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La bellezza davvero spettacolare del paesaggio, la ricchezza della flora e della fauna, la fama legata alla
Commedia di Dante concorrono a fare della cascata dell’Acquacheta un bene da conoscere, tutelare e
valorizzare. La cascata, classica meta escursionistica fra le più frequentate dell’Appennino tosco-romagnolo,
si trova a un’ora e mezza circa di cammino da San Benedetto in Alpe (in provincia di Forlì-Cesena). La si
incontra risalendo il corso del torrente Acquacheta fino alla confluenza col torrente Lavane.
2. Inquadramento territoriale
Il percorso scelto si sviluppa all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte
Falterona e Campigna istituito nel 1993.
Il parco si estende sul crinale appenninico tosco-romagnolo per una superficie di 36.426 ettari, 18.696 dei
quali sono compresi nel versante romagnolo. Ospita un patrimonio boschivo fra i più estesi e meglio con-
servati d'Italia. Dell'ampia area protetta tra le province di Forlì-Cesena, Arezzo e Firenze, fanno parte le
Valli romagnole del Montone, del Rabbi e la Valle del Bidente, con i suoi tre rami di Corniolo, Ridracoli e
Pietrapazza che si congiungono poco a monte di Santa Sofia.
Il versante toscano, oltre ad una piccola parte dell’Alta Val di Sieve, comprende il Casentino, territorio che
abbraccia l'alta Valle dell'Arno, le cui sorgenti sgorgano dalle pendici meridionali del monte Falterona, la
cima più alta del parco assieme al monte Falco. Ricoprono il cuore del parco le Foreste Demaniali Casenti-
nesi, antico complesso forestale, dotato di una straordinaria ricchezza faunistica e floreale. Fra solenni
abeti, freschi ruscelli e suggestive cascate, si respira la mistica atmosfera di luoghi come Camaldoli e La
Verna che hanno accolto grandi personaggi di fede e di pensiero. Cantarono questi paesaggi letterati come
Dante e Ariosto, vi si ritirarono uomini di profonda spiritualità come San Romualdo e San Francesco.
Il paesaggio del Parco è caratterizzato dalle rocce sedimentarie, prevalentemente arenarie intercalate a
marne, che in Romagna appaiono frequentemente con caratteristiche scarpate stratificate, o con crinali
spogli. È differente la conformazione nella zona sud-est del Parco, dove il Monte della Verna, con le sue
rupi calcaree, si distingue in un paesaggio con ampie pendici tondeggianti interrotte da erosioni calanchive,
che rivelano la presenza di argille.
Il Parco eccelle, dal punto di vista naturalistico, come una delle aree forestali più pregiate d’Europa, il cui
cuore è costituito dalle Foreste Demaniali Casentinesi, al cui interno si trova la Riserva Naturale Integrale
di Sasso Fratino, istituita nel 1959. È anche un territorio con centri abitati ricchi di storia e di testimonianze
artistiche e architettoniche, che si offrono al visitatore in una meravigliosa cornice naturale, ricca di flora e
di fauna, tra cui spicca la più importante popolazione di lupo dell’Appennino settentrionale, nonché l’ecce-
zionale presenza di cinque specie di ungulati: cinghiale, capriolo, daino, cervo e muflone.
Ci sono all’interno del Parco due poli di grande fascino ed importanza spirituale: il Santuario della Verna e
l’Eremo di Camaldoli.
Il 7 luglio 2017, a Cracovia, la Commissione UNESCO ha inserito la Riserva naturale integrale di Sasso
Fratino e le faggete vetuste ricomprese nel perimetro del parco, nel Patrimonio Mondiale
dell'Umanità all'interno del sito seriale Primeval Beech Forests of the Carpathians and Other Regions of
Europe.
Lunghezza: 8.5 Km
Si parte dall'abitato di San Benedetto in Alpe (vallata del Montone) posto a quota mt 499 s.l.m.
Il sentiero ha inizio dal primo tornante della strada che da San Benedetto conduce a Marradi.
Tutto il sentiero è percorribile facilmente, percorso abbastanza largo e ben segnalato. Primo tratto agevole,
senza particolari pendenze, in circa 2 Km il dislivello è pari a 42 m. In questo tratto il tracciato segue il
corso del torrente fino al fosso del sasso Bianco che si attraversa su ponticello in legno.
Si prosegue velocemente fino a Ca' del Rospo, piccolo fabbricato ad uso agricolo ristrutturato. Il fabbricato
è utilizzato come bivacco in caso di maltempo.
Si inizia a salire in mezzo al bosco, alcuni tratti presentano pendenze notevoli, fino a raggiungere un tratto
scoperto che prosegue per alcune centinaia di metri in falsopiano.
Si torna in mezzo al bosco e con breve ma ripida discesa si giunge al molino dei Romiti.
Poco dopo il molino inizia un tratto breve ma molto duro che ci conduce al belvedere, posto di fronte alla
cascata dell'Acquacheta
Una breve discesa ci porta sul greto del torrente, ai margini di un'altra bella cascata formata dal fosso ca'
del vento. La cascata è quella del torrente Lavane
Dopo un breve ristoro nell’area attrezzata del Molino dei Romiti, facciamo ritorno a San Benedetto
attraverso il sentiero di andata.
3.4.1 Aspetti Logistici
Nel punto di partenza a San Benedetto in Alpe, potremo rifornirci di acqua e viveri al bar (apertura fino alle
ore 9.30 il mercoledì).
E’ presente anche una fontana per riempire le borracce proprio all’inizio del sentiero.
Nei pressi del Molino dei Romiti (a 10 minuti di distanza dalla cascata) sono presenti tavolini e panche in
cui potremo sostare e godere di un buon momento di riposo.
Crocevia con altri sentieri
Percorrendo il sentiero CAI 407 (che non abbandoneremo mai) incroceremo 2 bivi:
Il primo bivio verrà incontrato sulla destra a circa 20 minuti dalla partenza. L’incrocio è ben segnalato e un
ulteriore cartello scritto a mano indica la località Rinuzzoli.
Il secondo bivio, sempre sulla nostra destra, segnala il sentiero CAI 429 dir. Poggio all’inferno. Anche in
questo caso resteremo lungo il CAI 407.
Il sentiero che percorreremo è indicato con segnavia CAI 407. Gli altri percorsi che si sovrappongono a
questo sentiero sono: Sentiero Natura - CD (Cammino Dantesco) – Sentiero delle Foreste Sacre e Alta Via
dei Parchi.
La segnaletica verticale è curata. Il percorso prevede alcune tappe di approfondimento indicate da pannelli
illustrativi che caratterizzano il Sentiero Natura che percorreremo.
In caso di pioggia (anche dei giorni precedenti) potrebbero risultare scivolosi anche i due ponticelli in legno
che attraverseremo sul sentiero
Da segnalare un punto bindellato con nastro bianco/rosso nel punto iniziale del percorso a causa di un
gradino provocato da un assestamento del manto stradale.
La presenza di vegetazione sulle sponde del fiume mitiga le zone esposte al sole. In caso di giornata
estremamente calda e afosa si consiglia l’utilizzo del cappellino e della crema solare.
Da segnalare la possibilità di incontrare nebbia fitta, anche improvvisa che può rendere incerto il percorso.
In questo caso sarà importante percorrere i sentieri in gruppo compatto e verrà eletto tra i partecipanti un
chiudi fila.
4.2 Pericoli legati allo stato di conservazione/presenza della segnaletica
La segnaletica verticale è estremamente curata. Il sentieri CAI che attraverseremo CAI 407 è identificato
dalla solita colorazione bianco rossa e i crocevia sono perfettamente segnalati.
Si raccomanda di non ingerire bacche o frutti e non raccogliere fiori o erbe spontanee come da regolamento
del Parco.
Durante il percorso non è da escludere l’incontro con animali selvatici che recentemente hanno ripopolato
l’appennino come per esempio i caprioli.
Anche la presenza di zecche non è da sottovalutare: indossare pantaloni lunghi leggeri e ed evitare di
sedersi o sostare a lungo in spazi erbosi.
Durante i sopralluoghi sono stati frequenti gli incontri con mosche e zanzare. Meno numerosi gli incontri
con vespe e api che comunque non sono esclusi.
4.5 Pericoli legati all’attività umana
I pericoli legati a mezzi motorizzati esistono nel centro del paese di San Benedetto in Alpe e lungo viale
Acquacheta (primi 100 m fino all’imbocco del sentiero CAI 407).
Sul sentiero potremo incrociare eventualmente qualche escursionista in mtb (molto rari). Non vi è la
possibilità di incrociare cacciatori in quanto l’area è interdetta alla caccia.
5.Considerazioni
L’attività si rivolge ad utenti che effettuano escursioni saltuarie su dislivelli medio-bassi ma in buono stato
di salute.
Saranno effettuate diverse pause lungo il tragitto dettate anche da momenti di approfondimento
storico/naturalistici delle varie emergenze che incontreremo.
Il bar Acquacheta sarà il nostro punto di ristoro ad inizio escursione (apertura il mercoledì fino alle ore
9.30). Al bar sarà possibile utilizzare i servizi e acquistare viveri e bevande.
I sopralluoghi sono stati effettuati in aprile (venerdì 19.04.2019) ma il percorso è pensato per poter essere
effettuato durante tutto l’arco dell’anno in assenza di ghiaccio e neve.
Durante i mesi piovosi sarà necessario valutare il percorso con un sopralluogo precedente l’escursione.
5.3 Punti raggiungibili dai soccorsi/Connessione telefonica
Durante tutto il percorso, il sentiero CAI 407 consente un veloce intervento dei mezzi di soccorso. In più
punti è indicata la posizione da segnalare ai soccorsi in caso di chiamata al 118.
Il segnale telefonico è presente fino al Mulino dei Romiti. Da questo punto fino alla cascata (tempo di
percorrenza indicato 10 minuti) il segnale è assente. La connessione satellitare è presente lungo tutto
l’itinerario
5.4 Percorsi alternativi /Attività alternative
5.4.1 Piano B
In caso di maltempo durante l’escursione, sarà possibile abbreviare l’itinerario raggiungendo il pannello
illustrativo del sentiero natura N°3 relativo alla formazione geologia del territorio. Questo ci consentirà di
spiegare l’origine della cascata così come oggi la vediamo.
Al termine della breve escursione potremo sostare sotto la tettoia antistante la piazza di San Benedetto
dove approfondiremo il geosito in cui ci troviamo e spiegheremo alcune peculiarità del Parco Nazionale
aiutati anche dai pannelli illustrativi del Parco. Faremo anche qualche prova di orientamento con accenni di
cartografia utilizzando carta e bussola.
5.4.2 Piano C
Nel caso di pioggia forte fin dal mattino, l’escursione verrà rimandata come già concordato con l’istituto.
6 Aspetti d’interesse
Distante circa cinque chilometri da San Benedetto, la cascata dell'Acquacheta si trova alla confluenza con
il torrente Lavane (o Fosso Cà del Vento), dove i due corsi d'acqua compiono, nell'incontrarsi, un importante
dislivello: nel caso dell'Acquacheta si tratta di circa 70 m, mentre il Lavane percorre un salto di una ventina
di metri.
La valle del torrente Acquacheta solca il fianco sinistro della valle del Montone, del quale è affluente ed è
una tipica valle a sezione asimmetrica: il versante destro, segnato da una stratificazione a reggipoggio, è
molto dirupato e prevalentemente rivestito da bosco, mentre il versante sinistro, rivestito da arbusteti,
prati e pascoli, presenta morfologie più dolci il cui andamento rimarca quello delle superfici di strato,
disposte a franapoggio.
La cascata è di una bellezza singolare: le acque si diramano su uno spettacolare affioramento roccioso,
scorrendo sulle superfici di strato inclinate verso ovest e creando una cascata suddivisa in più rami, che si
allarga sull'affioramento. L'alternanza di livelli arenacei, più resistenti all'erosione, e marnosi, più "teneri"
(che costituiscono le torbiditi) ha determinato una successione di piccoli salti d'acqua e ripidi scivoli e la
strutturazione della cascata ad ampia gradinata. La cascata dell'Acquacheta ha il suo punto iniziale nella
soprastante piana dei Romiti; quest'ultima rappresenta il riempimento alluvionale di un antico bacino
lacustre creatosi a causa di uno sbarramento per frana che, secondo le ricostruzioni dell'evoluzione
geomorfologica operate dal Veggiani (1972), causò contestualmente l'origine alle cascate. La massa di
terreno scese dal colle del Sodaccio e sbarrò il corso del fosso Acquacheta, deviandone le acque
sull'adiacente balza posta all'estremità orientale della piana, dove il nuovo corso dell'Acquacheta, emissario
del bacino lacustre, si trovò a scendere sul ripido affioramento roccioso. Nell'evoluzione recente dalla piana
de I Romiti, sono da segnalare alcune depressioni, tipo pseudo-doline, che si stanno approfondendo alla
superficie.
Un esame geologico della zona ha consentito di accertare che la piana dei Romiti è composta da sedimenti
alluvionali. La piana si sarebbe infatti originata dal prosciugamento di un piccolo lago, a sua volta originato
da una frana di scorrimento verso valle degli strati marnoso-arenacei, frana che aveva ostruito il corso del
torrente Acquacheta. L'antico alveo fluviale è tuttora identificabile proprio nel sentiero che dalla cascatella
del Lavane conduce ai Romiti. La frana occluse il precedente sbocco a valle del torrente e le acque si
raccolsero nella conca formatasi a monte dell'occlusione. Le acque di trabocco del lago di nuova formazione,
alla ricerca di un nuovo corso, andarono a precipitare dalle rocce dell'attuale “caduta”. Si formò così la
cascata dell'Acquacheta come oggi la vediamo. L'antico tratto di alveo, posto tra i Romiti e la cascatella del
Lavane, da allora rimase privo d'acqua. E lo è tuttora. A causa del materiale che le acque di torrenti e fossi
portavano nei periodi di pioggia, la conca lacustre andò progressivamente colmandosi. Il piccolo lago che
si era formato con la frana dapprima si ridusse a stagno e poi si prosciugò completamente. Così la conca
lacustre riempita di depositi alluvionali diventò l'attuale piana dei Romiti.
Tutta la valle dell'Acquacheta ha un interesse storico legato alla presenza dei monaci Benedettini, il borgo
de I Romiti è sorto infatti nel XV secolo sulle rovine dell'eremo del Monastero di San Benedetto in Alpe, nel
quale aveva trovato rifugio Dante durante l'esilio da Firenze, che ne immortalò la bellezza nei versi
dell'Inferno - Canto XVI [94-108]. L'area era probabilmente già oggetto di culto in epoca antica, se davvero,
com'è stato ipotizzato, vi si trovava una fonte oracolare.
Attraversando le zone collinari del parco fino ad 800 m circa, si incontrano boschi composti da diverse
specie arboree: il carpino nero e il carpino bianco, l'orniello, il cerro, l'acero campestre e l'acero opalo, il
sorbo domestico, il ciavardello e limitati piccoli nuclei di castagni. Gli arbusti sono rappresentati in preva-
lenza dal maggiociondolo, il biancospino, il corniolo e il sanguinello, e lungo i corsi d'acqua, dal nocciolo e
dai salici. Nel sottobosco risaltano le graziose fioriture degli ellebori, le primule, le viole, la polmonaria e
l'anemone dei boschi.
Superati gli 800-900 m e fino ai 1.200 m, il paesaggio del parco ha saputo conservare la tipica associazione
dei boschi appenninici, altrove ormai rara, rappresentata dal faggio e dall'abete bianco, affiancati dalle altre
maestose presenze dei tigli, l'acero di monte e l'acero riccio, il frassino maggiore e l'olmo montano. Le
praterie caratterizzano infine la vegetazione delle alte quote, con una compatta presenza di brughiere a
mirtillo. Il parco ospita inoltre l'unica stazione appenninica di Tozzia alpina, situata lungo i ruscelli delle
faggete vicine al crinale.
Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna possiede un interessante patri-
monio faunistico, con ogni probabilità il più ricco e diversificato dell'Appennino settentrionale. Tra i mam-
miferi, il lupo trova qui le condizioni favorevoli per una presenza stabile e continua, assieme a ben quattro
ungulati: il cinghiale, il cervo, il capriolo e il daino. I roditori legati agli ambienti forestali sono il topo sel-
vatico dal collo giallo, il ghiro e lo scoiattolo, mentre fra i carnivori di piccole dimensioni si registra la
presenza della faina, della donnola, del tasso, della puzzola e della volpe.
Il parco ospita inoltre un elevato numero di uccelli, la maggior parte dei quali popolano le aree forestali: la
capinera, il fringuello, lo scricciolo, il merlo, il pettirosso, la cincia mora, il regolo, il tordo bottaccio, la
tordela, il colombaccio e il rampichino alpestre. Non mancano infine nella avifauna i rapaci, come lo spar-
viero, il gheppio, la poiana, il falco pecchiaiolo, l'aquila, astore, gufo reale, falco pellegrino, e le specie
tipiche delle praterie, degli arbusteti e dei pascoli. Anche rettili ed anfibi trovano nel parco le condizioni
adatte alla loro sopravvivenza, in particolare la salamandra pezzata, urodelo non comune sull'Appennino,
presente invece qui nella zona delle faggete, la rana italica e la salamandrina dagli occhiali, anfibi endemici
italiani.
6.2 Aspetti storico/culturali
Dante Alighieri, nel XVI Canto dell'Inferno, versi 94 – 105, paragona il fragore dello scroscio dell'acqua
della “caduta” dell'Acquacheta (fragore evidentemente udito nel periodo della piena del torrente) alla
rumorosa e assordante cascata del Flegetonte, fiume che separa il settimo dall'ottavo cerchio dell'inferno:
Il passo, affascinante per la musicalità, ha tuttavia alcuni punti di difficile comprensione e suonava oscuro
già ai primi commentatori della Divina Commedia. La presenza di incisi con finalità esplicative lo rende in
effetti piuttosto complicato e può indurre a seguire molteplici strade interpretative.
I principali nodi affrontati dagli studiosi della Divina Commedia sono stati i seguenti.
• Da una prima lettura parrebbe che Dante abbia voluto indicare in un monte denominato Veso il
punto di origine del torrente Acquacheta. E infatti molti commentatori sostennero questa tesi. Ma
non è così. Nell'Appennino tosco-romagnolo non esiste nessun Monte Veso e non risulta essere mai
stato usato, neanche in passato, il toponimo Monte Veso per indicare il monte dal quale aveva
origine l'Acquacheta, che ha due sorgenti: una denominata Fonte Siba o Fonte Sivi, alle pendici del
Monte Peschiena, l'altra Razzolino, sotto il Monte Lavane. Pertanto, secondo autorevoli commenta-
tori, il Monte Veso di Dante non è altro che il Monviso delle Alpi Cozie, da cui nasce il Po. Quindi il
testo vuol dire che, per chi vada dal Monviso in direzione di levante, l'Acquacheta, che poi arrivato
a Forlì ha un altro nome, è il primo, tra i fiumi che scendono dal versante sinistro dell'Appennino,
che abbia un suo corso autonomo (proprio cammino), cioè che si getti direttamente nel mare Adria-
tico. Gli altri fiumi o sono affluenti del Po oppure, ed è il caso del Reno e del Lamone, nel medio
evo si impaludavano anziché giungere al mare.
• Dante afferma che l'Acquacheta, giunto a Forlì, perde il suo nome. Oggi l'Acquacheta perde il nome,
dopo circa 13 chilometri di corso, già a San Benedetto in Alpe, dove confluisce con altri due torrenti,
il Troncalosso e il Rio Destro, e dà origine al Fiume Montone, che nei pressi di Ravenna, dopo
l'unione con il fiume Ronco, assume il nome di Fiumi Uniti fino allo sbocco nell'Adriatico. L'afferma-
zione di Dante è tuttavia facilmente spiegabile con quanto riferiscono suoi contemporanei: l'Acqua-
cheta, nel XIV secolo, veniva chiamato Montone solo al passaggio da Forlì.
• Il passo che ha maggiormente appassionato e diviso i commentatori è quello che recita:
rimbomba là sovra San Benedetto / dell'Alpe per cadere ad una scesa / ove dovria per mille es-
sere recetto
Secondo alcuni Dante alludeva, con accenti di biasimo, ai monaci dell'Abbazia di San Benedetto:
l'Abbazia accoglieva pochi religiosi, mentre invece per le sue cospicue rendite ne avrebbe potuti
accogliere più di mille (per mille esser recetto). Si sono avute anche spiegazioni di natura 'ambien-
tale': i versi potrebbero significare che l'acqua avrebbe potuto dividersi in mille parti nel cadere,
oppure essere incanalata in mille rivoli per irrigare i campi. Molto suggestiva la tesi secondo la
quale Dante si riferiva a un progetto dei conti Guidi, importanti feudatari in Toscana e in Romagna,
di costruire un castello, sopra la cascata dell'Acquacheta, nella piana dei Romiti. Il castello sarebbe
stato capace di accogliere un gran numero di persone. Non essendovi altro passaggio per Firenze
che quello, il luogo aveva un'alta importanza strategica a baluardo dei feudi dei Guidi. La costru-
zione del castello sarebbe poi rimasta a livello di progetto probabilmente per la morte dell'ideatore.
C'è anche chi argomenta che Dante, esiliato, si riferisca alla piana dei Romiti, talmente estesa da
poter raccogliere mille armati per tentare un rientro a Firenze.
Ma Natalino Sapegno, critico letterario e interprete di Dante fra i maggiori del '900, cita fra i com-
mentatori solo il Torraca, che interpreta il passo come semplicemente descrittivo della cascata: “Se
scorresse placidamente di grado in grado della sua scalinata il fiume non rimbomberebbe così; e
non rimbomberebbe la poca acqua del ruscello infernale, se non precipitasse giù d'una ripa disco-
scesa, tutta in una volta, quasi a piombo”. In altre parole, “'l suon dell'acqua” non sarebbe così
potente se i gradini (le scese) fossero tanti (mille) e non uno soltanto. Il Sapegno, e poi con lui
molti altri studiosi, ritiene questa la sola legittima interpretazione del passo e liquida le altre, anche
perché non sostenibili sintatticamente. Infatti, “mille è contrapposto a una (una sola) e non può
sottintendere se non scese”.
Conclusione
E' assai probabile che nelle vicinanze dell'Acquacheta passasse una strada, della quale rimangono
le tracce, che ha collegato per secoli la Toscana con la Romagna (l'attuale strada da Forlì a Firenze
che passa per il Muraglione è stata terminata nel 1836). Ed è anche assai probabile che Dante sia
passato da questa strada nel periodo del suo esilio, se ha potuto descrivere così realisticamente
l'immagine della cascata. Il luogo è quindi, da tempo, legato strettamente al Poeta, padre della
lingua italiana: già nel 1833 il geografo Repetti indicò la cascata col toponimo “Caduta dell'Acqua-
cheta di Dante”.
Si aggiunga che una più matura consapevolezza ambientale ha consentito negli ultimi decenni un
ampliamento della visione protezionistica anche nei riguardi dei beni naturali. Dalla fine degli anni
'60 del secolo scorso la cascata dell'Acquacheta ha assunto importanza crescente per i valori pae-
saggistico-ambientali che racchiude e che qui ho cercato di mettere in luce.
C'è quindi più di un valido motivo per continuare a tutelare con attenzione e rigore l'integrità di un
patrimonio come la valle dell'Acquacheta e la sua celebre cascata.
7. Info e Numeri Utili
Bar Acquacheta
Via Molino 46
47010 - Benedetto in Alpe (FC)
tel. 0543.965314
hotel.acquacheta@lbero.it
Premilcuore
Centro Visita “La fauna appenninica”
Via Roma, 34
47010 - Premilcuore (FC)
tel. 0543.956540 - cv.premilcuore@parcoforestecasentinesi.it
Santa Sofia
Centro Visita “La foresta”
Via P. Nefetti, 3
47018 Santa Sofia - FC
tel. 0543.970249
cv.santasofia@parcoforestecasentinesi.it
Bagno di Romagna
Centro Visita “Geologia e termalismo”
via Fiorentina, 38
47021 - Bagno di Romagna (FC)
tel. 0543.911304
cv.bagnodiromagna@parcoforestecasentinesi.it
Campigna
Punto Informazioni "La Villetta"
Via Centro
tel. 346.6031097
info@campigna.it
Castagno D’Andrea
Centro Visita “Il Monte Falterona”
via della Rota, 8 - 50060 Castagno d’Andrea (FI)
tel/fax 055.8375125
cv.castagnodandrea@parcoforestecasentinesi.it
Londa
Centro Visita “L’Uomo e il Paesaggio”
Località Parco del Lago
50060 - Londa (FI)
tel. 055.8351202
cv.londa@parcoforestecasentinesi.it
Badia Prataglia
Centro Visita “L’uomo e la foresta”
via Nazionale, 14/a
52010 - Badia Prataglia-Poppi (AR)
tel/fax 0575.559477
cv.badiaprataglia@parcoforestecasentinesi.it
Camaldoli
Punto Informazioni e Museo Ornitologico
52010 Camaldoli (AR)
tel. 0575.556130
Pratovecchio
Ufficio Informazioni c/o Sede del Parco
Via G. Brocchi, 7
52015 Pratovecchio (AR)
Tel. 0575/503029
promozione@parcoforestecasentinesi.it
Planetario di Stia
Via Montegrappa, 2
52017 - Stia (AR)
tel. 0575/503029 (Ufficio Turistico di Pratovecchio)
TRENITALIA
89 20 21 per acquisto biglietti ed informazioni
199 89 20 21 servizio con risponditore automatico
www.trenitalia.com
8. Regolamento dell’escursione
Dichiarazione di idoneità
Equipaggiamento obbligatorio
Cani
Il Partecipante che voglia partecipare accompagnato dal proprio cane ha l’OBBLIGO, in fase di prenotazione,
di comunicare alla guida la presenza dell’animale al seguito, per valutare l’idoneità e le modalità di
partecipazione. Sarà a discrezione della guida confermare o meno l’idoneità alla partecipazione del singolo
cane o di più cani contemporaneamente, anche in base a taglia, sesso, carattere, e tipologia dell’escursione.
NON saranno ammessi animali in calore o che abbiano terminato tale periodo nelle due settimane
precedenti all’escursione. Il cane al seguito deve essere docile e facilmente controllabile; il Partecipante
dovrà disporre dei mezzi di conduzione e controllo dell’animale necessari a garantirne la corretta
partecipazione (guinzaglio e/o museruola o affini). Sarà compito del Partecipante assicurarsi che il proprio
cane non arrechi danno o disturbo a cose, persone o animali, che non danneggi la flora, le proprietà private,
né gli altri escursionisti. La responsabilità relativa alla conduzione del cane ed eventuali problematiche ad
essa connesse, è esclusiva del Partecipante. La mancata comunicazione della partecipazione del cane o la
mancata ottemperanza alle disposizioni atte a controllarlo, possono prevedere l’esclusione del Partecipante
dall’escursione, anche al momento della partenza.
Nel corso dell’escursione verranno effettuati scatti fotografici e/o riprese video che possono comparire su
siti di pubblico dominio e che saranno utilizzati dall’organizzazione per finalità promozionali riguardanti
l’attività stessa. La partecipazione all’escursione sottintende il nullaosta alla pubblicazione del suddetto
materiale.
Telefoni cellulari
I partecipanti sono invitati a mantenere spenti i propri telefoni cellulari. Se questo non fosse possibile,
occorre comunque che le suonerie vengano disattivate. In caso di necessità, l’interessato è pregato di
allontanarsi dal gruppo previa comunicazione ed autorizzazione della guida, rimanendo comunque in vista
alla stessa.
La partecipazione alle nostre escursioni comporta l’accettazione incondizionata del presente regolamento.
La quota di partecipazione comprende esclusivamente il servizio di accompagnamento.
Tutte le guide del gruppo sono iscritte ad AIGAE, l’Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche.
Hanno seguito selettivi e impegnativi corsi della Regione Emilia-Romagna ottenendo così
l’abilitazione a esercitare la professione. Sono assicurate come da disposizioni della Legge Regionale
Emilia R.- N.4 del 1/2/2000 e succ. modifiche.