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HATIKVA
La geografia religiosa nasce nel Medioevo con lo scopo di mettere su carta i luoghi
descritti nella Bibbia, in cui non ci sono solo luoghi geografici, toponimi, ma anche
luoghi come il Gan Eden, la Gerusalemme Celeste, il Ghemon (in alcune carte c’è anche
la Torre di Babele); man mano che i reperti portavano alla luce info importanti per la
storia, la geografia della religione inizia a cambiare → oltre a studiare la diffusione delle
religioni e dei luoghi religiosi, si occupa anche della percezione delle persone che
abitano i luoghi caratteristici delle religioni (es. picnic alla Basilica di Oropa).
Oggi lo stato d’Israele è un’unità amministrativa e i suoi confini variano a seconda delle
guerre o dei trattati di pace; è uno stato molto piccolo, di circa 22000 km^2, una
striscia di territorio lunga 470 km e stretta, 135 km.
La suddivisione geomorfologica del paese prevede 4 aree differenti climaticamente, per
le coltivazioni e dal punto di vista degli insediamenti urbani:
- pianura costiera, che si affaccia sul Mar Mediterraneo
- regione montuosa degli altopiani (Galilea, Giudea e Samaria)
- La Valle del Giordano a Est
- Deserto del Negev, a sud, che ingloba circa il 60% del territorio israeliano;
essendo un deserto, è scarsamente abitato lo è solo in poche aree, dove si usano
tecniche particolari per l’approvvigionamento idrico.
Diverse sono quindi le zone climatiche, il sud è più arido, mentre a Nord troviamo il lago
Kinneret (conosciuto anche come Mar di Galilea o Tiberiade), che è l’unica riserva d’h20
dolce in superficie → 209 m sotto il livello del mare. Non è l’unico lago a trovarsi sotto il
livello del mare, ma è l’unico di acqua dolce; il più profondo è il Mar Morto, uno dei
bacini lacustri più salati al mondo, a 434, 31 m sotto al livello del mare; tende a
sprofondare sempre di più nel terreno man mano che passano gli anni, perché,
nonostante sia alimentato dal Giordano (unico immissario del MM), non ha nessun
emissario. Come si risolve il problema? Tutto ciò che entra esce sotto forma di
evaporazione, circa 2 metri di profondità ogni anno. In ebraico si chiama Yam
ha-Melah, mare del Sale, e nessun organismo, se non unicellulare, può vivere nel Mar
Morto (l’elevata salinità permette ai corpi di galleggiare). → continuando a sprofondare
nel terreno finirà per esaurirsi, tanto che negli anni ‘80 si era pensato ad un possibile
collegamento tra MM e Mar Mediterraneo, ma il progetto avrebbe avuto un costo così
elevato da far desistere.
Nel 2005 era stato fatto un progetto congiunto tra Israele, Giordania e
territorio Palestinese: creazione di un canale che collegasse il Mar Rosso al Mar
Morto; perché questa strada? perché erano state progettate delle stazioni di
dissalamento affinche parte dell’acqua potesse essere usata per le necessità
domestiche dei 3 paesi e che l’altra potesse finire nel Mar Morto. Il costo sarebbe
stato importante, ma sarebbe stato favorito dalla possibilità di produrre energia
sfruttando il dislivello (MR sul livello, MM sotto); il canale non è mai stato
realizzato a causa delle relazioni politiche tra i paesi coinvolti, ma…
nel 2013 era stato siglato un accordo che prevedeva la realizzazione di 1 solo
impianto di dissalazione a beneficio dei 3 paesi; il tentativo si è arenato nel
tentativo di coinvolgere i palestinesi. Pare che ci fossero anche vincoli di tipo
ambientale, perchè l’immissione di acqua marina nel MM avrebbe potuto
modificare la composizione delle acque e danneggiare la sua originale natura.
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Questo ci permette di comprendere molte decisioni Israeliane e palestinesi.
Molti non accettano lo Stato Palestinese come per 1 popolo; alcuni propongono
addirittura 3 stati per 3 popoli (Heid, per Israele, Cisgiordania e Striscia di Gaza)
Essere ebrei è diverso da essere musulmani o cristiani; il 44% si dichiara per nulla
religioso, il 22% non proprio religioso, il 13% abbastanza, l’11% religioso e 10%
ultraortodosso. Cosa significa essere religiosi in Israele? non è solo pregare, ma
rispettare tutti i precetti della Halakhah.
Gli altri 50% religioso, 22% per niente religioso,...
Le festività sono calibrate sul calendario ebraico e tutte le festività ebraiche sono
riconosciute come feste nazionali; anche le festività delle minoranze sono riconosciute
perché la differenza culturale viene rispettata
PREFERENZE ABITATIVE:
I suoi abitanti preferiscono vivere in città, anche perché la maggior parte del territorio è
desertica; una rilevazione del 2016 fa notare che il 44% della popolazione è concentrata
in 15 città (con pop. pari o maggiore a 100.000 abitanti). La città più popolata è
Gerusalemme con 936 000 abitanti, poi Tel Aviv con 440 000 e Haifa con 280.000; c’è un
detto che lega queste città: a Gerusalemme si prega, a Tel Aviv (nota per la spiaggia e la
vita notturna)ci si diverte e ad Haifa (la città accademica per eccellenza, per le start-up
e l’eccellenza tecnologica) si lavora.
372 ABITANTI PER KM^2 → notevoli differenze regionali, perchè alcune aree sono
desertiche; Tel Aviv ne ha 7 000 per km2. L’area più densamente popolata si trova a est
di Tel Aviv ed è abitata da ultraortodossi, Bnei Brak, e ha 22.000 abitanti per km^2.
Nonostante questo non tutti i cittadini sono ricchi, il 15% degli abitanti ebrei e il 47%
degli arabi al di sotto del livello di povertà; a Gerusalemme il 27% degli ebrei e il 57%
degli arabi. Questo perché dove l’economia è trainata dal settore tecnologico, per poter
entrare nel mondo del lavoro richiede grandi conoscenze; e se è pur vero che ci sono
molte università prestigiose, non tutti riescono ad accedervi per propensione personale.
Il settore turistico nel 2020 ha perso 3.6 mld di dollari; perdita per guide turistiche,
hostess e steward (causa voli bloccati), camerieri (che è un lavoro diverso da quello in
Italia, dove prevale una cultura enogastronomica), hotel.
La Capitale dello Stato è Gerusalemme (non poteva essere altrimenti vista la storia
dello Stato), anche se non è riconosciuta dall’ONU, perché la Knesset, sede del
Parlamento, è a Gerusalemme; spesso però si tende a considerare Tel Aviv come
capitale, che lo è stato dal 1948 al 1950. A Gerusalemme vi è anche la Sede della Corte
Suprema, del Rabbinato e dei ministeri governativi.
Specificità della città: dal libro, anche dal punto di vista architettonico e urbanistico (cardo
e decumano, 4 sezioni nella città vecchia → attuali quartieri cristiano, ebraico,
musulmano e armeno); riconquista crociata del 1099, la ricaduta in mano araba nel 1187,
impero ottomano,...
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La situazione cambierà con la guerra dei 6 giorni del 1967, quando la Cisgiordania, così
come Gerusalemme, vengono strappate ai giordani, occupate da Israele e riunificate;
→ il Consiglio di Sicurezza dell’ONU approva la risoluzione 242: è una risoluzione non
vincolante che chiede il ritiro delle forze israeliane dai territori occupati nel conflitto;
nonostante Gerusalemme fosse stata sotto il controllo giordano (e gli ebrei non
potevano accedere ai luoghi di preghiera della zona occidentale), la stessa richiesta non
era stata fatta alla Giordania.
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Questo non avviene e nel 1980 Israele (nonostante i tentativi di riappacificazione)
approva una Legge Fondamentale (non esiste una Costituzione, ma queste leggi hanno
valore costituzionale), in cui lo Stato proclamava Gerusalemme unita e indivisa come
capitale d’Israele; lo era già, ma al tempo non era completamente in mano israeliana.
Nel momento in cui Israele conquista la parte Est, approva una legge che offre l’accesso
ai luoghi sacri delle altre religioni, lasciando in mano alla Giordania la gestione di questi
luoghi.
Ritornando alla popolazione, quella arabo- palestinese vive nel settore orientale,
mentre quella ebraica in quella occidentale e in alcuni quartieri est; una peculiarità della
prima è il mantenimento del passaporto giordano, ma per poter accedere ai servizi della
città (istruzione, sanità,...) ha carta d’identità israeliana. → La città continua a
percepirsi divisa, anche nei trasporti, in cui i taxi con le targhe gialle sono israeliane e
quelle verdi arabe (questa situazione c’era già prima del 67 e se un ebreo sale su un taxi
arabo viene vista come una provocazione, un’aggressione dello spazio identitario, ma
non viceversa). Per quanto riguarda gli autobus vi sono quelli di compagnie arabe che
servono solo la zona est e quelli di c.israeliane che servono TUTTA la città; accade una
sorta di apartheid all’inverso, in cui un ebreo non può spostarsi nella zona orientale se
non su un autobus israeliano.
La situazione è andata peggiorando, a partire dall'Intifada dei coltelli, in cui ebrei
vengono assaltati con coltelli sugli autobus perché riconosciuti per il loro modo di
vestire (Kippah, modo di portare i capelli delle donne ortodosse,...).
In generale vi è la tendenza di rendere identitario qualsiasi elemento della vita.
Altre curiosità:
1. Durante il Ramadan, 9 mese del calendario lunare musulmano, i palestinesi di
Gerusalemme, che solitamente basano il digiuno sul calendario giordano, in caso
di cattivi rapporti o scontri con la Giordania, fanno cominciare il Ramadan in
concomitanza con il calendario saudita (che non varia di molto e questo non
accade tutti gli anni).
2. I palestinesi di Gerusalemme spostano gli orologi dall’ora legale a quella solare e
viceversa, in un giorno diverso da quello israeliano e spesso questo comporta
problemi di organizzazione.
3. Anche le chiese cristiane celebrano la Pasqua secondo calendari differenti.
Da quello che si è detto finora sembra che la situazione tra ebrei e palestinesi (per la
maggior parte musulmani sunniti) sia di grande tensione e divisione, ma questa
caratteristica è principalmente di Gerusalemme, in cui la scelta di cittadinanza giordana
porta numerosi problemi anche per quanto riguarda la cessione di prestiti, di alloggi
popolari.
In Israele vi sono 400 moschee (73 in Gerusalemme), 300 imam e muezzin
regolarmente stipendiati dallo Stato, che finanzia anche le scuole arabe e distribuisce
gli scritti islamici. Come segno di rispetto, Israele ogni anno in concomitanza del
Ramadan decora le strade e annuncia l’inizio e la fine del digiuno con un colpo di
cannone, i musulmani possono adattare le proprie condizioni di lavoro al digiuno.
Non vi sono delle zone precluse agli islamici, anche se questi si trovino soprattutto a
nord; a Nazareth nel 2017 vivevano poco più di 76.000 persone, di 40 000 musulmani;
nonostante la difficoltà dell’insediamento meridionale, a sud vi sono numerosi
insediamenti di beduini. Ci sono 122 comuni composti interamente o in maggioranza
abitati da musulmani.
Dal ‘51 la Knesset ha approvato una legge che sancisce la tutela e i pari diritti per
uomini e donne; lo stato d’Israele nasce come socialista e il sionismo stesso ha preso le
basi dal movimento socialista e questo è stato molto utile per le donne (anche
lavoratrici), per cui sono state promulgate specifiche leggi per la loro tutela →
maternità, legge contro la violenza famigliare, legge contro il licenziamento, matrimoni
omosessuali riconosciuti e aborto legale.
Per quanto riguarda il servizio militare, esso viene svolto sia dai ragazzi (3 anni) che
dalle ragazze (2 anni); gli arabi non sono obbligati, ma i drusi scelgono sempre di
effettuarlo. Ma perché è obbligatorio per gli ebrei? per le guerre che si sono sviluppate
dalla nascita dello Stato e per gli scontri continui; gli arabi non sono obbligati perché
potrebbero dover combattere contro i propri fratelli.
Deserto: Vi sono altre falde più piccole in Galilea, nella Valle del Giordano e falde
salmastre nella zona del Mar Morto e nel Negev e Haravat. Sono importanti? sì,
perché alcune colture possono ottenere beneficio anche dall’acqua salmastra.
Nelle zone Sud del deserto della Giudea (sponde Mar Morto) e del Negev la
mancanza d’acqua è importante, nonostante alcuni centri siano riusciti a
sfruttare al meglio le capacità di irrigazione sopracitate. + Irrigazione goccia a
goccia: tecnica avanzata opposta all’irrigazione tradizionale (che faceva
risucchiare l’acqua, rovinava il terreno con la salita dei sali e bruciava le nuove
foglie); consiste in tubi capillari che distribuivano in maniera continua limitati
quantitativi d’acqua.
- Al ritiro della sua vita politica, Ben Gurion si ritira nel kibbutz Sde Boker
(Negev); sono anni in cui l’acquedotto nazionale non raggiungeva il deserto
e le persone vivevano come gli antichi Nabatei (periodo esilio babilonese, che
si insediano nelle terre edomite, e da Petra risalgono verso nord, quasi fino a
Damasco e nel deserto del Negev intorno al 310 a.C), che sopravvivevano
scavando delle buche nelle rocce al fondo dei guadi, costruendo delle
rudimentali cisterne. Il kibbutz di Ben Gurion, prima del suo arrivo, aveva
cercato di mettere in uso queste cisterne; dopo: lavori idraulici.
- Massada: struttura a 400m di altezza sulla sponda occidentale del MM, una
città fortezza; era stata voluta da Erode il Grande nel 37 ac ed era dotata di
un sistema di cisterne (visibili ancora oggi) sugli speroni rocciosi collegate
attraverso un sistema di canali coi guadi sottostanti. La città tenne testa
per anni alla legione romana, che una volta entrata trovò solo cadaveri →
suicidio di massa.
Ad oggi ci sono ancora i segni dell’accampamento romano
IL CORANO E LE DONNE
Due studiosi iniziano ad occuparsi dello studio del conflitto Oriente -Occidente:
LA DONNA MUSULMANA
Il movimento femminista musulmano è un fenomeno relativamente recente e negli
ultimi anni la donna è sempre più attiva nel contesto socio-antropologico; il suo scopo è
la reinterpretazione dei testi sacri → affermare i propri diritti senza uscire dalla
cornice dell’Islam.
La prima a mettere in discussione la redazione maschilista del Corano e presentare una
nuova interpretazione del testo è stata Leila Ahmed (islamista naturalizzata
statunitense); l’arma della parola diventa strategia politica per la lotta definita
“democratizzazione del Jihad”. Rivelano che se ben tradotto, il Corano non sia
retrogrado, ma possa essere uno strumento di liberazione delle donne.
Le femministe fanno riferimento a Sherazade, eroina del “mille e una notte”, che
combatte contro la brutalità del marito (usa la parola per evitare che il marito la uccida
“raccontami una storia o ti ammazzo”); la loro volontà è quella di far convivere i valori del
Corano con quelli occidentali (nonostante le Costituzioni affermino la contrarietà alla
violenza sulle donne, non sempre ci sono leggi concrete per contrastarla).
Un gruppo di giuriste arabe ha iniziato a lavorare dalla traduzione del Corano, perché
ritengono che la Sharia, se riportata al suo stato originale, possa essere utile per la
salvaguardia dei diritti umani → lotta di tipo filologico
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Testimonianze da far risalire a detti e fatti del Profeti sulle quali si è fondata la
morale e la condotta dei musulmani; dal tempo della loro trascrizione, quello che
ha influenzato la loro interpretazione è stato il potere, che ha determinato la
legge.
Tornando indietro, il Califfo Omar viene descritto come un uomo che odiava le
donne e fosse violento (aveva picchiato la sorella per essersi convertita all’Islam,
quando poco dopo lui ha fatto la stessa cosa). Le femministe islamiche lo
incolpano di aver modificato molti principi di uguaglianza nel Corano e:
- aver istituito la segregazione sessuale
- aver proibito alle donne di partecipare ai servizi religiosi nella moschea
- aver prescritto la pratica per le donne adultere
Nel Corano non vi è traccia alcuna di imposizione del velo, erano solo le mogli del
Profeta che dovevano indossare un mantello e le altre donne dovevano “far scendere un
panno sul petto”. Man mano che prendevano potere i nuovi governi islamici nascevano
nuove campagne rivolte alle donne affinché iniziassero spontaneamente a indossare
l’hijab (regalo di bambole velate); quando questi partiti hanno iniziato a guadagnare
consensi, le donne hanno iniziato a mettere il velo.
Secondo la sociologa Habasa (Università americana del Cairo) quando i fondamentalisti
hanno iniziato a prendere il potere, le donne egiziane hanno iniziato a mettere il velo
(oggi l’80% delle donne è velato)
In Iran quetso fenomeno è stato causato dall’avvento al potere del conservatore
Khomeini, che ha siglato un accordo sull’uso obbligatorio del velo nero che copre il
corpo delle donne interamente; egli affermò che l’imposizione dello Shador sarebbe stata
la bandiera della rivoluzione.
La scrittrice Nawāl al-Saʿdāwī, egiziana che ha scritto del jihad femminile, ha affermato
che il velo è tutt’altro che uno strumento di liberazione, perché il suo uso è sintomatico
della difficile situazione politica del Medio Oriente; per lei il velo è lo statuto di
oppressione della donna, tanto quanto la mercificazione del corpo femminile in
Occidente.
What is the role of women in Islam? Is to be a Khalifa on the Earth, an agent of Allah
within the sacred order of balance and harmony; their agency has a direct link to God,
they have to stand up for justice and gender equality and top terranicle issues.
They have the same role as men and they do not depend on men, which did not enjoy
their co-participation in the establishment of the fundamentals of Islam. As the muslim
empire expanded geographically and politically, women contribuiton has been silenced
and marginalized.
Today women are commuted and participate actively in establishing the new canon,
constructing new traditions, with a critical eye in the past and a constructive eye
towards the future.
Of course there have always been some lawyers for gender justice, but the voices were
still in limited numbers. But the Quran says that it is addressed to both women and men,
even though there are passages addressed only to men that express their privilege.
Throughout the text there is an intricate balance between the speaker, Allah, the
performer's voice, the Prophet, the voice of those stories are told in, and those to whom
the text speaks.
The Muslim feminism has rosen aside the birth of colonialism and nation state
(nationalism), in order to fight them also with their men; once they ended, muslim
women continued their activism towards a society based on equal citizenship. The
development of the nation state after colonialism spread new global awareness.
The first voices were raised by wealth and well travelled women who have seen that the
world is not uniform;
- at first integration between them
- Then others said that religions are the causes for women's condition. Laws in
religion are irrational and imposed.
In the establishment of the nation state the idea of role of religion led to 2 opposing
sights:
- creation of a state based on Islam
- leaving behind the religion
Secularization “starts with marginalizing god or declaring his death, and the rising of
the human as the center of the universe” →
The post colonial Islam wanted to go back to the first glorious empire and rejected alle
the other world views declaring them unislamic. → Muslim Modernalism: the desire to
use the muslim identity and the Sharia (path that leads to watre= source of life) to create
a new world balance. Anyone who resists is considered as resistant to the divine will.
Legitimation of the power in the name of Islam.
Duting the era of the establishment of the islamic law, muslim families were patriarchal;
Whose voices were beneficial for the liberation and empowerment of women?
Bejing meeting, 2005, International women conference → the purpose was to find a way
to end discrimination of women, using the SEDO (document with the intent of
collecting signatures form the United Nations to stop iniqualities). Muslim feminists are
allied to this tipe of international tools and the religion must be kept out of the debate.
For muslims there was always a solution in the Quran or in the Sunnah. In the meeting
were put face to face those who thought that international tools were required in the
women situation, and those who wanted to use only the islamic sources (a third
perspective was present,) → it was argued that the dichotomy was not possible → the
object was not to find a peace, but to make human rights the priority. A lot of women
expressed disjunction between what is promoted as the idea of Islam and its reality.
The third perspective highlighted the patriarchal islamic system and condemned some
practices, but did not disvow Islam.
The idea of removing Islam from the Human rights argumen led to the rise of the
secular Muslim feminist movement. It was born to fight islamic extremism and rapidly
became an identity supported also by international organizations and funds; the
researches and publications increased also thanks to them.
The crucial part of its methodology was to critique definitions of the key terms Islam,
human rights and Feminism and to interrogate their developement; neither term were
subjected by a strongest analysis. For the islamists this resources helped to ampliate the
mean of feminism, also in a eastern way → The colonial past continued to influence the
postcolonial present, in which women are seen as to be rescued and feminism has as its
predicted location the West.
Also the term Islam was shaken from its narrow conservative use (which is still
unfolding).
Simon De Bouvois “ The radical that women are human beings” has also been channeled
in the necessity of a pluralist world; until all accept this, nothing is reached.
According to the Quran, the human being is a product of God’s will; BUT: the agency of
the men remained independent to God, while the agency of women were linked to God,
family and men. Women are sexual and not social beings and discussed only in the
context of family law → women’s rights are discussed in marriage contracts, in which
they are treated as simile-slaves.
The disparity between men and women rights was and still is sustained by the law of the
marriage contract, patriarchal family built on unequal relationships. The rejection of
patriarchal family would be seen as the rejection of wanting to be part of the society (or
Islam).
A radical reform was needed and also implies the meaning of family. Muslim feminist
leaders are leading the debate in gender unequity → new egalitary epistomolgy of Islam,
without the intermediary of patriarchal think → “Islam belongs to each of us”.
“Medieval constructions are not Divine constructions; we are free to understand the
divine within our context. For the medieval juries, law was kind of a guardianship. For
women the question is not how we want to be part of the family, but how the family
reflects God’s intended reciprocity ”
LEILA AHMED
INTERVISTA FATIMA MERNISSI
Quello che porta ad effettuare queste mutilazioni, che costruiscono dei corpi
sottomessi, principalmente in Africa (tanto in Egitto), Yemen, Emirati Arabi e Indonesia
sono molteplici:
- identità culturale tribale
- identità di genere: il clitoride è la parte maschile da estirpare
- controllo sessuale: evitare l’adulterio
- false credenze d’igiene e religione (pratiche pre-islamiche sopravvissute con
l’Islam) → le figlie di Maometto non sono state mutilate
Eva Kot, sessuologa egiziana, svolge un lavoro rivoluzionario.
La sessualità rimane un tabù nell’Islam, che ha formato un divario tra apparenza a realtà:
dal 30 al 60% degli uomini arabi afferma di aver avuto rapporti sessuali pre
matrimoniali, 80% delle donne dichiara di non averne avuti. La domanda allora è con
chi avranno avuto rapporti sessuali questi uomini?
IL VELO
Il copricapo svolge oggi un ruolo significativo in molte religioni, dall’ebraismo e
l’induismo, al cristianesimo e l’Islam.
Nel mondo musulmano è diventato un forte simbolo identificativo, sebbene sciarpe e
veli di diversi colori e forme fossero consuetudine in innumerevoli culture prima che
l’Islam nascesse. Il Corano indica alle donne di “coprire i loro ornamenti”, facendo leva
sul pudore e la castità, pur non menzionando esplicitamente l’obbligo di indossare un
velo. Oggi, la maggioranza delle donne indossa il velo, secondo la tradizione culturale e
religiosa del paese di riferimento.
Niqab – È un tipo di velo che copre tutto il corpo, la testa e il viso, lasciando solo
un’apertura per gli occhi. Esiste il mezzo niqab, che consiste in un velo che copre il viso
ma lascia scoperti gli occhi e la fronte, e il niqab integrale, che copre tutto il corpo e
lascia una stretta fessura per gli occhi. Questa tipologia di velo è diffusa principalmente
negli stati del Golfo. Il niqab è al centro di un acceso dibattito in Europa. Alcuni stati,
sostenendo che crea problemi di sicurezza, ne hanno introdotto il divieto.
Esistono poi altri due tipi, quello saudita e quello yemenita. Quello saudita è composto
da un paio di veli e una fascia che, passando dalla fronte, è legata dietro la nuca. Il niqab
yemenita è composto da due pezzi, una sorta di bandana triangolare che coprire la
fronte e un altro rettangolare che copre il viso da sotto gli occhi a sotto il mento. In
generale, il paese dov’è più diffuso è l’Arabia Saudita.
Chador – È uno scialle che copre tutto il corpo ed è chiuso sul collo. Copre la testa e il
corpo, ma lascia la faccia completamente visibile. Generalmente il chador è nero ed è
particolarmente diffuso in Iran. È spesso accompagnato da un velo più piccolo sotto.
Burqa – È un velo che copre in maniera integrale il corpo femminile. Anche gli occhi
sono coperti, e le donne che lo indossano possono vedere attraverso una retina sugli
occhi. È usato più comunemente in Afghanistan e Pakistan. Sotto il regime talebano che
ha governato l’Afghanistan dal 1996 al 2001, il suo uso è stato stabilito dalla legge. Di
solito è di color azzurro.
Shayla – È una lunga sciarpa rettangolare popolare nella regione del Golfo, avvolta
intorno alla testa e fissata sulle spalle.
Khimar – È un lungo velo, una sorta di mantello, che arriva fin sopra la vita. Copre i
capelli, il collo e le spalle completamente, ma lascia libero il viso.
I primi gruppi di donne che si sono riuniti per parlare di diritti civili, hanno avuto inizio
negli anni 90, ad Ankara e Istanbul; inizialmente erano incontri informali e i temi trattati
non erano solo quelli del dress code, ma si focalizzavano anche sulla sessualità: in
particolare si discuteva dell’esame per verificare la verginità effettuato dallo Stato stesso
(che percepiva la purezza come espressione dell’onore familiare e nazionale) → le prime
denunce con lo slogan “this is my body” hanno ottenuto molta popolarità, tanto che
riuscirono ad ottenere un emendamento che applicava la procedura solo con il
consenso della donna stessa.
La battaglia diventa ancora più necessaria con la presa di potere del partito della
giustizia e dello sviluppo (conservatore, formato da membri di partiti islamisti) → esso
ha iniziato a promuovere politiche repressive pregne della retorica islamica contro le
donne. Qs partito era legato a quello dei Fratelli Musulmani: anche mostrare solo la
forma delle gambe poteva essere considerato provocatorio.
Fece scalpore nel 2011 la notizia di un professore turco (Checker), che affermò che le donne
e il loro modo di porsi fossero la causa delle violenze sessuali e che non ci si sarebbe dovuto
stupire se esse fossero state aggredite. Il chief del dipartimento degli affari religiosi in
Turchia lo critica dicendo “è vero che l’islam previene l’esposizione delle donne e della loro
sessualità, ma questa non può essere strumentalizzata per giustificare un crimine contro
l’umanigtà”. Checker si difende definendo le donne come “complici del reato”.
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Ma come era la società ai tempi di Maometto e ai tempi pre-islamici?
Nel 7 secolo le comunità pre-islamiche stavano affrontando una crisi scaturita dalla
povertà, che aveva provocato tensioni e rivalità tra le tribù locali, che si trasformavano
in guerre civili (per la conquista di pascoli e rotte commerciali); queste tribù erano
anche minacciate da nemici esterni, come la Persia, ed era quindi necessario mantenere
la loro unità attraverso un’ideologia comune → rinuncia dei vari culti politeistici e
monoteistici in favore di una religione unificatrice → l’Islam si diffonde come creatore
di identità culturale, come risposta alle esigenze della società del tempo.
Secondo Abu Zayd è Dio stesso a mandare i profeti e rivelarsi nella storia → il Corano
sarebbe quindi un testo storico e la sua interpretazione è influenzata storicamente.
Per differenziare gli elementi del Corano che possono essere considerati storici e quelli
che superano i limiti spazio-temporali (universali) è necessaria una contestualizzazione
e una distinzione tra senso e significato. Ad esempioio la schiavitù viene inserita non
come insegnamento universale, ma come messaggio che ad ogni reato corrisponda una
punizione (in quella società si usava così, man mano che si va avanti ovviamente la
punizione esercitata varia a seconda del contesto storico).
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Ermeneutica democratica e umanistica del Corano si riferisce alla duplice natura del
testo sacro, divino (manifestazione della parola universalmente valida di Dio) e umano
(perché destinato all’uomo e prodotto storico-culturale e linguistico).
Analisi del primo versetto, che concerne la creazione dell’essere umano da parte di
Dio: non fa riferimento alla creazione della donna dalla costola di Adamo, ma pone
l’uomo e la donna sullo stesso piano. “uomini, temete Dio il quale vi creò da una persona
sola, ne creò la compagna, e da essi suscitò molti uomini e donne!
Wadud riflette sul fatto che a uomo e donna siano affidati compiti equi; al tempo quello
primario della donna era quello di dare alla luce i figli e Allah offre al marito la
responsabilità del Kiwama, sostentamento materiale della moglie e dei figli.
Versetto 3: Poligamia
“Se temete di essere inqui con gli orfani, sposerete le donne che più vi piacciono, 2,3 o 4,
ma se temete di non essere giusti con loro ne sposerete una sola, oppure le serve che
possedete; questo sarà più adatto a non farvi deviare dal sentiero”.
Abu Zayd ritiene la poligamia una pratica caratteristica dlele società tribali
pre-islamiche, e non sarebbe quindi stata introdotta dall’Islam, ma sia stata usata per
risolvere il problema delle vedove e degli orfani (che avevano la necessità di essere
protetti); il versetto mette in luce l’importanza di prendersi cura degli orfani, senza far
riferimento al desiderio dell’uomo di avere più di una moglie. Abu Zayd argomenta il
pensiero dicendo che questa pratica sarà poi limitata nel versetto 129 della sura 4, che
vincola l’uomo a prendersi cura nella stessa maniera di tutte le sue donne. Il Corano non
parla della sterilità, che quindi non preclude il matrimonio.
Il Corano dona una soluzione alle problematiche attuali degli anni in cui si sta
diffondendo.
Secondo Zayd le donne avevano gli stessi diritti e doveri, premi e castighi in
paradiso/inferno degli uomini. L’uguaglianza religiosa va però anche traslata sotto il
punto di vista sociale, e secondo gli studiosi la realizzazione si può effettuare
comprendendo e mettendo in pratica lo spirito e i suggerimenti del Corano.
IL MODELLO DI MEDINA
Le donne esemplari del Corano
La tradizione racconta che la Parola di Dio sia stata trasmessa da Jibril a Maometto nella
Notte del Destino, tra il 26 e il 27 del mese di Ramadan, anno 610. Di fatto sappiamo che
la Umma si costituisce a pertire dal 622 a Medina: tutti i musulmani guardano a lei come
la “perfezione islamica”, come l’Islam sarebbe dovuto essere.
Nella loro battaglia, le femministe hanno tratto spunto dalle riforme legali create da
Maometto a Medina. Secondo Reza Aslan le problematiche di genere dei paesi islamici
sono una conseguenza diretta della difficoltà di scindere la storia reale da quella sacra.
Le tradizioni del tempo trascorso dal profeta a Medina sono state messe per iscritto
centinaia di anni dopo, in cui la società musulmana era già un impero, e molte tradizioni
riflettono il pensiero repressivo di quel periodo, non quello di Maometto a Medina.
Volontà di ritorno alla società originaria immaginata da Maometto a Medina → nel
Corano sono presenti i racconti di 5 donne da considerare come modello, perché hanno
permesso la sopravvivenza dell’Islam. La donna veniva trasferita da padre a marito, che
ereditava dote e terreni; all'interno del Corano si racconta però di donne che sfidano le
regole di quei secoli, diventando guide religiose e consiglieri politici e strateghi militari.
1. Ma come mai Maometto prende una posizione così? Tutto nasce dall’incontro con
Kadija, la sua prima moglie; figlia di un ricco commerciante, rimane vedova due volte e
riesce a continuare la conduzione del business familiare. Decide di investire il proprio
denaro nel commercio carovaniero e conosce Maometto mentre lui lavorava alle
dipendenze dello zio; Kadija ne riconosce il talento e lo assume come suo fiduciario.
Nonostante la differenza d’età (25 anni) i due s’innamorano e si sposano.
E’ stato grazie a lei che Maometto abroga le leggi pre-islamiche che proibivano alle
donne di entrare a far parte dell’asse ereditario e mantenere la propria dote come
proprietà personale. I tradizionalisti dell’epoca si oppongono e si inaspriscono sempre di
più quando Maometto permette alle donne di divorziare in caso di abusi e violenze.
2. Fatima: figlia prediletta del Profeta e di Kadija, nonché l’unica che gli assicura una
discendenza (considerata una degli Ahl al- Bayt, puri, discendenti del Casato di
Maometto); moglie di Alì, viene venerata sia dai sunniti che dagli sciiti. Maometto, per
non arrecare dolore a Fatima, proibisce ad Alì di prendere una seconda moglie. E’ una
figura potente, tanto forte da andare contro le regole del suo tempo e scegliere il
proprio consorte.
4. Aisha: una delle spose del profeta, seconda solo a Kadija; designata come madre dei
profeti ed esempio di intelligenza, viene promessa in sposa a Maometto quando ha 6
anni e lui 54. → diversi dibattiti riguardo alla sua età → alcuni dicono che sia rimasta
nella casa del padre fino alla pubertà, altri che il matrimonio è stato consumato all’età di
9 anni.
E’ ricordata dalla attiviste per la sua indipendenza politica quando, ormai vedova, si era
opposta alle azioni del Califfo Uthman e (paradossalmente) al suo omicidio. Allo scoppio
della Battaglia del Cammello Aisha partecipa, ma viene sconfitta.
5. Umm Salamah: moglie di uno dei primi uomini che si convertirono all’Islam (Abd
Allah), il cugino del Profeta; era rimasta vedova durante una delle battaglie della
nascente comunità islamica e avrebbe dovuto cercare un nuovo consorte che si
prendesse cura di lei e dei suoi figli → rifiuta tutte le proposte di matrimonio, persino
quella del Profeta. Nei periodi successivi sposerà Maometto senza poche esitazioni.
Anche lei è denominata madre dei credenti e nonostante non sapesse né leggere né
scrivere conosceva perfettamente la legge islamica e spesso consigliava Maometto
riguardo alle questioni politiche; è noto il suo contributo per la stipulazione di uno degli
al-Ḥudaybiyya , tra i musulmani di Maometto e i meccani. La donna ha partecipato
anche a molti conflitti armati e ha narrato 378 Hadith.
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Raccolta degli Hadith, detti e fatti del Profeta
- Raccolta dell’Imam Al bukhari → 7275 h
- Raccolta dell’imam Muslim → 3033 Hadith
Unici due compendi ritenuti autentici universalmente:
Vengono riportate le parole del profeta, che vertono sui 5 pilastri:
-
- Shahada (testimonianza di fede) Testimoniare la fede in un unico Dio e nel Suo
Messaggero. → Principale richiesta, unica da soddisfare per essere un buon
musulmano
- Salat (salahh) (preghiera): La preghiera rituale stabilita per ogni musulmano
cinque volte al giorno per tutta la sua vita.
- Zakat (Zakah) L’atto di destinare annualmente una parte della ricchezza di un
musulmano alle persone bisognose.Elemosina
- Sawm (Sawn, Digiuno): L’atto di digiunare durante il sacro mese di Ramadan.
- Hajj (Pellegrinaggio): Il pellegrinaggio sacro alla Mecca che ogni musulmano deve
compiere, almeno una volta nella sua vita, se rientra nelle sue possibilità.
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Non sono un imposizione per il credente
CAPITOLO 1 -URUK
Andando a cercare la più antica città della storia bisogna tornare indietro nei millenni,
sul fiume Eufrate; si tratta della città sumerica di Uruk, l’attuale Warka nell’Iraq
meridionale. Sorgeva tra Ur e Babilonia nel 4 millennio aC, ma solo tra i 2900 e il 2350
raggiunge il suo massimo splendore; era delimitata da 10 km di mura, che secondo la
leggenda erano state costruite da Gilgamesh. Non sappiamo se sia la città più antica, ma
abbiamo la certezza che fosse la più abitata del mondo, con 50.000 abitanti. Non nasce
come città unitaria, ma dall’unione di due insediamenti, Eanna e Kullab, derivata
dall’attrazione che questi esercitavano sul territorio circostante → si uniscono anche
per gestire proficuamente il controllo sul territorio babilonese.
Vantava di “innovazioni tecnologiche”, come i campi lunghi, l'aratro trainatore e la slitta
trebbiatrice, e aveva investito molto sullo sviluppo edilizio. Presentava una
progettazione architettonica non volta alla semplice accoglienza, ma anche alla
soddisfazione delle necessità legate all’intrattenimento. Uruk era quindi un importante
centro culturale, perché secondo gli archeologi era la culla della scrittura cuneiforme
(nel 3000 aC esisteva già un sistema di scrittura). Uruk presenta tutte le caratteristiche
per essere considerata una megalopoli della città e accoglieva molte attività artigianali
(lo si sa perché sono stati trovati molti documenti con un lessico specialistico relativo ai
beni e alla contabilità).
Di Uruk si parla anche nella Genesi (uno dei libri del Tanakh) al versetto 10 del cap. 10,
quando si dice che Erech (nome ebraico) è il secondo dominio del cacciatore Nimrod. →
Ereh rimane nella toponomastica del termine Iraq.
Alcuni siti come il Tempio bianco, consacrato al Dio del Cielo Anu, e il santuario della
Dea della fecondità Inanna sono andati persi e di questa megalopoli rimangono poche
tracce; PERCHE’? perché negli scorsi decenni l’Iraq ha subito diverse invasioni
(americana del 2003) e devastazioni e 15.000 reperti del museo di Baghdad sono stati
saccheggiati (solo metà sono stati recuperati). → Uruk rimane un’importante
testimonianza.
Non bisogna però pensare che tutte le città abbiano una storia secolare. Lo sviluppo
urbano è infatti un fenomeno molto recente; nel 1800 non più del 2% della popolazione
mondiale risiedeva in un contesto urbano; nel 1900 il 10%. Ad oggi c’è stata una corsa
all’urbanizzazione e conseguente abbandono delle campagne e si stima che nel 2050 i ⅔
della pop. mondiale risiederà in città. —-> per interesse verso questo fenomeno NASCE
LA GEOGRAFIA URBANA (multidisciplinare) grazie all’apporto di g. umana, culturale,
storia urbanistica, architettura, sociologia, antropologia,... Uno dei primi studiosi che ha
cercato di offrire una definizione di città è Weber, che si è principalmente occupato
dell’evidenza topografica della città.
La geografia urbana, secondo Blanchard, si occupa di 3 fattori principali:
1. Fattore che ha permesso la fondazione della città, che può essere umano o
fisico, come presenza di vie di comunicazione, vicinanza a risorse, clima,
tipologia di territorio,...(ad esempio nell’antichità sorgevano sulle sponde dei
fiumi);
2. Le vicende storiche legato allo sviluppo dell’insediamento urbano;
3. Intreccio tra vita urbano e scelte politiche attuate in favore della costruzione o
della vivibilità della città.
E’ ancora complesso però definire l’oggetto di studio della geografia urbana e dare delle
definizioni inequivocabili di che cosa sia una città. Molti hanno detto che la città è un
agglomerato che dipende dal lavoro agricolo che si svolge all’esterno della stessa →
secondo Weber non è detto che questa dipendenza ci debba essere, lui sostiene che si
possa parlare di città quando ci si trova di fronte a un nucleo abitativo circoscritto. La
città Weberiana è parzialmente autonoma nella produzione dei suoi beni di sussistenza.
Uno dei metodi per definirla è classificarla in base al numero degli abitanti, ma non è
così semplice trovare una linea comune → quanti abitanti sono necessari per parlare di
città? In Svezia ne bastano 200 e in Giappone 30 000. → classificazione inadeguata.
Un’altra classificazione è fatta dal Cambridge dictionary, che identifica una città solo
con una town dotata di cattedrale. Il Merriam Webster, invece sostiene che la city sia
più grande della town.
Che cosa contraddistingue un abitante di una metropoli rispetto a un abitante di un
paese? Secondo il sociologo Simmel chi vive in una grande città sviluppa indifferenza,
distacco e individualità e si sentirebbe più libero in relazione alla riservatezza che la
città offre. Come caso di cronaca nera è stato riportato il caso di Kitty Genovese → caso
di una ragazza uccisa nell’indifferenza dei suoi vicini. → Sindrome Genovese
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Da poli di attrazione le città diventano centri di comando di un mondo
globalizzato e sono collegate in un sistema a rete con gli altri centri che
svolgono analoghi compiti.
Lo studioso che si occupa delle relazioni fra città e stato Christaller, che ha dato
il via agli studi di teoria sistemica → studio del reticolato tra le aree di attrazione
delle diverse città → approccio freddo, si studiano solo le caratteristiche della
città.
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Un approccio diverso si fa strada con la geografia umanistica (che non è la
geografia umana), che nasce grazie all’urbanista Lynch, che nel 1960 scrive un
testo ancora oggi fondamentale per l’urbanistica: The image of the city. I suoi
studi si contraddistinguono per l 'inserimento del senso di appartenenza e le
emozioni delle persone che abitano la città e che fanno della città il proprio
luogo di vita.
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Approccio sviluppato in maniera più approfondita dal Geografo Yi-fu-Tuan, il
capostipite della Geografia culturale → con la cultural turn gli studi di geografia
urbanistica prenderanno in considerazione il vissuto degli abitanti; la città non è
solo più un’entità astratta, ma diventa pregna della vita dei suoi cittadini, prende
forma dalle ideologie, dai valori e dalle forme di potere che vi circolano dentro. .
Nuovi studi che pongono attenzione ai centri sociali, agli spazi etnici, alla
gentrification (movimento di popolazione giovane e agiata che si concentra nei
quartieri centrali storici dopo che sono stati messi in atto programmi di
rigenerazione urbano), alle gated communities (quartieri residenziali delimitati
da recinzioni provviste di cancelli e guardiani, in cui si può accedere previo
permesso e identificazione dell’ospite) e sostenibilità del paesaggio urbano.
Grazie a questi studi gli amministratori delle città si stanno impegnando per
migliorare gli spazi urbani → riconversione delle aree industriali dismesse,
riprogettazione dei luoghi di incurie.
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Non deve destare stupore se sono aumentati gli studi che indagano la felicità
degli abitanti e il grado di vivibilità delle città → Geografia della felicità, studio
del benessere della popolazione.
Non sempre le metamorfosi urbane producono il bene degli abitanti, ma spesso
aumentano le diseguaglianze. → da un progetto di riqualificazione, ad esempio
possono aumentare gli affitti e la popolazione povera viene marginalizzata.
La ricerca della città perfetta e felice ha radici molto antiche; il commediologo
Show dice “una vita di felicità? nessun uomo potrebbe sopportarla, sarebbe
l’inferno sulla Terra”.
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LE CITTA’ UTOPICHE
Esempi: Paperopoli e Topolinia, i cui destini non si incontrano mai. Paperopoli è una vera
e propria metropoli (1 300 000 abitanti), fondata nel 1818, anno in cui Cornelius Coot ha
ereditato un forte del corsaro Francis Drake, acquistato poi da Paperon de Paperoni, che ci
ha costruito un deposito → perno della città, la città è modellata nel tempo dagli autori
Carl Barks e Germano Scarpa. La città è stata oggetto di bombardamenti di Roosevelt, è
stata comprata, venduta, è sprofondata nelle viscere della Terra e risorta grazie al
contributo dei suoi cittadini miliardari (Rockerduck, 12 linee di metropolitana; Paperone).
E’ un universo solido, che si basa su una geografia ferrea → città utopica;
I personaggi sono ben definiti, così come è lo spirito della città; il covo dei Bassotti, Villa
Rosa, il quartiere di Rockerduck e gli altri sono quartieri spaziosi e urbanisticamente
ordinati . Paperopoli e Topolinia sono città immaginarie.
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Questo fa tornare con il pensiero all’ambiente ebraico, in cui si parlava già di
città-rifugio e città ideali. Già dalla Genesi (Cap. 4, v 16), Caino (dopo l’omicidio del
fratello Abele) lascia il Gan Eden per trasferirsi a Oriente del Giardino, nella Terra di
Nod = terra di vagabondaggio, dove Caino conosce sua moglie, che rimane incinta e
partorisce Enok → Caino fonda la città di Enok, dal nome del figlio → il primo omicida
della storia biblica sarà anche il fondatore della prima città descritta nella Bibbia. Rashi,
commentatore medievale, commenta questo evento collegandolo ad un altro passaggio
in cui, sempre a Oriente, vengono create altre 6 città-rifugio nelle terre levitiche; le
città-rifugio sono le città in cui trovano accoglienza coloro che hanno commesso
involontariamente un omicidio.
4:41 "Mosè scelse tre città oltre il Sol levante, perché vi fuggisse l’omicida” → scelta
azzardata, 3 città oltre il Giordano.
Le altre 3 sono parte della Terra di Canaan, citate nel libro dei Numeri, capitolo 35.
- Un'altra interpretazione talmudica narra che questo ruolo particolare spettasse
a tutte e 48 le città levitiche; rifugio non a tutto tondo, perché solo 6 erano
obbligate (Bezer, Ramot, Golan, Kedesh, Sichem e Kirjat-Arba, l’assassino doveva
rimanere libero fino alla morte del sommo sacerdote e trovava riparo da gesti di
vendetta dai familiari della vittima) ad accettare un assassino (nelle altre
sceglieva il consiglio degli anziani).
Un altro trattato talmudico spiega le caratteristiche per essere considerate città-rifugio:
- essere di medie dimensioni;
- godere della presenza di risorse idriche; in caso di loro mancanza erano
necessari canali.
- afflusso continuo e costante di persone e mercati. La densità demografica non
doveva mai calare ed era vietato il commercio di armi;
- strade larghe e agibili;
- segnaletica per indicare la città-rifugio (per agevolare l’ingresso dell’omicida
involontario, che doveva essere accompagnato da due maestri che ne potessero
garantire l’incolumità).
Alcune città, anche con tutte le caratteristiche, non potevano essere città- rifugio: le
48 città levitiche potevano esserle tutte, quelle che non potevano esserlo erano
Gerusalemme, Betlemme e Shiloh → la presenza divina non annulla le leggi basilari
della moralità.
Questa sorta di asilo politico non è solo una scelta etica, ma è una realtà di
progettazione molto all’avanguardia; la maggior parte dei cittadini era costituita da
anziani della tribù di Levi (secondi solo alla casta sacerdotale) e il contesto era
culturalmente stimolante. Se a commettere involontariamente un omicidio fosse stato
uno studente di Torah, questo non sarebbe potuto essere abbandonato dal suo rabbino,
che doveva andare in esilio con lui per permettergli di continuare gli studi. In caso
contrario, tutta la scuola del maestro avrebbe dovuto esiliarsi con lui.
Un’altra forma di accoglienza è stata concepita in ambito cattolico, con diversi concili
ecclesiastici → Concilio di Narbonne, 1056: asilo ecclesiastico, misura adottata sino
all’Unità d’Italia. Diverso da quello ebraico:
- non era una città a offrire rifugio, ma un’istituzione;
- la chiesa accoglieva tutti gli assassini, anche volontari. Un esempio noto è quello
di Fra Cristoforo nei Promessi Sposi, accolto in un convento di Cappuccini.
Ancora più drammatica è la situazione delle attuali carceri, iperffollate, prive di
strumenti positivi.
Può esistere il carcere nella città ideale? Sì, e può diventare un modello da imitare per ciò
che sta fuori; un esempio è il panopticon, il carcere dell’età dei Lumi, organizzato,
centralizzato e controllabile.
Eliopoli è una città archittettoniamente perfetta e nata come città ideale, che però
presentava una prigione impenetrabile, dove i carcarati pativano torture e supplizi
anche di natura di tortura psicologica (1 caso noto) e dove è conservato il più completo
archivio criminale.
Austerlitz → romanzo che narra la storia di un professore di architettura che alla
ricerca delle sue origini, descrive quelle che nascono come città ideali e si sviluppano
come intrise di controllo, oppressione e sopraffazione dei cittadini.
CITTA’ E FELICITA’
Le città non possono essere ridotte a un modello unico di studio; si può prendere in
considerazione una sola città, ma non si possono fornire tutti i punti di vista.
Il lavoro di Kevin Lynch, “l’immagine della città”, è stata la chiave di volta per studiare
la città con l’occhio di coloro che la vivono: è stata la prima volta che uno studioso ha
posto l’attenzione sulle immagini mentali che ogni abitante ha della propria città
(nonostante la diversità delle singolo percezioni) → studi costantemente in evoluzione.
Le immagini che produciamo sono legate a ricordi ed esperienze personali (es. expat);
difficile fare quindi paragoni tra città diverse, ad esempio per catalogare la vivibilità o
meno di una città → e allora perché queste indagini sono sempre riproposte? perché la
ricerca dell’armonia è intrinseca all’essere umani. I risultati sono diversi in base agli
indicatori scelti per le indagini, come il reddito. Indice della felicità interna lorda: Il
Bhutan è lo stato con il più alto tasso di felicità interna lorda, il più felice al mondo → la
produzione economica è valutata solo se sostenibile, crescita spirituale, salute mentale
e fisica, governance sistemi aziendali e politici, uso del tempo, tenore di vita, vitalità
della comunità, educazione, cultura, ecologia.
Il desiderio di vivere in uno spazio ideale paradossalmente crea processi di abbandono e
decrescita nei luoghi considerati non ideali (con meno servizi e possibilità). → dualismo
campagna-città e concorrenza tra le varie città.
Le città ideali si sono però sempre rivelate ideali solo per il potere, un terreno fertile
per le dittature.
Global liveability index, The Economist→ nell’ultimo anno molti cambiamenti in base a
come le città hanno risposto alla pandemia; indici più rilevanti 2020: istruzione, sanità,
cultura e ambiente, infrastrutture, come è stata gestita la pandemia (chiusura frontiere) .
La città più vivibile è Auckland, seguita da Osaka, Adelaide, Wellington, Tokyo, Perth e
Zurigo, Ginevra, Melbourne, Brisbane; un anno prima la 1 era Vienna, nel 2020 al 12
posto. Nuova Zelanda, Giappone e Australia ei primi posti perché con il Covid si sono
chiusi a sé stessi, gli scambi erano impossibili e le frontiere sigillate. La parte bassa della
classifica ha subito minori cambiamenti e Damasco è stata riconfermata come la città
meno vivibile al mondo.
Risultati diversi si hanno dalla ricerca di Gallup, focalizzata sull’impatto del Covid; sono
stati adoperati parametri diversi per valutare non la vivibilità, ma la felicità degli abitanti
nella nazione → World Happiness Report → la nazione più felice è la Finlandia, Islanda,
Danimarca, Svizzera, Paesi Bassi, Svezia, Germania, Norvegia, Nuova zelanda, Austria,
Israele…
Il WHR aveva classificato anche le città → nel 2020 Helsinki, nel 2019 Copenhagen.
Secondo i ricercatori è utile sapere cosa porta alla felicità (come ad esempio camminare
negli spazi verdi in compagnia), in modo che gli amministratori possano adattare le
politiche di governance delle città.
Importanza della natura e della condivisione sottolineata da Helliwell.
La differenza tra una ricerca e l’altra deriva dalla scelta dei parametri.
Solitamente però la felicità media degli abitanti della città è maggiore rispetto alla
media della popolazione generale del paese → vantaggio di felicità urbana, che svanisce
per città di paesi a più alto reddito.
In linea generale, la felicità è difficile da calcolare, come è più difficile trovare dei
parametri per misurarla; ad esempio in Nuova Zelanda, che ha alcune delle città più
vivibili al mondo, detiene il tasso di suicidi giovanili più alto al mondo.
Nascita delle teorie del complotto → Manzoni scrive la storia della colonna infame, in
cui si parla di come alcune persone siano state accusate di aver diffuso la peste. Le
teorie del complotto nascono nel Medioevo → nel 1903 Protocollo dei Savi di Sion,
polizia zarista, complotto. Falsificazione di una pièce comica in cui si prendevano in giro
i massoni per distogliere il malcontento della popolazione e trovare un capro espiatorio
→ pogrom → ritorno negli anni 30 con Hitler
Ricerca sul campo relativa alla pandemia: diversi risultati a seconda anche della
grandezza della casa. Usati moduli google form → 85% intervistati erano universitari,
3% liceali, 12% non impegnato in corsi di studio → domande su percezione gravità,
regole, didattica a distanza, quotidianità (sofferto per mancanza movida, shopping o
solitudine), convivenza in famiglia (35% miglioramento relazioni, 15,9% inferno), casa
come ambiente di vita.
I TERRITORI PALESTINESI
Due aree distinte geograficamente e politicamente :
- Cisgiordania, governata da Abu Mazen (Mahmoud Abbas), autorità palestinese;
parte più ampia (5800 km2);
- Striscia di Gaza, governata da Hamas (360 km2).
Abitanti secondo l’Ufficio centrale di statistica palestinese = 5 100 000 persone.
Territori densamente abitati → difficoltà nel trovare case, risorse, posti di lavoro,
adeguare le infrastrutture.
Prevalentemente la popolazione è insediata vicino a piccoli centri sulla costa
mediterranea e piccoli comuni sull’altopiano cisgiordano (zona buona, con piovosità
media più alta rispetto alle altre zone, agricoltura); i grandi centri di insediamento
urbano sono pochi: Gerusalemme est, Nablus, Hebron, Gerico e Gaza. La predilezione
di piccoli centri riflette la struttura sociale, prevalentemente rurale e incentrata
sull’agricoltura.
Risultati geografia dei confini post 68 molto importanti, perché Israele occupa
Cisgiordania e Striscia di Gaza, confisca le terre palestinesi e annette i territori
economicamente. All’indomani della guerra dei 6 giorni vi è stata una completa libertà di
movimento → maggiore benessere per le famiglie palestinesi, ma allo stesso tempo
molti lavoratori palestinesi lasciano i campi per lavorare in Israele; altri iniziano a
lavorare nei paesi arabi del golfo nell’estrazione di petrolio.
Al momento della nascita dell’autorità palestinese, 1994, la forza lavoro palestinese
complessiva ammontava a 500 000 persone e cresceva di 30 000 l’anno; l’emigrazione
verso gli stati petroliferi era cessata (metà anni 80).
Questione del Kuwait, che Iraq voleva conquistare, contro cui era stata creata una
coalizione internazionale con USA, Israele e alcuni paesi arabi,... → Arafat voleva
spezzare la coalizione internazionale e aveva deciso di attaccare Israele in appoggio
all’attacco dei missili SCUD dell’Iraq → L’Iraq, sebbene sotto attacco, attacca Israele →
se Israele avesse risposto i piloti israeliani sarebbero stati a fianco di piloti arabi → i
paesi arabi avrebbero tolto sostegno ai paesi occidentali e questi sarebbero sembrati
provocatori di guerra. → l’alleanza contro l’Iraq si sarebbe spaccata → Israele non
risponde e il Kuwait come ripicca contro Arafat espelle 250.000 palestinesi che vivevano
e lavoravano in Kuwait (che si spostano in Cisgiordania e striscia di Gaza).
La situazione cambia dopo il ‘93, con i colloqui e gli intenti di Oslo, e dopo la creazione
dell’Autorità palestinese nel ‘94 → l’attività edilizia diventa appannaggio dell’autorità
palestinese→ Ministero della pianificazione e della cooperazione internzionale
(MOPIC) e Ministero del Governo Locale (MOLG). I problemi che si sono presentati
sono stati tanti e un tentativo di mettere in piedi un progetto per coordinare lo
sviluppo urbano e rurale nei territori e progettare interventi è stato messo in piedi dal
MOPIC, cercando di tenere in considerazione la questione ambientale e delle risorse. se
sulla carta il piano è stato redatto, nella realtà non è stato attualizzato; sono state
introdotte valutazioni di impatto ambientale, ma il lavoro di entrambe i ministeri non ha
avuto successo, anche a causa del fatto che per poterlo realizzare completamente
sarebbe stato necessario avere personale qualificato in materia di pianificazione urbana
(causa: emigrazione dei cervelli).
Negli anni precedenti lo scoppio della seconda Intifada (2000, Camp David: rifiuto della
proposta di pace israeliana e la passeggiata di Sharon sul monte del tempio), quando si
parlava di pace, i territori avevano vissuto un periodo di crescita e ripresa economica,
correlati a una forte espansione urbana. Ma se è vero che le speranze di pace portano
con sé una migliore situazione economica, è altrettanto vero che la crescita e
l’espansione urbana sono avvenute a discapito del paesaggio naturale e dei terreni
agricoli.
Una volta riprese le ostilità il benessere economico lascia il posto alla precarietà sempre
più grave; gli scontri coinvolgono anche l’edilizia —> i palestinesi iniziano a costruire
case senza chiedere il permesso di edificazione nell’area C della Cisgiordania e nei
quartieri che circondano Gerusalemme (che secondo gli accordi di Oslo sarebbe
dovuta essere sotto il totale controllo israeliano fino al trattato della pace); allo stesso
modo crescono avamposti ebraici (di destra) illegali in Cisgiordania → viene attirata
anche l’attenzione della comunità internazionale, che vede in questi insediamenti illegali
un allontanamento dalla pace.
Le condizioni delle case sono gravi, non hanno un collegamento alla rete fognaria, ma
questi abusi edilizi spesso vengono fatti per necessità, perché le attese per la
documentazione non stanno al passo con la crescita demografica palestinese. → una
volta scoperte sono sanzionate, ma in alcuni casi anche demolite.
Uno dei problemi più importanti per coloro che vivono in Gerusalemme est (che era la
zona inaccessibile agli ebrei prima della guerra dei 6 giorni) è la carta d’identità
israeliana, ma passaporto giordano → impossibilità di accedere a prestiti e mutui,
maggiore difficoltà nell’ottenimento di un alloggio popolare.
Il sindaco di Gerusalemme dal 65 al 93, Kollek, aveva cercato di trasformare queste
divisioni in un positivo melting pot, perché convinto che la convivenza quotidiana
avrebbe permesso alla città di trovare un’unità e svilupparsi in maniera internazionale.
Kollek era convinto che un miglioramento delle condizioni di vita dei palestinesi li
avrebbe portati ad accettare la cittadinanza israeliana, ma i fondi pubblici non vennero
investiti nella creazione o miglioramento delle infrastrutture.
Negli anni 70 Israele ingrandisce il quartiere ebraico della città vecchia e crea una
serie di conglomerati urbani, 5 quartieri, per collegare la parte occidentale della città al
monte Scopus, sul quale sorge l’Università ebraica. Negli anni 80 vedono la luce nuovi
quartieri ebraici intorno a Gerusalemme Est per rendere più difficile l’ipotetico ritorno
della città sotto il controllo arabo (la popolazione palestinese era considerata una
minaccia e a fine anni 90 ebrei e arabi si equivalgono, ma negli anni i palestinesi si
espandono, 2014). In media dal 1967 in poi vi è un appartamento ogni 3,2 residenti ebrei,
mentre 1 ogni 7,4 abitanti palestinesi.
Sotto il punto di vista delle trattative con il popolo palestinese, la situazione è di stallo
(rifiuto di Arafat di tutte le proposte e richiesta di rientro profughi). Il NO più storico è
di Arafat, quando nel 2000 Israele propone la nascita di uno stato palestinese con
capitale Gerusalemme Est → guerra civile tra palestinesi di Arafat e Hamas.
L’ultimo tentativo di pace portato avanti ha visto un nuovo interlocutore, Abu Mazen
(Mahmoud Abbas) ed è il PIANO TRUMP, meno favorevole di quello sotto l’egida di
Clinton, → Abu Mazen non ha neanche risposto. Se fosse stato firmato, Gerusalemme
sarebbe stato il controllo totale d’Israele, ma i palestinesi avrebbero potuto dichiarare la
loro capitale Gerusalemme e gli organi nazionali avrebbero potuto essere nel quartiere
Abu Dis (ora Ramallah). La condizione era che la sovranità palestinese fosse delegata alla
completa smilitarizzazone del futuro stato (sì forza di polizia, ma no esercito) + disarmo
Hamas e milizie terroristiche; inoltre compensazione dei palestinesi dei territori
cisgiordani con una porzione analoga di territori vicini al confine egiziano (ampliamento
striscia di Gaza). Il piano sarebbe potuto essere migliorato, ma non c’è stata trattativa.
Il piano avrebbe consegnato ai palestinesi uno stato sovrano, un territorio contiguo, il
ritorno dei prigionieri, e un collegamento tra Gaza e Cisgiordania; poi accesso a porti
commerciali di Haifa e Ashdod, fine delle concessioni edilizie ai coloni israeliani per
almeno 4 anni, possibilità di creare resort turistici sul Mar Morto, controllo sull’equità
dell’ approvvigionamento idrico e 50 mld di assistenza economica→ aumento PIL,
miglioramento condizioni di vita ed export. → Trump lo aveva definito “l’accordo del
secolo”.
Bassem Heid: attivista per i diritti umani palestinesi che collabora con associazioni. Ha
ipotizzato un piano di pace muovendo le proprie mosse dalla situazione precedente; il
documento redatto si chiama “peace vision”, interpreta da dentro i sentimenti della
popolazione palestinesi e non è incentrato sul passato. Dice che nel piccolo spazio in cui
vivono israeliani e palestinesi non ci sono più due popoli e la possibilità di creare “2 stati
per 2 popoli” è remota → propone la creazione di 3 stati indipendenti, una
confederazione con nome “la grande Palestina” → Israele, Palestina (Cisgiordania) e
Striscia di Gaza e dovrebbe riconoscere Israele come stato ebraico (cosa su cui gli
accordi si sono arenati).
Riguardo alla questione degli insediamenti ebraici in Cisgiordania, Heid pensa che
debbano rimanere versando le tasse alla Cisgiordania; stessa cosa per villaggi arabi in
Israele.
Gaza e Palestina sarebbero demilitarizzate e l’unico esercito sarebbe quello israeliano.
Gerusalemme sarebbe capitale della Confederazione e Israele, Gerusalemme est della
Palestina e Gaza della Striscia.
Non ci sono investimenti per la ricrescita economica.
Mohamed Ari Assad: “vogliamo lavorare con gli israeliani, non vogliamo combattere
contro di loro…”.
Nella zona palestinese non vengono indette elezioni dal 2006, ma grazie agli accordi di
Abramo qualcosa intorno si sta muovendo. Gli israeliani sono andati di nuovo al voto e
hanno eletto Bennet (caduto Netaniaou) , che ha accolto nel Governo il partito arabo
islamista Raham (gli arabi sono sempre stati presenti nei partiti, ma non esisteva
nessuna lista islamista) → questa pacificazione non è però sulla strada di riuscita,
perché nel maggio 2021 ci sono stati nuovi violenti scontri che hanno avuto origine
dallo sfratto di alcune famiglie palestinesi dal quartiere alShaykh Jarah (sheik jarrah)
nella Gerusalemme Est.
Ma cosa sta dietro alla rivolta di Gaza in occasione di questi sfratti? il tutto non ha
avuto origine a causa degli sfratti; in pieno ramadan, aprile 2021, la polizia israeliana
piazza delle transenne per limitare gli assembramenti; i palestinesi le vedono come una
limitazione della loro libertà personale, perché come tutti gli anni volevano riunirsi per
le cene dell’Iftar. → dopo i primi scontri si inserisce la questione degli sfratti di 3
famiglie palestinesi e iniziano a essere lanciati dei missili su Israele da Gaza.
AlShaykh Jarah (sheik jarrah): Quartiere arabo fondato nel 1865 nella parte orientale
della città, poco più a nord delle mura della Città Vecchia; in arabo Jarrah significa
“guaritore”, in riferimento a una leggenda secondo la quale nel quartiere sia sepolto il
medico personale del Saladino. Però tra il 1875 e fino al 1948 è esistito al suo interno un
settore ebraico perché qui vi è sepolto “Simone il Giusto”, un rabbino vissuto tra il 4 e 3
secolo aC; proprio per questa tomba venerata il luogo è meta di pellegrinaggio dal
medioevo. Nel 1876 due rabbini (Avraham Ashkenazi e Meir Auerbach comprano il
terreno su cui c’è la tomba e quello circostante per conto delle comunità sefardita e
ashkenazita in Eretz Israel; sui terreni vengono costruiti alloggi donati a ebrei in
povertà. Nel 1946 due ONG ebraiche ( Va’ad Eidat HaSfaradim e Va’Ad HaKlali L’Knesset
Yisrael) fanno registrare l’atto di proprietà presso le autorità della Palestina
Mandataria britannica. All’indomani della 1 guerra arabo-israeliana la Giordania occupa
tutto il quartiere (insieme a città vecchia e parte orientale); la legione araba caccia gli
ebrei dai territori conquistati e le case del quartiere nel 1956 vengono assegnate a una
30 di famiglie di profughi palestinesi, che pagano un affitto all’ente che si chiamava
“custodia giordana delle proprietà del nemico”.
Le sorti del quartiere cambiano con la guerra del 67, quando Israele riunifica
Gerusalemme; viene emessa una legge nel 1970, secondo la quale la legge israeliana
permette agli ebrei di tornare nelle case di proprietà ebraica (con documenti
comprovanti della confisca o se gli occupanti non riescono a dimostrare di aver
comprato la casa). Nel 1973, sulla base dei documenti ottomani e britannici, gli
immobili in questione sono registrati presso le autorità israeliane a nome delle ONG.
1. Nel 1982 dei residenti arabi in tribunale testimoniano che le due organizzazioni erano
le proprietarie legali e accettano il principio di continuare a pagare un affitto.
Si complica ulteriormente la situazione nel 2003, perché le due ONG vendono gli
immobili a un’altra organizzazione no profit ebraica (Nahalat Shimon); in teoria non
dovrebbe cambiare nulla, perché gli inquilini non sono obbligati ad andare via, ma sono
solo tenuti a pagare l’affitto. → i residenti iniziano a rifiutarsi di pagare l’affitto e si
scoprono lavori non legali e subaffitti. L’organizzazione si rivolge al tribunale e avvia una
causa per sfratto. La comunità palestinese di Gerusalemme est si oppone dicendo che,
è vero che le case sono di proprietà ebraica, ma i terreni fanno parte di un’area che la
comunità internazionale hanno messo a disposizione del futuro stato palestinese. Allo
stesso tempo, le richieste ebraiche riconoscono il fatto che le famiglie palestinesi che si
sono trasferite lì siano state obbligate, ma alla Giordania veniva pagato un affitto.
2. Nell’ottobre 2020 il Tribunale israeliano si pronuncia in favore dell’organizzazione
ebraica, sottolineando che i residenti (che avevano poi negato di essere inquilini e
dichiarato di essere proprietari, e poi di nuovo inquilini non sfrattabili) fossero in torto.
Il 10 febbraio 2021 il tribunale chiede di sgomberare le case entro il 2 maggio 2021; gli
abitanti hanno presentato ricorso alla Corte Suprema, che aveva esortato le parti a
trovare un accordo entro il 6 maggio. Le famiglie palestinesi rifiutano il riconoscimento
della proprietà ebraica e l’udienza per la decisione definitiva per il 10 maggio, poi
rinviata a data da destinarsi. Nel frattempo, a partire dal 23 aprile, i militanti di Hamas,
dalla Striscia avevano colpito Israele con razzi a lunga gittata, che colpiscono Tel Aviv,
Ashkelon, Gerusalemme. Tra il 10 e il 21 maggio sono stati sparati oltre 4000 razzi verso
postazioni civili israeliane; solo 13 vittime e migliaia di feriti perché Israele ha
intercettato quasi tutti i missili tramite il sistema aereo Iron Dome.
Il dott. Bassem Heid scrive un appello ai palestinesi (sul libro pag 247-248), su come la
questione sia stata strumentalizzata da Hamas per il suo tornaconto politico.
Step by step: Con il passare degli anni si sono susseguite varie evoluzioni:
-Claus Meyer ha portato la New Nord Dieta a New York aprendo l’Agern Restaurant.
-Chef Redzepi insieme ad esperti del settore ha fondato l'organizzazione no profit Mad,
finanziata dal Ministero dell'ambiente e dell‘alimentazione danese. Mad ha due corsi di
studio al suo interno: Leadership & Business e Environment & Sustainability e la
possibilità di partecipare a vari workshop durante il Mad Symposium, tenuti da
agronomi e chef da tutto il mondo. —> Petrini, Montanari. Ferran Adrià.
RIASSUNTI:
Huntington: Nato a New York nel 1927, deceduto nel 2008. È stato consigliere di Jimmy
Carter e direttore degli Studi Strategici e Internazionali di Harvard. Studioso della
Guerra Fredda, spiega come in quel periodo le Potenze fossero separate da differenze di
carattere ideologico, politico ed economico. Con la fine dell‘ordine bipolare
internazionale, si sono create divisioni tra civiltà. I nuovi conflitti saranno tra culture
differenti.
- ´Huntington ritiene che la civiltà islamica abbia rigettato l‘idea di cultura
occidentale a favore di una totale accettazione e sottomissione alle rigide regole
della fede islamica.
- ´L‘Occidente, secondo l‘autore, deve prendere coscienza del fatto di essere „una“
tra le tante civiltà e non „la civiltà" e deve smettere di cercare di intervenire per il
progresso di altre civiltà. Deve piuttosto difendere i propri valori all‘interno dei
suoi confini, con la consapevolezza che democrazia e diritti umani non solo
valori universalmente riconosciuti.
Reza Aslan: Nato in Iran nel 1972 e cresciuto negli Stati Uniti. Ha conseguito un master
in studi religiosi a Harvard e un PhD in sociologia delle religioni all’Università della
California. Si è convertito al cristianesimo riformato, ma poi è tornato all’islam sciita.
- Per Aslan non si dovrebbe parlare di scontro di civiltà, ma di scontro dei
monoteismi. Uno scontro che deriva dall‘esistenza stessa delle religioni
monoteistiche, in quanto il termine „monoteismo“ implica una sola verità e una
sola fede. Il mio Dio non può essere uguale al tuo e io, fedele, devo convincere chi
la pensa diversamente da me, eventualmente anche con l‘aiuto della violenza.
- Per l‘Occidente l‘11 settembre 2001 ha segnato l‘inizio di una lotta mondiale tra
islam e Occidente.
- Per gli islamici, gli attacchi a New York e a Washington erano parte di uno
scontro tra quei musulmani che combattevano per far conciliare i loro valori
religiosi con le realtà del mondo moderno e quei musulmani che reagivano alla
modernità ricorrendo, fanaticamente, al fondamentalismo della fede.
L‘autore ritiene che sia utile soffermarsi a pensare se valori quali tolleranza e libertà di
culto si siano sviluppati nel mondo islamico e ritiene che ciò che rende difficile la
coesistenza tra Occidente e mondo islamico sia il dovere, per ogni musulmano, di fare
proselitismo e imporre le regole del Corano.