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DEL MARANO
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Foce Marano - Argine dx Marano - Ponte Pedonale – Argine sx Marano
Foce Marano - Spiaggia - Talassoterapico - Via Principe di Piemonte
9 Via D’Annunzio - Foce Marano (Piazzale Neruda)
N 5 3
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Riccione
0 km 0h -- mt -- mt 1 Foce Marano
Si parcheggia nel Piazzale Neruda sulla dx del tratto terminale
del torrente Marano - ci si porta alla foce e si risale l’argine dx
si attraversa il lungomare e si prosegue su sentiero sino
a raggiungere il ponte pedonale in legno
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1,9 km -- mt -- mt 5 Via Principe di Piemonte
La si percorre in direzione Riccione e si prosegue in via
D’Annunzio fino a raggiungere il ponte stradale sul Marano
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2)
1) 3)
FOCE E SPIAGGIA
DEL MARANO
Percorso di interesse naturalistico,
storico e architettonico
Inseriamo questo breve tracciato come e a ponente. L’atmosfera che si respira
integrazione dei percorsi provinciali, fluviali in zona restituisce l’impressione che il tempo
e collinari. Ci troviamo a cavallo tra il territorio sia sospeso. Alcune grandi colonie marine
riccionese a quello riminese. sono da decenni in stato di abbandono
Il limite non è avvertibile, privo di vere soluzioni e decadenza. La sabbia trascinata dal vento
di continuità, contrassegnato com’è invade le loro pertinenze e crea precarie dune
dalle ripetute moli delle colonie dismesse a ridosso delle recinzioni, trasmettendo
il cui destino sembra non cessare mai di essere la sensazione di una natura viva ma incapace
in gioco. Mare, spiaggia, colonie, Rio Marano; di domare questi giganti dimenticati.
l’area è caratterizzata in primo luogo da queste, Di cambiamenti radicali si parla però da tempo.
invarianti paesaggistiche forti, con una incidenza Quando questa scheda verrà resa pubblica
relativamente bassa delle strutture balneari l’immagine dell’area delle colonie potrebbe
che invadono letteralmente il litorale a levante essere mutata, ad iniziare dalla ex colonia
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p.115) L’Adriatico presso la Foce del Marano
1) Flora delle sabbie alla Foce del Marano
2) Rospo smeraldino ( Bufo lineatus)
3) Rondine ( Hirundo rustica)
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4)
IL PERCORSO
Suggeriamo di parcheggiare a destra come la gallinella d’acqua, il martin pescatore
della foce, tra gli impianti balneari e la cannaiola. Il tratto di foce del Marano
e via D’Annunzio. Attraversiamo la litoranea è interessato anche da un notevole evento
per inoltrarci lungo il sentiero che risale che riguarda la rondine comune. Da alcuni anni
il Marano sull’argine destro, tra la colonia migliaia di rondini si radunano all’imbrunire,
Adriatica e il Marano. L’ex colonia Adriatica tra Agosto e Settembre, nei canneti degli argini
Soliera Carpi è un modesto edificio degli anni per passare la notte in occasione dell’ondata
Trenta che si trova all’angolo tra via D’Annunzio migratoria verso sud. Lo spettacolo di stormi
e il Marano. Il breve segmento fluviale numerosissimi di rondini che si insediano
che percorriamo è situato tra la strada litoranea al tramonto nel canneto e la possibilità
e il ponte pedonale in legno, il quale scavalca di vedere gli ucelli in modo ravvicinato,
il canale collegando gli argini, sensibilmente attira schiere di curiosi.
più alti del piano urbano. Il Rio Marano Dalla riva sinistra torniamo in direzione
in questo tratto presenta un profilo artificiale, della spiaggia puntando verso la foce
come gran parte dei corsi d’acqua di pianura. del Marano. Il terreno detritico a ridosso
Lungo le sponde sagomate e le ripide rive del ponte della litoranea sul lato sinistro, ospita
arginate si è impostata una folta vegetazione alcune piante di stramonio, reseda bianca
spontanea igro-nitrofila prevalentemente e nappola italiana, piante dei luoghi sabbiosi
a canneto con una componente arbustiva, e ruderali. La foce del Marano è l’unica, ad oggi,
distribuita secondo modalità comuni ai canali a non aver subito né forme di portualizzazione,
artificiali con acque debolmente correnti. né consistenti arginature. La tendenza
Ai lati della sezione interessata dalle acque spontanea, evidente soprattutto in inverno,
si è stabilizzata una fascia a cannuccia a trasferire lo sbocco fluviale a ponente si deve
di palude, a partire dalle acque salmastre alle correnti marine di lungo costa.
prossime alla foce. La foce “naturale” richiama inoltre un gran
L’intero corpo dell’argine che delimita il canale numero di gabbiani e altri uccelli acquatici
è invaso da un denso popolamento a canna di passo ed è un punto adatto per studiare
domestica. Sono presenti individui sparsi le forme di vita dei fondali sabbiosi,
di indaco bastardo, un arbusto nordamericano sia per la quantità di organismi che troviamo
naturalizzato lungo i fiumi. spiaggiati dopo le mareggiate, sia per quelli
Si notano qua e là le fioriture rosato-purpuree che affiorano in regime di bassa marea.
della saponaria comune. L’ecosistema dei fondali sabbiosi a ridosso
Il ponte in legno consente una bella visione della battigia comprende un complesso
dell’intero canale fluviale, tra la ferrovia e il mare. di organismi tra i quali il peso maggiore
Il punto è adatto per osservare o udire, è dato dagli invertebrati. Tra i crostacei troviamo
oltre alle anatre domestiche alimentate alcune specie di granchi di sabbia e il paguro.
dagli abitanti della zona, anche i più comuni Gli echinodermi comprendono le stelle di mare,
uccelli selvatici che frequentano i canali, le ofiure e i ricci di mare; i molluschi includono
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4) La Foce del Marano (Riccione)
p.123) Il Marano presso la foce (Riccione)
calcinelli, vongole, cuori, varie specie metri quadrati è oggi in totale decadenza.
di lumachine, cannelli, telline, vongola verace, Riprende in generale lo stile del più noto Ospizio
mattra. Molte specie di molluschi rivestono Murri, con una serie di padiglioni intersecati
interesse economico e sono oggetto da un collegamento di 169 metri. Da un punto
di una tradizionale raccolta da parte di privati. di vista architettonico, si tratta di un’opera
Ne sono oggetto gli animali gettati a riva eclettica, con finestrature marcate da formelle
dalle burrasche o i molluschi esposti dalla bassa decorative in cotto.
marea. È una attività legata al tempo libero, Nelle pertinenze delle colonie e tra i recessi
retaggio di un modo di procurarsi il cibo incolti degli stabilimenti balneari si notano relitti
che affonda le radici in un remoto passato. di comunità erbacee psammofile, significative
Armati di un attrezzo per la raccolta, i cercatori testimonianze del corredo verde che popolava
di vongole battono per ore i banchi sabbiosi le sabbie della costa per centinaia di metri,
emersi ai lati della foce del Marano, attenti dalla battigia verso l’interno. Vi troviamo l’erba-
alle tracce che rivelano la presenza dell’animale. cali, la ruchetta di mare, la silene colorata,
Tra i molluschi adriatici vi sono anche ospiti la nappola delle spiagge o gramigna triboloide,
di recente acquisizione. La vicenda che riguarda il piumino, il tribolo.
uno di questi, la scafarca, è significativa Raggiungiamo alla fine una serie di colonie
delle modalità con le quali organismi esotici minori, collocate oltre il recente complesso
possono insediarsi all’interno di nuovi ambienti. del Talassoterapico.
La conchiglia è modesta, asimmetrica, Si tratta della ex colonia Villa Margherita
con una cerniera rettilinea. Il bivalve possiede del 1920, della Colonia Sacro Volto, del 1951,
un pigmento che ricorda il sangue dei vertebrati della colonia Sacro Volto - Bergamasca,
ed è in grado di trarre ossigeno dall’acqua risalente al 1949. Al loro termine ci dirigiamo
con maggiore efficacia rispetto alle specie su via Principe di Piemonte e torniamo
autoctone. Ciò avvantaggia il mollusco in direzione di Riccione, dal lato a monte
in occasione delle crisi anossiche innescate della litoranea.
dall’eutrofizzazione delle acque. Pressochè di fronte al Talassoterapico
Comparso in Adriatico tra la fine gli anni si erge la mole della ex colonia Novarese,
Sessanta e i primi Settanta, è originario l’unica della zona che abbia subito
dall’Indo-Pacifico. Da allora ha subito una vera una ristrutturazione a fini turistici.
e propria esplosione demografica. Progettata dall’ing. Peverelli e costruita
Procedendo lungo la spiaggia verso ponente, tra il 1933 e il 1934 su commissione
una serie di colonie marine scorre alla nostra della Federazione dei Fasci Combattenti
sinistra. La ex colonia Reggiana, a ridosso di Novara su un lotto di 37000 metri quadri,
del Marano, in stato di abbandono, è stata è considerata una importante espressione
progettata dall’arch. Costantini nel 1934. del movimento architettonico razionalista.
Su un appezzamento di 1600 metri quadrati, Si notano le testate semicircolari e, frontalmente,
esprime le convenzioni igieniste dell’architettura la rampa di accesso e la torre-scala.
razionalista, con tre corpi comunicanti e sfalsati, A lato della Novarese persiste una superficie
secondo l’asse eliotermico. libera con una interessante aggregazione
Seguono la ex colonia OPAFS Ferrovieri floristica legata alle sabbie marine, ultima
e la maggiore, la ex colonia Bolognese. testimonianza dell’ambiente sabbioso
Edificata nel 1934 su un lotto di quasi 19000 retrodunale. Si tratta di un’ampia estensione
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sabbiosa recintata dove persiste un prato
spontaneo caratterizzato da due piccole
pianticelle, la fumana comune e l’eliantemo degli
Appennini, unico sito marittimo
delle due specie nel Riminese. La prima presenta
un fusto legnoso; l’eliantemo è una cistacea
distribuita in ambienti rupestri e aridi.
Fanno parte dell’insieme l’equiseto ramosissimo,
la stregona gialla, una labiata delle rupi
e prati aridi e poi ancora la silene colorata,
la medica marina, il piumino, la reseda
bianca. Da sottolineare la presenza di alcune
orchidee, piante protette, tra le quali l’elleborine
palustre. Proseguendo lungo via D’Annunzio
raggiungiamo di nuovo il ponte sul Marano
e l’adiacente parcheggio.
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PARCO DEL MARANO,
VECCIANO, CERASOLO
Comune di Coriano
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Parco del Marano - Vecciano - La Palombara - Case il Monte - Cà Fantini
10 Cerasolo - Mulazzano - Vecciano - Parco del Marano
Numerazione CAI: 033 031 Segnaletica CAI: Segnavia bianco/rosso lungo il percorso
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p.125) Il Panorama da Mulazzano verso la valle del Marano
1) Il Parco del Marano
2) Gruccione ( Merops apiaster)
3) I dintorni del torrente Marano presso Vecciano
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4)
IL PERCORSO
L’inizio è situato presso il Parco del Marano, le indicazioni dettagliate della scheda tecnica,
sulla destra del torrente, dove si trovano si supera il Rio Mortella e si sale il versante
un parcheggio, strutture per la sosta opposto fino a casa Fantini. Tramite via Ciavatti
e un chiosco domenicale per il ristoro. si raggiunge Cerasolo, inserendosi su via primo
Superato il ponte sul Marano, si lascia a sinistra Maggio. La dominante paesaggistica
via della Loreta, che utilizzeremo per il ritorno, di questo segmento di percorso è data dal colle
e la celletta posta di fronte al bivio. tondeggiante di San Patrignano, sede
La prima sequenza di strade da percorrere della comunità omonima. Le strutture residenziali
è via Vecciano, via del Fagiano e via Palombara. e produttive occupano la sommità della collina.
Ci troviamo sul versante che guarda il Marano, Gran parte dei versanti sono interessati da vasti
in una zona abitata. Il ripido inizio vigneti industriali. L’abitato di Cerasolo si allunga
di via Palombara è segnato da siepi alberate su via primo Maggio. L’espansione edilizia
che cingono la stretta carreggiata, a tratti della zona crea l’impressione di un luogo
quasi infossata nella vegetazione. di recente insediamento. In realtà Cerasolo
La sensazione che si prova nel passare sotto può vantare una chiesa di tradizione plebana
queste ombrose e silenziose quinte vegetali e un castello di origini medievali. La moderna
è quella di partecipare ad un mondo rurale chiesa parrocchiale sorge sul luogo della Pieve
tramontato e alle scene che qui si svolgevano: di San Giovanni Battista in Cella Jovis,
contadini diretti nei campi, carri carichi di fieno poi Cerazoli e infine Cerasolo. Il castello,
trainati da buoi, donne che si recano al paese. si trovava in posizione isolata rispetto alla chiesa,
Più in alto la strada diviene pianeggiante. sul poggio rivolto a mare. Ha subito passaggi
Tra grandi querce, si apre quasi all’improvviso di proprietà tra la Chiesa e il Comune di
una magnifica prospettiva sull’alta valle Rimini, tra Malatesta e Montefeltro. Tra il borgo
del Marano, su Mulazzano, San Marino fortificato e la chiesa è posto un edificio
e le alte colline di Montescudo. Dal lato opposto, con caratteri intermedi tra una celletta
tra campi di cereali, il panorama si apre fino e una piccola chiesa, di origine settecentesca.
al mare. All’innesto su via Monte Friano, strada Da Cerasolo si domina parte dell’industrializzata
che congiunge Mulazzano con Ospedaletto valle dell’Ausa e della Repubblica di San Marino,
e che segna lo spartiacque tra Marano individuata dalla mole del Monte Titano.
e Rio Roncona, si prende in direzione Di fronte alla Parrocchiale di San Giovanni
di Ospedaletto per svoltare poco dopo a sinistra, Battista inizia via Il Pedrone, che scendiamo
sulla via che prende il nome dal Rio stesso. per raggiungere di nuovo il Rio Mortella,
Si scende così verso il fondovalle, tra siepi con un dislivello di circa cento metri.
alberate, estesi vigneti, coltivazioni orticole, La strada è ripida e con tornanti, affiancata
abitazioni sparse. Il Rio si raggiunge da seminativi e uliveti. Alcuni vecchi ulivi
con un tratto di strada bianca poi, seguendo addossati ad una casa colonica sembrano
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4) Campagna di Mulazzano (Coriano)
p.135) Panorama verso il Monte Titano
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A Sant’Antonio Abate, protettore degli animali
domestici, è dedicata in particolare una cappella
laterale interna. L’edificio ecclesiastico
è stato riedificato nel 1960 e non ospita opere
d’arte di pregio. Una targa ricorda un prete
prodigatosi per i parrocchiani durante i giorni
terribili del passaggio del fronte.
Il parcheggio del Parco dal quale siamo partiti
si trova oltre il ponte, a brevissima distanza.
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DA OSPEDALETTO
AD ALBERETO
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Ospedaletto - Riva dx torrente Marano - Parco del Marano - Ponte di Vecciano Riva sx
Marano - Vallecchio - Montirolo - Albereto - Monte di Vallecchio - Vallecchio - Riva sx
11 Marano - Ponte di Vecciano - Parco del Marano - Riva dx Marano - Ospedaletto
Numerazione CAI: 033 019 Segnaletica CAI: Segnavia bianco/rosso lungo il percorso
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CAI
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1) Ospedaletto 033
Dal parcheggio di Via Don Milani, si percorre Via Gramsci
si svolta a dx in Via Marzabotto fino a raggiungere il ponte
vecchio sul torrente Marano
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5,400 km 1,55 h 76 mt +44 mt 8 Radura 033
Si piega a sx sino a raggiungere un bivio nei pressi
di un’ampia ansa del torrente
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CAI
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18,100 km 5,55 h 66 mt -346 mt 7 Parco Marano 033
Si attraversa il parco in diagonale per imboccare a dx
il sentiero che si ripropone nel tracciato come all’andata
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DA OSPEDALETTO
AD ALBERETO
Percorso di interesse naturalistico,
storico e paesaggistico
Il tracciato segue il tratto medio-alto presenta un aspetto torrentizio tra questo punto
del torrente Marano. Presso Vallecchio e l’origine, in territorio sammarinese.
si solleva sui fianchi della collina di Albereto Il segmento superiore, interessato dal percorso,
per raggiungere l’opposto versante del Rio mostra un greto ghiaioso e rive ricche
Mandrio e tornare dall’omonimo castello. di vegetazione, a tratti rigogliosa.
Mediante l’asse del Marano, il terzo Le tracce di un recente passato segnato
per importanza tra i corsi d’acqua della provincia, da escavazioni in alveo sono ancora evidenti
si tocca l’alto versante della solitaria valle del Rio ma l’abbandono precoce delle estrazioni
Mandrio, avamposto riminese incuneato di inerti rispetto ai fiumi maggiori, il Marecchia
tra la Repubblica di San Marino e le Marche. e il Conca, ha consentito una ripresa anticipata
A Ospedaletto di Coriano il Marano muta della tipica vegetazione fluviale di pianura.
il proprio volto. Canale stretto tra argini Il contesto ambientale in cui il percorso procede
per il lungo tratto da questa frazione al mare, è notevole. La cornice collinare che accompagna
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p.137) Quercia in via Mezzanotte, presso Vallecchio (Montescudo)
1) Gruppo in escursione
2) Erba trinità ( Hepatica nobilis)
3) Lepre ( Lepus europaeus)
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4)
IL PERCORSO
L’inizio è posto a Ospedaletto, oltre la campata. Ci si trova in questo punto
presso il parcheggio di via Don Milani. all’altezza della bianca chiesa di Vecciano, ben
Attraversato il ponte della provinciale visibile poco più in alto della strada. Il toponimo
che da Ospedaletto porta a Pian della Pieve, Vecciano ci consente di ricordare che gran parte
è sufficiente immettersi sulla riva fluviale destra dei nomi di località hanno una origine latina,
(alla nostra sinistra risalendo il torrente) conseguente all’occupazione romana. Si ritiene
e percorrerla interamente fino al Parco che Vecciano derivi da una famiglia Vectia,
del Marano. Lungo la riva ci imbattiamo coloni romani cui vennero assegnate terre
nei ruderi ormai seminascosti dalla vegetazione da coltivare nella zona. Poco soprastante
di un edificio denominato Molino del Vescovo. la chiesa doveva essere presente nel XII secolo
Sotto il profilo ambientale il tratto risulta un Castrum vecciani, il quale non ha lasciato
di minore interesse rispetto al segmento fluviale tracce se non alcune strutture inglobate
successivo. Le attività condotte in alveo in una casa colonica detta “Torre”.
nel tempo, sia a carattere estrattivo che a fini Per quanto riguarda la chiesa, prima Cappella
di controllo delle acque, hanno limitato Vecciani, poi parrocchia autonoma dal 1677,
lo sviluppo della vegetazione di riva, era dedicata a San Giovanni Battista
pur in evidente ripresa. La composizione poi cotitolata a sant’Antonio Abate e alla Vergine
floristica delle fasce di riva rispecchia stadi del Rosario. L’edificio è crollato durante
vegetazionali che anticipano l’affermazione il passaggio del fronte ed è stato ricostruito
del bosco ripariale vero e proprio, del quale nel 1960. Il sentiero che ora intraprendiamo
non restano qui tratti originari. Ai lati del corso corrisponde al “Percorso verde vita”, realizzato
d’acqua le piane terrazzate e le basse colline dal Comune di Coriano, ora in stato
sono intensamente coltivate ma non mancano di abbandono. Da qui in avanti il sentiero
siepi e alberature che introducono al paesaggio si immerge tra la vegetazione fluviale,
vario e armonico che troveremo più avanti. attraversando zone fittamente boscate, talvolta
L’area attrezzata del Parco del Marano, aperte e cespugliate, oppure a lato di coltivazioni
presso Vecciano, si affaccia sul greto; è dotata che non di rado si spingono verso il greto,
di parcheggio, un edificio per mostre, un punto situato più in basso rispetto al piano
di ristoro. A Giugno vi si svolge una festa di campagna. Quando la vegetazione
dedicata al Parco. L’area costituisce un buon lo consente, si aprono squarci panoramici
punto di partenza per chi voglia percorrere il solo sul torrente e sui versanti collinari circostanti,
segmento superiore del tracciato, ma anche per molti tratti ancora gradevole composizione
per intraprendere il circuito collinare di coltivi, uliveti, impluvi e vallette calanchive
che raggiunge Cerasolo, del quale ci occupiamo boscose, abitazioni coloniche e ville sparse
in una specifica scheda. Il Parco termina nel verde. Il profilo irregolare del suolo
a ridosso del ponte di Vecciano, e la vegetazione fluviale discontinua testimoniano
che attraversiamo per raggiungere la sponda lo sfruttamento estrattivo dello scarso materasso
opposta, mediante un sentiero che si trova poco alluvionale che anche il Marano ha subito
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4) Castello di Albereto (Montescudo)
a cavallo della metà del secolo scorso. e l’alta dorsale collinare dominata dai castelli
Non vi sono, a differenza di Marecchia e Conca, di Albereto e Montescudo che chiudono
cavità profonde ed estesi fronti di escavazione l’orizzonte a sinistra.
a causa del ridotto spessore dei sedimenti. Una vetusta quercia, censita tra i patriarchi
La vegetazione si presenta in genere abbastanza arborei della Provincia, domina la strada
densa, con insiemi disposti a mosaico tra il greto all’altezza del Centro ippico, sulla via Mezzanotte.
e le zone pianeggianti laterali. Ancora avanti, Si dice che il nome della via sia dovuto
in corrispondenza di un’ansa fluviale, all’intenso ombreggiamento creato dalle querce
è accessibile una sezione geologica un tempo presenti in zona, della quale la nostra
dove è agevole osservare le stratificazioni è l’ultima superstite. Si raggiunge quindi l’innesto
arenacee e marnose marine sovrastate con il percorso 019 CAI dopo aver lasciato
da bancate ghiaiose e argillose di deposito a destra una porcilaia, la cui presenza
fluviale, substrato delle piane terrazzate fluviali. si annuncia a distanza. La carraia sale
Negli strati argillosi si notano gli ingressi gradualmente lungo il versante affacciato
delle gallerie di nidificazione del gruccione, sul Marano. Oltre il greto si estende il territorio
un coloratissimo uccello predatore di libellule, sammarinese, con il castello di Faetano svettante
api e bombi, che si riproduce in colonie. La fauna sulla rupe di cristallina roccia di gesso.
ornitica fluviale appare varia come conseguenza Siamo nell’area del bosco di Albereto,
non solo della eterogenea vegetazione fluviale, un complesso vegetazionale che probabilmente
ma anche della varietà degli ambienti di versante. è all’origine del nome stesso del castello,
Non è difficile scorgere lungo i tronchi e che con alterne vicende ricopre gli erti versanti
degli alberi morti i fori prodotti dal picchio verde esposti tra nord e ovest. L’uso protratto
e del picchio rosso maggiore, alla ricerca per secoli del bosco come fonte di materie
di larve xilofaghe. Ancor più frequente è rinvenire prime ha fatto sì che ben pochi nuclei forestali
le tracce lasciate sul fango delle rive da caprioli, presentino attualmente un aspetto maturo.
istrici, tassi, faine e altri piccoli abitatori Negli ultimi decenni, una minore pressione
del territorio. Poco oltre si guada il Marano ha consentito al bosco di Albereto di migliorare
all’altezza dell’immissione del Rio di Garavatte il suo aspetto strutturale e la sua composizione
per portarsi sulla riva destra e inoltrarsi floristica. La roverella domina, variamente
in direzione di Molino di Vallecchio, attraverso accompagnata da carpini neri, ornielli, olmi,
una carraia parallela al corso del torrente. pioppi tremoli (negli impluvi). L’impronta
Dopo un brevissimo tratto di strada asfaltata, mediterranea dei boschi collinari nostrani
si prende a sinistra in direzione del Centro viene confermata ad Albereto.
ippico, lasciando dietro di noi la chiesa Compaiono la ginestrella, l’asparago, il ligustro,
di Vallecchio, punto emergente e di particolare il ciclamino meridionale, la robbia e varie altre
valore storico e paesaggistico dell’intera valle piante a distibuzione meridionale.
del Marano. La chiesa, ritenuta tra le più antiche L’arrivo a Montirolo, propaggine estrema
del Riminese, ha subito un lungo periodo dell’abitato moderno di Albereto, avviene
di abbandono. Oggi propone una immagine all’interno di uno sterrato posto sul fondo
rinnovata. L’edificio, di proprietà privata, di un ampio fossato artificiale avvolto
è in via di recupero. dalla vegetazione, dove in parete spiccano
In questo tratto il panorama si apre verso l’alto le felci. Abbandoniamo subito destra l’abitato
Marano, con la massiccia rupe di San Marino per una via campestre che si immette
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sulla provinciale per Montescudo. tesoro naturalistico: il geotritone, un anfibio
Dopo una breve risalita su strada asfaltata, troglofilo proprio della fauna endemica italica.
prendiamo la diramazione per il castello Nella zona sono abbondanti istrici e tassi,
di Albereto. i quali frequentano le grotte o scavano profonde
Chi lo desiderasse può compiere una variazione tane nelle argille sottostanti i blocchi rocciosi.
di tracciato, con ritorno mediante lo stesso Tornati sui nostri passi, ad Albereto è possibile
percorso, in direzione del fondovalle del Rio visitare il Castello, il Castrum albareti
Mandrio. Si discendono gli angusti tornanti di medievale memoria.
in direzione di Faetano fino al nucleo abitato Riguardo al toponimo, non è un caso che ancora
di Mandrio. Tra le case inizia la stretta via Arvino, oggi il castello si trovi al margine di un ampio
un breve stradello che porta nel cuore complesso boschivo, sopravvissuto grazie
della valle. Il grande anfiteatro formato alla acclività del versante che guarda il Marano.
dai versanti che chiudono la valle si apre Va precisato però che il latino Albarus designa
di fronte. espressamente il pioppo bianco, essenza oggi
L’area presenta peculiarità naturalistiche di rilievo in rarefazione ma un tempo molto diffusa lungo
sotto il profilo geomorfologico e botanico. le rive fluviali e gli impluvi umidi.
La forte acclività dei terreni argillosi ha prodotto Il castello ha subito importanti restauri
una serie di calanchi, popolati da piante erbacee negli ultimi anni èd è stato oggetto di scavi
adattate a questi suoli estremi, instabili, poveri archeologici nel sito del ponte levatoio
di nutrienti, franosi e salini. Tra tutte, poste e presso la chiesa di San Bernardino,
in genere alla testata dei calanchi, spicca della quale resta la sola torre campanaria.
un’assenzio, l’Artemisia cerulescens, esclusiva Gli interventi sulle mura, dotate della tipica
di questo ambiente. Uno spettacolare scarpa malatestiana, su torrioni circolari
affioramento geologico formato da bancate di raccordo e all’interno delle mura, offrono
di gesso selenitico è posto sul ciglio sud nuova leggibiltà e interesse al Castrum
della valle, al confine con la provincia di Pesaro albareti. La costruzione del castello, ad opera
e Urbino. Il fronte roccioso dall’aspetto di Sigismondo Pandolfo Malatesti, precedette
stratificato sporge potente dalle sottostanti quella della rocca della vicina Montescudo.
argille. Le asportazioni di gesso effettuate Si suggerisce di visitare anche il perimetro
alle estremità da due grandi cave ancora attive, esterno delle mura, armate di torrioni,
hanno alterato un profilo paesaggistico che non e di trattenersi a leggere gli approfondimenti
ha uguali tra le valli del Conca e del Marecchia. informativi sul castello, sulla chiesa e sugli scavi,
La roccia è la medesima di Onferno riportate su cartelli opportunamente dislocati.
e della vicina Faetano, porzione meridionale A destra della rampa che sale al borgo si dirama
della “Vena del gesso” romagnola la carraia che raggiunge il Monte di Vallecchio.
che ha nel Faentino le più note espressioni. Si procede dapprima in piano, in un paesaggio
Lo spessore della formazione selenitica è rivelato dal sapore antico, tra filari di vetuste querce,
anche da affioramenti secondari. Uno di questi, muretti a secco in arenaria, siepi e coltivi,
pressochè invisibile dal basso, cela la risorgente sullo spartiacque tra il Fosso della Ruina e il Rio
di un complesso carsico poco noto, denominato di Garavatte. Albereto è ora alle nostre spalle,
dagli scopritori “Grotta di Pasqua”. seminascosto tra la vegetazione.
Il sistema ipogeo non raggiunge le dimensioni Il Monte di Vallecchio rappresenta un punto
della grotta di Onferno ma nasconde un piccolo di valore panoramico sull’intera alta valle
148
del Marano. Di qui si scende in località
Mezzanotte, a riprendere il percorso iniziale,
chiudendo un anello attorno alla selvatica
vallecola del Fosso della Ruina.
Tornati sulla strada all’altezza della chiesa
di Vallecchio, si può ripetere il percorso a ritroso
o effettuare una breve alternativa verso il ponte
sul Marano e percorrere la riva sinistra fluviale
sinistra fino a riprendere il percorso effettuato
in andata.
149
DAL LAGO DI FAETANO
A MONDAINO
Primo tratto: dal lago di Faetano a Chitarrara
Secondo tratto: da Chitarrara a Montefiore
Terzo tratto: Da Montefiore a Mondaino
150
12
151
Lago di Faetano - Montirolo - Albereto - Montescudo
Montecolombo - Chitarrara - Gemmano - Montefiore - Mondaino.
12 1° Tratto: Lago di Faetano - Chitarrara
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CAI
152
CAI
153
5,000 km 2,00 h 383 mt +392 mt 12 Bivio Via della Rocca 019
Si piega a sx verso il centro di Montescudo - si imbocca
per un tratto Largo Borgo Malatesta per poi deviare a dx
in via Torgnano e la si percorre sino al bivio per Torgnano
154
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Qui ha termine il primo tratto del percorso che collega
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2)
1) 3)
156
p.151) Il Ventena di Gemmano presso il Santuario di Bonora (Montefiore)
1) Il sentiero di fondovalle del Ventena di Gemmano presso i ruderi
della miniera di zolfo
2) Carraia presso Farneto di Gemmano
3) Picchio rosso ( Dendrocopos major)
La direttrice, quasi parallela alla costa, segue Lo sforzo necessario è compensato dalla varietà
la catena di colline sostenute da uno scheletro di ambienti, forme insediative e paesaggi.
roccioso di arenarie, marne e calcareniti I caratteri del territorio attraversato sono tali
di età miocenica. da consentire un transitare continuo
Le colline non raggiungono i 500 metri da emergenze naturalistiche come il bosco
ma ognuna di loro, dagli alti versanti di Albereto e la cima di Montescudo, a contesti
e soprattutto dalle sommità, consente agricoli differenziati, a nuclei rurali tradizionali,
il dischiudersi di panorami straordinari, vasti a centri abitati dalle remote origini
e differenziati per carattere e componenti come Albereto, Montescudo e Montecolombo.
paesaggistiche. Dalle colline si leggono le due Il tutto condito da costanti aperture panoramiche
anime del territorio. Tra est e nord le piane che interessano alternativamente, a seconda
fluviali e la costa riminese, densi di popolazione, del crinale o del versante, la costa, la collina
un’unica città in perenne animazione, pesarese o l’entroterra.
con la striscia azzurra marina che di qui pare La tratta è quindi rappresentativa non solo
lontanissima e si fonde con l’orizzonte. dell’intero percorso del quale fa parte,
Tra sud e ovest il Montefeltro e l’Appennino, ma dell’intera collina meridionale riminese.
dove ancora prevale la quiete e dove il paesaggio
tramanda i segni stratificati nel tempo
delle vicende storiche che li hanno attraversati,
sia negli abitati che nella trama suggestiva
di campi, boschi e vie. Non si cade in errore
se si cede all’impressione che la nostra collina
partecipi ancora oggi in misura maggiore
all’entroterra che alla costa quanto a tratti
ambientali, paesaggistici e insediativi.
I castelli che coronano le erte colline,
da Albereto a Mondaino, tutti toccati dal nostro
percorso tranne Saludecio, posto più a nord,
sembrano guardare la chiassosa riviera
con distacco, conservando un aspetto
aristocratico e marziale. Inoltre, rispetto
ad una pianura che ha cancellato a ritmo
frenetico i propri lineamenti paesaggistici
per sostituirli con forme insediative fredde
e anonime, la collina conserva sostanzialmente
ad oggi tratti di paesaggio agrario, un tessuto
viario e caratteri insediativi che trasmettono
il senso della tradizione e delle vicende
succedute nel tempo.
Il primo tratto, dal Marano al Conca, risulta
abbastanza impegnativo quanto a estensione
(supera gli 8 km) e dislivello (389 m rispetto
al punto di partenza).
157
4)
IL PERCORSO
L’inizio è situato presso il bacino per la pesca al percorso principale, che prevede l’immissione
sportiva di Faetano. Duecento metri oltre, sulla provinciale 131 per Montescudo.
in direzione di Faetano, dopo aver guadato Il castello ha subito importanti restauri
il Marano usciamo dal confine di San Marino negli ultimi anni ed è stato oggetto di indagini
per inoltrarci su una carraia che presto sale archeologiche. I risultati degli scavi sono illustrati
in direzione di Albereto. Il panorama si apre su cartelli posti presso il ponte levatoio
verso l’alto Marano, la grandiosa rupe del Monte e la chiesa di San Bernardino, della quale resta
Titano a destra e la dorsale collinare dominata la sola torre campanaria. Gli interventi
dai castelli di Albereto e Montescudo a sinistra, sulle mura, dotate della tipica scarpa
a chiudere l’orizzonte. malatestiana, sui torrioni circolari di raccordo
La carraia sale il versante affacciato sul Marano, e all’interno delle mura, offrono nuova leggibiltà
oltre la cui sponda emerge la rupe di gesso e interesse al Castrum albareti. La costruzione
selenitico che sostiene il castello di Faetano. del castello, ad opera di Sigismondo Pandolfo
Abbiamo di fronte il bosco di Albereto, fitonimo Malatesti, precedette quella della rocca
probabilmente all’origine del nome stesso della vicina Montescudo. I due castelli
del castello, e che da sempre ricopre i versanti separarono le loro sorti dal 1567 al 1700,
esposti tra nord e ovest. L’uso protratto quando Albereto, nel 1797 rientrò nel cantone
per secoli del bosco come fonte di materie prime di Montescudo, al tempo della napoleonica
ha fatto sì che pochi nuclei presentino oggi Repubblica Cisalpina. Nel 1861 entrò a far parte
un aspetto maturo. Negli ultimi decenni, della Provincia di Forlì.
una minore pressione ha consentito al bosco Si suggerisce di visitare anche il perimetro
di migliorare la sua struttura e la sua esterno delle mura.
articolazione floristica. La roverella domina Dalla strada provinciale si apre il panorama
la compagine, accompagnata da carpini neri, sulla valle del Rio Mandrio, in direzione
ornielli, olmi e pioppi tremuli negli impluvi. dell’entroterra. La valle, dall’aspetto di grande
Compaiono nel sottobosco la ginestrella, anfiteatro, presenta peculiarità naturalistiche
l’asparago, il ligustro, il ciclamino meridionale, di carattere geomorfologico e botanico.
la robbia e varie altre piante a distibuzione I coltivi coprono solo una parte dei versanti.
meridionale. L’arrivo a Montirolo, propaggine La forte acclività dei terreni argillosi ha prodotto
estrema dell’abitato moderno di Albereto, una serie di calanchi, popolati da piante erbacee
avviene all’interno di una carraia posta sul fondo adattate a suoli estremi, salini, franosi e aridi.
di una antica trincea artificiale ombreggiata Uno spettacolare affioramento geologico
dalla vegetazione, dove in parete spiccano formato da un fronte roccioso dall’aspetto
numerose felci. stratificato posto sul ciglio sud della valle
L’abitato di crinale di Montirolo si prolunga emerge dalle sottostanti argille, segnando
fino ad Albereto, il Castrum albareti di medievale il confine con la provincia di Pesaro.
memoria, che possiamo eventualmente visitare Due grandi cave ancora attive
con una brevissima deviazione rispetto hanno pesantemente alterato la bancata
158
4) Colline presso il Ventena di Gemmano all’altezza
di Case Urbotto (Montefiore)
p.165) Grande quercia presso Farneto (Gemmano)
di gesso selenitico, erodendone le estremità del Monte Croce e la sequenza delle ripe
e alterando un profilo paesaggistico calanchive, con i massicci umbro-marchigiani
che non ha confronti tra le valli del Conca sullo sfondo.
e del Marecchia. Montescudo è prossimo. L’entrata nel borgo
Si prosegue su strade asfaltate, incluso il tratto avviene dal lato montano e lo si attraversa
diretto alla frazione Gesso di Sassofeltrio, per buona parte. Il centro abitato, ormai corpo
finchè, tramite uno sterrato a sinistra si punta unico con l’adiacente Montecolombo, riserva
verso la sommità del Monte San Felice, interessanti elementi storici e architettonici.
una collina che non raggiunge i 450 metri. Il castello è noto per la sua cinta muraria
Tra cespuglieti, prati aridi, ginestreti e boscaglie con la tipica scarpa, eretta da Sigismondo
di robinia che hanno invaso terreni un tempo Pandolfo Malatesti nel 1460. Lo ricorda
coltivati, lasciamo a sinistra i ruderi di un edificio una iscrizione murata che possiamo vedere
religioso e a destra un campo di addestramento a sinistra poco prima di un distributore.
per cani da caccia. Le fortificazioni sono definite “scudo alla città
La posizione elevata dischiude gradualmente di Rimini”. Alle mura è collegato un eccezionale
vaste vedute panoramiche, sia verso la costa ritrovamento avvenuto nel 1954.
che in direzione dell’entroterra, vedute Durante un intervento di restauro, sono state
che si amplieranno ulteriormente dalla vetta rinvenute, entro un vaso di terracotta,
del Monte di Montescudo. 22 medaglie in bronzo raffiguranti, tra l’altro,
Dopo una breve e leggera discesa, riprendiamo l’effigie di Sigismondo Pandolfo e del Tempio
a salire su strada il versante nord-occidentale Malatestiano di Rimini, nel progetto originario
di questo secondo rilievo, tra abitazioni, cedri, di Leon Battista Alberti. La fortunata scoperta
pini e ginestre. si situa nella tradizione di tramandare il ricordo
La croce posta sulla sommità, a 474 metri, dell’artefice delle costruzioni e di richiamare
è in pietra. Alla base, una iscrizione ricorda su di esse i migliori auspici.
che venne eretta nel 1908 alla presenza Dopo un prevalente controllo malatestiano
di due vescovi, dopo che una precedente il castello, parte della Valconca e della valle
venne abbattuta “da un ciclone”. del Marano, furono per breve tempo
Il punto, come il tratto che scende verso dei veneziani per passare sotto lo Stato
Montescudo, è panoramico ma invaso della Chiesa.
da macchinari, tralicci, parabole e antenne. L’occupazione napoleonica portò Montescudo
La veduta verso la distesa collinare sottostante, ad assumere una posizione centrale per quanto
la valle del Marano, la costa e il lontano riguarda le istituzioni pubbliche e l’impulso
Adriatico merita però una sosta, soprattutto all’economia.
se la giornata è limpida. Il comune ricorda questo periodo della sua storia
Onde evitare l’esposizione a campi magnetici con i colori della bandiera francese
è bene non intrattenersi a lungo in zona. nel suo stemma.
Allontanandosi dai ripetitori è del tutto All’interno delle mura meritano una visita
rimarchevole il paesaggio a ponente la torre trecentesca, una notevole “conserva”
e a meridione. Ad iniziare dalla sagoma cenerina malatestiana, un vano sotterraneo
del Monte Titano, l’arco panoramico abbraccia per l’immagazzinamento e la preservazione
la Valconca con La Faggiola di Monte di derrate alimentari, un sotterraneo
Cerignone, il territorio di Onferno con la punta di collegamento con la cinta muraria.
159
L’abitato di Montescudo si abbandona con le loro carriole di panni, i bambini
gradualmente percorrendo via Torgniano. che giocano con l’acqua, i contadini che portano
Lo stradello procede in discesa; sul lato sinistro all’abbeverata le bestie. Il lavatoio era un punto
una scarpata è coperta da varie essenze. di socializzazione, di scambio di notizie,
Melograni, olmi, robinie, alaterni e allori lasciano di incontri, eventi non frequenti nel laborioso
trasparire una parete di arenaria. mondo rurale.
Una celletta dall’aspetto di alto pilastro segna Lasciamo il lavatoio e le voci che sembrano
il punto in cui dobbiamo lasciare la strada ancora risuonare e ci inoltriamo sulla carraia
e seguire la carraia a sinistra. Sulla parte lastricata a ciottoli che porta a Montecolombo.
della celletta, dedicata alla Madonna, Pochi passi ci separano dal Castello,
con un roseto alla base, è murato un mattone uno dei meno frequentati del Riminese.
che porta la data A.D. 1821 e la sigla P.B.S.AE. Vicinissimo a Montescudo, l’espansione abitativa
Una ipotesi vuole che questi decorosi e minimali ha praticamente saldato i due castelli,
edifici di culto popolare, largamente diffusi con questo e altri borghi murati della zona (San
in Romagna, siano stati eretti nei punti Savino, Coriano), formava una potente struttura
dove erano collocati segnacoli di confine difensiva in epoca Malatestiana. Il castello,
tra suddivisioni fondiarie romane. del quale si hanno notizie fin dal Duecento,
All’imbocco della carraia si ha un’ampia veduta conserva l’impianto urbano medievale,
delle verdi colline oltre il Conca, con Onferno venne fortificato e dotato di una rocca.
e i suoi calanchi, il borgo e la chiesa bianca La porta castellana, di fattura gotica,
di Marazzano, il boscoso impluvio alla sua è sormontata da una merlatura. All’interno
sinistra, il campanile di Gemmano. delle mura, la chiesa, dedicata al patrono San
La carraia avanza affiancata dalla vegetazione Martino, conserva un dipinto del santo, opera
fino ad una bella abitazione colonica del tardo Settecento del Brancaleoni.
plurifamiliare con la sua struttura originaria, La sequenza di vie indicata nella scheda tecnica
da tempo abbandonata. Per alcuni metri ci avvicina gradualmente al fondovalle.
le acque piovane che si incanalano lungo Via Colombara passa tra alte siepi e abitazioni,
la carraia hanno messo in luce le rocce arenacee con belle aperture sui fianchi collinari a uliveti.
che costituiscono l’ossatura di queste colline. Il versante opposto della valle, di fronte a noi,
Il percorso ora segue in leggera diagonale appare quasi una muraglia verde.
il versante sottostante Montescudo, tra campi Più lontani gli anfiteatri calanchivi di Onferno
e siepi alberate, con alti pioppi che seguono e oltre ancora il monte della Faggiola, evocante
i fossati, segno di costante presenza di acqua. un personaggio di dantesca memoria.
Dopo breve troviamo infatti un antico lavatoio. Poco più in basso uno scorcio sulla media
La costruzione, recentemente restaurata Valconca. I muri di una casa colonica restaurata,
e riportata alla sua primitiva dignità, come altre che seguono, mostrano i materiali
è stata edificata presso una fonte, ormai distante di cui sono composti: sassi di fiume, mattoni
da Montescudo ma prossima a Montecolombo, e “cogoli”, i caratteristici noduli arenacei presenti
cui doveva primariamente servire. Oggi il luogo nelle rocce. Il limitato uso del mattone era legato
è un punto isolato, frequentato solo da qualche ai maggiori costi rispetto alle materie locali,
abitante del luogo che cerca tranquillità. delle quali il greto del Conca e le pareti rocciose
Non si può che immaginare il viavai di donne erano larghi dispensatori.
160
Uno sterrato ombroso conduce al nucleo abitato
di Salgareto. Il fianco della collina degrada
a formare leggere piane, alte sul Conca,
parte coltivate e parte urbanizzate.
Sono resti di antichi terrazzamenti fluviali,
superfici che corrispondono a greti fluviali
di migliaia di anni fa. Poco oltre intersechiamo
la strada provinciale, raggiungiamo la frazione
di Chitarrara e il guado del Conca, termine
del primo tratto.
161
Lago di Faetano - Montirolo - Albereto - Montescudo
Montecolombo - Chitarrara - Gemmano - Montefiore - Mondaino.
12 2° Tratto: Chitarrara - Montefiore
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165
2)
1) 3)
DA CHITARRARA
A MONTEFIORE (secondo tratto)
Percorso di interesse naturalistico,
storico e paesaggistico
Secondo dei tre tratti del percorso Si segue una linea che corrisponde all’incirca
di attraversamento della fascia collinare all’asse ideale che collega le più alte colline
che congiunge la valle del Marano e che ha il suo epilogo a ridosso del Pesarese.
con Mondaino, alla periferia sud-orientale È un tracciato che si adatta al gioco di alti
del Riminese. È il tratto intermedio che interessa e bassi dei rilievi e dei fondovalle, che esalta
le valli del Conca e del Ventena di Gemmano, il ripetersi modulare di forme orografiche comuni
il più esteso, per una lunghezza complessiva alla porzione centrale e meridionale
di circa 10 km. Il percorso investe i due castelli della Provincia.
sulla destra del Conca: dopo aver sfiorato Al sollevarsi della dorsale collinare, in tempi
le mura di Gemmano si conclude a Montefiore, geologici, ha corrisposto l’incisione delle valli
così come avviene per Montescudo ad opera dei corsi d’acqua.
e Montecolombo nel tratto precedente, Il Conca ha prodotto una valle ariosa e versanti
in sinistra Conca. adagiati; la valle del Ventena di Gemmano
166
1) Il Rio Ventena presso la confluenza del Rio
di Monte Pietrino (Saludecio)
2) Margine di bosco presso Le Licce (Saludecio)
3) Pettirosso ( Erithacus rubecula)
167
4)
IL PERCORSO
Chitarrara è un nucleo abitato a ridosso L’area è stata abitata fin dall’antichità.
del Conca, dove è presente un guado da sempre Il campo sottostante la chiesa ha restituito
utilizzato dalla gente del posto per recarsi reperti romani e rinascimentali.
sulla sponda opposta e di recente I blocchi di calcare utilizzati per la costruzione
dagli automezzi della vicina cava di arenaria, della chiesa appartenevano certamente
oggi dismessa. Guadare il Conca in periodo ad un antico edificio preesistente.
non estivo, può essere un problema. La storia di questo luogo è in gran parte
In questo caso due sono le alternative, da scoprire. Il toponimo rivela che in zona veniva
con deviazioni non brevi. estratto materiale vegetale fossile ad uso
La prima può considerare un tratto di combustibile, come avveniva in diverse località
della provinciale per Taverna, oltrepassare tra Romagna e Montefeltro in epoca moderna.
la frazione, superare il Conca sul ponte Il percorso prosegue quasi rettilineo
per Zollara e prendere subito a sinistra, e in diagonale rispetto al versante,
sulla sponda del Conca fino al guado fino alla frazione Villa di Gemmano, attraverso
di Chitarrara. La seconda alternativa, più lunga, un paesaggio agrario, dedicato
prevede di raggiungere Osteria Nuova, a valle, alla cerealicoltura e dall’ulivicoltura.
superare il Conca sul nuovo ponte La frazione Le Ville si trova sullo spartiacque
per Gemmano, dirigere a destra per il Santuario tra il Conca e il Ventena di Gemmano,
di Carbognano, dove si intercetta che si dischiude già lungo il tratto stradale
il nostro sentiero, evitando così il tratto che scende verso via Fonti, con la mole
tra il Santuario e il Conca. della rocca di Montefiore ben in vista.
Il primo segmento di percorso segue Via delle Fonti prosegue a meridione pressochè
l’andamento di quella che era la via più breve alla stessa quota e per 180°, attorno al rilievo
per salire al vicino e frequentato Santuario che sorregge Gemmano.
di Carbognano, e di qui attraverso i campi, Il nome della via rivela la presenza di sorgive.
raggiungere Gemmano. Oltre le case coloniche Il tratto è riposante, se ne apprezza l’atmosfera
situate su un vecchio terrazzamento fluviale, raccolta e la frescura estiva data dalla folta
un poggio di alcune decine di metri vegetazione delle scarpate che cingono
sul fondovalle, si trova il piccolo e antico in continuo i bordi. Dalla strada si irradiano vari
Santuario di Carbognano. accessi alla valle sottostante. Dobbiamo però
Ha subito di recente un restauro. conservare la quota e svoltare su una carraia
Le mura, bianche come gran parte delle chiese di raccordo tra via delle Fonti e Via Farneto.
della Valconca, si notano a distanza. Il primo tratto, privo di siepi, dischiude
Gli ex voto in esso conservati e le celebrazioni una magnifica panoramica sulla lussureggante
che qui si svolgono, compresa una processione valle e sull’abitato di Farneto, posto su un dosso
campestre con l’effigie di San Vincenzo Ferreri, a sud del capoluogo. Il secondo tratto
raccontano di un sentimento popolare diffuso della carraia muta del tutto aspetto.
e di un forte radicamento spirituale al luogo. Una sequenza di spettacolari querce si succede
168
4) Panorama di Mondaino
ai lati, in particolare a ridosso della scarpata che vivono tra bosco e aree aperte rendono
destra. È probabile che si tratti di esemplari la zona di grande attrattiva per la pratica
tra i più vetusti del riminese. Una di esse lascia del bird-watching. Il picchio verde e il picchio
cadere i rami fino al terreno a ridosso rosso maggiore, specie tipicamente hole-
della carraia; una seconda è troncata a metà depending, sono frequenti a giudicare dai fori
ma sopravvive agli eventi. su vecchi tronchi morti. I tratti fangosi
È auspicabile che gli enti preposti intervengano del sentiero si prestano per l’identificazione
su questo breve tratto eliminando i materiali dei numerosi mammiferi che abitano
di scarico abbandonati, allestendo un punto o transitano nella valle. Le orme lasciate al suolo
di sosta panoramico e, perché no, un “museo appartengono a caprioli, cinghiali, tassi, istrici,
della quercia” all’aperto che illustri volpi, faine e ricci. Una osservazione attenta può
questi giganti dal punto di vista botanico, rivelare anche le impronte di varie specie
del loro ruolo ecologico, simbolico e economico di micromammiferi.
nella società rurale. Il guado artificiale sul Ventena obbliga a portarsi
La strada che scende a Farneto deve essere sulla riva idrografica destra.
abbandonata prima della chiesa. Lo sterrato, Si entra nella zona della vecchia miniera di zolfo,
a destra, passa all’inizio tra alte siepi, della quale restano scarse tracce.
per portarsi tra campi coltivati a cereali Le colline che qui appressano i propri versanti
sulla sponda del Rio Burano, a pochi metri in una sorta di strettoia, sono caratterizzate
dalla sua confluenza nel Ventena di Gemmano. da una particolare formazione geologica detta
Il Rio proviene da Onferno e convoglia le Gessoso-solfifera, dalla quale per decenni
acque che fuoriescono dalle grotte carsiche. è stato estratto minerale di zolfo.
Proseguendo in sinistra fluviale, ci si immerge La miniera, molto estesa nel sottosuolo, è stata
letteralmente nel bosco di riva del Ventena del tutto dimenticata.
di Gemmano. Di tanto in tanto si esce Smantellati gli impianti di superficie,
tra bosco e coltivo, con l’apertura di scorci la vegetazione ha preso possesso dell’intera
dai toni bucolici. zona, nascondendo i residui resti murari,
Le colline circostanti, di composizione argillosa, i piazzali e ogni altra testimonianza dell’attività
si presentano modulate e dolcemente acclivi. estrattiva. Ancora oggi però lo zolfo sembra voler
Le fasce boschive di lungo alveo sono formate rimarcare la sua presenza.
da una rigogliosa vegetazione arborea di alto Tenendosi sul sentiero ancora oggi lastricato
fusto, composta da salice bianco e pioppi, adiacente l’alveo, lungo quello che era il primitivo
nelle specie nigra, alba e tremula. accesso agli impianti, si avverte nell’aria l’odore
Lo strato arbustivo comprende l’evonimo, pungente di un gas: l’acido solfidrico.
Il biancospino, la sanguinella, il caprifoglio. Sulla sponda del torrente si notano alcune deboli
La robinia, il sambuco e il rovo prevalgono sorgive di acqua solforosa, dalle quali il gas
nei tratti degradati, su coltivi abbandonati promana. Le acque cariche di minerale
e scarpate. Nello strato erbaceo sono comuni si immettono nel torrente generando
l’edera, la primula, la viola, la consolida, in determinate condizioni un fenomeno
l’equiseto, il gigaro, le euforbie, gli ellebori, interessante e suggestivo, unico nel Riminese.
la robbia. Con acque pressochè ferme i depositi
Il silenzio è rotto solo dai canti degli uccelli. sul fondo del torrente assumono colori vivaci,
Poiane, picchi e una moltitudine di specie dal viola al rame, al grigio al nero. L’effetto
169
cromatico, contrastante con il verde di alghe dei recuperi, mostrano la loro origine di “ghetto”
e piante acquatiche, è dovuto a fenomeni rurale. Il nuovo marciapiede lastricato che inizia
di ossidazione minerale e decomposizione sul lato opposto della strada porta direttamente
batterica dei composti a base di zolfo. nell’abitato di Montefiore, passando
In altri punti attorno alla miniera, dopo prolungate presso la curiosa “casa a fungo”.
piogge, sorgive temporanee danno luogo Arrivare a Montefiore dal fondovalle del Ventena
a fluttuanti fiocchi biancastri simili ad alghe, di Gemmano richiede un certo impegno.
anch’essi dovuti all’azione batterica La salita del versante ripaga ampiamente
sui medesimi composti. degli sforzi, e non solo per le antiche carraie,
Il sentiero diviene ora una strada bianca, i muri a secco, il paesaggio, i colori
che si alza e si allontana dal torrente, tra versanti della vegetazione e il coro delle voci animali.
ora più aperti ma sempre erti e boscosi. Se il Santuario di Bonora, a metà versante,
In alto si intravvedono le bianche case si rivela una accogliente isola di pace
di Gemmano. nella tranquillità immobile della valle, il castello
A breve distanza da quel che resta della miniera, di Montefiore, soprattutto la sua rocca, appare
il sentiero si inerpica sulla destra al Santuario come un austero controllore dei nostri passi,
di Bonora, il quale spesso annuncia un vigile fortilizio in attesa di accertare
la sua presenza con il rintocco delle campane. le intenzioni di quanti si appressino.
Possiamo immaginare quanti abbiano utilizzato La rocca di Montefiore è quella che nel Riminese
questo antico tracciato per raggiungere meglio riassume le due anime della signoria
da Montefiore la miniera per lavoro, passando malatestiana. Nel XIV secolo diviene residenza
davanti all’immagine rassicurante della Madonna temporanea della famiglia come luogo
di Bonora. Che il percorso fosse una importante di piacere, base per battute di caccia, sede
via di comunicazione lo testimoniano di una corte raffinata e ricca che compete
anche le sistemazioni delle scarpate con muretti con le maggiori casate italiane.
a secco. Il santuario è il più noto e frequentato La contrapposizione con i Montefeltro
della Valconca, da secoli affidato all’ordine fa sì che la rocca assuma nel tempo una funzione
francescano. Agli inizi del Quattrocento Bonora centrale nel sistema difensivo malatestiano,
Ondidei fece dipingere una immagine perno di una catena di caposaldi militari
della Madonna che allatta Gesù all’interno che costellano le colline meridionali
di una cella che egli stesso aveva costruito come del Riminese. L’originale forma prismatica
luogo di eremitaggio. Attorno all’immagine della rocca emerge al punto di essere visibile
è sorto il santuario mariano, la cui struttura risale dalla costa e da gran parte della pianura
al primo Novecento. riminese, come elemento inscindibile
Dal piazzale di ingresso del Santuario si parte del paesaggio collinare. Con nuovi restauri
per Montefiore, risalendo la strada ornata si sta cercando oggi di rimediare ai pesanti
dalle stazioni della Via crucis. Un breve tratto e approssimativi recuperi del dopoguerra
campestre a sinistra conduce al Borgo Pedrosa, e di offrire più complete possibilità di visita.
il quale si affaccia sulla ripida e tortuosa strada Gli interni conservano materiali lapidei, una vera
proveniente dalla provinciale del Conca. da pozzo del Trecento e uno stemma
Dalla strada si nota parte dell’abside “a cimiero”, ma soprattutto lembi di un affresco
della chiesa, lasciata crollare alcuni decenni che riporta una “battaglia di cavalieri” del 1370
orsono. Le abitazioni, nell’approssimazione circa, attribuita a Jacopo Avanzi, i soli resti dipinti
170
giunti a noi di un edificio privato dei Malatesti.
All’interno della cinta muraria, in origine del XIV
secolo, superata la Porta Curina, sormontata
da stemmi di Pio XII e del cardinale Forteguerrieri,
si raggiunge la chiesa parrocchiale.
Oltre il portale gotico, troviamo un crocifisso
di Scuola riminese del Trecento, un affresco
di Bernardino Dolci del 1400 e una pala
della Madonna della Misericordia di Luzio Dolci,
del Cinquecento.
Nel borgo esterno alle mura, la chiesa
dell’ospedale, l’antico hospitale quattrocentesco,
riserva la sorpresa di un ciclo di affreschi della
seconda metà del Quattrocento che al tempo
doveva interessare l’insieme
delle pareti. Le rappresentazioni sacre
riguardano il Giudizio universale, la Resurrezione
dei morti, Inferno e Paradiso, gli Apostoli,
attribuiti al già ricordato pittore di cultura
urbinate Bernardino Dolci.
Montefiore è quindi una meta ideale,
sia per quanti vogliano completare l’escursione
con la visita al castello e alle sue attrattive
artistiche e storiche, sia per quanti si limitino
a goderne l’atmosfera rilassata e l’aria fine,
con lo sguardo rivolto al paesaggio
che dalle verdi colline intorno si spinge
fino al mare.
171
Lago di Faetano - Montirolo - Albereto - Montescudo
Montecolombo - Chitarrara - Gemmano - Montefiore - Mondaino.
12 3° Tratto: Montefiore - Mondaino
Montefiore
Conca San Clemente Valconca
ca
N 33
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31
C
38 01
Montecolombo
35 9
0 19
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32 39 7 019 01 Morciano
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Saludecio scudo Gemmano Co di Romagna
01
34 36 41 023
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37 40 Montefiore
43
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Mondaino
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9
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46 49
Montegridolfo
48
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7,800 km
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175
2)
1) 3)
DA MONTEFIORE
A MONDAINO (terzo tratto)
Percorso di interesse naturalistico,
storico e paesaggistico
Terzo tratto di 9,5 km del percorso in sostanza con gli abitati di Montefiore
che dalla valle del Marano raggiunge Mondaino. e Mondaino, e il fondovalle del Ventena.
Di lunghezza inferiore solo al segmento In linea generale vale quanto detto a titolo
che congiunge il Conca con Montefiore, introduttivo per le due precedenti tratte.
interessa in sequenza quest’ultimo, il Monte Ci troviamo nel cuore della dorsale collinare
Auro, i versanti del Ventena, il crinale miocenica, una barriera fisica che delimita
che domina il Rio di Monte Pietrino, il territorio provinciale verso il Pesarese.
la testata del Rio Tafugia, ovvero gli alti versanti Un dato unisce l’intera area investita
dei Monti Cappello e Zaccarelli e infine dal percorso: la forza con cui i rilievi
Mondaino. Il percorso richiede tempo si impongono nel paesaggio rispetto alla valle
ma non è particolarmente faticoso del Ventena, che al contrario pare compiacersi
per la gradualità con la quale si superano della sua marginalità, della limitata accessibilità
i dislivelli tra le sommità dei rilievi, coincidenti e dei valori naturalistici che essa cela.
176
1) Campo di grano a Salgareto di Montecolombo
2) Passero solitario (Monticola solitarius)
3) Il castello di Montecolombo
Il Ventena potrebbe apparire a prima vista e i caratteri della tradizione insediativa e storica
il doppio del Ventena di Gemmano. con Mondaino.
A parte lo stesso nome, di antichissima origine
italica, dal significato di “acqua fluviale”,
e il fatto che v’è chi ancora scambia uno
per l’altro, tra i due corsi d’acqua vi sono
analogie ma anche differenze sensibili.
Sono accomunati dall’origine, da rintracciare
nella testata della vicina catena collinare
pesarese, pochi chilometri all’interno,
dalle somiglianze morfologiche delle valli,
adiacenti ma ben separate, dalla conformazione
e portata dei torrenti.
A differenziarli sono il loro andamento
idrografico, corso d’acqua autonomo
e con propria foce il primo, tributario di un corso
d’acqua maggiore, il Conca, il secondo.
La valle del Ventena appare in generale
più aperta e antropizzata, con le strade bianche
che la percorrono in varie direzioni e il fondovalle
per gran parte accessibile agli automezzi.
Lungo l’asse principale le zone di maggiore
impatto paesaggistico e significato naturalistico
del Ventena sono quelle all’altezza della strettoia
di Montemaggiore.
Le emergenze naturalistiche si trovano relegate
nella convalle del Rio di Monte Pietrino,
negli angusti e recessi di altre convalli minori
e tra le impenetrabili formazioni calanchive
e rupestri sottostanti Tavoleto, poco oltre
il limite provinciale.
Possiamo quindi il linea di massima suddividere
il nostro percorso, per le caratteristiche fisiche,
per le suggestioni paesaggistiche
e per le espressioni ambientali del territorio,
in tre segmenti.
Il primo, elevato e dominante, antropizzato
e ricco di memorie storiche, riguarda Montefiore
e il suo immediato circondario; il secondo
percorre i versanti del Ventena tra boschi
e coltivi, con persisenze della rete agraria
tradizionale, comunicazioni vallive e insediamenti
rurali; il terzo recupera aspetti panoramici
177
4)
IL PERCORSO
Dalla piazza antistante la porta del castello intravvedere le colline pesaresi a occidente.
di Montefiore si sale alle pendici del Monte Auro All’altezza dello sbocco sulla provinciale
tramite una via rettilinea e ripida. proveniente da Morciano troviamo una seconda
Il percorso è scandito dalle stazioni della Via croce sostenuta da una macina in pietra.
Crucis, ultimo viaggio di quanti, dal borgo, Si prende a destra verso l’agriturismo “La ruota”
venivano trasportati al cimitero, adiacente poi si scende ulteriormente, seguendo
il Monastero dei Cappuccini. le indicazioni della scheda tecnica.
Al termine della salita, sul lato opposto di via Attraversata la strada Morciano-Tavoleto,
Panoramica, una croce sostenuta da un’antica si raggiunge San Felice per un tratto campestre
macina, come di frequente si osserva lasciando la chiesa a destra.
nelle campagne, segna l’inizio di uno sterrato Il percorso prosegue all’interno della frazione
che sale alla vetta del Monte Auro (m 478). per Cà la Brigida, sul versante che guarda
È una breve diramazione non prevista il Ventena. Dopo il leggero falsopiano
nel tracciato, consigliata per godere di via Pianello, la strada inizia a scendere
dello straordinario panorama che abbraccia all’altezza di una celletta con l’immagine
l’entroterra, con le colline feltresche e i lontani della Madonna di Bonora, presenza devozionale
rilievi umbro-marchigiani. Verso settentrione, costante nel territorio.
si domina il borgo medievale e la potente mole Ci accompagnano in distanza a meridione
della rocca, di recente sottoposta i rilievi marchigiani, talvolta nitidi, per lo più grigie
ad un intervento di restauro, proiettata contro sagome all’orizzonte.
l’Adriatico. È possibile che il nome del monte La prospettiva del mare è chiusa tra le moli
sia derivato dalle arenarie, di un bel tono ocra del Monte Faggeto e del Monte Maggiore,
dai riflessi dorati, che qui affiorano. con il bel profilo della chiesa di San Simeone
Può sorprendere che il versante nord, in grado che emerge a mezza costa a Serbadone,
di offrire magnifici scorci sull’abitato circondata dagli ulivi. A Cà la Brigida, aggregato
e la sua rocca, ospiti un piccolo castagneto. rurale di versante in parte restituito all’abitabilità,
Circoscritto ma con individui vetusti, termina la strada asfaltata e inizia un ripido
quello del Monte Auro è solo uno e il minore sentiero che raggiunge il Rio Ventena.
dei castagneti di Montefiore. La valle, aperta e boscosa, si estende ai lati
Gli altri, ben più estesi, si trovano sui versanti del nostro percorso. La strada di fondovalle,
del monte Faggeto, del Monte Maggiore carrabile ma di difficile transito dopo le piogge,
e a Case Suore, presso il Ventena di Gemmano. sale sul versante destro in direzione di San
Il microclima fresco dei versanti settentrionali Teodoro e Mondaino, meta del nostro percorso.
e la natura dei suoli ne consentono I ruderi degli edifici e la casa ristrutturata appena
la persistenza, pur nella modesta altitudine oltre il Ventena, appartengono ad uno dei tanti
dei rilievi. Dal convento dei Cappuccini “ghetti” rurali sparsi nelle nostre vallate, testimoni
si scende tenendo a destra un versante coperto di un tempo in cui la terra costituiva l’unico
da un maturo bosco a querce, il quale lascia sostentamento e la forma mezzadrile il sistema
178
4) Ginestre in fiore (Spartium junceum)
p.181) L’alta valle del Rio di Monte Pietrino presso San Teodoro
179
di Porta marina, passando per l’Arboreto, Ferrantino Novello, Galeotto e Malatesta
il centro sportivo e il nuovo Parco Le fratte. Guastafamiglia. Nel 1393 ospitò trattative
L’Arboreto di Mondaino consiste in un ampio di pace tra le due grandi casate, guidate
parco forestale. È sede di attività educative da Carlo Malatesta e Antonio da Montefeltro,
di carattere ambientale e di animazione teatrale, poi nel 1459 tra Pandolfo Malatesta e Federico
queste ultime condotte all’interno di una struttura da Montefeltro, gli esponenti più celebrati
moderna e ben inserita nell’ambiente naturale delle due dinastie.
della valle. Il percorso interno di visita, assistito Mondaino porta un nome dalle origini incerte.
da segnalazioni e cartelli, è interessante C’è chi propende per Mons damarum, monte
per quanti siano interessati ad approfondire dei daini, chi da una derivazione da Vicus
la conoscenza delle piante appenniniche dianensis, a causa di un presunto tempio
e mediterranee, in un ambiente tranquillo dedicato a Diana, dea delle selve e della caccia,
e raccolto, alla testata del Rio Tafugia. per altro mai individuato.
L’arboreto è sempre accessibile. Il cancello Le due ipotesi comunque sembrano convergere
di ingresso, posto sulla provinciale sull’idea di un territorio ricco in origine di foreste
che da Mondaino scende nella Valle del Foglia, e animali. Notiamo come, dopo millenni
si chiude automaticamente al tramonto. di sfruttamento delle risorse ambientali,
Mondaino ripaga della fatica spesa durante il territorio mondainese sia tornato verde,
il tragitto. Il castello, come la gran parte circondato da forre boscose e da una rinnovata
degli abitati fortificati di altura, sembra e ricca fauna selvatica. Nella rocca malatestiana,
in un primo momento intimorire il visitatore nota anche per i camminamenti sotterranei
con le sue potenti mura. Tale doveva essere e la neviera, è ospitato il Museo paleontologico.
l’effetto su eventuali assalitori e malintenzionati, Espone una selezione di reperti fossili, pesci,
accentuato dalla severa cinta dei tredici torrioni vegetali e invertebrati, provenienti dalla locale
che si alternavano alle mura, da tempo formazione del Tripoli, una roccia biancastra
scomparsi. Una volta superata la porta formata da microrganismi marini risalente
di accesso, la Porta marina, contrapposta al Messiniano, piano del Miocene situato tra 6
come per altri simili castelli alla Porta montanara e 8 milioni di anni fa. Nella sala del Durantino
che guarda a monte, il tranquillo borgo emana è conservato un affresco raffigurante la Madonna
una senso di ospitalità. Se dall’esterno del Latte, di Bernardino Dolci. In occasione
la rocca, con la sua merlatura, le mura a scarpa dei lavori di ristrutturazione della piazza,
e il ricostruito ponte levatoio mostrano la “padella” per i mondainesi, sono emerse
tutto il carattere di macchina bellica, il loggiato maioliche, oggi esposte in permanenza
neoclassico e la piazza dalla insolita ed elegante in un piccolo e curato museo.
forma a esedra, accolgono il visitatore I reperti configurano l’esistenza di una fabbrica
in un’atmosfera calma e raccolta. locale, nel solco della tradizione ceramica
Il castello in passato ha visto periodi travagliati. rinascimentale dei centri feltreschi e costieri.
Una storia antica quella di Mondaino, La chiesa di San Michele Arcangelo, nel centro
dalle origini medievali leggibili nel tessuto storico, conserva dipinti e paliotti d’altare.
urbano; al centro di dispute ma anche sede
di accordi di pace tra Montefeltro e Malatesti.
Nel Duecento Mondaino vide uno scontro
tutto interno a questi ultimi. Protagonisti furono
180
181
DA RICCIONE
A PORTO VERDE
182
13
183
Riccione Piazza Marinai D’Italia - Passetto Spiaggia (retro impianti balneari) - Porto
Verde - Foce Torrente Conca - Porto Verde - Via Litoranea Sud - Misano Adriatico
13 Via Litoranea Nord - Via Torino - Via Milano - Riccione Piazza Marinai D’Italia
Riccione
N 1
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Misano Adriatico
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2 7 Cattolica
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5
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4,500 km 1,10 h 4 Porto Canale
Ci si dirige a dx - si imbocca la via Lungo Darsena
e seguendone l’andamento in senso antiorario si raggiunge
l’edificio a torre cilindrica - subito a dx inizia via Calle dei Pescatori
185
2)
1) 3)
DA RICCIONE
A PORTO VERDE
Percorso di interesse
naturalistico e paesaggistico
L’inserimento di questo percorso costiero, marina della costa sabbiosa, dei fondali compatti
interamente pianeggiante, con il consimile artificiali e di osservare le testimonianze
suggerito alla foce del Rio Marano, si deve superstiti della flora che un tempo ricopriva
al criterio di fondo che ha animato la scelta le vaste lande sabbiose litoranee.
dei tracciati interni alla Provincia di Rimini: Il percorso si estende lungo la spiaggia
consentire di avvicinare, di “toccare con di Riccione, priva di barriere protettive fisse,
mano” se possibile, località e siti di interesse e quella di Misano Adriatico, dotata di pennelli
naturalistico e ambientale distribuiti nel territorio. frangiflutto, per raggiungere infine Portoverde
L’elevatissima antropizzazione del territorio e la riva sinistra della foce del Conca.
litoraneo ha cancellato ogni manifestazione Si tratta di un percorso che trae la sua prima
naturale primitiva della fascia costiera. motivazione dalla possibilità di prendere contatto
Scomparsi i sistemi dunali e le zone umide con elementi ambientali e naturalistici propri
costiere, il percorso consente di avvicinare la vita della costa iperantropizzata della Provincia,
186
p.183) Tramonto alla Foce del Conca
1) Aristolochia (Aristolochia clematitis)
2) Veduta aerea di Portoverde (Misano Adriatico)
3) Cartello informativo all’ingresso dell’Orto
botanico delle sabbie (Riccione)
187
4)
IL PERCORSO
Il punto di inizio è situato presso il piazzale lungo la recinzione dell’Orto sono colonizzati
che ricorda i caduti del mare, dove è possibile da cespi di gramigna delle spiagge,
parcheggiare. A sud del parcheggio si affaccia consolidatrice delle dune.
l’”Orto botanico delle sabbie”, un’area sabbiosa Ancora tra le graminacee è diffusa la nappola
incolta di 2000 metri quadrati racchiusi delle spiagge, dai tipici frutti spinosi
tra il piazzale, la ex colonia Bertazzoni, via Torino cui si attribuiscono coloriti appellativi dialettali.
e gli impianti balneari. Promosso dal Comune Tra le specie esclusive delle sabbie marine
di Riccione e dal WWF a scopo testimoniale si annovera la ruchetta di mare, una alofila
e didattico, illustrato da appositi cartelli, dai piccoli fiori violetti, in grado di vegetare
è possibile anche dall’esterno osservare le piante a pochi metri dalla battigia.
spontanee delle sabbie marine sopravvissute Le sabbie litoranee locali ospitano
alla scomparsa degli habitat costieri. anche un contingente di specie non esclusive
Il degrado delle coste sabbiose investe delle spiagge. Tra queste lo stramonio,
l’intero litorale nazionale per cui una solanacea tossica originaria dell’America
anche le aree minori rivestono interesse tropicale. Comune lungo i margini incolti
come sedi di biodiversità vegetale. delle strade, la reseda bianca è una specie
Proseguendo lungo il marciapiede, altre zone mediterranea con una spiga formata da numerosi
dove è possibile scorgere residue piante piccoli fiori. Negli stessi ambienti troviamo
delle sabbie sono della ex colonia Bertazzoni, la nappola italiana, abbondante di frutti spinosi,
ora Centro estivo comunale, le pertinenze il cui nome per alcuni studiosi sarebbe all’origine
delle ex colonie Enel e Italia e del Collegio del nome di Riccione.
Bianconi. La tarda primavera e l’estate sono Al termine del marciapiede ci si dirige verso
le stagioni migliori per osservare quanto resta la battigia. Si nota subito una particolarità
della copertura vegetale primitiva delle dune. che riguarda la sabbia. Il colore e la grana non
Tra le specie più vistose e interessanti presenti appare la stessa degli anni addietro e soprattutto
nell’”Orto delle sabbie” vi è il vilucchio marittimo, il suolo appare cosparso di una quantità
un convolvolo dai fiori imbutiformi rosa. inusuale di conchiglie. Negli ultimi anni è stato
Ancor più vistosa è l’enagra comune, con fusto attivato un processo di ripascimento artificiale
legnoso che supera il metro e mezzo di altezza già sperimentato in altre situazioni di grave
e fiori gialli che si notano nella tarda estate. involuzione erosiva della costa. L’operazione
Sopravvivono esclusivamente nell’Orto l’eringio ha comportato il prelievo di sabbia trenta miglia
marino dalle larghe foglie cinerine e cerose al largo della costa ravennate, il trasferimento
e la Pastinaca spinosa, ombrellifera degli inerti e la loro dispersione lungo la riva.
dal portamento a pulvino. La silene colorata, I banchi sabbiosi asportati si sono rivelati
una cariofillacea dalla corolla rosa intenso ricchissimi di organismi marini subfossili,
è presente con numerosi individui. in particolare bivalvi e gasteropodi.
Sono presenti la medica marina e la medica I molluschi vengono disseminati dalle correnti
litorale. I cumuli sabbiosi ammassati dal vento e rimaneggiati dal moto ondoso lungo la spiaggia
188
4) La pista ciclabile e pedonale a Misano Adriatico
p.191) Pennelli frangiflutto lungo la spiaggia di Misano Adriatico
189
il quale, accanto a un dignitoso nucleo
residenziale e nautico, presenta massicce
torri-condominio frutto di speculazione degli anni
del “boom” turistico.
Le ghiaie che formano la spiaggia antistante
annunciano la vicinanza della foce del Conca.
Si raggiunge percorrendo in senso antiorario
per intero l’area portuale, seguendo le indicazioni
della scheda tecnica.
La foce del Conca è oggi un canale bordato
da vegetazione palustre.
Nel punto di immissione in mare il moto ondoso
tende ad accumulare una barra ghiaiosa
che rallenta il deflusso.
Il ritorno, una volta rientrati nel complesso
residenziale di Portoverde, può avvenire
ricorrendo al marciapiede del lato a mare
della strada litoranea, il quale si trova in continuità
con il recente arredo urbanistico costiero
del comune di Misano.
190
191
DALLA FOCE
DEL CONCA
A MOLINO DEL CERRO
Riva sinistra
192
14
193
Foce torrente Conca riva sx
14 Pista ciclopedonabile riva sx - Molino del Cerro
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197
2)
1) 3)
198
p.193) Il Conca presso la piana di San Pietro (Montefiore)
p.197) Canne palustri lungo il sentiero ( Phragmites australis)
1) Assembramento di uccelli acquatici nel bacino artificiale
del Conca (Misano Adriatico)
2) Svasso maggiore ( Podiceps cristatus)
3) Visitatori all’Oasi del Conca (Misano Adriatico)
le escavazioni in alveo per il prelievo esigenze. Il punto di inizio del percorso, alla foce
di inerti, l’abbassamento e la canalizzazione del Conca, costituisce la meta del tracciato
dell’alveo, le regimazioni, la diga e cinque litoraneo che dal Piazzale che ricorda i caduti
grandi briglie, hanno cancellato ogni ricordo del mare a Riccione raggiunge Portoverde
del Crustumium rapax, il Conca “rapace” di Misano e la foce stessa, trovando
dello storico latino Lucano. quindi interazione con esso.
Ancora oggi gli anziani, raccontano di un greto
largo, piene rovinose, anse e “gorghi” fluviali,
dei quali non resta traccia.
È altresì vero che la cessazione delle attività
estrattive, delle discariche selvagge,
dei disboscamenti incontrollati nonché
dell’attività venatoria successiva all’istituzione
dell’Oasi faunistica hanno gradualmente
restituito una certa dignità all’area fluviale,
con il formarsi di una varia vegetazione
spontanea e con la presenza di una ricca fauna,
legata soprattutto al bacino artificiale
e alle zone umide fluviali.
Le piste di lungo fiume consentono di inoltrarsi
agevolmente lungo le rive, permettendo
a chiunque di riappropriarsi, con le regole
di comportamento e l’atteggiamento necessari,
di un territorio che da sempre, per definizione,
è a disposizione di tutti.
Ricordiamo che la Provincia di Rimini, nell’ambito
dei piani GIZC regionali (Gestione Integrata
delle Zone Costiere) ha realizzato un intervento
di ristrutturazione a fini di ripristino ambientale
e uso pubblico dell’intero segmento fluviale
tra la foce e l’invaso artificiale.
Sono previsti due nuovi attraversamenti fluviali,
uno in zona foce e un secondo a ridosso
delle paratie dell’invaso.
I due ponti pedonali offriranno la possibilità
di collegarsi agevolmente con il percorso fluviale
della riva opposta nel tratto finale del torrente.
Con il collegamento tra le rive esistente a monte
dell’invaso, presso Pianventena di San Giovanni
in Marignano e più a monte, a Morciano
di Romagna, essi consentiranno di attuare
alternative di percorso, secondo tempi
e modalità escursionistiche rispondenti a singole
199
4)
IL PERCORSO
L’inizio del percorso è situato a sinistra naturalistico. La vegetazione, pur disomogenea
della foce del Conca, all’estremità dell’argine e non sempre espressione della sua potenzialità,
che separa il canale fluviale da Portoverde presenta nuclei boschivi, aree semipalustri,
di Misano Adriatico. Pur nel contrasto tra la zona alberature isolate. Sulla riva opposta l’assenza
di foce, connotata in senso naturalistico, di interventi ha consentito l’affermarsi
e il complesso turistico-residenziale di un denso e svettante bosco a salice bianco,
di Portoverde, ci troviamo in una zona il quale contrassegna e qualifica sensibilmente
che conserva poco o nulla dell’originaria foce il paesaggio del basso corso, a valle della diga.
fluviale. Il corso del Conca ha subito in passato Durante la tarda estate è frequentato a lungo
una completa risagomatura fino all’altezza da stormi di colorati gruccioni, predatori
della linea ferroviaria, alla quale si deve di imenotteri. Sui rami sostano i grossi
la conformazione a canale dell’alveo e gli argini trampolieri: aironi cenerini e nitticore.
ai lati del greto. La rapida ripresa Passati sotto il viadotto autostradale, mura
della vegetazione acquatica ha contributo e paratie della diga sbarrano il percorso
a restituire un aspetto “naturale” al canale, e costringono a deviare a destra, prendendo
con la crescita della tipica bordatura di canne la pista che risale la riva del bacino in senso
palustri e il conseguente instaurarsi della fauna antiorario, fino a raggiungere l’Osservatorio
legata a tale ambiente. A ponente dell’argine Ornitologico, all’altezza di Santamonica
emergono con prepotenza le “torri di Misano Adriatico. L’Osservatorio, gestito
di Portoverde”, alti condomini in parte eretti dal WWF riminese, consiste in un prefabbricato
sulla spiaggia, monumenti alla speculazione in legno e in una schermatura in stuoia, estesa
e alla insensibilità ambientale propria per circa 150 metri lungo l’argine.
di certa storia urbanistica e turistica nostrana. Inizia in prossimità del parcheggio e termina
Procedendo sulla testata dell’argine, superati all’edificio, all’esterno del quale sono esposti
il viadotto della litoranea e il ponte ferroviario, in permanenza una mostra sulle zone umide
si lasciano a destra un vasto spazio aperto e cartelli di presentazione dell’Oasi.
e l’impianto di depurazione di Misano. Lungo la schermatura sono distribuite feritoie
Qui la vegetazione di greto risente dei ripetuti a diversa altezza per l’osservazione degli uccelli
interventi di regimazione idraulica. all’interno del bacino.
Essa tende spontaneamente a ricrescere A partire dal 1978, la funzione dell’invaso
ma risulta notevole il contrasto ambientale è stata quella di rendere disponibile una riserva
tra questo tratto e il segmento fluviale a monte d’acqua per le esigenze idriche della costa.
dei due ponti stradali che ora superiamo Il variare stagionale di livello delle acque,
in sequenza. dal prosciugamento con paratie aperte,
Tra il ponte della nuova statale e il viadotto alla massima altezza con paratie chiuse,
autostradale le due rive, soprattutto quella non consente l’affermazione di un ambiente
destra, offrono quanto di meglio il tratto finale con caratteri ecologici permanenti.
del Conca possa esibire dal punto di vista Quando l’invaso è privo d’acqua emergono
200
4) Il sentiero presso il ristorante Vecchio mulino (Misano Adriatico)
p.203) Garzetta ( Egretta garzetta)
estese superfici fangose che offrono rifugio di comprendere la struttura dell’intera pianura
e risorse alimentari a trampolieri e limicoli. che dalla paleofalesia costiera termina
Il bacino è frequentato da Ardeidi (garzetta, a Morciano di Romagna. Dal basso si notano
airone cenerino, airone bianco maggiore, strati di antiche ghiaie fluviali, terreni di deposito
aitticora, tarabusino); Recurvirostridi (cavaliere fluviale ed eolico e, in alto, una magnifica sezione
d’Italia, avocetta); Caradridi (corrieri, fratino, di paleoalveo fluviale. Nella buona stagione
pavoncella); Scolopacidi (piovanelli, combattenti, si è accolti da una animatissima colonia
pittima, chiurlo, pettegola, pantana, piro piro); di gruccioni, un uccello che si riproduce
Sternidi (sterne); Motacillidi (cutrettola, ballerina all’interno dei numerosi cunicoli scavati in parete.
bianca, ballerina gialla), onnipresenti Laridi Dopo un breve tragitto incontriamo un tratto
(gabbiano comune, gabbiano reale) e Corvidi di greto nel quale l’erosione ha posto in luce
(cornacchia, gazza, taccola). Tra le specie più sedimenti argillosi di interesse paleontologico,
vistose che saltuariamente o eccezionalmente simili a quelli che si notano tra Pianventena
possono essere avvistati rientrano la cicogna e Morciano, lungo il percorso dell’opposta riva
bianca, la cicogna nera, la spatola, il pellicano. fluviale. Gli strati argillosi, in origine finissimi
La chiusura delle paratie determina la raccolta fanghi depositati in un ambiente marino
delle acque con la sommersione dell’intera con profondità superiore a 100 metri, inglobano
superficie del bacino e di parte del greto fossili di pesci, vegetali e invertebrati marini
a monte. L’ambiente diviene così di tipo risalenti a circa due milioni di anni.
lacustre-palustre, con profondità variabile, rive I resti fossili sono contenuti all’interno di strati
ripide e coperte di vegetazione sul lato sinistro, pelitici verdastri finemente laminati, composti
ricche di flora palustre sul lato destro. da argilla e microrganismi algali, alternati
In questa occasione la fauna ornitica varia ad argille non stratificate con resti di bivalvi,
sensibilmente. Prevalgono i Podicipedi (svasso gasteropodi, scafopodi, coralli e vegetali.
maggiore, tuffetto), Falacrocaridi (cormorano), Le peliti si sono depositate durante cicli
Anseriformi (oche, fischione, alzavola, germano di stagnazione associati a fenomeni eutrofici
reale, codone, marzaiola, mestolone, moriglione, non dissimili a quelli che hanno coinvolto
moretta). Tra i Rallidi il porciglione, il voltolino, di recente l’Adriatico.
la schiribilla, la gallinella d’acqua, la folaga; La cenosi fossile a pesci del Conca è costituita
tra gli Sternidi il mignattino e il mignattino da specie marine plioceniche costiere
piombato. Lo svasso maggiore, alcune specie e di mare aperto, associate a specie di mare
di Rallidi e Anatidi utilizzano l’invaso come sito poco profondo.
riproduttivo in condizioni di massimo livello L’erosione che ha posto in luce gli strati è stata
idrico. Il bacino è oggi il sito di maggiore accentuata dalla prima delle cinque briglie
importanza faunistica dell’Oasi, istituita che si succedono fino all’altezza del “guado”
dalla Provincia di Rimini. di Pianventena, sbarramenti del corso fluviale
Il tracciato prosegue lungo l’argine sinistro verso che hanno impedito l’ulteriore abbassamento
l’entroterra, elevandosi e passando a lato dell’alveo e al contempo mutato l’aspetto
di Santamonica per discendere al torrente ambientale del torrente. Il greto si presenta
nel punto in cui si allarga nel bacino. Sulla riva a gradoni. Il vecchio greto, in parte colmato
opposta si nota una sezione nel terrazzamento. dai sedimenti, forma oggi il fondo di calmi bacini
Si tratta di una imponente parete erosa allungati secondo l’asse fluviale, canali bordati
dalla corrente fluviale che consente da piante palustri e fitta vegetazione ripariale.
201
È a lato di questi che il percorso procede e argillosi. A partire dagli anni Sessanta,
verso l’entroterra. il Conca ha prodotto una intensa attività erosiva
Ci troviamo all’altezza di Cella Simbeni, riportando alla luce antiche alluvioni e i materiali
un nucleo abitato di antica origine, in essi contenuti. Il complesso, sedimentato
nella cui chiesa si trova una Madonna dipinta. in un ambiente di tipo fluviolacustre, risale
La tradizione vuole che la raffigurazione al Pleistocene finale, al termine della glaciazione
sia stata trovata nel greto del Conca. di Riss. Sono tornati alla luce grandi tronchi
Dal sentiero si scorge, rilevata nella campagna, di abete bianco, faggio e resti di altre piante,
una collinetta sormontata da una abitazione avanzi scheletrici di castoro, cavallo, daino,
colonica. Il sito, noto come Podere Monti, riveste orso, rinoceronte, bisonte, cervo megacero,
una elevata importanza archeologica. ippopotamo e mammut.
Il terreno ha restituito, conservati nel Museo Cacciatori del Paleolitico inferiore frequentavano
del Territorio di Riccione, reperti che vanno il bacino e le pianure circostanti. La datazione
dall’Età del Bronzo all’Età Romana. assoluta, effettuata con metodo spettrometrico
Sono stati rinvenuti anche frammenti ceramici su un dente di rinoceronte, fa risalire
greci e etrusco-campani. il giacimento a circa 200.000 anni da oggi.
Poco oltre, a Cella, la riva presenta alberature I reperti, in gran parte recuperati, sono esposti
sparse e filari a pioppo nero su un rado nel Museo del Territorio di Riccione.
sottobosco erbaceo, aspetto un tempo Gli sbarramenti artificiali in alveo hanno portato
ricorrente nel paesaggio del basso Conca, alla quasi completa sepoltura del sito,
funzionale al pascolo ovino. per cui è cessato il ritrovamento di nuovi reperti.
Seminascoste tra gli alberi, le vecchie All’altezza del metanodotto il sentiero confluisce
gabbionate, manufatti in rete metallica ricolmi nella strada bianca parallela al torrente
di ghiaia, erano destinate a difendere i terreni fino all’altezza di Pianventena, lasciando a destra
dalle piene al tempo non lontano in cui il greto un ampio bacino artificiale ad uso venatorio.
si trovava all’altezza del sentiero e non più All’altezza del “guado”, in realtà un precario
in basso di alcuni metri, come oggi. attraversamento creato con tubi e gettate
Poco oltre si incontra lo stazzo dell’ultimo di cemento, termina il sentiero. L’attraversamento
allevatore di ovini del basso Conca. consente però di raggiungere il tracciato
La sua famiglia ha da sempre utilizzato le rive della riva opposta, a poche decine di metri
fluviali come pascolo per il bestiame. dall’alveo, dal quale è possibile proseguire
All’altezza dell’immissione di un fossato, fino a Morciano o, in alternativa, tornare verso
il percorso devia verso la vicina strada asfaltata la foce del Conca.
a causa dell’ostacolo imposto da un impianto
di tiro a volo. Oltre un piccolo bacino da pesca si
torna al fiume, lasciando la strada asfaltata
per proseguire lungo il canale fluviale.
Fino ad alcuni anni or sono, prima
della costruzione degli sbarramenti, chi si fosse
trovato a percorrere questo tratto di greto,
precisamente tra il tiro a volo e il “guado”
di Pianventena, avrebbe notato lungo le pareti
una insolita sequenza di strati ghiaiosi, sabbiosi
202
203
DA CASE MOLINO
DEL NOCE
A IOLA DI SOTTO
204
15
205
Case Molino del Noce - Riva sx Conca - Ponte di Osteria Nuova
Riva dx Conca - S. Maria di Carbognano - Il Chiaro
15 Monte S. Colomba - Il Bosco - Iola di Sotto
Numerazione CAI: 037 019 Segnaletica CAI: Segnavia bianco/rosso lungo il percorso
Montecolombo 2
3
N 6 019 037
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Conca Saludecio
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CAI
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CAI
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208
209
2)
1) 3)
DA CASE MOLINO
DEL NOCE A IOLA DI SOTTO
Percorso di interesse naturalistico,
storico e paesaggistico
Il tracciato inizia sulla riva sinistra del Conca Al termine si raggiunge la frazione di Iola
in località Molino Noce. Segue il torrente fino di Sotto, ancora in comune di Gemmano.
al ponte per Gemmano presso Osteria Nuova Si tratta di un percorso che al tratto
di Montecolombo tramite il quale si passa pianeggiante del tratto medio-inferiore
sulla riva opposta. Si percorre la strada del Conca, già in ambito collinare, unisce
adiacente il Conca per salire al Santuario un segmento di versante e di crinale
di Carbognano, in comune di Gemmano. che conduce alla valle del Rio Burano,
Da questo si discende di nuovo a livello nel bacino del Ventena di Gemmano.
del torrente superando Taverna. Un percorso articolato, che si conclude
Dopo aver oltrepassato il ponte che collega nel territorio di Onferno, in prossimità del limite
la strada provinciale della Valconca con Zollara di provincia. Oltre Morciano di Romagna
e Gemmano, inizia l’ascesa ai 358 metri il Conca mostra la fisionomia propria del tratto
del Monte Santa Colomba. medio dei torrenti appenninici, con greto poco
210
p.205) Il fiume Conca
p.209) Il sentiero presso Taverna di Montecolombo
1) Il Conca presso Casarola di San Clemente
2) Colori autunnali nel bosco fluviale
3) Martin pescatore (Alcedo atthis)
211
4)
IL PERCORSO
L’inizio del percorso è situato presso Molino che alimentava i mulini.
Noce, sul greto del Conca, presso un breve Quando il sentiero passa a ridosso della siepe
e alto argine di recente costruzione. possiamo notare il fossato, arido e invaso
Il sentiero lascia alla nostra destra un recinto da edera, dove fluiva l’acqua diretta verso
per cavalli e si inoltra tra la vegetazione i numerosi mulini in sinistra Conca.
che riveste la riva fluviale. Una testimonianza ormai rara della cultura
Da questo punto al ponte sul Conca presso delle acque e di una economia plurisecolare
Osteria Nuova il sentiero, agibile che legava l’uomo al suo fiume.
in tutte le stagioni ma parzialmente occupato Qui non può che notarsi, incombente sulla riva
da rovi e canne in estate, propone ampi tratti opposta, la scarpata della Piana di San Pietro,
immersi nel folto bosco fluviale, alternati un vasto terrazzamento alluvionale generato
a segmenti in cui si succedono coltivi, prati, dall’azione combinata del Conca e del Ventena
alberature isolate e filari arborei. di Gemmano.
Non mancano discariche di inerti e talvolta Quest’ultimo, al vertice della piana si immette
rifiuti che spuntano tra gli arbusti. nel Conca, divenendo il suo maggiore affluente.
Il bosco disegna una fascia che si allarga Per mezzo del ponte raggiungiamo sull’altra riva
e assottiglia, formando un insieme forestale la strada, parallela al Conca, che porta
non comune nella bassa valle, a tratti evoluto al Santuario di Carbognano.
in un maturo bosco ripariale. Alto alcune decine di metri sul fondovalle,
Le alberature, formate essenzialmente il modesto e antico edificio religioso, ha subito
da altissimi salici avvolti di edera, incarnano di recente un restauro che lo ha restituito
una sorta di isola felice sopravvissuta alla smania al culto. Gli ex voto scampati ai furti
distruttrice particolarmente accanita e le celebrazioni che qui si svolgono, raccontano
sugli ecosistemi fluviali. di un sentimento popolare sentito nella zona,
Di tanto in tanto il sentiero si affaccia sul ciglio di un forte attaccamento spirituale al luogo.
del greto, posto poco più in basso. L’area è stata abitata fin dall’antichità. Il campo
La vista può spaziare su tratti di torrente interrotti sottostante la chiesa ha restituito reperti romani
dalle anse, sulle colline circostanti, dove svetta e rinascimentali. I grandi blocchi di calcare
la rocca di Montefiore o verso Gemmano, utilizzati per la costruzione della chiesa
con il bianco campanile della chiesa. appartenevano ad un antico edificio preesistente.
All’interno del bosco si aprono sentieri La storia di questo luogo è in gran parte
che spesso si perdono, raggiungendo angoli da scrivere. Il toponimo tramanda l’esistenza
appartati e intricati. Nel tratto prossimo al ponte di materiale vegetale fossile nelle rocce locali.
il paesaggio fluviale presenta un aspetto L’estrazione di residui carboniosi utilizzati
particolarmente gradevole, con ampi spazi come combustibile avveniva in diverse località
aperti, isole di vegetazione boschiva, un lungo tra Romagna e Montefeltro in epoca moderna.
filare arboreo, una siepe alberata a querce Dal Santuario si retrocede brevemente
che segue il tracciato di un antico canale fino a prendere la carraia che scende tra campi
212
4) Paesaggio innevato presso il Conca
213
DALLA FOCE DEL CONCA
A MORCIANO DI ROMAGNA
Riva destra Conca
214
16
215
Foce Torrente Conca (riva dx) - Pista ciclopedonabile riva dx
16 Ponte sul torrente Conca a Morciano di Romagna
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219
2)
1) 3)
220
p.215) Foce del Conca
p.219) Greto e vegetazione ripariale del Conca presso Pianventena
(San Giovanni in Marignano)
1) Il Conca all’interno dell’Oasi faunistica (Misano Adriatico)
2) Iperico ( Hypericum perforatum)
3) Biacco ( Hierophis viridiflavus)
221
4)
IL PERCORSO
Il percorso inizia in destra idrografica bosco ripariale di salice bianco. Indisturbata
presso la foce del Conca, raggiungibile da anni, questa densa e rigogliosa formazione
dalla spiaggia dopo aver parcheggiato segna in modo rilevante il paesaggio del basso
in prossimità delle Navi, a Cattolica. corso del Conca, apportando un accento
Le Navi sono un complesso di edifici progettati di naturalità nella periferia della conurbazione
dall’arch. Busiri Vici, inaugurati nel 1934 costiera. Si oltrepassa il viadotto dell’autostrada
come Colonia per i figli degli italiani all’estero. A14 e si lascia il fronte della diga alla propria
Le costruzioni evocano una flotta schierata destra fino a raggiungere le adiacenze
attorno all’ammiraglia. All’interno è ospitato oggi dell’impianto HERA di potabilizzazione
un importante acquario. Vi si tengono attività delle acque, per un brevissimo tratto asfaltato
scientifiche e didattiche. su via Frassineto. Tenendosi sempre sulla destra,
Il tratto fluviale tra la foce e la linea ferroviaria si prende il sentiero che si inoltra lungo l’argine
si presenta canalizzato e bordato da tipica del bacino idrico. Su questo lato la riva
vegetazione palustre. si presenta coperta di vegetazione, al contrario
Il divieto venatorio e la frequentazione della riva opposta. Tramite i varchi che si aprono
della spiaggia hanno fatto sì che alla foce nella cortina verde è possibile intravvedere
gli uccelli acquatici siano divenuti relativamente gli uccelli acquatici che in gran numero
comuni, confidenti e facilmente osservabili, frequentano il bacino.
in particolare gallinelle d’acqua e folaghe. Penetrati quasi inavvertitamente sulle propaggini
I numerosi germani reali sono invece domestici, erbose dell’impianto di golf, si apre una ampia
al pari dei cigni, i quali dividono il loro tempo panoramica sull’intero bacino, punto privilegiato
tra la foce e l’invaso artificiale. per il bird watching. Gli aspetti ambientali
Il greto a monte del ponte ferroviario si presenta del bacino artificiale sono approfonditi
povero di vegetazione a causa dei reiterati nella scheda del percorso parallelo del Conca
interventi di regimazione idraulica. dove è situato un Osservatorio Ornitologico
Il sentiero abbandona il torrente subito gestito dal WWF della Provincia di Rimini.
dopo aver sottopassato la Statale 16 Adriatica. Ora la pista corre al limite del green
Si prende a sinistra sulla carraia che porta che si estende per un lungo tratto
verso la collina di Montalbano, frazione di San alla nostra sinistra; sale inizialmente sul bordo
Giovanni in Marignano. del terrazzamento alluvionale per poi discendere
La sommità del rilievo offre il miglior punto di nuovo a lato del greto.
panoramico del percorso, tra la costa Dalla posizione più elevata si apre una gradevole
e l’entroterra, con il bacino artificiale ben panoramica sul Conca, qui relativamente
in primo piano. La vista spazia dal mare incassato nel substrato argilloso e bordato
alla cerchia di colline che chiude a ovest la piana da densi cespuglieti a ginestra che nella buona
del Conca. Sullo sfondo si stagliano i rilievi stagione si dipingono di un giallo vivace.
del Montefeltro. In questo tratto, d’estate si è circondati
Il sentiero discende dominando un folto e maturo dalle evoluzioni dei gruccioni, uccelli gregari
222
4) Il Conca presso Cella (Misano Adriatico)
p.225) La foce del Conca al tramonto
dal volo elegante e dal piumaggio coloratissimo, lasciando alle spalle quanto resta degli impianti
nidificanti in gallerie da loro scavate dell’ex frantoio per inerti Asmara.
nella sottostante parete, non visibile Nel verde di un parco, oltre un laghetto,
dalla nostra posizione. Proseguendo lungo si scorge il Mulino Balzi, tra i meglio conservati
l’argine, ancora a lato del tappeto verde dell’intera Valconca.
del golf, si nota la prima di cinque grandi briglie L’area che stiamo per attraversare presenta
che sbarrano in successione il canale fluviale. interessanti aspetti naturalistici. È stata oggetto
I manufatti hanno determinato un drastico negli anni Ottanta di un intervento di recupero
cambiamento dell’ambiente fluviale. ambientale: vennero asportati rifiuti, creati
Da sempre impetuoso torrente, poi canale percorsi pedonali e zone umide, messe
infossato nel substrato argilloso, il Conca a dimora piante. L’area si presenta oggi
ha visto mutare radicalmente l’assetto idraulico naturalizzata e ricca di vita, con zone palustri,
ed ecologico a causa degli sbarramenti boschi, prati aridi e cespuglieti che confinano
che hanno innalzato il livello delle acque con il greto fluviale. Sollevati sul ciglio
rallentandone il deflusso, con la conseguente del terrazzamento di alcuni metri rispetto
crescita di una folta vegetazione palustre. alla quota del nostro percorso, si notano i resti
In questo tratto è possibile avvistare e ancor più della millenaria abbazia di San Gregorio
facilmente ascoltare numerose specie di uccelli in Conca, legata al nome dei San Pier Damiani,
che sostano e si riproducono nel fitto fondatore nel 1060.
dei canneti, così come è frequente vedere in volo Il monastero era di limitate dimensioni, semplice
aironi e garzette alla ricerca di un punto dove e razionale, secondo criteri funzionali comuni
posarsi. Si nota sulla riva opposta l’impianto alle abbazie benedettine della seconda metà
di tiro a volo e, più a monte, il metanodotto del secolo XI. Il lato rivolto al Conca
che sorpassa il greto. I due manufatti comprendeva una chiesa basilicale di stile
sono al centro di un tratto di torrente che tra romanico lunga 40 metri, della quale restano
gli anni Settanta e Ottanta ha restituito i nove archi appartenenti alla navata centrale.
un gran numero di manufatti preistorici, resti Sul fianco sud della chiesa si trovava il chiostro,
ossei e vegetali fossili. Era qui localizzato, attorno al quale gravitavano la sala del capitolo,
nella tarda glaciazione quaternaria di Riss, il refettorio, i magazzini, la biblioteca.
attorno a 200.000 anni fa, un bacino In seguito ad acquisizioni di terre, il monastero
fluviolacustre sul fondo del quale i resti ha accentrato potere e grande influenza
si sono depositati, riemergendo in conseguenza nell’organizzazione del territorio. È nota l’opera
dell’abbassamento erosivo del greto. Alcuni di bonifica della bassa valle e la conseguente
aspetti del giacimento sono trattati nella scheda creazione di nuovi assi stradali come la mesoita,
relativa al percorso della riva opposta. la strada intermedia tra Conca e Ventena
Il segmento fluviale interessato dalle briglie che collega il convento con la via Flaminia.
termina a Pianventena di San Giovanni La Fiera di San Gregorio, trasferita a Morciano
in Marignano, all’altezza di un attraversamento durante l’occupazione napoleonica, si teneva
del Conca. Si tratta del “guado” che collega in origine presso il Monastero, centro economico
la frazione con Cella di Misano e San Clemente. dell’intera valle.
Dopo pochi metri ci si immette a destra Tra la fine del secolo XIII e l’inizio del XIV
sul percorso di lungofiume un tempo battuto il monastero ha visto profondi rimaneggiamenti,
dagli automezzi che trasportavano ghiaie, indotti forse dell’azione erosiva del Conca;
223
nello stesso tempo è iniziato un processo e vegetali, si sono depositate durante cicli
di decadenza del ruolo sociale dell’abbazia, di stagnazione associati a fenomeni
secondo una tendenza che ha investito l’intera di eutrofizzazione, causa della morte in massa
Europa. Nel 1402 è passata dagli avellaniti degli organismi.
ai frati di San Paolo, nel 1402 a Carlo Malatesta L’ittiofauna fossile del Conca è caratterizzata
e in seguito agli Olivetani di Scolca, i quali da specie marine costiere e di mare aperto,
hanno ereditato l’importante biblioteca. con un’ampia rappresentanza di specie di mare
Nel XVIII secolo le truppe napoleoniche poco profondo.
sopprimono le proprietà della Chiesa; Le correnti hanno trasportato sul fondo marino,
il monastero passa al conte riminese Luigi a centinaia di metri di profondità, anche anfibi,
Baldini, un successore del quale, a metà insetti, vegetali e le conchiglie dell’argonauta.
Ottocento, costruisce il piccolo oratorio ancora Poco prima del ponte di Morciano,
esistente. Dopo vari passaggi di proprietà, dove si trova il punto di arrivo del percorso,
il complesso appartiene agli eredi dei mezzadri un cancello consente di accedere al parco
che ancora oggi vi abitano. fluviale urbano di Morciano, dove è possibile
Superato il monastero, siamo in vista sostare, trovare un punto di ristoro
di Morciano. Il percorso si affaccia più volte ed eventualmente proseguire per il centro
sul greto. Lungo il canale affiorano argille abitato. Al centro di Morciano si può accedere
grigie, le “genghe” come localmente vengono anche dalla strada che raggiunge il Conca
definite, intervallate a terreni argillosi di aspetto a ridosso del Ponte.Il ritorno può essere
stratificato. Si tratta del substrato geologico effettuato mediante il tragitto di andata
sul quale, in seguito ad emersione, si sono o alternare tratti sulle due sponde.
impostati i depositi trasportati dal Conca.
Ricerche specifiche condotte più a valle,
all’altezza della Tombaccia, hanno consentito
di far risalire i sedimenti al Pliocene superiore,
tra 2,25 e 1,85 milioni di anni fa, originati
in un ambiente marino con profondità superiore
a 100 metri.
La formazione è ricca di fossili del tutto simili
a quelli rinvenuti nel greto del Marecchia.
A differenza di quest’ultimo, dove gli affioramenti
pliocenici fossiliferi sono esposti per circa
cinque chilometri in alveo, tra Poggio Berni
e Ponte Verucchio, lungo il Conca il substrato
argilloso pliocenico affiora a tratti,
in corrispondenza di segmenti fluviali in fase
erosiva a valle degli sbarramenti. I resti fossili
sono contenuti in peliti a diatomee, strati
finemente laminati di colore verdastro, composti
da argilla e resti di microrganismi algali.
Le peliti con ittiofauna, cefalopodi,
224
225
DA CASAROLA
A MONTEFIORE
Comuni di S. Clemente,
Gemmano e Montefiore
226
17
227
Casarola - Bivio Cà Cerreto - Ponte sul rio Ventena di Gemmano - Bivio Borgo Pedrosa
- Borgo Pedrosa - Montefiore - Monte Auro - Bivio per Morciano - Montefiore - Borgo
17 Pedrosa - Santuario Madonna di Bonora - Rio Ventena - Bivio Cà Cerreto - Casarola
Numerazione CAI: 021 019 Segnaletica CAI: Segnavia bianco/rosso lungo il percorso
Montecolombo 1
2
N 5 3
ca Morciano
Gemmano 021
4
C on di Romagna
7 02 6 8
1
Montescudo 14 9 Montefiore
019
13
10 Conca
12
021
021
11
Saludecio
CAI
228
CAI
2,900 km 1,15 h 115 mt +60 mt 7 Bivio per Borgo Pedrosa 021 - 019
Si imbocca il sentiero sulla sx in corrispondenza sulla dx
di una recinzione con rete plastificata e un cancello in ferro
si sale rapidamente e nella parte alta si costeggiano i ruderi
di alcune abitazioni e una linea elettrica - nella parte terminale
il sentiero assume l’aspetto di uno sterrato che in breve
conduce a Borgo Pedrosa
5,100 km 2,40 h 455 mt +400 mt 10 La Baita (Monte Auro) - Bivio cimitero 021 - 019
Superata “La Baita” la strada inizia a scendere - supera
sulla sx il cimitero ed un convento per arrivare al bivio
per Morciano - (volendo sul lato dx della strada, davanti
al cimitero, si può percorrere un sentierino in terra battuta
che dopo 250 mt. arriva sulla sommità del Monte Auro mt. 478)
229
CAI
230
CAI
500
450
400
350
300
250
200
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231
2)
1) 3)
DA CASAROLA
A MONTEFIORE
Percorso di interesse naturalistico,
storico e paesaggistico
L’alta collina riminese propone costantemente al monastero dei Cappuccini di montefiore.
sintesi mirabili tra le componenti del territorio: Tra natura, espressioni del sacro e del profano,
substrato geologico e forme fisiche, copertura il cammino tocca aspetti contrastanti, tutti però
vegetale e popolamento animale, forme riconducibili al carattere di un territorio
e modi dell’insediamento umano. Il percorso e a quello, consolidato nel tempo, di coloro
rappresenta una sintesi di tale sintesi. che vi abitano. La fatica della salita è gratificata
Dal greto del torrente alla vetta di una collina pressochè ad ogni passo, per il costante variare
tra le più elevate del Riminese, il Monte Auro; delle prospettive, per l’uscire e il rientrare
dalla piana di San Pietro, capillarmente coltivata, nel fitto del bosco, per il dischiudersi
alla vegetazione selvaggia del Ventena e l’ampliarsi dei versanti, per i suoni
di Gemmano; dal sito preistorico e romano che nascono dal folto delle macchie.
di San Pietro in Cotto al castello medievale Il “naturale” e il “costruito” si alternano e talvolta
di Montefiore; dal Santuario di Bonora si compenetrano: ruderi di abitazioni rustiche
232
p.227) La rocca di Montefiore dal Monte Auro
1) Vegetazione del Ventena presso Monte Farneto (Gemmano)
2) Il Borgo Pedrosa (Montefiore)
3) Rospo comune ( Bufo bufo)
233
4)
IL PERCORSO
Il percorso inizia a Casarola, frazione di San possessi del Sig. Carlo Lagli Patrizio Riminese,
Clemente, nota non solo per la zona artigianale e in quelli della Pieve di Monte Fiore, che vi sono
ma anche per il ritrovamento di una importante in contatto sulla sponda del fiume Conca,
villa rustica romana. Il Conca va qui passato si sono ritrovati, ed anche al presente si trovano
a guado, operazione possibile solo durante non di rado rottami di antichi edifici, Tegole,
il periodo di magra tardo primaverile-estivo. Sepolcri, Lapidi Sepolcrali, pezzi di colonne,
In alternativa si può iniziare dalla Piana di San le quali reliquie fanno sicura prova essere ivi stati
Pietro, raggiungibile in auto dopo aver superato Uomini uniti in ordinata società; e ponendo
il ponte sul Conca. in quel luogo la città Conca indicata da Vibio
Oltre il greto troviamo il contrafforte della Piana, Sequestro antico Scrittore nel suo Dizionario
a breve distanza dalla immissione del Ventena Geografico ivi Crustumium a quo oppidum
di Gemmano nel Conca, posta poco a valle. in Adriaticum mare fluit, ch’altri pongono vicino
Il terreno rivela la natura del corpo terrazzato alla Cattolica entro l’Adriatico 200 passi
che stiamo risalendo. Le ghiaie affioranti lungo dalla terra…”.
la scarpata che guarda il Conca dimostrano La piana è coronata a distanza da una cerchia
la genesi alluvionale, legata ai depositi di colline.
degli antichi corsi del Conca e del Ventena. Frontalmente essa appare come il piede
Giunti sul piano, impressionano le dimensioni della collina di Gemmano; a destra si profila
e la scenografia ambientale. Il rettilineo la bassa dorsale di Croce di Montecolombo.
di via Molino Ciotti che si allunga verso monte A sinistra, oltre il Ventena di Gemmano,
tra i campi di grano a partire da Palazzo Ferri, si innalzano i potenti contrafforti di Montefiore,
ci introduce ad un aspetto peculiare coperti da densi boschi negli alti versanti,
della piana ovvero la presenza di un importante da uliveti e coltivi in basso.
insediamento di Età romana le cui tracce Al termine del rettilineo, si percorrono pochi
affiorano da secoli nei campi. metri lungo la strada, fino ad una maestosa
Il tracciato di via Molino Ciotti testimonia quercia. Si devia a sinistra per la strada bianca
la persistenza di un asse viario romano, che conduce nel cuore della valle del Ventena
un percorso che collegava la villa romana di Gemmano. Oltre un gruppo di case coloniche,
di Casarola attraverso il guado, con la viabilità una seconda piana, minore ma un tempo forse
che si diramava, come avviene ancora oggi, unita con quella di San Pietro, sembra incunearsi
per i territori di Gemmano, Montefiore all’interno della valle. La via segue ora una china
e Morciano. che dagli ariosi panorami del Conca porta
Le parole di don Gaetano Vitali, riprese alle strettoie del fondovalle. Il punto
dalle Memorie storiche riguardanti la terra più spettacolare si trova oltre il ponte
di Montefiore, del 1828, illustrano bene sul torrente, dove la strada ghiaiosa risale
la rilevanza archeologica del sito: “ … nel Piano e torna pianeggiante. Qui le pareti in sinistra
sottoposto a M. Fiore detto S. Pietro in Cotti Ventena incombono, mostrando le stratificazioni
o dai Cotti, e precisamente nei vasti, e fertili rocciose che costruiscono l’ossatura di queste
234
4) Il Conca nei pressi di Casarola (San Clemente)
p.237) Castagneto a Case Suore (Montefiore)
colline. Alcune rocce scistose biancastre superstite della chiesa crollata alcuni
tra la selvatica macchia delle pareti decenni orsono.
appartengono ad una formazione miocenica Oltre la strada un lungo marciapiede lastricato
ricca di resti fossili di pesci, gli stessi sale direttamente all’abitato di Montefiore,
che affiorano nei dintorni di Mondaino, in mostra passando a lato della curiosa “casa a fungo”.
nel locale museo paleontologico. Arrivare a Montefiore dal fondovalle del Ventena
Uno sterrato scende alla nostra sinistra, di Gemmano richiede un certo impegno.
a lato del castagneto di Case Suore: sarà L’ascesa del versante ripaga ampiamente
questa la via che utilizzeremo al ritorno. degli sforzi, e non solo per il paesaggio,
I tetti di Gemmano svettano sull’alto le antiche carraie, i colori della vegetazione
dell’opposta collina. Si prosegue tra versanti e i richiami degli uccelli.
dalla rigogliosa vegetazione spontanea, Se il Santuario di Bonora, a metà versante,
dove si nascondono caprioli, volpi, tassi e istrici si rivela una accogliente isola di pace, il castello
e dove è usuale ascoltare il grido della poiana di Montefiore, soprattutto la sua rocca, appare
e il richiamo del picchio verde, simile al verso come un austero guardiano in attesa di chiunque
di un rapace notturno. si avvicini.
Prestando attenzione alla segnaletica esistente, Montefiore costituisce solo una tappa
si devia a sinistra risalendo il versante del percorso, proseguiremo infatti per il Monte
sul percorso 019 CAI, puntando decisamente Auro, cinquanta metri più in alto.
al Santuario della Madonna della Divina Grazia, La rocca di Montefiore è quella che nel Riminese
noto come Santuario di Bonora. meglio riassume le due anime della signoria
Il sentiero lo raggiunge da sinistra. Una sosta malatestiana. Nel XIV secolo diviene residenza
è d’obbligo. Si tratta del santuario più noto temporanea della famiglia come luogo
e frequentato della Valconca, da secoli affidato di piacere, base per battute di caccia,
all’ordine francescano. Agli inizi del Quattrocento organizzata per ospitare una corte raffinata
Bonora Ondidei fece dipingere una immagine e ricca al pari delle maggiori casate dell’Italia
della Madonna che allatta Gesù all’interno centrale. La contrapposizione con i Montefeltro
di una cella che egli stesso aveva costruito come fà si che la rocca assuma nel tempo una funzione
suo eremitaggio. L’immagine e il muro centrale nel sistema difensivo malatestiano,
che la sostiene sono giunti fino a noi. perno di una catena di capisaldi militari che
Attorno a questo è stato edificato il santuario costellano le colline meridionali del Riminese.
mariano, il cui aspetto si deve agli adattamenti Se Montefiore non può essere visto
del primo Novecento. dall’entroterra, coperto com’è dal Monte Auro,
Dal piazzale di ingresso del Santuario si punta l’originale forma prismatica della rocca emerge
verso Montefiore, risalendo la strada di accesso, al punto di essere visibile dalla costa e da gran
scandita dalle stazioni della Via crucis. Un breve parte della pianura riminese, come elemento
tratto campestre, sempre sullo 019, conduce integrante del paesaggio della bassa Valconca.
al Borgo Pedrosa, sulla strada che si inerpica Con nuovi restauri si è cercato di rimediare
sul versante, proveniente dalla Valconca. ai pesanti e approssimativi recuperi
Il borgo conserva varie abitazioni e, pur del dopoguerra e di offrire più complete
nell’approssimazione di alcuni restauri, mostra possibilità di visita.
le sue origini rurali. Gli interni conservano materiali lapidei, una vera
Sulla strada si affaccia parte dell’abside, da pozzo del Trecento e uno stemma “a cimiero”,
235
ma soprattutto lembi di un affresco che riporta da un’antica macina in pietra, come non di rado
una “battaglia accade di incontrare nelle campagne, segna
di cavalieri” del 1370 circa, attribuita l’inizio di uno sterrato che sale alla vetta
a Jacopo Avanzi, i soli dipinti giunti a noi del Monte Auro. È una breve deviazione,
di un edificio privato dei Malatesti. consigliata per godere dello straordinario
All’interno della cinta muraria, in origine del XIV panorama che si estende verso l’entroterra,
secolo, superata la Porta Curina, sormontata con le colline feltresche e gli alti rilievi
dagli stemmi di Pio XII e del cardinale marchigiani, e verso mare, con il sottostante
Forteguerrieri, si raggiunge la chiesa borgo medievale e la mole della rocca.
parrocchiale, con portale gotico. Proseguendo in discesa si raggiunge
All’interno troviamo un crocifisso di Scuola la provinciale proveniente da Morciano all’altezza
riminese del Trecento, un affresco di Bernardino di una seconda croce, sostenuta anch’essa
Dolci del 1400, e una pala della Madonna da una macina. Torniamo a Montefiore
della misericordia di Luzio Dolci, del XVI secolo. e al Borgo Pedrosa tramite il percorso di arrivo.
Nel borgo esterno alle mura, la Chiesa Una carraia campestre che taglia il versante
dell’ospedale, l’antico hospitale quattrocentesco, del Monte La Pedrosa scende ripida verso
conserva un ciclo di affreschi della seconda il Ventena di Gemmano su un tracciato
metà del Quattrocento che al tempo doveva alternativo, raggiungendo alcune abitazioni
interessare l’insieme delle pareti. diroccate e il bel castagneto di Case Suore,
Le rappresentazioni sacre riguardano il Giudizio ricco di flora di sottobosco. Lo sterrato
universale, la Resurrezione dei morti, Inferno si immette sul tracciato di fondovalle,
e Paradiso, gli Apostoli, attribuiti al citato pittore che ripercorriamo ora in senso inverso
di cultura urbinate Bernardino Dolci. fino al punto di partenza.
La visita degli immediati dintorni di Montefiore
prosegue con l’ascesa al Monte Auro, chiudendo
un breve circuito che parte e torna al paese,
effettuato sempre su strada asfaltata.
È possibile ritenere che il nome sia derivato
dalle arenarie di un bel tono ocra, dai riflessi
dorati che qui affiorano abbondanti.
Il versante nord del monte, sul quale transitiamo,
offre scorci sull’abitato e la sua imponente rocca
proiettata verso l’Adriatico.
Il castagneto di Monte Auro, circoscritto
ma con esemplari vetusti, è solo uno e il minore
dei castagneti di Montefiore. Gli altri, ben più
estesi, si trovano sui versanti del Monte Faggeto,
del Monte Maggiore e in località Case Suore.
Il microclima fresco dei versanti settentrionali
e la natura arenacea dei suoli ne consentono
la persistenza, pur nella modesta altitudine
dei rilievi. Presso il Monastero dei Cappuccini
e l’adiacente cimitero, una croce sostenuta
236
237