L'apparato circolatorio è costituito da una serie di strutture cave di forma
tubulare che sono i vasi, all'interno dei quali scorre una quantità di fluido definita, (sono dei vasi con un circuito chiuso sostanzialmente) e questi fluidi vengono fatti scorrere all’interno dei vasi da una pompa centrale che è rappresentata dal cuore. La possibilità di spingere i fluidi dalla pompa alla periferia, cioè verso tutte le cellule, permetterà di far raggiungere queste ultime da sostanze nutritizie che verranno poi utilizzate dalle cellule stesse e quindi ciò che in qualche maniera viene metabolizzato e viene elaborato a livello della cellula con inevitabilmente delle scorie, delle sostanze che devono essere espulse, verranno rimesse all'interno di questo torrente circolatorio e tramite gli stessi vasi si va a raggiungere una serie di strutture o di organi che sono deputati alla purificazione e di queste sostanze ovviamente non utili. Da un punto di vista classificativo l'apparato circolatorio può essere suddiviso in due grosse sezioni: un apparato circolatorio sanguifero o cardiovascolare e un apparato circolatorio linfatico. Il primo è caratterizzato dalla presenza oltre che dalla pompa centrale, ovvero il cuore, di una serie di vasi all'interno del quale scorre il sangue; questi vasi si dividono per morfologia e struttura in arterie, capillari e vene. Il secondo è costituito da una serie di vasi, cosiddetti linfatici, che trasportano al loro interno la linfa; la linfa è un certo quantitativo di liquido con delle sostanze che sono ovviamente disciolte in esso che non riesce ad essere recuperato una volta che è avvenuto lo scambio a livello cellulare tramite la rete capillare dal torrente sanguifero. Quindi queste sostanze che non vengono recuperate dal torrente sanguifero, attraverso questi vasi raggiungono gli organi linfoidi che sono rappresentati sostanzialmente dai linfonodi, dalla milza e dal timo, che costituiscono anche delle strutture di filtro e di protezione e dopo aver attraversato gli organi linfoidi, la linfa torna nel torrente cardiocircolatorio e quindi nel torrente sanguifero. Dal cuore, ovvero la pompa centrale, originano dei vasi che si portano verso la periferia e prendono il nome di arterie, mentre i vasi che dalla periferia, come potete vedere dall' andamento delle frecce di questo schema, tornano al cuore prendono il nome di vene. Da un punto di vista classificativo, queste strutture, arterie e vene, si comportano in maniera abbastanza semplice. Le grosse arterie, che si distaccano dal cuore e si portano in periferia, dapprima hanno un diametro ovviamente molto grande e progressivamente si dividono in rami di minor diametro per raggiungere ogni porzione del corpo e quindi perifericamente vedete questi vasi si dividono ulteriormente, riducono in maniera significativa il loro diametro fino a dar vita a quella che si chiama rete capillare, ovvero una fittissima rete di piccoli vasi che permette e facilita lo scambio con le cellule periferiche, quindi, come si diceva all'inizio, rilascia le sostanze nutritizie alle cellule stesse. Le sostanze invece di scarto che vengono prodotte dalle cellule vengono riassorbite dal versante cosiddetto venoso della rete capillare quindi attraverso una confluenza di piccoli vasi venosi che tra di loro si uniscono si andranno a costituire le grosse vene che si riportano e raggiungono il cuore. Da un punto di vista funzionale l'apparato circolatorio può essere diviso, sempre osservando questo schema, in due porzioni: in una piccola circolazione o circolo polmonare, e in una grande circolazione o circolo sistemico. Piccola circolazione: la pompa cardiaca può essere divisa in due metà ; la metà destra del cuore spinge il sangue all'interno di una grossa arteria che trasporterà il sangue verso degli organi che sono disposti molto vicino al cuore, ovvero i polmoni ,(ecco il termine circolo polmonare), e dai polmoni, dove avviene in questo caso uno scambio di gas, viene riarricchito il sangue oramai povero di ossigeno, di ossigeno che viene trasportato all'interno dei polmoni dalle vie aeree. Una volta che si è arricchito il sangue di ossigeno ritorna attraverso le vene polmonari alla sezione sinistra del cuore, quindi un percorso estremamente breve. La grande circolazione invece ha origine dalla metà sinistra del cuore: il sangue ossigenato viene sospinto dalla metà sinistra del cuore all'interno di una grossa arteria ,che prende il nome di aorta, e tramite le sue diramazioni raggiunge tutte le varie porzione del nostro corpo, ad iniziare dall’estremità caudale, la nostra testa, l’arto superiore, al tronco, agli organi, che sono stipati all'interno delle cavità del tronco a livello dell'arto inferiore; quindi come potete vedere è una circolazione decisamente più grande, da cui il termine grande circolazione o meglio ancora sistemica, ovvero che interessa completamente tutto quanto il nostro organismo. Prima però di parlare del cuore è sempre importante, quando andiamo ad affrontare lo studio di un organo contenuto all'interno delle cavità corporee, di localizzarlo in maniera corretta; la pompa cardiaca è contenuta all'interno di una cavità corporea il cui nome è cavità toracica. Da un punto di vista anatomico però è importante ricordare che la cavità toracica può essere definita sia sulla superficie corporea (abbiamo parlato precedentemente in quanto delle semplici linee tracciate sulla superficie corporea a livello di punti di repere facilmente raggiungibili e facilmente osservabili ci permettono di suddividere in varie regioni, ad esempio come in questo caso il tronco); ebbene il torace viene diviso dalla parte superiore del collo da una linea cosiddetta cervico-toracica che origina dalla parte superiore dello sterno segue la clavicola, si porta lateralmente fino alla scapola e quindi posteriormente questa linea raggiungerà la settima vertebra cervicale o meglio il processo spinoso dell'ultima vertebra cervicale, quindi dividiamo con questa linea il margine superiore del torace rispetto al collo. Inferiormente, in maniera analoga, abbiamo una linea che segue fedelmente il margine inferiore dell'arcata costale e quindi abbiamo definito superficialmente la regione toracica. Se noi a questo punto guardiamo all'interno del torace, come stessimo osservando una radiografia, riusciamo a vedere la morfologia, i limiti esterni della pompa cardiaca e vedere in che posizione si trova all'interno di questa grossa cavità . E’ abbastanza intuitivo che, essendo questa la cavità che vi sto mostrando e ovviamente in rosso questa linea che vi sta indicando ora con la punta della l'indicatore (freccia) altro non è che una struttura muscolare che si chiama diaframma che internamente divide la cavità toracica superiormente dalla cavità addominale inferiore; ebbene da questa osservazione possiamo dire abbastanza chiaramente che il cuore occupa la regione centrale della cavità toracica e sicuramente si trova nella parte inferiore. Un'altra indicazione estremamente importante che non possiamo dedurre da questa immagine, è che questa struttura cardiaca occupa anche la parte anteriore di questa regione, ma se vogliamo essere ancora più precisi, per delimitare correttamente la posizione del cuore, dobbiamo dire che all'interno della cavità toracica di cui abbiamo appena descritto i limiti noi troviamo sostanzialmente tre spazi: due spazi molto ampi che sono occupati dal polmone e dalla pleura che lo circonda e quindi sono gli spazi cosiddetti pleuro polmonari, e poi abbiamo uno spazio mediano centrale che si chiama mediastino, abbastanza ristretto all'interno del quale si trovano una serie di organi splantrici tra cui ovviamente il cuore.Quindi in estrema sintesi la localizzazione del cuore viene effettuata dicendo semplicemente che questo organo è localizzate all'interno della cavità toracica, in particolare nel mediastino e del mediastino occuperà la parte inferiore anteriore. In quest’immagine come potete vedere si è tolta la gabbia toracica e quindi stiamo osservando dalla parte anteriore il cuore; vedete, mentre i due polmoni che nell’immagine precedente coprono parzialmente il cuore e quindi ci impedirebbero sostanzialmente di osservare la parte anteriore del cuore, vengono in questa immagine divaricati per cui riusciamo a vedere esattamente le caratteristiche morfologiche dalla parte anteriore del cuore che è a diretto contatto con la parete posteriore della gabbia toracica. Qui è abbastanza evidente, è appoggiato il cuore a livello del muscolo diaframma (struttura muscolare che suddivide la cavità toracica dalla sottostante cavità addominale) e potete anche osservare in questa immagine come sia in qualche maniera circondato da una struttura che qui è stata sezionata di colore biancastro e vedremo a che cosa corrisponde. Questa immagine però mi permette sostanzialmente già di dire che il cuore ha una morfologia, almeno osservato dal davanti, grossolanamente di forma triangolare con una parte appuntita che guarda in basso verso sinistra e una parte più pianeggiante che possiamo dire corrisponde alla base di questo triangolo invece rivolta superiormente e verso destra; a livello della base peraltro osserviamo la presenza di una grande quantità di vasi. A questo punto prima di isolare l'organo isolare il cuore quindi osservarlo chiaramente in tutte le sue facce, dobbiamo cercare di capire meglio a cosa corrisponde questa struttura bianca che è stata qui sezionata in questo disegno; la struttura bianca in questione si chiama pericardio. Il pericardio è una sorta di sacco che presenta una parete fibrosa esternamente molto resistente e una parete interna invece sierosa che vedremo ha delle caratteristiche peculiari, sacco che circonda completamente il cuore; si chiude sostanzialmente a livello della base. In questa sezione ci accorgiamo prima di tutto da un punto di vista macroscopico come la struttura pericardica circondi completamente il cuore, quindi ne oscuri di fatto la morfologia reale che noi abbiamo iniziato a vedere prima soltanto dopo aver selezionato appunto il sacco pericardico. Per quale motivo il cuore è circondato da questo sacco così particolare? Come potete vedere la parte più esterna, come abbiamo detto prima la componente fibrosa che in sezione si vede molto chiaramente, spessa e resistente, viene collegata attraverso una serie di strutture legamentose alle componenti muscolari (in questo caso il diaframma inferiormente) o ossee che fanno parte della gabbia toracica (come in questo caso la parte anteriore) , ancorando il cuore di fatto in una posizione e impedendone che quest'ultimo possa muoversi durante gli spostamenti del nostro corpo: paradossalmente possiamo porci anche con la testa verso il basso e con i piedi in alto e questo non significa che il cuore all'interno di questa cavità si muove e cada, come talvolta si dice impropriamente verso il collo verso la gola, rimane ancorato attraverso questi legamenti alle strutture limitrofe. Quindi prima funzione importantissima del sacco pericardico è quella di mantenere in situ il cuore. Una volta che lo osserviamo sezionato però abbiamo anche la possibilità di spiegare la seconda importantissima funzione che svolge questa struttura: con la sua componente più interna, la componente sierosa, che peraltro è costituita da due foglietti, un foglietto viscerale e un foglietto parietale; il foglietto viscerale è quello che aderisce intimamente al cuore e prende anche il nome di epicardio, e a livello della base si riflette e si continua ricoprendo la parete interna del pericardio fibroso. Si determina quindi uno spazio, una cavità , seppur molto piccola virtuale completamente chiusa che è delimitata dai due foglietti, viscerale e parietale; interessante notare che la superficie interna di questi due foglietti, grazie alla produzione di una piccolissima quantità di liquido, viene ad essere completamente lubrificata. Questo significa che la struttura cardiaca, costituita sostanzialmente da muscolo e quindi durante gli atti di contrazione si modifica di forma ed è capace di dar vita ai movimenti di contrazione, (che per quanto riguarda il cuore hanno un termine ben preciso le sistole la contrazione, diastole rilasciamento) di questo muscolo liberamente all'interno di questa struttura di protezione; quindi riassumendo il pericardio ancora il cuore nella sua posizione, lo protegge e ne permette la normale attività contrattile all'interno di questo sacco, ovviamente sieroso, che permette lo scivolamento all'interno del sacco fibroso. Isolato nel cuore, possiamo riconoscere sostanzialmente due facce: una faccia anteriore, detta anche sternocostale, per i suoi rapporti stretti che contrae con lo sterno e con la parte mediana delle coste, e una faccia in basso inferiore, o meglio postero inferiore, o anche diaframmatica, perché è la faccia che poggia sul muscolo diaframma. Tridimensionalmente quindi il cuore ha una forma, non più come prima su un’ immagine bidimensionale di tipo triangolare, bensì di cono sempre con un apice e una base molto più ampia; questo cono però è leggermente schiacciato antero posteriormente, per cui possiamo anche riconoscere oltre alle due facce, ecco il motivo per cui descriviamo una faccia anteriore o sternocostale e una faccia posteriore o diaframmatica, riconosciamo due margini, un margine sinistro di forma ottusa e un margine destro invece di forma acuta. Di questo cono, se posizionato all'interno della cavità toracica, può essere in qualche maniera descritta la posizione grazie alla presenza di un asse, che noi maniera ideale tracciamo dall' apice del cuore verso la parte centrale della base definendolo appunto asse anatomico del cuore; questo asse è inclinato dall’alto verso il basso, da destra verso sinistra, e non soltanto, l’apice del cuore è rivolto più anteriormente rispetto alla base quindi da dietro in avanti, così si riesce a comprendere in maniera abbastanza chiara la posizione del cuore all’interno della cavità toracica. Per quanto riguarda la morfologia della superficie esterna, sia la faccia anteriore, sia la posteriore, presentano dei solchi, che in questo caso sono ricoperti da tessuto adiposo; prima di tutto abbiamo un solco ad andamento trasversale che prende il nome di solco coronario, perché circonda il cuore come una sorta di corona, e poi osserviamo altri due solchi, che decorrono perpendicolarmente rispetto al solco coronario e che si portano dal solco coronario, sulla faccia anteriore verso l’apice e sulla faccia posteriore in maniera analoga verso l’apice: sono i solchi cosiddetti interventricolari, in quanto questa porzione inferiore del cuore è occupata da alcune cavità che prendono il nome di ventricoli. In effetti queste strutture, questi solchi, mi permettono superficialmente di osservare alcune caratteristiche morfologiche e quindi determinare anche la nomenclatura di queste regioni del cuore: il solco coronario suddivide la parte superiore, quella della base, che corrisponde internamente alla presenza delle cavità atriali, rispetto alla parte inferiore, che corrisponde alle cavità ventricolari. Il setto che dividerà internamente i due ventricoli corrisponde invece al solco interventricolare anteriore e posteriore. Sulla superficie a livello della base sostanzialmente vediamo la presenza di grossi vasi che corrispondono dalla destra verso la sinistra, da prima all’arrivo della vena cava superiore, poi spostandoci verso sinistra abbiamo l’origine dell’arteria aorta e più a sinistra di tutte abbiamo l’origine dell’arteria polmonare; questo si nota sulla faccia anteriore, sulla faccia posteriore si notano le stesse strutture più altre: partiamo da destra, abbiamo lo sbocco della vena cava superiore, l’aorta e l’arteria polmonare che si divide in due grossi rami che si portano verso destra e verso sinistra a raggiungere i due polmoni che sono localizzati lateralmente al cuore, e in più vediamo anche lo sbocco all’interno della cavità atriale della vena cava inferiore e la presenza delle vene polmonari che trasportano il sangue, oramai ricco di ossigeno, dal polmone verso l’atrio di sinistra. Per quanto riguarda la faccia anteriore e posteriore della regione ventricolare troviamo di caratteristico la presenza solamente di queste strutture vascolari che decorrono all’interno, immerse più o meno in maniera importante, del tessuto adiposo, lungo il solco interventricolare e lungo il solco coronarico; queste strutture sono importantissime e sono i rami arteriosi e venosi (che raccolgono il sangue venoso) che si portano a dirorare il cuore e il loro nome è estremamente semplice perché ha lo stesso nome del solco, quindi arterie coronarie, che sono due, arteria coronaria destra e arteria coronaria sinistra. Le arterie coronarie sono le arterie che irrorano il muscolo cardiaco, originano dall’aorta; la destra si immette nel solco coronario, si porta verso destra, raggiunge il margine destro oppure acuto e da qui continua a seguire il solco coronario fino a raggiungere posteriormente il punto d’incontro del solco interventricolare posteriore prendendo quindi il nome di ramo interventricolare posteriore. Durante questo lungo percorso l’arteria coronaria destra da dei rami per la regione atriale di destra, per la regione ventricolare di destra, da un importante ramo marginale sul margine acuto e continua a dare dei rami anche per la parte lateroposteriore dell’atrio di destra e per il ventricolo; non solo, grazie a questo ramo che piega (nella stragrande maggioranza dei casi) inferiormente lungo il solco interventricolare posteriore, alcuni collaterali si portano profondamente ad irrorare il setto che dividerà i due ventricoli, il setto interventricolare. Per quanto concerne l’arteria coronaria sinistra, anch’essa origina dall’aorta, ma noi la vediamo solo dopo un tratto che appare invisibile se non facciamo la dissezione, invisibile perché decorre al didietro del tronco aortico; ebbene l’arteria coronaria di sinistra è tale fino al punto in cui quest’ultima fuoriesce lateralmente al tronco arterioso polmonare, perché in questo punto si divide in due rami importantissimi: un ramo che decorre lungo il solco interventricolare anteriore, e quindi arteria interventricolare anteriore, anche con talvolta dei rami obliqui per la parete del ventricolo di sinistra, e un ramo circonflesso, arteria circonflessa, che si pone, come abbiamo visto fare alla destra, all’interno del solco coronario, quindi percorre il solco coronario e raggiunge il punto in cui il solco coronario incontra il solco interventricolare posteriore. Nella stragrande maggioranza dei casi questa arteria tende a terminare qui, altre volte invece dà vita a un ramo che discende posteriormente. Queste arterie hanno una particolarità , sono arterie terminali, ovvero non scambiano tra di loro il sangue; questo significa che i collaterali, che andranno ad irrorare delle singole porzioni di muscolo cardiaco, saranno le uniche a portare nutrimento in quella zona di muscolo; ecco il motivo per cui un’alterazione di un’arteria coronaria è sempre estremamente pericolosa e determina una lesione del muscolo cardiaco. Come è noto una delle patologie più importanti che interessa il cuore è l’infarto, altro non è che una mancanza di apporto di sangue, perché tramite delle arterie coronarie ovviamente si occludono e quindi impediscono il supporto metabolico a una parte di tessuto il quale inevitabilmente, non avendo più questo supporto, andrà incontro a necrosi; è evidente che tanto più ampia la zona di lesione, tanto più grave sarà il danno. Concentriamoci ora sulle caratteristiche interne del cuore. Come dicevamo il cuore presenta all’interno delle cavità (atrio, nella parte superiore, e ventricoli nella parte inferiore); si dividono in atrio di destra e di sinistra, ventricolo di destra e sinistra. Utilizzo questa sequenza, perché queste cavità sono tra di loro in rapporto in una maniera molto precisa: l’atrio di destra comunica con il ventricolo di destra attraverso un ostio, ostio atrioventricolare destro, l’atrio di sinistra comunica con il ventricolo di sinistra attraverso un’analoga struttura, un ostio atrioventricolare di sinistra, ma i due atri e i due ventricoli sono separati da setti, che impediscono quindi il passaggio di sangue dalla metà destra alla metà sinistra (quindi c’è possibilità di far comunicare relativi atri e ventricoli, ma non ci può essere scambio tra la metà destra e la metà sinistra, perché completamente separate da strutture settali). Una caratteristica importante che si osserva ad occhio nudo, quindi macroscopicamente, è che sezionato il cuore, presenta delle pareti muscolari di diametro diverso: a livello del ventricolo di destra la parete è sottile, mentre per il ventricolo di sinistra la parete muscolare è decisamente più spessa, di spessore pressocchè analogo al setto interventricolare. Il motivo di questa differenza morfologicamente molto evidente, la possiamo comprendere facilmente se ripensiamo alla grande e piccola circolazione: abbiamo detto che la grande circolazione ha origine dalla metà sinistra del cuore, dal ventricolo sinistro, che dovrà spingere il sangue in tutte le regioni del corpo, quindi avrà necessità di avere una capacità propulsiva, quindi una massa muscolare, adeguata per permettere ciò , mentre la metà destra dovrà spingere il sangue nella piccola circolazione, in quella polmonare, quindi spingere il sangue a distanza molto ravvicinata, a livello dei polmoni che sono messi ai lati del cuore stesso, e quindi necessità di una parete muscolare meno importante. Osserviamo le caratteristiche interne delle cavità che sono estremamente importanti. Gli atri generalmente presentano una parete sostanzialmente liscia, ad eccezione delle due propagini che si portano verso la faccia anteriore che prendono il nome di auricole; le auricole presentano all’interno delle piccole regioni muscolari che tendono a portarsi in maniera rilevata verso l’interno e costituiscono i cosiddetti muscoli pettinati. Diversamente all’interno delle cavità ventricolari ci accorgiamo che la morfologia si modifica in maniera significativa perché la muscolatura internamente da vita a dei rilievi che danno vita alle cosiddette trabecole carnee, che hanno una morfologia diversa che può essere classificata in tre diverse categorie: abbiamo le trabecole carnee di primo tipo, chiamate anche capillari, che sono rappresentate dalle introflessioni all’interno della cavità ventricolare della muscolatura, che presenta quindi una base aderente alla parete e un apice che si porta all’interno della cavità interventricolare, poi abbiamo una trabecola carnea di secondo tipo, una sorte di ponte, quindi con due punti ancorati alla parete stessa, o di terzo tipo, che sono semplicemente dei rilievi. I più interessanti sono rappresentati dai muscoli papillari, ovvero quelle di primo tipo, perché come potete osservare, dall’apice di questi muscoli che sono presenti sia nel ventricolo di destra sia di sinistra, si staccano delle strutture tendinee a forma di corda, da cui il loro nome, corde tendinee, che si portano a raggiungere queste strutture biancastre di cui ancora non ho parlato, le raggiungono nella faccia ventricolare. Queste strutture biancastre sono gli apparati valvolari che modulano il passaggio del sangue dalla cavità atriale alla cavità ventricolare. In questo disegno abbiamo tolto la parte superiore, le cavità atriali, e sto guardando le strutture valvolari dall’alto. Le strutture valvolari hanno una caratteristica diversa tra metà destra e metà sinistra: nella metà destra troviamo la presenza di tre cuspidi triangolari che una volta chiuse, costituiscono questa caratteristica forma triangolare, mentre a sinistra abbiamo una valvola costituita da due sole cuspidi, una valvola bicuspide o mitrale. Queste valvole regolano il passaggio di sangue quindi si possono aprire e chiudere; si aprono quando il sangue viene sospinto dalla cavità atriale verso quella ventricolare, quindi se osserviamo dal davanti, le cuspidi che sono piegate dal davanti in cui riconosciamo la caratteristica morfologia interna; una volta che il sangue ha riempito la cavità ventricolare inizia la contrazione della regione ventricolare stessa. Ovviamente se queste valvole si ripiegassero all’interno della cavità atriale, il sangue tornerebbe indietro, ma questo non succede perché improvvisamente le cuspidi tendono ad accollarsi le une alle altre e non possono ribaltarsi, perché abbiamo la presenza di queste corde tendinee che ovviamente mantengono tirato verso il basso, ovvero non permettono il ribaltamento all’interno della cavità atriale delle singole cuspidi, quindi occludono completamente l’ostio atrioventricolare; questo significa che il sangue potrà passare dalla cavità atriale a quella ventricolare, ma dalla ventricolare non può tornare indietro. Il sangue dalla cavità ventricolare viene sospinto all’interno delle grosse arterie che originano dal ventricolo di destra e di sinistra. Abbiamo la possibilità di porre anche altre strutture valvolari all’origine di queste grosse arterie, che ci appaiono in una morfologia decisamente caratteristica; sono delle valvole cosiddette semilunari, come un nido di rondine sezionato e significa che queste valvole, nel momento in cui il sangue viene sospinto dalla contrazione ventricolare all’interno del vaso, si schiacciano e permettono il deflusso di sangue all’interno del vaso. Viceversa, una volta che è terminata la contrazione ventricolare, quindi la pressione all’interno si ridurrà in maniera significativa perché non c’è più la spinta muscolare, il sangue, che ha raggiunto delle pressioni molto elevate a livello delle grosse arterie, tenderebbe a tornare indietro, ma tornando indietro, si va a infilare all’interno di queste tasche, facendo si che le tre valvole semilunari presenti all’origine delle arterie si rigonfiano, e i loro margini vengono in contatto e quindi blocchino il reflusso all’interno della cavità ventricolare. Quindi di fatto abbiamo un passaggio di sangue unidirezionale, atrio-ventricolo- arteria e così facendo abbiamo chiarito il concetto di pompa cardiaca: il sangue viene spinto dal cuore al livello delle arterie, raggiunge la periferia, ritorna attraverso le vene nell’atrio di destra, dall’atrio di destra ritorna verso il ventricolo, dal ventricolo viene sospinto all’interno della struttura arteriosa polmonare, trasportato al polmone, ossigenato, dal polmone ritorna al lato sinistro ossigenato, ventricolo sinistro, dal ventricolo sinistro viene sospinto all’interno della grande circolazione e quindi il processo si porterà avanti. Queste strutture di tipo valvolare sono ancorate in una zona intermedia dove vengono ancorati gli osti atrioventicolari e di tipo arterioso; questa struttura di tipo connettivale costituisce anche una sorta di scheletro centrale al livello della quale la muscolatura cardiaca può in qualche maniera aderire e quindi permettere una corretta distribuzione delle fibre che grazie alla loro diposizione poi daranno vita a una contrazione adeguata per svolgere la propria funzione. Il cuore è un organo cavo e come tutti gli organi cavi è costituito da tonache sovrapposte, di cui la parte più interna è rappresentata dall’endocardio, uno sottilissimo strato di cellule piatte che favoriscono lo scivolamento dei liquidi all’interno della cavità , (questo endocardio si continua poi con le cellule endoteliali dei vasi), una spessa struttura intermedia di struttura muscolare molto particolare che prende il nome di miocardio e uno strato connettivale esterno che è dato dall’epicardio. Il miocardio presenta delle caratteristiche peculiari, ovvero morfologicamente ricorda la struttura del muscolo striato, che è un muscolo a contrazione volontaria, ma come è ben noto, nel cuore la muscolatura si contrae in maniera autonoma. Si contrae in maniera autonoma perché una parte di questo tessuto si specializza e dà vita al sistema specifico di conduzione; altro non è che un piccolo quantitativo di cellule muscolari, che invece di aver sviluppato, come la stragrande maggioranza una capacità contrattile, hanno sviluppato la capacità di depolarizzazione, che ha inizio a livello di un piccolo agglomerato di cellule, che è posizionato a livello della parete superiore dell’atrio destro, a livello dello sbocco della vena cava superiore. Questo gruppo di cellule prende il nome di nodo senoatriale ed è quello che da vita per la prima volta alla depolarizzazione, che poi verrà trasportata in tutto il cuore attraverso dei fasci di fibre di tessuto muscolare specifico di conduzione, cosiddetti internodali, che decorrono sulla parte dell’atrio, che raggiungono l’atrio controlaterale con il fascio interatriale, e sono in genere in numero di tre e si chiamano così perché raggiungono un altro agglomerato di cellule, che da vita alla struttura nodale, che chiameremo atrio ventricolare per la sua posizione, a livello della base dell’atrio di destra, a limite con il setto interatriale. Da qui il nodo atrioventricolare permette l’origine di un altro fascio di fibre, che da prima si immette all’interno della struttura fibrosa del setto interventricolare, e si chiamerà fascio atrioventricolare di His, mentre nel momento in cui incontra la massa miocardica muscolare che costituisce il appunto il setto interventricolare, si divide in due branche e da vita al cosiddetto fascio a cavaliere: una branca detra che decorre sulla superficie muscolare del setto interventricolare sulla parete destra, e una sinistra sulla parete sinistra, fino a raggiungere la punta del cuore; da qui questi fasci di fibre cominciano ad arborizzarsi, a dividersi in fini strutture che raggiungono tutte le singole cellule del miocardio, dando vita alla rete subendoteliale delle fibre di Purkinje. La depolarizzazione segue un andamento come le frecce, origina dal nodo senoatriale, detto anche pace maker del cuore, quindi trasferisce la depolarizzazione alle cellule delle cavità atriali, permettendone la contrazione, raggiunge il nodo atrioventricolare dove subisce una rallentazione molto breve ma sufficiente a far si che si siano già contratte le fibre che costituiscono la parete atriale e quindi da qui la depolarizzazione velocemente raggiunge la punta del cuore, da dove, attraverso la depolarizzazione con le fibre di Purkinje si vanno a stimolare le cellule miocardiche, a partire dalla punta del cuore verso la parete ventricolare e quindi inizierà la contrazione dalla punta del cuore verso la base, così che viene favorita la spinta all’interno delle due grosse arterie che originano, atrio destro arteria polmonare, atrio sinistro, arteria aorta. Possibilità attraverso uno strumento di valutare la corretta funzionalità del cuore, cioè la normale capacità di contrarsi e di aprirsi delle valvole. Chiaramente il passaggio del sangue all’interno delle varie cavità genera dei rumori che possono essere ascoltati attraverso il fonendoscopio, un apparecchio di amplificazione dei rumori sulla parte anteriore del torace. Ci sono dei punti dove posizione lo strumento per valutare i rumori che sono generati dalla chiusura e apertura delle valvole durante il passaggio del sangue Andiamo a parlare di vasi sanguiferi. Originano e raggiungono il cuore, in strutture che hanno due nomi diversi: arterie, che originano dal cuore e si portano in periferia, vene, che dalla periferia ritornano al cuore, e in mezzo la rete capillare che permette gli scambi nutritizi. Se vogliamo essere un pochino più precisi dobbiamo, da un punto di vista strutturale, ricordare che i vasi, qualunque essi siano, sono delle strutture degli organi cavi, e come tale, organizzati in tonache concentriche sovrapposte, di cui la parte più interna si chiamerà intima, la parte intermedia, media, e la parte esterna può presentare o meno certo quantitativo di tessuto connettivo e prende il nome di avventizia. Ma senza entrare troppo nello specifico, è importante però avere un' indicazione generale sulle caratteristiche strutturali delle arterie e delle vene in base alle loro caratteristiche macroscopiche di dimensioni per le grosse arterie, e microscopiche per quanto riguarda i capillari; ebbene grazie al diametro noi dividiamo sostanzialmente le arterie in tre grosse categorie: arterie di grande calibro, che consideriamo tali quando il loro diametro supera i 6-7 mm, di medio calibro quando il loro calibro raggiunge circa 0,1 mm, e ovviamente di piccolo calibro, al di sotto di questa misura fino a raggiungere la rete capillare in cui abbiamo dei vasi con un diametro di 5-15 micron circa. Da un punto di vista strutturale la grossa differenza esiste tra le arterie di grande calibro rispetto a quelle di medio e di piccolo calibro; il motivo è che l’arteria di grande calibro prende anche il di arteria elastica, perché all'interno della propria struttura troviamo una quantità notevole di tessuto elastico che rende, come dice il termine, quest’arteria elastica, mentre le arterie di medio e piccolo calibro hanno una parete muscolare non più elastica. Questo significa che l’arteria elastica, ovvero la grande arteria, è capace di, attraverso una dilatazione generata dalla pressione molto forte dettata dalla contrazione ventricolare, accogliere il sangue che viene sospinto nella primissima parte attraverso la propria dilatazione; questa dilatazione, dovuta all’elasticità , peraltro di grande importanza perché, nel momento in cui finisce la spinta ventricolare e quindi il sangue all’interno del vaso presenta una pressione molto elevata, tenderebbe a tornare indietro proprio per l’elasticità dell’arteria stessa, ma come abbiamo visto all’origine dell’arteria abbiamo delle valvole che lo impediscono e quindi questo fa sì che il sangue venga spinto, attraverso l’elasticità dell’arteria verso la periferia. Ma quando i vasi diventano più piccoli, non ho più necessità di questo tipo di morfologia, ma ho necessità di controllare, attraverso la muscolatura liscia che troviamo a livello della tonaca media delle arterie medie di medio calibro di piccolo calibro, controllare la quantità di sangue che serve ai rispettivi organi in base alle esigenze del nostro organismo (un esempio su tutti: se dobbiamo correre, molto sangue dovrà andare ai muscoli e non andare ad esempio allo stomaco, motivo per cui dopo aver effettuato un lauto pasto generalmente si riesce a correre con difficoltà perché gran parte del sangue servirà invece ad irrorrare lo stomaco che permetterà la digestione); questo semplice esempio permette di capire l’importanza della parte muscolare. Ovviamente giunti a livello capillare abbiamo sostanzialmente una parete estremamente sottile che favorisce gli scambi; a ritroso anche le vene potranno essere distinte in vene di piccolo, medio, e grande calibro. Da questo punto di vista diciamo che non ci sono delle grosse differenze strutturali; l'unica differenza che noi troveremo è che le vene che si trovano nella parte inferiore del nostro corpo presentano, rispetto a quelle che si trovano nella parte superiore, degli apparati valvolari di forma semilunare, se vogliamo abbastanza simili a quelle che abbiamo visto all’origine delle grosse arterie, (quindi abbiamo delle valvole nei vasi venosi che si trovano nella parte inferiore del corpo cosa invece che non troviamo nella parte superiore del corpo). In estrema sintesi, vediamo quali sono schematicamente le principali arterie del nostro corpo (come abbiamo detto sono i vasi che dal cuore si portano in periferia). Abbiamo l’arteria polmonare, che si porta ai vicini polmoni, in rosso invece abbiamo la più grande arteria del nostro corpo, l’arteria aorta, che decorre all’interno del torace, e da questa arteria originano tutti gli altri vasi che andranno a servire il nostro corpo: i vasi che si portano verso il collo e la testa, i vasi che si portano verso l’arto superiore e una volta che l’aorta termina, si divide in altri due grossi vasi che si dirigono verso l’arto inferiore per vascolarizzare anche quest’ultimo. L’aorta è l’arteria più importante. Da un punto di vista topografico la possiamo suddividere in diverse porzioni: la prima porzione è quella che origina immediatamente dal ventricolo di sinistra e si porta verso l'alto, e proprio per questa sua particolare direzione si chiamerà aorta ascendente, dopodiché subisce una flessione posteriore andando a costituire un arco a concavità inferiore; quest’arco, per ricordarlo meglio, decorre al di sopra di una struttura delle vie aeree che si chiama bronco, esattamente al di sopra del bronco sinistro. Dopo aver effettuato l'arco, si porta verso il basso all'interno, dapprima della cavità toracica, e quindi durante questo percorso si chiamerà aorta discendente, perché scende verso il basso, toracica perché contenuta all'interno della cavità toracica; supererà il muscolo diaframma (che divide la cavità toracica da quella addominale) e da qui si continua sempre discendendo all'interno della cavità addominale, quindi tratto discendente addominale. I principali rami che originano dalle varie zone dell’aorta sono: per quanto riguarda l’aorta ascendente, i vasi più importanti sono sicuramente le arterie coronarie, che originano proprio nel primissimo tratto dell'aorta ascendente e ciò sono arterie che vascolarizzano il cuore. Poi abbiamo il tratto di forma ricurva, l'arco dell'aorta, dal quale originano una serie di collaterali che si portano ad irrorare testa e collo e arto superiore; poi abbiamo l’aorta discendente toracica, la quale presenta una serie di collaterali che possiamo suddividere in due grosse categorie: collaterali che si portano alla parete, quindi vasi parietali, irroreranno quindi la parete del torace e le strutture parietali, e dei vasi cosiddetti viscerali, che servono per irrorare i visceri che si trovano all'interno della cavità toracica, che sono rappresentanti sostanzialmente da arterie bronchiali, andranno ad essere vascolarizzati bronchi, arterie pericardiche, il sacco pericardico, le arterie mediastiniche, strutture connettivali mediastiniche, arterie esofagee, l’esofago. Per quanto riguarda infine il tratto discendente addominale anche qui avremo dei rami parietali e dei rami viscerali, che dobbiamo dividere in maniera molto precisa, ovvero abbiamo dei rami viscerali impari che originano dalla regione anteriore dell’aorta addominale e sono tre, tripode celiaco, il primo in alto al di sotto del diaframma, arteria mesenterica superiore, e qui in basso arteria mesenterica inferiore. Poi abbiamo delle arterie pari, estremamente importanti, le arterie renali e le arterie genitali; queste arterie si porteranno ad irrorare gli organi all’interno della cavità addominale: dal tripode celiaco, abbiamo irrorazione del fegato, dello stomaco, della milza, mesenterica superiore ed inferiore, l’intestino tenue e il colon, le arterie renali, porteranno il sangue al rene, le arterie genitali all’apparato genitale. Infine l’aorta addominale termina con una biforcazione nelle due arterie iliache che vengono ad essere considerate di fatto i rami terminali, anche se in alcuni testi troverete che come reale ramo terminale abbiamo l’arteria sacrale media, una piccola arteria che si porta verso la faccia anteriore del sacro. Vediamo i principali rami arteriosi che si portano verso la testa e il collo; originano dall’arco dell’aorta e sono rappresentati in senso anteroposteriore da un unico tronco che si chiama tronco brachiocefalico, che si dividerà in due, in un’arteria succlavia, che si porta verso destra e in un’arteria carotide comune, ovviamente di destra, a seguire abbiamo la carotide sezionata di sinistra e a seguire ancora, il terzo grosso vaso che è la succlavia di sinistra (quindi a sinistra l’arteria carotide comune e la succlavia si staccano separatamente, a destra invece si staccano dopo un breve tratto comune). Questi vasi, come potete vedere, si portano rispettivamente la succlavia verso l’arco superiore, la carotide comune verso la testa; la carotide comune a livello orientativamente del margine inferiore della mandibola si divide in due grossi rami, in arteria carotide esterna, che vascolarizzerà la superficie esterna del cranio e la carotide interna, invece che vascolarizza l'interno del cranio. Vi faccio notare come in questa immagine si osserva bene anche un'altra arteria che sale verso il cranio, che è importante ricordare perché abbiamo descritto, quando abbiamo parlato della colonna vertebrale, di particolari fori presenti sui processi trasversi e avevamo anticipato che veniva percorso da un’importante arteria, l’arteria vertebrale, che si stacca dall’arteria succlavia, e che vedete decorre all'interno di questi fori per portarsi anch’essa all'interno della scatola cranica e quindi essere un’importante apporto di sangue insieme alla carotide interna per tutte le strutture nervose che si trovano nel neurocranio. Per quanto riguarda l’arto superiore, dalla succlavia si continua verso la parte libera dell’arto superiore. I vari tratti che troveremo sono abbastanza semplici per quanto riguarda la nomenclatura: avremo un tratto di arteria, che attraversa la cavità ascellare e quindi prenderà il nome di arteria ascellare, poi entra in rapporto con lo scheletro del braccio quindi diventerà arteria brachiale o omerale, e infine si dividerà con i rami collaterali che si portano verso l’avambraccio , seguendo lo scheletro dell’avambraccio, ovvero il radio, l’urna, con l’arteria radiale e arteria urnale, per poi dividersi e dar vita a una rete estremamente importante a livello della mano. Per quanto concerne l’arto inferiore analogamente, dalla divisione delle due arterie iliache comuni, a un certo punto abbiamo un grosso ramo che si porta esternamente, da cui il termine arteria iliaca esterna, e che in questo caso si porterà profondamente verso la coscia prima e verso la gamba successivamente, dando vita dapprima all'arteria femorale, e quindi posteriormente al ginocchio all’arteria poblitea, da dove poi si dividerà nei rami terminali, che corrispondo all’arteria tibiale anteriore e all’arteria tibiale posteriore. Per quanto concerne le vene, abbiamo un sistema che possiamo in qualche maniera sovrapporre a quello arterioso. La differenza sostanziale è data dal fatto che abbiamo due sistemi venosi: un sistema venoso superiore, o sopra diaframmatico, che viene ad essere accolto in un’unica grossa struttura vascolare venosa, che è la vena cava superiore, che raccoglie quindi sangue dalla testa, dall'arto superiore, dagli organi della cavità toracica, e un sistema invece inferiore, che raccoglie il sangue all’arto inferiore, dalla cavità addominale, prevalentemente dalla parete, ma vedremo c'è un sistema particolarissimo che raccoglie il sangue dagli organi addominali, che riporterà il sangue infine nel tratto comune, nel quale viene raccolto tutto il sangue inferiore o sotto diaframmatico, che è la vena cava inferiore, che raggiunge il cuore dalla parte inferiore. Come già detto, abbiamo una differenza di posizione: mentre le arterie decorrono tutte profondamente al di sotto o all’interno delle cavità , ovviamente al di sotto delle masse muscolari nelle parti libere dell’arto, proprio in queste due ultime zone, ovvero la parte libera dell’arto superiore e dell'arto inferiore, le vene possono trovarsi o localizzate profondamente, in genere satelliti delle arterie e anche in numero superiore, oppure superficialmente al di sotto del tessuto connettivo. Andiamo a parlare della vena cava superiore. E’ un tronco che origina dalla confluenza di due grosse vene, la vena brachiocefalica di sinistra e la vena brachiocefalica più breve di destra, le quali a loro volta, originano dalla confluenza di una grossa struttura venosa che raccoglie sangue dalla testa, la vena giugulare, e una struttura meno semplice che proviene dall’arto superiore, che è la vena succlavia: unendosi tra di loro danno vita al tronco brachiocefalico e i due tronchi brachiocefalici danno vita alla vena cava superiore. Raccoglie e drena sangue nella regione sovradiaframmatica, praticamente sangue che proviene dalla testa e dall’arto superiore. Nella testa abbiamo un’enorme struttura vascolare, che è la vena giugulare; quella interna, raccoglie l’enorme quantità di sangue che deve raggiungere l’encefalo per permettere le sue complesse attività metaboliche e quella esterna, di minori dimensioni, che decorre lateralmente nel collo e raccoglie sangue venoso della parte esterna della nostra testa. Quest'ultima non si porta direttamente nel tronco brachiocefalico, ma sbocca a livello della succlavia prima che quest'ultima si unisca con la vena giugulare interna per dare origine alla brachiocefalica, in questo caso di sinistra. Dalla vena succlavia si staccano ovviamente le strutture venose profonde che seguono le arterie profonde del nostro corpo e ne hanno anche lo stesso nome. Diversamente, nell’arto superiore, abbiamo delle vene superficiali, che sono estremamente importanti anche da un punto di vista pratico, perché vengono in maniera regolare utilizzate per svolgere delle funzioni di carattere clinico, ovvero la possibilità in maniera semplice di recuperare un certo quantitativo di sangue venoso. Essendo superficiali, queste vene sono facilmente raggiungibili e in genere viene utilizzata proprio la regione anteriore della parte libera dell'arto superiore, la confluenza tra braccio ed avambraccio al livello della piega del gomito (perché a questo livello, come si vede dallo schema, noi abbiamo la confluenza di una grande quantità di vene superficiali che originano dalla regione della mano, per portarsi, sempre al di sotto del connettivo, verso la radice dell’arto). Le due più importanti strutture vascolari venose superficiali sono la vena basilica, che poi raggiunge sostanzialmente la regione del gomito per poi portarsi profondamente, e la vena cefalica, che decorre più lateralmente, si porta superiormente, per poi portarsi a livello della spalla all’interno per confluire al livello della vena succlavia, che si trova profondamente. L'esecuzione, peraltro tipica anche del personale paramedico, di un prelievo di sangue venoso, viene effettuato a livello di questi vasi superficiali che vengono messi in evidenza, in particolare attraverso un’occlusione, attraverso un laccio cosiddetto emostatico, che impedisce il deflusso di sangue venoso e quindi le vene diventano bianche, quindi attraverso un ago si può penetrare all'interno ed effettuare un prelievo di sangue venoso. Per quanto riguarda la vena cava inferiore, è una struttura che raccoglie il sangue di tutta la regione sottodiaframmatica. In pratica la struttura della vena cava inferiore viene ad essere costituita dalla confluenza delle due grosse vene iliache comuni che raccolgono il sangue dall’arto inferiore, la vena iliaca interna dagli organi che sono posizionati nella parte inferiore della cavità addominale, e poi abbiamo superiormente la confluenza delle importantissime vene renali e delle vene genitali, una arriva direttamente alla vena cava inferiore, quella di sinistra invece, giunge a livello della vena renale sinistra. Una cosa importante: il drenaggio di gran parte degli organi splancnici contenuti all’interno della cavità addominale avviene attraverso un altro sistema, cosiddetto della vena porta, che raccoglie il sangue della stragrande maggioranza degli organi splancnici contenuti all’interno della cavità addominale; questa vena attraversa un’importantissima ghiandola, che costituisce una specie di filtro, che è il fegato, e dopo averlo attraversato, si rimmette all’interno della vena cava superiore, quindi ecco che si completa il drenaggio della regione sottodiaframmatica. Anche in questo caso non vi parlerò delle vene profonde, che sono satelliti delle arterie, è importante ricordarsi quelle superficiali dell’arto inferiore. Abbiamo sostanzialmente il sistema delle vene safene, una vena safena piccola, disposta posteriormente, che si porta posteriormente alla gamba, per confluire a livello della vena puplitea, che si trova al didietro della piega del ginocchio; la grande safena invece decorre per poi diventare profonda a livello della regione inguinale, per portarsi quindi a livello della vena femorale. Queste vene safene sono ben note per il semplice fatto che, in alcune condizioni patologiche, noi le possiamo osservare come delle zone fortemente alterate della superficie dell’arto inferiore, sia della gamba che della coscia (foto vene varicose); il motivo è dovuto alla particolare morfologia delle vene superficiali. Le vene superficiali, presentano delle strutture valvolari; nella stazione eretta il sangue deve vincere la gravità per raggiungere il cuore, allora viene sospinto verso l’alto dalla contrazione muscolare, che schiaccia le vene e quindi l’aumentare di volume di questa struttura muscolare riduce il volume interno di queste due vene. Ovviamente la pressione sale, spingendo verso il basso le valvole semilunari si chiudono, quelle superiori si aprono, e quindi il sangue tende a procedere verso l’alto (ecco il motivo per cui rimanere molto fermi nella posizione eretta determina un ristagno di sangue, mentre appena ci si muove vi è uno svuotamento dell’arto inferiore). La patologia (vene varicose) interviene nel momento in cui le vene perdono la caratteristica normale morfologia, in particolare le valvole semilunari, le quali a un certo punto per motivi vari possono perdere le loro caratteristiche morfologiche, quindi loro funzionalità , e quindi si viene a perdere questo stato di contenzione; allora ecco anche durante il movimento il sangue, sì viene parzialmente spinto in alto, ma viene spinto anche verso il basso e questo determina uno sfiancamento della parete che è visibile all’esterno.