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SISTEMA CARDIOCIRCOLATORIO – LEZIONE 1

Il sistema cardiocircolatorio è costituito da tre principali elementi: CUORE, SANGUE e VASI, vediamo che il
sangue circola all’interno di vasi ed è spinto in essi da parte del cuore.

• CUORE: organo con funzione aspirante e premente, aspira sangue all’interno grazie alla presenza di
cavità e riesce a spingerlo esternamente ad esso.
• SANGUE: tessuto liquido caratterizzato da due principali elementi, questi sono il plasma, ossia la
parte liquida del sangue e le cellule, che si trovano immerse nella parte liquida. Il sangue è un
trasportatore di ossigeno e riesce ad allontanare l’anidride carbonica insieme ad altri prodotti di
rifiuto portandola al di fuori delle cellule e diretta verso i polmoni, reni e pelle (organo emuntore).
Si ha un trasporto di sostanze nutritive e anche di ormoni che vengono prodotti dalle ghiandole
endocrine. E’ inoltre un trasportatore di enzimi e proteine ad attività metabolica verso le cellule.
Il sangue elimina sostanze tossiche, mantiene il pH fisiologico (7,3-7,4), la temperatura costante e il
contenuto d’acqua nel corpo.
• VASI: il sangue scorre all’interno di un sistema costituito da vasi chiusi, con una sequenza specifica
che vediamo essere la seguente:
o ARTERIE: il sangue dal cuore fluisce verso le arterie, sono vasi di tipo CENTRIFUGO,
ossia si ha il trasporto del sangue dal cuore verso la periferia.
o ARTERIOLE: vasi arteriosi di calibro inferiore, e penetrano nei tessuti.
o CAPILLARI: vasi di piccolo calibro in cui avviene lo scambio gassoso tra ossigeno e
anidride carbonica. Il sangue ricco di ossigeno a livello del letto capillare cede ai
tessuti l’ossigeno, e dai tessuti raccoglie l’anidride carbonica; da convogliare ai
polmoni che sono specializzati nell’ematosi (scambio O2-CO2).
o VENULE: originano dal letto capillare e portano il sangue verso dei vasi più grandi
(vene)
o VENE: sono vasi di ampio calibro che hanno come direzione quella opposta alle
arterie, escono dalla massa di un organo e portano il sangue contenuto in essi verso
il cuore, quindi sono vasi di tipo CENTRIPETO.

SCAMBIO GASSOSO: è lo scambio fra ossigeno e anidride carbonica a livello dei capillari, dove si ha il
consumo di ossigeno e producono anidride carbonica, la quale lascia il letto capillare mediante venule e
ritorna al sangue mediante una vena contenente CO2, raccolta da quel letto capillare. A livello tissutale i
gas diffondono dalla parete del capillare verso le cellule circostanti con loro a contatto. Le cellule che
trasportano l’ossigeno, ossia i globuli rossi, consentono il passaggio all’interno della parete del capillare e
dell’O2 mentre la CO2 ritorna nei globuli rossi e viene convogliata verso i polmoni (vaso rosso = ricco di
ossigeno, vaso blu= ricco di anidride carbonica).

CIRCOLAZIONE: studio della disposizione dei vasi sanguigni del sistema cardiocircolatorio.

La circolazione ha un verso, e soprattutto ne ho due tipi:

1. Sistema circolatorio sanguigno: costituito da una pompa, il cuore, e dai vasi sanguigni.
2. Sistema circolatorio linfatico: costituita da un liquido, la linfa, che scorre all’interno di un sistema
circolatorio chiuso (vasi linfatici, che costituiscono il sistema immunolinfatico.) in rapporto con degli
organi linfatici; i linfonodi milza-timo che non sono coinvolti nella spinta della linfa (non hanno
quindi la funzione di pompa), hanno la funzione specifica dell’immunocompetenza.
PUNTO 1: sistema circolatorio sanguigno

Il cuore risulta essere in posizione centrale, vi sono due incroci


di questi vasi, uno superiore e uno inferiore.

Il primo distretto o superiore riguarda la cosiddetta


CIRCOLAZIONE POMONARE o PICCOLA CIRCOLAZIONE,
necessaria per l’ossigenazione del sangue: raccoglie dai
polmoni O2 e riporta ai polmoni CO2.

Il secondo distretto o inferiore riguarda invece la


CIRCOLAZIONE SISTEMICA o GRANDE CIRCOLAZIONE, che
interessa tutti gli altri organi esclusi i polmoni.

PERCORSO SISTEMA CIRCOLATORIO

A livello del cuore vi è un incontro fra queste due circolazioni:

Un vaso ricco di ossigeno (rosso), esce dal cuore in maniera


centrifuga perché è un’arteria e porta l’ossigeno in tutti i
distretti del corpo (apparato digerente, escretore…). A livello
del letto capillare il sangue assume un colore violaceo e con un grosso vaso centripeto, ossia la vena, il
sangue viene riportato al cuore, pompa aspirante-premente, considerata aspirante in questo caso. A questo
punto il cuore invia il sangue verso i polmoni mediante un vaso di tipo centrifugo arterioso ma ricco di CO2.
Su questo livello si ha l’ossigenazione: CO2-ARIA-POLMONE-O2, dal polmone origina un vaso ricco di
ossigeno, con direzione centripeta, va a costituire una vena diretta verso il cuore.

ORIGINE EMBRIOLOGICA: deriva dalla splancnopleura del sacco vitellino.


Due tubi endocardici si fondono e si sepimentano, daranno luogo al cuore
definitivo. Durante lo sviluppo si nota una rotazione di circa 90°, quindi il
cuore destro risulterà più craniale ed il cuore sinistro più caudale.

CUORE: Organo muscolare, dotato di tessuto muscolare miocardico, che


presenta caratteristiche intermedie tra muscolo striato scheletrico e liscio.
Funziona come una pompa aspirante e premente che accoglie e invia il
sangue che circola nei vasi. Al suo interno presenta quattro concamerazioni:

• 2 atri (sx e dx): camera superiore


• 2 ventricoli (sx e dx): camera inferiore

In definitiva avrò un organo con due camere a destra e due a sinistra


rispetto al piano mediano, al centro del mediastino fra i due polmoni. Il
volume di sangue contenuto nei due atri deve essere uguale a quello
contenuto nei due ventricoli. La gittata cardiaca è
quindi sempre la stessa tra atri e ventricoli.

TOPOGRAFIA: il cuore è collocato nel mediastino medio in posizione ventrale, il


60% della massa miocardica è più a sinistra del piano mediano, localizzata tra il 2°-
5° spazio intercostale o tra la 2° e la 5° costa. Nei carnivori vediamo che il cuore
risulta essere in posizione più caudale superando il 5° spazio intercostale.

ATRII: ricevono il sangue dal distretto periferico, ricco di CO2 (atrio dx), e dal
distretto polmonare, ricco di O2 (atrio sx). Hanno un diametro che risulta essere
inferiore rispetto alle camere ventricolari.
VENTRICOLI: camera che riceve il sangue dal rispettivo atrio. Il sangue nel ventricolo dx non è ossigenato,
la sua funzione è quella di spingere mediante un’arteria il sangue verso i polmoni, per l’ossigenazione. Il
sangue nel ventricolo sinistro, che deriva dall’atrio sinistro è ossigenato e spinge mediante un’arteria il
sangue ricco di ossigeno verso tutti i distretti periferici per essere utilizzato dai tessuti.

Approfondimento:

RX cane, visione laterale sx della gabbia toracica

Vertebre, coste e sterno sono di tessuto osseo, quindi


un costituente molto denso, che ai raggi X assume una
colorazione bianca, mentre un qualsiasi altro tessuto
più rarefatto viene attraversato, quindi vedrò una
colorazione più scura tendente al nero. Colorazioni e
sfumature intermedie riguardano densità intermedie.

Il cuore sembra adagiato sullo sterno, ma ciò è una


differenza specie specifica. E’ localizzato nel torace ed
è circondato da spazi che appaiono più scuri alla vista:
essi vanno a costituire il parenchima polmonare,
costituito da aria con appena visibile una trama, che
rappresenta i bronchi. Dorsalmente abbiamo la
trachea, che appare come un canale vuoto, ricco di aria. Caudalmente si scorge l’apparato digerente.

RX cane, visione ventrale della gabbia toracica

Da qui vediamo le coste con la loro concavità, il parenchima polmonare, e


caudalmente posso dedurre la presenza del diaframma perché al di sotto
scorgo degli organi pieni (intestino, stomaco, fegato…). in visione ventrale la
massa cardiaca è spostata sulla porzione sinistra.

La circolazione sistemica irrora tutti gli organi, mentre la circolazione polmonare serve per lo scambio
gassoso a livello polmonare. Il cuore è centrale rispetto a queste due circolazioni.

ATRIO SINISTRO: ha ricevuto dai polmoni il sangue ricco di O2, da qui è possibile definire l’inizio della
circolazione sistemica; il sangue ossigenato, seguendo un preciso percorso, andrà verso tutti gli organi del
nostro corpo. Percorso:

Atrio sx →Ventricolo sx → arteria aorta → arterie di grande calibro, medio e piccolo → letto capillare di
organi e tessuti → CESSIONE O2 E RACOLTA DI CO2 → letto capillare → vene di piccolo calibro, medio e
grande.

Il ritorno del sangue (quindi quello che dopo lo scambio a livello dei tessuti è ricco di CO2), può avvenire in
più modalità passando in diversi distretti:
• Da arti pelvici e porzione caudale del corpo, ho un vaso centripeto che porta al cuore il sangue ricco
di CO2 che si chiama vena cava caudale.
• Dalla testa, arti toracici e porzione craniale del tronco ho un altro vaso centripeto che porta il
sangue al cuore da tutti i distretti craniali del corpo e prende il nome di vena cava craniale.

Le due vene tra loro sono disposte ad angolo piatto

• Dal letto capillare dell’intestino e organi impari della cavità addominale (esclusi i reni che sono
organi pari), origina la vena porta, diretta al fegato e una volta passata dal fegato il sangue
confluisce nella vena cava caudale. Il sangue prima di essere ossigenato dai polmoni deve passare
in questo organo per essere arricchito dalla funzionalità epatica, solo una volta arricchito può
passare nella vena cava caudale e passare nei polmoni per essere ossigenato.

Mediante le vene cave il sangue raggiunge:

ATRIO DESTRO: le due vene cave si gettano nell’atrio destro mediante il distretto craniale e caudale e da
qui origina la circolazione polmonare con il seguente percorso:

Atrio dx → Ventricolo destro → tronco polmonare → 2 arterie polmonari → letto capillare polmonare →
CESSIONE DI CO2 E RACCOLTA DI O2 → letto capillare polmonare →2 vene polmonari →Atrio sx → inizio
circolazione sistemica.

percorso compiuto dal sangue


ossigenato nel corpo di un animale: è
possibile notare come il cuore degli
equidi risulti meno adagiato rispetto a
quello del carnivoro.

AORTA DISCENDENTE (umana) =


AORTA TORACICA (veterinaria)

percorso compiuto dal sangue non ossigenato


nel corpo di un animale: Circolazione ricca di
CO2, ad angolo piatto fra loro si trovano la
vena cava craniale e caudale. Da tutti i
distretti del corpo il sangue non ossigenato
raggiunge il cuore.
MORFOLOGIA DEL CUORE: ha la forma di un conoide compresso
lateralmente, più globoso nei carnivori e conoide nel cavallo, il colore è un
rosso scuro, vivo, più intenso della colorazione della muscolatura striata. La
direzione è costituita da un’asse maggiore diretto obliquamente, da destra
verso sinistra e ventro-caudalmente. L’angolo che forma con l’asse dello
sterno vale 60° per gli ungulati e 45° per i carnivori, più verticale nei cani
brachimorfi. Peso e volume:
il cuore è relativamente più
grande nelle specie e negli
individui di piccola taglia e
risulta ipertrofico in quei
soggetti sottoposti ad intensi
e prolungati allenamenti. La
pompa cardiaca deve essere
in grado di portare sangue a
tutti i distretti del corpo.

Le dimensioni…

• Cavallo: Kg 3,5 (0,7% del peso corporeo, 1% nei purosangue), animale respiratorio, ossia sempre in
movimento;
• Bovino: Kg 2,5 (0,5%), animale digestivo, con attività più stanziale rispetto al cavallo;
• Piccoli Ruminanti: gr 250 (0,5%)
• Gatto: gr 15 (0,5%)
• Cane: gr 40 – 400 (0,7%, 2 - 3 volte > in soggetti sportivi), grande variazione a seconda della razza
considerata

Per esempio:

In proporzione il cuore di un topo è più grande di


quello di un gatto, e quello del gatto è più grande di
quello del cane.

I rapporti…

Cranialmente: vasi, timo nei giovani, degenera in un


tessuto adiposo negli animali adulti.

Caudalmente: diaframma

Dorsalmente: trovo i grossi vasi, la trachea che si


suddivide nei due bronchi principali, poi trovo il primo
organo dell’apparato digerente, ossia l’esofago (va dalla
faringe verso lo stomaco), e i linfonodi.

Ventralmente: apice libero, quindi a questo livello c’è


libertà di movimento. La semiotica (disciplina di studio)
consente di percepire la meccanica cardiaca mediante
questo apice libero. Si ha l’itto del cuore, ossia lo
sbattere dell’apice sulla parete.

Lateralmente: a destra e sinistra si trovano i polmoni


Dalla sezione dorso ventrale: noto che il cuore non è libero, ma vi sono
anche delle strutture legamentose che ne limitano il movimento le quali
sono:

• Continuità con i grossi vasi per costituire un mezzo di fissità del


cuore all’interno del torace;
• Legamento sterno-pericardico, che va dallo sterno verso il cuore,
prevalentemente negli ungulati, cavallo e suino. Il cuore aderisce
con del connettivo dalla 5° -4° sternebra al processo xifoideo;
• Legamento frenico-pericardico va dal diaframma verso il cuore,
prevalentemente sviluppato nei carnivori.

Il cuore all’interno del torace non tocca i polmoni, ma è circondato e


contenuto insieme a parte dei grossi vasi, da un “sacco” che è il
pericardio. Esso si distingue in:

• PERICARDIO FIBROSO: esterno, costituito da tessuto connettivo


denso e fibro-elastico, è di colorazione biancastra-madreperlacea, quindi
ha un aspetto lucido e connette il cuore agli organi circostanti.
• PERICARDIO SIEROSO: interno, costituito da un mesotelio, ossia una
struttura di rivestimento che si localizza tra i vasi e una struttura
esterna. E’ formato da un foglietto parietale, rivolto verso il pericardio
fibroso, l’altro è il foglietto viscerale, che non si può separare
dall’organo. Esso prende anche il nome di epicardio.

A livello dei grandi vasi, i due pericardi si connettono e vanno a costituire


una cavità, definita come cavità pericardica (cavità virtuale), che
contiene pochi cc. di liquido pericardico. Il liquido serve a far scorrere i
due lati di questo sacco e riduce al massimo l’attrito generato dal cuore.
Poco liquido impedisce la meccanica cardiaca generando la pericardite,
più liquido pericardico impedisce al cuore di contarsi correttamente, e
viene definito come tamponamento cardiaco.

CONFORMAZIONE ESTERNA:

è costituita da una base e un’apice,


una faccia sinistra e una faccia
destra e ho due margini, craniale,
molto convesso che guarda la parte
craniale dell’animale e caudale, più
rettilineo.

La base ha una superficie irregolare


convessa, occupata dalla volta dei due atri, dorsali, e dai grossi vasi che entrano ed
escono dal cuore. L’apice del cuore è costituito dal ventricolo sinistro.

il miocardio ventricolare sinistro è più spesso del destro, questo perché il sangue
contenuto a sinistra deve andare verso tutti i distretti del corpo, quindi ha bisogno di
una maggiore spinta, contrariamente al destro che deve arrivare a livello dei polmoni
LEZIONE 2 (26 Febbraio)

Valutando il cuore dal punto di vista macroscopico, si può vedere la conformazione esterna fatta
da questi elementi: una base, un apice, una faccia sinistra, una faccia destra e due margini (uno
anteriore o craniale, uno posteriore o caudale).

FACCE SX E DX DEL CUORE


Guardando queste due immagini quella in alto è la faccia sinistra (come se
stessimo guardando il torace dell’animale a sinistra). Quella in basso è la
faccia destra.

SINISTRA → La faccia sx si chiama anche “auricolare’’ perchè mi permette di


vedere le due auricole, che sono il fondo cieco delle aperture atriali. Essa
presenta due solchi:
• Solco atrio-ventricolare sx (o coronario sx): è quel limite/inflessione del
miocardio che divide l’atrio dal ventricolo sx, divide una parte dorsale
che è atriale da una ventrale che è ventricolare. Questo solco si
interrompe all’emergenza del tronco polmonare (l’inizio delle vene
polmonari) separando i due ciechi atriali che si chiamano auricola
destra e auricola sinistra (di cui nella faccia sx vediamo bene l’auricola
sx e meno bene la dx). Il bordo dell’auricola non è liscio ma è dentellato
nel bovino, nel cavallo è liscio.
• Solco interventricolare sx (o longitudinale sx): percorre verticalmente la faccia, dividendola in
una parte craniale (ventricolo dx) e una caudale (ventricolo sx).
I solchi non sono vuoti, ma sono occupati dai vasi sanguigni del cuore che sono contenuti nel
tessuto adiposo sotto-epicardico (che nel cavallo è giallastro, fluido e morbido, mentre nel bovino
è bianco e duro).

DESTRA → La faccia dx è detta “atriale”, presenta:


• la continuazione del solco coronario dx (che è occupato da vasi sanguigni di pertinenza
cardiaca)
• Solco interventricolare dx (o longitudinale dx)
• Margine craniale: convesso, detto anche ventricolare dx,
appartiene al circolo del cuore dx –
• Margine caudale: leggermente concavo (nel cavallo è quasi
rettilineo), detto anche ventricolare sx, è percorso da un solco
longitudinale (solco intermedio o caudale, più evidente nei
ruminanti)
ATRIO DESTRO
E’ una formazione a “caverna”, globosa, che è divisa in una volta, un
pavimento (dalla parte che guarda il ventricolo), un setto e una
superficie interna.
La VOLTA presenta il seno venoso, che è l’arrivo in atrio dx di due vene (cava craniale e cava
caudale, rispettivamente il circolo refluo dalla parte anteriore del corpo e il circolo refluo dalla
parte posteriore del corpo) che sboccano insieme separate da un piccolo tubercolo intervenoso. E’
presente anche il seno coronario si trova a ventralmente all’arrivo della componente caudale della
cava, è lo sbocco nel cuore delle vene cardiache (vasi centripeti ricchi di CO2, derivanti dalla
meccanica cardiaca).
Il PAVIMENTO prevede il setto atrio-ventricolare, che non è chiuso ma è aperto, vista
la comunicazione che ci deve essere tra atrio e ventricolo.
Il SETTO INTERATRIALE divide il setto dx da quello sx. All’inizio dello sviluppo embrionale si ha
sempre comunicazione tra i due atri, poiché la fonte di ossigenazione è la placenta; quando però il
feto nasce si ha la chiusura.
La SUPERFICIE INTERNA di questa camera è rivestita da una lamina di connettivo liscia e lucente che
permette lo scorrimento del sangue all’interno senza attriti all’interno della camera stessa, che
chiamerò ENDOCARDIO, che presenta dei fondi ciechi (le auricole) anfrattuosi poiché ci sono dei
muscoli detti “pettinati” (la muscolatura miocardica si organizza in masse longitudinali
anastomizzate fra loro, che lasciano dei piccoli spazi vuoti tra di loro). Queste caratteristiche sono
ritrovabili nell’atrio sx.

ATRIO SINISTRO
C’è un parallelismo di conformazione con l’atrio dx,
vi ritroviamo:
• VOLTA in cui ho l’arrivo di altre vene, le vene
polmonari, e per questo si dice seno delle vene
polmonari
• PAVIMENTO che si chiama setto
atrioventricolare
• la faccia opposta del SETTO INTERATRIALE, in cui
c’è la fossa ovale (comunicazione in cuore fetale)
• SUPERFICIE INTERNA come atrio dx
Cambia perciò solo la volta fra i due atri.

VENTRICOLO DESTRO
Forma conica, in sezione è semilunare. Parete
molto più sottile del ventricolo sx. Il fondo non
raggiunge mai l’apice del cuore.
La BASE prevede un’apertura, l’ostio
atrioventricolare (più spostato a dx) e l’ostio
polmonare (più a sx) separati da cresta
sopra-ventricolare.
L’OSTIO ATRIOVENTRICOLARE è quindi un’apertura circolare/ovalare con un bordo fibroso
(irrigidimento della componente connettivale), non è aperto ma è occupato da 3 lembi triangolari (o
cuspidi, per questo detta “valvola tricuspide”), i quali hanno una base che è inserita sul bordo
(sull’anello fibroso), un apice che va invece nella parte centrale, una faccia atriale che guarda il
pavimento dell’atrio (che costituirà il pavimento dell’atrio) e una faccia ventricolare che costituirà la
volta del ventricolo. Questi lembi sono mobili, non sono fissi, infatti la faccia atriale verso la
componente dell’anello è ancorata, quindi relativamente meno mobile della faccia che guarda il
centro di queste tre cuspidi, che invece è quella che si muove. Si muovono nella loro parte apicale e
nella direzione della circolazione del sangue, quindi da una posizione orizzontale si muovono in una
posizione verticale, verso il basso; questo perché il flusso è solo anterogrado, infatti dall’endocardio
si staccano dei fili (le corde tendinee) che si portano ad ancorare i lembi sui muscoli papillari nella
parete ventricolare. Quindi quando si ha diastole gli atri si riempiono e i lembi sono orizzontali,
durante la sistole sono verticali e i ventricoli si svuotano. Nelle insufficienze valvolari durante la
contrazione si ha che una certa quantità di sangue torna in atrio, quindi si ha sovraccarico pressorio.
L’OSTIO POLMONARE è costituito da 3 lembi semilunari a “nido di rondine” cioè cave, con un lato
esterno semilunare concavo e uno interno convesso. Presenta anche un nodulo fibroso, un
ispessimento di questo lembo che sulla periferia è già fibroso e va a migliorarne la chiusura. Dopo di
esso si ha il tronco polmonare.
La SUPERFICIE INTERNA presenta rilievi muscolari irregolari soprattutto nella parte più ventrale
del ventricolo (le trabecole carnose).

VENTRICOLO SINISTRO
La forma è sempre la stessa, con parete più spessa della dx.
• VERTICE: apice del cuore
• PARETE SETTALE: setto interventricolare
• PARETE MARGINALE: più convessa nella parte dorsale, nel cavallo tende ad essere
rastremata nella parte terminale
• BASE, simile a quella dx. Presenta ostio atrioventricolare sx (più caudale nella base) e ostio
aortico (più craniale). L’ostio atrioventricolare sx è detto valvola bicuspide poichè ci sono
solo 2 cuspidi, a forma di semicerchio, permette che la circolazione sia solo atrio sx-
ventricolo sx e mai il contrario.
L’ostio aortico è una valvola semilunare, i suoi lembi sono più spessi che di quelli della valvola
polmonare poiché deve resistere a più pressione. L’aorta si inserisce dilatandosi un po’, si
chiama bulbo dell’aorta.
La SUPERFICIE INTERNA presenta trabecole carnose più numerose e anfrattuose rispetto a quelle
del dx.
Il SETTO INTERVENTRICOLARE che coinvolge un lato del ventricolo dx e un lato del ventricolo sx,
presenta anch'esso come nell’atrio una piccola area connettivale, quindi non è miocardio, vuol
dire che si deve essere formata dopo, vicino all’ostio aortico. Questo è un residuo embriologico di
un setto interventricolare aperto che era presente nella vita fetale e che serviva a bypassare il
circolo polmonare del feto, non c’era necessità di spingere il sangue tramite il ventricolo dx ai
polmoni poiché i polmoni del feto non funzionano. [ANGIOCARDIOGRAFIA tramite un’iniezione ho
inserito un tracciante che percorre i vasi e si mescola al sangue che mi permette di fare lo stampo
dell’attività cardiaca.]
STRUTTURA DEL CUORE:

EPICARDIO
Foglietto viscerale del pericardio sieroso che riveste la superficie esterna del cuore, si discosta
dal pericardio soltanto nei solchi, dove vi è accumulo di grasso.
Dal punto di vista istologico l’epitelio è detto mesotelio ossia sottili lamine connettivali e di
fibre elastiche (per adattarsi alla meccanica cardiaca).

ENDOCARDIO
Dentro le camere cardiache.
L’endotelio (A) è la parte bagnata dal sangue delle camere
cardiache, in continuità con l’intima (=tonaca interna dei vasi)
di vene e arterie.
Sotto l’endotelio c’è lo strato sottoendoteliale (B), costituito
da connettivo fibroso ed elastico.
Sotto ad esso troviamo il sottoendocardico, di natura
connettivale (permette all’interno di esso il passaggio di
piccoli vasi sanguigni), ci sono piccole cellule muscolari lisce,
poche cellule adipose ed elementi dell’apparato di
conduzione (C).
A livello degli osti: ricopre le due facce delle valvole, tra i due
foglietti si trova la lamina fibrosa in continuazione con gli
anelli degli osti.
E→ MIOCARDIO COMUNE: la massa muscolare è caratterizzata da fasci di fibre muscolari
responsabili della contrazione, stimolata dal sistema di conduzione (miocardio specifico). Il
tessuto muscolare è sia atriale, a formare le camere atriali, sia ventricolare.
Miocardio atriale: ha uno spessore più limitato rispetto al ventricolare, ha una sua muscolatura
propria profonda (ossia quella dell’atrio dx e sx sono indipendenti) ma sono circondate da uno strato
superficiale di muscolatura comune con quella ventricolare. Decorso delle fibre: è arcuato, cioè
tende a circoscrivere nelle varie direzioni dello spazio la massa cardiaca (in corrispondenza dei vasi),
è circolare invece in continuazione con la muscolatura propria per quanto riguarda ogni singola
camera. Così mentre il cuore si contrae sembra che giri su se stesso.
Miocardio ventricolare: è molto più spesso (sono camere efferenti, devono spingere sangue fuori
dalla camera cardiaca, devono avere un’impostazione contrattile molto specializzata), ha
anch’esso una muscolatura propria e una comune organizzata in 3 strati ben evidenziati:
• longitudinale esterno: comune ai due ventricoli, ha fasci verso l’apice del cuore che
ritornano verso l’alto a spirale
• circolare: intermedio, ha muscolatura propria di ciascun ventricolo (circolare dx e circolare sx),
è il principale sistema di propulsione del sangue (spremendosi spinge il sangue dall’alto verso il
basso)
• longitudinale interno: fasci simili a quelli dello strato longitudinale esterno, che determinano la
muscolatura comune
D→ MIOCARDIO SPECIFICO: Sono fibre muscolari modificate autoeccitabili (sono in grado di contrarsi
spontaneamente senza controllo del cervello, sono in grado di propagare), generano stimoli per la
contrazione delle fibre del miocardio comune, si trovano in:
• nodo del seno: (nodo=formazione di ridotte dimensioni, rotondeggiante), quello posto più in
alto, si trova nella volta dell’atrio dx vicino allo sbocco della v. cava craniale, è il pacemaker del
cuore (stimola per la sistole atriale), composto da da sottili cordoni irregolari di miociti che sono
in grado di collegarsi con l’altro nodo
• nodo atrio-ventricolare: posto in maniera intermedia agli altri due, si trova alla base del
setto interatriale, si prolunga ventralmente per continuarsi con il fascio
• fascio atrio-ventricolare: (fascio=struttura ad andamento longitudinale) posto più in basso
rispetto ai nodi, dopo un tratto comune si divide in due branche (dx e sx) che percorrono il setto
interventricolare ramificandosi nella parete dei ventricoli
Le cellule iniziali sono globose (cellule del Purkinje) formano poi lunghi nastri anastomizzati
diramati, esse sono eccitabili (non auto-).

SCHELETRO DEL CUORE

E’ l’insieme di anelli fibrosi attorno agli ostii (attacco dei lembi valvolari),
connessi da lamine fibrose (trigoni) che occupano spazi triangolari (trigono
dx tra ostio aortico e i 2 ostii atrioventricolari, trigono sx tra ostio aortico e
ostio atrioventricolare sx).
Con l’invecchiamento i trigoni possono diventare cartilaginei (negli equidi) o
ossei (bovino: grande osso cardiaco e piccolo osso cardiaco, piccoli
ruminanti: grande osso cardiaco).

ARTERIE DEL CUORE


AA coronarie sx e dx: dal bulbo aortico, decorrono nel tessuto adiposo sottoepicardico dei
solchi coronarici corrispondenti.
A. CORONARIA SX→ breve, tra A polmonare e auricola sx fino al solco atrioventricolare sx. Da essa
si staccano due rami terminali:
• interventricolare sx→ nel solco omonimo
• A. circonflessa sx→ nel solco atrioventricolare sx fino al margine posteriore del cuore
dove si anastomizza con l’A circonflessa dx (negli equidi e maiale). Mentre nei
ruminanti e carnivori: si continua nel solco atrioventricolare dx fino a raggiungere il
solco interventricolare dx e si spinge in basso (non è anastomotica).
A. CORONARIA DX→ si dirige tra atrio dx e A polmonare nel solco atrioventricolare dx. Anch’essa
ha due rami terminali:
• A interventricolare dx: nel solco omonimo
• A circonflessa dx: si anastomizza con la sx (equidi e maiale), ruminanti e carnivori:
breve, si esaurisce al solco interventricolare dx e si anastomizza con l’A circonflessa sx.
L’anastomosi permette di compensare in caso di trombosi/embolia.
Nella maggior parte delle specie però questi vasi arteriosi dopo aver lasciato questi quattro rami non
sono più anastomotici ma diventano terminali, dopo di esso non c'è più possibilità di allacciarsi ad un
altro vaso (se si ha un’occlusione del ramo, si avrà anossia/necrosi a valle di quel distretto→ infarto).
Nei ruminanti e nel cane ci sono anastomosi tra vasi di piccolo calibro (prima di diventare terminali).

VENE DEL CUORE


• GRANDE VENA CARDIACA: dall’apice del cuore decorre nei solchi interventricolare
e coronario sx fino al seno coronario
• VENA CARDIACA MEDIA: dall’apice del cuore risale il solco interventricolare dx fino al
seno coronario
• VENE CARDIACHE DX (o piccole vene): si aprono nell’atrio dx
• VENE CARDIACHE MINIME: si aprono in tutte le cavità cardiache

VASI LINFATICI
La linfa è un liquido molto importante sia per il sistema immunitario perché contiene globuli
bianchi, sia perché è lo scarico dell'acqua dai vari tessuti degli organi.
Abbiamo una rete profonda (nel subendocardio e miocardio) e una superficiale
(subepicardio). Scaricano la linfa nei linfonodi tracheobronchiali e mediastinici craniali.

NERVI DEL CUORE


Il cuore è un viscere non completamente autonomo perché può essere condizionato nella
vita soprattutto per il suo ritmo di contrazione.
Sistema nervoso ortosimpatico (durante la veglia): dal gangio cervico-toracico e primi gangli
toracici originano i nn. cardiaci cervicali e toracici (comporta tachicardia e vasodilatazione
coronarica). Sistema nervoso parasimpatico (durante il riposo): dal n.vago originano i rami cardiaci
(comporta bradicardia). Se c’è un’anomalia nel vago si può arrivare ad una bradicardia tale da
fermare il cuore. I nervi cardiaci e rami cardiaci: plessi cardiaci sx e dx, alla base del cuore.
Le fibre del sistema simpatico e parasimpatico sono fibre efferenti. Fibre afferenti inviano al
sistema nervoso stimoli sensoriali raccolti dall’organo.
I due sistemi sono antagonisti, non funzionano mai assieme.
LEZIONE 3

VASI SANGUIGNI: elementi che conducono il sangue nel sistema chiuso analizzato. I vasi sanguigni
comprendono: arterie, capillari, vene.

Funzione:

● arterie e vene -> trasporto del sangue


● capillari -> scambio metabolico a livello dei tessuti

ARTERIE: hanno un colore bianco roseo, e hanno una consistenza elastica, quindi dopo la compressione
tornano del tono di partenza. È un vaso centrifugo, porta il sangue dal cuore alla periferia. Si dividono in
due tipi di vasi:

● rami collaterali: si staccano da una arteria, senza che l’arteria perda la sua individualità. Questo
ramo ha un calibro inferiore rispetto all’arteria da cui si stacca
● rami terminali: riguarda le ultime diramazione dell’arteria. Generalmente i rami terminali hanno tra
di loro un calibro equivalente, al di là del ramo terminale non vi è possibilità di irrorare il distretto
periferico mediante un altro vaso.

All’interno di un organo questi vasi hanno un destino diverso:

● possono diventare effettivamente terminale, quindi si riducono progressivamente di calibro


quando entrano nell’organo e hanno di competenza propria un territorio di distribuzione che
non sarà raggiunto da altri vasi (organi: cuore, encefalo, rene, retina, intestino);
● circolo anastomotico: circolo che stabilisce collegamenti tra vasi che originano da arterie
laterali di varia denominazione e instaurano dei circuiti alternativi,
le anastomosi possono essere:
1. interarteriose:
● trasversale: vasi ad andamento parallelo congiunti da
canali anastomotici ortogonali tra di loro;
● per convergenza: due arterie si continuano in un tronco
comune;
● per inosculazione: due arterie di calibro uguale si uniscono
a formare un’arcata, da cui nascono tanti piccoli vasi e
vanno a irrorare il distretto di competenza: piede, mano e
intestino (alla base del circolo intestinale è per
inosculazione, ciascuno dei vasi che si staccano dall’arcata
arteriosa diventa ramo terminale)
● rete mirabile: l’arteria si sfiocca in più vasi che formano una rete da cui emerge un’altra arteria
(si trova nel glomerulo renale)

2. artero-venose: tra arterie e vene di piccolo calibro, per regolare


l’attività circolatoria dell’organo in cui sono organizzate. Per
contrazione di cellule mioepiteliali l’arteria può deviare il flusso verso
i capillari (organo attivo) o verso la vena (organo a riposo)

Struttura delle arterie: dall’interno verso l’esterno:

● tonaca intima: composta da endotelio che si appoggia su uno strato sottoendoteliale che a sua
volta poggia su una membrana connettivale elastica interna (quindi il vaso può subire
variazione di calibro);
● tonaca media: è la più spessa, composta da cellule muscolari lisce e da una componente
connettivale collagene, che danno sostegno, composta da fibre elastiche che si addensano
verso l’esterno (quindi ho componente elastica). Sulla base della presenza reciproca fra cellule
muscolari lisce e la componente elastica, si possono classificare le arterie in tre tipi:
• elastica: la componente elastica prevale, sono di grosso calibro e si trova vicino al
cuore, nasce o dal ventricolo sx o dal ventricolo dx (aorta e tronco polmonare). Sono di
colore giallastro.
• muscolare: prevale la componente muscolare, sono di medio e piccolo calibro e si
trovano verso la periferia. La componente muscolare è fondamentale perché man
mano che ci si allontana dal cuore si perde la spinta sistolica del ventricolo quindi grazie
alla muscolatura, che spinge attivamente il sangue verso la periferia, si mantiene la
medesima pressione fino all’organo bersaglio.
• misto: presenti entrambi le componenti in uguale quantità e sono intermedie tra le
altre.
● tonaca avventizia: composta da fibre collagene e scarse fibre elastiche. Sottile nelle grosse
arterie, più spessa nelle arterie di medio calibro. Dentro alla tonaca avventizia vi decorrono i
vasa vasorum, le fibre nervose e i vasi linfatici.

Il primo vetrino mostra un vaso elastico, il colorante viola è un elettivo per le fibre elastiche, non si vede
l’endotelio (perché sovrapposto dalle fibre elastiche) ed esternamente vedo grigio perché questo colorante
non si fissa sulle fibre collagene.

Nella seconda immagine invece si vede un vaso muscolare con


colorazione tricromica, dove con l’asterisco azzurro viene mostrato
la tonaca intima, la struttura in rosso trovo la componente
muscolare e all’interno c’è la tonaca avventizia.

All’interno dei decorsi di questi vasi si possono trovare i dispositivi


di blocco che regolano il decorso del sangue all’interno del vaso,
vengono detti manicotti vascolari e cuscinetti intimali, sono
modificazioni della tonaca intima, dove, in questi punti, si carica di
piccole cellule muscolari lisce ad andamento circolare, attivando
queste strutture si può ridurre il flusso sanguigno in relazione alla
necessità metabolica del flusso stesso.

La circolazione arteriosa: è caratterizzata da due componenti:

● circolo polmonare: dipende dalle arterie polmonare e si chiama piccola circolazione


● circolo sistemico: dipende dall’arteria aorta e viene detta grande circolazione.

L’arteria polmonare si stacca dal ventricolo destro, hanno un calibro di 5 cm nei grandi animali, viene detto
tronco polmonare. Si stacca dorsalmente dal ventricolo destro, poi prosegue caudo medialmente, da cui si
divarica in una componente destra e una sinistra (chiamate arteria polmonare dx e sx) ciascuno dei quali
entra nel polmone di riferimento, attraverso un’area detta ilo. Le arterie polmonari portano sangue ricco di
CO2, che deve essere ossigenato. Tra il tronco polmonare e l’aorta troviamo il legamento arterioso, che
livello embriologico era il dotto di Botallo, e permetteva il contatto diretto tra i vasi ombelicali e il vaso che
porta il sangue a tutte le componenti del feto.
L’arteria aorta è più lunga, parte con uno spessore di 6 mm e il calibro è circa 6 cm nei grossi animali. Si
stacca dal ventricolo sx con una dilatazione (bulbo) e va dorsalmente (detta quindi aorta ascendente),
avvolta dal pericardio, poi si sposta caudalmente, formando un arco, posto fra T6 e T7 nel cavallo e T5 eT6
negli altri animali, a sinistra del rachide (chiamata arteria toracica), poi attraversa il diaframma e diventa
aorta addominale e termina a livello dell’ultima vertebra lombare. Nel decorso
del suo percorso l’aorta lascia molti rami collaterali che vanno a vascolarizzare
diversi distretti.

Dal bulbo aortico, raccoglie il primo sangue, ricco di O2, dal bulbo si staccano le
arterie coronarie, sinistre e destre. Proseguendo dal bulbo si trova l’arco aortico
dove in direzione craniale si trova il tronco brachiocefalico (porta il sangue nella
componente dell’arto toracico, la testa, il collo, e parte ventrale del torace). La
componente del tronco brachiocefalico si divide in:

● arteria succlavia sx (nei carnivori e nei suini la succlavia di sx nasce dall’arco aortico e non dal
tronco brachiocefalico) e arteria succlavia di dx. la succlavia sx e dx originano in
senso pari:
• Arteria cervicale superficiale e profonda: vascolarizza i muscoli del collo;
• Arteria vertebrale: vascolarizza i muscoli del collo e il midollo spinale;
• Arteria toracica interna: vascolarizza diaframma e spazi intercostali;
• Arteria ascellare: vascolarizza l’arto toracica e continua direttamente
l’arteria succlavia;
● Tronco bicarotico: si trova al limite tra collo e torace, si divide in:
• Arteria carotide comune sx e dx: ai lati della trachea, corre nello spazio viscerale del collo e
finisce nella branca della mandibola e si divide in:
• Arteria occipitale: vascolarizza i muscoli della nuca e va in anastomosi con l’arteria
vertebrale e con il SNC
• Arteria carotide interna: vascolarizza l’encefalo
• Arteria carotide esterna: vascolarizza organi,
muscoli e ossa del cranio che non sia encefalo

in questa immagine si possono osservare le differenze esistenti tra le varie


specie

• Dall’aorta toracica si distaccano:

• Arterie intercostali dorsali:


vascolarizza la parete toracica e il
midollo spinale
• Arteria broncoesofagea: irrora
l’albero branchiale (quindi i polmoni
per vivere viene ossigenato dal circolo
dell’aorta) e la parte dell’esofago
• Arteria frenica craniale: è molto
importante nel cavallo e va a
vascolarizzare il diaframma

Una volta perforato il diaframma si arriva all’addome e si ha l’aorta addominale, vaso che corre sotto i
corpi vertebrali. Questa arteria presenta vari rami:
• Rami dorsali pari: nascono dorsalmente al vaso
• Arterie lombari: vascolarizzano la parete dell’addome
e il midollo spinale (26)
• Rami laterali pari:
• Arteria frenico caudale: vascolarizza il diaframma
(tranne nel cavallo, che è vascolarizzato SOLO
dall’arteria frenica caudale)
• Arteria renale: vascolarizza i reni (51)
• Arteria surrenale: vascolarizza il surrene
(cranialmente al surrene rispettivo) (41)
• Arteria testicolare o ovarica (in base al sesso): vascolarizza testicoli o ovaie. (53)
Dell'arteria ovarica nasce l’arteria uterina craniale che vascolarizza l’utero
• Rami ventrali impari:
• Arteria celiaca: vascolarizza gli organi addominali (37), da questa A. celiaca si divide in:
• Arteria gastrica sx: vascolarizza lo stomaco (39)
• Arteria splenica o della milza: vascolarizza la milza (38)
• Arteria epatica: vascolarizza il fegato (40) la quale si dirama in:
• Arteria gastrica dx: vascolarizza lo stomaco
• Arteria gastroduodenale: vascolarizza pancreas (ghiandola esocrina),
stomaco, duodeno
• Arteria mesenterica craniale: vascolarizza gli organi addominali quali: pancreas, duodeno,
digiuno, ileo e prima parte del colon (42)
• Arteria mesenterica caudale: vascolarizza gli organi addominali, quali: ultima parte del
colon e il retto. (54)
• Rami terminali (si riducono progressivamente di calibro, sono i vasi che finiscono l’aorta
addominale):
• Arteria iliaca esterna dx e sx: di pertinenza dell’arto pelvico e dei genitali esterni, e si
trovano:
• Arteria profonda femorale: vascolarizzano i muscoli della coscia
• Arteria cremasterica: vascolarizza il muscolo cremastere,
importante nel coniglio e nella lepre perché la sua contrazione è in
grado di riportare il testicolo nella cavità addominale (lo fanno in
condizioni di stress)
• Arteria uterina: vascolarizza l’utero nella cavalla (giumenta)
• Arteria pudenda esterna (mammaria e scrotale) vascolarizza la
mammella e gli invogli scrotali.
• Arteria iliaca interna dx e sx: vascolarizza l’arto pelvico, a livello dei
muscoli glutei, organi e parete della cavità pelvica. Questa si divide
nella
• Arteria pudenda interna: vascolarizza gli organi pelvici
urinari e genitali (no l’utero della cavalla);
▪ Arteria sacrale mediana: è la vera terminazione della
aorta, molto esile negli equidi e il suo vaso più piccolo è
l’Arteria coccigea che vascolarizza il muscolo della coda.

CAPILLARI: diametro tra i 5 e 30 micron, fanno seguito alle arterie precapillari e si continuano nelle venule
postcapillari e formano una rete tridimensionali nei tessuti.
I capillari hanno duplice funzione:

● Sono il momento dello scambio metabolico, quindi cedono nutrimento


alle cellule e prendono l’argomento di scarto. Cedono l’O2 e prendono
CO2;
● Regolano la temperatura corporea.

Il grado di sviluppo della rete capillare corrisponde all’intensità dei processi


metabolici, per esempio nel cuore o nei polmoni la rete capillare è molto più
sviluppata rispetto ad organi come l’utero.

Struttura: all’interno si trova l’endotelio che poggia su una lamina basale e poi si trova la tonaca avventizia
sottile, necessario per far avvenire gli scambi con i tessuti, e si hanno cellule dette periciti, cellule con
prolungamento a funzione contrattile (quando nel cuore si ha la sistole queste cellule si contraggono per
favorire lo scambio) e fagocitaria (possibilità di fagocitare elementi non funzionanti).

In questa parte il circolo rallenta il suo flusso, per favorire gli scambi.

Classificazione dei capillari (in base all’organo in cui si trovano):

● Continuo: l’endotelio, che riveste la parete interna, è formato da


cellule di rivestimento continuo, una accanto all’altra, quindi la capacità
selettiva è molto grande nel processo di scambio (viene detta barriera
emato-tessutale)
● Fenestrato: l’endotelio è discontinuo con pori intracitoplasmatici
(600-900 Armstrong di diametro), ed è sede di scambi tra liquidi (avviene
nel rene, determina la filtrazione del sangue e il riassorbimento delle
sostanze che il corpo non deve perdere, e nelle ghiandole endocrine)
● Sinusoide o discontinui: hanno un lume ampio (30-40 micron di
diametro medio), hanno pori grandi (quasi vicino al micron) e
permettono il passaggio di elementi corpuscolati (si trovano a livello della
milza, fegato e midollo osseo)
LEZIONE 4
LE VENE:
● vasi a parete sottile, se prive di sangue collabiscono, ovvero
le pareti si schiacciano una sull’altra, differenza rispetto alle
arterie che anche in assenza di sangue mantengono un
aspetto ‘beante’, ovvero elastico.
● Direzione centripeta della circolazione
● originano da venule post capillari per poi confluire in vene
piccole: 0.2-1mm ⍉ →medie→ grosse: 9-10mm
radici: vasi che danno origine a grosse vene
affluenti: vasi che confluiscono in grosse vene lungo il loro decorso

IL CIRCOLO PORTALE: il sangue di una vena attraversa un letto capillare e confluisce in vene di
calibro maggiore, superficiali e profonde, satelliti delle arterie (1 arteria per 2-3 vene), collegate da
numerose anastomosi (ovvero capillarizzazione).
⟜circolo epatico circolo portale vero e proprio, prende il nome della vena porta → vaso che si
diparte dall’intestino in particolare a livello dei villi intestinali per portarsi fino al fegato con la
funzione di portare i nutrienti provenienti da questi due organi nel resto del corpo. Decorso:
intestino (villi) → vena porta→ fegato→ la vena si capillarizza nel parenchima epatico (arricchisce il
contenuto del sangue di altri elementi nutritivi) → vena sopra epatica → portando CO2 e nutrienti→
cuore e piccola circolazione→ poi tramite l’aorta si inserisce nella circolazione arteriosa per nutrire
tutti gli altri distretti e apparati.
⟜circolo ipotalamo ipofisario si chiama portale perchè all’interno del ipofisi apprezziamo lo stesso
fenomeno di ‘capillarizzazione’ , ovvero le vene portali lunghe all’interno dell’ipofisi
formano una rete capillare per poi tornare nel circolo venoso nuovamente come vene portali lunghe
(ad entrare ed uscire sarà sempre la stessa vena che si è capillarizzata).

LA STRUTTURA DELLE VENE: da interno a esterno, con limiti non definiti ≠ da arterie
● tonaca intima: endotelio e lamina basale, strato sottoendoteliale (fibre
collagene ed elastiche).
Nelle grosse vene questo strato forma le valvole a nido di rondine, elementi di
distacco laminare che dalla parete dell’intima vanno verso il lume, aperte verso l’alto
in senso contrario al flusso, per opporsi all’andamento retrogrado del sangue.
Elementi che determinano un deposito di sangue che ricade verso il basso spinto
dalla gravità:
1.Percorso del sangue nelle vene antideclive: deve raggiungere le parti
più alte o più posteriori del corpo, come da arti a cuore.
2.Pareti del vaso non hanno forza contrattile. →le valvole a nido di
rondine, così come le semilunari
evitano che il sangue possa tornare in ventricolo durante la diastole
ventricolare, si riempiono e collabiscono, ovvero i due lembi della parete
si riuniscono sul piano mediano chiudendo il flusso sulla parte terminale o
distale. (evitano reflusso e stasi sanguigna)
● tonaca media più sottile che nelle arterie, a parità di diametro, lo
spessore varia con la localizzazione:
- vv propulsiva:tonaca media a 5-6 strati. la sua natura muscolare liscia è in grado di spingere il
sangue verso il cuore contro la forza di gravità. Si trova in regioni terminali degli atri, associata alla
presenza di numerose valvole → risposta morfologica per il raggiungimento del sangue al cuore dove
sarebbe più difficoltoso
- vv recettiva in zona vicino al cuore, presenta una tonaca + sottile, con maggior presenza di fibre
collagene, che ne conferisce rigidità.
Nell'istologia è apprezzabile la differenza fra il tipo propulsore e recettore, grazie alla presenza nella
prima di cellule muscolari.
● tonaca avventizia connettivo fibroso e elastico, molto spessa nelle vene di tipo recettivo.
Nelle grosse vene sono presenti cellule muscolari, per contribuire l’inserimento nella camera
atriale dx.

LA CIRCOLAZIONE VENOSA
Circolazione polmonare: VV. della piccola
circolazione (VV. polmonari).
Circolazione sistemica: VV della grande
circolazione (VV. cave craniale-caudale).

Vene polmonari: si trovano nel parenchima polmonare, 2-3 per lato dai
rispettivi polmoni, si aprono nell’atrio sx. Mancano valvole →
estremamente vicine al cuore
Vene cave: craniale e caudale
⟜craniale (1) vaso impari (pari nel coniglio), inizia all'entrata del torace
dalla confluenza delle radici:
→ vv giugulari esterne da distretti testa e collo (3)
→ vv succlavie dal distretto degli arti anteriori (4)
Suini e cane: origina dalla confluenza delle vv. brachiocefaliche.

vene della TESTA E COLLO


•giugulare esterna: dalla confluenza della V linguofacciale e retromandibolare → a sua volta formata
dalla V mascellare e temporale superficiale. Decorre a sx e dx nel collo nel solco giugulare.

•Giugulare interna: più piccola, manca


cavallo e nei piccoli ruminanti.
Continuazione della V occipitale (bovino e
maiale) o V emissaria del foro giugulare
(carnivori). Decorre nello spazio viscerale
del collo, dietro l’esterna per poi
sboccare al suo interno.
•Seni della dura madre: VV ampie ed
irregolari, tra loro comunicanti, prive di
valvole. (un seno è una vena larga, con decorso slargato e non cilindroide). →
necessari ad accogliere dal letto capillare il sangue reflue delle meningi e della
dura madre. Confluiscono nelle radici delle vene giugulari esterna e interna.
vene dell'ARTO TORACICO
Origine dalle arcate palmari e rete dorsale del carpo. Dalla
mano iniziano due sistemi venosi (superficiale e profondo),
comunicanti (anastomosi).
● vv superficiali: sangue refluo dalle VV vene dorsali
della mano. Tramite la V cefalica dell’avambraccio e la
brachiale superficiale → confluisce nella V giugulare
esterna.
● vv profonde: satelliti delle arterie (vicine all’arteria
ma con andamento opposto). Da arcata venosa palmare
originano: la V radiale e mediana che continua con la V
brachiale e poi ascellare. All’altezza della 1°costa continua
con la V succlavia: questa, in torace, si apre nella vena
giugulare esterna (suini e cane: vena brachiocefalica).

Vene affluenti della V cava craniale (satelliti)


V. toracica interna;
V. vertebrale;
V. costocervicale;
VV. intercostali dorsali;
V. azigos: nasce dalla confluenza delle prime 2 paia di VV
lombari, attraversa il diaframma con l'Aorta fino a T6
dove Piega in basso e si immette nella V cava craniale
vicino al suo ingresso in atrio dx.
- Carnivori ed equidi: solo azigos dx;
- Suini: V. azigos sx;
- Ruminanti: entrambe o solo la sx;
V cava caudale → Drena il sangue dalla regione caudale al diaframma. Origina a livello dell’ultima o
penultima vertebra lombare, va cranialmente sotto i corpi vertebrali, a dx dell’A aorta → fino ai
pilastri del diaframma, si porta ventralmente con andamento dorso-ventrale, caudo- craniale
(impronta epatica o solco della vena cava), attraversa il diaframma percorre il torace (piega della
pleura mediastinica dx) e entra in atrio dx.

Radici della V cava caudale → confluenza delle:


● V Sacrale Mediana;
● VV iliache comuni dx e sx (originano da vv iliache
esterne e interne);
Vene del BACINO E DELLA CODA
V iliaca interna, le cui radici sono:
● V glutea caudale: parete del bacino e
parte della coda;
● V pudenda interna: organi della cavità
pelvica e genitali esterni;
● V coccigea mediana: prolunga la vena
sacrale mediana;
Vene dell'ARTO PELVICO
vv superficiale e profondo.
● VV superficiali: dalle VV plantari a livello del tarso, origina la V safena mediale (grande
safena), si porta fino al triangolo femorale (area topografica dove trovo arteria e v.femorale
e un linfatico) e si apre nella V femorale.
→ V. safena laterale (piccola safena) drena le parti laterali e caudali della gamba, diventa poi V
femorale cd che si apre nella V femorale.
● V. profonde: sangue refluo dalla parte prossimale dell’arto. V. tibiale craniale e caudale, si
continuano a livello del cavo popliteo con la V. poplitea, da qui nella V. femorale.
→ V femorale percorre il canale femorale e si apre V. iliaca esterna (sul margine craniale degli
adduttori è possibile percepire il polso).

affluenti della vena cava cd → In cavità addominale:


● VV. parietali: VV. lombari (poi diventano la azigos), V. addominale craniale
(suini e cane), VV. freniche (prendono sangue dal versante addominale del
diaframma);
● VV.viscerali: VV. testicolari ed ovariche, VV. renali, VV. surrenali, VV.
epatiche(circolo refluo fegato → v cava caudale, a monte di questo circolo
si trova la v. porta);
Vena Porta: Sangue refluo dall’apparato digerente e dalla milza verso il fegato.
Radici: livello di L1 VV. mesenterica craniale e caudale (portano i nutrienti
provenienti dall’intestino) si fondono costituendo la porta, poi entrerà nel
fegato→ v sopra epatica→ v cava caudale
Affluenti: V splenica (sangue refluo della milza) e V gastroduodenale (drenaggio
del distretto stomaco e inizio duodeno)
il fegato sintetizza: le plasmatiche (albumine e globuline, anticorpi), vitamine,
fattori della coagulazione (fibrinogeno) → arricchisce il sangue che dall’intestino
andrà al polmone → O2 → aorta e i vari distretti del corpo.

SISTEMA LINFATICO
sistema linfatico o immunolinfatico: perchè il liquido che lo costituisce è la linfa, che ha una funzione
di immunità liquida.
LE FUNZIONI → difesa dell’organismo e drenaggio dei tessuti
Fagocitosi: sistema di difesa aspecifico e locale dei tessuti, es i macrofagi
Immunità: sist. di difesa specifico mediante memoria cellulare, con reazione rapida e efficace,
cellulo-mediata (linfociti T) o umorale (linfociti B e plasmacellule che producono immunoglobuline,
ovvero gli anticorpi circolanti).
COSTITUITO DA:
Vasi formazioni allungate cilindroidi e cave nelle quali scorre la linfa. In base al diametro sono:
capillari, costituiscono una rete che circonda ogni organo, questi poi confluiscono in vasi con calibro
maggiore, i collettori (raccolgono la linfa e la immettono nella circolazione sanguigna) → circolazione
linfatica parzialmente indipendente.
Organi linfoidi
● centrali o primari, organi massivi sede della prima differenziazione dei linfociti: midollo
osseo rosso → B, timo→ T;
● periferici o secondari, distanziati dai primari, piccole differenziazioni di tessuto linfoide senza
forma che costituisce una trama di informe diffusa, localizzata in vicinanza dei tessuti dei vari
organi, in particolare in intimo rapporto con le mucose. ma può anche trovarsi sotto forma
di noduli linfatici isolati, oppure ulteriormente raggrumata come tonsille, linfonodi e milza.
Linfa liquido caratteristico, molto simile al plasma sanguigno. Origina dal
drenaggio dei liquidi interstiziali, cellula-cellula e tessuto-tessuto. Questi
vasi linfatici nel loro percorso attraversano i linfonodi. Milza e tonsille si
comportano diversamente rispetto ai linfonodi, che infatti sono in numero
maggiore. La collocazione e il numero di linfonodi varia da specie e
individuo.
I CAPILLARI LINFATICI
Originano a fondo cieco nei distretti periferici del corpo ≠ della
circolazione sanguigna che è continua. Hanno un calibro non regolare.
Formano rete tridimensionali
struttura: parete sottile, cellule endoteliali ma a tratti la membrana basale
di connettivo può mancare.
I VASI LINFATICI
Dalla rete capillare portano la linfa, perforano i linfonodi e poi dalla fusione
di questi, si origina il collettore
struttura: endotelio + membrana basale + poche cellule muscolari. La
parete presenta delle valvole a nidi di rondine → la linfa ha andamento
unidirezionale.
meccanismo: Le valvole fanno progredire la linfa solo in senso centripeto, in associazione a
contrazione delle cellule muscolari lisce e movimenti di muscoli ed organi vicini. L'attività del tono e
della contrazione muscolare e la peristalsi hanno funzione di spinta della linfa verso l’alto.
La linfa può arricchirsi di:
● Macrofagi→ per diapedesi, deformazione tale del citoplasma da permettere l'insinuazione
fra cellula e cellula, spingendo il nucleo all’interno.
● Neutrofili e Linfociti→ ingresso a livello nodulare.
● Agenti microbici → per deformazione di citoplasma;
● Cellule tumorali→ si infiltrano nella parete, diventando simili ai macrofogi→ la linfa diventa
un perfetto vettore per le metastasi tumorali (metastasi =inquinamento del circolo
sanguigno o linfatico che permette una localizzazione secondaria del tumore);
● Eritrociti→ per lacerazione, in condizioni normali a causa delle dimensioni, questo non
avviene.
I COLLETTORI LINFATICI
ultimi vasi di grande calibro. cavallo e bovino 8-10mm, suino e cane 3-4mm. Presentano valvole e
parete strutturalmente simile a quelle delle piccole vene
● DOTTO TORACICO: continuazione a livello craniale della cisterna del chilo (chilo= liquido
trasparente lattescente come la linfa. In realtà il nome rappresenta il prodotto del piccolo
intestino con consistenza mucillaginosa, simile alla linfa ma di colore verdognolo dovuto alla
presenza di bilirubina (prodotto del fegato)).
Lo trovo a livello dei pilastri del diaframma dove sboccano i tronchi lombari e viscerali (intestinale e
celiaco). Il dotto attraversa lo iato aortico ed arriva all’entrata del torace dove riceve il tronco
tracheale sx → raccoglie la linfa dal distretto dell’app. respiratorio di sx, ed il dotto collettore
dell’arto toracico sx, quindi tutti le parti declivi → prima di sboccare alla confluenza delle VV
succlavie e giugulare sx
Raccoglie la linfa da tutto il corpo, tranne che dai territori del dotto linfatico.
DOTTO LINFATICO DX: prende la linfa da parte terminale del tronco tracheale dx (antitetico del
tracheale sx), Sbocca vicino al dotto toracico e drena la linfa dall’ arto toracico dx e dalla metà dx di
testa, collo e torace. Si interessa della porzione di dx di testa, collo e torace.
LEZIONE 5

I linfonodi sono i primi organi del sistema linfatico. Un linfonodo è una


formazione ovoidale intercalata nel decorso dei vasi linfatici.

E’ dotato di una porzione esterna, di color giallastro (dall’immagine)


caratterizzata da due porzioni:

• Corticale: più esterna e più chiara;


• Midollare: più scura e più complessa;

I linfonodi sono stazioni del sistema linfatico che filtrano la linfa, ovvero
analizzano il suo contenuto andando ad aggiungere sostanze integrative, quindi attuano un filtraggio attivo.
Essi hanno una forma ovoidale ma nel loro profilo noto una incisione, l’ilo del linfonodo.

Dimensione e numero: sono variabili da specie a specie e da un individuo all’altro, la dimensione è di pochi
centimetri, in genere sono radunati in gruppi, ad esempio nel cavallo sono raggruppati mentre nel bovino
sono allontanati.

Colore: rosso grigiastro, non iperemico (carico di sangue); le variazioni del linfonodo sono in relazione alla
loro condizione fisiologica ad esempio vicino ai polmoni assumono colore rosa-nero in quanto si possono
caricare pulviscolo atmosferico, quelli vicino al fegato sono verdastri, perché il fegato produce una sostanza
verde; ma ciò può essere dovuto anche ad una patologia.

Non tutti i linfonodi possono essere linfocentri;

• Linfocentri: sono dei linfonodi con sede fissa in tutte le specie e sono i protagonisti del drenaggio
della linfa di una medesima regione corporea, in vari distretti del corpo e nei vari animali e possono
essere:
• Profondi: drenano la linfa delle grandi cavità dell'organismo, a livello ispettivo non sono
visibili dall'esterno;
• Superficiali: nel caso di una patologia il medico è in grado di andarli ad ispezionare con la
palpazione sentendo se si è ad esempio ingrossato, se determina una reazione
nell’animale. I Linfonodi superficiali possono essere ad esempio dietro al ginocchio, alla
mandibola e al petto.

Dal punto di vista microscopico, esternamente sono rivestiti da del connettivo fatto da fibre elastiche e
vediamo che nei ruminanti ci possono essere anche delle cellule muscolari, questo prende il nome di
capsula. Dalla capsula originano dei setti che si addentrano nel parenchima dell’organo e vanno a sostenere
le cellule tipiche linfatiche, nella porzione centrale la trama del connettivo si mescola, sulla porzione
concava, formando l’ilo dell’organo.

La corticale è costituita da una serie di formazioni rotondeggianti, caratterizzate dalla presenza di follicoli
linfatici, organizzazioni di linfociti a profilo rotondeggiante. Essi sono costituiti da:

• Centro: è la parte più chiara dove sono contenuti i linfociti b, essi in presenza di strutture
antigeniche si attivano e si trasformano in plasmacellule (proteine che vanno a lottare contro
organismi esterni), ossia cellule con abbondante RER in grado di produrre anticorpi con risposta
umorale, in quanto gli anticorpi possono diffondere nel sangue. Questi entrano nella linfa (che si
era caricata di strutture antigeniche in precedenza dai vari tessuti e vengono riconosciute da queste
strutture). Qui vi sono presenti i linfociti ad attiva replicazione.

• Periferia: una contingente di questi linfociti si mantengono come piccoli linfociti b che qui si
addensano in particolare nella parte scura, essi mantengono la memoria per la sostanza antigenica
(memoria immunitaria), così possiamo attuare la vaccinazione (il primo vaccino fu quello per il
Vaiolo bovino), potenzialmente, tramite la memoria data dal vaccino, il nostro corpo potrà
rispondere in maniera più veloce al virus.

• Follicolo: detiene una porzione basale disorganizzata (dove vedo ancora colorazione
dell’ematossilina, la colorazione dei nuclei, ricorda i linfociti sono caratterizzati da un grosso
nucleo).

Vicino alla corticale è presente un'altra porzione la paracorticale, un tessuto linfatico diffuso, contenente
linfociti t o timo. I linfociti t dipendono dal timo perché devono essere attivati. Essi presentano dei recettori
sulla superficie del loro citoplasma in grado di riconoscere antigeni ed attivarsi per la loro distruzione
insieme ai macrofagi.

La risposta fagocitaria è diversa da quella vista precedente (operata dalle plasmacellule) che era di tipo
umorale.

• parte interna: costituita da cordoni di linfociti, plasmacellule e cellule fagocitarie. Attorno a questi
cordoni nasce una rete di vasi linfatici, questi dopo la loro integrazione escono dal linfonodo.

Tra i vari linfonodi c’è una circolazione linfatica;

vasi linfatici efferenti escono → vasi afferenti al linfonodo successivo.

La linfa viene analizzata da più linfonodi che ne determinano il suo effetto immunologico dato dalla
corticale e midollare.

La circolazione linfatica, caratterizzata quindi da vasi afferenti ed efferenti che passano da un linfonodo ad
un altro non è presente nel suino, dove è organizzata in altra maniera.

La linfa entra nel linfonodo, priva di cellule. Dalla sua capsula connettivale entra in uno spazio tra capsula e
parenchima detto semi periferico-sotto capsulare, una struttura cava molto sottile. Da qui si va a
rapportare con il tessuto linfatico dando origine a capillari che si ingrossano fino a prendere la via
dell'uscita. In realtà non si originano dei vasi ma dei piccoli seni: cavità aperte caratterizzate da un epitelio
discontinuo.

Questo fa sì che si instauri un rapporto diretto tra il tessuto e la linfa, la quale gocciola nel parenchima
linfatico fino a terminare in un seno in prossimità dell’ileo dove poi si originano dei seni efferenti, come
detto prima di calibro maggiore contenenti linfa arricchita (passata dalla corticale e dalla midollare), che
escono dal linfonodo.

• Suino: i suoi linfonodi presentano i follicoli disposti in


maniera completamente anarchica, non si riesce a
distinguere nettamente la porzione corticale da quella
midollare, vasi efferenti escono da un’area che sostituisce
l’ilo.

Come tutti gli organi per poter funzionare anche i linfonodi devono
essere vascolarizzati per ricevere nutrimento. Nell’ilo, quindi non solo
escono vasi efferenti linfatici ma entrano ed escono vasi della
circolazione ematica. I linfociti b (provenienti dal midollo) e e i
linfociti t (provenienti dal timo) entrano anche attraverso il sangue.
Il midollo osseo è una struttura che contiene i precursori delle cellule
del sangue e dei linfociti che andranno a costituire ad esempio i linfociti b.
• Ruminanti: contengono dei linfonodi particolari, i linfonodi
ematici, i quali non hanno rapporto con i vasi in entrata
dell'ilo. Assumono un colore rosa carico, quasi rosso, e sono
collocati vicino ai grossi vasi sanguigni come nella vena
giugulare del cavallo e si differenziano dai linfonodi in quanto
mancano di vasi afferenti ed efferenti.

Sono strutture di rapporto con la circolazione ematica (li possiamo intendere come delle piccole milze), con
questo tipo particolare di linfonodo entrano in rapporto delle piccole arterie (dove ho eritrociti e
macrofagi) e allo stesso tempo dall’ilo fuoriesce una vena assiale, la funzione non è tipica di quella dei
linfonodi: va ad analizzare il sangue dal punto di vista della difesa immunitaria, sono assimilabili ai linfonodi
in quanto sono tanti e si posizionano lungo il decorso dei grossi vasi.

Timo: È un organo linfatico che con l’avanzare dell’età sparisce dal punto di vista funzionale diventando un
corpo adiposo.

• Funzione e morfologia: È un organo linfatico costituito


da tessuto linfoide, linfociti t o timociti, e da elementi
epiteliali, la sua funzione è quella di maturare i linfociti
t a partire da precursori immaturi che provengono dal
midollo osseo (fonte delle cellule del sangue), in
rapporto con il sangue midollare. I futuri linfociti t
mediante la circolazione andranno nella parte corticale
dei linfonodi per poi essere immersi nella linfa.

• Origine: terza tasca branchiale, massimo sviluppo durante la prima pubertà e poi si ha la sua
regressione:
• Cavallo: 3/4 anni;
• Bovino: 1 anno;
• Piccoli Ruminanti: 5/6 mesi;
• Carnivori 4/5 mesi;

• Colore: fisiologicamente rosa grigiastro, la superficie presenta lobulazioni, formazioni complesse.


• Quantità: ce ne sono due, il timo cervicale, nel collo, e il timo toracico a livello del torace. Il timo
toracico è molto più corto e semplice del timo cervicale il quale è assente nei cavalli e nei carnivori.
• porzione cervicale: (ruminanti e suino) è costituita da due masse in posizione latero-
ventrale alla trachea, si uniscono caudalmente mediante una porzione intermedia poi si
portano anteriormente formando due masse a fondo chiuso originando un corpo
intermedio.
• porzione toracica: è impari, è situato davanti e ventralmente al cuore.

Vetrino istologico (la seconda immagine è un ulteriore ingrandimento della prima):

• Porzioni di lobuli, in colore viola scuro,


periferico (sono diversi dai lobi che invece
sono masse convesse esterne), essi sono
formazioni rotondeggianti che presentano una
porzione corticale ed una midollare, fatte
come dei piccoli linfonodi.
• Esternamente detiene una capsula di connettivo che va a dividere le varie porzioni lobulari (vedi
prima immagine, sostanza bianca). Nel tessuto connettivo ci troviamo dei vasi.
• Corticale: costituita da dei timociti addensati (da qui colore violaceo), immaturi in quanto appena
arrivati con il sangue per maturare nel timo. Qui si trovano anche delle cellule epiteliali timiche o
TEC e dei macrofagi, le TEC riproducono le citochine, sostanze proteiche, che servono da
nutrimento alle cellule immature.
• Midollare: è fatta da timociti, meno numerosi per questo meno colorabile, circondati dalle cellule
TMEC simili alle TEC ma di maggiore volume, sono necessarie per la presentazione degli antigeni
self ai timociti maturi. Le TMEC dicono ai linfociti t quali sostanze sono self, che non devono essere
aggredite.

Le vaccinazioni solitamente vengono somministrate ai cuccioli per far riconoscere al timo le sostanze not
self. Il principio del vaccino è quello di iniettare la carica virale non patologica: viene tolta una sequenza
amminoacidica che determina la malattia ma lascia le altre sequenze che la riconoscono come not self. I
Linfociti t la riconoscono e producono delle proteine della memoria.

Con la regressione chimica del timo le sue cellule si aggregano e formano il corpuscolo chimico, sostanza
amorfa che detiene ancora la funzione di rendere i linfociti immaturi a cellule mature immunocompetenti,
tra queste vi sono:

• cb4 o helper, le quali aiutano la fagocitosi,


• cb8 o suppressor che servono per far cessare o meno l’immunità.

Il timo è un organo vascolarizzato;

• Circolazione arteriosa: proviene da arterie del tronco o della testa. Esse perforano la capsula e si
ramificano, in quanto non è presente l’ilo. Queste utilizzano connettivo che di divide i lobi in una
rete formata da: corticale, corticale-midollare e midollare. I capillari della rete corticale sono
avvolti dalle TEC e sono importanti per la circolazione. Si avvolgono intorno ai capillari formando
una barriera ematochimica, ovvero il sangue viene isolato, in quanto il contatto con le cellule
presenti al suo intero potrebbe essere dannoso causando la morte dei timociti o la loro
malformazione.
• Capillari: dalla corticale vanno alla midollare, ma qua al contrario, non sono avvolti da cellule
perché i linfociti diventano immuno-dipendenti.
• Vene: satelliti delle arterie.

Milza: Organo impari linfatico, localizzato a livello dell’ipocondrio sinistro, fra stomaco/rumine (per i
ruminanti), diaframma, parete laterale sinistra dell’addome, sotto le ultime coste e con il rene sinistro.
L’ipocondrio è quella regione che esternamente e torace ma interamente è addome.

Funzioni: è un organo linfatico, ma la


sua funzione principale è quella di
emocateresi, ovvero si occupa della
distruzione di vecchie cellule del
sangue. Da questa si ha la
conservazione del contenuto
emoglobinico, (emoglobina ferro
+globina) dei globuli rossi. Questi
dopo 90gg vengono distrutti a livello
splenico dai macrofagi che rimuovono
dal gruppo emoglobina il ferro, il quale
verrà riutilizzato dal midollo osseo.
La globina invece viene mandata al fegato che la converte in bilirubina, liberata tramite la bile, ossia un
secreto verde scuro dato dalla bilirubina.

Nell’uomo delle funzioni della milza quella più importante è quella di difesa, nei carnivori ed equidi invece
quella più importante è la funzione di raccogliere e conservare il sangue, attività splenica con minore
importanza nei ruminanti.

La sideremia è il contenuto di ferro che può essere utilizzato per la sintesi di nuovi globuli rossi.

La milza è un organo dell’apparato linfatico perché strutturato come gli organi linfatici. Al suo interno sono
presenti linfociti b, linfociti t ed anche dei macrofagi. Oltre alle funzioni appena esposte ne ha anche due
marginali quali:

• Durante la vita fetale quando il feto è nell’utero la milza ha attività emopoietica, questa si andrà a
perdere successivamente;
• Deposito temporaneo di sangue, da qui il colore rosso scuro. Un deposito temporaneo di sangue si
ha quando si lacera un grosso vaso sanguigno e si vanno ad attivare vari meccanismi quali: il cuore
pompa sangue, successivamente la milza attraverso dei barocettori, percepisce una variazione
pressoria che la fa spremere, grazie al tessuto muscolare liscio. A questo punto il sangue cerca di far
re-aumentare la pressione tornando in circolo.

Ogni animale detiene una determinata forma della milza a seconda della funzione principale.

• Cavallo: è schiacciata dalle coste ed assume un colore rosso scuro, consistenza elastica. Detiene
due facce: una parietale, guarda la parete esterna o diaframma e una viscerale in quanto rivolta
verso lo stomaco; ha due estremità diverse, una chiamata base, slargata, e l’altra ventrale
allungata, chiamata apice;
• Bovino: rivolta verso rumine, presenta una struttura allungata, l'ilo della milza, una struttura
caratterizzata dalla possibilità di far entrare ed uscire vasi (non è presente nel timo). Presenta due
margini: craniale e caudale;
• Maiale: l’apice è relativamente mobile;
• Carnivori: la sua posizione dipende dallo stato di pienezza dello stomaco, molto mobile.

L'ilo è una struttura che può avere una struttura simile ad una linea oppure può essere puntiforme; l’arteria
lienale o splenica insieme alla rispettiva vena percorrono un solco.

• Cavallo: la milza assume un aspetto falciforme, va dai


45/50 cm di lunghezza e presenta due margini, un
margine craniale, concavo, ed uno caudale, convesso, (al
contrario di altre specie la sua superficie di aderenza è
limitata), il suo ilo è lineare;
• Bovino: il centro è più spesso, la sua faccia viscerale
assume forma ellittica. L’ilo è puntiforme e l’arteria e la
vena entrano ed escono da un punto specifico.
• Piccoli Ruminanti: l’ilo anche qui è puntiforme, assume
una forma rotondeggiante e presenta una superficie di
aderenza sullo stomaco.
• Suino: detiene come nel cavallo una piccola superficie di
aderenza nella faccia viscerale (mentre la sua faccia
parietale è dritta), presenta una sezione triangolare, una
lunghezza di circa 60 cm.
• Carnivori la parte slargata è quella ventrale, ilo allungato.
L’aderenza tra la faccia viscerale e lo stomaco avviene attraverso dei legamenti, che sono strutture
connettivali che hanno la funzione di unire vari visceri.

Nei ruminanti la zona di aderenza comprende quella porzione di milza che va dal rumine, stomaco
propriamente detto, ed il pilastro sinistro del diaframma, nella parte più basale, nel peritoneo a livello
splenico circonda l’organo solamente nella faccia parietale in quanto l’altra faccia è adesa allo stomaco.
Nelle altre specie, quelle monogastriche, non ho una zona di aderenza:

• il legamento frenico-lienale unisce la milza con il diaframma;


• il legamento gastro-lienale unisce la grande curvatura della milza con lo stomaco (milza-rene
sinistro -diaframma) ciò indica che la milza non si muove solamente a seconda dello stato di
pienezza dello stomaco ma anche attraverso la respirazione. Il peritoneo non va a circondare
l’organo nella zona dell’ilo e del legamento.

Struttura:

• esternamente: capsula connettivale con funzione di


rivestimento, rosso scuro, sottile e trasparente. In questa
sono presenti fibre collagene e cellule muscolari lisce.
Dalla capsula si dipartono delle trabecole che vanno
all’interno della milza, nel parenchima.
• Parenchima: diviso a sua volta in:
• Polpa bianca: sono presenti tanti linfociti b e
linfociti t, globuli bianchi, ciò fa assumere il nome
polpa bianca, qui vi sono strutture che contribuiscono a formare i linfociti t.
• Polpa rossa: istologicamente violacea in quanto presenta dei seni venosi e va ad occupare i
4/5 dello spazio totale della milza. La cavità è ampia con in mezzo due cordoni costituiti da
cellule divise tra loro da ampi spazi vascolari di tipo venoso, ossia i seni (lacune a contatto),
che si aprono insieme in vasi sinusoidi defenestrati, carichi di sangue. Nella polpa rossa ci
sono strutture con fibroblasti stellati fatti da linfociti e macrofagi. Nelle maglie sono
presenti anche vari elementi del sangue.

Se taglio la milza trasversalmente vedo un ammasso viola con formazioni rotondeggianti sparse nel
parenchima: follicoli linfatici (vedi vetrino parte evidenziata) e guaine periarteriolari dove sono presenti i
linfociti t (attorno ad arterie centrali o paracentrali).

Rapporto circolazione epatica con le cellule: varia a seconda delle specie, può essere di tipo aperto o
chiuso.

• Aperto: la capillarizzazione si apre nelle lacune epatiche e nei cordoni della polpa rossa in queste
poi partiranno le vene.
• Chiuso: evidenziabile prevalentemente nel cane è caratterizzata dalla arteria splenica che
attraverso le trabecole entra nel parenchima (da arteria ad arteriola) poi nella polpa bianca, e
successivamente nella polpa rossa. Queste prendono il nome di arteriole penicillari, caratterizzate
da un calibro sottile e da un ispessimento esterno. Esse non si esauriscono nelle lacune, ma vanno
direttamente a terminare a livello delle grandi vene. I seni venosi della polpa rossa sono
importanti, in quanto costituiti da cellule macrofaghe.

La milza analizza il contenuto ematico, lo controlla, e le cellule che si mettono a sentinella costituiscono
sistema immunitario reticolo-ematico. Nel cane vi è un minore riconoscimento ematico in quanto prevale
la circolazione chiusa.
LEZIONE 6

SISTEMA ENDOCRINO: La presenza del sistema endocrino negli organi che lo costituiscono è importante
per la regolazione del funzionamento di una serie di organi in stretto collegamento con una parte del
sistema nervoso vegetativo (insieme costituiscono il sistema neuroendocrino perché le connessioni
funzionali sono molto strette). Questi due sistemi si stimolano o si inibiscono a vicenda in base al loro
momento funzionale.

Dall’analisi del sistema nervoso abbiamo evidenziato che ogni volta che diamo un input nervoso:
• Trasmissione attraverso una sinapsi è molto rapida (millisecondi), ed è più rapido del rilascio degli
ormoni (prodotti dalle ghiandole endocrine).
• Ma l’efficacia dell’attività di un ormone dura di più nel tempo rispetto all’efficacia di un input
nervoso. Quest’ultima è l’unica differenza evidenziata nei due sistemi.

Il tessuto endocrino è organizzato in strutture ghiandolari secernenti (ghiandole endocrine) con diversa
origine embrionale che sono collocate nel corpo in posizioni diverse; esse originano da distretti di foglietti
embrionali diversi. Questo è un tessuto secernente che immette il suo secreto non nel dotto escretore ma
comunica con l’esterno o con cavità comunicanti con esso attraverso il sangue.

Le cellule che lo caratterizzano sono:


• Secernenti;
• Senza dotto escretore;
• Producono ormoni che vengono immessi nel circolo mediante l’utilizzo di un capillare fenestrato
(ad andamento sinusoidale, cioè capillari con parete talmente sottile che si integrano intimamente
con il target ormonale e quindi la cellula secernente si appoggia al capillare e immette
direttamente all’interno del sinusoide fenestrato il prodotto che va in circolo).

L’ormone è un principio circolante, di varia natura chimica: proteici e steroidei vengono immessi nel
sangue che anche a dosi minime produce effetti su cellule, tessuti e organi, i quali costituiscono il loro
bersaglio. Questo è un determinato distretto e determina in quest’ultimo un effetto stimolante o
inibitorio, in genere un effetto di modifica della funzione che il bersaglio in quel momento sta eseguendo
ossia la variazione della coordinazione della funzione sull’organo bersaglio. Quando gli ormoni vengono
rilasciati nel sangue e raggiungono la meta, che è lontana dalle ghiandole che li hanno prodotti,
costituiscono la vera funzione endocrina.
Nel sistema endocrino si possono organizzare due funzioni endocrine ma che definiscono dei rapporti tra
la ghiandola che produce ormoni e l’organo bersaglio diverse:

• funzione paracrina (l’ormone agisce su cellule vicine alla ghiandola che li ha prodotti)
• funzione autocrina (quando la cellula endocrina agisce sulla stessa cellula che l’ha prodotta).

Nel sistema endocrino vi sono strutture macroscopicamente evidenziabili come le ghiandole che sono
organizzate in modo cordonale o follicolare;
• Due ghiandole: ipofisi ed epifisi collegate all’ipotalamo e all’epitalamo;
• Zona del collo: tiroide e paratiroide;
• Cavità addominale vicino ai reni dove troviamo i surreni.

Strutture endocrine dentro organi non endocrini:


• Ipotalamo: appartiene al diencefalo e ha funzione endocrina (alcuni neuroni hanno funzione
neurosecretiva e rilasciano sostanze per l’attività ormonale);
• Pancreas: ghiandola esocrina poiché produce un secreto che va nell’intestino e una parte del
parenchima esocrino contiene aree endocrine, che formano la parte endocrina;
• Testicolo e ovaio: producono gli ormoni tipici dei due sessi;
• Rene e cuore che producono fattori ormonali;
• Timo: degenera con l’avanzare dell’età
• Placenta: annesso embrionale temporaneo che produce sostanze simil-ormonali.
Sistema endocrino diffuso: non è visibile macroscopicamente, perciò è difficile da identificare; appartiene a
due tipologie di organi: apparato gastroenterico e respiratorio: presente nelle strutture di rivestimento
delle loro cavità cioè nella mucosa. La mucosa è una tonaca interna appartenente agli organi cavi di questi
apparati. Sono cellule isolate dentro le cavità disposte in piccoli gruppi detto anche sistema APUD.

IPOTALAMO: Parte della porzione assiale del tronco, situato nella vescicola più craniale, ventralmente nel
diencefalo.
• Nella sostanza bianca presenta nove nuclei grigi, con neuroni parvicellulari protagonisti della funzione
nurosecernente. Hanno una parte afferente (dendriti) e una efferente (parte secernente con i vari
organuli citoplasmatici). Gli assoni terminano con un bottone sinaptico. Questo si appoggia su capillari
che vascolarizzano l’adenoipofisi (adeno=ghiandola) e fanno parte del peduncolo. Il bottone rilascia un
neurosecreto sui capillari, tali fattori sono l’RF (fattori di rilascio) e IF
(fattori inibenti). Il bottone rilascia fattori inibenti o eccitanti in base
alla produzione di ormoni dell’adenoipiofisi. Tale meccanismo è
presente nel circolo portale ipotalamo-ipofisario. Prima che
l’adenoipofisi funzioni riceve un input che la attiva (fattore di
rilascio), o blocca la sua funzione (fattore inibente). La sintesi dei
fattori dipende dal livello circolante dell’ormone adenoipofisario
ossia dal feedback: agisce sull’ipotalamo con un feedback negativo,
se aumenta l’ormone questo induce sull’ipotalamo il rilascio di un
fattore inibente sulla cellula adenoipofisaria.

• Nucleo sopraottico (vicino all’emergenza dei nervi ottici) e paraventircolare (vicino alla cavità
ventricolare del diencefalo). Questi due nuclei hanno dei neuroni secernenti senza contatto con
l’adenoipofisi e secernono direttamente due neurosecreti: ossitocina e vasopressina o ADH o
antidiuretico (riduce la diuresi, aumentano la pressione del sangue). I loro assoni fanno scorrere il
neurosecreto e lo trasferiscono nella neuroipofisi, che mette in circolo i precedenti due ormoni.

IPOFISI O G. PITUITARIA: è una ghiandola ovalare, piccola (2 g) che è accolta


nell’invaginazione della fossetta ipofisaria del basisfenoide, ricoperta dallo
sdoppiamento della dura madre che riveste sia la cavità che l’ipofisi stessa.
Apparentemente troviamo due parti:
• Adenoipofisi: origina dall’ectoderma della faringe, di colore rosa-giallastro;
• Neuroipofisi: origina dal neuroectoderma, bianco-grigiastro
macroscopicamente. Tali colori dipendono anche dalla vascolarizzazione
delle varie componenti.

NEUROIPOFISI O PARTE POSTERIORE: Tessuto nervoso dislocato


dall’ipotalamo con fibre amieliniche, cellule della nevroglia (astrociti) e
cellule proprie della neuroipofisi (pituiciti). I pituiciti sono cellule della
glia modificate che fanno da collegamento tra la fibra nervosa nei
nuclei (bottone sinaptico) e i capillari per il rilascio del secreto.
La neuroipofisi è unita all’ipotalamo attraverso un peduncolo
infundibulare (con parete e cavità), in cui è presente un fondo cieco del
terzo ventricolo. L’ipofisi è collegata all’ipotalamo attraverso una porzione
di sostanza bianca all’interno del quale ho un recesso del terzo ventricolo.

Ormoni rilasciati dalla neuroipofisi:


• Ossitocina: determina la contrazione delle cellule mioepitaliali della mammella e le cellule della
muscolatura liscia dell’utero; l’eiezione del latte quando il piccolo si attacca al capezzolo, è un
riflesso dato dal suo collegamento con il sistema nervoso. La sua produzione è importante in
entrambi i sessi perché è considerata l’ormone della socialità, gli animali di branco come il cane e il
cavallo, producono molta ossitocina poiché hanno molta cura della continuazione della specie.
• Vasopressina: azione antidiuretica, favorendo il riassorbimento di acqua da parte dei reni
aumenta la pressione del sangue. Contraendo la muscolatura dei vasi porto meno sangue al rene
che produce meno urina.
ADENOIPOFISI O IPOFISI ANTERIORE: più sviluppata della posteriore, l’adenoipofisi è costituita da:
• Porzione infundibulare;
• Porzione intermedia (parte anteriore più vicina a quella posteriore):
presenta cellule basofile e ha affinità per i coloranti basici, dal punto
di vista sistematico hanno carattere acido, presenta cellule
secernenti cordonali. Può avere anche un aspetto pseudofollicolare,
infatti ha cellule cordonali che possono raccogliere l’ormone in cavità
follicolari; tale ormone è l’MSH (ormone melanoforo stimolante o
melanotropina). Esso regola la diffusione dei granuli di pigmento nei
melanociti presenti nella cute per la sua colorazione. Attraverso la
luce stimola la diffusione dei melanociti nelle cellule cutanee.
• Porzione distale (lontana dalla neuroipofisi): presenta una serie di ormoni e cellule cordonali
vicine tra di loro, vascolarizzate. Si evidenziano cellule con diversa colorazione:

• Cromofile sono più grandi e si distinguono in base alle loro capacità


colorazioni, le acidofile sono visibili in rosa e le basofile sono in blu. Le
acidofile hanno secreti proteici affini ai coloranti che le rendono rosa, i
nuclei sono tutti uguali e ciò che varia è il citoplasma. Le basofile hanno
secreti glicoproteici che quindi presentano affinità per un colorante che può
essere acido o basico.
• Cromofobe (acidofile e basofile): a monte delle cromofile troviamo una
popolazione che non si colora con i coloranti normali, sono più piccole, con
poco citoplasma e i granuli non sono visibili al microscopio ottico e hanno
scarsa affinità con i coloranti. Tali cellule non sono funzionanti perciò
possono essere identificate come staminali cioè che prendono il posto di
alcune cromofite a fine attività oppure cormofite a fine ciclo secretivo.

Tra le precedenti due parti troviamo la cavità ipofisaria (fessura non presente nel cavallo ma nel bovino,
residuo della cavità ectodermica che dava origine al tessuto ghiandolare).

Gli ormoni:
• TSH: ormone stimolante la tiroide, prodotto dalle cellule blu; tale ormone ha come bersaglio la
tiroide. La tiroide agisce in tutti i metabolismi cellulari;
• ACTH: ormone adrenocorticotropo, agisce sulla corteccia del surrene per il determinismo dello
stress;
• FSH: ormone follicolo-stimolante prodotto da cellule basofile. Agisce tipicamente sulla gonade
femminile stimolando i follicoli, nel maschio induce la spermatogenesi;
• LH: ormone luteinizzante prodotto da cellule basofile. Nella femmina dopo che il follicolo è esploso
ed è nelle vie genitali in ovaio ci sono alcune cellule sensibili all’ormone che determina la sua
trasformazione in corpo luteo, nel maschio funziona sulle cellule di Leydig;
• LTH: prolattina, prodotto da cellule acidofile in entrambi i sessi, molto poco nel maschio, agisce nel
determinare il funzionamento produttivo della ghiandola mammaria;
• GH: ormone della crescita, prodotto dalle acidofile, agisce sull’intero organismo, l’organismo
giovane ha livelli alti di GH, agisce sulla cartilagine di accrescimento;

La parte tuberale: gruppi di cellule o follicoli con funzione ancora non ben stabilita, hanno
importanza sul ciclo riproduttivo stagionale di alcuni animali, che si riproducono in condizioni
favorevoli (parto primavera-estate).

VASCOLARIZZAZIONE DELL’IPOFISI: a carico di Arterie ipofisarie anteriori e posteriori.


• Anteriori: il target di partenza è il circolo arterioso dell’ipotalamo che deriva dalle AA. carotidi
interne che derivano dalla carotide comune che vascolarizza il sistema nervoso. Il poligono di
Willis ha forma poligonale chiusa e l’elemento arterioso si anastomizza con altri vasi e forma un
poligono al cui centro vi è l’emergenza dell’ipofisi. Vascolarizza l’adenoipofisi formando una rete
capillare da cui originano i capillari portali.
• Posteriori: vascolarizzano la neuroipofisi;

Vene: scaricano nei seni venosi che circondano la fossetta ipofisaria dello sfenoide;
I nuclei sopraottici e paraventricolari sono quattro neuroni che originano dalla neuroipofisi, gli assoni
terminano in vasi della neuroipofisi e sono semivenosi (il sangue raggiunge le cellule della neuroipofisi
per liberare ossitocina o ADH, in seguito vanno nel circolo e dai seni venosi che circondano la fossetta
ipofisaria e dal circolo refluo del cranio mi porto fino al circolo sistemico). Dal circolo adenoipofisario
che ha a monte l’atteggiamento portale ho la liberazione dell’ormone dentro la vascolarizzazione,
dall’elettrocapillare normale nascono le vene ipofisarie che vanno nel circolo sistemico, con ormoni
circolanti che raggiungono i loro target.

EPIFISI O G. PINEALE: più piccola dell’ipofisi, presenta un apice dorsale collegata all’epitalamo mediante un
peduncolo in cui rimane una traccia della cavità della vescicola di partenza detta recesso epifisario.
Il colore dell’epifisi è più scuro, si accresce fino all’età adulta per poi regredire funzionalmente. rivestita
da una meninge (pia madre), il parenchima è cordonale. Le cellule che la caratterizzano sono:
• Pinealociti: cellule endocrine con citoplasma acidofilo,
rotondeggianti, dal neuroectderma. Sono cellule nervose
trasformate in endocrine e che presentano dei prolungamenti che
prendono rapporto con la capillarizzazione;
• Cellule gliali (di supporto): neurofilamenti nelle cui maglie
troviamo la trama di sostegno che corrisponde al tessuto
connettivo di tutti gli altri organi (trama di cellule gliali con
pinealociti e capillari).

Gli ormoni prodotti sono: melatonina, prodotta dai pinealociti utilizzando un neurotrasmettitore ossia la
serotonina (che regola la sfera emozionale e cognitiva). Viene prodotta a partire dalla serotonina ed è un
ormone antagonista dell’MSH. Se l’MSH inscurisce la cute la melanina la depigmenta. Durante la notte
sale il tasso di melatonina mentre di girono sale il tasso di MSH. La melatonina è antagonista delle
gonadotropine (FSH e LH), al buio il tasso alto di melatonina favorisce il riposo dell’apparato genitali. La
secrezione è influenzata dalla quantità di luce presente, per questo gli animali si riproducono in condizioni
di luminosità, per questo viene detta orologio biologico.

Vertebrati inferiori: epifisi molto grande, infatti viene detta anche terzo occhio che percepisce il
grado d’intensità della luce presente.

TIROIDE: situata sopra alle cartilagini tiroidee, sopra la laringe e contiene le corde vocali. Origina da una
estroflessione dell’endoderma della laringe, di colore rosso scuro, sotto e lateralmente ai primi anelli
tracheali. E’ formata da due lobi dx e sx, non sono staccati ma sono uniti dal parenchima tiroideo detto
istmo (caudale). è la ghiandola follicolare più rappresentata, rivestita da una capsula connettivale (di
colorazione blu nella colorazione tricromia) che divide la ghianda in lobuli.

Differenze di specie:
• Cavallo: due lobi ovali (5 cm), l’istmo è sottile e non ho funzione ghiandolare, nei primi 3-4 anelli
tracheali;
• Bovino: lobi triangolari (6 cm), l’istmo è più voluminoso e di natura ghiandolare con superficie
globulare nei primi 1-2 anelli tracheali;
• Piccoli ruminanti: lobi sono ovalari (5 cm), l’istmo è sottile o può mancare, possono avere due lobi
staccati e lisci, tra il 2°-7° anello tracheale;
• Suino: lobi con forma indefinita (4-5 cm), fusi sul piano mediano come se fosse una sola ghiandola;
• Carnivori: lobi allungati, istmo molto raro (cani di grande taglia) tra 5°-8° anello tracheale.

Follicolo: cavità delimitata da un epitelio endocrino le cui cellule si chiamano tireociti, dentro la cavità
vi è il colloide (materiale amorfo). Nei teroeciti vi è una fitta rete di capillari e possono
essere a diversa altezza: bassi, cubici o cilindrici in base al momento funzionale.
Entrambe i lati della cellula hanno bipolarità funzionale. Il colloide è la sostanza
gelatinosa in cui ho la tireoglobulina, dall’associazione tra iodio e tireoglobulina.
• Follicolo a riposo: tireoglobulina acidofila;
• Follicolo attivo: basofila o in parte basofila ed in parte acidofila (ha prodotto una buona quantità di
ormone). Se è necessario l’ormone tiroideo i follicoli permettono che la cellula produttrice riassorba
il secreto dentro il citoplasma. L’ormone passa nuovamente nel citoplasma in vescicole lisosomiali o
vacuoli va verso la parte basale che le scarica nel capillare (bipolarità funzionale).
LEZIONE 8

Tiroide: particolare ghiandola endocrina a follicoli, che sono formazioni cavitarie caratterizzate da:

• Epitelio pavimentoso monostratificato: assume uno spessore più o


meno significativo relativo all’attività di secrezione.
• Aggregati cellulari detti parafollicolari (vicino al follicolo), chiamate
anche cellule c (in quanto il loro citoplasma è poco colorabile). Sono di
natura neuroectodermica e a carattere cordonale a doppia componente
endocrina, quella relativa alla produzione dei tireociti e delle cellule
parafollicolari.

• Tireociti producono due ormoni quali: T3, triiodotironina (tre atomi di iodio) e T4,
tetraiodotironina (quattro atomi di iodio) questi, regolano i processi di crescita, metabolici e
di sviluppo corporeo. Un individuo giovane avrà una tendenza ad una sovrapproduzione di
questi due ormoni mentre un individuo adulto avrà una produzione più regolare (salvo
condizioni patologie come ipotiroidismo o ipertiroidismo).
• Cellule parafollicolari regolano il calcio ematico contenuto nelle ossa in forma di fosfati e di
carbonati. La calcemia deve essere regolata in quanto il calcio è necessario per la
contrazione muscolare, esse producono la calcitonina, ormone che ha la funzione di tenere
bassa la calcemia (deposito di calcio), viene data agli anziani per evitare l’osteoporosi.

La tiroide è vascolarizzata e innervata:

• Vascolarizzazione: da una ramificazione della Arteria


carotide, che si ramifica in arteria tiroidea craniale e
caudale. Le vene scorrono parallele alle arterie e sono
tributarie della vena giugulare. Nei linfonodi, i linfatici di
riferimento sono, linfonodi cervicali profondi ai lati della
laringe e della trachea.
• Innervazione:
• Sistema ortosimpatico: dal ganglio cervicale
craniale (interessa distretto anteriore);
• Sistema parasimpatico: dal nervo laringeo
proveniente dal ramo del 10° nervo, il vago.
Durante il giorno la tiroide sarà stimolata nella
secrezione dei suoi prodotti e ridotti durante il riposo.

Tireocita: bipolarità funzionale. La base è a contatto con il capillare, mentre l’apice con il follicolo.

Paratiroide: costituita da ghiandole endocrine a cordoni in corrispondenza


di ciascun lobo tiroideo, si dividono in:
• esterne o craniali: craniali al lobo tiroideo di riferimento;
• interne o caudali: visibili istologicamente, porzioni cordonali situate
tra follicoli tiroidei;

Volume e peso variano a seconda dell’età e del sesso; un maschio giovane


detiene ghiandole più piccole rispetto ad un soggetto femmina, e durante la lattazione le parotidi che si
ingrandiscono ulteriormente.
Posizione e forma delle parotidi nelle varie specie:
• Equidi: parotidi esterne evidenziabili come due o tre lobuli della dimensione un pisello, di colore
giallo-rossiccio sulla trachea vicino ai linfonodi cervicali caudali, 15 cm avanti alla prima costa in
profondità, quelle interne che sono cordonali ovoidali sono sotto capsula tiroidea lungo il margine
dorsale.
• Bovini: esterne poste a 6/3 cm dalla biforcazione della arteria parotide
comune o vicino al timo cervicale, assumono un colore giallo brunastro
di forma ovalare molto appiattite con superficie lobulata e quelle
interne situate sotto la capsula vicino al margine ventro-caudale.

• Piccoli ruminanti: colore giallastro, esterne ovoidali di colore rosso


scuro e lisce, le ritroviamo a livello della biforcazione dell'arteria
carotide comune, mentre quelle interne sotto la capsula verso al polo
craniale del lobo tiroideo.

• Suini: esterne sono collocate a livello della biforcazione dell’arteria


carotide comune, incluse del timo cervicale, per vederle devo aprirlo, di
un colore grigio-rossastro, non esistono le parotidi interne.

• Carnivori: esterne, sul lobo laterale nella porzione di riferimento, hanno


la forma di un chicco di riso, appiattite e lisce, di colore giallastro; quelle
interne sono sottocapsulari della parete media di ciascun lobo.

Sezione paratiroide: tessuto connettivo che circonda la componente


ghiandolare endocrina, il connettivo manda dei setti (colore azzurro). Il
parenchima cordonale contiene cellule che non hanno una direzione specifica,
divise in cellule principali e cellule ossifile o più che eosinofile molto acidofile,
rosso cariche.

• Cellule principali: caratteristiche del parenchima, hanno aspetto variabile.


• Cellule scure: sono in secrezione;
• Cellule chiare: minore attività secretoria e caratterizzate da granuli di glicogeno.
Producono ormoni para-tiroidei, e il suo nucleo non è distinguibile dal citoplasma.
• Cellule ossifile: meno numerose e più grandi delle principali, non
sono presenti nel parenchima degli equidi e dei bovini. Il citoplasma
è più acidofilo e sono ricche di mitocondri. La loro funzione è poco
chiara, si ritiene che siano una riserva di parenchima paratiroideo
funzionale, via intermedia delle cellule principali.

Metabolismo del calcio: le cellule della paratiroide producono


un ormone antagonista alla calcitonina, il paratormone, che ha
effetto iper-calcemizzate, alza la calcemia e attiva gli osteoclasti,
che modificano il tessuto osseo demolendo i sali di carbonato e i
fosfati di calcio liberando il calcio mettendolo nel circolo
periferico.Il calcio assume più funzioni quali:

• Eccitazione neuromuscolare;
• Contrazione: per attuarla è indispensabile la liberazione di
calcio da specifiche vescicole; la concentrazione di calcio è
regolata dall'equilibrio tra paratormone e la calcitonina e da ciò
deriva l’aumento o la diminuzione della calcemia a seconda della
necessità’ funzionale.
Vascolarizzazione:
• AA. Paratiroidee: da A. carotide comune o AA. tiroidee craniali;
• VV. Paratiroidee: sboccano nelle VV. giugulari o VV. tiroidee craniali;

Innervazione:
• Ortosimpatico: dal ganglio cervicale craniale;
• Parasimpatico: dal nervo laringeo caudale;

Surrene: in addome, vicino ai due reni, da qui surrene o capsula surrenale, quest’ ultimo non utilizzato in
veterinaria poiché indica la posizione del surrene in umana.

• Ghiandola pari (due), diversi morfologicamente;


• Vicini al polo craniale del rene corrispondente, retro perineale (la cavità addominale avvolta da una
sierosa che va a rivestire i suoi organi, il peritoneo) in quanto sono localizzati sotto al perineo,
anche detti sotto peritoneali;
• In prossimità dei reni i quali rimangono adesi alle vertebre corrispondenti.

Forma: variabile, ghiandole cordonali, ammassi di cellule senza criterio ben chiaro;

Colore: nei carnivori assumono un colore grigio-giallastro, mentre negli ungulati è più scuro.

I reni negli animali domestici non sono paralleli e di conseguenza i surreni: quello di destra sarà più craniale
di quello di sinistra.

Differenze di specie:

• Equidi: assumono una grandezza di 8x3 cm circa, quello di destra


assume la forma di virgola mentre quello sinistro è più ovoidale.
• Bovini: quello a destra è a forma di V e quello a sinistra a forma di
C, quest’ultimo non è in rapporto con il rene sinistro (nella cavità
addominale a sinistra c’è il rumine che occupa tutta la cavità,
questo fa sì che rene di sinistra sia più spostato sul lato destro,
quindi non proprio sotto lombare). stessa cosa succede nei piccoli
ruminanti.
• Piccoli ruminanti: surreni con dimensioni simili ma minori rispetto
ai bovini, assumono una forma di fagiolo.
• Suini: di forma allungata, 10x3cm e sono alla stessa altezza, come
i loro reni.

Vetrino: surrene istologico a grande ingrandimento, il tessuto connettivo


detiene una ricca componente adiposa, il connettivo reticolare è sottile e in
intimo rapporto con la componente parenchimale. Vi sono fibre elastiche e
cellule muscolari lisce, con attività di locomozione in una parte, (di
movimento), il parenchima cordonale detiene una cellula caratterizzata da
corticale e midollare come il timo, c parte esterna e interna.

Il parenchima si distingue in due porzioni: corticale e midollare.

Corticale:

• Colore: giallo all’esterno e rosso all’interno, la parte esterna assume un aspetto striato, le cellule si
organizzano in cordoni paralleli tra loro.
• Origine:
• Corticale: mesoderma,
• Midollare: unico ammasso di cellule, caratterizzato da ricchi vasi, la porzione interna è
rossastra di aspetto omogeneo origine neuroectodermica, come il SNC.

Vetrino istologico colorato con una colorazione tricromica azzurra per


evidenziare anche lo stroma. Il tessuto connettivo manda dei setti che si
assottigliano sempre di più con in mezzo dei capillari (puntini rossi), dalla
capsula connettivale ha luogo la circolazione; i capillari servono a portare
l’ormone nella circolazione ematica. Si evidenziano:

• Strato Glomerulare o arcuato: 10%, i cordoni si dispongono come


archi, aperti o a nodini. Produce ormoni steroidei tra cui:
• mineralcorticoidi: costituiti da un anello steroideo come il
colesterolo o l’aldosterone con il rene come bersaglio;
durante la fase di filtrazione la presenza dei mineralcorticoidi
(aldosterone) fa riassorbire il sodio a discapito del potassio (il
riassorbimento del sodio a livello del tubulo renale è favorito dalla renina e angiotensina
sintetizzate dal rene stesso).
• Reticolare: 20% (inferiore): cordoni disposti a rete. Si ha la produzione di ormoni steroidei sessuali
tra cui:
• androgeni e in numero minore estrogeni, diversi dagli ormoni maschili e femminili prodotti
dalle gonadi. Gli ormoni hanno funzione mascolinizzante, vanno a stimolare tutti quei
caratteri sessuali secondari maschili come la massa muscolare più sviluppata e le corna più
grandi. Sempre regolata dall’input ipofisario ACTH.
• Fascicolata, lo strato intermedio che rappresenta circa il 60/70% caratterizzato da un citoplasma
chiaro, al cui interno ci sono vacuolizzazioni. I cordoni si dispongono parallelamente, e si ha la
produzione di:
• Glucocorticoidi: regolano il metabolismo degli zuccheri (gluco- da glucosio), e agiscono
sulla gestione dello stress. Come l'azione del cortisolo e del cortisone che ha ruolo
determinare nella risposta allo stress. Agisce in senso iperglicemizzante, nutre (glucosio) le
cellule, assume proprietà anti allergiche e combatte meccanismi infiammatori. La
produzione di cortisone è finemente regolata dall’ipofisi, la quale manda alla parte
fascicolata del surrene ACTH.

Midollare: cellule simili a quelle della parte reticolare, ma con la presenza di


vasi grosso calibro. Vi sono i cordoni di cellule cromaffini, ossia affini ai
coloranti, sali di metalli. Il tutto assume una colorazione brunastra (come nei
neuroni).

Le cellule sono anastomizzate tra loro con un’ampia presenza di vasi venosi in
con parete molto sottile. Vengono prodotte:

• Noradrenalina (NA): 20% azione prevalentemente a livello


circolatorio: aumenta la gittata cardiaca, la pressione arteriosa e il
flusso coronarico. La produzione necessita di stimoli stressogeni
importanti, superiori rispetto a quelli che innalzano la A.
• Adrenalina (A): 80 % azione a livello sistemico: aumento frequenza cardiaca, aumento pressione
sistolica, diminuzione della pressione diastolica, aumento irrorazione di muscoli, pelle e reni,
aumento temperatura corporea, aumento di consumo di ossigeno, glicogenolisi e lipolisi nei tessuti
adiposi.
Questi due neurotrasmettitori hanno prevalenza differente a seconda delle specie (soprattutto se sono
predatori o meno), l’adrenalina è caratteristica degli erbivori in quanto devono fuggire, mentre i
carnivori/predatori come il gatto sono caratterizzati dalla noradrenalina (nel gatto 40%).

Sono raggruppate sotto il nome di catecolamine, di natura neuroendocrina, sono mediatori chimici del SN
simpatico in risposta allo stress. Derivano dalla tirosina (aa) che subisce la trasformazione in
diidrossifenilalanina, dopamina (a livello del nucleo rosso nel sistema nervoso, è un neurotrasmettitore),
noradrenalina e adrenalina.

Vascolarizzazione: circolazione arteriosa arriva dall’aorta o dalle


arterie renali, le quali dalla rete vascolare della capsula penetrano
nell’organo. La trama è fatta da rami brevi che vascolarizzano la
corticale e rami lunghi che vascolarizzano la midollare, poi diventano
capillari e andranno a confluire in seni venosi che si organizzeranno in
venule che confluiranno nella vena centrale che andrà nella vena
cava caudale dx e vena renale sx.

Nel surrene sono presenti linfonodi renali e lomboaortici, è innervato dal plesso surrenalico che costituisce
sia la componente parasimpatica che ortosimpatica. A livello della porzione midollare sarà presente solo la
componente ortosimpatica, che può essere considerata come un ganglio del sistema nervoso ortosimpatico
(paraganglio).

Pancreas endocrino: vetrino a livello lobulare del pancreas esocrino, sono presenti sia gli adenomeri che i
dotti escretori, l’epitelio è monostratificato, con grossi vasi.

• Piccoli raggruppamenti di cellule: doppia componente sia esocrina


che endocrina, queste prendono il nome di Isole di Langerhans.
• Distribuzione variabile: forma simile a quelle della paratiroide,
ovoidale 50-500 µm, variabile da specie a specie.
• Caratterizzata da una componente cordonale e da lieve
componente connettivale.

Gli ormoni che va a produrre vanno ad agire sul metabolismo dello zucchero (insulina e glucagone).

• Insulina: funzione ipoglicemizzante, favorisce il deposito di glucosio sotto forma di glicogeno (come
riserva energetica), quindi il suo input endocrino abbassa la glicemia. Viene prodotta dalle cellule β
del pancreas (80%);
• Glucagone: antagonista dell’insulina, ha funzione ipoglicemizzante, prodotto dalle cellule α (15%).
• Somatostatina: inibisce l’ormone GH (della crescita) e il rilascio di insulina e del glucagone
indipendentemente dalla glicemia. La sua attività è paracrina ovvero agisce su celule vicine, è
prodotta dalle cellule δ (5%).
• Polipeptide pancreatico: stimola la secrezione gastrica (2%).

Testicolo: vetrino con porzioni di tubulo seminifero, le cellule di Leydig.


Cellule a secrezione steroidea, esse producono testosterone su stimolo
dell’ormone ipofisario ICSH e producono anche prostaglandine.

• Testosterone: agisce sui caratteri sessuali primari e secondari e


ha un’azione metabolizzante sulle masse muscolari.
• Prostaglandine: autocrine, agiscono su testicolo stesso e
determinano la contrazione delle cellule mioepiteliali dei tubuli
seminiferi. Fanno avanzare gli spermatozoi.
• Estrogeni: dalle cellule del Sertoli si ha la produzione di estrogeni regolatori nella biosintesi del
testosterone.
Ovaio: Vetrino che presenta l’ovaio di una coniglia, che detiene tanti
follicoli (unità funzionale) a fianco del follicolo (cerchiato) abbiamo il
corpo luteo.

Follicolo in fase iniziale:

• Produce estrogeni sotto azione dell’ormone FSH


• Sintetizza l’inibina, endocrina, che blocca FSH raggiunta una
determinata concentrazione.

Follicolo cavo:

• Si trasforma in corpo luteo, giallastro, ricco di steroidi, produce progesterone sotto azione dell'LH o
prolattina e la relaxina, a fine gravidanza che ha la funzione di preparare il corpo al parto; induce il
rilassamento della cervice, l’apertura della vagina e l’adattamento dei legamenti che si devono
allentare.

Anche gonade femminile produce testosterone, prodotto dalla midollare dell’ovaio, caratterizzata da
cellule molto attive (cellule Ilari) durante la gravidanza. Esse sono simili alle cellule di Leydig, necessarie per
l'avanzamento della gravidanza.
LEZIONE 9
Nel corpo dell’animale abbiamo una distribuzione di strutture endocrine in organi non prettamente
endocrini.

RENE: attività endocrine prodotte a livelli diversi: una si chiama renina e una eritropoietina.
• Renina è una sostanza ad attività endocrina prodotta dalle cellule iuxtaglomerulari (glomerulare
fa riferimento al glomerulo renale, unità funzionale del rene, iuxta =vicino). È stimolata ogni
qualvolta la pressione del sangue arterioso che irrora il rene (pressione dell'arteria renale) si
abbassa. Si può abbassare per:
• il rapporto tra l'acqua contenuta nel plasma;
• ione sodio (collegato all'acqua per l’osmolarità). La riduzione del sodio determina anche
una riduzione del contenuto acquoso del sangue, questo comporta una riduzione della
pressione arteriosa all'interno del circolo.

Quando questa riduzione è a livello renale, induce una ridotta funzionalità renale perché è l'organo
che filtra il sangue trattenendo il materiale utile ma eliminando con l’urina il materiale tossico, se
abbasso la pressione sanguigna che entra nel rene chiaramente ho una inficio alla funzionalità
renale. Questa riduzione della pressione renale dovuta alla riduzione del sodio è inibita da un
ormone a carico della componente ipofisaria, l’adiuretina o vasopressina.

L’attività della renina è opposta quella dell'adiuretina. La renina è una sostanza che ha attività
vasocostrittrice, e la produzione di renina induce a livello renale la produzione finale
dell’angiotensina 2, quindi l’angiotensina 2 fa un meccanismo di blocco del problema di
abbassamento di pressioni: ha attività ipertensiva, cioè rialza la pressione ematica a livello renale
semplicemente riducendo il calibro del vaso.

La renina è importante perché è un meccanismo di controllo ed è necessaria nel caso di


abbassamento della pressione ma sarà antitetica a un alto livello di ADH e a un alto livello di
angiotensina. Se c'è molta angiotensina, il catabolita finale della renina, non c’è bisogno di produrre
renina, quindi il circolo è in equilibrio.
Produzione: queste cellule hanno la capacità di riconoscere l'abbassamento della pressione
(barocezione). Quindi si tratta di cellule barocettrici che leggono l’abbassamento della pressione e
producono in quel momento nel sangue questa sostanza.

• Eritropoietina. In condizioni di ipossia (abbassamento sistemico dell’O2 nella circolazione


ematica, è una chemiocezione, ossia riconoscono il suo abbassamento a favore purtroppo della
CO2), l'eritropoietina raggiunge il tessuto eritropoietico ossia il midollo osseo che determina la
produzione di nuovi globuli rossi (e quindi di ossigeno): è quindi un meccanismo di compenso
legato alla percezione di una ipossia.

CUORE: pompa aspirante e premente ha la capacità di produrre una sostanza di natura proteica, il
peptide ANP, che ha la capacità di agire sul rene come diuretico (quindi aumentare la diuresi vuol
dire aumentare l'eliminazione di acqua) e natriuretico (eliminazione del natrium ossia il sodio).
Invece inibisce i mineralcorticoidi (come l’aldosterone) che sono delle sostanze che favoriscono il
riassorbimento di acqua e quindi la permanenza dell'acqua nel plasma sanguigno, come quindi la
renina e l’ADH.

TIMO: Anche il timo può essere considerato in parte ad attività endocrina, produce
timosina/timostimolina/fattore timico umorale (sono termini che si sovrappongono): sono sostanze
di natura proteica che hanno un'attività endocrina quindi ormonale per la differenziazione dei
linfociti T a carico del timo.

PLACENTA: E’ un organo temporaneo della riproduzione dei mammiferi, fondamentale per il


nutrimento del feto in utero. La placenta produce delle sostanze di natura endocrina ad attività simil
progestiniche che sono la
• HCG (gonadotropina corionica);
• ormone somatotropo corionico (hCS, che già in utero agisce nella stimolazione metabolica
delle cellule);
• corticotropina corionica (hCC, attività simil corticosurrenale, quindi aumentare glicemia del
feto);
• estrogeni e progesterone, relaxina (ormone che determina l’allentamento delle componenti
connettivali dei vari organi e dei legamenti della cavità pelvica per permettere all’utero di
accrescersi meglio);
• ormone lattogeno (insieme alla prolattina inizia ad indurre la ghiandola mammaria alla
produzione di latte).

PARAGANGLI =ganglio vicino ai gangli, sono gruppi di cellule neuroendocrine che si originano del
neuroectoderma e sono strettamente associate al sistema nervoso autonomo (ortosimpatico o al
parasimpatico).
I paragangli del sistema ortosimpatico si colorano con sali metallici quindi sono detti cromaffini,
quelli del parasimpatico invece non sono cromaffini.
• Paragangli ortosimpatici: secernono adrenalina e noradrenalina che sono sostanze di
natura neuroendocrina. Sono gruppi di cellule disseminati in gangli e tra nervi del sistema
ortosimpatico nella cavità addominale e pelvica. Con la maturità sessuale subiscono
regressione, quindi sono particolarmente attivi negli animali in accrescimento.
• Paragangli parasimpatici: in rapporto con i nervi glossofaringeo (IX°) e vago (X°). Gruppi di
cellule epiteliodi localizzati intorno a vasi, circondati da una rete di fibre nervose. Hanno
contatto con la circolazione ematica nel glomo carotideo (biforcazione dell’A carotide
comune) e nel glomo aortico (vicino all’arco aortico). Sono chemiorecettori per il controllo
della composizione chimica del sangue (O2, CO2, pH). Se riconosco alterazioni dell’equilibrio
biochimico nel sangue determinano riflessi che portano all’aumento o riduzione dell’attività
cardiorespiratoria (ridurre: stimolazione parasimpatica, aumento: ortosimpatico).

SISTEMA ENDOCRINO DIFFUSO


Cellule presenti in ghiandole endocrine (tiroide e midollare del surrene) o in organi parenchimatosi
(gonadi, rene, cuore), ma anche nelle mucose del sistema gastroenterico pancreatico (GEP) e
apparato respiratorio e urogenitale. Secernono catecolamine e/o peptidi che vengono immessi nei
fluidi interstiziali e poi in circolo (attività endocrina), oppure possono agire su elementi circostanti
(attività paracrina). Cellule APUD (Amine Precursor Uptake and Decarboxylation): cellule con
capacità di assumere e decarbossilare precursori di ammine. Favoriscono l’integrazione tra sistema
nervoso e neuroendocrino.

SISTEMA ENDOCRINO DEGLI UCCELLI

EPIFISI: Stadio intermedio tra vertebrati inferiori (terzo occhio, organo di senso con cellule simili ai
fotorecettori della retina) e mammiferi (vera ghiandola endocrina). Ghiandola allungata tra emisferi
cerebrali e cervelletto. Produce l'ormone melatonina: è antigonagotropo, agisce sui cromatofori ed
è antimelanoforostimolante ipofisario, influenza nelle 24 ore il ritmo circadiano della vita di
relazione (ovodeposizione) e vegetativa: è un orologio biologico in funzione della radiazione
luminosa.

IPOFISI: Non ho la fusione completa dei due corpi ipofisari (neuroipofisi e adenoipofisi), ma sono
anatomicamente distinte da un elemento connettivale.
• Neuroipofisi: produce ossitocina: comporta la
contrazione dell’ovidutto, è fondamentale per la
ovodeposizione.
• Adenoipofisi: produce la prolattina: istinto della cova,
tendenza a costruire il nido, le cure parentali e nel
colombo la formazione del latte del gozzo (maschio e
femmina si occupano delle cure parentali assieme,
anche nella cova). L’adenoipofisi produce anche l’MSH
(ormone melanoforostimolante), poichè manca il lobo
intermedio.

TIROIDE: Produce tiroxina o tetraiodiotironina, determinante nella muta e nello sviluppo delle
penne.

PARATIROIDI: Si trovano dietro la tiroide. Producono paratormone: nelle galline ovaiole, insieme agli
estrogeni, mobilizza sostanze minerali dalle ossa per formare il guscio.

CORPO ULTIMO BRANCHIALE: Ghiandola endocrina simil follicolare, derivante da ultimo corpo
branchiale, localizzata vicino alle paratiroidi e timo. Producono la calcitonina: accumula calcio per la
formazione del guscio.
Nei mammiferi tali cellule si indovano e diventano le cellule C parafollicolari.

INTERRENALE: ciò che nei mammiferi diventerà surrene, è una struttura mediale al polo craniale del
rene, tessuti ghiandolari frammisti a funzionalità surrenali blande.

TESTICOLO: Gli uccelli hanno due testicoli interni (criptorchidismo permanente).


Produce androgeni: influenzano i caratteri sessuali secondari, favoriscono lo sviluppo della ghiandola
dell’uropigio (a secrezione sebacea, nella parte sacrale, sotto azione degli androgeni gli uccelli vanno
a becchettare questa ghiandola e prelevare il secreto, per poi spargerlo su piume e penne poichè è
una sostanza idrorepellente), incrementano i processi di ossificazione.
OVAIO: Gli uccelli hanno un solo ovaio, il sinistro. Produce estrogeni: regolano lo sviluppo e la
colorazione del piumaggio e la sintesi di vitello (componente del tuorlo nutritiva) nel fegato. Insieme
al progesterone influenzano la sintesi dell’albume.

PANCREAS ENDOCRINO: Prevalgono le cellule α(producono glucagone, per iperglicemia).


ORGANO DELLA VISTA (MAMMIFERI)
L’organo della vista è accolto nel cranio nella cavità orbitaria, ha base anteriore ed apice posteriore
(caratterizzato dalla presenza del foro ottico), in parte ossea (frontale, zigomatico, lacrimale e
sfenoide) e in parte connettivale (periorbita, lamina applicata al periostio).
Orbite:
• Bovino e cavallo: complete;
• Suino e cane: legamentose: l'osso frontale si interrompe e la periorbita chiude l’orbita e il
legamento orbitale chiude il processo orbitale del frontale.

Negli erbivori l’orbita è totalmente lateralizzata perchè per alimentarsi hanno bisogno
esclusivamente di abbassare la testa e trovare l’alimento in terra, ma ha necessità di guardarsi anche
alle spalle per controllare che non arrivi un predatore.
Negli onnivori/carnivori c’è invece necessità di diventare predatore quindi deve aumentare la
capacità visiva frontale, e ciò giustifica l’ampia cavità orbitale e la struttura legamentosa che
permette di muovere meglio l’occhio.

Strutture accessorie al bulbo oculare: Palpebre, Apparato lacrimale, Muscoli estrinseci dell’occhio,
Fascia del bulbo, Corpo adiposo.

PALPEBRE
Pieghe cutanee ellittiche con funzione di protezione, detersione e
partecipazione alla mimica facciale
(può scegliere di aprirle o chiudere).
• Le palpebre superiori e inferiori sono collegate dalla
commessura mediale (nasale), arrotondata, e dalla
commessura laterale (temporale), acuta.
• Margine aderente alla cute della faccia.
• Margine libero, la pelle si continua nella congiuntiva. I due
margini delimitano la rima palpebrale, fa da impianto delle
ciglia che sono più numerose nel margine superiore
(mancano in maiale e cane).
• Nei follicoli delle ciglia: sbocco di ghiandole sebacee (di
Zeiss) e sudoripare (di Moll).
• Faccia esterna: convessa, cute con peli sottili, qualche pelo tattile, poche ghiandole
sudoripare e sebacee.
• Faccia interna: concava, rivestita da congiuntiva (che dà l’aspetto lucido all’occhio) che si
continua sulla faccia anteriore dell’occhio.
• Punto di riflessione: fornice congiuntivale
STRUTTURA: Epitelio pavimentoso stratificato più o meno cheratinizzato.
• Cute: sottile.
• Sottocute connettivale: scarso nelle commessure e nel margine libero.
• Muscolo orbicolare: ha le fibre ad andamento circolare che contraendosi determinano la
chiusura delle palpebre.
• Tarso: si trova più verso l’apertura delle palpebre, è una lamina di connettivo denso che
funge da scheletro delle palpebre (che fa aderire bene la palpebra all’occhio).
• Nello spessore: ci sono le ghiandole sebacee tarsali (di Meibomio), riducono la possibilità
che le lacrime possano uscire dalla rima palpebrale, essendo un liquido idrorepellente le
mantiene nella cavità orbitale.
• Congiuntiva palpebrale: è una mucosa che poggia su tonaca propria e connettivo lasso
sottocongiuntivale e riveste una cavità interna, è un epitelio che da cilindrico (al fornice
congiuntivale) passa a pavimentoso stratificato (sulla cornea).
LEZIONE 10

Negli animali domestici si può parlare anche di una terza palpebra, detta membrana
nittitante, membrana che nasconde. Viene definita come piega semilunare della
congiunta bulbare, sostenuta da sottile lamina di cartilagine ialina a forma di T.

Presenta un margine libero, che va verso l’angolo temporale dell’occhio, e il


peduncolo, che va verso il margine nasale, ed è ricoperto dalla ghiandola lacrimale
accessoria.

Ci sono delle differenze di specie per quanto riguarda la secrezione di questa


ghiandola:

• Equidi, carnivori (in particolare nel gatto): secrezione sierosa;


• Altre specie: secrezione siero-mucosa;

Il peduncolo è in rapporto con il corpo adiposo dell’orbita (dietro l’occhio). A questo livello si trova il
muscolo retrattore del bulbo e grazie alla sua contrazione il bulbo rientra in cavità orbitale dove trova un
corpo adiposo, che è incomprimibile, quindi la compressione del bulbo sul corpo adiposo fa spingere medio
lateralmente il peduncolo della terza palpebra.

La terza palpebra ha forma e dimensione diverse in base all’animale che si


considera, varia anche la ghiandola annessa:

• Cane e gatto sono abbastanza simili;


• Cavallo: forma di T anomala;
• Bovini e suini: la ghiandola profonda della terza palpebra viene
anche definita di Harder, ed è a secrezione siero-mucosa. In
entrambi è molto sviluppata, tanto che nel suino è presente come
due masse reciproche distaccate l’una dalle altre.

Apparato lacrimale:

La ghiandola lacrimale è inserita nella fossa lacrimale dell’osso frontale, a carattere lobulato, la superficie
non è liscia. Questi lobi emettono le lacrimale tramite 15-20 dotti escretori nel fornice congiuntivale
superiore. La ghiandola lacrimale è una ghiandola tubulo acinoso composta, prevalentemente sierosa
(eccezione nel cane e nel suino che è siero-mucosa).

Le lacrime sono fatte di acqua, NaCl al 20-30%, varie proteine, tra le quali la più importante è il lisozima,
che è una proteina ad attività enzimatica proteolitica, quindi con attività di difesa. La lacrima, quindi, tiene
bagnata la superficie anteriore dell’occhio e di combattere aggressioni derivanti da un contatto
dall’esterno.

Le lacrime corrono in senso postero-anteriore e prendono diverse vie di deflusso. Le vie lacrimali sono
costituite da un lago lacrimale: uno spartiacque nell’angolo nasale dell’occhio, sul fondo del quale si ha una
escrescenza rotondeggiante (la caruncola), grazie alla quale le lacrime si dividono andando in due direzioni
diverse: superiormente e inferiormente alla caruncola, e vengono convogliate sino ai punti lacrimali. I punti
lacrimali sono sul margine mediale della ripiegatura palpebrale, e sono l’origine dei condotti lacrimali
superiori e inferiori, i quali hanno un decorso latero-mediale e terminano nel sacco lacrimale, da qui le
lacrime prendono il condotto naso-lacrimale. All’inizio è un condotto osseo, poi diventa canalicolo
cartilagineo fibroso e termina nel vestibolo nasale, terminando con ostio naso lacrimale.
I muscoli dell’occhio:

• Muscoli estrinseci dell’occhio: muscoli striati, volontari e la contrazione


determina la necessità volontaria di muovere l’occhio. Sono deputati alla
rotazione del bulbo oculare. Si dividono in:
• 4 muscoli retti: dorsale, ventrale, nasale e laterale. Nascono da un anello
tendineo, intorno al foro ottico, si portano in avanti verso la fascia del
bulbo (tessuto connettivo che ricopre in parte l’occhio) e si inseriscono
sulla sclera, vicino alla cornea (sclera e cornea indicano la tonaca più
esterna dell’occhio, la sclera è la parte bianca, la cornea è la parte
trasparente che fa vedere l’iride e la parte interna nera). Il movimento di
questo muscolo determina la visione nel 4 quadranti.
• 2 muscoli obliqui: dorsale e ventrale. Il dorsale origina con i muscoli retti,
passa tra il retto mediale e il dorsale attraverso una troclea (anellino)
fibro cartilagineo, ancorata nell’osso della cavità orbitale, si dirige
lateralmente e termina tra il retto dorsale e il retto laterale. La sua
contrazione determina la rotazione in basso e laterale. il ventrale
nasce dal pavimento dell’orbita, passa sotto il retto ventrale e si
inserisce sotto il retto laterale (quindi è ventrale medio-laterale). La
sua contrazione determina una rotazione in alto e laterale.
Questi muscoli vengono anche detti patetici dato il movimento in
obliquo
• 1 muscolo retrattore del bulbo: quattro lamine muscolari fuse che
circoscrivono il nervo ottico e terminano nella superficie posteriore del bulbo. Durante la
contrazione spinge la formazione globosa in profondità. Importante che sia sincrono con la
chiusura delle palpebre.
• 1 muscolo elevatore della palpebra superiore: deputato all’apertura dell’occhio. Parte dal foro
ottico, decorre sopra il retto dorsale e si fissa sulla palpebra superiore, in sincronia con la
contrazione del retto superiore permette agli animali di vedere verso l’alto.

Innervazione:

• Nervo oculomotore (terzo): retto dorsale, ventrale e mediale; obliquo ventrale, elevatore della
palpebra superiore
• Nervo trocleare (quarto): obliquo dorsale
• Nervo abducente (sesto) retto laterale e retrattore dl bulbo

Fascia del bulbo: e un connettivo fibroso che riveste l’emisfero posteriore dell’occhio, nasce dalla guaina
del nervo ottico e dalla fascia del muscolo retrattore, fino alla giunzione sclero-corneale. È attraversata dai
tendini dei muscoli estrinseci.

Corpo adiposo:

• Intraorbitale: occupa la parte posteriore della cavità orbitale, più sviluppato medialmente in
contatto con la cartilagine della terza palpebra;
• Extraorbitale: tra la periorbita e la fossa temporale, fino ad arrivare al sottocute.

Bulbo oculare: vero e proprio organo della vista: è un organo cavo, formato da tonache di rivestimento con
dentro una cavità vuota. Origina dalla vescicola ottica del prosencefalo.
Coperto da una parete, con tre tonache concentriche:
• Esterna: formata da tessuto fibroso (definita cornea la parte
anteriore e sclera la parte posteriore);
• Media: detta anche vascolosa o vascolare, è una tonaca
connettivale vascolarizzata. Si divide in più porzioni: andando
dall’emisfero posteriore, verso la parte anteriore:
• Corioidea
• Corpo ciliare
• Iride: parte che diversifica il colore dell’occhio ed è il diaframma muscolare
• Interna: è la tonica nervosa, detta anche retina. È la tonaca fondamentale per la percezione della
vista, fatta da neuroni ed è in collegamento con il sistema nervoso centrale; è la tonaca con minore
estensione.
È un organo cavo perché contiene i mezzi rinfrangenti o diottrici, formato da strutture trasparenti a diversa
consistenza, detti: umor acqueo, cristallino e corpo vitreo.
Forma del bulbo oculare: a sfera, si definiscono due porzioni: un segmento anteriore (rivestita da cornea) e
un segmento posteriore (rivestiti da sclera), i quali hanno due raggi di curvatura diversi (il posteriore è
maggiore dell’anteriore). Queste due porzioni sono divise da un solco sclero corneale.
Volume: è in relazione alla mole corporea dell’animale e dall’attitudine. Il più voluminoso è quello del
gatto, poi vi è il cane, pecora, cavallo, bovino e suino.

Termini tecnici:
• camera anteriore: spazio tra cornea e iride
• camera posteriore: spazio tra iride e cristallino
• tra la camera posteriore e anteriore vi è un contenuto comune:
umor acqueo
• dietro il cristallino vi è il corpo vitreo

Terminologia in oftalmologia:
• polo anteriore: centro della superficie anteriore della cornea;
• polo posteriore: punto diametricamente opposto, sulla sclera;
tra i due poli si collegano due assi:
• asse anatomico: linea che unisce i due poli;
• asse ottico o visivo: linea che, passando per il centro dei mezzi
rinfrangenti, cade sulla retina in corrispondenza del fondo
dell’occhio, nel punto della visione distinta retinica (nell’uomo viene definita come macula lutea,
nell’animale viene detta area centrale o fovea);

Analizzando i primati si osserva che hanno una visione frontale, gli occhi sono paralleli
tra di loro e ciò che vede l’occhio destro è quello che vede anche l’occhio sinistro.
Scendendo dai primati si osserva una divergenza, che è più o meno ampia a seconda
di come sono orientati gli occhi.
Ci sono tre tipologie di animale:
• animale predatore: es. gatto. Hanno orbite più frontali, gli assi divergono
meno (gatto 20 gradi, cane 30/50 gradi), campo visivo binoculare maggiore.
Miglior potere visivo anteriore
• erbivoro medio es. cavallo o estremo es. coniglio: hanno orbite laterali, gli
assi divergono molto (cavallo 90 gradi, bovino 104 gradi, lepre o coniglio 170
gradi) ridotto campo visivo binoculare, ma miglior visione monoculare e spaziale, a scapito della
visione anteriore binoculare.
Altra definizione in oftalmologia:
• meridiani: cerchi che passano per i due poli dell’occhio, ce ne sono tanti, ma dal punto di vista
clinico due sono i più importanti:
• meridiano verticale
• meridiano orizzontale
sono ortogonali tra di loro e permettono di dividere l’occhio in quattro quadranti:
• dorso nasale
• dorso temporale
• ventro nasale
• ventro temporale
• equatore: è unico, linea circolare, perpendicolare all’asse dell’occhio, è equidistante dai due poli ed
è la massima circonferenza dell’occhio e divide il bulbo in un emisfero anteriore e un emisfero
posteriore.

Studio dell’occhio:
Tonaca fibrosa: connettivale, divisa in:
• sclera posteriore, opaca (sono i 4/5 dell’occhio e ha un raggio di curvatura maggiore), è biancastra
(anche se può avere delle variabilità), è più sottile a livello dell’equatore. Composto da tessuto
connettivo collagene, a fasci intrecciati con fibre elastiche e presenta delle cellule pigmentate, i
melanociti (addensate nel solco sclerare), povera di vasi (la nutrizione di questo tessuto è a carico
di un’altra tonaca adesa ad essa profondamente). Ha funzione di protezione del globo oculare e su
di essa si attaccano i muscoli estrinseci dell’occhio e della fascia del bulbo.
A livello esterno è in contatto con i muscoli estrinseci dell’occhio (a livello posteriore) e con la
congiuntiva bulbare (a livello anteriore); internamente è in rapporto con la tonaca vascolare.
A livello della camera anteriore vi è il plesso venoso della sclera per regolare il deflusso dell’umor
acqueo che è importante perché serve per mantenere costante la pressione interna dell’occhio.
• cornea anteriore, trasparente (è 1/5 dell’occhio e ha un raggio di curvatura minore). Trasparente,
consistenza dura ed elastica. Negli animali notturni è più grande e permette maggiore trasmissione
di luce. Lo spessore è circa 1-1,5 mm e sul centro è più sottile. Il contorno è ellittico:
• a maggior asse trasversale nell’erbivoro;
• quasi circolare e molto prominente nei carnivori (più prominente nel gatto che nel cane).
Il contorno della cornea rispecchia il contorno del foro pupillare, il quale nel carnivoro è
rotondeggiante quando l’occhio è aperto, mentre è ovalare negli ungulati.
La faccia esterna è in rapporto con la congiuntiva, bagnata da lacrime, la faccia interna è in
rapporto con umor acqueo.
La cornea non è vascolarizzata, infatti è trasparente, e la nutrizione è per diffusione del liquido
lacrimale dell’umor acqueo. È molto innervata, quindi molto sensibile, le fibre sensibili derivano dal
nervo trigemino e dal nervo facciale, determinando il riflesso corneale (se tendo con un dito a
toccare la cornea, l’animale per riflesso chiude le palpebre per difendere la cornea).
il limite tra la parte anteriore e posteriore è il solco sclero corneale, detto anche limbo (la sclera si
sovrappone per un breve tratto alla cornea).

Struttura della cornea: composta da cinque strati, dall’esterno verso l’interno:


• epitelio corneale: pavimentoso stratificato non cheratinizzato;
• membrana limitante esterna (di Bowman): lamina basale dell’epitelio corneale;
• stroma: strato più spesso, formata da lamelle con fibrille collagene ad orientamento
diverso tra loro, questo determina nella possibilità di deformazione, unite da sostanza
cementante (mucopolisaccaridi, quindi zuccheri unite a proteine) con un indice di
rifrazione (lamelle e mucopolisaccaridi) uguale alle fibre. Grazie a tutte queste
caratteristiche la cornea risulta trasparente;
• membrana limitante interna (di Descement): fibroelastico, lamina basale dell’endotelio
corneale
• endotelio corneale: unico strato di cellule appiattite che lasciano passare l’umor acqueo,
fino allo stroma vero e proprio. Quindi questa struttura, che deve rimanere trasparente,
viene nutrita dall’imbibizione dall’umor acqueo. L’endotelio corneale si riflette sull’iride.

Tonaca vascolare: detta anche uvea, è connettivale, ricca di vasi e divisa in:
• corioidea: riveste l’emisfero posteriore, termina ventralmente all’ora serrata (limite anteriore della
retina), tra sclera e retina, di cui nutre le cellule degli strati esterni.
Vi sono cinque strati, dall’esterno (dalla sclera verso la retina):
• Lamina sovra corioidea: di tessuto connettivo lasso, con vasi linfatici e sanguigni,
innervata, con melanociti (strato che dà il colore nero all’occhio). Viene anche detta
lamina fusca.
• Lamina vascolosa: spessa, con rami di vasi arterie ciliari posteriori e delle vene vorticose.
Formata di connettivo lasso e melanociti;
• Lamina pigmentata o tepetum: struttura nera con alcune variazioni (ben visibile nel
cavallo). Questo strato si divide in due porzioni:
• Tappeto bruno: inferiore, pigmentato e impedisce la riflessione dei raggi luminosi.
• Tappeto lucido: superiore, riflesso metallico (cristalli di guanina), privo di vasi, utile
in animali notturni (es il gatto, ha il tappeto lucido più sviluppato). Manca nei suini,
sostituito da uno strato di fibre elastiche.

Nei carnivori il tappeto è costituito da cellule allungate contenenti pigmento di color giallo verdastro. Negli
erbivori vi è un tappeto fibroso con molte fibre collagene di colore blu verdastro.

• Lamina coriocapillare: rete di capillari con poco connettivo lasso e melanociti. Funzione di
nutrizione degli strati più superficiali della retina.
• Lamina basale: vera separazione anatomica tra la corioidea e la retina visiva. Costituisce il
primo strato della retina visiva.

• corpo ciliare: porzione anteriore rispetto alla corioidea, è una formazione anulare pigmentata
(rossa nell’animale albino), inizia dall’ora serrata e termina nell’iride, è responsabile della
produzione dell’umor acqueo. Formato da due strati:
• orbicolo ciliare: segue la corioidea, formata da piccole creste radiali (pieghe orbicolari);
• corona ciliare: segue l’orbicolo e ha delle pieghe radiali per fusione di 2-3 pieghe
orbicolari (processi ciliari), separate da solchi da cui emergono le fibre dell’apparato di
sospensione
del cristallino,
di natura
glicoproteica
(detta anche
zonula di Zinn);
LEZIONE 11
Struttura del corpo ciliare (da esterno → a interno)
• Lamina sovracorioidea continuazione della lamina corioide;
• Muscolo ciliare liscio, involontario con decorso circolare (l’inizio
delle fibre corrisponde alla fine), nel carnivoro: vista acuta a breve
distanza, la contrazione allenta le fibre dell’apparato di
sospensione del cristallino (zonula di Zinn) che rende più morbide
le fibre, il cristallino diminuisce la tensione, quindi aumenta la
convessità: visione da vicino, accomodazione.
• Lamina vascolosa: struttura di stroma vascolare, capillari
fenestrati e venule, responsabile nel volume tridimensionale delle
pieghe orbicolari e processi ciliari. Sono quindi formazioni a volute
che ne determinano uno spessore variabile, caratteristica di
diversità tra la coroidea che è piatta e questa struttura che è
tridimensionale.
• Lamina basale, se ricordiamo l’ora serrata che era il limite della retina in appoggio sulla corioidea,
è importante perché craniale a questa vi è la retina nervosa cieca (che non prevede in porzione
anteriore la presenza dei neuroni) , quindi la lamina basale in relazione al corpo ciliare è il limite di
separazione , appoggio di epitelio pigmentato sopra il quale non ci sono neuroni contribuisce a fare
lo “scuro” all’interno dell'occhio (lb+ epitelio pigmentato), (differenza con la corioidea dove la
lamina basale faceva da appoggio su epitelio pigmentato e craniale presentava neuroni)

IRIDE: diaframma (struttura mai uguale), struttura di prevalenza muscolare che permette di far variare
dimensione al foro interno all’iride stessa, la pupilla.
Tra camera anteriore dell'occhio (spazio contenuto nella convessità della cornea, diviso in due porzioni
dall’iride. Anteriore delimitato da cornea e iride, Posteriore da iride e corpo ciliare) e cristallino, e delimita
un foro, la pupilla. Termina lasciando un foro pupillare (variabili nelle specie), ha anche essa come
diaframma due margini, e due facce (anteriori e posteriori);
• margine ciliare periferico, in continuità con corpo ciliare. aspetto circolare che corrisponde alla
forma sferica del foro pupillare. Costituito da fibre collagene e fibre elastiche pigmentate di nero,
in rapporto con plesso venoso della sclera, deflusso e
riassorbimento del umor acquo (presenza di fori);
• margine pupillare interno, delimita il foro pupillare che ha
ampiezza e forma variabile, fra specie e in base alla luce
• buio: foro aperto;
• luce: foro tende a restringersi;
Per evitare danni causati dalle radiazioni luminose avviene una
modulazione (rischio necrosi);
• Erbivori: maggiore asse orizzontale
per la valutazione del territorio;
• Onnivori e gatto: pupilla circolare
mette a fuoco la porzione anteriore
Stroma: muscoli involontari, muscolo sfintere della pupilla, liscio, ad
andamento circolare, la contrazione restringe il foro pupillare, quindi
diminuisce l’entrata delle radiazioni luminose, determinato da nervo oculomotore III°, ortosimpatico (*
errore nelle slide).
• Gatto (non nei felini), muscoli sfintere non a fasci circolari ma da fasci
circolari centrali e fasci incrociati superiormente e inferiormente al foro
pupillare, in miosi (restringimento del foro pupillare), ho una fessura
verticale, che da ellittica in tendenza intermedia a linea sottile in caso di
eccitazione luminosa a carico del muscolo dilatatore della pupilla;

• Ruminanti e equidi: nel margine pupillare ci sono granuli iridei, escrescenze nerastre,
prolungamenti vascolarizzati dello stroma dell'iride e dell'epitelio pigmentato, la funzione è una
produzione accessoria di umor acqueo, con induzione all’idratazione alla camera maggiore e
produzione contro una luce molto intensa, con riduzione del volume pupillare. Nell’equino forma di
identificazione personale, ognuno ha un numero di granuli diversi;

struttura tridimensionale: presenza di volute, stroma vascolarizzato


• Faccia anteriore: limite posteriore della camera anteriore, rivestita
da endotelio corneale che si riflette sull'iride, soprastante lo
stroma con fibre ad andamento circolare. Vi è presenza di cellule
pigmentate che danno colore dell’iride.
• Eccesso di pigmento melanico (marrone),
• Difetto di pigmento melanico (azzurro);
• animale albino: rosso perché nel fondo dell'occhio
manca il tappeto bruno, dunque sono visibili i vasi
della tonaca vascolare e l'iride non presenta pigmento.
ungulati tendenzialmente marrone bruno, il gatto da giallo-
verdastro riflettente;
• Faccia posteriore: limite anteriore della camera posteriore.
Rivestita da doppio strato di epitelio pigmentato, parte iridea della retina cieca, ovvero porzione di
epitelio pigmentato che mi proviene da tutta la corioidea ma a questo livello non è rivestito da neuroni.

Struttura muscolare: cellule mioepiteliali contrattili pigmentate, posteriori ad andamento radiale, disposte
a raggera dalla periferia verso il margine pupillare. Muscoli dilatatori della pupilla (anche se sono solo
cellule contrattili), contraendosi allargano il foro pupillare
parasimpatico, per uso diurno.

Se si osserva il disegno si apprezza il diverso andamento dei


muscoli. Il muscolo dilatatore va dall’esterno verso l’interno,
mentre il muscolo sfintere si apprezza sezionato
trasversalmente e questo ci indica il suo andamento circolare. Il
normale volume del foro pupillare dipende dall'equilibrio fra i
due, si ha perciò una valutazione simpatica della radiazione
luminosa.

TONACA NERVOSA (retina)


questa struttura è quella che fa funzionare l’occhio, le altre
strutture collaborano intorno a questa. È la tonaca più interna, occupa la maggior parte della camera
posteriore dell'occhio, fino alla parte del margine posteriore dell’iride e corpo ciliare (nell’immagine è
segnalata con le frecce l’ora serrata, limite circolare con riduzione dello spessore della retina, il margine lo
si apprezza come una differenza di rilievo). Quello che è dietro all'ora serrata è la retina visiva quello che è
davanti è la retina cieca che riveste la superficie interna del corpo ciliare, ossia parte ciliare e quella
dell’iride è la parte iridea.

Retina visiva:
Foglietto esterno: strato pigmentato della retina, cellule
epiteliali cubiche che hanno granuli di pigmento.
Si appoggiano esternamente sulla lamina corioidea e
all’interno ha un appoggio ingranato con tessuto retinico,
perché i granuli di pigmento servono per difendere le
cellule: assorbono le radiazioni luminose in eccesso
evitando che le cellule nervose possano ricevere
informazioni sbagliate. (vecchie macchine fotografiche a
rullino all’interno avevano una camera oscura, la luce per
essere compresa deve passare in uno strato buio, non si deve rifrangere. Così funziona l’occhio.)
Ricordiamo che la retina che sta sopra il tappeto lucido non ha melanina, è una membrana trasparente, in
questo caso godo della visione sottostante al tappeto lucido, ovvero vedo trasparire la tonaca, se è
presente melanina vedo nero se no il tappeto lucido. I prolungamenti apicali di questo epitelio sono in
rapporto con i fotorecettori (azzurri e verdi). Le funzioni dell’epitelio sono:
● Trasporto metaboliti per la diffusione dal sangue (presente nella parte in bianco) ai fotorecettori
(tessuto nervoso);
● Facogitosi di componenti cellulari dei fotoreccettori e rigenrazione del pigmento visivo è
organizzato orizzontalmente nella parte apicale dei fotorecettori, è un mediatore chimico.
● Assorbimento unidirezionale della luce da parte dei granuli, per evitare fenomeni di riflessione e
che la luce si sparga senza colpire i fotorecettori.

Foglietto interno: retina propriamente detta, costituita da tre tipi


di neuroni: fotorecettori il più in alto (beige), cellule bipolari poste
negli strati intermedi (giallo) e l’ultimo delle cellule multipolari
tipicamente efferenti (viola). Gli strati poi diventano dieci perché
questi tre devono essere messi in sinapsi. Queste cellule nervose
sono sostenute dalla nevroglia. Lo strato 1 e 10 non sono parte
integrante del sistema nervoso

1. Epitelio pigmentato marroncino, quello del foglietto


esterno
2. Fotorecettori: coni e bastoncelli, forma della parte apicale
dei neuroni, è il punto dove metteremo il pigmento visivo.
3. Membrana limitante esterna, è la linea, ossia lo strato
connettivale su cui poggia il primo strato di cellule ma la
ritrovo anche al 10° livello.
4. Granuli esterni: qui si trova il pirenoforo dei fotorecettori.
Detti granuli perché sono rotondeggianti, esterni perché fanno parte dei fotorecettori. La parte
apicale è il dendrite, ossia costituisce l’afferenza esterna (struttura eccitabile dalla luce, nonostante
sia lo strato più profondo, la luce arriva dal 10°strato, passa tutte le altre cellule fino ad arrivare ai
dendriti), poi il fotorecettore si modifica in un contenitore di melanina che è il pirenoforo, da qui si
originerà un assone.
5. Strato plessiforme esterno: nello strato sinaptico si ha il primo contatto fra il 1° neurone e il 2°
neurone.
6. Granuli interni: cellula bipolare, ha i dendriti che prendono rapporto con gli assoni dei granuli.
Dalla parte opposta il loro assone pende rapporto con il 3°neurone (strato 8), ossia con la cellula
multipolare.
7. Strato plessiforme interno: punto sinaptico;
8. Cell multipolare gangliari: le più sviluppate, i dendriti fanno sinapsi con le cellule multipolari e i
loro assoni hanno andamento unidirezionale tutti paralleli fra loro andando a costituire il 9° strato.
9. Strato delle fibre ottiche: assoni delle cellule multipolari che vanno a costituire il nervo ottico,
origina dalla fusione di tutti gli assoni dovunque siano collocate le cellule multipolari;
10. Membrana limitante al di sotto di questo, ho il corpo vitreo che è la parte interna occhio;

nel 5° e 7° strato ho un altro tipo di cellule che non seguono


l'andamento verticale, ma orizzontale.

Vetrino: in basso si ha l’interno occhio, in alto si ha lo strato


esterno; la luce passa e si disinteressa andando diretta allo strato
pigmentato, in cui la luce ha il suo target nella parte esterna dei
coni e bastoncelli. Segue tutta la serie di sinapsi sopracitate, fino
allo strato di assoni del nervo ottico, che si mielinizzano uscendo
dall’occhio.

I FOTORECETTORI
• Prolungamento periferico: è un segmento esterno
caratterizzato da lamelle o dischi, contenenti una sostanza
chimica contenenti pigmento sensibile alla luce, la rodopsina
(bastoncello) e la iodopsina (coni) in rapporto con i
prolungamenti dell’epitelio pigmentato. Sono scortati dalla
melanina (membrana limitante esterna);
• Fibra esterna: congiungimento con il corpo cellulare, trovo il
nucleo dei coni e bastoncelli (strato dei granuli esterno);
• Fibra interna: assone dei fotorecettori (coni e bastoncelli)
strato plessiforme esterno;
il numero dei bastoncelli è maggiore del numero dei coni in
particolare gli animali a vita crepuscolare o notturna, possiedono
quindi una visione scotopica. Gli uomini hanno visione fotoipica,
quindi una vita diurna.

Coni: percepiscono le forme;


Bastoncelli: percepiscono i colori. Per muoversi nel buio i mammiferi domestici hanno visione dicromatica:
alcuni hanno spettro blu-viola altri verde-giallo. Il rosso viene percepito come grigio. I primati tricromatici
riescono a vedere anche il rosso. Nei mammiferi prevalgono i bastoncelli, nei primati i coni.
LE CELLULE BIPOLARI: ha un dendrite che instaura una sinapsi con i fotorecettori, il pirenoforo costituisce il
granulo interno e l’assone compie una sinapsi con i dendriti delle cellule multipolari dello strato plessiforme
interno
LE CELLULE MULTIPOLARI: sono neuroni di varia grandezza disposti su un unico strato. I dendriti compiono
sinapsi con le cellule bipolari; gli assoni formano lo strato delle fibre ottiche. (in azzurro catena dei 3
neuroni verticali) nello strato delle cellule bipolari altre cellule che sinaptano:
• Cellule orizzontali: l’andamento delle fibre è in direzione
orizzontale così come lo sono i suoi collegamenti. I
fotorecettori sono collegati l’uno con l'altro per espandere
l’informazione luminosa sul campo retinico.
• Cellule amacrine: significa senza capello, ovvero senza assone.
Compiono un collegamento orizzontale ma solo su cellule
bipolari e multipolari, allargando l’informazione.
I neuroni (cellule orizzontali e amacrine) di associazione sono privi di
assoni perché integrano campi retinici diversi.
• Cellule del Muller: è una cellula della glia (astrocita). Si
insinua fra vari neuroni e determinano la membrana limitante
esterna, che è costituita dalla fusione dei prolungamenti
citoplasmatici delle cellule del Muller, formando un sostegno
compatto.

PARTICOLARI AREE RETINICHE


• Ora serrata: limite tra retina cieca e retina visiva;
• Papilla ottica visibile dal fondo dell’occhio in sezione trasversale. È
il punto di emergenza del nervo ottico, in cui gli assoni delle
cellule multipolari escono e formano il nervo ottico; essi si
mielinizzano perforando la corioidea e la sclera, accompagnati
dalla tonaca vascolare che lo nutre, poi percorrono il canale
ottico.
la forma della papilla ottico è in relazione alla forma della pupilla
• Ungulati: ovale;
• Carnivori: rotondeggiante;
esame oftalmoscopico: visibile il tappeto lucido, tappeto bruno e sul fondo
dell’occhio è presente un’area grigio-giallastro, nelle varie specie in diversi
quadranti:
• Ungulati: temporale (laterale esterno) - ventrale, di forma ovale
• Gatto: nasale ventrale
• Cane: altezza del meridiano verticale
È evidente la papilla del nervo ottico, ovvero il punto cieco della retina che è un punto in cui non ci sono
neuroni ma solo i loro assoni.
• Area centrale: rappresenta la fovea nei primati, ossia un punto in cui è presente una depressione
nella catena trineuronica retinica, è un’area sul fondo dell’occhio, laterale e dorsale rispetto alla
papilla, questa porzione è ricca di neuroni, la luce vi deve arrivare per permettere la visione.
I muscoli oculomotori fanno sì che lo sguardo si sposti verso ciò che deve essere osservato.
Dai riquadri rossi (nei rispettivi colori):
• Area centrale rotonda: la visione è binoculare, le due aree rotonde dei due occhi nel gatto vedono
la stessa cosa, si ha uno sguardo frontale. L’area centrale è più sviluppata. L’area centrale non è
molto sviluppata negli ungulati, che non hanno una visione frontale specializzata.
• Stria visiva: la visione è monoculare, ovvero ciò che vede l’occhio destro si esaurisce sulla stria
visiva destra. Stesso modo accade a sinistra. Sarà poi il cervello a sommare le due immagini. La
visione molto sviluppata nello spazio è a scapito della qualità dell’immagine.

Nell’area centrale prevalgono i coni, qui si ha il rapporto fra il 1°, 2° e 3° neurone, la comunicazione è 1:1:1.
Per ogni fotorecettore c’è un neurone bipolare e multipolare, scarseggiano le orizzontali perché non è
necessario amplificare l’informazione ma verticalizzarla, orientarla verso pochi neuroni dell’area centrale o
fovea nei primati.

VASCOLARIZZAZIONE DELLA RETINA: è visibile dall’esame


oftalmoscopico, è visibile il tappeto lucido e illuminando il fondo
dell’occhio è visibile la pupilla che aiuta a verificare la corretta
vascolarizzazione, grazie alla trasparenza della retina è visibile la
corioidea.
Arteria e Vena centrale Retinica: sono di competenza corioidea,
nutrono l’occhio fornendo nutrimento alla retina. Non si trovano
all’interno della retina ma sono a diffusione retinica. I vasi entrano
ed escono in corrispondenza della papilla ottica.
• Equidi e gatto: i vasi provengono dalla periferia rimangono corti e a raggiera;
• Ruminanti, suino, cane: pochi vasi molto grandi che si diramano provenienti dal nervo ottico;
la distribuzione retinica dei vasi periferici è variabile con la specie.

MEZZI DIOTTRICI: sono strutture trasparenti necessarie per il passaggio della luce, intervengono sulla
capacità visiva; tra queste sono presenti: la cornea, l’umor acqueo, il corpo vitreo e il cristallino.
• Umor acqueo: è un liquido trasparente, costituito da acqua, sali di glucosio, poche proteine e
Vitamina C. L’umor acqueo è prodotto dai processi ciliari e riassorbito dal plesso venoso sclerale a
livello dell’angolo idrocorneale, questo liquido occupa la camera posteriore e anteriore dell’occhio.
• Corpo vitreo: è un gel trasparente di acqua, acido ialuronico e una rete di fibre collagene. Ha uno
scheletro di fibre collagene sottile che costituiscono un addensamento maggiore in periferia.
La membrana vitrea (membrana connettivale) contiene il gel che è prodotto dagli ialociti (cellule contenute
nel corpo vitreo). Queste hanno azione fagocitaria in caso in cui sia troppo addensato per renderlo
funzionale. Occupa i ⅘ dell’occhio e prende nome di camera vitrea. È a contatto con tutta la parte interna
della retina.
Funzione: sostengono il volume del bulbo oculare con mantenimento pressione endoculare e della retina
visiva in situ, impediscono che lo strato giallo si distacchi o si allontani dalla corioidea. La normale pressione
indica la funzionalità della retina.
• Riduzione della pressione endoculare: distacco retinico, perdita vista;
• Aumento della pressione endoculare: glaucoma, occhio rivestito da una patina azzurra (deflusso
umor acqueo in contatto con i plessi nervosi, può modificare l’umor vitreo) e ischemia retinica da
schiacciamento dei vasi.
CRISTALLINO: è una lente biconvessa a contorno circolare tra l’iride e il corpo vitreo in una sua depressione
(fossa ialoidea), ha due raggi di curvatura diversa che danno origine allo spessore.
Il Polo anteriore e il polo posteriore poggiano sull’umor vitreo. È presente una
faccia anteriore meno convessa della posteriore, unite dall’equatore (il gatto ha
una curvatura uguale della faccia anteriore e posteriore, potente per la visione
da vicino). Nell’animale giovane il cristallino è come una lente trasparente e
incolore, nell’adulto diventa tendenzialmente giallastra, ovvero riduce
lentamente la sua trasparenza, infatti vedono meno.
Il cristallino è tenuto in situ dalle Zonule di Zinn, che sono fibre di connettivo
elastico tra corpo ciliare e l’equatore; esse mantengono il cristallino sull’asse
ottico e ne modifica la curvatura tramite il muscolo ciliare.
• muscolo a riposo: fibre tese, lente distesa per la visione da lontano.
• muscolo contratto: fibre rilasciate, lente convessa per la visione da
vicino.
Non ci sono vasi o nervi (perché è trasparente), è nutrito dall'umor acqueo;
STRUTTURA dall’esterno
Capsula, cristalloide: connettivo elastico trasparente, molto più spessa la faccia anteriore rispetto alla
posteriore;
Epitelio: sotto al cristalloide anteriore, è l’unico strato di cellule cubiche che arriva all'equatore. Portandosi
verso l’equatore subisce una trasformazione e si allunga, fino a diventare fibre, organizzate su file di
meridiani unite fra loro da una sostanza amorfa del cristallino; che costituisce la porzione centrale. Queste
cellule sono trasparenti, hanno un nucleo che diventa sempre più rado verso il centro da diventare
attraversabile dalla luce.
Fibre del cristallino
● Periferiche: nucleate e di minor consistenza;
● Centrali: anucleate e sottili. Costituiscono il nucleo del
cristallino, che è la parte centrale, che rimane come un centro
gelatinoso.
Gli estremi delle fibre si uniscono a formare due poli del cristallino con tre
linee di sutura cellulare (inizio e fine di una cellula di riuniscono) a forma di
λ sul polo anteriore, e a forma di y sul polo posteriore. Solo la periferia in
prossimità della zonula di Zinn presenta i nuclei, sulle linee di sutura non ci
sono (centro trasparente).
Il cristallino è un organo con poca capacità di rigenerazione, infatti se si
perde la trasparenza va effettuato un intervento di cataratta: conseguente asportazione del cristallino con
sostituzione di un vetro trasparente.
VIA VISIVA

1. Cellule gangliari della retina visiva: 1° neurone;


2. Assoni che formano il nervo ottico II°;
3. Destinazione degli assoni;
● Corteccia occipitale: percezione cosciente della vista a carico del II° neurone;
● Nuclei del tronco encefalico: reazioni riflesse collegate alla vista;
I nervi tratteggiati in foto rimangono esterni, la linea continua resta interna e così a
livello del chiasma le fibre più mediali si incrociano e finiscono nella corteccia controlaterale, quelle esterne
non decussano. Questo fa sì che vi sia una comunicazione fra la parte destra e sinistra. Lo scambio delle
informazioni proviene dalle cellule multipolari più mediali.
LEZIONE 12

ORGANO DELLA VISTA DEGLI UCCELLI: sono meno evoluti rispetto ai mammiferi e presentano:

• Membrana nittitante: palpebra trasparente che mantiene


umido l’occhio e consente contemporaneamente la visione.
Funzionalmente è simile alla terza palpebra ma è priva di
scheletro cartilagineo. Si trova negli animali domestici e viene
persa nei primati. Difende l’occhio dalle aggressioni esterne
tramite una membrana.
• Globi oculari: sono molto grandi e rappresentano il 15% del peso
corporeo dell’animale, la loro grandezza è variabile con la mole
corporea.
• Forma: non è globulare ma a campana; l’asse ottico (longitudinale) è molto corto rispetto
all’asse ortogonale;
• Funzionamento: quasi immobili, manca l’effetto dei muscoli oculo-motori. Tra le varie specie
di volatili il numero delle vertebre cervicali è variabile e superiore a sette e ciò comporta un
ampio movimento di rotazione del collo e compensa la mancanza dei muscoli (gufo: uccello
notturno predatore, che ruota il collo oltre i 180°).
Il predatore mediante il movimento del collo porterà la visione dell’immagine in posizione
estremamente ventrale.
• Come appare: la parte visibile all’esterno è solo la cornea, è evidente solo il perimetro
dell’iride, e non si vede la sclera di colore bianco.
• Sclera: lamina fibrosa biancastra rinforzata da cartilagine o osso, conferisce ai globi rigidità;
• Corioidea (tonaca vascolare): intensamente pigmentata e ricca di vasi sanguigni, è presente anche
nei mammiferi;
• Pecten o pettine: escrescenza laminare della tonaca corioidea in posizione infero-posteriore
e pieghettata. È composta da melanociti presenti nello stroma, e capillari ad andamento
tortuoso. Sul fondo della cavità posteriore dell’occhio (emisfero posteriore), è vicino alla
papilla ottica (punto di emergenza del nervo ottico, punto cieco della retina). È un organo
trofico del cristallino e regolatore della pressione endoculare.
• Iride: capacità contrattile superiore a quella dei mammiferi, si ha una maggiore possibilità di ampliare
la profondità di campo, ossia la capacità di mettere a fuoco in tempi brevi un oggetto vicino e un
oggetto lontano, prevalentemente sviluppata negli uccelli predatori.
• Cristallino: particolarmente elastico, sotto la pressione dei processi ciliari si deforma aumentando o
riducendo la sua distanza antero-posteriore e quindi la lunghezza focale. Ciò è associato ad una
deformazione della cornea, che può appiattirsi o rendersi più conversa, in relazione ai movimenti del
cristallino.
• Accomodazione: rapida negli uccelli acquatici, che tuffano la testa in ambiente acquatico (in
cui si ha una differenza dell’indice di rifrazione della luce), per catturare la preda cercando
istantaneamente di metterla a fuoco.
• Asse ottico: variabile tra i 90° come il gufo, che ha uno sguardo quasi frontale;
e i 300° del piccione che ha occhi in posizione laterale che permettono la
valutazione dello spazio circostante di quasi la totalità di una circonferenza.
• Retina: due punti di visione distinta (fovea):
• Principale: area centrale posteriore della retina ad elevata
concentrazione di coni che permettono la visione diurna (percezione
della forma degli
• oggetti). Si trova sulla linea dell’asse ottico utilizzata in condizioni normali.
• Temporale: proseguimento verso l’esterno che costituisce l’area postero-dorsale della
retina. Raggiunta dalla luce durante il volo serve alla visione stereoscopica (tridimensionale).
Questa caratteristica è sviluppata nell’aquila che da un’altezza superiore a 100m è capace di
scorgere la preda (in particolare le tracce dell’urina, grazie alla sua pigemtazione).

ORGANO DELL’UDITO DEI MAMMIFERI: diviso in tre porzioni:

• Orecchio Esterno: visibile, riceve i suoni. È costituito dal padiglione auricolare che fa da apertura ad
un condotto scavato nell’osso, ossia il condotto uditivo esterno visibile con l’otoscopio; questo
termina con una membrana di chiusura ossia il timpano;
• Orecchio Medio: mediale al timpano e serve alla trasmissione dei suoni;
• Orecchio Interno: organo percettivo del suono ma anche sede della percezione dell’equilibrio.

ORECCHIO ESTERNO: costituito da:

• Padiglione auricolare: plica cutanea sostenuta da uno scheletro cartilagineo.


• Forma: molto variabile tra le specie, ma generalmente è un cono tagliato in direzione
obliqua con dimensioni, orientamento e mobilità specie specifica.
• Funzione: è un organo aperto ed è capace di captare le onde sonore e convogliarle nel
condotto uditivo esterno.
• Differenze di specie:
• Cavallo: ad andamento verticale, in condizione normale sono
rivolte anteriormente, ma possono essere mosse dai muscoli del
padiglione auricolare che portano le orecchie a divergere
lateralmente, per captare meglio la provenienza del suono;
• Bovino: orecchio espanso lateralmente, non a punta con bordo
rotondeggiante e sviluppato in ampiezza;
• Piccoli ruminanti: rivolto lateralmente o pendulo, con apertura
anteriore;
• Suino: padiglione verticale, inclinato o pendente, ciò dipende dalla
razza. È molto ampio anteriormente;
• Gatto: sempre eretto con una forma costante, anche al variare
delle razze feline;
• Cane: forma e dimensione variabile a seconda della razza: il
padiglione può essere a punta rivolto anteriormente come nel
pastore tedesco oppure possono esserci dei cani con orecchie
pendule.

Ogni padiglione auricolare presenta:

• Faccia esterna: è convessa, in posizione caudo-mediale con una pelle sottile e fine, in questa zona i
peli sono sottili e molto corti rispetto ad altre zone; il sottocute è scarso, quasi assente. L’epitelio
pavimentoso stratificato della cute è aderente quasi direttamente alla cartilagine sottostante.
• Faccia interna: concava, in posizione cranio-laterale, la pelle è sottile e adesa quasi completamente
alla cartilagine, generalmente è percorsa da dei rilievi longitudinali, che tendono verso il condotto.
Ha dei lunghi peli sempre più aderenti e fitti perché servono ad ostacolare i corpi estranei;
• Margine anteriore (trago o tragico): piccolo bordo convesso e poi concavo in prossimità dell’apice
vicino alla base presenta il rilievo tragico. In vicinanza della base presenta un rilievo, detto trago;
• Margine posteriore: è convesso, in vicinanza della base
presenta l‘antitrago, ossia due escrescenze parallela l’una
all’altra, separate da un’incisura intertragica. Le due
escrescenze sono molto vicine e forniscono un meccanismo di
difesa nell’entrata di corpuscoli all’interno del condotto. Nei
carnivori
• è presente un sacco cutaneo a fondo cieco; la presenza può
essere deleteria perché vi si può raccogliere il cerume
(secrezione fisiologica dell’orecchio).
• Base o conca: è attorno al condotto uditivo esterno, ossia al
meato acustico esterno. Essa si attorciglia al condotto ed è in
rapporto con il corpo adiposo e caudalmente si appoggia alla
ghiandola parotide.
• Apice: termina a punta o in maniera rotondeggiante.

Scheletro cartilagineo: la struttura è costituita da cartilagine elastica, ossia ricca di fibre elastiche. Questa
può essere:

• Concale o auricolare: dà forma all’orecchio e vi sono dei fori che servono per il passaggio di vasi e
nervi. La vascolarizzazione entra nel contesto interno trapassando la cartilagine per nutrire i tessuti
esterni convessi e interni concavi.
• Anulare: è incurvata a doccia e aperta medialmente abbraccia la prima parte del condotto uditivo
esterno, ossia si avvolge attorno al meato in profondità, a determinare l’escrescenza tragica e
antitragica. Essa chiude il condotto uditivo. Alla base è connessa alla cartilagine auricolare tramite
una lamina fibroelastica. L’orecchio ha una struttura molto mobile, che anche se modellata
riprende la sua forma fisiologica.
• Scutiforme: placca cartilaginea, incurvata dorso-ventralmente, con una convessità dorsale e una
concavità ventrale; è localizzata cranialmente alla base della cartilagine auricolare e dorsalmente al
muscolo temporale (elevatore della mandibola). Trasmette l’effetto della contrazione di muscoli
auricolari sull’orecchio stesso (muscoli scutulari).

Muscoli estrinseci: l’animale volontariamente può mettere in atto per ascoltare i suoni; collegano il
padiglione alle strutture scheletro-muscolari circostanti orientando l’orecchio in direzione di provenienza
del suono. Sono suddivisi in:

• Auricolari anteriori: portano la conca aperta anteriormente (zigomatico auricolare,


frontoscutulare, e scutoauricolari superficiali e profondi);
• Auricolari posteriori: portano la conca posteriormente (cervicoscutulari, cervicoauricolari);
• Auricolari superiori che tenderanno ad essere raddrizzanti delle orecchie (interscutulare,
parietoscutulare, parietoauricolare);
• Auricolari inferiori tenderanno ad avvicinare l’orecchio alla base della cartilagine, deprimendolo
(parotidoauricolare, stiloauricolare).

Muscoli intrinseci: uniscono le cartilagini tra loro con i tessuti molli circostanti e agiscono in corrispondenza
dei muscoli estrinseci. Essi determinano piccoli cambiamenti di forma del padiglione ma non sono
determinanti nel suo movimento.
Condotto uditivo esterno: ha un suo proprio percorso che può essere
variabile con la specie e non è rettilineo. Si dirige dal padiglione auricolare
fino alla membrana del timpano seguendo una direzione medio-ventrale
(latero-mediale e dorso-ventrale con variabilità di angolatura).

• Pareti: in superficie originano dalla cartilagine concale ed anulare,


in profondità dalla porzione petrosa dell’osso temporale.
• Pelle: si trova all’interno del canale e si ha la presenza di cute molto
sottile, con grande quantità di ghiandole sebacee e ceruminose (sudoripare
modificate).
Il cerume è costituito da un secreto unito a cellule di desquamazione; è un
secreto a tendenza prevalentemente grassa e difende il condotto uditivo
esterno dalla penetrazione di corpi e sostanze estranee.

Cane: due tratti del condotto uditivo esterno; uno auricolare (direzione verticale) e uno timpanico
(direzione orizzontale e mediale). Questi sono uniti ad angolo retto nei cani con orecchio dritto, sono ad
angolo ottuso e con doppia angolatura nei cani con orecchio
pendente.

Membrana del timpano: chiude il condotto uditivo esterno e fa da


confine con all’orecchio medio. Il timpano forma un angolo molto
ampio e indica che non è rettilineo.

Questa membrana è costituita da una lamina ovale ancorata al


condotto uditivo mediante un anello fibro-cartilagineo incompleto;
questa struttura lega la membrana al bordo del canale del timpano
che qui si interrompe.

Al centro è presente una depressione che si protrae nella cavità timpanica


e quindi verso l’orecchio medio. Essa è concava verso l’orecchio esterno e
convessa perché si protrae verso l’orecchio medio (ombelico). A livello
dell’ombelico vi è presente un innesto osseo di carbonato e fosfato di
calcio, proprio della catena di trasmissione (martello). La catena di
trasmissione è formata da tre piccole ossa che sono il martello, l’incudine
e la staffa. La funzione del timpano è quella di trasmettere le onde sonore
alle tre ossa della cavità timpanica.

Tre strati:

• Cutaneo: è la parte più esterna o laterale ed è la continuazione del rivestimento del condotto
uditivo esterno;
• Fibroso: è uno stroma costituito da tessuto connettivo privo di vasi, fibre radiali in superficie e
circolari in profondità. Le fibre consentono l’elasticità e la capacità di deformarsi alla cavità
timpanica al passaggio delle onde sonore (organizzazione plessiforme).
• Mucoso: epitelio basso, che si poggia su una lamina basale ed è la continuazione della mucosa della
cavità timpanica;

Vascolarizzazione dell’orecchio esterno

• Arterie: si dipartono dalla carotide esterna


• Auricolare posteriore: è in posizione laterale, media e profonda con le sue diramazioni.
Porta tre rami che si esauriscono nella conca laterale, media e profonda;
• Auricolare anteriore: deputata alla vascolarizzazione degli elementi mobili dell’orecchio
ossia i muscoli auricolari;
• Vene: sono satelliti delle arterie, quindi saranno presenti una vena auricolare anteriore e una
posteriore, tributarie della vena giugulare esterna.

La conca è cribrata, i vasi decorrono sulla faccia esterna del padiglione auricolare e andranno nel sottile
strato connettivale sotto l’epitelio pavimentoso stratificato convesso e con peli, passano nella parte
concava e si immettono nella faccia interna tramite i fori perforanti. A livello della faccia interna ho una
cute appoggiata direttamene sulla cartilagine priva anche del sottocute.

Patologia a carico di questo distretto: otoematoma: ematoma del condotto uditivo esterno. Rappresenta
un trauma sulla parte concava che determina una rottura dei vasi, in prossimità delle cribrature interne. Si
ha la formazione di sacche che distanziano la cute sottile della parte concava dalla cartilagine sottostante.

Innervazione orecchio esterno:


• Sensitiva e motoria: C1 e C2.
• Nervo trigemino (V): (nervo oftalmico e nervo mandibolare)
• Nervo facciale (VII): in anastomosi con rami di C1 e C2 (formano il plesso auricolare posteriore).
• Nervo vago (X) e glossofaringeo (IX): riflesso oto-cardiaco, importante nel coniglio, in cui deve
essere evitato il sollevamento tramite le orecchie perché molto duttili, con conseguente
stimolazione di questo riflesso vagale del padiglione auricolare che può determinare la morte
dell’animale per effetto massivo parasimpatico.

ORECCHIO MEDIO: non visibile esternamente perché si trova al di là del timpano, fa parte di una cavità
dell’osso petroso. È costituito da tre elementi principali:

• Cavità timpanica: è una cavità scavata nell’osso petroso del


temporale quasi sferica, appiattita latero-medialmente.
Presentano:
• Parete laterale o membranosa: contiene il timpano
che è una membrana mobile, formata da una parte
concava
• e convessa;
• Parete mediale o labirintica: si connette con la
parte interna dell’orecchio e ha una forma complessa. Il suo nome (labirintico), fa riferimento a
quella porzione dell’orecchio interno che è necessario per la percezione dell’equilibrio.
Presenta un’escrescenza ossea, il promontorio, che è sporgente nella cavità; il promontorio è
opposto alla cavità timpanica. Esso divide lo spazio che ha in comune con l’orecchio interno in
due finestre, diverse a seconda del loro perimetro:
• Finestra ovale: craniale e dorsale al promontorio. È un’apertura in contatto con la
staffa (di forma allungata).
• Finestra rotonda: caudale e ventrale al promontorio. È un’apertura chiusa da
membrana connettivale (timpano secondario), in rapporto con l’orecchio interno
mediante la rampa timpanica della chiocciola.
• Parete dorsale: recesso (o fondo chiuso) epi-timpanico, che presenta un diverticolo
osseo che contiene la catena degli ossicini.
• Parete ventrale: bolla timpanica; è un elemento semicircolare a parete sottile, con
lamine ossee (cellette timpaniche) anastomizzate fra loro per aumentare la possibilità
di alloggiamento di questo spazio. Le cellette sono sviluppate nel suino, assenti in
carnivori e piccoli ruminanti.
La bolla timpanica (piena d’aria) è una cassa di risonanza per migliorare la
percezione delle vibrazioni. Elemento che crea un’eco aumentando la caratteristica
dell’onda sonora, che entra nel condotto uditivo, fa vibrare questa struttura che
nella parte interna dall’aria passa ad un mezzo liquido per avere la percezione.
• Parete posteriore: nel suino la bolla si espande ulteriormente nelle cellette timpaniche.
• Tuba uditiva
• Parete anteriore: ostio della tuba uditiva, si apre in posizione medio-ventrale e si
inserisce nella faringe. Inizialmente il condotto è prima osseo e poi cartilagineo, che fa
comunicare l’orecchio medio con la volta della faringe (ostio faringeo della tuba
uditiva).

Funzione tuba uditiva: equilibrare la pressione dell’aria nella cavità timpanica con quella della
faringe (esterna) e regolare la pressione sulle due facce del timpano, ossia l’aria in questa cavità è
costantemente rinnovata e sempre mantenuta alla giusta pressione e ciò fa si che le due facce di
questa membrana siano a contatto con l’aria (aria esterna del condotto uditivo e aria interna della
cavità timpanica).

Equidi: lungo il percorso ventro-rostrale della tuba uditiva, nello spazio intermandibolare, sotto la ghiandola
mandibolare, è presente la tasca gutturale; serve per incrementare la capacità di penetrazione dell’aria e
può presentare anche varie patologie a causa di un eccesso di muco al suo interno. È costituita da:

1. Mucosa della tuba uditiva: epitelio bistratificato ciliato che servono per eliminare i corpi
estranei;
2. Sottomucosa: ghiandole tubariche (mucose o miste);
3. Noduli linfatici: nel suino e nei ruminanti si addensano all’ostio faringeo, nella cavità
dell’apparato digerente (tonsilla tubarica).

• Catena degli ossicini: martello, incudine, staffa; sono articolati fra loro per diartrosi (articolazioni
mobili). Vi sono delle microcapsule articolari che rendono due superfici congruenti in rapporto l’una
con le altre. Può essere presente un osso interposto tra incudine e staffa
detto osso lenticolare.
• Martello: porzione sottile, detto manico, in rapporto con il timpano, un
collo ed una parte espansa che è la testa in rapporto mediante una diartrosi
con l’incudine.
• Incudine: formata da un corpo allungato che si articola con il martello e due
processi, uno più corto e uno più lungo; sono in rapporto con la staffa
mediante l’osso lenticolare (4)
• Staffa: costituita da una testa che è in rapporto con l’osso lenticolare; due
branche, e una base ovale in rapporto con la finestra ovale in prossimità
dell’orecchio interno, mediante legamento anulare.

Funzione della catena degli ossicini: trasmettere le onde sonore dal timpano
all’orecchio interno mediante la compressione della staffa sulla membrana
ovale al di là della quale ho un liquido che si chiama perilinfa del labirinto
osseo (deriva da trasudazione venosa come la linfa).

Essendo un liquido è incomprimibile, ed esercitando una pressione su questo liquido contenuto


nell’orecchio interno ottengo, a seconda del grado di movimento della catena degli ossicini, determinato
dalla vibrazione timpanica, con la staffa esercito una pressione su di un liquido contenuto al di là della
staffa. Questo meccanismo è alla base della percezione del suono, ossia un’onda sonora che si propaga
nell’aria che si trasferisce come compressione di un liquido all’interno dell’organo percettivo che è
l’orecchio interno.

Muscolatura striata anatomicamente (ma involontaria), regola la tensione reciproca della catena degli
ossicini grazie all’azione dei nervi del sistema nervoso viscerale. Questi muscoli sono:

• Muscolo tensore del timpano: va dall’ostio della


tuba uditiva al manubrio del martello; incidendo
sul suo movimento. Aumenta la tensione del
timpano, riducendo l’ampiezza delle sue
vibrazioni. La membrana timpanica, in questo
modo, non è mai flaccida e rilassata ma è tesa e
assume una forma a cappello cinese.
• Muscolo stapedio: si trova tra parete posteriore e
testa della staffa, ossia alla parte terminale della
catena. Aumenta la tensione sulla finestra ovale,
favorendo la trasmissione di frequenze elevate.
(stapedio = della staffa, aggettivo.

Muscoli tesi: suoni acuti, con frequenza di passaggio delle onde sonore estremamente veloce nell’unità di
tempo;

Muscoli rilassati: suoni bassi o gravi risultano essere più lenti;

Mucosa della cavità timpanica: epitelio pavimentoso o cubico ciliato con ghiandole mucose e noduli
linfatici. In questo distretto può esserci la possibilità di aggressione dalla faringe, che può causare l’otite
media: infiammazione della cassa del timpano causata da qualcosa che arriva al timpano dalla tuba
faringea. Gli animali più piccoli hanno maggiore facilità di incorrere in questa patologia perché hanno una
tuba molto espansa; si avrà quindi un aumento della quantità di muco riducendo notevolmente la
possibilità di trasmissione delle onde. Anche una lesione timpanica può determinare l’otite media. Nella
cavità timpanica deve solo essere presente aria pulita.

ORECCHIO INTERNO: si trova nell’osso petroso del temporale, organo sensitivo per la percezione dei suoni
e dell’equilibrio. L’equilibrio è la posizione della testa nello spazio che permette al resto del corpo di capire
e percepire la propria posizione nello spazio.

L’organo dell’udito ha una forma complessa, si trova in posizione ventrale e prende il nome di coclea; avrà
una struttura diversa nella parte superiore dorsale per inserire l’organo dell’equilibrio.

• Labirinto osseo: cavità scavate nell’osso petroso.


• Labirinto membranoso (contenuto nel labirinto membranoso): strutture membranose che
ricalcano la forma del precedente.

• Tra i due labirinti: è contenuta la perilinfa, prodotta dai vasi del periostio, composizione simile ad un
liquido extracellulare, trasparente e acquoso. È attorno alle strutture sensitive;

• Nel labirinto membranoso: endolinfa, prodotta da vasi attorno al dotto cocleare, composizione simile ad
un liquido intracellulare; l’elemento liquido funziona come elemento di trasmissione;

Labirinto osseo: è rivestito da periostio e ha varie componenti elencate di seguito:


• Vestibolo: cavità ovoidale ad organizzazione
sacciforme comunicante con i canali semicircolari
(tre canali, con vertici aperti che comunicano
appunto con il vestibolo). Nella parte sottostante
ai canali il vestibolo prende rapporto con un
canale attorcigliato su sé stesso che è la coclea.
• Parete laterale: costituita dalla cavità
timpanica e dalla finestra ovale e
rotonda; ossia la parte più esterna
dell’orecchio medio;
• Parete mediale: ha dei fori (fibre del nervo vestibolococleare VIII), nascono dal fondo del
meato acustico interno (opposto al meato acustico esterno);
• Cresta trasversale: sopra e sotto ha due strutture completamente diverse, ossia l’organo
dell’equilibrio e l’organo dell’udito; ha delle creste rotondeggianti-ovalari e separa un
recesso anteriore e posteriore, contenenti due aree sensitive, specializzate nella percezione
dell’equilibrio denominate utricolo e sacculo. Esse sono contenute in un recesso del
vestibolo.
Dal sacculo si forma un canalino con un sacco a fondo chiuso che va verso una struttura
ossea. Questa struttura che si appoggia è l’acquedotto del vestibolo, una dilatazione del
canale di questo recesso, diretto latero-medialmente, in rapporto con la cavità endocranica
comprimendo queste porzioni (meningee) mediante il sacculo endolinfatico. Sul contorno
del vestibolo ho l’apertura dei canali semicircolari e della scala vestibolare cocleare. Se si
infiamma il liquido contenuto nel sacculo, è possibile andare incontro a meningite
(trasferimento sulle meningi).
• Canali ossei semicircolari: sono tre semianelli (non chiusi completamente) dorso-caudali al
vestibolo orientati secondo tre piani ortogonali fra loro (come gli assi cartesiani), posti nelle tre
dimensioni nello spazio:
• Anteriore: verticale e trasversale
• Posteriore: verticale e sagittale
• Laterale: orizzontale

I canali nascono e terminano nel vestibolo, e abbiamo


delle estremità tra loro diverse:

• Un’estremità più dilatata: tratto


ampollare, in cui si trovano le
cellule sensitive; in questo tratto
nasce la componente ampollare;
• Un’estremità di calibro uguale a
quello del canale.

Le estremità dei canali anteriore e posteriore si fondono in un canale comune.


LEZIONE 13

ORGANO DELL’EQUILIBRIO:

• Coclea o chiocciola: unico canale che si avvolge attorno ad un asse


mediano, longitudinalmente vedo
• lo stesso canale che si sviluppa a partire da una struttura mediana a base
più larga. È un canale rostro-ventrale rispetto alla formazione vestibolare.
L’asse è detto modiolo, di forma conica con:
• Base: rivolta verso il meato acustico interno (apertura verso la staffa)
• Apice: diretto medialmente e lateralmente.
• Canali: in riferimento ai momenti in cui il canale si attorciglia sopra ad
esso. Permettono l’uscita delle fibre che formano la componente cocleare o
acustica dell’ottavo nervo.

Il modiolo è costituito dalla cavità dell’osso petroso; la cavità è rivestita da


una struttura membranosa. Lo spazio membranoso contiene l’endolinfa.

• Lamina spirale: possiede strutture che sono delimitate da elementi


connettivali, i sepimenti; la struttura endolinfatica con l’endolinfa si
diversifica in due distretti detti rampe, definite anche scale. Esse comunicano
nella cupola che è vicina al promontorio, situato vicino all’escrescenza ossea
che si include nell’orecchio medio. Il promontorio è determinato dalla
presenza dell’apice della chiocciola.

• Rampa Vestibolare: ha un diretto rapporto con la cavità vestibolare;


• Rampa Timpanica: in contatto con la finestra rotonda da cui origina; mentre la finestra ovale su
cui pigia la staffa è connessa alla cavità cranica attraverso un condotto sottile detto acquedotto
della chiocciola. Ha la capacità di scaricare l’ipertensione del liquido verso l’esterno nel canalicolo
della coclea.

Nel canale cocleare troviamo l’endolinfa e delle strutture


legamentose.

• Finestra rotonda: dissipa le onde sonore nell’aria


dell’orecchio medio che è a contatto con l’esterno, i
suoni vengono recepiti e dissipati all’esterno. Con
l’otite si ha la mancanza dissipazione dei suoni in modo
corretto.
• Meato acustico esterno è l’apertura del condotto uditivo esterno, l’interno invece permette il
passaggio delle fibre che si staccano dal modiolo e quelle del settimo nervo cranico che arrivino fino
alle porzioni del tronco.
• Labirinto membranoso: è contenuto nel labirinto osseo e separato da esso attraverso lo spazio
perilinfatico che contiene sottili setti connettivali e perilinfa. L’endolinfa lo mantiene disteso. È
formato da utricolo, sacculo e canali semicircolari, organi vestibolari o dell’equilibrio statico e
cinetico, dotto cocleare (organo dell’udito). Dall’utricolo e dal sacculo si forma il dotto
endolinfatico (contenuto nell’acquedotto del vestibolo), il dotto termina in un fondo cieco detto
sacco endolinfatico, a contatto con la dura madre. La funzione è quella di riassorbire l’endolinfa
attraverso i seni venosi meningi.

UTRICOLO e SACCULO:

• Utricolo (6): più grande, dilatazione della cavità vestibolare nel recesso
posteriore del vestibolo che riceve lo sbocco dei canali semicircolari.
• Sacculo (7): più piccolo e situato nel recesso anteriore del vestibolo, è
collegato al dotto cocleare attraverso il dotto reuniente.
Queste strutture sono costituite da epitelio pavimentoso o
cubico semplice con cellule chiare e scure (a seconda del
colore del citoplasma nelle colorazioni), controllano la
composizione dell’endolinfa e appoggiano sulla lamina
propria connettivale. Sostengono l’area sensitiva e
possiedono molti mitocondri. Sull’apice presentano dei
microvilli. Le macule acustiche sono un neuroepitelio che
poggiano sulla stessa lamina dell’epitelio di sostegno, la
differenza è che hanno delle particolari espansioni che sono in rapporto con le cellule di sostegno più alte.
Possiedono un chilociglio (ciglio mobile a differenza delle stereociglia che sono immobili), hanno sequenze
di ciglia a scalare e situate lontano dalla membrana basale.

• Cellule sensoriale di primo tipo: piriforme e in rapporto con un una larga espansione terminale di
una grossa fibra nervosa (conduzione rapida, variazioni rapide dell’equilibrio).
• Cellule sensoriali di secondo tipo: forma cilindrica, le fibre hanno varie terminazioni nel tessuto di
sostegno di modesto diametro (conduzione lenta, variazione lenta dell’equilibrio).

Le cellule del neuroepitelio sono immerse in un gel con una componente glicoproteica detta membrana
otolitica, dentro vi sono gli otoliti:
• Sono concrezioni calcaree, con carbonato di calcio, poste ad eccitare il chinociglio delle cellule. Il
movimento del chinociglio aumenta o diminuisce in base alla forza di gravità grazie alla sua
compressione. Il movimento genera la depolarizzazione del neuroepitelio e perciò determinano
l’insorgenza del potenziale di azione (inizio informazione vestibolare dell’ottavo paio di nervi
cranici).

Gli stimoli percepiti dall’utricolo e dal sacculo sono cinetici lineari (movimenti lineari della testa)
determinato lo scaricamento dei sassolini in direzione lineare e non nelle tre dimensioni dello spazio.

CANALI SEMICIRCOLARI: Presentano un’area sensitiva dilatata: cresta


ampollare. I dotti anteriore e posteriore hanno un braccio in comune e nella
membrana glicoproteica (cupola gelatinosa) non vi sono otoliti. L’endolinfa:
• Comprime il gel;
• Stimola il chinociglio delle cellule appartenenti alla cresta ampollare
stimolate solo dal movimento del gel, queste sono dette cellule capellute. Il
movimento dell’endolinfa le eccita e rispondono a stimoli cinetici angolari.

DOTTO COCLEARE: Spazio in cui si propaga il suono, tramite i tre ossicini comprime
il liquido che a sua volta comprime le cellule sensitive. Compreso tra le due rampe,
• Nasce a fondo cieco vestibolare;
• Termina a fondo cieco situato all’apice del canale spirale (segue il canale), è
una struttura chiusa.
In sezione trasversale ha una forma triangolare.

Parete esterna: è in rapporto con il periostio, si


ispessisce vicino alla porzione timpanica, vicino alla
rampa vestibolare la stria vascolare (rete di capillari)
produce e mantiene costante la composizione
dell’endolinfa.

Membrana vestibolare: corrisponde alla volta del dotto cocleare (parte


dorsale) tesa obliquamente tra la lamina spirale ossea e la parete laterale, è
una chiusura del dotto cocleare verso la componente vestibolare.
Componente sensitiva appoggiata sulla parete timpanica: membrana
spirale, si stacca dal legamento spirale e arriva alla lamina ossea.
Asse fibroso caratterizzato da un epitelio pavimentoso semplice sul lato timpanico e differenziato sull’altro
lato. L’organo sensitivo dell’udito è detto organo del Corti (detto anche organo sensitivo dell’udito),
struttura sensoriale formata da cellule sensoriali e di sostegno con
aspetto diverso tra di loro (non sono neuroni).
In senso medio-laterale:
• Solco spirale interno: formato da un epitelio cubico
semplice di sostegno.
• Pilastri interni: cellule di sostegno che si alzano in
un’unica fila e si inclinano verso l’esterno accogliendo le
cellule acustiche interne.
• Cellule acustiche interne: a forma di fiasco grande, sono
meno numerose delle esterne, attivano i neuroni, con
stereociglia apicali (non presentano il chinociglio).
• Galleria del Corti: spazio con endolinfa.
• Pilastri esterni: inclinati in senso opposto degli interni e che accolgono le cellule acustiche esterne
che invece sono piccole, numerose, con stereociglia apicali, attivano un solo neurone. Solco spirale
esterno: riporta un epitelio più basso.

Membrana tettoria: ricopre l’organo del Corti, è gelatinosa e prodotta dalle cellule della lamina spirale
ossea, è in rapporto con le stereociglia delle cellule acustiche. Il grado di piegamento delle ciglia determina
variazioni nel segnale nervoso che i recettori inviano alla corteccia.
• Via vestibolare: cellule sensitive delle aree sensitive dell’utricolo, sacculo e canali semicircolari.
Presenta dendriti dei neuroni bipolari (ganglio di Scarpa, vicino al meato acustico interno. Primo
neurone). Gli assoni di tali neuroni bipolari formano la componente vestibolare dell’ottavo nervo
cranico (meato acustico interno).
Destinazione degli assoni:
• Corteccia temporale per la percezione cosciente dell’equilibrio, secondo neurone;
• Nuclei del tronco encefalico per le reazioni riflesse collegate all’equilibrio;

• Via acustica: cellule ciliate dell’organo del Corti, in rapporto con dendriti dei neuroni bipolari. Gli
assoni dei neuroni formano la componente acustica dell’ottavo nervo cranico (meato acustico
interno).
Destinazione degli assoni:
• Corteccia temporale per la percezione cosciente dell’udito, secondo neurone;
• Nuclei del tronco encefalico per le reazioni riflesse collegate all’udito.

ORECCHIO DEGLI UCCELLI: l’organo dell’udito non è molto sviluppato.

• Orecchio esterno: manca il padiglione auricolare, il meato


acustico esterno presenta un’apertura ovale e direzione
ventro-caudale.
• Orecchio medio: cavità.
• Orecchio interno: il vestibolo presenta 3 strutture: canali
semicircolari, utricolo e sacculo. La coclea (lagena) è un
canale leggermente ricurvo e corto ma visibile come unico, è
un organo sensitivo uditivo e vestibolare (area sensitiva o
maculare).

La scala vestibolare è ridotta in relazione a quella dei mammiferi; la


scala timpanica presenta l’organo del Corti con le cellule capellute
che non si dividono in due
gruppi. Non è presente la galleria del Corti.

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