il dipinto direbbe che sembra il ritratto di un salumiere
che ha vinto la lotteria. In realtà il lavoro finale è approvato dai sovrano che si offenderebbero
invece se il pittore cercasse di abbellirlo. Un po’ come Napoleone quando si arrabbia con Canova
per la statua di Marte pacificatore. I regali dovevano essere rappresentati così perché così erano già
perfetti, la loro perfezione non risiedeva nelle fattezze fisiche ma nell’elezione divina. Goya farà
una bella fatica per rendere queste personcine presentabili.
Goya dipinge loro che guardano in uno specchio: questa cosa ricorda Las Meninas di Velazquez
(capolavoro assoluto di pittura) in cui vi è un simile gioco di specchi; c’è velasquez che dipinge una
tela guardando uno specchio su cui si riflettono l’infanta di Spagna al centro con le ancelle ma forse
sta rapprensentando altri: in fondo alla sala c’è uno specchio con l’immagine dei sovrani, forse
appena arrivati. Il dipinto è stato probabilmente dipinto al Prado stesso in cui si trova. Poi però la
famiglia di Carlo IV fa una brutta fine: il padre è il figlio Litigano, arriva Napoleone, devasta la
Spagna, ma gli spagnoli si ribellano e questa guerriglia portata avanti dalla Spagna goya la
immortala ne Los desastres de la guerra (troppo crude per essere pubblicate in vita).
I francesi alla fine avranno la peggio, dovranno andare via d’ala Spagna e Ferdinando settimo
diventa re. Goya continua a fare il suo mestiere, non realizza granché ma rimane sempre a corte.
Vuole dimostrare a Ferdinando la sua fedeltà e quindi forse in una sorta di prova assoluta di fedeltà
decide nel 1814 di dipingere due opere: il 2 e il 3 maggio del 1808 (dipinto nel 1814 sia chiaro)
Cosa successe il 2 maggio? I francesi mandano a Madrid una guarnigione di soldati egiziani, i
Madrileni si ribellano e li attaccano. Il giorno dopo le truppe francesi prendono persone casuali per
strada, li portano in montagna principe pio per fucilarle. E qui goya realizza il dipinto: a destra i
francesi come automi come macchine viste di spalle, sulla sinistra un uomo vestito di bianco con le
mani in alto, quasi un crocifisso, sembra quasi chiedere “perché proprio me?”
La fucilazione riguarda questa persona, il presente, ma non è solo una critica feroce, ma soprattutto
era un’opera infusa di umanismo e filantropia. L’uomo con la camicia bianca incarna quelli che
sono venuti prima di lui (e si vede dal cadavere ai suoi piedi, nella stessa posizione in cui è
raffigurato lui) e quelli che verranno dopo di lui (e infatti vi è una folla che si avvicina alla scena).
Rappresenta il male degli uomini in qualunque era.
C’è tanto di buon ladrone e di cattivo ladrone.si capisce che siamo nella periferia di Madrid, non
una luce, come fosse l’ora delle tenebre dell’uomo. Ma un momento: l’immagine chiave
dell’illuminismo è la lanterna, la luce della ragione
Questa lanterna è dipinta non in alto dove dovrebbe stare, ma in basso, a stagliare ombre dietro i
personaggi. È come se riflettesse su “il sonno della ragione produce mostri”: la ragione nella scena
è presente, è insita nell’animo umano, ma l’uomo rimane lo stesso. La ragione serve anzi a mostrare
le aberrazioni dell’umanità, la verità delle azioni e a sua volta a mostrare il coraggio delle azioni di
questo contadino. Questo cristo umano (che però non sceglie di morire, muore suo malgrado)
sceglie COME morire: a testa alta. L’arte trova in questa persona un suo riscatto.

Goya se ne va poi a vivere in campagna in una casa chiamata “Chitta del sordo”, sulle cui pareti lui
dipinge figure soltanto per se. Hanno cambiato la storia dell’arte. Alla morte di goya la casa è stata
venduta e le immagini spostate su tela, ora si trovano al Prado.
Saturno che divora suo figlio
Saturno rappresentato come una specie di scimmia, calato sulle ginocchia, probabilmente si sta
rialzando dopo il pasto. La vittima è centrale nel quadro, che rappresenta uno stato tirannico ormai
disposto a divorare il suo stesso popolo.

VIDEO 2 - Goya e le fucilazioni del 3 maggio 1808


Il vostro libro dice che fu realizzato nel 1808, in realtà risale al 1814. Non è un dipinto singolo,
Goya dipinse il 2 e il 3 maggio del 1808 e cioè i due episodi salienti, di un episodio, di un fatto
storico estremamente importante per il suo paese, che potremmo paragonare ai vespri siciliani, un
fatto che è entrato nella mitologia nazionale: la rivolta degli spagnoli a seguito dell’invasione
perpetrata dai francesi, i quali in un primo tempo si appoggiano all’erede al trono, Ferdinando VII,
dopo di che attendono che Carlo III, il vecchio re dia le dimissioni, e approfittando il vuoto di
potere invadono di forza la Spagna. L’esito è di fatto l’assegnazione della corona spagnola al
fratello di Napoleone. Questo cambio avviene secondo una metodica che non è accetta al popolo. I
francesi lasciano nelle strade della capitale una guarnigione di malucchi(?), e cioè i soldati
mercenari provenienti dall’Egitto di religione islamica. Il rapporto controverso tra l’Islam e il
popolo spagnolo, la spagna è stato per secoli un paese islamico, i muriscos sono stati cacciati con
violenza e moltissimi di loro costretti a battezzarsi, moschee trasformate in chiese, è una
lacerazione che lascia ancora oggi ferite aperte, i madrileni non tollerano loro paese imperiale, loro
dominatori di terra al di là del mare, di essere controllati da truppe di occupazioni provenienti
dall’Egitto e quindi il 2 maggio le sterminano. Un episodio in cui la nazione si risveglia,
un’attestazione di orgoglio, di cui poi segue la vendetta implacabile dei francesi, che avevano
l’esercito meglio organizzato dell’epoca, e il giorno dopo procedono a una fucilazione di massa alle
porte della città presso la collina del principe Pio. Fucilano tutti gli uomini rastrellati per le strade
della capitale e sospettati di aver partecipato alla sommossa. Il perché Goya rappresenti questi due
episodi a circa 6 anni di distanza non lo sappiamo, alcuni credono che sia per riconquistare i favori
del sovrano, Ferdinando VII, che non lo vedeva di buon occhio ed è facile immaginare il perché:
non tanto perché l’aveva rappresentato come un mostro nel famoso ritratto di famiglia di qualche
anno prima, quanto perché Goya non aveva mai fatto mistero di essere un autore illuminista, ed è
vero Ferdinando aveva concesso la costituzione, ma l’aveva concessa subito per ritrarla, e nel
profondo del proprio cuore era un monarchico convinto, un assolutista, le idee nuove di artisti come
Goya proprio non poteva sopportarle. Con ogni probabilità Goya doveva farsi perdonare una colpa
ben maggiore: essere stato un collaborazionista. Quando il fratello di Napoleone diventa re di
Spagna, Goya non rinuncia al suo incarico di pittore di corte, continua ad esercitarlo. Quindi può
essere che il dipinto possa essere un modo per farsi perdonare presentandosi come l’alfiere della
nazione, l’alfiere del popolo, obbligato ed oppresso dai francesi che già nella rivolta 1808 getta i
semi del suo futuro riscatto. Dovremmo confrontarci con un’opera propagandistica forse? Come il
Marat assassinato? In realtà, almeno questa è la mia opinione, leggendo la materialità del dipinto
l’esito è completamente diverso, è altro. Goya parla si del suo tempo, dei suoi luoghi riconoscibili
dal paesaggio scarno ed essenziale nei pressi della collina del principe Pio o nelle chiese, nelle case,
nei palazzi che si intravedono all’orizzonte, siamo alle porte della città. In realtà sta parlando della
violenza tra uomo e uomo, della violenza che si consuma oggi in Palestina, in Ucraina o in Siria, il
luogo è qualsiasi luogo bagnato dal sangue dell’uomo che è possibile trovare in ogni angolo del
mondo. I riferimenti alla rivolta e ciò che ne segue, quindi la barbara punizione dei francesi, sono
ridotti all’essenziale, ciò che prevale è l’umanità. Il simbolo di questa umanità è quest’uomo
probabilmente un contadino, con la camicia bianca e i pantaloni gialli, in ginocchio con le braccia
alzate, come se fosse un crocifisso, e Goya con questo tema si era cimentato, per essere accolto alla
real accademia di san Fernando, aveva dipinto un crocifisso, un po’ come aveva fatto il suo maestro
segreto Belaschets(?) autore di un dipinto meraviglioso. Questo non è un cristo aulico, un cristo
buono da stare appeso in una navata di una chiesa, è un cristo plebeo, come quello scolpito da
Donatello, un cristo del popolo, un cristo contadino, con la pelle scura, con le mani gonfie, non con
i capelli particolarmente curati. Quest’uomo guarda dritto negli occhi il suo protone di esecuzione, è
Abele che prima di morire rivolge l’ultimo sguardo a Caino. Questi uomini non sono delle bestie,
sono delle macchine, intanto non li vediamo in volto, distinguiamo solamente le linee nette, decise
del loro corpo, dei loro fucili con cure geometriche come quelle sperimentate da David ne
giuramento degli Orazi, sono il semplice meccanismo che esegue passivamente l’ordine ricevuto,
hanno smarrito la loro umanità che invece l’uomo conserva intatta e manifesta nello sguardo rivolto
a chi lo sta uccidendo. Di solito una persona fucilata ha gli occhi coperti, lui invece sta guardando i
suoi assassini. È cristo si, ma a differenza di lui, non sta scegliendo di morire, lui sta scegliendo
come morire e cioè con dignità e orgoglio, sta dando un esempio all’ immane fila di uomini che
attende di subire lo stesso destino e questo di fatto è un elemento che come una scala colloca
un’opera al di là, in un’altra dimensione. Goya ci sta dicendo che subito dopo quest’uomo toccherà
ad altri, e alcuni di loro non ce la fanno a guardare in faccia la morte poverini. Vi è un uomo che si
copre gli occhi con entrambe le mani, ma lui lo fa perché come cristo sa che a questo sguardo è
affidato il suo riscatto, a questo sguardo è affidata la conservazione della sua umanità, e che ne
dicano il buono e il cattivo ladrone. C’è un prete, che sta per essere fucilato anche lui, che prega,
che benedice, mentre un altro uomo protesta, ecco quest’uomo con le braccia aperte non è ne
l’uomo che prega ne l’uomo che protesta, è l’uomo che sa. Davanti a lui e al suo fianco a
prolungare di fatto il significato di ciò che sta avvenendo, non davanti, ma indietro nel tempo ci
sono gli altri uomini che sono già caduti. Un caduto è talmente coperto di sangue grumoso,
rappreso, mescolato con la sabbia, con la terra, che del crocifisso in bianco e in giallo sembra quasi
l’ombra speculare, come a voler dire che il significato di questo gesto, di questo tendere la braccia a
guardare si prolunga anche all’indietro del tempo e non solo in avanti. È qualcosa che trascende
ogni spazio, ogni luogo. Cosa permette a quest’uomo di guardare in faccia i sui persecutori? La
lanterna. La lanterna è stato uno dei simboli più forti dell’illuminismo. Voltaire, per esempio, si è
autorappresentato nella figura di Diogene, filosofo greco, che all’interno di una botte(?) con una
lanterna in mano va a cercare l’uomo. Questa lanterna non è soltanto un simbolo del pensiero
classico, è anche un simbolo cristiano, nel vangelo si dice che non si accende una luce per metterla
sotto, ma per collocarla in alto, perché rischiari l’ambiente circostante, ecco questa lanterna è
poggiata a terra, non in alto. Ci mostra distinguendo tra le tenebre, che investono con questo
splendido effetto di controluce i soldati, ma anche le chiese sullo sfondo, chiese che hanno le porte
sbarrate e le finestre chiuse perché da lì non avviene alcun conforto. Cosa distingue le tenebre e la
luce? Questa lanterna, collocata in una posizione preminente nel dipinto, la lanterna che rappresenta
la ragione, la ragione però è ancora in grado di salvare l’uomo? Il Goya del… ne era convinto che la
lanterna potesse irradiare le tenebre dell’ignoranza, ma una volta che i francesi che avevano vissuto
la rivoluzione sulla loro stessa pelle, contravvengono agli ideali della rivoluzione, andando a
perseguitare un altro popolo, come gli spagnoli, Goya non può fare a meno di fare un’amara
ritrattazione di quanto lui stesso aveva affermato, per concludere che la ragione non migliora
l’uomo, la ragione è in grado al massimo di mostrare all’uomo la verità e tuttavia, se non migliora
l’uomo inteso come categoria, come genere, come super individuo, questa luce della ragione, se si
vuole può consentire alla vittima di guardare in faccia il suo persecutore certificando ed attestando
il trionfo dell’umano e quindi tenendo viva la speranza della salvezza. Un pensiero che fa di questo
dipinto uno dei capolavori assoluti dell’arte di tutti i tempi.

VIDEO 3 – ROMANTICISMO INGLESE


BLAKE
È sia poeta che pittore, il grande William Blake. In Blake la poesia e l’immagine nascono insieme,
le sue sono opere rivoluzionarie, che anticipano quello che ci sarà nel secolo successivo, dove
l’immagine fotografica metterà in crisi la parola. Ai tempi di Blake l'immagine era servile rispetto
alla parola. Blake è autore di un’opera straordinaria “Illuminated Printing” dove non si capisce se
vengono prima le immagini o le parole, i versi martellanti di poesie come “The tiger” o le immagini
mirabolanti.
Newton - Rappresentazione di un uomo nudo con la veste che gli pende da un fianco con un fisico
imponente muscoloso e tuttavia non si mostra nella sua pura evidenza, confondendosi quasi con la
roccia su cui è assiso, non è un uomo in posizione eretta, non sta conquistando il cielo, è
rannicchiato, chiuso, quasi come un feto, assorto in questa materia che cerca di conquistare, intento
nei suoi calcoli. Questa figura rappresenta Isac Newton. Blake è un autore decisamente mistico,
spirituale.
PITTURA DI PAESAGGIO
L’Inghilterra ha i due più grandi pittori di paesaggio dell’Ottocento.
John Constable, conosciuto come il pittore delle nuvole che ha parafrasato il pensiero di Eraclito
per cui non ci si bagna due volte nelle acque dello stesso fiume, ma con riferimento alle nuvole
dicendo che non esistono in cielo due nuvoli uguali.
La novità non sta in questo riferimento, ma nel fatto che Constable le nuvole le guarda, trascorre il
suo tempo gli occhi in su. Sino ad ora il paesaggio è stato un paesaggio di invenzione, l’abbiamo
visto nascere nella pittura fiamminga e italiana tra la fine del 500 e la metà del 600.
Quei dipinti nascevano nello studio, pensate per esempio alla fuga in Egitto di Annibale Carracci; il
passaggio che vediamo sullo sfondo è un paesaggio idealizzato, sognante, letterario che non poteva
che nascere nel chiuso dello studio. Gli artisti a quel tempo non avevano grande contatto col mondo
esterno e la pittura non veniva giudicata tanto in ragione della sua verosimiglianza quanto piuttosto
in ragione della sua letteralità.
Constable due secoli dopo il vero lo studia prendendo appunti, facendo schizzi, realizzando
acquerelli, per lui le nuvole non sono lo sfondo su cui animare una fiaba o un soggetto mitologico,
le nuvole il soggetto stesso della sua rappresentazione e questi soggetti Constable cercherà il colore
locale, cioè si renderà conto di come esempio le foglie di un albero non abbiamo tutte lo stesso
verde metallico convenzionale della pittura del 600, ma abbiamo tinte continuamente variate in
ragione della diversa incidenza della luce sulle superfici.
Con lui il cielo diventa il principale organo del sentimento, diventa la tavolozza su cui l’io
tormentato dell’artista scrive la sua storia amorosa, una storia che spesso si svolge con toni pagati
senza tinte particolarmente forti e squillanti.
Studio di nuvole a cirri
William Turner invece dipingerà le tempeste, gli estremi, le visioni tormentate, agglutinate, violente
e vorticose, le visioni sublimi. Amico e coetaneo di Constable, ne seguirà le orme però andando
oltre. Turner gira tutta l’Europa: la Svizzera, Francia, Germania, Italia animato da una fame di
conoscere; intendiamo la conoscenza visiva, conoscere paesaggi nuovi, paesaggi suggestivi, ma
anche le opere dei grandi artisti del passato. I suoi lavori più belli sono quelli in cui coglie
l’intelligenza delle nuvole delle albe, dei tramonti, il fuoco della natura, l’incendio di Londra, le
tempeste, il turbinare; queste sono le opere dove lui si confronta non tanto con un sublime sublime
letterario quanto con un sublime romantico, statico o dinamico in cui l’uomo è piccolo rispetto a un
cosmo che lo circonda e lo sovrasta. Le sue opere anticiperanno la pittura impressionista per la resa
così spontanea, veloce, dinamica della natura senza l’ indifferenza impressionista al soggetto e
piuttosto con la tendenza a interpretare la natura come lo specchio scuro su cui l’artista riflette il
proprio universo interiore, cupo violento e tormentato.

VIDEO 4 – GERICAULT
Il Romanticismo francese sarà il padre del Romanticismo italiano.
Se il Romanticismo inglese di Constable e Turner cerca il sublime naturalistico mentre quello di
Blake e Füssli si interessa di fatti letterari(fa rivivere il passato e dà di esso un’interpretazione
sentimentale,affettiva,romantica) ,in Francia è diverso: si avverte l’influenza di fatti che cambiano
la vita del paese e da lì si diffonderanno in tutta Europa: i moti della Rivoluzione Francese e post-
rivoluzione,il periodo del terrore e le campagne militari di Napoleone e la costituzione del suo
impero.
Il Romanticismo francese parte con la memoria breve dell’evidenza di questi fatti, dunque il
concetto di eroismo non è un concetto astratto da rinvenire nel protagonista di un poema o in una
divinità nordica, quanto piuttosto è da rinvenire nel presente. Nasce un’attenzione ai fatti, alle
circostanze, alla storia che configura il Romanticismo francese come storico, attento all’oggettività,
che anticipa la temperia culturale realistica.
Questo è particolarmente evidente in un artista che del Romanticismo francese è il padre : Theodore
Géricault. Nasce nel 1791 da una famiglia abbiente e morirà i primi decenni dell’800. La sua
famiglia benestante gli permette di studiare, di partecipare al Prix de Rome( che non vincerà) e di
studiare a Roma per un anno, fondamentale per la sua formazione poiché si confronta con Raffaello,
con Caravaggio, i quali erano stati già numi tutelari per Jacques-Louis David a cui Gericault
inizialmente era simile, essendo un artista neoclassico .Ad esempio ne “La cattura di un cavallo
selvaggio nella campagna romana” troviamo una miriade di riferimenti alla pittura classica: per
esempio i capelli del giovane son molto simili a quelli presenti nel Grifonetto di Raffaello, oppure il
cavallo che ricorda i cavalli dei Diòscuri .Nelle opere del primo Gericault il movimento è quasi
fermato, bloccato da una linea di contorno dinamica ma che non lascia alcuno spazio alla fantasia.
La linea circoscrive, delimita, definisce. L’immagine di Turner è carica di colori, percepiti
istintivamente, immaginati dall’osservatore. Gericault è invece ancora legato alla linea, tipico del
Neoclassicismo.
Gericault intende la pittura come la campagna militare di un condottiero, come un’arma di difesa e
insieme di offesa.Picasso affrontò i tedeschi a testa alta attraverso la Guernica. Gericault realizzò
un’opera equivalente ad essa.

Gericault realizzerà un’opera che è l’equivalente del Guernica di Picasso, quest’opera è il


cosiddetto “Naufragio o Zattera della medusa”.
Un dipinto enorme, lungo quasi 8 metri e alto 5 metri. Fu pensato per commemorare un evento
drammatico: il naufragio di una nave francese lungo le acque dell’oceano Atlantico, nei pressi della
costa della Mauritania. Fu un fatto storico, ma il passaggio dalla storia intesa come cronaca alla
storia universale (“Fucilazioni del 3 Maggio” Goya) è veramente rapidissimo. L’immagine della
zattera con tanti naufraghi sopra che sventano le mani in cerca di aiuto, immagine diventata
tristemente comune, che grida vendetta se si pensa ai migranti del Mediterraneo. Quest’immagine
oltre essere un fatto di cronaca è un fatto universale: la barca è simbolo di una collettività ampia e
diffusa (es. il naufragio della costa concordia). La zattera in balia delle onde si riferisce al presente
del suo paese che evidentemente Gericault considerava una nave senza nocchiere in tempesta, si
riferisce anche al confronto tra l’uomo e la natura anche se questo confronto che nel dipinto è
esplicito è più spostato sul versante della dignità umana che non su quello romantico del genio che
sfida la natura. Il genio, l’eroe sfida la natura da solo, qui si sta rappresentando una compagine
quindi l’affetto sociale dell’opera è maggiore rispetto alla sua carica espressiva e all’eroismo tipici
dell’arte romantica.
Questa nave francese si era incagliata nella costa della Mauritania, un gruppo di ufficiali va sulle
scialuppe che bastano per loro, un altro gruppo di persone rimane sulla nave trasformando una parte
della nave in zattera. Sono oltre 100 persone che rimangono in balia delle onde per 15 giorni, molti
muoiono e quelli che sopravvivono lo fanno a costo di andare contro l’umanità cioè a costo di
mangiarsi a vicenda. Si susseguono una serie di fatti orribili (es. il cannibalismo) che potrebbero
essere insabbiati se non fosse che uno dei passeggeri della nave scrive un pamphlet dove racconta la
storia accaduta. Gericault pensa di dire la sua, rappresentare i fatti, quindi con un senso di
oggettività tipico del cronista, chiama anche i fabbri che costruirono quella nave e si fa costruire un
modellino di grandi dimensioni della nave. Fa posare amici, parenti e perfino Delacroix; lavora a
questo lavoro per 8 mesi e alla fine realizzerà questo dipinto che creerà sconcerto nel Saloon (luogo
in cui gli artisti francesi si confrontano col pubblico).
Descrizione dell’opera
In quest’opera è possibile vedere la zattera, e tutt’attorno ad essa le onde, sotto ad un cielo grigio e
tempestoso; evidentemente, difatti, soffiava un vento molto forte, un vento che tende una vela e
tende anche le corde che la legano alla barca. Viene dunque a crearsi come un triangolo, a cui si
contrappone una seconda piramide, meno perfetta e precisa e anche più piccola della prima, e
questa seconda piramide è composta dagli uomini. La scena rappresentata è attentamente studiata
da Gericault, che, difatti, dopo tanti studi, decide di rappresentare il momento in cui i naufraghi
vedono all’orizzonte una nave, nonché l’Argus, che potrebbe soccorrerli; gli uomini sono dunque
legati gli uni sugli altri, e raccolgono (mentre alcuni sono già morti e giacciono) le loro forze
reciproche, tendendosi verso quest’uomo di colore che, assieme ad un altro, si è tolto la camicia, e
la stanno sventolando nel tentativo di farsi raggiungere dallo sguardo della nave, che non è altro che
un puntino all’orizzonte, talmente piccole sono le dimensioni in cui viene rappresentata. Se non che
la nave non li avvista e i naufraghi rimarranno ancora altri giorni, e alla fine, tra più di 100 persone,
soltanto 10 rimarranno in vita. Da questo dipinto possiamo dipinto possiamo difatti anche trarre
l’esito della questione (il mancato avvistamento), in quanto basta fare una semplice equivalenza fra
le due piramidi, quella umana e quella formata dal vento, per capire che il vento prevale, e che
queste onde che si gonfiano lungo la riva dell’orizzonte, nel varco di un volgersi brevissimo di
tempo, sposteranno la zattera aldilà del campo visivo dello spettatore. Non può esistere un
confronto: la natura è immensamente più forte dell’uomo, e l’uomo, che si crede capace di imprese
incredibile, come difatti è, in ultima istanza contro questa forza prepotente e cieca, in quanto la
natura (proprio come ci insegna Leopardi in una sua Operetta Morale) è indifferente al destino
umano, e l’uomo di fronte ad essa può davvero molto poco, se non nulla. Questo però non si traduce
nel fatto che questi uomini siano dei perdenti; per esempio i corpi di queste figure, che pure
sembrano provate da giorni e giorni di sete, non siano affatto macilenti, ma si conservino ancora
tonici, sodi e muscolosi. Questo rappresenta un’incongruenza rispetto al realismo di fondo, ma che
si spiega con l’idea di rendere la forza, la tensione eroica di queste figure, che si stagliano contro la
forza avversa: le onde del mare potranno pur travolgerli, ma questo non limiterà in nulla la loro
grandezza, anzi ne sarà la prova, così come sarà la prova della loro capacità di venirsi incontro e di
superare le diseguaglianze, il che nel dipinto è sottolineato dalla diversità nel colore di pelle fra gli
uomini, che comunque non rinunciando allo stare insieme, alla compartecipazione, superando le
differenze. Alla fine, dunque, coloro che resteranno in vita avranno guadagnato da quest’esperienza
dal naufragio l’importanza della comunione e della collaborazione fra gli uomini, di legarsi in
“social catena”, nel tentativo di vivere nel modo più umano e più dignitoso possibile, anche di
fronte a una forza insormontabile come la Natura. Questo potrebbe essere uno degli insegnamenti
del capolavoro di Gericault, che, nonostante abbia 29 anni quando realizza quest’opera, dimostra
già una maturità straordinaria, che lo porta, come accade solo a pochi (per esempio a Goya), a
superare i confini dello spazio e del tempo e ed anticipare quello che accadrà in Francia nei decenni
successivi. A seguito di un esaurimento nervoso difatti l’artista, grazie anche ad un suo amico
medico presso cui si cura, ha l’occasione di frequentare un ospedale psichiatrico, e qui realizza una
serie di ritratti; avrebbe dovuto realizzare 10 tele, ma ce ne sono arrivate soltanto 5, e sono ritratti
fisionomici. Vi è per esempio una donna con la monomania dell’invidia, oppure un alienato con la
monomania del comando, un ladro, un pedofilo e una giocatrice. Si vede, nello sguardo, nelle
posture del volto e nelle smorfie che queste figure assumono, così nel trattamento impietoso della
loro fisionomia e del loro abbigliamento, l’artista stia guardando con occhi quasi da medico,
scrutandole e cercando di restituircele nella loro realtà, nella loro verità e nella positività della loro
esperienza. Probabilmente vi è dello scientismo in questo ingenuo, ma tuttavia è di una ingenuità
ancora non violata dal vizio e dall’abitudine, che rendono questo giovane artista, morto troppo
presto, straordinariamente vicino ai giorni nostri.
VIDEO 5 – ROMANTICISMO ITALIANO
Il romanticismo tedesco e inglese sono innervati di motivi storici e letterari, mentre il romanticismo
francese ha un carattere più spiccatamente politico.
Questo carattere è quello che viene recepito in Italia, dove la stagione romantica non so ha negli
anni in cui Gericault, Delacroix dipingevano i loro capolavori, quanto in un periodo un po’ più
tardo.
In quegli anni c’è già un grande artista italiano, Hayez che inizia a rappresentare soggetti storici che
possono essere ricondotti alla temperie romantica.
Episodi storici minori, secondari diventano l’argomento principe dell’arte italiana e si celano di
tratti insurrezionisti, quando gli artisti rappresentano un tema di questo tipo si capisce che si stanno
riferendo a fatti cronaca, di attualità.
Il linguaggio di Hayez nelle sue prime opere è ancora un linguaggio neoclassico, quasi come un
David, ci muoviamo sempre in un ambito formale che si richiama alla tradizione antica.
Il linguaggio è ancora neoclassico ma i temi sono romantici, ad esempio la fanciulla un po’ triste e
malinconica con il suo vaso di fiori in parte avvizziti, come la sua condizione fisica e sentimentale.
Ma c’è un’opera di Hayez emblematica dell’arte: Il Bacio.
È un dipinto realizzato in un momento estremamente caldo, siamo nel 1859. Siamo poco dopo la
seconda guerra d'indipendenza, dopo le vittorie di Magenta, Solferino e San Martino. Napoleone III
e il futuro re d'Italia che già pregustano la sconfitta del nemico, ma entrambi non immaginano cosa
sarebbe accaduto di lì a poco e cosa avrebbe significato per lo scacchiere europeo la caduta del
secolare Regno di Napoli, per non parlare della caduta dello Stato pontificio e la creazione di uno
stato unitario comprendente l'intera penisola e le isole. Quindi il periodo è caldo, ma il soggetto in
sé, visto alla lontana non sembra avere un riferimento diretto a quel momento. Se poi lo guardiamo
con attenzione, ci accorgiamo che il dipinto ci rivela tanti dettagli che altrimenti ci sfuggirebbero.
Ci troviamo in uno spazio vuoto, da un lato si intravede una porta, guardando attentamente, in
lontananza, in penombra vediamo il mezzo Busto di una serva, quindi di una donna che sta
scendendo le scale. In realtà, non si sa che è veramente una serva, potrebbe essere la madre della
sposa o la padrona di casa, ma di sicuro è un terzo incomodo. Un soggetto che o è stato colto di
sorpresa dall'occhio indiscreto dell'osservatore oppure è stato il soggetto stesso indiscreto e ha
pensato bene di allontanarsi e togliere il disturbo durante questo idillio così sentito e appassionato.

Se tracciamo le diagonali del dipinto ci accorgiamo che queste seguono le linee sinuose del corpo di
una donna che si abbandona ad un bacio appassionato, un bacio in cui lei, la sua fisicità e la sua
anima si fondono in un unicum, in un insieme indissolubile con un'altra figura, che sembra quasi
avvolgerla con il suo manto.
Questa figura coprente è misteriosa, non la distinguiamo. I capelli sono coperti dal capello, il volto
pure è nascosto. L'unica parte visibile sono le gambe, che si stringono all'amata, come in un
amplesso. Le due figure sono così vicine che si capisce che non vogliono allontanarsi l'una
dall'altra. Però, l'apparente stabilità in cui si trovano(contrassegnata dalla composizione e dalla
corrispondenza delle linee della composizione con le linee principali e la figura stessa del gruppo
principale) viene messa in discussione dalla posa precaria dell'uomo. Dove la donna si abbandona,
dall'altro l'uomo sembra lì lì per partire, vediamo uno dei piedi poggiati su uno scalino(quindi
l'uomo è pronto ad allontanarsi dalla donna per andarsene) e vediamo anche i vestiti che indossa,
perché non si è tolto il mantello(se avesse intenzione di rimanere con la donna, non lo avrebbe),
evidentemente sta per andare. Ma per andare dove? Di certo non per qualcosa di divertente,
amichevole(il prof dice "di certo non sta andando a giocare a 3 7 con gli amici), lo capiamo dalla
presenza del pugnale. Quindi chi è quest'uomo misterioso? Probabilmente un carbonaro, un
conspiratore o meglio un patriota che sta sacrificando la possibilità di stare con la sua amata in
nome di un ideale più grande che lo chiama.
Inoltre, le due figure sono collocate in basso, implicando un passaggio di stato, che non coincide
con la porta, che significherebbe scendere, poiché al di là della porta vi è l'oscurità, magari felice,
magari serena, ma non è questo il destino che tende l'uomo. Lui deve andare, deve partire e fare il
suo dovere, che è quello di salvare la patria. Possiamo leggere quest'opera come grande omaggio
all'amor di patria e magari anche un sentito ringraziamento a chi sta rendendo possibile l'avverarsi
di un sogno.
In più, i colori della composizione sono l'azzurro, il rosso e il bianco, ovvero quelli della bandiera
francese.
Ora, consideriamo che quest'opera, ospitata nella Pinacoteca di Brera, è il primo dipinto di questo
soggetto. Lo acquistò il nobile milanese Visconti, che poi alla sua morte lo dono alla Pinacoteca di
Brera in cui ora si trova il dipinto.
Però, Hayez realizzò altre versioni di questo dipinto, ne realizzò 3 o 4. La terza è un po' più piccola,
sembra quasi uno studio preparatorio, un bozzetto dell'opera. In queste altre versioni anche i colori
del dipinto cambiano. Quando l'unità d'Italia è già stata fatta, le vesti dei due giovani diventano
un'immagine parlante della bandiera italiana. Quindi quell'antica contrapposizione tra amore come
dilezione individuale e amore di patria non si dà più. Queste due persone non si separano,
continuano a rimanere legate attraverso questo bacio appassionato. Vediamo lei che si perde in lui e
lui che si appoggia in lei, non c'è quindi più alcuna tragedia, c'è semplicemente il desiderio di
realizzare un sogno, che è allo stesso tempo un sogno d'amore per la propria amata e un sogno per
l'unità. Vediamo anche come con questo abbracciarsi, con questa ricerca di comunità si fa
riferimento anche al tentativo di unire i territori d'Italia ancora separati, ancora divise a causa
dell''oppressione dello straniero. È chiaro che Hayez ha realizzato un'immagine ionica, tanto iconica
che quando si dovrà realizzare un'immagine per i baci perugina, un artista futurista si ricorderà di
quest'opera. Oppure pensiamo a Klimt e al suo bacio. Il romanticismo italiano non ha prodotto
granché, ma Il Bacio di Hayez lo riscatta.

VIDEO 6 – DELACROIX
Se Gericault fu l’anello di congiunzione tra Neoclassicismo e Romanticismo, Delacroix è l’artista
che si libera definitivamente da ogni residuo neoclassico, la sua arte perde compostezza formale,
senso dell’equilibrio. La differenza di fondo tra Gericault e Delacroix è il colore: se in Gericault
abbiamo ancora delle figure che rimandano a delle statue, questo in Delacroix non c’è più, l’artista
è cambiato, pur avendo avuto la stessa formazione, perché anche lui va a bottega preso un pittore
neoclassico, ma le fonti a cui si ispira sono diverse. È curioso rispetto a quello che si fa all’estero, è
Delacroix a portare l’Inghilterra in Francia, rimanendo conquistato dalle nuvole lattiginose di
Constable. Delacroix abbandona lo studio in laboratorio, quell’ambiente segreto in cui l’artista
distillava la realtà senza vederla. Constable gli insegna che non esiste una nuvola uguale all’altra e
questa è una verità che richiede esperienza come anche richiede esperienza la nozione di colore
locale, quello smorzarsi di tinte che non dipendono tanto dall’equilibrio tonale della composizione,
quanto dal modo in cui il colore varia, a seconda della luce dello colpisce. La rivoluzione che porta
ad uscire da questo ambiente coperto iniziata da Constable ha un effetto dirompente su Delacroix,
ma questo non significa che lui non si fondi sui grandi maestri del passato, per esempio Gericault
ammirava enormemente la pittura di Michelangelo e questo amore Delacroix lo condivide, ma non
c’è solo Michelangelo, c’è l’effervescenza carnosa dei nudi di Rubens e l’effervescenza coloristica
di Tiziano. In Delacroix noi troviamo tutto, un disegno classico tradizionale che però viene corroso
all’interno da una propensione a usare il colore in assoluta libertà e soprattutto in rispondenza a
logiche percettive.
LA BARCA DI DANTE: opera giovanile, è la commemorazione di un episodio dell’Inferno, tipico
tema da artista romantico. Vediamo Dante e Virgilio in mezzo a un fiume con un nocchiero visto di
spalle che spinge la barca, mentre figure di dannati si aggrappano a essa, suscitando lo sconcerto di
Dante. Le figure sono monumentali, imponenti, michelangiolesche, per esempio la donna ricorda
una figura presente nelle tombe medicee (il giorno e la notte, l’aurora e il crepuscolo, dovrete
scoprire voi di quale figura di tratta). Poi l’acqua tutt’intorno, la spuma, i bagliori rosseggianti del
cielo, l’atmosfera plumbea ci dicono di un’attenzione all’ambiente che è nuova, diversa ed è
mediata da quanto si faceva in Inghilterra. La novità sta in tocchi di colore puro, secondo una
modalità espressiva che lascerà traccia soprattutto nelle sue opere più mature, perché impressionerà
gli impressionisti, che a volte guarderanno più a lui che non a quella natura da cui si dicono stregati.
LIBERTA’ CHE GUIDA IL POPOLO: è il suo capolavoro, ambientato nel 1830 e nel comune di
Parigi, il re affidò il governo a Jules De Polignac e dato che egli perde le elezioni pensa di rimediare
con delle norme liberticide, scioglie il parlamento, fa una nuova legge, toglie la liberà a un paese
che per questa libertà aveva fatto le brigate. Questo dipinto è un omaggio alla “Zattera della
Medusa” di Gericault, ci sono anche delle esplicite citazioni, anche se è un dipinto realizzato in
meno tempo e meno monumentale, non per quanto riguarda le figure che giganteggiano ma
piuttosto per le dimensioni poiché il dipinto di Gericault aveva dimensioni sicuramente maggiori
rispetto a questo dipinto. In comune però questo dipinto e “La zattera della Medusa” hanno la
composizione piramidale, c’è una linea che parte dal basso attraversa il fucile risale lungo il drappo
sostenuto da questa figura femminile per poi riscendere lungo il suo braccio teso, attraversare il
corpo di questo giovane e quasi venir fuori dalla canna della pistola che il ragazzo armato tiene. In
basso troviamo un campionato di morti e feriti (simile a quelli che so trovano nella “Zattera della
Medusa”) magari a figure rovesciate, c’è persino la citazione della gamba di uomo nudo con calzino
che abbiamo già ritrovato in quel dipinto, sebbene le posizioni delle figure siano invertite. Ma in
quel dipinto abbiamo ritrovato due piramidi, ciò che si inscenava in quell’opera era lo scontro
titanico, già deciso in partenza, tra la natura, la quale era rappresentata dalle corde tese e dalla vela
della barca che indicavano la direzione del vento e delle onde per sospingere la nave fuori dalla
cornice della tela e la piramide umana è l’altra, ossia quelle figure di straccioni indeboliti che si
aggrappavano faticosamente l’uno sull’altro e con le ultime forze residue sventolavano la camicia
nella speranza di farsi riconoscere dai soccorsi. Nel dipinto di Delacroix non c’è confronto uomo-
natura c’è soltanto l’uomo, non c’è neanche la comunità che si afferma, mentre nella “Zattera di
Medusa” già dal titolo, zattera, ha la comunità per tema. Qua infatti, invece il protagonista è unico,
non tanto la comunità intesa come insieme quanto intesa come unità personificata in una figura, se
questa fosse un’opera letteraria sarebbe una prosopopea poiché si personifica la Libertà,
rappresentata come una eroina, la Marianne, una donna seminuda con tanto di berretto frigio, il
berretto della rivoluzione, che sventola la bandiera francese tricolore (rosso, bianco e blu, colori che
sono sparsi per tutto il dipinto). Questa donna è la prima donna nuda in un soggetto storico, è
l’immagine della Libertà che l’artista sceglie attentamente. A prova di ciò poco tempo prima è stata
rinvenuta la Venere di Milo, una venere anadiomene, attualmente ospitata al museo del Louvre, e
lui rappresenta la libertà con la stessa posa e la stessa fattezza e con il seno scoperto a voler indicare
che questa donna è la madre
Del popolo e dietro di lei c’è tutto il popolo unito con una rappresentanza sindacale che include
tutte le classi sociali (dal contadino all’uomo in bombetta, ai giovani e ai vecchi, agli uomini e alle
donne) tutti insieme formano una piramide umana che insieme un’onda lunga, una marea montante
e inarrestabile del popolo che avanza e a cui niente e nessuno potrà mai opporsi (secondo l’autore).
Essa è un’immagine con uno sfondo che si può immaginare, si distinguono le torri di Notre Dame
però potrebbe essere una qualsiasi città, quindi l’artista ottiene l’effetto di parlare del suo tempo ma
contemporaneamente anche rappresenta ciò che è al di là della sua epoca, riesce a creare una
immagine universale che infatti verrà ripresa, ad esempio, nel “Quarto Stato” di Pelizza da
Volpedo, dove si vede l’avanzare del quarto stato del proletariato (con operai, donne che stringono
ancora il proprio bimbo in petto) ed è una immagine che avrà anche altro seguito successivamente.
Questa immagine ottiene questo effetto proprio grazie a questo fondo che deriva direttamente dalla
pittura di Constable e i suoi studi di nuvole. Questo bianco lattiginoso mescolato al grigio e a
svariate tinte di azzurro è il colore tipico di Constable che aveva sperimentato, per esempio, anche
nel cielo del “Massacro di Scio”.
“Il rapimento di Rebecca” è un'altra opera di Delacroix realizzata nel 1846.
DECORAZIONE DELLA CAPPELLA DELLA CHIESA DI SAINT SULPICE: saranno le sue
ultime opere, la chiesa si trova nel centro della città di Parigi e venne decorata con due enormi
dipinti che poi di fatto sono dipinti olio e cera su intonaco. Soprattutto “La lotta di Giacobbe con
l’angelo” è un dipinto straordinario per l’accostamento di colori, magenta, giallo e blu cien, ossia i
colori primari, che sono messi accanto in modo puro creando una immagine estremamente vivida e
luminosa brillante che influenzerà tantissimo i pittori impressionisti, facendo di questo grande
artista il padre segreto del movimento che rivoluzionerà la storia della pittura.

VIDEO 6,7 – COUBERT


Il realismo è una corrente nata in Francia negli anni 40 dell'Ottocento che, prima ancora della sua
nascita, era già presente nelle opere di autori come Gericault: “I ritratti degli Alienati” cioè una
sorta di ritratto spirituale dell'artista nel quale, all'esortazione del passato, si sostituisce l'attenzione
alla fisicità dell'individuo e alla resa dei tratti caratteriali; si cerca di fare in modo che è la pittura
parli. Fino ad allora la pittura non parlava del presente, infatti sia il romanticismo che il
neoclassicismo sono correnti culturali che poggiano sul concetto di memoria, rievocazione. L'arte
veniva intesa come una sorta di realtà separata e distante rispetto al presente che non veniva
considerato degno di interesse. Dopo il terzo decennio dell'Ottocento inizia ad essere messo più in
evidenza il grande difetto del romanticismo e del neoclassicismo ovvero il fatto che trattano di cose
non reali. In questo periodo viene inventata la fotografia che permette di fissare dei concetti che
sono vietati alla parola Poiché la fotografia ha una forza descrittiva maggiore rispetto alla parola
che inizia ad entrare in crisi. Insieme alla parola entrano in crisi le opere d'arte del romanticismo e
del neoclassicismo poiché considerate vuote e prive di significato. Inoltre in questo periodo l'arte
inizia ad essere compresa da tutti (democratizzazione dell'arte), non è più un fatto riservato a pochi
intellettuali ma è un fatto comune e condiviso. Nascono le mostre pubbliche, gli artisti diventano
personalità pubbliche come Gericault che realizza “La zattera della medusa” proprio perché vuole
incidere sulla vita politica e sociale del suo tempo, vuole dare il suo contributo e vuole dire,
mediante le sue opere, la sua idea di società. L'arte neoclassica si rivolgeva ai principi e ai sovrani,
l'arte romantica si rivolge alle masse, infine l'arte realista diventa democratica (cioè sono molto di
più le persone in grado di comprenderla) anche perché la società è diventata più vasta (anche grazie
alla rivoluzione industriale). La pittura ormai deve dire la verità, sembra una cosa assurda perché la
pittura è finzione ma non lo è se noi intendiamo questo dire la verità come una partecipazione attiva
dell’intellettuale. Già l’intellettuale romantico ha acquistato una sua dignità, una sua posizione
perché questo artista è un genio che ha potere, un potere che gli artisti non avevano dai tempi dei
grandi artisti del Rinascimento come Michelangelo, Leonardo e Raffaello. Partendo da questa
invenzione, si generano degli sconvolgimenti ulteriori perché per esempio si mettono in crisi i
pittori della Domenica, per fare il pittore bisognerà essere davvero capace e motivato e soprattutto
bisognerà farsi da se, anche in campo artistico nasce il concetto di “salfmade artist”. Coubert è il
primo artista che si fa da sé, un’artista totalmente irregolare che proviene da una famiglia di
possidenti, studia pittura ma come gli aggrada cioè non ha una vera e propria ossessione come era
stata propria ad esempio di David.
La scuola di Coubert è la natura, una natura che lui impara a conoscere e ad apprezzare grazie ad
una esperienza che avviene in Francia a partire dagli anni 30 ma forse anche un po’ prima e cioè la
nascita della cosiddetta École di Barbison cioè una scuola. Una serie di artisti decidono di stabilirsi
in quel paese per dipingere la natura, immersi nella natura, questi sono artisti giganti che iniziano a
dipingere all’aria aperta, guardando la natura e lasciandosi compenetrare dalle forme della natura.
Questo lo aveva già fatto John Constable, l'artista non è più isolato in un'isola sperduta nel mare del
nord, ma sono un gruppo di artisti che iniziano a lavorare insieme e che a partire dagli anni 40
hanno anche uno straordinario alleato: il tubetto di zinco. Prima i colori, quando si andava a
dipingere all'aria aperta venivano conservati dentro sacchi fatti con le interiora di maiale, dunque
non era una modalità comoda, i colori si deterioravano. Adesso gli artisti con questa invenzione
possono portarli con sè e mettersi a guardare il paesaggio e dipingere senza problemi.
Gli artisti si mimetizzato con la natura, questa attenzione verso la natura influenza Courbet, ma a lui
non interessa solo la natura o il paesaggio, lui è consapevole che guardando solo alla natura si corre
il rischio di fare un'arte idealizzata. A Courbet interessa altro, vuole che tutto ciò che era nascosto
venga svelato, vuole che i contadini o gli spaccapietre con il loro umile lavoro rivelino la loro
condizione

Lo Spaccapietre:
Rappresenta un contadino in ginocchio intento a frantumare dei grossi massi a suon di braccia senza
l'ausilio di spinte meccaniche, è lui il motore del martello attraverso cui trasforma i grandi massi in
ciottoli più piccoli.
L'artista indugia sulla resa della fatica, lo spaccapietre è rappresentato come una molla in tensione,
la sua linea in parte asseconda le diagonali del dipinto, in parte la contraddice proprio per
evidenziare la fatica e la ripetitività del gesto. Noi non lo vediamo in volto, lo vediamo soltanto
come una macchina che lavora e questa è un'interpretazione disumanizzante in cui i connotati
individuali e l'umanità della figura è messa tra parentesi. Le condizioni di questo spaccapietre non
sono floride. Osserviamo i pantaloni logori e rattoppati, le calze rotte quindi le scarpe piene di
polvere, le mani callose e ossute.
Ci addentriamo pure nella sua vita privata, su quella che sarà la sua pausa pranzo: in alto a sinistra
c'è un pane duro, con la crosta.
Dipinto il seppellimento a Ornano:
È una processione dove noi vediamo una compagine ben assortita di contadini, di gente semplice in
abito della domenica con tutta la goffaggine di gente che indossa una veste quasi mai usata, con un
atteggiamento innaturale di persone non abituate ai riti e alle liturgie. Eppure Courbet rappresenta il
sacerdote nella stessa postura di Napoleone quando incoronò la moglie. È una vera
disacralizzazione.

Due damigelle sulla riva della Senna:


Courbet rappresenta due ragazze annoiate, una si sta per addormentare, l’altra parlotta guardando il
fiume davanti a sé.
È quindi un'immagine rubata, ottenuta spiando, e proprio perciò l'artista dice che è un'immagine
naturale, che poi le menti giudichino a misura della propria moralità e facciano cattivi pensieri è
normale. I commenti erano molti e piuttosto negativi, c'era chi pensava fossero due prostitute.

Le bagnanti
Una donna che esce mezza nuda da un fiume, dopo essercisi fatta il bagno, l’altra donna è
probabilmente la serva. Qui sfrutta una posa canonica tipica della pittura tradizionale e quella del
noli me tangere, ovvero quella in cui Cristo risorge e la Maddalena gli si getta ai piedi
Abbracciandolo, noli me tangere significa: “non mi toccare, stai lontano”.

Qua si rappresenta mentre sta andando a dipingere sulle scogliere di PALAVÀ in Normandia e
incontra il suo protettore, un tale Bruyas in compagnia del suo servitore privato. La cosa strana di
questo dipinto è che non è l’artista a salutare il suo protettore, ma viceversa è il protettore a salutare
l’artista, il protettore si scappella e il servo, che dovutamente tiene il capo del reclino al suo
cospetto dopo aver anticipato nell’atto di deferenza il suo stesso padrone, è quindi l’artista la star, il
protagonista della rappresentazione ma non in quanto artista romantico bensì in nome della dignità
del suo lavoro, della dignita dell’attività che l’artista stesso svolge.

Altre opere socialmente destabilizzanti possono essere per esempio LE SOMMEIL, in cui sono
rappresentate due donne nude che dormono abbracciate sul letto. Queste sono delle scene che in
pittura non vengono mai rappresentate, forse nella pittura pompeiana ma non certo in quella
moderna. Quindi l’arte sdogana tutte quelle situazioni della vita di tutti giorni anche dell’esistenza
privata e individuale che normalmente non possono essere rappresentate.

L’ORIGINE DU MONDE: da cui è partita anche una controversia su Facebook, poiché l’algoritmo
di Facebook, contatto di denunzia, normalmente oscurava le opere, infatti il primo acquirente di
quest’opera un certo Khalil-Bey, il quale la teneva coperta da un drappo e la mostrava solo
all’occorrenza. Lo stesso fa Il suo secondo proprietario, il famoso psicocritico Jacques Lacan, il
quale crea un complesso meccanismo per cui quest’opera è coperta da un dipinto di Magritte.

Spostandoci però a Parigi al Museo D’Orsay è possibile ammirare questo, come altri dipinti di
Courbet come quello in cui viene rappresentata una donna e un cane che sino a qualche tempo fa
erano chiusi, segregati un po’ come noi oggi in questi giorni difficili in gabinetti privati.

Ma pagherà Courbet tutto questo? Sì pagherà e pagherà non tanto per la sua pittura quanto per il suo
impegno politico negli anni della Comune parigina negli anni 70 dell’ottocento quando sarà uno dei
fautori della distruzione di un simbolo dell’oppressione napoleonica la colonna della vittoria di
Place Vendôme, una colonna di metallo, realizzata fondendo i cannoni predati agli austriaci il quale
diventa un simbolo del potere imperiale. Courbet come Prudhomme era una via di mezzo tra un
anarchico e un socialista e quando poi avverrà la restaurazione politica l’artista dovrà vendere tante
opere per pagare i danni della colonna, avrà dunque un tracollo finanziario, motivo per il quale
finirà anche in gattabuia e sarà costretto all’esilio in Svizzera, quindi alla lontananza da Parigi, ma
la sua arte è stata una delle esperienze fondative ed essenziali della pittura moderna.

Per quanto riguarda la tecnica ed il suo stile non ha una pittura virtuosissima, non è Velasquez, non
è Goya, è piuttosto grezzo nei tratti espressivi però è una pittura che fa sentire in modo straordinario
anche attraverso l’uso di ocra, di terre scure la profondità delle ombreggiature, la pesantezza della
materia, la consistenza della realtà.

VIDEO 8 – IMPRESSIONISMO
Oggi ci occuperemo di impressionismo, un argomento che tutti di sicuro apprezzerete. La cultura
impressionista è la pittura per antonomasia giovane, fresca, brillante con i quadri che sembrano
pulsare di vividi colori tutto l’opposto rispetto alla pittura tradizionale dove forse almeno per
l’osservatore contemporaneo parte della fascinazione è affidata al sapore d’antico, a quella patina
che si deposita sugli oggetti allontanandoli da noi e quindi per contrasto confermandoci nel nostro
essere il nostro essere vivi, nel nostro essere qui ed ora. Quando nacque l’impressionismo? a metà
dell’800 o meglio nella seconda metà dell’800 l’arte aveva subito già importanti rivolgimenti c’era
stata già la rivoluzione romantica prima, la rivoluzione del realismo poi gli artisti erano diventati
consapevoli dell’esistenza di un vero e proprio sistema dell’arte e cioè di una struttura organizzata
composta da svariate figure ciascuna delle quali contribuiva al funzionamento complesso di un
meccanismo predeterminato. Sostanzialmente le relazioni fra artisti e committenti, artisti e pubblico
cambia perché sino ad almeno un secolo prima la committenza era ben circoscritta, era la nobiltà o
alta, altissima borghesia i quadri venivano commissionati direttamente nell’800 non è più così. I
quadri o le stampe vengono alienati e cioè venduti attraverso l’azione di intermediari che in realtà
esistevano già da prima forme di intermediazioni artistiche con tanto di mercanti noi le troviamo già
nelle Fiandre nel 600 le troviamo anche in Italia a quell’altezza le troviamo forse anche un po’
prima. Il punto è che adesso è con la crisi dei sovrani, la crisi della monarchia la crisi del vecchio
sistema gerarchico fondato sulla nobiltà la committenza tradizionale in toto viene meno. Quindi
anche gli artisti devono trovarsi, per così dire, il loro pubblico lo fa Coubert per esempio, un grande
pittore realista che nel 48 (se non ricordo male) organizza una sorta di evento collaterale e parallelo
costruendo, o meglio mettendo su esisteva già lui lo prendo semplicemente a nolo costituendo è il
termine corretto un “padiglion de realism” il verbo corretto un padiglione del realismo dove ospita
esclusivamente la sua produzione per visitarlo bisogna pagare. Attenti: facciamo notare come
questo padiglione del realismo nascesse in concorrenza all’esposizione tradizionale e l’esposizione
tradizionale esistente già dai tempi della monarchia è il “salon” cioè un salone del Louvre che
veniva messo a disposizione perché l’accademia potesse presentare i suoi lavori migliori, questi
lavori potevano pure non provenire dall’accademia però l’accesso al salon dipendeva da valutazione
dell’accademia. Capite che c’è ancora un residuo del vecchio mondo con cui ho bisogna fare i conti
perché l’accademia faceva parte di un vecchio sistema per cui l’arte, da non confondere con il
sistema dell’arte che nasce in questo periodo, dicevo il vecchio sistema per cui l’arte doveva servire
per soddisfare le esigenze rappresentative di una precisa categoria. il sovrano la sua corte, la sua
cerchia perché il presidente dell’accademia rispondeva al sovrano. L’accademia era nata secoli
prima per volontà di Callber (???) allo scopo di offrire dipinti, manufatti, opere d’arte al sovrano e
alla sua cerchia con il passare del tempo perché l’accademia non è più la bottega rinascimentale ma
è una vera e propria scuola si sclerotizza, ci sarà un pittore francese un tale Chal De Brun che
arriverà a inventarsi una sorta di codice per cui le figure nei dipinti a seconda della loro pozione, dei
loro gesti o del contesto in cui vengono inserite assumono dei significati ben precisi che gli
osservatori sono in grado di cogliere. insomma un enorme armadio pieno di trine e vecchi merletti,
un armamentario fornitissimo di forme preordinate ma che i seguaci dell’accademia non potevano
far altro che ripetere staticamente e stancamente. a metà dell’800 questo non si poteva più fare, lo
dimostra la pittura di Courbet, la pittura dei realisti ma lo dimostra il realismo in genere come
fenomeno culturale diffuso e cioè che finisce per investire tutti gli ambiti dell’arte e perché no
anche del sapere. non si può più fare come se non esistesse il popolo, come se non esistessero i
contadini sporchi che courbet mette in fila, in piena mostra nella “funearear ornan “ come David
aveva messo in fila, in bella mostra gli invitati all’incoronazione di Napoleone e della sua regina.
Questa gente ha titolo ad essere presente.
Quindi il Realismo rompe tutti gli schemi, è un pugno molto forte all'Accademia, al vecchio mondo.
Però in sé, venato com'è di istinto politico, rischia di legarsi ad una corrente politica. In fondo l'arte
possono farla i rivoluzionaria, ma nel mondo dell'arte è importante considerare chi comprerà
l'opera. Mettere i contadini in salotto non è per tutti una scelta accettabile. Magari lo poteva essere
nel 1500 o ai primi del 1600, quando si appendevano le opere di Annibale Carracci nelle sale da
pranzo per riderci sopra, oppure nel 1700, quando si commissionavano a Goya dei cartonato per
arazzi in cui i contadini si azzuffavano, ma il tono non è più questo.
E quindi bisogna tenere conto delle esigenze dei nuovi ceti dominanti, ovvero l'alta borghesia e ciò
che resta della nobiltà, che sono bellezza, svago e di leggerezza.
I vecchi modi dell'Accademia non vanno più bene e quindi si cerca un nuovo modo di esprimersi,
che non scontenta nessuno. Ed è qui che nasce l'Impressionismo, che nasce in modo naturale e
spontaneo e non spinto da agenti esterni. Infatti, gli artisti che non si ritrovano più nei canoni, nei
modi dell'Accademia e discutono fra loro di arte e lo fanno nei bar, nei café, ad esempio a Parigi si
riunivano al famosissimo Café Fourbois[pronuncia: furbuà] dove pittori emblematici
dell'Impressionismo come Cezanne, Manet, Degas si riuniscono e discutono.
In Italia avviene la stessa cosa con il movimento dei Macchiaioli, che si riunivano a Firenze al
famoso caffè Michelangiolo(non è un errore di battitura), che esiste tutt'ora.
Questo è un moto di popolo, un moto dal basso, di artisti che non si riconoscono nell'Accademia,
nel Salon e che vogliono fare un'arte nuova, al passo coi tempi.
Tempi che sono caratterizzati dall'industrializzazione, Parigi era chiamata la Città delle Luci, perché
c'era il gas per le strade e quindi ovunque era illuminato, c'era già la metropolitana. È iniziato il
ritmo frenetico della vita moderna, che è iniziato a suono anche di invenzioni sconcertanti, come la
fotografia. La fotografia aveva mandato in pensione tanti pittori di secondo ordine, che magari
dipingevano ritratti di famiglia o illustravano libri(cose che ora è più efficace e conveniente fare
tramite la fotografia).
La fotografia porta con sé tante cose, da un lato è oggettiva, come piaceva ai realisti, dall'altro è
veloce, coglie la realtà nel suo farsi. Pensiamo al fotografo inglese Muybridge, che tramite la
fotografia ricostruirà il movimento dei cavalli. Questo è quello che accade con la rivoluzione della
fotografia.

La fotografia da un lato accontenta i realisti, dall'altro permette di cogliere la realtà con


immediatezza con scientificità. È chiaro che gli impressionisti, nel momento in cui gareggiano con
la fotografia, non dovranno limitarsi ad usarla per risparmiare suoi modelli , ma dovranno fare
qualcosa di nuovo, di diverso. E lo faranno, loro infatti smetteranno di disegnare, o meglio,
disegneranno col colore. Quindi si concentreranno su ciò che vede il loro occhio, non si
concentreranno sulle pose, sui gesti, che possono essere riprodotte dalle fotografie, bensì si
concentreranno sul cogliere l'emozione, il sentimento. Non la realtà come essa è, ma come essa
sembra a chi l'osserva. Un modo più empatico per trasmettere questa vicinanza è l'uso del colore.
C'è un problema, il colore veniva usato il studio, se dovevano andare all'aria aperta dovevano
portarsi il colore a loro rischio e pericolo in guaine di interiora di pecora o di maiale, che
rischiavano di rompersi. Però nella prima metta del 1800, precisamente nel 1841 un ritrattista
americano, un tale John Rand inventa I tubetti di stagno, in cui conservare il colore in emulsione.
Tubetti che sono una rivoluzione per dipingere a contatto con la natura, come volevano i pittori
dell’École de Barbizon, per dipingere in un modo diverso da Constable , che non dipinge più gli
alberi di un verde metallico, ma con infiniti canbiamenti tonali, ma gli impressionisti vanno oltre.
Constable usava l’acquerello e poi calibrava i toni, gli impressionisti invece tutto in un'unica seduta,
non c’è piu colore tonale, bensì forti accostamenti fra colori complementari, che acquistavano così
in brillantezza.
Gli impressionisti si dimostrano così in linea con le ultime novità della scienza.
Anche Tiziano sapeva che accostando rosso e verde crea una vera e propria esplosione visiva.
Quindi non più chiaroscuro, preparazione attenta delle ombre e delle luci, ma le ombre stesse
cambiano, non ci sono più le ombre grigiastre della vecchia pittura accademica.
Es. sulla neve ora ci sono ombre viola, gli impressionisti infatti colgono ciò che l’occhio di una
persona pensante e sensiente vede, che si lega contemporaneamente con il suo cuore, in modo che il
colore che osserva si fonde con il suo stato d’animo, in una sintesi veloce, bruciante, volta a
cogliere l’attimo.
In una mostra del 1874 presso l’atelier di Nadar, prima degli impressionisti, autofinanziata da
ciascun artista, si presentano al mondo, LeRoy vedendo questa mostra si sofferma su un quadro di
Monet, “Impressione, levar del sole”, e dice in maniera elegante che la mostra fa schifo, usa proprio
il titolo dell’opera(“Impressione”) di Monet in modo dispregiativo per criticare gli appartenenti a
questo movimento artistico, da qui nasce il termine Impressionismo.

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