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GEOGRAFIA CULTURALE

HATIKVA
La geografia religiosa nasce nel Medioevo con lo scopo di mettere su carta i luoghi
descritti nella Bibbia, in cui non ci sono solo luoghi geografici, toponimi, ma anche
luoghi come il Gan Eden, la Gerusalemme Celeste, il Ghemon (in alcune carte c’è anche
la Torre di Babele); man mano che i reperti portavano alla luce info importanti per la
storia, la geografia della religione inizia a cambiare → oltre a studiare la diffusione delle
religioni e dei luoghi religiosi, si occupa anche della percezione delle persone che
abitano i luoghi caratteristici delle religioni (es. picnic alla Basilica di Oropa).

La religione assume valore in quanto parte formativa di alcuni elementi culturali.

Oggi lo stato d’Israele è un’unità amministrativa e i suoi confini variano a seconda delle
guerre o dei trattati di pace; è uno stato molto piccolo, di circa 22000 km^2, una
striscia di territorio lunga 470 km e stretta, 135 km.
La suddivisione geomorfologica del paese prevede 4 aree differenti climaticamente, per
le coltivazioni e dal punto di vista degli insediamenti urbani:
- pianura costiera, che si affaccia sul Mar Mediterraneo
- regione montuosa degli altopiani (Galilea, Giudea e Samaria)
- La Valle del Giordano a Est
- Deserto del Negev, a sud, che ingloba circa il 60% del territorio israeliano;
essendo un deserto, è scarsamente abitato lo è solo in poche aree, dove si usano
tecniche particolari per l’approvvigionamento idrico.

Diverse sono quindi le zone climatiche, il sud è più arido, mentre a Nord troviamo il lago
Kinneret (conosciuto anche come Mar di Galilea o Tiberiade), che è l’unica riserva d’h20
dolce in superficie → 209 m sotto il livello del mare. Non è l’unico lago a trovarsi sotto il
livello del mare, ma è l’unico di acqua dolce; il più profondo è il Mar Morto, uno dei
bacini lacustri più salati al mondo, a 434, 31 m sotto al livello del mare; tende a
sprofondare sempre di più nel terreno man mano che passano gli anni, perché,
nonostante sia alimentato dal Giordano (unico immissario del MM), non ha nessun
emissario. Come si risolve il problema? Tutto ciò che entra esce sotto forma di
evaporazione, circa 2 metri di profondità ogni anno. In ebraico si chiama Yam
ha-Melah, mare del Sale, e nessun organismo, se non unicellulare, può vivere nel Mar
Morto (l’elevata salinità permette ai corpi di galleggiare). → continuando a sprofondare
nel terreno finirà per esaurirsi, tanto che negli anni ‘80 si era pensato ad un possibile
collegamento tra MM e Mar Mediterraneo, ma il progetto avrebbe avuto un costo così
elevato da far desistere.
Nel 2005 era stato fatto un progetto congiunto tra Israele, Giordania e
territorio Palestinese: creazione di un canale che collegasse il Mar Rosso al Mar
Morto; perché questa strada? perché erano state progettate delle stazioni di
dissalamento affinche parte dell’acqua potesse essere usata per le necessità
domestiche dei 3 paesi e che l’altra potesse finire nel Mar Morto. Il costo sarebbe
stato importante, ma sarebbe stato favorito dalla possibilità di produrre energia
sfruttando il dislivello (MR sul livello, MM sotto); il canale non è mai stato
realizzato a causa delle relazioni politiche tra i paesi coinvolti, ma…
nel 2013 era stato siglato un accordo che prevedeva la realizzazione di 1 solo
impianto di dissalazione a beneficio dei 3 paesi; il tentativo si è arenato nel
tentativo di coinvolgere i palestinesi. Pare che ci fossero anche vincoli di tipo
ambientale, perchè l’immissione di acqua marina nel MM avrebbe potuto
modificare la composizione delle acque e danneggiare la sua originale natura.

Le 3 principali risorse idriche.


- Area del Giordano, che include il Lago di Tiberiade (su cui vengono fatti degli
esperimenti di inseminazione delle nuvole)
- La falda acquifera montuosa
- La falda acquifera costiera
Altre: 1 falda fossile nel deserto del Negev e altre fonti minori come contenitori per
l’acqua piovana sui tetti, acque salmastre desalinizzate,...
Cap. 6 parte 2: POPOLAZIONE E CONVIVENZA ARABO-EBRAICA

Se sino al 1993, quando si parlava della popolazione israeliana si includevano anche le


pax dei territori palestinesi, alla sottoscrizione di intenti per la nascita dello stato
palestinese nel 93 sono state approntate una serie di amministrazioni a carico dei
palestinesi, come il censimento e la statistica; quando si parla di israeliani si parla solo di
coloro che hanno scelto la cittadinanza dello Stato d’Israele. Ma sono solo ebrei? no, tra
i 9 300 000, 6 870 900 ebrei, e quasi 1 958 000 sono arabi con cittadinanza israeliana; i
restanti fanno parte di piccole minoranze che non hanno scelto all'iscrizione all’anagrafe
una particolare appartenenza etnica o religiosa (buddisti, hindu,...).
Gli arabi israeliani non sono necessariamente musulmani (la maggioranza lo è, 1 600
000), gli altri sono 177 000 cristiani e 145 000 drusi.
Nei territori palestinesi bisogna differenziare tra:
- Striscia di Gaza, in cui non vivono ebrei dall’agosto del 2005, quando Sharon ha
smantellato gli insediamenti; ci sono invece 1 998 748 palestinesi.
- Cisgiordania, che presenta insediamenti ebrei su territori contesi; i coloni sono
585 000 e devono essere protetti dall’esercito d’Israele (in quanto hanno
cittadinanza israeliana; anomalia perché gli arabi in Israele hanno cittadinanza
israeliana). I Palestinesi sono 3 224 000.
Dal 93 gli abitanti palestinesi non possono essere calcolati con gli abitanti arabi
d’Israele. SE si creasse uno stato binazionale (Israele + territori palestinesi) e si
calcolasse il numero degli arabi, nell’area risiederebbero 6.000 000 di ebrei e 7 000 000
di arabi → NON SI POTREBBE FARE UN SOLO STATO PERCHE’ CI TROVEREMMO DI
FRONTE AD UNA MINORANZA EBRAICA e lo stato d’Israele, come stato di rifugio per gli
ebrei, cesserebbe di esistere. In Israele gli arabi sono il 21%, mentre in Cisgiordania
l’82% e nella Striscia di Gaza il 100%. La popolazione israeliana è molto giovane, ma
quella araba lo è di più.
Rientro dei profughi: Arafat ha fatto saltare diversi trattati di pace perché voleva che i
profughi Palestinesi di 2 o 3 generazione (milioni di persone) e i loro congiunti (milioni
di persone) potessero rientrare come profughi nello Stato di Israele → Israele
diventerebbe uno stato arabo con una minoranza ebraica, lo stato binazionale non
sarebbe quindi possibile.


Questo ci permette di comprendere molte decisioni Israeliane e palestinesi.

Molti non accettano lo Stato Palestinese come per 1 popolo; alcuni propongono
addirittura 3 stati per 3 popoli (Heid, per Israele, Cisgiordania e Striscia di Gaza)

Essere ebrei è diverso da essere musulmani o cristiani; il 44% si dichiara per nulla
religioso, il 22% non proprio religioso, il 13% abbastanza, l’11% religioso e 10%
ultraortodosso. Cosa significa essere religiosi in Israele? non è solo pregare, ma
rispettare tutti i precetti della Halakhah.
Gli altri 50% religioso, 22% per niente religioso,...

Le festività sono calibrate sul calendario ebraico e tutte le festività ebraiche sono
riconosciute come feste nazionali; anche le festività delle minoranze sono riconosciute
perché la differenza culturale viene rispettata

PREFERENZE ABITATIVE:
I suoi abitanti preferiscono vivere in città, anche perché la maggior parte del territorio è
desertica; una rilevazione del 2016 fa notare che il 44% della popolazione è concentrata
in 15 città (con pop. pari o maggiore a 100.000 abitanti). La città più popolata è
Gerusalemme con 936 000 abitanti, poi Tel Aviv con 440 000 e Haifa con 280.000; c’è un
detto che lega queste città: a Gerusalemme si prega, a Tel Aviv (nota per la spiaggia e la
vita notturna)ci si diverte e ad Haifa (la città accademica per eccellenza, per le start-up
e l’eccellenza tecnologica) si lavora.
372 ABITANTI PER KM^2 → notevoli differenze regionali, perchè alcune aree sono
desertiche; Tel Aviv ne ha 7 000 per km2. L’area più densamente popolata si trova a est
di Tel Aviv ed è abitata da ultraortodossi, Bnei Brak, e ha 22.000 abitanti per km^2.

Israele è un paese molto sviluppato, così come lo è lo standard scientifico, artistico,


della ricerca agraria; gli israeliani portano spesso il proprio know-how in giro per il
mondo e anche se alcuni paesi non riconoscono l’esistenza di Israele, spesso richiedono
aiuti ad associazioni tipo Mashav (per la ricerca agraria).

Nonostante questo non tutti i cittadini sono ricchi, il 15% degli abitanti ebrei e il 47%
degli arabi al di sotto del livello di povertà; a Gerusalemme il 27% degli ebrei e il 57%
degli arabi. Questo perché dove l’economia è trainata dal settore tecnologico, per poter
entrare nel mondo del lavoro richiede grandi conoscenze; e se è pur vero che ci sono
molte università prestigiose, non tutti riescono ad accedervi per propensione personale.
Il settore turistico nel 2020 ha perso 3.6 mld di dollari; perdita per guide turistiche,
hostess e steward (causa voli bloccati), camerieri (che è un lavoro diverso da quello in
Italia, dove prevale una cultura enogastronomica), hotel.

La Capitale dello Stato è Gerusalemme (non poteva essere altrimenti vista la storia
dello Stato), anche se non è riconosciuta dall’ONU, perché la Knesset, sede del
Parlamento, è a Gerusalemme; spesso però si tende a considerare Tel Aviv come
capitale, che lo è stato dal 1948 al 1950. A Gerusalemme vi è anche la Sede della Corte
Suprema, del Rabbinato e dei ministeri governativi.
Specificità della città: dal libro, anche dal punto di vista architettonico e urbanistico (cardo
e decumano, 4 sezioni nella città vecchia → attuali quartieri cristiano, ebraico,
musulmano e armeno); riconquista crociata del 1099, la ricaduta in mano araba nel 1187,
impero ottomano,...

Negli ultimi anni di dominazione ottomana, la popolazione inizia a crescere:


inizialmente abitata nel 1880 da 17000 ebrei, 8000 musulmani e 6 000 cristiani, nel 1905
40 000 ebrei, 7 000 musulmani e 13 000 cristiani; nel 1931 51 000 ebrei, 20 000
musulmani, 19 000 cristiani.
La caratteristica di Gerusalemme del 19 e 20 secolo è quella di riproporre i concetti di
quartiere presenti nella Città Vecchia: man mano che la città andava sviluppandosi si
formavano dei quartieri omogenei appartenenti a diverse comunità. C’era anche un’area
denominata Colonia tedesca, creata da immigrati ebrei provenienti da luoghi di lingua
tedesca.
Spesso pensiamo a Gerusalemme come divisa in una parte orientale e una occidentale.
La città però non sarebbe dovuta essere “presa in ostaggio” da una delle tre religioni,
perché era inizialmente stata posta sotto l’egida dell’ONU come territorio
internazionalizzato; tuttavia all’indomani della nascita dello stato d’Israele vi è
l’aggressione degli eserciti arabi nel tentativo di spazzare via lo stato neonato; a seguito
della 1 guerra arabo-israeliana, Gerusalemme si trova divisa in due zone (suddivisione
anche visiva, con una recinzione militare) a partire dal punto in cui si erano fermati i
combattimenti:
- EST: che include la Città Vecchia e i principali luoghi della fede delle 3 religioni:
Kotel, Moschea di Al-Aqsa sulla spianata delle Moschee, Monte del Tempio,
Basilica del Santo Sepolcro. Parte occupata e annessa alla Giordania dal 1949 al
1967, con maggioranza di popolazione araba. Nella città Vecchia e nella Cittadella
di David gli ebrei vennero fatti evacuare e le loro abitazioni vennero poste sotto il
controllo giordano. Questa situazione si trascina fino a maggio 2021, in cui
nascono numerosi scontri.
- OVEST: abitata principalmente da popolazione ebraica; gli abitanti arabi che
abitavano questa zona vennero evacuati o fuggirono, mentre altri rimasero.


La situazione cambierà con la guerra dei 6 giorni del 1967, quando la Cisgiordania, così
come Gerusalemme, vengono strappate ai giordani, occupate da Israele e riunificate;
→ il Consiglio di Sicurezza dell’ONU approva la risoluzione 242: è una risoluzione non
vincolante che chiede il ritiro delle forze israeliane dai territori occupati nel conflitto;
nonostante Gerusalemme fosse stata sotto il controllo giordano (e gli ebrei non
potevano accedere ai luoghi di preghiera della zona occidentale), la stessa richiesta non
era stata fatta alla Giordania.


Questo non avviene e nel 1980 Israele (nonostante i tentativi di riappacificazione)
approva una Legge Fondamentale (non esiste una Costituzione, ma queste leggi hanno
valore costituzionale), in cui lo Stato proclamava Gerusalemme unita e indivisa come
capitale d’Israele; lo era già, ma al tempo non era completamente in mano israeliana.
Nel momento in cui Israele conquista la parte Est, approva una legge che offre l’accesso
ai luoghi sacri delle altre religioni, lasciando in mano alla Giordania la gestione di questi
luoghi.

Ritornando alla popolazione, quella arabo- palestinese vive nel settore orientale,
mentre quella ebraica in quella occidentale e in alcuni quartieri est; una peculiarità della
prima è il mantenimento del passaporto giordano, ma per poter accedere ai servizi della
città (istruzione, sanità,...) ha carta d’identità israeliana. → La città continua a
percepirsi divisa, anche nei trasporti, in cui i taxi con le targhe gialle sono israeliane e
quelle verdi arabe (questa situazione c’era già prima del 67 e se un ebreo sale su un taxi
arabo viene vista come una provocazione, un’aggressione dello spazio identitario, ma
non viceversa). Per quanto riguarda gli autobus vi sono quelli di compagnie arabe che
servono solo la zona est e quelli di c.israeliane che servono TUTTA la città; accade una
sorta di apartheid all’inverso, in cui un ebreo non può spostarsi nella zona orientale se
non su un autobus israeliano.
La situazione è andata peggiorando, a partire dall'Intifada dei coltelli, in cui ebrei
vengono assaltati con coltelli sugli autobus perché riconosciuti per il loro modo di
vestire (Kippah, modo di portare i capelli delle donne ortodosse,...).
In generale vi è la tendenza di rendere identitario qualsiasi elemento della vita.

Altre curiosità:
1. Durante il Ramadan, 9 mese del calendario lunare musulmano, i palestinesi di
Gerusalemme, che solitamente basano il digiuno sul calendario giordano, in caso
di cattivi rapporti o scontri con la Giordania, fanno cominciare il Ramadan in
concomitanza con il calendario saudita (che non varia di molto e questo non
accade tutti gli anni).
2. I palestinesi di Gerusalemme spostano gli orologi dall’ora legale a quella solare e
viceversa, in un giorno diverso da quello israeliano e spesso questo comporta
problemi di organizzazione.
3. Anche le chiese cristiane celebrano la Pasqua secondo calendari differenti.

Da quello che si è detto finora sembra che la situazione tra ebrei e palestinesi (per la
maggior parte musulmani sunniti) sia di grande tensione e divisione, ma questa
caratteristica è principalmente di Gerusalemme, in cui la scelta di cittadinanza giordana
porta numerosi problemi anche per quanto riguarda la cessione di prestiti, di alloggi
popolari.
In Israele vi sono 400 moschee (73 in Gerusalemme), 300 imam e muezzin
regolarmente stipendiati dallo Stato, che finanzia anche le scuole arabe e distribuisce
gli scritti islamici. Come segno di rispetto, Israele ogni anno in concomitanza del
Ramadan decora le strade e annuncia l’inizio e la fine del digiuno con un colpo di
cannone, i musulmani possono adattare le proprie condizioni di lavoro al digiuno.
Non vi sono delle zone precluse agli islamici, anche se questi si trovino soprattutto a
nord; a Nazareth nel 2017 vivevano poco più di 76.000 persone, di 40 000 musulmani;
nonostante la difficoltà dell’insediamento meridionale, a sud vi sono numerosi
insediamenti di beduini. Ci sono 122 comuni composti interamente o in maggioranza
abitati da musulmani.

Per quanto riguarda le DONNE e i loro diritti:


Israele non ha cancellato le corti della Sharia islamica e i giudici sono stipendiati dallo
Stato; le corti islamiche possono emettere sentenze su matrimoni, divorzi ed eredità
purché siano in linea con la giurisdizione civile israeliana (esempio estremo: fustigazione
per aver subito violenza sessuale o lapidazione per adulterio); è vietato il ripudio
unilaterale dell’uomo verso la donna e la donna non dovrebbe essere costretta in una
famiglia poligamica (questo viene aggirato dai beduini che registrano solo il primo
matrimonio, mentre le donne di città sono meno esposte a questo problema).
Una possibilità offerta a tutti è quella di frequentare la scuola, di cui ne esistono di 4
tipi:
- scuole statali, frequentate da arabi ed ebrei; nessuna divisione e studio della
cultura generale;
- scuole religiose statali, dedicati agli studi ebraici; divise in classi maschili e
femminili;
- scuole arabe e druse che pongono l’accento sulla storia araba e sugli studi
coranici; divise in classi maschili e femminili;
- scuole private sotto tutela di organizzazioni religiose o scuole internazionali.

Dal ‘51 la Knesset ha approvato una legge che sancisce la tutela e i pari diritti per
uomini e donne; lo stato d’Israele nasce come socialista e il sionismo stesso ha preso le
basi dal movimento socialista e questo è stato molto utile per le donne (anche
lavoratrici), per cui sono state promulgate specifiche leggi per la loro tutela →
maternità, legge contro la violenza famigliare, legge contro il licenziamento, matrimoni
omosessuali riconosciuti e aborto legale.
Per quanto riguarda il servizio militare, esso viene svolto sia dai ragazzi (3 anni) che
dalle ragazze (2 anni); gli arabi non sono obbligati, ma i drusi scelgono sempre di
effettuarlo. Ma perché è obbligatorio per gli ebrei? per le guerre che si sono sviluppate
dalla nascita dello Stato e per gli scontri continui; gli arabi non sono obbligati perché
potrebbero dover combattere contro i propri fratelli.

Quest’anno a Gerusalemme - Claudio Pagliara


- Shabbat: Nella parte occidentale il mercato viene bloccato con il suono della
tromba, le strade si riempiono di persone vestite a festa e i trasporti pubblici si
fermano; nella parte orientale, araba, la vita continua, il mercato è pieno e i turisti
riempiono i bar.
- Ospedale (Hadassah): i bambini sono curati senza distinzioni e gli istruttori e
animatori parlano entrambe le lingue; Attentati: anni 2000-2005 gestiti
dall’ospedale, in cui la politica non è considerata.. La
Hadassah fu fondata da un’ebrea americana, che lavorò per combattere la fame
infantile; nel 1948 gli arabi attaccano un convoglio di medici e infermieri
dell’ospedale con una mina che fece saltare la prima e l’ultima ambulanze
- Hannukah
- intervista a famiglia araba
- Pesach l’anno prossimo a Gerusalemme
- Muro del pianto con fessure piene di biglietti
- divisione con muro
- Al Aqsa salita di Maometto. 2 più antica dopo la Mecca; colonne con marmo di
Carrara; incendio doloso nel 67 per mano di un cristiano.
- Santo Sepolcro sorge su una cava e la Basilica ha la sua entrata in una chiesa
russa circondata da marmo che rifletteva la luce e sembrava brillare-
- Cittadella di Davide: ha un museo della città; periodo di Erode e città fondamentale
per la cristianità non per la sua bellezza, ma per i passaggi della vita di Gesù.
- Mercato Mahane Yehuda o Shuk, specchio della cultura enogastronomica in cui
convergono pietanze da tutto il mondo (ebrei in diaspora tornati in Israele); piccoli
ristoranti, bar e botteghe nel viale principale. Piatti: Burrekas (sfoglia ripiena), Halva
(formaggi). Giro culinario,
- Matrimoni combinati; il matrimonio è una vocazione, un capitolo della vita, la
missione dell’uomo. I contatti tra i sessi sono però difficili. Gli incontri sono affidati al
sensale, che fissa il primo incontro e se le due parti sono d’accordo si va avanti per il
tempo necessario (una volta fino a 5 volte) fino al matrimonio. La cerimonia inizia
con la firma matrimoniale, poi lo sposo è accompagnato dal suocero e dal padre
dalla sposa. Rottura del bicchiere = con il matrimonio si ricostruisce parte di
Gerusalemme
- I morti sono la più grande preoccupazione di Gerusalemme come re David, il
Saladino,... che decidono la sorte della città .

RISORSE IDRICHE: Acqua e tentativi che il paese fa per ottenerne di più


Israele ha un unico bacino in superficie, il Kineret (su cui sorge il primo kibbutz
fondato, Degania) , e un unico fiume, il Giordano. Essendo un paese povero d’acqua
necessita di strumenti per assecondare il fabbisogno della popolazione (scopi domestici,
irrigazione, industria);
- la pioggia potrebbe essere sufficiente, ma non lo è perché il 60% del territorio è
desertico e quando ci sono dei grandi temporali che riempiono i letti dei fiumi
non perenni, nella maggior parte delle situazioni l’acqua finisce per evaporare
immediatamente.
- Uno degli strumenti adoperati è quello della desalinizzazione dell’acqua del mare
(impianti lungo la costa) → Ad esempio Striscia di Gaza (che a causa tra Hamas e
Abumazen i tagli della fornitura elettrica da parte dei palestinesi hanno
comportato un malfunzionamento, che porta alla mancata desalinizzazione e
bonifica dell’acqua)
- Vi sono anche numerosi esperimenti di inseminazione delle nuvole: si cerca di
sfruttare la nuvola quando sta per far piovere per favorire la discesa di un
quantitativo maggiore d’acqua, soprattutto sul lago di Tiberiade (che funge da
serbatoio naturale). Consiste nell’inserimento di piccoli aerei nella nube che
emettono dei getti di sali d’argento che colpiscono il nucleo della nuvola.
2 risultati: pioggia e maggiore umidità atmosferica.
- Falde acquifere: permettono di pompare dall’interno all’esterno l’acqua che
scorre sotterranea; le principali sono quella costiera (dal mandato britannico) e
quella dello Yarkon- Taninim (detta montana, tra costa e Cisgiordania). L’acqua
della 1^ falda non è però rinnovabile: seppur sia ricaricata dall’acqua piovana,
qualora si estragga più h20 di quella ottenuta grazie alle piogge, il pompaggio fa
salire i sali contenuti nel terreno, contaminando l’acqua in maniera irreversibile.
L’acqua pompata negli anni è salita senza precedenti → risalita dei sali →
riduzione qualità acqua.
Della seconda falda si riconoscono 3 sezioni
- orientale, interamente palestinese
- nord-orientale, Shem Gilboa, condivisa tra israeliani e palestinesi
- occidentale, Yarkon Taninim, condivisa tra israeliani e palestinesi e la
maggiore riserva è in questa. Importante la collaborazione tra idrologi i. e
p. per il calcolo delle quantità di pompaggio per evitare l’eccessivo
sfruttamento delle risorse. Sono stati però sforati i “parametri vitali”, il
livello e la qualità si sono deteriorati.
Dopo la presa di potere di Hamas nella striscia di Gaza la situazione è peggiorata
e gli scontri (insieme al taglio dell’elettricità) degli ultimi anni hanno danneggiato
le strutture idriche della striscia di Gaza. Il taglio dell’elettricità ha portato al
versamento delle acque reflue nel Mediterraneo e in Israele, che è intervenuta
per bloccare la situazione imponendo di assorbire i liquami della striscia
(impianto fognario al confine con la striscia).

Deserto: Vi sono altre falde più piccole in Galilea, nella Valle del Giordano e falde
salmastre nella zona del Mar Morto e nel Negev e Haravat. Sono importanti? sì,
perché alcune colture possono ottenere beneficio anche dall’acqua salmastra.
Nelle zone Sud del deserto della Giudea (sponde Mar Morto) e del Negev la
mancanza d’acqua è importante, nonostante alcuni centri siano riusciti a
sfruttare al meglio le capacità di irrigazione sopracitate. + Irrigazione goccia a
goccia: tecnica avanzata opposta all’irrigazione tradizionale (che faceva
risucchiare l’acqua, rovinava il terreno con la salita dei sali e bruciava le nuove
foglie); consiste in tubi capillari che distribuivano in maniera continua limitati
quantitativi d’acqua.

Lezione google Earth

- Al ritiro della sua vita politica, Ben Gurion si ritira nel kibbutz Sde Boker
(Negev); sono anni in cui l’acquedotto nazionale non raggiungeva il deserto
e le persone vivevano come gli antichi Nabatei (periodo esilio babilonese, che
si insediano nelle terre edomite, e da Petra risalgono verso nord, quasi fino a
Damasco e nel deserto del Negev intorno al 310 a.C), che sopravvivevano
scavando delle buche nelle rocce al fondo dei guadi, costruendo delle
rudimentali cisterne. Il kibbutz di Ben Gurion, prima del suo arrivo, aveva
cercato di mettere in uso queste cisterne; dopo: lavori idraulici.

- Altro Kibbutz nel Negev: Lotan, riformato, ovvero religioso, ma non


ortodosso.

- Vi sono anche delle oasi (En Gedi, vicino al Mar Rosso)).

- Massada: struttura a 400m di altezza sulla sponda occidentale del MM, una
città fortezza; era stata voluta da Erode il Grande nel 37 ac ed era dotata di
un sistema di cisterne (visibili ancora oggi) sugli speroni rocciosi collegate
attraverso un sistema di canali coi guadi sottostanti. La città tenne testa
per anni alla legione romana, che una volta entrata trovò solo cadaveri →
suicidio di massa.
Ad oggi ci sono ancora i segni dell’accampamento romano
IL CORANO E LE DONNE

DANNOSE INCOMPRENSIONI TRA ORIENTE E OCCIDENTE


La data spartiacque è l’11 settembre 2001, in cui sono stati portati a termine gli attacchi
terroristici al Pentagono (Washington) e NY (Torri) → sconvolge gli equilibri

Due studiosi iniziano ad occuparsi dello studio del conflitto Oriente -Occidente:

- Samuel Huntington: sostiene che nella Guerra Fredda la contrapposizione tra


Est e Ovest è dettata da fattori politici, ma con la caduta dei regimi comunisti gli
USA non hanno più un nemico in contrapposizione del quale costruire la propria
identità; gli stati d’azione iniziano ad unirsi in base a ciò che trovavano più simile,
ma l’inizio della globalizzazione (anche del pensiero) ha fatto sì’ che tornassero
alla ribalta i movimenti radicalisti. Quale soluzione propone H → il rigurgito
culturale come base dello scontro Occidente vs Islam deriverebbe da una crisi
identitaria e dalla precarietà valoriale e sociale imposta dalla globalizzazione; lo
scontro sarà comunuqe di tipo culturale. La soluzione è l’estensione coatta del
modello isolazionista americano a tutto l’Occidente, bisogna prendere atto che
l’Occidente è solo una delle tante civiltà, smettere di intervenire sulla scacchiera
del mondo e difendere i valori condivisi all’interno dei confini.
- Reza Aslan: parla di “scontro tra monoteismi”; al contrario di quanto proposto da
Huntington, Aslan è convinto che alla base del conflitto non ci sia una questione
prettamente culturale, ma religiosa —> la guerra sarebbe una diretta
conseguenza di una problematicità insita nella nozione stessa di monoteismo.
Monoteismo significa “un solo Dio”, e se ne esiste uno solo “il mio non può essere
il tuo”; i dogmi di fede sono stati applicati sul piano politico.
Ombre cristiane: Es: il reverendo Graham aveva definito l’’islam come ignobile,
dicendo che il Dio islamico non è il figlio di Dio della fede cristiana e giudaica (ma
il concetto di figlio di Dio non è ebraico).
Ombre islamiche: spesso anche i più moderati fanno un tipo di propaganda
anticristiana, che porta in estremo al fondamentalismo.
Lo scontro sarebbe quindi la conseguenza diretta dell’ESISTENZA delle
religioni.
Secondo Aslan l’unica soluzione è la tolleranza e la comprensione reciproca, che
nascono dalla conoscenza della storia delle religioni. Si separa quindi il concetto
di religione, che è un’istituzione, e la fede, che è spiritualità; la fede ha bisogno
della religione per trovare un linguaggio comune, ma alcune volte rimane
prigioniera perché troppo vincolata ad essa.

Tolleranza o coesistenza? La seconda presuppone un’uguaglianza concettuale.


Dal punto di vista coranico la conversione all’Islam non può e non deve essere
imposta, ma è necessario che le persone che non credono vengano guidate→ ben
diverso da quello che dicono alcuni predicatori. Nonostante quello che si dice
sopra, gli storici convergono sul fatto che l’Islam non sia stata una religione
così tollerante; le sure più tolleranti sono quelle del periodo meccano (più
spirituali, che secondo alcuni sono le uniche a dover essere insegnate anche
nelle scuole), quelle meno pacifiche sono quelle del periodo medinese (che
risentono degli scontri con i meccani e con gli abitanti di Yatrib) → gli imam post
Maometto hanno stabilito però il principio dell’abrogazione (Naskh), che
sostituisce (per importanza) le sure più antiche con quelle più recenti →
qualcuno dice che questo principio va solo a sostituire le rivelazioni legate
all’Antico Testamento.

Tra Islam e Cristianesimo ci sono però molte affinità, nonostante la rivalità


pacifica o violenta. Spesso i cristiani erano Dhimmi, obbligati a pagare una tassa
per la propria fede, ma erano funzionali per la società; nonostante questa
condizione (dhimmitudine), i cristiani avevano vita più semplice rispetto agli
ebrei, che dovevano anche, ad esempio, vestire di giallo per essere riconosciuti, o
non potevano riparare o costruire luoghi di culto.
Ad esempio il Califfo Omar decise che non avrebbe permesso agli ebrei di vivere nei
territori islamici → ma come fece a farlo nonostante la Dhimma? mettendo una
postilla dicendo che la Dhimma avrebbe avuto valore fino a quando il califfo lo
avrebbe deciso.
Il processo di secolarizzazione dell’Islam sta incontrando grandi difficoltà perché
il suo modello è spesso contrario a quello della società cristiana: nell’Islam
spesso potere temporale e spirituale coincidono e il primo viene solitamente
espresso come esercizio di forza.
La parola di origine araba che in turco significa “politica” in origine era “l’arte di
ammaestrare i cavalli”, come se la politica fosse un esercizio di disciplina; le parole
“sultano” ed “emiro” rimandano alle parole forza e comando. “Sceicco”, che
letteralmente significa anziano è a metà strada tra potere spirituale come capo
della comunità e potere temporale come capo tribù.
Nel mondo cristiano abbiamo identità nazionali forti, in quello islamico deboli;
nel mondo cristiano il cristianesimo è divisivo, ovvero ci sono diversi piani
teologici, mentre l’Islam è considerato come fattore unificante nonostante le
diverse scissioni, lotte e dinastie. La secolarizzazione (espansionismo europeo
del 700) talvolta viene percepita come una minaccia e le reazioni possono essere
due: imparare dal nemico o chiudersi nel conservatorismo; per i musulmani il
fallimento in terra equivale al fallimento di fronte a Dio: ecco perché il modello
occidentale è stato respinto come corpo estraneo, come se minasse le basi
dell’Islam, che nei momenti di crisi rimane una delle più facili forme di
convinzione per i musulmani.
- Haddad a 10 anni dalle Torri Gemelle afferma che i musulmani dovrebbero uscire
dal loro isolamento per cercare di contribuire alla pace; l’Islam dovrebbe
cominciare ad operare insieme a tutte le tradizioni religiose.
- Lewis afferma che un elemento che rende difficile la convivenza è
l’atteggiamento di proselitismo che l’islam ha nei confronti degli altri (portare la
fede ai miscredenti) → primo dovere del musulmano è promuovere il bene e
proibire il male, non si tratta però di condurre una vita retta, ma di evitare ogni
forma di sregolatezza intorno alla persona musulmana.

AGGIUNGERE SLIDE LEWIS, HADDAD, FALLIMENTO SECOLARIZZAZIONE TURCHIA


E IRAN + QUELLA DI STAMPO SOCIALISTA

LA DONNA MUSULMANA
Il movimento femminista musulmano è un fenomeno relativamente recente e negli
ultimi anni la donna è sempre più attiva nel contesto socio-antropologico; il suo scopo è
la reinterpretazione dei testi sacri → affermare i propri diritti senza uscire dalla
cornice dell’Islam.
La prima a mettere in discussione la redazione maschilista del Corano e presentare una
nuova interpretazione del testo è stata Leila Ahmed (islamista naturalizzata
statunitense); l’arma della parola diventa strategia politica per la lotta definita
“democratizzazione del Jihad”. Rivelano che se ben tradotto, il Corano non sia
retrogrado, ma possa essere uno strumento di liberazione delle donne.

Le femministe fanno riferimento a Sherazade, eroina del “mille e una notte”, che
combatte contro la brutalità del marito (usa la parola per evitare che il marito la uccida
“raccontami una storia o ti ammazzo”); la loro volontà è quella di far convivere i valori del
Corano con quelli occidentali (nonostante le Costituzioni affermino la contrarietà alla
violenza sulle donne, non sempre ci sono leggi concrete per contrastarla).
Un gruppo di giuriste arabe ha iniziato a lavorare dalla traduzione del Corano, perché
ritengono che la Sharia, se riportata al suo stato originale, possa essere utile per la
salvaguardia dei diritti umani → lotta di tipo filologico

I maggiori problemi di interpretazione:


- lingua;
- il testo sacro è stato messo per iscritto molto tempo dopo la morte di Maometto
(632 dC); inizialmente le rivelazioni venivano trasmesse solo in forma orale. Il
Corano deriva dalla versione vulgata di Uthman, datata 650 dC, quando il Califfo
aveva richiesto che il testo coranico fosse messo per iscritto e le parti, anche
discordanti tra loro, fossero unite in un unico corpus letterario.
Lo studioso egiziano Nasr Hamid Abu Zayd afferma che, nonostante si debba
riconoscere la sacralità del testo, il Corano è un prodotto linguistico che
appartiene ad una cultura determinata, e che la sua lettura e interpretazione non
possano essere separata dalla fonetica, filologia, morfosintassi, grammatica,...
- Il Corano in sé non trasmette nè dottrine né precetti e per le necessità delle
questioni giuridiche di una società che stava creando la propria identità
culturale, è stato necessario redigere quelli che in arabo si chiamano HADITH,
ovvero i detti e i fatti del profeta.


Testimonianze da far risalire a detti e fatti del Profeti sulle quali si è fondata la
morale e la condotta dei musulmani; dal tempo della loro trascrizione, quello che
ha influenzato la loro interpretazione è stato il potere, che ha determinato la
legge.
Tornando indietro, il Califfo Omar viene descritto come un uomo che odiava le
donne e fosse violento (aveva picchiato la sorella per essersi convertita all’Islam,
quando poco dopo lui ha fatto la stessa cosa). Le femministe islamiche lo
incolpano di aver modificato molti principi di uguaglianza nel Corano e:
- aver istituito la segregazione sessuale
- aver proibito alle donne di partecipare ai servizi religiosi nella moschea
- aver prescritto la pratica per le donne adultere

Lo studioso sudanese Abdullahi Ahmed An-Na'im spiega che dal 10 secolo dC è


impossibile interpretare l’Islam → suggerisce l’importanza di analizzare nuovamente le
fonti della scrittura affinché queste possano essere contestualizzate e riadattate alla
modernità.

LA MORALE NELLA SOCIETA’ MUSULMANA (2.2)


Il primo obiettivo delle femministe islamiche è quello di liberarsi dall’oggettivazione
sessuale del loro corpo. Questo fenomeno si materializza attraverso l’uso dell’hijab (che
per un periodo una proposta voleva dismettere), il cui uso fino agli anni ‘70 del 900 era
in diminuzione (Iran e Turchia ad esempio).

Ma perché è ritornato in uso? C’è chi dice che:


- sia stata una reazione alla delusione del mancato avvento della democrazia
- sia stato causa del contatto diretto con paesi ultraconservatori come l’Arabia
Saudita
- la sua imposizione sia la conseguenza della nascita di nuovi fondamentalismi

Nel Corano non vi è traccia alcuna di imposizione del velo, erano solo le mogli del
Profeta che dovevano indossare un mantello e le altre donne dovevano “far scendere un
panno sul petto”. Man mano che prendevano potere i nuovi governi islamici nascevano
nuove campagne rivolte alle donne affinché iniziassero spontaneamente a indossare
l’hijab (regalo di bambole velate); quando questi partiti hanno iniziato a guadagnare
consensi, le donne hanno iniziato a mettere il velo.
Secondo la sociologa Habasa (Università americana del Cairo) quando i fondamentalisti
hanno iniziato a prendere il potere, le donne egiziane hanno iniziato a mettere il velo
(oggi l’80% delle donne è velato)
In Iran quetso fenomeno è stato causato dall’avvento al potere del conservatore
Khomeini, che ha siglato un accordo sull’uso obbligatorio del velo nero che copre il
corpo delle donne interamente; egli affermò che l’imposizione dello Shador sarebbe stata
la bandiera della rivoluzione.

La scrittrice Nawāl al-Saʿdāwī, egiziana che ha scritto del jihad femminile, ha affermato
che il velo è tutt’altro che uno strumento di liberazione, perché il suo uso è sintomatico
della difficile situazione politica del Medio Oriente; per lei il velo è lo statuto di
oppressione della donna, tanto quanto la mercificazione del corpo femminile in
Occidente.

Fatema Mernissi, sociologa e femminista marocchina, ha sposato la causa del


femminismo islamico, affermando che la sessualità femminile nella Umma islamica sia
percepità come potenzialmente distruttiva (minaccia perché simbolo dell’eterogeneità
della Umma, che invece vuole ritenersi omogenea e non vuole permettere una gesstione
pluralista → il capo in carica così può parlare a nome di tutti) dell’Uhmma stessa in
quanto causa di disordine sociale → l’uomo si sentirebbe in diritto di controllarla
attraverso pratiche come la mutilazione genitale, l’uso del velo e la segregazione
sessuale.
Affinché l’ordine morale venga preservato la donna deve risultare “invisibile” all’interno
dello spazio pubblico → i governi prendono in ostaggio la religione per giustificare il
proprio autoritarismo e rifiutare il dialogo.

LEZIONE DI AMINA WADUD “ISLAM, FEMINISM AND HUMAN RIGHTS”


One important development that the women movement helped to forge was the
distinction between muslim culture and islamic primary sources; even people that work
in innovative Islam circles tend to look back to the conservative rules.
In the Quran the words Islam and muslim are used in reference to an historical
community and to a state or pastor that wants to surrender to the armony of the
universe; all the nature is muslim, all the nature is harmonious and all ofte constituence
parts are balanced. → basic and fundamental principle: THERE IS NO ISLAM WITHOUT
DIVERSITY (The more intense definition of God, sintactically, is “the making of one from
fragments = plurality). PLURALITY =UNITY. Equality and reciprocity

What is the role of women in Islam? Is to be a Khalifa on the Earth, an agent of Allah
within the sacred order of balance and harmony; their agency has a direct link to God,
they have to stand up for justice and gender equality and top terranicle issues.
They have the same role as men and they do not depend on men, which did not enjoy
their co-participation in the establishment of the fundamentals of Islam. As the muslim
empire expanded geographically and politically, women contribuiton has been silenced
and marginalized.
Today women are commuted and participate actively in establishing the new canon,
constructing new traditions, with a critical eye in the past and a constructive eye
towards the future.

Of course there have always been some lawyers for gender justice, but the voices were
still in limited numbers. But the Quran says that it is addressed to both women and men,
even though there are passages addressed only to men that express their privilege.
Throughout the text there is an intricate balance between the speaker, Allah, the
performer's voice, the Prophet, the voice of those stories are told in, and those to whom
the text speaks.

The Muslim feminism has rosen aside the birth of colonialism and nation state
(nationalism), in order to fight them also with their men; once they ended, muslim
women continued their activism towards a society based on equal citizenship. The
development of the nation state after colonialism spread new global awareness.
The first voices were raised by wealth and well travelled women who have seen that the
world is not uniform;
- at first integration between them
- Then others said that religions are the causes for women's condition. Laws in
religion are irrational and imposed.
In the establishment of the nation state the idea of role of religion led to 2 opposing
sights:
- creation of a state based on Islam
- leaving behind the religion
Secularization “starts with marginalizing god or declaring his death, and the rising of
the human as the center of the universe” →
The post colonial Islam wanted to go back to the first glorious empire and rejected alle
the other world views declaring them unislamic. → Muslim Modernalism: the desire to
use the muslim identity and the Sharia (path that leads to watre= source of life) to create
a new world balance. Anyone who resists is considered as resistant to the divine will.
Legitimation of the power in the name of Islam.

Duting the era of the establishment of the islamic law, muslim families were patriarchal;
Whose voices were beneficial for the liberation and empowerment of women?
Bejing meeting, 2005, International women conference → the purpose was to find a way
to end discrimination of women, using the SEDO (document with the intent of
collecting signatures form the United Nations to stop iniqualities). Muslim feminists are
allied to this tipe of international tools and the religion must be kept out of the debate.
For muslims there was always a solution in the Quran or in the Sunnah. In the meeting
were put face to face those who thought that international tools were required in the
women situation, and those who wanted to use only the islamic sources (a third
perspective was present,) → it was argued that the dichotomy was not possible → the
object was not to find a peace, but to make human rights the priority. A lot of women
expressed disjunction between what is promoted as the idea of Islam and its reality.
The third perspective highlighted the patriarchal islamic system and condemned some
practices, but did not disvow Islam.
The idea of removing Islam from the Human rights argumen led to the rise of the
secular Muslim feminist movement. It was born to fight islamic extremism and rapidly
became an identity supported also by international organizations and funds; the
researches and publications increased also thanks to them.
The crucial part of its methodology was to critique definitions of the key terms Islam,
human rights and Feminism and to interrogate their developement; neither term were
subjected by a strongest analysis. For the islamists this resources helped to ampliate the
mean of feminism, also in a eastern way → The colonial past continued to influence the
postcolonial present, in which women are seen as to be rescued and feminism has as its
predicted location the West.
Also the term Islam was shaken from its narrow conservative use (which is still
unfolding).
Simon De Bouvois “ The radical that women are human beings” has also been channeled
in the necessity of a pluralist world; until all accept this, nothing is reached.
According to the Quran, the human being is a product of God’s will; BUT: the agency of
the men remained independent to God, while the agency of women were linked to God,
family and men. Women are sexual and not social beings and discussed only in the
context of family law → women’s rights are discussed in marriage contracts, in which
they are treated as simile-slaves.
The disparity between men and women rights was and still is sustained by the law of the
marriage contract, patriarchal family built on unequal relationships. The rejection of
patriarchal family would be seen as the rejection of wanting to be part of the society (or
Islam).
A radical reform was needed and also implies the meaning of family. Muslim feminist
leaders are leading the debate in gender unequity → new egalitary epistomolgy of Islam,
without the intermediary of patriarchal think → “Islam belongs to each of us”.
“Medieval constructions are not Divine constructions; we are free to understand the
divine within our context. For the medieval juries, law was kind of a guardianship. For
women the question is not how we want to be part of the family, but how the family
reflects God’s intended reciprocity ”
LEILA AHMED
INTERVISTA FATIMA MERNISSI

MUTILAZIONI GENITALI E SESSUALITA’ (2.3)


Secondo l’Unicef sono 200 000 000 le donne che vivono con mutilazioni genitali, che
sono di 3 tipi:
- clitoridectomia, asportazione del clitoride;
- escissione: asportazione clitoride e piccole labbra
- infibulazione: escissione con raschiamento delle grandi labbra che si
cicatrizzano chiudendo gran parte della vagina.

Quello che porta ad effettuare queste mutilazioni, che costruiscono dei corpi
sottomessi, principalmente in Africa (tanto in Egitto), Yemen, Emirati Arabi e Indonesia
sono molteplici:
- identità culturale tribale
- identità di genere: il clitoride è la parte maschile da estirpare
- controllo sessuale: evitare l’adulterio
- false credenze d’igiene e religione (pratiche pre-islamiche sopravvissute con
l’Islam) → le figlie di Maometto non sono state mutilate
Eva Kot, sessuologa egiziana, svolge un lavoro rivoluzionario.

Ma il Corano cosa dice a riguardo? Le mutilazioni non sono pratica né consigliata né


menzionate; non vi è nulla neanche riguardo alla repressione del desiderio sessuale
femminile, che invece viene visto come una pulsione naturale, attraverso a quale si può
compiere il miracolo Islam.
Nel Corano si dice che il buon Musulmano nel Paradiso godrà di piaceri erotici infiniti,
soddisfatti dalle Huri (sublimi giovani vergini) → molti predicatori estremisti hanno
utilizzato questi versi per spronare gli attacchi terroristici, come se fosse un martirio (il
suicidio è condannato nel Corano). → questa interpretazione è contestata dalle
femministe, che sottolineano la non uguaglianza dei sessi in paradiso. Se analizzato nel
dettaglio il versetto, la traduzione ha la sua centralità nel termine Huri, che può
significare:
- assoluta purezza (giovani vergini);
- uva bianca, che era una prelibatezza ai tempi del Profeta. → i piaceri che
verranno concessi ai buoni musulmani concernerebbero solo la gola.

La sessualità rimane un tabù nell’Islam, che ha formato un divario tra apparenza a realtà:
dal 30 al 60% degli uomini arabi afferma di aver avuto rapporti sessuali pre
matrimoniali, 80% delle donne dichiara di non averne avuti. La domanda allora è con
chi avranno avuto rapporti sessuali questi uomini?

IL VELO
Il copricapo svolge oggi un ruolo significativo in molte religioni, dall’ebraismo e
l’induismo, al cristianesimo e l’Islam.
Nel mondo musulmano è diventato un forte simbolo identificativo, sebbene sciarpe e
veli di diversi colori e forme fossero consuetudine in innumerevoli culture prima che
l’Islam nascesse. Il Corano indica alle donne di “coprire i loro ornamenti”, facendo leva
sul pudore e la castità, pur non menzionando esplicitamente l’obbligo di indossare un
velo. Oggi, la maggioranza delle donne indossa il velo, secondo la tradizione culturale e
religiosa del paese di riferimento.

Hijab – Si tratta di un tipo di foulard molto diffuso, il più indossato in Occidente. È


composto da una o due sciarpe che coprono soltanto la testa e il collo. Può avare colori,
forme e materiali diversi. La parola hijab significa velo generico, ma oggi è utilizzata per
indicare questo particolare velo, il più piccolo e meno coprente.

Niqab – È un tipo di velo che copre tutto il corpo, la testa e il viso, lasciando solo
un’apertura per gli occhi. Esiste il mezzo niqab, che consiste in un velo che copre il viso
ma lascia scoperti gli occhi e la fronte, e il niqab integrale, che copre tutto il corpo e
lascia una stretta fessura per gli occhi. Questa tipologia di velo è diffusa principalmente
negli stati del Golfo. Il niqab è al centro di un acceso dibattito in Europa. Alcuni stati,
sostenendo che crea problemi di sicurezza, ne hanno introdotto il divieto.
Esistono poi altri due tipi, quello saudita e quello yemenita. Quello saudita è composto
da un paio di veli e una fascia che, passando dalla fronte, è legata dietro la nuca. Il niqab
yemenita è composto da due pezzi, una sorta di bandana triangolare che coprire la
fronte e un altro rettangolare che copre il viso da sotto gli occhi a sotto il mento. In
generale, il paese dov’è più diffuso è l’Arabia Saudita.

Chador – È uno scialle che copre tutto il corpo ed è chiuso sul collo. Copre la testa e il
corpo, ma lascia la faccia completamente visibile. Generalmente il chador è nero ed è
particolarmente diffuso in Iran. È spesso accompagnato da un velo più piccolo sotto.

Burqa – È un velo che copre in maniera integrale il corpo femminile. Anche gli occhi
sono coperti, e le donne che lo indossano possono vedere attraverso una retina sugli
occhi. È usato più comunemente in Afghanistan e Pakistan. Sotto il regime talebano che
ha governato l’Afghanistan dal 1996 al 2001, il suo uso è stato stabilito dalla legge. Di
solito è di color azzurro.

Al-amira – È un velo composto da due pezzi. Si compone di un primo copricapo


aderente, di solito di cotone o poliestere, con sopra un foulard.

Shayla – È una lunga sciarpa rettangolare popolare nella regione del Golfo, avvolta
intorno alla testa e fissata sulle spalle.

Khimar – È un lungo velo, una sorta di mantello, che arriva fin sopra la vita. Copre i
capelli, il collo e le spalle completamente, ma lascia libero il viso.

NUOVE STRATEGIE DI RIBELLIONE


Rovesciamento dello stereotipo occidentale: volotà di creare pareticità dei sessi senza
uscire dall’Islam. L’obiettivo non è tanto quello di emancipare le donne, ma gli uomini. Le
attiviste non vivono la loro condizione come vittime di patriarcato in maniera passiva,
ma hanno iniziato ad attuare nuove strategie, anche ispirate a rivoluzioni passate,
attraverso mezzi e simboli passati e moderni. Il loro obiettivo è quello di rivendicare il
diritto di decisione autonoma, prima tra tutti circa il loro abbigliamento (dress code):
→ Delle attiviste turche hanno sfilato nel 2017 per le strade di Istanbul con jeans corti,
in risposta ad un’aggressione ad una studentessa che portava pantaloncini corti.
→ In Algeria la lotta si è concentrata sull’uso del bikini: nel 2017 alcune donne hanno
iniziato a organizzare le proprie proteste in bikini
→ In Iran il simbolo della lotta è l’Hijab, e la libertà di poterlo non indossare. Nel 1926
Mohammad Reza Pahlavi, lo Shah di Persia, aveva dato avvio a una serie di riforme volte
alla modernizzazione del paese; il programma era noto con il termine rivoluzione bianca
e prevedeva l’abolizione del velo e l’apertura dell’Università di Teheran anche alle
studentesse. I governi successivi, con l’aiuto delle donne che rivendicavano il loro di , e
la Repubblica islamica del 79 ha segnato l’avvio di nuove regole conservatrici, con un
codice di abbigliamento rigido; le donne però hanno iniziato a portare vestiti colorati e
truccarsi molto → nuova legge ancora più rigida e nel 2006 è stata organizzata una
sfilata di moda (“le donne della mia terra”) in cui giovani donne hanno sfilato
presentando abiti permessi dalla legge islamica.
Durante il Dicembre 2017 è stato istituito il mercoledì bianco, una protesta settimanale,
durante la quale le sostenitrici giravano per la città con un foulard bianco, o tenendo il
velo sospeso su un bastone di legno. → grande diffusione grazie ai media, che hanno
messo anche in luce
Il 27 dicembre un gruppo di queste attiviste è stato arrestato a Teheran e condannato a
2 anni di prigione.
→ In Arabia Saudita, patria del Wahabismo (interpretazione del Corano al maschile), nel
novembre 2018 decine di donne hanno inscenato una protesta particolare, indossando la
Shayla al contrario.

I primi gruppi di donne che si sono riuniti per parlare di diritti civili, hanno avuto inizio
negli anni 90, ad Ankara e Istanbul; inizialmente erano incontri informali e i temi trattati
non erano solo quelli del dress code, ma si focalizzavano anche sulla sessualità: in
particolare si discuteva dell’esame per verificare la verginità effettuato dallo Stato stesso
(che percepiva la purezza come espressione dell’onore familiare e nazionale) → le prime
denunce con lo slogan “this is my body” hanno ottenuto molta popolarità, tanto che
riuscirono ad ottenere un emendamento che applicava la procedura solo con il
consenso della donna stessa.
La battaglia diventa ancora più necessaria con la presa di potere del partito della
giustizia e dello sviluppo (conservatore, formato da membri di partiti islamisti) → esso
ha iniziato a promuovere politiche repressive pregne della retorica islamica contro le
donne. Qs partito era legato a quello dei Fratelli Musulmani: anche mostrare solo la
forma delle gambe poteva essere considerato provocatorio.

Fece scalpore nel 2011 la notizia di un professore turco (Checker), che affermò che le donne
e il loro modo di porsi fossero la causa delle violenze sessuali e che non ci si sarebbe dovuto
stupire se esse fossero state aggredite. Il chief del dipartimento degli affari religiosi in
Turchia lo critica dicendo “è vero che l’islam previene l’esposizione delle donne e della loro
sessualità, ma questa non può essere strumentalizzata per giustificare un crimine contro
l’umanigtà”. Checker si difende definendo le donne come “complici del reato”.

NARA HAMID ABU ZAYD


E’ stato un accademico e teologo egiziano famoso per aver teorizzato un approccio
originale all’ermeneutica del Corano da lui definita umanistica e democratica; si tratta
di un’interpretazione del testo basata sul dialogo interculturale. Il testo cardine del suo
pensiero è del 90 e contiene lo studio dei versetti di più difficile interpretazione, la cui
comprensione è ancora oggi controversa e generatrice di dispute. Il suo obiettivo è di
restituire al Corano il suo ruolo di strumento di progresso alle società musulmane (il
suo lavoro non )
Secondo lui, il Corano. prima di essere un testo sacro, è un prodotto linguistico; è
significativa l’importanza del dialogo tra testo e interprete, in quanto la Parola di Dio
deve essere considerata come un messaggio (tra Dio e Maometto e quindi la Umma).
L’approccio tipico degli Ulama, ovvero dei maestri fondamentalisti, procede dal presente
al passato → il testo diventa strumento di giustificazione che non permette alle società
di progredire; il significato del Corano rimane quindi cristallizzato e immutabile.
Abu Zyd ritiene importante invece considerare Maometto come un uomo che viveva una
data società e si muoveva in un preciso contesto storico arabo; la considerazione del
Corano come prodotto linguistico e storico-culturale permetterebbe quindi di
individuare il messaggio più autentico della parola di Dio.


Ma come era la società ai tempi di Maometto e ai tempi pre-islamici?
Nel 7 secolo le comunità pre-islamiche stavano affrontando una crisi scaturita dalla
povertà, che aveva provocato tensioni e rivalità tra le tribù locali, che si trasformavano
in guerre civili (per la conquista di pascoli e rotte commerciali); queste tribù erano
anche minacciate da nemici esterni, come la Persia, ed era quindi necessario mantenere
la loro unità attraverso un’ideologia comune → rinuncia dei vari culti politeistici e
monoteistici in favore di una religione unificatrice → l’Islam si diffonde come creatore
di identità culturale, come risposta alle esigenze della società del tempo.

Secondo Abu Zayd è Dio stesso a mandare i profeti e rivelarsi nella storia → il Corano
sarebbe quindi un testo storico e la sua interpretazione è influenzata storicamente.
Per differenziare gli elementi del Corano che possono essere considerati storici e quelli
che superano i limiti spazio-temporali (universali) è necessaria una contestualizzazione
e una distinzione tra senso e significato. Ad esempioio la schiavitù viene inserita non
come insegnamento universale, ma come messaggio che ad ogni reato corrisponda una
punizione (in quella società si usava così, man mano che si va avanti ovviamente la
punizione esercitata varia a seconda del contesto storico).

Se si interpreta il SENSO, ovvero si svolge un’interpretazione immediata del testo come


era stato fatto dai primi precettori, non si comprende il messaggio, ma si cristallizza il
testo all’epoca in cui è stato prodotto.
L’ermeneutica contemporanea sottolinea l’importanza della comprensione come
dialogo continuo tra interprete e testo → concetto di SIGNIFICATO, analisi
estemporanea. Il significato dipende dal senso, ma una lettura che prende in
considerazione entrambi permette di individuare gli elementi universali del tempo →
mediare tra il passato, a cui appartiene il testo, e il presente, a cui appartiene
l’interprete.


Ermeneutica democratica e umanistica del Corano si riferisce alla duplice natura del
testo sacro, divino (manifestazione della parola universalmente valida di Dio) e umano
(perché destinato all’uomo e prodotto storico-culturale e linguistico).

LA SURA DELLE DONNE


La sura Annissa secondo l’analisi di Abu zaid e Amina Wadud
Il Corano è suddiviso in 114 sure (capitoli), suddivise a loro volta in Ayat, versetti, e
precedute dalla formula Basmala, ossia “in nome di Dio clemente e misericordioso”. La
struttura del corano non segue l’ordine cronologico delle sure suggerite dall’angelo
Gabriele (Jibril) al profeta e la stesura è stata opera del Califfo Uthman.
Le sure sono state collocate nel testo dalla più lunga alla più breve (tranne che per il 1’
capitolo; due periodi: meccano (fino al 622) e medinese (dall’egira alla morte).
La sura Annissa è la 4 sura coranica ed è composta da 176 versi ed è stata rivelata
secondo il periodo medinese.
Abu Zayd si concentra sulla questione femminile a partire dal 1970, anno in cui le
autorità religiose egiziane avevano iniziato ad incolpare le donne della crisi che
affliggeva il paese; grazie alla rivoluzione del 52 le donne avevano ottenuto il diritto di
accedere al lavoro e all’istruzione e gli Ulama (dotto in scienze religiose: teologia e
diritto; al di fuori di ogni carattere sacrale) fanno riferimento ai versetti dell’annissa per
giustificare la propria volontà di escludere le donne dalla sfera pubblica (in quanto
inferiori e dedite alla sfera casalinga).

Strumentalizzazione dai fondamentalisti attraverso una lettura letterale; sappiamo


però che nel Corano la donna è citata e messa sullo stesso piano dell’uomo → scelta di
Maometto, perché in arabo l’occorrenza del maschile implica anche il femminile
(quando si parla di uomo si intende essere umano) → scelta di avanguardia, il profeta
vuole segnare attraverso il linguaggio una rottura con il passato.

La donna è menzionata nelle sure che riguardano il monoteismo, l’unità e l’unicità di


Dio, mentre non è menzionata nelle sure che concernono le norme sociali e le questioni
giuridiche.
Amina Wadud si è dedicata allo studio del Corano e ha un pensiero simile a Zayd:
occorre riscoprire un’ermeneutica (Ta’Wil, interpretazione allogerica) in grado di
carpire lo spirito del testo, comprendendo il suo significato ultimo. L’Islam e il Corano
secondo lei non sarebbero responsabili del maschilismo che vige nel mondo islamico,

Analisi del primo versetto, che concerne la creazione dell’essere umano da parte di
Dio: non fa riferimento alla creazione della donna dalla costola di Adamo, ma pone
l’uomo e la donna sullo stesso piano. “uomini, temete Dio il quale vi creò da una persona
sola, ne creò la compagna, e da essi suscitò molti uomini e donne!

Versetto 11: Eredità


Contesto storico: le tribù pre islamiche erano caratterizzate da un sistema patriarcale e
da lotte continue; il guerriero era la figura produttiva per eccellenza e la donna era
legata al focolare domestico, non contribuendo allo sviluppo economico della società:
per questo non rientrava nell’asse ereditario
"Quanto ai vostri figli, Dio vi raccomanda di lasciare al maschio la parte di due femmine,
se sono solo femmine, e più di due, spettano loro i ⅔, mentre se è solo una femmina le
spetta la metà”.
Il testo suggerisce una diseguaglianza. MA applicando i principi ermeneutici si arriva alla
conclusione che il testo si mostra all’avanguardia nel contesto storico: il solo fatto di
menzionare la donna nell’asse ereditario mette in luce la sensibilità del Corano nei
confronti della condizione delle donne.
Amina va oltre, analizzando anche i “non detti” del versetto:
- nessuna donna può essere diseredata
- la donna deve essere presente nell’asse anche se il parente è lontano nella linea.

Versetto 34: Controversie sul ruolo uomo-donna


“Gli uomini sono preposti alle donne perché Dio ha prescelto alcuni di voi e perché essi
donano parte dei loro beni per mantenerle”. Ci si sofferma su due parole arabe:
- Qawwamuna, tradotto come preposti, derivante dalla radice “protezione”, spesso
confusa con “superiorità”.
- Faddala, tradotto con prescelto, essere preferito.
Il teologo analizza anche altre situazioni in cui Faddala è presente nel testo coranico.
“Dio ha favorito alcuni di voi rispetto ad altri nelle ricchezze” → interpretare faddala
significherebbe che Dio preferisce i ricchi ai poveri→ contraddizione nel testo sacro,
che predica la beneficenza.
Abu Zayd analizza Kawamuma nel suo significato di protezione → “Gli uomini
PROTEGGONO le donne perché Dio ha prescelto alcuni di voi e perché essi donano parte
dei loro beni per mantenerle” Responsabilità degli uomini

Wadud riflette sul fatto che a uomo e donna siano affidati compiti equi; al tempo quello
primario della donna era quello di dare alla luce i figli e Allah offre al marito la
responsabilità del Kiwama, sostentamento materiale della moglie e dei figli.

Versetto 3: Poligamia
“Se temete di essere inqui con gli orfani, sposerete le donne che più vi piacciono, 2,3 o 4,
ma se temete di non essere giusti con loro ne sposerete una sola, oppure le serve che
possedete; questo sarà più adatto a non farvi deviare dal sentiero”.
Abu Zayd ritiene la poligamia una pratica caratteristica dlele società tribali
pre-islamiche, e non sarebbe quindi stata introdotta dall’Islam, ma sia stata usata per
risolvere il problema delle vedove e degli orfani (che avevano la necessità di essere
protetti); il versetto mette in luce l’importanza di prendersi cura degli orfani, senza far
riferimento al desiderio dell’uomo di avere più di una moglie. Abu Zayd argomenta il
pensiero dicendo che questa pratica sarà poi limitata nel versetto 129 della sura 4, che
vincola l’uomo a prendersi cura nella stessa maniera di tutte le sue donne. Il Corano non
parla della sterilità, che quindi non preclude il matrimonio.
Il Corano dona una soluzione alle problematiche attuali degli anni in cui si sta
diffondendo.
Secondo Zayd le donne avevano gli stessi diritti e doveri, premi e castighi in
paradiso/inferno degli uomini. L’uguaglianza religiosa va però anche traslata sotto il
punto di vista sociale, e secondo gli studiosi la realizzazione si può effettuare
comprendendo e mettendo in pratica lo spirito e i suggerimenti del Corano.

IL MODELLO DI MEDINA
Le donne esemplari del Corano
La tradizione racconta che la Parola di Dio sia stata trasmessa da Jibril a Maometto nella
Notte del Destino, tra il 26 e il 27 del mese di Ramadan, anno 610. Di fatto sappiamo che
la Umma si costituisce a pertire dal 622 a Medina: tutti i musulmani guardano a lei come
la “perfezione islamica”, come l’Islam sarebbe dovuto essere.
Nella loro battaglia, le femministe hanno tratto spunto dalle riforme legali create da
Maometto a Medina. Secondo Reza Aslan le problematiche di genere dei paesi islamici
sono una conseguenza diretta della difficoltà di scindere la storia reale da quella sacra.
Le tradizioni del tempo trascorso dal profeta a Medina sono state messe per iscritto
centinaia di anni dopo, in cui la società musulmana era già un impero, e molte tradizioni
riflettono il pensiero repressivo di quel periodo, non quello di Maometto a Medina.
Volontà di ritorno alla società originaria immaginata da Maometto a Medina → nel
Corano sono presenti i racconti di 5 donne da considerare come modello, perché hanno
permesso la sopravvivenza dell’Islam. La donna veniva trasferita da padre a marito, che
ereditava dote e terreni; all'interno del Corano si racconta però di donne che sfidano le
regole di quei secoli, diventando guide religiose e consiglieri politici e strateghi militari.

1. Ma come mai Maometto prende una posizione così? Tutto nasce dall’incontro con
Kadija, la sua prima moglie; figlia di un ricco commerciante, rimane vedova due volte e
riesce a continuare la conduzione del business familiare. Decide di investire il proprio
denaro nel commercio carovaniero e conosce Maometto mentre lui lavorava alle
dipendenze dello zio; Kadija ne riconosce il talento e lo assume come suo fiduciario.
Nonostante la differenza d’età (25 anni) i due s’innamorano e si sposano.
E’ stato grazie a lei che Maometto abroga le leggi pre-islamiche che proibivano alle
donne di entrare a far parte dell’asse ereditario e mantenere la propria dote come
proprietà personale. I tradizionalisti dell’epoca si oppongono e si inaspriscono sempre di
più quando Maometto permette alle donne di divorziare in caso di abusi e violenze.

2. Fatima: figlia prediletta del Profeta e di Kadija, nonché l’unica che gli assicura una
discendenza (considerata una degli Ahl al- Bayt, puri, discendenti del Casato di
Maometto); moglie di Alì, viene venerata sia dai sunniti che dagli sciiti. Maometto, per
non arrecare dolore a Fatima, proibisce ad Alì di prendere una seconda moglie. E’ una
figura potente, tanto forte da andare contro le regole del suo tempo e scegliere il
proprio consorte.

3. Ummwaraqua: contemporanea del profeta, esempio di figura femminile che sfida le


norme del sistema patriarcale. Su di lei c’è un Hadith, in cui lei viene designata da
Maometto in persona per condurre un gruppo misto → prima imama della storia
(preghiere di gruppo = Jumia).
Lei chiede a Maometto di poter partecipare alla battaglia di Badr per potersi prendere
cura dei feriti, e Maometto glielo permetterà. Dopo la morte di Maometto, è incaricata
dal Califfo Omar di occuparsi degli scambi commerciali a Medina e La Mecca.
Si è anche fatta garante della trasmissione del Corano prima che questo fosse messo per
iscritto.

4. Aisha: una delle spose del profeta, seconda solo a Kadija; designata come madre dei
profeti ed esempio di intelligenza, viene promessa in sposa a Maometto quando ha 6
anni e lui 54. → diversi dibattiti riguardo alla sua età → alcuni dicono che sia rimasta
nella casa del padre fino alla pubertà, altri che il matrimonio è stato consumato all’età di
9 anni.
E’ ricordata dalla attiviste per la sua indipendenza politica quando, ormai vedova, si era
opposta alle azioni del Califfo Uthman e (paradossalmente) al suo omicidio. Allo scoppio
della Battaglia del Cammello Aisha partecipa, ma viene sconfitta.

5. Umm Salamah: moglie di uno dei primi uomini che si convertirono all’Islam (Abd
Allah), il cugino del Profeta; era rimasta vedova durante una delle battaglie della
nascente comunità islamica e avrebbe dovuto cercare un nuovo consorte che si
prendesse cura di lei e dei suoi figli → rifiuta tutte le proposte di matrimonio, persino
quella del Profeta. Nei periodi successivi sposerà Maometto senza poche esitazioni.
Anche lei è denominata madre dei credenti e nonostante non sapesse né leggere né
scrivere conosceva perfettamente la legge islamica e spesso consigliava Maometto
riguardo alle questioni politiche; è noto il suo contributo per la stipulazione di uno degli
al-Ḥudaybiyya , tra i musulmani di Maometto e i meccani. La donna ha partecipato
anche a molti conflitti armati e ha narrato 378 Hadith.

LA SFIDA DELLA MODERNITA’


La fede e la Legge islamica si basano su due fonti normative fondamentali:
- Il Corano, principale in quanto Parola di Dio
- La Sunna, la tradizione, complemento indissociabile. I principi sono contenuti
nei 5 pilastri a cui si aggiunge


Raccolta degli Hadith, detti e fatti del Profeta
- Raccolta dell’Imam Al bukhari → 7275 h
- Raccolta dell’imam Muslim → 3033 Hadith
Unici due compendi ritenuti autentici universalmente:
Vengono riportate le parole del profeta, che vertono sui 5 pilastri:
-
- Shahada (testimonianza di fede) Testimoniare la fede in un unico Dio e nel Suo
Messaggero. → Principale richiesta, unica da soddisfare per essere un buon
musulmano
- Salat (salahh) (preghiera): La preghiera rituale stabilita per ogni musulmano
cinque volte al giorno per tutta la sua vita.
- Zakat (Zakah) L’atto di destinare annualmente una parte della ricchezza di un
musulmano alle persone bisognose.Elemosina
- Sawm (Sawn, Digiuno): L’atto di digiunare durante il sacro mese di Ramadan.
- Hajj (Pellegrinaggio): Il pellegrinaggio sacro alla Mecca che ogni musulmano deve
compiere, almeno una volta nella sua vita, se rientra nelle sue possibilità.


Non sono un imposizione per il credente

Legge e rivelazione si sono sviluppate simultaneamente nelle comunità e quindi


non tutte le leggi sono universali → Reza Aslan sostiene la necessità di
contestualizzare il Corano storicamente e modificare le leggi in relazione alle
necessità attuali della comunità islamica. Lo stesso Maometto definisce il testo
sacro come una scrittura “vivente” → il problema è far conciliare la concezione
moderna di diritti umani con la tradizione conservativa della Sharia per dare
democrazia e diritti umani alla Umma. Ci sono 3 modi per farle conciliare
secondo Aslan:
1. Accettare la Sharia come fonte legittima della legge civile ignorandone
alcuni principi (Egitto, Pakistan);
2. applicare la Sharia alle leggi dello Stato senza prerogativa di adattamento
alle norme contemporanee (Arabia Saudita)
3. attuare una riforma di metodo globale attraverso la quale far rientrare i
valori tradizionali edattandoli ai principi moderni di democrazia e dei
diritti umani → il movimento femminista e l’interpretazione
contestualizzata del Corano sono l’unica soluzione al superamenton
dell’empasse in cui si trovano alcuni stati.
E’ inoltre importante distinguere tra Sharia e Fiqh: la prima è la legge rivelata o divina
e la seconda è la legge di giuridica (derivata dalla legge di stato, il Quanun); mentre la
Sharia è legata alla fede, la Fiqh si contraddistingue per la sua tradizione letteraria
(prodotto del processo culturale islamico) e ha come fine ultimo l’adattamento delle
leggi all’evoluzione delle condizioni politiche, affinché siano incontrate le necessità di
quest’ultime. Schema dell’arte dell’interpretazione dei testi sacri → usul al- fiqh.
In molti stati arabi gli islamisti radicali hanno utilizzato il loro ascendente sulla
popolazione per propaganda, in particolare hanno assicurato ai cittadini la
soddisfazione delle loro esigenze primarie per ottenere il potere; i partiti più liberali
hanno quindi fallito nella promozione della Sharia come corpus da contestualizzare
storicamente. La situazione è peggiorata a partire dal11.9.2001, a causa
dell’amministrazione Bush che ha cercato di riformulare il pensiero islamico → forte
presa di potere USA, che hanno sfruttato l’indebolimento delle organizzazioni
musulmane per promuovere programmi più moderati, ma schierandosi con i partiti più
liberali ne hanno indebolito la credibilità.
Yvonne Haddad e Barbara Stowasser ritengono che la globalizzazione abbia portato il
mondo all’omologazione anche legale e che questo abbia fatto temere alle popolazioni
mediorientali di perdere la propria specificità culturale → risposta violenta per
mantenere il corpus legislativo.
La crescente presa di potere delle colonie europee nel territorio arabo tra 19 e 20 secolo
(Maghreb, Nord Africa, Asia Sudoccidentale) hanno apportato grande pressione affinché
le popolazioni modificassero il sistema legale → con l’indipendenza ci sono stati molti
dibattiti se mantenere o abrogare le leggi occidentali, soprattutto quelle relative a
famiglia e uguaglianza (diritto penale e commerciale)→ molti le hanno accettate, altri le
hanno delegittimate per preservare la legge islamica tradizionale.
Dagli anni 70 si è assistito a un maggiore appoggio dell’ideologia laica degli stati;
nazionalismo e islamismo sono galvanizzati dalla sconfitta araba del 67 (guerra dei sei
giorni). Le due studiose parlano di islamic resurgence per indicare la lotta volta alla
restaurazione dei principi della Sharia, perché si credeva che la crisi fosse causata
dall’Occidente (la popolazione si rivolge agli Ulama).
Alcuni stati, tra cui Giordania ed Emirati Arabi, riconoscono la Sharia come principale
risorsa di legge.
CITTA’ INVIVIBILI
Raccolta di studi di autori diversi (studenti e professori).
Città INvivibili perché alcune città presentano delle difficoltà di insediamento. che in
alcune di esse sono state superate. Ma anche città vivibili che sono diventate invivibili.

CAPITOLO 1 -URUK
Andando a cercare la più antica città della storia bisogna tornare indietro nei millenni,
sul fiume Eufrate; si tratta della città sumerica di Uruk, l’attuale Warka nell’Iraq
meridionale. Sorgeva tra Ur e Babilonia nel 4 millennio aC, ma solo tra i 2900 e il 2350
raggiunge il suo massimo splendore; era delimitata da 10 km di mura, che secondo la
leggenda erano state costruite da Gilgamesh. Non sappiamo se sia la città più antica, ma
abbiamo la certezza che fosse la più abitata del mondo, con 50.000 abitanti. Non nasce
come città unitaria, ma dall’unione di due insediamenti, Eanna e Kullab, derivata
dall’attrazione che questi esercitavano sul territorio circostante → si uniscono anche
per gestire proficuamente il controllo sul territorio babilonese.
Vantava di “innovazioni tecnologiche”, come i campi lunghi, l'aratro trainatore e la slitta
trebbiatrice, e aveva investito molto sullo sviluppo edilizio. Presentava una
progettazione architettonica non volta alla semplice accoglienza, ma anche alla
soddisfazione delle necessità legate all’intrattenimento. Uruk era quindi un importante
centro culturale, perché secondo gli archeologi era la culla della scrittura cuneiforme
(nel 3000 aC esisteva già un sistema di scrittura). Uruk presenta tutte le caratteristiche
per essere considerata una megalopoli della città e accoglieva molte attività artigianali
(lo si sa perché sono stati trovati molti documenti con un lessico specialistico relativo ai
beni e alla contabilità).
Di Uruk si parla anche nella Genesi (uno dei libri del Tanakh) al versetto 10 del cap. 10,
quando si dice che Erech (nome ebraico) è il secondo dominio del cacciatore Nimrod. →
Ereh rimane nella toponomastica del termine Iraq.
Alcuni siti come il Tempio bianco, consacrato al Dio del Cielo Anu, e il santuario della
Dea della fecondità Inanna sono andati persi e di questa megalopoli rimangono poche
tracce; PERCHE’? perché negli scorsi decenni l’Iraq ha subito diverse invasioni
(americana del 2003) e devastazioni e 15.000 reperti del museo di Baghdad sono stati
saccheggiati (solo metà sono stati recuperati). → Uruk rimane un’importante
testimonianza.

Non bisogna però pensare che tutte le città abbiano una storia secolare. Lo sviluppo
urbano è infatti un fenomeno molto recente; nel 1800 non più del 2% della popolazione
mondiale risiedeva in un contesto urbano; nel 1900 il 10%. Ad oggi c’è stata una corsa
all’urbanizzazione e conseguente abbandono delle campagne e si stima che nel 2050 i ⅔
della pop. mondiale risiederà in città. —-> per interesse verso questo fenomeno NASCE
LA GEOGRAFIA URBANA (multidisciplinare) grazie all’apporto di g. umana, culturale,
storia urbanistica, architettura, sociologia, antropologia,... Uno dei primi studiosi che ha
cercato di offrire una definizione di città è Weber, che si è principalmente occupato
dell’evidenza topografica della città.
La geografia urbana, secondo Blanchard, si occupa di 3 fattori principali:
1. Fattore che ha permesso la fondazione della città, che può essere umano o
fisico, come presenza di vie di comunicazione, vicinanza a risorse, clima,
tipologia di territorio,...(ad esempio nell’antichità sorgevano sulle sponde dei
fiumi);
2. Le vicende storiche legato allo sviluppo dell’insediamento urbano;
3. Intreccio tra vita urbano e scelte politiche attuate in favore della costruzione o
della vivibilità della città.
E’ ancora complesso però definire l’oggetto di studio della geografia urbana e dare delle
definizioni inequivocabili di che cosa sia una città. Molti hanno detto che la città è un
agglomerato che dipende dal lavoro agricolo che si svolge all’esterno della stessa →
secondo Weber non è detto che questa dipendenza ci debba essere, lui sostiene che si
possa parlare di città quando ci si trova di fronte a un nucleo abitativo circoscritto. La
città Weberiana è parzialmente autonoma nella produzione dei suoi beni di sussistenza.

Uno dei metodi per definirla è classificarla in base al numero degli abitanti, ma non è
così semplice trovare una linea comune → quanti abitanti sono necessari per parlare di
città? In Svezia ne bastano 200 e in Giappone 30 000. → classificazione inadeguata.
Un’altra classificazione è fatta dal Cambridge dictionary, che identifica una città solo
con una town dotata di cattedrale. Il Merriam Webster, invece sostiene che la city sia
più grande della town.
Che cosa contraddistingue un abitante di una metropoli rispetto a un abitante di un
paese? Secondo il sociologo Simmel chi vive in una grande città sviluppa indifferenza,
distacco e individualità e si sentirebbe più libero in relazione alla riservatezza che la
città offre. Come caso di cronaca nera è stato riportato il caso di Kitty Genovese → caso
di una ragazza uccisa nell’indifferenza dei suoi vicini. → Sindrome Genovese

La città mette in risalto alcuni aspetti studiati dalla Scuola di Chicago :


- sviluppo di spazi di segregazione;
- figura dell’uomo marginale;
- devianza sociale;
- criminalità;
- delinquenza minorile.
—-----------------------------------------------------> Segni di INVIVIBILITA’
Tra gli studi sviluppati nella prima metà del 20 secolo sulla morfologia e le
caratteristiche degli agglomerati secondo la geografia descrittiva → non si andava oltre
alla mera descrizione geografica. Di fatto, però, la città è tale perché vi sono al suo
interno persone che interagiscono tra di loro e modificano l’ambiente circostante; per
questo si è scelto di non trascurare l’aspetto sociale e culturale della città stessa.
Mariotti, studioso della città, ha affermato che la città è in qualche modo duplice, ha
due anime:
- espressione dell’agglomerazione territoriale → espressione di unione e
avvicinamento di attività umane;
- mezzo attraverso cui i territori si collegano tra loro e si integrano su scala
planetaria.


Da poli di attrazione le città diventano centri di comando di un mondo
globalizzato e sono collegate in un sistema a rete con gli altri centri che
svolgono analoghi compiti.
Lo studioso che si occupa delle relazioni fra città e stato Christaller, che ha dato
il via agli studi di teoria sistemica → studio del reticolato tra le aree di attrazione
delle diverse città → approccio freddo, si studiano solo le caratteristiche della
città.


Un approccio diverso si fa strada con la geografia umanistica (che non è la
geografia umana), che nasce grazie all’urbanista Lynch, che nel 1960 scrive un
testo ancora oggi fondamentale per l’urbanistica: The image of the city. I suoi
studi si contraddistinguono per l 'inserimento del senso di appartenenza e le
emozioni delle persone che abitano la città e che fanno della città il proprio
luogo di vita.


Approccio sviluppato in maniera più approfondita dal Geografo Yi-fu-Tuan, il
capostipite della Geografia culturale → con la cultural turn gli studi di geografia
urbanistica prenderanno in considerazione il vissuto degli abitanti; la città non è
solo più un’entità astratta, ma diventa pregna della vita dei suoi cittadini, prende
forma dalle ideologie, dai valori e dalle forme di potere che vi circolano dentro. .
Nuovi studi che pongono attenzione ai centri sociali, agli spazi etnici, alla
gentrification (movimento di popolazione giovane e agiata che si concentra nei
quartieri centrali storici dopo che sono stati messi in atto programmi di
rigenerazione urbano), alle gated communities (quartieri residenziali delimitati
da recinzioni provviste di cancelli e guardiani, in cui si può accedere previo
permesso e identificazione dell’ospite) e sostenibilità del paesaggio urbano.
Grazie a questi studi gli amministratori delle città si stanno impegnando per
migliorare gli spazi urbani → riconversione delle aree industriali dismesse,
riprogettazione dei luoghi di incurie.


Non deve destare stupore se sono aumentati gli studi che indagano la felicità
degli abitanti e il grado di vivibilità delle città → Geografia della felicità, studio
del benessere della popolazione.
Non sempre le metamorfosi urbane producono il bene degli abitanti, ma spesso
aumentano le diseguaglianze. → da un progetto di riqualificazione, ad esempio
possono aumentare gli affitti e la popolazione povera viene marginalizzata.
La ricerca della città perfetta e felice ha radici molto antiche; il commediologo
Show dice “una vita di felicità? nessun uomo potrebbe sopportarla, sarebbe
l’inferno sulla Terra”.


LE CITTA’ UTOPICHE
Esempi: Paperopoli e Topolinia, i cui destini non si incontrano mai. Paperopoli è una vera
e propria metropoli (1 300 000 abitanti), fondata nel 1818, anno in cui Cornelius Coot ha
ereditato un forte del corsaro Francis Drake, acquistato poi da Paperon de Paperoni, che ci
ha costruito un deposito → perno della città, la città è modellata nel tempo dagli autori
Carl Barks e Germano Scarpa. La città è stata oggetto di bombardamenti di Roosevelt, è
stata comprata, venduta, è sprofondata nelle viscere della Terra e risorta grazie al
contributo dei suoi cittadini miliardari (Rockerduck, 12 linee di metropolitana; Paperone).
E’ un universo solido, che si basa su una geografia ferrea → città utopica;
I personaggi sono ben definiti, così come è lo spirito della città; il covo dei Bassotti, Villa
Rosa, il quartiere di Rockerduck e gli altri sono quartieri spaziosi e urbanisticamente
ordinati . Paperopoli e Topolinia sono città immaginarie.

Le città immaginarie o utopiche nascono nel 16 secolo → UTOPIA = u+topos = non


luogo. A parlare di città o stati ideali sono stati anche Platone, Tommaso Campanella e
Tommaso Moro.
Come nasce l’esigenza di immaginare una città ideale? → Dallo scontro con la realtà e
con la volontà di proporre qualcosa di impeccabile, perfetto. Una delle caratteristiche è
l’armonia, che si traduce in una geometrizzazione morbosa degli spazi urbani. Dalla
ricerca della perfezione prendono vita alcuni progetti architettonici rinascimentali:
- Sforzinda: in onore del Duca Francesco Sforza e con una pianta a stella a otto
punte ottenuta dalla rotazione a 45 gradi di 2 quadrati sovrapposti inscritti in un
cerchio. A opera di Antonio Averlino detto Filarete;
- Atlantide e la sua pianta ortogonale di Ippodamo da Mileto;
- la città ellittica di Chaux;
- La città del Sole di Campanella: “sette gironi nominati dalli sette pianeti, si entra
da 4 strade e per 4 porte; attorno vi sono palazzi tutti uniti per giro col muro, che
puoi dir che tutti siano uno; poi le stanze con le finestre al convesso e al concavo,...”;
- nell’Utopia di Moro le case sono ben allineate ,presentano forme univoche e non
superano i tre piani d’altezza.
Tutte le strutture dell’assetto urbano hanno qualcosa di austero, ma dietro vi è
l’intenzione di controllare in maniera precisa la vita dei cittadini e delle attività
lavorative. Non sempre quindi città utopica = felicità.
Esempi:
- Casa con i muri di vetro → casina di cristallo, Palazzeschi). Il pensiero che sta
dietro la trasparenza delle pareti è l'onestà, ma è un’utopia che sulla carta può
essere lodevole, ma che nella vita di tutti i giorni può essere difficoltosa per gli
abitanti.
- Orwell, “the big brother is watching you”, se da una parte protegge gli abitanti,
dall’altra aggredisce lo spazio personale.
Sulla base delle città utopiche spesso si è fondata la propaganda sfociata nelle dittature
del 900 (nelle città utopiche però non c’è resistenza, gli abitanti sono felici perché tutto
è organizzato per loro, ci sono regole per tutto). La società utopica è chiusa
all’innovazione, alla ricerca e alla possibilità di pensiero e sviluppo autonome.
Nel secolo scorso la letteratura utopica è entrata in crisi, c’è stata una spinta al desiderio
di acquisire libertà e pensiero critico.
Quando si pensa alla città ideale si pensa ad un’ATENE descritta da Sofocle, nel
dramma l’Edipo a Colono. Il dramma descrive la città di Atene come una città giusta, a
partire da chi la governa, ovvero il Re Teseo.
Da cosa nasce la sua fama come città giusta? Da un gesto del Re nei confronti del vecchio
Edipo morente: Atene lo accoglie nonostante questi si fosse macchiato di un omicidio
(e avesse scatenato un’epidemia di peste). Vengono messe in evidenza le sue virtù di
città-rifugio.
Anche altri filosofi, come Voltaire , sostenevano che il grado di civiltà di un paese si
potesse misurare dalle sue carceri.


Questo fa tornare con il pensiero all’ambiente ebraico, in cui si parlava già di
città-rifugio e città ideali. Già dalla Genesi (Cap. 4, v 16), Caino (dopo l’omicidio del
fratello Abele) lascia il Gan Eden per trasferirsi a Oriente del Giardino, nella Terra di
Nod = terra di vagabondaggio, dove Caino conosce sua moglie, che rimane incinta e
partorisce Enok → Caino fonda la città di Enok, dal nome del figlio → il primo omicida
della storia biblica sarà anche il fondatore della prima città descritta nella Bibbia. Rashi,
commentatore medievale, commenta questo evento collegandolo ad un altro passaggio
in cui, sempre a Oriente, vengono create altre 6 città-rifugio nelle terre levitiche; le
città-rifugio sono le città in cui trovano accoglienza coloro che hanno commesso
involontariamente un omicidio.
4:41 "Mosè scelse tre città oltre il Sol levante, perché vi fuggisse l’omicida” → scelta
azzardata, 3 città oltre il Giordano.
Le altre 3 sono parte della Terra di Canaan, citate nel libro dei Numeri, capitolo 35.
- Un'altra interpretazione talmudica narra che questo ruolo particolare spettasse
a tutte e 48 le città levitiche; rifugio non a tutto tondo, perché solo 6 erano
obbligate (Bezer, Ramot, Golan, Kedesh, Sichem e Kirjat-Arba, l’assassino doveva
rimanere libero fino alla morte del sommo sacerdote e trovava riparo da gesti di
vendetta dai familiari della vittima) ad accettare un assassino (nelle altre
sceglieva il consiglio degli anziani).
Un altro trattato talmudico spiega le caratteristiche per essere considerate città-rifugio:
- essere di medie dimensioni;
- godere della presenza di risorse idriche; in caso di loro mancanza erano
necessari canali.
- afflusso continuo e costante di persone e mercati. La densità demografica non
doveva mai calare ed era vietato il commercio di armi;
- strade larghe e agibili;
- segnaletica per indicare la città-rifugio (per agevolare l’ingresso dell’omicida
involontario, che doveva essere accompagnato da due maestri che ne potessero
garantire l’incolumità).
Alcune città, anche con tutte le caratteristiche, non potevano essere città- rifugio: le
48 città levitiche potevano esserle tutte, quelle che non potevano esserlo erano
Gerusalemme, Betlemme e Shiloh → la presenza divina non annulla le leggi basilari
della moralità.
Questa sorta di asilo politico non è solo una scelta etica, ma è una realtà di
progettazione molto all’avanguardia; la maggior parte dei cittadini era costituita da
anziani della tribù di Levi (secondi solo alla casta sacerdotale) e il contesto era
culturalmente stimolante. Se a commettere involontariamente un omicidio fosse stato
uno studente di Torah, questo non sarebbe potuto essere abbandonato dal suo rabbino,
che doveva andare in esilio con lui per permettergli di continuare gli studi. In caso
contrario, tutta la scuola del maestro avrebbe dovuto esiliarsi con lui.

Un’altra forma di accoglienza è stata concepita in ambito cattolico, con diversi concili
ecclesiastici → Concilio di Narbonne, 1056: asilo ecclesiastico, misura adottata sino
all’Unità d’Italia. Diverso da quello ebraico:
- non era una città a offrire rifugio, ma un’istituzione;
- la chiesa accoglieva tutti gli assassini, anche volontari. Un esempio noto è quello
di Fra Cristoforo nei Promessi Sposi, accolto in un convento di Cappuccini.
Ancora più drammatica è la situazione delle attuali carceri, iperffollate, prive di
strumenti positivi.
Può esistere il carcere nella città ideale? Sì, e può diventare un modello da imitare per ciò
che sta fuori; un esempio è il panopticon, il carcere dell’età dei Lumi, organizzato,
centralizzato e controllabile.
Eliopoli è una città archittettoniamente perfetta e nata come città ideale, che però
presentava una prigione impenetrabile, dove i carcarati pativano torture e supplizi
anche di natura di tortura psicologica (1 caso noto) e dove è conservato il più completo
archivio criminale.
Austerlitz → romanzo che narra la storia di un professore di architettura che alla
ricerca delle sue origini, descrive quelle che nascono come città ideali e si sviluppano
come intrise di controllo, oppressione e sopraffazione dei cittadini.

CITTA’ E FELICITA’
Le città non possono essere ridotte a un modello unico di studio; si può prendere in
considerazione una sola città, ma non si possono fornire tutti i punti di vista.
Il lavoro di Kevin Lynch, “l’immagine della città”, è stata la chiave di volta per studiare
la città con l’occhio di coloro che la vivono: è stata la prima volta che uno studioso ha
posto l’attenzione sulle immagini mentali che ogni abitante ha della propria città
(nonostante la diversità delle singolo percezioni) → studi costantemente in evoluzione.
Le immagini che produciamo sono legate a ricordi ed esperienze personali (es. expat);
difficile fare quindi paragoni tra città diverse, ad esempio per catalogare la vivibilità o
meno di una città → e allora perché queste indagini sono sempre riproposte? perché la
ricerca dell’armonia è intrinseca all’essere umani. I risultati sono diversi in base agli
indicatori scelti per le indagini, come il reddito. Indice della felicità interna lorda: Il
Bhutan è lo stato con il più alto tasso di felicità interna lorda, il più felice al mondo → la
produzione economica è valutata solo se sostenibile, crescita spirituale, salute mentale
e fisica, governance sistemi aziendali e politici, uso del tempo, tenore di vita, vitalità
della comunità, educazione, cultura, ecologia.
Il desiderio di vivere in uno spazio ideale paradossalmente crea processi di abbandono e
decrescita nei luoghi considerati non ideali (con meno servizi e possibilità). → dualismo
campagna-città e concorrenza tra le varie città.
Le città ideali si sono però sempre rivelate ideali solo per il potere, un terreno fertile
per le dittature.

Global liveability index, The Economist→ nell’ultimo anno molti cambiamenti in base a
come le città hanno risposto alla pandemia; indici più rilevanti 2020: istruzione, sanità,
cultura e ambiente, infrastrutture, come è stata gestita la pandemia (chiusura frontiere) .
La città più vivibile è Auckland, seguita da Osaka, Adelaide, Wellington, Tokyo, Perth e
Zurigo, Ginevra, Melbourne, Brisbane; un anno prima la 1 era Vienna, nel 2020 al 12
posto. Nuova Zelanda, Giappone e Australia ei primi posti perché con il Covid si sono
chiusi a sé stessi, gli scambi erano impossibili e le frontiere sigillate. La parte bassa della
classifica ha subito minori cambiamenti e Damasco è stata riconfermata come la città
meno vivibile al mondo.

Risultati diversi si hanno dalla ricerca di Gallup, focalizzata sull’impatto del Covid; sono
stati adoperati parametri diversi per valutare non la vivibilità, ma la felicità degli abitanti
nella nazione → World Happiness Report → la nazione più felice è la Finlandia, Islanda,
Danimarca, Svizzera, Paesi Bassi, Svezia, Germania, Norvegia, Nuova zelanda, Austria,
Israele…
Il WHR aveva classificato anche le città → nel 2020 Helsinki, nel 2019 Copenhagen.
Secondo i ricercatori è utile sapere cosa porta alla felicità (come ad esempio camminare
negli spazi verdi in compagnia), in modo che gli amministratori possano adattare le
politiche di governance delle città.
Importanza della natura e della condivisione sottolineata da Helliwell.
La differenza tra una ricerca e l’altra deriva dalla scelta dei parametri.
Solitamente però la felicità media degli abitanti della città è maggiore rispetto alla
media della popolazione generale del paese → vantaggio di felicità urbana, che svanisce
per città di paesi a più alto reddito.

In linea generale, la felicità è difficile da calcolare, come è più difficile trovare dei
parametri per misurarla; ad esempio in Nuova Zelanda, che ha alcune delle città più
vivibili al mondo, detiene il tasso di suicidi giovanili più alto al mondo.

LA RIFUNZIONALIZZAZIONE DEGLI SPAZI URBANI AI TEMPI DEL COVID-19


Tema degli spazi vissuti: le ultime statistiche elaborate pongono in evidenza la
contrazione degli spazi di vita causata dalla pandemia. Lo spazio inteso non solo come
luogo che si può vedere (centro urbano costituito da piazze, strade,...), ma lo spazio in
cui ci muoviamo che diventa spazio vissuto (Geografo fremont) grazie alla memoria
individuale e collettiva generata dalle nostre azioni come soggetti sociali → si creano
dei veri e propri paesaggi culturali, che si formano grazie alle interrelazioni delle
soggettività che abitano gli spazi stessi. E’ il patrimonio identitario che permette di
identificare i segni dello spazio storico. → sono importanti le memorie, le vicende
umane e storiche. La memoria per essere tramandata non solo ha bisogno di riferimenti
concreti geografici, ma anche delle relazioni tra persone e luoghi.

CAPITOLO 9: PERIODO COVID


Lo spazio abitato è lo spazio della memoria collettiva, e verso il quale si può provare un
forte senso di appartenenza. Lo spazio è tenuto in piedi dalla memoria e il rapporto tra
memoria collettiva e identità comprende tre fattori:
❖ preciso riferimento spazio-temporale in cui elementi umani e non interagiscono;
❖ uno spazio stabile e permanente di interazione;
❖ supporti che rendono visibili quei legami.
Evans-pritchard sottolineava che lo spazio è “determinato dall’ambiente fisico e
incorpora e dipende da valori.
Con la pandemia gli antropologi culturali hanno iniziato a parlare di città sospesa:
concetto utile anche per la geografia, perché la città è un insieme di relazioni → lo
spazio può essere definito e compreso in relazione all’uso che gli umani ne fanno.
Quando le relazioni vengono meno, come è avvenuto con il Covid, le conseguenze sono
gravi:
- divieto di accesso agli spazi collettivi;
- restrizioni degli spazi di interazione (bar, uffici, scuola);
- distanziamento sociale.
Da un punto di vista sociologico l’evento ha portato a una vera e propria sospensione
della città: sono sospesi i momenti di stacco dal lavoro (weekend, feste,...), le relazioni,
la vita comunitaria, le nostre abitudini → nuovi riti che accavallano la vita lavorativa e
privata. Nuova organizzazione dello spazio sociale, con limitazioni orarie e di capienza,
nuova cultura del cibo d’asporto, e risposte differenti a seconda delle ondate. In
situazione di crisi i riti aumentano per esorcizzare la paura (es. cantare sui balconi).
Le nuove tecnologie hanno costituito i nuovi spazi per la socialità. → Se i processi con
cui plasmiamo noi stessi sono influenzati dal modo in cui abitiamo lo spazio, una
variazione di questo ci orienta verso un modo diverso di dare forma alla nostra umanità.

Nascita delle teorie del complotto → Manzoni scrive la storia della colonna infame, in
cui si parla di come alcune persone siano state accusate di aver diffuso la peste. Le
teorie del complotto nascono nel Medioevo → nel 1903 Protocollo dei Savi di Sion,
polizia zarista, complotto. Falsificazione di una pièce comica in cui si prendevano in giro
i massoni per distogliere il malcontento della popolazione e trovare un capro espiatorio
→ pogrom → ritorno negli anni 30 con Hitler

Ricerca sul campo relativa alla pandemia: diversi risultati a seconda anche della
grandezza della casa. Usati moduli google form → 85% intervistati erano universitari,
3% liceali, 12% non impegnato in corsi di studio → domande su percezione gravità,
regole, didattica a distanza, quotidianità (sofferto per mancanza movida, shopping o
solitudine), convivenza in famiglia (35% miglioramento relazioni, 15,9% inferno), casa
come ambiente di vita.

CAPITOLO 13 - SPAZIO MEDIORIENTALE (ISRAELO-PALESTINESE):


URBANIZZAZIONE DEI TERRITORI PALESTINESI
Territori non appartenenti a uno stato, ma governati da Hamas e Palestinesi →
Cisgiordania (West Bank) e Striscia di Gaza.
I periodi di maggiore sviluppo delle città palestinesi sono recenti e hanno a che fare con
eventi politici e minori tensioni con Israele (aspettative di pace), che hanno
incoraggiato maggiori attività edilizie → maggiori servizi, ma l’espansione delle città
avviene a danno dei territori (agricoli) circostanti e peggioramento qualità della vita
degli abitanti.
Uno dei punti su cui la firma di un trattato di pace si è arenata è una questione urbana:
ogni volta che si era prossimi a firmare un trattato di pace, i leader palestinesi facevano
richiesta di ritorno all’interno dello stato d’Israele di 8 000 000 profughi palestinesi
(non solo coloro che si trovano nella reale condizione di profughi all’indomani della
prima guerra arabo-israeliana, ma anche le generazioni future) → non nasce uno stato
palestinese perché i suoi territori sono annessi da Egitto (Striscia di Gaza) e Giordania
(Cisgiordania), che avevano promesso loro la possibilità di ritorno (i palestinesi sono
quelli che perderanno di più nel conflitto).
Cosa è successo ai palestinesi che hanno cercato asilo nei paesi arabi? Fatta salva la
Giordania che ha concesso loro la Giordania, gli altri hanno creato campi profughi in cui
le persone sono cresciute come apolidi. → 8 000 000 in totale, molti sono sostentati da
un’agenzia internazionale, UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for
Palestinian in Near East) , nata nel 1949 per assistere (relief) ma anche reintegrare i
rifugiati nelle economie dei paesi ospitanti attraverso progetti di lavoro → 4 anni di
mandato rinnovato per oltre 50 anni → per nessun’altra situazione di guerra esiste
un’associazione per le persone colpite e i discendenti che perduri così tanto nel tempo.
La richiesta al ritorno non è un diritto, è una questione ideologica.
Tralasciando il punto di vista politico, ci concentriamo sulle questioni ambientali e geo
economiche, immaginando lo scenario che si presenterebbe se Israele accettasse i
termini di pace (che avrebbe fatto forse nascere lo stato di Palestina)
- Scenario 1. → cosa sarebbe accdutto se una volta tornati avessero voluto una
cittadinanza palestinese e non israeliana? Le città palestinesi non sarebbero state
in grado di creare un ambiente adeguato al rientro.
- Scenario 2. → Se avessero accettato la cittadinanza israeliana probabilmente
Israele non sarebbe stato in grado di fornire e condizioni di vita ottimali (causa
anche estensione territoriale e deserto) → i territori utilizzati a scopi urbanistici
sarebbero stati 10 000 km2 (aree province Torino e Alessandria, 2 mln abitanti;
Israele 9 mln); gli ebrei inoltre sarebbero diventati una minoranza.
La fazione punta ad ottenere tramite la pace ciò che non è riuscita nella guerra.

I TERRITORI PALESTINESI
Due aree distinte geograficamente e politicamente :
- Cisgiordania, governata da Abu Mazen (Mahmoud Abbas), autorità palestinese;
parte più ampia (5800 km2);
- Striscia di Gaza, governata da Hamas (360 km2).
Abitanti secondo l’Ufficio centrale di statistica palestinese = 5 100 000 persone.
Territori densamente abitati → difficoltà nel trovare case, risorse, posti di lavoro,
adeguare le infrastrutture.
Prevalentemente la popolazione è insediata vicino a piccoli centri sulla costa
mediterranea e piccoli comuni sull’altopiano cisgiordano (zona buona, con piovosità
media più alta rispetto alle altre zone, agricoltura); i grandi centri di insediamento
urbano sono pochi: Gerusalemme est, Nablus, Hebron, Gerico e Gaza. La predilezione
di piccoli centri riflette la struttura sociale, prevalentemente rurale e incentrata
sull’agricoltura.

Risultati geografia dei confini post 68 molto importanti, perché Israele occupa
Cisgiordania e Striscia di Gaza, confisca le terre palestinesi e annette i territori
economicamente. All’indomani della guerra dei 6 giorni vi è stata una completa libertà di
movimento → maggiore benessere per le famiglie palestinesi, ma allo stesso tempo
molti lavoratori palestinesi lasciano i campi per lavorare in Israele; altri iniziano a
lavorare nei paesi arabi del golfo nell’estrazione di petrolio.
Al momento della nascita dell’autorità palestinese, 1994, la forza lavoro palestinese
complessiva ammontava a 500 000 persone e cresceva di 30 000 l’anno; l’emigrazione
verso gli stati petroliferi era cessata (metà anni 80).

Questione del Kuwait, che Iraq voleva conquistare, contro cui era stata creata una
coalizione internazionale con USA, Israele e alcuni paesi arabi,... → Arafat voleva
spezzare la coalizione internazionale e aveva deciso di attaccare Israele in appoggio
all’attacco dei missili SCUD dell’Iraq → L’Iraq, sebbene sotto attacco, attacca Israele →
se Israele avesse risposto i piloti israeliani sarebbero stati a fianco di piloti arabi → i
paesi arabi avrebbero tolto sostegno ai paesi occidentali e questi sarebbero sembrati
provocatori di guerra. → l’alleanza contro l’Iraq si sarebbe spaccata → Israele non
risponde e il Kuwait come ripicca contro Arafat espelle 250.000 palestinesi che vivevano
e lavoravano in Kuwait (che si spostano in Cisgiordania e striscia di Gaza).

La disoccupazione inizia ad aumentare sul territorio e con la nascita dell’autorità


palestinese è inaugurata la stagione degli attentati. → oggi è al 31% → 52% in Gaza
dove non ci sono ebrei, in Cisgiordania 18% perché ci sono insediamenti ebraici che
offrono lavoro ai palestinesi.

Problemi della Palestina riconducibili a:


- mancanza di sovranità;
- mancanza d’indipendenza;
- mancanza di libertà.
La leadership attuale ha difficoltà a districarsi tra i problemi e la frattura tra Autorità
Palestinese e Hamas non fa che peggiorare la situazione → la Palestina continua a
dipendere dagli aiuti internazionali e Israele. Questo porta a un’ulteriore
frammentazione del territorio, visibile a causa dei check point. L’UE ha ribadito che i
suoi finanziamenti possono essere devoluti a “organizzazioni della società civile”
palestinesi anche quando queste annoverano fra i loro membri persone che sostengono
il terrorismo; i finanziamenti Covid dell’ONU per Gaza e Cisgiordania sono finite in
mano di organizzazioni colluse con il terrorismo, in particolare con il Fronte Popolare
per la liberazione della Palestina (FPLP).
Caso Sodastream: primo impianto in Cisgiordania con lavoratori prevalentemente
palestinesi, che avevano simili stipendi a quelli in Israele e assicurazione medica.
Boicottaggio dell’azienda israeliana tramite BDS (boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni)
→ l’azienda in Cisgiordania chiude facendo perdere il lavoro a molti palestinesi e riapre
nel deserto del Negev, dove assume 1400 arabi beduini.

PROBLEMA DELLO SVILUPPO URBANO NEI TERRITORI PALESTINESI


Per quanto riguarda la situazione dell’acqua in Cisgiordania , la Commissione
israelo-palestinese (prevista dagli accordi di Oslo del 95) per la sua gestione non si
riunisce dal 2010; Gaza fa affidamento sulla sua unica falda acquifera e il 96% dell’acqua
in Cisgiordania è considerata non potabile e l’acqua è prevalentemente fornita da
Israele, che ha deciso di incrementare di 6 e 10 miliioni di metri cubi l’apporto di acqua
in Gaza e Cisgiordania → L’autorità palestinese rifiuta la proposta di ricevere acqua e
nonostante ciò l’Israeli Water Authority decide di migliorare le infrastrutture idriche a
beneficio di palestinesi e israeliani e nel 2019 viene iniziato un progetto, finanziato da
ONU e Banca Islamica per lo sviluppo, di un impianto di desalinizzazione.
Durante la dominazione Giordana in Cisgiordania la popolazione è incrementata del
45%, mentre quella rurale del 101%.
Dopo la guerra dei 6 giorni e l'occupazione da parte di Israele dei territori che
sarebbero dovuti essere palestinesi; molti lavoratori, che non vivono la limitazione dei
check-in, decidono di andare in Israele, in Arabia Saudita e Kuwait.
L’occupazione porta un altro risvolto, legato allo sviluppo edilizio → al momento
dell’occupazione israeliana i villaggi della Cisgiordania e di Gaza non avevano dei piani
edilizi strutturati → Israele ha libertà sul controllo del territorio, in particolare per
quanto riguarda i permessi edilizi. Dal 1967 fino al 1971 le concessioni edilizie erano
assegnate secondo le normative giordane e dello stato britannico, perché il governo
israeliano voleva occuparsi della questione sicurezza. Israele permette di creare
insediamenti ebraici, e inizialmente si pensa che sia una cosa positiva; questo però
permette solo di perpetuare l’astio tra le parti, perché l’insediamento dei nuovi coloni
presuppone la necessità di terreno edificabile.
Ordine 418 del 1971 : si gettano le basi della pianificazione edilizia, decise dall’autorità
israeliana; questo decreto non è però a favore dei palestinesi, perché ha causato la
diminuzione dell’edilizia palestinese e il respingimento delle domande di edificazione
di edifici industriale. Tra l’altro questi terreni non erano definiti come terreni
palestinesi, perché non c’era la prospettiva di ritorno al progetto del mandato britannico
→ Israele pensa che quindi questi confini siano definitivi e li prepara dal punto di vista
edilizio. I palestinesi inizialmente non vengono nemmeno considerati cittadini al pari
degli israeliani (nonostante avessero accesso a sanità, energia elettrica, servizi base,...)
→ Operazione imposta dall’alto, volta a impedire l’espansione edilizia palestinese.

La situazione cambia dopo il ‘93, con i colloqui e gli intenti di Oslo, e dopo la creazione
dell’Autorità palestinese nel ‘94 → l’attività edilizia diventa appannaggio dell’autorità
palestinese→ Ministero della pianificazione e della cooperazione internzionale
(MOPIC) e Ministero del Governo Locale (MOLG). I problemi che si sono presentati
sono stati tanti e un tentativo di mettere in piedi un progetto per coordinare lo
sviluppo urbano e rurale nei territori e progettare interventi è stato messo in piedi dal
MOPIC, cercando di tenere in considerazione la questione ambientale e delle risorse. se
sulla carta il piano è stato redatto, nella realtà non è stato attualizzato; sono state
introdotte valutazioni di impatto ambientale, ma il lavoro di entrambe i ministeri non ha
avuto successo, anche a causa del fatto che per poterlo realizzare completamente
sarebbe stato necessario avere personale qualificato in materia di pianificazione urbana
(causa: emigrazione dei cervelli).

Negli anni precedenti lo scoppio della seconda Intifada (2000, Camp David: rifiuto della
proposta di pace israeliana e la passeggiata di Sharon sul monte del tempio), quando si
parlava di pace, i territori avevano vissuto un periodo di crescita e ripresa economica,
correlati a una forte espansione urbana. Ma se è vero che le speranze di pace portano
con sé una migliore situazione economica, è altrettanto vero che la crescita e
l’espansione urbana sono avvenute a discapito del paesaggio naturale e dei terreni
agricoli.

Una volta riprese le ostilità il benessere economico lascia il posto alla precarietà sempre
più grave; gli scontri coinvolgono anche l’edilizia —> i palestinesi iniziano a costruire
case senza chiedere il permesso di edificazione nell’area C della Cisgiordania e nei
quartieri che circondano Gerusalemme (che secondo gli accordi di Oslo sarebbe
dovuta essere sotto il totale controllo israeliano fino al trattato della pace); allo stesso
modo crescono avamposti ebraici (di destra) illegali in Cisgiordania → viene attirata
anche l’attenzione della comunità internazionale, che vede in questi insediamenti illegali
un allontanamento dalla pace.
Le condizioni delle case sono gravi, non hanno un collegamento alla rete fognaria, ma
questi abusi edilizi spesso vengono fatti per necessità, perché le attese per la
documentazione non stanno al passo con la crescita demografica palestinese. → una
volta scoperte sono sanzionate, ma in alcuni casi anche demolite.
Uno dei problemi più importanti per coloro che vivono in Gerusalemme est (che era la
zona inaccessibile agli ebrei prima della guerra dei 6 giorni) è la carta d’identità
israeliana, ma passaporto giordano → impossibilità di accedere a prestiti e mutui,
maggiore difficoltà nell’ottenimento di un alloggio popolare.
Il sindaco di Gerusalemme dal 65 al 93, Kollek, aveva cercato di trasformare queste
divisioni in un positivo melting pot, perché convinto che la convivenza quotidiana
avrebbe permesso alla città di trovare un’unità e svilupparsi in maniera internazionale.
Kollek era convinto che un miglioramento delle condizioni di vita dei palestinesi li
avrebbe portati ad accettare la cittadinanza israeliana, ma i fondi pubblici non vennero
investiti nella creazione o miglioramento delle infrastrutture.
Negli anni 70 Israele ingrandisce il quartiere ebraico della città vecchia e crea una
serie di conglomerati urbani, 5 quartieri, per collegare la parte occidentale della città al
monte Scopus, sul quale sorge l’Università ebraica. Negli anni 80 vedono la luce nuovi
quartieri ebraici intorno a Gerusalemme Est per rendere più difficile l’ipotetico ritorno
della città sotto il controllo arabo (la popolazione palestinese era considerata una
minaccia e a fine anni 90 ebrei e arabi si equivalgono, ma negli anni i palestinesi si
espandono, 2014). In media dal 1967 in poi vi è un appartamento ogni 3,2 residenti ebrei,
mentre 1 ogni 7,4 abitanti palestinesi.

UNA PROPOSTA DI PACE PARTICOLARE:


Accordi di Abramo: pacificazione tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein, sotto l’egida
USA. Israele promette di non annettere i territori palestinesi.

Sotto il punto di vista delle trattative con il popolo palestinese, la situazione è di stallo
(rifiuto di Arafat di tutte le proposte e richiesta di rientro profughi). Il NO più storico è
di Arafat, quando nel 2000 Israele propone la nascita di uno stato palestinese con
capitale Gerusalemme Est → guerra civile tra palestinesi di Arafat e Hamas.
L’ultimo tentativo di pace portato avanti ha visto un nuovo interlocutore, Abu Mazen
(Mahmoud Abbas) ed è il PIANO TRUMP, meno favorevole di quello sotto l’egida di
Clinton, → Abu Mazen non ha neanche risposto. Se fosse stato firmato, Gerusalemme
sarebbe stato il controllo totale d’Israele, ma i palestinesi avrebbero potuto dichiarare la
loro capitale Gerusalemme e gli organi nazionali avrebbero potuto essere nel quartiere
Abu Dis (ora Ramallah). La condizione era che la sovranità palestinese fosse delegata alla
completa smilitarizzazone del futuro stato (sì forza di polizia, ma no esercito) + disarmo
Hamas e milizie terroristiche; inoltre compensazione dei palestinesi dei territori
cisgiordani con una porzione analoga di territori vicini al confine egiziano (ampliamento
striscia di Gaza). Il piano sarebbe potuto essere migliorato, ma non c’è stata trattativa.
Il piano avrebbe consegnato ai palestinesi uno stato sovrano, un territorio contiguo, il
ritorno dei prigionieri, e un collegamento tra Gaza e Cisgiordania; poi accesso a porti
commerciali di Haifa e Ashdod, fine delle concessioni edilizie ai coloni israeliani per
almeno 4 anni, possibilità di creare resort turistici sul Mar Morto, controllo sull’equità
dell’ approvvigionamento idrico e 50 mld di assistenza economica→ aumento PIL,
miglioramento condizioni di vita ed export. → Trump lo aveva definito “l’accordo del
secolo”.

Bassem Heid: attivista per i diritti umani palestinesi che collabora con associazioni. Ha
ipotizzato un piano di pace muovendo le proprie mosse dalla situazione precedente; il
documento redatto si chiama “peace vision”, interpreta da dentro i sentimenti della
popolazione palestinesi e non è incentrato sul passato. Dice che nel piccolo spazio in cui
vivono israeliani e palestinesi non ci sono più due popoli e la possibilità di creare “2 stati
per 2 popoli” è remota → propone la creazione di 3 stati indipendenti, una
confederazione con nome “la grande Palestina” → Israele, Palestina (Cisgiordania) e
Striscia di Gaza e dovrebbe riconoscere Israele come stato ebraico (cosa su cui gli
accordi si sono arenati).
Riguardo alla questione degli insediamenti ebraici in Cisgiordania, Heid pensa che
debbano rimanere versando le tasse alla Cisgiordania; stessa cosa per villaggi arabi in
Israele.
Gaza e Palestina sarebbero demilitarizzate e l’unico esercito sarebbe quello israeliano.
Gerusalemme sarebbe capitale della Confederazione e Israele, Gerusalemme est della
Palestina e Gaza della Striscia.
Non ci sono investimenti per la ricrescita economica.

Mohamed Ari Assad: “vogliamo lavorare con gli israeliani, non vogliamo combattere
contro di loro…”.

Nella zona palestinese non vengono indette elezioni dal 2006, ma grazie agli accordi di
Abramo qualcosa intorno si sta muovendo. Gli israeliani sono andati di nuovo al voto e
hanno eletto Bennet (caduto Netaniaou) , che ha accolto nel Governo il partito arabo
islamista Raham (gli arabi sono sempre stati presenti nei partiti, ma non esisteva
nessuna lista islamista) → questa pacificazione non è però sulla strada di riuscita,
perché nel maggio 2021 ci sono stati nuovi violenti scontri che hanno avuto origine
dallo sfratto di alcune famiglie palestinesi dal quartiere alShaykh Jarah (sheik jarrah)
nella Gerusalemme Est.
Ma cosa sta dietro alla rivolta di Gaza in occasione di questi sfratti? il tutto non ha
avuto origine a causa degli sfratti; in pieno ramadan, aprile 2021, la polizia israeliana
piazza delle transenne per limitare gli assembramenti; i palestinesi le vedono come una
limitazione della loro libertà personale, perché come tutti gli anni volevano riunirsi per
le cene dell’Iftar. → dopo i primi scontri si inserisce la questione degli sfratti di 3
famiglie palestinesi e iniziano a essere lanciati dei missili su Israele da Gaza.
AlShaykh Jarah (sheik jarrah): Quartiere arabo fondato nel 1865 nella parte orientale
della città, poco più a nord delle mura della Città Vecchia; in arabo Jarrah significa
“guaritore”, in riferimento a una leggenda secondo la quale nel quartiere sia sepolto il
medico personale del Saladino. Però tra il 1875 e fino al 1948 è esistito al suo interno un
settore ebraico perché qui vi è sepolto “Simone il Giusto”, un rabbino vissuto tra il 4 e 3
secolo aC; proprio per questa tomba venerata il luogo è meta di pellegrinaggio dal
medioevo. Nel 1876 due rabbini (Avraham Ashkenazi e Meir Auerbach comprano il
terreno su cui c’è la tomba e quello circostante per conto delle comunità sefardita e
ashkenazita in Eretz Israel; sui terreni vengono costruiti alloggi donati a ebrei in
povertà. Nel 1946 due ONG ebraiche ( Va’ad Eidat HaSfaradim e Va’Ad HaKlali L’Knesset
Yisrael) fanno registrare l’atto di proprietà presso le autorità della Palestina
Mandataria britannica. All’indomani della 1 guerra arabo-israeliana la Giordania occupa
tutto il quartiere (insieme a città vecchia e parte orientale); la legione araba caccia gli
ebrei dai territori conquistati e le case del quartiere nel 1956 vengono assegnate a una
30 di famiglie di profughi palestinesi, che pagano un affitto all’ente che si chiamava
“custodia giordana delle proprietà del nemico”.
Le sorti del quartiere cambiano con la guerra del 67, quando Israele riunifica
Gerusalemme; viene emessa una legge nel 1970, secondo la quale la legge israeliana
permette agli ebrei di tornare nelle case di proprietà ebraica (con documenti
comprovanti della confisca o se gli occupanti non riescono a dimostrare di aver
comprato la casa). Nel 1973, sulla base dei documenti ottomani e britannici, gli
immobili in questione sono registrati presso le autorità israeliane a nome delle ONG.
1. Nel 1982 dei residenti arabi in tribunale testimoniano che le due organizzazioni erano
le proprietarie legali e accettano il principio di continuare a pagare un affitto.

Si complica ulteriormente la situazione nel 2003, perché le due ONG vendono gli
immobili a un’altra organizzazione no profit ebraica (Nahalat Shimon); in teoria non
dovrebbe cambiare nulla, perché gli inquilini non sono obbligati ad andare via, ma sono
solo tenuti a pagare l’affitto. → i residenti iniziano a rifiutarsi di pagare l’affitto e si
scoprono lavori non legali e subaffitti. L’organizzazione si rivolge al tribunale e avvia una
causa per sfratto. La comunità palestinese di Gerusalemme est si oppone dicendo che,
è vero che le case sono di proprietà ebraica, ma i terreni fanno parte di un’area che la
comunità internazionale hanno messo a disposizione del futuro stato palestinese. Allo
stesso tempo, le richieste ebraiche riconoscono il fatto che le famiglie palestinesi che si
sono trasferite lì siano state obbligate, ma alla Giordania veniva pagato un affitto.
2. Nell’ottobre 2020 il Tribunale israeliano si pronuncia in favore dell’organizzazione
ebraica, sottolineando che i residenti (che avevano poi negato di essere inquilini e
dichiarato di essere proprietari, e poi di nuovo inquilini non sfrattabili) fossero in torto.
Il 10 febbraio 2021 il tribunale chiede di sgomberare le case entro il 2 maggio 2021; gli
abitanti hanno presentato ricorso alla Corte Suprema, che aveva esortato le parti a
trovare un accordo entro il 6 maggio. Le famiglie palestinesi rifiutano il riconoscimento
della proprietà ebraica e l’udienza per la decisione definitiva per il 10 maggio, poi
rinviata a data da destinarsi. Nel frattempo, a partire dal 23 aprile, i militanti di Hamas,
dalla Striscia avevano colpito Israele con razzi a lunga gittata, che colpiscono Tel Aviv,
Ashkelon, Gerusalemme. Tra il 10 e il 21 maggio sono stati sparati oltre 4000 razzi verso
postazioni civili israeliane; solo 13 vittime e migliaia di feriti perché Israele ha
intercettato quasi tutti i missili tramite il sistema aereo Iron Dome.
Il dott. Bassem Heid scrive un appello ai palestinesi (sul libro pag 247-248), su come la
questione sia stata strumentalizzata da Hamas per il suo tornaconto politico.

Cap. 13: COPENHAGEN


Copenhagen è la capitale della Danimarca, sorge su un territorio pianeggiante sulle isole
di Zealand e Amager. Il clima è di tipo oceanico, le precipitazioni non sono abbondanti
(600 mm), ma ben distribuite nell’arco dell’anno.
Dall’estate 2001 Copenhagen e la città svedese di Malmö sono collegate da un ponte:
come risultato, Copenhagen è diventata il centro di una vasta area metropolitana che si
estende tra Danimarca e Svezia.
Com’è ormai noto, non soltanto stiamo parlando di una città vivibile, ma ci stiamo
occupando di quella che è stata classificata come la città più felice d’Europa.
Grazie ai dati forniti dall’ufficio statistico dell’Unione Europea, sappiamo che in
percentuale in Europa vi è il 14,9% di persone colpite da obesità, negli Stati Uniti invece,
secondo i dati del NCHS, si arriva addirittura al 42,4%.
Troppo spesso le persone sono portate a ritenere che il “mangiare salutare” sia buona
pratica per il nostro corpo, ma non altrettanto soddisfacente per il nostro palato: per
questo motivo c’è chi si affida a prodotti preconfezionati, lavorati e pieni di additivi
come i pasti pronti e surgelati.
A partire dai primi anni Duemila, infatti, in Danimarca grazie all’arrivo della new Nordic
Diet si sono rifondate una cucina ed una dieta basate sul benessere e sul gusto, sulla
sostenibilità e sull’identità nordica. Senza dimenticare il fatto che Copenhagen ha fatto
della salute e della sostenibilità il suo cavallo di battaglia: nel 2016 si é arrivati ad avere
454 km di infrastrutture ciclabili e il 41% delle persone si reca a lavoro/scuola in
bicicletta.
Tra i firmatari del manifesto troviamo lo chef René Redzepi. Dopo varie esperienze in
giro per l‘Europa apre assieme a Claus Meyer il ristorante „Noma“ che diventa un „luogo
sacro“ per la nuova cucina nordica, il suo impegno e la sua passione verrà infatti
premiata sia dal S. Pellegrino awards classificandosi come miglior ristorante al mondo
per quattro anni, sia dalla Guida Michelin che gli ha conferito da poco tempo la terza
stella. → 12 ristoranti si fanno portatori della ND, tra cui Kadeau (Nikolai Norregaard) e
Radio (Laursen chef, Meyers imprenditore), in cui il cibo è prettamente nordico e
biologico, made from scratch (non spreco) e si usano alimenti come cavolo rapa, ribes
nero, abee, granchio reale e formaggio Havgus.
Redzepi, assieme ad altri cuochi nordici, ha riportato in uso la pratica del „Foraging“, che
altro non é se non l‘andar per campi alla ricerca di erbe spontanee, riscoprendo il
proprio territorio ed uscendo dagli schemi troppo rigidi che la societá ci impone. Per
aiutare le persone che si approcciano la prima volta al Foraging é stata creata una app
(Vild Mad) che spiega esattamente dove, quando e quali erbe, frutti, piante si possono
trovare in giro vicino ai corsi d’acqua alghe ortiche e menta d’acqua, nelle praterie noci,
erbe, frutta e bacche, nelle foreste funghi, germogli e aghi di pino → ricettario).

LE LINEE GUIDA:´Nel 2012 un gruppo di esperti dell’Università di Copenhagen ha


stilato le “Linee guida per la Nuova Dieta Nordica”: al fine di migliorare la salute della
popolazione era necessario proporre sulle tavole più calorie vegetali che animali, più
cibo proveniente dai laghi e dal mare, più cibo proveniente dalla campagna selvatica,
tenendo sempre ben presente che i prodotti devono essere salutari, ovviamente
utilizzabili in ambito gastronomico, sostenibili e che mantengano una grande identità
nordica.
- ´La questione identitaria è dunque parte inscindibile del progetto, qualsiasi
cambiamento che non tenesse in conto questo aspetto sarebbe destinato al
fallimento. Pertanto, tenendo ben salda la questione identitaria, il cambiamento
va nella direzione di un aumento importante nel consumo di frutta e verdura,
specialmente di frutti di bosco ed erbe aromatiche.
- ´Il consumo del pesce, sia di mare che lacustre, è preferibile a discapito della
carne. Questo, oltre a far diminuire il consumo di grassi saturi ed aumentare
l’apporto di Omega-3, riduce anche gli effetti dell’inquinamento atmosferico
abbassando notevolmente il numero di mezzi su gomma che attraversano strade
e autostrade danesi per il trasporto alimentare.
- ´Trattando di alimenti provenienti dal mare, si è lavorato all’introduzione
dell’alga (Palmata e saccarina, la prima è quella più adatta alla dieta umana in
termini di gusto e valori nutrizionali) nella dieta nordica perché nettamente
presente nel bioma nordico.

OPUS SCHOOL MEAL STUDY:


Ovviamente una nuova dieta non può essere acquisita restando chiusa nelle cucine di
ristoranti rinomati: per renderla piú accessibile e vedere se era realmente spendibile
nella vita giornaliera dei danesi è stata fatta la ricerca OPUS.
Questo studio è stato condotto nel 2011 e 2012 in alcune scuole elementari di
Copenhagen dove è stata paragonata la normale dieta dei ragazzini (principalmente
panini fatti in casa e latte fornito dalla scuola) con la dieta a base di prodotti della new
nordic cuisine.
Oltre a vedere un netto miglioramento nutrizionale ed un basso apporto di zuccheri e
lipidi, i ragazzi hanno potuto aiutare i cuochi a preparare i piatti per il pranzo cosí anche
da poter imparare la preparazione di piatti semplici, nutrizionalmente sani e allo stesso
tempo gustosi.
Sono stati inoltre sottoposti test di attenzione, matematica e lettura→ accrescimento
della velocità di lettura e minori errori nella scrittura e lettura di frasi; diminuzione di %
di errore nel periodo di controllo rispetto a quello d’intervento.

Step by step: Con il passare degli anni si sono susseguite varie evoluzioni:
-Claus Meyer ha portato la New Nord Dieta a New York aprendo l’Agern Restaurant.
-Chef Redzepi insieme ad esperti del settore ha fondato l'organizzazione no profit Mad,
finanziata dal Ministero dell'ambiente e dell‘alimentazione danese. Mad ha due corsi di
studio al suo interno: Leadership & Business e Environment & Sustainability e la
possibilità di partecipare a vari workshop durante il Mad Symposium, tenuti da
agronomi e chef da tutto il mondo. —> Petrini, Montanari. Ferran Adrià.
RIASSUNTI:
Huntington: Nato a New York nel 1927, deceduto nel 2008. È stato consigliere di Jimmy
Carter e direttore degli Studi Strategici e Internazionali di Harvard. Studioso della
Guerra Fredda, spiega come in quel periodo le Potenze fossero separate da differenze di
carattere ideologico, politico ed economico. Con la fine dell‘ordine bipolare
internazionale, si sono create divisioni tra civiltà. I nuovi conflitti saranno tra culture
differenti.
- ´Huntington ritiene che la civiltà islamica abbia rigettato l‘idea di cultura
occidentale a favore di una totale accettazione e sottomissione alle rigide regole
della fede islamica.
- ´L‘Occidente, secondo l‘autore, deve prendere coscienza del fatto di essere „una“
tra le tante civiltà e non „la civiltà" e deve smettere di cercare di intervenire per il
progresso di altre civiltà. Deve piuttosto difendere i propri valori all‘interno dei
suoi confini, con la consapevolezza che democrazia e diritti umani non solo
valori universalmente riconosciuti.

Reza Aslan: Nato in Iran nel 1972 e cresciuto negli Stati Uniti. Ha conseguito un master
in studi religiosi a Harvard e un PhD in sociologia delle religioni all’Università della
California. Si è convertito al cristianesimo riformato, ma poi è tornato all’islam sciita.
- Per Aslan non si dovrebbe parlare di scontro di civiltà, ma di scontro dei
monoteismi. Uno scontro che deriva dall‘esistenza stessa delle religioni
monoteistiche, in quanto il termine „monoteismo“ implica una sola verità e una
sola fede. Il mio Dio non può essere uguale al tuo e io, fedele, devo convincere chi
la pensa diversamente da me, eventualmente anche con l‘aiuto della violenza.
- Per l‘Occidente l‘11 settembre 2001 ha segnato l‘inizio di una lotta mondiale tra
islam e Occidente.
- Per gli islamici, gli attacchi a New York e a Washington erano parte di uno
scontro tra quei musulmani che combattevano per far conciliare i loro valori
religiosi con le realtà del mondo moderno e quei musulmani che reagivano alla
modernità ricorrendo, fanaticamente, al fondamentalismo della fede.

Mohammed Haddad: Tunisino, è dottore in islamologia alla Sorbona di Parigi, ma anche


docente all’università di Tunisi e titolare della cattedra UNESCO in studi comparati delle
religioni, ha dedicato la carriera alla lettura del Corano e alla sua collocazione
storico-politica nelle società contemporanee.
Per Haddad le uniche soluzioni realistiche consistono nell‘incoraggiare le riforme
attraverso la democratizzazione progressiva del mondo arabo e musulmano. I
musulmani devono uscire dal loro isolamento per partecipare pienamente
all'edificazione di un mondo nuovo, più giusto e più rispettoso degli equilibri tra gli
uomini. A questo scopo è necessario operare insieme a tutte le tradizioni religiose.
Bernard Lewis: Nato nel 1916 in Gran Bretagna da famiglia di fede ebraica. Professore
all’Università di Londra e successivamente alla Princeton University, è stato arabista e
turcologo specializzato sulla storia dei popoli islamici e sui rapporti tra l’islam e
l'Occidente. È stato tra i curatori della Cambridge History of Islam.
Muore il 19 maggio 2018 all'età di 101 anni, a pochi giorni dal compierne 102.

Lewis è noto per aver detto: „Penso che le donne


siano la migliore – forse addirittura l‘unica – speranza per il futuro islamico“.

L‘autore ritiene che sia utile soffermarsi a pensare se valori quali tolleranza e libertà di
culto si siano sviluppati nel mondo islamico e ritiene che ciò che rende difficile la
coesistenza tra Occidente e mondo islamico sia il dovere, per ogni musulmano, di fare
proselitismo e imporre le regole del Corano.

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