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I principi generali dell‟attività amministrativa

Legge del 7 agosto del 1990 (legge 241): all‟inizio due diversi disegni di legge, “legge sul procedimento” o “legge
procedimentale”, dettava sia nuove norme sul procedimento sia disciplinava il diritto di accesso ai documenti
amministrativi.

Con il suo articolo 1 indicava alcuni principi generali dell‟attività amministrativa (LEGGERE): come rubrica dell‟art
troviamo “principi generali dell‟attività amministrativa”. In verità quando la legge 241 nacque non c‟era traccia di una
rubrica di questo tipo e soprattutto non erano indicati tutti i principi generali dell‟attività amministrativa che oggi
ritroviamo, perché questa legge sul procedimento amministrativo sarebbe stata poi nel tempo modificata dal
legislatore attraverso una serie di interventi legislativi di vario tipo (apportati con legge, con decreto legge poi
convertito, con decreto legislativo). Dal 1990 sino ad oggi questa legge 241 è stata più volte modificata. Nella storia
legislativa legata al diritto amministrativo, che va dal 1990 a oggi, c‟è stata un‟occasione in cui tale legge è stata
fortemente modificata (la struttura di base è rimasta quella però sono state introdotte diverse altre disposizione
rispetto alla sua versione originaria). Questa tappa di evoluzione della legge 241 risale al 2005. In tale anno venne
approvata la legge numero 15 che andava a introdurre tutta una serie di modifiche alla legge sul procedimento
amministrativo e quest‟ultima sarebbe diventata anche legge sul provvedimento amministrativo perché il legislatore
statale del 2005 introduce nella legge 241 un nuovo intero capo (ce ne accorgiamo anche della numerazione,
perché questo capo è quello che sta tra i capi 4 e 5 della legge 241 del ‟90, e per collocarlo li il legislatore lo ha
denominato capo quarto bis. Infatti dopo l‟art 21 che chiude il capo quarto della legge 241 si trovano gli articoli 21
bis, 21 ter, 21 quater, … e dal settembre 2020 è stato introdotto il 21 deces. Il capo V si apre con l‟art 22. ) nel 2005
l‟aggiunta di questo contenuto ulteriore nella legge 241 non riguarda tanto il procedimento amministrativo ma il
provvedimento amministrativo. Quest‟ultimo è quell‟ultimo atto che chiude il procedimento amministrativo ed è un
atto amministrativo, cioè che proviene dalla pubblica amministrazione, che ha la capacità di produrre all‟esterno
effetti giuridici. Come la legge chiude il procedimento legislativo ordinario, il provvedimento amministrativo chiude il
procedimento amministrativo. Le regole che ritroviamo nel capo IV bis della legge 241 del ‟90 disciplinano alcuni
aspetti del provvedimento amministrativo, in particolare l‟efficacia del provvedimento amministrativo e la sua validità
(o invalidità). Sull‟efficacia valgono le stesse considerazioni viste a proposito della legge (cioè l‟efficacia dal punto di
vista giuridico è la capacità di un atto di produrre effetti sull‟invalidità/validità del provvedimento). Nel 2005 nel far
questo il legislatore (parlamento), con la legge 15, non si limita a introdurre il capo IV bis, ma coglie l‟occasione per
andare a modificare e integrare anche altre diverse parti della legge 241. Con la legge 15 il legislatore va anche a
sostituire “in modo integrale” il capo V, cioè gli articoli che vanno dal 22 al 28. Questi articoli disciplinavano,
nell‟originaria versione della legge 241 e anche in quella successiva alle modifiche introdotte nel 2005, l‟altra “anima”
della legge 241, cioè disciplinavano e disciplinano il tema del diritto di accesso ai documenti amministrativi. Il
legislatore, quindi, nel 2005 oltre ad introdurre il capo IV bis, oltre a introdurre e modificare disposizioni, riformula
anche il capo V (dedicato al tema del diritto di accesso ai documenti amministrativi). Sempre tra le modifiche
imputabili alla legge 15 del 2005 ci sono delle integrazioni che il legislatore fa all‟art 1 della legge 241. L‟art 1 reca
come rubrica “principi generali dell‟attività amministrativa”. All‟interno di questo art 1 troviamo diversi principi davvero
importanti sia dell‟organizzazione che delle azioni delle pubbliche amministrazioni. Nell‟art 1 comma 1 vi sono delle
importanti affermazioni: “l‟attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge”, cioè questo principio
generale nell‟ambito del diritto amministrativo viene indicato come “principio di legalità” per cui l‟attività delle
pubbliche amministrazioni non è libera (che può perseguire arbitrariamente qualche fine), ma nasce funzionalizzata,
cioè posta in essere dalle pubbliche amministrazioni per perseguire specifici interessi pubblici. Quest‟ultimi sono
quelli elevati ad interessi pubblici dal legislatore. Il legislatore dice qual è l‟interesse della collettività da elevare a
interesse pubblico che viene affidato in cura a una o più amministrazioni (e se l‟amministrazione dovesse mancare,
quell‟amministrazione viene costituita a sua volta per legge). Qui il legislatore ci sta dicendo che l‟attività
amministrativa persegue i fini che sono selezionati dal legislatore (e indirettamente sono selezionati dal popolo
perché il legislatore è la proiezione del popolo). Da questo punto di vista l‟art 1 ci dice qualcosa di ben noto.
Parliamo di principi che in verità noi conosciamo in modo indiretto o perché li troviamo già scritti nella costituzione.
L‟art della costituzione di riferimento che in qualche modo contiene in modo più o meno espresso queste
affermazioni del comma 1 dell‟art 1 è l‟art 97 della costituzione. Quest‟ultima non dedica espressamente molti articoli
alla pubblica amministrazione però nell‟art 97 troviamo alcuni principi fondamentali per l‟organizzazione e l‟azione
amministrativa. L‟art 97 esprime questo stesso principio di legalità perché in particolare nel comma due (una volta
comma 1) viene detto che le pubbliche amministrazioni sono organizzate e agiscono sulla base di disposizioni di
legge (legge in senso sostanziale) in modo che venga assicurato che le pubbliche amministrazioni svolgano la loro
attività garantendo buon andamento e imparzialità. Questi sono 3 principi cardine dell‟organizzazione e azione
amministrativa, che ritroviamo scritti nella nostra carta costituzionale. Quindi questo art 1 non è null‟altro che una
maggiore esplicitazione. Continuando il comma 1 dell‟art 1 ritroviamo altri principi che si rifanno espressamente
all‟art 97 perché l‟art 1 ci dice che “l‟attività amministrativa persegue dei fini determinati dalla legge ed è retta da certi
criteri” (tra questi, per esempio, troviamo l‟imparzialità, il buon andamento (concetti delle scienze aziendalistiche,
perché nell‟art 1 comma 1 si richiama il concetto di efficienza delle pubbliche amministrazioni, di efficacia dell‟azione
amministrativa)). Quando il legislatore fa riferimento al concetto di efficacia non c‟entra nulla l‟efficacia studiata (cioè
l‟efficacia in senso giuridico, come capacità di un atto di produrre effetti giuridici) perché qui si tratta di una nozione
aziendalistica, cioè qui il legislatore richiama i criteri dell‟efficienza intesa come un rapporto tra mezzi e risultati e
dell‟efficacia intesa come rapporto tra obbiettivi e risultati. Troviamo un‟altra coppia di criteri che il legislatore ci dice
deve reggere l‟azione delle pubbliche amministrazioni: pubblicità e trasparenza.

Nel 2005, cosa che non c‟era nel 1990, il legislatore si preoccupa di specificare che l‟attività delle pubbliche
amministrazioni è retta anche dai principi dell‟ordinamento comunitario. Il legislatore si preoccupa di dire che le
pubbliche amministrazioni devono agire conformemente al diritto dell‟UE (anche le stesse pubbliche amministrazioni
se dovessero essere chiamate ad applicare una norma di diritto interno incompatibile con una norma di diritto
comunitario dovrebbero ricorrere all‟istituto della disapplicazione, cioè disapplicare la norma interna a favore della
norma comunitaria. E quel legislatore ricorda che le pubbliche amministrazioni sono tenute all‟osservanza anche di
principi derivanti dall‟appartenenza alla comunità europea (UE)).

Questi criteri di efficienza, di efficacia, di trasparenza, di pubblicità non sono null‟altro che un‟esplicitazione di concetti
che sono già contenuti nel principio di buon andamento e nel principio di imparzialità (di cui art 97). Cioè
un‟amministrazione che raggiunge certi obbiettivi con un dispendio minore di risorse economiche è
un‟amministrazione che si ispira al principio del buon andamento. Un‟amministrazione che raggiunge i risultati fissati
dal legislatore è un‟amministrazione che si ispira al principio del buon andamento. Un‟amministrazione “trasparente”
è un‟amministrazione imparziale, o meglio la trasparenza favorisce l‟imparzialità da parte dell‟amministrazione.
La trasparenza amministrativa
La trasparenza amministrativa è una grande metafora che si rifà al concetto di trasparenza. Quest‟ultima è una
caratteristica/proprietà dei materiali. Un‟amministrazione è tanto più trasparente quanto si fa attraversare la luce: si fa
guardare all‟interno. Questa idea nasce dal significato originale del termine “trasparenza”. Ai primi del „900 in un
discorso da parte di un deputato socialista, Filippo Turati, venne detto e si legge, a proposito della trasparenza dei
materiali, “l‟amministrazione pubblica dovrebbe essere come una casa di vetro per lasciarsi guardare all‟interno”,
salve le necessarie eccezioni. Verificare che cosa fanno le pubbliche amministrazioni, verificare perché esse devono
perseguire certi fini indicati dal legislatore, verificare che esse nel perseguire tali fini utilizzano risorse economiche che
derivano dal popolo (risorse economiche pubbliche). Perché sia una democrazia partecipativa è necessario dedurre
quelle “asimmetrie informative” che ci sono tra le pubbliche amministrazioni e i cittadini. Se un cittadino deve dire la
sua circa un certo argomento deve poter conoscere l‟oggetto su cui riflettere. Il rischio della “casa di vetro” è quello
che un soggetto guardando attraverso quel vetro non veda soltanto ciò che è all‟interno delle pubbliche
amministrazioni, ma veda attraverso quel vetro invadendo la sfera di riservatezza altrui. Con la scusa di guardare
dentro le pubbliche amministrazioni si corre il rischio di guardar dentro la casa di un altro privato. Questa
espressione, comunque, si tramandata nel tempo. Il legislatore della legge 241 del 1990 era ben conscio che
l‟ordinamento italiano era abbastanza indietro anche nel confronto con altri paesi. L‟Italia negli anni ‟80 affronta
questo tema attraverso non soltanto questa affermazione di principio per cui l‟attività amministrativa deve essere
trasparente, ma disciplinando anche diversi strumenti. La trasparenza si realizza attraverso l‟accessibilità dei
documenti amministrativi (diritto di prendere visione dei documenti amministrativi e anche eventualmente di
estrarne copia). Il capo V, dall‟art 22 all‟art 28, disciplina il diritto di accesso. È l‟accessibilità che garantisce trasparenza,
ma non è soltanto il riconoscimento di diritto di accesso. Nel 1990 se ne sentiva particolarmente l‟esigenza perché in
quell‟anno con gli articoli 22 e seguenti della legge 241 del ‟90, venne sovvertita la regola allora vigente, la “regola
del segreto d‟ufficio”. La legge 241 del ‟90 invece pone in termini generali la regola dell‟accessibilità, riconosce il
diritto di accesso ai documenti amministrativi. Venne fatto questo primo passo.

Quando si parla di trasparenza amministrativa non ci si riferisce soltanto al diritto di accesso ai documenti
amministrativi. Il diritto di accesso si esercita presentando un‟istanza alla pubblica amministrazione che detiene quei
documenti. La trasparenza non è soltanto la reazione della pubblica amministrazione a un‟istanza del privato? Una
trasparenza non di reazione, ma di azione, è un‟altra via per garantire l‟affermarsi di una trasparenza amministrativa.
Infatti si parla di una trasparenza fatta di trasparenza reattiva (il diritto di accesso è una delle forme principali, cioè il
privato chiede all‟amministrazione, se ci sono i presupposti, lo fa accedere ai documenti). Ma conosciamo anche una
“trasparenza proattiva”, cioè la pubblica amministrazione si fa parte dirigente pubblicando una mole di documenti.

Allora la trasparenza si realizza attraverso la pubblicazione di dati/documenti senza che nessuno debba chiedere
quei dati o documenti.

Vi sono paesi nel mondo in cui si sta puntando molto di più alla trasparenza proattiva rispetto a quella reattiva. La
trasparenza proattiva garantisce in qualche modo una maggiore democraticità perché non c‟è nessuno che deve
chiedere ed è la pubblica amministrazione che è tenuta a mettere sul proprio sito istituzionale tutta una serie di
documenti. Nel mondo ci sono diversi paesi in cui le libertà, anche le più banali, sono ancora ben lontane dall‟essere
raggiunte e pertanto il semplice fatto di esporsi presentando un‟istanza di accesso potrebbe essere rischioso. La
trasparenza proattiva è il pregio, per esempio, di garantire sempre l‟anonimato perché se la legge dovesse imporre
alla pubblica amministrazione di pubblicare una serie di documenti e di metterli a disposizione su sito web
istituzione, chiunque da qualunque parte del mondo potrebbe accedere .

Ma non bastano gli obblighi di pubblicità, il diritto di accessi di documenti e di dati sui siti web istituzionali. La
trasparenza si realizza anche in un‟altra via: è trasparente l‟amministrazione che illustri le ragioni per cui giunge a una
certa decisione, cioè un‟amministrazione che motivi la propria decisione. E a tal riguardo proprio con la legge 241
del ‟90 vi fu l‟imposizione di n generalizzato obbligo di motivare i provvedimenti amministrativi. In uno dei primi
articoli di questa legge troviamo la norma che è rubricata “obbligo di motivazioni” :l‟amministrazione quando
assume una decisione deve motivare, cioè deve spiegare il percorso logico e giuridico che l‟ha condotta alla luce di
una certa “fase istruttoria” (l‟ha condotta ad assumere una certa decisione finale). La decisione della pubblica
amministrazione sarebbe percepita come una decisione “arbitraria”, frutto dell‟arbitrio della pubblica
amministrazione. Allora anche l‟obbligo di motivazione, in qualche modo, aiuta a comporre quel modo d‟essere
trasparente delle pubbliche amministrazioni. L‟amministrazione è trasparente anche quando consente ai privati di
partecipare al procedimento, cioè non di sapere soltanto alla fine quali sono le ragioni di fatto e di diritto che hanno
portato l‟amministrazione ad assumere una certa decisione, ma di poter dialogare con l‟amministrazione mentre il
procedimento è in corso. La partecipazione è strumento di trasparenza. La legge 241 del ‟90 ha dettato delle regole
proprio per facilitare la partecipazione dei privati al procedimento amministrativo. Quindi trasparenza non è soltanto
accessibilità ma è un insieme di ingredienti, strumenti e attivati tutti si potrebbe davvero incrementare il tasso di
trasparenza delle pubbliche amministrazioni italiane.

Il concetto di trasparenza è un concetto molto articolato.

Nel disegno di legge sul diritto di accesso elaborato dalla sottocommissione Nigro l‟idea era quella di riconoscere un
diritto di accesso generalizzato sia sul piano soggettivo che oggettivo. Sul piano soggettivo si fa riferimento all‟idea
che tutti dovevano ritenersi legittimati/titolari del diritto di accedere a tutti i documenti amministrativi
(generalizzazione sul piano oggettivo), salvo un ampio insieme di eccezioni legate al fatto che evidentemente ci
sono alcuni documenti amministrativi che devono rimanere segreti (per esempio, un documento coperto da un
segreto di stato). L‟idea della commissione nigro è porre il principio per cui tutti possono accedere ai documenti
detenuti dalla pubbliche amministrazioni e poi individuare le eccezioni e i limiti a questo principio generale. Nel
disegno di legge troviamo un riconoscimento generalizzato del diritto di accesso all‟art 1 comma 1: “al fine di
assicurare la libera circolazione delle informazioni (l‟obbiettivo era di maggiore democratizzazione della società
italiana), al fine di assicurare la trasparenza e al fine di assicurare lo svolgimento imparziale dell‟attività amministrativa,
è riconosciuto a tutti il diritto di accesso ai documenti amministrativi”. Questo era il punto di partenza. Il disegno di
legge prevedeva questo riconoscimento generalizzato a tutti del diritto di accesso ai documenti amministrazioni,
salvo le eccezioni e le limitazioni che il disegno di legge conteneva negli articoli successivi. La legge 241 del 1990,
come la leggiamo tutt‟oggi dopo le modifiche al capo V, introdotte dalla legge 15 del 2005, il legislatore fece
tutt‟altra scelta portata avanti dalla sottocommissione Nigro. Tra il 1987, 1988 e 1990 (quando venne ripresentato
alle camere il disegno di legge da cui sarebbe nata la leggi 241 del 90) già troviamo un disegno di legge che è
molto lontano da questo riconoscimento generalizzato, che aveva proposto la sottocommissione Nigro. E nel
dibattito parlamentare qualcuno provò a ripristinare l‟originario obbiettivo della sottocommissione Nigro, cioè
l‟obbiettivo di collegare la generalizzazione del diritto di accesso alla trasparenza amministrativa, alla
democratizzazione dell‟amministrazione, alla partecipazione del popolo alla vita pubblica. Le cose non andarono, nel
senso che venne conservata un‟idea molto ristretta di diritto di accesso. Le cose non andarono perché da più parti si
disse che questa idea di riconoscere un diritto di accesso generalizzato, era un‟idea troppo progressista, un‟idea che
avrebbe determinato un‟introduzione di un meccanismo “obsolescente per eccesso di progresso”. E nel dibattito
parlamentare emerse che tutto ciò risultava impensabile perchè “se fosse stato riconosciuto a tutti il diritto di
chiedere alla pubblica amministrazione di far prendere visione ed estrarre copia dei documenti amministrativi,
l‟amministrazione pubblica finirebbe con dedicarsi a soddisfare le istanze di accesso invece di accurare gli interessi
pubblici”. Nel 1990 non c‟era il progresso tecnologico che c‟è oggi e pertanto l‟istanza di accesso doveva essere
evasa in modo cartacea. Quindi l‟impatto sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni per alcuni poteva
essere esageratamente gravoso. È inutile affermare un principio se la pubblica amministrazione italiana no n è in
grado di ispirarsi a quel principio. Allora passò un‟altra idea: riconoscere un diritto di accesso ai documenti
amministrativi, ma un diritto a legittimazione più ristretta rispetto a quella generalizzata proposta dalla
sottocommissione Nigro. Sarebbe passata una formulazione dell‟art 22 per cui si disse “può esercitare il diritto di
accesso chiunque”. Chiunque significa “tutti”, ma si aggiunse “chiunque vi abbia interesse”. Non vi è più traccia di
questa disposizione, perché l‟art 22 sarebbe stato poi modificato, insieme a tutti gli atri, dalla legge 15 del 2005. Ma
questa idea che possa accedere a un documento amministrativo soltanto colui il quale abbia un interesse restringe
notevolmente i possibili soggetti titolari di questo diritto. Nel 1990 per il legislatore significava che possono chiedere
di accedere a un documento amministrativo non tutti ma soltanto coloro i quali nutrano uno specifico interesse, un
interesse che il legislatore oggi descrive in modo ancora più puntuale rispetto a quanto faceva l‟originale art 22 e in
particolare sul punto è rilevante la disposizione dell‟art 22 I comma lettera B. l‟art 22, come modificato nel 2005, è
dedicato alle definizioni in materia di diritto di accesso (detta una serie di principi e da delle definizioni in materia di
accesso (alla lettera A primo comma dice che cosa si intende per diritto di accesso; alla fine si trova cosa si intende
per documento amministrativo).). troviamo anche la definizione di chi è “soggetto interessato”, cioè colui il quale può
esercitare il diritto di accesso. A tal riguardo il legislatore ci dice che quel chiunque che abbia interesse e chiunque si
trovi in una particolare situazione nella quale nutra un interesse “diretto”, “concreto” e “attuale” alla “ostenzione del
documento” da parte della pubblica amministrazione. Un interesse diretto, concreto e attuale, ma che non si risolve
nella curiosità di prendere visione di quel documento e che il privato che accede a quel documento fa avvalere
perché deve tutelare un‟altra sua posizione giuridicamente rilevante. Cioè ne viene una disciplina del diritto di
accesso in cui un soggetto privato può chiedere e ottenere il rilascio di una copia di un documento amministrativo,
se dimostra all‟amministrazione che quel documento gli serve non per soddisfare una sua curiosità, ne tanto meno
soltanto per controllare l‟operato della pubblica amministrazione, ma quel documento serve a quel privato che ne fa
richiesta perché attraverso esso il privato potrà tutelarsi in un‟altra posizione giuridica.

In sostanza il diritto di accesso è un diritto strumentale, un diritto che non viene riconosciuto in quanto tale ma in
quanto il privato che ne faccia richiesta dimostri all‟amministrazione che ha bisogno di quel documento per tutelare
un‟altra sua situazione giuridica. Allora passa un‟idea decisamente diversa da quella della sottocommissione Nigro:
non tutti sono legittimati a chiedere di accedere a un documento amministrativo, ma soltanto coloro i quali
dimostrino quell‟interesse diretto, concreto e attuale e collegato ad altra situazione giuridicamente rilevante propria
della stessa persona che chiede di accedere. Il diritto di accesso, ammesso che sia un diritto, in sostanza, è un
qualcosa di strumentale rispetto alla tutela di un‟altra posizione.

Il diritto di accesso della legge 241 del ‟90 è un diritto strumentale o “ancillare” rispetto alla tutela di un‟altra
posizione. Non viene tutelato dal nostro ordinamento in quanto tale. La nostra istanza, presentata
all‟amministrazione per chiedere di accedere a un certo documento amministrativo, va motivata (dice espressamente
la legge 241 del ‟90 all‟art 25). Dobbiamo motivare la nostra richiesta di accesso. A parte questa strumentalità o
ancillarità, torniamo sul concetto di interesse diretto, concreto e attuale. Non basta dimostrare di avere un interesse
diretto (che riguarda noi stessi). Il legislatore vuole che l‟interesse sia diretto (che riguardi il soggetto che ne fa
richiesta), concreto (non basta l‟eventualità che quel documento un giorno potrebbe essere utile per tutelare
un‟altra situazione giuridicamente rilevante. Il legislatore vuole che l‟interesse sussista nel momento in cui il soggetto
privato fa richiesta di accedere a quel documento. Quindi non basta un interesse potenziale, ma deve essere
concreto/reale).

ESEMPIO: Ipotesi in cui un privato partecipa a una procedura concorsuale/concorso pubblico a 5 posti, viene
approvata la graduatoria e tale soggetto viene collocato in sesta posizione. Egli potrebbe avere interesse a cercare
di capire se le cose sono state fatte come la legge vuole e allora potrebbe chiedere di accedere alla valutazione dei
punteggi degli altri candidati oppure potrebbe chiedere di accedere agli altri elaborati dei concorrenti che si sono
collocati in posizione utile rispetto a lui. Evidentemente il privato, il soggetto interessato, in questo caso, si dovrebbe
ritenere legittimato a chiedere, in quanto partecipante di quella procedura concorsuale, e potrebbe aver necessità
della documentazione di cui chiede l‟accesso per non soddisfare la curiosità, gli servirà probabilmente per tutelarsi n
un‟altra sede (cioè probabilmente per impugnare il provvedimento di approvazione della graduatoria dinanzi al
giudice amministrativo per contrastarne gli esiti). Qui il diritto di accesso non è fine a se stesso, ma è sempre
funzionale /strumentale a fare qualcos‟altro. Se fosse un soggetto terzo, che non ha partecipato a quella procedura
concorsuale, a chiedere di accedere agli atti di quel concorso pubblico, l‟amministrazione valuterà sempre l‟istanza
ma è difficile immaginare che ci sia un soggetto legittimato a chiedere di accedere a quegli atti. Questo perché ciò
che spinge il soggetto terzo è un motivo di curiosità: non è questa la finalità del diritto di accesso per come
riconosciuto dal nostro ordinamento. E pertanto in un caso del genere l‟istanza viene rigettata perché è difficile
immaginare che vi sia un soggetto terzo che abbia quell‟interesse diretto, concreto e attuale collegato ad altra
situazione giuridicamente rilevante che giustifichi la richiesta di accedere a quei documenti amministrativi. È chiaro
che il legislatore ha optato nel 1990 per un riconoscimento abbastanza ristretto dell‟accessibilità ai documenti
amministrativi.

Sempre nell‟art 22 della leggi 241 del ‟90 alla lettera C del I comma troviamo un‟altra definizione: “soggetto
controinteressato”. Il tema dell‟accessibilità dei documenti amministrativi è un tema che è particolarmente delicato
sotto il profilo della “tutela/protezione della riservatezza degli altri soggetti coinvolti”. Si dice che il diritto di accesso è
un diritto il cui esercizio genera rapporti amministrativi multipolari, cioè quando un soggetto chiede di accedere a un
documento è molto facile che il rapporto che si istaura non è soltanto tra il soggetto e la pubblica amministrazione
che detiene il documento, ma è molto facile che vengano coinvolti molti soggetti terzi perché è frequente che nei
documenti amministrativi detenuti dalle pubbliche amministrazioni vi siano dati personali (molto spesso sensibili o
ipersensibili). Allora il legislatore si fa carico di evidenziare che da una parte c‟è sicuramente il riconoscimento del
diritto di accesso a favore di cui il quale goda di quell‟interesse diretti, concreto e attuale a cui abbiamo fatto
riferimento, ma dall‟altra parte bisogna stare attenti perché si rischia di ledere il diritto alla riservatezza di soggetti terzi.
In un procedimento che nasce con la presentazione di un‟istanza di accesso, sia un procedimento in cui
l‟amministrazione si accorge esservi anche dei soggetti controinteressati, cioè soggetti che godono un interesse di
uguale intensità rispetto ai soggetti interessati ma di segno meno (soggetti che vorrebbero che l‟amministrazione
non consenta l‟accesso al documento amministrativo), essa deve mettere in atto tutta una serie di accorgimenti sul
piano procedimentale che sono disciplinati poi non nella legge 241 del ‟90, ma in un apposito regolamento (una
fonte di rango secondario, un regolamento approvato dal presidente della repubblica, il dpr 184 del 2006). In
questo dpr è previsto che l‟amministrazione quando si vede depositata un‟istanza per l‟accesso a un documento
amministrativo che in qualche modo metterebbe a rischio la riservatezza di altri soggetti terzi, prima ancora di
decidere su quell‟istanza, dovrà coinvolgere anche i soggetti terzi. Questi soggetti controinteressati, così coinvolti nel
procedimento che parte con l‟istanza di accesso, avranno la possibilità di presentare un‟opposizione (cioè di opporsi
all‟ostenzione di quel documento amministrativo) ovviamente motivando, oppure potrebbero chiedere di
subordinare l‟ostenzione del documento amministrativo all‟ “anonimizzazione dei dati personali”.

ESEMPIO: concorso pubblico a cui partecipano migliaia di candidati. Se dovesse essere presentata un‟istanza di
accesso, l‟amministrazione dovrà anzitutto verificare quali sono i soggetti controinteressati che andranno notiziati
della presentazione dell‟istanza. Tutto si svolge in tempi molto brevi.

La legge 241 del ‟90 nel disciplinare il procedimento amministrativo che nasce dalla presentazione di un‟istanza di
accesso (ai sensi della legge 241 del‟90, quindi si parla di ACCESSO DOCUMENTALE) (iniziativa di parte),
coinvolgimento di interessati e raccogliere le eventuali opposizioni da parte dei soggetti controinteressati (fase
istruttoria), momento in cui l‟amministrazione dovrà decidere sull‟istanza di accesso (se consentire o meno al privato
di prendere visione e estrarre copia eventualmente di quei documenti) (fase decisoria). A proposito dello svolgersi
nel tempo di questo procedimento amministrativo la legge 241 del ‟90 indica direttamente un termine di
conclusione di questo procedimento, un termine abbastanza breve perché l‟art 25 della legge 241 del ‟90 dice che:
“l‟amministrazione deve provvedere (adottare una decisione finale sull‟istanza di accesso) entro il termine di 30
giorni”. L‟art 25 prevede anche che cosa l‟amministrazione potrebbe fare a fronte di un‟istanza in quei 30 giorni, cioè
arrivare a decidere espressamente accogliendo l‟istanza di accesso, ma potrebbe decidere di rigettarla (quindi
adottare un provvedimento di diniego dell‟accesso) oppure potrebbe optare per una via diversa: vi sono dei casi in
cui invece di negare l‟accesso, l‟amministrazione potrebbe tutelare gli interessi coinvolti esercitando quello che l‟art
24 della legge 241 chiama “potere di differimento” (l‟amministrazione a cui viene presentata l‟istanza di accesso, la
accoglie, ma dice che il diritto di accesso potrà essere esercitato soltanto tra x giorni (potere di differimento nel
tempo), l‟istanza è da intendersi accolta ma la materiale ostenzione del documento è rinviata più avanti nel tempo).
Talvolta il confine tra un provvedimento con cui l‟amministrazione accoglie ma differisce nel tempo e il
provvedimento con cui l‟amministrazione rigetta l‟istanza di accesso è un confine molto sbiadito (è un modo diverso
per rigettare l‟istanza). Il privato che chiede di accedere a un documento e vede l‟amministrazione rigettare quella
istanza ha la possibilità di contestare quella decisione.

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