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CRETA MINOICA
INDICE SOMMARIO
Avvertenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p.
I. LINGUE E SCRITTURE DELL'ANTICA CRETA . . . . . . . . . . . . . . . .
1.
2.
3.
4.
II. LA SITUAZIONE ETNOLINGUISTICA DEL MEDITERRANEO ORIENTALE ALLA FINE DELL 'ETA DEL BRONZO . . . . . . . . . . . . . . . . . .
III. LA
11
11
17
18
19
23
A..........................................
29
1. Rassegna storica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2. Ancora su alcune recenti proposte ``identificative'' del minoico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3. La traslitterazione on line del corpus della lineare A . . . .
4. La questione della leggibilita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5. Nuovi approcci al problema della traslitterazione . . . . . .
6. Alcuni rilievi sulle frequenze dei sillabogrammi . . . . . . . .
7. Nuovi testi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
8. La questione ma / qe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
9. Nuovi dati confermativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10. Le letture ba, bu, jo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
29
65
65
66
LINEARE
35
37
37
41
44
49
50
52
60
INDICE SOMMARIO
3. Antroponimi in -a-re . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 69
4. Elementi non onomastici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70
V. I
TESTI AMMINISTRATIVI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.
2.
3.
4.
77
77
79
86
88
95
103
103
109
110
125
125
127
131
132
134
137
141
141
146
157
1.
2.
3.
4.
Scoperta e datazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La questione della decifrabilita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Nel ``labirinto'' del disco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Spunti per un'indagine sperimentale sul contenuto del
disco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6
157
164
175
178
INDICE SOMMARIO
Abbreviazioni bibliografiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
p. 183
183
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188
193
AVVERTENZA*
Questo lavoro e stato scritto a quattro mani da Giulio Facchetti e Mario Negri, ed entrambi gli autori ne condividono, di conseguenza, in totum
la responsabilita scientifica (solo in rari casi segnalati naturalmente uno
dei due autori ha avanzato riserve su di una posizione illustrata nel testo).
Tuttavia, alcune parti sono da attribuirsi specificamente a un autore:
G. M. FACCHETTI: il paragrafo 1.4; l'intero capitolo 2; i paragrafi 3.1;
3.4-6; 3.10, 4.2; 4.4; 5.3-4; 7.3; 8.2-3; le intere Appendici I e II e, della
III, i paragrafi III.1 e III.5;
M. NEGRI: i paragrafi 3.2-3; 3.7-9; 4.3; 5.1-2; l'intero capitolo 6; inoltre
i paragrafi 7.1-2; 8.1; 8.4; III.2-4.
Poiche, com'e del resto ovvio, trattandosi di opera che ambisce a porsi
come sintesi (naturalmente provvisoria) di piu di un decennio di ricerche
condotte, per lo piu separatamente, sulle scritture di Creta nel II millennio
(peraltro, Negri ha invece lavorato in strettissima collaborazione con Carlo
Consani, con cui ha pubblicato TMT), in moltissimi casi e stato d'obbligo
alludere a interventi scritti singolarmente da uno dei due autori: la difficolta formale e stata risolta, speriamo in modo soddisfacente, citandone il solo
cognome, e riferendone in terza persona.
* Dal momento che il lettore ha comunque a disposizione, oltre all'editio maior costituita da
GORILA, quella traslitterata di TMT, ambedue recanti i diacritici che segnalano lettura incerta,
abbiamo ritenuto, vista la natura di quest'opera, di non appesantirne l'aspetto con la loro notazione (fatti salvi casi particolari).
APPENDICE II
IL DISCO DI FESTO
1. SCOPERTA E DATAZIONE
Un trovamento di eccezionale importanza e stato fatto la sera del 3
luglio 1908. Nel piccolo vano rettangolare che si stende dal muro meridionale delle fossette 6, 7 fino alla roccia di astraci, presso l'angolo nord-ovest
e a circa m. 0.55 sopra il fondo roccioso di esso, in mezzo a terra scura
commista a cenere, carboni e frammenti ceramici, si e rinvenuto un disco
di terracotta avente ambedue le facce coperte di segni pittografici. Pochi
centimetri piu a sud-est, nel vano stesso, quasi alla medesima profondita
giaceva un frammento di tavoletta fittile recante segni della scrittura minoica lineare. Il disco poggiava al suolo di costa, non verticalmente ma alquanto inclinato verso nord, mostrando al disopra la faccia che reca nel centro
una rosetta. Lo strato di terra su cui trovavasi il disco, sebbene coprisse
inuguaglianze del fondo roccioso del vano e pietre sporgenti dalla sua parete ovest, tuttavia non sembrava corrispondere ad un vero e proprio pavimento, perche la terra non era neppure battuta e conteneva, tanto al livello del disco quanto sotto, avanzi ceramici dello stesso genere e della stessa epoca. In ogni modo, data la posizione in cui trovavasi, apparisce chiaro
che il disco non restava in situ, ma piuttosto la dove era caduto da un'impalcatura superiore, probabilmente insieme alla tavoletta.1
Le precise parole con cui Luigi Pernier, responsabile della missione italiana a Festo al momento della scoperta del disco, descrive le circostanze
del rinvenimento possono essere utilmente integrate dalle recenti note di
Louis Godart: Questi frammenti ceramici, secondo Pernier, sono in gran
parte attribuibili alla fine del medio minoico. Sempre secondo Pernier vi
erano una ventina di frammenti Kamares fino, a decorazione bianca su ne1
157
APPENDICE II
IL DISCO DI FESTO
sellame tipico della fine del medio minoico, di un'ansa di terracotta giallognola con fascia bruna appartenente a una hydria ellenistica e il fondo di
un vaso dipinto interamente a vernice rosso-corallina lucente come quella
dei vasi aretini. La presenza di questo materiale significa in modo inoppugnabile che la zona dalla quale proviene il disco era stata perturbata nel corso
della storia e che sulla base dei dati stratigrafici qualsiasi certezza circa la datazione precisa del disco stesso e impossibile da raggiungere. Inoltre Pernier
segnala che il tipo di costruzioni e il genere di suppellettili concordano nel
designare lo strato in cui furono trovati il disco e la tavoletta come contemporaneo dell'ultimo periodo di esistenza del primitivo palazzo festio e dell'epoca in cui s'iniziava la ricostruzione della grande reggia di Cnosso. Il vasellame associato ai due documenti scritti corrisponde perfettamente a quello
che giaceva sui pavimenti, sui banchi, nei ripostigli del primo palazzo di Festo al momento della catastrofe che lo colp, e a quello trovato nei vani piu
antichi del rinnovato palazzo cnossio, per esempio nelle cassette sotterranee
del magazzino 4 e nel tesoro della dea con i serpenti. Le fossette di cui abbiamo parlato presentano incredibili analogie con i ripostigli sotterranei di
Cnosso e di Hagia Triada; si tratta di ripostigli come le ``caselle'' di Cnosso,
in particolare come quelle dei magazzini occidentali del lungo corridoio adiacente, e del santuario della dea con i serpenti. Il vano 8, dove fu trovato il
disco assieme alla tavoletta, presenta poi una stretta e forse non casuale somiglianza con la stanza del tesoro (ove erano i talenti di bronzo) del palazzetto di Hagia Triada e con il vano della reggia cnossia in cui si conservava il piu
ricco deposito di tavolette scritte con caratteri geroglifici. Tutti i piccoli vani
di questi tre palazzi sono non soltanto simili fra loro per la struttura, ma forse anche contemporanei, cioe della fine del medio minoico (minoico medio
III di Evans). E probabile che le fossette di Festo e il vano dove fu trovato il
disco servissero come ripostigli o depositi di oggetti importanti o preziosi.2
La tavoletta in lineare A trovata vicino al disco e PH 1, un documento
spezzato e iscritto sulle due facce:
PH 1a
] di-ra-di-na
]-ja
] [.]
2
*316 H
.L [
*316 1
CYP H
PH 1b
du-na , pa-[.] [
2FK [
FICI
2
GODART 1994a, p. 19 s.
159
APPENDICE II
IL DISCO DI FESTO
tra il 1700 a.C. e il periodo ellenistico, al quale sembrano risalire gli esemplari piu recenti di cocci provenienti dal vano 8. Tuttavia tale conclusione,
basata sulla sola lettura del materiale dello scavo non prende in esame tre
argomenti, anch'essi di notevole peso. Prima di tutto, dalla relazione stessa
di Pernier, risulta evidente che i reperti minoici trovati all'interno del vano
8 sono di gran lunga preponderanti; percio l'intromissione negli strati piu
bassi di cocciame posteriore potrebbe essere connessa a un incidente tecnico legato allo scavo vero e proprio. Sappiamo che Pernier si presentava
sullo scavo piuttosto tardi e ``tirato a lucido'', e i capomastri gli portavano
gli oggetti venuti alla luce nella mattinata; in queste circostanze non si puo
certo escludere che qualche coccio ellenistico si sia intrufolato in mezzo ai
reperti minoici. In secondo luogo, piu ci avvicina nel tempo, piu aumentano le possibilita di raccogliere informazioni sulle cose del passato. Qualora
il disco di Festo fosse stato prodotto da una civilta piu prossima alla nostra
di quella minoica pensiamo in particolare alla civilta cretese del periodo
ellenistico-romano le probabilita di trovare riscontri e riferimenti alla
scrittura singolare che lo ricopre sarebbero automaticamente cresciute di
molto. L'isolamento grafico del disco di Festo e quindi un argomento a favore della sua relativa antichita. In terzo luogo, la presenza sul disco di raffigurazioni identiche a realta attestate nella Creta del II millennio a.C. costituisce, a nostro parere, la prova decisiva della sua appartenenza al mondo e all'orizzonte culturale minoico-miceneo. Percio crediamo di poter affermare che, malgrado le incertezze legate alla stratigrafia, il disco di Festo
e un prodotto di una delle civilta del bacino orientale del mediterraneo appartenente al II millennio a.C..3
Il terzo argomento e senza dubbio il piu forte e costituisce una delle piu
importanti acquisizioni che si traggono dall'analisi formale dettagliata di
ciascun carattere del disco, con plausibili realia di riferimento, condotta
in GODART 1994a (i risultati di quest'analisi sono schematicamente riassunti a p. 132 s.).
Va rimarcato che il piu volte citato libro di Godart e, dal punto di vista
iconografico, pressoche perfetto: le splendide fotografie a colori e i facsimili consentono di lavorare sul testo del disco quasi come sull'originale. A
queste si accompagna una serie di osservazioni ovviamente in parte gia
da altri fatte, ma qui riverificate e comunque raccolte decisive per muovere i primi passi sul testo, e preliminari a ogni ulteriore progresso (capitolo
quarto di GODART 1994a):
3
11
161
APPENDICE II
162
IL DISCO DI FESTO
che raffigurano armi o utensili vari, e che sono quindi molto piu complessi
dei segni 22 e 45 chiamati in causa per sostenere la parentela tra il disco e le
scritture lineari cretesi, troviamo almeno due petroglifi. il segno I 7 e il segno II 3,5 che sono identici ai segni 15 e 23 del disco di Festo. Ma nessuno
si e mai sognato di avvicinare la scrittura del disco di Festo alle incisioni
rupestri attestate nella Valcamonica: l'abisso geografico e cronologico
che separa la cultura cretese da quella camuna evidenzia subito l'assurdita
di una tale ipotesi. Orbene, dal punto di vista grafico, il confronto tra i segni 22 e 45 del disco e i segni AB 31 e 76 delle scritture lineari cretesi e
assai meno convincente del paragone tra i petroglifi camuni e i tipi della
nostra misteriosa iscrizione; non ci si puo basare sulla vaga somiglianza
tra alcuni segni presenti in due o piu scritture diverse per ritenere che le
scritture in questione siano apparentate.6
Questo discorso rende bene l'idea, anche se il confronto e stato in effetti instaurato tra i segni di una scrittura vera e propria (quella del disco) e
i petroglifi di una pittografia (ossia un'espressione pre-scrittoria): in entrambi i casi, tuttavia, si tratta di segni grafici veicolanti, con modalita e
gradi di convenzionalita diversi, un certo messaggio.
Non ci sentiamo pero del tutto d'accordo con le conclusioni completamente scoraggianti tracciate in GODART 1994a, p. 139 s., informate al piu
totale pessimismo circa i tentativi di decifrabilita.
Certamente e vero che operare con un unico testo, tra l'altro sprovvisto
di evidenti ideogrammi o grafemi impiegati come ausilii semantici, e un'impresa che si sottopone a un larghissimo margine di incertezza e di ipoteticita. Nondimeno le 61 ``parole'' e i 242 segni che compongono il disco costituiscono un insieme non esiguo e un testo di cospicua lunghezza, su cui
indagini ermeneutiche di tipo combinatorio sono piu che legittime.
Con questa considerazione non vorremmo, d'altro lato, incoraggiare o
avallare i ``decifratori integrali'', che, gia per conto loro, spuntano sempre
piu, ``come funghi'', e le cui ``intepretazioni'', come vedremo nel prossimo
paragrafo, pur nella loro apparente incredibile variabilita, seguono pochi e
piuttosto banali schemi ``fissi''.
5 Si segue qui la classificazione dei segni proposta nella tipologia e cronologia dei petroglifi
camuni nel volume I Camuni. Alle radici della civilta europea, Milano 1982.
6 GODART 1994a, p. 122 s.
163
APPENDICE II
164
IL DISCO DI FESTO
la ipotizzata, spiegherebbe abbastanza bene lo sconcertante ``isolamento'' in cui si trova un reperto che, sotto molti punti di vista (tecnici, epigrafici, culturali, linguistici), ha un'importanza eccezionale. Tuttavia siamo ben consci che, senza elementi concreti di sostegno, si brancola del
regno delle semplici congetture.
Riproduciamo di seguito i 45 caratteri attestati sul disco (capovolti rispetto all'originale, per rendere coerente la nostra trascrizione da sinistra a destra,
contraria a quella del disco) 9 e ordinati secondo il loro numero di catalogo in
quattro colonne da dieci e una da cinque (piu i tre tipi di segno diacritico o
interpunzione, cioe il trattino obliquo aggiunto sotto alcuni segni, sempre in
fine di ``parola'', il tratto verticale semplice, separatore di ``parole'' nella spirale, e il tratto verticale complesso, che indica l'inizio del rigo su ogni faccia).
9 Diversamente GODART 1994a, nelle trascrizioni in testo, mantiene i segni nella loro posizione originale (cioe ``rivolti'' a destra), ma trascrive le ``parole'' da sinistra verso destra (al contrario del disco), con il risultato, ci pare, di una meno precisa confrontabilita tra i gruppi di segni
trascritti e quelli impressi sul disco.
165
APPENDICE II
Che possiamo dire delle miriadi di interpretazioni fiorite attorno a questo documento?
La quantita di contributi sul disco di Festo e davvero smisurata: come
anticipato per lo piu si tratta di pretese ``traduzioni'' integrali proposte da
linguisti o da ogni genere di dilettanti.
L'idea che i dilettanti possano spesso riuscire meglio la dove non arrivano gli specialisti, ``ingessati'' nelle strutture mentali accademiche, investe,
trovandovi apparente conferma, anche lo studio delle scritture antiche e dimenticate.
C. W. Ceram nel suo celebre libro Civilta sepolte (p. 55) 10 richiama, a
proposito delle imprese archeologiche di Heinrich Schliemann, queste parole di Arthur Schopenhauer: Dilettanti! Dilettanti! Cos vengono chiamati con disprezzo coloro che si occupano di una scienza o di un'arte,
per amore di essa e per la gioia che ne ricevono, per il loro diletto, da quanti
si sono dedicati agli stessi studi per il proprio guadagno, perche costoro si
dilettano solo del denaro che con tali studi si procurano. Un tale disprezzo
deriva dalla meschina convinzione, che nessuno possa prendere qualcosa
sul serio senza lo sprone della necessita, del bisogno e dell'avidita. Il pubblico ha lo stesso atteggiamento e la stessa opinione: di qui nasce il suo rispetto per gli ``specialisti'' e la sua sfiducia verso i dilettanti. La verita e, al
contrario, che per il dilettante la ricerca diventa uno scopo, mentre per il
professionista rappresenta solo un mezzo, ma solo chi si occupa di qualcosa
con amore e con dedizione puo condurla al termine in piena serieta. Da tali
individui, e non da servi mercenari, sono sempre nate le grandi cose.
Quindi Ceram, dopo aver enumerato un numero impressionante di impor10
166
IL DISCO DI FESTO
167
APPENDICE II
che conosca scrittura e lingua, quando queste conoscenze vengono a mancare (e non sono piu recuperabili perche la scrittura e ``dimenticata'' e/o la
lingua soggiacente estinta o ignota) sorgono grosse difficolta che si possono
classificare su tre livelli principali:
1. Scrittura nota e lingua ignota.
2. Scrittura ignota e lingua nota.
3. Scrittura e lingua ignote.
Il primo ordine di difficolta concerne il caso in cui la documentazione
disponibile sia scritta in un codice conosciuto (eventualmente in parte riadattato), ma la lingua soggiacente, estinta, sia poco o per niente comprensibile. Dunque, in linea di principio, e grossolanamente, si ``legge'', ma non
si capisce. Gli esempi concreti di questo genere di documentazione presentano tuttavia gradazioni di leggibilita e di comprensibilita diverse e descrivibili solo caso per caso. In generale la lingua estinta testimoniata solo da
documenti leggibili si deve considerare ``ignota'' solo se risulta genealogicamente isolata, vale a dire che non si puo scientificamente dimostrare la
sua includibilita in nessuna della famiglie linguistiche note. Un esempio e
fornito dal hurrico, lingua in uso nel II millennio a.C. e propria del regno
di Mittani. L'unica lingua con cui si e dimostrata una sicura parentela e l'urarteo del I millennio a.C. (anch'essa, peraltro, lingua di attestazione limitata ed esclusivamente epigrafica), con cui forma una famiglia linguistica a
se stante, quantunque si sia tentato, senza riuscirci, di collegare il gruppo
hurro-urarteo con le lingue caucasiche. I testi hurrici sono leggibili in quanto scritti col sillabario cuneiforme accadico, tuttavia l'isolamento genealogico (l'urarteo, come visto, non puo essere di grande aiuto) rappresenta
un grosso ostacolo per una ricostruzione precisa delle complesse caratteristiche grammaticali del hurrico. D'altro lato la presenza di bilingui, anche
di una certa importanza, e perfino di liste lessicali e vocabolari plurilingui
(trovati a Ugarit) rappresentano un aiuto molto prezioso per la faticosa
opera ermeneutica condotta dagli specialisti sui documenti hurrici. Ancora
peggiore e il caso della lingua etrusca, ben leggibile in quanto trascritta con
un alfabeto derivato da quello greco, ma presentante tuttavia gravi problemi di interpretazione, dal momento che tale lingua, estinta senza discendenti, si presenta dal punto di vista genealogico completamente isolata.
Mancando inoltre vocabolari come quelli hurrici e dato che le bilingui conosciute sono brevissime (peraltro la lunga ``traduzione'' fenicia delle lamine di Pyrgi non e letterale), l'ermeneusi dei testi etruschi ha richiesto e richiede grandi sforzi, fondati soprattutto su uno studio combinatorio interno (anche sulla base del confronto con testi ``paralleli'', ossia di contenuto
168
IL DISCO DI FESTO
APPENDICE II
gature. In una situazione attuale di ``scrittura ignota e lingua nota'' permane il sistema della scrittura rongorongo dell'Isola di Pasqua,12 tuttora indecifrata, e cio a causa dell'estrema complessita del codice scritto. Non pare
infatti esserci dubbio che la lingua soggiacente sia quella indigena, una varieta antica del rapanui (appartenente alla famiglia linguistica polinesiana)
ancora oggi parlato dai discendenti degli abitanti originari.
Il terzo caso, di ``scrittura e lingua ignote'', e invece esemplarmente
rappresentato proprio dal disco di Festo o dalla scrittura della Valle dell'Indo o anche, in diversa misura, dal geroglifico cretese, tutte situazioni
in cui ``non si legge e non si capisce''.
A prescindere dai ``risultati'' (ossia dal contenuto del testo ricavato dalle pretese ``traduzioni''),13 i metodi di approccio di tutti i ``decifratori'' del
disco (dilettanti o ``specialisti'') ricalcano schemi fissi.
Infatti il problema primario, per chi vuole si propone di ``ottenere'' una
``decifrazione'' integrale, e quello di attribuire valori, fonetici o semantici,
ai singoli segni.
Possiamo identificare due gruppi fondamentali di ``approcci'' al problema della ``lettura'' dei segni:
1. Ipotesi del codice puramente ideografico.
2. Ipotesi del codice propriamente scrittorio (ideografico o fonetico).
Il primo ``metodo'', praticamente tipico dei soli dilettanti piu sprovveduti, assume che la scrittura del disco di Festo non sia una scrittura vera e
propria (in cui, cioe, almeno in parte, i testi contengano anche segni [fonogrammi] riconducibili alla fonetica della lingua soggiacente),14 bens una
mera sequenza di ideogrammi. Tale ``metodo'', se vogliamo chiamarlo cos,
consiste nel reputare che ogni segno trascriva una parola o un concetto (e
dunque i gruppi di segni separati sul disco non sarebbero ``parole'', ma frasi), mentre i connettori sintattici (congiunzioni, preposizioni) e gli elementi
morfologici, considerati come ``sottintesi'', vengono integrati ``a piacimento'' dall'``interprete'' di turno. Questo sistema, palesemente prescientifico e
Sui cui v. l'appendice di FACCHETTI 2002b.
Classificando ``per generi'', si va dall'inno religioso, alla narrazione storica, al calendario
astronomico o almanacco (idea molto popolare), alla trattazione di un teorema geometrico, all'inno militare, al testo didattico, al servizio funerario, alla formula magica, al documento di
Atlantide, a una specie di ``computer disk'', a un testo iniziatico di Osiride, a un gioco dell'oca,
ecc. ecc.; ma la lista sarebbe quasi infinita. Non e neppure mancato chi ha pensato di ``identificarvi'' una bilingue (la faccia A in greco e la B in ``minoico'').
14 V. ASPESI in ALFABETI , p. 24.
12
13
170
IL DISCO DI FESTO
con: la vita delle cose dopo la vittoria sul tifone, l'umidita della natura,
grazie alla vigilanza di Anubis'': secondo Kircher, ``ovviamente'', la linea
(segno per n) simboleggiava ``l'umidita della natura'' e l'occhio
ondulata
(segno per i$r) la ``vigilanza di Anubis''. Un esempio di applicazione di
questo medodo strampalato e dei suoi pazzeschi risultati e fornito in Negri
2000, p. 50 ss., laddove, tra le (giuste) doglianze per aver trovato un libro
sul disco di Festo, informato a un simile ``metodo interpretativo'', in vendita nello shop dello stesso Palazzo (e accostato, come se niente fosse, a
un'opera scientifica come GODART 1994a), se ne espone parte del contenu, ultimo gruppo della faccia A, viene ``letta'' alla roto: la sequenza
significherebbe
vescia (oltretutto!), come se fosse il gruppo iniziale;
significherebbe ``pacificatore'' e
significherebbe ``morte'':
``reale'',
tutta la ``frase'' risulterebbe dunque ``traducibile'' con: (e la storia del) Pacificatore reale (che ha incontrato) la morte, e via dicendo. Kircher, nel
Seicento, avrebbe forse potuto fare di meglio. Una scrittura, propriamente
detta, che sia puramente composta da ideogrammi (o segni-parola), infatti,
non esiste ne e mai esistita,15 ma, oltre a cio, e evidente, anche dai soli pochi esempi forniti, che il tasso di arbitrarieta nell'assegnazione dei pretesi
``significati'' ai segni scritti e infinito (senza contare le libere ``integrazioni''
necessarie per ottenere frasi coerenti), cos che ciascuno, operando in tale
modo, potrebbe costruirsi la sua personale ``traduzione''.
Il secondo metodo, o ``del codice scrittorio'', identifica invece la scrittura del disco in uno dei due grandi gruppi dei sistemi di scrittura: 16 cioe
tra i codici (prevalentemente) ideografici oppure tra i codici fonetici (in
quest'ultimo caso di solito si individua una scrittura di tipo sillabico). La
semplice ``identificazione'' in astratto del sistema di scrittura non e di
per se un'operazione illegittima, anzi essa e un'ipotesi di lavoro che si
15
16
171
APPENDICE II
puo sempre formulare (si e visto sopra che vari indizi farebbero propendere per una scrittura fonetica di tipo sillabico, ma sulla questione torneremo
nel prossimo paragrafo). I problemi sorgono, pero, quando questi ``interpreti'' cercano di attribuire valori fonetici o semantici ai segni. Quando l'attribuzione del valore a ciascun segno non e spudoratamente ingiustificata
(avente, cioe, l'unico scopo di ``far scaturire'' la traslitterazione che fa
piu comodo all'``interprete''), essa e ottenuta tramite uno di questi sistemi
(o tramite entrambi, in modo combinato):
I. Attribuzione basata sulla piu o meno remota rassomiglianza dei segni
del disco con quelli di un'altra forma di scrittura.
II. Attribuzione basata sul metodo acrofonico.
Nel caso I si e impiegato, spesso, come termine di confronto, l'insieme
dei sillabogrammi delle scritture lineari minoica e micenea. Prescindendo
dai dilettanti, abbiamo due esempi di studiosi noti, distintisi in altri settori
della filologia e della linguistica storica: si tratta di Cyrus H. Gordon e di
Paul Faure. In Gordon 1966, in margine all'ipotesi dell'identificazione del
minoico come semitico cui si e accennato supra, in 3.1, si trova (alle pp.
40-42) un parziale tentativo di traduzione del disco; a parte che la lettura
avviene al contrario (cioe dal centro alla periferia, e la scelta non e giustificata da altro se non dall'``utilita'' della pretesa interpretazione), le letture
sono ottenute con il sistema I nella maggioranza dei casi (e la scrittura di
riferimento e il sillabario minoico-miceneo). Ad esempio i segni del disco 17
sono letti, rispettivamente 'i, pe, pu, ta, te, ti, to, da, ku, ma, na, no, la, se,
su, sulla base della vaga (o vaghissima) ``rassomiglianza'' con i segni lineari:
letti pa, ha, pi, kr (!), perche il primo raffigurerebbe una ``casa'' (in semitico
bayt) e gli altri tre una ``mammella'' (sem. haynq ``succhiare''), un ``angolo''
17
V. la griglia (Provisional Values of Some Phaistos Disc Signs) in GORDON 1966, plate XII.
172
IL DISCO DI FESTO
FAURE 1973.
FAURE 1973, p. 190.
173
APPENDICE II
segno ricorre sempre sotto l'ultimo segno di una ``parola'', induce fortemente a ritenere che si tratti di una specie di interpunzione).
La seconda strategia di attribuzione dei valori ai segni e il ``metodo
acrofonico'': essa e particolarmente adottata dai dilettanti di ogni genere,
ma non solo, e spesso e combinata con la prima strategia, del confronto
tra scritture, come si e visto per Gordon. L'applicazione del metodo acrofonico si fonda sul presupposto di aver ``intuito'' quale sia la lingua soggiacente: percio ci si sente autorizzati a verificare l'``intuizione'' attribuendo
come valori fonetici ai segni l'inizio del loro nome nella lingua ``individuata'': cos Aartun, posto tra gli esempi ``da non imitare'' in NEGRI 2000 (p.
53 s.), credendo che il disco sia scritto in una lingua semitica, legge il segno
come ka (ma anche ak!), perche esso, secondo lui,
della ``testa piumata''
raffigurerebbe un ``sacerdote'' (il cui termine semitico corrispondente e appunto kahinu), e cos via. Va detto che l'idea di riconoscere un principio
acrofonico nella creazione di scritture e tutt'altro che assurda, anzi e del
tutto normale: si e visto l'esempio del segno lineare (A e B) (stilizzazione
di una cetra), il cui valore fonetico bu pare con ogni verosimiglianza tratto,
acrofonicamente, dalla parola ``minoica'' burta- ``cetra'',20 appunto. Molti,
poi, sapranno che i nomi delle lettere greche sono in realta la trascrizione
dei nomi fenici dell'oggetto raffigurato dalla lettera stessa. Infatti i Fenici,
primi inventori dell'alfabeto (da cui discende anche il nostro), applicarono
semplicemente il principio acrofonico, attribuirono, cioe, il valore fonetico
della consonante iniziale all'oggetto rappresentato:
(antenato della nostra A) trascriveva il suono consonantico ' (colpo di glottide), dato che raf(antenato
figurava schematicamente una testa di bue (fenicio 'aleph);
della nostra B) si leggeva b e raffigurava una casa (fenicio beth);
(antenato delle nostre C e G) si leggeva g e raffigurava la gobba di un cammello
(antenato della nostra D) si leggeva d e raffigurava una
(fenicio gimel);
porta (fenicio daleth), e cos via. Il fatto e, pero, che queste precise (e triplici) corrispondenze (segno : oggetto raffigurato [spesso in modo assai stilizzato e praticamente irriconoscibile se non a posteriori] : termine su cui si
applica l'acrofonia) possono essere determinate e ricostruite ``a ritroso'' solo quando e perche si conosce con certezza il valore dei segni e la lingua dei
creatori del codice scrittorio (e anche in questo caso resta adito ad alcuni
dubbi). Un simile percorso non e invece ragionevolmente praticabile se
non si puo stabilire con certezza la lingua soggiacente, perche l'altissimo
tasso di discrezionalita toglie automaticamente ogni valore scientifico e
20
NEUMANN 1982.
174
IL DISCO DI FESTO
DEL DISCO
175
APPENDICE II
Il confronto e particolarmente significativo quando la ricorrenza di certi ``elementi morfematici'' si puo verificare da piu accostamenti diversi: e
questo il caso delle terminazioni (flessionali?) - e - o del ``prefisso'' .
Incidentalmente la riconoscibilita incrociata di questi elementi morfematici, assieme al numero dei segni attestati (45) e alla lunghezza media
dei gruppi di segni, ci conferma nell'idea che troviamo di fronte a una scrit 176
IL DISCO DI FESTO
tura fonetica di tipo sillabico (e forse a una lingua di tipo flessivo o agglutinante).
Peraltro, finche disporremo di questo solo documento isolato, la via da
percorrere verso un eventuale tentativo di interpretazione si potra immaginare come una specie di labirinto o come una serie di cunicoli ramificati.
La ``via di uscita'', ossia la corretta interpretazione, e una sola, eppure,
ad ogni via che imbocchiamo, ci troviamo di fronte due o piu percorsi alternativi tra cui scegliere.
Una volta entrati nel ``labirinto'' del disco la prima scelta, a rigore, riguarderebbe la questione del doverlo considerare un documento autentico
o una falsificazione. In realta, se si prescinde dal suo eccezionale ``isolamento'' (rotto in parte, tuttavia, come rilevato in GODART 1994a, da corrispondenze formali importanti tra i segni del disco e alcuni notevoli dati archeologici e iconografici della cultura minoico-micenea), non esistono motivi
per sospettare di un falso. Nondimeno, reputandolo un documento autentico e antico, abbiamo gia fatto una scelta precisa.
Proseguendo, ci troviamo di fronte ai due cunicoli relativi al sistema di
scrittura: ideografico o fonetico. Si e visto sopra per quali motivi riteniamo
che si possa entrare con una certa confidenza nel cunicolo delle scritture
fonetiche e, di fronte alla successiva divaricazione (tra alfabeti e sillabari),
si possa scegliere la via delle scritture sillabiche.
A questo punto siamo avanzati abbastanza nel ``labirinto'' del disco, ma
e qui che ci dobbiamo fermare, perche ci troviamo di fronte alla scelta tra
una serie praticamente infinita di cunicoli.
Bisogna infatti scegliere fra il numero mostruosamente alto delle combinazioni di valori sillabici che si possono attribuire ai segni. Scelti i giusti
valori, si avrebbe la corretta traslitterazione del testo e, se la lingua soggiacente fosse conosciuta o conoscibile (perche ``imparentata'' con altre conosciute), la decifrazione sarebbe cosa fatta.
Purtroppo pero la scrittura del disco non e confrontabile con nessuna
delle conosciute e l'applicazione del metodo acrofonico e, come si e visto,
destituita di ogni fondamento scientifico.
Ventris, di fronte alla lineare B, si trovava davanti una situazione simile.
Simile, ma non uguale. Anzitutto un gruppetto di segni della lineare B erano praticamente identici a quelli della gia decifrata scrittura cipriota (che
era pure un sillabario e dal dato archeologico ben si sapeva che le civilta
di Creta e di Cipro avevano certamente intessuto stretti contatti fin dall'Eta
del Bronzo): poi si sarebbe verificato che i valori fonetici erano effettivamente gli stessi (confermando cos l'affinita genetica tra scritture lineari
cretesi e sillabario cipriota). Inoltre Ventris disponeva di una documenta12
177
APPENDICE II
zione molto piu vasta su cui lavorare: centinaia di tavolette, tutte di carattere amministrativo e ripiene di ideogrammi esplicativi (che davano un'idea
piu o meno precisa del contenuto, ancor prima di ``leggere''). Un altro punto che permise a Ventris di avanzare nell'attribuzione dei giusti valori fonetici fu la riconoscibilita di elementi onomastici, specialmente di toponimi,
altrimenti noti perche sopravvissuti nelle eta successive.
Ora, noi concordiamo con Godart nel riconoscere che i dati ricavabili
dall'analisi combinatoria del disco siano insufficienti per riconoscere la lingua soggiacente (che, oltretutto, potrebbe essere comunque sconosciuta e
genealogicamente isolata, come il minoico: semmai, come s'e visto poco sopra, si potrebbe ipotizzare qualcosa sulla tipologia flessiva o agglutinante);
nondimeno non condividiamo del tutto l'idea che ``circa il contenuto del
messaggio stampato sul disco'' non si possa aggiungere nulla, oltre al fatto
che ci si trova, con ogni probabilita, di fronte a un testo di carattere non
contabile.22
4. SPUNTI PER UN'INDAGINE SPERIMENTALE SUL CONTENUTO DEL DISCO
In NEGRI 2000, p. 63 s., si e posta in nuova luce la rimarchevolezza di
un articolo di Piero Meriggi,23 studioso che ha contribuito in modo fondamentale alla decifrazione del luvio geroglifico. Egli, riprendendo una vecchia idea di R. A. Stewart Macalister, e corroborandola con l'accostamento
di possibili ``testi paralleli'' (in particolare la tavoletta di Ugarit RS 17.251)
ad alcune parti della struttura testuale del disco, presenta elementi per ipotizzare che il disco di Festo possa contenere un documento giuridico.
Le osservazioni del Meriggi, opportunamente modificate e ampliate, ci
permettono ora forse di costruire un modello interpretativo per l'elaborazione di ipotesi fondate sul possibile contenuto del testo del disco. Cio che
interessa sottolineare non sono tanto i concreti risultati dello specifico tentativo qui condotto, quanto piuttosto il metodo euristico che se ne puo
evincere.
ricorre spesso
Il Meriggi parte dalla constatazione che il gruppo
sul disco e sempre in posizione iniziale; le parole con tale digrafo iniziale si
trovano tutte, a eccezione di una, nella faccia A del disco (che il Meriggi
indicava come la B).
22
23
178
IL DISCO DI FESTO
A.2.
A.3.
DUHOUX 1977, p. 45 s.
Cfr. l'Edizione del testo con disposizione dei gruppi di segni secondo trattini, in GODART
1994a, p. 67 s.
24
25
179
APPENDICE II
A.4.
A.5.
A.6.
A.7.
A.8.
A.9.
A.10.
Nella prospettiva dell'ipotesi Macalister-Meriggi il gruppo A.3 pre(un appellativo? per ``testisenta una struttura in cui un termine
moni''? ``garanti''? ``contributori''?) sembrerebbe introdurre una lista di
quattro ``persone'', tre delle quali accompagnate da possibili qualifiche
identificative (sul modello della tavoletta di Ugarit proposta dal Meriggi):
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IL DISCO DI FESTO
capo?
, (figlio) di
capo?
, (figlio) di
Lo stesso ``personaggio'' appena menzionato compare anche, con enfasi (separato dal trattino) e in forma ``flessa'' o ``derivata'' (in - ), all'inizio
del documento:
A.1.
A.2.
e, se A.1 si potesse rendere con di capo?
, forse il ``sintagma'' di A.2
celerebbe il nome dell'atto o del negozio descritto sul disco.
- sono ``radicali'' molto frequenti sul disco
In effetti sia - - che e, come visto sopra, sono ripetutamentente implicati nei confronti presentati per i tentativi di riconoscimento di elementi morfematici.
181
APPENDICE II
capo?
, il
e nella ``qualifica'' di B.1 (in cui pero la forma e ``flessa'' nel ``genitivo'' in - )
capo?
, il
del
182