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Appunti di Sistemi Integrati di Produzione

Polito

Prof.ssa Eleonora Atzeni

Anno accademico 2018-2019

A cura di PS-SkuSku

“Condividete il materiale, grandi figli di troia”


-Dante Alighieri
Il controllo numerico delle macchine utensili
Sistema di produzione: sistema complesso in cui vi sono diverse risorse che collaborano tra di loro (macchine,
sistemi di trasporto, risorse umane). Essi devono compiere operazioni su un certo “grezzo o semilavorato” per
ottenere il pezzo finito. Si passa attraverso un sistema di trasformazione (lavorazione meccanica,
assemblaggio…).
I macchinari integrati includono:
1. macchine e utensili per la lavorazione;
2. sistemi di movimentazione;
3. attrezzature di bloccaggio;
4. computer, in grado di coordinare e/o controllare gli altri componenti. Servono affinché tutto lavori in
modo integrato. Hanno il compito di monitorare e coordinare tutte le operazioni.
Singola macchina → Stazione di lavoro (Work station)
Sono importanti il 2) e 3) quando ho diverse fasi di lavorazioni, in tale caso si lavora su pallet in movimento.

La riduzione dei tempi


Per ottimizzare il tutto vi è un operatore specializzato che interagisce con la macchina stessa, sono necessari dei
tempi, ad esempio se devo operare un cambio velocità vi sono una serie di operazioni (azionamento di leve) che
necessitano di un certo lasso di tempo, interrompere quindi la produzione in qualche modo. Vi sono lunghi
tempi di lavorazioni, quindi lavorare un componente richiede tempi importanti, ciò va bene quando la
produzione è limitata, quando però vado in produzione in serie non è più ammissibile, non sarò in grado di
rispettare i tempi di consegna, per far fronte a tale problematica si è spinti verso l’automazione.
Da cosa dipende il tempo di produzione?

I tempi improduttivi potrebbero essere ad esempio i tempi di scarico pezzo, montaggio utensile, tempi di
movimentazione rapidi, spostamento dell’utensile.
Tempi di setup: preparazione della macchina, devo avere a disposizione tutti i componenti ma anche tutti i grezzi
con le attrezzature di riferimento e bloccaggio, sono di norma i più lunghi (anche ore).
Quindi abbiamo:
1. Tempi produttivi: dipendenti dai parametri di taglio
2. Tempi improduttivi: detti sopra
3. Tempi di setup: preparazione macchina
Cosa si può fare per ridurre tali termini?
1. Cambiare i materiali degli utensili per poter aumentare la velocità di taglio, però tali parametri agiscono
sulle forze, quindi dovrò avere dei motori più potenti.
2. Per i setup, bisogna ridurre i tempi di attrezzaggio macchina, bisogna già aver predisposto un
magazzino utensili ed avere una macchina flessibile che recuperi facilmente gli utensili necessari. Posso
anche introdurre dei sistemi di scambio automatico del pezzo, cioè apporre dei magazzini grezzi che
fissa il grezzo sulla macchina automaticamente
3. Per i tempi improduttivi, per i tempi di spostamento devo avere degli assi che si muovono in maniera
elevata, quindi di nuovo dalla configurazione della macchina e del motore. Oppure possiamo
specializzare le operazioni/ fare operazioni in simultaneo. Ad esempio, se ho una piastra da forare,
posso fare i fori in simultanea, con una testa di foratura multipla, ho specializzato quella macchina per
fare quella lavorazione, è un sistema abbastanza rigido ma molto produttivo.
Evoluzione dell’automazione
Inizialmente era un sistema manuale: tutto affidato all’uomo.
Semi-automatico: la macchina semiautomatica riduce l’intervento dell’uomo nel ciclo ma, a causa della maggior
produttività, richiede un maggior impegno nelle attività ausiliarie
Automatico: il processo e la movimentazione del pezzo sono automatiche, il collaudo è affidato all’uomo.
Automatico con controllo in linea: il collaudo è automatizzato, il risultato della misura interagisce col processo,
l’intervento umano è richiesto solo in caso di guasto. La risorsa umana in pratica è il manutentore, oppure fa il
setup del sistema che tiene sotto controllo in funzionamento della linea, interviene a inizio/fine produzione.
Movimentazione

Pallini arancioni: grezzi


Pallini rossi: finiti
b) Layout in Linea: le stazioni di lavoro si susseguono, è un sistema rigido.
a) Layout automatico flessibile: ogni singolo pezzo può avere percorsi diversi, posso creare quindi prodotti
diversi.
Funzione del Calcolatore: il sistema controlla e coordina il sistema produttivo. Comunica con le stazioni di
controllo presenti all’interno delle work station, ha la funzione di andare a verificare cosa stanno facendo le
macchine, le informazioni viaggiano dal basso verso l’alto (bottom-up) ma anche viceversa, può caricare il part
program per eseguire le lavorazioni (top-down).
In ottica 4.0, si amplia poiché vi è la possibilità di immagazzinare più dati ma soprattutto vi è anche
un’integrazione orizzontale, le WS comunicano tra di loro.
Livello d’automazione: come definirlo?

Si distingue tra operazioni di Lavorazione o Montaggio.


𝑻𝒖𝒕𝒕𝒆 𝒍𝒆 𝒓𝒊𝒔𝒐𝒓𝒔𝒆 𝒖𝒎𝒂𝒏𝒆 𝒊𝒎𝒑𝒆𝒈𝒏𝒂𝒕𝒆 𝒔𝒖𝒍𝒍𝒂 𝒍𝒊𝒏𝒆𝒂
Il livello d’automazione è definito dall’indice di Presidio 𝑴 = 𝑵𝒖𝒎𝒆𝒓𝒐 𝒅𝒊 𝒔𝒕𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒊 𝒅𝒊 𝒍𝒂𝒗𝒐𝒓𝒐

Figura 1 Manuale, l'operatore in rosso lavora sul sistema di produzione, ad esempio un manutentore M=4/3

Figura 2 Si suppone che in caso di necessità uno degli operatori interviene sulla stazione 2, M=2/3

Figura 3Un solo manutentore M=1/3

Tanto più sono a M=1 sono verso un sistema manuale. Più tende a 0 più ho un sistema automatizzato.

Flessibilità
L’automazione è vero che ci porta a far lavorare le macchine da solo (comporta specializzazione, attrezzature
particolari…) ci porta però ad un irrigidimento del sistema produttivo, non riesce a cambiare facilmente il
prodotto.
Un sistema è flessibile se riesce a adeguarsi in tempi rapidi ed economicamente ad un’altra categoria di prodotto.
Si adatta istante per istante al prodotto finale desiderato, il prodotto può cambiare senza aver preventivato prima
il prodotto. Le 3 situazioni tipiche sono:

• Impossibilità a gestire alcuna variante, cioè capacità di lavorare un unico prodotto.


• Possibilità di gestire diverse tipologie di prodotti a lotti. (PRESENTE)
• Possibilità di gestire le parti diverse in modo del tutto casuale (mix di prodotti) (FUTURO)

Linee transfert: bassa flessibilità, produttività elevata.


Le singole macchine a CN sono in grado di produrre prodotti
diversi gli uni dagli altri sulla base del programma di lavorazione.
Linee agili: in auge oggi, a metà strada.
FMS: (Flexible manufacturing system) con sistemi di trasporto
porto i componenti in WS diverse con carrelli, a disposizione ad
anello, sistemi molto complessi da gestire, è stato abbandonato.
Si nota che ci muoviamo sempre sotto la diagonale, non
riusciamo ad avere elevata flessibilità e elevata produzione.

Il controllo numerico delle macchine industriali


Tali sistemi rendono la macchina automatica, il controllo della macchina è eseguito da un unita di governo, che
gestisce grazie ad un programma inserito dall’operatore.
Sono nate tale macchine per conferire flessibilità (lotti di componenti diversi tra loro mantenendo elevati livelli di
precisione e ripetitività) e automazione, per far ciò non ci si può basare su una risorsa umana (le persone si
stancano) soprattutto per operazioni ripetitive e continuate, non avrò lo stesso livello di prestazione che avrò
all’inizio della giornata, quindi la qualità della produzione non sarà costante. In produzione si chiede l’uniformità
della produzione, tutti i prodotti devono essere uguali.
Il compito dell’operatore è però quello della programmazione, sorveglianza, manutenzione, non è però più
adibito al controllo manuale della macchina.
Tale macchina lavora sulla base di informazioni trasmesse tramite programma, ricavate sulla base della geometria
del componente da produrre e sui parametri tecnologici (quale utensile, con quali parametri), tali informazioni si
acquisiscono tramite numeri e lettere (per questo si dice a controllo “alfanumerico”).
Cosa mi serve per controllare la
macchina?
L’operatore ha ad esempio un
grezzo montato sul tornio,
suppongo che abbia un diametro di
100, devo rimuovere ad esempio 1
mm di sovrametallo. Avvicino gli
assi al pezzo, muovendo delle
manovelle, collegate a rotismo che
permettono la movimentazione
dell’asse. Si sfiora sul diametro
esterno per definire il riferimento,
imposto la passata, per capire di
quanto mi devo spostare, controllo
sulla scala graduata, parto con l’operazione collegando l’asse al motore, però in precedenza si sono già settati i
parametri di taglio, quindi il rapporto di trasmissione e le velocità. L’operatore osserva la lavorazione, fino a che
non si arriva alla quota finale, dopodiché si sposta manualmente.
Elementi di base di tale schema:

• disegno tecnico: dal quale capisco che devo rimuovere una certa quantità
• Scale graduate: ci permettono di capire quando agire per interrompere i movimenti
• Comando manuale/automatico
• Sistema di feedback: in tale caso è l’occhio dell’operatore che guarda la scala graduata
• Sistema di gestione delle informazioni: in tale caso è il cervello dell’operatore.
Devo quindi inserire nella macchina tutte le informazioni geometriche, detti part program, poi dei trasduttori
che mi indicano istante per istante dove si trovano gli assi, ed un calcolatore che acquisisce le informazioni su
dove si trovano gli assi, e governerà la lavorazione, ovviamente devo avere anche degli azionamenti.
Definizione del controllo numerico: a system in which actions are controlled by the direct insertion of numerical data at
some point
Tali dati alfanumerici verranno letti, interpretati, elaborati dall’unita di governo (calcolatore).
Operazioni classiche: avvio del mandrino, movimenti in rapido, movimenti di lavoro, avvio della lubro-
refrigerazione, stop… tutto ciò è comandato dall’unità di governo.
Cenni storici del CN
✓ 1947: John Parson concepisce l’idea di una macchina comandata automaticamente con informazioni
numeriche per la costruzione di eliche per elicotteri. Siamo all’inizio della corsa agli armamenti, vi è
“paura” che si possa andare in scontri. Per costruire le pale vi era bisogno di tecnologie quali fonderia,
però la superficie è molto grossolana, che non è compatibile con le richieste fluidodinamiche, dovevano
essere riprese alle macchine utensili, vi erano ancora le frese tradizionali. Bisognava comandare in
contemporanea l’asse x e y.
✓ 1949 Parson ottiene un contratto su metodi di produzione veloce
✓ 1952 Il MIT, su incarico dell’US Air Force, costruisce la prima fresatrice a controllo numerico e realizza
un pezzo con movimento simultaneo dell’utensile su tre assi, vi erano 2 motori, ognuno che comanda
ogni asse, però devo avere un calcolatore che mi gestisca simultaneamente i due motori e quindi assi.
✓ 1955 Primi modelli commerciali di macchine utensili a controllo numerico
✓ 1957 Il controllo numerico è accettato dalle industrie
✓ 1958-1960 Inizio della diffusione presso le aziende
✓ 1960 DNC - Direct Numerical Control, vi è un calcolatore (grosse cabine di controllo) che controlla la
macchina utensile, costi molto elevati.
✓ 1970 Il controllo numerico diventa CNC - Computerized Numerical Control. Vi è stata l’evoluzione nel
mondo dell’elettronica, quindi miniaturizzazione, da un unico sistema di controllo si passa ad un sistema
di controllo specifico per ogni singola macchina utensile.
Il DNC centralizzava il costo della produzione, però se vie è un guasto devo fermare tutta la produzione, invece
il CNC localizza, le macchine sono indipendenti l’una dall’altra. Il CNC si è evoluto anche grazie all’evoluzione
dei PC.
Si nota come il CNC nel giro di 5 anni si è fortemente consolidata, cosi come oggi i sistemi di fabbricazione
additiva.
Idea di base

Comandi a sinistra: G1 traiettoria lineare a velocità di lavoro, DI COORDINATE x100 yz.. contemporaneamente,
con F120 (velocità). T46M06, la T sta per tool, carico l’utensile che si trova nella posizione 46 nel magazzino 06.
Concetti base
L’unita di governo INTERPRETA, ELABORA E CONTROLLA (invia i segnali alla macchina utensile).
Essa istante per istante riceve informazioni dai trasduttori (sensori) all’interno della macchina utensile sulla
posizione degli assi, ogni spostamento degli assi è rilevato da questi trasduttori.
L’elaborazione dei segnali in pratica elabora la differenza tra posizione attuale e posizione stabilita, tale
informazione serve per capire se la macchina deve accelerare o decelerare.
Controllo del singolo asse
Sistema ad anello chiuso, un anello sulla posizione ed uno sulla velocità (doppio anello di retroazione)
In rosso ho la tavola, il motore è collegato ad una vite, a sua volta ad una chiocciola. Trasformo il moto rotatorio
in traslatorio. Colloco i trasduttori, a destra è il trasduttore di posizione, a sinistra quello di velocità.
Xo è la posizione stabilita, X quella attuale.

𝑛𝑜 è la velocità del motore, poiché l’informazione viene interpretata come una velocità con la quale deve ruotare
il motore, viene confrontata istante per istante con la velocità effettiva del motore.
L’anello non si chiude sull’unita di governo ma è gestito dal PLC.
Cenni sulla classificazione dei sistemi di controllo

È uno schema
proporzionale cioè istante
per istante, in
proporzione con l’errore.
È sempre attivo tale
sistema di retroazione, mi
permette di controllare il
movimento dell’utensile
rispetto al pezzo, è anche
detto di tipo continuo.

Esistono però cose più


semplici, ad esempio per
delle forature, mi devo muovere secondo un unico asse, non mi interessa istante per istane l’affondamento della
punta, mi interessa solamente che sia raggiunta la profondità del foro. In tale caso il controllo è sempre chiuso
(istante per istante ho delle informazioni su velocità e posizione) ma tali azioni vengono tramutate in controllo
solo quando arrivo nelle prossimità della posizione finale, è detto cut-off, il controllo si attiva solamente quando
raggiungo un valore soglia.
Entrambi i controlli devono garantire che la posizione finale sia raggiunto, il controllo continuo mi segue però
anche tutto il movimento, istante per istante, tutta la movimentazione dell’utensile.
In alcune macchine semplici si può utilizzare
un controllo aperto, utilizzano come
servomotore il motore passo-passo (piccoli
motori che erogano poca potenza), è un
motore però molto preciso, che funziona ad
impulsi, quindi posso fare a meno dei
controlli sulla macchina. Bisogna solo stare
attenti sul limitare sulla massima velocità.

Elementi di base di una macchina utensile a CN


Dati in ingresso: interfaccia con la
macchina con l’ambiente esterno, è detta
interfaccia uomo macchina (video,
pulsantiera, porte, connessioni di rete), p
una parte che permette di scambiare
informazioni con l’esterno.
Si è passato dalle schede perforate, alle
schede DOS, poi alla modalità grafica,
interfaccia virtuale.
Domanda d’esame(da ora in poi saranno
evidenziate in giallo): QUALI SONO
GLI ELEMENTI DI BASE DI UNA
MACCHINA A CN ? SI INIZIA DA
QUESTI PER RISPONDERE ALLA
DOMANDA.
Campi d’applicazione
Alcuni campi di applicazione sono:
Fresatura, Foratura, Alesatura, Tornitura, Rettificatura, Taglio lamiera, Elettroerosione, Taglio a getto d’acqua,
Laser, Tranciatura. Con i robot si può utilizzare il CN in: Saldatura, Manipolazione (in pratica robot), Montaggio,
Misura (cioè controllo qualità).
Inizialmente i codici si scrivevano a mano, in editor, ora si sono sviluppati anche dei software che ci aiutano a
rilevare errori, si controlla la sintassi.
Vantaggi e limiti
✓ Flessibilità della struttura produttiva
✓ Ripetibilità
✓ Alta velocità di produzione
✓ Elevata qualità del prodotto, riduzione scarti
✓ Riduzione costi diretti di manodopera e attrezzature
✓ Più operazioni con singolo setup; minore tempo per riposizionamenti
✓ Operatore meno specializzato di un fresatore o tornitore qualificato
✓ Lavoro non presidiato, una sola persona può controllare più macchine
✓ Riduzione aree occupate
 Elevato costo iniziale (100.000-350.000 $, in dipendenza dal livello della macchina)
 Programmazione richiede tempi e costi (strumenti di programmazione)
 Manutenzione macchine richiede personale specializzato (aggiornamenti del sistema di controllo,
interfaccia che è in continua evoluzione)
Classificazione
❖ Monoscopo
❖ Multiscopo: all’intero della stessa macchina posso fare più cicli di lavoro, dei centri di lavorazione,
posso fare operazioni diverse senza cambiare utensile, non devo quindi smontare il pezzo dalla
macchina, fare il riposizionamento etc., poiché occupo due macchine, poi ho tempi di trasferimento e
poi devo smontare rimontare il pezzo (perdendo gli allineamenti e quindi minor precisone della
lavorazione).
Posso classificare anche come:
❖ Macchine a mandrino orizzontale o verticale
❖ Macchine dotate di testa operatrice a due posizioni (orizzontale e verticale)
❖ Macchine con testa operatrice inclinabile con continuità entro una certa angolazione
❖ Macchine con cambio automatico dell’utensile
❖ Macchine con tavole girevoli ad asse verticale o orizzontale
❖ Macchine con controllo su 2, 2 e ½, 3, 4, 5 e più assi: è la più importante, si parla di assi controllati. Sono gli
assi che possono essere controllati simultaneamente dall’unità di governo
Denominazione degli assi macchina
Sono definiti in base alla norma UNI ISO 841.

z: attorno a cui ruota il mandrino


….

….
Suppongo di avere un mandrino verticale

Il montante si muove lungo l’asse z. Vi sono altri due movimenti, la tavola


portapezzo si muove lungo x (con la corsa più lunga), il movimento è “+”
quando mi allontano dal pezzo, z- mi avvicino al pezzo. Così dicendo per y,
e x è definito di conseguenza con la regola della mano destra.
Si aggiungono anche le rotazioni, quella intorno a x indicata con A, intorno
a y con B e intorno a z con C. Si arriva ad un massimo di 5 assi poiché
gestirli poi diventa troppo complicato da parte del calcolatore. Nei robot
industriali si arriva anche a 6 (6 gradi di libertà) però si perde di precisione.

Le macchine con 3 assi, si classificano con 2 ½ o 3 in base agli assi


controllati. Nel 2 e ½ posso gestire in simultanea solo 2 dei 3 assi (xy, xz,
yx). Posso interpolare solo nel piano, Il 3 assi invece li controlla tutti e 3,
posso controllare tutti i punti nello spazio (posso fare ad esempio delle spirali di filettature).
Figura 4 Con tale pezzo , con un tornio a 2 assi posso coumnque fare la lavorazione, ovviamente verrà una finitura superficiale non troppo elevata essendo una
lavorazione a "scalini" cioè fissato z muovo x e y simultaneamente, poi decremento z.

Perché allora andare oltre i 3 assi? Se ho un pezzo così fatto:

Ho una parte in sottosquadro, in tale caso potrei orientare l’utensile rispetto alla z, si inserisce un quarto asse
posizionato, fisso l’inclinazione e faccio la lavorazione.
In altri casi quando devo fare geometrie ancora più complesse, può essere comodo inclinare l’utensile
liberamente l’utensile nello spazio
Riprendiamo la cupola di prima
Cosa succede se il mio utensile cambio il livello di z? Cambia il punto di contatto,
sta quindi cambiano la velocità di taglio (N) poiché sta cambiano il raggio a cui
lavora l’utensile
𝜋𝑁𝐷
𝑣𝑡 = 𝑑𝑜𝑣𝑒 𝐷 è 𝑖𝑙 𝑑𝑖𝑎𝑚𝑒𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙 ′ 𝑢𝑡𝑒𝑛𝑠𝑖𝑙𝑒(𝑖𝑛 𝑔𝑖𝑎𝑙𝑙𝑜)
1000
La velocità di taglio effettiva non è quella nominale, non sto lavorando in
condizioni uniformi.
Se l’utensile è sulla cupoletta (sul vertice), la velocità di taglio è nulla! Sto
solamente spostando materiale, ci sarà una zona rugosa.
Se le superfici sono molto complesse, ad esempio per stampi in plastica, si
preferisce usare 5 assi, ci consente di orientare l’utensile rispetto al pezzo, in modo
da far sì che l’inclinazione sia sempre la stessa, per rispettare sempre le stesse
condizioni di taglio, si utilizza il 4 e 5° asse per migliorare le prestazioni in lavorazioni complesse. Ad
esempio, le palette di turbina vengono lavorate con 5 assi.
Struttura meccanica

Figura 5 Macchina completa


Figura 7 Fresatrice orizzontale, in giallo è il mandrino, la tavola portapezzo è rotante, può ruotare di 90° (arancio). La testa
operatrice si può sollevare o andare a destra/sinistra. La parte in rosa è un magazzino utensile. A destra in nero vi è lo
scatolotto di controllo.

Figura 6 basamento, fissato al terreno (messa in bolla), in alto vi sono dei fori che permettono il collegamento con altre parti

Figura 8 Vi è una vite a ricircolo di sfere (cerchiato in rosso), vi sono delle cavità a profilo semicircolare all'interno del quale scorrono le sfere, gli elementi
paralleli sono le guide, che fanno seguire la direzione di movimento, sono riportate sul basamento, hanno una parte fissa e delle slitte che scorrono su di loro
Figura 9 Vi è un secondo motore, una coppia di guide, ogni asse ha il suo motore

Figura 10 Montante, si vedono ulteriori guide, il motore non è più in asse con la vite per questioni di ingombro, tale scatolotto orato si collega il mandrino dentro,
esso mette in moto la testa operatrice con dentro il mandrino, si muove a dx e sx, vedi freccette rosse.

Figura 11 Inserimento del mandrino


Figura 12 Tutte le parti sono carenate, protette poiché vi è comunque il truciolo o lubrorefrigerante, le guide devono essere protette, tutto deve andare secondo i
parametri assegnati. In corrispondenza delle guide vi sono anche i trasduttori.

Figura 13 Se ne usano due per poter montare più pezzi per avere pronto già il secondo pezzo nel momento in cui scarico il primo

Figura 14 Collocamento delle tavole portapezzi


Caratteristiche della struttura
• Adeguata rigidezza sia statica che dinamica
• Mantenimento nel tempo della geometria e delle dimensioni
• Ridotte distorsioni e variazioni dimensionali al variare della temperatura
Per conferire tali caratteristiche si utilizzano componenti in ghisa (soprattutto per il basamento) per aumentare la
durabilità della macchina. Per macchine di grosse dimensioni, quindi con esigenze di lavorare pezzi più grandi, vi
saranno in movimentazione masse più elevate, ciò però va a sfavore della movimentazione degli assi, quindi per
macchine ad alte prestazioni che lavorano pezzi grossi la ghisa fusa non è adatta.

Ricordo che la precisione richiesta (ovvero tolleranze) è di circa del 100𝑖𝑚𝑜 𝜇𝑚. Per macchine di piccole
dimensioni raggiungere tali tolleranze è più agevole, ma quando le dimensioni della macchina aumentano ho
maggiori problemi perché per rispettare tolleranze ho bisogno di strutture più rigide, declinata in due varianti:
1. Rigidezza statica: cioè a carico costante
2.

Già solo la struttura della macchina (travi a sbalzo che producono dei momenti flettenti) si esplicano
delle deformazioni elastiche che devono essere contenute dell’ordine del di pochi micron. In generale la
𝐹
rigidezza 𝑘 = 𝑥 (𝑁/𝜇𝑚) è molto elevata. Nell’immagine a sx, si nota che la componente più critica,
cioè che produce più deformazione è la colonna, seguita a ruota dal mandrino, essendo loro due le
componenti a braccio maggiore.

3. Rigidezza dinamica: a carico variabile (in pratica in esercizio)


La macchina opera in regime dinamico, cioè ovviamente quando il pezzo è fermo, ma è in movimento,
gli assi e l’utensile si muovono lungo le guide, asportando truciolo, sviluppando la forza di taglio T,
bilanciata dalle reazioni vincolari di tutta la struttura che si scaricano lungo tutti i componenti fino ad
arrivare al basamento. È molto importante capire come si comporta la struttura quando risente di
tali forze, poiché se vado ad esempio a cambiare la posizione relativa dell’utensile, si va fuori tolleranza.
Il problema principale è che le forze variano nel tempo, la T varia nel tempo, di solito in maniera
sinusoidale, producendo quindi quelle che la macchina utensile rileva come vibrazioni, bisogna quindi
cercare di non entrare in risonanza e smorzare tali vibrazioni.
La macchina deve inoltre risultare stabile sia rispetto alla temperatura che al tempo, essendo la macchina di
metallo risente degli sbalzi di temperatura, asportando truciolo si genera localmente calore sull’utensile, per tale
motivo uso del lubrorefrigerante che viene scaricato in vasche, che quindi assorbiranno calore, che verrà ceduto
anche alla struttura dell’utensile, che può indurre dilatazioni termiche quindi portare complicanze sulle tolleranze.
Inoltre, la macchina deve garantire determinate prestazioni e caratteristiche per più anni, non deve deformarsi col
passare del tempo e delle lavorazioni.
Struttura in ghisa
Dopo il getto in ghisa nello stampo, il materiale non è stabile, deve
riposare per circa 1 anno, quindi i produttori di basamenti devono
prevedere in anticipo quali saranno le richieste del mercato inoltre
producono basamenti standard, poi quando arriverà la commessa
dovranno comunque apportare modifiche. Posso adottare quindi tale
struttura in ghisa quando non ho la necessità di movimentare la
macchina (fissarla al suolo), tale basamento è ottimo dal punto di vista
dell’assorbimento delle vibrazioni, però come ben capiamo, è molto
pesante, impossibile da movimentare.

Struttura in acciaio saldato


Non ho più pezzi per fonderia ma ho pezzi più snelli che verranno saldati l’un
l’altro in diversi tratti, si riesce così ad ottenere buone prestazioni meccaniche,
ottenendo una struttura molto più leggera. Si nota che il montante è cavo, così
facendo riduco la massa (mantenendo comunque una buona inerzia). In teoria
risulta che 𝐸𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎𝑖𝑜 > 𝐸𝑔ℎ𝑖𝑠𝑎 staticamente, però dinamicamente l’acciaio smorza
di meno rispetto alla ghisa, si ovvia a tale lacuna inserendo delle strutture di
supporto in modo tale da allontanarsi il più possibile dalle zone di risonanza
(modi di vibrare).

Rigidezza dinamica

𝑓
Se ho 𝑓 = 1 avrò ovviamente risonanza cioè l’ampiezza della forzante aumenta, però se lo smorzamento è elevato
0
l’oscillazione dopo un po’ diventa costante nel tempo, tali due aspetti sono proprio quello che andiamo a ricercare,
cioè allontanarci dalle zone di risonanza (frequenze proprie della macchina) e aumentare quanto più
possibile lo smorzamento.

Vibrazioni
Esse possono insorgere per cause di varia natura:
o Forze eccitanti indipendenti
• Dalle fondazioni: non dipendono dalla macchina, sono percepibili nel momento in cui la
macchina è spenta tramite accelerometri, in tal caso si va ad isolare la parte di macchina dalle
fondamenta.

• Organi interni squilibrati: rilevabili nel momento in cui la macchina è accesa ma il pezzo non è a
contatto cioè la macchina non lavora, allora la causa
di tali vibrazioni è l’errata equilibratura degli
organi, rotanti e non, interni (mandrino, ruote
dentate, etc.). Per risolvere si va a bilanciare,
altrimenti avrei dei difetti. Si equilibra con dei pesetti
(tipo come l’equilibratura dei cerchioni).

• Contatto pezzo utensile: si avvertono durante la fase di taglio, possono esserci due situazioni:
▪ Andando a variare i parametri di taglio, tali vibrazioni scompaiono, allora vuol dire che
ero vicino al range di risonanza della macchina, cioè ho quindi scarsa rigidezza,
aumentando la velocità vado verso le frequenze di oscillazione proprie, si deve quindi
costruire la macchina in modo tale da avere le frequenze proprie di risonanza quanto
più possibile a velocità di rotazione elevate.
▪ Conduco dei test sula macchina per capire quali sono le componenti di taglio critiche, e
limito la finestra dei parametri adoperabili.

o Forze eccitatrici dipendenti

• Processi rigenerativi o chatter: è un fenomeno inevitabile, non insorge dalla forza di taglio ma è un
fenomeno di vibrazione che insorge dal contatto pezzo-utensile.

Esempio: penso ad esempio ad un’operazione di tornitura esterna o magari la creazione di una


gola, al primo contatto avverrà un urto, il sistema ● assimilabile al sistema massa-molla-
smorzatore, risponderà, oscillando lungo l’asse producendo appunto una oscillazione seppur
lieve. Dopo la prima lavorazione, andando a variare il passo, dovrò rilavorare tale superficie
ondulata (vedi disegno). So che la forza di taglio 𝑇 ∝ ℎ𝑂 quindi la forza di taglio non sarà
costante nel tempo, otterrò quindi sempre delle superfici ondulate, in maniera rigenerativa.
Figura 15 Altro esempio di chatter rigenerativo

Per limitare il problema del chatter rigenerativo si costruisce, grazie a delle simulazioni al
calcolatore (prove sperimentali richiederebbero un numero di combinazioni infattibili), il
diagramma di stabilità che riporta la profondità di passata in funzione del numero di giri.

Conviene sempre lavorare al di sotto delle curve, poiché sono le zone in cui non ho insorgenza
di tale fenomeno. Si nota che la distanza tra una concavità e l’altra aumenta con l’aumentare del
numero di giri (spindle speed), tali curve vengono delle a lobi.

Particolari costruttivi delle MU a CN


I particolari costruttivi che differenziano le MU a CN rispetto alle macchine tradizionali sono i seguenti:

• Gruppi a bancale: sono quelli tradizionali, È generalmente composto dai seguenti sottogruppi:
o Tavola d’appoggio per i pezzi da lavorare e dispositivo di traslazione
longitudinale secondo l’asse X
o Slitta inferiore di supporto alla tavola portapezzo e dispositivo di traslazione
secondo l’asse Y o asse Z
o Gruppi di avanzamento dei due assi
o Per la tavola e per la slitta sono presenti due microinterruttori di fine corsa
con funzione protettiva: il primo provoca la frenatura elettrica del motore, il
secondo provoca un’emergenza di tipo generale nell’unità di governo.
In basso vi è il basamento, poi slitta e tavola, possono gli uni scorrere sugli altri.
La slitta è comandata dalle guide, dove al di sopra vi è il sistema di
movimentazione.
È la tavola su cui blocco il pezzo, al di sotto vi sono i trasduttori, essi
lavorano su principi ottici, devono quindi poter riflettere bene la luce, per
poterlo fare vi deve essere la massima pulizia, inoltre le guide hanno un
profilo a W per garantire maggiore stabilità.

• Gruppi montante: ad esempio il magazzino utensili o il modulo per lo scambio utensili


• Teste operatrici
• Mandrini
• Portautensile
• Cambi automatici degli utensili

Le guide – Curva di Stribeck


Ho guide piane a doppia W (stabilità trasversale, non ho slittamenti), ho una superficie piana, quindi una parte
mobile superiore e fissa sottostante ancorato al basamento di base, tra i due vado apporre del lubrificante per
ridurre l’attrito di strisciamento, ciò viene fatto tradizionalmente.

Vi è riportato il coefficiente d’attrito in funzione della velocità relativa


Il sistema è modellato con una parte fissa (in rosso) ed una parte mobile (massa-molla-smorzatore). Vi sarà una
forza 𝑚𝑔 diretta verso il basso (la massa sarebbe quella complessiva della struttura che si scarica sulla guida ma
anche le forze di taglio, cioè la parte fissa); vi è anche un movimento 𝑣governato dall’unita di controllo, vi è il
motore che sposta la tavola nella direzione. All’inizio ho attrito massimo, poiché ho velocità nulla, cioè ho attrito
di primo distacco, la forza normale schiaccia la parte mobile verso la fissa, annullando il velo di lubrificante,
però appena parte il movimento (10 mm/minuto) immediatamente tende a riformarsi il meato liquido, ciò fa
ridurre l’attrito finché il meato si è stabilizzato 10 mm/secondo, dopodiché si ha il classico andamento che il
coefficiente di attrito aumenta all’aumentare della velocità. Il transitorio è quindi a basse velocità. Tale
comportamento decrescente genera un fenomeno di instabilità del modo detto balbettamento o pick-lip.

Andiamo a vedere cosa succede. Quando il vettore 𝑣 diminuisce, cioè ho un vettore velocità più basso, sul
grafico indicato come 𝑣̅ − 𝑥 ′ , l’asse sente un aumento dell’attrito, che si oppone al movimento, quindi l’asse
tende ad impuntarsi, ma non doveva fermarsi lì, il motore esercita quindi ancora forza e l’asse tende a ripartire,
quindi appena riparte la velocità aumenta e l’attrito si riduce e l’asse riparte, accelerando ma nel frattempo il
motore sta comandando di fermarsi (secondo la sua curva), si ripete questo loop fino alla fine della corsa. L’asse
si vede che ha questo movimento intermittente.
Nota: nelle macchine tradizionali, tale fenomeno non mi preoccupa più di tanto poiché i momenti di velocità
nulla dell’asse non sono momenti in cui asporto truciolo. E’ però importante nelle macchine a controllo
numerico, vediamo un esempio:

Quando mi muovo da A verso B , ad esempio se mi trovo in C noto che l’asse x si muove nella direzione positiva,
ed y in quella negativa. In D invece ho sempre x verso la direzione positiva, ma y stavolta è anch’essa positiva, il
passaggio da positivo a negativo lo ottendo in B cioè sono nelle condizioni di instabilità del movimento (con le
guide tradizionali), quindi si avranno dei difetti di lavorazione nei punti in rosso.
Per ovviare a tale problema, nelle macchine a
controllo numerico si adotta un lubrificante solido
cioè la Turcite B, per applicarla si lavora prima la
superficie, poi la si martella per far aderire meglio tale
lubrificante.
Sul diagramma noto che è presente un tratto sempre
crescente del coefficiente di attrito in funzione della
velocità, quindi si va a lavorare sempre in quella zona,
ho però comunque degli attriti abbastanza elevati,
cosa che andrà ad inficiare sulla potenza assorbita al
motore.

Per ovviare all’eccessivo assorbimento di potenza, si


utilizzano delle guide a rotolamento (non ho più
quindi attrito radente ma volvente) che mi
permettono di ridurre l’attrito anche di un ordine di
grandezza.
Guide a rotolamento (continuo)
La parte inferiore della guida diventa un
profilato, che viene riportato sulla parte di
struttura collegato meccanicamente, sulla parte
fissa della guida scorrono dei pattini (parte
mobile), tra tale parte e la parte fissa circolano
delle sfere.
Le sfere circolano all’interno di canali che sono
dei pattini, lavoriamo sue aree limitate, devono
essere dirottate lungo il canale per essere
riportate nella corsa, vi possono essere anche
canali doppi (come in figura).
È un sistema che presenta ottime prestazioni
(circa 1 ordine di grandezza di riduzione
dell’attrito), esso è completamente chiuso
all’interno del pattino e chiuso dall’esterno, fa si
che non si possa infiltrare all’interno del pattino
elementi esterni che potrebbero
compromettere il sistema quindi è richiesta
poca manutenzione. È un sistema stabile, non
crea instabilità del moto, avendo attriti
bassissimi è un sistema molto reversibile, posso
farlo muovere a dx o sinistra
Tali guide sono istallate sia in verticale che in
orizzontale, nell’immagine a dx, parte blu, si nota che vi sono 2 guide laterali che sono i profili della parte fissa
della guida. Se i carichi sono elevati, si passa dai rulli al posto delle sfere fino ad arrivare di nuovo alla turcite B.

Guide idrostatiche
Vi è un basamento (in acciaio), al centro vi è la parte di movimentazione, più motore lineare, non vi sono le sfere
perché il motore genera direttamente il moto lineare. Le guide sono idrostatiche.
Sulla parte mobile vi sono dei pozzetti, camere,
riempite con olio in pressione, si nota dalla foto in
basso a sx, che è coperta d’olio, nei canali antistanti
passa l’olio in pressione, viene riscaldato (dalle
resistenze), la pompa porta l’olio in pressione, passa
attraverso i canali, delle resistenze, arriva con una
pressione ridotta all’interno del pozzetto, la
pressione è applicata in tutta la superficie ma
maggiormente sulla faccia superiore, si crea una
forza verso l’alto, si sviluppa una portanza. Le guide
devono essere perfettamente simmetriche. A causa
del peso della struttura, si esercitano delle forze
normali che si scaricano sulle guide, compensata
dalla portanza. Si solleva quindi la parte superiore,
quindi c’è un piccolo meato di olio. Il sistema deve esser bilanciato, porto con la pompa alla pressione 𝑝0 , poi paso
attraverso i tubi che scaldano, arrivo a 𝑝1 , poi ci sarà la resistenza data dal meato che deve bilanciare la pressione
ridotta a causa delle resistenze. Si regolano le resistenze in modo da non avere contatto tra le parti mobili e fisse.
Nella lavorazione però avrò delle forze di lavorazione, contrastano la portanza e riducono il meato, quindi aumenta
la resistenza e aumenta la pressione intera, e quindi la portanza, è un sistema che si auto bilancia rispetto al
carico esterno che sente. Però se è aumentata 𝑝1 e la resistenza è fissata, il mio sistema non funziona, non è
bilanciato al suo interno, devo poter regolare la resistenza 𝑅0 alle condizioni di lavoro, la gestione è molto
complessa.
Per tali guide quindi abbasso molto l’attrito, hanno un rendimento di guida eccellente (le migliori), si auto bilanciano
in funzione del carico, però:

• devo gestire l’olio e la resistenza


• costi molto elevati derivanti da tale gestione
• riprogettazione della macchina: non posso pensare di utilizzare la struttura della macchina base, non posso
semplicemente sostituire le guide, devo completamente riprogettare sulla macchina specifica.
Per questi motivi si utilizzano per macchine ad alte prestazioni infatti ho un motore lineare nella foto.

Gruppo montante
Si sviluppa verso l’alto, è cavo all’interno
per ridurre le masse (per eseguire meglio i
movimenti di rapido)
Vi è un corpo centrale per essere una
buona base per collocare il magazzino
utensili, sul lato, sono già vicino al
mandrino.
Ospita il sistema anti-ribaltamento poiché
la testa è montata a sbalzo, collegata alla
vite a ricircolo di sfere che scorre sulle
guide, esse non danno una grossa
resistenza a flessione, quindi se suppongo
di togliere i collegamenti elettrici (Motore
spento) la vite a ricircolo e le guide non
danno nessuna resistenza, devo assicurare
che la testa operatrice non si ribalti, con dei sistemi di sicurezza, si inserisce sulla parte anteriore un profilato che
si insinua all’interno della testa operatrice in modo da mantenere la testa in asse, che va in sottosquadro, non a
contatto con le pareti.
Inoltre all’interno del montante si inserisce un contrappeso, quindi vi sono delle pulegge e delle catene , utilizzando
un cilindro a pistone, in modalità di lavoro le camere sono in comunicazione e questo consente al pistone di
muoversi liberamente, segue il movimento della testa; quando stoppo la macchina, il cilindro funziona come freno,
se la testa volesse scendere, genero delle variazione di pressione all’interno del cilindro che impedisce il
movimento(proprio come la levetta delle sedie da ufficio).

Testa operatrice
La testa operatrice è un gruppo meccanico
che comprende:

• mandrino
• motore
• cinematismi per la trasmissione del
moto al mandrino.
Si vede uno spaccato, in alto si intravede un
cilindro (motore del mandrino) quindi essa
si porta dietro il motore del mandrino, è
una fresatrice verticale quindi al lato si
intravede il mandrino.
L’albero all’interno del mandrino si collega
al porta utensile è il sistema
bloccaggio/sbloccaggio all’interno del
mandrino, poi tutto il sistema di
cinematismi, con treni di ruote dentate per
fare il cambio di velocità. Sul mandrino vi
è il porta utensile, a cui sarà collegato
l’utensile, per attrito sulla parte
troncoconica il moto del mandrino viene
trasferito al portautensile, non vi sono
linguette o chiavette.
Vi possono essere configurazioni con
retro-mandrini.
Essendo elementi abbastanza lunghi, tutti gli elementi devono avere alte rigidezze, per non avere deformazioni,
altrimenti le zone tra contatto pezzo/utensile non è quello richiesto.

Mandrino
Esistono tipi diversi mandrino a seconda che sia:

• Tornio: più semplice e cavo, poiché deve permettere il passaggio barra


(di solito sono circa 3 metri) quindi è importante il diametro del foro
poiché determina la massima dimensione radiale della barra.
• Fresatrice (a sx): è cavo per ospitare il sistema di bloccaggio del
portautensile (barra centrale rossa vista prima), lateralmente vi è una
cavità troncoconica (sulla sx), deve essere molto precisa perché
permette di trasferire il moto per attrito al porta utensile, è molto
importante la lavorazione di tale sede.
Il mandrino è abbastanza snello, diventa fondamentale la progettazione
di esso, devo garantire la lavorazione al centesimo del mm.
E’ fatto in acciaio sottoposto a trattamenti termici e chimici per aumentare durezza superficiale (per la resistenza
all’usura) quindi si utilizzano acciai legati Cr-Ni, i giochi dei cuscinetti sono molto ridotti, ed il dimensionamento
del mandrino deve garantire dei carichi diversi tra loro (per garantire flessibilità), ad esempio delle spianature o
altre operazioni, ad esempio a basse velocità e coppie elevate (sgrossatura ad esempio) o alte velocità e coppie basse
(foratura o finitura) poiché l’utensile ha raggio piccolo.

Si progetta sia a flessine che a trazione, si modella con appoggi, dove ci sono i cuscinetti, a destra ho la zona di
contatto utensile-pezzo, e si applicano le forze di taglio, che genera un momento che si trasferisce alla struttura
generando una certa deformata (rappresentata in modo amplificato), nella zona finale bisogna far si che la freccia
sia inferiore al centesimo di millimetro.
Per la torsione il vincolo è che la massima deformazione angolare ammissibile è ¼ di grado per metro lineare.

Ciclo di lavorazione del mandrino


Come viene lavorato il mandrino per garantire le caratteristiche
finali? Si esegue prima una sgrossatura, ma bisogna fare
attenzione poiché le lavorazioni meccaniche (soprattutto le
sgrossature) generano delle sollecitazioni superficiale che
inducono tensionamenti, ma poi ho lavoro per alto numero di
ciclo, è importante lo stato di tensionamento residuo quindi si
esegue subito dopo una normalizzazione, a liberarlo dai
tensionamenti, a basse temperature, ma essi causano una
deformazione geometrica.
Eseguo dopo la finitura esterna, la sede conica, il foro per il
passaggio del sistema di bloccaggio, fresature necessarie (per gli
elementi non assial simmetrici) di solito esterne.
Poi si passa ai trattamenti per aumentare la resistenza superficiale
termochimici, quindi cementazione e tempra. Però anche essi
spostano la geometria, quindi nelle precedenti lavorazioni viene
lasciato un piccolo strato di sovrametallo, quindi si passa ad
operazioni di rettificatura, poiché il materiale essendo indurito
consuma l’utensile. Si fa una rettifica di sgrossatura e finitura.
Nota: non è l’operazione solo per avere la più bassa rugosità possibile, ma anche per lavorare sui materiali ad alta durezza, essendo
la rettifica utilizza delle mole con dei grani di silicio, offrono una zona di taglio molto acuta che mi consente di asportare molto bene il
materiale.
È un ciclo di lavorazione importante quindi comporta costi elevati di produzione.
Il porta utensile
Il portautensile è l’elemento intermedio tra utensile e
mandrino e la sua geometria è unificata in sede internazionale.
Elementi che servono a configurare il portautensile sono:

• il diametro alla base del cono


• La filettatura di attacco del codolo
Il mandrino è costruito con un solo tipo di cono e può
ricevere un solo tipo di portautensile.
La filettatura del codolo serve alla progettazione del
dispositivo di afferraggio e ritenuta del portautensile
È un’interfaccia che si interpone tra mandrino e pezzo. È
necessario perché gli utensili sono molto vari e diversi tra loro,
devo poter montare sullo stesso mandrino utensili diversi
Mi serve qualcosa di standard quindi, delle dimensioni
di riferimento indicate da normativa che mi dicono
come collegare la zona utensile e la zona macchina, da
cui nasce la geometria del portautensile, è
caratterizzato da due zone, al di sotto ho la parte di
collegamento con l’utensile , quella al di sopra col
mandrino, quindi il cono ha una conicità ISO, poi il
diametro alla base è sempre stabilito da normativa,
anche il foro in alto filettato che serve per il collegamento del codolo per bloccaggio, deve avere diametro definito
da normativa, così se ho una macchina che corrisponde ad un certo codice ISO40 vi sono delle tabelle che
stabiliscono diametro di base del cono e filettatura di attacco del cono.
La parte di interfaccia con utensile non ho più bisogno di
seguire lo standard, il fornitore mi darà anche il porta
utensile adatto ad ospitare ai suoi utensili e mi garantirà
che l’interfaccia col mandrino sarà compatibile con la mia
macchina.
Riguardo alla geometria del portautensili si osserva che a
partire dalla linea blu, esistono 2 flange, una superiore e
inferiore, servono per lo scambio dell’utensile automatico
sulla macchina, il meccanismo di scambio agisce su quella
macchina, c’è un braccio che afferra tra le due flange e
poi per estrarre l’utensile dovrà compiere un movimento
verso il basso, quindi vi deve essere una battuta per
rimuovere l’utensile, così come l’inserimento.
Inoltre il moto trasmettendosi per attrito, la superficie troncoconica ha tolleranze dimensionali e geometriche
molto precise, suppongo che in lavorazione vi sia un problema e si verifica un urto, quindi stava ruotando il
mandrino e blocco la rotazione, ma il portautensile lavorava per attrito, quindi il corpo tende a bloccarsi all’interno
del mandrino ma il sistema utensile è collegato al sistema di bloccaggio, il blocco si va a trasmettere al mandrino il
che potrebbe danneggiarsi, ma se l’azione si andrebbe a scaricare sull’utensile non fa nulla, si cambia, allora si va
ad inserire una sicurezza in modo tale che non si causi rotazione del portautensile all’interno del mandrino.
Vi sono delle scanalature sulle flange, si impegnano sul naso del mandrino, è un elemento estruso che si va ad
impegnare sulla cavità della flangia, stanno ruotando insieme, ma se vi è qualcosa che blocchi la lavorazione,
costringe il mandrino a ruotare insieme al portapezzo, quindi si romperà l’utensile. Vi sono 2 fori poiché tale azione
la avrei dopo 90° (con 1 solo a 180°).

Riassunto delle caratteristiche


dell’interfaccia con l’utensile
1. Robusto e uniforme serraggio
2. Rigidezza statica e dinamica
3. Capacità di trasmettere coppie elevate ad alte velocità
4. Preciso e ripetibile nel posizionamento: durante la lavorazione
potrei andare a cambiare utensile al mandrino, se cambio
pezzo e rieseguo tutte le lavorazioni, devo essere sicuro che sia nelle
condizioni del primo montaggio, devo conoscere qual è la mia z di
riferimento, dove vi è contatto col pezzo (z’), come faccio a trasferire
la z? Sulla base della lunghezza L: il sensore di posizione misura la
posizione dell’asse, conoscendo le dimensioni del gruppo utensile-
portautensile conosco L e quindi z’. Quando tolgo il gruppo, devo
essere sicuro che la L sia sempre la stessa con elevata precisone per
garantire la precisione dell’utensile
Il portautensile non deve essere montato più dentro o più fuori, o non
radiale, il suo montaggio deve essere preciso e ripetibile rendendo ben
nota la lunghezza L

5. Lunghezza e massa ridotta: vi è un carico massimo che il mandrino può sostenere (circa 6 kg) di gruppo del
portautensile, se il portautensile è 4 kg, potrò poi metter un utensile di soli 2 kg quindi meglio avere una
massa ridotta del portautensile
6. Bilanciato per non avere vibrazioni
7. Standardizzato
8. Possibilità di sostituzione sia manuale che automatico: per la manutenzione e per aumentare la produttività
9. Elevati limiti di velocità.

Bloccaggio utensile
Il codolo è un cilindro a singolo effetto, dall’altra parte ho una molla, applico aria compressa spingo il pistone verso
il porta utensile.
Il mandrino è cavo e nella sua parte di sinistra presenta una sede conica adatta ad interfacciarsi con la conicità del
cono portautensile. All’interno scorre una barra mantenuta in posizione retratta da una molla che nella sua estremità
di sinistra presenta una pinza elastica che afferra il codolo posto all’estremità del portautensile. In posizione retratta
dunque la barra esercita una forza di trazione sul cono del portautensile tenendolo quindi aderente alla sede conica
del mandrino. Una fresatura posta sulla flangia del portautensile e due chiavette poste sulla faccia del mandrino
provvedono a trasmettere la coppia (le forze d’attrito sono deboli). A mandrino fermo si immette aria nel cilindro
pneumatico, collegato all’estremità destra del tirante, provocando l’apertura della pinza, posta all’estremità opposta,
e quindi il rilascio del portautensile.
VEDI DIVEO OTT: è importante tale sistema con aria compressa essendo molto rapido questo scambio, nei
tradizionali, si utilizza un albero filettato, rimane il foro filettato

È un’operazione manuale che richiede un certo tot di minuti, se necessito di uno sblocco/blocco immediato
utilizzo il sistema col cilindro a doppio effetto con aria compressa, però se perdo aria compressa non vi è più nulla
che mantenga l’utensile, la tenuta deve sempre essere assicurata dalla molla, l’aria compressa se manca non riesco
a liberare l’utensile ma almeno sono in condizioni di sicurezza sulla macchina
La flangia di battuta non va a contatto col mandrino altrimenti non potrei garantire l’attrito. Inoltre, ho il
portautensile sempre in trazione, questo mi assicura il contatto con le pareti della cavità interna

Tale soluzione associo un portautensile pieno ad una cavità troncoconica all’interno del mandrino, entrambi poste
in rotazione, quando essa aumenta, la forza centrifuga aumenta, in maniera diversa tra la parte piena e quella cava,
soprattutto nel mandrino, tende ad aprirsi (di molto poco, evidenziata in rosso) quindi

• perdo area di contatto, non più tutta la superficie dell’area laterale è a contatto col mandrino.
• Rischio di avere slittamento assieme ance perché la flangia non è in battuta, quindi cambio la posizione
del tagliente commettendo errori
• Posso causare delle vibrazioni essendoci movimento in zona radiale, e quindi le vibrazioni si esercitano su
tutta la struttura e sul pezzo in lavorazione, quindi non si va oltre i 8000 rpm.
Per sopperire a tale problematica si è studiato un altro portautensile: CONO HSK

Una conicità molto ridotta, è più tozzo e la flangia è in battuta per garantire la posizione in senso assiale, non ho
più i codoli di afferraggio, ma utilizzo una pinza ad espansione che garantirà sempre un contatto sulla superficie
esterna, tendo a mantenere il contatto. è cavo e quindi tende a deformarsi come la sede conica del mandrino; la
forza di trazione, esercitata dal tirante, dà luogo ad una componete di forza radiale che agisce sul cono forzandolo
ad aprirsi e quindi a mantenersi aderente alla sede conica del mandrino: vengono così impediti gli spostamenti
radiali.
VIDEO
Tale soluzione mi garantisce rigidezze maggiori. Fissato un momento flettente di 600 nm, la deformazione elastica
è circa 0,03 mm*m per SK, mentre per HSK siamo 1 ordine di grandezza inferiore, è molto più preciso, oltre a
risolvere i problemi di vibrazione.

Gestione degli utensili


Come vengono gestiti in produzione gli utensili?
Vi sarà una zona adibita al montaggio degli utensili, si
parte dal magazzino da utensili smontati e tutti gli
utensili, poi so cosa dovrà essere lavorato e vi sarà
l’operatore adibito al montaggio, fatto per tutte le
operazioni necessarie all’operazione. Quel gruppo
utensile-portautensile verrà trasferito sulla macchina,
il montaggio è fatto fuori dalla macchina. Una volta
montato, si fa un presetting dell’utensile che è in
pratica una misura lunghezza L di prima), poi ho il
magazzino degli utensili montanti, il gruppo
portautensile-utensile montato in macchina. Quando
gli utensili si sono usurati o hanno bisogno di essere ripristinati, li tolgo e li porto al reparto di ricondizionamento:
si valuta l’utensile ad esempio per frese a candele in HSS, posso scartarla e quindi smaltirla oppure riaffilandola
ridando la geometria dell’utensile, quindi smonto il gruppo, riporto in magazzino e ripristino la fresa; se ho invece
utensili con inserti: posso:

• pluritaglienti: uno si è usurato ma vi sono altri taglienti utilizzabili, e quindi faccio l’indexing cioè ruoto
semplicemente l’utensile
• se non è più utilizzabile smonto semplicemente gli utensili
Tale operazione è possibile farlo senza smontare il gruppo utensile-portautensile.
Presetting: è importante devo sapere bene dove si trova il tagliente all’interno del mio gruppo. Quando monto il
mio sistema utensile-portautensile, tutto ciò che vi è al di sotto della linea blu è al di fuori dello standard

Misuro quindi la lunghezza esposta e il tagliente, misurando anche il diametro.


Attualmente lo zero dell’utensile è letto otticamente, tale operazione è fatta per ogni utensile.
Tradizionalmente, si fa mettendo a contatto, sfiorando con l’utensile il pezzo.

Apparecchiatura per il presetting

Le caratteristiche che regolano il sistema di presetting solo velocità e precisione, con numero di coordinate
misurabili.
Magazzino a torretta

In questa configurazione a torretta devo capire di quanto sporge dalla torretta ma anche a che altezza si trova il
tagliente
Il presetting serve anche per vedere di quanto si usura l’utensile.
Vi è un utensile HSK (essendo quasi un cilindro ed essendo tozzo, non si vede il codolo), i gruppi utensile e
portautensile verranno disposi all’interno dei magazzini IN MACCHINA, sono importati alcuni fattori:
1. come è collocato l’utensile in magazzino
2. tipo di meccanismo utilizzato
3. Quanti utensili posso contenere
4. Tempo di cambio utensile
Lo scambio col braccio sfrutta la doppia flangia.

Tipologie di magazzini
Sono cinque:

• A torretta
• A disco: sfilo l’utensile in direzione radiale
• A tamburo: circa 30-40 utensili, sfilo in direzione assale
• A catena: circa 60 utensili
• A matrice: centinaia di utensili

È tipico del tornio, gli slot sono numerati, a seconda della posizione dell’utensile, di solito i pari e i dispari sono
divisi per utensili per lavorazione interne o esterne.
Il cambio utensile si fa semplicemente ruotando la torretta.
Esiste tale soluzione anche per la fresatrice, a sx, è una sorta di disco con utensili montati radialmente, il disco ha
un asse non orizzontale.
Il portautensile monta (in verde) la parte dell’utensile e poi si
sviluppa verso un angolo con postazioni per utensile tutte intorno.
Il magazzino è solidale alla testa operatrice, quando voglio
cambiare l’utensile, il mandrino si solleva, disimpegno il
portautensile, attivo la rotazione del mandrino, porto in posizione
di lavoro un altro utensile e poi faccio scendere il mandrino.
Tale soluzione è per macchine a ridotta flessibilità (10 12 utensile)
quindi lavorazioni abbastanza standard, ad esempio per lavorare
pezzi di gradi dimensioni, o lavorazioni di sgrossatura. È utile
quando lavoro pezzi grossi, non faccio movimenti inutili per
andare a magazzino che magari non sono vicino all’utensile

Il tamburo è coperto radialmente poiché lo


sfilamento è assiale. Non posso fare un cambio
diretto, mi servirà un braccio di scambio.

Ho sfilamento radiale infatti noto che il tamburo non è


coperto. Essendo la parte superiore del portautensile
accessibile e visibile, posso fare uno scambio diretto, il
mandrino può direttamente posizionarsi e prenderlo.

Lo sfilamento è radiale rispetto al magazzino però il loro posizionamento


è assiale. Il tempo di scambio va dai 5 ai 18 secondi.
Tali magazzini a catena non si trovano vicino al
gruppo montante, ho una capacità molto più
elevata. Vi è una ruota motrice, le altre folli, ogni
anello della catena è sede di un gruppo utensile-
portautensile, si fa percorrere l’utensile fino alla
posizione di scambio, che può variare rispetto alla configurazione della macchina, se sono vicino al mandrino,
scambio con un braccio, altrimenti dovrò seguire un certo trasporto. In blu ho il braccio di scambio, il mandrino
si solleva, apro la paratia e scambio l’utensile

È una lastra forata, ogni foro è un alloggiamento del gruppo,


sono fori ellissoidici, in modo tale che si incastri dove vi è la
doppia flangia, si utilizza un braccio robotizzato per la
movimentazione. È la soluzione a massima flessibilità.

Gestione del cambio utensile


Per gestire lo scambio è importante la posizione in cui si trova l’utensile e quindi il tipo di magazzino. Se l’utensile
è coassiale o parallelo al mandrino (a torretta, o a disco, o a tamburo montato con asse verticale, utensili tutti sulla
periferia) ci interessa soltanto sapere quando l’utensile viene portato nella posizione di cambio (il magazzino ruota
per lo scambio successivo) e la sua posizione. Vi sarà un sistema di scambio. Il magazzino però può essere montato
diversamente sulla macchina, ad esempio in un magazzino al tamburo montato sul montante, abbiamo
un’inclinazione di 90° dell’utensile rispetto all’asse del mandrino allora mi interesserà sapere anche la rotazione da
dare all’utensile. Le variabili in gioco sono quindi:

• Tipologia magazzino
• Posizione dello scambio
• Angolo dell’utensile rispetto al mandrino

Allocazione dell’utensile
Abbiamo tre possibilità di allocare l’utensile, dipende dal tipo di magazzino, dal tipo di operazioni che la macchina
compie.
Su una macchina che lavora con elevata produttività oggetti simili, lavorazioni standard con lotti grandi, avrò
quindi un magazzino utensili di capacità limitata con magazzino a torretta (12 pezzi), in tale caso quando dispongo
gli utensili in magazzino, conviene metterli in ordine sequenziale alla lavorazione che andrò ad eseguire, li disporrò
in sequenza. Ricordo che è il mandrino che va a prendere l’utensile; quando finisco l’operazione, il mandrino si
solleva, si attiva il meccanismo di scambio, disimpegno l’utensile, il magazzino ruota fino ad arrivare all’utensile
successivo, il mandrino scende, impegno e pongo in rotazione, scambio successivo identico, questo fa si che
abbiano tempi ridotti di scambio.
In altri casi, con macchine che lavorano ad alta flessibilità, i lotti cambiano e non utilizzerò gli utensili con la
stessa sequenza, non ha senso metterli in ordine sequenziale, li ordinerò per tipologia (ad esempio punte per fare
fori, a diametri crescente, etc.), ad ogni utensile assegno un codice diverso; tale metodo va bene per circa 30 utensili.
Se invece la macchina richiede circa 100
utensili, si pone l’utensile nel magazzino in
ordine casuale, vuol dire che l’utensile che
vado a scaricare lo scaricherò nel primo slot
libero, quindi pian piano gli utensili più
utilizzati saranno più vicini alla macchina, in
tale caso però devo associare la posizione
all’utensile, deve quindi esserci una memoria
all’interno dell’unita di governo, la posizione
dell’utensile deve essere aggiornato di volta in
volta; per fare tale aggiornamento, si dota il
gruppo utensile-portautensile degli elementi
di memoria, poi vi sono delle stazioni di
lettura/scrittura. Tali magazzini sono usualmente quelli a matrice.
Il tempo dedicato alle operazioni per preparare l’utensile successivo viene detto tempo mascherato poiché
avviene durante la fase produttiva e quindi non la influenza. Bisogna fare in modo che il tempo mascherato sia
totalmente incluso nel tempo di lavorazione, è quindi importante il modo col quale vado a posizionare i pezzi al
magazzino.

Tipologia di meccanismo di scambio


Scambio diretto (senza braccio di scambio)
E’ una fresatrice orizzontale, il verde vi è il
braccio del mandrino, a sx ho il magazzino
a disco (sfilamento in direzione radiale con
parte terminale accessibile). Terminata la
rotazione, il magazzino effettua la
rotazione e si porta in posizione di
scambio nella postazione vuota, poiché
quando si attiva lo scambio, essendo il
mandrino che si muove verso il
magazzino, vi è un movimento relativo, il
mandrino si sposta radialmente e inserisce
l’utensile nello spazio vuoto del
magazzino, posizionandolo in
corrispondenza delle due flange.
A sx ho il mandrino che si sposta verso il magazzino
e inserisce l’utensile nello slot, però il portautensile
è ancora all’interno del mandrino, si attiva il
meccanismo di sblocco (aria compressa), sollevo
soltanto il mandrino e l’utensile rimane sul
magazzino, è importante per liberare la parte
troncoconica del portautensile. A questo punto il
magazzino è libero di ruotare che porta in posizione
di scambio il successivo.

• Movimento radiale verso il magazzino


• Sblocco del mandrino
• Traslazione in senso assiale per liberare
l’utensile
• Rotazione del magazzino
• Discesa assiale per impegnare
• Blocco del mandrino
• Traslazione radiale per portarsi via l’utensile dal magazzino
Tale tipologia è possibile solo col magazzino al disco, essendo solo qui accessibile la parte troncoconica; se fosse
stata a tamburo la parte troncoconica è coperta il mandrino non ci può arrivare, nel magazzino a tamburo non
può mai essere lo scambio diretto.
Figura 16 Momenti dello scambio: la prima si vede il magazzino nella posizone dello scambio cioè stazione libera; il mandrino si solleva e colloca l'utensile nello slot
del magazzino

Figura 17 Magazzino a Disco (abbastanza piccolo) essendo la parte superiore del portautensile accessibile. Il portautensile è di tipo HKS essendo
tozzo e cilindro. La testa (parte grigia ampia) è orientabile, può essere anche inclinata rispetto all’asse orizzontale, per avere il quarto asse posizionato

Braccio di scambio
E’ un dispositivo automatico che consente di prender contemporaneamente un utensile sul mandrino e sul
magazzino e scambiarlo, è una piastra con due ganci laterali, vi è una piastra che può ruotare in un asse
perpendicolare alla piastra e alle due estremità vi sono due ganci per afferrare il portautensile tra le due flange.
Vi sono due dimostrativi. Uno sulla sx va a velocità più ridotta, sulla dx farà vedere le massime velocità raggiungibili.
Vedi video.
1. Sbloccaggio gruppo
2. Rotazione 90° del braccio
3. Traslazione assiale
4. Rotazione 180° al contrario
5. Traslazione assiale
6. Bloccaggio gruppo utensile

Utensile con asse parallelo al mandrino in fase di scambio

Figura 18 Il magazzino ibrido cioè torretta con rotazione dell’utensile per riportare in condizione parallela per far intervenire il braccio di scambio (a sx).

Figura 19 Magazzino a catena. In viola il braccio, il blu gli utensili che prima di essere prelevati dal braccio utensile, ruotano di 90°
Braccio di scambio a 45° con sfilamento radiale

Si adotta quando gli assi tra utensile e magazzino sono a 90°, serve per evitare di ruotare l’utensile. Il braccio
possiede sempre due movimenti: rotazione e traslazione, è detto braccio rototraslante. In questo caso ho un
montante con un mandrino orizzontale. Dall’altro lato ho un magazzino a catena. La guida è posta lateralmente, il
braccio può traslare secondo l’asse del mandrino in modo da sfilare l’utensile, la catena deve permetter all’utensile
di sfilarsi radialmente, la traslazione ser per sfilare gli utensili, la rotazione avviene su un asse inclinato di 45 gradi
rispetto alla guida, ruoto quindi l’utensile di 90°, disponendosi lungo l’asse z.

Braccio di scambio e stazione di parcheggio


Se gli utensili sono disposti lontano dal mandrino, si
utilizzano altre metodologie, si utilizza un magazzino a
catena dietro la macchina, ma ho delle celle che possono
essere portate via dal magazzino, gli utensili sono inseriti
in celle che possono essere estratte dal magazzino.
Vi è uno slot (cerchiato in rosso) del magazzino senza la
cella perché la cella viene trasferita su un binario in una
zona vicina al mandrino, raggiungibile dal braccio di
scambio. Ho due soluzioni, o movimento il braccio di
scambio o il mandrino, non vi è una soluzione unica.

Figura 20 In verde il mandrino, il azzurro il magazzino a catena.


Tempo di cambio utensile
Essendo le macchine evolute negli anni, avanzo con alte velocità di taglio e rotazioni elevate, quindi:
Esempio:
Considero due macchine, A e B. Prendo per esempio una piastra e di dover fare quattro fori di diametro di 20 mm,
però il percorso è di 25 mm per far fuoriuscire la parte conica. Noto che l’avanzamento è legata alla punta, non
alla macchina, quindi è per entrambi 0,05 (mm/giro). La velocità di avanzamento 𝑎 ∗ 𝑛 è legata quindi a n, e
varieranno. 𝑡1 è il tempo di esecuzione dei fori, esso varia a seconda della macchina. 𝑡𝑖 sono i tempi improduttivi,
cioè i movimenti di rapido che variano. Per i tempi di cambio utensile suppongo di adottare lo stesso tipo di
scambio che avviene in 5,8 secondi, tale tempo va sommato per ottenere il tempo ciclo. Se rapporto il tempo di
cambio utensile sulla somma di tempo improduttivo e rapido(cioè quanto influiscono i tempi di cambio utensile),
ottengo che per A corrisponde 16%, in B 69% (molto alto).

In giallo temmpo di taglio, rosso movimento in rapido, e


giallino tempo di cambio utensile. Il totale è il tempo ciclo.
Nel caso normale, è giusto che che il cambio utensile incida per
il 16% ma se aumento le prestazioni, le % che incidono
cambiano, essendo il tempo di taglio 50% e cambio utensile
40% (percentuale improponibile, troppo alto) questo vuol dire
che il sistema di scambio deve evolversi con la macchina. Lo
stesso sistema di scambio della macchina normale non è adatto
su quella ad alta efficienza. Vuol dire andare a rivedere i tempi
mascherati, allocazioni utensili, magazzino, sistemi di trasporto
etc.
Scambio tra pezzo grezzo e finito
Esistono due tipologie: Shuttle e tavola rotante

Tavola rotante
È integrata all’interno della macchina utensile.
La tavola rotante, è un grosso disco, diviso sul suo
diametro, vi è la paratia, una parte interna alla macchina
e una esterna ad essa. Sulla parte interna è montata il
pezzo in lavorazione. Quella esterna è accessibile
dall’operatore. Un operatore può portare il pezzo
successivo da lavorare, mentre la macchina lavora,
essendo la paratoia chiusa. Quando è finita la
lavorazione, la paratia si solelva, il disco ruota attorno
al proprio asse di180°, per scambiare, stesso discorso
per lo smontaggio.
Mentre la macchina sta lavorando si possono ridurre i
tempi di scarico e carico.

Shuttle
Può ruotare intorno all’asse verticale (180° e scambiare i pezzi) ma
esso può anche traslare, di solito non è un componente integrato alla
macchina utensile, sono due attrezzature separate, è esterna.
Sullo shuttle sono posizionati due gruppi che possono scorre su
apposite guide che rappresentano la tavola portapezzo, è come se la
tavola è divisa in due parti, una presenta sistemi per la
movimentazione di un pallet che carica il pezzo, viene fatto scorrere
sulla tavola che arriva in posizione e viene bloccato. Dall’altra parte vi
sono due sedi configurate esattamente allo stesso modo.
A sx ho il pallet montato, esternamente a dx, vi
è uno shuttle con postazione vuota e una libera
sulla quale può essere caricato il grezzo
successivo. Appena finisce la lavorazione si
apre la finestra della macchina utensile per
rendere accessibile il volume di lavoro, si attiva
il meccanico di traslazione e il pallet viene
spostato sullo shuttle, sgancio, movimento, e
quindi sulla sx (dell’immagine a dx) ho il pezzo
finito e a dx ho il pallet col pezzo grezzo, attivo
la rotazione di 180° e scambio di posizione e poi
si riesegue la traslazione portando il pallet
grezzo all’interno della macchina, si attivano i
sistemi di blocco, si chiudela finestra e si parte con la lavorazione successiva.
Il vantaggio di tale sistema è che è esterno alla macchina utensile quindi posso movimentare il sistema con rotaie
o sistemi a pavimentazione, in modo tale che si possa spostare da una stazione di lavoro all’altra
Gli azionamenti
Per azionamento si intende un sistema atto a realizzare un movimento lineare o rotativo. L’azionamento
comprende sia il motore (attuatore) che il suo sistema di comando e controllo.
Si possono classificare come segue:

I motori utilizzati sono: Per gli assi lineari prima erano non devono sostenere delle
a CC con magnete permanente, forze elevate) su cui si possono
Per la rotazione del mandrino ora con l’evoluzione dei motori trovare motori passo-passo.
in passato si utilizzavano quelli a Brushless (più compatti,
CC, ma ora si utilizzano motori rapporto potenza/peso elevata) Per assi circolari sono richieste
con Inverter, quindi a corrente con magnete permanente sono rotazioni discrete, contenute,
alternata a frequenza variabile. più utilizzati. non sono necessarie alte
prestazioni quindi motori a CC.
Esistono anche macchine più
semplici (plotter o macchine che

Mandrino
È una configurazione standard a non
alte prestazioni (7000 rpm, cioè che
montano il classico cono ISO),
montano il motore con asse // al
mandrino, non coassiale, poi vi è il
collegamento motore mandrino che
può essere puleggia/cinghia. La
cinghia è comoda perché smorza le
vibrazioni però non permette di fare
cambi (si passa ai treni di ingranaggi
per il cambio). Non è possibile
metterli in asse essendoci problemi di
ingombro ed il fatto che ci sia un
collegamento di trasmissione del
moto di questo tipo limita la massima
velocità raggiungibile.
Collegamento col motore in asse rispetto al mandrino, al centro vi è
un giunto di collegamento. Trasmetto direttamente il moto quindi evito
le perdite (meccaniche legate a cinghia/ ingranaggio) però l’allineamento
tra asse motore/mandrino deve essere perfetto poiché si rischia di
incorrere in danneggiamenti/vibrazioni che si ripercuotono su mandrino
e motore (si tratta di motori costosi dovendo trasmettere potenze
elevate), dovrei fare sempre manutenzione.
È fondamentale quindi il giunto di collegamento, deve essere l’elemento che
resiste di meno in modo che sia esso che cede in caso di emergenza,
successivamente può essere cambiato senza problemi, l’anello debole
della catena deve essere il giunto.

Per macchine ad alta velocità, il motore si integra col mandrino, si parla


di elettro mandrini, posso andare ad alte velocità. Però vi sono problemi
legati ad attrito (si tende a scegliere cuscinetti ad aria), si scaldano molto
quindi richiedono un sistema di raffreddamento potente.

Al mandrino si richiede, o meglio i parametri in gioco per la scelta del mandrino sono:
• elevata rigidezza statica torsionale
• Compattezza: il motore deve essere compatto e leggero perché va collocato sulla testa operatrice, sono
pesi aggiuntivi da movimentare, oltre a diventare ingombrante.
• Potenza elevata

• Elevata rigidezza dinamica e smorzamento


• Alta capacità di carico: devo porre in azione il mandrino che deve poter andare a velocità elevate e
sopportare coppie elevate (come sgrossature, spianature) quindi devo avere un range di velocità elevato
• Elevata resistenza all’usura
• Ampio range di velocità: Il campo di velocità a amassimo potenza deve essere il più ampio possibile.

Prima del 2000 si sceglievano motori a CC, poi però i sistemi di controllo si sono perfezionati, si è passati alla
corrente alternata.
Motore DC (corrente continua)
Ad eccitazione indipendente (avvolgimenti sia sul rotore che
statore), non sono più utilizzati sulle macchine a CN.

Ho una doppia regolazione sia sulla corrente di eccitazione che sulla


tensione di alimentazione, una per variare il flusso e una per regolare
sulla velocità.
Sulla tensione di eccitazione o alimentazione, fa sì che il diagramma
di alimentazione vi è un diagramma che lavora a coppia costante e
uno a potenza costante:

Nella prima parte si lavora a coppia costante, nel secondo tratto a potenza costante.
1
𝑛∗ = 𝑛𝑚𝑎𝑥 rappresenta un buon compromesso tra la dinamica del motore ed il suo ingombro. Il massimo della
3
coppia ce l’ho alla velocità di regime.
Nei classici motori a CC, il motore per la macchina utensile a CC, aveva una velocità di cambio che si trovava a
1/3 della velocità massima, derivante dalle caratteristiche costruttive e ingombri; per far avere un buon rendimento
quindi 1/3 del range di velocità lavora a coppia costante e 2/3 a potenza costante.

Posso lavorare sui rapporti di trasmissione tra motore e mandrino: se ho un motore con asse parallelo al mandrino
ed al centro collego con ingranaggi (no cinghia) posso utilizzare coppie di ingranaggi con 𝜏 diversi.
Funzionamento (in riferimento al grafico sorastante): Prima vado in ridotta, cioè utilizzo il rapporto 𝜏 = 1/𝑘,
il motore viaggia da 0 alla velocità massima, ma quello che vede al mandino sarà tutto /K (essendoci il rapporto di
trasmissione) quindi il mandrino vede una velocità di rotazione 𝑛𝑚𝑎𝑛 = 𝑛𝑛𝑜𝑚 /𝐾. Nel secondo tratto (dopo la
linea arancione) a potenza costante il mandrino andrà alla velocità massima del motore/K cioè 𝑛𝑚𝑎𝑛 = 𝑛𝑚𝑎𝑥 /𝐾.
Nel momento in cui arrivo alla velocità massima, cambio marcia, il motore deve quindi immediatamente decelerare
perché si deve portare alla velocità 𝑛𝑚𝑎𝑥 /𝐾. Avviene lo scambio, cambio marcia, passo a 1/1, il motore si porta
alla velocità del mandrino e poi continuo la regolazione del motore sempre a potenza costante.
Così facendo ampio il range di velocità a potenza massima cioè quello che mi interessa al mandrino: se prima lo
1
scambio tra coppia massima e potenza massima avveniva ad 3 𝑛𝑚𝑎𝑥 , utilizzando treni di ingranaggi estendo il tratto
a potenza costante.

Motore a corrente alternata

All’inizio non andavano bene poiché appena azionati, tali motori vanno a velocità di rotazione fissa (che dipendeva
dalla frequenza presa dalla rete /il n° di coppie polari), quindi devo utilizzare un treno di ruote dentate. Questo si
fa sulle macchine tradizionali. Non mi consente di fare delle variazioni continue della velocità di taglio,
oltretutto tali motori andavano a basse velocità (il n° di coppie polari non può andare al di sotto di 1 ovviamente,
se ho una frequenza di 50 Hz, ottengo delle velocità di 1500 rpm) quindi non va bene per le applicazioni a CN.
Si utilizza l’inverter per ovviare a tale problema collegato col motore a corrente alternata.
Tale dispositivo prende la corrente di rete alternata, la “raddrizza” cioè trasforma in corrente continua, poi la
modula per uscire nuovamente con una corrente alternata ma con frequenza variata da quella in ingresso. Posso
quindi mandare al motore una corrente alternata della frequenza desiderata, questa variazione di frequenza posso
farla anche in modo continuo e quindi variare la rotazione del motore in modo continuo, posso variare la velocità
di taglio anche in maniera continua. Tali motori sono ottimi al livello di prestazioni.
Ad esempio, per una lavorazione di tornitura, se devo fare una sfacciatura di un componente:

Il mandrino è collegato al pezzo tramite l’autocentrante, il pezzo è posto in rotazione con una velocità pari a N,
quanto vale la velocita di taglio?
𝜋𝑁𝐷
𝑉𝑡 = [𝑚/𝑚𝑖𝑛]
1000
Sto muovendo l’utensile verso l’asse, man mano che l’utensile avanza, il diametro cambia; se non posso regolare
N in modo continuo, la velocità di taglio pian piano diminuisce e poi si annulla, bisogna poter adattare N man
mano che cambia D, quando D si riduce devo aumentare N. La 𝑉𝑡 deve essere costante. In verde, nella zona vicino
all’asse, non potendo andare al numero di giri infinito, si blocca su un valore massimo e lo si tiene costante (a
Dmin). Questo è possibile farlo con il motore inverter.
Elettro mandrino
È più compatto e prestante che può andare alle massime velocità (30000-40000 rpm) con grossi problemi di
raffreddamento.

Hanno elevate accelerazioni (che vuol dire transitorio ridotto), quindi se ho alte accelerazioni vado a ridurre i
cambiamenti di velocità, tipicamente in questi momenti sto a contatto col pezzo, quindi le accelerazioni devono
essere elevate per poter ridurre al minimo i transitori e quindi la finitura del pezzo.

Presentano sempre un tratto a coppia e potenza costante.


Tali diagrammi servono per capire a che velocità posso andare con la macchina e tutti i parametri di funzionamento.
Dipende dai carichi applicati.
In tale grafico vi sono più curve, S1 e S6, con indicate potenza e coppia massima. I dati nominali si riferiscono ad
un servizio continuativo (la macchina inizia a lavorare, sente il carico, si porta a regime, sente sempre lo stesso
carico costante), ma la nostra macchina non lavora praticamente mai in tali condizioni, ho dei tempi di taglio in cui
il sistema sente il carico, ma ci sono altri momenti in cui non c’è il taglio (movimenti in rapido, cambio utensile,
tempi improduttivi), devo considerare un servizio periodico con carico intermittente (S6, si alternano
periodicamente momenti in cui è applicato il carico ad altri momenti in cui il mandrino è scarico), Si valuta Il
rapporto di intermittenza:
𝑡𝑠
𝑡𝑠 + 𝑡𝑝
Se ad esempio è del 40% il limite di potenza non è più 21kW ma 45 kW, in termini di coppia massima è circa
raddoppiata; questo perché quando lavoro vado a considerare le potenze medie, fanno riferimento al
funzionamento nel tempo, i valori di picco possono essere più alti. Vuol dire che quando vado a scegliere il motore
devo tener conto quindi anche per quanto tempo sono nelle condizioni nominali.

Moto-mandrino (brushless AC)

Moto degli assi lineari


Nelle macchine utensili a CNC la traslazione degli assi avviene, di
norma, per mezzo di due elementi: il servomotore rotativo collegato
alla vite a ricircolo di sfere.
Caratteristiche generali:
• L’azionamento di ciascun asse deve essere controllato
separatamente dagli altri per realizzare geometrie complesse,

• Variazioni di velocità progressive anche a bassi regimi di


rotazione: andiamo a regolare le velocità di avanzamento,
lavoreremo in zone che sono vicine a velocità nulla,

• Velocità di rapido comprese tra 10 e 15 m/sec poiché sono tempi improduttivi,

• Coppia nominale compresa tra 5 e 100 Nm: si vedono i movimenti di avanzamento del pezzo o testa
operatrice, le azioni resistenti che sente il motore sono le forze assiali, non ho coppie elevatissime

• Correnti di spunto o frenatura sino a 10 volte la corrente nominale: accelerazioni elevate in pratica per il
discorso fatto prima,

• Costante di tempo compresa tra 5 e 50 msec: voglio un comportamento costante in coppia, sia ad alte che
a basse velocità
• devono essere compatti, per la movimentazione.

Servomotore in corrente continua


Genera un campo magnetico che non varia (costante), in particolare nel motore a CC, questo magnete è sulla parte
statorica, gli avvolgimenti in cui ho passaggio di corrente per avere la presenza della forza sono sulla parte rotorica.
Tale motore richiede i circuiti di eccitazione per realizzare i campi magnetici sullo statore, per cui ha un rendimento
più elevato, ed è più leggero.
Tale motore ha un difetto: per portare la corrente agli avvolgimenti di rotore bisogna utilizzare spazzole metalliche
che strisciano sui cavi per trasportare la corrente, tali spazzole si usurano e cominciano a creare archi elettrici
(problemi di manutenzione) inoltre ho ingombri e masse abbastanza elevate.

Motore Brushless

Sono motori senza spazzole, si porta il magnete permanente sulla parte rotorica, quindi avrò gli avvolgimenti sulla
parte statorica, non ho più quindi il problema del trasferire il moto degli avvolgimenti che stanno ruotando.
Il magnete permanente genera il campo magnetico, alimento gli avvolgimenti sulla parte statorica (legge di Lenz,
sento l’effetto del campo magnetico, si instaura una forza) che genera nel nostro caso una coppia che fa ruotare il
rotore.
Il magnete ruota, quindi la posizione dei poli cambia, devo variare l’alimentazione dei circuiti all’interno dello
statore cioè devo alimentare il blocco di cavi successivi per ottenere una forza coerente col verso di rotazione, vuol
dire che dovrò avere un sensore (ad effetto Hall, sono piccole lamelle che rilevano la presenza del campo
magnetico, al loro interno le cariche si distribuiscono, sentendo una variazione della distribuzione delle cariche
riescono a seguire la rotazione del campo magnetico e quindi seguono il rotore). Le frequenze con cui andrò a
commutare sono legate alla velocità di rotazione
Sono motori molto più compatti, minor ingombro, assenza di spazzole.

Confronto

Le coppie nominali scendono per il Brushless, però il vantaggio è che: è vero che col collettore ho coppia più
elevata ma questa coppia si esercita su range di velocità minori:

In termini di velocità di rotazione massima, senza spazzole triplico la velocità massima, quindi l’andamento della
coppia è praticamente costante col variare della velocità di rotazione.
Il momento di inerzia passa da 28 a 8, come anche l’ingombro e massa, quindi l’accelerazione teorica massima è
aumentata, quindi tale motore è molto utilizzato per le macchine utensili.
Brushless a corrente alternata
Si utilizza in macchine particolari. Quello a corrente continua, per il meccanismo di regolazione quando ho gli
avvolgimenti alimentati perfettamente in linea con l’asse del campo magnetico, ho il valore della forza massima,
poi mi sposto, nel momento in cui mi sposto, la coppia è leggermente diminuita, l’andamento della coppia è di tale
tipo:

Quando commuto si verifica una oscillazione detta ripple (è assolutamente trascurabile in molti casi), tale
discontinuità potrebbe risentirne la lavorazione (in macchine ad elevata precisione), bisogna risolvere passando
quindi ai brushlessa a CC, sono motori sincroni (non risentono del
carico applicato), in tale caso utilizzo corrente alternata su 3
avvolgimenti, la corrente è sfasata di 120° quindi abbiamo una
commutazione continua nel variare della rotazione, ho un
comportamento molto più uniforme però devo conoscere con molta
più accuratezza la posizione del rotore:
Devo però utilizzare degli encoder cioè trasduttori ottici molto
accurati, non posso più utilizzare gli Hall (aumentano i costi).

Servomotore Brushless (aspetto costruttivo)


Posso inserire nella posizione in
azzurro un encoder. Ho il trasduttore
esattamente dove si trova il motore
(trasduttore di posizione per il
controllo della macchina utensile)
all’interno della macchina utensile.
Tale encoder è utilizzato per
conoscere la posizione lineare degli
assi ma anche la rotazione effettiva
del motore trovandosi già sull’asse del
motore. I trasduttori devono
rimanere protetti e il più isolati
possibile, per questo anche è
posizionato li.

Motori passo-passo
I motori passo-passo sono motori sincroni la cui velocità di rotazione è regolata variando la frequenza degli impulsi
di comando (di corrente); ogni volta che il motore sente in ingresso un impulso ruota di un angolo prefissato. È
un motore semplice da andare a controllare poiché se voglio spostare di tot millimetri, corrisponde ad una
determinata rotazione e da un certo impulso mi deriva la rotazione di un certo angolo. Regolando la frequenza
degli impulsi riesco a regolare la velocità di rotazione.
• La coppia fornita decresce in modo sensibile con la velocità (100% per pochi passi alla volta, 60% per
1000 passi/sec, 25% per 4000 passi/sec…), non solo elevate tali coppie. Non potrò avere il
comportamento a coppia costante richiesto per le macchine a controllo numerico.

• Il tempo del singolo passo varia da 0,002 sec a 0,006 sec dai motori molto piccoli a quelli più grandi

• Con carico nullo possono raggiungere 20000 passi/sec.

• Se il motore è fermo e se viene mantenuta la corrente negli avvolgimenti nasce una coppia di ritenuta
elevata, prossima o superiore a quella nominale.

• Le accelerazioni a vuoto raggiungono da 200 a 1000 giri/sec2, molto elevate, bassi transitori.

• L’errore di posizionamento è al massimo ±3% nell’ambito del passo e non è un errore cumulativo (se vi
è un errore sul 1° impulso, e poi sul 2° non si sommano quindi ho alta precisione, viene utilizzato su
controllo ad anello aperto), è molto piccolo.

• Ho una frequenza massima di variazione degli impulsi, non posso lavorare a frequenza troppo elevata, il
motore non riesce a seguire, poi quell’errore non è più recuperabile, non ho un controllo.

Vite a ricircolo di sfere


Le viti a ricircolo di sfere sono impiegate
per l’elevato rendimento (superiore a 0.9
con inclinazione dell’elica compresa tra 6-
10 gradi)
Minimizzano il gioco esistente con la
madrevite.
Evitano il fenomeno dello stick-slip con
conseguente assenza di attrito statico
all’avviamento e di marcia irregolare nei movimenti rettilinei lenti.
Le viti sono temprate con sedi rettificate di elevata precisione

Figura 21 Confronto tra vite a sfera e vite trapezia


Si può aumentare di molto il rendimento del sistema, il motore potrà utilizzare tutta la sua coppia per la
movimentazione e non per vincere l’attrito.

In quello esterno le piste sono inclinate, le sfere ruotano in queste scanalature/piste, scorrono fino ad arrivare al
fondo, entrano in un canale presente nella chiocciola e tornano indietro. Le sfere percorrono tutta la lunghezza
della chiocciola, passano nel canale e tornano indietro.
In ricircolo interno i filetti sono paralleli, quando ho compiuto un giro si passano in un canale della chiocciola.

Arco gotico: creo quattro punti di contatto sulla essere ridotto. L’angolo di contatto avviene sulla
parete, non presenta problemi di gioco ma è molto direttrice a 45°.
difficile costruttivamente da realizzare essendo le sedi
temprate, dovrei utilizzare delle mole ad altissima
precisione, è complicato.
Arco circolare: La curvatura tra la sfera e il profilo
della pista deve essere diverso, sulla pista è maggiore
rispetto al raggio della sfera, fa si che si crei un gioco
in direzione assiale, non posso fare lo stesso diametro
altrimenti avrei attrito su tutta la sfera, tale gioco deve
Come risolvo il problema del gioco? Quando ruoto la vite in senso orario e la chiocciola trasla, quando inverto il
senso del moto, cambiano i punti di contatto della sfera.
Nel piccolo movimento della sfera nel senso opposto, la tavola è ferma, non si muove è un problema non è previsto
dal sistema di controllo, si adotta un sistema di recupero del gioco, non permettendo ai punti di contatto di
cambiare, si può fare un precarico sulla chiocciola.

Compressione (configurazione a O): In questo modo sto creando delle sollecitazioni sulla sfera, la sto caricando,
la sfera al seguito di tale carico non si deve usurare, non devo quindi superare il precarico di 1/3 del carico altrimenti
avrei un’usura precoce.

Trazione (configurazione a X): divido la chiocciola in due parti tendendo a distanziare le due parti delle chiocciole.

Esistono viti che non hanno i filetti equi spaziati, si può anche agire sulla vite e non sulla chiocciola.
Tutti gli elementi che vado a inserire devono avere elevata rigidezza, ma come si comporta la vite?
Quando le corse sono molto lunghe si rischia chela vite si infletta, quindi si supporta ad entrambe le estremità, ho
quindi due possibilità di montaggio.

𝑘1 indica la rigidezza della vite (variabile)


𝑘𝑠 della struttura (costante)
𝑘𝑚𝑣 della madrevite (costante)
A seconda della configurazione limiti la parte di vite considerata, il mio sistema in atto si chiude dove trovo la
madrevite, non mi interessa il tratto dopo la 𝑥 , sommo tutti i contributi a partire dal supporto fino alla posizione
della madrevite, ho tre contributi in serie.
La rigidezza del tratto di vite è funzione del rapporto tra il 𝑑2 e la lunghezza, variabile a seconda della posizione,
quindi indicata con x. All’aumentare di 𝑥 la rigidezza va a diminuire ovviamente.
Per assi molto lunghi vuol dire che dovrò avere diametri molto lunghi.
Posso vincolare anche l’altra estremità: ho i cuscinetti sia a destra che a sinistra

𝐼 𝑘𝑠 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑖𝑛 𝑝𝑎𝑟𝑎𝑙𝑙𝑒𝑙𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑖 𝐾1 𝑒 𝐾2


Ho per la cura rossa un andamento perfettamente simmetrico, ho un valore più alto poiché sommo i 𝐾𝑖 𝑐ℎ𝑒 è ≠
0

Montaggio

Sistema con slitta e tavola movimentati. In azzurro la chiocciola, in arancione vi è il motore.


Gli assi non solo allineati quindi l’albero del motore non è collegato sull’albero di rotazione della vite, vi è un
ingranaggio per poter svincolare i due sistemi essendo la vite collegata alla tavola dove vi è il pezzo in lavorazione.
Sul pezzo vi sono delle forze assiali, tutte le forze assiali si scaricano sul motore, ad esempio se ho un urto col
pezzo, l’utensile entra in rapido sul pezzo, ho salvato tutta la parte del mandrino, spacco l’utensile. Su tutto il
sistema, tutto ciò che è verticale si scarica sulle guide, la restante parte su tutto il resto, con tale sistema non vado
a scaricare sul motore, non ho problemi di carichi assiali.

Vite a ricircolo di sfere


Tali corpi essendo snelli, presentano una velocità critica oltre la quale non può essere messa in rotazione, la vite
non riesce più ad essere perfettamente allineata sul suo asse su tutta la lunghezza (velocità critica flessionale
dell’elemento) che dipende dalla snellezza (geometria della vite) e un 𝛽 che varia dalla condizione di vincolo (in
tabella), oltre tale velocità limite, il sistema non è stabile.
Vi è dipendenza anche dal tipo di cuscinetto utilizzato, se sopporta carichi assiali e/o radiali.

Motori per tavole girevoli


Il moto alla tavola girevole viene quasi sempre effettuato con una vite senza fine che si impegna in una corona
dentata con diametro prossimo alla tavola girevole. La vite è azionata da un motore DC.

Motore lineare
Poso generare direttamente il moto lineare, non passare per un motore rotativo.
L’idea è quella di partire dal brushless (avvolgimenti sulla parte statorica e magnete permanente sul rotore), lo
svolgo e ottengo:

Agisco sull’alimentazione degli avvolgimenti per comandare il movimento, non c’è contatto tra parte fissa e parte
mobile, c’è traferro Ho due configurazioni:
• Magneti sulla parte strutturale, induttore lungo.
Magneti sulla parte, induttore corto.
La parte fissa deve svilupparsi lungo tutta la corsa, devo utilizzare dei magneti su tutta la corsa, essendo i magneti
costosissimi, devo riuscire a posizionare tutti i magneti in modo da avere lo stesso livello di z.
Sulla parte fissa ho tutta al serie di avvolgimenti.

Vantaggi e limiti del motore lineare


✓ Alta velocità (sino a 240 𝑚/𝑚𝑖𝑛)
✓ Alta accelerazione (sino a 300 𝑚/𝑠 2) impossibili da raggiungere con le viti a ricircolo di sfere
✓ Alta precisione sia su alte che basse velocità
✓ Migliore efficienza
✓ Elevata rigidezza
 Basso rendimento
 Smaltimento del calore: abbiamo il problema del campo magnetico che non si chiude su sé stesso, ho un
campo magnetico esterno, necessito un sistema di raffreddamento, ho quindi delle perdite e quindi avrò
rendimenti 𝜂 non elevati. Dovrò sovradimensionare il motore rispetto al necessario
 Moto retrogrado
 Forza normale elevate sviluppate dal fatto che il campo magnetico non si chiude, vanno tra il magnete e
l’avvolgimento, che si scarica sulle guide, non posso utilizzare delle guide a rotolamento, si passa ai rulli
oppure alla turcite B, oppure la guida idrostatica (carico autoadattante)
Potrei mettere anche i magneti in verticale e mettere i magneti a destra e sinistra per avere due forze che
si vanno a bilanciare, e configurazione con induttore lungo, è molto costosa

 Protezioni più delicate, è un motore con campo magnetico, sotto l’asse, quindi se lavoro dell’acciaio, i
trucioli vengono attirati dal campo magnetico e quindi andranno verso il motore
 Costi elevati
 Riprogettazione della macchina utensile per ospitare il motore lineare

Confronto
Noto che:
• Raddoppio l’accelerazione del sistema
• La corsa corrisponde con la corsa utile
DDE: “Quali sono i motori che si utilizzano sugli
assi lineari?”
Si utilizzano tali motori perché i requisiti sono questi
e li soddisfo in questo modo.

So che un asse si è spostato di 10 mm, per sapere che sono a quota 100, devo sapere che prima ero a quota 90.
Nell’ambito dei trasduttori vi sono andamenti dei segnali in cui nell’ambito di un passo (grandezza definita) il
segnale è assoluto (analogico), la curva relaziona in modo continuo e in maniera biunivoca il segnale con il valore
della grandezza.
Spesso, il segnale si ri-azzera, riparte da capo, bisogna quindi conteggiare i passi e per ogni passo l’andamento è di
tipo assoluto, per questo si dice incrementalmente assoluto all’interno di un ciclo, ad esempio se utilizzo un trasduttore
montato sull’asse del motore (analogico assoluto) misura soltanto la rotazione su 360°, una volta compiuti i 360°
devo contare un giro e ricontare i 360°, quindi diventa un trasduttore di tipo incrementalmente assoluto, cioè è
preciso, continuo e univoco nell’ambito del giro , ma devo conteggiare i giri.
Un trasduttore di tipo digitale presenta una scala con molte bande, è un sistema ottico, riesco a veder il segnale nel
passare da una banda all’altra, la distanza tra esse è la risoluzione, conto quante bande ho di passaggio e riesco a
valutare di quanto mi sono spostato, c’è una scala, sensore e contatore che conta gli impulsi (passaggio delle bande)
e calcola l’incremento che sarà poi sottratto/aggiunto dalla memoria per capire la posizione attuale.
I trasduttori incrementali digitali sono stati sviluppati per poter diventare di tipo assoluto, utilizzando tante bande
(non solo una scala) allineate con suddivisioni diverse in modo tale che per ogni azione individuale riesco a
individuare una sequenza unica. Per ogni possibile posizione ho un unico codice che me la rappresenta, per tutti i
possibili angoli di rotazione, supposto di avere 2500 suddivisioni dell’angolo giro, per ognuna di questa
suddivisione, ho un preciso codice.

Il trasduttore digitale è preferibile per le applicazioni di macchine a controllo numerico, essendo il suo output
già interfacciabile col computer, altrimenti dovrei effettuare una conversione da analogico a digitale.
Valutazione tra trasduttori incrementali e assoluti:
Per trasduttori incrementali, il meccanismo di funzionamento è il seguente: faccio dei conteggi, valuto l’incremento
(di posizione) poi per conoscere la posizione finale devo conoscere quella precedente, quindi devo avere un unita
di controllo che tenga conto della posizione attuale dell’asse aggiornata di continuo; a volte però può capitare che
la memoria si azzera, perdo l’informazione (ad esempio quando spengo la macchina), se gli assi non sono stati
portati sulla posizione di 0, ma su una posizione casuale sulla lunghezza dell’asse, quando accendo la macchina, il
valore che leggo non è coerente con la realtà devo fare quindi l’azzeramento degli assi per tutti gli assi, un asse
alla volta, questo richiede tempo (alcuni minuti in cui gli assi si muovono lentamente, non in rapido, altrimenti non
avrei una misura precisa). Tale processo si fa in un ambiente di produzione, soltanto perché ho perso il riferimento
degli 0, se ho levata produttività, non va bene! Servirebbero dei trasduttori assoluti (legame biunivoco), ma i
trasduttori digitai sono tipicamente incrementali, devo aggiornarli ad assoluti.
Esiste un’altra classificazione:

• Diretti: misuro direttamente la grandezza che voglio andare a d identificare, ad esempio lo spostamento
dell’organo mobile della tavola o della testa.
È sicuramente più preciso (se ci sono delle imprecisioni magari sulla vite, che poi mi porterò dietro), però
devo mettere il trasduttore in una zona in cui produco truciolo, vi è il lubrorefrigerante, è comunque un
rischio per il mio sensore, poiché esso deve essere protetto.

• Indiretti: misuro un altro organo della macchina utensile, ad esempio la rotazione dell’albero motore
(essendo collegato con la vite a ricircolo con la slitta, per ogni rotazione di 360 gradi della vite, la tavola si
sposta di una misura lineare ben precisa, passo).
Posso però spostare la sua posizione, lo posiziono sull’albero motore, il questo modo il sensore è protetto,
è in una camera a tenuta stagna

A meno che non ho rettificatrici (devo controllare spostamenti micrometrici) utilizzo sensori di tipo indiretto per
la loro praticità di montaggio.
I più utilizzati sono:

• Encoder, di tipo digitale incrementale, per macchine ad alte prestazioni si utilizzano però di tipo assoluto,
indiretto
• Riga ottica, di tipo digitale, incrementale, è di tipo diretto.
• Resolver: di tipo analogico, indiretto, misura la rotazione dell’organo rotante, motore o vite a ricircolo.
• Inductosyn: analogico diretto
• Laser (interferometro): più per operazioni di taratura, di alta precisione.
Questo per macchine a CN, per altri ambiti ad esempio aeronautici si utilizzano di più i resolver.

Righe ottiche
Gli elementi allungati a destra, vi sono le righe ottiche, in viola è lo slider, collegata all’elemento fisso (guida). Gli
encoder sono elementi rotativi, (in verde). La riga ottica può funzionare in luce:

• Trasmessa: ho una sorgente luminosa (LED in alto a sinistra), essa deve essere “collimata” cioè resa un
fascio perfettamente cilindrico quindi si interpone una lente, poi passa attraverso il regolo (filtra la luce) e
passa attraverso la scala (bande) opache e trasparenti, le fotocellule sentono l’entità luminosa che emettono
un segnale elettrico, sarà elaborato e servirà a dare l’informazione sulla posizione.

• Riflessa: è solo per la riga ottica, non per l’encoder rotativo; tutta la parte di scansione è dallo stesso lato
rispetto alla riga, essa non è più quindi costituita da elementi opachi trasparenti, ma da elementi riflettenti
o assorbenti (della luce). Abbiamo sempre il LED, lente che va a focalizzare il fascio, passo nel regolo (di
scansione) arrivo sulla scala, viene riflessa e arriva sulla fotocellula, è da un solo lato rispetto alla scala,
questo ci consente di avere lo scatolotto da un solo lato della scala.
Per capire come funziona parto dall’quantizer:

Non ha il regolo, è un disco di 75 mm di diametro con 50 bande opache e 50 trasparenti, vuol dire che per ogni
360 rotazione del disco avrò 50 impulsi, ho la sorgente, il diffusore, il disco e le fotocellule (ft).
Suppongo che la scala sia fissa e che sia la sorgente a muoversi, in realtà è il contrario. la
La sorgente luminosa è rappresentata col pallino rosso, la parte rettangolare è la scala, in grigio le bande opache,
in bianco la parte trasparente.
1. Posizione A: la fotocellula non vede luce, essendoci la banda opaca, la fotocellula è piazzata dall’altra parte
della scala, quindi emette un segnale in corrente nullo.
2. Posizione B: appena avviene la rotazione (in questo caso abbiamo semplificato la cosa dicendo che si muove
la sorgente luminosa) comincia il passaggio della luce, quindi vedo una salita del segnale, man mano che
la scala si sposta l’intensità luminosa cresce, sempre una maggior parte del fascio sente la fotocellula.
3. Posizione C: sorgente luminosa si sposta, arrivo al valore massimo C, la fotocellula è allineata con la banda
trasparente
4. Posizione D: continuando la rotazione la banda opaca si va a sovrapporre al fascio luminoso ed il segnale
torna a 0.
Vedo quindi in uscita dal trasduttore, è una sinusoide che oscilla tra un minimo (pari a 0) e un massimo. Questo
segnale sinusoidale viene elaborato per ottenere delle onde quadre, in verde, ci consente di trasformare in bit (1 o
0).
Posso ancora derivare il segnale (avere dei picchi per ogni fronte di salita, in verde) per ottenere delle onde quadre:
Parto dalla sinusoide, creo l’onda quadra, ne faccio
la derivata e ottengo dei segnali, dei picchi per ogni
fronte di risalita, mi consente conteggiare, ogni
picco corrisponde al passo della scala (distanza tra
due bande opache successive), ogni volta che vedo
un picco, ho fatto quello spostamento che
corrisponde ad un angolo predefinito
(360°/numero di suddivisioni).
Impulso → Rotazione definita → Rotazione
compiuta dall’elemento a cui è collegato
l’encoder.
NOTA: Lo stesso segnale ce l’ho sia cha la
rotazione sia oraria che antioraria (è importante
poiché devo capire se mi muove nel senso positivo o negativo dell’asse), dal punto di vista del segnale è indifferente.
Per capire si aggiunge una seconda fotocellula (𝐹2 ) che emette un segnale sfasato di ¼ di passo rispetto alla
fotocellula 𝐹1 :
La distanza tra due fotocellule è pari a ¼ del passo:

Il segnale 𝐹2 se è in ritardo rispetto a 𝐹1 (di ¼ poiché imposto da noi) allora è di tipo antiorario (Counter Clock
Wise), viceversa il contrario.

Analizzo lo schema a sinistra: 𝐹1 è passata dalla zona trasparente alla zona opaca, il segnale da 1 passa a 0, 𝐹2 passa
dalal zona opaca alla trasparente, trovandosi sulla zona opaca, si sta di nuovo ricomprende, c’è stato un fronte di
salita, poi discesa, vuol dire che 𝐹2 è in ritardo rispetto a 𝐹1 .
Con tale configurazione, andando a confrontare i segnali delle due fotocellule, se quindi:

• Segnali in ritardo: sottraggo il valore degli incrementi, rotazione antioraria, l’impulso 𝑑𝐹2 = 𝐹1 = 1
• Segnali in anticipo: sommo il valore dell’incremento, rotazione oraria ̅̅̅̅̅
𝑑𝐹2 = 𝐹1 = 1
Nel quantizer (75 mm di diamentro del disco, 50 suddivisioni, due fotocellule) soffro però di un problema di
risoluzione dell’asse poiché avendo 50 suddivisioni, posso associare un angolo solamente di 360°/50, è
abbastanza grossolano, posso impostare un passo di 5-10 mm, supposto 5mm, conto 50 impulsi, collego il
quantizer sulla vite, ottengo che il minimo spostamento rilevabile è 5/50= 0,01 mm quindi ho 1 decimo di mm,
non è sufficiente per una macchina a CC.
Posso mettere un rapporto di trasmissione per far si che ad ogni giro del quantizer corrispondono meno giri della
vite, introduco quindi un rapporto di trasmissione: la precisione sarà
0,1
𝑠𝑢𝑝𝑝𝑜𝑠𝑡𝑜 𝜏 = 5 𝑎𝑣𝑟ò 0,02 𝑚𝑚
𝜏
Ma non basta comunque, sono al decimo di millimetro, poi non posso introdurre 𝜏 troppo elevati, ho quindi dei
grossi limiti.
Le suddivisioni sono massimo 50 poiché dipende dall’emettitore di luce, essa deve essere completamente bloccata
dalla banda opaca, ma se il mio led ha una dimensione finita, la banda deve essere delle stesse dimensioni del fascio
di luce, se ho tante bande con una luce grande, la fotocellula non riesce a capire se non c’è o c’è luce.
Tale limite è superato con l’encoder, aggiungo quindi il regolo per svincolare la dimensione delle bande da quella
dell’emettitore di luce, faccio passare la luce soltanto nel
tratto di luce voluto (pari all’ampiezza della banda)
svincolo la dimensione della scala dall’ampiezza
della luce quindi posso aumentare le suddivisioni
arrivando anche a 36′000. Miglioro notevolmente la
risoluzione del mio sistema.
Interpongo quindi il regolo che rende netto il passaggio
tra tratto opaco e chiaro, ma ho anche un’altra
innovazione: posso aumentare il n° di fotocellule, il
quantizer ne utilizza 2, l’encoder lavora con coppie di
fotocellule, una mi riconosce e conteggia le bande, l’altra
mi riconosce il verso di rotazione, se ne aggiunge un'altra
per leggere il riferimento di 0, è una pista che ha una sola
zona trasparente su 360 gradi quindi ogni giro ho un impulso che viene utilizzano successivamente per
l’azzeramento dell’asse.
Nella foto in alto è in verde.
Si utilizzano 4 coppie di fotocellule, sfasate tutte di ¼ di passo (0°,90°,180°,270°), emettono segnali tutti
sinusoidale, per facilitare la lavorazione del segnale perché il segnale essendo una sinusoide è sempre sopra lo 0
(massimo a 1), poi la squadro (prendendo un valore di soglia), devo ricavare tale valore che discrimina quello che
è0 o che è 1 sull’oda quadra.
Se invece prendo due segnali sfasati di 180 gradi e en faccio la differenza, ottengo sempre una sinusoide ma a valor
medio nullo, quindi se il segnale è positivo è 1, se negativo è 0, mi facilita la lettura. Lavoro quindi in coppia con
0-180° e 90-270°, avrò due onde sinusoidali a valor medio nullo sfasate di ¼ di passo, non avrò bisogno di settare
nessun valore soglia.

Esempio sulla risoluzione dell’asse

Numero di suddivisioni → impulsi/giro. Tale encoder è applicabile a macchine a controllo numerico.


NOTA: l’asse se si muove con velocità elevate (movimenti dell’asse in rapido), l’encoder deve seguire il
movimento, cioè riconoscere il passaggio delle bande opache e trasparenti, leggendo con una frequenza che sia
compatibile/comparabile con la frequenza che corrisponde alla velocità dell’asse.
Considerando lo stesso esempio di prima, qual è la massima velocità a cui potrà ruotare l’encoder se voglio riuscire
a leggere correttamente il segnale?
Se moltiplico la rotazione per il passo della vite, è la massima velocità lineare dell’asse, quindi la frequenza di lettura
dell’encoder vincola la velocità di movimentazione dell’asse, perdo il feedback dalla macchina quindi non solo devo
avere risoluzione elevata, ma anche la frequenza. Ad esempio, se ho un asse che si può muovere a 60 m/min devo
collocare un encoder che mi consenta di recepire quella velocità.

Azzeramento
L’encoder descritto è ottico digitale incrementale, cioè valuta l’incremento di rotazione e quindi spostamento
lineare dell’asse, ma devo conoscere la posizione precedente per poter conoscere la posizione attuale, quindi
quando perdo l’informazione precedente, devo poter riportare gli assi a 0 per poter riprendere la lettura.
Funzionamento: Accendo la macchina, non conosco la posizione dell’asse, avvio l’azzeramento dell’asse cioè l’unita
di governo dice al motore di ruotare in verso negativo (dove ci sarà lo 0) ma non conosco la posizione in cui si
trova l’asse. Per capire quando l’asse si avvicina allo 0, c’è un dispositivo, il micro che è montato sulla tavola,
quando essa si sposta verso lo 0 incontra una camma situata sulla parte fissa, che va a chiudere il micro, ottengo in
uscita un segnale elettrico che arriva all’unità di governo, quindi so che la tavola si trova dove sta la camma nel
momento in cui ricevo il segnale, essa è posizionata ad una distanza dallo 0 pari al passo della vite (molto vicina
allo 0). La velocità di movimento è lenta (se sono vicino all’asse non posso muovermi in rapido).
L’unità di governo comprende quindi che la tavola si è portata ad un passo di distanza dalla posizone di 0, e ordina

all’azionamento di rallentare, riducendo la velocità dell’asse poiché l’alsse si dovrà fermare esattamente sullo 0, ma
l’asse ha comunque un inerzia importante, devo quindi andare molto molto lentamente, in modo tale che appena
do il comando l’asse si fermi senza andare oltre a causa della sua inerzia. Quando oltrepasso il micro, avrò un nuovo
segnale elettrico poiché si riapre, interpretato dall’unità di governo che capisce che ci troviamo vicino allo 0 quindi
rallento ancora portandomi alla velocità minima.
L’unità di governo comincia d attivare la lettura della 5° fotocellula, quando ho superato la camma, sono vicino
allo 0, aspetto la lettura dello 0 cioè quando la 5° fotocellula si allinea perfettametne alla banda trasparente; quando
la fotocellula emette il segnale poiché si è allineata, l’unità di governo ordina all’asse di fermarsi, e così l’asse si è
fermata sullo 0.
Tale soluzione che utilizza la 5° fotocellula, si adotta poiché è precisa (dipendente dalla precisionedell’encoder) e
ripetibile.

Encoder lineare o riga ottica

Utilizza lo stesso principio, ho una riga lunga tipicamente quanto l’asse (o più righe in sequenza), la scala è messa
sulla parte fissa della guida, mentre la testa di scansione sulla parte mobile.
Abbiamo detto che può funzionare su luce ottica riflessa che trasmessa.
In blu ho la scala, in verde la testa di espansione, collegata alla parte mobile. Per consentire il passaggio della luce
sulla scala, deve essere messa in orizzontale a sbalzo (collegata soltanto con l’estremità), quindi la scala in blu
fuoriesce rispetto la struttura della guida. La parte ottica è tenuta in una testa isolata, ma la scala è completamente
esposta, è un problema poiché si vi è il lubrorefrigerante copre, otterrò un segnale “sporco” che mi danno problemi
nella lettura del segnale. mi danno problemi nella lettura del segnale.
Il sistema diventa più semplice se lavoro in luce riflessa, non ho più bisogno di avere la scala esposta, può essere
semplicemente incollata sulla parte della guida fissa, è più semplice andarla al proteggere, come assemblaggio è più
semplice.
Differenze sulla scala:

• diretta: è in vetro, più problematico montaggio, e effetti diversi sulla dilatazione termica.
• trasmessa: è in metallica, foto-incisa per creare le zone non riflettenti, il fatto che sia metallica è un
vantaggio essendo montata su metallo, non devo collegare vetro su metallo (problemi di sbalzi termici)

Trasduttore assoluto

Invece di avere una sola banda, ho più bande con scale diverse; la codifica più semplice è quella binaria cioè la
banda successiva ha ampiezza doppia rispetto la precedente, in questo modo, per ogni verticale tracciata (freccette
sulla dx) vedo una certa codifica, quindi nel primo avrò 1111, etc.
Avrò molte più suddivisioni avendo delle risoluzioni accettabili, se aumento il numero odi piste aumento la
risoluzione del sistema
Ho un difetto: per ogni pista è necessario una fotocellula, tutte le
fotocellule (non possono essere perfettamente allineate), ogni volta che
ho una variazione sulla prima pista, tutte devono commutare il segnale
nello stesso momento, altrimenti potrei avere delle letture errate, ci può
essere un momento di lettura non certa, è stato studiato quindi un altro
codice, codice gray. Ad ogni incremento angolare è commutato 1 ed
un solo bit alla volta.
È riconoscibile dalla scala poiché nel binario abbiamo delle L, nel gray
vedo delle piramidi o delle t.

Trasduttori analogici (cenni)

Essi sulle macchine a CN non vengono più scelti. Il principio di funzionamento non è più ottico, ma funziona
sulla base della legge di Lenz: (sul resolver ci saranno statore e rotore con avvolgimenti) ci sono degli avvolgimenti
che saranno fatti percorrere da corrente, quindi si genera un campo magnetico, sugli altri avvolgimenti che entrano
nel campo magnetico (quelli 1-2 e 3-4) indotto al primo (quello di statore), si genera una corrente, che è misurabile,
la corrente è funzione della distanza tra i due conduttori e dalla posizione relativa (angolo di un certo avvolgimento
rispetto a quello che induce il campo magnetico).
Nota la distanza, in funzione della corrente misurata in uscita dall’avvolgimento, si ricava la posizione relativa. Tale
principio viene fruttato sia dall’Encoder che dall’Inductosyn.
Resolver

Vi sono 2 avvolgimenti sulla parte statorica e rotorica sfasata di 90°. Sulla parte statorica i due avvolgimenti sono
percorsi da una corrente alternata, e la corrente sui due avvolgimenti è sfasata di 90°.
Risoluzione molto elevate, l’istallazione è tipicamente sulla vite.
Il principio di funzionamento:

Ho sullo statore due avvolgimenti a 90°, due tensioni alternate sfasate di 90 ° cioè 𝑉0 ∗ cos(𝜔𝑡) 𝑒 𝑉0 ∗ 𝑠𝑒𝑛(𝜔𝑡).
Sulla parte rotorica ho avvolgimenti non alimentati ma poiché essi si muovono all’interno del campo magnetico
vedo il passaggio di corrente che andiamo a misurare.
Lavorando sui due sfasamenti, quello che otteniamo in uscita (che misuriamo) è un andamento del tipo

Cioè ha la stessa ampiezza della tensione di alimentazione dei due avvolgimenti di statore, ma è sfasata rispetto alla
tensione di ingresso di un angolo 𝜃 che rappresenta la posizione relativa del rotore rispetto allo statore, quindi
l’angolo di rotazione della parte rotorica.
Il resolver si sta comportando come uno sfasatore. Il segnale che noi vediamo sarà:
In realtà non ho proprio la stessa ampiezza, è leggermente
inferiore.
La tensione in uscita è sempre di tipo sinusoidale ma con
uno sfasamento rispetto alla tensione in ingresso, tale
sfasamento è funzione dell’angolo in cui si trova.
Andando a recepire il segnale in uscita e confrontandolo
col segnale in ingresso, si ottiene l’indicazione dell’angolo
di rotazione
Si può far lavorare il resolver in modulazione di ampiezza
ma è meno utilizzata, non ho applicazioni sulle macchine
a controllo numerico.

Inductosyn lineare
È di tipo diretto analogico assoluto, per tratti molto lunghi vengono utilizzate diverse scale accostate un rispetto
all’altra, in realtà quindi vi è un riferimento che conteggia il numero di scala, in questo caso è incrementalmente
assoluto.
Consiste in una riga che è
completata alla parte fissa della
guida in cui è foto incisa una
greta (elementi paralleli)
collegata da piccoli elementi
orizzontali; si trova su tutta la
lunghezza della scala. Al di sopra
della scala viaggia la parte
mobile, cioè la testa di
scansione (slider), su di esso vi
sono dei piccoli circuiti a greta
fatti in modo analogo a quelli
della scala, sono due e disposti con uno sfasamento di ¼ di passo uno rispetto all’altro. Il principio di
funzionamento è simile a quello del resolver: passa la corrente alimentando lo slider con una tensione alternata,
essendo i circuiti sfasati di ¼ di passo, si misura la corrente generata sulla greta incisa, sulla riga. Il passaggio dello
slider che è alimentato sul circuito stampato (foto inciso) sul nastro fa si che su quella greta della scala circoli
corrente, che è misurata.
Poiché i due circuiti sono sfasati di ¼ di passo, vi saranno momenti
in cui avremo sovrapposizione e quindi avremo tensione massima (le
due linee saranno completamente sovrapposte) mentre l’altro si
troverà a metà, trasferisce di meno poiché più lontano.
Il movimento dello slider compreso tra i due circuiti rispetto alla riga
foto incisa fa sì che si generi una tensione alternata con un’ampiezza
idealmente pari a quella della tensione alternata di alimentazione e
fase che presenta uno sfasamento rispetto alla tensione di ingresso
pari allo spostamento lineare tra lo slider e la scala.
Si vede l’angolo elettrico (sfasamento) tra tensione in uscita e
ingresso, sulla fase di essa calcolo lo spostamento lineare.
In realtà questo tipo di trasduttore non è utilizzato poiché è più in
voga la linea ottica, però posso sviluppare l’inductosyn circolare,
stesso principio di funzionamento riportato però circolarmente.
Tale tipo di trasduttore si applica al di sotto delle tavole rotanti nelle macchine a CN,
piuttosto che inserire un trasduttore ottico vicino alla tavola rotante (ha una dimensione
ridotta poiché deve poter ruotare di 360°, li c’è il pezzo in rotazione, è a rischio), essendo di
tipo elettromagnetico non risentono dell’effetto di un eventuale “sporco”, non è cosi critico
per il funzionamento del trasduttore.
La risoluzione (minimo spostamento rilevabile) è elevata coì come l’accuratezza (quanto lo
spostamento è vicino al vero) e la ripetibilità (tutte le volte che rilevo la stessa posizione, ho
lo stesso valore in uscita).

L’unità di governo
È la parte della macchina utensile che ha più risentito dell’evoluzione dell’elettronica. Le attuali UG sono potenti
e versatili, la loro programmazione è semplificata e si possono gestire contemporaneamente un elevato numero
di assi (adatte per MU e robot). L’unità di governo rappresenta il cervello della macchina e ne controlla
completamente il funzionamento. L’UG è composta da:

• Logica per l’elaborazione dei dati numerici


• Circuiti di asservimento per il comando dei motori
• Matrici di memoria
• Logica di collegamento con la MU
Si riconoscono essenzialmente due macro-blocchi:

• Macchina utensile (già analizzata)


• Centro di controllo (CNC)
Nella parte CNC vi è un interfaccio I/O, che può comunicare con l’esterno (collegamenti in rete per scambio
dati, controllo distribuito, connessioni per andare nei reparti di elaborazione…)
Nell’interfaccia uomo-macchina (HMI, human machine intertain) è permesso il dialogo tra operatore e
centro di controllo, di base vi è un pannello, schermo a video, posso vedere le posizioni degli assi, controllare i
file nelle singole memorie; è presente una tastiera ma anche altri elementi:

• Pulsante di emergenza
• Manopole che mi permettono di regolare la velocità degli assi (sono dei potenziometri).
L'Unità di Governo per svolgere i propri compiti deve disporre di un software opportuno:

• Sistema operativo: che controlla il funzionamento di tutto il software e l'accesso all'hardware, gestisce i files
contenenti dati e programmi, …;
• Software di processo: contiene la caratterizzazione della macchina e delle lavorazioni eseguibili
(interpretazioni delle varie istruzioni), si parte dalla caricazione del part-program in memoria, per
eseguire la lavorazione lo mando in lettura, parte l’esecuzione in automatico del programma, viene
eseguito riga per riga (codice alfanumerico) ed interpretato (dare un significato, associa il codice ai
comandi inviati ai dispositivi della macchina), per farlo deve conoscere i parametri della macchina;
• Logica di macchina: rappresenta il software necessario all'unità di governo a gestire il funzionamento della
macchina sulla quale è installata. Ciò viene fatto con segnali digitali e serve per controllare il sistema di
cambio utensile, dello shuttle, del fluido di lubrorefrigerazione, azionamento mandrino. La logica di
macchina è un programma permette un facile adattamento tra macchina e unità di governo; (caricamento
in memoria del programma → interpretazione tramite software di processo → effettiva esecuzione
inviando i segnali tramite logica di macchina)
• Software diagnostico: consta di vari programmi residenti, attivati automaticamente, che segnalano anomalie
di funzionamento. Controllano inoltre la conformità dci programmi utente al formato richiesto;
• Software utente: è costituito dai programmi di lavorazione che l'utente scrive mediante la tastiera o che
trasmette all'unità di governo con un calcolatore, è l’insieme dei part program.
Schema Hardware
Le schede che svolgono le varie funzioni sono collegate ad un canale
di intercomunicazione (bus). Le funzioni dei vari blocchi sono:

• CPU (Central Processing Unit): presiede al funzionamento di


tutta l'unità di governo, coordina le varie azioni ed esegue i calcoli
necessari al controllo degli assi;
• memorie ROM (Read Only Memory): dispositivi di memoria
allo stato solido che contengono dati di sola lettura. Contengono dati
e programmi necessari al funzionamento della macchina (sistema
operativo, programmi diagnostici …) e vengono letti all' accensione.
Tali dati generalmente non interessano la programmazione della
macchina fatta dall’utente. (non l’ha spiegata in realtà).
Si inseriscono diverse memorie per consentire alla macchina di
eseguire operazioni in parallelo, una memoria ad esempio se è
impegnata per la lettura dei dati, le altre eseguiranno altre operazioni
come simulazioni, editazioni, verifiche.
L’unità di governo del controllo numerico
Una volta caricato il programma, interpretato, capisce che l’asse deve essere spostato, come procede il controllo?
L’unità di governo ha il compito di controllare il movimento dei singoli assi, è la funzione principale.
Con i dati scritti in codice ISO, confrontati con i dati arrivanti dalla macchina sulla base dei trasduttori: prendo il
dato nominale dell’asse, confronto con la posizione istantanea dell’asse, con un controllo di tipo anello chiuso
vado a comandare l’azionamento.
Ci poniamo in condizioni di lavoro reali, quindi quando arriva dall’unità di governo il segnale di movimentazione
dell’asse, do un segnale di tensione al motore per porlo in rotazione ad una certa velocità, non avviene in maniera
istantanea, vi è una fase di accelerazione del motore, vuol dire che c’è un
transitorio, per cui la velocità aumenta, si porta alla velocità di
avanzamento, poi l’asse si dovrà fermare e gestire il transitorio della
decelerazione, devo quindi sapere prima quando sono nella posizione
nominale finale per poter decelerare prima.

La X 0 è la posizione da raggiungere che arriva al sistema di controllo


all’interno dell’unità di governo (va confrontata con la 𝑋 che arriva dal
trasduttore e sulla base di quello do il segnale di
accelerazione/decelerazione). La 𝑋0 non è ancora esattamente
l’informazione contenuta nel programma scritta in codice ISO. Bisogna
fare un’operazione intermedia detta interpolazione.
Essa è fatta da un interpolatore che suddivide il tratto di percorso in tanti
tratti più piccoli, individuando una serie di punti intermedi, per i quali deve
essere verificata dal raggiungimento della posizione nominale con la velocità nominale. Sul singolo asse posso
controllare quindi che la traiettoria venga seguita correttamente punto per punto, alla velocità desiderata.
DISEGNO
Il problema si pone nel momento in cui muovo più assi in contemporanea (caso delle macchine a controllo
numerico): suppongo di compiere sempre un movimento rettilineo, vado dal punto A al punto B, entro nel circuito
di controllo col le coordinate, istante per istante controllo, sono sicuro che raggiungo il punto finale, ma non so
se ha compiuto la traiettoria giusta, per fare tale verifica devo “spezzare” il percorso, trovare punti di controllo e
verificare per tali punti che vi sia il raggiungimento della posizione e velocità corretta, è fondamentale per garantire
il centesimo di mm.
Se il percorso fosse ad arco, e dessi come punto di controllo solo il punto finale, il rischio è quello che gli assi si
muovono secondo una retta, compiendo un errore, devo andare a “spezzare” in tanti punti cosicché se la macchina
tende a muoversi secondo una linea retta tra un punto e l’altro, riduco l’errore di quel piccolo tratto. È quindi
importante che vi sia l’interpolazione.
Definizione di interpolatore: Per interpolazione si intende il calcolo delle coordinate di un gran numero di punti
intermedi situati sul profilo da percorrere (percorso utensile) definito dalla programmazione. È un processo di
infittimento dei punti fra gli estremi di un ben definito segmento di retta o arco di cerchio o altra curva nel piano
o nello spazio.
Gli interpolatori posso essere:

• Interpolatore lineare: è il più utilizzato. Molti linguaggi CAM ne fanno un uso esclusivo per approssimare
curve molto complesse. Tanto maggiore è la precisione voluta tanto maggiore sarà il numero di punti in
cui la curva verrà segmentata;
• Interpolatore circolare: è nato per ridurre il numero di dati richiesti nel caso di programmazione manuale.
Opera generalmente solo nei piani coordinati (x-y, y-x etc.). Non è possibile tracciare una circonferenza
su un piano generico,
• Interpolatore elicoidale: può essere considerato una funzione speciale in quanto è un interpolatore
circolare con un incremento costante sul terzo asse. Il suo impiego è limitato alla filettatura di grandi fori
con una fresa di forma;
• Interpolatore parabolico e iperbolico: trovano impieghi nella fresatura di forme speciali come ad esempio
palettature di turbine.
Il calcolo deve essere molto rapido, quindi i punti forniti dall’interpolatore devono avere una frequenza elevata
poiché le velocità di avanzamento sono elevate, la capacità di calcolo del computer è importante come quanto la
complessità degli algoritmi. Per questo in applicazioni particolari si utilizzano algoritmi complessi (parabolico…).
Sulla base di tali algoritmi bisogna garantire alcune funzionalità:

• I dati geometrici prodotti dall'interpolatore devono approssimare nel modo migliore possibile il contorno
reale del pezzo, l’errore cordale deve essere minimizzato al di sotto del 𝜇𝑚;
• Deve avere la capacità di eseguire almeno l’interpolazione lineare e circolare dal momento che il contorno
dei pezzi è quasi interamente descritto da segmenti rettilinei ed archi di cerchio;
• II risultato dell’interpolazione deve rispettare il vincolo della velocità dell'asse possibilmente in modo
indipendente dalla forma del contorno;
• Il punto finale deve essere raggiunto con la massima precisione.
Modo per calcolare il numero di punti necessari su un arco per seguire correttamente il profilo

Individuo un angolo, individuo gli estremi 𝐴 𝑒 𝐵 quindi il mio


utensile dovrà seguire un percorso sul piano xy dal punto 𝐴 𝑎 𝐵.
L’interpolatore i deve garantire una certa tolleranza, indicata col
l’intorno 2 𝜀. Per riuscire a muovermi in tale tolleranza, quanti punti
necessito? Prendo un punto qualsiasi sul percorso, ne traccio la
tangente al cerchio interno, prendo l’intersezione col cerchio
esterno, individuo un segmento completamente incluso nella banda
di tolleranza (in verde). Quanto vale la lunghezza di tale segmento
̅̅̅̅?
𝐴𝐵
Ora il numero di segmenti, linearizzando sarà pari alla lunghezza dell’arco considerato sulla lunghezza del
segmento:

Esempio: voglio eseguire sul piano 𝑥𝑦 una contornitura di una piastrina, arrivo al punto A, eseguo il raccordo
fino al punto B, l’angolo sarà pari a 90°. Suppongo che il raccordo sia da 10 𝑚𝑚 e che 𝜀 = 0,05 𝑚𝑚 , risulta 𝑛 =
17 , nonostante è un piccolo tratto, l’interpolatore per fare tale operazione deve aver calcolato circa 20 punti,
servono capacità di calcolo elevati
DISEGNO

Interpolatore lineare (search step)


È molto semplice, viene utilizzato a macchine semplici come quelle comandate con motore passo-passo:

Suppongo di dover seguire un percorso rettilineo sul piano da un punto iniziale 𝑃𝑠 fino a 𝑃𝑒 , dando un valore di
tolleranza 𝜀, posso muovermi all’interno di quel segmento rimanendo in una banda di 𝜀 , passo attraverso
l’interpolatore per conoscere le coordinate dei punti intermedi e poter eseguire il percorso rimanendo all’interno
della banda:

Quando siamo sul punto iniziale, posso muovermi rispetto ai due assi, a secondo di come viene realizzato
l’algoritmo. Quando sono sulla retta, quindi la funzione della retta in cui vado a inserire le coordinate del punto in
cui si trovano gli assi da come risultato 0, l’algoritmo fa muovere l’asse y, l’incremento che si effettua è al di sotto
del mio 𝜀 della tolleranza sul percorso, in tale tipo di interpolatore si prende come tolleranza la risoluzione del
trasduttore, se io mi muovo quindi con tale risoluzione in verticale, la mia retta è inclinata quindi l’errore è pari al
tratto perpendicolare, cioè minore del movimento imposto all’asse quindi l’errore è sempre contenuto.

Incremento solo un asse, l’altro rimane fermo. La coordinata del punto successivo sarà pari a: (𝑋𝑆 , 𝑌𝑆 + ∆𝑌) dove
∆𝑌 è pari alla risoluzione del trasduttore. All’interno dell’interpolatore aggiorno la posizione di 𝑌, conosco le
coordinate del punto successivo (𝑋𝑆 , 𝑌𝑆 + ∆𝑌) e calcolo il valore della funzione cioè sostituisco le coordinate
all’interno dell’equazione della retta. In questo caso sono al di sopra della retta, la funzione assume segno positivo
cioè il sistema deve cercare di ridurre la funzione per portarla a 0, quindi muovo l’asse x, tenendo fermo l’asse y,
mi muovo con la risoluzione del trasduttore e decremento il valore della funzione; di nuovo introduco
nell’equazione le coordinate del punto successivo e controllo se la funzione è positiva o negativa, e cosi via.
In questo modo muovo sempre e soltanto un asse alla volta in modo da tarare il valore della funzione prossimo a
0.
Quando sto lavorando su un percorso rettilineo, il calcolo dell’interpolatore è più semplice:

Noto che nelle due equazioni non vi è nulla di variabile, il ∆𝑥 è fisso, 𝑦𝑒 𝑒 𝑦𝑠 sono le coordinate dei punti iniziali
e finali, vuol dire che una volta fissato lo spostamento degli assi (risoluzione del trasduttore) ogni volta che muovo
l’asse secondo x la funzione si decrementa di un valore fisso, stessa cosa per y (che incrementa il valore), non devo
quindi neanche per ogni punto prendere le coordinate, sostituire e rifare il calcolo del valore della funzione, basta
prendere il valore della funzione nel punto precedente e aggiungo/sottraggo ∆𝐹𝑥 /∆𝐹𝑦 .

Quindi l’algoritmo sarà:

1. Calcolo ∆𝐹𝑥 𝑒 ∆𝐹𝑦


2. Azzero i contatori (punto iniziale, funzione nulla)
3. Calcolo il valore della funzione 𝐹 (se sono nel primo ciclo la funzione è 0, incremento la x), se 𝐹 ≥ 0
incremento la 𝑥 mantenendo fissa la 𝑦, aggiorno il valore della funzione.
4. Incremento il contatore, ho calcolato il primo punto successivo
5. Confronto le coordinate X e Y con le coordinate del punto finale
6. Riprendo il loop.

Ho un difetto: creo una spezzata intorno al percorso un po’ troppo grezzo come modo di rappresentare la curva,
si utilizzano oggi interpolatori digitali che sfruttano il calcolo integrale, si ottengono sempre tratti spezzati ma molto
più vicini alla curva reale. Questo tipo di interpolatore è molto utilizzato per motori passo passo (controllo aperto
senza retroazione) poiché essi si basano su sequenza di impulsi (al quale corrisponde una certa rotazione di un
angolo, è anche la risoluzione), il search step quindi a seconda del valore della funzione va a dare l’impulso o al
motore dell’asse x o y, è un comando molto semplice.
L’utilizzo dell’interpolatore è necessario quando voglio fare un tipo di controllo continuo della traiettoria, si
attua un controllo di tipo proporzionale cioè istante per istante controllo la posizione da raggiungere con quella
attuale (derivante dal trasduttore), controllo il movimento dell’asse; si utilizza l’interpolatore in modo tale da avere
come 𝑋0 non la coordinate del punto finale ma quello del punto intermedio, ciò ci consente di ottenere la traiettoria
con la precisione richiesta.
Il controllo continuo di tipo proporzionale non è l’unico esistente, poiché se penso ad una macchina semplice
(foratrice) che deve muovere una punta secondo il suo asse, per quel tipo ci interessa raggiungere il punto finale
(non i punti intermedi), posso adottare quindi un controllo CUT-OFF, non verifico istante per istante 𝑋 − 𝑋0 e
di conseguenza controllo il motore, ma quando la 𝑋 = 𝑋0 inibisco il movimento del motore.
Tale tipo è un controllo punto-punto, verifico il raggiungimento del punto finale senza avere un controllo della
traiettoria, lo utilizzo solamente quando devo movimentare un solo asse.

Interpolatore circolare o metodo di calcolo diretto


Considero di percorrere su un piano 𝑥 − 𝑦 una traiettoria circolare di raggio 𝑅, suppongo che il centro sia
l’origine degli assi.

Suppongo di essere a un punto 𝑃𝑖 posizionato ad un angolo 𝛽 rispetto all’asse 𝑥 quindi le sue coordinate sono:
𝑥𝑖 = 𝑅 𝑐𝑜𝑠𝛽
{
𝑦𝑖 = 𝑅 𝑠𝑒𝑛𝛽
L’interpolatore sulla base delle coordinate precedenti e del raggio 𝑅 (sapendo che l’utensile devo compiere una
traiettoria circolare di raggio 𝑅) ci deve dare le coordinate del punto successivo, in modo da fornire al sistema di
controllo ad anello chiuso.

Indico il punto successivo con 𝑃𝑖+1 , il punto successivo, deve essere raggiunto in modo tale che il massimo
errore che posso tollerare sia inferiore alla tolleranza di processo, congiungo 𝑃𝑖 e 𝑃𝑖+1 quindi il massimo errore si
verifica a metà del segmento, viene chiamato errore cordale ∆𝑐.

Per ricavare ∆𝑐, considero il triangolo in rosso:

Il ∆𝑐, raggio di curvatura 𝑅 e l’angolo che individua il punto successivo, sono legati tra loro, se impongo il raggio
𝑅 (che dipende dalla geometria) e ∆𝐶 posso automaticamente valutare l’angolo 𝛼:
Le coordinate del punto 𝑃𝑖+1 sono espresse come:

Confronto le coordinate del punto 𝑃𝑖 con quello del punto 𝑃(𝑖+1) :


𝑥𝑛+1 𝑐𝑜𝑠𝛼 −𝑠𝑖𝑛𝛼 𝑥𝑛
[𝑦 ] = [ ][ ]
𝑛+1 𝑐𝑜𝑠𝛼 𝑠𝑖𝑛𝛼 𝑦𝑛
È la classica matrice di rotazione.

Se conosco quindi il raggio, e impongo l’errore (cordale) e quindi individuo 𝛼, dato un punto sulla traiettoria,
posso conoscere le coordinate di un punto successivo attraverso la matrice di rotazione, in modo semplice e
rapido (per percorrere il percorso ad una certa velocità, ogni punto deve essere raggiunto nel tempo predefinito,
𝜶
l’intervallo di tempo in cui dobbiamo avere le coordinate nel punto successivo è 𝜶 = 𝝎 ∆𝒕 → ∆𝒕 = ).
𝝎

Sistemi di controllo
Abbiamo detto che i part program vengono interpretati (ad ogni riga associo comandi --> struttura della
macchina) passo attraverso l’interpolatore che fornisce le coordinate. Dei punti intermedi di controllo, posso
quindi gestire il movimento dell’asse:
L’ 𝑥0 arriva dall’interpolatore (non è il punto finale secondo il programma in codice ISO), insieme arriva anche
l’informazione sulla velocità lineare che è tra parentesi sullo schema poiché il percorso deve essere compiuto
secondo una certa velocità di avanzamento. All’interno dell’unità di governo, tale segnale è confrontato con la
posizione reale 𝑥𝑡𝑎𝑣𝑜𝑙𝑎 che arriva dal trasduttore di posizione (la tavola è collegata attraverso la chiocciola al
sistema vite, col servomotore in arancione scuro).

Il primo comparatore confronta i due segnali, calcola quindi 𝜀𝑥 = 𝑥0 − 𝑥𝑡𝑎𝑣𝑜𝑙𝑎 .

Suppongo do trovarmi a 𝑥 = 0, voglio raggiungere la 𝑥0 , il mio comparatore di darà come errore ∆𝑥, quello è
𝜀𝑥 .
Prima di tutto elaboro il mio segnale attraverso un controllo di posizione, nel caso più semplice è un
amplificatore.

In uscita avrò la 𝜀𝑥 ∗ 𝐺1 dove 𝐺1 è il guadagno. Tale risultato è interpretato con un segnale di velocità, indicato
con 𝑛𝑜 , quindi dal controllo di posizione esco con un segnale 𝑛0 che è il nostro obiettivo di velocità.

Inizialmente appena do il comando del punto successivo, il ∆𝑥 è massimo, man mano poi andrà a diminuire (in
blu). Il ∆𝑥 che è già massimo è amplificato, questo valore è interpretato come un segnale di velocità: appena vedo
che la posizione è diversa da quella nominale, arriva il segnale di accelerazione (arriva il segnale di velocità a
livello elevato). Il sistema in termini di velocità 𝑥̇ , se inizialmente era fermo l’asse inizia ad accelerare, retta
crescente:
???

Dopo 𝑛0 vi è un altro comparatore che confrontata con la velocità effettiva (che arriva sempre dall’encoder che
funziona come trasduttore di posizione e velocità), confronto con la 𝑛𝑚𝑜𝑡𝑜𝑟𝑒 e in uscita calcolo 𝜀𝑛 = 𝑛0 −
𝑛𝑚𝑜𝑡𝑜𝑟𝑒 poiché accelero se sono ad una velocità diversa da 𝑛0 , se sono già ad 𝑛0 non devo far nulla.
Oltre al controllo sulla posizione ho il secondo anello che si chiude sulla velocità: per rendere il sistema reattivo,
amplifico il segnale 𝜀𝑛 ∗ 𝐺2 ,da tale controllo esco con una tensione di alimentazione inviata al servomotore.
Quindi trovo che ∆𝑥 > 0, creo un valore fittizio di velocità molto elevata, se essa è diversa da quella del motore,
calcolo l’errore, lo amplifico e trasformo in segnale di tensione per far accelerare il motore

Tale sistema deve essere limitato alla velocità di avanzamento 𝑥0̇ , quindi quando arrivo a 𝑥0̇ la velocità si
linearizza essendo quella la velocità giusta da seguire.
Man mano che mi avvicino al punto nominale, l’errore tende a 0 anche amplificato, quindi il sistema recepisce
che la velocità diminuisce, scende al di sotto della soglia 𝑥0̇ il sistema inizia a decelerare fino ad annullarsi sul
punto finale, in quel momento il motore si arresta. Ho quindi:

• Fase di accelerazione
• Fase di soglia
• Fase di decelerazione
Così facendo controllo un singolo asse dell’azionamento, controllo con due anelli chiusi, uno sulla posizione e
uno sulla velocità.
È un controllo di tipo proporzionale (ho le amplificazioni su posizione e velocità) avendo dei guadagni e quindi
delle reattività più elevate.
Ho però un difetto: genero il cosiddetto errore di inseguimento legato al fenomeno del transitorio
Preso il singolo asse che si deve muovere dal
punto 𝑥0 con una certa velocità, in viola ho
l’andamento nominale (velocità indicata dalla
pendenza).
Per come funziona il sistema i controllo, quando
parto ho una velocità nulla, non appena arriva il
comando non ho istantaneamente il valore di 𝑥̇ 0 ,
𝑥
𝑥0̇ = 𝑡0 ho un transitorio nel quale la velocità si
porta da 0 a 𝑥0̇ . Tale transitorio è gestito
dall’anello di controllo: tramite i guadagni diamo
un segnale al motore di tensione che corrisponde
alla massima accelerazione (avendo amplificato il
segnale il motore si porta ad erogare la massima
coppia)

𝐶𝑚𝑎𝑥
𝜃̈ =
𝐼𝑒𝑞

Anche questa in realtà è un’approssimazione poiché assumiamo che immediatamente arrivi coppia massima.
Essendo 𝜃̈ l’accelerazione che ho al motore, l’accelerazione dell’asse lineare sarà:
𝑝
𝑥̈ = 𝜃̈ 𝑑𝑜𝑣𝑒 p è 𝑖𝑙 𝑝𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑒
2𝜋
Quindi vuol dire che se do coppia massima, mi porto alla massima accelerazione, però ho quindi un tratto di
accelerazione per portarmi alla 𝑥̇ 0 . Nel diagramma 𝑥 − 𝑡, essendo un movimento uniformemente accelerato,
abbiamo che lo spostamento sarà:

È l’equazione della parabola, questo percorso viene seguito fino a che la tangente è pari a 𝑥̇ 0 cioè quando abbiamo
raggiunto la velocità di regime (parallela alla curva viola), la 𝑥 viene sogliata, rimane costante, siamo in
comportamento analogo a quello nominale.

Il percorso sarà quindi un primo transitorio in cui il sistema accelera fino a raggiungere la 𝑥̇ 0 e poi mi muovo
parallelamente.
Ciò finché non ci troviamo quasi in corrispondenza di 𝑥̇ 0 perché il sistema fa sì che l’asse deceleri per portarsi ad
𝑥̇ 0 , quindi in realtà vi sarà anche un transitorio in uscita, in questo caso di decelerazione uniforme.

Dal punto di vista del controllo del movimento, la condizione di regime si assume dopo un certo tempo ∆𝑡
(transitorio), arrivo al punto corretto 𝑥0 dopo un certo ritardo. Poiché ad un certo punto 𝑡 ∗ dovrei trovarmi a 𝑥 ∗
ma sono a 𝑥 ∗ − 𝑐, sono in ritardo di 𝒄 detto errore di inseguimento.
I punti vengono tutti raggiunti correttamente ma con un ritardo.
Come valuto l’errore di inseguimento? Vedo quando il percorso di uniformemente accelerato si converte ad un
percorso a velocità costante.
Avrò che:
1
𝑥̈ 𝑡02 = 𝑥̇ 𝑡0 + 𝑐
2
per determinare il punto d’intersezione tra le due curve.

Se faccio proseguire la curva in rosso, e interseco l’asse 𝑥 nel punto −𝑐, l’equazione della retta rossa sarà:

𝑥̇ 𝑡0 − 𝑐
Mettendo tutto insieme e tenendo conto che l’accelerazione è definita come:
𝑥0̇ 𝑥̇ 0
𝑥̈ = → 𝑡0 =
𝑡0 𝑥̈
1
L’Errore di inseguimento è ∝ alla 𝑣𝑒𝑙𝑜𝑐𝑖𝑡à2 e ∝ 𝑎𝑐𝑐𝑒𝑙𝑒𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 dell’asse.

Se le velocità dell’asse sono basse l’errore 𝐶 sarà ridotto, l’effetto del transitorio diminuisce, devo raggiungere una
velocità più bassa, ci arrivo prima, l’errore di inseguimento sarà ridotto, la soglia è più bassa. Per ridurre il
transitorio, devo avere un’accelerazione elevata al motore se ho regimi di velocità più elevati.
Se mi muovo su più assi in simultanea cosa accade?
DISEGNO
Voglio andare da un punto A a B, devo muovere sia l’asse x che l’asse y, l’asse x deve compiere un movimento di
∆𝑥 , la y invece deve compiere un percorso ∆𝑦. Ciò in simultanea, deve essere raggiunto il punto finale nello
stesso tempo.

∆𝑥
= 𝑣𝑥
𝑡𝑜
∆𝑦
= 𝑣𝑦
𝑡𝑜
Se 𝑡𝑜 è uguale, vuol dire che le due velocità sono diverse.

Ho un errore di inseguimento per 𝑦 più basso pur avendo stesso controllo, stesso azionamento, stessa inerzia
equivalente (possono andare alla stessa accelerazione). Velocità maggiore → errore di inseguimento maggiore.
Lungo la traiettoria, quindi dove si trova effettivamente l’utensile? Nel punto blu del disegno, quindi la traiettoria
sarà spostata.

La traiettoria reale è scostata secondo un errore di inseguimento poiché c’è il transitorio in entrata/uscita.
Sull’asse 𝑥 suppongo che l’errore sia di 1 mm, l’asse 𝑦 si muove a velocità inferiore (pendenza della retta
inferiore), ho sempre l’errore di isneguimento ma è più basso, 0,16 mm, ma il punto finale è raggiunto con
estrema precisione.
Lungo la traiettoria però, in un certo istante mi dovrei trovare nel punto verde:
Sia l’asse 𝑦 𝑐ℎ𝑒 𝑐 sono più indietro di 𝐶𝑦 e 𝐶𝑥 . Quindi dove si trova l’utensile effettivamente? Punto giallo.

Tale errore dipende dalla composizione degli errori di inseguimento sui diversi assi, quando ho elevate rotazioni,
posso incorrere in basse tolleranze, non è ammissibile (vado al di sopra del centesimo del micron), quindi non va
bene il controllo proporzionale.

Le altre soluzioni sono di aggiungere al controllo proporzionale 𝐾𝑃 , altri due contributi, il derivativo (faccio la
derivata, prendo il valore successivo, sottraggo al precedente e metto in funzione del tempo in modo da capire
qual è l’andamento della traiettoria per capire qual è il futuro del percorso) e integrale (in pratica vedo i
contributi precedenti, storia per correggere la traiettoria), così facendo riduco l’errore complessivo sulla
traiettoria.

Rispetto al mio sistema di riferimento, il sistema comincia ad accelerare ma non si ferma al momento in cui
raggiungo la velocità di regime, in modo da recuperare il ritardo (con un tratto a velocità più elevata) e poi
rientrare alla velocità nominale. Ciò risolve l’errore di inseguimento a parte per il primo tratto in cui ho un lieve
scostamento, poi mi porto alla traiettoria nominale, ma tale brusca riduzione di velocità fa si che si generi
un’oscillazione, se avessi il contributo derivativo e integrale l’oscillazione è smorzata. Tale sistema è detto PID.
Se ad esempio ho una fresa, e devo fare una parte di raccordo, col PID, l’utensile rischia di andare oltre e poi
indietro (soprattutto ad alte velocità):

Per sopperire a ciò, oltre a elaborare segnale di posizione, elabora anche velocità e accelerazione, inclusi
all’interno del sistema di controllo (sistemi look-ahead), prevedono in futuro e fanno le correzioni
istantaneamente di velocità e accelerazioni per compensare gli errori del sistema ed avere una risposta che si va a
sovrapporre al sistema di riferimento.
DDE: Cos’è l’errore di inseguimento e sistema proporzionale, dove è critico (sistemi ad alta velocità), quali sono
le soluzioni (PID, look-ahead) senza schema, però lo schema iniziale si (proporzionale)

Guadagno elevato → Elevata precisone → Elevati tempi di risposta

Se do un impulso che non è gestibile a livello meccanico dalla macchina (cioè impongo un guadagno 𝐺 troppo
elevato), incorro in instabilità, potrei superare il valore 𝑥0 a causa di inerzia e attriti, non riesco a mantener la
posizione all’interno del transitorio che ho imposto, arrivo qui:
DISEGNO
Non devo andare oltre la risoluzione del trasduttore, l’errore deve essere contenuto in tale risoluzione.

Se supero la 𝑥0 (valutata dal trasduttore), si genera un errore che verrà amplificato, invierà un segnale di velocità
che farà girare il motore in senso opposto, dipende quindi da quanto siamo al di fuori, più siamo lontani più
maggiore sarà la velocità con cui ci andiamo a spostare indietro, e se i guadagni sono elevati potrei andare ancora
oltre, si crea un oscillazione sul punto di arrivo, tale fenomeno è detto pompaggio. Per evirare ciò si deve ben
tarare il guadagno 𝐺 dell’anello di posizione e velocità. Una volta realizzato la macchina si fanno prove sperimentali
per rilevare le oscillazioni e si va a cambiare il valore del guadagno sulla scheda, tarandolo man mano, si fa a
macchina avviata.

Controllo adattivo
Nasce nell’ottica di ridurre i tempi improduttivi. Uno dei principali vantaggi legato all’introduzione delle macchine
utensili CNC presso le aziende manifatturiere è stato quello di incrementare la produttività riducendo i tempi morti.
Nelle lavorazioni CNC il tempo di asportazione varia tra il 50% e l’80% del tempo ‘floor to floor’ (da pallet a pallet)
e precisamente valutato dal momento del posizionamento del pezzo sotto la macchina al momento in cui il pezzo
lascia la macchina stessa.
Per le macchine utensili tradizionali tale tempo si riduce al 30%.
Un ulteriore incremento di produttività può essere ottenuto qualora sia possibile controllare e variare i parametri
di lavorazione secondo necessità.
Ad esempio, se voglio generare un basamento, devo farlo per fonderia e lavorare la testa di macchina Utensile
(grosse frese a spianare la parte di accoppiamento), il pezzo che vado a lavorare, è di forma complessa (essendo di
fonderia), vi sono dei tratti in cui non vado a incontrare materiale.
Tali lavorazioni non sono gestibili con una programmazione.
Altro esempio: lavoro zone di materiale diverso.
Per fare il controllo adattivo devo utilizzare altri sensori (trasduttori di forza, potenza, coppie). Per misurare la
potenza è abbastanza semplice poiché basta andare a misurare la potenza assorbita dalla rete e risalire i
rendimenti; per le forze è più complesso.
Vogliamo adattare le condizioni di lavorazione a quelle che sta effettivamente accadendo tra utensile-pezzo.
In questo modo posso operare sui tempi improduttivi del tempo di taglio, in quei momenti in cui la macchina
non è utilizzata al massimo delle sue prestazioni.
Deve però avere un senso questo controllo, i controllo e la taratura dei controllo sono costosi, la codifica dei
parametri, gestione e codifica dei sensori, è un grosso investimento che quindi deve produrre un risultato
economico. Va bene quando lavoro materiale difficili da tagliare e quindi rischio di danneggiare il componente o
la macchina, oppure quando i tempi di lavorazione sono importante (ad esempio 70% di taglio effettivo,
altrimenti non mi conviene lavorare sul controllo adattivo).
Inoltre le condizioni di taglio devono variare in modo significativo, se faccio una lavorazione continua non ha
senso. Si attua nelle macchine moderne in alcuni settori, quando i pezzi sono sempre più complessi.
Tale controllo fa variare in uscita i parametri di lavorazione, si inserisce la traiettoria, i parametri di velocità di
avanzamento e taglio nominale, il sistema prende in input utilizzando la sensoristica, se nota che ci sono margini
di miglioramento va a variare i parametri in modo istantaneo: se ad esempio trovo meno materiale aumento la
velocità di avanzamento; se sento che le forze sull’utensile aumentano, regolo la velocità di taglio (in pratica
agisco sui motori). I vantaggi sono:

• Miglioro la qualità della lavorazione


• Aumenta la produttività
• Salvaguardio la macchina (meno sollecitazione)
• Minor impiego di programmazione
• Miglior impiego dell’utensile (distribuisco la velocità in modo da evitare effetti drastici su tensile e
struttura meccanica).
Esempio: se sto testando un nuovo materiale, carico il part program, faccio le prime prove per lanciare la
produzione. L’operatore è a bordo macchina per eventuali anomalie, ad esempio per capire se mi sto
approcciando in modo corretto al pezzo, l’operatore può abbassare la % del potenziometro per ridurre la velocità
con cui l’utensile si apposta al pezzo per andare a controllare l’ingresso del tagliente sul componente e pi avendo
verificato, si riporta al 100%. Ci si può accorgere che insorge una vibrazione, allora l’azione automatica mi va a
ridurre la % del potenziometro per ridurre i parametri di taglio, ciò mi comporta una modifica la part program,
invece se avessi il controllo adattativo tutto ciò sarebbe avvenuto in automatico.

Controllo adattativo (continuo)


Non opero sui tempi produttivi ma sul tempo di taglio poiché nella programmazione non analizzo punto per
punto come avviene il contatto pezzo-utensile.
Si sensorizza la macchina per capire quali sono le condizioni effettive di lavorazione, su tale base si vanno a
modificare i parametri.
in basso abbiamo l’elemento aggiuntivo. Avendo altri sensori non escono
solo 𝑥𝑛 𝑒 𝑥𝑎 , ho altre uscite (a sx del blocco):

𝑊 è la potenza assorbita dalla macchina, gli altri sono segnali che arrivano
dal trasduttore di forza che restituiscono momenti (torcente, e alla base del
mandrino). Potrei avere altri sensori che restituiscono altre informazioni
(termocoppie, accelerometri…).
Tali segnali vengono portati al controllo adattativo che li lavora con
strategie diverse. Il risultato è che sulla base dell’elaborazione dei dati dei
sensori, in uscita posso andare a variare:

𝑛 velocità del mandrino (velocità di taglio)

𝑎 velocità di movimentazione dell’asse

Se opero con 𝑛, poiché il controllo del motore non si chiude nell’unità di governo ma al motore, si va
direttamente nel blocco macchina utensile a CN
Se opero con a, devo passare attraverso il sistema di controllo dell’asse, e tornare all’unità di governo.
Per effettuare il controllo adattivo, devo avere molte sorgenti di variabilità, altrimenti non ha senso:
Devo fare una fresatura periferica per lavorare tutta la superficie superiore con una certa profondità di passata 𝑝.
Se vado a vedere, imposto 𝑛 (numero di giri di rotaizone della fresa) e avanzamento al dente, profondità di passata
individuata, la lavorazione succede su tutto il pezzo. Se calcolo le forze di talgio sviluppate, essa fa riferimento allo
spessore del truciolo indeformato (funzione dell’avanzamento al dente), dalle caratteristiche del materiale
(pressione specifica) e da quanto materiale asporto, la sezione del truciolo è lo spessore ℎ𝑚𝑎𝑥 ∗ 𝑎𝑙𝑡𝑒𝑧𝑧𝑎 (𝑊)
Fissato l’avanzamento al dente, varia W, quindi la fresa mana mano che procede deve asportare sempre più
materiale, la velocità di taglio rimane fissa, ho una potenza crescente. Se devo programmare tale operazione di
taglio, devo considerare:

• il materiale del pezzo


• Geometria del tagliente
• Spessori da asportare
• Potenze disponibili al motore

Mi metto nel caso più critico cioè quando 𝑤 e massimo. Devo calcolare la rotazione della fresa in modo da rientrare
nei limiti consigliati per tale applicazione, quindi tale lavorazione non è fatta in condizioni ottimizzate, abbiamo
impostato tutto nel caso peggiore, senza controllo adattativo mi pongo essenzialmente in condizioni di sicurezza.
Con tale controllo posso rendere il sistema più produttivo, quando i carichi aumentano (w) il controllo riduce
avanzamento e numero di giri, basta in tale caso monitorare la forza di taglio, la larghezza del componente influenza
la forza di taglio, è ∝ linearmente.
Altro esempio: suppongo di lavorare un basamento con inserti di materiale più tenero (GHISA+ALLUMINIO),
che utensile scelgo? Devo sceglierlo in funzione del materiale da lavorare che sia una classe P, S sui cataloghi.
Tipicamente utensili della ghisa non sono gli stessi di quelli dell’alluminio, ho diversi fenomeni. Potrei scegliere
l’utensile in ghisa (essendo quello preponderante), e non posso pensare di cambiare il parametro di taglio in
funzione del materiale che incontro essendo la geometria complessa. Se incontro l’alluminio mi impasta l’utensile,
spalmo il materiale sulla superficie del pezzo.
Se ho un controllo adattativo, posso far qualcosa per i parametri di taglio (nulla per l’utensile), quando sento tramite
i sensori, un materiale diverso, poiché è cambiata la resistenza del materiale, vado a ridurre i parametri di taglio.
Altro esempio: stampaggio dei pezzi
Ho lavorato il componente, lo ribalto, poi con una fresa faccio lavorazioni sulla parte superiore (staffeggio), a dx
e sx è la morsa. La destra è più allungata, devo creare un profilo, essendo normalmente denti a candela con sviluppo
elicoidale (minor oscillazione durante il taglio), al contatto sviluppo forze di taglio, forze radiali (flettono l’’utensile)
e forze assiali, quindi sulla periferia il componente sente una forza verso il basso/alto, reagisce andando in
vibrazione, oscillando, ciò ha effetto su utensile e superficie lavorata. O studio opportuni afferraggi oppure utilizzo
il controllo adattativo: inserendo sensori di forza, accelerometri o sensori sull’utensile (>per sentire eventuali
discontinuità sulla base del mandrino) vanno a ridurre le vibrazioni, si deve ridurre la velocità di taglio.
Altro esempio:

Se devo lavorare la superficie superiore tramite spianatura, le condizioni di rigidezza variano tra lati e parte centrale,
se non modifico i parametri di taglio rischio che il pezzo si infletta, perdendo planarità.
Altro esempio: taglio interrotto nel senso che l’utensile non p sempre a contatto col pezzo. Suppongo di dover
fare una contornitura di un profilo già lavorato, con fresa a candela che percorre il pezzo, la larghezza lavorata
varia al variare della 𝑥 . Se ho un controllo adattativo all’utensile, quando non trovo materiale aumenta la velocità
di avanzamento, si adatta alla resistenza che trova.

Le variabili in gioco per fare tale implementazione di controllo, devono avere ampie variazioni per produrre effetti
significative, se ci sono più condizioni che si possono verificare all’interno della stessa macchina, è ancora più
giustificato il controllo adattativo.

Tipi di controllo adattativo


Nello sviluppo del controllo adattativo sono stati seguiti
approcci differenti e precisamente:
1. Controllo adattativo tecnologico di ottimizzazione (ACO);
2. Controllo adattativo tecnologico di limite (ACC);
3. Controllo adattativo geometrico (GAC);
4. Controllo adattativo ad apprendimento (LAC).
Da 1. A 4. Scendo in prestazioni e costi.

ACO (Adaptative control Optimization)


Stabilisco una funzione obiettivo, tendo ad ottenere sempre prestazioni ottimali tramite un indice di prestazione,
a cui viene assegnato un valore, mantenendo tale valore in modo che sia sempre soddisfatto tale valore, tale indice
possono essere diversi, quello più utilizzato è:
È comodo perché l’ottimo è ottenuto bilanciando la portata sportata di materiale senza incidere troppo sull’usura
dell’utensile, infatti aumentando lo spessore di lavorazione riduco i tempo di vita utile dell’utensile.
Posso inserire all’interno della macchina dei sensori, il MMR dipende dalle tre dimensioni, avanzamento, profondità
di passata e lunghezza asportata nell’unità di tempo (velocità di taglio), se prendo la sezione del truciolo e moltiplico
per la velocità di taglio ho il MRR.
La sezione asportata dipende dai parametri di processo, se io porto avanzamento e profondità di passata, so quanto
sto asportando, invece la velocità di taglio è un input, tramite uno schema di controllo al motore do una certa
corrente in modo da dare una certa velocità, però sugli assi controllati ho il feedback, ma sul mandrino no, in esso
ho semplicemente il segnale di azionamento, se voglio controllare MMR, devo mettere un sensore sul mandrino
che mi dice la velocità di taglio.
Per l’usura è problematico: si può vedere solo al microscopio, non posso avere il suo consumo in tempo reale.
L‘usura dell’utensile può essere valutata unicamente al termine della lavorazione durante il cambio utensile, IP
diviene pertanto un indice di tipo discreto monitorabile unicamente off-line. Monitoro in tempo reale il MMR, ma
il TWR lo elaboro con esperimenti.
Per ovviare al tale problema si utilizza in abbinazione al tecnologico di limite che riesce a lavorare il real time.
Altri indici di prestazione IP che possono essere utilizzati sono basati sull’economia del taglio:

• Costo di produzione;
• Tempo di produzione;
• Tasso di profitto
Per controllare l’indice di prestazione è necessaria una approfondita conoscenza del:

• Processo di taglio;
• Comportamento statico e dinamico della macchina utensile;
• Meccanismi di usura dell’utensile
È necessario un modello matematico complesso, usualmente di tipo probabilistico, ottenuto dall’elaborazione di
un’ampia raccolta di dati sperimentali.
Dall’ACO si attende una combinazione tecnologicamente accettabile dei parametri di processo. Tanto maggiore è
la conoscenza dei dati sperimentali, tanto più efficiente sarà l’ACO.
Gli ACO hanno difficoltà a diffondersi a causa:

• Dei costi elevati per la raccolta dei dati sperimentali per formare la base della conoscenza;
• Della inaffidabilità di alcuni sensori indispensabili come quelli dell’usura dell’utensile (non monitorabile
real-time);
• Della difficoltà di operare in linea.
Tuttavia, viste le prestazioni attuali delle unità di governo l’ACO potrebbe diventare un vero e proprio sistema
autonomo di governo della macchina CNC, in grado di controllare il processo di taglio attraverso vari sensori
come:

• Usura utensile;
• Forze di taglio;
• Potenza assorbita;
• Vibrazioni;
Userebbe una conoscenza tecnologica empirica continuamente aggiornabile sulla base delle lavorazioni effettuate.
La tecnica decisionale per la variazione dei parametri di lavorazione si basa su un sistema esperto implementato
nella stessa unità di governo in grado di prendere decisioni autonome in tempi rapidi.

Le linee rosse sono i dati che arrivano dai sensori, inviati al controllo adattativo (blocco a sx) che acquisisce i dati
dei sensori, elabora i dati, tira fuori dei parametri (valutazione del processo) che vengono confortanti con i
parametri ottimali di riferimento, derivati dalla valutazione sperimentali. L a base della conoscenza è continuamente
aggiornato. Sulla base del confronto tra elaborazione segnale, valutazione dei parametri, vengono effettuate le
correzioni ai parametri di taglio, i dati vengono aggiornati e le correzioni vengono inviate direttamente al motore
altrimenti rientra all’interno dell’unità di governo per rientrare nel sistema di controllo e regolazione dell’asse.
Controllo adattativo tecnologico di limite
Mantengo la lavorazione all’interno di limite inferiore e superiore, le variabili mantenute nei limiti sono diverse a
seconda della macchina che operiamo.
È molto versatile, applicabile a macchine molto diverse, può operare in combinazione di tipo adattativo di
ottimizzazione.
ACC per torni
L’utensile è posto a sbalzo, a seguito dell’asportazione si sviluppano delle forze, è riportata la forza di taglio,
applicata sul materiale, ma è rappresentata la reazione sull’utensile. Vi è un carico sull’estremità libera. L’effetto è
che produco una deformazione elastica (non vado in campo plastico), si crea una freccia valutata sulla base delle
formule di scienza delle costruzioni.
Ciò crea problemi in lavorazione, è radialmente più distante, non raggiungo il diametro nominale che avevo
impostato, sarà maggiore. Devo verificare istante per istante qual è la forza di taglio, valutare la freccia e controllata
con un valore limite che mi mantiene in tolleranza il pezzo. È una formulazione puramente analitica, vi sono però
altre variabili. Dovrei rilevare la forza di taglio, cosa non banale poiché mi dovrei mettere in prossimità della zona
di taglio, più semplicemente potrei calcolare tutto per ricondurmi alla potenza assorbita. Sulla base della forza di
taglio, con una parte empirica di coefficienti correttivi, calcolo la freccia e la confronto con altri dati sperimentali.
In tale modo sono sicuro di fare una lavorazione sempre in tolleranza, se mi accorgo che la feccia supera il valore
limite, il sistema riduce la velocità di rotazione (numero di giri al motore) in modo tale da ridurre la forza di taglio,
anche se questa relazione non è immediata, se modifico il truciolo, riduco la temperatura, etc.…
Ciò non basta, poiché se limito l’uso della macchina per garantire la tolleranza sul pezzo, se sono in condizioni più
basse, il sistema non è in grado di aumentare i parametri di taglio per migliorare la produttività di sistema, che era
uno degli obiettino, non mi basta verificare le tolleranze.
Per aumentare la produttività definisco anche un limite inferiore: se le condizioni di lavorazione non sono
ottimizzate per quel sistema, per cui la forza di taglio e freccia molto bassa, non sto lavorando in condizioni id alte
lavorazioni, posso aumentare la freccia, stabilisco un limite inferiore sotto il quale non dobbiamo scendere.

Principio di funzionamento: in input misuro potenza assorbita al motore, misuro il numero di giri del mandrino
per avere indicazioni sulla velocità di taglio e rilevare il diametro in lavorazione; sulla base di tali dati, con alcuni
algoritmi si valuta la freccia e confrontata col limite massimo e minimo, devo essere sempre all’interno di tale range,
se super il limite massimo, viene ridotta la velocità di taglio e si torna a valutare 𝑓 ritornando in cima se invece
siamo al di sotto del limite massimo controllo il limite minino, se scendo al di sotto del limite minimo aumento il
numero di giri e ritorno all’algoritmo, ciò viene fatto in tempo reale, istante per istante regolo le condizioni di taglio
sulla base delle informazioni prodotte sull’utensile.
I vantaggi per il tornio sono:

• Incremento di produttività tra il 20 e 45%, è considerevole.


Nelle foratrici
Voglio mantenere la coppia all’interno dei limiti inferiore e superiori.
Fare il controllo qui è più complicato, dal punto di vista dell’asportazione del materiale, l’utensile è molto
complesso, lavora in condizioni in cui si passa da velocità di taglio elevata, a deformazione plastica nella zona
centrale dell’utensile, entrano in gioco attrito, materiale utensile, calcamento sulla parete del foro; quindi quando
faccio la classica tecnologia normalmente non utilizzo delle formulazioni analitiche ma in regressione di dati
sperimentali, apposite per la foratura essendo un modello molto complesso da realizzare.
Essendo un controllo adattativo si basa su modelli (algoritmi basati su modelli che rappresentano un processo),
realizzarne uno per la foratura non è semplice, tale controllo è più impreciso per la foratrice.
Si va a definire una coppia legata a potenza e numero di giri del mandrino ma all’interno vi è la parte di coppia
persa dovuta agli attriti, cinematismi, imperfezioni meccaniche, materiale, etc. per cui la coppia si dice che è pari a
quella ideale per dei rendimenti ricavati sperimentalmente (difficilmente univoco) medi su diverse condizioni di
taglio. Tale controllo ha quindi delle limitazioni sulla possibilità di aumentare la produttività del sistema, si mantiene
al di sotto del 30%.
Si utilizza la coppia poiché essendo legata alla flessione della punta, si può sempre stabilire tramite valori empirici
la possibile flessione della punta; si agisce sempre sulla variabile di processo numero di giri per ridurre la coppia.
Nelle fresatrici
Si presta molto bene nel taglio interrotto (incontro larghezze variabili in lavorazione), in tale caso vario la velocità
di avanzamento in funzione della larghezza di lavorazione in presa.

Devo rientrare in due parametri

• Potenza assorbita
• Flessione della testa del mandrino
Il controllo adattativo quindi opera quando vede superare i limiti per queste due variabili. Tengo conto che la
potenza è facile da valutare, quello della flessione dell’utensile è molto più complicato, dipende dalla geometria
utensile tipo di materiale del pezzo, staffaggio all’interno del portautensile, lunghezza esposta sul portautensile,
serve una campagna sperimentale.
Va è la nuova velocità di avanzamento.

Controllo adattativo geometrico


È la compensazione della macchina operatrice a CN. Per garantire le tolleranze al centesimo di millimetro, non è
banale abbiamo visto. Visto che gli errori si sommano, se monto insieme parti che hanno precisioni minori, non
arrivo alla fine della catena a garantire la precisione così stretta. Devo compensare gli errori della macchina. A
macchina finita e istallata, si fanno delle misure, si muove un asse per vedere effettivamente come varia la geometria
della macchina al variare dell’asse, si fa per tutti gli assi, rilevando gli errori. Si crea una matrice degli errori, se ad
esempio sto a 100, presento un certo errore e quindi a seconda di esso porto l’asse un po’ prima/meno. Ma la
macchina entra in lavorazione che anch’essa agisce sulla macchina, così come gradienti termici (dilatazione sui
componenti della macchina) cosi come ci possono essere problemi di tipo dinamici che inducono vibrazioni.
In condizioni di funzionamento è facile compensare, in lavorazione più complesso.

Per ogni possibile carico applicato devo sapere la macchina come si comporta, per ogni temperatura devo aver
mappato gli errori per ogni posizione dell’asse, è molto complesso.
Per fare tali mappe di errori, non posso sperimentare tutto quindi si ricorre a modelli virtuali semplificati (Analisi
agli elementi finiti) del sistema. Tali sistemi ci danno indicazioni attendibili sulle deformazioni elastiche del sistema,
poi i primi dati vengono validati da prove sperimentali.
Il limiti di impiego del GAC risiedono:
1. Nella difficoltà di disporre di sensori affidabili e di dimensioni limitate per valutare gli errori imputabili ai
movimenti della macchina utensile;
2. Nei costi elevati per la realizzazione dell’intera analisi de sistema (modello virtuale, simulazione,
sperimentazione);
3. Nella necessità di un’analisi preliminare con codice agli elementi finiti della struttura della macchina
utensile, per determinare l’entità della deformazione statica e termica indispensabili per compensare gli
errori.
Tali controlli di tipo adattativo si utilizzano spesso nei robot (essendo pochi precisi).

Controllo adattativo ad apprendimento (LAC)


Si basa sulla catena decisionale.
La strategia seguita è quella di effettuare una misura e di prendere una decisione ogni volta che si verifica un
inconveniente tecnologico. La decisione viene archiviata per poter essere riutilizzata, ad esempio il processo di
taglio può essere controllato da una telecamera che rileva:

• La rottura dell’utensile;
• La deformazione della punta dell’utensile;
• L’ampiezza dell’usura e la sua forma
Un processore elabora i dati dell’immagine del tagliente ed in base ad un algoritmo di apprendimento produce una
tabella decisionale dalla quale emergono le valutazioni per assumere i seguenti interventi:

• Nessun intervento;
• Sostituzione dell’utensile;
• Variazione della geometria del tagliente
Anche in questo caso è necessaria una fase preventiva di apprendimento che deve essere lasciata aperta per
successive implementazioni.

Ho la macchina in funzione, ad un certo punto mi arriva un segnale da uno dei sensori sulla macchina utensile che
rileva un anomalia (ad esempio vi può essere un sensore acustico che misura i decibel della lavorazione che
riconosce l’usura dell’utensile dall’aumentare dei decibel), tali segnali vanno nel controllo, esso fa un
riconoscimento del parametro associato per metterla in una tavella decisionale, è un database nel quale sono
associati a dei dati in ingresso delle soluzioni in uscita.
1. Arrivo del segnale/anomalia
2. Riconosciuta la situazione
3. Controllo nella tabella decisionale se la situazione è inclusa
4. Si rileva la soluzione associata
5. Si torna in macchina ad applicarla
Tale tabella decisionale è formata sulla base dell’esperienza pregressa. Per ogni situazioni si riesce a trovare
nell’albero delle situazioni e associare all’azione correttiva. Sarà molto complessa e corposa, deve poter inglobare
tutto ciò che vi può essere di anomalo.
Se non ritrovo la nostra configurazione nella tabella decisionale? Il sistema deve essere bloccato, blocco la produzione,
apprendo quei segnali di anomalia a cosa corrispondono e la soluzione da adottare, costruisco una nuova
conoscenza, la adotto e aggiungo i dati ottenuti nella memoria della conoscenza empirica, inserendo una nuova
riga, in cui associo alla nuova condizione di anomalia la soluzione corretta. Il sistema funziona bene se la tabella
decisionale è molto ampia, sono tutte conoscenze empiriche.
Tale controllo LAC quindi tale controllo adattativo ad apprendimento
Programmazione

Nel part program vi devono essere tutte le informazioni necessarie alla realizzazione del pezzo, sia geometriche
che tecnologiche.
Posso utilizzare due tipologie:
1. Programmazione manuale: utilizzo un editor di testo scrivendo il linguaggio in codice comprensibile dalla
macchina, linguaggio ISO, è sulla base della conoscenza del processo;
2. Programmazione assistita dal calcolatore: CAM (computer aided manufacturing)

• L’algoritmo è un blocco d’informazioni di senso compiuto formato da un numero finito di ordini


elementari. In linguaggio corrente è detto “programma”

• La SINTASSI dell’algoritmo descrive la struttura degli ordini, I codici usati per la loro descrizione, la
forma usata per I gruppi d’informazioni costituenti un ordine

• La SEMANTICA dell’algoritmo descrive il significato che dev’essere associato a ciascun gruppo


d’informazioni

• Nel linguaggio ISO:


o Parola: una parola è formata da una lettera (indirizzo) e da un numero
o Blocco: gruppo di parole che definiscono le informazioni necessarie per un’operazione
o Programma: insieme di blocchi che definiscono il ciclo di lavorazione di un particolare

Linguaggio ISO: PAROLE


➢ N####, Identifica un blocco;
➢ G##, funzioni definite “preparatorie”;
➢ X, Y, Z####. ###, Coordinate di un punto (mm, inch);
➢ U, V, W ###. ###, Angoli di rotazione (°);
➢ F#### o ##. ##, Velocità d’avanzamento (mm/min o mm/giro)
➢ S####, Velocità di rotazione (rpm o m/min);
➢ T#### o ##. ## identificativo dell’utensile
➢ M##, funzione miscellanea
Cicli fissi

Mi posiziono fuori dal pezzo secondo una certa profondità di passata. Mi muovo fino ad A in rapido, poi vado
verso B in condizioni di lavoro G01, poi vado in C, indietro, vado in D, e in E definendo la profondità di passata,
arrivando in F, e così via, finché non arrivo alla geometria finale definita. In termini di programmazione, ogni volta
che faccio un movimento lineare è una linea di programma, per ogni passata sono 4-5 punti di programmazione,
se ho 15 passate, ottengo 75 linee di programma, e devo farle separatamente poiché lavoro un blocco alla volta:
Per semplificare la programmazione manuale sono nati questi cicli fissi, è un G68 (sgrossatura) poi con una serie
di variabili dal significato ben preciso, definisco un porbioo, poi definisco i sovrametalli su diametro e lunghezza
(P7 e p8).
Esempio di linguaggio ISO

Programmazione
Il part program deve essere già disponibile in questa fase della macchina. Per realizzare pezzi complessi è più
laborioso col linguaggio ISO, allora si adotta una programmazione assistita dal calcolatore.
Il software CAM genera il CLF (Cutter Location File) che verrà convertito tramite post processamento in file ISO.
Tali software si basano sul linguaggio APT (Automatic programming Tool). È un compilatore, non erano grafici
all’inizio, il punto di partenza è la geometria che voglio ottenere in contempo con i mezzi
Il listato permette di riconoscere gli errori di battitura. Il processore ATP crea il CL File, poi viene post-processato
e caricato in macchina utensile
Part program: informazioni geometriche e tecnologiche, cioè definire il tipo di macchina (fresatrice, assi), gli utensili
utilizzati, tolleranze da ottenere (per l’interpolazione). Su tale base si definisce la serie di movimenti da imporre per
ottenere il pezzo.
L’APT ci permette di definire delle geometrie come ad esempio un punto, cerchio e rette:
Per geometrie 3d:

In questo caso diremo all’utensile di muoversi rimanendo sul piano in basso (Part Surface) lungo la superficie
desiderata (Drive Surface).
Altre istruzioni sono le tolleranze che diamo al percorso:

Risulta non banale definire il percorso, però con tali istruzioni risulta più semplice.

Esempio: si inizia a definire tutte le geometrie da descrivere:


Devo fare una contornitura di una piastra, ci sarà un piano di base su cui poggerà la punta della fresa per andare a
definire tutta la superficie laterale, si definisce l’altezza superiore (ho due piani settati, top e bottom) e poi dobbiamo
realizzare il profilo quindi tracciare segmenti e curve; per fare ciò devo individuare dei punti particolare (esempio
centro del cerchio, linee ausiliarie). Ogni linea dovrà possedere un nome. Una volta definiti i piani, non è necessaria
la coordinata z.
Inizio a scrivere il programma, identifico il pezzo e la macchina, poi rappresento e descrivo tutta la geometria
sempre in maniera testuale

Definita la geometria inizio a dare i parametri della macchina e dell’utensile:


Vediamo ora passando al software di programmazione CAM, essi prendono in input un file CAD 2D/3D

CAM
Essi possono modificare dei profili poiché nascono come CAD per geometrie complesse.
Posso lavorare su base solida o base superficie.
Per il primi, l’utensile è considerato anch’esso un solido, man mano che l’utensile si muove e quindi vede
l’interferenza tra i volumi, viene asportato materiale, in tale modo è generata la superficie finale, ciò è molto
dispendioso a livello computazionale, quindi si preferisce la superficie, vuol dire mantenere la tangenza tra utensile
e pezzo, è più semplice a livello computazionale, si estraggono solamente le superfici del file 3D.

Esempio di patch: è rappresentata una superficie a sviluppo quadrato; definisco le funzioni che mi esprimono le
funzioni di bordo, 𝑢 e 𝑣 rappresentano quei parametri (in senso y e x) che interpolano i vari punti per descrivermi
tutti i punti di una superficie.
Esempio: se ho una piastra in cui devo fare una certa cavità, devo prevedere il percorso dell’utensile, esistono
divere strategie a seconda della lavorazione (Sgrossatura finitura), per l sgrossatura si definiscono i livelli di z
Verrà definito l’utensile come si deve muovere all’interno del piano, (a zig-zag, curve, etc.)
Se devo fare una finitura, devo togliere le asperità dei gradini per ottenere una superficie in tolleranza, allora si
opera seguendo il profilo, su diversi piani.
Come li individuo tali percorsi? Devo seguire più profili, faccio dei piano che sono settati (in dipendenza dalla
dimensione dell’utensile). Muovo l’utensile in modo tale da percorrere lo stesso profilo (in verde) se addirittura ho
5 assi posso orientare anche l’utensile per andare a lavorare sempre in condizioni ottimali di taglio.
Altro esempio, devo svuotare una tasca:

Devo fare una sgrossatura per andare a creare una cavità, conosco un contorno e la quota del piano di base, potrei
lavorare o a spirale (o passi successivi) andando a generare degli off-set del profilo interno, sto facendo una
sgrossatura, asporto una quantità pari al raggio in sgrossatura, in tale modo trovo in maniera semplice il percorso
dell’utensile, faccio in modo che la fresa si mantenga tangente alla base, utilizzando metà del diametro della fresa.
Nel primo caso sto lavorando in concordanza, posso stabilire di lavorare sempre in concordanza, posso dire anche
in che modo deve seguire il percorso.
Proviamo a fare il programma in codice ISO:

G0: avanzamento in rapido G1: avanzamento di modalità lavoro.


Bisogna calcolare il punto C, considerando il punto di tangenza con l’utensile.

Prima parte delle slide, riassunto delle CNC


Controllo diretto da calcolatore (DNC)
Il DNC può essere definito come un sistema di produzione dove un insieme di macchine sono controllate da un
elaboratore centrale attraverso una connessione diretta in tempo reale.
I part-program vengono trasmessi alle unità di governo delle singole macchine utensili tramite cavo, direttamente
dalla memoria dell’elaboratore centrale.
Inizialmente il DNC prevedeva l’impiego di un unico calcolatore che gestiva tutte le macchine utensili con
l’obiettivo di:

• Trasferire su richiesta le informazioni alle macchine incluso il controllo;


• Raccogliere i dati di produzione ed elaborarli
È un controllo diretto che non è un calcolatore, vi era un sistema di controllo unico, quindi con un solo dispositivo
controllo tutta la linea, ma se avveniva un guasto si blocca la produzione.
Tutte le informazioni sulla produzione (cioè quelle che dal PC passano alle macchine, cioè part-program) partono
dall’unità di governo verso la macchina, insieme a tutte le informazioni sullo stato delle macchine (efficienza, blocco
delle macchine…) quindi il flusso dei dati va sia dalla macchina all’unità di governo e viceversa. Se lavoriamo
con DNC tutti tali dati vengono raccolti in una sola macchina, è un grosso vantaggio, non devo andare sulle singole
macchine a verificare cosa accade.
Struttura del DNC

I terminali sono semplicemente delle interfacce tra operatore e macchina, tutte le periferiche vanno nel terminale
centrale di programmazione.
Con il DNC è possibile:

• Controllare un insieme di macchine;


• Operare in tempo reale;
• Ridurre i tempi per il trasferimento dei part program (all’epoca il caricamento avveniva con lettore di
nastro perforato);
• Gestire gli archivi dei part-program;
Le potenzialità elencate hanno motivato lo sviluppo dei sistemi DNC nella seconda metà degli anni ‘60 soprattutto
nell’industria aerospaziale
L’unità di governo della macchina utensile ha lasciato posto al terminale DNC che è una interfaccia tra la linea di
trasmissione dei dati e la macchina utensile
Tutte le funzioni dell’unità di governo (poche all’epoca) devono pertanto essere svolte dall’elaboratore centrale
Tali vantaggi si sono persi con il CNC.
Questa soluzione presenta due problemi principali:
1. Un guasto all’elaboratore centrale determina l’arresto di tutte le unità operative. È pertanto necessario un
calcolatore di back-up, comunque non è possibile evitare l’interruzione del programma di lavoro sulle
macchine utensili controllate;
2. il minor costo del terminale DNC rispetto all’unità di governo non era in grado di compensare il costo
dell’intera architettura HW e SW necessaria alla gestione del sistema completo;
La soluzione è attuabile unicamente presso aziende dotate di un’intera officina a controllo numerico o comunque
in forte espansione.
Evoluzione del moderno DNC
È possibile combinare i due tipi, si vuole avere macchine utensile ognuna con la propria unità di governo (autonoma
e indipendente) aggiungendo un calcolatore centrale che va a svolgere i vantaggi della DNC:

• raccogliere i dati che arrivano dal reparto produttivo e immagazzinarli in un solo calcolatore
• archivio dei part program
• distribuire i part program alle singole unità di governo a seconda della produzione

Ho sempre un calcolatore centrale con tutti i suoi terminali (programmazione, memoria, stampante, connessioni
di rete), in basso vi è il reparto produttivo con le diverse unità produttive ognuna autonoma con la sua unità di
governo, ogni macchina è una CNC, però al di sopra di tale reparto vi è la creazione di una struttura piramidale in
modo da comunicare (tramite interfacce ed elaboratori intermedi) con l’elaboratore centrale, il numero di elementi
intermedi dipende dalla complessità del sistema produttivo.
Il calcolatore centrale deve garantire le seguenti funzioni:

• Accumulo e smistamento (quindi gestione del) part-program;


• Monitoraggio dello stato di ogni singola macchina utensile (BOTTOM-UP);
• Archiviazione dei dati tecnologici impiegati per le singole lavorazioni (librerie di taglio);
• Tutti i dati partono dall’unità di governo e vanno verso la produzione, quindi i part-program vengono
raccolti non sulla macchina singola ma sul calcolatore centrale, a seconda di come viene gestita la
produzione il calcolatore centrale invierà il part program alla macchina utensile così come le librerie di
taglio (dati tecnologici) all’unita di governo in modo che poi possano essere recepite dall’operatore (TOP-
DOWN)
• Verifica della durata degli utensili e archiviazione delle cause di rottura (BOTTOM UP);
• Acquisizione della cause di fermata della macchine utensili sia per guasti che per la manutenzione
preventiva (BOTTOM-UP);
• Acquisizione dei dati di produttività (BOTTOM UP);
• Verifica dello stato di avanzamento della produzione (BOTTOM-UP).
Nell’approccio BOTTOM-UP mando tutti i dati relativi alla produzione, dalle singole macchine all’architettura
centrale. Le singole macchine utensili a controllo numerico eseguono i part-program in modo autonomo.
Tali sistemi sono cablati, ad oggi si sta andando verso sistemi Wireless (a banda), ma non è semplice poiché abbiamo
grandi layout, non devo interferire con altri dispositivi, far comunicare enti diversi, quindi anche la modalità con
cui si scambiano i dati non è banale.
Si sta inserendo all’interno della macchina sensori che raccolgano dati in tempo reale, inviati al cloud, in modo da
essere archiviati in un sistema unico per poi essere analizzati in modo da tener sotto controllo la produzione e
ottimizzare essa.

I blocchi con le 𝐼11 , 𝐼12 sono delle interfacce operative che collegano il calcolatore DNC col CNC, i programmi
non vengono immagazzinati in codice ISO, ma in linguaggio evoluto (quindi software di programmazione) che
vengono convertiti al momento in codice ISO e trasferiti alla macchina utensile.
DDE: DESCRIVERE COME SI È EVOLUTO IL DNC, COME CAMBIA L’ARCHITETTURA E QUALI
SONO I DIVERSI COMPITI ASSEGNATI AL CALCOLATORE CENTRALE PIUTTOSCO CHE ALLA
MACCHINA CNC, FARE SCHEMA E COMMENTARLO.

La flessibilità
Flessibilità e produttività sono agli antitesi, non posso avere alta l’una o l’altra.

Vedi fine lezione 1.


Le linee a trasferimento sono dei sistemi di produzione usati per produrre elevati volumi di parti che richiedono
nella loro trasformazione un insieme di operazioni differenti.
Una linea a trasferimento trova la sua applicazione a fronte di:

• volumi di produzione elevati


• stabilità di progetto del prodotto
• lunga vita utile del prodotto
• costanza nel tempo del volume produttivo
Garantisce:

• basso costo di manodopera diretta


• basso costo del prodotto, poiché si allocano meglio sul prodotto, essendocene molti
• elevati volumi di produzione
• tempo di attraversamento e work in progress minimi
• occupazione dello spazio ottimale (layout del sistema produttivo)
L’idea delle linee a trasferimento nasce negli Stati Uniti negli stabilimenti Ford attorno al 1920 per realizzare una
linea di montaggio in cui però le operazioni erano tutte manuali (più persone una di seguito all’altro con un flusso
di materiale dalla stazione all’altra). La prima linea di lavorazione viene realizzata in Inghilterra nel 1923 presso gli
stabilimenti della Morris per la lavorazione del blocco motore. Sulla linea si effettuavano 53 diverse operazioni con
una produttività di 15 blocchi motore all’ora. Ciascun blocco richiedeva oltre 200 minuti di lavorazione. In questa
linea il particolare veniva movimentato manualmente tra una stazione e la successiva. La prima linea
completamente automatica appare l’anno successivo, ancora presso la Morris, per lavorare la scatola cambio.

Vi sono varie configurazioni, il principio è lo stesso, la tavola rotante va bene per un ciclo di lavorazione non
complesso poiché ho un massimo do stazioni di lavoro collocabili, per sistemi complessi è preferibile la linea.
All’interno del sistema produttivo entriamo con grezzi ed usciamo con pezzi finiti, questa è l’idea della linea a
trasferta, vi saranno dei magazzini di buffer solamente per passare al segmento successivo.

Vi è l’asse centrale (in arancio), quando la stazione collo di bottiglia ha terminato, parte il trasferimento alla stazione
di lavorazione successiva. Sulla linea a dx e/o sx, vi sono le stazioni di lavoro (in rosso) che ricordano la struttura
delle CNC, in realtà sono più specializzate poiché non ci interessa sapere un'alta flessibilità.
Tavola rotante: vi è un ingresso e uno scita, il percorso di movimentazione segue l’anello, posso avere massimo 7
8 stazioni di lavoro
Vi sono i Buffer inter-operazionali:

In questo caso vi è un percorso che fanno i componenti per arrivare alla linea successiva, si succede qualcosa nel
primo tratto di linea, vado ad accumulare nel buffer, se si blocca la prima, la seconda attinge i pezzi dal buffer per
lavorarli.
Possono anche servire nel momento in cui ho delle lavorazioni miste (automatiche/manuali) per dare il tempo
all’operatore di fare il suo compito oppure poiché l’operatore esegue il suo compito non con lo stesso tempo,
possono esserci dei ritardi. Anche in operazioni come la verifica, collaudo a fine linea.
Sull’ottica DNC, ho bisogno di un controllore che gestisce tutte le stazioni di lavoro secondo quanto programmato,
esso riceve i segnali idi fine operazione dalla linea (tutte le info che arrivano dalla linea per eseguire l’operazione
successiva, autodiagnostica, dati della produzione).
I parametri in gioco
Vi sono dei dati legati al bilanciamento del sistema produttivo, nel senso che se ho tante stazioni di lavoro, devo
avere un flusso uniforme di pezzi che attraversa il sistema produttivo, ma è molto complesso stazioni di lavoro che
mi diano stesso tempo per far lavorazioni diverse (penso ad esempio alla lavorazione del basamento, il tempo di
taglio dipende dal tipo di utensile utilizzato, dal materiale impiegato, dalle velocità di taglio, quindi foratura e
spianatura ad esempio mi danno tempi diversi), il bilanciamento ad esempio si effettua facendo eseguire alla singola
stazione di lavoro in modo che i tempi sono paragonabili tra loro ad esempio mettendo due macchine in parallelo,
potrei avere una linea che si divide (uno va a dx e uno a sx) e poi rientrano nella linea, oppure posso specializzare
le macchine, ad esempio se devo realizzare un primo foro di diametro più grande ed uno più piccolo posso
pensare di utilizzare un utensile specializzato:

In tale modo faccio tutto con una macchina, ovvio che sarà un utensile utilizzabile solamente per quella
applicazione.

Valutare la produttività
Il tempo di fermata è su base statistica, si verifica ogni quanto si verifica un guasto e il suo tempo di ripristino, sulla
base del MTTR e MTBF.

Per 𝐸 si intende il tasso di produzione.


Valuto il numero di fermate

In tale caso posso andare avanti sulla linea di lavoro. 𝑝𝑖 è la probabilità che ci sia un guasto nella stazione di lavoro,
la sommo per tutte le stazioni di lavoro e ottengo la probabilità di avere la fermata 𝑁𝑓 . Se la 𝑝 è la stessa, basta
moltiplicare per il numero di stazioni di lavoro 𝑛.

In tale caso il pezzo diventa uno scarto, non può andare avanti nella linea produttiva
In realtà non sappiamo in che ipotesi siamo.
Dovrò andare a modificare la relazione nella seconda ipotesi:
Esempio:

Vuol dire che la mia produttività sarà tra il 93 e 95 %.


Tali parametri dipendono da n e da p, tali fattori sono importanti, se aumento il numero di stazione, peggioro la p,
ma se voglio aumentare la p dovrò diminuire n.
Devo lavorare sull’affidabilità le singole stazioni di lavoro (sistemi di back-up per fare recuperare l’elemento
danneggiato) oppure inserire i buffer tra più elementi di linea, in tale modo è come se aumento l’efficienza totale,
vedo l’efficienza sul singolo tratto di linea.
Esempi di valutazione del sistema di produzione

Tali percentuali sono abbastanza comuni nel sistema produttivo, quindi quando si fanno le stime per organizzare
la produzione, si organizza la produzione del 70% delle ore disponibili.
Col buffer miglioro l’efficienza produttiva, 𝐸𝑂 𝑒 𝐸𝑥 sono i casi limite.
Posso gestire il numero di stazioni di lavoro in modo che l’efficienza dei singoli tratti si eguagli

Struttura di una linea di trasferimento


Vedemmo diverse stazioni di lavoro, i componenti traslano da una all’altra, con vari sistemi di trasporto.
Normalmente i movimenti da una stazione a quella successiva sono sincroni.
I sistemi di trasferimento possono essere basati su vari sistemi (in modo continuo, alza barra e scosta, rotaie su
cui scorre il componente, sistemi interrotti, etc.).
Il sistema di trasporto si trova sulla parte centrale della figura, le stazioni di lavoro si dispongono lateralmente al
sistema di trasferimento.
La figura sopra p una linea di lavorazione meccanica (si vedono gli utensili di taglio), si vede l’armadio, il
basamento, slitta, mandrino, motore, e utensile, ne abbiamo una a destra e sinistra. Rispetto alla macchina a CN,
non è presente l’asse z, vi è solo un asse, poiché in una linea di trasferta si tende a specializzare le macchine, ho
ridotta flessibilità.
Per realizzare gli assi inserisco quindi delle slitte più specifiche:

Possiamo avere quelle classica ma anche delle slitte più semplici a comando idraulico (movimento la slitta con
una pompa d’olio nell’avanzamento o ritorno, demandati a due sistemi diversi, cioè in blu ho il postone centrale
blu e ai lati quelli marroni di ritorno).
Posso avere varie configurazioni che posso trovare in tali linee:
All’aumentare del numero di assi abbiamo una flessibilità maggiore, per quelli a 3 assi sono solo per le operazioni
finali (dettagli del componente).
Posso specializzare anche la testa in modo da avere un solo azionamento:
Quando lavoro con tale modalità l’avanzamento è unico per tutti (ho una slitta comandata dal motore), la
velocità di rotazione può essere modificata lavorando sugli ingranaggi. È un sistema semplice se devo fare tutti
fori uguali, più complesso con fori di diametro diverso.

È un attrezzatura molto specifica ma garantisce l’allineamento delle punte rispetto al pezzo ma garantiamo la
precisione dell’applicazione.
Testa di fresatura

Motore, cinghia (per limitare le vibrazioni), movimentazione tramite due assi.


In questo caso, quando dimensiono il sistema so già cosa devo fare (ad esempio spianare) quindi sceglierò un
motore non flessibile da affrontare carichi diversi. Di solito sono di potenza limitata.
Quando devo lavorare componenti di grandi dimensioni, si può specializzare l’unità di lavoro facendo più unità
in parallelo (non posso fare più passate, devo tener d’occhio la produttività, lavoro in simultanea):
Con una sola passata lavoro il pezzo, ho di nuovo specializzato la macchina.
Altro esempio:

Qui ho due slitte (s), in basso è il sistema di trasferimento, con la a è indicata l’attrezzatura per posizionare e
riferire, bloccare il componente. Tale parte a è molto ingombrante:
Sono elementi motorizzati (aste con terminali modellati da adattarsi alla geometria del pezzo), sono molto
ingombranti e onerose. Posso avere due soluzioni di movimentazione sulla linea di trasferimento:

• Movimentare il componente libero: esso viene appoggiato sul sistema di trasferimento e viaggia, quando
arriva alla strazione di lavoro può essere inclinato o ruotato a seconda della lavorazione da fare, è molto
complessa da fare, devo prevedere ogni volta che arriva il componente un sistema di riferimento e
bloccaggio, altrimenti la lavorazione non è corretta. Il sistema arriva, partono i sistemi di allineamento
(su tre punti) che vanno a orientare correttamente il pezzo nello spazio, poi partono gli elementi che
vanno a bloccare effettivamente il pezzo sulla stazione di lavoro. Tali attrezzature sono molto
complesse, difficili da gestire ma danno molta flessibilità
• Muovere su pallet, il componente viene bloccato e riferito su una struttura di riferimento (pallet) che è
più semplice da gestire come movimentazione ma meno come lavorazione essendo orientato sempre
nello stesso modo, le superfici che sono in contatto col pallet non potranno essere lavorate, se volessi
lavorarlo, devo smontare e rimontare su un altro pallet.
Altro esempio:

Vuol dire che sto facendo una finitura di fori (alesatura) quindi sto lavorando ad alte velocità con bassi carichi,
quindi posso avere un motore di tipo diverso, deve soddisfar requisiti di finitura. Per la traslazione del pezzo, uni
dei sistemi più utilizzati per trasferimenti di tipo intermittente (parto, fermo i pezzi, poi si blocca), è al barra alza
e sposta (Walking beam)
VIDEO YOUTUBE
Quando la lavorazione è terminata, sale, si sposta in avanti e scende.

Traslazione del pezzo


La lavorazione di un particolare su una transfert necessita di una fase detta di “traslazione” in cui il particolare
viene traslato da una stazione alla successiva.
La traslazione avviene in tre fasi:

• Presa
• Spostamento
• Rilascio
Il meccanismo più usato è il dispositivo alza e sposta, composto da:

• Barra a sezione prismatica con le “manine” per l’aggancio del pezzo


• Leve di sollevamento
• Dispositivo di traslazione
Può capitare che il cliente voglia delle piccole modifiche del componente, la lavorazione avviene per tuta la linea
standard, vi è la possibilità di inserire moduli flessibili a fine linea:
In pratica sono delle CNC, inserisco magazzino utensili e ho 3 assi di lavorazione.

FMS (Flexible Manufacturing Sistem)


Un sistema flessibile di lavorazione o FMS (Flexible Manufacturing System) è un sistema di lavorazione
altamente automatizzato che consiste di macchine a CNC interconnesse da un sistema automatico di
movimentazione dei pezzi controllato da un sistema distribuito di microprocessori. La distinzione dalle
linee a trasferimento consiste nel fatto di poter lavorare contemporaneamente sulle varie stazioni di
lavoro pezzi differenti e il mix di parti e la loro quantità può essere aggiustata al variare della domanda.
VIDEO MCM (azienda)
È molto difficile da gestire però una volta implementato è un sistema molto flessibile (molto in voga
negli anni 80), rispondeva bene alla produzione a lotti di componenti (di famiglie analoghe) ma ora si
vuole una personalizzazione più spinta, si sono sviluppate altre soluzioni (sistema Agile).

I buffer funzionano da stazioni di trasporto secondario (anche loro hanno i controllori) tutto ciò è
comandato dal controllo centralizzato che dirige il sistema di trasporto e le singole macchine ma funge
anche da comunicazione col mondo esterno (come gli DNC).
I requisiti di un FMS sono:
1), 2),4) requisiti rispettati, per il 3) solo in condizioni particolari, cioè di cella replicata allora SI,
altrimenti NO.
Abbiamo inteso la flessibilità come di prodotto, ma si può intenderla anche come flessibilità di
lavorazione, produzione, di mix, di varianti di prodotto, di percorso (si richiede alla FMS, per utilizzare
al meglio le macchine il ciclo di lavorazioni pensato è una delle possibili strade per portare il grezzo finito,
ma quando faccio la definizione dei cicli di lavoro, potei decidere di fare percorsi diversi, il componente
finito deve essere sempre lo stesso, ho cambiato il modo di produrlo, si stabilisce quindi un ciclo ottimo,
ma se si parla di ciclo flessibili, le cose cambiano.
Se delle stazioni sono impegnate, posso utilizzare percorsi paralleli, il calcolatore è in gardo di calcolare il percorso
tale per cui mi dia una saturazione ottima.
Si cerca di avere un unico punto in cui arrivano i grezzi ed escono i finiti (soprattutto per la gestione dei
pallet, poiché smonto e monto i pezzi nella stessa posizione).
Ho difficolta a movimentare molti carrelli contemporaneamente (massimo 1-2), quindi si passa ad:
AGV:

Sono quelli più flessibili, possono movimentarsi autonomamente (vengono programmati con una sorta
di GPS incorporato, vengono detti robot mobile) ma essi vanno a batteria di durata limitata, devono
andare in stazione di ricarica. Si deve prevedere uno spazio in cui l’AGV si ferma e si ricarica per poi
rientrare nell’anello.
Anello: ho un anello centrale che smista agli anelli secondari.
Aperti: uso gli AGV.
Poi ho sistemi di movimentazione con i robot.

Il sistema più semplice è quello in linea, si prevede che il pezzo si muova su un verso o indietro. Ho un unico
punto di accesso sia per i grezzi che per i finiti. Si cerca di ottenere questo per gestione dei pallet, montaggio e
smontaggio pallet.

Il problema essenziale è che vi è un alto numero di movimentazione, allora si usa il sistema ad anello, ho una
zona di carico scarico grezzi e finiti poi i grezzi partono muovendosi su tutto l’anello, seguono il verso e quando
devono andare alla stazione di lavoro vengono dirottati alla macchina.
L’AGV, è più avanzato, permettono il movimento rapido, il problema è che vanno a batteria, e quindi non
sempre hanno carica elevata, bisogna prevedere sistemi di ricarica una stazione di carica. L’AGV è comodo per la
sua flessibilità e perché offre la possibilità di accrescere le proprie posizioni di lavoro qualora fosse necessario, gli
AGV vengono riprogrammati per il nuovo sistema di trasporto.
Trattiamo dell’ultimo sistema produttivo ovvero MCM, dove ho una grandissima flessibilità. Cerco quindi di
raggiungere la personalizzazione del prodotto.
Personalizzato vuol dire che il produttore impone delle scelte da rispettare. Come rispondo a questo problema?
Cambio la visione del sistema di produzione.
I sistemi agile sono il trend del momento
Cosa vuol dire fare produzione agile? Diverse compagnie/reparto mettono in comune le competenze per
lavorare in team, e ottenere soluzioni in modo iterativo.
In ambito di produzione vuol dire: affrontare il mercato in maniera dinamica in modo da adattarsi ogni volta per
rimanere competitivo sul mercato. Quindi un sistema agile deve modificare istantaneamente il percorso dei
componenti in modo da adattarsi al ciclo di lavorazione, e se c’è una nuova esigenza fa variare le componenti per
avere il risultato finale. Ancora non ci siamo arrivati, ma ci stiamo muovendo per ottenere sistemi di questo tipo.

Come configuro i sistemi agili? Ho due casi: cella agile in cui trovo diverse macchine utensili che vengono
collegate a matrice; vediamo le celle che sono moduli CNC, che sono disposti a riga e colonna. Non ho sistemi di
movimentazioni esterna. È una matrice libera, questi sistemi non sono bloccati in maniera fissa alla fondamenta,
in modo che questo possa essere cambiato se serve. Il sistema di trasporto è pensato in modalità aerea, per cui ci
sono delle traverse aere con bracci robotizzati che accedono alle macchine dall’alto, e possono muovere le
macchine da una postazione ad un'altra. Per collegare le diverse righe, ho un trasporto a pavimento, posso
spostarmi da un collegamento ad un altro.

Pianificazione della produzione


È una delle chiavi per gestire la produttività in un sistema di produzione di servizi, valuto l’efficienza della
produzione, per utilizzare al meglio la struttura, rispettare gli ordini per ottimizzare al meglio i tempi di consegna
(sia dei fornitori, sia dei clienti). Ho bisogno di metodi per poter pianificare la produzione, essendo la variabilità
dei prodotti e quantità elevate in azienda (di solito, se non si parla di artigianato).
Esigenze per cui si deve pianificare la produzione:

• Aumento dei volumi produttivi


• Diversificazione delle esigenze dei clienti: positivo per il cliente, impegnativo per il produttore
• Maggiore competizione: su vari piani, sia di qualità ma anche sui tempi di risposta, innovazione
• Crescente disponibilità di nuove tecnologie
• Maggiore velocità nei trasporti e nella comunicazione: caratteristica dell’ambiente produttivo in cui ci
troviamo
• Presenza di nuovi servizi: in particolar modo negli ultimi anni, come manutenzione, supporto,
istallazione, non si vende più il prodotto, ma una serie di servizi per differenziarmi dal mercato
• Maggior numero di componenti del sistema e relazioni tra essi: ho necessita che gli attori nel sistema
produttivo comunichino tra loro, affinché si scambino le informazioni in modo da avere un efficienza
maggiore.

Vedremo come rispondere a tutte queste domande.


Gestione della produzione

Si parte come al solito da una semplificazione del problema, per poi dettagliarlo.
Per lungo periodo si deve intendere sempre contestualizzato al tipo di prodotto (telefoni, aerei, etc.) considerato. In
esso vado a fare la pianificazione.
Nel medio periodo farò la programmazione e nel breve periodo il controllo, ho delle informazioni più precise e
dettagliate per il mio sistema produttivo, si mi dice se il sistema sta andando effettivamente nella mia direzione
programmata, in modo tale da non avere “sorprese” per il lungo periodo.
Approccio gerarchico
Ci aiuta a scomporre il problema complessivo.
Pianificazione della produzione
La pianificazione della produzione è il processo con cui si definisce ed impegna l’ammontare delle risorse
(manodopera, macchinari, attrezzature, materiali) di cui l’azienda avrà bisogno per le sue attività produttive future,
e l’allocazione di queste risorse per ottenere il prodotto desiderato, nelle quantità stimate, al tempo previsto, ed al
minor costo totale possibile.
Fasi della pianificazione della produzione:
La programmazione della produzione può essere strutturata in quattro fasi principali:

• Pianificazione strategica della produzione: non verrà trattata, è eseguita su lungo termine, il livello di
precisione dei dati disponibili è basso, serve a valutare le variazioni di capacità da assegnare al mio sistema
produttivo.
o Il piano strategico aziendale è un piano di lungo periodo (3-10 anni) e rappresenta la guida di tutta
l’azienda in quanto comprende problematiche quali:
▪ il tipo di prodotti;
▪ –il processo di marketing e vendite;
▪ –il tipo di mercato;
▪ il tipo di distribuzione;
▪ i metodi di finanziamento ed il fabbisogno finanziario

• Pianificazione aggregata della produzione: è eseguita sul medio lungo termine, il livello di precisone
dei dati disponibile è quello medio, mi serve un dato di previsione della domanda che verrà fatto su un
orizzonte temporale di circa un anno, ma devo discretizzare l’anno in intervalli di tempo (considero quella
giornaliera, settimanale o mensile…).
L’obiettivo è quelli di organizzare e allocare le risorse esistenti e verificarne l’adeguatezza al piano della
domanda prevista e nota (dagli ordini di portafoglio più gli obiettivi di marketing).
Devo quindi soddisfare la domanda in modo efficiente.

Le variabili su cui si può agire nella fase della pianificazione aggregata sono:
o il livello di impiego della manodopera
o la creazione di scorte o meno: nei periodi di picco di domanda ho sempre lo stesso livello di
produzione ma ho aumentato le scorte in magazzino, disponibile per far fronte ad andamenti di
crescita della domanda
o il subappalto in caso di eccesso di domanda: il sistema sta lavorando al massimo, i miei magazzini
sono pieni, e quindi mi rivolgo ad un’altra azienda che produrrà per me, cambierà il costo di
produzione
o l’investimento in strumentazione ed impianti: se la domanda è in crescita costantemente, devo
poter valutare investimenti.

• Pianificazione principale della produzione: l’orizzonte temporale è più breve (se prima era un anno,
ora sono 2 -3 mesi) ciò mi consente di aumentare la precisione dei dati previsti, posso correggere
l’andamento della produzione in base agli ordini che ho già ricevuto.
• Pianificazione operativa: è quella di brevissimo termine (giornaliera-settimanale)
Le informazioni hanno un livello di dettaglio relativo al singolo prodotto. Il livello di precisione dei dati
disponibili è elevato e senza grossi margini di variabilità, possiede un periodo di riferimento pari al giorno,
settimana o mese. A seconda dell’obiettivo, uso degli indicatori che mi permettano di valutare le
performance, e poi vado ad ottimizzare il tutto.

Ho le 4 fasi della pianificazione (PSP pianificazione strategica in cui per apertura aziendale intendo che ho una
visione dell’evoluzione del sistema, APP pianificazione aggregata, MPS pianificazione principale, POP
pianificazione operativa.

Pianificazione aggregata della produzione


Ho bisogno di alcuni dati in inputi:
o Previsione di lungo termine della domanda: intervallo di un anno divisi in trimestri
o Risorse Umane disponibili: quali sono le ore uomo che ho a disposizione, o meglio qua è la mia capacità
produttivo rispetto alle risorse umane del mio sistema produttivo, non sto parlando in termini tecnologici.
o Magazzino: quanta merce ho già in magazzino
o Costi di produzione: quanto costa produrre un determinato prodotto, vi sono molti tipologie di costi, ci
riferiamo ai costi legati alla pianificazione della produzione, cioè se ho un certo numero di operai che
lavorano per un tot di ore, 8 a testa ad esempio, se produco nell’orario standard ho un costo, se produco
quell’oggetto in un orario straordinario, il costo del lavoro sarà maggiore. pianifico in modo tale da
sfruttare le ore di lavoro a disposizione in tutto il periodo in cui sto programmando.
o Vincoli di capacità: devo sapere quali sono i vincoli (ad esempio anche usufruendo di subappalto).

Obiettivi:
Minimizzare i costi
Massimizzare i profitti
Massimizzare il servizio ai clienti (lead time per il cliente più corto possibile, cioè il tempo che intercorre da quando io
faccio l’ordine fino al momento in cui ricevo il prodotto), vuol dire evadere gli ordini nel più breve tempo possibile.
per minimizzare il lead time, posso aumentare le scorte
Minimizzare gli investimenti in scorte: va in contrasto con la richiesta di diminuire il lead time, aggiungo dei costi di
magazzino.
Minimizzare le variazione dei livelli di produzione / forza lavoro: cercare di mantenere i ritmi produttivi costanti.
Massimizzare l’utilizzazione degli impianti e degli strumenti: se ho investito per i macchinari, devo anche usarli altrimenti
non ha senso l’investimento.

Se ho una previsione di domanda di questo tipo, posso adoperare varie alternative:


Alternative Aggressive: tentano si modificare la domanda e quindi la richiesta di risorse, come ad esempio:
o Differenziazione dei prezzi per livellare la domanda, riducendola nei periodi di punta ed aumentandola nei
periodi di minore richiesta, come ad esempio sconti sui prodotti oppure differenziare le tariffe nel
momento in cui ho i picchi.
o Sviluppo della pubblicità per stimolare la domanda in quei periodi in cui è meno sostenuta, investo sul
marketing (testimonial, investo sull’immagine del prodotto) per poter far risalire la domanda nel periodo
di calo.
o Sviluppo di prodotti complementari, tipico di imprese soggette a cicli stagionali. È tipico dei prodotti.
Voglio quindi ridurre il più possibile gli sbalzi e le fluttuazioni. Nel caso di domanda più possibile costante, gli
sforzi di programmazione sono bassi.
Alternative Reattive: consistono nel soddisfare la domanda assunta essere data e immodificabile, inseguo la
domanda, mi organizzo il sistema produttivo in base alla domanda.
Consentono di modificare la capacità produttiva per adeguarla alla domanda ricorrendo ai seguenti provvedimenti:
✓ Variazione della forza lavoro
✓ Ricorso al lavoro straordinario
✓ Ricorso al magazzino
✓ Ricorso al subappalto
✓ Accordi con altre società
✓ Accettazione ordini in anticipo
✓ Possibilità di posticipare la consegna

Formulazione del modello di ottimizzazione


Voglio minimizzare i costi, quindi devo esplicitare la formulazione dei costi, le variabili sono:

𝑄𝑅𝑡 cioè per ogni intervallo di tempo t, sul turno ordinario

𝑄𝑂𝑡 è il numero di prodotto prodotti in orario straordinario

𝑄𝑆𝑡 è la quantità di prodotti che subappalto

𝐼𝑡 sarà il magazzino nell’istante t, quanti prodotto ho nel magazzino


Per passare ai costi devo definire i costi unitari di produzione:

𝑟 è il costo unitario di produzione ordinaria

𝑐 è il costo unitario di produzione straordinaria


𝑠 costo unitario del prodotto esternalizzato

ℎ è il costo unitario del magazzino, che può variare dal tipo di prodotto che devo stoccare.

𝑟 𝑄𝑅𝑡 + 𝑐 𝑄𝑂𝑡 + 𝑠 𝑄𝑆𝑡 + ℎ 𝐼𝑡


È il costo totale per ogni periodo t, se faccio la sommatoria ho il costo complessivo, ne prendo il minimo:
𝐼

𝑚𝑖𝑛 ∑ 𝑟 𝑄𝑅𝑡 + 𝑐 𝑄𝑂𝑡 + 𝑠 𝑄𝑆𝑡 + ℎ 𝐼𝑡


𝑡=1

Ho tutte incognite, tranne 𝐼𝑡 essendo un bilancio tra quello che entra e che esce:

𝐼𝑡 = 𝐼𝑡−1 + 𝑄𝑅𝑡 + 𝑄𝑂𝑡 + 𝑄𝑆𝑡 − 𝐷𝑡


Dove 𝐷𝑡 è la domanda che ho dovuto soddisfare.
Se volessi minimizzare i costi andando a variare le quantità prodotte, otterrei la soluzione 0, non produco e non
guadagno.
Introduco quindi i vincoli del problema per trovare la soluzione che non sia quella banale:

0 ≤ 𝑄𝑅𝑡 ≤ 𝑅𝑡
Dove 𝑅𝑡 è quanto posso produrre durante il lavoro ordinario di lavoro

0 ≤ 𝑄𝑂𝑡 ≤ 𝑂𝑡
In genere 𝑂𝑡 sarà al massimo il 20% di 𝑅𝑡 per vincoli di legge.

0 ≤ 𝑄𝑆𝑡 ≤ 𝑆𝑡 (𝑐𝑎𝑝𝑎𝑐𝑖𝑡à 𝑒𝑠𝑡𝑒𝑟𝑛𝑎)


Il livello iniziale del magazzino è 𝐼0 ≥ 0 , invece 𝐼𝑡 è il magazzino finale nel caso in cui io voglia stabilire il valore
del magazzino finale (potrei volere un livello di magazzino a fine produzione definito non nullo).
Come risolvo questo problema? Metodo del tableau
Sto utilizzando un orizzonte temporale discretizzato (in questo caso per 4 intervalli di tempo, time bucket)

L’ultima colonna rappresenta i vincoli produttivi, nella penultima vi è la capacità non utilizzata.
Esempio
Vedi file Excel.

Formulazione del modello (continuo/riepilogo)


Abbiamo stabilito i quntitaviti da produrre in ogni trimestre e per ogni produzione (ordinaria, straordinaria o
esterna). Avevamo dei vincoli poiché il sistema ha una capacità produttiva, devo prendere in considerazione
quanto posso produrre. Risolvemmo col metodo del tableau tale problematica:

Vediamo come risolvere il problema con il solver di Excel:


Nota: abbiamo preso in condsiderazione nelal capacità produttiva del sistema il limite degli operai, non quelli
delle macchine, va imposto il vincolo della risorsa tecnologica.
Master production Schedule
Si applica o a prodotti finiti o ad assemblati del livello piu alto o materie prime a seconda della strategia del livello
produttivo.
Il magazzino nell’MPS viene definito come:

𝐼𝑡 = 𝐼𝑡−1 + 𝑀𝑃𝑆𝑡 − max{𝐹𝑡 , 𝑂𝑡 }

Prendendo il massi siamo in atteggiamento conservativo.


Si vuole un magazzino non negativo ma non troppo ampio essendo ad essi legati i costi di stoccaggio.
Ho le previsioni per ogni settimana (20 per giugno e 40 per luglio), insieme agli ordini già acquisiti.
In questo caso avrò:

𝐼1 = 𝐼0 − 23 (𝑒𝑠𝑠𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑖𝑙 𝑚𝑎𝑠𝑠𝑖𝑚𝑜 𝑡𝑟𝑎 𝑂𝑡 𝑒 𝐹𝑡 ) + 𝑀𝑃𝑆𝑡 (𝑞𝑢𝑎𝑛𝑡𝑖𝑡à 𝑛𝑜𝑛 𝑛𝑜𝑡𝑎)


Introduco una quantità MPS solo quando risulta un magazzino negativo, quindi nella prima settimana così come
la seconda settimana di giugno non ho bisogno di MPS, attingo dal magazzino, è già sufficiente a soddisfare l’ordine
già ricevuto. Nel 3° periodo non sto soddisfacendo la domanda se il magazzino è negativo, vuol dire che devo
produrre, va inserita una MPS di almeno 18.
In tale problema il lotto di produzione ha un livello fisso di 80, cioè è il miglior lotto produttivo:

Stiamo programmando su previsioni, sperando che vi siano altri ordini che mi porteranno la domanda effettiva a
20.
ATP si calcola in modo differente se si tratta o meno del primo periodo
Material Requirement Planning
Pianifico tutto ciò che è necessario per effettuare la produzione che ho pianificato con i vari tipi di
pianificazione, devo dotarmi delle competenze, quindi devo pianificare gli ordini da fare verso l’esterno.
Devo essere sicuro che non vi siano mancanze di materiali/componenti che mi blocchino la
produzioni, in modo tale da evitare ritardi che possono diventare dei costi.
Si parte dal risultato finale (ad esempio un PC), verifico tutto ciò che mi serve per assemblarlo,
dopodiché ogni componente potrò essere commissionato all’esterno o all’interno quindi devo far
partire ordini interni sui singoli componenti che hanno date di scadenza ovviamente precedenti a quella
del prodotto finale.
Le informazioni da considerare sui prodotti ora sono più dettagliate, tale informazione è contenuta
nella bill of material (distinta base) è la lista di tutti i componenti e semi-componente assemblati che
occorrono per assemblare un’unità di prodotto finale.
Le istruzioni su come effettuare il montaggio sono date dal ciclo (o sequenza) di lavorazione per
arrivare alla produzione del prodotto finito.
La BOM può essere rappresentata in vari modi, tabellati o ad albero di prodotti, mediante un grafo in
cui tutti i componenti sono elencati per livelli.
I nodi (rettangoli) sono i componenti che necessito, gli archi sono gli elementi che mi permettono di
passare da un componente ad un altro più evoluto.
Ha un nodo radice che ha solo “genitori” ma non ha “figli”. Nel mio caso il nodo radice è A. C è un
nodo intermedio.
Livello: numero di archi che separano il componente 𝑥 dal prodotto finito. Il livello del prodotto finito
è posto a 0. Serve introdurre i livelli nell’applicare l’MRP poiché è una procedura che devo ripetere
seguendo una gerarchia data proprio da tali livelli.

Un componente può trovarsi all’interno dell’albero in vari livelli, quindi per convenzione assegnerò a
tale elemento il lower-level code.
Si fa questo per capire i quantitativi che realemtne mi servono. Se applico la procedura MRP, seguendo
l’albero, scendendo dall’albero di prodotto.
SPESA MERCATO’

A 1 2 3 4 5 6 7 8
GRt 15 20 50 10 30 30 30 30
SRt 10? 10 100
ASRt 100
20=10+10
POH|20 5 5 55 45 15 -15
NRt 15 30 30
75

𝐼𝑡 = 𝐼𝑡−1 − 𝐷𝑡 = 20 − 15 = 5
5 + 10 − 20 = −5
L’ordine SRt-1 posso spostarne la data di consegna dell’ordine in base a quando il magazzino diventa
positivo.
Nel 3° periodo ho una domanda di 50, però avevo gia inviato 100 unità per la 4° settimana ma mi rendo
conto che dovevo anticiparlo, quindi lo anticipo alla 3°.
Nel 4° periodo devo generare nuovi ordini, ho uan domanda di 10, magazzino 55 riesco quindi a
soddisfare, stessa cosa per il 5° periodo. Il valore di 15 è il reale fabbisogno produttivo.
Dalla prima riga in cui avevo il fabbisogno lordo, siamo arrivati a dire che necessitiamo 15, 30 30 sono
degli ordini che devono partire negli ultimi periodi. Ma in che modo ?
Nella 6° settimana mi deve arrivare un quantitativo di 75.
Regole di lottizzazione
FOP (fixed order period): prendo dei quantitativi fissi e li sommo.
Nel periodo 6° 15 li prendo e li consegno, gli altri 60 li metto in magazzino, quindi i costi di magazzino
devono essere trascurabili o inferiori rispetto a quelli produttivi, se invece i prezzi sono elevati per
lo stoccaggio, non faccio tutti i 75 nel 6° periodo, ma ad esempio:

A 1 2 3 4 5 6 7 8
GRt 15 20 50 10 30 30 30 30
SRt 10? 10 100
ASRt 100
20=10+10
POH|20 5 5 55 45 15 -15
NRt 15 30 30
PORt 15 30 30
Cioè 15,30,30. E’ una politica di lottizzazione LFL (lot for lot).
Oppure ancora FOQ (fixed order quantity) =80, ordino il lotto economico di produzione già individuato.
Se ho un FOP con p=2 ottengo ad esempio:

A 1 2 3 4 5 6 7 8
GRt 15 20 50 10 30 30 30 30
SRt 10? 10 100
ASRt 100
20=10+10
POH|20 5 5 55 45 15 -15
NRt 15 30 30
PORt 45 30
POSt 45 30

Se voglio che la consegna sia puntuale nella settimana 6°, l’ordine deve partire nella settimana 4 e l’altro
nella settimana 6 per poter arrivare alla settimana 8.
Nota: la fase di netting si conclude sulla riga del Netting Requirment (NRt), penultima riga → lot sizing,
ultima riga → time phasing.
Vedi slide da 16 a 43.

Tornando al caso in cui ho un POSt nel primo periodo di 25*, come lo gestisco? Il problema è nel lead
time (troppo grande rispetto al periodo)

Schedulazione della produzione


Pianificare, programmare nel dettaglio delle attività stabilendone l’ordine e il momento
dell’esecuzione.
Da qui in poi vedere le slide, niente di più, niente di meno
I robot industriali
Il termine robot deriva dal cecoslovacco “ROBOTA” che significa lavoratore e nel comune linguaggio
industriale indica una macchina con (idealmente) funzioni e capacità simili a quelle dell’uomo, utilizzati
per campi di applicazione “rischiosi” per l’uomo.
Idealmente il robot è una macchina in grado di compiere operazioni di cui è capace l’uomo senza essere
affetta dai suoi limiti. Si presta bene a movimentare carichi pesanti, o anche verniciatura, in fonderia per
spostare metallo fuso, entrare in ambienti radioattivi per perlustrazione, operazioni ripetitive di
assemblaggio. Il robot è adatto per operazioni ripetitive, dove si necessita la capacità di risolvere il
problema, il discernimento, è affidato all’operatore (rifinitura, controllo e collaudo).
Secondo una definizione maggiormente ricorrente il robot è “un manipolatore multifunzionale
riprogrammabile (funziona in modo automatico sulla base di un programma), progettato per
movimentare materiali, pezzi, utensili o attrezzi speciali attraverso movimenti variabili programmati per
l’esecuzione di una varietà di operazioni”. Una stessa unità di robot può essere utilizzata per operazioni
diverse, è flessibile cambiando attrezzatura finale e programma, tuttavia essendo collocati in ambienti ad
elevata automazione, non è molto sfruttata tale flessibilità.
Le caratteristiche peculiari dei robot sono pertanto:

• la possibilità di manipolare oggetti (di peso elevato, circa 270 320 kg) o utensili;
• la flessibilità (applicazioni metrologiche etc.…).
Entro certi limiti possono svolgere lavorazioni meccaniche come:

• Sbavature (di pezzi stampati, non di precisione);


• Taglio (in fonderia, il taglio delle parti accessorie cioè smaterozzature).
Essendo poco rigidi, devono poter essere stazionari, oppure la movimentazione deve essere a velocità
ridotta altrimenti si innescano le vibrazioni. In questi casi l’utensile motorizzato viene installato
sull’estremità del robot.
Ragioni sociologiche

• Mancanza di personale che accetta di dedicarsi ad attività puramente manuali e ripetitive o in


ambienti insalubri;
• Tendenza alla progressiva riduzione dell’orario di lavoro;
• Aumento del tenore di vita;
• Progressivo aumento del costo della manodopera
Ragioni tecniche:

• Le prestazioni tecniche dell’uomo non sono più sufficienti per l’esecuzione economica di un
sempre maggior numero di operazioni;
Ragioni economiche

• Crescita della concorrenza sui mercati mondiali;


• Utilizzo di impianti costosi la cui resa economica viene garantita solo da un loro intenso
sfruttamento ottenibile con i robot.
All’uomo resta dunque l’operazione di programmazione, controllo e supervisione dell’attività svolta dai
robot.

Con 6 gradi di libertà posso raggiungere qualsiasi punto nello spazio, aggiungere assi ridondanti complica
lo studio del cinematismo.
Si permette al robot di non essere vincolato, ma può essere posizionato su un binario a pavimento per
far traslare il robot, per far asservire più stazioni di lavoro, tale movimento viene conteggiato come 7°
grado di libertà.

(a) 3 gradi di libertà di traslazione, tale struttura è detta cartesiana


(b) sostituisco la traslazione alla base con una rotazione, la struttura è detta cilindrica
(c) sostituisco ancora un’atra rotazione, il braccio si può inclinare, ho un asse di rotazione orizzontale,
struttura detta sferica
(d) ho die rotazioni alla spalla, con l’aggiunta della rotazione al gomito, detta articolata o antropomorfa
Si aggiungerà un’altra struttura detta sacra, sono due rotazioni intorno ad assi tra di loro paralleli.

È facilmente scalabile, può essere molto piccola o molto grande. Può essere utilizzata in applicazioni di
assemblaggio o applicazioni metrologiche non precise (tastatori), siamo sul decimo di millimetro. Hanno
una struttura comoda se configurata con braccio a sbalzo in asservimento delle linee.
Quando si programmano i robot hanno un proprio linguaggio di programmazione.
Devo individuare i movimenti degli assi che mi consentano di raggiungere un punto specifico nello
spazio, oppure posso iniziare a muovere un asse.
Diretto: muovo direttamente gli assi per raggiungere il punto P.

Inverso: voglio raggiungere un punto, valuto quale deve essere la movimentazione del robot asse per asse.
Conosco la posizione da raggiungere nel sistema 0, e raggiungo le coordinate 𝑒
Vuol dire fare trasformazioni delle coordinate. Nota: z uscente dal polso del robot.
Si nota il tubo che serve per portale l’alimentazione al motore per attuare il movimento, essi vengono
inseriti vicino al giunto, si crea un ingombro, ma anche una limitazione per i movimenti. Il volume di
lavoro (mostrato sopra) del robot è una porzione di cilindro limitata in altezza e sul raggio, si nota
che la rotazione non è un angolo giro, l’asse 1 varia da ± 135°. Di più non è necessario essendo macchine
disposte su una linea, sono di asservimento.
Il sistema world è sempre la classica coordinata di riferimento, messo sulla base, sull’asse di rotazione.
Per il robot ho un sistema di coordinate polari, descrivo il polso con 1 rotazione e 2 traslazioni 𝜃, 𝑟 𝑒𝑑 ℎ.
Vediamo come si trasformano le coordinate, sia dalla cinematica diretta che dalla inversa:
Trovo le due soluzioni possibili per andare da A a B, ma non saranno entrambe attuabili, quel robot avrà
un suo volume di lavoro (parte in arancio):

Vuol dire che potrò fare solo la rotazione oraria, vi sono dei limiti nella movimentazione, solo 1 angolo
sarà ammissibile, sarà compito dell’unità di governo stabilire i vincoli di movimentazione.
Tale configurazione è stata il precursore di quella antropomorfa, è inutile.

Per la cinematica inversa avrò invece:

Ho due possibili valori di 𝑧 𝑒 𝜙 quindi 4 possibili soluzioni, dovrò valutare i limiti degli angoli per vedere
qual è la soluzione corretta. Tutte le volte che devo far eseguire calcoli basati su algoritmi, devo riuscire
ad avere un algoritmo non troppo complesso altrimenti ho tempi di risoluzione elevati per far compiere
il movimento istantaneamente.
Si utilizzano nel momento in cui ho necessita di movimentare sul nastro trasportatore con elevata
produttività e precisione.

Il polso

Per muovere il polso, l’azionamento è posizionato non sulla parte terminale, poiché il carico si preferisce
posizionarlo il più vicino possibile alla base, li posiziono al gomito. Se posiziono altri elementi (quali pinza
di saldatura) sul polso, ho la necessita di portare dei cavi al polso ma allo stesso tempo sto limitando i
movimenti ammissibili. Posso pensare di fare l’albero del polso cavo in modo da aumentare la flessibilità.
La flangia finale del polso è standard essendo i produttori dei roboni non gli stessi di quelli delle
attrezzature da montare su robot, inoltre essi non vengono computate nel conteggio dei gradi di libertà.

La mano
La mano del robot o end effector è uno degli elementi più importanti nella struttura del robot; la
configurazione della mano è funzione dell’impiego del robot
La mano è dunque quel dispositivo che, collegato al polso, consente al robot di eseguire i compiti a cui è
stato destinato
Può essere costituita da:

• Un organo di presa (pinza);


• Un utensile (non da taglio)
Organi da presa a comando meccanico

Posso creare anche un intelaiatura se ho esigenze di dimensioni più elevate, è richiesta una certa resistenza
meccanica, ad esempio non posso trasportare lastre di vetro, necessito l’accesso da entrambi i lati del
pezzo, ad esempio se ho tanti fogli di lamiera impilati posso utilizzare dei magneti.

Figura 22 Si nota la zona in gomma, in blu, al centro il magnete, in modo tale da poter essere spinto verso l'alto (il magnete)
Funzionano con aria compressa, a destar vedo dei tubi che portano aria compressa:

E’ problematico se vi sono delle forze di taglio (non vi è resistenza a taglio), oppure potrebbe fare effetto
vela durante la movimentazione, quindi bisogna movimentare non troppo velocemente, viene interposta
quindi la gomma, che viene schiacciata, per attrito genero un po' di resistenza a taglio.
È un po’ scomodo portare l’aria compressa alla punta del robot, si è quindi studiato un sistema con
elettromagneti, magnete fisso.

Se il materiale non è ferromagnetico (lamiere di alluminio, lastre di vetro) utilizzo un sistema a ventosa
(materiale elastomerico che si adatta alla geometria del pezzo, a differenza del magnete che offre una
superficie piana) per creare una depressione inviando area compressa, fatta passare attraverso una
strozzatura che crea un ∆𝑝.
Non va bene per il trasporto di carichi pesante.
Organi di presa

Si utilizzano degli organi di presa (magazzini) o meglio un’area adibita in cui vado a posizionare utensili
con la flangia ben accessibile dal robot.

Robotica (continuo)

Il laser lavora solo sul fuoco, la cui distanza è focalizzata dalla lente,
esso funziona solo sul fuoco (a meno di un piccolo intervallo), quindi
la posizione del fuoco deve essere controllata in funzione della zona
da saldare, ma i robot non sono precisi, quindi non ho una
lavorazione di precisione (errori di alcuni millimetri), si utilizza quindi
una sensoristica che rileva istante per istante la posizione relativa tra
testa e laser, in modo da seguire il profilo ed eseguire la saldatura

Deposito di sigillante in maniera controllata e uniforme, è un sistema automatico.

Sistema di azionamento
Dobbiamo movimentare i robot, i motori vengono messi sui giunti, utilizziamo i motori elettrici (sistemi
che si interfacciano semplicemente con l’UI, sono compatti e hanno buone prestazioni).
Possiamo anche avere azionamento con cilindri pneumatici od oleodinamici (posti vicino ai bracci dei
robot. Per lo pneumatico va bene per robot di piccola taglia, è semplice:

Non è adatto a trasportare carichi medio-elevati, essendo all’interno area compressa a 5 bar, quindi è
comprimibile.
Aggiungere cose.
È un armadio collocato a ridosso della griglia di protezione del robot, vi devono essere dei sistemi di
sicurezza, il volume di lavoro del robot deve essere inaccessibile dall’operatore.
Vi è anche la cabina elettrica di fianco che vanno negli azionamenti del robot. Non vi è un monitor, né
tastiera, l’interfaccia uomo-macchina è molto diversa. Vi è un joystick che contiene elementi di base per
il controllo del robot, che ci consente di far eseguire operazioni al robot, in cinematica diretta, i singoli
punti del robot, comando i singoli assi. Vi è un piccolo schermo.

Come si programmano i robot


Non esiste un linguaggio standard, a secondo dell’azienda vi è un proprio linguaggio.
1. L’operatore comanda col joystick, comanda i singoli assi, durante questo movimento, l’unità di
governo salva la posizione degli assi del robot, il modo tale da avere poi il percorso da seguire. Poi il
robot entra in modalità di lavoro in questo modo posso percorrere tutti i movimenti.

Non si riescono a fare movimenti complessi, essendo in cinematica diretta. Si può lavorare in
autoapprendimento con cinematica inversa, cioè monto un elemento di controllo sul polso del robot,
cioè un asta che si può impugnare, l’operatore può muovere il polso essendo il folle, e si salvano le
posizioni degli assi, si può utilizzare in operazioni di montaggio o verniciatura. Il limite è che il robot è
impegnato e quindi improduttivo.
A volte i produttori offrono il servizio di programmazione, poiché quando il robot viene programmato
per una certa attività essa è programmata su un periodo medio-lungo.
Devo avere i cad 3D di tutto ciò che vi è nell’area di lavoro (attrezzature di bloccaggio, trasporto, griglie
di protezione, etc.) ma anche le loro inerzie, materiali, densità, etc.; tutti i vincoli di velocità e limiti per
gestire l’evoluzione nel tempo.
Caratteristiche dei robot
Le caratteristiche dei robot sono le seguenti:

• Tipo;
• Volume di lavoro;
• Precisione dei movimenti;
• Gradi di libertà;
• Capacità di carico;
• Velocità di lavoro

I cavi limitano il movimento dell’attrezzatura, ho interferenza.

Precisione dei movimenti


La precisione dei movimenti è un elemento essenziale che condiziona l’applicazione del robot; viene
descritta da tre grandezze:

• Risoluzione: si tratta del più piccolo movimento del polso che può essere controllato dal robot,
che dipende dalle risoluzione dei singoli assi più l’unità di governo
• Precisione: è la capacità di posizionare l’organo di presa in un determinato punto all’interno del
volume di lavoro, Più mi avvicino al punto più sono preciso;
• Ripetibilità: è la capacità del robot di riposizionarsi nello stesso punto, di eseguire la stessa
operazione nello stesso modo.

In tale esempio sono solo 2 assi, ma nel robot, ho 6 assi, ma dipende anche dalla posizione, giochi,
imprecisioni, etc., ciò ci fa capire che i robot non sono precisi, sono combinazioni di tanti movimenti,
ci sono molti giunti, la struttura è poco rigida, si raggiunge il decimo di millimetro.

Tali valori di precisione e risoluzione, quando il robot si muove cambia la disposizione dei carichi, giochi,
quando il robot è retratto, esso è più rigido quindi più preciso, quindi tali valori variano a seconda della
condizione (di solito si valuta la condizione peggiore, cioè massima estensione, li vado a calcolare il valore
di precisione e risoluzione).

Si individua una sfera che racchiude tutti i punti reali di funzionamento, ne rilevo centro e raggio,
considero i centri e valuto la deviazione rispetto al punto nominale N, che diventa di tipo statistico. L a
distanza da C a N è la precisione del robot, invece più R è grande è meno ripetibile, viceversa.
Posso avere una sfera di raggio piccolo ma non centrata in N vuol dire che è ripetibile ma non centrata
in N. Se non ho precisione posso compensare via software.

Robot di verniciatura
I volumi di lavoro sono variabili in base alla lavorazione; l’attrezzatura montata sul polso (pistola di
verniciatura non pesa molto anche perché il serbatoio di vernice non si trova sul polso di robot.
Il robot deve essere flessibile per seguire una data geometria
Generalmente devo stare ad una distanza di qualche millimetro non mi serve troppa precisione dunque.
Come struttura la struttura che più si presta è l’antropomorfa nonostante il volume di lavoro sia più
ridotto rispetto agli altri ma riesce ad essere molto flessibile.
Per il controllo, mi interessa una traiettoria quindi serve un controllo continuo
La programmazione avviene in modo inversa cioè un operatore muove il braccio del robot facendo la
prima verniciatura e il robot acquisisce la traiettoria e lo svolge.

Robot di saldatura
Si distingue in base al tipo di saldatura, a punti o continua.
È del tutto analogo a quello di verniciatura con la differenza che viene richiesto un certo grado di auto-
adattamento dovendo lavorare particolari con ampie tolleranze;
Il controllo utilizzato è di tipo:

• Continuo per saldatura ad arco continua, sistema di controllo continuo;


• Punto punto per saldatura a punti, controllo punto a punto, devo poter avere accesso ai due lati
dell’oggetto per creare il nocciolo di saldatura. Per farlo ho una pinza a C che si chiudono una
sull’altra, ho bisogno quindi di flessibilità di movimento.
Tali attrezzature sono sia ingombranti che pesanti, soprattutto quando si è introdotto l’alluminio in
automotive, poiché esso conduce molto, quando passa la corrente essa tende ad essere dispera, si
rischia di non raggiungere il punto di saldatura, quindi si aumenta la corrente quindi aumentare di
conseguenza le dimensioni delle pinze di saldatura, il payload legato all’attrezzatura, come anche quello
dovuto al fatto che devo tener conto della pressione che devo applicare con la pinza è elevato. Tali
forze si scaricano sul robot. Gli azionamenti sono elettrici, volumi di lavoro medio-grandi. La
precisione non è un problema, i bottoni di saldatura, sono sui 5/6 mm
L’altra soluzione è quella di utilizzare una saldatura in continui, ad arco, i paylod sono più ridotti ma
devo avere un maggior controllo della testa di saldatura rispetto al componente e devo
controllare il percorso che segue, devo poter verificare la distanza istante per istante dalla testa al
componente, si rischia di perdere l’arco elettrico. La precisione dipende dal tipo di saldatura, ad
esempio per la MIG si utilizzano precisioni inferiori, se vado sul plasma o laser bisogna avere robot
precisi.

Non vi è il componente da saldare, vi sono 4 robot, tutto quello in giallo sono i sistemi di bloccaggio,
riferimento di supporto della lamiera, vi è un bel po’ di ingombro.
La saldatura laser necessita di una distanza dal fuoco vicina, ma con quella remota posso posizionare la
testa laser a circa 1 metro (vi sono sistemi ottici), in modo da essere più flessibile, per fare ciò però le
lamiere devono essere molto precise, il laser non riesce a compensare cosi come fa la saldatura a punti.

Robot di manipolazione
Vengono impiegati nelle operazioni di carico-scarico di macchine utensili o per il confezionamento dei
prodotti;
Il robot deve essere molto versatile, le strutture più utilizzate sono quella cilindrica e articolata
L’azionamento è elettrico e il controllo in genere è punto-punto, visto che non interessa il controllo della
traiettoria, mi interessa di partire dalla corretta posizione ed arrivare a quella finale, non mi interessa il
percorso a meno che non deve superare ostacoli, in quel caso darò più punti.
A seconda delle macchine che vado a servire, scelgo la tipologia di struttura (antropomorfa, flessibilità)
Di solito non si richiede elevata precisione, altrimenti utilizzo una sensoristica per spostare elementi in
maniera ripetibile.
Il payload è differente da applicazione ad applicazione.

In verde una pinza di saldatura, i due robot collaborano tra loro, uno di saldatura e manipolazione.
Robot interpresse: si parte da destra, prendo la lamiera e la trasferisce su un tavolo visino la prima pressa,
posi si preleva la lamiera, avviene la stampata offrendola al robot di fianco, che la posiziona nella seconda
pressa, si fa questo per aumentare la produttività.

Robot di montaggio

È una linea di assemblaggio ibrida, si vedono dei robot antropomorfi, sono comuni tali operazioni, vi
sono operazioni a maggior grado di discernazione, l’operatore non può accedere allo spazio del robot,
solo il tempo, altrimenti il robot deve essere sensorizzato in modo tale che il robot riesca a interrompere
il movimento, o trovi un percorso alternativo.
Robot di misura e ispezione
Sono macchine ad elevata precisione, operano con movimenti in coordinate cartesiane e le struttura
preferita è quella cartesiane e cartesiana a portale, siamo sul decimo di millimetro.
La traslazione degli assi deve avvenire con bassi attriti e pertanto vengono utilizzate le viti a ricircolo di
sfere, devo ridurre gli errori di posizionamento, posso regolare i giochi;
Sono previsti anche dispositivi per la ripresa dei giochi nei giunti;
Il controllo gioca un ruolo fondamentale per garantire le precisioni richieste;
L’organo di presa in questo caso viene sostituito con un tastatore di misura (sfera di rubino sintetico
montata su uno stelo di acciaio, ha una componentistica elettronica in modo tale da sentire il contatto, si
richiede un robot più preciso(sistema ottico esterno e riferimento sul tastatore, bypassando il problema
dell’errore del robot, riconosco la posizione del misuratore con una sensoristica esterna)) con o senza
contatto(reverse engineering, scansione tridimensionali, o di tipo ottico o con un laser).
Celle robotizzate
Si tratta di sistemi produttivi dove il robot viene usualmente impiegato per svolgere operazioni in
sostituzione a quelle dell’uomo;
L’applicazione tipica è l’asservimento alle macchine utensili, alle presse a iniezione, alle presse per
pressofusione, alle presse per imbutitura….
Il robot preleva il pezzo grezzo da un sistema di trasporto, lo carica in macchina; a fine ciclo preleva il
finito e lo posa in un secondo sistema di trasporto e il ciclo riprende;
Sono ovviamente necessari tutta una serie di dispositivi di segnalazione (interblocchi) per il corretto
svolgimento delle operazioni che devono avvenire sotto la supervisione di un elaboratore che gestisce il
flusso delle informazioni.

È un sistema autonomo, con solo una zona di input (materiale da fondere) e uscita che si divide in due
(vi è anche la zona scarti).
Tale struttura realizza completamente il ciclo produttivo asservita da un robot, è detta cella
robotizzata, ogni elemento è automatico con un suo controllo (per forno, pressa, robot, tranciatura),
ma tutto è gestito a livello superiore da un computer centrale.
Ho bisogno di molti sensori per far interagire tutti i componenti. I sensori (detti interblocchi) vengono
inviati al computer centrale, per poi dare i segnali a tutte le stazioni.
Le varie fasi della cella devono avvenire con una certa sequenza comandata dagli interblocchi e
controllata dal calcolatore;
Non tutte le operazioni avvengono in sequenza, alcune possono avvenire contemporaneamente ad
esempio l’avanzamento del grezzo al punto di carico può avvenire subito dopo che il robot ha
effettuato il prelievo;
È possibile in tal modo ottimizzare il tempo ciclo delle varie operazioni.
SIP-23
Controllo qualità assistito da calcolatore
Cosa si intende per qualità?: Il prodotto risponde alle specifiche di progetto. Idoneità all’uso del
prodotto, è definita dal mercato e si traduce in una serie di specifiche di progetto sul prodotto:
tolleranze, finiture, caratteristiche meccaniche. Questo poiché la produzione deve essere rapida e
precisa
ASSICURAZIONE QUALITÀ: riguarda le attività che rendono massima la probabilità che i prodotti
siano costruiti rispettando le specifiche di progetto. E’ trasversale a tutte le funzioni aziendali (Scelta dei
materiali, sistemi di produzione, utensili, attrezzature…)
CONTROLLO DI QUALITÀ: è l’attività che deve accertare il rispetto delle specifiche di progetto e
indicare le azioni correttive se le specifiche stesse non vengono rispettate. Richiede una pianificazione
preventiva delle procedure e della strumentazione da adottare. Il controllo di qualità può essere del
100% o di tipo statistico fatto cioè su di un campione rappresentativo della produzione.

Se l’azienda è di tipo make, devo tener sotto controllo la produzione cioè faccio un controllo di tipo
interno, tengo sotto controllo il processo produttivo, attraverso le carte di controllo:
Si misura il componente non alla fine, ma durante il processo (monitoraggio continuo), serve per capire
dove e se ci sono delle “derive” rispetto al mio processo, può essere un processo non controllato cioè
vado a sforare il LCL o il UCL.
Come fare le misure
Le operazioni possono essere manuali (nel passato), esse hanno
tempi di collaudo lunghi e costosi (devo portare e stabilizzare i
pezzi in sala metrologica, fare più misure calcolare la
deviazione standard e verificare che sia bassa, calcolare le altre
misure in maniera indiretta, quindi cumulando gli errori). Le misure manuali non riescono a stare dietro
ai tempi di produzione. Si lavora quindi su campioni. Ci sarà comunque un delay, mi rendo troppo tardi
conto di un eventuale problema. Tale parte quindi è critica.
Si cerca quindi:

• Ridurre i tempi di controllo: grazie al controllo automatico in metrologia, nascono le CMM,


attrezzi con contatto
• Saltare il passaggio alla sala metrologica (richiede troppo tempo), si richiedono dei controllo in
real-time , nascono i sistemi di PORTALI IN LINEA ma sicuramente non saranno precisi (non
arrivo ai micrometri) che però ci danno un idea della presenza di una deriva in modo da agire
subito quindi saranno molto produttivi. Si utilizzano sistemi non a contatto (laser, ottici, etc.)
Se sto lavorando con macchine ad elevata precisione non posso utilizare tali sistema, dovrò andare per
forza di cose in sala metrologica, quindi si puo pensare di cambiare il sistema produttivo (in lotti, in
modo da fare lotto per lotto e verificare il pezzo del lotto).

CAI

Macchina di misura a coordinate


Il tastatore non deve imprimere forze sui pezzi da misurare, non vi sono vibrazioni essendo il tastatore
molto leggero, la struttura portante a U è fatta il lega leggera, ho bassa inerzia e la possibilità di
muovermi in maniera veloce senza l’insorgenza di vibrazioni.
Vi è un piano in granito al di sotto del piano poiché è molto resistente all’usura e pesante, è molto
stabile. Vi sono i piedi regolabili per avere il piano perfettamente in “bolla”.
L’unità di governo è molto semplice. Viene collegato un sistema con il PLC per la parte di azionamento
dei motori. Tale macchina utilizza guide di tipo pneumatico quindi vi è l’aria compressa, vi sono dei
filtri per il collegamento dell’aria compressa.
Il volume di lavoro è completamente accessibile all’operatore poiché non vi sono carichi/rischi per
l’operatore.
Tale macchina, istallata in sala metrologica, può raggiungere precisioni di misura di 1 decimo di 𝝁𝒎, se
non sono collocate in sala metrologica, non posso avere quella precisione (ho centesimi di millimetro)
La configurazione a portale è quella più impiegata, tuttavia limita il volume di lavoro principalemte per
colpa della base di granito poiché non è possibile in grosse dimensioni.

Quando le dimensioni dei pezzi da misurare si parla di strutture:

• Sbalzo: slitta movimentata su traversa collocata sul basamento.


• Gantry: per grandi dimensioni (anche 2,3 metri), si fa al comepsnazione via software (conosco
l’inflessione delal struttura)
• Truschino

Le leghe leggere non sono molto utilizzate essendo molto sensibili alle variazioni di temperatura anche
se molto leggere

Le guide sono di tipo pneumatico, per lo stesso principio delle guide idrodinamiche, per annullare
l’attrito, carichi elevati richiedevano l’utilizzo di un fluido, ma nelle macchine di misura non ho il
problema dei carichi indotti dal rpocesso di misura, le strutture sono leggere, sostituisco l’olio co aria
compressa alla pressione di rete (5 bar).
L’aria deve essere però deumidificata essendoci la parte elettronica sul tastatore, non deve farsi
condensa altrimenti bagno la parte elettronica del tastatore, quidni devo filtrare e deumidificare l’aria,
deve essere secca. L’aria serve anche per tener lontana gli elementi estranei al di sotto della guida.

L’unità di governo della macchina permette la gestione:


1. In automatico e manuale, anche qui vi sono joystick per lavorare in cinematica diretta
2. dei programmi nell’unità di governo;
3. dei tastatori;
4. della diagnostica
Tipi di programmazione:
1. Autoapprendimento, come nella robotica;
2. Tramite linguaggio proprio di programmazione;
3. Off-line: partendo dal modello CAD del pezzo viene definito il ciclo di collaudo e di
conseguenza il part program per la CMM, è molto più semplice, si lavora come per la
programmazione delle macchine utensili, si posizionano dei punti sulla geometria, si sposta un
tastatore avvicinandolo al pezzo (proprio come le macchine a controllo numerico), è la modalità
più utilizzata.
Elementi geometrici
Come viene posizionato il pezzo sulla tavola in granito? Il pezzo va riferito e bloccato sul granito? Si.
Visto che non ci sono sollecitazioni non ho bisogno di un bloccaggio molto ferreo. Per il sostegno mi
appoggio sulla lavola, ma se ho uja lamiera rischio che per peso prorpio si possa flettere, essa va
supportata, utilizzando strutture modulari che si adattano alla superficie del pezzo. Posso sempre
costruire una sorta di itnelaiatura.
Non ci itneressa posizionare il opezzo precisamente rispetto agli assi di msiura, la maccinba di misura si
può allinare al pezzo.

Posso gestire gli assi in maniera locale, impostare sistemi di riferimento che mi permettono di
semplificare la gesione.
Per allinearsi si utilizza l’allineamento 321: 3 punti (piano), 2 punti (retta), 1 punto (singolo punto) che
sono necessari per stabilire il sistema di riferimento.
FOTO 1 (ce ne sono 2)
Tocco 3 punti su un piano fisso z, poi vado su un'altra faccia e tocco 2 punti alla stessa altezza in modo
da individuare una retta e fissare l’asse x, poi scelgo un punto sulal retta in modo tale da fissare l’asse y.
In realtà dipende dal pezzo, ad esempio in questo caso:
prendo 1 lina, 1 punto e 1 cerchio.
Questo serve per un pre-allineamento (potrebbero esserci asperità sulle superfici) quindi devo
aumentare il numer odi punti tastati, quindi:
1. Allineamento 321
2. Aumento il numero di punti e rifaccio l’allineamento (per costruire la z tocco più punti ad
esempio 15, per 2 punti ne prendo 10, poi faccio una media statistica, etc.)
3. Calcolo le figure corrette
4. Riallineo il sistema in modo più dettagliato, la macchina lavora in modo automatico
Il tastarore

Ho una parte elettrinica, stelo in acciaio, e tastatore in rubino sintetico), potrei anche avere degli
steli multipli di lunghezza diversa:

L’importatnte è far capire alla UI che tipo di tastatore ho montato. Il presetting viene fatto dalla
macchina stessa, che si chiama qualifica del tastatore:
Viene fatta con una sfera di qualifica perfettamente nota: si dice al tastatore di prendere una serie di
punti sulla sfera, almeno 25, riconosco una nuvola di punti, interpolo tali punti e individuo la sfera
che meglio approssima tali punti, di tale sfera ne ricavo tutte le misure (centro e raggio). Prendo
quindi la R misurato, sottraggo quello delal sferia di qualifica e ottengo quello del tastatore.

Il testatore
Vi è un piccolo magnete, che mantiene il
tastaore in tutte le operazioni di misura, sopra lo
stivo ivi è un corpo, con molla che spinge la
parte interna verso delle sfere, che fungono da
microinterruttore, quanto il tastatore tocca,
blocco il movimento del tastatore, quindi
comprimo la molla, perdo il contatto che è un
segnale elettrico che da il segnale
all’azionamento di arretarsi, tale movimento p
molto lento per permettere il funzionamento.
Se sto prendenrlo la superficie laterale, la testa consitua a muoversi, quindi vi è una leggera
inclinazione dlelo steso quindi alemno un microinterruttore si apre, sono disposti a 120°.
Per sapere la cooridnata del puto su una superficie si va a considerare la direzione di appostamento,
compenso il raggio secondo quella direzione.
Per evitare che vi siano delle deviazioni (tastatore tocca ma devia sulla superficie, slitta) si imposta
l’angolo massimo di inclinazione di ±20°, la misura è corretta se il tastatore si muove su una
superficie inclinata:

1. Ho gia la geometria effettiva, cioè il CAD, quindi posso ricavare i coseni direttor ie istruire la
macchina in modo da andare quelle direzioni
2. Non ho il CAD, devo ricavare i punti sulla superficie, devo ricavare il vettore normale,
prendenro almeno 3 punit sulla superficie, tenendo un angolazione fissa, individuando un
piano parallelo alla superficie, una volta fatto ciò ricavo la normale al piano correggendo
rispetto a tale piano.
La lunghezza dello stelo dipende dalle caratteristiche del pezzo da misurare.
Misura di un elemento

Vado a individuare i punti caratetristici, poi faccio interpolare dal software (in queto caso ) il cilindro
con ad esempio scarto quadratico, vado a confrontare con un cilindro riferito, e verifico la tolleranza.

Software per macchina di misura


Rispetto alle macchine utensili è necessario oltre che alla parte di gestione del controllo numerico una
parte di software specifico per l’elaborazione i punti misurati sulla base di equazioni matematiche
implementate;
Le CMM possono dunque essere equipaggiate con i seguenti tipi di software:
• Di misura per il collaudo in manuale o automatico;
• Per la copiatura degli elementi mediante scansione a contatto (reverse engineering) e successiva
matematizzazione delle superfici in ambiente CAD 3D;
• Collaudo sulla matematica CAD 3D.

Esempio di struttura gentry, scelgo la geometri ada misurare.

Do il percorso di misurazione (freccettine)


Curva nominale in nero, banda massima di errore (gialla) e profilo reale (in blu). Si nota che il pezzo è
più o meno in tolleranza però l’indicazione fondamentale è svergolata, deformata in altezza, quindi il
processo produttivo non è stata ottimale.
Profilometro 3D
O è stato tutto disallineato, oppure l’utensile ha “scavato” troppo.

La lezione 24 è stata tenuta dal tizio sull’Additive Manufacturing, prendendo slide


a caso, bisogna fare solo l’introduzione all’additive, pro, contro, caratteristiche,
impieghi, più invece un po nel dettaglio stereolitografia e FDM (o sigla simile 😊,
fused deposition mold, una cosa del genere)

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