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RIVISTA INTERNAZIONALE
DI FILOSOFIA DEL DIRITTO
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Anno di fondazione 1921
Serie V - aprile/giugno 2020
Spedizione in a.p. - 45% - art. 2 comma 20/b - legge 662/96 - Filiale di Varese - ISSN 1593-7135
Cerrone, Un dialogo tra Emilio e Ugo Betti
Cananzi, Modernità e secolarizzazione in Del Noce
Nitsch, Le Pagine sulla guerra di Croce
Mori, Terzo umanesimo e filosofia del diritto
Ercole, Calcolabilità giuridica e giudizio
S O M M A R I O
Carlo Nitsch, La Filosofia dello spirito alla prova dei fatti. Le Pagine sulla guerra di
Benedetto Croce..................................................................................................................... 387
Valerio Mori, «Terzo umanesimo» e filosofia del diritto. A proposito della riedizione
dell’Elogio del diritto di Werner Jaeger............................................................................ 413
Ludovico Ercole, Sul bisogno di calcolabilità giuridica. Note a margine di una “Tri-
logia del giudicare”................................................................................................................ 433
Sull’Antigone di Anouilh*
Giuseppe Benedetti
(2) Si vedano, ad esempio, G. Benedetti, Appunti storiografici sul metodo dei privatisti
e figure di giuristi, in Prelazione e retratto. Seminario coordinato da G. Benedetti, L. V.
Moscarini, Giuffrè, Milano 1988; in B. Carpino (a cura di), Raccolta di scritti in memoria
di Angelo Lener, Eci, Napoli 1989, p. 241 ss.; ora in G. Benedetti, Oggettività esistenzia-
le dell’interpretazione, cit., pp. 5-32; Id., Una testimonianza sulla teoria ermeneutica di
Emilio Betti, in «Rivista di diritto civile», 1, 1990, p. 777 ss.; col titolo Eticità dell’atto
ermeneutico. Una testimonianza sulla teoria di E. Betti, anche in V. Rizzo (a cura di), Emilio
Betti e l’interpretazione, Esi, Napoli 1991; ora in G. Benedetti, Oggettività esistenziale
dell’interpretazione, cit., pp. 105-134.
(3) Cfr. G. Vettori, Dalla dogmatica all’ermeneutica critica. Il percorso di Giuseppe
Benedetti, in «Rivista trimestrale di diritto e procedura civile», 4, 2019, pp. 1203-1221.
SULL’ANTIGONE DI ANOUILH 283
(4) La svolta, o meglio il momento in cui il passaggio è più evidente, sono segnati da
G. Benedetti, La contemporaneità del civilista, in V. Scalisi (a cura di), Scienza e inse-
gnamento del diritto civile in Italia. Convegno di studio in onore del prof. Angelo Falzea.
Messina 4-7 giugno 2002, Giuffrè, Milano 2004, pp. 1229-1299; ora in G. Benedetti, Oltre
l’incertezza, cit., pp. 19-81 (da cui anche le successive citazioni).
(5) Cfr., in particolare, l’ultimo saggio di G. Benedetti, Sull’in-certezza del diritto. Dal
dogma della certezza a un’ermeneutica critica, in Id., Oltre l’incertezza, cit., pp. 137-168:
su cui specialmente G. Vettori, Dalla dogmatica all’ermeneutica critica, cit., p. 1208.
(6) Le si legge in Scienza e insegnamento del diritto civile in Italia, cit., pp. 1149-1228.
284 GIUSEPPE BENEDETTI
(7) Sofocle, Anouilh, Brecht, Antigone. Variazioni sul mito, a cura di M. G. Ciani, Mar-
silio, Venezia 2000.
(8) G. Steiner, Le Antigoni, Garzanti, Milano 2003. Il giudizio è in G. Benedetti, La
contemporaneità del civilista, cit., p. 36, nota 36.
(9) G. Benedetti, La contemporaneità del civilista, cit., p. 35 ss.
(10) Ivi, pp. 46-50, in ovvio dialogo con T. Ascarelli, Antigone e Porzia, in «Rivista
internazionale di filosofia del diritto», 4, 1955, p. 756 ss.; in Id., Problemi giuridici, vol. I,
SULL’ANTIGONE DI ANOUILH 285
Giuffrè, Milano 1959, p. 3 ss.; nonché in Studi giuridici in memoria di Filippo Vassalli, Utet,
Torino 1960, p. 107 ss.
(11) G. Benedetti, La contemporaneità del civilista, p. 35. Che prosegue: «Così Anti-
gone non è, come sembra a Creonte, chi vuole ignorare l’ordine della città. Essa in realtà
oppone alla legge valida una più alta, che anche il re non può “sovvertire”, né violare».
(12) Così pare anche a L. Ercole, L’Antigone di G. Benedetti, infra, p. 296.
286 GIUSEPPE BENEDETTI
(13) Cfr., in particolare, l’ultimo Sull’in-certezza del diritto. Dal dogma della certezza a
un’ermeneutica critica, in G. Benedetti, Oltre l’incertezza, cit., pp. 137-168.
(14) N. Irti, Il catalogo e la memoria, breve testo pubblicato, il 18 aprile 2001, nel
catalogo della “Libreria antiquaria Giulio Cesare” di Roma, recuperato grazie alla solerzia
di Maria Pia Pignalosa.
SULL’ANTIGONE DI ANOUILH 287
6. Proprio a distanza di anni, e tanto più se letta alla luce della fitta
trama di riflessioni che l’hanno preceduta e seguìta, la lezione napo-
letana è testimonianza felice del dipanarsi del pensiero dell’Autore:
o, se si vuole, di una sua tappa.
L’insegnamento che se ne trae – uno dei tanti, tra quelli che ci
addita la vita di questo modello di «professore-insegnante»16 – è che,
per il vero studioso, il pensiero e la «fatica del pensiero»17 non si in-
terrompono mai.
È esemplare, in questo senso, il palinsesto che sorregge, a mo’ di
architrave e scheletro interno, gli studî riuniti e rivisitati in Oggetti-
vità esistenziale dell’interpretazione: un volume che non fu voluto da
Benedetti come una raccolta di scritti, quale infatti non è; ma come
un’opera nuova ed unitaria. Segnata da una intima e stringente coe-
renza interna, per certi versi struggente nella forza della fedeltà alle
convinzioni anche morali dell’Autore.
È forse per questo che, nella libreria del suo studiolo romano, ben
visibile ad altezza degli occhi, stava una piccola targa, dono di un
allievo, che reca scolpito il michelangiolesco «Ancora imparo».
La storia di questa lezione, e in realtà l’intera vita di Giuseppe
Benedetti, non smettono di insegnarlo.
***
Sull’Antigone di Anouilh
Giuseppe Benedetti
(18) J. Anouilh, Antigone, Le Table Ronde, Paris 1943. Per le citazioni nel testo, il rife-
rimento è alla traduzione italiana contenuta in Sofocle, Anouilh, Brecht, Antigone. Variazioni
sul mito, a cura di M. G. Ciani, Marsilio, Venezia 2000,, pp. 61-118.
SULL’ANTIGONE DI ANOUILH 289
(19) Emilio Betti, giurista ed ermeneutico, diceva che è legittimo recuperare dal fondo
del lago di Nemi le navi romane con modernissime gru piuttosto che con argani antichi (sua
notissima prolusione milanese!).
(20) J. Anouilh, Antigone, cit., p. 103.
SULL’ANTIGONE DI ANOUILH 291
Accenna alle futilità del quotidiano come uniche gioie nella penom-
bra crepuscolare del disincanto per concludere che la vita si risolve nella
«consolazione derisoria di invecchiare».
Egli stesso si presenta, l’ho già accennato, come un “principe senza
storia”. La post histoire è la fine della storia21.
La sua «non è nemmeno un’avventura, è un mestiere per tutti i
giorni»22 . Mestiere caduto addosso per caso: «Una mattina mi sono sve-
gliato re di Tebe». E aggiunge: «Dio sa se desideravo altro nella vita che
essere potente...»23.
Creonte “demitizza” la tragedia legata al sacrificio di Antigone, il-
luminato, come dice felicemente Ascarelli, dalla purezza del gesto che
dà significato e forza alla doverosità dell’imperativo dettato dalle “leggi
non scritte”: Creonte sostituisce a tutto ciò il puro calcolo politico. Egli
vuole salvare Antigone; ma così motiva: non mi servi da morta: «In-
grassa un po’ piuttosto, per fare un bel bambinone a Emone» (il figlio di
Creonte promesso sposo di Antigone) «Tebe ne ha bisogno più della tua
morte, te lo assicuro»24.
Creonte smaschera «i due fratelli di Antigone, Eteocle e Polinice»,
che, combattendosi, si sono uccisi. Non due eroi che si combattono per
un ideale, ma: «Due ladroni che s’ingannavano l’un l’altro, ingannan-
doci, e che si sono sgozzati come due teppistelli, quali erano, per un
regolamento di conti...».
Riaffiora la ragione politica: «...Solamente si è dato il caso che ho
avuto bisogno di fare di uno dei due un eroe»25.
Prima aveva detto: «Non ti voglio lasciar morire in una storia di
politica […] perché questo tuo Polinice, quest’ombra desolata, […] Non
è che una storia di politica»26.
Creonte desacralizza il rito funebre: «Credi veramente a questo sep-
pellimento in regola? Quest’ombra di tuo fratello condannata ad errare
per sempre, se non si getta sul cadavere un po’ di terra, con la formula
del prete? […] Le hai viste quelle povere teste da impiegati stanchi, che
abbreviano i gesti, che ingoiano le parole, che tirano via sul morto, per
prendere un altro prima del pasto di mezzogiorno?»27.
E conclude: «E tu adesso rischi la morte perché ho rifiutato a tuo
fratello questo passaporto ridicolo, questo biascicamento in serie sulla
sua spoglia, questa pantomima di cui tu saresti stata la prima a vergo-
gnarti e a soffrire se l’avessimo recitata. È assurdo!»28.
Desacralizzata la cerimonia funebre, Creonte “smitizza” anche
i funerali di Stato organizzati per Eteocle: «I corpi dei due fratel-
li erano ridotti in poltiglia... Irriconoscibili» (poiché sopra di loro
era passata tutta la cavalleria) «Ho fatto raccogliere uno dei corpi,
il meno rovinato dei due, per i miei funerali nazionali, e ho dato
l’ordine di fare marcire l’altro dov’era. Non so nemmeno quale. E ti
assicuro che per me è uguale»29.
I due fratelli, ugualmente colpevoli e meschini agli occhi di
Creonte, uno aveva attentato alla vita del padre Edipo, tutti e due si
erano venduti la città di Tebe, sono tuttavia diversamente utilizzati
per una storia che è solo di politica!
Creonte teorizza il delitto di Stato ed è pronto ad utilizzarlo: le
guardie che hanno scoperto e arrestato Antigone potrebbero essere
testimoni pericolosi: «Farò sparire questi due uomini»30.
E poi conferma: «Io mi incarico del silenzio degli altri».
L’analisi potrebbe continuare, ma credo che i passi richiamati
siano più che sufficienti a rappresentare la tesi del totale capovolgi-
mento di prospettiva, dello spicco conferito alla figura di Creonte,
tragico eroe nichilista di questa dimensione politica in cui si muove
il dramma di Anouilh.
Ma v’è di più.
Creonte ha creato il vuoto attorno ad Antigone, vuoto che in-
duce un’assoluta “perdita di senso” del gesto eroico; non le rimane
nulla perché possa credibilmente immolarsi: Dio è veramente morto
e quindi – come dice certa filosofia postmoderna – “nulla è davvero
giusto”. Non c’è più alcun valore cui ella possa ispirarsi: sugli “agra-
foi nomoi” è sceso l’oblio. Rimane solo l’“assurdo”.
***
(39) La dinamica di pensiero del nostro A. si realizza in un percorso che origina nel-
la convinta adesione al positivismo giuridico nelle forme della dogmatica classica per poi
evolvere, criticamente, verso una lettura epistemologicamente orientata dell’ermeneutica
giuridica. L’approdo fondamentale è in G. Benedetti, Oggettività esistenziale dell’interpre-
tazione. Studi su ermeneutica e diritto, Giappichelli, Torino 2014.
(40) G. Benedetti, La contemporaneità del civilista, in V. Scalisi (a cura di), Scienza e
insegnamento del diritto civile in Italia. Convegno di studio in onore del prof. Angelo Fal-
zea. Messina 4-7 giugno 2002, Giuffrè, Milano 2004, pp. 1229-1299.
296 GIUSEPPE BENEDETTI
(41) Ibid. Dove l’A. mostra, analizzando criticamente la proposta postmoderna, un’at-
tenzione particolare per la tradizione filosofica che si sviluppa nel continente europeo nel
tardo Novecento; il riferimento specifico è a quella variegata corrente di studi che, in ma-
niera radicale, rilegge ed esalta le tendenze nichilistiche della linea di pensiero della prima
metà del XX secolo, disegnata da Nietzsche e da Heidegger. Resta, invece, sullo sfondo la
tradizione postmoderna americana, in quanto «l’impressione complessiva che deriva da que-
sta letteratura americana è che essa, come già accennato, si differenzi decisamente da quella,
per così dire, “europea”, perché non ne condivide la radicalità. In essa non si legge “la fine
della storia” per l’assoluta perdita di senso, ma al più una svolta decisa, caratterizzata da un
atteggiamento pragmatico volto anzi ad un arricchimento di orizzonti in senso antropologi-
co, sul quale fondare una jurisprudence complessa e pluriculturale, che ha recuperato certe
vistose emarginazioni, conquistando un “diritto uguale” di cittadinanza anche al “diverso”
sullo sfondo d’una Costituzione che prevede la tensione dell’uomo alla felicità».
SULL’ANTIGONE DI ANOUILH 297
(44) In tal senso cfr. A. Punzi, Dialogica del diritto, Giappichelli, Torino 2009, p. 162:
«Tra le pagine dell’Antigone, il giurista, oltre all’invito a guardare il diritto da entrambi i lati,
può trarre un’altra grande lezione: credere nella forza delle parole, dunque nella capacità del
discorso di ospitare e tutelare le buone ragioni».
(45) In tal senso cfr. G. Benedetti, Oggettività esistenziale dell’interpretazione, cit., pp.
260-261: «Questi contrari, di per sé, sono da considerare poli dialettici vocati però ad una
sintesi. […] In realtà il vero problema è di misura: si tratta di precisare fino a che punto il
coinvolgimento esistenziale, ineliminabile, possa giocare o finisca con lo stravolgere l’in-
dole interpretativa dell’atto. È necessario segnare un limite oltre il quale non vi è più inter-
pretazione ma sovrainterpretazione, come la chiama Umberto Eco. Il limite c’è, è il testo».
(46) G. Benedetti, Eticità dell’atto ermeneutico. Una testimonianza sulla teoria di Emi-
lio Betti, in V. Rizzo (a cura di), Emilio Betti e l’interpretazione, Esi, Napoli 1991, p. 127
e ss.
SULL’ANTIGONE DI ANOUILH 299
Abstract
Keywords