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Riassunto
Il saggio affronta il tema dell’identità culturale e religiosa nei pellegrinaggi della Sicilia contemporanea e post-moderna. Il
taglio dell’analisi è sociologico e l’intento è quello di analizzare il comportamento religioso di coloro che si recano in
pellegrinaggio nei luoghi sacri, i santuari. L’ambito di studio nel quale si colloca l’analisi è quello della sociologia della
religione, che si avvale dei metodi delle scienze sociali, quantitativi e qualitativi. Dopo un esame del contesto santuariale
siciliano più ampio, le ipotesi teoriche sono verificate mediante l’analisi empirica di due fenomeni in contesti diversi della
Sicilia, uno rurale, il pellegrinaggio al santuario del Crocifisso di Bilìci, nella Sicilia centrale, nel territorio di Caltanissetta e
l’altro metropolitano, la festa di S. Agata, a Catania. Lo studio evidenzia che la comunità religiosa e civile, con la
celebrazione dei riti, ripetuti nel tempo, manifesta e rinnova il suo impegno a vivere anche come comunità civile e rafforza
la propria identità culturale. quantitativi e qualitativi. Dopo un esame del contesto santuariale siciliano più ampio, le ipotesi
teoriche sono verificate mediante l’analisi empirica di due fenomeni in contesti diversi della Sicilia, uno rurale, il
pellegrinaggio al santuario del Crocifisso di Bilìci, nella Sicilia centrale, nel territorio di Caltanissetta e l’altro metropolitano,
la festa di S. Agata, a Catania. Lo studio evidenzia che la comunità religiosa e civile, con la celebrazione dei riti, ripetuti nel
tempo, manifesta e rinnova il suo impegno a vivere anche come comunità civile e rafforza la propria identità culturale.
Canta Carmelina Chiara. Identità culturale e religiosa nei pellegrinaggi della Sicilia contemporanea. In: Mélanges de
l'École française de Rome. Italie et Méditerranée, tome 117, n°2. 2005. Sanctuaires français et italiens dans le monde
contemporain. pp. 537-564;
doi : https://doi.org/10.3406/mefr.2005.10451
https://www.persee.fr/doc/mefr_1123-9891_2005_num_117_2_10451
PREMESSA
1
R. Robertson, 1992.
.
538 CARMELINA CHIARA CANTA
I SANTUARI IN SICILIA
2
S. Marino, 1989.
3
Cfr. C. Scellato, 1983; A. I. Lima, 1984; Jesus, maggio 1987; Annuario Cattoli-
co, Roma, 1994-95.
4
Pio XII, Radiomessaggio Tra i memorandi fasti, in AAS 46 (1954) 659.
5
G. Farnedi O.S.B., 1996. Sono citati i santuari di : Addolorata del Romitello a
Borghetto (PA), Madonna del giubino a Calatafimi (TP), Santa Maria del Ponte a
Caltagirone (CT), Signore della Città a Caltanissetta, Santa Maria di Capo D’Orlando
a Capo D’Orlando (ME), Santa Maria di Gibilmanna a Gibilmanna (PA), Beata Ver-
gine Maria di Porto Salvo a Lampedusa (AG), Santa Maria del Terzito a Leni (ME),
Santa Maria di Montalto a Messina, Sant’Antonio a Messina, Madona del Carmine a
Nicosia (EN), Santa Rosalia a Palermo, Madonna della Consolazione a Paternò (CT),
Madonna del Carmine a Ragusa, Santa Maria della Scala detta «Badiazza» a Scala
Ritiro (ME), San Calogero al Monte a Sciacca (AG), Santa Lucia al Sepolcro a Sira-
cusa, Madonna delle Lacrime a Siracusa, Madonna del Tindari a Tindari (ME), San-
ta Maria Annunziata a Trapani, Santa Madre di Dio e della Salute a Vittoria (RG).
Sono indicati probabilmente quelli che oggi costituiscono una meta privilegiata di
pellegrinaggio o meglio di quel fenomeno cosiddetto di «turismo religioso». Nel te-
sto infatti si evidenziano, oltre agli aspetti storici e religiosi, soprattutto le manife-
stazioni folkloristiche e culturali legate al santuario.
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I PELLEGRINAGGI DELLA SICILIA CONTEMPORANEA 539
(2), Noto (8), Piazza Armerina (4), Caltagirone (6), Siracusa (6). La mag-
gior parte è sorta tra il XVI e XVII secolo. Considerando il periodo storico
di origine del santuario, 13 sono sorti prima del 1200, 16 dal 1200 al 1500, di
cui 10 nel corso del 1400; 24 nel corso del 1600, 4 tra il 1700 e il 1800 e 5 nel
1900, questi ultimi nati nel corso della seconda guerra mondiale. Le moti-
vazioni della loro origine possono attribuirsi a : devozione (25), ritrova-
mento dell’immagine (20), miracolo (16), iniziativa personale (10), appari-
zione (5), voto (1) e sogno (1). Coniugando il tempo con la motivazione del-
l’origine del santuario, si può notare che una parte consistente di essi (32
su 70) è nata tra il XVI e XVII secolo, cioè nel periodo della controriforma
che J. Delumeau considera l’ultimo tentativo della Chiesa di evangelizzare
l’Europa 6. Questo processo in Sicilia investe in particolare le campagne e il
popolo contadino 7.
Oggi le feste che si celebrano in questi santuari sono concentrate nei
mesi estivi, dopo la mietitura, a conferma del legame con la cultura conta-
dina legata all’origine di gran parte dei santuari e in relazione con alcune
feste liturgico-devozionali.
L’analisi dei titoli definiti «indiretti» 8 evidenziano la «territorialità»
dei santuari, in particolare il radicamento nel territorio in cui sorge e l’area
di provenienza da cui provengono spontaneamente i pellegrini oggi. Tale
dimensione popolar-spontanea è messa in risalto dai vari racconti che pon-
gono all’origine del santuario un miracolo.
Nella Sicilia occidentale i santuari sono 68 così distribuiti : Agrigento
(8), Caltanissetta (9) 9, Monreale (12), Cefalù (4), Mazara (8), Trapani (10),
Palermo (12), Piana degli Albanesi (5). Prima del 1200 ne sono sorti 8, nel
periodo successivo 9, fino al 1500, 15 nel corso del 1500 e 25 nel 1600. An-
che per la Sicilia occidentale i secoli XVI e XVII sono quelli che hanno per-
messo la fioritura del maggior numero di santuari ma, a differenza del-
l’altra metà dell’isola, ne sorgono 9 nel secolo XVIII, 7 nel secolo XIX e 4
nel XX. Le cause della loro fondazione si possono attribuire a : miracolo
(27), devozione (25), ritrovamento immagine (23), apparizione (12), voto
(3). Anche in questa parte della Sicilia le feste sono celebrate nei mesi estivi
e in occasione di quelle liturgiche e devozionali già esistenti. È interessante
osservare che nei santuari della Sicilia occidentale «gli aspetti della natura
presenti nei titoli sono quasi completamente diversi da quelli della Sicilia
6
J. Delumeau, 1986.
7
G. Giarrizzo, 1978.
8
S. Marino, 1989, p. 54.
9
Nello studio di L. Bontà a cui si fa riferimento, il dato sui santuari nisseni è
raddoppiato (18). Cfr. L. Bontà, 2000.
.
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10
S. Marino, 1989, p. 60.
11
Ivi, p. 61.
12
Nisseni sono chiamati gli abitanti di Caltanissetta e con tale termine si indica
anche il territorio della provincia e della diocesi.
13
Le Madonie sono una delle catene montuose della Sicilia che si estendono a
nord-ovest della provincia di Caltanissetta fino a sud di Palermo.
14
L. Bontà, 2000.
15
Generalmente sono indicati come comuni del Vallone : Campofranco, Acqua-
viva Platani, Sutera, Mussomeli, Bompensiere, Villalba, Vallelunga, Montedoro, Mi-
lena, tutti della provincia di Caltanissetta. I paesi delle Madonie cui si fa riferimento
sono : Petralia Soprana, Petralia Sottana, Castellana Sicula, Polizzi Generosa, Colle-
sano, Alia, tutti in provincia di Palermo.
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16
Cfr. G. De Rosa, 1987.
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17
La ricerca storica sui santuari nel nisseno è recente e tuttora in corso per ope-
ra di Luigi Bontà, studioso locale, ai cui studi si fa riferimento in questo contesto.
Come scrive infatti lo stesso, anche se la mappa della geografia santuariale è ancora
lacunosa, molti segni mostrano che in ogni paese esisteva almeno un santuarietto
per le necessità «quotidiane». C’è da tenere conto anche dei santuari «spenti», del
loro raggio d’azione e delle devozioni in esse coltivate. Attualmente le conoscenze
nel nisseno sono relativamente scarse; è certo comunque che i numerosi luoghi di
pellegrinaggio costituivano un reticolo a maglie strette sul tessuto urbano e assolve-
vano a svariati compiti : dalle funzioni specifiche (santuari terapeutici di tipo spe-
cialistico) a quelle polivalenti di patrocinio civico e di guarigione in genere. Cfr.
L. Bontà, 1998, p. 27-46; 2000, p. 40-41; 2002, p. 27-38.
18
S. Acquaviva, 1995.
19
V. Cesareo et al., 1995.
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I PELLEGRINAGGI DELLA SICILIA CONTEMPORANEA 543
20
In una precedente indagine condotta nel nisseno erano emersi dati significati-
vi, apparentemente in contraddizione con quelli nazionali. In questo caso, in verità,
la domanda si riferiva all’intero arco della vita. Infatti alla domanda «Hai mai parte-
cipato ad un pellegrinaggio o ad una visita ad un santuario?», i soggetti intervistati
hanno risposto : «mai» (30,6%), «una sola volta nella vita» (14,3%), «due-tre volte
nella vita» (33,4%), «spesso» (21,6%). Probabilmente la differenza rispetto all’indagi-
ne nazionale, condotta alcuni anni dopo, è causata dalla diversa domanda che a Cal-
tanissetta indagava sull’intero arco della vita. Cfr. R. Cipriani, 1992.
21
Cfr. R. Cipriani, 1997. Nella ricerca sono emersi diversi elementi significativi
che ne delineano il profilo di una città molto secolarizzata nonostante il suo appella-
tivo di «sacra».
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22
G. Capraro, 1995.
23
E. Renzetti, 1995.
24
Cfr. R. Grimaldi, 1997; R. Grimaldi e R. Trinchero, 1997. I dati e i modelli in-
terpretativi elaborati sono informatizzati. Il programma informatico relativo (SE-
MEX) è operativo sul sito internet presso il CISI di Torino : www.cisi.unito.it/proget-
ti/mvexv.
25
La ricerca sociologica si è avvalsa di una pluralità di metodi e tecniche di tipo
quantitativo e qualitativo : osservazione partecipante, analisi fotografica e video-
registrazione, interviste a «testimoni privilegiati», «interviste libere», e «interviste
semistrutturate», interviste con questionario, questionario postale, test iconografico.
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26
In questa fase, detta di «ricerca di sfondo» è stata consultata una bibliografia
finalizzata a conoscere il fenomeno in particolare attraverso le fonti sul santuario
(G. Pitrè 1900, 1978; G. Macaluso 1984; L. Immordini 1959; Montagna 1984) e il cul-
to del Crocifisso nel territorio nisseno (C. Naro 1984, 1989; L. Bontà 1998).
27
Comune, in provincia di Palermo, vicino al santuario.
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Le analisi che seguono sono una verifica alle ipotesi iniziali ma, nello
stesso tempo, hanno individuato anche altri aspetti interessanti non previ-
sti all’inizio della ricerca.
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Il Crocifisso di Bilìci
28
Secondo il calendario liturgico in vigore fino agli anni ’50, il 3 maggio si fe-
steggiava il ritrovamento della Santa Croce da parte di Sant’Elena Imperatrice, ma-
dre di Costantino il Grande. Successivamente l’«Inventio» della Croce confluisce nel-
la festa, liturgicamente più importante, dell’«Esaltazione» della Croce, celebrata il
14 settembre.
29
L’intervista è stata realizzata a Bilìci il 3 maggio 1994. Il pellegrino, partito al-
l’alba da Petralia Soprana, un paese delle Madonie, era giunto a Bilìci, chiedendo di-
versi passaggi in auto e in camion e percorrendo a piedi nudi gli ultimi chilometri.
30
La purmissioni du viaggiu è il leitmotiv ripetuto continuamente dai pellegrini
per indicare la ‘promessa del viaggio’, generalmente a piedi nudi, fatto per sciogliere
un voto.
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Lo spazio sacro
31
Bilìci, dal torrente omonimo, da non confondersi con il fiume Bélice che scor-
re a Nord-Ovest della Sicilia, vicino Selinunte (TP).
32
Signuri è l’appellativo con cui in Sicilia si suole chiamare il Crocifisso.
33
Le percentuali si riferiscono all’elaborazione dei dati delle interviste con que-
stionario.
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Un pellegrinaggio povero
.
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34
G. Pitré, 1900, p. 11.
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Gli edifici di Castel Belìci sono costituti da ciò che è rimasto di un anti-
co feudo del XVII secolo.
Oltre la chiesetta oggi restano le mura esterne, che anticamente deli-
mitavano gli edifici, un grande salone che offre l’accoglienza ai pellegrini,
ricavato da quelle che probabilmente erano le stalle.
Tali strutture sono ormai diventate fatiscenti per l’incuria e l’abbando-
no di molti decenni. Infatti negli anni 50 e 60 in questo territorio l’emigra-
zione ha provocato uno spopolamento quasi totale delle campagne. Ciò ha
accentuato l’abbandono e la precarietà delle strutture di Castel Bilìci. Solo
negli ultimi anni sono state rafforzate alcune parti dell’edificio, con le of-
ferte dei pellegrini.
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Chiesa, e che poi verrà distribuito a tutti i pellegrini che in quella giornata
compiranno il pellegrinaggio 35. Questo è un uso molto diffuso in Sicilia an-
che in omaggio ad altri santi : Sant’Antonio, San Calogero, Santa Lucia,
San Giuseppe, e risale non solo ai secoli precedenti ma anche all’inizio del
Novecento o al secondo dopoguerra, quando in queste zone la fame era
una piaga endemica e il voto consisteva nel portare il pane per i poveri che
accorrevano numerosi il giorno della festa. Ha raccontato una pellegrina
nel corso della ricerca che negli anni dopo la seconda guerra mondiale : «Il
giorno della festa i poveri ricevevano pane e formaggio».
Lungo il viaggio a piedi da Resuttano, un paese che dista circa 20 chi-
lometri, i pellegrini pregano e cantano, portando in mano delle candele o
degli ex-voto di cera o di pane che poi lasceranno al Santuario. Nell’ultimo
tratto recitano al Crocifisso il «rosario delle cinque piaghe» o «rosario del-
la santa croce» 36.
La fine del viaggio è registrata da un «nastro rosso» ricevuto in chiesa,
che il pellegrino prima di lasciare il «luogo sacro» lega ad una croce di fer-
ro, posta sulla parte più alta della collina vicino al Santuario, come segno
della sua presenza in quel luogo ed in quella giornata. Altri pellegrini, so-
prattutto i giovani lo legano al braccio e lo portano per un lungo periodo.
Questo nastro è anche la testimonianza di chi compie il viaggio su in-
carico di un altro. Anche tra gli abitanti di Santa Caterina era ed è diffuso il
viaggio su commissione : chi non può fare personalmente il pellegrinaggio
perché impossibilitato per qualche circostanza, affida il viaggio ad una per-
sona più giovane, generalmente un nipote : «mia nonna non poteva andare
e ci andavo io. Se ci vado per conto di un altro, quello che dà l’offerta, [...]
porto a questo la santina e la zagaredda 37 [...] la santina la porto nel porta-
foglio».
Il pellegrinaggio a piedi
35
In quasi tutti i paesi di provenienza dei pellegrini vi sono fornai «artisti», in
grado di fare il pane secondo le forme anatomiche richieste dai pellegrini.
36
Il «rosario della santa croce» è recitato in dialetto da tutti i pellegrini che
giungono dai vari paesi e ne esistono tante varianti quanti sono i dialetti locali. I più
anziani, ma non solo loro, lo conservano nella loro memoria. Nel corso della ricerca
sono state raccolte molte di queste «varianti» paesane, riportate nel testo. Cfr.
C. C. Canta, R. Cipriani, A. Turchini, 1999.
37
Zagaredda è il nastro rosso.
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spesso si partiva la vigilia della festa facendo delle soste lungo il cammino;
alcuni di questi luoghi, in cui ancora oggi si vedono delle masserie sono ri-
cordati dai pellegrini (Vicaretto, Tudìa, Chibbò) 38.
La ricerca ha individuato che molti, ancora oggi, così come avveniva
un tempo, giungono a piedi (10%) o a piedi scalzi (7%) o facendo solo una
parte del tragitto in macchina e il resto a piedi. Anche tra i giovani (27%)
una parte rilevante (22%) è venuta a piedi. Quelli che giungono dal paese
più vicino, Marianopoli, che dista 10 chilometri dal Santuario, percorrono
l’intero tragitto camminando lungo l’antica «trazzera» 39, che diventa ripida
e scoscesa nell’ultimo tratto.
Racconta infatti una anziano di circa 70 anni di essere venuto per la
prima volta quando era giovane, all’età di 18-19 anni, e da allora è tornato
tutti gli anni. Partiva al mattino presto, anche alle cinque, a piedi, da una
località vicino Serradifalco (a circa 30 chilometri di distanza). Negli ultimi
anni è venuto in macchina insieme con il figlio. Il giovane, che già viene da
10 anni, intervistato, afferma : «verremo sempre, fin quando i piedi ce lo
permettono, ogni anno [...] abbiamo ricevuto un miracolo» 40.
38
La Baronia di Castel Bilìci, anticamente era costituita da 11 o 12 feudi, tra cui
quelli di Tudìa, Chibbò, Bilìci, Manchi di Bilìci (E. Valenti, 1998, p. 22-23).
39
Nel dialetto locale si indica col termine trazzera una strada poco agevole e fa-
ticosa.
40
Intervista videoregistrata al santuario.
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41
Un autore siciliano contemporaneo (A. Camilleri, 1997, p. 117) racconta con
molto realismo e precisione un simile comportamento per sciogliere un voto : «L’al-
tra funzione si svolse alla matrice, e fu cosa veramente solenne, che meritò di essere
contata e vista. Alle dieci del mattino [...] Stefanuzzo Barbabianca si presentò sulla
porta della chiesa scalzo e con una candela in mano, per sciogliere l’altro voto solen-
ne che aveva fatto. Con la testa calata sul petto, la candela alzata, arrivò fino all’alta-
re maggiore dove sostò in doveroso raccoglimento. Poi [...] accompagnato dalle pre-
ghiere e dall’ammirazione dei circostanti, si stese a pancia sotto, tirò fuori due palmi
di lingua e a strascinuni lamentandosi di tanto in tanto perché le zottate gli facevano
ancora male, leccò accuratamente lo sporco del pavimento, percorrendo due volte la
chiesa intera, dall’altare maggiore al portone e viceversa. Sciolto il voto, si formò la
processione». Le zottate sono le frustate.
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I PELLEGRINAGGI DELLA SICILIA CONTEMPORANEA 555
Fino a pochi anni fa questo viaggio era anche l’unica esperienza turi-
stica; molte coppie aspettavano con gioia questo giorno per fare il «viaggio
di nozze». Racconta un pellegrino :
per gli sposini il primo viaggio di nozze era Bilìci, il secondo era alle «vari»
(gruppi statuari del giovedì santo) a Caltanissetta. Per quel viaggio si doveva
fare qualcosa... molti suonatori di fisarmonica scendevano dalle montagne e
quindi nel grande magazzino che c’era, ognuno aveva uno spazio, dove si bal-
lava. C’era l’organetto, il fischietto, il tamburo e si ballava.
42
A. Vauchez, 1997, p. 592.
43
A. Dupront, 1987, p. 406-407.
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556 CARMELINA CHIARA CANTA
44
«Accostarsi alle feste religiose e popolari siciliane significa innanzitutto sco-
prire, o tentare di scoprire, il mistero che avvolge la sicilianità e che permea di con-
traddizioni l’animo di questo popolo così chiuso e così solo [...] una festa religiosa in
Sicilia è tutto, tranne una festa religiosa. È innanzitutto una esplosione esistenziale
[...] poiché è soltanto nella festa che il siciliano esce dalla sua condizione di uomo
solo». Cfr. S. Sciascia, 1987, p. 19 e G. Pitrè, Le feste..., 1978.
45
Esiste anche una leggenda pagana secondo cui la festa aveva un’origine mari-
nara; si consacrava alla Dea, Iside Pelagia, la nave che partiva dalla spiaggia. Nella
cerimonia sacra i sacerdoti svolgevano una processione vestiti di bianco. Un residuo
di questo rito si coglierebbe ancora oggi nelle donne che, nel corso della processio-
ne, indossano un saio bianco ed hanno il volto coperto (sono chiamate ntuppatedde).
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turali (l’Etna). Il genere di martirio subito, il taglio del seno, e la fama della
sua protezione l’hanno resa patrona delle puerpere, delle nutrici, delle don-
ne affette da patologie al seno e, in relazione al «velo» della santa, è protet-
trice anche di altre categorie di persone come gioiellieri e tessitrici. Le date
della festa ricordano il martirio della santa (5 febbraio), la traslazione delle
reliquie da Costantinopoli a Catania (17 agosto) e il patrocinio della santa
dopo la fine della peste nel 1570 (17 giugno). Nella prima di queste date av-
viene la festa solenne mentre nelle altre due si compiono visite e pellegri-
naggi nella chiesa omonima dove sono custodite le reliquie.
C’è un forte legame della santa non solo con la cultura locale ma so-
prattutto con la natura, in particolare col fuoco dell’Etna e tutto ciò che nel
territorio circostante ha un legame con il vulcano. Si ritiene, infatti, che
S. Agata abbia salvato la città di Catania molte volte; la prima avvenne nel
252, quando i cittadini adoperarono il velo che copriva il sepolcro della
santa e lo opposero al fuoco della lava, che avanzava implacabile tra i vil-
laggi abitati. L’eruzione, che era iniziata il 1o febbraio, si fermò il 5 dello
stesso mese, che è anche il giorno del martirio. Secondo la tradizione, il ve-
lo, lungo 4 metri e largo cinquanta centimetri, originariamente di colore
bianco, a contatto con la lava, diventò rosso, così come si conserva ancora
oggi. Il velo di S. Agata, oggetto di leggende e tradizioni, è sempre stato at-
tivo contro la lava fino ai nostri giorni. Così è avvenuto durante l’eruzione
del 1669. Uno degli ultimi miracoli è stato operato nel 1886, quando la reli-
quia della santa, portata dal Cardinale Dusmet, fermò la lava che era già
scesa alle porte del comune di Nicolosi, tra la meraviglia degli increduli e
degli stessi fedeli. Anche negli ultimi anni, nel 2001 e nel 2002, durante le
ultime eruzioni dell’Etna, si sono chiesti i soccorsi da Catania, per portare
ancora una volta sul luogo il velo di S. Agata.
Il culto è diffuso in tutta Europa, nei casi in cui è necessario allontana-
re il fuoco; in Francia, come scrive Santi Correnti 46, nel Lionese, i contadi-
ni fanno benedire, il 5 febbraio, anniversario del martirio di S. Agata, un
pane che scagliano contro le fiamme in caso di incendio. In Austria la stes-
sa è considerata patrona del fuoco e sempre il 5 febbraio si fanno benedire
delle candele che verranno accese nei momenti di pericolo.
46
S. Correnti, 1967 e 1996.
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558 CARMELINA CHIARA CANTA
festa religiosa è anche festa civile; quando inizia la lunga processione del 3
febbraio partecipano le più alte autorità cittadine civili, religiose e militari.
Lo sfarzo della festa è enorme 47 ; nel centro storico di Catania la processio-
ne si snoda tra due ali di folla, seguita dalle undici candelore, i monumen-
tali ceri votivi che sono espressioni delle corporazioni e dei mestieri cittadi-
ni 48, dalle due carrozze del senato catanese, una berlina settecentesca se-
guita da una più piccola, che ospita gli amministratori comunali, il senato
di un tempo. La sera la città si raccoglie in Piazza Duomo per seguire il tra-
dizionale concerto di musiche belliniane e per assistere allo spettacolo pi-
rotecnico, tutto perfettamente inserito nella cultura locale. Segue una notte
insonne per migliaia di devoti che di buon mattino affollano la cattedrale
per la «messa dell’aurora» e il primo incontro con la santa. È questo uno
dei momenti più suggestivi della festa; alle 4.30 un rappresentante della cu-
ria e uno del comune aprono il cancello che protegge la piccola camera,
detta «cammaredda», dove è protetto il prezioso busto con le reliquie.
S. Agata viene portata da devoti, prima sull’altare centrale, poi sulla vara. Il
busto, ricoperto di gioielli procede ondeggiando. I fedeli e pellegrini sciol-
gono il voto in vario modo, visitando il santuario, «lingua strascinuni»,
cioè con la lingua strisciata per terra dalla porta del santuario all’altare,
con l’offerta di una parte del raccolto, offrendo un oggetto prezioso gene-
ralmente d’oro. Molti catanesi offrono, come ringraziamento per le grazie
ricevute, offerte di candele della stessa lunghezza delle persone graziate,
fiori, offerte in denaro, gioielli, ex-voto d’argento con forma corporea, tavo-
lette con la raffigurazione della circostanza cui si riferisce l’oggetto. È un
uso ormai consolidato offrire del pane tondo appena sfornato, condito con
olio, formaggio, pepe e sale (muffuletta). I pani votivi benedetti si conserva-
no in casa per preservare le donne dalle malattie del seno. Anche i ceri be-
nedetti si conservano per allontanare eventi naturali devastanti (temporali,
fulmini e grandine).
Ancora oggi, nella società post moderna e in una città come Catania,
che possiede tutti gli elementi per essere considerata moderna, questi com-
portamenti rappresentano la sola risorsa contro le disgrazie, la malattia e,
in senso più ampio, contro l’incertezza dell’esistenza.
47
Lo sfarzo della festa è molto simile a quanto accade a Palermo durante la fe-
sta di S. Rosalia.
48
Sono presenti le «candelore» dei pescivendoli, dei fruttivendoli, degli orto-
frutticoli, dei macellai, dei pastai, dei bettolieri. Si può cogliere una certa analogia
tra queste e i ceri di Nola durante la festa di S. Paolino; cfr. A. Nesti, 1992; A. Di Ste-
fano, 1996; D. Gagliani, 1966.
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I PELLEGRINAGGI DELLA SICILIA CONTEMPORANEA 559
La festa in onore di S. Agata si può definire una festa ricca, in cui sfar-
zo e lusso sono predominanti. Ogni anno a Catania, nei giorni dei festeg-
giamenti si aprono e animano i balconi della via Etnea; dalla merenda al-
l’aperitivo, dalla cena al dopocena, dalla sfogliatella di mezzanotte al brin-
disi notturno, la nobiltà catanese segue l’itinerario del fercolo della santa. Il
ricco ricevimento del 5 febbraio è ormai una tradizione che si tramanda da
padre in figlio, da nonna a nipote, in quelle famiglie che godono di una po-
sizione sociale privilegiata. Passiti, moscati, malvasie di Lipari, torte, spa-
ghettate, chiacchiere e le «olivette», dolce tipico della festa, non mancano
nelle tavole più importanti.
In occasione della festa di S. Agata del 2001, nei giorni 3-5 febbraio, è
stata realizzata un’indagine con lo scopo di comprendere che cosa spinge
migliaia di uomini e donne a partecipare alla festa e di verificare il modello
teorico di religiosità popolare, elaborato da vari studiosi. L’indagine è stata
condotta sia mediante la somministrazione dei questionari strutturati 49, sia
attraverso l’osservazione partecipante e interviste libere ai protagonisti del-
la festa.
Questi metodi, qualitativi e quantitativi, hanno permesso di conoscere
le motivazioni che spingono ogni anno migliaia di devoti a peregrinare per
la città mentre lodano e pregano la propria Santuzza e, nello stesso tempo,
comprendere come ciascuno esprime la propria religiosità e come vive il
rapporto con la santa.
Le interviste sono state realizzate nei giorni della festa, per le strade
della città tra i devoti, appartenenti a generi diversi e tra coloro che indos-
sano il tradizionale «sacco» agatino e che partecipano sia alle processioni
che alle altre fasi della festa. La ricerca non è certamente esaustiva di tutta
la ricchezza che è presente nella religiosità, tuttavia in essa sono stati indi-
viduati elementi tali da permette un confronto con quelli già evidenziati nel
corso del pellegrinaggio al Crocifisso di Castel Belìci.
La partecipazione della donne appare nettamente superiore a quella
degli uomini e anche loro sono impegnate a trascinare il fercolo tramite i
lunghi cordoni. I giovani, nella fascia 18-24 anni, sono i più numerosi an-
che tra coloro che trasportano la vara e ciò manifesta che la socializzazione
religiosa è stata efficace; essa è radicata nella cultura locale e svolge un
49
In questa indagine è stato utilizzato lo stesso questionario, con gli adattamen-
ti necessari alla circostanza, della precedente ricerca sul pellegrinaggio al Crocifisso
di Castel Belìci, cui si fa riferimento in questo saggio.
.
560 CARMELINA CHIARA CANTA
ruolo molto forte nel determinare gli elementi della stessa. Ciò è conferma-
to da fatto che il 65% dichiara di partecipare alla processione da più di 12
anni e solo il 17% vi partecipa da uno a tre anni. La festa assume una forte
dimensione comunitaria, evidenziata dal fatto che la maggior parte parte-
cipa alla processione con familiari (29%) o con familiari e amici (44%).
Partecipa da solo appena l’11%. Cercando di cogliere le motivazione della
partecipazione emerge che il 39% dichiara di partecipare per aver fatto un
voto, il 23,3% perché ha fede in Sant’Agata e il 16% per chiedere una gra-
zia. Solo il 2,7% è presente per accompagnare un’altra persona e l’1,3% per
trascorrere una giornata diversa dal solito : prevalgono chiaramente moti-
vazioni di carattere squisitamente religioso. La religiosità dei catanesi si
manifesta con tutti i caratteri della concretezza e della materialità tipici
della religiosità popolare : infatti il 42,7% degli intervistati preferisce, tra
tutte le manifestazioni dei tre giorni, «vedere S. Agata», comportamento
significativo che esprime il bisogno di materialità e di concretezza di cui
l’uomo ha necessità e questa esigenza coinvolge in misura maggiore le don-
ne. Un numero meno rilevante di persone preferisce la processione (18%),
l’atmosfera di gioia (17%) e la messa (6%). La componente squisitamente
religiosa è molto presente ed emerge in maniera esplicita nel fatto che alla
Santuzza si attribuiscono soprattutto grazie «spirituali» (57%) e in secon-
da istanza quelle «materiali».
Il questionario conteneva una batteria di indicatori finalizzati a co-
gliere il legame tra la religiosità popolare e la cosiddetta religione-di-
chiesa 50. A questo proposito la maggior parte degli intervistati si è definita
una «persona religiosa» (64%), e il 29% solo in parte. Il 79% dichiara di
avere ricevuto un’educazione religiosa ed è lo stesso gruppo di persone
(78%) che partecipa alla messa in occasione della festa. Partecipa alla
messa settimanalmente il 17%, più volte alla settimana solo il 2%, uno o
due volte all’anno il 17% e il 38% mai o solo in occasione di matrimoni e
funerali. Se perciò i devoti sono puntuali alla «messa dell’aurora», che co-
stituisce un appuntamento importante con la santa, si coglie tuttavia un
allontanamento, con modalità diverse, dall’istituzione religiosa. La parte-
cipazione dei catanesi alla festa esprime un forte legame di identità con la
loro santa; essi infatti non sono pellegrini di altri santuari (77%), non
compiono altri pellegrinaggi (il 18% afferma di essersi recato ad altri pel-
legrinaggi «qualche volta» e il 4% «spesso»). Questi comportamenti espri-
mono l’esistenza di un intenso legame di appartenenza e di un rapporto di
50
I sociologi della religione chiamano «religione-di-chiesa» quella che esprime,
anche se con intensità e forme diverse, la conformità e l’adesione ai precetti della
chiesa istituzionale. Cfr. F. Garelli, 1991; V. Cesareo et al., 1995; C. C. Canta, 1995.
.
I PELLEGRINAGGI DELLA SICILIA CONTEMPORANEA 561
esclusività con S. Agata; una relazione analoga era stata individuata col
Crocifisso di Castel Belìci.
In contesti diversi la ricerca empirica evidenzia che la maggioranza
delle persone avverte la necessità di conservare un’identità religiosa, affi-
dandosi alla divinità e ai santi tutte le volte che non riesce a dare altro sen-
so e significato alle istanze più profonde della vita.
CONCLUSIONI
51
C. C. Canta, 1995, p. 111-139.
.
562 CARMELINA CHIARA CANTA
BIBLIOGRAFIA
52
Ulteriori riflessioni scaturiscono da una ricerca su un pellegrinaggio popolare
nel contesto metropolitano romano, alla Madonna del Divino Amore. Cfr. C. C. Can-
ta, 2004.
53
C. Naro, 1997.
54
E. Durkheim, 1963.
55
Secondo P. Berger, l’identità è aperta, differenziata, sempre in continuo dive-
nire, alla ricerca di sicurezza e di fondamenti sicuri. La religione costituisce il punto
fermo che rassicura l’uomo dalle sue incertezze. Ciò spiega, ancora oggi, il rito delle
processioni e dei pellegrinaggi dei centri urbani e rurali. In queste circostanze si ma-
nifesta, infatti, il desiderio di esistere anche agli occhi di coloro che non condividono
quelle credenze e coloro che vi partecipano acquistano coscienza della propria iden-
tità. Cfr., P. Berger, 1992.
.
I PELLEGRINAGGI DELLA SICILIA CONTEMPORANEA 563
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564 CARMELINA CHIARA CANTA
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