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2. Itinerario……………………………………………………………………………………………………………………………………………Pag. 4
2.1. Dati Tecnici…………………………………………………………………………………………………………………………………Pag. 4
2.2. Mappa e Visione d’insieme del percorso……………………………………………………………………………………Pag.
4
2.3. Profilo altimetrico………………………………………………………………………………………………………………………Pag. 4
2.4. Descrizione del percorso……………………………………………………………………………………………………………Pag. 5
2.4.1. Aspetti logistici……………………………………………………………………………………………………………Pag. 10
3. Criticità……………………………………………………………………………………………………………………………………………Pag. 12
3.1. Pericoli legati alla natura del terreno e a fattori meteorologici……………………………………………Pag. 12
3.2. Pericoli legati allo stato di conservazione/presenza della segnaletica…………………………………Pag. 12
3.3. Pericoli legati allo stato di salute……………………………………………………………………………………………Pag. 13
3.4. Pericoli legati alla flora e alla fauna………………………………………………………………………………………Pag. 13
3.5. Pericoli legati all’attività umana………………………………………………………………………………………………Pag. 14
4. Considerazioni…………………………………………………………………………………………………………………………………Pag. 15
4.1. Target clientela/A chi si rivolge l’attività…………………………………………………………………………………Pag. 15
4.2. Aspetti climatici e stagionalità…………………………………………………………………………………………………Pag. 15
4.3. Punti raggiungibili dai soccorsi e connessione telefonica………………………………………………………Pag. 15
4.4. Percorsi alternativi/Attività alternative……………………………………………………………………………………Pag. 16
4.4.1. Piano B…………………………………………………………………………………………………………………………Pag. 16
4.4.2. Piano C…………………………………………………………………………………………………………………………Pag. 17
5. Aspetti d’interesse……………………………………………………………………………………………………………………………Pag. 18
7. Regolamento dell’escursione…………………………………………………………………………………………………………Pag. 27
7.1. Norme per la frequentazione del Parco della Vena del Gesso Romagnola……………………………Pag. 29
1. Inquadramento territoriale
Il percorso scelto si sviluppa all’interno del Parco naturale della Vena del Gesso, istituito il 15 febbraio
2005 e il cui il toponimo geologico, affermatosi per indicare la dorsale di grossi banchi gessosi,
contrassegna per una ventina di chilometri il bordo romagnolo dell’Appennino tra le valli del Lamone e del
Santerno. Il successo del toponimo geologico è senza dubbio connesso all’efficacia con cui esso rende
bene, al tempo stesso, sia la natura stratigrafico-litologico-mineraria della dorsale gessosa, espressione
locale della nota Formazione Gessoso-Solfifera del Messiniano risalente a circa 6 milioni di anni fa, che,
soprattutto, la linearità di un rilievo che rappresenta una sorta di “spina dorsale” strutturale/tettonica di
questa porzione di Appennino.
Il parco interessa un'area di circa 2.000 ettari per due terzi in provincia di Ravenna (comuni di Brisighella,
Casola Valsenio e Riolo Terme) ed un terzo in provincia di Bologna (valle del Sillaro).
Il punto di partenza è Brisighella: borgo, annoverato tra i più belli d’Italia, caratterizzato da tre pinnacoli
rocciosi (i "Tre Colli"), su cui poggiano la rocca manfrediana (sec. XIV), il santuario del Monticino (sec.
XVIII) e la torre detta dell'Orologio, ricostruita nell'Ottocento sulle rovine di un preesistente insediamento
difensivo del XII secolo.
2. Itinerario
Lunghezza: 6.29 Km
Il punto di ritrovo (coordinate 44°13’27” N e 11°45’20” E) è nella piazzola posta all’imbocco del sentiero
alto CAI 511, Km 2 della S.P.23 – Brisighella-Riolo Terme) punto scelto per raggiungere la cava-museo in
pochi minuti.
Alle 9.00 verranno comunicate le informazioni utili a tutti i partecipanti e verrà illustrata l’escursione.
Il percorso si svolge interamente su sentieri CAI perfettamente segnalati con colore bianco e rosso. Il
sentiero che imboccheremo al punto di partenza è il CAI 511 che, con una breve discesa, ci farà
raggiungere la ex cava del Monticino, oggi trasformata a museo geologico/paleontologico.
Pannelli illustrativi e tavolini ombreggiati lungo il percorso, renderanno piacevole l’approfondimento di
questo parco museo all’aperto anche nelle giornate particolarmente afose e soleggiate. Toccheremo con
mano gli affioramenti gessosi dell'era Messiniana e le caratteristiche inclinazioni degli strati affioranti ma
soprattutto approfondiremo il tema del gesso e l'uomo andando ad identificare i vari fronti estrattivi della
vecchia cava con un breve richiamo al ruolo dei “gessaroli”, alla teleferica che portava a valle il materiale
e alla sottostante fornace del Molinone.
Proseguiremo il percorso sul facile sentiero CAI 511 e cercheremo di percorrere rapidamente i brevi tratti
estremamente soleggiati nei periodi estivi ed estremamente scivolosi nei periodi piovosi/nebbiosi per via
del fondo argilloso. In breve rientreremo nel basso bosco di querce e carpini costeggiando il sentiero
ombreggiato da fitti ulivi e vigneti con scorci su bellissimi panorami della vallata. La segnaletica verticale
indica chiaramente il percorso e oltre la scritta CAI 511, troveremo la dicitura C.S.A. - Cammino di
Sant’Antonio: sentiero che si sovrappone al nostro percorso per un breve tratto.
Lasciando il sentiero CAI 511 ed imboccando il CAI 505, inizialmente asfaltato, risaliremo fino all’ingresso
inferiore di quello che veniva comunemente chiamato Parco del Carnè fino al 2005. L’asfaltata (via
Rontana), frequentata solo dai visitatori del parco, è molto panoramica e mostra bellissimi scorci verso i
calanchi argillosi di Torre del Marino in direzione nord-est.
Da qui imboccheremo a sx il sentiero CAI 511 A (crocevia ben segnalato) che ci permetterà di
raggiungere le più evidenti manifestazioni dei fenomeni carsici createsi nel tempo a seguito dei fenomeni
erosivi dell’acqua. Qui il sentiero, a tratti impegnativo ma sempre ombreggiato, sarà scandito dai diversi
inghiottitoi e pannelli identificativi: sarà necessario attenersi alla segnaletica di sicurezza posta in
prossimità delle recinzioni!
L’unico crocevia che incontreremo sarà il bivio indicante C.S.A. che resterà alla nostra dx. Sarà mia cura
segnalare il percorso per seguire il sentiero CAI 511 A e raggiungere il punto più alto della nostra
escursione con la croce che segnerà la cima di Monte Rontana (463 m).
I recenti scavi archeologici nei pressi della Croce sono finanziati grazie ad un progetto svolto nell’ambito
delle attività del Dipartimento di Archeologia, ora Dipartimento di Storia Culture Civiltà, dell’Università di
Bologna.
Si tratta del primo scavo archeologico programmatico di un castello medievale in tutta la Romagna: il
Castello di Rontana, uno dei più antichi e importanti insediamenti fortificati della vallata del Lamone,
scelto come scavo pilota per conoscere le dinamiche dell’insediamento in questa Regione. Le indagini
hanno mostrato le caratteristiche principali di questo insediamento e hanno evidenziato lo stretto
rapporto tra la popolazione rurale e il gesso fin dalle prime tappe della sua frequentazione.
Sarà necessario rispettare la cartellonistica di sicurezza posta in prossimità degli scavi evitando di
oltrepassare barriere e recinzioni.
Dalla croce, una vista spettacolare della vallata del Lamone e della cima di Monte Mauro (punto più alto
della Vena 515 m s.l.m.), meritano una rapida sosta.
Pochi metri sotto la cima incontreremo l’ingresso alto del Parco e il velocissimo sentiero CAI 505, dotato
di pannelli illustrativi, con una breve discesa ci consentirà di arrivare al centro visite Ca' Carne' per un
pranzo ristoratore.
Sosteremo nelle aree attrezzate del parco nei pressi del Centro Visite e dopo la sosta ci raduneremo
nell'aula didattica ricca di materiale illustrativo: dal plastico della Vena alle teche che racchiudono la fauna
più rappresentativa del parco.
Il sentiero di ritorno, sentiero CAI 505 all’interno del Parco ci permetterà di raggiungere, in breve, il
parcheggio posto all’incrocio con via Rontana.
2.4.1 Aspetti Logistici
Nel punto in cui sosteremo, centro visite Ca’ Carnè, sono presenti tavolini esterni, bar, ristorante e
fontane per poter godere di un buon momento di riposo. Da segnalare anche la presenza di servizi igienici
e bidoni per la raccolta differenziata dei rifiuti.
Poco dopo la cava museo del Monticino, incroceremo il bivio del sentiero CAI 511 che segna un anello
intorno alla cava. Il percorso da seguire è a sx (direzione Centro Visite Cà Carnè). La variante “alta” verrà
percorsa in caso di terreno scivoloso.
Al termine del sentiero CAI 511, incroceremo la strada asfaltata via Rontana all’altezza del Frantoio, posto
all’incrocio con via Valloni, che porta all’ingresso basso e relativo parcheggio, di quello che era
denominato fino a poco tempo fa Parco del Carnè.
c) Bivio sentiero CAI 505 – 511 A
Questa incrocio, posto subito dopo il parcheggio basso del Parco, ci consente il passaggio attraverso i tre
abissi carsici che verranno illustrati al paragrafo 6 (Aspetti di interesse).
Incrocio posto poco prima della cima che permette di arrivare al centro visite Cà Carnè senza raggiungere
la croce.
Nel punto più alto della nostra escursione, il sentiero CAI 511 A incrocia il sentiero CAI 505 che collega
Brisighella al lontano 00.
I sentieri CAI che percorreremo durante il percorso sono 505 – 511 - 511A - C.S.A. (Cammino di
Sant’Antonio) e S.A. Sentiero degli Abissi.
La segnaletica verticale è estremamente curata. Ogni anno il percorso viene manutenzionato nel periodo
primaverile e i pannelli illustrativi vengono sostituiti in caso di deterioramento.
Punto di arrivo
Il punto di arrivo in cui ritroveremo il pullman ha coordinate 44° 13’ 17’’ N e 11° 45’ 71’’ E
3.Criticità
Diverse sono poi le zone esposte al sole. In caso di giornata estremamente calda e afosa, la visita alla
cava – museo del Monticino e relativa spiegazione verrà ridotta e approfondita in aula al centro visite Ca
Carnè. L’equipaggiamento obbligatorio prevede l’utilizzo di cappellini e crema solare.
Da segnalare la possibilità di incontrare nebbia fitta, anche improvvisa che può rendere incerto il
percorso. In questo caso sarà importante percorrere i sentieri in gruppo compatto e verrà eletto tra i
partecipanti un chiudi fila.
Una precisazione in merito alla segnaletica riguarda il rispetto della cartellonistica di divieto e sicurezza
del parco. E’ fatto divieto assoluto di scavalcare recinzioni e parapetti, accendere fuochi, circolare con
mezzi a motore e tenere i cani al guinzaglio. In allegato viene riportato il regolamento del Parco.
3.3 Pericoli legati allo stato di salute
La presenza di qualche raro nocciolo lungo il percorso potrebbe causare allergie. In primavera inoltrata ed
in estate, la presenza di molte specie in fiore può creare problemi a chi soffre di allergia ai pollini.
Durante il percorso non è da escludere l’incontro con animali selvatici che recentemente hanno ripopolato
l’appennino come per esempio i caprioli.
Anche la presenza di zecche non è da sottovalutare: indossare pantaloni lunghi leggeri e ed evitare di
sedersi o sostare a lungo in spazi erbosi.
Da segnalare le indicazioni del parco in merito alla tutela della fauna locale: viene richiesto di
attraversare una parte del sentiero CAI 511 A in silenzio e nel rispetto degli abitanti del Parco.
Durante i sopralluoghi sono stati frequenti gli incontri con mosche e zanzare. Tra l’equipaggiamento
obbligatorio è stato inserito repellente per insetti. Meno numerosi gli incontri con vespe e api che
comunque non sono esclusi.
3.5 Pericoli legati all’attività umana
I pericoli legati a mezzi motorizzati esistono nel punto di attraversamento dalla piazzola di partenza
all’imbocco del sentiero CAI 511 e su via Rontana poco prima del parcheggio del Parco. Lungo alcune
carraie che costeggiano ulivi e vigneti è possibile il passaggio trattori.
Sul sentiero che percorreremo potremo incrociare eventualmente qualche escursionista in mtb (molto
rari). Non vi è la possibilità di incrociare cacciatori in quanto l’area è interdetta alla caccia.
4.Considerazioni
Saranno effettuate diverse pause lungo il tragitto dettate anche da momenti di approfondimento
storico/naturalistici delle varie emergenze che incontreremo.
Il centro visite Ca’ Carnè sarà il nostro punto di sosta e ristoro lungo il cammino e permetterà l’utilizzo
delle aree attrezzate e dei servizi.
I sopralluoghi sono stati effettuati in aprile (martedì 30.04.2019) e maggio (01.05.2019) ma il percorso è
pensato per poter essere effettuato durante tutto l’arco dell’anno in assenza di ghiaccio e neve.
Durante i mesi piovosi sarà necessario valutare il percorso con un sopralluogo precedente l’escursione.
Durante tutto il percorso la via Rontana consente un veloce intervento dei mezzi di soccorso e anche le
carraie che costeggiano il sentiero CAI 511 sono agevolmente percorribili. Il Centro visite Ca Carnè è
raggiungibile da mezzi motorizzati autorizzati e da Elisoccorso.
Il segnale telefonico è garantito lungo tutto il tragitto, come pure la connessione satellitare.
4.4 Percorsi alternativi /Attività alternative
4.4.1 Piano B
In caso di maltempo durante l’escursione, sarà possibile modificare il tracciato evitando il sentiero degli
abissi, indicazione CAI 511 A per dirigerci direttamente al Centro Visite Cà Carnè e svolgere attività
didattica relativa al Gesso e agli aspetti naturalistici del parco con l’ausilio di pannelli illustrativi
Tempo totale della variante in caso di maltempo: 2.5 h circa (soste incluse)
4.4.2 Piano C
Nel caso di pioggia forte fin dal mattino, l’escursione verrà rimandata come già concordato con l’istituto.
5 Aspetti d’interesse
La storia dei rapporti uomo-ambiente nei gessi romagnoli risulta particolarmente complessa. Da un lato
l’asprezza delle morfologie gessose, i fenomeni carsici, i frequenti movimenti franosi, la limitata
disponibilità di risorse idriche per uso potabile e la scarsa fertilità dei suoli hanno da sempre influenzato,
limitandoli, l’insediamento umano e le attività economiche, in primis l’agricoltura. Dall’altro, l’estrazione
del gesso ha caratterizzato questo territorio nel corso dei secoli a partire dall’età romana sino ai nostri
giorni, connotandolo come un vero e proprio distretto minerario e ancora oggi, con le sue implicazioni
culturali, economiche e sociali, essa costituisce parte integrante dell’identità della comunità locale.
Verso la metà del XV secolo furono proprio le cave di gesso e la commercializzazione del prodotto a
determinare lo sviluppo economico della vallata ma fu solo nell’Ottocento, sulla scia delle innovazioni
tecnologiche e di una domanda in aumento che Brisighella si trasformò in un distretto minerario.
Accanto ai due utilizzi appena accennati ne esistevano altri estremamente specialistici o localizzati:
ricordiamo ad esempio la produzione di scagliola e di gesso da modellatori per usi artistici, l’uso del gesso
alabastrino, affiorante presso il margine occidentale della Vena, come pietra ornamentale.
I lavoratori delle cave erano poi grandi frequentatori di osterie in cui dimenticare nel vino le fatiche
quotidiane e a inizio Novecento, uno dei luoghi di ritrovo più importanti per i “gessaroli” brisighellesi era
costituito dall’osteria “Grotta Azzurra”, successivamente nota semplicemente come “La Grotta” (oggi tra i
più rinomati ristoranti di Brisighella).
Accanto agli aspetti collaterali connessi al degrado sociale, i mestieri del “gessarolo” e del “fornaciaio”
risultavano poi caratterizzati da un ambiente lavorativo intrinsecamente pericoloso e pur in assenza di
statistiche specifiche, furono comunque un lento stillicidio.
Nel Brisighellese, il numero complessivo di “gessaroli” e “fornaciai” vide nel tempo un leggero aumento
ma continuò sempre ad assestarsi nell’ordine di alcune decine, senza mai sperimentare alcun boom. Tale
considerazione presenta importanti implicazioni, per il periodo qui analizzato, anche nelle sfere
demografica, sociale e identitaria. In primo luogo, nei Gessi di Brisighella come probabilmente in tutta la
Vena del Gesso, sino agli anni ’50 del Novecento non si verificarono mai imponenti e violente migrazioni
dalla campagna o da altri centri regionali oppure extra-regionali verso il locale comparto del gesso; di
riflesso, la popolazione brisighellese non vide incrementi geometrici, e non ci fu mai bisogno di apposite
nuove urbanizzazioni o villaggi minerari. Lo stesso ambiente urbano brisighellese rimase “romagnolo” e
non conobbe importanti afflussi da altre regioni. A differenza di altri poli minerari, gli stessi “gessaroli”,
complici numeri quantitativamente bassi e condizioni lavorative dure, ma sopportabili (assenza di lavoro
in sotterraneo, assenza di turni di notte in cava, incidenze di infortuni frequenti, ma comunque non
paragonabili, per numero e gravità, a quelli di altre coltivazioni, ecc.), non maturarono probabilmente mai
una specifica coscienza di classe, e quindi a Brisighella non troviamo reti sociali di aiuto reciproco come
organizzazioni sindacali o società operaie sorte in funzione dei lavoratori del gesso, oppure
associazionismo per il tempo libero, lo sport oppure l’istruzione.
Anche in chiave politica, nel Brisighellese non vediamo un’adesione o deciso supporto, su spinta dei
cavatori, alle insurrezioni risorgimentali oppure al socialismo o al repubblicanesimo; per periodi storici più
recenti, i “gessaroli” locali non opposero una resistenza nemmeno iniziale al Fascismo, né avvennero mai
scioperi importanti nelle cave di gesso. Assistiamo invece a un perpetuarsi della locale tradizione
cattolica, ancorata ai saldissimi rapporti tra Brisighella e la Curia romana, cementatisi nei secoli sino ad
oggi.
5.2 Aspetti Naturalistici
Il gesso è indubbiamente la roccia più peculiare dell'Appennino romagnolo e dà luogo ad una roccia gri-
giastra formata dall’aggregazione di grossi cristalli prismatici geminati a “coda di rondine” o a “ferro di
lancia” chiamata anche gesso selenitico o selenite (dal greco selene = luna) per gli argentei riflessi lunari.
A Brisighella, percorrendo la sterrata che costeggia la chiesa del Monticino (sentiero CAI 511) si arriva in
pochi minuti alla ex cava in cui il fronte estrattivo ha creato una parete rocciosa che si presenta oggi
come una vera e propria sezione geologica: la cava-museo del MONTICINO.
La cava prende il nome del Santuario omonimo posto a fianco del fronte roccioso. Nella letteratura
tecnica è detta anche “cava del Molinone” in riferimento alla fornace da gesso rispettivamente posta a
valle della stessa.
Nel Parco Museo del Monticino è quindi possibile “toccare con mano” ben tre superfici-chiave del
Messiniano: la base dei gessi, la discordanza angolare intra-messiniana e il limite Miocene/Pliocene. In
particolare, va rimarcata l’evidentissima discordanza angolare che separa le evaporiti gessose, inclinate di
quasi 60°, dai sovrastanti depositi mio-pliocenici della F.ne a Colombacci e della F.ne Argille Azzurre,
inclinati di circa la metà.
5.2.2 Museo Paleontologico
In alcuni crepacci intercettati dalle attività estrattive nella cava-museo del Monticino è stato scoperto un
giacimento paleontologico di eccezionale ricchezza: le ossa fossili recuperate appartengono a decine di
specie di vertebrati terrestri vissuti alla fine del Messiniano (almeno 40 sono i mammiferi differenti
identificati).
Relativamente agli aspetti paleontologici, va qui sottolineato che tutti i depositi affioranti nel Parco Museo
del Monticino risultano fossiliferi e i resti rinvenuti hanno contribuito non poco alla ricostruzione degli
antichi ambienti succedutisi nel tempo.
Ricostruzione ipotetica dell’ambiente tardo-miocenico “romagnolo” basata sui ritrovamentinella cava-museo del Monticino
Nell’ordine sono documentati: un paleoambiente marino abbastanza profondo (molluschi e pesci fossili
nei “ghioli di letto”); lagune costiere soggette a cicliche fasi evaporitiche (soprattutto fossili di pesci, tra i
quali Ciclidi di acque dolci tropicali, dagli interstrati della F.ne Gessoso-solfifera); ambienti continentali sia
terrestri che paludosi o salmastri di Lago- Mare (vertebrati e molluschi nella F.ne a Colombacci); infine
nuovamente ambienti di mare aperto (principalmente microfossili, ma anche molluschi, squali e cetacei
dalle Argille Azzurre).
Ma i reperti di gran lunga più importanti del Monticino sono rappresentati dall’eccezionale paleofauna a
vertebrati terrestri del Messiniano finale, rinvenuta in antiche cavità carsiche riempite da sedimenti della
Formazione a Colombacci e messa in luce dai lavori di cava a partire dal 1985 .
Localizzazione delle numerose tasche fossilifere a vertebrati, rinvenute nella cava-museo del Monticino durante l’attività estrattiva tra il
1985 e il 1991
5.2.3 Fenomeni Carsici
Lungo la Vena sono attivi i fenomeni carsici legati alla solubilità del gesso, in virtù dei quali le acque
meteoriche scorrono in superficie solo per brevi tratti per poi essere convogliate nel sottosuolo da
fratture, crepacci e inghiottitoi. E' per questo che le superfici esterne della dorsale hanno subito e
continuano a subire uno smantellamento erosivo molto più lento rispetto alle aree circostanti e la Vena
presenta un rilievo tanto spiccato, mentre in profondità si aprono estesi e complessi sistemi di grotte, con
pozzi e gallerie di straordinaria bellezza. Nel solo parco della Vena del Gesso romagnola gli speleologi
hanno esplorato, fino a oggi, oltre 200 grotte per uno sviluppo complessivo che supera i 40 chilometri
tanto da poter considerare la Vena del Gesso tra le principali aree carsiche gessose d’Italia. Le grotte
della Vena sono un mondo buio e nascosto e tuttavia straordinario. Ci sono cavità lunghe alcuni chilometri
e profonde oltre 200 metri: è un alternarsi di corsi d’acqua, gallerie, sale, pozzi e cunicoli con diffusa
presenza di concrezioni, erosioni e riempimenti unici nel loro genere. Queste grotte non sono però di
facile percorribilità e richiedono, quasi sempre, la conoscenza delle tecniche speleologiche e un’adeguata
attrezzatura. Nonostante ciò, anche chi non è speleologo può conoscere, in parte, i fenomeni carsici della
Vena del Gesso e anche una camminata lungo i facili sentieri del Parco può riservare molte sorprese
Allo sguardo attento non può sfuggire la diffusa presenza di ampie depressioni: le doline. Sono, senza
dubbio, la più diffusa forma carsica di superficie presente nel parco. Si tratta di depressioni a forma di
imbuto o di scodella col fondo più o meno piatto: il diametro varia da pochi metri fino ad alcune centinaia
di metri.
Oltre a doline e valli cieche il parco ospita altre peculiari forme carsiche di superficie certamente meno
eclatanti e tuttavia degne di nota. Sulle pareti verticali si possono formare, per ruscellamento, le
cosiddette “erosioni a candela”: sono dovute all’azione dell’acqua che sciogliendo ed erodendo la roccia
gessosa formano caratteristici solchi verticali alti anche una decina di metri.
Grazie alla presenza di doline e valli cieche l’acqua di superficie viene drenata e convogliata in profondità.
Complessivamente questo fenomeno viene definito “sistema carsico”.
La nostra escursione ci farà costeggiare i Gessi di Rontana in cui l’abisso principale è denominato abisso
Garibaldi: grotta idrologicamente più a monte dell’intero sistema, pur essendo l’ingresso a una quota più
bassa rispetto all’Abisso Fantini. L’acqua, dopo un percorso di circa 300 metri lungo queste due grotte,
scompare tra massi di frana per ricomparire nell’Abisso Mornig, dopo aver percorso un chilometro, ancora
inesplorato, in direzione nord ovest.
Le numerose e ampie doline intermedie tra queste ultime grotte e l’Abisso Mornig, sono in collegamento
idrologico con il sottostante torrente.
5.3 Il Borgo Medioevale tra i più belli d’Italia: BRISIGHELLA
Brisighella è un comune di 7598 abitanti in provincia di Ravenna, ubicato a 115 metri s.l.m. nella
bassa Valle del Lamone, alle pendici dell'Appennino tosco-romagnolo.
Il borgo è caratterizzato da tre pinnacoli rocciosi (i "Tre Colli"), su cui poggiano la rocca manfrediana (sec.
XIV), il santuario del Monticino (sec. XVIII) e la torre detta dell'Orologio, ricostruita nell'Ottocento sulle
rovine di un preesistente insediamento difensivo del XII-XIII secolo.
In origine era il fortilizio fatto erigere nel 1290 da Maghinardo Pagani da Susinana con massi squadrati di
gesso, per controllare le mosse degli assediati nel vicino castello di Baccagnano.
Fino al 1500 costituì, insieme alla Rocca, il sistema difensivo del centro abitato.
Danneggiata e ricostruita più volte, la torre fu completamente rifatta nel 1850 e nello stesso anno vi fu
posto anche l’orologio col particolare quadrante a sei ore.
5.3.2 La Rocca
La Rocca, datata 1228 e caratterizzata da torri cilindriche (di cui la più alta è del 1503), fu costruita dai
veneziani, nel breve periodo del loro dominio sulla Romagna (1503-1509).
L'edificazione dell'attuale rocca venne iniziata da Francesco Manfredi, signore di Faenza, all'inizio del XIV
secolo. Salvo un breve periodo dal 1368 al 1376, la fortificazione rimase nel dominio della famiglia Man-
fredi fino all'anno 1500, passando in seguito a Cesare Borgia per tre anni. Dal 1503 al 1509 appartenne
alla Repubblica di Venezia, che realizzò il grandioso mastio in aggiunta al preesistente torricino, e le mura
sui due lati.
In seguito, il territorio entrò a far parte dello Stato Pontificio e, verso la fine del XVI secolo, la sommità
dei due torrioni venne ricoperta da un tetto. Dopo un breve parentesi napoleonica, la rocca ritornò al Pa-
pa, fino al 1860 quando la Romagna entrò a far parte del Regno d'Italia.
All'inizio del XXI secolo, il castello è stato completamente restaurato, rinforzando le strutture murarie e
valorizzando il complesso architettonico, anche con una speciale illuminazione. La scala di accesso alla
Torre Manfrediana della Rocca è una passeggiata nella storia che, partendo dalla frequentazione delle
grotte della Vena del Gesso in età Protostorica per motivi funerari e di culto, attraversa l’età Romana -con
lo sviluppo dell’attività estrattiva del prezioso lapis specularis, il vetro di pietra- per arrivare al Medioevo e
al Rinascimento, con il fenomeno dell’incastellamento che vede le creste gessose protagoniste della co-
struzione di rocche e castelli.
La sala alta della Torre Manfrediana espone i reperti archeologici ritrovati nella Vena del Gesso e risalenti
a queste tre diverse fasi di frequentazione.
La Torre Veneziana (sulla sinistra) è tutta dedicata al Medioevo e al Rinascimento e spiega la funzione e
l’uso dei locali visitati nel percorso espositivo. Infine, in fondo al cortile interno, si può visitare la canno-
niera e approfondire la conoscenza della funzione difensiva delle opere fortificate.
Schema delle sale espositive del museo all'interno della Rocca di Brisighella
5.3.3 Il Santuario della Madonna del Monticino
Qui è venerata una sacra immagine in terracotta policroma di autore ignoto, datata 1626, collocata in
origine in un piccolo tabernacolo nei pressi di Porta Buonfante.
Nel 1662 fu traslata in una cappella, dove oggi sorge il Santuario, sul colle che si chiamava allora Monte
Cozzolo o Calvario, forse perchè dirupato e scosceso.
Nel 1758 fu edificato l’attuale santuario che, nel corso del tempo, ha avuto numerosi rifacimenti.
L’odierna facciata fu rifatta su progetto del prof. Edoardo Collamarini nel 1926 in occasione del III cente-
nario della sacra Immagine. Gli affreschi interni risalgono al 1854 e sono opera del faentino Savino Lega.
6. Info e Numeri Utili
TRENITALIA
89 20 21 per acquisto biglietti ed informazioni
199 89 20 21 servizio con risponditore automatico
www.trenitalia.com
7. Regolamento dell’escursione
Dichiarazione di idoneità
Equipaggiamento obbligatorio
Cani
Il Partecipante che voglia partecipare accompagnato dal proprio cane ha l’OBBLIGO, in fase di
prenotazione, di comunicare alla guida la presenza dell’animale al seguito, per valutare l’idoneità e le
modalità di partecipazione. Sarà a discrezione della guida confermare o meno l’idoneità alla
partecipazione del singolo cane o di più cani contemporaneamente, anche in base a taglia, sesso,
carattere, e tipologia dell’escursione. NON saranno ammessi animali in calore o che abbiano terminato
tale periodo nelle due settimane precedenti all’escursione. Il cane al seguito deve essere docile e
facilmente controllabile; il Partecipante dovrà disporre dei mezzi di conduzione e controllo dell’animale
necessari a garantirne la corretta partecipazione (guinzaglio e/o museruola o affini). Sarà compito del
Partecipante assicurarsi che il proprio cane non arrechi danno o disturbo a cose, persone o animali, che
non danneggi la flora, le proprietà private, né gli altri escursionisti. La responsabilità relativa alla
conduzione del cane ed eventuali problematiche ad essa connesse, è esclusiva del Partecipante. La
mancata comunicazione della partecipazione del cane o la mancata ottemperanza alle disposizioni atte a
controllarlo, possono prevedere l’esclusione del Partecipante dall’escursione, anche al momento della
partenza.
Nel corso dell’escursione verranno effettuati scatti fotografici e/o riprese video che possono comparire su
siti di pubblico dominio e che saranno utilizzati dall’organizzazione per finalità promozionali riguardanti
l’attività stessa. La partecipazione all’escursione sottintende il nullaosta alla pubblicazione del suddetto
materiale.
Telefoni cellulari
I partecipanti sono invitati a mantenere spenti i propri telefoni cellulari. Se questo non fosse possibile,
occorre comunque che le suonerie vengano disattivate. In caso di necessità, l’interessato è pregato di
allontanarsi dal gruppo previa comunicazione ed autorizzazione della guida, rimanendo comunque in vista
alla stessa.
La partecipazione alle nostre escursioni comporta l’accettazione incondizionata del presente regolamento.
La quota di partecipazione comprende esclusivamente il servizio di accompagnamento.
Tutte le guide del gruppo sono iscritte ad AIGAE, l’Associazione Italiana Guide Ambientali
Escursionistiche. Hanno seguito selettivi e impegnativi corsi della Regione Emilia-
Romagna ottenendo così l’abilitazione a esercitare la professione. Sono assicurate come da disposizioni
della Legge Regionale Emilia R.- N.4 del 1/2/2000 e succ. modifiche.
7.1 Norme per la frequentazione dei sentieri del Parco della Vena del Gesso
Romagnola
1. Il Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola è interessato da quattro anelli escursionistici
denominati: Ca’ Carnè – Monte Mauro – Riva di San Biagio – Monte Penzola, che interessano le quattro
sezione dell’emergenza gessosa, impiegando diversi sentieri escursionistici del CAI (511, 513, 703, 705).
Inoltre, i tracciati dei quattro anelli sono uniti in un unico anello che collega i due centri visita del Rifugio
Ca’ Carnè e del Palazzo Baronale, denominato Grande Attraversata del Parco, e da un tratto dell’Alta Via
dei Parchi. All’interno del Parco sono presenti, infine, alcuni tratti dei seguenti percorsi che attraversano
l’area protetta in direzione del crinale Tosco-Romagnolo: 505, 701/GCR, C.S.A.
2. L’accesso ai percorsi escursionistici con mezzi motorizzati di qualsiasi genere è sempre vietato, ad
eccezione dei tratti di percorsi che interessano strade comunali o provinciali o strade vicinali “ad uso
pubblico”; nelle strade private e nei fondi agricoli l’accesso con mezzi motorizzati è consentito ai soli
proprietari o ai conduttori dei fondi. Sono fatti salvi gli accessi con mezzi motorizzati per ragioni di
vigilanza, soccorso, servizio e protezione civile.
4. Nei tratti di sentieri che attraversano le zone A è rigorosamente vietato uscire dai tracciati segnati.
5. L’accesso in bicicletta ai percorsi escursionistici è ammesso in ogni periodo dell’anno, ma, al fine di
tutelare l’incolumità degli escursionisti e le proprietà private attraversate dai sentieri, i seguenti tratti di
sentieri sono utilizzabili solo se accompagnati da guide o accompagnatori MTB riconosciuti, con un
massimo di 10 persone per guida:
a. Anello Ca’ Carnè: dalla Via Rio Cavinale alla carraia di ingresso del Centro Visite;
b. Anello Ca’ Carné: variante Rontana (511/A) dalla cima del Monte Rontana alla carraia di ingresso del
Centro Visite;
c. Anello Monte Mauro: percorso di cresta dal Monte della Volpe al Monte Mauro e al Monte Incisa;
d. Anello Riva di San Biagio: percorso di cresta da Sasso Letroso al passo della Prè;
e. il tratto dell’Anello Ca’ Carnè, dalla Via Rontana (parcheggio alto) al Centro Visite non può essere
percorso in discesa, ma esclusivamente in salita.
6. L’accesso in bicicletta lungo i tratti interdetti senza accompagnamento di guida o accompagnatore può
essere ammesso, con specifica autorizzazione dell’Ente, per competizioni o eventi.
7. L’accesso ai sentieri è gratuito, fatta eccezione per quanto previsto al successivo punto 8.
8. L’accesso al sentiero interno alla forra del Rio Sgarba è possibile soltanto con le visite guidate a
pagamento, organizzate in via esclusiva dal personale del Centro Visite Palazzo Baronale.
9. Ogni infrazione alle presenti norme, oltre ad eventuali ulteriori sanzioni stabilite dalle leggi vigenti,
comporta la sanzione amministrativa minima stabilita dalla legge regionale n. 6/05 per le violazioni dei
regolamenti dei Parchi, da euro 25,00 a euro 250,00.