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IL TIMONE BIBLIOGRAFICO

a cura di

Tommaso di Carpegna Falconieri

L’aumento delle pubblicazioni e il facile accesso alle informa -


zioni bibliografiche, grazie a internet, rendono oggi più diffi -
cile accostarsi a un grande tema di ricerca. Questa collana in -
tende rivolgersi a un pubblico di appassionati e di futuri spe -
cialisti. Ogni volume presenta un singolo tema, inquadrato dal
punto di vista storiografico, e pone a disposizione del lettore
una esauriente bibliografia ragionata e aggiornata.
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GLI EBREI NEL MEDIOEVO


di

ALESSANDRA VERONESE

JOUVENCE
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A Paolo, compagno di vita,


e ai nostri figli
Manfredi e Niccolò
A.V.

Redazione: Domenica Passoforte


Servizio stampa: Luca Cardin

ISBN 978-88-7801-419-0
© 2009 JOUVENCE Editoriale s.r.l.
00189 Roma Via Cassia, 1081
tel. 06.30207115 - fax 06.45472048
www.jouvence.it- email: jouvence @ jouvence.it
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GLI EBREI NEL MONDO MEDIEVALE

1. La diaspora ebraica tra periodo ellenistico-romano


e primi secoli del Medioevo

Numerose colonie ebraiche si erano già stanziate


nel periodo ellenistico-romano fuori da Ere Yisra’el (la
Terra d'Israele), in particolare in Egitto e Siria. Secon-
do Filone d'Alessandria, nel I secolo A.E.V. ci sarebbe-
ro stati in Egitto circa un milione d'ebrei: si tratta, ov-
viamente, di una esagerazione, che indica però quanto
numerosa fosse la popolazione ebraica nella regione.
Gruppi ebraici demograficamente consistenti sono atte-
stati in numerosi centri urbani, quali Damasco, Antio-
chia, Pergamo, Efeso, Tarso, Alicarnasso. Importante e
molto antico era l'insediamento giudaico a Roma, città
nella quale la presenza di israeliti risale almeno al II se-
colo E.V. Troviamo ebrei anche in varie province del-
l'Impero Romano (Gallia, Spagna, Germania).
Non sempre gli ebrei che dimoravano fuori da Ere
Yisra’el avevano lasciato spontaneamente la terra dei pa-
dri. Alcuni erano stati ridotti in schiavitù e venduti fuo-
ri della loro patria, altri avevano abbandonato il proprio
paese in seguito a persecuzioni o per via di congiuntu-
re particolarmente sfavorevoli. Agli esuli restava però un
centro religioso e politico, Gerusalemme, al quale fare
riferimento. Dopo la presa di Gerusalemme e la distru-
zione del II Tempio per mano di Tito (70 E.V.), la pre-
senza ebraica in Ere Yisra’el si ridusse drasticamente.
Da quel momento in poi, la maggior parte degli ebrei
si trovò a vivere in altre terre, a contatto con popola-
zioni che praticavano un diverso credo religioso. Mutò
anche la percezione ebraica della dispersione, che da
quel momento si trasformò in esilio (in ebraico, galut).

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Nei primi secoli dell'era cristiana gli ebrei dovettero


confrontarsi essenzialmente con il potere politico roma-
no, di norma non particolarmente attento alla fede reli-
giosa dei popoli soggetti. I rapporti con il gruppo cri-
stiano furono, sin dall'inizio, non facili. La liceità della
presenza ebraica, tuttavia, non fu messa in discussione
neppure quando il cristianesimo divenne religione uffi-
ciale dell'impero. La posizione prevalente all'interno del-
la Chiesa cattolica fu quella elaborata da S. Agostino, il
cui pensiero in materia di ebrei ispirò a lungo l'atteggia-
mento dei pontefici e delle autorità ecclesiastiche. Se-
condo il vescovo d'Ippona, che riprende e rielabora S.
Paolo, gli ebrei – che avevano rigettato il Cristo ed era-
no responsabili della sua morte, non erano più il popo-
lo eletto dal Signore. Dio li aveva puniti permettendo la
distruzione del Tempio di Gerusalemme e l'esilio. Gli
ebrei, al pari di Esaù, avevano perso il diritto alla pri-
mogenitura ed erano stati sostituiti dai seguaci di Gesù di
Nazareth, divenuti per suo tramite il verus Israel. La su-
periorità del cristianesimo sul giudaismo costituì per mol-
ti secoli uno dei temi classici dell'iconografia medievale,
con la rappresentazione della Chiesa trionfante opposta
alla Sinagoga (una donna bendata, senza più scettro e
corona, a simboleggiare la cecità del popolo ebraico).
Gli insediamenti ebraici nell’Europa tardo-antica e al-
to-medioevale riguardarono principalmente i paesi che si
affacciavano sul Mediterraneo. Alla fine del VI secolo un
certo numero di ebrei si era spostato verso nord, in
quella che è attualmente la parte centrale della Francia.
Alla fine dell’VIII secolo, gli israeliti raggiunsero i confi-
ni della Renania. Non si ha notizia di ebrei dimoranti in
Inghilterra prima del 1066, né essi si insediarono ante-
riormente al XII secolo nei Paesi Bassi.
Il numero degli israeliti rimase sempre piuttosto
basso, anche se in alcune zone (coste della Penisola
Iberica, della Provenza, Italia meridionale) probabil-
mente i gruppi ebraici arrivarono a contare anche mol-
te decine e a volte centinaia di individui. Le informa-
zioni a nostra disposizione per i primi secoli del Me-
dioevo sono generalmente scarse1. Alcuni elementi

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Si vedano i paragrafi successivi per le notizie relative ai
singoli contesti geografici.

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Gli ebrei nel mondo medievale

sono tuttavia abbastanza certi: vi furono senza dubbio


ebrei proprietari di terre, più o meno estese, molti dei
quali impiegavano anche mano d’opera cristiana (libe-
ri e schiavi). Mercanti ebrei solcavano le acque del Me-
diterraneo ed erano attivi nel commercio internaziona-
le. Sia nel caso dei proprietari terrieri che in quello dei
mercanti, tuttavia, è impossibile anche solamente ipo-
tizzare quale fosse il loro numero. I documenti del IX
secolo relativi agli scambi commerciali in area mediter-
ranea si riferiscono spesso ad “ebrei ed altri mercanti”,
ciò che fa ragionevolmente supporre che il ruolo dei
primi fosse significativo.
Relativamente all’organizzazione interna dei gruppi
ebraici, per i primi secoli del Medioevo la documen-
tazione è decisamente scarsa. Qualche notizia si desu-
me dalle lettere di Gregorio Magno: si sa ad esempio
che gli ebrei palermitani erano collettivamente pro-
prietari di un certo numero di edifici, incluso forse un
miqweh (bagno rituale), e che gli ebrei pugliesi erano
organizzati secondo una struttura di tipo comunitario:
ma per maggiori dettagli si deve attendere almeno la
fine dell’VIII secolo.

2. Gli ebrei nell’area mediterranea: Penisola Iberi -


ca, Francia meridionale, Italia.

2.1. Penisola Iberica


La presenza di ebrei nella Penisola Iberica è molto
antica, e può essere verosimilmente fatta risalire – pur
in assenza di evidenze documentarie – agli ultimi se-
coli avanti E.V. Dopo la conquista romana (II secolo
E.V.) si può ipotizzare che vi sia stata una durevole
presenza ebraica; è infatti possibile che a seguito del-
la distruzione del II Tempio (70 E.V.) e dopo l’ultima
grande rivolta giudaica contro Roma (132-135 E.V., ri-
volta di Bar-Kochvah) alcuni israeliti provenienti da
Gerusalemme e da Ere Yisra’el si fossero stabiliti nel-
la Penisola Iberica. Le prime tracce certe risalgono al
III secolo, e provengono per la maggior parte dalle
città costiere del Mediterraneo (Tarragona, Tortosa,
Cartagena, Isole Baleari, Merida nella Lusitania roma-
na). Un ulteriore indizio relativo alla presenza ebraica

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è costituito da alcuni canoni del Concilio di Elvira


(306), con i quali si vietava il matrimonio tra ebrei e
cristiani e si consigliava vivamente a questi ultimi di non
consumare pasti in comune con gli israeliti.
Agli inizi del V secolo la Penisola Iberica fu conqui-
stata dai Visigoti, che a differenza della maggior parte
della popolazione da loro sottomessa professavano la fe-
de cristiana nella sua forma ariana. E’ possibile rico-
struire la storia degli ebrei nel regno visigoto solo attra-
verso fonti non ebraiche, quasi tutte di carattere giuridi-
co, che non forniscono dunque una prospettiva interna
al mondo ebraico stesso. Inizialmente i Visigoti adotta-
rono alcune delle leggi relative agli ebrei promulgate da-
gli imperatori romani cristiani (divieto di possedere
schiavi cristiani, di matrimonio misto ebraico-cristiano, di
rivestire cariche pubbliche, di costruire nuove sinago-
ghe). Nell’ambito di tale legislazione gli israeliti poteva-
no però praticare abbastanza liberamente la propria
religione.
Con la conversione di re Reccaredo e di buona par-
te dell’aristocrazia visigota al cattolicesimo (589) ebbe
inizio un periodo di persecuzioni antiebraiche. Secondo
lo storico Benzion Netanyahu la conversione del sovra-
no fu motivata dal desiderio di raggiungere una sorta di
“unità nazionale” attraverso l’unificazione religiosa, e il
mutamento di politica nei confronti della minoranza
ebraica sarebbe dunque da mettere in relazione con un
mutato atteggiamento nei confronti della popolazione
autoctona soggetta. Va però detto che le uniche iniziati-
ve certe di Reccaredo furono l’inasprirsi del divieto di
possedere schiavi cristiani e/o di circonciderli, non mol-
to per parlare – come tradizionalmente si è fatto – di
“svolta” antiebraica.
L’inizio di più dure persecuzioni nei confronti degli
israeliti si ebbe più avanti, sotto il regno di Sisebuto
(612-621): questi, oltre ad inasprire immediatamente le
norme relative alle conversioni al giudaismo e ai matri-
moni misti, ordinò (613 o 616) la conversione forzata de-
gli ebrei iberici. Sembra che la conversione abbia coin-
volto circa la metà della popolazione ebraica, e che una
parte degli israeliti sia emigrata verso le Gallia. Benché
si tratti di una conversione di massa, va però rilevato che
furono moltissimi gli ebrei che poterono rimanere tali:

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nei primi secoli del Medioevo permaneva infatti una dif-


ferenza notevole tra l’emanazione di norme e la possi-
bilità di applicarle estensivamente e senza eccezioni.
In ogni caso, a seguito della politica antiebraica di
Sisebuto per la prima volta si ebbe sul suolo iberico
un ampio gruppo di conversos: non è dato sapere,
però, quale fosse la loro condizione giuridica e se fos-
sero stati immediatamente equiparati agli altri cristia-
ni. I sovrani visigoti misero in atto una politica ebrai-
ca altalenante: il successore di Sisebuto, Swintila,
adottò nei confronti degli ebrei un atteggiamento as-
sai meno duro, consentendo il ritorno di coloro che
erano emigrati per evitare la conversione. Sisenando
(631-636) rinnovò viceversa il decreto sul battesimo
forzato, e Rekkeswindo (653-672), nel Liber iudicio -
rum (654), stabilì che i convertiti – sino alla seconda
generazione – non potessero intentare cause nei con-
fronti dei cristiani o testimoniare contro di loro. Egica
(687-700) inasprì alcune delle norme – sia di caratte-
re economico che religioso – dei suoi predecessori
prendendo spunto dal canone 8 del Concilio di Tole-
do, decretò che gli israeliti dovessero essere ridotti in
schiavitù, che venissero dispersi in tutto il regno e che
i loro figli dovessero essere battezzati e cresciuti co-
me cristiani.
Anche se le draconiane misure di molti sovrani non
furono massiciamenente applicate, è tuttavia innegabi-
le che l’ultimo secolo di dominio visigoto costituì per
la minoranza ebraica un’epoca di grandi difficoltà. Non
stupisce quindi che gli israeliti abbiano accolto con fa-
vore i musulmani, che conquistarono la Penisola Ibe-
rica tra il 711 e il 714. Anche se è probabilmente da
rivedere la successiva vulgata cristiana, secondo la
quale gli ebrei avrebbero addirittura aperto le porte
delle città ai conquistatori, è indubbio che ci fu una
qualche cooperazione ebraico-musulmana.
Il periodo di dominio islamico fu nel complesso
abbastanza favorevole; come dhimmi (cfr. § 7), gli
ebrei potevano praticare liberamente il loro culto,
anche se per questo erano tenuti a pagare un’im-
posta. Gli ebrei aragonesi, in questo periodo, costi-
tuirono piccole comunità, all’interno delle quali era-
no attivi soprattutto, anche se non esclusivamente,

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come artigiani tessili e del cuoio. Non mancavano


tra gli esponenti della minoranza ebraica, mercanti
(che operavano in particolare con la Catalogna e con
la Francia meridionale), finanzieri, diplomatici e pub-
blici amministratori. Attorno alla metà dell'VIII seco-
lo l'ultimo principe omeyyade si rifugiò a Cordova,
fondando un emirato che divenne nel X secolo un
califfato assai ben organizzato. Sotto il governo di
Abd-er-Raman III (che assunse il titolo di califfo nel
929), gli ebrei e i cristiani mozarabici accettarono il
Patto di Omar (cfr. § 7); Abd-er-Raman III intrattenne
anche rapporti di amicizia con alcuni ebrei, come il
medico asdai ibn aprut.
Alla fine del X secolo il governatore Ibn Abi Amir
al-Mansur, dopo aver preso ufficialmente il posto del-
l'ultimo califfo rilanciò la jihad contro i regni iberici
cristiani del nord, perseguitando allo stesso tempo i
mozarabi – ebrei e cristiani – del suo regno, che fu-
rono costretti ad emigrare in gran numero. Al-Mansur
morì il 1002 e una trentina d'anni dopo il califfato non
esisteva più, diviso in molti piccoli regni. Gli ebrei,
cessate le persecuzioni, poterono tornare a svolgere
ruoli di un certo prestigio nelle corti dei vari piccoli
emiri.
Verso la fine dell'XI secolo (1086) gli Almoravidi
provenienti dal Marocco sconfissero a Sacrajas re
Alfonso VI di Castiglia. Intenzionati a riprendere le
ostilità contro i regni cristiani del nord, i sovrani al-
moravidi perseguitarono i mozarabi, che nuovamente
dovettero scegliere tra esilio e conversione all'Islam.
Gli Almohadi, che sostituirono gli Almoravidi attorno
alla metà del XII secolo, mantennero un atteggiamen-
to persecutorio nei confronti dei mozarabi, favorendo
un esodo massiccio di ebrei e cristiani verso i regni
del nord. Dopo il 1212, con la vittoria di Las Navas de
Tolosas e l'espulsione degli Almohadi dal suolo iberi-
co, la presenza dei musulmani in Spagna si ridusse si-
gnificativamente e gran parte della popolazione ebrai-
ca si trovò a vivere nei regni cristiani, i cui sovrani,
inizialmente, si comportarono in modo simile nei con-
fronti di ebrei e musulmani, concedendo loro di vive-
re come sudditi a condizione che accettassero il fuero
(patto) accordato dai nuovi conquistatori.

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Nel Regno di Navarra, gli insediamenti ebraici si


collocarono essenzialmente lungo due direttrici princi-
pali: nella Valle dell’Ebro e lungo il cammino di San-
tiago. Le comunità della Valle dell’Ebro – di tradizione
culturale musulmana – erano le più antiche e gravita-
vano attorno alla città di Tudela; le comunità site lun-
go il cammino di Santiago erano in gran parte com-
poste da ebrei di origine transpirenaica o francese. In
totale, il Regno di Navarra contava nel Medioevo circa
millenovecento famiglie di ebrei, che rappresentavano
all’incirca l’8,5% della popolazione.
Le aljamas godevano di una certa autonomia: era
loro diritto, ad esempio, risolvere alcuni conflitti inter-
ni seguendo la legge rabbinica. Gli ebrei navarrini po-
tevano possedere immobili: la documentazione super-
stite fa riferimento al possesso di terre nell’area attor-
no a Tudela sin dalla metà del XII secolo.
I componenti della minoranza ebraica erano partico-
larmente attivi in alcuni settori produttivi. I mercanti
ebrei operavano quasi in regime di monopolio per quan-
to atteneva al commercio dei panni, delle pellicce e dei
gioielli. I loro magazzini erano sparsi nei quartieri di nu-
merosi centri urbani e i prodotti da commercializzare
provenivano da tutta Europa. I mercanti ebrei, organiz-
zati in società, importavano panni da Bordeaux, Bayon-
ne, Avignone, Barcellona, Saragozza, Bristol, Ypres e dal-
le Fiandre. Alcuni di loro riuscirono, con grossi sforzi, a
creare anche un’industria tessile nella regione. Gli israe-
liti – nonostante alcune restrizioni – controllavano anche
la vendita di molte sostanze e medicine necessarie ai far-
macisti ed erano coinvolti in grosse transazioni di grana-
glie. Come in moltissime altre località d’Europa, gli ebrei
erano inoltre impegnati nell’attività creditizia.
In Castiglia, a seguito del processo di reconquista, vi-
veva alla fine del XII secolo un alto numero di ebrei, di-
rettamente dipendenti dal sovrano e che godevano per
questo della sua protezione. Molti tesorieri regi (almoja -
rifes), tra XII e XIV secolo, appartenevano alla minoran-
za ebraica e sino al 1474 fu anche molto elevato il nu-
mero dei medici.
La condizione ebraica subì un peggioramento a par-
tire dall’ultimo quarto del XIII secolo. Furono messe in
essere una serie di disposizioni che resero la vita degli

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ebrei più difficile: divieto di ricoprire cariche pubbliche,


limitazione delle attività professionali che gli israeliti po-
tevano svolgere, eliminazione di alcune forme di auto-
nomia giuridica. Si rese anche più difficile praticare l’at-
tività feneratizia, limitando le zone delle città nelle quali
era loro consentito vivere e i contatti con i cristiani. Creb-
be anche, nel corso del Trecento, l’ostilità della popola-
zione cristiana nei confronti degli ebrei, legata parzial-
mente sia al ruolo ricoperto dagli esperti di finanza israe-
liti nella direzione del nuovo apparato fiscale reale, sia
all’attività di prestito esercitata da alcuni membri delle co-
munità ebraiche.
Tra gli ultimi anni di regno di Alfonso X e la morte
di Alfonso XI (1275-1350) la politica dei sovrani e delle
comunità cittadine nei confronti degli ebrei fu altanele-
nante. Il 1280, per la prima volta, un tesoriere ebreo,
Isaaq ben Sadoq, venne accusato di infedeltà e condan-
nato a morte; lo sdegno reale si estese all’intera comu-
nità ebraica, condannata a pagare pesanti tasse, ciò che
comportò un generale impoverimento degli ebrei casti-
gliani. Dal 1293 si moltiplicarono, in seno ai consigli cit-
tadini, gli attacchi nei confronti degli esperti di finanza
ebrei e il 1312 Alfonso X il Saggio adottò nelle sue Sie -
te Partidas alcune norme concernenti gli ebrei derivanti
dal diritto canonico.
A partire dal 1325, sotto Alfonso XI, la protezione rea-
le nei confronti degli ebrei si rafforzò nuovamente e dal
1348 questi ultimi furono autorizzati, come in passato, ad
acquistare terre e beni immobili, pur se a determinate
condizioni. Sotto Pietro I (1351-1369) la condizione de-
gli ebrei castigliani peggiorò nuovamente; tra la fine del
Trecento e gli inizi del Quattrocento i membri della mi-
noranza ebraica dovettero affrontare un difficile periodo,
caratterizzato da massacri e conversioni forzate. Si inten-
sificò l’opera degli ordini mendicanti, che cercarono di
ottenere la conversione di ebrei e musulmani attraverso
una capillare opera di predicazione. Tale stato di cose
provocò, tra l’altro, una massiccia emigrazione ebraica
verso terre più accoglienti.
Il 1412 furono emanate le leggi di Ayllon, che re-
sero assai difficile la vita comunitaria e professionale
degli ebrei. Questi ultimi, in forza delle nuove dispo-
sizioni, avrebbero dovuto vivere in quartieri separati,

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portare segni distintivi su abiti confezionati unicamen-


te con stoffe dozzinali e di colore scuro, non avreb-
bero in nessun caso potuto ricevere l’appellativo di
“don” (comunemente attribuito, sino ad allora, a rab-
bini e a personalità di spicco). Veniva inoltre vietato
agli israeliti l’esercizio di numerose professioni, nelle
quali essi erano da tempo assai attivi: amministratore,
medico, cerusico, farmacista, veterinario, mercante,
maniscalco, falegname, sarto, importatore di tessuti,
calzolaio, pellicciaio, macellaio. Si proibì inoltre alle
donne cristiane di entrare nel quartiere ebraico.
Le leggi di Ayllon furono revocate pochi anni do-
po (1418). In seguito, nel corso del XV secolo, il mon-
do ebraico castigliano si riorganizzò e molte comunità
furono ricostituite. I sovrani e la grande nobiltà impo-
sero agli ebrei nuove e più pesanti tasse, garantendo
però in contropartita una protezione abbastanza effi-
cace. Nel corso del Quattrocento, e sostanzialmente si-
no quasi all’espulsione, gli ebrei castigliani poterono
nuovamente esercitare i mestieri che tradizionalmente
avevano costituito la base del loro benessere. Benchè
la maggior parte di loro appartenesse a ceti medio-bas-
si, è possibile individuare una minoranza di famiglie
molto benestanti. Alcuni possedevano terre e bestia-
me, numerosi erano gli artigiani, in particolare nel set-
tore tessile. Talora gli ebrei trovarono impiego presso
famiglie di nobili cristiani in qualità d’amministratori.
L’organizzazione interna delle comunità ebraiche
non si modificò molto, rispetto ai periodi precedenti.
Anche in Castiglia furono i rabbini e i dotti nella leg-
ge ebraica a ricoprire le cariche più importanti e a
fungere da rappresentanti del gruppo ebraico nei rap-
porti con le autorità cristiane. Venivano di norma
eletti dai correligionari, anche se era il sovrano in
persona a scegliere – solitamente tra gli ebrei di cor-
te – il gran rabbino o il giudice supremo, che esten-
deva la sua autorità su tutti gli ebrei regnicoli. Du-
rante il regno di Giovanni II fu Avraham Benveniste
a ricoprire la carica di rabbino capo, e in tal veste
predispose la redazione di nuovi statuti delle comu-
nità (takkanot di Valladolid, 1432). Dal 1476 l’ufficio
fu ricoperto da Avraham Seneor, fedele servitore del-
la regina Isabella I.

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Per quanto riguarda l’Aragona, si è già detto della


condizione ebraica sino alla fine del dominio musul-
mano. Dalla metà del XII secolo sino all’espulsione
(1492) la storia degli ebrei fu strettamente connessa
con quella dei sovrani cristiani.
Il regno d’Aragona nacque nel 1035: si trattava di un
conglomerato di territori, composti – oltre che dall’Ara-
gona stessa – dalla Catalogna e dal regno di Valencia e
Maiorca. Già nei primi lustri del XII secolo si trovano in
Aragona comunità ebraiche risalenti almeno al periodo
omeyyade, nelle quali vivevano ebrei provenienti in
gran parte dall’Africa del nord e dalla parte centrale del-
la Penisola Iberica. La condizione sociale degli ebrei
aragonesi era molto diversa da quella degli uomini li-
beri, in forza della loro dipendenza dal sovrano; solo di
rado i signori laici ed ecclesiastici concedevano loro lo
speciale privilegio di insediarsi nei territori sotto il loro
controllo in qualità di vassalli.
Inizialmente i gruppi ebraici (aljamas) formarono
degli insediamenti rurali sulle terre regie, pagando un
tributo al sovrano. Nel corso del XII secolo gli israeli-
ti si spostarono gradualmente nei centri urbani, co-
struendo al contempo sinagoghe e cimiteri. Il primo
documento relativo ad un quartiere ebraico in Arago-
na risale al 1175 e riguarda la città di Saragozza.
Inizialmente la presenza ebraica non costituì un pro-
blema. Solo raramente furono promulgate leggi discri-
minatorie nei confronti degli israeliti, che godevano an-
che di una sostanziale autonomia interna (amministrati-
va e giuridica). Benchè dovessero pagare pesanti tasse
alla camera regia, i sovrani li utilizzarono per più di un
secolo in compiti amministrativi e diplomatici che la po-
polazione cristiana – composta quasi esclusivamente da
guerrieri e contadini – non era in grado di svolgere. Nel
corso del XIII secolo (1213-1283) gli ebrei aragonesi fu-
rono impiegati a corte come medici, traduttori, diploma-
tici e occuparono posizioni di rilievo all’interno dell’am-
ministrazione statale, a dispetto dei restrittivi canoni pro-
mulgati dal IV Concilio Lateranense (1215).
A partire dal 1283 la condizione degli ebrei arago-
nesi iniziò a declinare. Per influsso della Chiesa fu lo-
ro vietato ricoprire pubblici uffici e vennero gradual-
mente allontanati dalle posizioni di maggiore prestigio,

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mentre al contempo si faceva per loro più pesante il


carico fiscale.
Dalla fine del XIII secolo venne prestata particola-
re attenzione all’organizzazione delle comunità ebrai-
che, anche se non si arrivò mai ad avere una struttu-
ra organizzativa valida per tutte le aljamas del regno.
Gradualmente i sovrani concessero a queste ultime
privilegi e statuti, in modo che potessero autonoma-
mente scegliere i propri rappresentanti, nominare i
rabbini e ripartire i carichi fiscali. A capo delle alja -
mas – come in altre regioni europee – erano i maschi
delle famiglie di maggior prestigio (adelantados, muc -
cademim). Si creò una sorta di “ereditarietà” delle ca-
riche comunitarie, dato che erano sempre i membri
delle famiglie più ricche e potenti ad avvicendarsi nei
vari incarichi.
Durante il XIV secolo le aljamas si organizzarono po-
liticamente, amministrativamente e giuridicamente se-
guendo il modello cristiano. Le relazioni con i vicini cri-
stiani si fecero però via via sempre più difficili. Ebbe ini-
zio una politica che mirava a separare gli ebrei dal resto
della società, e che portò alla creazione di quartieri ebrai-
ci separati, all’obbligo di portare sugli abiti un segno di-
stintivo, al parziale allontanamento dai mercati cristiani.
A metà Trecento la Peste Nera provocò un diffuso au-
mento dell’antiebraismo cristiano.
Gli ebrei aragonesi furono consapevoli di vivere un
momento di grandi mutamenti e cercarono – senza
successo – di costruire un’organizzazione sovrarregio-
nale, per coordinare le aljamas del regno (1354). Gli
ultimi decenni del Trecento videro l’intensificarsi di
persecuzioni antiebraiche (a Huesca gli ebrei furono
accusati, nel 1377, di avere profanato l’ostia). Ciono-
nostante, la condizione economica degli israeliti rima-
se buona per tutto il XIV secolo: questi ultimi erano
presenti in tutti i maggiori centri urbani ed erano atti-
vi nel settore artigiano, in particolare in quello tessile,
e nel commercio. Esportavano i prodotti che essi stes-
si producevano (lino, lana, seta) ed importavano e tin-
gevano panni importati dalle Fiandre e dalla Francia
meridionale. Gli artigiani della pelle e del cuoio erano
uniti in gilde e in alcuni casi gravitavano attorno ad
una propria sinagoga.

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Gli ebrei nel medioevo

Nel corso del Trecento si accentuò la rivalità tra i


membri delle due minoranze religiose del regno, ebrei
e musulmani. Questi ultimi, dopo la conquista cristia-
na, avevano dovuto lasciare le città; il loro posto (sia
da un punto di vista economico che da un punto di
vista sociale) fu preso dagli israeliti, ciò che provocò
molta ostilità. I frequenti conflitti fra i due gruppi so-
no testimoniati con una certa frequenza, come si de-
sume ad esempio dai documenti conservati nei registri
reali di Huesca, Daroca, Fraga. Il sentirsi defraudati e
relegati in una posizione di inferiorità portò i musul-
mani a supportare il popolino cristiano in occasione
degli attacchi di fine Trecento ai quartieri ebraici.
Verso la fine del XIV secolo, le misure restrittive nei
confronti degli ebrei si fecero più severe. Il 1383 Pie-
tro IV vietò ai nuovi cristiani di entrare nel quartiere
ebraico e di avere contatti con gli ex-correligionari,
sotto pena di fustigazione pubblica e di esilio. Il 1391
gli attacchi contro gli israeliti ebbero come risultato la
decimazione di numerose comunità e il battesimo for-
zato di molti dei loro componenti (Ainsa, Barbastro,
Tamarite, Jaca, Huesca, Saragozza).
Sin dall’inizio del XV secolo, la condizione degli
ebrei aragonesi peggiorò sensibilmente. S’intensificò
lo sforzo conversionistico della Chiesa, supportata or-
mai – più o meno apertamente – dalla monarchia, che
arrivò ad inviare domenicani e francescani nelle sina-
goghe, inaugurando la pratica delle prediche forzate.
Tra 1413 e 1414 ebbe luogo la cosidetta “disputa di
Tortosa”, organizzata da papa Benedetto XIII e dal do-
menicano Vincent Ferrer con l’intento di “liberare” gli
ebrei dai loro errori, dimostrando mediante un pub-
blico dibattito la “verità” del cristianesimo. Nonostan-
te la brillante difesa dell’ebraismo portata avanti da al-
cuni rabbini, la pesante atmosfera conversionistica
portò all’apostasia, nel giro di pochi mesi, di almeno
tremila ebrei, quasi tutti appartenenti al ceto dirigen-
te, ciò che ebbe gravi conseguenze per l’organizza-
zione generale dell’ebraismo aragonese. Il 1415 il pa-
pa decise di emanare una serie di norme molto re-
strittive (chiusura delle sinagoghe, sequestro delle co-
pie del Talmud), adottate poco tempo dopo da re Fer-
dinando I in una cosiddetta “prammatica sanzione”.

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Gli ebrei nel mondo medievale

Tali avvenimenti indussero molti ebrei a convertirsi,


mentre altri decisero di emigrare verso terre più ac-
coglienti. Molti israeliti, per altro, cercarono di conti-
nuare a vivere come tali, tra mille difficoltà e in una
situazione ormai molto deteriorata. Nulla però potè
arrestare il graduale impoverimento delle comunità
ebraiche del regno di Aragona: gli israeliti – sempre
meno in grado di riempire le casse della corona – fu-
rono sempre più percepiti come un problema (a cau-
sa loro – si diceva – i nuovi cristiani rischiavano di
“giudaizzare”). La nomina ad inquisitore generale del
domenicano Tomas de Torquemada (1483) ebbe co-
me conseguenza una definitiva inversione di rotta del-
la monarchia nei confronti della minoranza ebraica,
che culminò qualche anno dopo con l’editto d’espul-
sione del 1492.
Dopo la conquista dell’indipendenza da parte del
Portogallo (attorno alla metà del XII secolo), la geo-
grafia del giudaismo lusitano si modificò sensibilmen-
te a causa della politica di ripopolamento intrapresa
dai sovrani cristiani. Le comunità ebraiche erano stan-
ziate soprattutto nelle città recentemente riconquistate
ai musulmani. Durante il regno di Dionigi (1279-1325)
gli atti della cancelleria regia menzionano per la prima
volta comunità ebraiche organizzate, soprattutto in
prossimità delle zone di frontiera. Nel 1367 erano al-
meno una trentina le città nelle quali si poteva trova-
re una comunità ebraica organizzata; in questo perio-
do, esse furono ripartite e raggruppate dal sovrano in
sette diversi distretti, e a capo di ogni distretto fu po-
sto un rabbino.
A partire dalla metà del Trecento, il numero degli
ebrei portoghesi e delle località nelle quali era possi-
bile trovare almeno un insediamento ebraico si ac-
crebbe significativamente per via della forte immigra-
zione di israeliti che abbandonavano gli altri regni cri-
stiani della Penisola Iberica a causa delle persecuzio-
ni. Nel corso del XV secolo la presenza ebraica si fe-
ce ancora più significativa, e il numero delle comunità
quintuplicò, arrivando ad un totale di centotrentanove.
Tra le comunità più importanti della fine del Quattro-
cento si possono menzionare Lisbona, Evora, Guarda,
Santarém e Faro.

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Gli ebrei nel medioevo

Nel complesso i sovrani portoghesi mostrarono un


atteggiamento abbastanza favorevole verso i propri sud-
diti ebrei. Alcuni tra questi – una piccolissima minoran-
za – ottennero onori e posizioni di potere sotto la pro-
tezione dei sovrani lusitani. Il primo re del Portogallo
indipendente, Alfonso Henriques, utilizzò gli israeliti per
amministrare i territori sottratti ai musulmani; dopo la
conquista di Santarém e della sua numerosa comunità
ebraica (1147) il sovrano affidò ad un dignitario ebreo
della città, Yahia ibn Yaish, la carica di percettore ge-
nerale del regno (almoxarife-mor).
Il 1278 una lettera di re Alfonso III indirizzata al
consiglio municipale di Braganza menziona per la pri-
ma volta la carica di Gran Rabbino (arrabi-mor), crea-
ta per centralizzare l’esercizio della giustizia all’interno
delle comunità ebraiche e per sovrintendere alla ri-
scossione delle imposte.
La presenza a corte di funzionari e dignitari ebrei si
rivelò particolarmente importante nel 1391, quando i
pogrom antiebraici che stavano colpendo altri regni ibe-
rici minacciarono di estendersi al Portogallo. Su richie-
sta di Mosè di Leiria, re Giovanni I vietò ai suoi suddi-
ti di maltrattare gli ebrei, di convertirli con la forza e di
profanare i loro cimiteri. Nonostante la politica di pro-
tezione adottata nei confronti della minoranza ebraica
lo stesso Giovanni I e il suo successore Edoardo do-
vettero – sotto la pressione delle cortes – ridurre il nu-
mero di funzionari ebrei; come contropartita essi crea-
rono delle cariche ad hoc come consiglieri ufficiali del-
le casa reale, cariche che spesso avevano una funzione
amministrativa e militare. Maestro Joseph Arama, ad
esempio, prese parte – in qualità di cavaliere – alle cam-
pagne africane di Enrico il Navigatore. Il successore di
Edoardo, Alfonso I (1438-1481), abolì le leggi promul-
gate dal padre e dal nonno e la sua fama di protettore
degli ebrei gli meritò il soprannome, da parte di questi
ultimi, di o Bom (il Buono).
L’atteggiamento tendenzialmente benevolo dei so-
vrani lusitani nei confronti della minoranza ebraica è
da mettere in relazione con il fatto che si considera-
vano gli ebrei – oltre che un’utile riserva di funziona-
ri – anche e soprattutto una importante fonte di en-
trate fiscali. Nulla veniva lasciato al caso: dopo il 1339

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Gli ebrei nel mondo medievale

le cancellerie reali iniziarono a registrare scrupolosa-


mente i beni di ogni singolo israelita, al fine del pa-
gamento delle imposte al fisco regio. Raccogliere i tri-
buti dovuti dai membri delle comunità ebraiche era uno
dei compiti affidati al Gran Rabbino o ad altro funzio-
nario ebreo della corona. L’imposta diretta variava a se-
conda della condizione personale (età, sesso, stato civi-
le); era affiancata dalla cosiddetta juderega, una tassa
pari a trenta denari, che doveva essere pagata indistin-
tamente da ogni singolo israelita, in ricordo e ad espia-
zione del tradimento di Cristo da parte di Giuda. Le ren-
dite agricole erano soggette ad un tributo pari ad un ot-
tavo, e la produzione e vendita del vino comportavano
una complessa tassazione; elevate erano anche le im-
poste per la macellazione rituale di animali atti al con-
sumo ebraico, così come quelle applicate al rabbinato,
alle scuole religiose e alle altre istituzioni comunitarie.
Alle tasse pagate direttamente alla corona andavano in-
fine aggiunte quelle che derivavano dai diritti signorili
e dalla decima ecclesiastica; inoltre, poiché gli ebrei non
erano considerati cittadini della città nella quale viveva-
no, per quanto atteneva pedaggi e simili venivano ap-
plicate loro le tariffe in vigore per gli stranieri.
Poiché i sovrani avevano interesse a che la mino-
ranza ebraica fosse in grado di pagare imposte eleva-
te, gli ebrei portoghesi poterono tendenzialmente
svolgere qualsivoglia professione, e le limitazioni in tal
senso furono circoscritte. Erano esclusi dall’esercizio
dell’agricoltura di sussistenza: nel XIII secolo i sovrani
lusitani obbligarono gli israeliti ad acquistare e far col-
tivare (mediante salariati) delle proprietà agricole e a
commercializzare i prodotti delle loro terre, soprattut-
to di vigne e uliveti. Nelle campagne, gli ebrei posse-
devano anche mulini e si dedicavano all’allevamento
del bestiame. Un certo numero di queste proprietà
rappresentava beni di investimento per i finanzieri e i
medici ebrei della capitale.
Circa i tre quarti della popolazione ebraica porto-
ghese era dedita all’artigianato, e commercializzava di
persona i propri manufatti; altri ebrei si dedicavano
esclusivamente al commercio: i più numerosi tra que-
sti erano gli ambulanti, usi a frequentare le varie fiere
e a garantire lo scambio di prodotti tra città e

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Gli ebrei nel medioevo

campagna. I grandi mercanti costituivano una mino-


ranza al vertice della piramide sociale ebraica porto-
ghese, assieme ai medici e ai funzionari regi. Erano
particolarmente numerosi a Lisbona e ad Evora: alcu-
ni di loro erano impegnati nell’attività di import-export
con il Maghreb e con l’Oriente, oltre che – anche se
in misura minore – con altre piazze commerciali eu-
ropee. Assieme ai mercanti italiani e fiamminghi essi
formarono – nel corso del XV secolo – vere e proprie
compagnie commerciali. Tra le attività principali vi era-
no l’importazione di tele fiamminghe, inglesi e breto-
ni, l’esportazione in Europa di frutta secca, miele, vi-
no, olio. Altri settori commerciali di rilievo sono colle-
gati all’espansione marittima tardo-medioevale del Por-
togallo: esportazione di zucchero da Madera, approv-
vigionamento delle piazze portoghesi in Africa, com-
mercio di oro e schiavi provenienti dalla Guinea.
A completare il quadro delle attività ebraiche, va na-
turalmente menzionato anche il prestito ad interesse;
poiché si trattava di un’attività che poteva essere fonte
di conflitto o di violenza, la corona autorizzò i ban-
chieri ebrei a portare armi e a farsi scortare, al fine di
proteggersi da eventuali attacchi dei loro debitori.
Nel 1497, l’espulsione della minoranza ebraica por-
toghese, che seguiva di pochi anni quella dalla Spa-
gna, pose bruscamente fine ad un insediamento seco-
lare (cfr. § 11).

2.2. Francia meridionale


La presenza di ebrei nella Francia meridionale è te-
stimoniata già nella tarda antichità, anche se le iscri-
zioni ebraiche conservate per questa regione dell’Im-
pero Romano sono in numero abbastanza limitato, il
che significa – con ogni probabilità – che la popola-
zione ebraica non dovette mai essere numerosissima.
Riferimenti alla presenza di israeliti si hanno anche a
partire dai primi secoli dell’era cristiana. Nelle vite dei
vescovi di Arles (V-VI secolo) e in Gregorio di Tours si
trovano cenni relativi alla presenza ebraica a Marsiglia.
Poco sappiamo degli ebrei dimoranti nelle regioni
della Francia meridionale (Provenza, Linguadoca, Co-
mitato Venassino) per i primi secoli del Medioevo; la

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Gli ebrei nel mondo medievale

vita intellettuale ebraica non fu vivacissima, soprattut-


to se paragonata a quella dell’Italia meridionale e del-
la Penisola Iberica. La prima figura di rilievo che è
possibile identificare è quella di Mo eh ha-Dar an di
Narbona, i cui scritti sono noti solo attraverso citazio-
ni di autori più tardi.
Nel 1165 il famoso viaggiatore ebreo Beniamino da
Tudela visitò alcune comunità del sud della Francia,
delle quali è possibile trovare menzione nel suo dia-
rio di viaggio. Il viaggiatore navarrino sostò a Narbo-
na, Béziers, Montpellier, Lunel, Posquières, St. Gilles,
Arles e Marsiglia. Si tratta di centri urbani situati in
prossimità del Mediterraneo: probabilmente la via co-
stiera era per Beniamino quella più semplice e diretta,
ma la sua descrizione riflette quasi certamente anche
la geografia dei più importanti insediamenti ebraici
della regione.
Cinque delle otto città visitate da Beniamino si tro-
vavano in Linguadoca, regione nella quale – tra XII e
XIII secolo – erano stanziate le comunità ebraiche più
creative della Francia meridionale. Fu solo a partire dai
decenni centrali del XIII secolo che il passaggio della
regione sotto la monarchia capetingia portò dapprima
al graduale deterioramento delle condizioni di vita e in
seguito all’eliminazione della minoranza ebraica, che
fu espulsa dai domini regi nel 1306.
Stando alle informazioni di Beniamino, la più po-
polosa delle comunità da lui visitate contava circa tre-
cento ebrei. Egli non descrive le attività economiche
degli israeliti della regione, anche se trasmette l’idea
che godessero di una certa prosperità economica. Il
viaggiatore iberico fu particolarmente impressionato
dall’alto livello degli studi talmudici, che fiorivano gra-
zie a maestri di fama internazionale, in grado di atti-
rare studenti anche dalle regioni più lontane. In effetti
la Francia meridionale fu sede, nel XII secolo, di ri-
nomate accademie talmudiche, nelle quali insegnava-
no molti rabbini di gran fama, tra i quali si possono
ricordare rabbi Avraham ben Yi aq da Lunel, rabbi
Zerachiah ben Yi aq ha Lewi da Lunel, rabbi
Avraham ben Dawid da Posquières e rabbi Yehonatan
da Lunel. Beniamino rammenta anche la figura di
Yehudah ibn Tibbon, un medico iberico rifugiatosi

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Gli ebrei nel medioevo

nella Francia meridionale, che tradusse in ebraico va-


ri testi redatti in giudeo-arabico, tra i quali spicca la
Guida dei perplessi di Maimonide. La vivace atmosfe-
ra intellettuale della Francia meridionale produsse tra
l’altro una serie di interessanti innovazioni nel campo
della mistica ebraica. Anche dopo l'espulsione del
1306, la creatività intellettuale ebraica nel sud della
Francia fu ben lungi dallo spegnersi: le comunità
ebraiche provenzali, rinforzate dall'apporto di molti
profughi, continuarono ad essere molto attive sia eco-
nomicamente che intellettualmente. Una delle figure
più interessanti tra gli intellettuali ebrei vissuti tra XIII
e XIV secolo è quella di rabbi Mena em ben elomo
Meiri da Perpignano, la cui opera più importante – un
ponderoso commento al Talmud intitolato Bet ha-
Behirah – costituisce uno dei più importanti contribu-
ti alla letteratura rabbinica medievale.
Come si è detto, il passaggio di molti territori me-
ridionali sotto il dominio dei sovrani capetingi ebbe
come effetto la scomparsa, a seguito dell'espulsione
del 1306 – di moltissimi insediamenti, alcuni dei qua-
li molto antichi. La contea di Provenza, tuttavia, poli-
ticamente indipendente, continuò ad ospitare numero-
se comunità ebraiche e fu una delle terre di rifugio per
gli israeliti costretti ad abbandonare le altre regioni
della Francia meridionale. Un elenco di israeliti redat-
to il 1341 c’informa che la popolazione ebraica di Aix-
en-Provence assommava a 1205 persone, incluse le
donne e i bambini; nella regione di Aix vivevano glo-
balmente circa duecentocinquanta famiglie di ebrei, la
maggior parte delle quali risiedeva in zone abitate pre-
valentemente – ma non esclusivamente – da correli-
gionari. La concentrazione degli insediamenti ebraici in
una strada o in un quartiere avveniva infatti in modo
del tutto spontaneo, dato che – come accadeva in al-
tri contesti geografici e politici – non esisteva per gli
appartenenti al gruppo ebraico alcun obbligo di resi-
denza coatta. I cimiteri ebraici, a differenza di quelli
cristiani, erano situati fuori delle mura cittadine.
Lo sviluppo degli insediamenti ebraici raggiunse il
suo apice nei primi decenni del XIV secolo. In tutto, in
Provenza dimoravano circa dodicimila ebrei, pari al 3%
– 4% della popolazione totale. Nelle città più grandi, gli

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Gli ebrei nel mondo medievale

ebrei erano particolarmente numerosi e costituivano al-


l’incirca il 7% – 10% della popolazione.
La ricostruzione dell’organizzazione comunitaria e
della vita quotidiana degli ebrei provenzali è resa pos-
sibile – oltre che dall’esistenza delle fonti ebraiche e di
quelle latine di carattere pubblico – anche dai
numerosissimi atti notarili superstiti. Come gli ebrei del-
l’Italia centro-settentrionale, anche quelli provenzali fe-
cero un uso esteso dei notai per regolamentare anche
le questioni più minute e le più piccole transazioni, ciò
che consente agli storici di ricostruire anche vicende
minori e di lavorare intensamente alla prosopografia
dei gruppi ebraici.
La universitas iudeorum Provinciae (documentata co-
me tale per la prima volta il 1276), o – in ebraico –
kahal, era retta da procuratori, tutti invariabilmente ap-
partenenti ai ceti sociali dominanti, spesso in relazione gli
uni con gli altri e che mostravano una spiccata tendenza
all’oligarchia. Alcune famiglie di maggiorenti si ritrovano
nella Provenza intera: i Botarelli di Marsiglia, i Passapay-
re e i Nathan di Pertuis, gli Atar di Trets, gli Jassiel di
Grasse, i Levi di Tarascona, i Lattes di Aix. I judei mino -
res avevano ben poche possibilità di esercitare un ruolo
purchessia, come mostrano chiaramente i documenti che
riferiscono – più o meno in dettaglio – delle loro la-
mentele a tale proposito, soprattutto per il Quattrocento.
Gli ebrei provenzali erano soggetti ad una sorta di
“doppia imposizione” fiscale: oltre alle tasse locali, che
erano tenuti a corrispondere in qualità di cives di una
determinata località, dovevano anche contribuire al pa-
gamento della cosiddetta tallia iudeorum, da pagarsi
al conte di Provenza. Essi erano attivi in vari campi.
Molti erano artigiani ed operavano nel settore della
sartoria, della tessitura di tappeti e del rammendo. Ad
Aix, ad esempio, si contano, nei primi anni del Quat-
troceno, quindici sarti. Gli ebrei si dedicavano anche
in gran numero alla lavorazione della pergamena. Bas-
so era il numero dei muratori, e del tutto assenti – al-
meno dopo il 1430 – furono gli armieri e gli stagnini;
prima del XV secolo si trovano riferimenti anche ai pe-
scatori di corallo e ad artigiani dediti alla lavorazione
del pregiato materiale. Per quanto riguardava il com-
mercio, gli ebrei provenzali erano particolarmente

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Gli ebrei nel medioevo

attivi nella compravendita di lana, cuoio, pellame, di


tessuti (panni di lana e di lino, piumino), e di alcuni
generi alimentari (cereali, olio e mandorle).
Non mancavano, ovviamente, i prestatori ebrei, che
effettuavano mutui anche per somme cospicue. I me-
dici erano molti e molto apprezzati ed utilizzati anche
dai cristiani, nonostante i severi divieti ecclesiastici.
Poichè non avevano accesso al sistema universitario (si
veda oltre, § 6), la loro formazione avveniva mediante
trasmissione delle conoscenze di padre in figlio. I me-
dici figuravano tra le personalità di maggior spicco del-
le comunità provenzali, ed erano loro a raccogliere e
ripartire la tallia iudeorum. Come accadeva in altri
contesti geografici (Penisola Iberica, Italia centro-set-
tentrionale) erano anche frequentemente al contempo
prestatori, finanzieri e mercanti.
Un primo momento di crisi per l’ebraismo proven-
zale si ebbe in concomitanza con la Peste Nera di
metà Trecento, che investì le comunità ebraiche nel lo-
ro momento di massima ascesa. Gli effetti della peste
furono duplici: all’accresciuta mortalità dovuta diretta-
mente agli effetti del morbo si affiancarono alcuni po -
grom (soprattutto a Tolone e in Alta Provenza). Il bi-
lancio fu pesante: benché sia difficile valutare con
esattezza e distinguere da un punto di vista demogra-
fico gli effetti di malattia e persecuzioni, si nota
senz’altro dopo la metà del Trecento una drastica con-
trazione degli insediamenti ebraici. Ciò non comportò,
per altro, né una massiccia emigrazione ebraica – co-
me accadde invece in altri contesti politici e geografi-
ci – né l’inaugurarsi di una politica apertamente e pe-
santemente vessatoria nei confronti delle comunità
ebraiche provenzali. Per tutto il Quattrocento, e sino
agli inizi del Cinquecento, gli israeliti continuarono a
vivere in Provenza, in condizioni nel complesso abba-
stanza favorevoli2.

2
Per le vicende legate all’espulsione, si veda il § 11.

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Gli ebrei nel mondo medievale

2.3. Italia
La storia della presenza ebraica in Italia e in Sici-
lia presenta caratteristiche tali da rendere una presen-
tazione lineare alquanto difficoltosa. La penisola co-
stituì infatti, per tutto il Medioevo, un complesso di
realtà socio-economiche assai differenziato,inserite in
contesti politico-istituzionali non sempre facilmente
comparabili.
Per quanto attiene alla presenza ebraica, la penisola ita-
lica può essere divisa in due grandi aree: quella meridio-
nale, per la quale abbiamo a disposizione un cospicuo nu-
mero di documenti anche per il periodo alto-medioevale e
dove si stanziò la maggior parte dei gruppi ebraici duran-
te i primi secoli del Medioevo; e quella centro-settentrio-
nale, povera di documentazione e d’insediamenti almeno
sino a tutto il XII secolo. Nelle regioni del centro-nord la
presenza ebraica fu – almeno sino alla fine del Duecento
– assai sporadica. Fra la metà del secolo VI e la metà del
XIII, essa può essere ipotizzata con sufficiente sicurezza so-
lo in poche località: Luni, Pavia, Asti, nei pressi di San Mi-
niato, Lucca, Treviso, Verona, Ancona (X secolo), Rimini,
Genova, Aquileia, Pisa, Mantova, Fano, Pesaro (secc. XII-
XIII), Venezia, Ferrara, Forlì, Lugo, Cividale del Friuli, Mas-
sa Marittima, Siena.
Assai differente era la situazione per l’Italia meridio-
nale e Roma, dove viveva un considerevole numero di
ebrei, organizzati di solito in comunità di decine, a vol-
te centinaia di persone. Nella parte d’Italia dominata da
Bisanzio, tra VI e XI secolo, le fonti archeologiche ed
epigrafiche mostrano che sin dalla tarda antichità gli
ebrei si insediarono soprattutto nelle città portuali e lun-
go le vie di comunicazione più importanti, come la via
Appia. Le fonti meglio conosciute riguardano Fondi, Ca-
pua, Nola, Napoli, Pozzuoli, Salerno, Benevento, Veno-
sa, Taranto, Otranto, Brindisi, Bari, Oria, Reggio, Bova,
Taormina, Catania, Siracusa ed Agrigento.
Naturalmente le fonti meridionali non sono distri-
buite ugualmente per epoche e per territori. In Sicilia,
ad esempio, la presenza d’israeliti è testimoniata sin dai
primi secoli dell’era cristiana. La prima prova concreta
è costituita da una pietra tombale (383). Dieci lettere di
papa Gregorio Magno sono relative ad ebrei siciliani; e
numerose sono le informazioni che risalgono al primo

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Gli ebrei nel medioevo

periodo musulmano e al passaggio dal dominio arabo


a quello normanno. Molto scarse, viceversa, sono le no-
stre conoscenze per il periodo bizantino.
Di grande importanza, per l’alto Medioevo, fu la pre-
senza ebraica a Roma. Anche in questo caso, disgraziata-
mente, le fonti sono scarse: si trova menzione dell’attività
commerciale d’israeliti nel IX secolo, e nella biografia di
papa Gregorio Magno scritta da Giovanni Diacono. E’ so-
lo nei primi decenni dell’XI secolo che il gruppo ebraico
romano emerge dalle tenebre. Per questo periodo dob-
biamo affidarci prevalentemente alle fonti ebraiche, che
forniscono l’immagine di una forte presenza giudaica. La
congregazione romana era conosciuta e apprezzata da
molte altre comunità ebraiche europee: quesiti di caratte-
re rituale ed esegetico venivano sottoposti ai “saggi di Ro-
ma” da ogni parte d’Europa, e in particolare da parte de-
gli ebrei che vivevano nelle prospere città della Francia
del Nord e della Valle del Reno (Worms, Spira, Magonza,
Metz). La particolare posizione degli ebrei romani con-
sentiva loro di agire in qualità di portavoce delle comu-
nità della diaspora nei confronti dei papi. Attorno alla
metà del XII secolo il viaggiatore ebreo navarrino Benia-
mino da Tudela visitò Roma, lasciando una descrizione di
grande interesse della locale comunità ebraica.
Per il periodo altomedioevale è quasi impossibile sta-
bilire quale fosse la consistenza numerica dei singoli in-
sediamenti ebraici. Per il XII secolo sempre Beniamino da
Tudela riferisce di aver trovato trecento ebrei a Capua,
cinquecento a Napoli, seicento a Salerno, duecento a Be-
nevento e Trani, trecento a Taranto, cinquecento ad
Otranto. La vita economica degli ebrei che dimoravano
nelle regioni meridionali mostra un alto grado di diversi-
ficazione. Gli ebrei erano attivi nel settore agricolo (anche
se in misura molto minore rispetto alla popolazione cri-
stiana), nell'artigianato, nel commercio e nella medicina.
Gli ebrei siciliani e dell'Italia meridionale peninsulare han-
no lasciato numerose tracce a testimonianza della loro
creatività intellettuale e spirituale: le iscrizioni tombali in-
dicano ad esempio un crescente uso della lingua ebraica
durante i primi secoli del Medioevo e ciò che resta della
poesia ebraica mostra una padronanza degna di nota di
tale idioma (si considerino, ad esempio, la Megillat
A imaa'z e il Sefer Yosippon).

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Gli ebrei nel mondo medievale

Prima della fine del XII secolo, dunque, il fulcro


del giudaismo italico fu costituito dalla parte meridio-
nale della penisola e da Roma. Nel corso del XIII se-
colo la situazione mutò significativamente e le regioni
del centro e del nord iniziarono, gradualmente, a ri-
coprire un ruolo sempre più importante all’interno del-
la società ebraica italiana. Alla fine del Medioevo, la
geografia degli insediamenti ebraici si era sostanzial-
mente modificata.
A partire dalla fine del Duecento si assistette infatti
alla comparsa – per certi versi quasi improvvisa – di nu-
merosi nuclei ebraici, dapprima nelle regioni centrali
(Lazio, Umbria, Marche meridionali) e poi in quelle set-
tentrionali. Si trattava di ebrei provenienti in gran parte
dall’Italia del sud e da Roma. La corrente migratoria de-
gli ebrei romani e meridionali si spostò poi gradual-
mente verso nord, toccando le Marche settentrionali, la
Toscana (dapprima nella sua parte meridionale) e infine
le attuali regioni di Emilia Romagna, Veneto, Lombardia
e Piemonte.
La comparsa di numerosi insediamenti ebraici nell’I-
talia centro-settentrionale va collegata alla migrazione di
molte famiglie di mercanti ebrei (soprattutto romani) i
quali, su invito dei comuni italiani, si spostarono verso
le regioni del centro-nord, inserendosi – più o meno in
alternativa ai mercanti cristiani – nel mercato del dena-
ro. L’insediamento ebraico assunse caratteristiche di ca-
pillarità, di modo che anche piccoli centri potessero av-
valersi dei vantaggi connessi alla presenza di feneratori
ebrei. Per dare un’idea del fenomeno, si deve conside-
rare che tra il XIV e XV secolo è possibile contare al-
meno seicento località – città ma anche piccoli centri ru-
rali – dove viveva almeno una famiglia di ebrei.
Con poche eccezioni, i nuovi insediamenti ebraici nel
centro-nord della penisola non traevano origine da più
antichi insediamenti. Per questa ragione, nella maggior
parte delle località la presenza degli ebrei rappresentò –
per certi versi – una nuova esperienza. Mancando del
tutto una tradizione di presenza ebraica le autorità loca-
li dovettero regolamentare le modalità d’insediamento e
la condizione giuridica della minoranza religiosa. La pre-
senza ebraica fu normata mediante la redazione di un
accordo bilaterale, la cosiddetta “condotta”. Si trattava di

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Gli ebrei nel medioevo

un patto, sottoscritto sia dai prestatori ebrei che dalle au-


torità cittadine, contenente numerosi paragrafi (i cosid-
detti capitoli) intesi a regolamentare almeno due ordini
di questioni: in primis, a quali condizioni fosse conces-
so agli ebrei di risiedere in una determinata località; in
secondo luogo, in che modo dovesse essere condotta
l’attività feneratizia. A seconda delle regioni, delle città e
dei periodi, la presenza degli ebrei fu regolata in modi
differenti. In Toscana, ad esempio, era normale
permettere agli ebrei di possedere beni immobili (case
e terre), mentre in altre regioni tale concessione non era
affatto automatica.
Benché ufficialmente la condotta venisse “concessa”
ai prestatori ebrei dalle autorità cittadine, essa era in
realtà il risultato di una lunga e non di rado comples-
sa negoziazione tra le parti. Attraverso la condotta, gli
ebrei che dimoravano nelle regioni del centro-nord po-
tevano godere – almeno per un certo numero di anni
– di una sorta di “cittadinanza temporanea”. Va infatti
notato che nei secoli finali del Medioevo sempre più
raramente gli israeliti ottennero la qualifica di cives, più
comune viceversa nell’Italia meridionale e comunque
sino ai primi del Trecento. Spesso, inoltre, i titolari di
una condotta venivano esentati dal pagamento di nu-
merose imposte, essendo frequentemente assoggettati
solo al versamento della cosiddetta “taxa pro feneran -
do”. I capitoli di prestito, inoltre, garantivano ai mem-
bri della minoranza ebraica un trattamento equo in ca-
so di procedimenti giudiziari – sia in campo civile che
criminale: e in effetti, scorrendo gli atti dei processi nei
quali furono coinvolti a vario titolo degli israeliti, solo
di rado è possibile individuare un trattamento parziale
a sfavore di questi ultimi. A Volterra, ad esempio, i
membri della locale famiglia di banchieri ebrei furono
condannati una sola volta in più di un secolo, otte-
nendo viceversa in tutti gli altri casi sentenze di asso-
luzione (se accusati di qualche reato) o a loro favore-
voli (quando la causa era stata da loro intentata), qua-
si sempre a danno di cittadini cristiani. Talora erano
chiamati a testimoniare persino in procedimenti giudi-
ziari a carico di cristiani, e sembra che la loro testimo-
nianza venisse valutata esattamente allo stesso modo di
quella dei testimoni cristiani.

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Gli ebrei nel mondo medievale

Poiché, almeno agli inizi, gli insediamenti ebraici


nell’Italia centrale e settentrionale furono strettamente
connessi con l’attività creditizia, i banchieri ricoprirono
un ruolo centrale: la società ebraica, difatti, gravitava
attorno alla famiglia (o alle famiglie, nelle città più
grandi come Treviso, Bologna, Firenze, Perugia) dei
prestatori. In teoria, i privilegi concessi dalla condotta
riguardavano solamente il banchiere e la sua famiglia.
Ma la nozione di “famiglia”, all’epoca, era ben lungi
dall’includere nel nucleo familiare i soli parenti prossi-
mi; di fatto, tutti i parenti, gli impiegati e i servi fini-
vano per essere considerati parte del nucleo familiare:
pertanto, una rilevante porzione della popolazione
ebraica potè godere di alcuni dei privilegi garantiti ai
banchieri mediante la condotta.
L’attività di prestito su pegno, dunque, si rivelò cru-
ciale non tanto da un punto di vista economico (i fene-
ratori ebrei erano attivi al contempo sul mercato crediti-
zio ed in campo commerciale e professionale), ma in
quanto mediante essa gli ebrei dell’Italia centro-setten-
trionale poterono godere di condizioni di vita in genere
molto favorevoli. Sarebbe dunque un errore sovrastima-
re il ruolo economico del prestito su pegno: gli ebrei ita-
liani erano ben lungi dall’essere solo o principalmente
dei piccoli usurai, intenti a gestire un banco feneratizio.
Molti di loro fondarono vere e proprie compagnie d’af-
fari lungo l’intera penisola e al di fuori di essa, riuscen-
do ad organizzare con buoni risultati un’efficace rete fi-
nanziaria e commerciale.
Se la condizione degli ebrei dell’Italia centro-setten-
trionale si mantenne favorevole sino a Cinquecento inol-
trato – nonostante singoli episodi d’intolleranza e il gra-
duale intensificarsi della predicazione antiebraica dei mi-
noriti -, quella degli ebrei che dimoravano nell’Italia me-
ridionale peninsulare già alla fine del XIII secolo aveva
iniziato a deteriorarsi. I sovrani angioini avevano impo-
sto la conversione forzata di tutti gli israeliti nel 1292: il
domenicano Giordano da Rivalto fa risalire la decisione
di imporre il battesimo a tutti gli ebrei regnicoli ad
un’accusa di omicidio rituale nelle Puglie. In realtà, sem-
bra che un ruolo importante nell’ambito del processo
conversionistico (che era stato assai meno repentino di
quanto Giordano non tenda a suggerire) sia stato

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Gli ebrei nel medioevo

giocato dall’Inquisizione, anche se non può essere sot-


tovalutato il ruolo della monarchia angioina, che nei de-
cenni precedenti aveva sottoposto gli ebrei ad una for-
te pressione fiscale, impoverendo fortemente le comu-
nità. La promessa di esentare i convertiti dal paga-
mento delle imposte, unito ovviamente ad altri ele-
menti di pressione, fece sì che quasi la metà degli
ebrei regnicoli – circa settemila individui – optasse per
l’apostasia. Coloro che non accettarono il battesimo
dovettero andarsene.
Negli anni immediatamente successivi le comunità di-
strutte iniziarono a ricostituirsi. Nel corso del Trecento si
assistette ad una politica altalenante, talora di protezione
(come quella dei sovrani angioini Roberto, Giovanna I e
Ladislao), a volte di rinnovata persecuzione. Dal 1442,
anno in cui l’Italia meridionale peninsulare passò sotto la
dinastia aragonese, gli ebrei godettero nuovamente di al-
cuni decenni di tranquillità. Alfonso I sottrasse ai tribu-
nali vescovili la giurisdizione sugli ebrei e abolì la nor-
ma che li costringeva a portare il segno distintivo, e sot-
to Ferrante gl’israeliti poterono nuovamente godere del
diritto di cittadinanza piena. Le stime più recenti parla-
no, per la seconda metà del XV secolo, di 50.000 ebrei
e di almeno centocinquanta insediamenti ebraici. In que-
sto periodo, gl’israeliti – oltre a svolgere l’attività di cre-
dito – erano fortemente presenti nel settore della produ-
zione e della commercializzazione della seta.
Gli ebrei siciliani, nonostante una serie di limitazioni
loro imposte, poterono vivere pacificamente sull’isola si-
no a quando i re cattolici non decretarono l’espulsione
di tutti gl’israeliti dai loro dominii (cfr. § 11). Erano as-
sai numerosi: si stima che nel 1492 il loro numero si ag-
girasse tra le 35000 e le 50000 unità: concentrati nelle
città principali, erano però presenti in almeno una ses-
santina di località. Tra loro si annoveravano molti ebrei
di origine nordafricana e iberica.
L’attività di prestito, benché formalmente vietata dal-
la corona, è in realtà testimoniata, soprattutto per il
Quattrocento, anche se in modo molto più sporadico e
meno organizzato di quanto non accada per l’Italia cen-
tro-settentrionale e meridionale peninsulare. Molti ebrei
siciliani erano mercanti, artigiani, agricoltori, produttori
di vino, gioiellieri.

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Gli ebrei nel mondo medievale

Da un punto di vista giuridico, gli ebrei venivano qua-


lificati come servi camere regie, e dipendevano quindi
strettamente dalla corona, con tutti i vantaggi e gli svan-
taggi che tale dipendenza comportava. Erano soggetti a
pesanti imposte ma godevano di una sostanziale autono-
mia giudiziaria. Dopo l’abolizione della carica di dayan ke -
lali (carica particolarmente invisa agli ebrei regnicoli), gl’i-
sraeliti divennero direttamente soggetti alla giustizia reale.

3. Gli ebrei del nord Europa: Francia del Nord, In -


ghilterra, Germania, Europa Orientale
I primi insediamenti ebraici nell’Europa del nord si
ebbero, salvo rare eccezioni, verso la fine del primo mil-
lennio, dapprima nel cuore del settentrione (aree delle
attuali Francia e Germania); da questi primi insediamen-
ti ebbero origine quelli siti in Inghilterra (verso ovest) e
in Austria, Boemia, Ungheria e Polonia (verso est). Co-
me si vedrà, esistono delle differenze rilevanti tra l’e-
braismo francese e inglese e quello rappresentato dalle
comunità tedesche, sia sul piano economico e politico
che su quello culturale. Per altro, mentre l’ebraismo del-
le regioni occidentali scomparve precocemente dalla sce-
na europea (fine XIII-inizio XIV secolo), quello delle re-
gioni orientali sopravisse anche a periodi di grandi diffi-
coltà e divenne, all’inizio dell’età moderna, il centro de-
mografico dell’ebraismo europeo (cfr. § 11).

3.1. Francia del Nord


La natura della presenza ebraica in Zarfat (il paese
della lingua d’oil, vale a dire la Francia del nord) è af-
fatto diversa da quella che troviamo nella Francia meri-
dionale. Alcuni insediamenti ebraici risalgono all’epoca
gallo-romana; nell’Historia Francorum di Gregorio di
Tour è ricordata l’esistenza di comunità ebraiche a Cler-
mont (576), Parigi (581), Orleans (585). Manca però
qualsiasi traccia archeologica relativa alla presenza d’i-
sraeliti prima dell’XI secolo. D’altra parte, gli ebrei di
Zarfat trassero sostanzialmente origine dal generale svi-
luppo socio-economico del nord-Europa al volgere del
primo millennio, periodo nel quale il desiderio dei mer-
canti ebrei di insediarsi nelle regioni settentrionali si

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Gli ebrei nel medioevo

coniugò felicemente con l’interesse di numerosi signori


e baroni a sostenere e facilitare l’immigrazione ebraica.
Durante l’XI e XII secolo la Francia del nord si con-
figurò come un conglomerato di signorie indipendenti,
talora anche più estese degli stessi possedimenti regi,
ognuna delle quali applicò una sua autonoma politica in
tema di ebrei.
Le fonti latine, per i primi secoli del Medioevo, so-
no piuttosto avare di notizie; quelle disponibili per l’XI
e il XII secolo – vale a dire per il periodo di maggio-
re splendore delle comunità ebraiche di queste regio-
ni – sono assai scarse. La maggior parte delle infor-
mazioni provengono dalle fonti ebraiche, in particola-
re da taqqanot (statuti), responsa rabbinici e cronache.
L’esame incrociato delle fonti latine ed ebraiche forni-
sce alcune informazioni di un certo interesse: sappia-
mo così che da un punto di vista giuridico, gli ebrei
erano a tutti gli effetti soggetti alla legge romana e che
erano attivi nei settori dell’agricoltura, dell’artigianato e
del commercio.
Quattro principi essenziali governavano la vita in-
terna dei gruppi ebraici dimoranti nella Francia del
nord: le comunità avevano giurisdizione sui propri
membri e potevano – nei casi più gravi – applicare la
scomunica; potevano rifiutarsi di accogliere i nuovi ar-
rivati; colui che riceveva un pegno era obbligato a re-
stituirlo; infine, chiunque aveva facoltà d’interrompere
il servizio sinagogale sino a quando non gli fosse sta-
ta resa giustizia. I rappresentanti della comunità erano
scelti su base locale e a costoro si affidavano le cari-
che più importanti. Va comunque rilevato che nei do-
cumenti fatti redarre dai sovrani e dai baroni di Fran-
cia non si menzionano mai le “comunità” ebraiche, che
ufficialmente non venivano riconosciute come tali.
Come si è già accennato, gli ebrei di Zarfat go-
dettero in ogni caso di una condizione di relativa tran-
quillità sino almeno alla metà del XII secolo; non so-
no molte le persecuzioni menzionate dalle fonti: se ne
ha notizia per Limoges (994), per il regno di Roberto
il Pio (1007) e per il periodo della I Crociata (1096).
Per quanto riguarda le vicende legate allo svolgimen-
to della Crociata, non sembra che gli ebrei francesi
abbiano lamentato una persecuzione particolarmente

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Gli ebrei nel mondo medievale

violenta, anche se certamente i disordini furono tali da


indurli ad inviare – come ricordato nelle cronache
ebraiche di area germanica relative ai massacri perpe-
trati a danno degli ebrei della Valle del Reno – delle
lettere con le quali mettevano in guardia i propri cor-
religionari tedeschi dal pericolo rappresentato da una
parte almeno dell’esercito crociato. In occasione della
II Crociata si ebbero nuovi episodi di violenza: nono-
stante il deciso intervento di Bernardo di Chiaravalle,
il famoso dotto Rav Tam fu catturato e gravemente fe-
rito da una banda di crociati, mentre l’accusa d’omi-
cidio rituale scagliata contro gli ebrei di Blois portò
alla condanna a morte dell’intera comunità.
Con Luigi VI e Luigi VII, il processo di urbanizza-
zione nella Francia del Nord si accentuò sensibilmen-
te. Gli ebrei si stanziarono rapidamente nelle nuove
città: in molte di esse esercitarono – tra gli altri – an-
che il mestiere di prestatore, che ricevette in nume-
rose località una regolamentazione giuridica. I sovra-
ni – seppur con gradualità – cercarono di aumentare
il controllo sulla minoranza ebraica, sia direttamente
che indirettamente. Fu Luigi VII ad emanare, nel
1145, la prima disposizione di un sovrano capetingio
relativa ad un israelita giunta sino a noi, che riguar-
dava la severa punizione (morte o mutilazione) da in-
fliggere ad un relapso, vale a dire ad un convertito al
cristianesimo che tornasse ad essere ebreo.
Come si è detto, i re e i baroni della Francia set-
tentrionale non menzionano mai, nei loro documenti,
le “comunità ebraiche”. L’interesse per la minoranza
ebraica e il desiderio di regolamentare le sue attività,
tra le quali figurava anche quella di prestito, è co-
munque evidente. Filippo II Augusto, ad esempio, ol-
tre a stringere in tre diverse occasioni (1198,1203,
1210) un patto con il conte della Champagne relati-
vamente ai diritti e doveri degli ebrei, si premurò di
promulgare le prime disposizioni regie in materia di
prestito ebraico (settembre 1206 e febbraio 1218), con
le quali si stabiliva anche l’entità del massimo inte-
resse esigibile, che si aggirava attorno al 43% l’anno.
Filippo Augusto vietò inoltre ai religiosi di scomuni-
care coloro che commerciavano con o lavoravano
presso gli ebrei. Non sempre, tuttavia, la posizione del

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Gli ebrei nel medioevo

sovrano nei confronti degli israeliti fu di favore: nel


1180 egli diede ordine di imprigionare gli ebrei di Pa-
rigi, che furono in seguito rilasciati dietro pagamento
di un cospicuo riscatto. Due anni dopo (1182) il so-
vrano decretò l’espulsione degli ebrei dai suoi domi-
ni, e confiscò loro le case, i campi, i vigneti, i torchi
da uva. Gli esuli dovettero riparare nella Champagne,
da dove furono richiamati alcuni anni dopo (1198).
Secondo il duecentesco biografo del sovrano, Ri-
gord di Saint-Denis, gran parte delle disposizioni an-
tiebraiche di Filippo Augusto erano legate al desiderio
di limitare – o meglio eliminare – il grave peccato co-
stituito dall’esercizio dell’attività di prestito da parte de-
gli israeliti del suo regno. Il proliferare – nel corso del
XIII secolo – delle disposizioni regie connesse all’atti-
vità feneratizia ebraica fa ragionevolmente ritenere che
nel corso del secolo precedente vi fosse stato un cam-
biamento di fondo nelle attività economiche ebraiche,
che aveva portato a privilegiare la lucrosa ma al con-
tempo pericolosa attività di prestito.
Luigi IX (1226-1270) operò per assoggettare anche
gli ebrei delle regioni meridionali, che erano entrate a
far parte del suo regno, alle politiche elaborate dai suoi
predecessori in tema di ebrei. Nel complesso, i suoi
sforzi furono coronati da successo, anche se alcune
aree e alcuni signori locali continuarono ad imporre po-
litiche affatto diverse. La zona di Narbona, ad esempio,
rimase a lungo un’oasi di tolleranza per gli ebrei del
sud della Francia soggetti alla monarchia capetingia.
Luigi IX emanò otto “ordinanze” (lettere ufficiali)
relative agli ebrei: tra queste vale la pena ricordare
quella del 1230, con la quale i signori locali furono in-
vestiti di una funzione di controllo nei confronti dei
prestiti effettuati da ebrei; quella del 1234, indirizzata
a Tebaldo di Champagne, con la quale si confermava
lo stato di “servitù” ebraica; quella del 1254, relativa
alla Linguadoca, nella quale si ordinava la distruzione
del Talmud e di tutti gli scritti che si riteneva conte-
nessero passi blasfemi nei confronti del cristianesimo
e si ribadiva che gli ebrei dovevano vivere senza eser-
citare la professione di prestatore; quella, infine, del
1269, che rendeva obbligatorio per tutti gli ebrei il se-
gno distintivo.

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Gli ebrei nel mondo medievale

L’ordinanza del 1254 seguì, per altro, due decenni


che avevano visto portare un deciso attacco delle au-
torità regie nei confronti del Talmud. Sino agli inizi del
Duecento, questo testo era poco noto nell’Occidente
cristiano; attorno al 1230, viceversa, si cominciò ad
averne una ben più ampia conoscenza, che fu pronta-
mente utilizzata per criminalizzare gli ebrei e il loro cor -
pus giuridico e sapienziale, considerato ormai un testo
contenente passaggi utilizzabili per fare proseliti e con-
vincere i cristiani a “giudaizzare”. L’attacco al Talmud
ebbe inizio grazie ad un apostata ebreo, Nicholas Do-
nin, che si recò personalmente presso la corte papale
per mettere in guardia il pontefice dai perniciosi effetti
dell’ancora poco noto Talmud, testo condannabile – a
suo dire – sotto molteplici aspetti (1236). Il risultato del-
l’azione di Donin furono una serie di lettere papali, in-
viate da Gregorio IX alle più importanti autorità secola-
ri ed ecclesiastiche dell’Europa occidentale. In partico-
lare, il pontefice inviò una missiva al vescovo di Parigi,
e per suo tramite ai generali dei domenicani e dei fran-
cescani, ordinando loro di esaminare con attenzione i
testi ebraici e di sequestrarli e distruggerli se li avesse-
ro trovati effettivamente perniciosi. Non è un caso che
queste disposizioni fossero dirette a dei religiosi che
operavano nel regno di Francia: fu solo infatti nelle ter-
re soggette a Luigi IX che le esortazioni papali potero-
no trasformarsi in una concreta politica di persecuzione
dei libri ebraici, che furono confiscati, processati ed in-
fine bruciati pubblicamente. Il risultato di questa politi-
ca fu la sostanziale eliminazione – ancorché non totale
– degli studi talmudici nella Francia del nord.
Nel complesso, la politica di Luigi IX nei confronti
degli ebrei fu pesantemente vessatoria e si consolidò
soprattutto tra 1242 e 1285. Le fonti mostrano chiara-
mente quanto Luigi IX considerasse la presenza ebraica
nel regno una sua propria e peculiare responsabilità, ciò
che lo portò ad agire in modo da eliminare l’elemento
che di tale presenza reputava più peccaminoso, vale a
dire il prestito ad interesse. Per altro, i sentimenti per-
sonali del sovrano sembrano essere stati decisamenti
antiebraici: lo storico Jean de Joinville, nella sua Vita di
S. Luigi, narra che il sovrano aveva ritenuto del tutto
corretta l’azione violenta di un cavaliere, che aveva fatto

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Gli ebrei nel medioevo

cessare un dibattito tra un ebreo ed un cristiano mi-


nacciando il primo fisicamente. Le parole che lo storico
mette in bocca al sovrano capetingio sono: “nessun dot-
to chierico deve discutere con gli ebrei”. Luigi IX, inol-
tre, appoggiò con decisione gli sforzi missionari nei ri-
guardi degli ebrei di frate Paolo, che portava avanti una
politica di proselitismo effettuata mediante la discussio-
ne pubblica dei testi rabbinici.
Filippo III confermò le disposizioni del suo prede-
cessore; Filippo IV il Bello vietò agli officiali della cor-
te di supportare gli ebrei che cercavano di ottenere la
restituzione di un prestito e nel 1306 decretò l’espul-
sione di tutti gli ebrei dal Regno di Francia (cfr. § 11).

3.2. Inghilterra
La presenza degli ebrei in Inghilterra è strettamen-
te connessa alla conquista dell’isola da parte di Gu-
glielmo il Conquistatore (1066). Non sembra infatti che
esistessero insediamenti ebraici prima della conquista
normanna. Il nuovo sovrano – a quanto sembra – in-
coraggiò gli ebrei che dimoravano nelle sue terre in
Normandia a stabilirsi in Inghilterra, e specialmente a
Londra. Per questa ragione, secondo alcuni studiosi, la
comunità ebraica inglese non aveva caratteri peculiari,
configurandosi sostanzialmente come un ramo del giu-
daismo ashkenazita della Francia del Nord: e in effet-
ti i contatti con le comunità del continente si manten-
nero molto strette nel corso dei due secoli di perma-
nenza ebraica sul suolo inglese, sia da un punto di vi-
sta culturale che economico.
Da un certo punto di vista, l’origine “francese” de-
gli ebrei inglesi li rese ancora più “estranei” – rispetto
al mondo circostante – di quanto già non facesse la di-
versa fede religiosa. Anche il fatto che essi parlassero
prevalentemente il francese – la lingua dei nuovi pa-
droni dell’isola – e l’ebraico, resero i contatti con la
popolazione d’origine sassone più radi e senza dubbio
meno agevoli. Gli ebrei inglesi, inoltre, furono imme-
diatamente associati, nell’immaginario collettivo, con la
nuova monarchia normanna e con i conquistatori.
Le fonti che consentono di ricostruire la storia del-
l’insediamento ebraico nell’Inghilterra medievale sono

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Gli ebrei nel mondo medievale

singolarmente copiose per il XII e XIII secolo; un uffi-


cio burocratico ben organizzato, lo Scacchiere degli
ebrei, fu istituito nel XII secolo, e i responsabili dell’uf-
ficio ebbero cura di conservare buona parte della docu-
mentazione prodotta. Non mancano poi riferimenti agli
ebrei in molti altri documenti latini, pubblici e privati,
laici ed ecclesiastici. Per l’XI secolo, la scarsità delle fon-
ti non consente di studiare in dettaglio gli insediamenti
e le attività degl’israeliti inglesi: i documenti, benché
frammentari, suggeriscono che inizialmente gli immigra-
ti ebrei si fossero stanziati in alcune delle città più im-
portanti, per poi gradualmente ampliare la propria sfera
d’azione. I primi documenti dello Scacchiere (1131)
mostrano l’esistenza di un certo numero di agiati fi-
nanzieri ebrei, che operavano però in un contesto re-
lativamente ostile, come sembrerebbe dimostrare il co-
siddetto “affare di Norwich” del 1140 (cfr. § 10). Cio-
nonostante, durante il regno di Enrico II (1154-1189) il
mondo ebraico inglese si fortificò, allargando la pro-
pria sfera d’affari e consolidando i buoni rapporti con
la monarchia. E’ interessante notare come – tra l’inizio
e la fine del regno di Enrico II – il numero di località
nelle quali dimoravano ebrei si fosse sostanzialmente
raddoppiato. Sempre a partire da questo periodo si ha
l’emergere di un certo numero di finanzieri ebrei di
grande successo: Brun da Londra, Isacco da Londra, i
fratelli Jurnet e Benedetto da Norwich, Vives da Cam-
bridge, Mosè da Bristol e Aaron da Lincoln, il più im-
portante di tutti. In termini generali, il successo eco-
nomico di questi mercanti e finanzieri ebrei si rivelò
un ottimo affare per la monarchia, che ne trasse note-
voli vantaggi economici attraverso la tassazione, sia or-
dinaria che straordinaria.
Da un punto di vista demografico, la presenza
ebraica in Inghilterra fu sempre abbastanza modesta.
Nel loro momento di massima fioritura le comunità
ebraiche contavano complessivamente non più di sei-
mila anime, pari – grosso modo – allo 0,25% della po-
polazione dell’isola. A partire dal XII secolo è possibi-
le trovare ebrei insediati nelle città più importanti; in
questo periodo non sembra che fossero soggetti ad al-
cuna restrizione per quanto riguardava la scelta della
località nella quale vivere: troviamo gruppi di ebrei in

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Gli ebrei nel medioevo

centri come Lincoln (1140), Oxford (1141), Winchester


(1148), Canterbury e Cambridge (1160), Hereford
(1178-1179), Exeter (1181). Ebrei dimoravano anche a
Norwich, Gloucester, Bury St Edmunds, Bristol,
Stamford. Vi erano anche delle comunità rurali, più
piccole, in East Anglia (Bungay, Dunstable, Lynn) e
nel Kent. Nel 1159 gli ebrei inglesi pagavano una ta-
glia pari a 549 marchi e mezzo.
Alla fine del XII secolo, alcune comunità ebraiche
avevano iniziato ad operare anche nei distretti rurali.
Non è da escludere che l’attività di prestito – una del-
le tante fra quelle alle quali gl’israeliti erano dediti – li
avesse spinti a cercare di ampliare la propria clientela
al di fuori dei centri urbani maggiori. Gli ebrei inglesi
operavano al contempo su scala locale e su scala na-
zionale, come mostra bene l’esempio del già menzio-
nato Aaron da Lincoln, uno dei più attivi e fortunati
fra gli ebrei inglesi. Le sue attività comprendevano
l’acquisto di debiti da altri ebrei, il prestito di piccole
e grandi somme di denaro, speculazioni sulle grana-
glie. Alla morte di Aaron, nel 1186, i suoi crediti am-
montavano a ben 15000 sterline, e tra i suoi debitori
figuravano i re di Inghilterra e Scozia e l’arcivescovo
di Canterbury, oltre a numerosi conti, abati, priori.
La posizione raggiunta da alcuni esponenti della
minoranza ebraica dell’isola fu percepita negativamen-
te dal resto della società. Il canonico agostiniano Gu-
glielmo di Newburgh, nel riferire con dovizia di parti-
colari nella sua Historia Rerum Anglorum gli eventi
che portarono al massacro del 1190, si lamentò viva-
cemente della posizione raggiunta dagli ebrei inglesi,
considerati più felici e benestanti degli inglesi cristia-
ni, al punto – secondo Guglielmo – da comportarsi nei
confronti di questi ultimi con soverchia impudenza.
L’ascesa al trono del successore di Enrico II,
Riccardo I Cuor di Leone (1189) segnò un primo mo-
mento di crisi per molte delle comunità ebraiche in-
glesi, contro le quali furono perpetrati ripetuti massa-
cri. I disordini ebbero inizio a Londra, durante l’inco-
ronazione di Riccardo I (settembre 1189), e interessa-
rono anche città minori come Ospringe nel Kent,
Thetford nel Suffolk e Stamford nel Lincolnshire, oltre
a centri commerciali di rilievo quali Norwich, Bury St.

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Gli ebrei nel mondo medievale

Edmunds e York. Quando il sovrano lasciò l’isola per


prendere parte alla III Crociata (1190) le violenze con-
tro gli ebrei si ripeterono. A York molti israeliti, sot-
to la guida spirituale di un ebreo originario della
Francia settentrionale, scelsero di morire piuttosto
che cadere nelle mani dei loro assalitori. I pochi che
si consegnarono ai cristiani, pur avendo espresso
l’intenzione di abbandonare la religione avita, furo-
no ugualmente passati per le armi. L’ultimo atto di
questa vicenda si concretizzò in un assalto alla cat-
tedrale, dove erano depositati i contratti relativi ai
prestiti effettuati dagli ebrei, che furono prontamen-
te bruciati, liberando in tal modo molti cristiani dai
loro debiti nei confronti degli israeliti. Qualche an-
no dopo, di ritorno dalla Crociata e dalla prigionia,
il sovrano decretò alcuni importanti cambiamenti,
con il duplice fine di salvaguardare gli affari ebraici
e di renderli più controllabili da parte della corona.
In particolare, fu stabilito che tutti i contratti di pre-
stito ebraici dovessero essere redatti in duplice co-
pia, una delle quali doveva essere depositata nelle
a rc h a e reali.
Il regno del successore di Riccardo Cuor di Leone,
Giovanni Senza Terra (1199-1216) fu un periodo di cri-
si generale, che coinvolse anche la minoranza ebraica.
L’aumentata pressione fiscale, la dipendenza sempre
più stretta dalla corona, il nuovo sistema burocratico
posto in essere dopo i disordini del 1189-1190 resero
infatti più semplice depredare dei loro beni gli ebrei
regnicoli. Molti di costoro furono pesantemente multa-
ti e le taglie imposte sul gruppo ebraico divennero as-
sai onerose.
L’ascesa al trono di Enrico III (1216-1272) aprì un
periodo di relatività stabilità e tranquillità per la società
inglese e – in qualche misura – anche per gli ebrei.
Non venne però meno la tendenza a spogliare rego-
larmente questi ultimi di una parte dei loro beni, ciò
che portò gradualmente ad un generale impoverimen-
to della società ebraica inglese. Da parte del sovrano
ci fu anche una certa disponibilità ad applicare alcune
delle norme in tema di ebrei promulgate pochi anni
prima con il IV Concilio Lateranense (1215): nel 1218,
ad esempio, un decreto reale ingiunse a tutti gli ebrei

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Gli ebrei nel medioevo

dimoranti sul suolo inglese di indossare abiti che con-


sentissero di individuarli immediatamente come tali.
Durante il regno di Enrico III si intensificarono per
altro gli sforzi conversionistici di domenicani e france-
scani e nel 1232 fu fondata a Londra una domus con -
versorum, destinata ad accogliere coloro che decide-
vano di abbandonare il giudaismo e di ricevere il bat-
tesimo. Una diffusa ostilità nei confronti degli ebrei
portò anche al moltiplicarsi nei loro confronti di accu-
se di omicidio rituale: il caso più famoso si ebbe a Lin-
coln, dove il ritrovamento del cadavere di un giovane
cristiano provocò l’arresto dell’ebreo Copin, che sotto
tortura confessò di essere il responsabile dell’omicidio
e fu impiccato. Altri diciotto ebrei furono giustiziati e
il resto della comunità venne posto sotto processo.
Verso la fine degli anni ’30 del XIII secolo la politi-
ca fiscale nei confronti degli ebrei inglesi subì una rile-
vante modifica. A partire dal 1239 a costoro non fu più
richiesto, come in passato, un contributo annuale fisso,
pesante ma sostenibile: la corona decise infatti di esi-
gere dagli israeliti un terzo di tutti i loro beni mobili, ivi
compresi i crediti non riscossi. Negli anni successivi, fu
inoltre decretato che gli ebrei dovessero pagare taglie
molto consistenti: 20.000 marchi nel 1241, addirittura
60.000 nel 1244. Si trattò di un colpo durissimo, che de-
capitò il ceto dirigente ebraico inglese e rese l’impove-
rito gruppo ebraico del regno assai meno interessante
per la corona, ponendo di fatto le premesse per l’e-
spulsione di fine secolo. L’ascesa al trono di Edoardo I
(1272) aprì l’ultima fase della breve storia degli ebrei in-
glesi nel Medioevo: il sovrano fu infatti disponibile ad
ottemperare a molte delle richieste che provenivano dal
mondo ecclesiatico, ed emanò in rapida successione
una serie di provvedimenti che impoverirono ulterior-
mente le comunità del regno. Questo significò una de-
cisa diminuzione del contributo ebraico alle casse reali
e uno scollamento tra ebrei e monarchia sempre più
marcato, che si concretizzò nell’espulsione di tutti gli
israeliti dall’isola nel 1290 (cfr. § 11).
Durante il periodo della loro presenza in Inghilter-
ra, le espulsioni su base locale e la conseguente emi-
grazione forzosa giocarono un ruolo importante nel
determinare le località nelle quali gli ebrei inglesi

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Gli ebrei nel mondo medievale

poterono insediarsi. Nel corso del Duecento troviamo


ad esempio ebrei stanziati ad ovest del paese, alla ri-
cerca di una più pacifica esistenza, in città quali Brid-
gnorth, Caerleon, Gloucester, Ludlow, Tewkesbury,
Warwick, Worcester, Hereford e Bristol.
Un’idea, pur non precisa, della distribuzione dei
più importanti insediamenti ebraici verso le metà del
Duecento la forniscono alcune fonti di carattere fiscale.
Le “tallage assessments” del 1255 (giugno e ottobre)
c’informano dell’esistenza di insediamenti ebraici nelle
aree di Bedford, Bristol, Cambridge, Canterbury, Col-
chester, Exeter, Gloucester, Hereford, Londra, Lincoln
e Stamford, Marlborough e Wilton, Northampton, Not-
tingham, Oxford, Warwick, Winchester, Worcester e
York. Le “tallage” del 1253 e del 1260 citano, oltre a
queste località, anche altre aree di insediamento: Berk-
shire, Dorset, Exeter, Norwich, Oxford, Sussex, Wilt-
shire e York. A metà del Duecento, a quanto sembra,
la maggioranza degli ebrei inglesi viveva in città che
potessero offrire loro protezione e nelle quali fosse
presente un’archa nella quale depositare i documenti
relativi alle loro transazioni. Questo fatto è conferma-
to dalla distribuzione delle sinagoghe e dei cimiteri
ebraici a noi noti, tutti situati in città dotate di archae.
Benché il modello insediativo ebraico in Inghilterra
fosse urbano, va però detto che alcuni storici hanno
ipotizzato l’esistenza anche d’insediamenti rurali, pur
in numero assai più esiguo.
Gli ebrei inglesi godevano di una certa autonomia.
Erano direttamente soggetti alla corona, che come con-
tropartita ad una fedeltà assoluta garantiva loro una suf-
ficiente indipendenza. Potevano seguire le proprie leggi
e giurare sulla Torah. Come nel resto dell’Europa cri-
stiana, anche gli ebrei inglesi compaiono nella docu-
mentazione in veste di professionisti del credito, benché
naturalmente anche nel caso dell’Inghilterra sia da con-
siderarsi uno stereotipo quello che individua nel presti-
to ad interesse l’unica (o comunque la principale) fon-
te di sostentamento dei gruppi ebraici medioevali. Gli
ebrei meno abbienti esercitavano la professione di fab-
bro, soldato, commerciante di vino, pescivendolo, com-
merciante di formaggi, straccivendolo. I più abbienti era-
no medici, grossisti di granaglie, formaggio, legname, e

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Gli ebrei nel medioevo

commerciavano in bestiame minuto. Non mancavano i


bottegai, che possedevano quelle che le fonti definisco-
no shoppae. Si ha pure qualche rara notizia di ebrei che
operavano nel settore artistico, come quel Meir Le Brun,
al quale con ogni probabilità fu commissionata da
Edoardo I, nel 1270, la realizzazione di un dipinto del-
la Vergine Maria nella cappella di Nostra Signora nella
All Hallows Church di Londra. Alcuni israeliti erano
coinvolti nella produzione e nella compravendita di li-
bri, e operavano sia per la popolazione ebraica che per
quella cristiana.
Le comunità ebraiche inglesi annoveravano tra i
propri membri anche persone che possono essere
senz’altro definite povere. Una lista di ebrei di Lincoln,
ad esempio, identifica come nullatenenti 23 israeliti su
156. Alcuni di costoro riuscivano a vivere solo dedi-
candosi ad attività illecite, soprattutto come ricettatori
di merce rubata.
Gli ebrei inglesi, dunque, erano ben lungi dall’es-
sere impegnati unicamente o prevalentemente nell’at-
tività di prestito: disgraziatamente, le per altro assai ric-
che fonti relative al mondo ebraico inglese si occupa-
no soprattutto dei personaggi attivi nel settore crediti-
zio, falsando in parte il quadro generale; le minuziose
ricerche condotte negli ultimi anni stanno gradual-
mente consentendo di andare oltre questa immagine
stereotipata.

3.3. Germania
Le prime testimonianze relative alla presenza ebrai-
ca nei territori dell’attuale Germania risalgono alla tar-
da epoca romana. Agli inizi del IV secolo è testimo-
niata a Colonia una fiorente comunità ebraica: l’impe-
ratore Costantino, infatti, inviò nel 321 e nel 326 ai ma-
gistrati della città dei decreti relativi agl’israeliti, che
costituiscono per altro la più antica testimonianza di
una presenza ebraica nelle province germaniche del-
l’Impero Romano. Fonti più tarde (VI-VIII secolo) te-
stimoniano la presenza di ebrei nei territori settentrio-
nali soggetti ai re franchi: erano attivi come mercanti,
medici, monetieri, officiali delle dogane e non manca-
vano i proprietari terrieri.

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Gli ebrei nel mondo medievale

Nonostante queste testimonianze, tuttavia, è in-


dubbio che una più consistente presenza ebraica si
cominciò ad avere solo verso il 1000: tra il X e il XIII
secolo si trova menzione di decine di comunità ebrai-
che, sia in località minori che in grandi centri come
Bamberga, Ratisbona, Erfurt, Colonia. Le comunità
maggiori costituivano importanti centri di vita cultura-
le e spirituale, in particolare quelle delle città renane
e della Lotaringia, riconosciuto centro, nel pieno Me-
dioevo, degli studi talmudici nell’Europa centrale.
L’immigrazione di un certo numero d’importanti fami-
glie provenienti dall’Europa meridionale (come ad
esempio quella di Qalonimos ben Qalonimos da Lucca)
contribuì alla trasmissione d’alcune importanti opere.
In stretta connessione con la fioritura culturale si
ebbe, in queste regioni, anche un notevole sviluppo
economico. Conosciutissimo, ad esempio, il privilegio
concesso dal vescovo Rüdiger di Spira (1084) agli ebrei
della città, con il quale questi ultimi ottenevano piena
libertà, una serie di diritti – tra cui quello ad un so-
stanziale autogoverno per le questioni strettamente in-
terne al gruppo ebraico, che avrebbero dovuto essere
definite dall’archisinagogus – e un cimitero. Interessan-
te è naturalmente la motivazione che sta alla base del
privilegio: il vescovo afferma, infatti, di avere deciso di
trasformare Spira in una città, e di ritenere che la sua
gloria sarebbe stata aumentata mille volte dalla presen-
za degli ebrei. Per attrarre gli israeliti da altre città, Rü-
diger decise di garantire loro uno status giuridico ed
economico particolarmente vantaggioso, e la sua poli-
tica portò, in effetti, al rapido formarsi di un’attiva co-
munità ebraica. I viaggiatori ebrei che si recavano a
Spira erano esentati dal pagamento della dogana.
Sei anni dopo la nascita della comunità ebraica di
Spira (1090), gli ebrei e Rüdiger chiesero all’imperato-
re Enrico IV (1056-1106) di confermare i privilegi con-
cessi dal vescovo. Il documento imperiale ribadiva le
garanzie relative alla salvaguardia fisica dei sudditi
ebrei, stabilendo contestualmente pesanti pene per co-
loro che avessero, a qualunque titolo, attentato alla vi-
ta e ai beni degli israeliti. Il privilegio enriciano salva-
guardava gli ebrei di Spira anche da eventuali tentativi
di applicare loro leggi ecclesiastiche, permettendo ad

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Gli ebrei nel medioevo

esempio l’impiego di cristiani liberi e l’acquisto di


schiavi non cristiani.
Vivaci centri di insediamento ebraico tra il Reno e
la Mosa, furono – oltre a Spira – Colonia, Bonn, Ma-
gonza, Treviri, Metz, Coblenza, Strasburgo, Bingen,
Worms e Andernach. Come si è accennato più sopra,
soprattutto nelle città renane operarono figure di gran-
de rilievo intellettuale, tra le quali spicca quella di
rabbi Ger om da Magonza, meglio noto come me’or
ha-gola, “luce dell’esilio”. I suoi responsa furono co-
nosciuti e ampiamente accettati da gran parte degli
ebrei tedeschi e – con il tempo – anche fuori dalla
Germania. La disposizione più famosa di rabbi Ger om
è quella che proibì agli ebrei europei la poligamia –
sino ad allora lecita, anche se poco praticata.
La lingua quotidiana degli ebrei tedeschi – al pari
di quanto accadeva in tutte le comunità della Diaspo-
ra – era quella del posto. L’ebraico veniva usato per lo
studio, la preghiera e – a volte – per redigere dei do-
cumenti legali.
Tra X e XI secolo, nonostante alcuni episodi di bat-
tesimo forzato e qualche espulsione, la condizione de-
gli ebrei nelle terre dell’attuale Germania si stabilizzò.
Si devono naturalmente menzionare i gravi incidenti
che colpirono le comunità renane durante la prima e
la seconda crociata (cfr. § 9), che però riguardarono so-
lo una parte degli ebrei tedeschi e che comunque non
portarono affatto né ad uno strutturale peggioramento
delle condizioni di vita degli israeliti, né ad un muta-
mento di rotta nei loro confronti.
Gli israeliti erano attivi in molti settori, non ultimi
quelli dell’artigianato e della produzione e commercia-
lizzazione del vino. In una prima fase, l’attività di pre-
stito restò complessivamente limitata: la maggior parte
dei documenti relativi ad ebrei risalenti all’XI e XII se-
colo si occupano poco o per nulla dell’attività fenera-
tizia ebraica. A partire dal XIII secolo, tuttavia, iniziò
anche per gli ebrei tedeschi un mutamento professio-
nale, che li porto gradualmente a ricoprire con sempre
maggiore frequenza il ruolo di prestatori. Nel 1244 il
duca Federico d’Austria emanò un privilegio per gli
ebrei dei suoi dominii, nel quale appaiono una serie di
disposizioni intese a proteggere il prestito ebraico.

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Gli ebrei nel mondo medievale

Naturalmente, il documento contiene molti altri ele-


menti: al pari dei privilegi di Rüdiger e di Enrico IV,
anche quello del duca d’Austria si preoccupa di garan-
tire l’incolumità fisica degli ebrei, sanzionando pesan-
temente gli atti di violenza, e di stabilire quale fosse lo
stato giuridico dei membri della minoranza ebraica. Ma
l’attenzione prestata alla salvaguardia dei beni e dei di-
ritti dei prestatori costituisce senza dubbio una novità.
Nel corso del XIII secolo, in ogni caso, le condi-
zioni di vita degli ebrei soggetti all’Impero iniziarono
gradualmente a peggiorare. Nonostante le ripetute af-
fermazioni di principio degli imperatori, che proclama-
vano a gran voce di voler proteggere i sudditi ebrei,
essi non erano veramente in grado di estendere fatti-
vamente la propria protezione: la costante erosione dei
diritti e delle prerogative imperiali da parte dei signo-
ri tedeschi aveva molto indebolito la posizione del-
l’imperatore. La debolezza politica di quest’ultimo si
concretizzò sempre più in una crescente insicurezza
per gli ebrei, che dipendevano pesantemente dalla
protezione che questi poteva loro garantire. Per altro,
anche in Germania nel corso del XIII secolo si molti-
plicarono le accuse di omicidio rituale, un effetto e una
causa, in una sorta di circolo vizioso, di sempre più
pronunciati sentimenti antiebraici.
Agli inizi del Trecento, le comunità ebraiche della
Germania occidentale si trovarono a dover assorbire
numerosi rifugiati provenienti dalla Francia, da dove
come si è visto gli ebrei erano stati espulsi nel 1306.
Anche se – come mostrano gli studi di William Chester
Jordan – gli esuli non furono moltissimi, il loro arrivò
comportò qualche tensione per gli ebrei autoctoni e li
costrinse a ridisegnare i collaudati schemi relazionali
con la maggioranza cristiana.
A metà Trecento, le comunità ebraiche tedesche fu-
rono colpite – al pari dell’intera popolazione europea
– dalla catastrofica epidemia di peste, che oltre ad in-
cidere pesantemente da un punto di vista demografico
attirò su di loro anche l’ostilità della popolazione cri-
stiana, cui non parve vero di poter trovare un utile ca-
pro espiatorio (si veda il § 11). Tra gli effetti sulla po-
polazione ebraica, accanto a persecuzioni ed espulsio-
ni, vale la pena ricordare l’intensificarsi dei movimenti

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Gli ebrei nel medioevo

migratori verso le regioni dell’Italia centro-settentrio-


nale, che pur rappresentando un fenomeno di lungo
periodo e tutt’altro che legato esclusivamente alla
crescita congiunturale dell’ostilità antiebraica, subì
nei lustri successivi all’epidemia una significativa im-
pennata.
Il Quattrocento fu un periodo di ricostruzione del-
l’ebraismo tedesco, anche se le pesanti limitazioni im-
poste agli israeliti e il restringersi dei campi di attività
economica loro leciti rese la loro esistenza quotidiana
sempre meno agevole. Gli ebrei tedeschi, spesso con-
finati all’esercizio del piccolo prestito feneratizio, con-
tinuarono per tutto il XV secolo ad essere afflitti dalla
decentralizzazione dell’autorità politica: mentre il po-
tere imperiale si riduceva sempre più, quello dei no-
bili e delle libere città si rafforzava, ed erano questi
soggetti a stabilire – in modo ovviamente tutt’altro che
uniforme – le politiche nei confronti degli israeliti. In
questo periodo, per altro, aumentò significativamente
il livello d’insicurezza per gli ebrei dell’Impero: il
Quattrocento è caratterizzato infatti dal frequente ripe-
tersi di accuse nei confronti degli israeliti, sempre più
spesso ritenuti responsabili dell’uccisione di fanciulli
cristiani a scopo rituale e di pratiche di dissacrazione
dell’ostia. Gli scoppi di violenza conseguenti a queste
accuse, che terminavano frequentemente con la spo-
liazione o la morte dei membri della locale comunità
ebraica, e l’accresciuta ostilità del popolo minuto, che
tendeva ormai ad identificare sempre più nettamente
gli ebrei con gli usurai, portarono molti israeliti ad ab-
bandonare terre divenute sempre meno accoglienti e a
spostarsi in gran numero verso est, soprattutto nelle
regioni delle attuali Ungheria e Polonia.

3.4. L’Europa Orientale e la Russia


Le regioni dell’est europeo, nelle quali la presenza
ebraica fu – in età moderna – molto pronunciata, non
furono nel corso del Medioevo zone di folto insedia-
mento ebraico, anche se comunque numerose sono le
testimonianze relative alla presenza di israeliti sin dal-
la tarda epoca romana (come ad esempio in Panno-
nia, territorio che divenne in seguito parte del regno

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Gli ebrei nel mondo medievale

di Ungheria). Non è però dimostrabile che vi sia sta-


ta una continuità insediativa ebraica tra tardo-antico e
prima età medievale, e le fonti spesso consentono so-
lo di formulare qualche ipotesi.
Certamente gli ebrei erano stanziati in Pannonia
verso la fine del X secolo: vengono infatti menziona-
ti in una lettera di asday ibn aprut, nella quale si
dice che avevano contatti con la Russia. Di ebrei in
Pannonia parla anche Ibrahim ibn Yaqub: erano mer-
canti e soggiornavano a Praga (965); e nella legisla-
zione ungherese gli ebrei sono menzionati già verso
la fine dell’XI secolo.
E’ molto difficile, per il periodo altomedioevale,
valutare quanti fossero gli ebrei che dimoravano sta-
bilmente nell’attuale Ungheria. Benché non manchino
resti archeologici (sinagoghe, cimiteri, “strade degli
ebrei”), le fonti scritte non ci forniscono informazioni
utili in proposito. Le notizie si fanno più dettagliate a
partire dal Duecento: in quest’epoca ebrei sono atte-
stati in alcune città ungheresi. Ne troviamo a Buda
(Ofen), Esztergom (Gran), Fehérvár (Weissenburg),
Nyitra (Neutra), Pozsony (Pressburg), Vasvár (Eisen-
burg), Koermend e forse anche Sopron (Oedenburg)
e Nagyszombat (Tyrnau). Alla fine del Medioevo si
contavano insediamenti ebraici in quaranta città, la
maggior parte delle quali situate nella parte occiden-
tale del paese. Mancano invece, per tutto il periodo
medioevale, indicazioni relative alle dimensioni degli
insediamenti, pertanto si possono solo avanzare delle
ipotesi riguardanti la consistenza della minoranza
ebraica ungherese. Nel XIII secolo il loro numero
sembra oscillasse tra alcune centinaia e un migliaio di
invidui; nei primi lustri del Cinquecento dimoravano
nel paese almeno duemilacinquecento ebrei, ma alcu-
ni ipotizzano che il loro numero potesse arrivare alle
ventimila unità. Si tratta, com’è ovvio, di ipotesi mol-
to diverse.
Gli ebrei non furono gli unici non cristiani a vive-
re nell’Ungheria medioevale; benchè, a partire dalla
fine del X secolo, il paese fosse retto da re cristiani,
in esso continuarono a convivere diverse etnie. Sia i
gruppi cristiani che quelli non cristiani avevano un
proprio status giuridico, che comportava ovviamente

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Gli ebrei nel medioevo

doveri e privilegi. Gli ebrei non facevano eccezione:


nelle leggi promulgate nei secoli XI e XII si trovano
precise proibizioni a loro riguardo, da porre in gran
parte dei casi in stretta connessione con l’accettazio-
ne della legge canonica.
Nel 1251 re Béla IV concesse agli ebrei ungheresi
una serie di privilegi, identici a quelli concessi dal
duca Federico d’Austria nel 1244. Gli ebrei ottennero
di poter liberamente viaggiare all’interno del paese, di
non dover pagare dazi più onerosi rispetto ai cristia-
ni, ebbero diritto alla protezione regia quando si tro-
vavano in viaggio, oltre che per le loro sinagoghe e i
loro figli minorenni. Il re minacciava anche sanzioni
di una certa severità nei confronti di coloro che aves-
sero fatto del male ad un suddito ebreo, e si preoc-
cupava di normare gli affari tra cristiani ed ebrei, in
particolare quelli legati al prestito del denaro. Stabilì
infine che i cristiani che muovevano accuse contro un
ebreo fossero tenuti a presentare sia testimoni cristia-
ni che ebrei. Va sottolineato che in Ungheria gli ebrei
non furono mai servi camerae regiae: i loro privilegi
erano simili a quelli ottenuti dai cosiddetti hospites, tra
i quali figuravano anche dei residenti cristiani. Vi era
comunque una stretta dipendenza tra corona ed ebrei,
dato che questi ultimi non erano soggetti ai signori lo-
cali e dipendevano direttamente dal sovrano.
Anche nelle terre che corrispondono – grosso mo -
do – all’attuale Polonia vi sono tracce d’insediamenti
ebraici nei primi secoli del Medioevo; tuttavia, è solo
a partire dal XII secolo che si può parlare di una sta-
bile presenza ebraica nel paese. In passato era stato
ipotizzato che l’origine dell’ebraismo polacco potesse
essere individuata nel regno dei Khazari, ma un’ap-
profondita analisi delle fonti ha dimostrato che gli
ebrei polacchi provenivano in gran numero dai paesi
dell’Europa occidentale, e in particolare dall’attuale
Germania. La migrazione ebraica verso est, in terre
che iniziavano a svilupparsi economicamente e so-
cialmente, fu per altro fortemente favorita dai ceti di-
rigenti polacchi.
Il modello insediativo ebraico in Polonia riflette
chiaramente l’origine tedesca: almeno in una prima fa-
se, infatti, la “colonizzazione” ebraica riguardò quasi

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Gli ebrei nel mondo medievale

unicamente la parte occidentale del paese; l’immigra-


zione avvenne gradualmente e coinvolse inizialmente
un numero limitato d’ebrei.
Giuridicamente, gli ebrei polacchi godevano di
una condizione paragonabile a quella degli ebrei te-
deschi; un privilegio emanato nel 1264 da uno dei
principi più potenti del paese, Boleslav di Kalisch, è
abbastanza chiaramente steso sulla falsariga di quello
del duca Federico d’Austria del 1244, con solo due ri-
levanti differenze: non viene stabilita alcuna limitazio-
ne relativamente al tasso d’interesse esigibile da parte
degli ebrei impegnati nel settore del piccolo prestito
al consumo e ci si premura di garantire che gli israe-
liti non possano essere obbligati ad effettuare prestiti
o restituzioni di denaro nei loro giorni festivi. Bole-
slav si premurò anche, nel suo privilegio, di affronta-
re la questione dell’omicidio rituale: qualora un ebreo
fosse stato accusato di avere ucciso un fanciullo cri-
stiano, ci sarebbero voluti almeno tre testimoni cri-
stiani in grado di comprovare l’accusa.
Si è già osservato che gli ebrei polacchi erano pre-
valentemente d’origine tedesca, come si desume an-
che dalle attività alle quali essi erano dediti. Data però
la situazione generale del paese, la cui economia era
assai meno sviluppata di quella dei paesi dell’Occi-
dente cristiano, nel XIII secolo gli ebrei polacchi fun-
sero sia da attivatori dei commerci che da banchieri e
prestatori. Da un punto di vista culturale, gli ebrei po-
lacchi non raggiunsero mai, nel corso del Medioevo,
i livelli che avevano caratterizzato i correligionari te-
deschi o della Francia del nord. Essi tuttavia manten-
nero lo yiddish come lingua della vita quotidiana, un
comportamento in contrasto con quello di tutti gli al-
tri gruppi ebraici europei, che – pur con elaborazioni
loro proprie – avevano teso ad adottare la lingua del
paese nel quale vivevano.
Il ritardato sviluppo economico e sociale della Po-
lonia e il ruolo della sua nobiltà aprì agli ebrei molte
opportunità di carattere economico. Essi divennero in-
fatti amministratori delle terre dei nobili, collettori di
tasse e di rendite agricole; neppure i periodi di crisi
che si susseguirono tra XIII e XIV secolo (invasione
mongola, Peste Nera) peggiorarono significativamente

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Gli ebrei nel medioevo

la condizione degli ebrei polacchi. Durante il regno di


Casimiro il Grande (1333-1370) fu due volte rinnova-
to il privilegio di Boleslav da Kalisch, un atto che sen-
za dubbio voleva ribadire la volontà della monarchia
di proteggere i propri sudditi ebrei.
Nonostante le favorevoli condizioni di vita loro ga-
rantite, anche gli ebrei polacchi si trovarono talvolta –
soprattutto nel corso del Quattrocento – a soffrire
ingiustificati attacchi e a dover fronteggiare scoppi di
violenza popolare. Nel complesso, però, si trattò di
eventi circoscritti, e quasi sempre le autorità furono
in grado di proteggere efficacemente i sudditi ebrei.
In qualche rara occasione, le sommosse si concretiz-
zarono in espulsioni, temporanee però e di breve du-
rata, da alcune cittadine. Ma nel complesso, alla fine
del Medioevo, gli ebrei polacchi poterono godere di
una sicurezza ben maggiore di quella dei correligio-
nari tedeschi.
L’esistenza di insediamenti ebraici pre-ashkenaziti
e/o di piccole enclaves ashkenazite nella Russia me-
dievale è questione ancora dibattuta. Non vi è a
tutt’oggi accordo su quanti fossero gli ebrei russi, sul-
la loro provenienza, sulla loro adesione al rabbinismo
o al caraitismo. Bernard Weinryb, nei primi anni Ses-
santa, nel suo studio The beginning of East-European
Jewry in Legend and Historiography, minimizzò forte-
mente il significato di ogni possibile insediamento
ebraico in Russia nel Medioevo, negando ogni atten-
dibilità al materiale russo antico facente riferimento
agli israeliti. Henrik Birnbaum, viceversa, in un arti-
colo pubblicato nel 1973, ha mostrato come in alcuni
casi le fonti russe di epoca medievale contengano ele-
menti che consentono di parlare sia di presenza ebrai-
ca che di connessi sentimenti antiebraici. La Vita di S.
Teodosio, ad esempio, il cui manoscritto più antico ri-
sale al XII secolo, testimonia l’esistenza di una comu-
nità ebraica a Kiev attorno all’XI-XII secolo; nella cro-
naca di Kiev si menzionano gli ebrei ed un quartiere
ebraico nell’anno 1124; gli israeliti sono nuovamente
citati nel 1175, in relazione all’assassinio del principe
Andrej Bogoljnbskij. La cosiddetta “Cronaca galiziana”
fa cenno all’esistenza di gruppi ebraici in Russia nel
1289; gli ebrei residenti in Russia vengono inoltre

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Gli ebrei nel mondo medievale

menzionati nei codici legali, raccolti in una versione


definitiva attorno al 1400, ma la cui formulazione era
assai più antica: in tali raccolte di leggi gli israeliti so-
no ricordati più volte come mercanti e prestatori.

4. Gli ebrei nei paesi islamici


Con la conquista di ampi spazi geografici, una par-
te consistente degli ebrei che avevano vissuto nei ter-
ritori soggetti all’Impero Romano divennero sudditi
dell’impero arabo-islamico. Per meglio comprendere
quale fosse la loro posizione nella società musulma-
na, un elemento di rilievo è senza dubbio quello co-
stituito dal posto che le religioni minoritarie – tra le
quali il giudaismo – ebbero nel mondo islamico. Nei
confronti delle religioni rivelate, l’Islam adottò un at-
teggiamento di sostanziale tolleranza, anche se con
questa parola non s’intende – per il periodo in esame
– l’assenza di discriminazioni, quanto – in linea di
massima – la scarsità di persecuzioni. La persecuzio-
ne, intesa come repressione attiva e violenta, fu un fe-
nomeno abbastanza raro nell’Islam medievale; solo
poche volte gli appartenenti a gruppi religiosi minori-
tari dovettero scegliere tra la propria fede e la morte
(o l’esilio).
I primi rapporti tra il fondatore della fede islamica
e gli ebrei furono abbastanza conflittuali. Maometto si
scontrò duramente con gli ebrei di Medina e le tre
tribù ebraiche locali, sconfitte, dovettero scegliere tra
conversione ed esilio (in un caso, tra conversione e
morte). L’acredine del profeta nei confronti degli israe-
liti si riflette nei riferimenti negativi a questi ultimi che
si trovano nel Corano. Già con la conquista dell’oasi
di Khaybar, tuttavia, gli ebrei locali, che avevano ca-
pitolato, ottennero di poter restare e di continuare a
coltivare le proprie terre senza dover commettere atto
di apostasia, a patto di consegnare ai musulmani la
metà del raccolto (629).
Durante i primi secoli di dominio islamico, la con-
dizione degli ebrei fu regolata mediante la legislazio-
ne relativa ai dhimmi (cfr. § 7). Nell’ambito di tale le-
gislazione, gli ebrei poterono trovare numerosi spazi
professionali: essi erano attivi soprattutto in quei

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Gli ebrei nel medioevo

settori nei quali non erano presenti i musulmani, che


inizialmente furono soprattutto guerrieri. Benché gli
ebrei non fossero soggetti a restrizioni professionali,
tendevano però a svolgere più volentieri alcuni me-
stieri e ad evitarne altri. Due professioni erano molto
praticate: quella di prestatore/banchiere e quella di
medico. I musulmani, per i quali maneggiare denaro
significava mettere in pericolo la propria anima im-
mortale, lasciavano volentieri ai dhimmi tale occupa-
zione. I medici ebrei godevano di un’ottima reputa-
zione ed erano molto ricercati, anche perché poteva-
no spesso – in virtù delle loro molteplici competenze
linguistiche – accedere a testi di varia natura e prove-
nienza. Altre occupazioni abbastanza comuni tra gli
israeliti soggetti all’Islam furono quella di mercante (fa-
scia sociale medio-alta) e di artigiano (fascia sociale
medio-bassa). Alcuni mestieri furono in genere evitati
dagli appartenenti alla minoranza ebraica: come mo-
strano, ad esempio, i documenti della Genizah del
Cairo, raramente gli israeliti si occupavano della pre-
parazione e commercializzazione dei cibi, del com-
mercio dei cereali più comuni (grano, orzo, riso), del-
l’allevamento e della commercializzazione di cavalli,
cammelli, muli, asini, della compravendita di armi.
Di tanto in tanto i governanti musulmani cercarono
di limitare l’autorità che i dhimmi potevano esercitare
sui seguaci di Allah: il califfo abbasside al-Mutawwakil
(847-861), ad esempiò, s’impegnò in tal senso, teoriz-
zando che l’esercizio di qualunque tipo di potere do-
vesse essere riservato ai soli musulmani. Raramente
però queste politiche portavano a persecuzioni violen-
te. I dhimmi potevano soffrire ben più seriamente
quando – soprattutto in periodi di grande confusione
– facevano la loro comparsa movimenti religiosi di ti-
po messianico-millenarista, che abbattevano i vecchi
regimi e causavano violenti passaggi di potere. Il più
famoso tra questi movimenti fu quello degli Almoha-
di, fondato da un leader religioso berbero, tal Muham-
mad ibn Abdallah ibn Tumart, tra la seconda e la ter-
za decade del XII secolo. Nel 1211 i suoi seguaci ri-
conobbero a Muhammad il titolo di mahdi, vale a di-
re di capo designato da Allah, il cui compito era quel-
lo di riportare l’Islam sulla retta via, inaugurando in tal

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Gli ebrei nel mondo medievale

modo il regno dei cieli sulla terra. Sotto i successori


del madhi, il potere degli Almohadi si estese dall’Alto
Atlante (dove aveva avuto origine) alla maggior parte
del Nord-Africa e alla Spagna musulmana.
Il fervore messianico dei sovrani Almohadi com-
portò un netto peggioramento della condizione dei
dhimmi: venne loro negata la tolleranza usualmente
accordata dalla sha’aria, e fu probabilmente in que-
sto periodo che il cristianesimo cessò di esistere in
Nord-Africa, a causa delle violente persecuzioni che
misero spesso ebrei e cristiani di fronte alla scelta tra
conversione e morte o esilio (fatto questo assoluta-
mente eccezionale nei territori situati ad ovest dell’I-
ran). Con il tempo, gli Almohadi attenuarono le po-
litiche conversionistiche, permettendo nuovamente ai
dhimmi di praticare la propria religione: le condizio-
ni di vita di questi ultimi restarono tuttavia molto
precarie.
Nonostante alcuni periodi di grande difficoltà, in
termini generali si può affermare che nel corso del Me-
dioevo gli ebrei dei paesi islamici costituirono la por-
zione numericamente più significativa e attiva del po-
polo ebraico. Non è agevole stabilire quanti fossero gli
ebrei che vivevano sotto l’Islam; per quanto è possi-
bile desumere dalle fonti, attorno al X-XI secolo si cal-
cola che la popolazione ebraica rappresentasse circa
l’1% del totale. Esisteva però una differenza molto si-
gnificativa tra il numero di ebrei che risiedevano nel-
le campagne e quelli delle città, dato che i secondi
erano molto più numerosi.
Da un punto di vista linguistico, gli ebrei dei pae-
si islamici adottarono l’arabo; l’ebraico continuò ad es-
sere utilizzato, ma limitatamente alle opere religiose,
nella liturgia sinagogale e nella poesia. Anche per
quanto concerneva usi e costumi, la minoranza ebrai-
ca si conformò sotto molti aspetti alle pratiche della
comunità dominante. Un buon esempio è costituito
dalla legge sul matrimonio: poiché l’Islam ammette po-
ligamia e concubinaggio, in Oriente i rabbini consen-
tirono entrambe le pratiche (anche se presso gli ebrei
non furono molto diffuse). In Occidente, dove il cri-
stiansimo permetteva una sola moglie, i rabbini, a par-
tire dall’XI secolo, imposero la monogamia.

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Gli ebrei nel medioevo

Nei paesi islamici l’ostilità nei confronti degli ebrei


ebbe, di norma, un carattere assai meno ideologico ri-
spetto a quanto accadeva in Occidente. Gli israeliti,
per altro, erano relativamente poco numerosi, meno
visibili dei cristiani, ciò che costituì quasi sempre un
vantaggio. Le conversioni alla fede dominante furono
numerose anche in periodi di relativa tranquillità, ma
le fonti non sono ricche di dettagli in proposito, an-
che perché gli ebrei – com’è naturale – non amavano
parlare degli atti d’apostasia, e i musulmani – che a
differenza dei cristiani non attribuivano particolari si-
gnificati teologici alla conversione degli ebrei – non ri-
tenevano il soggetto particolarmente degno di nota. Le
informazioni più abbondanti riguardavano tre tipi di
conversioni: quelle d’individui molto noti e potenti;
quelle che davano luogo ad una serie di dispute lega-
li; e, infine, le rare conversioni di massa. Le motiva-
zioni che stavano alla base della conversione all’Islam
erano molteplici: l’amore (un maschio ebreo non
avrebbe mai potuto sposare una donna musulmana), il
desiderio di ascesa sociale, in alcuni casi una genuina
adesione alla fede dominante. Di norma, soprattutto
nelle regioni centrali dell’impero arabo-islamico, i con-
vertiti erano trattati con benevolenza e solo raramente
l’origine ebraica o cristiana causava loro delle difficoltà.
A volte, tuttavia, l’origine ebraica di un convertito
serviva a screditare moderatamente un individuo, un
gruppo, un’idea. Talora – e si trattava di una tendenza
molto pericolosa – si attribuivano al giudaismo, o all’i-
stigazione di ebrei, dottrine sovversive ed estremiste.
Un esempio è costituito da Abdallah ibn Maymun al-
Qaddah, che compare negli scritti polemici politici co-
me il fondatore della fede Ismaili e antenato dei califfi
Fatimidi. In tali testi si afferma che Abdallah era di ori-
gine ebraica, il che implicava che l’ismailismo fosse
un’eresia giudaizzante e i Fatimidi degli usurpatori di
schiatta giudaica.
Da un punto di vista legale, gli ebrei di solito ave-
vano diritto a ricorrere alle proprie corti di giustizia,
perlomeno per tutte quelle faccende che non coinvol-
gevano musulmani o cristiani. Nei tribunali musulma-
ni furono trattati in modo abbastanza diverso a secon-
da dei tempi e dei luoghi: nell’impero ottomano, ad

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Gli ebrei nel mondo medievale

esempio, le fonti giudiziarie mostrano chiaramente che


gli ebrei potevano ottenere giustizia presso i tribunali
presieduti dai qadi, e che non raramente potevano
perseguire un musulmano e vincere la causa. Per altro
– come accadeva pure nel mondo cristiano – in alcu-
ni casi gli ebrei ricorrevano ai tribunali islamici anche
per dirimere questioni prettamente interne al mondo
ebraico stesso, soprattutto quando i diversi pronuncia-
menti di varie corti rabbiniche non riuscivano a risol-
vere le controversie tra correligionari.
Durante gli ultimi secoli del Medioevo, il mondo
islamico cambiò forma e conseguentemente mutò an-
che la condizione degli ebrei che in esso dimoravano.
Attorno al XIII secolo la dinastia Ayubbide, fondata da
Saladino, cedette il passo al sultanato dei Mamelucchi,
che governarono l’Egitto dalla metà del Duecento sino
agli inizi del Cinquecento. Durante la prima parte di
questo periodo, sei furono i centri di potere principali
del mondo islamico, tutti – salvo uno – dominati da di-
nastie turche: India, Asia Centrale, Iran, Turchia, Egitto
e Siria, Nord-Africa.
Per ciò che attiene ai gruppi ebraici, i due principa-
li furono costituiti dagli israeliti che parlavano persiano
(dimoranti, oltre che in Iran, nell’attuale Afganistan, nel-
le ex-Repubbliche Sovietiche dell’Asia Centrale e in In-
dia), che sino al XVI secolo si configurarono come
gruppo relativamente unitario; e dagli ebrei arabofoni,
insediati nelle regioni ad ovest dell’Iran. Accanto a que-
sti due gruppi maggioritari vi fu inoltre quello costitui-
to dagli israeliti che avevano fatto parte dell’Impero Bi-
zantino (gruppo che entrò a far parte del mondo isla-
mico dopo la conquista turca di Costantinopoli).
Tra le comunità ebraiche arabofone, persero gra-
dualmente d’importanza in questo periodo quelle ira-
chene, dell’Egitto e della Siria-Palestina: con l’annes-
sione di queste regioni all’impero ottomano, il centro
del potere decisionale si spostò inevitabilmente verso
la nuova capitale e queste regioni divennero sempre
più periferiche. Mantennero un certo rilievo le comu-
nità ebraiche del Marocco e della Tunisia, come anche
la minoranza ebraica yemenita, che pur essendo re-
mota ed isolata ebbe una vita culturale autonoma e
molto vivace.

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Gli ebrei nel medioevo

Un’importanza particolare, tra fine del Medioevo e


primissima età moderna, rivestirono le comunità ebrai-
che dell’Impero Ottomano, dal carattere composito an-
che a seguito della forte immigrazione di ebrei prove-
nienti dall’Europa, in particolare – anche se non esclu-
sivamente – dalla Spagna, dal Portogallo e dall’Italia.
Le fonti riguardanti gli ebrei dell’impero ottomano
sono abbondanti e consentono di ricostruire con una
certa precisione la loro storia. Si tratta sia di fonti in-
terne ebraiche (soprattutto responsa rabbinici) che di
fonti ottomane (in turco, arabo ed altre lingue in uso
nell’impero) ed europee. Di particolare rilievo per lo
studio della storia degli insediamenti ebraici sono i
censimenti imperiali di terre, popolazioni e rendite
(defter-i-Hakani, altrimenti detti Tapu): per ogni
sanjak, o provincia, sono conservati uno o più regi-
stri, nei quali la popolazione viene contata e divisa
città per città, villaggio per villaggio, quartiere per
quartiere. Lo studio dei Tapu consente di ricostruire
un quadro abbastanza preciso delle comunità ebrai-
che di tutte le province dell’Impero Ottomano, di sa-
pere dove vivevano gli ebrei, quanti fossero, come
fossero organizzati.
Come si è detto, gli ebrei dell’Impero Ottomano
costituivano una minoranza assai composita: agli ebrei
romaioi, grecofoni, e che seguivano da un punto di vi-
sta liturgico il minhag Romania, cioè quello in uso a
Bisanzio, si affiancarono, in successive ondate migra-
torie, ebrei ashkenaziti (proveniente dalla Germania e
dalla Francia, primi lustri del XV secolo), sefarditi
(giunti in gran numero soprattutto dopo il 1492), mu -
starab (ebrei arabizzati) provenienti dal Nord-Africa,
dall’Egitto, dalla Siria e dalla Palestina.
Spesso le autorità ottomane decidevano in quali lo-
calità dovessero insediarsi i nuovi immigrati, come an-
che gli antichi abitatori dell’impero bizantino. Dopo la
conquista di Costantinopoli nel 1453 un certo numero
di israeliti venne spostato dalle province balcaniche e
anatoliche nella capitale, allo scopo – a quanto sem-
bra – di introdurre in città una popolazione economi-
camente attiva e – al contempo – politicamente affi-
dabile. Un censo turco del 1477 parla di 1647 famiglie
di ebrei; il 1535, un altro registro menziona ben 8070

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Gli ebrei nel mondo medievale

famiglie di israeliti. Alla fine del XV secolo, il pellegri-


no tedesco Arnold von Harff riporta che la popolazio-
ne ebraica di Bisanzio comprendeva circa 36000 indi-
vidui. Anche dopo la conquista turca di Belgrado
(1521), migliaia di cristiani e d’israeliti furono forzosa-
mente reinsediati in città ottomane.
Il contributo culturale della minoranza ebraica del-
l’Impero Ottomano fu abbastanza circoscritto, limitan-
dosi alla medicina, al teatro e alla stampa di libri.
Quello economico, viceversa, fu assai più rilevante: a
partire dal tardo XV secolo, sia la documentazione ot-
tomana che quella europea fanno riferimento al gran
numero di mercanti ebrei, che giocavano un ruolo di
primo piano nel commercio dei panni, in particolare
in quello dei panni lana. Gli israeliti fungevano inoltre
da mediatori tra Oriente ed Occidente. Nel Quattro-
cento e nel Cinquecento gli ebrei ricoprirono spesso
funzioni di rilievo in ambito fiscale: se ne trovano mol-
ti attivi come collettori di tasse, intendenti fiscali, ispet-
tori del fisco, in particolare nelle città portuali. Gli
ebrei di origine europea diedero un contributo di un
certo rilievo all’arte della guerra; pur non essendo
guerrieri essi stessi, erano però esperti nell’arte di pro-
durre armi e conoscevano la complessa tecnologia che
stava alla base di tale genere di produzione. I viag-
giatori europei lamentavano spesso il fatto che gli
ebrei che avevano trovato rifugio nelle terre dell’Im-
pero Ottomano avevano trasmesso ai turchi molte co-
noscenze, a detrimento della cristianità.
Nel complesso, l’atteggiameno dei turchi verso gli
ebrei fu di sostanziale tolleranza: questi ultimi erano
considerati un elemento produttivo all’interno della so-
cietà multietnica e multicurale ottomana ed erano
spesso usati come strumento della politica imperiale.
Gli israeliti furono incoraggiati a stanziarsi nei territori
dell’Impero, soprattutto in determinate regioni; in non
pochi casi le autorità ottomane non solo accolsero gli
ebrei in fuga dall’Europa, ma misero pure a loro di-
sposizione i mezzi di trasporto necessari, decidendo al
contempo dove dovessero andare.
Al di fuori dell’ Impero Ottomano, tra XIII e XVI se-
colo vi furono due regioni nelle quali è possibile in-
dividuare una cospicua presenza ebraica – anche se la

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Gli ebrei nel medioevo

condizione degli israeliti fu qui meno favorevole che


non sotto i turchi: il Marocco e l’Iran.
La minoranza ebraica del Marocco era molto anti-
ca ma dovette fare i conti – negli ultimi secoli del
Medioevo – con una situazione assai svantaggiata,
avendo subito per un lungo periodo le persecuzioni
messe in atto dagli Almohadi, persecuzioni che – can-
cellando le comunità cristiane esistenti nel paese –
l’avevano fatta diventare l’unica realtà religiosa non
musulmana. Dopo il declino degli Almohadi, gli ebrei
del Marocco iniziarono a ricostruire la propria vita re-
ligiosa e comunitaria; molto numerosi, costituivano la
più grande comunità ebraica del Nord-Africa. I go-
vernanti marocchini che avevano sostituito i fanatici
Almohadi non erano particolarmente mal disposti nei
loro confronti; sotto la dinastia dei Marinidi, nel XIII,
XIV e XV secolo, non è raro trovare ancora “ebrei di
corte” o impiegati a vario titolo nell’amministrazione.
L’atteggiamento del popolo minuto, però, restò as-
sai ostile, creando non pochi problemi. La vulnerabi-
lità degli ebrei in Marocco è dimostrata dal bisogno,
sentito sia da questi ultimi che dai governanti, di ra-
dunare gli appartenti al gruppo religioso minoritario in
un quartiere specifico, la mellah, inizialmente con l’in-
tento di proteggerli dall’ostilità popolare. La mellah di
Fez, fondata il 1438 sul modello delle juderias spa-
gnole, era situata nei pressi della residenza reale, al fi-
ne di poter più facilmente offire la protezione dei so-
vrani ai suoi abitanti. Le mellah istituite più tardiva-
mente in altre città, viceversa, ebbero soprattutto la
funzione di isolare gli israeliti. Per altro, non sempre
la protezione si rivelò efficace: durante un pogrom che
ebbe luogo nel 1465, gli abitanti della mellah di Fez
furono quasi sterminati.
Nel tardo XV secolo e durante il XVI, le comunità
ebraiche del Marocco mostrarono segni di ripresa, so-
prattutto in seguito all’arrivo di numerosi profughi
spagnoli e portoghesi: questi ultimi furono in grado di
rendere ai nuovi signori mori lo stesso genere di ser-
vizi per i quali erano stati apprezzati e utilizzati nella
cristianità e che già rendevano agli imperatori ottoma-
ni. Li troviamo impiegati come intermediari commer-
ciali e come diplomatici – in tale veste aiutavano il

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Gli ebrei nel mondo medievale

sultano a intrattenere rapporti con i paesi europei. Al-


cuni servivano il sultano in qualità di artigiani specia-
lizzati e come tecnici, sia in campo civile che militare.
L’altra grande comunità ebraica al di fuori dell’Im-
pero ottomano fu quella iraniana. A differenza degli
ebrei marocchini, quelli iraniani non erano l’unico
gruppo di dhimmi dimorante nel paese: erano tuttavia
quello più visibile e l’unico diffuso in ogni sua regio-
ne. La condizione degli ebrei in Iran fu piuttosto diffi-
cile: anche prima dell’ascesa dei Savafidi (inizi del XVI
secolo), i persiani avevano aderito ai severi standard
religiosi degli sciiti Duodecimani. Per costoro, gli ebrei
non erano solo infedeli, ma anche ritualmente impuri
– bastava toccarli per trasferire su di se l’impurità. Per-
tanto, alla fine del Medioevo, la comunità ebraica per-
siana si trovò a vivere in una condizione di grande iso-
lamento e a dover affrontare momenti di notevole dif-
ficoltà, sia sul piano economico che su quello dell’in-
tegrazione sociale.

5. Gli ebrei dell’impero bizantino


Gli ebrei dell’Impero Ottomano rappresentarono
una piccolissima minoranza all’interno di un regno
multietnico e multilinguistico; ciononostante essi gio-
carono un ruolo non marginale, e la loro storia è im-
portante per numerose ragioni: dimoranti quasi esclu-
sivamente nei maggiori centri commerciali urbani del-
l’Impero, sono da annoverare tra i maggiori esperti
nella manifattura della seta, furono medici e traduttori
sia al servizio degli imperatori che dei privati e con-
tribuirono allo sviluppo economico e culturale dell’im-
pero. Sfortunatamente le fonti relative agli ebrei o che
in qualche modo li menzionano sono incredibilmente
scarse. Restano pertanto a tutt’oggi molti punti oscuri,
anche se è sperabile che ulteriori ricerche possano al-
meno in parte colmare i vuoti attuali.
Con l’affermarsi del cristianesimo e la messa al ban-
do dei riti pagani, gli ebrei soggetti a Bisanzio rimase-
ro l’unica minoranza non cristiana tollerata all’interno
dell’impero. Degli ebrei e del loro status giuridico, so-
ciale ed economico si occuparono sia gli imperatori che
i rappresentanti del potere ecclesiastico. Giustiniano fu

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Gli ebrei nel mondo medievale

eredi di Gamliel VI (425), Teodosio II dichiarò l’ufficio


patriarcale vacante in modo permanente e il paga-
mento dello eqel venne dirottato verso la camera im-
periale e divenne una tassa regolare. Non si sa, tutta-
via, per quanto tempo gli ebrei abbiano continuato a
pagare tale imposta. Sono state avanzate tre teorie,
relativamente al trattamento fiscale degli ebrei per i se-
coli VII-XII: a) gli ebrei erano tenuti al pagamento di
un’unica tassa speciale che sostituiva tutte quelle nor-
malmente pagate dalla popolazione cristiana dell’Im-
pero; b) gli ebrei erano tenuti al pagamento delle tas-
se al pari della popolazione cristiana, con l’aggiunta di
una tassa speciale; c) gli ebrei non erano tenuti al pa-
gamento di alcuna tassa speciale, e venivano trattati da
un punto di vista fiscale come i sudditi cristiani del-
l’Impero. Data la scarsità delle fonti, tuttavia, non è si-
nora stato possibile chiarire la questione in modo ine-
quivocabile. Per il periodo che va dal 1204 sino alla
conquista ottomana, le fonti bizantine sono più ab-
bondanti ed in alcuni casi integrate da fonti latine (so-
prattutto veneziane) che consentono di trarre conclu-
sioni meno incerte. Certamente in questo periodo gli
israeliti non occupavano una posizione fiscale unifor-
me all’interno dell’Impero: molto probabilmente la
condizione degli ebrei che dimoravano a Costantino-
poli era peculiare, e si sa che questi ultimi pagavano
una serie di tasse indirette quale contropartita del pri-
vilegio loro accordato di poter mantenere un’organiz-
zazione comunitaria autonoma.
La condizione giuridica degli ebrei bizantini, così co-
me i loro diritti e le limitazioni alle quali erano sogget-
ti, furono l’oggetto di un considerevole numero di leggi
e decreti, promulgati nel corso dei secoli da vari impe-
ratori. Come spesso accade, comunque, non sempre la
condizione de iure degli israeliti corrispondeva a quella
de facto. Alcuni elementi sono sufficientemente certi: a
differenza di quanto accadde per molti secoli nei regni
cristiani d’occidente, ad esempio, a Bisanzio il divieto di
impiegare ebrei come funzionari pubblici sembra essere
stato sostanzialmente rispettato: l’utilizzo d’israeliti come
collettori d’imposte a Cipro (1110) fu un fenomeno iso-
lato e – a quanto sembra – del tutto eccezionale. Agli
ebrei bizantini – così come a quelli che dimoravano

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Gli ebrei nel medioevo

nell’Occidente cristiano – era vietato il possesso e il


commercio di schiavi cristiani. Tuttavia, a Bisanzio il di-
vieto sembra essere stato solo eccezionalmente disatte-
so: si hanno unicamente due testimonianze in tal senso
per i secoli compresi tra il VI e il XII. Certi divieti im-
posti agli ebrei li riguardavano per altro non in quanto
tali, bensì come esponenti di un determinato ceto pro-
fessionale: ad esempio agli israeliti era proibita la ven-
dita di seta a mercanti che potessero esportarla fuori del-
la capitale, ma il divieto riguardava anche i cristiani or-
todossi. Parimenti, la crisobolla del 992, con la quale si
faceva divieto alle navi veneziane di trasportare mercanti
ebrei di Bari per evitare frodi alla dogana, si applicava
esattamente allo stesso modo ai mercanti cristiani pro-
venienti dall’Italia.
Per quanto è dato sapere, gli israeliti dimoranti nei
territori dell’Impero bizantino poterono esercitare libera-
mente quasi tutte le professioni; in alcune occasioni la
Chiesa tentò di privare i medici ebrei dei loro clienti, ma
con scarso successo. Per quanto attiene al possesso di
beni immobili, sembra che l’unica limitazione fosse co-
stituita dalle terre sulle quali sorgeva un bene ecclesia-
stico. Tuttavia, il loro stato giuridico restò sempre – co-
me quasi ovunque, per altro – d’inferiorità. Benché sia
le persone degli ebrei che i loro beni fossero protetti
dalla legge, in talune circostanze essi vennero trattati me-
no favorevolmente dei cristiani. In caso di furto, ad
esempio, un cristiano poteva ottenere dal ladro una
somma pari a tre, quattro volte quella sottratta, mentre
agli israeliti veniva al massimo riconosciuto un inden-
nizzo pari al doppio.
Riguardo al culto ebraico, si può dire che in linea di
massima – nonostante i già citati tentativi d’alcuni impe-
ratori di convertire forzosamente i sudditi ebrei – era
trattato con maggiore favore di quanto l’impero non fa-
cesse con i culti ritenuti anche solo parzialmente eretici.
A Bisanzio era in forza il divieto di costruire nuove si-
nagoghe, ma sembra che in non pochi casi siano state
fatte delle eccezioni in tal senso. La piena osservanza
dello abbath era garantita, così come il diritto a cir-
concidere i figli maschi; non era invece tollerata la poli-
gamia, che pure – in alcune circostanze – è prescritta
dalla legge ebraica.

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Gli ebrei nel mondo medievale

6. Aspetti della vita economica, sociale e culturale

6.1. I mercanti
Soprattutto nel corso del primo e pieno Medioevo,
molti ebrei si dedicarono alla mercatura. La documen-
tazione superstite testimonia ampiamente del coinvol-
gimento ebraico in pressocché ogni genere di com-
mercio. Soprattutto durante i primi secoli del Medioe-
vo, periodo nel quale gli ebrei furono solo modesta-
mente impegnati in attività di carattere creditizio, la
percentuale di mercanti ebrei fu assai elevata. Molti di
loro si dedicavano al commercio a largo raggio: erano
i cosiddetti radaniti, che operavano su vasta scala;
s’imbarcavano nei porti mediterranei della Francia e
della Spagna da dove raggiungevano l’Oriente e in
molti casi si spingevano sino in India e in Cina. Se-
condo Ibn Kordadbeh, essi si dirigevano verso Pelusio,
in Egitto, o verso Antiochia; seguivano probabilmente
le rotte di cabotaggio sino al Peloponneso per poi pas-
sare a quelle d’alto mare. Tra queste, si possono an-
noverare la cosiddeta “via della seta”, che collegava
l’Occidente e la Cina; quelle che da Oriente portavano
a Costantinopoli, passando attraverso il Golfo Persico e
il Mar Nero; e quelle che, passando attraverso il Mar
Rosso e facendo capo a Gidda, si utilizzavano per tra-
sportare merci provenienti dall’India. Da Gidda le mer-
ci venivano trasportate a dorso di cammello a Suez e
a Damasco.
Anche quando l’interesse degli ebrei si rivolse più
decisamente al settore creditizio il commerciò mantenne
un ruolo essenziale all’interno dell’economia ebraica,
benché lo sviluppo della mercatura gestita da cristiani e
da musulmani, soprattutto nell’ambito del commercio a
largo raggio, rendesse in parte questo settore meno red-
ditizio. Va comunque notato che credito e commercio
costituirono quasi sempre – soprattutto per la fasce più
abbienti del mondo ebraico – occupazioni complemen-
tari, ben lungi dall’escludersi vicendevolmente.
Nel tardo Medioevo le informazioni relative ai mer-
canti ebrei – piccoli dettaglianti come mercanti di re-
spiro internazionale – si moltiplicano, grazie soprattut-
to all’abbondanza di documenti privati. Le fonti mo-
strano i mercanti ebrei attivi in moltissimi settori: in

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Gli ebrei nel medioevo

Umbria, ad esempio, operavano con molto successo


nel mercato dello zafferano, una delle spezie più ap-
prezzate e più costose, tanto è vero che i proventi de-
rivanti dalla sua compravendita non di rado superava-
no quelli ottenuti dai banchieri con l’esercizio dell’at-
tità creditizia. Nel Ducato di Urbino, i mercanti ebrei al-
la fine del Trecento si dedicavano al traffico di bamba-
gio e all’importazione a Gubbio di veli di cotone. In ge-
nerale, gli ebrei erano molto attivi nel settore tessile: si
approvigionavano di mercanzie nelle più importanti fie-
re locali e rivendevano i panni, di lino, lana e seta, nel-
le loro botteghe, come accadeva ad esempio a Perpi-
gnano e a Puigcerdà tra XIII e XV secolo. Nella Francia
del XIII secolo, gli ebrei frequentavano regolarmente le
fiere ed erano attivi come mercanti di bestiame, di ferro,
di pesce, di panni.
Gli esempi possibili sono moltissimi e non ha qui sen-
so molitplicarli: basti sottolineare che gli ebrei – sino a
quando le leggi non lo impedirono, limitando i campi nei
quali era loro lecito commerciare – esercitarono in gran
numero la mercatura, anche in epoche nelle quali ormai
molti li identificavano solo con gli usurai e gli strozzini.

6.2. I banchieri e i prestatori


La professione di prestatore su pegno è quella che
maggiormente – nell’immaginario collettivo anche con-
temporaneo – viene collegata all’ebreo. Non v’è dub-
bio che gl’israeliti abbiano anche operato nel settore
creditizio, sia in quello del piccolo prestito al consu-
mo che in quello della banca più propriamente detta;
tuttavia la maggior parte degli ebrei, soprattutto nei
primi secoli del Medioevo, fu ben lungi dall’essere im-
pegnata in modo esclusivo nel settore creditizio.
Vero è che – soprattutto per i secoli finali del Me-
dioevo – le fonti si rivelano particolarmente prodighe
di informazioni proprio in relazione alle attività credi-
tizie ebraiche, contribuendo in tal modo a fornire
un’immagine per certi versi deformata della realtà. Ov-
viamente non si vuole qui sostenere che gli ebrei non
fossero ampiamente coinvolti nel mercato del denaro;
tuttavia, tale coinvolgimento non fu generalizzato e
non escluse mai, in ogni caso, quello in altre attività.

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Gli ebrei nel mondo medievale

Soprattutto in alcuni contesti geografici, comunque,


il coinvolgimento ebraico nelle attività creditizia fu
molto ampio. Come si è già accennato, nell’Italia del
centro-nord, soprattutto a partire dalla fine del Duece-
cento, un cospicuo numero di mercanti e finanzieri
ebrei, da soli o uniti in vere e proprie compagnie, im-
migrarono da Roma e dal Nord-Europa e si sostituiro-
no gradualmente ai cristiani in molti settori del picco-
lo e medio credito (in particolare, in quello del pre-
stito su pegno).
Le società creditizie ebraiche erano caratterizzate da
una relativa stabilità (di norma la condotta veniva rin-
novata più volte) e dalla collaborazione tra due o più
famiglie, che mettevano in comune i capitali necessa-
ri per il funzionamento del banco. Gli utili erano divi-
si proporzionalmente e la calcolata dispersione geo-
grafica dei banchi nei quali un singolo nucleo familia-
re aveva investito parte dei propri beni metteva alme-
no in parte al riparo dai rischi che potevano derivare
da un repentino mutamento delle politiche in tema di
ebrei dei singoli comuni o – più tardi – dei singoli sta-
ti regionali.
I banchi ebraici avevano comunque importanza
difforme, e molto diverse erano le somme che i ban-
chieri decidavano di investire nelle singole realtà. Si va
da grossi banchi, nei quali venivano depositati anche
novemila-diecimila fiorini d’oro, a piccoli e piccolissi-
mi banchi “rurali”, nei quali si investivano somme in-
finitamente meno cospicue. In genere, i banchieri ope-
ravano in regime di monopolio, soprattutto nei centri
piccoli e medi, dove non sarebbe stato economica-
mente vantaggioso apire più di un banco.
Formalmente, lo sviluppo dell’attività feneratizia
ebraica, per lo meno in Italia centro-settentrionale, era
ricondotto al bisogno di “sovvenire ai bisogni dei po-
veri”, e non c’è condotta in cui non si faccia riferi-
mento alla motivazione sociale per giustificare la chia-
mata degli ebrei e il loro impiego come feneratori. In
realtà, i banchieri ebrei venivano invitati anche – e for-
se soprattutto – in quanto percepiti come attivatori del-
la vita economica locale, tanto più importanti quanto
più si trattava di piccoli e piccolissimi centri dall’eco-
nomia asfittica.

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Gli ebrei nel medioevo

6.3. I medici
Tra le professioni più praticate dagli ebrei – nel
mondo islamico come in quello cristiano – è da anno-
verare senza dubbio quella di medico. Prima del XIII
secolo, tracce dell’attività dei medici ebrei si trovano
principalmente nel mondo arabo. Molti medici ebrei,
alcuni dei quali – Maimonide, ad esempio – famosi an-
che in Occidente, composero importanti trattati di me-
dicina in arabo e in giudeo-arabo; piuttosto rari furo-
no, viceversa, i testi in ebraico, almeno nei primi secoli
del Medioevo. In occidente, la pratica medica venne
spesso osteggiata da una parte del mondo ecclesiasti-
co, con la motivazione che la salute dell’anima doveva
essere anteposta a quella del corpo. Ciononostante, a
partire grosso modo dal 1250, gli ebrei dell’Europa oc-
cidentale cominciarono sempre più spesso ad esercita-
re l’arte medica. Dopo la sinodo di Clermont (1130), in-
fatti, ai membri del clero fu vietato lo studio della me-
dicina, e un decreto promulgato in occasione del IV
Concilio Lateranense (1215) proibì agli ecclesiastici la
pratica della chirurgia. A partire dai primi lustri del
Duecento si ebbe quella che Joseph Shatzmiller ha de-
finito “the medicalization of medieval society”: tale pro-
cesso ebbe l’effetto di ampliare il numero di coloro che
– in quasi tutte le fasce sociali – ricorrevano abitual-
mente ai servigi di un medico professionista. Alcune re-
centi ricerche hanno dimostrato che nell’Occidente tar-
do medievale il rapporto tra medici e pazienti era in
molti contesti geografici di 1:500. Un rapporto così al-
to non si riferiva per altro solo ad importanti centri ur-
bani, come ad esempio Firenze, ma anche a regioni
agricole. Un numero tanto elevato di medici è da met-
tere in relazione con vari fattori, tra i quali possono es-
sere ricordati la crescente richiesta di certificazioni me-
diche in ambito legale e di servizi medici per la popo-
lazione, spesso pagati dalle città stesse.
Il numero dei medici ebrei era – se paragonato al
totale della popolazione ebraica – molto elevato. Lad-
dove il numero totale degli ebrei rappresentava il 5%-
8% della popolazione, i medici ebrei potevano arriva-
re a rappresentare il 50% di coloro che esercitavano
la professione medica (è questo il caso della Proven-
za e di alcune regioni della Penisola Iberica).

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Gli ebrei nel mondo medievale

Nella maggioranza dei casi, la formazione dei me-


dici ebrei seguiva strade diverse rispetto a quelle dei
cristiani. Di norma, gli ebrei non potevano frequenta-
re le università: vi furono, naturalmente, alcune ecce-
zioni, ma solitamente i giovani ebrei e le giovani
ebree ricevevano una formazione all’interno della pro-
pria cerchia familiare. Ciò portò, con una certa fre-
quenza, alla formazione di vere e proprie “dinastie” di
medici. Non erano rari neppure i casi di contratti ma-
trimoniali in cui fosse previsto che il futuro suocero
insegnasse i fondamenti della medicina al futuro ge-
nero (che si sarebbe trasferito a vivere a casa dei ge-
nitori della sposa).
Coloro che non avevano medici in famiglia dove-
vano pagare per essere istruiti nell’arte medica, e gli
onorari dei maestri potevano essere consistenti, come
mostrano chiaramente numerosi documenti notarili,
soprattutto (ma non solo) quattrocenteschi. A volte i
maestri erano donne, e ciò non impediva loro di ave-
re allievi maschi, come quella Sara da Saint-Gilles che
accettò come studente un certo Salvetus de Burgeno-
vo de Salon, per insegnargli l’arte medica. In alcuni ca-
si, un certo numero di famiglie si accordava per assu-
mere e pagare congiuntamente un maestro per i pro-
pri figli, che avrebbero dunque studiato in gruppo.
I medici ebrei dovevano – al pari di quelli cristiani,
addottoratisi presso un’istituzione universitaria – soste-
nere una sorta di esame per ottenere la licenza ad eser-
citare la medicina. In alcuni paesi la legislazione preve-
deva che – ove possibile – gli ebrei (in Spagna anche i
musulmani) fossero esaminati da correligionari, seppu-
re alla presenza anche di un medico cristiano.
Benchè nella maggior parte dei casi i medici ebrei
fossero competenti quanto – e talvolta più – dei me-
dici cristiani, l’Occidente medievale non fu mai del tut-
to a proprio agio nell’utilizzarli, a differenza di quan-
to avveniva nei paesi soggetti all’Islam. In più occa-
sioni la Chiesa e i sovrani temporali promulgarono leg-
gi intese a limitare o addirittura vietare l’esercizio del-
la professione medica ai non cristiani (e quindi, fatta
eccezione per la Penisola Iberica, dove praticavano an-
che medici musulmani, agli ebrei). Le prime prese di
posizione della Chiesa contro i medici ebrei risalgono

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Gli ebrei nel medioevo

ai primi decenni del XIII secolo: alla sinodo di Albi


(1254), si deliberò di scomunicare tutti i cristiani che –
malati – avessero fatto ricorso ad un medico ebreo. Le
ordinanze dei primi anni del Trecento in genere non for-
niscono motivazioni per questi divieti: non è da esclu-
dere che la Chiesa potesse temere che i medici ebrei im-
pedissero ai pazienti cristiani di ricevere i sacramenti in
punto di morte. La legislazione secolare fu in alcuni ca-
si anche più severa di quella ecclesiastica: le costituzio-
ni promulgare il 1310 da Federico III per la Sicilia, ad
esempio, prevedano punizioni sia per i medici che per
i pazienti; e le disposizioni del conte Carlo II di Provenza
(1306) erano persino più severe. Va tuttavia osservato
che – con qualche eccezione – le leggi promulgate per
impedire agli ebrei di curare pazienti cristiani si rivela-
rono quasi del tutto inefficaci. D’altra parte, gli stessi uo-
mini di Chiesa continuarono imperterriti a servirsi di me-
dici ebrei, a partire dai pontefici; e medici ebrei erano
utilizzati addirittura per curare le monache nei conventi,
come amaramente ricorda Arnaldo da Villanova.
L’essere ebreo, però, poneva il medico in situazioni
di maggiore pericolo rispetto ai colleghi cristiani. Soprat-
tutto quando le cure si rivelavano poco efficaci o – peg-
gio – conducevano alla morte del paziente, poteva sor-
gere il sospetto che il medico ebreo avesse deliberata-
mente mal curato o addirittura avvelenato il paziente.
Benché di norma i processi penali per lesioni a carico
dei medici israeliti venissero condotti equamente, non
mancano esempi in cui il fallimento di una cura causò
gravi conseguenze sia per il medico (sino all’applicazio-
ne della pena capitale) sia – talora – per l’intero nucleo
ebraico, ritenuto in qualche misura solidarmente respon-
sabile. In ogni caso, non si deve dimenticare che anche
i medici cristiani potevano essere multati pesantemente
o imprigionati se le cure non si dimostravano adeguate.

6.4. Gli artigiani


Non tutti gli ebrei appartenevano alle categorie dei
ricchi banchieri o dei grandi mercanti di successo. Ac-
canto a questi personaggi vivevano uomini e donne de-
diti alle più varie attività artigiane, che costituvano in
realtà la parte maggioritaria della popolazione ebraica.

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Gli ebrei nel mondo medievale

La documentazione superstite è meno avara di informa-


zioni su questa categoria per gli ultimi secoli del Medioe-
vo, periodo per il quale sono conservati decine di migliaia
di atti notarili, nei quali vengono rammentati – tra gli al-
tri – anche un buon numero di artigiani ebrei. Talora co-
storo erano al contempo piccoli mercanti, che si occupa-
vano personalmente di piazzare sul mercato i propri ma-
nufatti. Un esempio è costituito dalla produzione dei pan-
ni e alla loro commercializzazione: non sono rari i casi di
ebrei che avevano un proprio laboratorio, nel quale ve-
nivano prodotti – a volte anche da mano d’opera cristia-
na – tessuti ed abiti, che venivano poi venduti alla clien-
tela cittadina e rurale. In realtà, non esiste quasi settore
artigiano nel quale gli israeliti non siano, a vario titolo,
coinvolti, talora anche in società con cristiani ed ex-cor-
religionari. La copiosa documentazione tardo-medievale
c’informa relativamente alla presenza di osti, tavernieri,
sarti, cartolai, librai, fabbri, materassai, conciatori, cuoiai,
bastai, orafi, calzolai, macellai, pescivendoli. Disgraziata-
mente, solo di rado siamo in grado di farci un’idea di qua-
li fossero i redditi di queste categorie di lavoratori: ma cer-
tamente erano ben lontani da quelli dei banchieri e dei
ricchi mercanti ebrei. Come accadeva nel mondo cristia-
no, molti di costoro si trovavano costantemente a rischio
di povertà, ed era senza dubbio da questo gruppo socia-
le che proveniva la maggior parte dei marginali ebrei.

6.5. Le donne
È solo da qualche lustro che gli studi sulle donne e
di genere hanno raggiunto l’area della storia ebraica me-
dievale. Negli ultimi anni, tuttavia, non poche ricerche
hanno contribuito a meglio definire il ruolo delle donne
nell’ambito religioso, dell’educazione, il loro status all’in-
terno della famiglia, la loro condizione sociale e profes-
sionale, evidenziando anche – in alcuni casi – le diffe-
renze esistenti tra le donne ebree di diverse aree geo-
grafiche, linguistiche e culturali.
Come per gran parte delle donne cristiane (alle
quali era però aperta la strada del monastero), la so-
cietà ebraica si aspettava che la donna trovasse la sua
realizzazione in attività prevalentemente domestiche,
che concludesse un buon matrimonio e che mettesse

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Gli ebrei nel medioevo

al mondo molti figli sani. Non poche donne, tuttavia,


erano economicamente attive e contribuivano al be-
nessere della famiglia esercitando un mestiere o una
professione.
Si hanno ad esempio numerose informazioni relati-
ve a donne che esercitavano la medicina, a vari livel-
li ma comunque in modo ufficiale. Della loro attività
si trova ampia traccia nei documenti d’archivio, nei
quali esse sono rammentate con i titoli che le con-
traddistinguevano: magistra, medica, fisica, chirurgi -
ca. Al pari dei colleghi ebrei maschi (per i quali tutta-
via sono documentate alcune eccezioni), le mediches-
se ebree non avevano potuto frequentare corsi uni-
versitari, e avevano dovuto quindi acquisire le proprie
conoscenze privatamente, superando poi il prescritto
esame di licenza. La maggior parte delle ebree che
praticavano l’arte medica provenivano da famiglie di
medici o avevano comunque un parente medico, fat-
to questo che induce a ritenere che di norma le don-
ne venissero istruite da uno o più membri della fami-
glia. Non è però da escludere che qualcuna avesse stu-
diato con una medichessa al di fuori del contesto fa-
miliare. In non pochi regni e città, per altro, le auto-
rità tendevano a favorire l’esercizio della medicina da
parte delle donne (cristiane od ebree che fossero). La
motivazione principalmente addotta per giustificare
questa politica era l’onore delle pazienti: si riteneva
ovviamente più decoroso che – almeno per un certo
tipo di malattie – l’inferma fosse curata da una donna.
Va comunque rilevato che le medichesse non si limi-
tavano affatto a curare solo donne. L’ebrea doña Leal,
che esercitava a Barcellona, era specializzata in oftal-
mologia e curò un buon numero di pazienti maschi,
chiedendo per altro compensi piuttosto elevati, e cer-
to non inferiori a quelli dei colleghi maschi. L’oftal-
mologia sembra essere stata una branca di specializ-
zazione femminile, ma le medichesse ebree erano at-
tive in molti altri campi, compresa la chirurgia.
Il Talmud contiene numerose disposioni relative
alle donne, e pur riconoscendone i diritti e i bisogni
fisici e morali le relega di norma in posizioni secon-
darie; tuttavia la condizione della donna ebrea nel
Medioevo era notevolmente influenzata dal contesto

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Gli ebrei nel mondo medievale

nel quale si trovava vivere: le norme e gli usi locali


giocarono un ruolo importante nel definire le moda-
lità con le quali si sviluppò la vita sociale e familia-
re e quale dovesse essere il ruolo femminile.
Vi sono alcune differenze tra i ruoli e i modi di
vita delle donne ebree che dimoravano rispettiva-
mente nel mondo islamico e in quello cristiano. Per
quanto attiene al primo, una significativa mole di
informazioni sul tema delle donne e della loro posi-
zione socio-economica provengono dalla già più vol-
te menzionata Genizah del Cairo, che fornisce un
quadro sufficientemente ricco per i secoli compresi
tra il IX e l'XI. La poligamia, pur non diffusissima,
era comunque presente; e benché le donne ebree di
ceto sociale elevato non fossero isolate in ginecei co-
me accadeva alle donne musulmane, si riteneva co-
munque che il loro posto fossero e dovessero rima-
nere le mura domestiche. Maimonide, ad esempio,
pensava che non vi fosse posto migliore per la don-
na del focolare della sua casa, e benché ritenesse ra-
gionevole per una donna il far visita ad amiche e pa-
renti, raccomandava che tali visite avessero una fre-
quenza limitata, in modo da non costringere la don-
na ad uscire troppo frequentemente dalla propria
abitazione.
Le fanciulle si sposavano in giovanissima età, at-
torno ai tredici – quattordici anni, di solito con un
uomo considerevolmente più anziano. Non erano ra-
ri i matrimoni tra primi cugini, che avevano la du-
plice funzione di mantenere i beni all'interno della
famiglia allargata e di offrire alla giovane sposa un
contesto noto e rassicurante. Soprattutto presso le fa-
miglie di mercanti, tuttavia, non mancavano i matri-
moni contratti con partner che dimoravano in altre
regioni o paesi, al fine di allargare il proprio giro
d'affari e rafforzare i legami societari.
Il contratto di matrimonio (ketubah) prevedeva
l'impegno del marito a mantenere la moglie; lo spo-
so faceva in genere un dono alla futura moglie
(mohar), una porzione del quale restava a disposi-
zione della sposa in caso di divorzio o di morte del
marito. La donna portava una dote, che le andava re-
sa in caso di morte del coniuge o di divorzio.

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Gli ebrei nel medioevo

Benché il marito ebreo fosse tenuto a mantenere la


propria moglie, non era raro che le donne ebree, a
prescindere dalla classe sociale, guadagnassero del de-
naro con il proprio lavoro (in particolare con il rica-
mo, che poteva essere eseguito nella propria abitazio-
ne). Le somme così guadagnate rimanevano in genere
a disposizione della donna, che poteva così godere di
una certa indipendenza economica.
Anche se, come si è detto, di norma la sfera d'azio-
ne femminile era essenzialmente legata alla casa e a la-
vori che le donne potevano svolgere all'interno delle
sue mura, non mancano alcuni esempi di donne estre-
mamente indipendenti, come quella Karima al-Wuhsha
attiva come donna d'affari all'inizio del XII secolo, e che
fu al centro di un grosso scandalo per avere avuto un
figlio fuori dal matrimonio, dopo avere divorziato dal
marito che le aveva dato una figlia. Il testamento di Ka-
rima rende ragione della sua invidiabile posizione eco-
nomica, che le consentì di effettuare anche numerosi la-
sciti a varie istituzioni comunitarie, caritatevoli e religio-
se e a numerosi membri della famiglia.
Le donne ricevevano senza dubbio un'istruzione al-
meno elementare, che consentisse loro l'osservanza dei
precetti. I costi dell'istruzione erano elevati e di solito si
preferiva spendere per l'educazione dei figli maschi. So-
no per altro testimoniati i casi di donne che gestivano
scuole, con studenti d’ambo i sessi.

6.6. Dotti e rabbini, cultura religiosa e profana


Nonostante le difficoltà legate alla sopravvivenza in
mondi a volte ostili, la minoranza ebraica – tanto in area
cristiana che musulmana – riuscì nel corso del Medioevo
a sviluppare, a fianco di proprie strutture economiche e
sociali, anche un’autonoma, vivace cultura.
E’ in realtà impossibile parlare di una generica “cul-
tura ebraica” per il periodo in esame: accanto ad ele-
menti comuni (ai quali si farà cenno più oltre) vi fu-
rono anche consistenti differenze di carattere locale; e
difatti per gli israeliti di un determinato contesto geo-
grafico il peso dei contesti sovralocali fu senza dubbio
rilevante. Parlando di cultura ebraica non è poi possi-
bile ignorare l’influenza esercitata – pur in modo assai

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Gli ebrei nel mondo medievale

difforme a seconda dei tempi e dei luoghi – dalla con-


temporanea cultura cristiana e islamica.
Va inoltre sottolineata, nel mondo ebraico, la man-
canza di una separazione tra “sacerdoti” e “laici” (tipi-
ca invece, per il Medioevo, del mondo cristiano): il
rabbino non è un sacerdote, bensì un maestro della
legge rabbinica (halakhah) e un giudice. Tra i suoi
compiti fondamentali non c’è quello (tipico invece del
prete cristiano) di facilitare e mediare il rapporto tra
Dio e l’uomo, quanto quello di insegnare Torah e Tal -
mud, di formulare delle sentenze e di elaborare dei
pareri su problemi di carattere quotidiano tenendo
presenti i dettami della legge rabbinica. Nei primi se-
coli del Medioevo, il titolo di rabbino ebbe un carat-
tere prettamente onorifico e venne riservato a saggi,
sapienti e personalità di spicco: una differenziazione
chiara e universalmente riconosciuta tra i rabbini veri
e propri e i membri prominenti di una comunità si af-
fermò solo gradualmente. Nel XIV secolo, in seno al
mondo ashkenazita, si iniziò a praticare una sorta di
“ordinazione rabbinica”, che rifletteva le esigenze di
riorganizzazione della società ebraica dopo le perse-
cuzioni e le espulsioni connesse alla grande epidemia
di peste di metà Trecento (cfr. § 11). In Italia il feno-
meno dell’ordinazione rabbinica si diffuse più tardi, at-
torno al XV-XVI secolo. Si tratta comunque di un’or-
dinazione del tutto priva di un carattere sacrale, che
aveva la sola funzione di rendere più definito il ruolo
sociale dei rabbini.
Lo studio, nel mondo ebraico, era costituito almeno
per i più giovani essenzialmente dalla lettura e dal
commento dei testi sacri. Per gli uomini lo studio quo-
tidiano della Torah costituiva un obbligo; il canale di
trasmissione della cultura e del sapere tradizionali era
costituito dalla famiglia: l’istruzione dei bambini aveva
inizia molto presto ed era focalizzata sullo studio del
testo ebraico della Torah. In seguito si affrontava la let-
tura degli altri libri della Bibbia ebraica e delle loro ver-
sioni in aramaico (Targum). Attorno al tredici anni, in
occasione della maturità religiosa, i più dotati passava-
no allo studio del Talmud e dei suoi commenti. So-
prattutto in area mediterranea, tuttavia, si intraprende-
vano – accanto a quelli più tradizionalmente ebraici –

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Gli ebrei nel medioevo

anche studi profani. Nell’Italia del Rinascimento, ad


esempio, non erano rari i casi di giovani ebrei (a vol-
te anche di sesso femminile) che si dedicavano ad ap-
prendere i rudimenti della musica e della danza, il la-
tino, l’aritmetica.
Come si è detto, sia gli ebrei del mondo occiden-
tale cristiano che quelli dei paesi arabi furono tutt’al-
tro che isolati dalla società in cui vivevano. Essi costi-
tuirono, viceversa, parte integrante del circostante am-
biente socio-culturale, in un rapporto di mutua in-
fluenza; nonostante i tentativi esperiti da molti leader
religiosi cristiani ed ebrei di limitare i contatti tra i due
gruppi, vari fattori impedirono infatti un reale isola-
mento della minoranza ebraica: è stato già più volte
osservato che il numero degli israeliti rimase comples-
sivamente sempre abbastanza limitato, il che di fatto
non permise agli ebrei – come sarebbe viceversa ac-
caduto in età moderna in contesti come lo shtetl po-
lacco – di vivere quasi completamente separati; le in-
terazioni economiche tra ebrei, cristiani e musulmani
favorirono per tutto il Medioevo i contatti tra i vari
gruppi; e gli ebrei adottarono sempre la lingua del luo-
go in cui vivevano, sia nel mondo cristiano che in
quello musulmano, ciò che favorì ovviamente i contatti
con la popolazione locale. Ra i, ad esempio, nel suo
fondamentale commento al Talmud, utilizzò frequen-
temente l’antico francese per chiarire ai suoi lettori le
epressioni ebraiche o aramaiche più complesse.
Sia da parte ebraica che da parte cristiana e mu-
sulmana esiste naturalmente una pratica di denigrazio-
ne delle altre culture e religioni: ma almeno da parte
ebraica, tale comportamento può essere spiegato con
la necessità – senza dubbio più avvertita di quanto
non accadesse presso cristiani e musulmani – di man-
tenere una propria identità, costantemente minacciata
proprio per il fatto di essere circondati ed immersi in
una società culturalmente aggressiva e dominante.
Poiché gli ebrei erano costantemente in contatto
con vivaci movimenti culturali (nel mondo islamico co-
me – soprattutto a partire dall’XI secolo – in quello cri-
stiano), essi furono spinti ad elaborare un proprio pen-
siero alternativo, sia negli ambiti tradizionali che in
campi maggiormente innovativi. La sfera tradizionale

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Gli ebrei nel mondo medievale

comprendeva principalmente lo studio della Bibbia e


del Talmud: in Occidente gli ebrei non esperirono al-
cun tentativo di tradurre il testo biblico in lingue di-
verse dall’ebraico, come invece era accaduto in Orien-
te (vari dotti ebrei, tra i quali nel X secolo Saadia
Gaon, si erano dedicati alla redazione di un testo bi-
blico in giudeo-arabico, lingua – come si è visto – uti-
lizzata sia per la comunicazione orale che per quella
scritta dagli israeliti che dimoravano nel mondo ara-
bo). Gli ebrei del mondo cristiano, inoltre, che pure
utilizzarono per la comunicazione quotidiana i verna-
coli dei paesi in cui vivevano, non pensarono mai di
adoperare il latino – la lingua degli intellettuali cristia-
ni – nei loro scritti di carattere culturale.
Centrale, per il pensiero ebraico medievale, fu lo
studio della Torah, che influenzò anche campi “profa-
ni”, quali ad esempio la scienza, la medicina, la filo-
sofia. Il testo biblico fu oggetto di numerosi commen-
ti (si è già rammentato quello di rabbi elomo ben
Yi aq da Troyes, meglio noto come Ra i). Soprattutto
in area mediterranea si affermò una sorta di approccio
“scientifico” alla Torah, che portò all’elaborazione di
una serie di studi di carattere linguistico, tra i quali si
possono menzionare quelli di David Kimhi da Narbo-
na, di Avraham ibn Ezra e di Mo eh ben Na man da
Gerona. Anche nelle regioni settentrionali d’Europa si
sviluppò – sulle orme di Ra i – un’importante scuola
di esegesi biblica, come pure una tipologia di com-
mentario ai sacri testi composto interamente da cita-
zioni di versetti biblici, interpretazione cristiana dei
medesimi e contro-interpretazione ebraica. Un esem-
pio di tale genere letterario è costituito dal Duecente-
sco Sefer Niza on Yashan. Anche lo sviluppo delle
correnti di pensiero mistiche fu strettamente correlato
allo studio e al commento della Torah: gran parte di
quello che può essere considerato il testo classico del
misticismo e del kabbalismo ebraico medievali, lo
Zohar, è costituito da un lungo e dettagliato commen-
to dei primi cinque libri della Bibbia. Il Sefer ha-Zohar
(Libro dello splendore) fu probabilmente redatto in
Castiglia attorno al 1275, in aramaico letterario, e rap-
presenta la summa delle dottrine cabalistiche medie-
vali; in esso si ritrovano le teorie delle dieci Sefirot, dei

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Gli ebrei nel medioevo

quattro mondi, e della funzione preponderante che l'a-


nimo umano può esercitare nell'economia generale
dell'universo.
A fianco degli studi incentrati su Torah e Talmud, gli
ebrei europei si dedicarono anche a campi affatto diver-
si: non sempre, però, il mondo ebraico – in particolar
modo quello più tradizionale – vide con favore tale atti-
vità: talora gli studi “profani” vennero ritenuti responsa-
bili di mettere in pericolo la sopravvivenza stessa dell’-
dentità ebraica.
Il grande sviluppo culturale del mondo ebraico e mu-
sulmano in Oriente fece sì che uno dei settori nei quali
gli ebrei europei furono particolarmente attivi ed ap-
prezzati fosse quello della traduzione di testi arabi e giu-
deo-arabi in ebraico. A dedicarsi all’opera di traduzione
furono soprattutto israeliti provenienti dai paesi arabi,
immigrati più o meno volontariamente nei regni cristia-
ni. Una delle figure di maggiore rilievo in questo campo
fu quella di Yehudah ibn Tibbon da Lunel, attivo nel sud
della Francia (XII secolo), che tradusse in ebraico molte
importanti opere, tra cui quelle di Saadia Gaon, Ba ya
ibn Paquda, elomo ibn Gabirol, Yehudah ha-Lewi.
Sia nel mondo arabo che in quello cristiano gli israe-
liti si dedicarono alla composizione di opere poetiche.
Nei paesi islamici, gli ebrei utilizzarono per questo ge-
nere letterario unicamente la lingua ebraica, a differenza
di quanto facevano per tutte le altre tipologie di scritti.
Anche la poesia suscitò talora le critiche dei circoli ebrai-
ci più tradizionalisti, soprattutto quando i poeti utilizza-
vano troppo disinvoltamente immagini e motivi che sem-
bravano in qualche modo eccessivamente legati alla cul-
tura dei gruppi religiosi maggioritari.
La filosofia – uno dei campi più innovativi nell’am-
bito dell’elaborazione culturale ebraica – suscitò pari-
menti molta ansia nei circoli ebraici più conservativi. In
particolare, si pose il problema della distanza che sem-
brava esistere tra speculazione filosofica e pensiero re-
ligioso ebraico (problema, quest’ultimo, che dovettero
non di rado affrontare anche i filosofi cristiani e mu-
sulmani in relazione alla propria fede religiosa). Una
delle figure di maggior rilievo nell’ambito del pensiero
filosofico ebraico fu senza dubbio quella di Mo eh ben
Maimon (Maimonide, 1135-1204), personaggio dalla

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Gli ebrei nel mondo medievale

sfaccetata personalità, che fu al contempo un impor-


tante leader in seno alla propria comunità, un medico
di grande valore, un dotto conoscitore e commentato-
re degli scritti talmudici. La sua opera filosofica più im-
portante è il Moreh Nevuqim (Guida dei perplessi), in-
dirizzata a mostrare la possibilità di conciliare la fede
ebraica con la filosofia aristotelica, nel tentativo di ar-
monizzare fede e ragione. Nonostante la sua fama, le
opere di Maimonide vennero talora criticate anche mol-
to aspramente. Tradotte da ibn Tibbon, furono oggetto
di una violenta controversia che ebbe luogo a Mont-
pellier, nel sud della Francia, nei primi decenni del XIII
secolo, promossa da un talmudista tradizionalista, elo-
mo ben Avraham, che mosse a Maimonide e ai suoi se-
guaci numerose accuse. Nonostante gli attacchi alla fi-
losofia di una parte del mondo ebraico, tale disciplina
mantenne un ruolo di rilievo per la cultura degli ebrei
medievali sino a tutto il XV secolo (si pensi, a titolo
d’esempio, all’influenza esercitata da personaggi come
Levi ben Ger on, Mo eh Narboni, asdai Cresca,
Yit aq Abravanel). I filosofi ebrei cercarono in molti
casi di coniugare pensiero filosofico e tradizione ebrai-
ca, tentando – soprattutto fra Tre e Quattrocento – di
diffondere le proprie opere presso strati sempre più
ampi della popolazione, ritenendo che la filosofia fos-
se molto più che un esercizio intellettuale riservato a
pochi eletti e considerandola viceversa centrale per la
vita e l’identità ebraiche.

7. La condizione giuridica degli ebrei nei paesi cri -


stiani e nei paesi musulmani
Benché la condizione giuridica di per sé possa es-
sere poco indicativa delle reali condizioni di vita di un
gruppo, dato che – inevitabilmente – esiste un gap (più
o meno forte) tra teoria e prassi, è tuttavia un fattore ri-
levante quando si cerchi di comprendere la natura del-
le relazioni tra gruppo dominante e gruppo minoritario.
Vi sono parecchie somiglianze tra lo status giuridico
degli ebrei che vivevano nei paesi cristiani e di quelli
dimoranti nei paesi islamici. L’elemento probabilmente
più significativo è costituito dalla sostanziale autonomia
degli ebrei per quanto riguardava la pratica religiosa, e

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Gli ebrei nel medioevo

quindi dall’applicazione della legge ebraica relativa-


mente a molte rilevanti questioni (matrimonio, divorzio,
ritualità). La legge ebraica (halakhah) veniva ammini-
strata da giudici ebrei, che svolgevano il loro compito
su incarico delle autorità religiose ebraiche.
Nel mondo romano, perlomeno sino a quando il cri-
stianesimo non divenne la religione ufficiale dell’Impe-
ro, la condizione degli ebrei fu molto simile a quella di
altri popoli soggetti. Per certi versi, anzi, la politica di
Roma nei confronti degli ebrei fu particolarmente tolle-
rante: l’ebraismo si configurava infatti, con alcune sue
pratiche (circoncisione, osservanza dello abbat, vene-
razione di un unico Dio invisibile la cui rappresenta-
zione era vietata, donazioni al Patriarca a Tiberiade), co-
me un credo religioso decisamente estraneo alla tradi-
zione romana.
Nel 212 l’imperatore Caracalla concesse la cittadi-
nanza romana a tutti gli abitanti dell’impero: durante
gli ultimi secoli di dominio romano, dunque, gli ebrei
godettero di una condizione legale paritaria. Con l’af-
fermarsi del cristianesimo la condizione giuridica degli
ebrei iniziò gradualmente a deteriorarsi. Il Codice Teo-
dosiano, compilato tra 429 e 438, mostra un atteggia-
mento nei confronti della minoranza ebraica che oscil-
la tra tolleranza (frutto dell’eredità romana) e intolle-
ranza (legata alla cristianità monoteista). Le leggi ri-
guardanti gli ebrei erano intese principalmente ad evi-
tare che questi ultimi potessero, in qualsivoglia ma-
niera, esercitare un potere sui cristiani e sui romani pa-
gani, in quanto potenziali cristiani. L’imperatore Ono-
rio, agli inizi del V secolo, vietò ad ebrei e samaritani
di servire nell’esercito imperiale, e Teodosio, nella sua
Novella 3 (438) proibì l’impiego di ebrei in ogni set-
tore della pubblica amministrazione. Le leggi romane
vietarono anche il matrimonio tra ebrei e cristiani, con-
siderato al pari dell’adulterio e punibile dunque con la
morte. Nonostante le numerose limitazioni alle quali
assoggettava la minoranza ebraica, tuttavia, la legge ro-
mana – con le garanzie offerte dalle sue procedure le-
gali – contribuì, soprattutto nell’Europa mediterranea,
alla creazione di un contesto relativamente sicuro per
gli israeliti, e senza dubbio meno ostile di quello nord-
europeo.

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Gli ebrei nel mondo medievale

Alla leggi di Roma si affiancarono molto presto


quelle canoniche. Una gran parte dei canoni dei con-
cili dei primissimi secoli (sia diocesani che ecumenici)
relativi agli ebrei mostrano una vena fortemente re-
pressiva. Una visione più moderata fu quella espressa
da Papa Gregorio Magno (590-604): nelle sue ventisei
lettere pastorali concernenti gli ebrei e le relazioni
ebraico-cristiane, il pontefice si oppose strenuamente
alla pratica del battesimo forzato e all’uso di violare le
sinagoghe. Nella Sicut Iudei Gregorio enunciò con
chiarezza quella che per secoli sarebbe poi stata la po-
sizione della Chiesa nei confronti della minoranza
ebraica: quest’ultima era tenuta ad osservare le norme
e i divieti che la riguardavano, ma non doveva subire
vessazioni nell’esercizio di tutte quelle pratiche che
erano consentite dalla legge. Gli ebrei dovevano esse-
re garantiti nelle loro persone, nei beni e nell’osser-
vanza religiosa, anche a costo di punire quei cristiani
che si fossero resi responsabili di atti illeciti nei loro
confronti.
In generale, i canonisti dei primi secoli del Me-
dioevo ebbero posizioni relativamente moderate nei
confronti degli ebrei, che divennero però via via più
dure a partire dagli inizi dell’XI secolo. Già nel De -
cretum di Burcardo, vescovo di Worms (ca. 1012) si
propugnava una netta divisione tra ebrei e cristiani.
Ivo di Chartres, attorno al 1094, mostra parimenti un
atteggiamento piuttosto ostile nei confronti degli
israeliti. Secondo Walter Pakter, comunque, nonostan-
te un chiaro peggioramento dello status degli ebrei
nel corso del XII e XIII secolo, gran parte dei cano-
nisti cercò di migliorare le loro condizioni di vita, al-
meno sul piano legale, garantendo loro diritti fonda-
mentali, che prevedevano la possibilità di seguire la
legge ebraica per questioni quali matrimonio, divor-
zio, prerogative dei genitori. I canonisti delle aree
meridionali (la cosiddetta “scuola italiana”) si mostra-
rono poco favorevoli a supportare la teoria della “ser-
vitù ebraica”, promossa dai pontefici e accettata da un
certo numero di studiosi di legge canonica del nord
Europa, teoria che veniva impiegata, ad esempio, per
giustificare il battesimo di bambini ebrei senza l’ac-
cordo dei genitori.

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Gli ebrei nel medioevo

Il IV Concilio Lateranense (1215), con i suoi nu-


merosi canoni relativi agli israeliti, è senz’altro da con-
siderarsi come uno dei momenti di maggiore erosio-
ne dei principi contenuti nella Sicut Iudei: oltre a ri-
badire la proibizione (da molti sino ad allora sostan-
zialmente ignorata) di porre ebrei in qualunque posi-
zione che li portasse ad esercitare un potere conside-
rato improprio sui cristiani, con il canone 68 si pro-
mulgò per la prima volta una norma intesa a impor-
re agli israeliti di portare sui propri abiti, ben visibile,
un segno distintivo. L’intento era quello di prevenire
contatti accidentali tra membri della religione domi-
nante e quelli delle due “false” religioni, giudaismo ed
islam, soprattutto per quanto atteneva alla sfera ses-
suale. Agli ebrei fu anche proibito di apparire in pub-
blico durante il triduo pasquale.
Le norme approvate nel IV Concilio Lateranense die-
dero inizio ad una graduale erosione della politica di
protezione sino ad allora portata avanti dal Papato. Co-
me si è più sopra ricordato, la condizione degli ebrei
peggiorò notevolmente nel corso del XIII secolo: nel
1239, sotto Gregorio IX, per la prima volta un pontefice
interferì pesantemente con la libera pratica del giudai-
smo, ordinando un’indagine sui contenuti del Talmud e
ordinando poi la distruzione di alcune copie del mede-
simo (cfr. § 3). Con la bolla Turbato corde, promulgata
da Clemente IV nel 1267, si consentì all’Inquisizione di
processare ebrei sospetti di influenzare i “cristiani no-
velli” (cioè ex-ebrei che si erano convertiti al cristianesi-
mo), cercando di convincerli a partecipare ai riti ebraici
e – quindi – a “giudaizzare”.
L’impatto della legge canonica su quella secolare è
indubbio. Benché si tratti di un processo lento, alla fine
modificò sensibilmente il corpus giuridico civile e peg-
giorò sensibilmente le condizioni di vita degli ebrei di
molte regioni europee. La condizione legale degl’israeli-
ti nei regni medievali derivava dalla concessione di pri-
vilegi: non esistevano codici che trattassero specifica-
mente la questione. Tali concessioni potevano essere ri-
volte a singoli individui e alle loro famiglie o a comu-
nità e gruppi ebraici allargati. Le nostre conoscenze re-
lative alle condizioni giuridiche della minoranza ebraica
variano a seconda dei contesti e dei periodi. Ben poco,

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Gli ebrei nel mondo medievale

ad esempio, si sa di come venissero considerati nei re-


gni romano-barbarici; nei paesi dell’Europa settentriona-
le le carte reali ed imperiali relative alla condizione giu-
ridica ebraica resero con il passare del tempo gli israe-
liti direttamente dipendenti dal governo “centrale” (per
quanto una simile definizione possa legittimamente es-
sere utilizzata per i secoli del primo e pieno Medioevo),
ciò che non fu – almeno inizialmente – privo di van-
taggi: nella carte regie e imperiali, infatti, si ribadiscono
di frequente alcuni concetti e privilegi quali l’inviolabità
della proprietà, la libertà di viaggiare e di esercitare at-
tività commerciali, la non liceità del battesimo forzato, la
concessione di impiegare servi cristiani e così via. Nel
privilegio agli ebrei di Worms concesso dal Barbarossa
(1157), appare per la prima volta una frase secondo la
quale costoro appartenevano al tesoro dell’imperatore
(ad cameram nostram). Gradualmente, dunque, gli
ebrei divennero servi camerae regis, e – seppur lenta-
mente – la loro condizione giuridica peggiorò ed essi si
trovarono sempre più legati a doppio filo alla benevo-
lenza regia o imperiale.
La condizione giuridica degli ebrei che vivevano nel-
le città dell’Europa medievale (vale a dire, di gran parte
degli ebrei) era tutto sommato favorevole. Resta da ca-
pire se le leggi cittadine riconoscessero agli ebrei la qua-
lifica di cittadini (cives). Nel caso della Germania, sino
alla metà del Trecento gli ebrei godettero di diritti qua-
si identici a quelli dei concittadini cristiani per quanto ri-
guardava protezione della vita e della proprietà ed equo
trattamento nei processi. Tuttavia, gli ebrei dimoranti nei
territori soggetti ad un re, all’imperatore o ad un vesco-
vo si trovarono spesso in una situazione complicata. Es-
si, infatti, mantenevano una relazione speciale con que-
st’ultimi, ciò che non di rado si concretizzava in mag-
giori privilegi (come ad esempio una sostanziale auto-
nomia negli affari ebraici locali), privilegi senza dubbio
non apprezzati dagli abitanti dei centri urbani nei quali
gli ebrei dimoravano. In ogni caso, gli israeliti furono di
norma esclusi dal godimento dei diritti politici munici-
pali; anche qualora avessero beneficiato di una qualche
forma di cittadinanza, non potevano ricoprire pubblici
uffici e spesso erano assoggettati al pagamento di tasse
aggiuntive.

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Gli ebrei nel medioevo

Diversa era la condizione giuridica degli ebrei che di-


moravano nei comuni italiani. Benché essi abbiano go-
duto assai raramente – a partire dalla metà del Trecento
– della qualifica di cives, in quanto titolari di condotte
(cfr. § 2) ottennero una sorta di “cittadinanza pro tempo -
re” che garantì loro numerosi privilegi. Le ridotte di-
mensioni dei domini comunali (prima) e degli stessi sta-
ti regionali alla fine del Medioevo consentì molto spesso
agli ebrei di contrattare un trattamento particolarmente
favorevole, e la possibilità di investire i propri beni in
modo differenziato in diversi contesti geo-politici li mise
almeno parzialmente al riparo da politiche persecutorie.
Per quanto attiene alla posizione giuridica degli ebrei
dell’Islam medievale, vi sono due elementi che la distin-
guono nettamente da quella degli ebrei dimoranti nella
Cristianità: 1) nel mondo islamico, i non musulmani non
furono mai considerati alla stregua di “proprietà privata”
dei musulmani. I primi erano sudditi di seconda classe,
ma sudditi; 2) nell’Occidente medievale, gli ebrei furono
gli unici non cristiani ai quali venne permesso di vivere
continuativamente all’interno della societas christiana.
Nel mondo islamico, gli ebrei – al pari di altri non-mu-
sulmani – furono inclusi nella ampia categoria dei co-
siddetti dhimmi, che comprendeva i “popoli del libro”
(ahl al-kit b), vale a dire i non musulmani considerati
da Maometto oggetto di una rivelazione divina in forma
scritta.
Le compilazioni giuridiche islamiche, per altro, non
includono se non a partire dal tardo medioevo delle ru-
briche apposite sui dhimmi. Il primo testo che si occupi
specificamente dell’argomento è opera del giurista Ibn
Qayyim al-Jawziyya, vissuto nel XIV secolo. Nessuna del-
le sei raccolte di had t (detti del Profeta) considerate ca-
noniche, ad esempio, comprende una sottosezione rela-
tiva ai dhimmi. In ogni caso, anche quando un com-
pendio di leggi islamiche tratta specificamente di una
delle varie categorie di dhimmi, fa in genere riferimento
ai cristiani, che rappresentavano un gruppo ben più nu-
meroso degli ebrei all’interno dell’Islam medievale.
Un elemento distintivo importante, inoltre, tra legge
islamica e legge cristiana riguardante gli ebrei è costitui-
to dal fatto che per l’Islam non esiste distinzione tra leg-
ge religiosa e legge dello Stato.

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Gli ebrei nel mondo medievale

La legge della ahl al-dhimma (popoli protetti) è con-


tenuta nel cosiddetto Patto di Omar, una sorta di accor-
do bilaterale all’interno del quale i non-musulmani ac-
cettano alcune norma discriminatorie in cambio di pro-
tezione. Il principio che sta alla base del Patto è quello
della sostanziale tolleranza religiosa: se una religione ve-
niva considerata lecita (come nel caso di giudaismo e
cristianesimo), la conversione forzata dei suoi membri
non era contemplata.
La protezione veniva accordata dietro pagamento di
una tassa specifica, la jizya, che rappresentava per altro
solo una delle norme discriminatorie applicate ai dhim -
mi. Secondo alcune scuole giuridiche, si trattava di una
somma fissa e uguale per tutti, mentre altre ritenevano
che l’imposta dovesse essere graduata tenendo conto
dei mezzi finanziari dei dhimmi. Alcune categorie di
dhimmi ne erano esenti, dato che la tassa rappresenta-
va un pagamento in moneta sostitutivo del servizio mi-
litare; erano dunque esentati dal corrisponderla i mala-
ti, le donne, gli schiavi, e i maschi prima del raggiungi-
mento della pubertà. Talvolta la riscossione della jizya
era accompagnata da alcune cerimonie umilianti, al fine
di enfatizzare la condizione di soggezione dei dhimmi.
Un'altra limitazione imposta ai non musulmani era
il divieto di praticare pubblicamente il proprio culto
religioso, in modo da rendere minima la visibilità dei
credi religiosi ammessi. Sembra comunque che fosse-
ro i cristiani – considerati idolatri dai musulmani – co-
loro che maggiormente soffrivano di tale limitazione:
le fonti arabe menzionano un rilevante numero di in-
cidenti occorsi a causa di una pratica poco discreta del
culto cristiano, mentre sono rarissimi i casi che vedo-
no coinvolti degli ebrei. L’unico elemento rituale che
– dovendosi svolgere necessariamente all’aperto – pro-
vocò di tanto in tanto tensioni tra ebrei e musulmani
fu il funerale.
Una disposizione del Patto di Omar intesa all’umi-
liazione dei dhimmi fu quella che ingiungeva a tutti i
non musulmani di alzarsi in presenza di un musulma-
no, di non portare armi e di non montare a cavallo.
Inoltre, i dhimmi dovevano essere immediatamente ri-
conoscibili, e a questo fine era loro richiesto di indos-
sare un capo di vestiario distintivo. Queste disposizioni

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Gli ebrei nel medioevo

– almeno nei primi secoli di dominio islamico – furo-


no spesso disattese. I documenti della Genizah del Cai-
ro fanno frequentemente riferimento a capi di vestiario
identici per musulmani ed ebrei, perlomeno durante il
periodo fatimida e i primi tempi del governo ayyubida
(sino al tardo XII secolo).
Con riferimento agli schiavi, il patto di Omar se ne
occupa brevemente e in modo non del tutto chiaro.
Certamente i dhimmi non potevano possedere schiavi
musulmani, e alcuni giuristi ritenevano non opportuno
vendere giovani schiavi pagani a non musulmani, da-
to che essi potevano essere facilmente convertiti ad
una religione diversa da quella islamica.
Vi era, infine, un’altra limitazione legale per i dhim -
mi che non compare nel Patto di Omar, e cioè quella
relativa all’esclusione di ebrei e cristiani dai pubblici
uffici. Sembra che il primo ad ordinare l’esclusione
ebraica da incarichi governativi sia stato il califfo
omayyade Omar ibn ‘Abd al-‘Az z; documenti degli an-
ni successivi mostrano tuttavia che le norme d’esclu-
sione furono spesso disattese, tanto è vero che la pre-
senza di dhimmi nelle cariche di governo restò piut-
tosto ampia. Coloro che le ricoprivano percepivano
pertanto la propria condizione come assai meno mar-
ginalizzata di quanto la legge e la religione teorica-
mente non prevedessero. Fu solo verso la fine del Me-
dioevo, con l’aprirsi di un periodo di maggiore intol-
leranza nei confronti dei non musulmani, che la pre-
senza di dhimmi nei pubblici uffici divenne meno ri-
levante: una fatw (responsum) del XIII secolo affer-
mava, ad esempio, che gli ebrei non potevano essere
utilizzati come ispettori presso le zecche statali. Cio-
nonostante, vale la pena di notare che le norme sul-
l’esclusione, anche tra XIII e XV secolo, continuarono
ad essere osservate in modo variabile a seconda dei
paesi: ancora nel Trecento, ad esempio, un dignitario
marocchino in visita in Egitto si scandalizzò enorme-
mente nel constatare che le autorità mamelucche si da-
vano ben poca pena di limitare la partecipazione dei
dhimmi alla vita pubblica.
Nonostante le limitazioni imposte ai non musulmani,
comunque, il Patto di Omar garantì a questi ultimi, con
qualche eccezione, una relativa stabilità. La concezione

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Gli ebrei nel mondo medievale

islamica che rifuggiva dalle “innovazioni” fece sì che i


dhimmi potessero aspettarsi che nessuno avrebbe arbi-
trariamente modificato le norme che li riguardavano. La
legge islamica, inoltre, considerava la trasgressione di
uno o più elementi del patto come strettamente indivi-
duale: pertanto, differentemente da quanto accadeva
con una certa frequenza nell’Europa cristiana (pur con
rilevanti eccezioni), assalti ad interi gruppi ebraici per-
petrati da folle inferocite o persecuzioni collettive resta-
rono, nell’Islam medievale, fatti rari: il pogrom di Gra-
nada del 1066, ad esempio, costituì un evento eccezio-
nale nell’ambito dell’Islam classico.

8. Viaggi e pellegrinaggi
La mobilità ebraica fu, per tutto il Medioevo, mol-
to pronunciata. Gli ebrei viaggiavano, per concludere
affari, per ragioni, culturali e familiari, cultuali e reli-
giose. La documentazione superstite fornisce non po-
che informazioni relativamente agli spostamenti di
ebrei. La Genizah del Cairo, ad esempio, è una vera
e propria miniera di informazioni per quanto riguarda
gli spostamenti degli israeliti dell’area mediterranea tra
alto e pieno medioevo: attraverso la lettura delle let-
tere scritte da ebrei (soprattutto mercanti, ma non so-
lo) è possibile farsi un’idea abbastanza precisa di qua-
li fossero le relazioni commerciali in essere, le rotte
maggiormente battute, le ragioni dei viaggi. Parimen-
ti, i registri notarili conservati in gran numero per il
XIV e XV secolo (nell’Italia centro-settentrionale, nel-
la Francia del sud, nella Penisola Iberica) ci informa-
no sugli spostamenti degli ebrei che dimoravano in
queste regioni, sulle motivazioni dei viaggi, sugli iti-
nerari seguiti.
Gli israeliti viaggiavano per affari, com’è naturale,
ma – soprattutto in zone a bassa densità abitativa
ebraica – anche per consentire lo svolgersi di una vi-
ta comunitaria e cultuale. Nelle regioni dell’Italia cen-
tro-settentrionale, ad esempio, nelle quali il numero di
ebrei dimorante nella medesima località era spesso ri-
stretto ai membri di una o due famiglie, ci si spostava
per sposarsi, per celebrare adeguatamente le festività
più importanti, per consentire una circoncisione.

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Gli ebrei nel medioevo

La pratica del pellegrinaggio non venne mai meno.


A differenza di quanto accadeva nel mondo cristiano e
musulmano, tuttavia, nel Medioevo la metà principale
del pellegrinaggio ebraico fu e rimase Gerusalemme, la
Città Santa, con Ere Yisra’el, la terra data dal Signore
dalla quale stillavano latte e miele. Mantenere un lega-
me sia ideale che reale con questi luoghi fu estrema-
mente importante per il mantenimento di un’identità re-
ligiosa e culturale che, seppur in modo diverso a se-
conda dei tempi e dei luoghi, era minacciata dal sog-
giorno del popolo ebraico in terra straniera. Recarsi al-
meno una volta nella vita in pellegrinaggio a Gerusa-
lemme e quando possibile restare a dimorarvi sino alla
fine dei propri giorni era considerata una delle azioni
più sante che un ebreo potesse compiere, anche se que-
sto non significò, naturalmente, che tutti percepissero
come imperativo il precetto del ritorno a Gerusalemme,
tanto è vero che spesso i rabbini dovettero richiamare
l’attenzione dei fedeli alla pratica del pellegrinaggio.
Nella tradizione ebraica sembra esistere un’oscillazio-
ne fra una realtà che induce a restare saldamente legati
al luogo di insediamento ed un simbolismo che spinge
verso Gerusalemme ed Ere Yisra’el. In questa prospet-
tiva l’atto del pellegrinaggio avrebbe prevalentemente la
funzione di mediare fra simbolico e reale. Gerusalemme
era considerata una città unica, al pari di Ere Yisra’el:
per questo motivo coloro che compivano il pellegrinag-
gio erano tenuti ad una rigorosa osservanza di tutti i pre-
cetti e a condurre una vita conforme alla morale. Persi-
no i non ebrei, secondo rabbi Meir da Rothenburg, non
potevano vivere in Ere Yisra’el se erano peccatori.
La connessione tra purezza e pellegrinaggio fu in-
dubbiamente un punto in comune tra giudaismo, cri-
stianesimo e islam: la centralità di Gerusalemme per gli
ebrei fu però molto maggiore di quanto non fosse per
cristiani e musulmani, per il quali la Città Santa fu so-
lo uno dei possibili luoghi di pellegrinaggio, ancorché
importantissimo, e si affiancò ad altre mete quali Roma
e Santiago de Compostela per i cristiani e La Mecca e
Medina per i musulmani. E’ vero che alcune comunità
della diaspora concepirono altre forme di pio pellegri-
naggio, come ad esempio quella di recarsi a pregare
sulle tombe dei martiri della I Crociata a Worms e a

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Spira. Nessun luogo della diaspora, tuttavia, si avvicinò


mai a rivestire per gli ebrei la stessa importanza di
Gerusalemme.
La centralità – non solo religiosa – di Gerusalemme
fu alla base di un duplice approccio degli ebrei ad Ere
Yisra’el: il primo – molto simile a quello cristiano e mu-
sulmano – consisteva nel fare visita ai luoghi santi per
poi tornare a vivere nelle località d’origine. Il secondo
prevedeva che il pellegrinaggio si trasformasse in una
‘aliah, un’immigrazione nella terra dei padri, per rima-
nervi e stabilirvi la propria residenza. Le due tendenze
si svilupparono contemporaneamente, anche se potè na-
turalmente accadere che l’una avesse il sopravvento sul-
l’altra in relazione al mutare delle condizioni politiche ed
economiche dei territori palestinesi nel corso delle varie
epoche e allo svilupparsi, in seno all’ebraismo, di cor-
renti di pensiero che attribuivano al ripopolamento di
Gerusalemme e della Terra Santa un particolare rilievo,
ivi comprese quelle che progettavano la ricostituzione di
uno Stato ebraico indipendente.
In alcuni casi – e ne abbiamo testimonianza nei po-
chi diari di viaggio superstiti per i secoli anteriori al XVI
– il pellegrinaggio si affiancava ai viaggi d’affari e/o ad
assenze strategiche di alcuni dai paesi di residenza. Il fa-
moso viaggiatore e pellegrino ebreo tardo-quattrocente-
sco Me ullam ben Mena em da Volterra, autore di un in-
teressante diario di viaggio, si recò a Gerusalemme nel
1481 per almeno tre motivi: un pio pellegrinaggio, la
compravendita di pietre preziose e il desiderio – a se-
guito di una vicenda giudiziaria che lo aveva visto pro-
tagonista pochi mesi prima – di lasciare per qualche
tempo la madre patria.

9. Le Crociate
Un primo momento di crisi per una parte degli
ebrei d’Europa fu costituito dagli eventi legati allo
svolgimento della prima e della seconda Crociata. Nel-
la primavera del 1096 si verificarono una serie di at-
tacchi diretti contro le comunità ebraiche della Valle
del Reno; bande armate al comando del conte Emicho
di Leiningen assalirono e misero in grave pericolo la
comunità ebraica di Spira, distruggendo poi quelle di

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Gli ebrei nel medioevo

Magonza, Worms e Colonia. Altre comunità, come


quelle di Treviri e Praga, furono decimate. Uccisioni e
conversioni forzate si susseguirono: l’intera popolazione
ebraica di Ratisbona, ad esempio, fu obbligata a riceve-
re il battesimo immergendosi nelle fredde acque del Da-
nubio.
Nella memoria degli ebrei d’Oltralpe le vicende sum-
menzionate restarono vivissime, anche per merito di co-
loro che le misero per iscritto. Gli eventi legati alle per-
secuzioni del 1096 sono descritti con abbondanza di det-
tagli da tre cronisti, elomoh bar im on, Eliezer bar Na-
tan e il cosiddetto “Anonimo di Mainz”. Furono compi-
late lunghe liste di martiri, i cui nomi vennero recitati
per centinaia d’anni nelle sinagoghe. elomoh bar
im on, che redasse la sua cronaca attorno al 1140, de-
finì la I Crociata una “piaga portata sugli ebrei da uo-
mini, donne e bambini provenienti da molte terre”. Ben-
ché il cronista ebreo non fosse in grado di fornire una
spiegazione a tutto tondo, egli intuì con chiarezza che
dietro i massacri e le conversioni forzate vi era anche un
intento di purificazione della società cristiana da chiun-
que potesse contaminarla, ebrei (che vivevano in mez-
zo ai cristiani) e musulmani (rei di avere conquistato la
Terra Santa e Gerusalemme, una città ormai ugualmen-
te sacra e pregna di significato per i membri di tutte le
tre grandi religioni monoteiste).
La reazione ebraica alle violenze assunse la forma del
Qiddu ha- em, letteralmente “santificazione del Nome
Santo”: moltissimi scelsero di togliersi la vita come se ef-
fettuassero un pio sacrificio. Sono testimoniati dei pre-
cedenti per questo tipo di martirio volontario: nel X se-
colo, una lettera diretta al medico, diplomatico e lettera-
to ebreo spagnolo asday ibn aprut fa riferimento ad
ebrei uccisi con un ma’achelet, il coltello utilizzato per
la macellazione rituale. Ma un’ideologia che mettesse in
relazione in modo articolato e in qualche modo pones-
se sullo stesso piano il martirio e il sacrificio del rituale
del Tempio si sviluppò solo nel 1096. Ad oggi non è an-
cora stata data una spiegazione del tutto soddisfacente
relativa alla comparsa dell’ideale del martirio. Tra gli
elementi che sono stati presi in considerazione vi sono
la possibilità che gli ebrei avessero avuto accesso ai li-
bri greci che narrano le vidende dei Maccabei, e/o a

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Gli ebrei nel mondo medievale

Giuseppe Flavio e alla sua narrazione della resistenza


ebraica a Masada in occasione dell’ultima grande rivolta
contro Roma, così come anche che gli israeliti possano
essere stati influenzati da movimento pietistici cristiani.
La violenza esercitata nei confronti degli ebrei pro-
vocò, come si è detto, un alto numero di vittime. An-
che la presa di Gerusalemme da parte crociata si tra-
mutò per la popolazione residente – musulmani in gran
parte ma anche un certo numero di ebrei – in un ba-
gno di sangue. Non ha torto dunque chi scrive che la
prima Crociata “ebbe inizio e conclusione con massacri
di ebrei”. Nonostante l’alto numero di morti e di con-
versioni forzate, tuttavia, non sembra corretto attribuire
agli eventi del 1096 un ruolo di turning point nell’am-
bito della storia degli ebrei europei. Se è vero che mol-
ti ebrei d’Oltralpe (anche se certamente non tutti) pa-
garono un pesante tributo in vite umane durante il pas-
saggio delle bande crociate, non si deve dimenticare
che altre zone d’Europa uscirono sostanzialmente in-
denni dallo svolgimento delle prime due crociate. Nes-
suna fonte di parte cristiana accenna, per esempio, a
persecuzioni antiebraiche in Italia; pochissime le men-
zioni per altre zone d’Europa, per le quali si può, tut-
talpiù, parlare di episodi isolati. Le stesse comunità re-
nane, così duramente colpite, si ricostituirono nei de-
cenni successivi e costituirono ancora a lungo dei fio-
renti centri economici e culturali.

10. Deterioramento della condizione ebraica


(secc. XII-XIV)
Nell’ambito della discussione (cui si è accennato nel
paragrafo precedente) su quale debba essere considera-
to il momento di svolta per la storia degli ebrei europei,
accanto a coloro che hanno proposto come turning
point il 1096 vi sono altri che ritengono che una svolta
nella condizione degli ebrei europei debba essere collo-
cato tra fine Duecento e inizi del Trecento.
Non è agevole, in effetti, formulare uno schema che
abbia validità per tutti gli ebrei europei: ciò che vale –
più o meno nello stesso periodo – per Francia del Nord,
Inghilterra e Germania, non si applica alla Penisola Ibe-
rica e all’Italia.

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Gli ebrei nel medioevo

In termini generali, comunque, nel corso del XII e


XIII secolo nacquero e si svilupparono una serie di ac-
cuse che – unite ad altri fattori – contribuirono al lento
deterioramento della condizione ebraica nell’Europa oc-
cidentale, deterioramento che ebbe come conseguenza
– in molti casi – l’attuarsi di persecuzioni ed espulsioni,
soprattutto alla fine del Medioevo.
Tra XII e XIV secolo, l’ebreo divenne, nell’immagi-
nario collettivo, il “nemico”, fu sempre più percepito co-
me causa di tutti i mali e contro di lui si levarono ac-
cuse molto serie. La più grave fra queste fu senza dub-
bio quella di “omicidio rituale”. Tale accusa affondava
le sue radici nella tarda antichità, quando i cristiani (e
in due casi anche degli ebrei) furono ritenuti responsa-
bili dell’uccisione, a fini rituali, di pagani. Essa riappar-
ve nel corso del XII secolo, con il cosiddetto “affare” di
William da Norwich (1144). Lo schema era semplice: si
scopriva un cadavere, nella maggior parte dei casi quel-
lo di un bambino; la locale comunità ebraica era so-
spettata di essere responsabile della morte del fanciul-
lo, gli ebrei venivano interrogati e molti di loro – sotto
tortura – confessavano reati immaginari, narrando con
dovizia di particolari i tormenti inflitti alla vittima. Alla
fine, il defunto veniva seppellito in gran pompa e at-
torno alla sua tomba si sviluppava un culto. A volte la
supposta vittima fu santificata. Gli ebrei vennero fre-
quentemente condannati a morte. L’omicidio rituale fu
quasi immediatamente messo in relazione con la pas-
sione di Cristo, e collegato quindi al periodo pasquale.
L’accusa di omicidio rituale fu levata contro gli ebrei
molto più frequentemente nei paesi a nord delle Alpi,
anche se di recente si è comunque evidenziato come
non fosse del tutto assente a sud dell’arco alpino. Uno
dei casi più famosi fu quello che coinvolse la comunità
ebraica di Trento: la scomparsa, alla vigilia della Pasqua
del 1475, di un fanciullo cristiano di nome Simone, ri-
trovato in seguito cadavere in un fossato adiacente la
casa di uno dei maggiorenti ebrei, ove aveva sede an-
che la sinagoga, portò ad accusare tutto il gruppo ebrai-
co trentino per la morte del ragazzo. Imprigionati, in-
terrogati e sottoposti a tortura, molti confessarono di
avere ucciso Simone – in seguito rapidamente santifica-
to. Alcuni tra gli imputati furono giustiziati nel giugno

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Gli ebrei nel mondo medievale

dello stesso anno: la maggior parte perì sul rogo, men-


tre due israeliti che nel frattempo avevano accettato di
convertirsi alla fede cristiana ottenero di poter essere
decapitati.
La seconda accusa, altrettanto grave e carica di con-
seguenze, fu quella di “dissacrazione dell’ostia”. In que-
sto caso, la passione del Cristo veniva rivissuta e ripe-
tuta non attraverso una vittima umana, ma direttamente
sulla carne di Gesù, poiché l’ostia era il corpo di Cristo
(il IV Concilio Lateranense aveva definito con molta
chiarezza, nel 1215, il dogma della transustanziazione).
Il primo caso conosciuto è quello di Belitz, in Germa-
nia, nel 1243, anche se il più celebre caso Duecentesco
è il cosiddetto “miracle de Billettes” (Parigi, 1290). An-
che nel caso di questo tipo di accusa, lo schema era re-
lativamente semplice: un ebreo (quasi sempre un pre-
statore su pegno) riusciva a procurarsi un’ostia e le in-
fliggeva numerosi oltraggi; l’ostia si metteva a sangui-
nare copiosamente, cosicché i vicini cristiani venivano
a conoscenza di quanto stava succedendo; il colpevole
era dunque denunciato, processato e condannato. Non
sempre il finale era il medesimo: a volte la vicenda si
concludeva con l’uccisione dell’ebreo e di tutta la sua
famiglia, a volte invece sia l’ebreo colpevole che tutti i
suoi correligionari, impressionati dal miracolo dell’ostia
sanguinante, decidevano di convertirsi, nel tripudio ge-
nerale. L’accusa di dissacrazione dell’ostia ha ispirato un
certo numero di pittori cristiani: uno dei più famosi è
probabilmente Paolo Uccello, che dipinse una pala d’al-
tare su questo soggetto, considerata uno dei capolavori
dell’arte sacra rinascimentale.

11. Persecuzioni ed espulsioni alla fine del Medioevo


A partire dalla fine del Duecento, subentrarono al-
cuni importanti cambiamenti. Gli ebrei furono espulsi
da paesi dove avevano dimorato per centinaia d’anni;
in altre zone geografiche, che avevano viceversa co-
nosciuto una scarsa presenza ebraica sino a quel mo-
mento, il numero delle località nelle quali fu possibi-
le trovare un insediamento ebraico aumentò esponen-
zialmente. Ma vediamo, zona per zona, quali furono i
principali avvenimenti.

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Gli ebrei nel medioevo

Inghilterra: l’espulsione degli ebrei dimoranti in


Inghilterra fu la prima, in ordine cronologico, di una
lunga serie. La cacciata degli ebrei dall’isola avvenne
molto rapidamente: tutte le decisioni in tale direzio-
ne furono prese e applicate nel giro di cinque mesi,
tra il 18 giugno ed il 1 novembre 1290. Nei cinque
anni seguenti (1290-1295) la corona portò avanti l’o-
pera d’eliminazione di ciò che restava delle proprietà
ebraiche. Sia l’espulsione che la successiva dissolu-
zione di ogni bene ebraico furono accuratamente or-
ganizzate; il 18 giugno 1290 gli sceriffi ricevettero
l’ordine di sigillare le archae entro il 28 dello stesso
mese. L’editto d’espulsione fu promulgato il 18 lu-
glio, e lo stesso giorno fu comunicato agli sceriffi che
tutti gli ebrei avrebbero dovuto lasciare l’isola entro
il successivo 1 novembre. Contestualmente, per altro,
il sovrano promulgò un editto nel quale ordinava agli
sceriffi di adoperarsi affinché gli ebrei potessero ab-
bandonare il paese pacificamente e senza subire vio-
lenze di alcun genere.
E’ molto probabile che già verso la fine di luglio
l’intera popolazione ebraica inglese, al pari di quella
cristiana, avesse avuto notizia dell’editto d‘espulsio-
ne. Nello stesso periodo un nuovo proclama reale ri-
badiva di non molestare in alcun modo gli ebrei che
lasciavano il paese. Alcuni tra i personaggi di mag-
gior spicco delle comunità ebraiche riuscirono ad ot-
tenere dalla corona dei salvacondotti personali e la
comunità di York ricevette la protezione dell’arcive-
scovo John le Romeyn, che minacciò la scomunica
nei confronti di chiunque avesse osato molestare gli
ebrei della sua diocesi.
Durante l’estate del 1290 gran parte degli ebrei la-
sciò le proprie case, vendette quanto potè dei propri
beni e si adoperò per portare con sé i rotoli della To-
rah contenuti negli aronot delle sinagoghe. A quan-
to è dato di sapere, da parte ebraica non fu esperi-
to nessun tentativo di opporsi all’ordine d’espulsione
o almeno di procrastinarne l’effettiva applicazione.
Dopo l’espulsione, gli unici ebrei che poterono le-
galmente rimanere sul suolo inglese furono coloro che
si erano convertiti. Non sembra, per altro, che il nu-
mero delle apostasie si sia accresciuto sensibilmente

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Gli ebrei nel mondo medievale

tra il giugno e il novembre 1290. Alcuni ebrei rimase-


ro illegalmente in Inghilterra, anche se è molto diffici-
le stabilire – seppur a grandi linee – quanti fossero. Gli
esuli si diressero in gran numero verso la Francia, ma
alcuni emigrarono in Scozia, Galles e Irlanda. Alcune
famiglie scelsero altre mete, quali la Spagna, la Ger-
mania, la Savoia.
Francia: per quanto riguarda i territori dell’attua-
le Francia, si devono distinguere almeno due grandi
zone di riferimento: la Francia meridionale (e in par-
ticolare la Provenza) e la Francia settentrionale.
Nel nord della Francia, come si è visto, un signi-
ficativo peggioramento dello status giuridico e delle
condizioni di vita degli ebrei si verificarono a partire
dai primi decenni del XIII secolo. Luigi IX il Santo
emanò una serie di ordinanze relative agli ebrei, al-
cune delle quali pesantemente vessatorie, relative al
Talmud, alla “servitù” degli ebrei, al “segno” distinti-
vo. Filippo III confermò, sostanzialmente, la politica
verso gli ebrei di Luigi IX; e Filippo IV il Bello, nel
1306, decise di espellere questi ultimi dal regno di
Francia, appropriandosi dei loro beni – tanto perso-
nali che appartenenti alle comunità. L’espulsione ri-
guardò all’incirca 225 tra insediamenti e comunità
ebraiche, per un totale che si calcola aggirarsi sulle
5000 unità. La corrente migratoria portò gli ebrei re-
gnicoli a stanziarsi in Provenza, Spagna, Germania,
Italia e Navarra. Alcuni anni dopo, tuttavia, gli ebrei
vennero richiamati per un periodo di dodici anni: il
17 maggio e il 28 giugno 1315 Luigi X emanò due
ordinanze in tal senso. Vennero stabilite alcune re-
gole (ad esempio, una netta separazione tra le abita-
zioni degli ebrei e quelle dei cristiani) e le condizio-
ni per l’esercizio da parte ebraica dell’attività fenera-
tizia. Il numero di coloro che decisero di far ritorno
nel regno rimase comunque abbastanza basso sino al
1359, per poi aumentare significativamente a seguito
di una serie di negoziazioni tra l’amministrazione re-
gia e i rappresentanti del gruppo ebraico. L’espulsio-
ne definitiva degli ebrei regnicoli avvenne – per
ragioni sino ad ora non sufficientemente indagate e
spiegate – per ordine di Carlo VI, con l’editto del 17
settembre 1394.

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Gli ebrei nel medioevo

Per quanto riguarda le regioni meridionali, dopo la


morte di re Renato e l’annessione della contea di Pro-
venza alla corona francese (1481) la tolleranza e le so-
stanzialmente pacifiche condizioni di vita di cui aveva
goduto la minoranza ebraica vennero rapidamente me-
no. Il 1484 si ebbe un primo, violento attacco ai dan-
ni degli ebrei di Arles, le cui conseguenze furono una
trentina di morti (sia ebrei che cristiani) e almeno una
cinquantina di conversioni a poche settimane dagli
eventi. Sorte analoga subirono, qualche anno più tar-
di, i quartieri ebraici di Salon (1485), Tarascona (1488-
1489), Manosque (1495). Il 31 luglio 1501 fu promul-
gato un editto d’espulsione, che – come quelli di altri
paesi europei – metteva gli ebrei di fronte ad una scel-
ta netta: esilio o conversione. Circa un migliaio di
ebrei provenzali optarono per l’apostasia.
Germania: a partire dalla seconda metà del XIII
secolo, la percezione degli ebrei nel regnum Teutoni -
cum – come anche il loro stato giuridico – iniziò a su-
bire dei profondi mutamenti. Ciò portò, soprattutto a
partire dal 1280, ad una serie di persecuzioni, che si
differenziarono significativamente da quelle occorse al-
l’epoca della prima e della seconda crociata. Dopo il
1096, infatti, le relazioni tra ebrei e cristiani tornarono
abbastanza rapidamente alla normalità, e negli anni
immediatamente successivi le comunità distrutte furo-
no ricostruite. Nei due secoli seguenti le persecuzioni
nei confronti degli ebrei che dimoravano nel regnum
Teutonicum furono rare ed ebbero carattere locale.
La situazione – come si è detto – mutò verso la fi-
ne del Duecento. A Magonza, i cristiani attaccarono la
locale popolazione ebraica il 19 aprile 1283, in occa-
sione della Pasqua, e tale attacco fu il preludio ad una
serie di diffuse persecuzioni. Fu la scoperta del cada-
vere di un bambino ad innescare i disordini e le vio-
lenze antiebraiche: si sostenne che la balia lo aveva
venduto agli ebrei, per permettere loro di eseguire un
omicidio rituale. Nonostante l’intervento dell’arcive-
scovo e del consiglio cittadino, furono uccisi almeno
dieci ebrei. Tre anni dopo (1286), la comunità di Ma-
gonza dovette nuovamente far fronte ad un’accusa di
omicidio rituale; non pochi ebrei, per timore di nuo-
ve persecuzioni, decisero di abbandonare i territori

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Gli ebrei nel mondo medievale

dell’Impero. L’anno successivo (1287) si ebbe la co-


siddetta “persecuzione del buon Werner”: un ragazzo
cristiano, Werner da Womrath, fu assassinato ad
Oberwesel nel periodo pasquale, e dell’omicidio fu-
rono accusati il suo datore di lavore ebreo assieme ad
altri correligionari. Negli anni successivi a questo
evento, l’ondata delle persecuzioni interessò la bassa
Renania e il bacino della Ruhr. Il 1298 ebbe luogo il
cosiddetto “massacro di Rintfleisch”, che coinvolse
ben centotrenta insediamenti ebraici in Franconia. Se-
condo le fonti, i persecutori degli ebrei erano costi-
tuiti principalmente da artigiani e lavoratori salariati.
Pochi furono i tentativi di proteggere la minoranza
ebraica, e solo in alcuni casi ebbero successo.
Un’ulteriore ondata di persecuzioni è documentata
all’inizio del Trecento. Teatro delle sommosse antie-
braiche fu il Brabante (1309). Neppure tre decenni do-
po ebbe luogo un’altra feroce persecuzione, capeggia-
ta da un esponente della nobiltà minore, Arnold di Uis-
sigheim, che si faceva chiamare rex Armleder (da cui
la denominazione “Armleder” data a questo evento) La
prima ondata di persecuzioni si ebbe nel 1336, in Fran-
conia, e terminò con la cattura e la messa a morte di
Arnold. Una seconda ondata di persecuzioni si ebbe
l’estate successiva, nel 1337.
Lo scoppio della grande epidemia di peste di metà
Trecento, con i suoi pesantissimi effetti demografici (si
calcola che circa un terzo della popolazione europea
sia morta tra 1348 e 1350), causò un’ulteriore ondata
di persecuzioni e di pogrom ai danni della minoranza
ebraica. A differenza di quanto era avvenuto nei de-
cenni precedenti, questa volta le persecuzioni riguar-
darono anche le regioni della Germania settentrionale,
meno urbanizzate e nelle quali minore era la densità
di insediamenti ebraici. Come in passato, alla base dei
pogrom e delle persecuzioni antiebraiche vi erano sen-
za dubbio contrasti di carattere sociale e difficoltà eco-
nomiche, a cui si affiancarono mutamenti profondi ne-
gli ideali cristiani, ed il sempre maggiore indeboli-
mento del potere imperiale.
La prima ondata di persecuzioni – nella maggior par-
te dei casi pogrom disordinati – raggiunse il regnum
Teutonicum negli ultimi mesi del 1348. La seconda fase

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Gli ebrei nel medioevo

si ebbe nella primavera 1349, e assunse la forma di pro-


cessi intentati contro gli ebrei, con effetti catastrofici. Ad
est e a sud-est dell’impero, zone nelle quali la prote-
zione degli ebrei era strettamente legata ai principi, vi
furono molti meno pogrom, e gli ebrei boemi – protet-
ti da Carlo IV – uscirono quasi indenni dalla difficile
congiuntura.
Il 1350 segnò non solo la fine delle persecuzioni
legate all’epidemia di peste, ma anche quella delle on-
date di pogrom nei territori tedeschi, con poche e li-
mitate eccezioni. Il mutamento avvenuto nel 1349 die-
de invece inizio alla politica delle espulsioni. Sino a
tutto il XVI secolo, gli ebrei furono espulsi da gran
parte dei maggiori centri urbani e dalle aree nelle qua-
li erano tradizionalmente insediati. Moltissime città, so-
prattutto nella parte occidentale dell’Impero, cessarono
di essere sede di insediamenti ebraici; in altri casi, es-
se continuarono a consentire la residenza di ebrei, ma
solo in numero limitato.
Penisola Iberica: tra tutte le espulsioni, quella che
colpì gli ebrei spagnoli è certamente la più famosa. Il
31 marzo 1492 i re cattolici Ferdinando di Aragona e
Isabella di Castiglia promulgarono un editto che in-
giungeva a tutti gli ebrei dimoranti nel regno di lascia-
re il paese entro il 2 agosto successivo. Questo atto fu
l’ultimo, e certamente il più drammatico, di una lunga
serie che aveva avuto inizio all’incirca un secolo prima.
Dopo che – verso la metà del Trecento – gli ebrei era-
no rimasti coinvolti in una feroce lotta dinastica, che
aveva opposto in Castiglia i due fratellastri Pietro il Cru-
dele ed Enrico, verso la fine del secolo il monaco Mar-
tinez Ferrant fece di tutto per suscitare un feroce fana-
tismo antiebraico. Il 1391 furono distrutte a Siviglia ven-
titre sinagoghe e quattromila ebrei furono uccisi; due-
mila furono le vittime dei sommovimenti antiebraici a
Cordova; a Barcellona la comunità ebraica venne qua-
si annientata e a Valencia quasi tutti gli ebrei furono
uccisi. Anche se è difficile stabilire con esattezza quan-
te siano state le vittime della violenze antiebraiche, è
certo che si trattò di parecchie migliaia. In questa fase
non mancarono le conversioni di coloro che – soprat-
tutto fra gli intellettuali e i membri dei ceti sociali più
elevati – ritennero l’apostasia un prezzo accettabile per

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Gli ebrei nel mondo medievale

mantenere la propria posizione socio-economica e aver


salva la vita. Tra le conversioni eccellenti vale la pena
di ricordare quella del rabbino elomo ha-Lewi, meglio
conosciuto come Pablo de Santa Maria, che dopo il
battesimo divenne un acerrimo nemico degli ex-corre-
ligionari.
Da questo momento i provvedimenti antiebraici e
quelli contro i conversos si susseguirono, anche se con
una certa ambiguità. Il 1412 furono emanate a Valla-
dolid una serie di norme che avevano lo scopo di por-
tare ad una separazione sempre più netta tra ebrei e
cristiani. Il 1413 e 1414 ebbe luogo la cosidetta “disputa
di Tortosa”, a seguito della quale si verificarono altre
conversioni. A metà Quattrocento (1449) furono con-
dannati al rogo numerosi conversos, accusati di avere
“giudaizzato”: il problema degli ebrei convertiti, dei lo-
ro rapporti con gli ex-correligionari e del loro tratta-
mento da parte delle autorità civili e – soprattutto – re-
ligiose (Santa Inquisizione in primis) cominciò ad es-
sere avvertito come primario. Nel 1471 la predicazione
del monaco Alfonso de Espina, autore dell’opera For -
talitium fidei, scatenò una nuova ondata di persecu-
zioni nei confronti dei conversos. L’uccisione, a Sara-
gozza, dell’inquisitore, provocò una strage. Nel 1490,
due anni soltanto prima del provvedimento di espul-
sione, sei marrani e tre (o cinque) ebrei furono accu-
sati di avere ucciso un fanciullo cristiano e di avere
profanato l’ostia con il suo sangue. Come si è detto,
però, la politica antiebraica dei re cattolici non seguì
un andamento lineare e il comportamento dei sovrani
fu spesso contradditorio. Ad esempio, quando i due re-
gni d’Aragona e Castiglia si unirono in seguito alle noz-
ze dei rispettivi sovrani Isabella e Ferdinando, ad am-
ministrare il nuovo regno restò un ebreo, don Avraham
Seneor, e a corte continuarono ad operare personaggi
quali Avraham Benveniste e I aq Abravanel.
Come si è detto, l’editto d’espulsione prevedeva che
tutti gli ebrei dovessero lasciare il paese entro il 2 ago-
sto 1492. Nel preambolo dell’editto furono addotte una
serie di motivazioni per spiegare le ragioni di un prov-
vedimento tanto draconiano: il contatto con gli ebrei
avrebbe portato i cristiani a “giudaizzare”, poiché i pri-
mi operavano in tutti i modi per allontanare i secondi

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Gli ebrei nel medioevo

dalla vera fede; nonostante le punizioni inflitte loro, gli


ebrei non avevano cessato di corrompere i fedeli sud-
diti cristiani: non restava pertanto che tagliare il male al-
le radici, eliminando qualsivoglia forma di presenza
ebraica dal suolo spagnolo. D’altra parte, dopo la ca-
duta del Regno di Granada (2 gennaio 1492), la Spa-
gna era finalmente unita e cattolica, e i sovrani desi-
deravano ardentemente eliminare ogni traccia delle
due altre grandi religioni monoteiste che per secoli
avevano convissuto, in modo relativamente pacifico,
sul suolo iberico.
Per gli ebrei spagnoli fu una tragedia. A differenza
di altri gruppi ebraici, che avevano dimorato per pe-
riodi di tempo relativamente brevi in paesi che li ave-
vano in seguito espulsi (Francia, Inghilterra), gli ebrei
spagnoli erano presenti nel paese da quindici secoli, e
una parte della loro identità era – oltre che ebraica –
ispanica.
Partirono in moltissimi. Stime recenti parlano di al-
meno centomila individui: tra loro c’erano proprietari
terrieri, allevatori di bestiame, artigiani, esperti d’arti-
glieria, medici, rabbini. I più ricchi tra gli esuli presero
la via del Portogallo, dove il sovrano Giovanni II li ac-
colse dietro pagamento di cento cruzados. Il Portogallo
costituì una buona meta anche per alcune categorie di
artigiani specializzati, in particolar modo coloro che era-
no in grado di produrre munizioni, accolti dietro paga-
mento di una tassa pari a quattro cruzados pro capite.
Tuttavia, pochissimi anni dopo il matrimonio tra il nuo-
vo re Manuel e Isabella di Spagna fece sì che anche il
Portogallo decidesse di promulgare un editto di espul-
sione a danno degli ebrei, ai quali fu ingiunto di la-
sciare il paese entro la fine di ottobre 1497.
Oltre che verso il Portogallo, gli esuli ebrei spagno-
li trovarono rifugio in alcuni paesi dell’Africa settentrio-
nale: Marocco, Tunisia, Algeria. Furono accolti alle stes-
se condizioni degli ebrei che già dimoravano in questi
paesi, e presto molti di loro – anche grazie ad un buon
background culturale e professionale – riuscirono a ri-
coprire incarichi di prestigio come medici e rappresen-
tanti diplomatici. Le terre dell’Impero Ottomano, come
si è visto più sopra, costituirono un’altra importantissi-
ma terra di rifugio.

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Gli ebrei nel mondo medievale

L’Italia fu un’altra delle mete prescelte. Molti degli


ebrei in fuga approdarono dapprima a Genova, città
che si mostrò però assai poco ospitale nei confronti
degli esuli, che per la maggior parte dovettero prose-
guire verso altri porti della Penisola. Un gruppo co-
spicuo si stanziò a Roma, dove comunque i rapporti
con la locale popolazione ebraica furono inizialmente
non facilissimi; a Venezia giunsero già nel 1492 i pri-
mi gruppi di esuli, seguiti nel 1497 da altri profughi,
prevalentemente marrani portoghesi. Altre terre italia-
ne nelle quali gli ebrei iberici trovarono rifugio furo-
no quelle soggette agli estensi. Ercole I, intuendo che
dalla presenza dei profughi spagnoli gli sarebbero po-
tuti derivare non pochi vantaggi, offrì ospitalità e con-
dizioni di vita favorevoli ad una ventina di famiglie.
Anche la Toscana si rivelò – con il tempo – una del-
le mete favorite dell’immigrazione ebraica dopo la
cacciata dalla Spagna: tra fine Quattrocento e primi
decenni del Cinquecento non pochi israeliti si stabili-
rono nei vari centri dello stato mediceo. A metà del
XVI secolo, il progetto di Cosimo I di fare di Livorno
un grande scalo marittimo portò alla concessione
d’amnistie, esenzione dal pagamento delle tasse per
dieci anni, protezione dell’Inquisizione a chiunque –
compresi gli ebrei – volessero stabilirsi a Pisa o a
Livorno.
La cacciata degli ebrei spagnoli ebbe, tra la fine
del Qattrocento e gli inizi del Cinquecento, conse-
guenze nefaste anche per quegli israeliti che – pur
non vivendo sul suolo iberico – erano comunque sog-
getti ai re cattolici. Gli ebrei dimoranti in Sardegna fu-
rono espulsi nel luglio 1492, mentre quelli siciliani do-
vettero abbandonare l’isola entro il 12 gennaio 1493.
Anche nelle regioni dell’Italia meridionale peninsula-
re, sulle quali la Spagna iniziò ad esercitare il proprio
dominio nel 1502, l’eliminazione della popolazione
ebraica fu considerata un atto necessario, e l’espul-
sione ebbe luogo in più ondate: gli israeliti furono co-
stretti ad emigrare verso terre più accoglienti nel 1510,
1514 e – infine – nel 1541.
Molti ebrei iberici, infine, trovarono rifugio nei
Paesi Bassi, dove costituirono rapidamente fiorenti
comunità.

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Gli ebrei nel medioevo

Tra fine Trecento e fine Quattrocento, dunque, gli


ebrei cessarono di far parte della popolazione di nu-
merose regioni. Importanti comunità ebraiche sorsero
in terre che avevano, nei secoli precedenti, conosciu-
to solo una modesta presenza ebraica, come la Polo-
nia, l’attuale Austria e l’Ungheria. Da un punto di vi-
sta numerico, i nuovi insediamenti ebraici restarono di
modeste dimensioni sino alla fine del XVI secolo: in
Polonia, ad esempio, ai primi del Cinquecento si con-
tavano non più di trentamila ebrei, mentre alla fine del
secolo erano almeno centocinquantamila. Vi fu una
certa continuità tra le nuove comunità ebraiche sorte
ad est e quelle che avevano dovuto abbandonare i re-
gni occidentali.
In Italia, come si è visto, la popolazione ebraica ri-
mase concentrata, sino alla fine del XIII secolo, nelle
regioni meridionali e a Roma. A partire dalla fine del
Duecento, viceversa, nuovi insediamenti comparvero
nelle regioni del centro e del nord, dalle quali – fatta
eccezione per qualche sporadico caso – gli israeliti
non furono mai espulsi. Di fatto, proprio le regioni del
centro e del nord (ivi comprese le terre di quello che
sarebbe poi divenuto lo Stato Pontificio) costituirono
sino all’età contemporanea luoghi di sicuro insedia-
mento ebraico. Anche se – a partire dalla fine del Me-
dioevo – a molti ebrei fu imposta, pur con tempistiche
molto variabili, la reclusione nei ghetti (il primo fu
quella di Venezia, nel 1516), la loro presenza nelle re-
gioni del centro-nord non fu mai veramente messa in
discussione. Vi furono, è vero, alcuni episodici tentati-
vi di espellere gli ebrei, a volte coronati dal successo.
Ma si trattò di un successo temporaneo. Attorno al
1494, ad esempio, il francescano Bernardino de’ Bustis
cercò (senza per altro riuscirvi) di far cacciare gli ebrei
dal Ducato di Milano; durante il breve periodo savo-
naroliano gli ebrei furono cacciati da Firenze; e brevi
espulsioni sono testimoniate in altre zone del centro-
nord. Non si trattò mai, comunque, d’espulsioni orga-
niche, bensì di eventi di breve durata.

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PANORAMA STORIOGRAFICO

La storia medievale ebraica negli ultimi lustri è en-


trata a pieno titolo nel mondo accademico, anche se
con una certa fatica; dopo decenni nei quali occuparsi
di ebrei veniva considerata dagli storici “generalisti”
un’attività marginale, che restava in qualche modo ester-
na ed “estranea” alla storia della società medievale nel
suo complesso, è oramai nozione ampiamente condivi-
sa fra gli studiosi che non si tratta di una storia “di nic-
chia”, e che le ricerche riguardanti una minoranza eco-
nomicamente e culturalmente attiva, in grado di intera-
gire significativamente e su più piani con il mondo cir-
costante, siano di notevole aiuto per la comprensione
di molti dei fenomeni – economici, sociali e culturali –
del mondo medievale nel suo insieme. La storia degli
ebrei – sia europei che dimoranti nel mondo musulma-
no – è considerata ormai quella di un gruppo che – pur
minoritario e demograficamente debole – fu in grado
tuttavia di giocare un suo specifico ruolo e di interagi-
re significativamente con i gruppi religiosi maggioritari.

All’interno del mondo ebraico la storiografia nac-


que con un certo ritardo. Una storia degli ebrei ingle-
si fu redatta nel XVIII secolo ad opera di De Bloissier
Tovey, che pubblicò nel 1738 la sua Anglia Judaica,
un’opera che copriva la storia dell’ebraismo inglese dal
1066 sino agli inizi del XVIII secolo e che fu, per al-
tro, quasi completamente ignorata; e sino ai primi de-
cenni dell’Ottocento, l’unica storia generale degli ebrei
europei rimase quella di un ugonotto francese, Jacques
Basnage. Nel 1819 in Germania venne fondata la Ve -
rein für Cultur und Wissenschaft der Juden, alla quale
aderirono studiosi ed intellettuali di un certo livello, fra
i quali – ad esempio – il poeta Heine e l’ebraista Leo-
pold Zunz. Scopo della Verein era quello di promuo-
vere lo studio scientifico del giudaismo, sottraendolo
al campo della “storia sacra”, avente come caratteristi-
ca principale una prospettiva provvidenzialistica.

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Gli ebrei nel medioevo

Si dovette comunque attendere la seconda parte


del XIX secolo perché fosse pubblicata (tra il 1853 e
il 1870) la prima sintesi di storia degli ebrei, ad opera
di Heinrich Graetz, che pur abbandonando la pro-
spettiva “sacrale” e provvidenzialistica che aveva a lun-
go dominato la storia ebraica la inseriva comunque in
una sorta di “metafisica del giudaismo”: un’imposta-
zione, questa, in grado di esercitare un notevole fasci-
no anche su autori di opere recenti, come ad esempio
Itzhaq Baer e Haim Hillel Ben-Sasson. Verso la fine
dell’Ottocento si ebbe anche un rinnovato interesse
per il tema della presenza ebraica in Inghilterra. Nel
1887 fu aperta una mostra, la Anglo-Jewish Historical
Exhibition, che funse da catalizzatore per la fondazio-
ne, alcuni anni dopo (1894), della Jewish Historical So-
ciety, che promosse le edizioni di fonti e gli studi re-
lativi alla presenza ebraica nell’isola.
Nel primi decenni del Novecento, gli studi relativi
alla storia, alla società e alla cultura ebraiche si molti-
plicarono.
Le opere dello storico inglese Cecil Roth – un impo-
nente corpus letterario di circa seicento tra libri e artico-
li – che pure sono state negli ultimi anni anche critica-
te, costituirono un significativo avanzamento delle co-
noscenze relative al mondo ebraico medievale e moder-
no, e posero le basi per molti studi successivi. Indub-
biamente l’nterpretazione di Roth soffriva di un eccesso
di ottimismo (ottimismo che non venne mai veramente
meno neppure dopo la Shoah, evento che pure costrin-
se Roth ad un ripensamento di alcune sue posizioni), so-
prattutto nelle opere relative agli ebrei in Italia. Influen-
zato dalla visione burckardtiana del Rinascimento, egli
mostrò sempre una certa propensione a focalizzarsi su-
gli elementi del dialogo tra ebrei e cristiani, più che su
quelli di conflitto, ciò che gli è valso la critica di alcuni
storici contemporanei, in particolare di Bonfil.

Un’impostazione affatto diversa è quella che si può


riscontrare nella monumentale opera di Salo W. Baron,
The Social and Religious History of the Jews, pubblica-
ta tra 1957 e 1983, ove prevalente è l’attenzione mo-
strata dall’autore agli aspetti giuridici, sociali, econo-
mici e culturali della vita degli ebrei. Appare evidente,

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Panorama storiografico

nell’opera di Baron, lo sforzo di evitare la facile iden-


tificazione tra storia ebraica e storia dell’antisemitismo,
dando vita ad una prima, forte reazione nei confronti
di quella che molti hanno definito “la lacrimosa storia
degli ebrei”. L’opera di Baron mostra anche un vivo
interesse per la storia interna dei gruppi ebraici e per
le loro potenzialità a livello culturale.

A differenza delle opere di Roth e Baron, univer-


salmente note anche per il fatto di essere scritte in in-
glese, quelle di Yizhaq Baer – non a torto definito dal-
lo storico israeliano Israel Yuval “profeta del giudai-
smo” – pubblicate inizialmente in tedesco e poi quasi
solamente in ebraico, non hanno ricevuto i dovuti ri-
conoscimenti. Baer, nato nel 1888 ad Halberstadt (Ger-
mania) emigrò in Palestina nel 1930, dove fondò il pri-
mo Dipartimento di storia ebraica presso l’Università
ebraica di Gerusalemme; fu anche il primo editor di
“Zion”, la più importante rivista di ricerca storica in
Israele e fondò la cosidetta “scuola di Gerusalemme”
di storiografia israeliana. Gli studi di Baer si concen-
trarono in particolare sulle relazioni tra gli ebrei e la
società circostante: già nel 1931, egli riteneva che non
fosse possibile affrontare le tematiche della storia
ebraica senza tenere conto delle influenze reciproche
“tra Israele e le nazioni”. In un articolo del 1940 rela-
tivo ai paralleli tra misticismo ebraico e misticismo cri-
stiano, Baer criticò con forza una visione della storia
ebraica medievale che gli sembrava appiattita da un la-
to sulla realtà (successiva) del ghetto, dall’altro in-
fluenzata dai soli aspetti negativi delle relazioni ebrai-
co-cristiane. Reagendo a tale impostazione, Baer sot-
tolineò viceversa la natura dei contatti quotidiani tra
ebrei e cristiani, le relazioni reciproche tra i due grup-
pi in campo economico, le radici comuni di giudaismo
e cristianesimo.
Il vivo interesse di Baer per le interrelazioni tra
mondo ebraico e mondo cristiano trova il suo paralle-
lo nell’attenzione dedicata da un altro grande storico
del Novecento – Shelomo Dov Goitein – ai contatti tra
mondo ebraico e mondo musulmano. Goitein – nato
in Baviera nel 1900 e morto negli Stati Uniti nel 1985
– si formò inizialmente come islamista, e nel 1928

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Gli ebrei nel medioevo

divenne lecturer di storia dell’Islam e dei popoli mu-


sulmani presso l’Università ebraica di Gerusalemme. Il
suo interesse per le relazioni tra giudaismo e islam è
già evidente alla fine degli anni Trenta, e si mantenne
per tutto il decennio successivo. Nel 1948, Goitein
venne per la prima volta in contatto con i documenti
della Genizah del Cairo, e progressivamente lo studio
di tale documentazione divenne il fulcro del suo lavo-
ro di ricerca, che si concretizzò nella monumentale
opera A Mediterranean Society. Negli studi di Goitein
è senz’altro possibile individuare la convinzione che
tra ebrei e arabi vi fossero molti più punti di contatto
che di contrasto; egli concepì sostanzialmente le rela-
zioni arabo-ebraiche come una sorta di simbiosi, ter-
mine quest’ultimo preso in prestito dalla biologia e ap-
plicato da Goitein soprattutto all’ambito del diritto.
Benché egli non neghi (soprattutto nella seconda fase
dei suoi studi sulla Genizah) che l’Islam possa avere
avuto una certa influenza sul giudaismo, ritiene però
che – seppur in maniera diversa – si tratti comunque
di un’influenza reciproca. I suoi studi mostrano una
società ebraica immersa in un mondo islamico sostan-
zialmente tollerante nei confronti delle minoranze,
pronto a garantire a queste ultime una sorta di auto-
governo nelle questioni interne. Goitein riteneva per
altro che l’organizzazione comunitaria ebraica in Me-
dio Oriente fosse di natura democratica, caratterizzata
da libertà di parola e rispetto dei diritti individuali. La
sua posizione relativa all’organizzazione democratica
delle comunità e al livello di autonomia goduto dagli
ebrei nei paesi islamici si scontrò con quella di un al-
tro grande studioso, Eliahu Ashtor, che riteneva che la
vita comunitaria ebraica nel mondo islamico avesse su-
bito abbastanza pesantemente l’influenza dell’organiz-
zazione sociale musulmana e che le comunità ebraiche
fossero organizzate molto meno democraticamente di
quanto sosteneva Goitein.
Nell’ambito della storia del pensiero e del mistici-
smo ebraico, spicca nei primi decenni del XX secolo la
figura di Gershom Scholem. Noto al grande pubblico
soprattutto per i suoi studi sulla Kabbalah, Scholem eb-
be il merito di rinnovare significativamente un intero
campo di studi, riesaminando o esaminando per la

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Panorama storiografico

prima volta un enorme massa di fonti, moltissime del-


le quali ancora oggi manoscritte. Per quanto attiene al
misticismo ebraico, egli individuò due elementi cataliz-
zatori, vale a dire lo gnosticismo e il messianesimo. A
suo avviso, lo gnosticismo modellò la fisionomia spiri-
tuale della Kabbalah, sin dal suo apparire come forza
storica verso la fine del XII secolo e sino all’espulsio-
ne degli ebrei dalla Penisola Iberica alla fine del XV. Il
messianesimo, viceversa, giocò un ruolo importante nel
periodo successivo (secoli XVI e XVII). Secondo Scho-
lem, l’emergere del misticismo ebraico medievale fu il
risultato di un rinnovamente e di una vivificazione del
giudaismo rabbinico passata attraverso la diffusione
dello gnosticismo, originario dell’Oriente. Tale assunto
è stato recentemente sottoposto a verifica, tra gli altri,
da Moshe Idel, che ha evidenziato la discrepanza esi-
stente tra i due significati che Scholem e la scuola da
lui fondata attribuiscono al termine “gnosticismo ebrai-
co”. In un caso, ci si riferisce ad una forma di pensie-
ro sostanzialmente tradizionalista e conservativa; nel-
l’altro, ad una corrente di pensiero anarchico, antino-
mico, in cerca di una sorta di “vendetta” contro la vit-
toria del rabbinismo sul mito. Idel si chiede, ad esem-
pio, quale fosse la relazione tra lo gnosticismo con-
servatore ebraico e quello mitico e ribelle, e se fosse
quest’ultimo alla base del pensiero dei cabalisti ebrei
del Medioevo, che erano per altro dei rabbini. La “gno-
stificazione” del misticismo ebraico – secondo Idel –
avrebbe portato all’esclusione dalla ricera di Scholem
e della sua scuola del fenomeno della Kabbalah esta-
tica, priva di qualsivoglia rapporto con lo gnosticismo
storico.

Come si è detto più sopra, negli ultimi lustri la sto-


ria degli ebrei è passata attraverso un rinnovamento
storiografico, anche mediante l’utilizzazione di approc-
ci multidisciplinari, che ha portato ad una maggiore at-
tenzione alla vita interna dei gruppi ebraici, e ad una
più critica analisi dei contatti di questi ultimi con il
mondo esterno, cristiano o musulmano che fosse. Gli
storici che si sono occupati del mondo ebraico hanno
cercato di far uscire le vicende degli ebrei da una con-
dizione di minorità, inserendole in un più ampio

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Gli ebrei nel medioevo

contesto e utilizzando – soprattutto negli ultimi anni –


un approccio di tipo comparativo, inteso ad eviden-
ziare l’intensità e la natura degli scambi – culturali, so-
ciali, economici – tra minoranza ebraica e società cri-
stiana e musulmana. Di conserva con il rinnovamento
si è avuta anche una drastica impennata degli studi de-
dicati alle vicende della minoranza ebraica: il rinnova-
to interesse per tali vicende, lo spoglio sistematico –
soprattutto in alcuni contesti geografici – di archivi e
biblioteche, ha consentito non solo di ampliare in mo-
do significativo le fonti a disposizione, ma anche di
utilizzare con maggiore profitto quelle già note.
Ovviamente, non in tutti i paesi il rinnovamento
storiografico ha seguito le stesse direttrici. A fronte di
alcuni elementi comuni alla storia degli ebrei nel Me-
dioevo, si hanno naturalmente pure alcune significati-
ve differenze regionali, che hanno necessariamente in-
dirizzato le ricerche su base locale.
In Italia, ad esempio, la storia ebraica non può pre-
scindere da alcuni caratteri peculiari: una stagione al-
tomedioevale di grande rilievo nelle regioni meridio-
nali; un rapporto mai interrotto con il Papato; la scar-
sa incidenza delle espulsioni e delle conversioni for-
zate e – di conseguenza – l’assenza di un “problema
dei conversos”; la convivenza con un gruppo religioso
unitario e maggioritario, frammentato però politica-
mente; la capillarità degli insediamenti nel centro-nord;
l’esistenza di reti relazionali transregionali.
Alcune regioni, per altro, sono state oggetto nel
recente passato di maggiore interesse rispetto ad al-
tre, pur a volte limitrofe. Così, ad esempio, negli ul-
timi tre decenni gli studi relativi alla storia degli
ebrei provenzali si sono moltiplicati, soprattutto die-
tro l’impulso di Joseph Shatzmiller e – più recente-
mente – di Danièle Iancou-Agou; gli archivi proven-
zali sono stati setacciati, consentendo il reperimento
e talora la pubblicazione di un cospicuo numero di
fonti latine. Per quel che riguarda la Linguadoca e il
Comitato Venassino, viceversa, resta ancora molto la-
voro da fare.
E’ qui impossibile, per motivi di spazio, fare riferi-
mento al complesso dibattito storiografico recente re-
lativo alle vicende degli ebrei europei e mediorientali

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Panorama storiografico

nel periodo medioevale, né si potrà accennare a tutte


le correnti di studi attualmente attive: mi limiterò per-
tanto a segnalare alcune delle questioni a mio avviso
di maggiore interesse.

Merita un cenno particolare un dibattito storiografi-


co recente, riguardante la questione della condizione
ebraica nei paesi islamici. Per decenni gli storici han-
no dato per scontato che l’Islam medievale fosse stato
una sorta di piccolo paradiso per la minoranza ebrai-
ca, tendendo senza dubbio ad idealizzare, ad esempio,
i secoli di dominio arabo sulla Penisola Iberica. Hein-
rich Graetz presentava molto favorevolmente la condi-
zione ebraica, opponendola esplicitamente quella de-
gli israeliti nella società cristiana.
Nel XIX secolo, porre l’accento sull’integrazione
ebraica nei paesi della mezzaluna aveva – tra l’altro –
la funzione di supportare le sempre più pressanti ri-
chieste di integrazione degli ebrei europei, che cerca-
vano di ottener e chances eguali a quelle degli altri cit-
tadini in campo politico, professionale e culturale. Tre
elementi venivano evidenziati: 1) nel mondo islamico
medievale, gli ebrei avevano potuto ricoprire ruoli di
rilievo: poteva l’Europa moderna e liberale mostrarsi
meno tollerante? 2) non era forse giusto che il mondo
cristiano occidentale – che si era comportato in modo
molto più intollerante dell’Islam verso la minoranza
ebraica – cercasse di compensare quest’ultima in qual-
che maniera? 3) trattati liberalmente, gli ebrei avreb-
bero potuto contribuire allo sviluppo della società,
esattamente come era avvenuto, molti secoli prima, nel
mondo islamico.
Anche dopo l’emancipazione, gli storici ebrei con-
tinuarono a coltivare il mito della felice coesistenza
ebraico-islamica. La visione idillica dei rapporti ebrai-
co-musulmani si autoreplicò, senza essere sostanzial-
mente verificata, sino a quando non venne adottata
dagli arabi in funzione antisionista. La tesi portata
avanti da gran parte della storiografia araba sosteneva
che la causa delle tensioni tra arabi ed ebrei fosse la
fondazione dello Stato d’Israele. Senza sionismo, la be-
nevolenza degli arabi verso gli ebrei sarebbe rimasta
quella di sempre. Non stupisce quindi che molti studi

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Gli ebrei nel medioevo

relativi alla condizione ebraica nell’Islam medievale


mostrino un enorme favore nei confronti del mito del-
la tolleranza dell’Islam verso i non musulmani. Lo sto-
rico egiziano Q sim ‘Abdul Q sim, ad esempio, nel
suo The Jews of Egypt from the Islamic Conquest to the
Ottoman Invasion (1980), lega strettamente la prospe-
rità e la libertà di cui godettero gli ebrei nell’Egitto me-
dievale alla “tolleranza islamica”.
L’uso polemico da parte araba del mito della felice
convivenza portò all’elaborazione di un mito di segno
opposto, definito da Mark Cohen “neo-lacrimosa con-
cezione della storia arabo-ebraica”. Soprattutto a parti-
re dalla Guerra dei Sei Giorni, cominciarono a circo-
lare studi e pamphlet intesi a ridimensionare drastica-
mente la vulgata della felice convivenza. Venne “ri-
scoperto” un articolo pressocché dimenticato di Cecil
Roth, scritto nel 1946, nel quale lo storico inglese af-
fermava recisamente che “the idea that the Jews lived
in the Arab world in perfect peace and tranquility un-
til the militant Zionists wantonly disturbed the even
tenor of the reciprocal relations is a perversion of the
truth”. Non pochi studiosi e giornalisti misero in di-
scussione il mito della “felice convivenza”: Saul Fried-
mann, Rose Lewis, Martin Gilbert. L’ebreo tunisino Al-
bert Memmi criticò duramente coloro che difendevano
l’idea che gli ebrei avessero goduto, nel medioevo isla-
mico, di uno status decisamente migliore rispetto ai
confratelli europei, e l’ebrea egiziana Bat Ye’or, esilia-
ta dal suo paese natale nel 1956, pubblicò numerosi li-
bri e pamphlet per dimostrare la tesi secondo la qua-
le è dato caratteristico dell’Islam la persecuzione dei
non musulmani, tanto cristiani che ebrei.
Recentemente, un importante studio di Mark
Cohen (Under Crescent and Cross. The Jews in the
Middle Ages, 1994), ha riaffrontato criticamente la que-
stione, tentando – attraverso un’analisi comparativa
delle relazioni islamico-ebraiche ed ebraico-cristiane –
di arrivare ad un giudizio equilibrato sullo status giu-
ridico, sociale ed economico della minoranza ebraica
nel Medioevo, e di comprendere ed esplicitare le ba-
si religiose del rapporto tra fede dominante e fede mi-
noritaria.

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Panorama storiografico

Una relativa novità, nell’ambito della storia ebraica,


è costituita dalla “storia di genere” e – più in genera-
le – dallo studio del ruolo della donna all’interno del
mondo ebraico medievale. Sino a pochi anni fa, mol-
ti studiosi della società ebraica medievale davano per
scontato che tematiche quali la maternità e l’infanzia
non costituissero un valido soggetto di studio. Negli
ultimi anni, tuttavia, gli storici sociali hanno mostrato
quanto siano ampi e vari i modelli culturali e sociali
all’interno di società differenti, rendendo evidente l’im-
portanza dello studio di queste tematiche anche per
quanto attiene alla storia del medioevo ebraico: si so-
no dunque moltiplicati gli studi relativi al matrimonio
e alle pratiche matrimoniali, all’educazione dei figli e
alla maternità. L’interesse per le tematiche connesse al-
la storia della donna nel mondo ebraico si è concre-
tizzato in convegni di studi sull’argomento, tra i quali
quello – recentissimo – di Lucca (2005), organizzato
nell’ambito degli incontri connessi al progetto Italia
Judaica.
Naturalmente, la completezza e la natura degli stu-
di dedicati alle donne e alla famiglia ebraica medieva-
le varia a seconda dei contesti geografici. Alcuni re-
centi lavori sono stati dedicati, ad esempio, al ruolo
delle donne nella famiglia ebraica tra primo e pieno
medioevo nei territori delle attuali Francia del nord e
Germania, anche se per il momento non è ancora sta-
to possibile differenziare in modo soddisfacente le di-
verse realtà, sia da un punto di vista geografico che
cronologico. Si è anche cercato di evidenziare come
ebrei e cristiani (o ebrei e musulmani) si siano in-
fluenzati vicendevolmente in tema di nascita, educa-
zione dei figli, matrimonio. Il fatto che – nonostante i
vari e reiterati divieti della Chiesa in proposito – don-
ne cristiane abbiano vissuto in case ebraiche come ser-
ve o balie, condividendo molti aspetti della vita quo-
tidiana delle famiglie che servivano, fece sì che donne
ebree e donne cristiane potessero imparare le une dal-
le altre pratiche e costumi. Per altro, vivendo ebrei e
cristiani nel corso del Medioevo fianco a fianco, i con-
tatti erano frequenti anche tra vicini.

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Gli ebrei nel medioevo

Il deterioramento della condizione ebraica e l’in-


tensificarsi di espulsioni e persecuzioni a partire dal-
la fine del Duecento è stato oggetto di numerosi stu-
di e di un vivace dibattito storiografico. Si è ad esem-
pio ridiscusso il concetto di “servitù ebraica”: Gavin
Langmuir, in un articolo del 1980, ha sottolineato –
criticando Baer – come non sia corretto identificare la
“servitù” di carattere teologico con quella connessa al-
lo stato giuridico degli ebrei in Francia, Spagna e In-
ghilterra.
Il ruolo della peste di metà Trecento nell’ambito
della storia ebraica ha costituito un altro tema di viva-
ce discussione; soprattutto per le regioni dell’Impero,
tale evento è stato a lungo considerato come una sor-
ta di turning point, e la crisi delle comunità ebraiche
della regione è stata collegata nettamente all’epidemia.
Studi più recenti hanno almeno parzialmente rivisto
questa interpretazione, sottolineando le dinamiche so-
ciali dei pogrom e ridimensionando quindi l’impatto
dell’epidemia, che pure ci fu. Carlo Ginzburg, ad
esempio, nel suo Storia notturna (1989), collega le
persecuzioni del 1348 a quelle del 1321 in Francia, che
avevano portato all’uccisione, con l’accusa di avere av-
velenato i pozzi, di lebbrosi ed ebrei. Anche in rela-
zione ai movimenti migratori ebraici tardo medioevali
dai territori tedeschi verso sud (in particolare, quelli di-
retti verso le regioni dell’Italia settentrionale), negli ul-
timi anni si è rivista la tradizionale interpretazione che
li collegava – in una sorta di automatismo – alle per-
secuzioni legate alla peste. E’ stato evidenziato che in
moltissimi casi gli spostamenti verso sud non coinci-
sero affatto con lo scoppio dell’epidemia; gli studi più
recenti, inoltre, mostrano come non di rado l’immigra-
zione non fosse definitiva, dato che un certo numero
di ebrei tedeschi, dopo un lasso di tempo più o me-
no lungo, faceva poi ritorno Oltralpe.
La nascita e lo sviluppo di accuse come quelle di
omicidio rituale e dissacrazione dell’ostia sono stati og-
getto, negli ultimi decenni, di moltissimi studi. Dato
che ancora alla fine dell’Ottocento non era raro trova-
re nella stampa cattolica articoli che sostenevano con
decisione la veridicità di tale accuse, non stupisce che
da parte di molti storici dell’ebraismo si sia affrontato

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Panorama storiografico

questo tema, passando attraverso una disamina critica


delle fonti (soprattutto, ove disponibili, di quelle pro-
cessuali). Se inizialmente le ricerche miravano princi-
palmente a negare la veridicità storica dell’accusa, in
seguito gli studiosi hanno cercato di comprendere
quali ne fossero le radici e come essa fosse struttura-
ta. Negli anni Ottanta le ricerche, tra gli altri, di Ron-
nie Po-chia Hsia e di Elena Lourie hanno affrontato la
questione della diffusione dell’accusa di omicidio ri-
tuale, e la sua più o meno episodica presenza nei ter-
ritori mediterranei.
Nel 2007, la pubblicazione di Pasque di sangue di
Ariel Toaff ha innescato un aspro dibattito: il libro di
Toaff proponeva infatti una lettura controcorrente de-
gli atti processuali relativi al caso di Simonino da Tren-
to, volta a dimostrare come non sempre le accuse ri-
volte agli ebrei fossero frutto della fantasia perversa
dei giudici e degli inquisitori, dato che – sostiene lo
studioso israeliano – una minoranza di ebrei ashkena-
ziti fondamentalisti avrebbe effettivamente compiuto
omicidi rituali. Contro l’interpretazione di Toaff si è le-
vata gran parte del mondo accademico italiano e stra-
niero, criticando soprattutto il metodo seguito, consi-
derato da molti storicamente scorretto. Diego Quaglio-
ni ed Anna Esposito, che si sono a lungo occupati del
processo contro gli ebrei di Trento, hanno chiaramen-
te espresso la loro perplessità relativamente ad una let-
tura delle fonti processuali che tiene poco conto della
loro peculiarità e delle modalità di costruzione dell’in-
famante accusa di omicidio rituale durante il procedi-
mento giudiziario. Critiche analoghe, per limitarsi al
mondo accademico italiano, sono state fatte da Giaco-
mo Todeschini, da Carlo Ginzburg e da Adriano Pro-
speri. A seguito delle feroci polemiche innescate dalla
sua pubblicazione, Pasque di sangue è stato ritirato
dalle librerie ed è stato recentemente riproposto al
grande pubblico in una versione riveduta e corretta.
La storia degli insediamenti ebraici nell’Italia del
centro-nord tra XIV e XV secolo è stata negli ultimi de-
cenni oggetto di interpretazioni discordanti e di co-
stanti verifiche. Come si è già accennato, le opere di
Cecil Roth riguardanti l’Italia fornivano un’immagine
decisamente rosea delle interelazioni ebraico-cristiane:

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Gli ebrei nel medioevo

contro tale interpretazione, nell’ambito di una revisio-


ne radicale del quadro tradizionale, è intervenuto, ne-
gli ultimi lustri, Roberto Bonfil, con una serie di ricer-
che in parte convogliate in un libro di sintesi, Gli ebrei
in Italia nell’epoca del Rinascimento (1991). Lo studio-
so israeliano riscrive la storia degli ebrei italiani nel tar-
do medioevo, opponendosi sia ad una visione di pro-
gressiva integrazione che di ricezione passiva e cultu-
ralmente subalterna di modelli esterni. Secondo Bon-
fil, nell’Italia Tre-Quattrocentesca si è ben lontani da
una felice integrazione degli ebrei nella società cristia-
na, che sarebbe – secondo l’interpretazione di Roth e
Shulvass – venuta meno solo a causa di fattori esterni,
come la nascita dei ghetti e l’affermarsi dello spirito
della controriforma. Gli ebrei italiani, secondo Bonfil,
furono ben lungi dall’essere solo “oggetto” di integra-
zione, e assunsero viceversa un atteggiamento in qual-
che misura “militante” nei confronti del mondo cristia-
no, rifiutando strenuamente di farsi “assimilare” adot-
tando acriticamente modelli e stili di vita propri della
maggioranza cristiana.
Un quadro diverso da quello suggerito da Bonfil
emerge dai lavori di Ariel Toaff per l’Umbria, di Anna
Esposito per Roma, di Michele Luzzati per la Toscana.
In questi autori, l’attenzione per le fonti del vivere
quotidiano (in particolare, gli atti notarili) fa emergere
una realtà ebraica spesso assai differente da quella
suggerita dalle fonti normative. Lo scarto tra le norme
– quasi sempre discriminatorie – e la realtà delle rela-
zioni quotidiane tra ebrei e cristiani porta a parlare di
integrazione e di accettazione della minoranza ebraica,
anche se con sfumature diverse. Luzzati, ad esempio,
indaga in molti suoi studi sulle molteplici forme che i
rapporti tra ebrei e cristiani potevano assumere, mo-
strando come si tratti comunque di realtà mutevoli a
seconda dei tempi, dei luoghi e dei soggetti.
Poiché gli insediamenti ebraici dell’Italia centro-set-
tentrionale nacquero e si svilupparono contestualmen-
te all’affermarsi del prestito feneratizio esercitato da
ebrei, il ruolo dei banchieri è stato oggetto di dibatti-
to, pur all’interno di una corrente di studi che ha cer-
cato di eliminare la classica identificazione tra storia
degli ebrei e storia del prestito. Nell’ambito di questo

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Panorama storiografico

dibattito, centrale è stata la discussione relativa all’im-


portanza del prestito ebraico per le economie dei sin-
goli centri urbani. Bonfil ha sostenuto – con buoni ar-
gomenti – la tesi della marginalità dell’attività fenerati-
zia ebraica, volta – a suo avviso – soprattutto al so-
stegno dei ceti più miseri; altri autori, viceversa, han-
no sottolineato la diversificazione dell’attività creditizia
ebraica, che – a seconda di come veniva esercitata –
si rivolgeva a soggetti molto diversi e aveva quindi
funzioni differenti. Giacomo Todeschini, per altro, ha
sostenuto la tesi di una alterità economica ebraica, che
sottenderebbe ad uno sviluppo dell’economia ebraica
sostanzialmente autonomo e fortemente differenziato
da quello cristiano.

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BIBLIOGRAFIA

di Alessandra Veronese

Avvertenze
La bibliografia è ordinata alfabeticamente, e divisa per
argomento. Poiché in alcuni casi un titolo poteva es-
sere collocato in più sezioni, si è deciso di indicarlo
una sola volta per esteso, inserendo all'inizio di ogni
sottosezione l'indicazione dei titoli ad essa pertinenti
già citati altrove.
Per quanto riguarda i contributi che fanno parte di at-
ti di convegno o di volume miscellaneo, curatore e ti-
tolo di quest'ultimo sono forniti in forma abbreviata,
sufficiente comunque a reperire l'indicazione biblio-
grafica completa attraverso l'indice degli autori.

Abbrevazioni
AJ – “Archives juives”
AJS Review – “Association for Jewish Studies Review”
AISG – Associazione Italiana per lo Studio del Giudaismo
“Aschkenaz” – “Aschkenas. Zeitschrift für Geschichte
und Kultur der Juden”
BPH – Bullettin philologique et historique du Comité
des travaux historiques et scientifiques
FGJ – Forschungen zur Geschichte der Juden
JHS - “Jewish Historical Studies”
Misc. JHSE – “Miscellanea of the Jewish Historical So-
ciety of England”
JJS - “Journal of Jewish Studies”
JQR - “Jewish Quarterly Review”
HUCA – Hebrew Union College Annual
PAAJR – Proceedings of the American Academy for
Jewish Research
PH – “Provence Historique”
REJ - “Revue des Etudes Juives”
RMI – «Rassegna Mensile d’Israel»
TJHSE - Transactions of the Jewish Historical Society in
England

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CAPITOLO 1 – OPERE GENERALI

1.1. Repertori, bibliografie, enciclopedie, atlanti


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salem, Carta, 1992.
[2] BLUMENKRANZ BERNHARD, Bibliographie de Juifs en
France, Toulose 1974.
[3] BLUMENKRANZ BERNHARD, LEVY M., Bibliographie des
Juifs en France, Toulose 1975.
[4] CARPI DANIEL (a cura di), Bibliotheca italo-ebraica. Bi -
bliografia per la storia degli Ebrei in Italia, 1964-1973,
compilata da ALDO LUZZATTO & MOSHE MOLDAVI, Roma,
Carucci, 1982.
[5] CONSONNI MANUELA, Biblioteca Italo-Ebraica, 1986-
1995, a cura di SHLOMO SIMONSOHN, Roma 1997.
[6] Encyclopaedia Judaica, Second edition, 22 vols.,
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[7] Germania Judaica, vol. I: Von den ältesten Zeiten bis
1238, a cura di ISMAR ELBOGEN e.a., Breslau 1934; vol.
II: Von 1238 bis zur Mitte des 14. Jahrhunderts, a cu-
ra di ZVI AVNERI, 2 parti, Tübingen, Mohr, 1968; vol.
III: 1350-1519, a cura di ARYE MAIMON, MORDECHAI
BREUER & YACOV GUGGENHEIM, 3 parts, Tübingen,
Mohr, 1988-2003.
[8] GILBERT MARTIN, Atlas of Jewish History. From 2000
BC to the present day, London 1993.
[9] GROSS HENRY, Gallia Judaïca. Dictionnaire géo -
graphique de la France après les sources rabbiniques,
Paris 1897; avec addition et corrections par Simon
Schwarzfuchs, Amsterdam 1969.
[10] HAVERKAMP ALFRED (hg.), Geschichte der Juden im
Mittelalter von der Nordsee bis zu den Südalpen.
Kommentiertes Kartenwerk, bearb. von THOMAS
BARDELLE, RAINER BARZEN, FRIEDHELM BURGARD, FRÉDÉ-
RIC CHARTRAIN, CHRISTOPH CLUSE, ANNEGRET HOLT-
MANN, ROSEMARIE KOSCHE, BERNHARD KREUTZ, ANGELA
MÖSCHTER, JÖRG R. MÜLLER, THOMAS MÜLLER, WINFRIED
REICHERT, ALEXANDER REVERCHON, MATTHIAS SCHMANDT
UND WOLFGANG TREUE. Redaktion JÖRG R. MÜLLER,
Teil 1: Ortskatalog, Teil 2: Kommentarband, Teil 3:
Karten, Hannover 2002 (FGJ; A 14/1-3).

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Bibliografia

[11] KAPLAN JONATHAN (ed.), 2000 Books and More. An An -


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[12] KAUFMANN URI, Bibliographie zur Geschichte der Juden
in der Schweiz, München 1992.
[13] Judaica. Catalogo dei libri d'argomento ebraico in lin -
gua italiana, a cura di ELENA LOEWENTHAL & ANGELO
PEZZANA, Torino, Libreria internazionale Luxemburg,
1988.
[14] MACÍAS KAPÓN URIEL, Guia española de bibliografia ju -
daica, Barcelona 1992.
[15] MARCUS IVAN G. (ed.), Medieval Jewish civilization: a
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lected syllabi, New York, M. Wiener, 1988.
[16] MILANO ATTILIO, Bibliotheca historica italo-judaica, Fi-
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[17] MORPURGO EDGARDO, Bibliografia della storia degli
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p. 180-190; 227-232; VIII (1911), p. 14-29; 68-81; 106-
126; 215-229; IX (1912), p. 49-79, 127-152, 214-233.
[18] ROMANO GIORGIO, Bibliografia italo-ebraica (1848-
1977), Firenze, L.S. Olschky, 1979.
[19] SIMONSOHN SHLOMO & CONSONNI MANUELA M., Bibliote -
ca italo-ebraica. Bibliografia per la storia degli ebrei
in Italia, 1996-2005, Firenze, Giuntina, 2007.

1.2. Fonti e raccolte di fonti


Si vedano anche i nn. 657, 686bis, 1136, 1320bis.

[20] ABRAHAM IBN EZRA, Sefer Hanisyonot: The Book of


Medical Experiences, ed. and trans. J. O. LEIBOWITZ
& S. MARCUS. Jerusalem 1984.
[21] ADLER ELKAN NATHAN, Jewish travellers, London, G.
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[22] ADLER ELKAN NATHAN, Jewish travellers. A treasury
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Cecil Roth, 2d ed, New York, Hermon Press, 1966.
[23] AGUS IRVING A., Urban Civilization in Pre-Crusade
Europe. A Study of Organized Town-Life in Northwe -
stern Europe During the Tenth and Eleventh Centu -
ries Based on the Responsa Literature, New York
1965, 2 voll. [nuova edizione: Leiden 1968].

119
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Gli ebrei nel medioevo

[24] A IMA‘AZ BEN PALTIEL, The chronicle of Ahima‘az,


translated with an introduction and notes by MAR-
CUS SALZMAN, New York, Columbia University Press,
1924.
[25] A IMA‘AZ BEN PALTIEL, Sefer Yu asin (Libro delle di -
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Oria nei secoli IX-XI, a cura di CESARE COLAFEMMINA,
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[32] BINYAMIN BEN YONA VON TUDELA, Buch der Reisen (Se -
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[33] BINYAMIN DA TUDELA, Itinerario: Sefer massa'ot, tra-
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min of Tudela: a medieval Mediterranean travelo -
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Bibliografia

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[37] BOKSENBOIM YACOB (ed.), Letters of Jews in Italy: Selec -
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[38] BRAUNN WILFRIED, Quellen zur Geschichte der Juden
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[39] BRETHOLZ BERTOLD (hg.), Quellen zur Geschichte der
Juden in Mähren vom XI. bis zum XV. Jahrhundert
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[40] BRILLING BERNHARD & RICHTERING HELMUT (hg.), Westfa -
lia Judaica. Quellen und Regesten zur Geschichte der
Juden in Westfalen und Lippe, nuova edizione a cura
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[40bis] BRUGGER EVELINE & WIEDL BIRGIT, Regesten zur
Geschichte der Juden in Österreich im Mittelalter.
Band 1: Von den Anfängen bis 1338, Innsbruck-
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[41] CABALLERO-NAVAS CARMEN (ed. and translated with a
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[42] CAPSALI ELIJAH, Chronique de l'expulsion: Seder Eliahou
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tion of and Commentary on Siete Partidas 7.24 “de los
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[45] CARRASCO PEREZ JUAN & Z UBILLAGA GARRALDA MIGUEL
(ed.), Judíos del Reino de Navarra, Los Registros del
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[46] CARRETE PARRONDO CARLOS, Fontes Iudaeorum Regni
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[47] CASANOVAS MIRO’ JORDI (ed.), Libro de cuentas de
un prestamista judio gerundense del siglio XIV,
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[48] CASAS NADAL MONTSERRAT, El “Liber Iudeorum” de


Cardona (1330-1334): Edicio i estudi, in "Miscel.la-
nia de textos medievals", 3 (1985), p 119-351.
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[50] DONNOLO SHABBETAI, Medical Writings, edited by SÜS-
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[51] EDWARDS JOHN (ed.), The Jews in Western Europe,
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[52] EFRAYIM VON BONN, Hymnen und Gebete, ins Deut-
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[59] GLATZER MELVIN, Sources for the history of the Jewish
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[59bis] GRABOÏS ARYEH, Les sources hehebraïques mé -
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[60] GRAYZEL SOLOMON (ed.), The Church and the Jews in
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Bibliografia

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XIIe siecle: Benjamin de Tudèle, Pétahia de Ratisbon -
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[62] HARBOUN HAÏM, Les voyageurs juifs du XIIIe, XIVe et
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[63] HARBOUN HAÏM, Benjamin de Tudèle:1165\66-
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[64] HARBOUN HAÏM, Les voyageurs juifs du XVIe siècle,
Aix-en-Provence, Editions Massoreth, 1989-1994, 2
voll.
[65] HAVERKAMP EVA (hg.), Hebräische Berichte über die Ju -
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MGH Hebräische Texte aus dem mittelalterlichen
Deutschland, 1, Hannover, Hanh, 2005.
[66] HÖNIGER ROBERT & STERN MORITZ (hg.), Das Juden -
schreinsbuch der Laurenzpfarre zu Köln, Quellen
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[67] IBN PAQUDA BAHYA, I doveri dei cuori, a cura di S. J.
SIERRA, Roma, Carucci, 1983 (AISG Testi e studi, 2).
[68] IBN VERGA SOLOMON, La vara de Yehudah. Sefer Sebet
Yehudah, introducción, traducción y notas por MARÍA
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[69] KOBLER FRANZ., Letters of Jews through the Ages from
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tury, Tombridge, Tombridge Printers Ltd., 1952 [pa-
perback ed.: New York 1978].
[70] KRACAUER ISIDOR, Urkundenbuch zur Geschichte der
Juden in Frankfurt am Main von 1150 – 1400,
Frankfurt am Main 1914.
[71] LACAVE JOSÉ LUIS (a cura di), Los judíos del reino de
Navarra. Documemtos hebreos 1297-1486, Pamplona
1998 (Navarra Judaica; 7).
[72] LAGUMINA BENEDETTO & LAGUMINA GIUSEPPE, Codice
diplomatico dei Giudei in Sicilia, Palermo 1884-
1909, 3 voll.
[73] LÉVY EMILE, Un document sur les Juifs du Barrois en
1321-1323, in REJ, 19 (1889), p. 246-258.
[74] LÉVY ISRAËL, Un recueil de consultations inédites de
rabbins de la France méridionale, in REJ, 38 (1899),
p. 76-84; 226-241.

123
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Gli ebrei nel medioevo

[75] LÉVY ISRAËL, Un recueil de consultations inédites de


rabbins de la France méridionale, in REJ, 43 (1901),
p. 237-258.
[76] LÉVY ISRAËL, Un recueil de consultations inédites de
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artigianali
Si vedano anche i nn. 154, 165, 207, 222, 223, 224, 968,
991,1067, 1069, 1175, 1178, 1257, 1478, 1480.

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1.18. Persecuzioni ed espulsioni


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Gli ebrei nel medioevo

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Si vedano anche i nn. 21, 22, 32, 33, 34, 35, 62, 63,
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1.23. Quartieri ebraici, sinagoghe, cimiteri, ospedali,


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CAPITOLO 2
GLI EBREI NEI SINGOLI CONTESTI GEOGRAFICI

2.1. Italia
Si vedano anche i nn. 4, 5, 16, 17, 18, 19, 25, 36, 57,
72, 82, 88, 94, 96, 97, 102, 103, 111, 112, 113, 123,
124, 129, 130, 132, 139, 140, 205, 207, 212, 228, 232,
243, 244, 250, 251, 255, 256, 257, 259, 260, 267, 274,
282, 287, 288, 289, 290, 291, 292, 296, 300, 301, 305,
307, 308, 316, 317, 320, 347, 360, 363, 372, 384, 399,
402, 403, 404, 405, 408, 415, 426, 429, 432, 437, 444,
450, 452, 460, 471, 479, 480, 481, 484, 486, 487, 488,
489, 494, 495, 525, 526, 527, 542, 547, 567, 568, 583,
668, 669, 682, 683, 684, 685, 686, 687, 691, 726, 731,
740, 796, 803, 808, 818, 832, 834, 836, 837, 839, 871,
896, 924, 925, 934.

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2.2. Penisola Iberica


Si vedano anche i nn. 14, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48,
71, 87, 109, 200, 253, 261, 262, 263, 275, 279, 295,
298, 335, 358, 361, 374, 375, 376, 388, 389, 391, 392,
431, 439, 443, 498, 499, 506, 511, 523, 543, 545, 573,
584, 585, 654, 655, 656, 657, 659, 663, 664, 665, 666,
667, 670, 739, 765, 768, 769, 782, 783,785, 786, 793,
794, 900, 901, 931.

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772, 773, 777, 778, 780, 788, 789, 802, 807, 905, 910,
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2.4. Francia
Si vedano anche i nn. 2, 3, 9, 73, 74, 75, 76, 78, 84,
91, 93, 128, 210, 221, 234, 254, 264, 265, 266, 270,
276, 277, 284, 293, 294, 297, 302, 304, 318, 340, 341,
354, 400, 409, 441, 503, 508, 512, 513, 514, 515, 516,
520, 532, 538, 552, 553, 584, 588, 590, 661, 662, 676,
678, 680, 697, 702, 706, 707, 711, 712, 716, 717, 718,
734, 742, 743, 744, 750, 751, 761, 764, 772, 773, 781,
787, 831, 868, 873, 875, 883, 895, 897, 906, 907, 909,
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Si vedano anche i nn. 7, 10, 12, 26, 27, 30, 31, 38, 39,
40, 52, 53, 56, 61, 65, 66, 70, 79, 85, 89, 92, 101, 105,
125, 168, 195, 199, 218, 222, 223, 224, 237, 241, 242,
245, 249, 258, 278, 280, 283, 310, 311, 312, 313, 323,
324, 325, 330, 331, 333, 336, 337, 338, 339, 342, 346,
348, 364, 369, 502, 518, 519, 583, 688, 692, 736, 737,
738, 741, 745, 754, 770, 771, 774, 779, 784, 790, 791,
792, 795, 800, 809, 810, 811, 812, 823, 825, 826, 842,
844, 849, 852, 860, 872, 879, 881, 882, 886, 887, 888,
889, 890, 894, 898, 903, 908, 912, 919, 922, 927, 928,
932, 935, 938, 1205.

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2.7. Paesi islamici


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Gli ebrei nel medioevo

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244
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INDICE AVRAHAM BEN DAVID DA POSQUIÈRES,


DEI NOMI DI PERSONA vedi Rabad
AVRAHAM BEN YI AQ DA LUNEL, 23
AVRAHAM BENVENISTE, 15, 99
I numeri in tondo si riferiscono AVRAHAM DA SARTEANO, 399
alle pagine del testo; quelli in AVRAHAM IBN EZRA, 77; 377, 511,
corsivo a titoli della bibliografia. 537
AVRAHAM SENEOR, 15, 99
AARON DA LINCOLN, 39, 40; 1165 AYGOSI JEAN, 801
AARON LE BLUND, 1161 AYUBBIDI (DINASTIA), 57; 1518
AARON DI YORK, 1146
ABDALLAH IBN MAYMUN AL-QADDAH, 56 BAER YISHAQ, 104, 105, 112
ABD-ER-RAMAN III, 12 BALDOVINO DI LUSSEMBURGO, ARCI-
ABNARRABI CRESCAS, vedi Crescas VESCOVO DI TREVIRI, 1365
Abnarrabi BANU KURAYZA, 1459, 1507
ABU’L QASIM UBAID’ ALLAH IBN BAR KOCHVAH, 9; 1463
KHORDADBEH, vedi Ibn Khor - BASILIO I, IMPERATORE BIZANTINO, 62
dadbeh BAHYA IBN PAQUDA, 78
ADAMO DA BRISTOL, 679 BARON SALO W., 104, 105
AGOBARDO DI LIONE, 553, 592 BARUCH EBREO, 654
AGOSTINO D’IPPONA, vedi S. Agostino BASNAGE JACQUES, 103
AHIMAAZ BEN PALTIEL, 24, 848 BAT YE’OR, 110
AL-MANSUR, 12 BEN-SASSON HAIM HILLEL, 104
AL-MUTAWWAKIL, CALIFFO ABBASSIDE, 54 BELA IV, RE D’UNGHERIA, 50; 1336
ALESSANDRO II PAPA, 618 BEN E ET, 1211
ALESSANDRO DI HALES, 574 BENEDETTO XIII, 18
ALFONSO I D’ARAGONA, 32 BENEDETTO DA NORWICH, 39
ALFONSO I, RE DEL PORTOGALLO, 20 BENIAMINO DA TUDELA, 23, 28, 62;
ALFONSO III, RE DEL PORTOGALLO, 20 35, 61, 63
ALFONSO VI DI CASTIGLIA, 12 BENZION NETANYAHU, 10
ALFONSO X IL SAGGIO, 14; 43, 443 BERNARDINO DA FELTRE, FRATE, 687
ALFONSO XI DI CASTIGLIA, 14 BERNARDINO DE’ B USTIS, 102; 547
ALFONSO DE ESPINA, 99 BERNARDO DI CHIARAVALLE, vedi S.
ALFONSO HENRIQUES, RE DEL PORTO- Bernardo da Chiaravalle
GALLO, 20 BIRNBAUM HENRIK, 52
ALMOHADI (DINASTIA), 12, 54, 55, 60 BOGOLJNBSKIJ ANDREJ, PRINCIPE DI
ALMORAVIDI (DINASTIA), 12 KIEV, 52
AMATI GIOVANNI ANGELO, NOTAIO BOLESLAV DI KALISCH, 51, 52
ROMANO, 605 BONFIL ROBERTO, 104, 114, 115
AMBROGIO DA MILANO, vedi S. Am - BOTARELLI, FAMIGLIA, 25
brogio BRUN DA LONDRA, 39
AMEDEO VIII DI SAVOIA, 947 BURCARDO DI WORMS, 81; 343
ANDREA, ARCIVESCOVO DI BARI, 796
ANONIMO DI MAINZ, 90
ARNALDO DA VILLANOVA, 70 CAPETINGI (DINASTIA), 1267
ARNOLD DI UISSIGHEIM, 97; 745 CARACALLA, IMPERATORE ROMANO, 80
ARNOLD VON HARFF, 59 CARAVITA (FAMIGLIA), 1011
ASHTOR ELIAHU, 106 CARLO II DI PROVENZA, 70
ASTRUGON MASSIP, 318 CARLO IV DI FRANCIA, 742
ATANASIO, PATRIARCA DI BISANZIO, 1449 CARLO IV DI BOEMIA, 98; 1349
ATAR, FAMIGLIA, 25 CARLO VI DI VALOIS, 95
AVICENNA, 544 CARLO VIII DI VALOIS, 871
AVRAHAM ABULAFIA, 428 CARMI (FAMIGLIA), 989

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Gli ebrei nel medioevo

CASIMIRO IL GRANDE, RE DI POLONIA, 52 F ILIPPO II AUGUSTO , 35; 1254,


CLEMENTE IV PAPA, 82 1267
CLEMENTE VI PAPA, 632 FILIPPO II L’ARDITO, 662
CLEMENTE VII PAPA, 658 FILIPPO III C APETO, 38, 95
COHEN MARK, 110 FILIPPO IV IL BELLO, 38, 95; 662,
COPIN DA LINCOLN, 42 1254, 1278
COSIMO I DE’ M EDICI, 101 FILIPPO V IL LUNGO, 742
COSTANTINO (IMPERATORE ROMANO), 44 FILONE D’ALESSANDRA, 7
CRESCAS ABNARRABI, 543 FINZI (FAMIGLIA), 962
CRESQUES D’AURENCHE, 1251 FLORO DA LIONE, 553
CRISTO, vedi Gesù di Nazareth FOSCARINI GIACOMO, vedi Giacomo
Foscarini
DA VOLTERRA (FAMIGLIA), 1035 FRANCES ÇEAL, EBREO DI SARAGOZZA,
DANIELE (PROFETA), 1425 1106
DAVID KIMHI DA NARBONA, 77 FRIEDMANN SAUL, 110
DE BLOISSIER TOVEY, 103; 1181
DE BUSTIS BERNARDINO, vedi Ber - GABRIELE EBREO, 316
nardino de Bustis GAMLIEL VI, 63
DE LEO ANNIBALE, 56 GER OM BEN YEHUDAH DA MAGONZA,
DIONIGI, RE DEL PORTOGALLO, 19 me’or ha-golah, 46; 200,
DONNOLO SHABBETAI, vedi Shabbe - 217
tai Donnolo GERSONIDE, 79; 413, 414, 501
GESÙ DI NAZARETH, 8, 92, 93;
EDOARDO, RE DEL PORTOGALLO, 20 411, 561, 728
EDOARDO I P LANTAGENETO, 42; 767, GIACOMO I IL CONQUISTATORE, 1059
780, 1176 GIACOMO FOSCARINI, 1418
EGICA, 11 GILBERT MARTIN, 110
ELIA BASHYACH, 1414 GINZBURG CARLO, 112, 113
ELIA DI SABATO DA FERMO, 526 GIORDANO DA RIVALTO, 31
ELIA MENAHEM (RABBI), 1178 GIOVANNA I D’ANGIÒ, 32
ELIEZER BAR NATAN, 90 GIOVANNI ANGELO AMATI, vedi
EMICHO DI LEININGEN, 89; 724, 774 Amati Giovanni Angelo
ENRICO DI CASTIGLIA, 98 GIOVANNI SENZA TERRA PLANTAGE-
ENRICO IL NAVIGATORE, 20 NETO, 41
ENRICO II P LANTAGENETO, 39, 40 GIOVANNI II, RE DEL PORTOGALLO,
ENRICO III P LANTAGENETO, 41, 42 100
ENRICO IV, IMPERATORE, 45, 47; 1388 GIOVANNI II DI CASTIGLIA, 15
ERACLIO, IMPERATORE BIZANTINO, 62 GIOVANNI XXII PAPA, 610, 612,
ERCOLE I D’ESTE, 101 634
ERMANNO EBREO, 804 GIOVANNI DA OPPIDO, vedi Ovadyah
ESAÙ, 8 da Oppido
ESPOSITO ANNA, 113, 114 GIOVANNI DI TRASTAMARE, vedi
EUDE IV CONTE DI BORGOGNA, 1243 Giovanni II di Castiglia
EUGENIO IV PAPA, 631 GIOVANNI DIACONO, 28
GIOVANNI VATATZE, IMPERATORE
FATIMIDI (DINASTIA), 56; 1518 BIZANTINO, 62
FEDERICODI BABENBERG, DUCA D’AUSTRIA, GIUDA ISCARIOTA, 21
46, 50, 51 GIULIO II PAPA, 638
FEDERICO I B ARBAROSSA, 83 GIUSEPPE FLAVIO, 91
FEDERICO II DI SVEVIA, 681, 1024 GOITEIN SHELOMO DOV, 105, 106
FEDERICO III D’ARAGONA, 70 GIUSTINIANO, IMPERATORE BIZANTINO,
FERDINANDO I D’ARAGONA, 18, 98, 99 61; 1447
FERRANTE D’ARAGONA, 32 GRAETZ HEINRICH, 104, 109

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Indici

GREGORIO DI TOURS, 22, 33 ISABELLA DI SPAGNA, REGINA DEL


GREGORIO MAGNO PAPA, 9, 27, 28, PORTOGALLO, 100
81; 611, 621 ISACCO DA LONDRA, 39
GREGORIO IX PAPA, 37, 82 IVO DI CHARTRES, 81; 343
GREGORIO X PAPA, 628
GUGLIELMO DA PESARO, 135, 415, LADISLAO D’ANGIÒ, 32
460, 471 LANGMUIR GAVIN, 112
GUGLIELMO (MAESTRO) DI ISAIA DA LATTES, FAMIGLIA, 25
URBINO, 527 LEAL (DOÑA) DA BARCELLONA, 72
GUGLIELMO DI NEWBURGH, 40 LEONE III ISAURICO, IMPERATORE
GUGLIELMO IL CONQUISTATORE, 38 BIZANTINO, 62
GUI BERNARD, 676 LEONE X PAPA, 623, 638
GUI FOUCOIS, ARCIVESCOVO DI NAR- LEVI, FAMIGLIA, 25
BONNE, 1230 LEVI BEN GER ON, vedi Gersonide
LEWIS ROSE, 110
ASDAI CRESCA, 79 LORENZO DE’ M EDICI, 274, 437
ASDAY IBN APRUT, 12, 49, 90 LORENZO IL MAGNIFICO, vedi Lo -
HEINE HEINRICH, 103 renzo de’ Medici
HELIET DI JACOB, 318 LOURIE ELENA, 113
HELIOT DA VESOUL, 293, 1257 LUDOVICO IL PIO, 1247
LUDOVICO IV IL BAVARO, 741
JAFUDA BONSENYOR, 1075 LUIGI VI C APETO, 35
JAMILLA DE QUATORZE, 667 LUIGI VII C APETO, 35
JANTO ALMULI, 667 LUIGI IX IL SANTO, 36, 37, 38, 95;
JASSIEL, FAMIGLIA, 25 265, 277, 711, 1279, 1281
JEAN DE JOINVILLE, 37 LUIGI X C APETO, 95
JOHN LE ROMEYN, ARCIVESCOVO DI LUSSEMBURGO (DINASTIA), 1362
YORK, 94 LUZZATI MICHELE, 114
JORDAN WILLIAM CHESTER, 47
JOSEPH ARAMA (MAESTRO), 20 MACCABEI, 90
JOSEPH CARO, 1520 MAIMONIDE, 24, 68, 73, 78, 79;
JOSEPH DE CLAUNCY, OSPITALIERO, 214, 367, 397, 417, 419,
1192 431, 435, 464, 511, 533,
JOSEPH SARK, 404 673, 1128, 1513
JUAN ÇEAL, NEOFITO DI SARAGOZZA, MAMELUCCHI, 57
1106 MANUEL, RE DEL PORTOGALLO, 100
JUCEF DE QUATORZE, 667 MAOMETTO, 53, 84; 729, 1458
JURNET DA NORWICH, 39 MARDOCHEO IOSEPH, 302
MARINIDI (DINASTIA), 60
KARIMA AL-WUHSA, 74 MARTINEZ DE LUNA, 1107
KHAZARI (DINASTIA), 50 MARTINEZ FERRANT, 98
MARTINO V PAPA, 651
IANCOU-AGOU DANIÈLE, 108 MATFRE ERMENGAUD, 552
IBN ABI AMIR AL-MANSUR, vedi al- MATTEO PARIS, 1173
Mansur MEIR BEN SIMEONE DA NARBONA,
IBN KORDADBEH, 65 589
IBN QAYYIM AL-JAWZIYYA, 84 MEIR BEN BARUCH DA ROTHEN-
IBRAHIM IBN YAQUB, 49 BURG, 88; 842, 888, 922
IDEL MOSHE, 107 MEIR LE BRUN, 44
INNOCENZO III PAPA, 603, 604, 627 MELE DI SALOMONE DA SESSA, 257
ISAAQ BEN SADOQ, 14 MEMMI ALBERT, 110
ISABELLA I DI CASTIGLIA, 15, 98, 99; MENAHEM BEN ELOMO MEIRI DA
665 PERPIGNANO, 24

247
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Gli ebrei nel medioevo

MENESSIER DA VEZOUL, 1272 QALONIMOS BEN QALONIMOS DA


MENIR (FAMIGLIA), 1098 LUCCA, 45
MEROVINGI, 1247 Q SIM ‘ABDUL Q SIM, 110
ME ULLAM BEN MENAHEM DA VOLTERRA, QUAGLIONI DIEGO, 113
89; 836, 840
MICHELE VIII PALEOLOGO, IMPERATORE RABAD DA POSQUIÈRES, 23; 883
BIZANTINO, 62 RAMBAM, vedi Maimonide
MOSÈ EBREO, 316 RA I, 76, 77; 409, 1280
MOSÈ DA BRISTOL, 39 RAV TAM, 35; 864
MOSÈ DI LEIRIA, 20 RECCAREDO, 10
MOSSE MAHIR SUKEN, 663 REGINE ABRAM DI DRAGUIGNAN,
MO EH BEN MAIMON, vedi Maimonide 1264
MO EH BEN NACHMAN DA GERONA, REKKESWINDO, 11
vedi Nachmanide RENATO D’ANGIÒ, CONTE DI PRO-
MO EH HA-DAR AN, 23 VENZA, 96; 1204
MO E NARBONI, 79 REX ARMLEDER, vedi Arnold di
M UHAMMAD IBN ABDALLAH IBN Uissigheim
T U M A R , 54 REYNETTE, EBREA DI COBLENZA, 250
RICCARDO CUOR DI LEONE PLANTA-
NACHMANIDE, 77; 573, 703 GENETO, 40, 41
NATHAN, FAMIGLIA, 25 RIGORD DI SAINT DENIS, 36
NATHANAEL HA-COHEN, 61 ROBERTO D’ANGIÒ, 32
NICCOLÒ V PAPA, 622 ROBERTO IL PIO, 34
NICHOLAS DONIN, 37 ROMANO I LECAPENO, IMPERATORE
NORMANNI, 1024 BIZANTINO, 62
ROSSI SALOMONE, vedi Salomone
OLDRADO DA PONTE, 351 Rossi
OMAR IBN ABD AL-‘AZIZ, 86 ROTH CECIL, 104, 105, 110, 114
OMMEYADI (DINASTIA), 1531 RUPRECHT DEL PALATINATO, 1391
ONORIO, IMPERATORE ROMANO, 80 RÜDIGER DI SPIRA (VESCOVO), 45, 47
OVADYAH YARE DA BERTINORO, 62, 961
OVADYAH DA OPPIDO, 123, 797, 803 S. A GOSTINO, 8; 561
S. A MBROGIO, 724
PABLO CRISTIANI, 573 S. B ERNARDO DA CHIARAVALLE, 35;
PABLO DE SANTA MARIA, 99 551
PALEOLOGI (DINASTIA), 1434, 1439 S. N ILO DA ROSSANO, 438
PAOLO (FRATE), 38 S. P AOLO, 8; 179
PAOLO DI TARSO, vedi S. Paolo S. P IER DAMIANI, 550
PAOLO UCCELLO, 93 S. T OMMASO D’AQUINO, 570, 575
PAKTER WALTER, 81 SAADIA GAON, 77, 78; 418, 461
PASSAPAYRE, FAMIGLIA, 25 SALADINO, 57
PETAHYA DA RATISBONA, 61, 80, 89 SALAH AL-DIN, vedi Saladino
PETER MO EH HA-LEWI, 1371 SALOMONE ROSSI, 426
PIER DAMIANI, vedi S. Pier Damiani SALOMON USQUE, 358
PIETRO ALFONSI, 576 SALVETUS DE BURGENOVO DA SALON,
PIETRO IL VENERABILE, 576 69
PIETRO I IL CRUDELE, 14, 98 SAMUEL INVESTI, 1225
PIETRO III IL GRANDE D’ARAGONA, SARA DA SAINT-GILLES, 69
1125 SARK JOSEF, vedi Josef Sark
PIETRO IV, 18 SAVAFIDI (DINASTIA), 61
PO-CHIA HSIA RONNIE, 113 SCHOLEM GERSCHOM, 106, 107
PROSPERI ADRIANO, 113 SFORNO (FAMIGLIA), 1003
ABBATAI DONNOLO, 432, 438,

248
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Indici

451, 453, 528 YAACOV BAR NETAN'EL HA-KOHEN,


SHAKESPEARE WILLIAM, 179 80
SHATZMILLER JOSEPH, 68, 108 YAACOB BEN MEIR, vedi Rav Tam
ELOMO BAR IM ON, 90 YAHIA IBN YAISH, 20
ELOMO BEN AVRAHAM DA MONTPEL- YANNAI, 874
LIER, 79 YEHIEL BEN JOSEF DA PARIGI, 703,
ELOMO BEN I TZHAQ DA TROYES, ve - 711, 831
di Ra i YEHONATAN DA LUNEL, 23
ELOMO HA-LEWI , vedi Pablo de YEHUDAH ALITIENZ, 1057
Santa Maria YEHUDAH BEN LOMO HA-COHEN,
ELOMO CARAVIDA, 498 456
ELOMO IBN GABIROL, 78 YEHUDAH HA LEWI, 78
ELOMO Z ACUTO, 511 YEHUDAH IBN TIBBON DA LUNEL,
EMUEL BAR IM ON, 62 78, 79
ERIRA GAON, 95 YEHUDAH MESSER LEON, 405
SHULVASS MOSES, 114 YITSHAQ BEN ME'IR LATIF DA AN-
SHYLOCH, 304 CONA, 834
SIMONE DA TRENTO, 92, 113; 682, YOSEF DA MONTAGNANA, 834
684, 685 Y AQ ABRAVANEL, 79, 99
SISEBUTO, 10, 11 Y AQ CHELO, 62
SISENANDO, 11 Y AQ NATAN DA ARLES, 1300
SISTO IV PAPA, 606 YUVAL ISRAEL, 105
STEFANO DI BLOIS, RE D’INGHILTERRA,
1202 ZACUTO ELOMO, vedi elomo
SWINTILA, 11 Zacuto
ZERACHIAH BEN YI AQ HA-LEWI
TEBALDO DI CHAMPAGNE, 36 DA LUNEL, 23
TEODOSIO, IMPERATORE ROMANO, 80 ZUNZ LEOPOLD, 103
TEODOSIO II, 63
TITO FLAVIO VESPASIANO, 7
TOAFF ARIEL, 113, 114
TODESCHINI GIACOMO, 113, 115
TOMMASO DE MONMOUTH, 689
TOMAS DE TORQUEMADA, 19
TOMMASO D’AQUINO, vedi S. Tom -
maso d’Aquino
TREVES MARCO, 924

UMBERTO II, 318


URBANO V PAPA, 619
USQUE SALOMON, vedi Salomon
Usque

VETZELAY BENVENISTE, 1089


VINCENT FERRER, 18
VISIGOTI, 10; 335, 1129
VIVES DA CAMBRIDGE, 39

WEINRYB BERNARD, 52
WERNER DA OBERWESEL, 97; 692
WILLIAM DA NORWICH, 92

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INDICE Bamberga, 45
DEI NOMI DI LUOGO Banyoles, 1062
Barbastro, 18
Per quanto riguarda i nomi di luo- Barcellona, 13, 72, 98; 573,
go contenuti nei titoli delle opere, 1059, 1078,
vengono citati sotto la forma ita- Bari, 27, 64; 796
liana – se esistente. Es: “Deutsch- Barrois, 73, 1274, 1306
land” apparirà sotto “Germania”; Bassano del Grappa, 971
“France” sotto Francia. Baviera, 105; 311, 312, 888,
1329
Bayonne, 13
Afganistan, 57 Bedford, 43
Africa, 16, 22, 55, 57, 58, 60, 100; Belgrado, 59
845, 1469, 1503 Belitz, 93
Agrigento, 27 Benevento, 27, 28
Ainsa, 18 Berkshire, 43
Aix-en-Provence, 24, 25; 266, 514, Berlino, 737
750, 909, 1218, 1264 Besalù, 1088
Al-Andalus, vedi Spagna Besançon, 1209
Albi (sinodo), 70 Béziers, 23; 1239
Algeria, 100 Bingen, 46
Alicarnasso, 7 Bisanzio, 27, 57, 58, 59, 61, 62,
Alpi, 92; 10, 281 63, 64, 65; 917, 1414, 1415,
Alsazia, 1277 1427, 1433, 1435, 1438,
Alto Atlante, 55 1441, 1442, 1443, 1450
America, 170 Blois, 35; 678, 697
Ancona, 27; 642, 944, 972 Boemia, 33; 790, 1324, 1363
Andernach, 46 Bologna, 31; 139, 483, 486, 630,
Antiochia, 7, 65 726, 896, 925, 962, 1002,
Aquileia, 27 1003, 1005, 1010, 1011
Aragona, 16, 19, 99; 375, 499, Bonn, 46
523, 670, 783, 1044, 1047, Bordeaux, 13
1060, 1061, 1073, 1083, Borgogna, 58, 254, 281, 340, 1213,
1110, 1112, 1120 1243, 1246, 1248, 1256
Arandiga, 1107 Bova, 27
Arles, 22, 23, 96; 1211, 1255, Brabante, 97
1265, 1300 Bracon, 78,
Armenia, 89 Braganza, 20
Ascoli, 981 Brandeburgo, 737
Askenaz, vedi Germania Brescia, 1008
Asia Centrale, 57 Bridgnorth, 43
Assia, 738, 1314, 1367 Brindisi, 27; 56
Assiria, 89 Bristol, 13, 40, 43; 1143
Assisi, 1027 Britannia, 914, 1198
Asti, 27 Buda, 49
Austria, 33, 102; 40bis, 222, 342, Budapest, 1377
852, 1372, 1373, 1380 Buis, 1226
Avignone, 13; 597, 619 Bungay, 40
Ayllon, 14, 15 Bury St. Edmunds, 40

Baden, 348 Caerleon, 43


Baden-Würtemberg, 1361, 1375 Cairo, vedi Il Cairo
Bagdad, 62; 462 Calabria, 980

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Gli ebrei nel medioevo

Caltabellotta, 1022 Delfinato, 1284


Cambridge, 40, 43; 1157 Digione, 284, 1268
Candia, 1420 Dole, 1303
Canterbury, 40, 43; 749, 910, 1144 Dorset, 43
Capua, 27, 28 Dubrovnik, 1445, 1454
Carcassonne, 1249, 1251 Ducato di Milano, vedi Milano
Cardona, 48, 87 Ducato di Urbino, vedi Urbino
Carpentras, 264, 625 Dunstable, 40
Carpi, 955
Carrara, 991 East Anglia, 40
Cartagena, 9 Ebro, 13, 1102
Cascante, 109 Efeso, 7
Castel Goffredo, 1008 Egitto, 7, 57, 58, 65, 86, 110; 1473,
Casteldurante, vedi Urbania 1526
Castellon de la Plana, 1104 Eisenburg, vedi Vasvar
Castiglia, 13, 15, 77, 98, 99; 46, 263, Elvira, 10
375, 1072, 1083 Emilia-Romagna, 29; 408, 726, 961
Catalayud, 775 Epiro, 1423
Catalogna, 12, 16; 782, 1121, 1133, Eres Yisra’el, 7, 9, 88, 89, 90; 82, 88,
1210 89, 860, 861, 1478, 1482,
Catania, 27; 986 1492, 1502, 1529
Cesena, 1001 Erfurt, 45
Champagne, 35, 36; 1212, 1280, Erice, 939
1302, 1334 Espluga de Francoli, 1043
Chio, 1419 Essen, 1315
Cina, 65 Eßlingen, 348, 760
Cipro, 63; 942 Este, 985
Città di Castello, 1030 Esztergom, 49
Ciudad Real, 656, 657 Europa, 8, 13, 22, 28, 43, 45, 48, 50,
Cividale del Friuli, 27; 1040 58, 59, 67, 68, 77, 80, 83, 87,
Clermont, 33 89, 91, 92, 109; 23, 51, 121,
- sinodo, 68 122, 128, 145, 146, 148, 149,
Coblenza, 46; 250, 1411 152, 162, 172, 173, 181, 189,
Colchester, 43 191, 193, 195, 202, 219, 220,
Colonia, 44, 45, 46, 90; 66, 325, 908, 224, 229, 287, 289, 322, 580,
919, 935, 1330, 1376, 1389 668, 698, 800, 839, 903, 926,
Comitato Venassino, 22, 108; 596, 927, 928, 932, 935, 1061,
597, 620 1071, 1409
Conte di Borgogna, vedi Borgogna Evora, 19, 22
Conflent, 1084 Exeter, 40, 43; 1145
Cordova, 12, 98; 1531
Cornovaglia, 1180 Fano, 27
Costantinopoli, vedi Bisanzio Faro, 19
Costanza, 348, 760 Fehérvar, 49
Crema, 940 Ferrara, 27; 527
Cremona, 290, 952, 989, 998 Fez, 60
Creta, 517, 1416, 1417, 1418 Fiandre, 13, 17
Crimea, 89 Firenze, 31, 68, 102; 257, 274, 471,
966, 1018
Damasco, 7, 65 Fondi, 27
Danubio, 90 Forlì, 27; 1009
Darmstadt, 30 Fossombrone, 1021
Daroca, 18 Fraga, 18

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Indici

Franca Contea, 55, 1206, 1209, 1216, Harran, 463


1257, 1273 Hereford, 40, 43; 1140, 1161
Francia, 8, 9, 12, 17, 22, 23, 24, 28, 33, Huesca, 17, 18; 1057, 1058
34, 35, 36, 37, 38, 41, 47, 51, 58,
65, 66, 78, 79, 91, 95, 100, 111, Jaca, 18; 1127
112; 2, 3, 9, 74, 75, 76, 84, 93, Janina, 1423
141, 221, 297, 340, 341, 409, Jesi, 251
513, 584, 676, 712, 742, 751, Jewbury, 923
764, 772, 773, 787, 868, 873,
897, 930, 1174, 1205, 1208, Kent, 40
1210, 1214, 1215, 1221, 1227, Khaybar, 53
1228, 1229, 1232, 1236, 1247, Kiev, 52
1253, 1266, 1269, 1270, 1278, Koermend, 49
1281, 1285, 1288, 1289, 1290,
1291, 1292, 1302 Il Cairo, 1497
Francoforte sul Meno, 26, 70, 125, Imola, 478, 983
313, 1378 Impero Bizantino, 57, 61; 372,
Franconia, 97; 762, 771 1434
Friuli, 997 Impero Ottomano, 58, 100; 1432,
1436
Galilea, 1521 Impero Romano, 7, 22, 44, 53, 62;
Galles, 95 192
Gallia, 7, 10; 9, 1093 India, 57, 65
Gapençais, 318 Inghilterra, 8, 33, 38, 39, 42, 43, 91,
Genova, 27, 101; 103, 794, 957 94, 100, 104, 112; 233, 240, 268,
Germania, 7, 33, 44, 46, 47, 50, 58, 83, 269, 477, 730, 749, 772, 773, 777,
91, 93, 95, 96, 97, 103, 105, 111; 788, 807, 913, 1139, 1141, 1142,
7, 105, 168, 218, 224, 242, 245, 1149, 1159, 1160, 1164, 1168,
248, 338, 348, 519, 539, 784, 1171, 1174, 1175, 1181, 1182,
795, 842, 849, 852, 862, 872, 1183, 1185, 1186, 1187, 1188,
881, 882, 886, 889, 890, 927, 1189, 1190, 1191, 1194, 1197
1205, 1345, 1355, 1358, 1366, Ippona, 8
1367, 1369, 1383, 1386, 1393, Iran, 55, 57, 60, 61
1397, 1401, 1408 Irlanda, 95
Gerona, 715, 782, 1087 Isenburg, 738
Gerusalemme, 7, 8, 9, 88, 89, 90, 91; Isole Baleari, 9
818, 829, 834, 838, 839, 861, Israele, 109
1460, 1471, 1481, 1491, 1505, Italia, 8, 9, 23, 25, 26, 27, 28, 29, 30,
1515, 1516, 1519, 1530 31, 32, 48, 58, 64, 67, 87, 91, 95,
Gidda, 65 101, 102, 104, 108, 112, 113; 4,
Ginevra, 86 19, 36, 37, 111, 112, 124, 131,
Gloucester, 40, 43 132, 134, 140, 203, 205, 212,
Golfo Persico, 65 228, 232, 235, 243, 244, 249,
Gran, vedi Eszetrgom 256, 260, 271, 287, 288, 290,
Granada, 87, 100 300, 308, 360, 372, 402, 403,
Grasse, 25 405, 415, 429, 432, 444, 452,
Grecia, 89 486, 489, 542, 567, 568, 605,
Guarda, 19 635, 731, 808, 847, 856, 948,
Gubbio, 66; 1028 949, 951, 954, 965, 977, 979,
Guinea, 22 982, 999, 1000, 1001, 1012,
1015, 1016, 1026, 1027, 1035,
Halberstadt, 105 1038, 1039, 1455, 1529
Hanau, 738

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La guerra nel medioevo

La Mecca, 88 Merida, 9
Lacedemone, vedi Sparta Metz, 28, 46
Lago di Costanza, 492 Milano, 102; 96, 547, 941, 990
Laguardia, 1066 Mistra, 1422, 1426
Lazio, 29 Modena, 955
Las Navas de Tolosas, 12 Monte Sion, 1515
Leon, 1123 Montblanc, 673
Limoges, 34 Montecchio, 301
Lincoln, 40, 42, 43, 44; 918 Montepulciano, 259, 260
Lincolnshire, 40 Montfleury, 318
Linguadoca, 22, 23, 36, 108; 91, Montpellier, 23, 79; 508, 520, 588,
270, 532, 734, 1219, 1220, 1239, 1258, 1296
1250, 1258, 1287 Moravia, 39, 1324
Lippe, 40 Mosa, 46; 1245, 1306, 1334, 1384
Livorno, 101 Mosella, 821, 1334, 1370
Lombardia, 29 Münstermaifeld, 1333
Londra, 38, 40, 42, 44
Lotaringia, 45 Nagyszombat, 49
Lucca, 27, 111; 228 Napoli, 27, 28; 384, 740, 987
Ludlow, 43 Narbona, 23, 36; 590, 1231, 1286
Ludwigsburg, 38 Narni, 1007
Lugo, 27 Naronnies, 1225
Lunel, 23 Navarra, 13, 95; 44, 45, 71, 109, 1070,
Luni, 27 1071, 1099, 1100
Lusitania, 9 Negroponte, 1424
Lynn, 40 Neutra, vedi Nyitra
Nola, 27
Madera, 22 Nord Africa, vedi Africa
Maghreb, 22; 463, 1484 Norimberga, 1392
Magdeburgo, 736 Normandia, 38
Magonza, 28, 46, 90, 96; 770, 1319 Northampton, 43; 905, 933, 1167
Maiorca, 16; 1092, 1119 Norwich, 39, 40, 43; 693, 1170
Malta, 197 Nottingham, 43
Manosque, 96; 750, 1271, 1293 Nyitra, 49
Mantova, 27; 426
Mar Nero, 65 Oberwesel, 97; 692
Mar Rosso, 65 Occitania, 1240, 1305
Marburgo, 79 Ödenburg, vedi Sopron
Marca di Brandeburgo, vedi Bran - Ofen, vedi Buda
deburgo Ospringe, 40
Marche, 29; 255, 639, 1016, 1021 Orange, 276
Mare del Nord, 10, 281 Oria, 27; 25,
Mare Mediterraneo, 8, 9, 23; 175, 321 Orleans, 33
Marino, 606 Orte, 996
Marlborough, 43 Otranto, 27, 28
Marocco, 12, 57, 60, 100; 230, 1457 Oxford, 40, 43; 491, 926, 1153, 1195
Marsiglia, 22, 23, 25; 936, 1223, 1237
Masada, 91 Padania, 967
Massa, 991 Padova, 963, 969, 973
Massa Marittima, 27 Paesi Bassi, 8, 101; 746, 1339
Mecklenburg, 737 Palatinato, 1313
Medina, 53, 88; 1459 Palestina, 57, 58, 62, 105; 831, 832, 837,
Meno, 1359 1328, 1463, 1479, 1501, 1502, 1504

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Indici

Palma di Maiorca, 610 Regno di Ungheria, vedi Ungheria


Pannonia, 48, 49 Regno di Valencia, vedi Valencia
Parigi, 33, 36, 37, 93; 277, 702, 706, Renania, 8, 97; 237, 339
707, 711, 716, 717, 1269, Reno, 28, 35, 46, 89; 283, 323, 821, 935,
1275, 1282 1245, 1359, 1369, 1370, 1374,
Pavia, 27; 990 1384, 1410
Peloponneso, 65 Repubbliche Sovietiche, 57
Pelusio, 65 Rieti, 271
Penisola Iberica, 8, 9, 10, 11, 16, 19, Rimini, 27
23, 68, 69, 87, 91, 98, 107, 109; Roma, 7, 9, 27, 28, 29, 67, 88, 91, 101,
739, 1487 102; 100, 211, 272, 273, 479, 599,
Pergamo, 7 605, 607, 608, 609, 623, 637, 638,
Perpignano, 66; 210, 503, 916, 829, 853
1241, 1242, 1295 Romagna, vedi Emilia-Romagna
Pertuis, 25 Rossiglione, 270
Perugia, 31; 1029, 1032 Rothenburg o. d. Tauber, 922
Pesaro, 27 Rouen, 895, 929, 1252
Piccardia, 1266 Ruhr, 97
Piemonte, 29; 94, 947 Russia, 48, 49, 52; 89, 1323, 1348
Pisa, 27, 101; 130, 317, 924, 992, 994
Po, 967 San Vivaldo, 839
Poblet, 1043 Sacrajas, 12
Polonia, 33, 48, 50, 51, 102; 89, Safed, 1520
792, 1348, 1368, 1403 Saint-Remy de Provence, 906
Portogallo, 19, 20, 22, 58, 100; 90, Salerno, 27, 28
1094, 1115, 1116, 1118, 1130 Salin, 78
Posquieres, 23 Salisburgo, 1309
Poszony, 49 Salon-de-Provence, 96; 1307
Pozzuoli, 27 San Daniele del Friuli, 997
Praga, 49, 90 San Miniato, 27
Pressburg, vedi Poszony Santa Coloma de Queralt, 253, 1045,
Provenza, 8, 22, 24, 25, 26, 68, 95, 1131
96; 128, 512, 538, 661, 674, Santarém, 19, 20
750, 761, 915, 1204, 1207, Santiago de Compostela, 13, 88
1217, 1221, 1222, 1233, 1234, Saragozza, 13, 16, 18, 99
1235, 1236, 1259, 1264, 1276, Sardegna, 101; 101bis, 1025
1290, 1294, 1298 Sassonia, 779, 1385
Puglia, 31; 974, 976 Savoia, 95; 86, 947
Puicgerdà, 66 Scandiano, 950
Schlettstadt, 1382
Qayrawan, 1465, 1466 Scozia, 95
Serres, 1224
Ratisbona, 45, 90; 101, 903, 1338, 1341, Sicilia, 27, 70; 72, 97, 113, 232, 305, 307,
1342, 1344, 1392, 1394, 1406 384, 731, 958, 959, 960, 986, 1024,
Reggio Calabria, 27 1493
Reggio Emilia, 1006 Siena, 27
Regno di Francia, vedi Francia Siracusa, 27; 934
Regno di Granada, vedi Granada Siria, 7, 57, 58; 89, 1526
Regno Latino di Gerusalemme, 187 Siviglia, 98
Regno di Leon, vedi Leon Slesia, 1324, 1327, 1331
Regno di Maiorca, vedi Maiorca, Solms, 738
Regno di Navarra, vedi Navarra Soncino, 495
Regno di Napoli, vedi Napoli Sopron, 49

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Gli ebrei nel medioevo

Southampton, 1150 Trieste, 207, 267, 1023


Spagna, 7, 12, 22, 55, 58, 65, 95, 100, Tudela, 13; 261, 262, 1067, 1098
101, 112; 90, 170, 200, 361, 388, Tunisia, 57, 100
389, 391, 392, 439, 545, 584, Turchia, 57
585, 659, 765, 768, 785, 786, Turingia, 779
793, 794, 900, 1046, 1050, 1051, Tyrnau, vedi Nagyszombat
1052, 1053, 1056, 1064, 1081,
1085, 1093, 1095, 1101, 1105, Udine, 494
1109, 1111, 1114, 1128, 1129, Umbria, 29, 66; 102,
1136, 1461, 1462, 1467, 1468, Urbania, 317
1483, 1484, 1487, 1532, 1533 Urbino, 66; 292, 1034, 1036, 1037
Spandau, 898 Ungheria, 33, 48, 49, 50, 102; 56,
Sparta, 1422, 1426 1322, 1354
Spira, 28, 45, 46, 89; 932, 1319,
1346, 1351, 1388, 1401 Valencia, 16, 98; 279, 506, 1063, 1091
St. Gilles, 23 Valladolid, 15, 99
St. Goar, 1370 Valle del Po, vedi Po
Stamford, 40 Valle dell’Ebro, vedi Ebro
Stati Uniti, 105 Valle del Reno, vedi Reno
Sternberg, 737 Valles, 1132
Stoccarda, 38 Vallespir, 1084
Strasburgo, 46; 294 Vasvar, 49
Suez, 65 Vaud, 86
Suffolk, 40 Veneto, 29; 17, 963, 995
Sussex, 43 Venezia, 27, 101, 102; 282, 296, 668,
Svizzera, 12, 1390 988, 1013, 1014, 1480
Venosa, 27
Tamarite, 18 Vercelli, 1020
Taormina, 27 Verdun-sur-Garonne, 781
Taranto, 27, 28; 975 Verona, 27
Tarascona, 25, 96 Viana, 1066
Tarn-et-Garonne, 1283 Vic, 87, 275, 298
Tarragona, 9 Vienna, 912
Tarso, 7 Volterra, 30; 291
Tartaria minore, 89
Tebe, 1428, 1430 Warwick, 43
Terra d’Israele, vedi Eres Yisra’el Weissenburg, vedi Fehérvar
Terra Santa, vedi Eres Yisra’el Westfalia, 40,
Teruel, 1041 Wiener Neustadt, 1372
Tewkesbury, 43 Wiltshire, 43
Thetford, 40 Wilton, 43
Tiberiade, 80 Winchester, 40, 43
Toledo, 376, 931, 1097 Worcester, 43; 1163
Tolone, 26; 1238 Worms, 28, 46, 83, 88, 90; 337, 1319,
Tortosa, 9; 739, 1124 1325, 1326, 1388
- disputa, 18, 99
Toscana, 29, 30, 101; 317, 993 York, 41, 43, 94; 752, 1152, 1156
Trani, 28 Ypres, 13
Trento, 92, 113; 212, 669, 682, 683,
686, 687, 691 Zarfat, vedi Francia del nord
Trets, 25; 1276 Zurigo, 938
Treviri, 90; 258, 1364
Treviso, 27, 31; 207, 244

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INDICE ARGENTI PH., 1419


DEGLI AUTORI ARNAUD C., 1207
ARNOLD H., 1313
I numeri si riferiscono sempre ARNSBERG P., 1314
alla sezione “Bibliografia”. ARONIUS J., 27
ASARIA Z., 908
ASCHOFF D., 40, 1315
ABITBOL M., 1457 ASCOLI B., 1208
ABRAHAM IBN EZRA, 20, ASHTOR E., 252, 943, 944, 945, 1461,
ABRAHAM I., 142 1462, 1526, 1527
ABRAHAMS B. L., 730, 1139, 1140, ASSAF S., 702, 1420, 1421
1141 ASSIS Y. T., 253, 655, 1044, 1045,
ABULAFIA SAPIR A., 143, 144, 145, 1046, 1047, 1048, 1120
146, 546 ATKINSON M., 1151
ABULAFIA D., 321, 322, 731, 939, AUBENAS R., 734
1041 AUBRUN M., 1245
ADLER E. N., 21, 22 AUFGEBAUER P., 1316
ADLER M., 1142, 1143, 1144, 1145, AUERBACH S., 844
1146, 1147, 1148, 1149 AUSCHER J., 1209
AESCOLY A. Z., 841 AVI YONAH M., 1463
AGNEL (D’) A., 1204 AVISAR S., 353
AGUS I. A., 23, 199, 842, 1205 AVNERI Z., 7,
A IMAAZ BEN PALTIEL, 24, 25 AVRAHAM BEN DAWID HA-LEWI, 28, 29
AHMAD B., 1458 AWERBUCH M., 548
AINSWORTH W. F., 89
AKAR L., 1206 BAAS K., 892, 893
ALBERT B., 654, 732, 1042 BACHRACH B. S., 148, 149, 1049
ALBINI MANTOVANI G., 940 BACKHAUS F., 735, 736, 737, 894, 1317
ALCALÀ A., 733 BAECK L., 397
ALIBERT D., 1305 BAER Y. F., 703, 1050, 1051
ALLIN P., 1150 BAHYA IBN PAQUDA, vedi IBN PAQUDA
ALMBLADH K., 108 BAHYA
ALMOG S., 649, 720 BALLETTI A., 946
ALTMANN ALEXANDER, 147 BANITT M., 354
ALTMANN ADOLPH, 1309 BARDELLE T., 10, 947, 1318
ALTISENT A., 1043 BARDINET L., 596, 597
AMMAN H., 1310 BARKAI R., 83, 497, 1052, 1053
ANCONA (D’) YACOB, vedi YACOB BARON S. W., 150, 151
D'ANCONA BARTAL I., 216
ANDERNACHT D., 26, 1311, 1312 BARZEN R., 10, 1319, 1320, 1320bis
ANDREADES A., 1412, 1413 BARZILAI I., 398
ANGELINO C., 417, 435 BASKIN J., 201
ANGIOLINI H., 719 BAT YEOR, 1464
ANKORI Z., 1414, 1415, 1416, BATO J. L., 948
1417, 1418 BATTENBERG F., 30, 152, 323, 324,
ANNIBALDI G., 251 738, 1321
ANSELMI S., 1021 BATTLE I PRATS L., 1054, 1055
ANTONIAZZI VILLA A., 547, 941 BARRALI ALTET X., 1210
APTOWIZER V., 843 BAUER K., 325
ARAFAT W., 1459 BAUMGARTEN A. I., 462
ARBEL B., 942 BAUMGARTEN E., 202
ARCE A., 1460 BAUTIER R., 1210
ARGENTER J. A., 352 BAYLE M., 895

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Gli ebrei nel medioevo

BEA A., 598 848, 953, 954, 1425


BECKER A. H., 153 BONILAURI F., 955
BEES N., 1423 BOHNKE-KOLLWITZ J., 1330
BEINART H., 1, 657, 949 BOOKMANN H., 688
BEIT-ARIÉ M., 477 BORCHERS S., 204
BEL BRAVO M. A., 1056 BORGOLOTTO E., 205, 257, 1222
BELLI A., 355, 399 BORK R., 741
BELLOLI M. G., 818 BOUREAU A., 704
BEN-ARTZI Y., 1479 BOWMANN S., 1426, 1427, 1428,
BEN-HORIN M., 614, 1402 1429, 1430, 1431
BEN-SASSON H. H., 155 BÖNNEN G., 1325, 1326
BEN-SASSON M., 517, 845, 846, BRAMON D., 1062
1465, 1466, 1467 BRANN M., 1327
BEN SHALOM R., 1211 BRANN R., 1468
BEN ZION Y., 1530 BRASLAWSKY J., 1328
BENAYAHU M., 1420, 1421 BRAUDE B., 1432, 1436, 1500
BENAYOUN C., 116, 154 BRAUNN W., 38
BENEDICTO GRACIAS E., 1057, 1058 BRESC H., 956
BENISCH A., 89 BRETHOLZ B., 39
BENNER S., 1212 BREUER M., 7, 720, 849, 1329, 1330
BENJAMIN S., 35 BRILLING B., 40, 1331
BENUZZI A., 896 BRIZZOLARI C., 957
BENVENUTI PAPI A., 684 BROCKE M., 898
BEREND N., 1322 BROWE P., 326, 601, 677
BERGER D., 549, 550, 551 BROWN E. A. R., 742
BERGONZONI D., 950 BRUGGER E., 40BIS
BERLINER A., 599 BRUNDAGE J., 327
BERND M., 757 BRUNSKILL E., 1152
BERNER L., 1059 BUCARIA N., 958, 959, 960
BERNHEIMER C., 1424 BURGARD F., 10, 117, 258, 731, 736,
BERNSTEIN N., 31 745, 748, 758, 761, 770, 778,
BERTINORO (DA) OVADIAH, vedi 784, 792, 795, 1332, 1333, 1334
OVADIAH DA BERTINORO BURMEISTER K. H., 157, 1335
BINYAMIN DA TUDELA, 32, 33, 34, 35 BURNS R. I., 1063, 1064
BIRNBAUM H., 1323 BUSI G., 33, 88, 118, 406, 407, 408,
BLASCO MARTINEZ A., 739, 1060, 1061 479, 840, 961
BLAU J., 356, 357 BUSQUET R., 1223
BLOCH H., 1213 BUTTARONI S., 685
BLUMENKRANZ B., 2, 3, 156, 254, BÜCHLER A., 1336
552, 553, 554, 555, 556, 557,
600, 658, 796, 895, 897, 907, CABALLERO NAVAS C., 41
1214, 1215, 1216, 1217, 1218, CAMPANINI A., 962
1219, 1220, 1221 CANALS PIÑAS J., 358
BLUMENTHAL D., 868 CANTERA BURGOS F., 899, 900
BOESCH GAJANO S., 605, 951 CANTERA MONTENEGRO E., 1065
BÖHMER R., 938 CAPSALI E., 42
BOKSENBOIM Y., 36, 37 CARDINI F., 818
BONAZZOLI V., 255, 256, 740, 1021 CARDONER PLANAS A., 498, 499, 901,
BONDONI S., 408 1075
BONDY G., 1324 CARLEBACH J., 218, 242
BONETTI C., 952 CARMEL A., 1479
BONFIL R., 203, 400, 401, 402, 403, CARMOLY E., 500, 1433
404, 405, 478, 827, 829, 847, CARPI D., 4, 259, 260, 963, 964

258
ebrei 272pag. x ciano ebod 5-02-2010 11:27 Pagina 259

Indici

CARPENTER D. E., 43 CONGEDO M., 818


CARRASCO PÉREZ J., 44, 45, 119, CONSONNI M., 5, 19
261, 262, 1066, 1067, 1068, COOPERMAN B. D., 979, 1076
1069, 1070, 1071 CORBELLA I LLOBET R., 1077
CARRETE PARRONDO C., 46 CORSI P., 976
CASANOVAS MIRÒ J., 47 COULET N., 266, 750, 906, 1233,
CASAS NADAL M., 48 1234, 1235, 1236
CASSANDRO M., 965 COURBAGE Y., 1477
CASSUTO D., 902 CRAMER A., 1154
CASSUTO U., 359, 966 CREMIEUX A., 1237, 1238
CASTALDINI A., 967 CUOMO L., 360
CASTAÑO GONZALEZ J., 263, 1072, CUTLER A. H., 564, 603
1073, 1074
CASTELLANI C., 264 DAHAN G., 409, 501, 565, 566, 706,
CASTELLI E., 968 707, 751, 907
CAVACIOCCHI S., 1397 DALLMEIER M., 1343
CESSI R., 969 DASBERG L., 329
CHALEZAS G., 1220 DAVID A., 1478, 1479, 1480, 1481, 1482
CHARANIS P., 1434 DAVIDE M., 207
CHARTRAIN F., 10, 1224, 1225, DAVIDMAN L., 208
1226, 1227 DAVIDSOHN H., 410
CHAZAN R., 49, 158, 265, 558, 559, DAVIS M. D., 1155
602, 678, 705, 743, 744, 809, DE BENEDETTI STOW S., 367
810, 811, 1228, 1229, 1230, DE BOFARULL Y SANS F., 1078
1231 DE HERVAS M., 1080
CHIAPPERI S., 970 DE MENACA M., 1081
CHIUPPANI G., 971 DE ROSA A., 123
CHORAQUI A., 1469 DE ROSSI G. B., 480, 481
CIAVARINI C., 972 DEL VALLE C., 361
CISCATO A., 973 DEBUS K. H., 1346
CLUSE C., 10, 120, 121, 122,172, DELCOR M., 1082
173, 224, 333, 464, 679, 745, DEMANN P., 680
746, 747, 748, 776, 903, 926, DI BENEDETTO G., 976
928, 932, 1061, 1070, 1071, DI SEGNI R., 411
1074, 1212, 1319, 1325, 1333, DIAGO H. M., 1083
1337, 1338, 1339, 1340, 1368, DIESTELKAMP B., 681
1467 DIETER S., 681
CODREANU-WINDAUER S., 903, 1341, DIETZ A., 1347
1342, 1343, 1344 DILCHER G., 330
COHEN A., 1470, 1471, 1472 DINARI Y. A., 852
COHEN D. J., 850, 1345 DITO O., 980
COHEN E., 851 DOBSON R. B., 752, 1156, 1157
COHEN J., 206, 560, 561, 562, 563, DONNOLO SHABBETAI, 50
812, 813 DOODS J., 1105
COHEN M. L., 1232 DOPPELFELD O., 908
COHEN M. R., 159, 1473, 1474, DÖLEMEYER B., 324
1475, 1476 DÖLGER F., 1435
COHEN S., 1153 DRORY R., 362
COHN-SHERBOCK D., 749 DUBNOW S., 160, 1348
COLAFEMMINA C., 25, 124, 904, DUHAMEL-AMADO CL., 1239
974, 975, 976 DUKAM M., 481BIS
COLLINS A. J., 905 DURANTI DE LA CALADE J., 909
COLORNI V., 328, 977, 978 DURISSINI D., 267

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Gli ebrei nel medioevo

DUVERNOY J., 1240 FRAY J., 1244, 1245


DWORSKY F., 1324 FREEDMAN A., 363
FREGNI E., 984
EBENBAUER A., 161, 1357 FREIMARK P., 1311
ECKERT W. P., 682, 1349 FREUDENTHAL G., 414
EDWARDS J., 51, 162, 659 FRIED P., 1400
EDWARDS L., 1158 FRIEDENBERGER D. M., 1354
EFRAYM VON BONN, 52 FRIEDENWALD H., 505
EFRON J. M., 502 FRIEDHABER Z., 415
EFROS I., 412 FRIEDMAN M., 1530
EIDELBERG S., 53, 1350 FRISS A., 57
EINBINDER S. L., 209, FROJMOVIC E., 569
EISEN R. J., 413 FRY H., 1180
ELBOGEN I., 7, FUBINI R., 274
ELIAS M., 604 FUKS L., 364
ELMAN P., 268, 269, 753 FUNKENSTEIN A., 164bis
EMERY R. W., 210, 503, 1084, FUSS A. M., 1159
1241, 1242
ENGEL E., 741 GAFNI I., 216
ENGELS C., 1351 GALANTE A., 1438
ENGLISH E. D., 439, 1109 GALASSO C., 131, 203, 205, 212, 228,
EPALZA (DE) M., 1085 232, 244, 249
EPISTEIN M. A., 1436, 1437 GALLANA C., 985
ERB R., 343, 721, GAMPEL B. R., 1086
ESPOSITO A., 211, 212, 271, 272, GARCIA ANGELINA, 506
273, 605, 606, 607, 608, 609, GARCIA ARCADIO, 275,
683, 684, 685, 686, 686bis, GARCIA-ARENAL M., 1486, 1487
853 GARCÌA-BELLESTER L.., 507, 508, 509
ETTINGER S., 1352 GAROLETTE PH., 1440
GARRUTO E., 205
FABIANI G., 981 GARVIN B., 979
FAIVRE-RAMPANT N., 1243 GASPARRI F., 276
FALBEL N., 54 GASTER M., 416
FALK Z. W., 213 GATTI R., 417
FARGUES PH., 1477 GAUDIOSO M., 986
FAUR J., 504, 854 GAUTHIER L., 58, 1246
FEIN L., 163 GAYRAUD H., 570
FELIU E., 507 GEISEL C., 1247
FERORELLI N., 982 GEISSLER K., 1355
FERRE L., 507 GENSINI S., 839
FERRI A., 983 GERBER J. S., 1488
FIERRO BELLO M. I., 391, 463, 1483, GERSON A., 1248
1484 GHETTA F., 687
FINKELSTEIN L., 164 GIANNARELLI E., 684
FIORAVANTI G., 567, 568 GIBERTI M., 983
FISHBANE M., 848, 855 GIBMEYER A., 727
FISCHEL W. J., 1485 GIL M., 1489, 1490, 1491, 1492,
FISCHER H., vedi MAIMON A. 1493, 1494
FLEISCHER E., 856, 857, 858 GILBERT M., 8, 1495
FOHLEN J., 55 GILCHRIST J., 814
FONSECA C. D., 124 GILOMEN H., 165, 754
FRANK D., 1474, 1533 GINZBERG L., 859
FRASCADORE A., 56 GIRBAL E. C., 1087

260
ebrei 272pag. x ciano ebod 5-02-2010 11:27 Pagina 261

Indici

GIURA V., 987 127, 171, 172, 173, 333, 731,


GLATZER M., 59 736, 745, 747, 748, 758, 761,
GLICK T., 1105 770, 778, 784, 792, 795, 800,
GODEFROY M-F., 1249, 1250, 1251 817, 911, 1070, 1212, 1256,
GOITEIN S. D., 214, 332, 510, 797, 1319, 1320, 1325, 1332, 1333,
1496, 1497, 1498 1334, 1338, 1340, 1345, 1358,
GOLB N., 798, 815, 1252 1364, 1365, 1366, 1368, 1369,
GOLD N., 830 1384, 1396, 1401, 1407
GOLDIN S., 215, 216, 1356 HAVERKAMP E., 65
GÓMEZ ARANDA M., 511 HAYEZ A. M., 619
GOÑI GAZTAMBIDE J., 610 HAYEZ M., 619
GONZALO MAESO D., 365 HAYNES S. R., 173bis
GOODMAN L. E., 418, 419, 420, HEAD-KÖNIG A., 754
421 HEIL J., 258
GOW A. C., 571 HELGERT H., 912
GÖRRES F., 611 HERDE P., 1367
GRABOÏS A., 59bis, 277, 572, 722, HERFORD R. I., 174
1253 HEYDE J., 1368
GRAETZ H. H., 166 HEYEN F. J., 1365, 1370
GRAU I MONTSERRAT M., 1088, 1089 HIDIROGLOU P., 1254
GRAUS F., 755, 756, 757, 1357, HILDENFINGER P., 1255
1358 HILLABY J., 913
GRAYZEL S., 60, 612, 613, 614, 615, HINOJOSA MONTALVO J., 279, 1091
616, 617, 618, 660, 799 HINTON D. A., 914
GREENBERG M., 366 HIRSCHBERG H. Z., 1503
GREGG J. Y., 167 HITCHOCK R., 392
GREIN G. J., 1359 HOFFMAN L. A., 863
GROSS C., 1160 HOFFMANN M., 280
GROSS H., 9 HOLTMANN A., 10, 281, 1256, 1257,
GROSSINGER H., 573 1257bis
GROSSMAN A., 168, 169, 217, 218, HOLTZE F., 759
219, 860, 861, 862, 1499 HOLTZMAN W., 334
GRÖZINGER K. E., 125, 313, 330, HONEMANN V., 688
889 HOOD J. Y. B., 575
GRUENWALD I., 422, 423 HOROWITZ ELIOTT, 174bis, 220
GRUZMAN A., 1120 HOROWITZ ESTER, 851
GUGGENHEIM Y., 7, 333, 1360 HÖDL S. 222
GUTTMANN J., 574 HÖNIGER R., 66
GUTTMANN JOSEPH, 482, HÖRBURGER H., 760
GÜDEMANN M., 425 HUNT R. W., 1164
HUSIK I., 427
HACKER J., 1500, 1501, 1502
HAES F., 910, 1161, 1162, 1163 IANCOU C., 1258, 1263
HAGE H., 1343 IANCOU-AGOU D., 128, 512, 513, 514,
HAHN B., 278 515, 516, 761, 801, 915, 916,
HAHN J., 1361 1259, 1260, 1261, 1262, 1263,
HALICZER S., 1090 1264, 1265
HANISCH W., 1362 IBN PAQUDA BAHYA, 67
HARBOUN H., 61, 62, 63, 64 IBN VERGA SALOMON, 68
HARRAN D., 426 IDEL M., 428, 429, 869
HARRIS M. H., 170 INSOLL T., 1341
HAUSMANN A., 1363 INVERNIZZI C., 990
HAVERKAMP A., 10, 117, 120, 126, IOLY ZORATTINI P. C., 1026

261
ebrei 272pag. x ciano ebod 5-02-2010 11:27 Pagina 262

Gli ebrei nel medioevo

ISH-SHALOM M., 1504 KEIL M., 222, 223, 224, 1371, 1372,
ISAACS A. L., 1092 1373
ISOPPO L., 317 KELLENBENZ H., 283, 1374
IRSIGLER F., 1369 KERHERVÉ J., 1282
IZRAEL R., 1505 KERKOFF J., 1375
KING P. D., 1096
JACOB W., 615 KIRMAIER J., 1329
JACOBY D., 175, 282, 517, 917, KISCH A., 711
1441, 1442, 1443 KISCH G., 336, 337, 338
JACOBS J., 1165 KISTER M. J., 1507
JACKSON B. S., 332 KLEIN T., 723
JACOPETTI IRCAS N., 991 KLING C., 284
JAMEELAH M., 1506 KNIEWASSER M., 576
JANIN R., 1444 KOBER A., 339, 919, 1376
JANKRIFT K. P., 518 KOBLER F., 69
JEHUDAH BEN MOSHE BEN DANIEL KOHN R., 340, 520, 764, 868, 1268,
ROMANO, 367 1269, 1270
JELLINEK A., 430 KOMLOS O., 1527
JENKINSON J., 1166 KOMOROCZY G., 1377
JENKS S., 762 KOOK S., 712, 831
JOHANEK P., 1337 KOSCHE R., 10, 1340
JOHNSON C., 918 KRACAUER I., 70, 1378
JOLLES M., 1167 KRAEMER J. L., 431
JONES A., 392 KRAUSS S., 521
JOHNSON T., 927 KRAUSZ A., 370
JOHNSTONE P., 524 KRAUTHEIMER R., 920
JORDAN W. C., 221, 620, 709, KREKI © B., 1445
1266, 1267 KREUTZ B., 10
JOST J. M., 1433 KRIEGEL M., 178, 661, 662, 765, 766,
JUSTER J., 335 869
JÜTTE R., 519 KÜCHLER W., 663
KÜNZ H., 921
KAHLENBERG F., 1370 KWASMAN T., 922
KAMEN H., 763
KAMENETZKY A. S., 368 LACAVE J. L., 71
KAMPE N., 756 LACERENZA G., 432, 438, 608
KANARFOGEL E., 225, 226 LAGUMINA B., 72
KAPLAN J., 11 LAGUMINA G., 72
KAPLAN YEHIEL, 864 LAMPERT L., 179
KAPLAN YOSEPH, 789 LANDAU L., 95
KARNAFOGEL E., 865 LANGERMAN Y. T., 433, 522
KATSCH A. I., 660 LANGMUIR G., 341, 577, 578, 689,
KATZ D., 789 690, 724, 1168
KATZ D. E., 176 LAPIDUS I. M., 1497
KATZ E., 369 LAPPIN E., 1372, 1373
KATZ J., 177, 227, 866, 867 LATTES M., 832
KATZ S., 621, 1093 LAVOIE R., 1271
KAUFMANN D., 623 LAZARD L., 1272
KAUFMANN U., 12 LEAMAN O., 434
KAYSER F., 622 LEHMANN H., 911, 1360, 1383
KAYSERLING M. M., 1094 LEHMANN M. B., 371,
KEDAR B. Z., 710 LELLI F., 429, 435, 436
KEDOURIE E., 1095 LEON TELLO P., 1097

262
ebrei 272pag. x ciano ebod 5-02-2010 11:27 Pagina 263

Indici

LEONARD G. H., 767 MAGNOLI G. B., 998


LERNER R. E., 870 MAI G., 723
LEROY B., 768, 769, 1098, 1099, MAIMON A., 7, 331, 1353
1100, 1101, 1102 MAIRE VIGUER J., 683
LEVANON Y., 833 MALKA M. R., 293
LEVTZION N., 1508 MALKIEL D., 819
LEVY A., 1273 MALTZEOU CH., 1443
LÉVY E., 73, 1274 MANN J., 180
LÉVY I., 74, 75, 76 MANN V. B., 1105
LEVY M., 3 MANNIX P., 926
LEWIN L., 1446 MANOR G., 415
LEWINSKY A., 624 MARCUS I. G., 15, 181, 229, 580, 820,
LEWIS B., 709, 1432, 1436, 1500, 872
1509, 1510, 1511 MARCUS J. R., 81
LICHTENSTADTER I., 1512 MARGOLIOUTH D. S., 1513
LIEBESCHUTZ H., 816 MARIN PADILLA E., 1106, 1107, 1108
LILLEY J. M., 923 MARTIN J. D., 182
LINDER A., 77, 871 MARTÌNEZ LOSCOS C., 523
LIPMAN V. D., 1169, 1170, 1171 MASSIGNON L., 1514
LIPTON S., 725 MAUGERI V., 955
LISCIA BEMPORAD D., 437 MAZZAMUTO S., 1024
LITTLE L. K., 285 MCMICHAEL S. J., 581
LITTMANN E., 1379 MEDAM A., 154
LLORCA B., 664 MEEKINGS C. A. F., 1172
LOEB I., 78, 625, 713, 1275 MELLINKOFF R., 182bis
LOEVINSON E., 626 MENACHE S., 169, 183, 772, 1173
LOGAN F. D., 802 MENKÉS F., 1276
LOHRMANN K., 342, 1380, 1381 MENTGEN G., 117, 294, 692, 727, 731,
LOLLINI F., 483, 726 736, 748, 758, 761, 770, 773,
LÓPEZ MARTINEZ N., 665 778, 784, 792, 795, 821, 822,
LOSEMANN V., 723 1174, 1277, 1382
LOTTER F., 770, 771, 817 MERCHAVIA C., 582, 714
LOURIE E., 1103 MERZ H., 922
LOEWENTHAL E., 13 ME ULLAM DA VOLTERRA, 82
LONARDO P. M., 992 METZGER T., 485
LOSEMANN V., 723 MEYERHOF M. D., 524
LOTTER F., 343, 344, 345 MEYERSON M. D., 439, 1109
LÖWENSTEIN U., 79 MEYUHAS GINIO A., 184
LUCAS L., 627 MICHELINI TOCCI F., 440
LUZZATI M., 124, 129, 130, 131, MIKAT P., 346
132, 203, 205, 212, 228, 232, MILANO A., 16, 964, 999
244, 249, 286, 287, 288, 289, MILLÀS VALLICROSAS J. M., 295, 715,
290, 291, 669, 675, 818, 924, 900
925, 960, 993, 994 MILLER R. W., 374
LUZZATI LAGANÀ F., 438 MINERVINI L., 34, 375
LUZZATTO A., 4, 484, 995, 996 MINTY M., 583, 823, 927
LUZZATTO F., 997 MIRANDA GARCIA F., 44, 133, 230
LUZZATTO G., 292 MIRRER L., 239
MODONA L., 486
MACCOBY H., 579 MOLDAVI M., 4
MACIAS K., 14 MOLINARI F., 628
MAGDALENA NOM DE DEU J. R., 80, MONTANARI D., 1000
1104 MORENO KOCH Y., 83, 230

263
ebrei 272pag. x ciano ebod 5-02-2010 11:27 Pagina 264

Gli ebrei nel medioevo

MORPURGO E., 17 PARAVICINI BAGLIANI A., 683


MORTARA OTTOLENGHI L., 484, 487, PARENTE F., 136, 137, 138, 584
488 PASSERAT G., 781, 1283
MOTIS DOLADER M. A., 775, 1110 PASSINI J., 931
MOTTA E. A., 525 PATRONI GRIFFI F., 982
MÖHRING H., 774 PAZZINI M., 834
MÖSCHTER A., 10, 1000bis PEARCE K., 1180
MÖTSCH J., 1365 PEARL E., 1181
MUELLER R., 296 PELLEGRINI P., 1007
MULDOON J., 629 PEÑA (DE LA) E., 632
MULÉ N., 934 PERANI M., 123, 139, 984, 1008
MUNDILL R. R., 777, 778, 1175, PERARNAU I ESPELT J., 667
1176, 1177, 1178, 1179 PEREZ DE URBEL J., 1114
MUNKASKY E., 489 PERLMANN M., 530
MUNTER S., 50, 528 PETAHYA BEN YAAQOV DA REGEN-
MUSCA G., 824 SBURG, 89
MUSIAL S., 685 PEZZANA A., 13
MUZZARELLI M. G., 134, 630, 726, PFLAUM H., 379
1001, 1002, 1003, 1004, 1005 PIATTELLI D., 136
MÜLLER J., 10, 776 PICCIOTTO C. M., 1182
MÜLLER K., 350, 928 PIMENTA FERRO TAVARES M. J., 1115,
MÜLLER T., 10 1116, 1117, 1118
MÜNSTER L., 347, 526, 527 PINES J., 531
MÜNZ I., 529 PISA F., 300
MYERS S. E., 581 PO-CHIA HSIA R., 911, 1360, 1383
POLIAKOV L., 633, 728, 729
NAHON G., 84, 297, 409, 873, 929, POLLINS H., 1183
930, 1278, 1279, 1280, 1281, PONS A., 1119
1282, 1290 POOLE R. L., 634
NARKISS B., 490 POORTHUIS M. J. H. M., 247
NEMOY L., 660 PORSCHE M., 932
NEUBAUER A., 85, 491, 631 PRAWER J., 187, 803, 861, 1515
NEUFELD S., 779 PROSPERI A., 635
NEUMANN A. A., 1111 PRUDHOMME A., 1284
NICOLAS E., 409, 751 PULLAN B., 668
NIEWÖHNER F., 709
NIRENBERG D., 1112, 1113 QUAGLIONI D., 212, 669, 686, 686bis
NORDMANN A., 86
RABINOWITZ L. I., 835, 1285
OLIVARI M., 129, 666 RABINOWITZ Z. M., 874
OLLICH I CASTANYER I., 87, 298 RADEFF A., 754
ORFALI M., 376 RAPHAEL D., 90
ORTEGA MONASTERIO M. T., 377 RAPPAPORT-ALBERT A., 217
OSIER J. P., 107 RAMIREZ VAQUERO E., 44
OVADIAH DA BERTINORO, 88 REED A. Y., 153
OVERDICK R., 348 REGENSBURG (DA) PETAHYA BEN YAAQOV,
OVRUT B. D., 780 vedi PETAHYA BEN YAAQOV DA
REGENSBURG
PADOA L., 1006 REGNÉ J., 670, 1120, 1286
PADOVAN M., 135, 460, 471 REICHERT W., 10, 294, 1384
PAGIS D., 378 REIDEL H., 1343
PAKTER W. J., 349 REIF S. C., 491BIS
PARKES J. W., 185, 186, 299 REINACH S., 671

264
ebrei 272pag. x ciano ebod 5-02-2010 11:27 Pagina 265

Indici

REINER E., 1516 SAITTA B., 786


REMBAUM J. E., 636 SALL M S. M., 1518
RENAN E., 441, 875 SAPERSTEIN M., 876
RENDA F., 672 SARASSO T., 1020
REVEL-NEHER E., 442 SAVELLI R., 1021
REVERCHON A., 10, 1212, 1334 SCANDALIATO A., 231, 232, 934, 1022
RICHARDSON H. G., 1184 SCHÄFER P., 587, 1479
RICHLER B., 491TER SCHEIL A. 1197
RICHMOND C., 1185 SCHEIN S., 1519
RICHTERING H., 40, 1311 SCHIFFMANN S., 1388
RIGAUDIER A., 1282 SCHILLER E., 1505
RIERA I SANS J., 673, 782, 783, SCHILLING K., 1374
1121, 1122 SCHMANDT M., 10, 935, 1340, 1389
RIES R., 784, 1385 SCHMIDT M., 343, 721
RIGG J. M., 1186 SCHMITT J., 804
RILEY-SMITH J., 825 SCHMITZ R., 32
RINALDI E., 1009 SCHNABEL-SCHÜLE H., 727
RINALDI R., 1010, 1011 SCHOLEM G., 445, 446, 447
ROBERTS M., 933 SCHREIBER A., 1336
RODOCANACHI E., 637, 638 SCHUBERT E., 1316
RODRIGUEZ-FERNANDEZ J., 1123 SCHULIN E., 757
ROFÉ A., 964 SCHWAB M., 302, 303
ROJTMAN P., 116, 154, 781 SCHWART J., 247
ROKEAH Z. E., 693, 1187, 1188, SCHWARZ SAMUEL, 1130
1189, 1190, 1191, 1192, 1193 SCHWARZFUCHS SIMON, 9, 189, 282,
ROMANO D., 532, 1124, 1125, 448, 787, 827, 877, 1288, 1289,
1126, 1127, 1517 1290, 1291, 1478, 1520, 1521
ROMANO G., 18, SCRIBNER B., 927
ROMANO JEHUDAH BEN MOSHE BEN SECALL I GÜELL G., 1131, 1132
DANIEL, vedi JEHUDAH BEN MO- SECRET F., 535
SHE BEN DANIEL ROMANO SÉD-RAJNA G., 93, 449
ROOS L., 826, 1386 SEGRE M., 536
ROSENTHAL J. M., 716 SEGRE R., 94
ROSNER F., 533 SEIBT F., 1315, 1349
ROTH C., 188, 534, 694, 695, 1012, SELA S., 537
1013, 1014, 1194, 1195, 1196 SELBOURNE D., 106
ROTH N., 443, 785, 1128, 1129 SEPTIMUS B., 1133, 1134
ROTHKRUG L., 1387 SERMONETA G., 450, 451, 452
ROTSCHILD J. P., 380 SEROR S., 233, 1292
RUBIN M., 696 SEROUSSI E., 381
RUDERMAN D. B., 444 SESTIERI L., 836
RUGGINI L., 1015 SHABBETAI DONNOLO, vedi DONNOLO
RUSTOW M., 1517bis SHABBETAI
SHALEV-EYNI S., 492
SACCHETTI G., 1019 SHARF A., 453, 1447, 1448, 1449,
SAFFIOTTI BERNARDI S., 301, 639, 1450
1016 SHARON M., 1522
SAIGE G., 91, 1287 SHATZMILLER J., 234, 304, 538, 539, 540,
SALFELD S., 92 541, 588, 674, 805, 1293, 1294,
SALOMON IBN VERGA, vedi IBN VER- 1295, 1296, 1297, 1298, 1299
GA SALOMON SHERIRA GAON, 95
SALVADORI R. G., 1017, 1018, 1019 SHOHET D. M., 878
SANTIAGO-OTERO H., 585, 586 SHULVASS M. A., 190

265
ebrei 272pag. x ciano ebod 5-02-2010 11:27 Pagina 266

Gli ebrei nel medioevo

SKINNER P., 235, 542, 914, 1198 TALMAGE F. E., 593


SIDDIQI A. H., 1523 TAMANI G., 124, 140, 387, 466, 467,
SIGNER M. J., 191, 800 494, 495, 544
SIMON M., 192 TAMAR D., 1529
SIMON U., 382 TANENBAUM A., 388
SIMÓN DE GILLEUMA J. M., 543 TANI D., 1530
SIMON-PIKALI E., 1472 TARANTINO A., 960
SIMONSOHN S., 5, 19, 96, 97, 98, TASCA C., 101bis, 1025
305, 383, 454, 640, 641, 642, TEICHER J. L., 389
806, 837 TEMKO A., 717
SINGER S. A., 788 TENA TENA P., 838
SIRAT C., 455, 456, 457, 458 TENNENBAUM S., 208
SMAIL D., 936 TERRACINA S., 545
SOLOVEITCHIK H., 459, 879, 880, 881 THEUROT J., 1303
SPARTI A., 307 TOAFF A., 102, 308, 309, 468, 469,
SPARTI B., 460 698, 1026, 1027, 1028, 1029,
SPIEGEL M., 160 1030, 1031, 1032, 1478
SPIEGEL S., 697 TOBI Y., 1530
SPIEGEL Y. S., 236 TOCH M., 195, 242, 310, 311, 312,
STACEY R. C., 789, 807, 1199, 313, 1396, 1397, 1398, 1399
1200, 1201 TODESCHINI G., 134, 243, 314, 315,
STAMPFER N., 1488 1026, 1033
STARR J., 808, 1451, 1452, 1453 TOUATI C., 1290
STEIN S., 589, 590 TOVEY DE BLOISSIERS, 1203
STEINBERG A., 1390 TRACHTENBERG J., 699
STEINDLER L., 591 TREML M., 312, 888, 1329
STEINHERTZ S., 790 TREUE W., 10, 700
STEINSCHNEIDER M., 386, 493 TROISE P. P., 316
STERN M., 66, 85, 99, 643, 1391, 1392 TUILIER A., 718
STILLMAN N., 1524 TWERSKI I., 390, 803, 883, 884, 1304
STOBBE O., 1393
STOBER S., 1525 URBACH E., 885
STOCK M., 1023 URBANI R., 103
STOUFF L., 1300
STOW K. R., 60, 100, 193, 237, VAJDA G., 470
592, 644, 645, 646, 647, 648, VALVO A., 467
649, 675 VAN HENGEN J., 191, 800
STRAUS R., 101, 1024, 1394 VENTURA R. D., 937
STRAUSS H., 756 VERNET F., 651, 652
STRAUSS-ASHTOR E., vedi ASHTOR E., VERONESE A., 82, 129, 244, 291, 317,
STREIT K. T., 1202 471, 834, 839, 840, 1034, 1035,
STRICKLAND D. H., 194 1036, 1037, 1038
STROUMSA S., 461, 462, 463, 464 VETERE B., 818
SUAREZ BILBAO F., 1135, 1136, 1137 VICAIRE M. H., 594, 1219
SWARTZ M., 1528 VIDAL MANZANARES C., 104
SYNAN E. A., 650 VIGUER M-C., 1305
SZAPIRO E., 1301 VIVANTI C., 288, 309, 1039
SZARMACH P. E., 465 VIVIAN A., 140
VOLKERT W., 1400
TA-SHMA I., 241, 882, 1395 VOLPATO A., 609
TADI© J., 1454 VOLTMER E., 1401
TAITZ E., 1302 VOLTERRA (DA) ME ULLAM, vedi ME UL-
TALLAN C., 238, 239, 240 LAM DA VOLTERRA

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ebrei 272pag. x ciano ebod 5-02-2010 11:27 Pagina 267

Indici

VON FALKENHAUSEN V., 1455 ZIWES F., 126, 250, 795, 1332, 1396,
VON MUTIUS H., 52 1407, 1410, 1411
VOORDECKERS E., 1456 ZONTA M., 475, 476
ZUBILLAGA GARRALDA M., 45, 109
WACKER B., 258 ZUCKER M., 891
WAMERS E., 894 ZUNZ L., 395, 396
WASNER F., 653
WASSERSTEIN D. J., 391, 392, 1531,
1532, 1533
WASSERSTROM S. M., 1534
WAXMAN M., 393
WEIGAND W., 888
WEIL G., 318, 1306
WEIN B., 196
WEINRYB B. D., 1402, 1403
WENNINGER M., 319, 791, 1404, 1405
WERNHAM M., 1307, 1308
WESTREICH E., 245, 246
WETTINGER G., 197
WIEDL B., 40BIS
WIENER M., 105
WIJACZKA J., 792
WILD D., 938
WILENSKY S. H., 869
WILKE C. L., 1138
WILLIAMSON C. W., 595
WILLOWEIT D., 350
WITTMER S., 1406
WITTSTADT K., 350
WOLFSON H., 472, 473
WOOLF J. R., 247

YACOB D'ANCONA, 106


YARDENI M., 141, 341, 662, 1253
YERUSHALMI Y. H., 474, 676
YOSEF BEN YEHOSHUA HA-KOHEN,
107, 108
YUVAL I. J., 120, 248, 333, 701, 828,
886, 887, 888, 889, 1070, 1212,
1319, 1325, 1338, 1368, 1407

ZACOUR N., 351


ZATELLI I., 437
ZATLOUKAL K., 161, 319, 1357, 1405
ZAZZU G. N., 103, 793, 794
ZDEKAUER L., 320
ZEDNER J., 496
ZELDES N., 249
ZENAROLA PASTORE I., 1040
ZIEGLER W., 1400
ZIMMER E., 198, 890, 1408, 1409
ZINBERG I., 394
ZIPPERSTEIN S. J., 217

267
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INDICE GENERALE

GLI EBREI NEL MONDO MEDIEVALE

1. La diaspora ebraica tra periodo ellenistico-romano


e primi secoli del Medioevo . 7
2. Gli ebrei nell’area mediterranea:
Spagna, Francia meridionale, Italia 9
3. Gli ebrei del nord Europa: Francia del Nord,
Inghilterra, Germania, Europa Orientale e Russia 33
4. Gli ebrei nei paesi islamici 53
5. Gli ebrei nell’impero bizantino 61
6. Aspetti della vita economica, sociale e culturale 65
7. La condizione giuridica degli ebrei
nei paesi cristiani e nei paesi musulmani 79
8. Viaggi e pellegrinaggi 87
9. Le Crociate 89
10. Deterioramento della condizione ebraica
tra XII e XIV secolo 91
11. Persecuzioni ed espulsioni
alla fine del Medioevo 93

PANORAMA STORIOGRAFICO 103

BIBLIOGRAFIA 117

CAPITOLO 1 – OPERE GENERALI 118


1.1 Repertori, enciclopedie, atlanti 118
1.2 Fonti e raccolte di fonti 119
1.3 Atti di convegno 126
1.4 Opere di carattere generale 130
1.5 Strutture familiari,
figli e ruolo della donna 134
1.6 Credito, banchi di prestito,
commercio e attività artigianali 138
1.7 Il diritto degli ebrei e la posizione giuridica
degli ebrei 145
1.8 Lingua e letteratura ebraica 148
1.9 Cultura ebraica
(filosofia, arti, musica, pensiero) 151
1.10 Manoscritti e libri 157
1.11 Scienza e medicina, medici ebrei 159
1.12 Dialogo e polemica ebraico-cristiana,
antigiudaismo cristiano 163
1.13 La Chiesa e gli ebrei,
gli ebrei nei territori soggetti alla Chiesa 167
1.14 L’inquisizione e gli ebrei 171
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1.15 Accuse di omicidio rituale


e di profanazione dell’ostia 173
1.16 Attacchi al Talmud 175
1.17 Stereotipi antisemiti e antisemitismo 176
1.18 Persecuzioni ed espulsioni 177
1.19 Conversioni forzate,
conversioni dall’ebraismo e all’ebraismo 184
1.20 Ebrei e crociate 185
1.21 Viaggi e pellegrinaggi 187
1.22 Religiosità, rabbinato e ritualità 188
1.23 Quartieri ebraici, sinagoghe,
cimiteri, ospedali, archeologia ebraica 192

CAPITOLO 2 –
GLI EBREI NEI SINGOLI CONTESTI GEOGRAFICI 196
2.1 Italia 196
2.2 Penisola Iberica 204
2.3 Inghilterra 211
2.4 Francia 216
2.5 Germania, Austria, Svizzera ed Europa Orientale 224
2.6 Impero bizantino 235
2.7 Paesi islamici 238

INDICE DEI NOMI DI PERSONA 245


INDICE DEI NOMI DI LUOGO 251
INDICE DEGLI AUTORI 257
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