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SCONTRO PALESTINA-ISRAELE

Da 11 giorni è in corso una guerra nella Striscia di Gaza tra Hamas e Israele: ma perché? L’attuale
conflitto è solo l’ultima parte di un intricato gomitolo di eventi, incontri, accordi e conflitti: la
questione israelo-palestinese. Per spiegare e capire i motivi della guerra è necessario tornare
indietro e ripercorrere la storia. La guerra israelo-palestinese nasce
da una questione apparentemente semplice, due popoli rivendicano lo stesso territorio, gli
ebrei israelani ritengono di avere il diritto di controllare la Palestina perchè è il luogo di nascita
del popolo ebraico, gli arabi palestinesi sostengono che abitavano lì prima degli ebrei israelani e
che ne stanno venendo cacciati con la forza. La cosa incredibile è che si tratta di due popoli
fratelli la cui origine comune viene fatta risalire addirittura ai racconti della Bibbia; ebrei e arabi
sono detti, infatti, popoli semitici: deriverebbero da Sem, uno dei figli di Noè, gli arabi avrebbero
avuto origine da Ismaele, figlio di Abramo, gli israeliti, invece, da un altro figlio di Abramo, Isacco
e in particolare da suo figlio Giacobbe soprannominato proprio Israele.
Quanto a quello che viene chiamato conflitto israelo-palestinese è iniziato nella prima metà del
novecento e si è inasprito dopo la fondazione dello stato di Israele nel 1948; l'unico tentativo
serio di raggiungere la pace avanzato negli anni 90 è fallito. Per comprenderne le dinamiche
però bisogna inquadrare territori e protagonisti e fare qualche passo indietro nella storia. La
Palestina è una regione geografica di 28.000 km quadrati e confina con Egitto, Giordania, Siria e
Libano, il territorio è desertico per circa il 60% della sua estensione e il fiume Giordano è la
fonte d'acqua più importante insieme al lago di Tiberiade e il Mar Morto. Fin dall'antichità è
stato un territorio di passaggio tra il Medio Oriente e l'Europa e quindi è sempre stato
desiderato a livello strategico e commerciale, in aggiunta oggigiorno sono stati scoperti diversi
giacimenti petrolio e gas naturale al largo delle Coste Mediterranee. In Palestina perciò la guerra
purtroppo è una costante da millenni, anche per motivi religiosi. La città di gran lunga più
importante è infatti Gerusalemme, sacra per ebraismo, Cristianesimo e Islam, è proprio la
religione una delle differenze più ovvie fra ebrei e arabi. Questi ultimi, infatti, a partire dalla
metà del VII secolo d.C. hanno abbracciato come religione l'Islam diventando per la maggior
parte mussulmani. Un'altra grande differenza tra ebrei e arabi è la diversa storia che li
contraddistingue come popoli: gli arabi si sono espanti a partire dal VII secolo d.C. fino a creare
un Impero vastissimo e a esportare la propria religione a milioni di persone; la loro è una storia
di conquiste ma anche di diffusione di cultura e scoperte scentifiche. Gli ebrei invece hanno
quasi sempre dovuto lottare per la propria sopravvivenza e sono finiti dispersi in tutto il mondo
facendo grande fatica a integrarsi con i popoli che li hanno ospitati ma venendo
contemporaneamente spesso segregati o discriminati fino al drammatico apice del genocidio di
massa messo in atto dalla Germania nazista e dai suoi alleati poco prima e nel corso della
Seconda Guerra Mondiale. La Palestina o solo sue parti sono passate di mano tantissime volte
nel corso della storia, elencare tutti i popoli sarebbe lunghissimo, ad esempio israeliti e
babilonesi, macedoni e romani, bizantini e arabi, fino all'espansione dell'impero turco che
controllò la regione dal 1516 fino al termine della Prima Guerra Mondiale. Tra il 1800 e il 1900
abbiamo una situazione in cui la maggior parte della popolazione della Palestina è di origine
araba ma c'è ancora una ridotta quota di ebrei che però sono dispersi in gran parte in giro per il
mondo, bisogna così introdurre un concetto fondamentale che si sente spesso, il sionismo, che
deriva dalla parola Sion, che è il monte dove è stato fondato il nucleo originale della città di
Gerusalemme. Il sionismo è un'ideologia propagandata a partire dalla fine dell'800 dallo
scrittore attivista Theodor Hersel che poi è diventato un movimento politico e sociale: alla base
c'era la volontà che gli ebrei, dopo anni di persecuzioni, dessero vita ad una società ebraica
all'interno di uno stato indipendente in cui emigrare da tutto il mondo, la Palestina, considerata
da sempre dagli ebrei la terra promessa e soprannominata terra di Israele. In termini concreti il
movimento sionista prevedeva che la Palestina venisse colonizzata progressivamente dal punto
di vista agricolo e per farlo cercava da un lato denaro e dall'altro voleva ottere un documento
internazionale ufficiale che autorizzasse il tutto; attraverso l'istituzione di specifici fondi per
finanziare l'acquisto di terreni e grazie ad una serie di pressioni e accordi internzazionali il
movimento sionista diede vita al proprio proggetto. Questo fu facilitato da alcuni fattori, alcuni,
purtroppo, anche drammatici: l'arrivo di grossi flussi di denaro dagli ebrei che vivevano in
Europa e in America permise agli ebrei che emigravano di avere soldi per acquistare i terreni. In
secondo luogo alcuni periodi di carestia e crisi economica misero in ginocchio molti arabi
palestinesi e li costrinsero a vendere tutti o parte dei loro beni. Dal punto di vista internazionale
alla fine della Prima Guerra Mondiale la Palestina finì sotto il protettorato del Regno Unito che
non disdegnava la creazione di uno stato ebraico alleato in un contesto prevalentemente arabo
e musulmano agevolando così il movimento sionista. Infine il tragico aumento di atti
discriminatori e persecutori contro gli ebrei nel corso del 900 con l'apice della Shoah portò
tantissimi ebrei a cercare rifugio proprio in Palestina. Queste altre condizioni permisero agli
ebrei di crescere progressivamente nella regione (se nel 1922 costituivano 11% della
popolazione della Palestina e gli arabi il 78% nel 1947 erano passati al 32% contro il 60% arabo).
Ovviamente un simile processo porto tanta tensione, gli arabi infatti vedevano i territori che
abitavano fino a poco tempo prima essere progressivamente colonizzati senza poter intervenire,
così sia sul loro fronte sia per contrasto su quello ebraico nacquero organizzazioni paramilitari
per contrastare la controparte dando vita ai primi scontri.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale il Regno Unito lasciò questa rogna in mano all'ONU, la
neonata Organizzazione delle Nazioni Unite, che nel 1947 votò a maggioranza la risoluzione 181,
secondo cui la regione palestinese sarebbe stata divisa in due stati: lo Stato di Israele, in mano
ebraica, e lo Stato di Palestina in mano araba. Il 55% della regione palestinese, tra cui l'area più
fertile, sarebbe finita in mano agli ebrei che però costituivano solo il 32% della popolazione
dell'area, la parte restante, il 44% del territorio sarebbe diventata la patria ufficiale della
componente araba, pari pero al 60% degli abitanti in quel periodo. Infine Gerusalemme e
Betlemme avrebbero assunto il carattere di zone internazionali. Ma come mai la risoluzione non
sembra equa? Molti paesi soprattutto occidentali avevano l'interesse che esistesse uno stato
ebraico in un'area come il medio oriente a maggioranza araba e mussulmana, in secondo luogo
in molti stati varie persone di origine ebraica ricoprivano posizioni influenti avendo una buona
capacità di fare pressioni politiche. Gli stessi ebrei in Palestina d'altra parte per quanto in
minoranza erano un gruppo più coeso, ricco e potente rispetto agli arabi palestinesi, divisi in
molte fazioni diverse senza un senso comune di appartenenza e quindi erano più capaci di far
sentire la propria voce. Infine durante la Seconda Guerra Mondiale il mondo il mondo arabo o
quanto meno i suoi vertici si era schierato in buona parte con la Germania sostenendo
apertamente la shoah e quindi alla fine della guerra fu considerato sostanzialmente una fazione
sconfitta; d'altro canto questa vicinanza tra mondo arabo e Germania dipese anche da
importanti e mancate promesse territoriali fatte da Regno Unito e Francia al mondo arabo
durante la Prima Guerra Mondiale. Quindi gli arabi palestinesi perdendo gran parte del
territorio in cui vivevano rifiutarono la risoluzione 181 dell'ONU mentre gli ebrei la accettarono,
dichiarando ufficialmente la nascita dello Stato di Israele nel 1948. Ma già nei mesi tra
l'accettazione della risoluzione e l'indipendenza di Israele gli ebrei espulsero centinaia di
migliaia di arabi palestinesi dal territorio che ormai consideravano proprio, o ormai, in certi casi,
furono proprio gli stessi arabi più o meno forzatamente ad andarsene. Questo processo, in
arabo chiamato Nakba, cioè catastrofe, fu segnato da scontri e numerose vittime provocando un
disastro umanitario tutt'oggi irrisolto. La migrazione forzata, oltretutto, aumentò di numero
dopo la proclamazione di indipendenza di Israele, considerata come un atto di guerra dai paesi
arabi intorno alla Palestina che si erano riuniti da poco in un organizzazione chiamata Lega
Araba; contigenti militari di Libano, Siria, Giordania, Irak ed Egitto insieme agli arabi palestinesi
attaccarono così lo Stato di Israele su più fronti contemporaneamente, ma incredibilmente
Israele li respinse e annette parte dei territori occupati durante il contropiede. Passando così dal
controllo del 55% del territorio palestinese al 78%, ma il restante 22% del territorio palestinese
non tornò in mano agli arabi palestinesi ma fu spartito da Egitto e Giordania: l'Egitto tenne la
stricia di Gaza, una fascia costiera di circa 360 Km quadrati di superficie che prende il nome dalla
città di Gaza, la Giordania invece si prese la cosidetta CISGiordania, un territorio di circa 5600
Km quadrati a ovest del fiume Giordano e si spartì con Israele la città di Gerusalemme; se si
dovesse sentire parlare di Linea Verde in riferimento alla questione israelo-palestina si tratta
proprio della linea di confine di questi territori che ho appena nominato, linea che a quei tempi
fu riconosciuta leggittima dall'ONU. La guerra del 1948 fu solo il primo di tanti conflitti, tra
questi però quello che ha portato in sostanza la situazione attuale è la cosidetta Guerra dei 6
Giorni del 1967. C'era sempre più tensione, le truppe dei vari paesi si erano ammassate ai
confini, il canale di Suez era stato chiuso alle navi israeliane e Israele temendo un imminente attacco al
proprio territorio invase i paesi arabi confinanti e in sei giorni li sconfisse conquistando la Striscia di Gaza,
la Cisgiordania, la città di Gerusalemme, la penisola del Sinai e le alture del Golan, in questo caso però
l'ONU dichiarò illegittime le conquiste ma Israele rimase dov'era. Ma come si è evoluta in seguito la
situazione? La penisola del Sinai è stata restituita all'Eggitto in seguito agli accordi di Camp David negli
Stati Uniti, mentre le alture del Golan sono e rimangono tutt'ora sotto occupazione militare israeliana e
stanno venendo pian piano colonizzate. Dalla metà degli anni 80 Israele si rese conto che doveva trovare
un compromesso con gli arabi palestinesi, soprattutto con il loro più importante organismo politico di
rappresentanza, cioè l'OLP (Organizzazione Liberazione Palestina) che nel 1988 arrivò a dichiarare
l'indipendenza dello stato di Palestina e quasi un centinaio di stati membri dell'ONU lo riconobbe anche
se tutto rimase praticamente solo su carta. Contemporaneamente in una parte degli arabi palestinesi
stavano crescendo, però, posizioni più estremiste che scoppiarono nella cosiddetta Prima Intifada, una
sollevazione popolare che portò a boicottare prodotti israeliani, a barricate fino a scontri armati. Il
protagonista nell'organizzazione delle rivolte fu Hamas, una nuova organizzazione politica e paramilitare
considerata oggi terroristica da Unione Europea e Stati Uniti. Nei 6 anni di rivolta, purtroppo ci furono
numerose vittime soprattutto da parte araba, finchè fu evidente che bisognava arrivare ad un cessate il
fuoco e ancora una volta ci pensarono gli Stati Uniti, a Oslo nel 1993 vennero firmati degli storici accordi
che prevedevano un riconoscimento reciproco da parte di Israele e Palestina e l'Istituzione dell'Autorità
Nazionale Palestinese (ANP), una sorta di braccio operativo dell'OLP a cui concedere progressivamente la
sovranità sulla striscia di Gaza e la Cisgiordania, la striscia di Gaza fu così progressivamente abbandonata
dagli ebrei israeliani che tuttavia ancora oggi hanno il controllo dello spazio aereo, delle acque
territoriali, dell'anagrafe, dell'ingresso di merci e persone e del sistema fiscale; in Cisgiordania invece si
formarono tre zone: alcune aree furono cedute al controllo arabo palestinese, in altre gli arabi
palestinesi ottennero il controllo civile ma gli ebrei israeliani mantennero quello militare e tutto il resto
rimase sotto il pieno controllo israeliano. Insomma c'erano stati dei passi avanti e sembrava su fosse
finalmente sulla strada giusta ma questo processo che avrebbe dovuto portare ad una pace definitiva è
clamorosamente naufragato. Nonostante gli accordi di Oslo gli ebrei israeliani hanno continuato a
colonizzare la Cisgiordania e di appropriarsi in maniera più o meno lecita di interi quartieri della città di
Gerusalemme, prima in mano agli arabi palestinesi. Quest'ultimo processo è stato in qualche modo
sostenuto dalla decisione degli Stati Uniti nel 2017 di considerare Gerusalemme la capitale dello Stato di
Israele. Il processo di colonizzazione sionista ha quindi scatenato le frange più estremiste degli arabi
palestinesi, in particolare di hamas, così già a partire dagli anni 90 si sono verificati alcuni attentati suicidi
contro gli ebrei israeliani fino ad un aumento con più di 100 attentati nei primi anni 2000 quando è
addirittura scoppiata una secondo intifada che ha provocato migliaia di morti, soprattutto arabi
palestinesi. Di fronte a questi eventi Israele ha innalzato due lunghissimi muri per contenere la
Cisgiordania e la Striscia di Gaza segregandone però la popolazione. Nella striscia in particolare le
condizioni di vita prima di questo conflitto in corso erano drammatiche, con una densità abitativa
elevatissima, dei tassi di povertà e disoccupazione superiori al 50%, acqua in gran parte contaminata e
luce elettrica disponibile solo poche ore al giorno. In Cisgiordania la situazione invece è diversa, dopo
una guerra civile interna tra gli arabi palestinesi scoppiata dopo le elezioni del 2006 vinte da Hamas la
Cisgiordania è rimasta sotto la gestione dell'autorità Nazionale Palestinese e in particolare del partito
Fatah, più moderato ma con uno scarso consenso, guidato da Mahmud Abbas (detto Abu Mazen). Nel
2012 però la NP è quantomeno riuscita a ottenere per la Palestina lo statu di Stato osservatore dell'ONU
che significa che può partecipare alle assemblee generali dell'Organizzazione delle Nazioni Unite ma
senza votare. Abbiamo visto la parte arabo palestinese ma dall'altra parte Israele non se la passa meglio,
negli ultimi anni gli israeliani sono tornati più volte al voto e adesso sono guidati da un Governo guidato
da Benjamin Netanyahu, con una maggioranza abbastanza risicata e con posizioni sempre più estremiste
e autoritarie rispetto al passato. Inoltre la popolazione è incredibilmente divisa tra cittadini laici,
sostenitori del sionismo, ebrei ultraortodossi e comunque un 20% di arabi che vive in Israele ma con
sempre meno diritti. Nel 2018 infatti è stata deliberata un legge fondamentale dello Stato che non
definisce più Israele una democrazia ma lo Stato nazionale del popolo ebraico che ha tolto all'arabo lo
status di seconda lingua ufficiale e che ha legittimato la colonizzazione di stampo sionista. Per concludere
esistono paesi che sostengono Israele come gli Stati Uniti d'America che hanno favorito negli ultimi anni,
nel 2020 i cosiddetti accordi di Abramo tra lo stato ebraico e alcuni paesi arabi come Emirati Arabi Uniti e
Bahrain e ci sono paesi che invece sostengono la causa palestinese e in particolare sono alleati di Hamas
come l'Iran, il Qatar o Hezbollah (un'organizzazione politica e pamilitare libanese).

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