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LIBRO ELITES TRANSNAZIONALI

La parabola della famiglia Acquaviva si svolge contemporaneamente allo sviluppo del


contesto storico del sistema imperiale spagnolo.
All’inizio del 500 la corona spagnola possedeva un insieme di territori molto vasto: in Italia
possedeva il regno di Sicilia, regno di Sardegna. Regno di Napoli e sul ducato di Milano.
Inoltre possedeva i regni della penisola iberica, i Paesi Bassi e la Francia contea.
Perché si parla di sistema imperiale spagnolo?
In realtà la Spagna è un regno, una monarchia e non un impero ma gli storici parlano di
sistema imperiale per una serie di motivi ma principalmente perché non è un impero di diritto
ma è un impero di fatto (si comporta come un impero per la vastità dei suoi domini).
I 5 caratteri del sistema imperiale:
1. Unità religiosa e dinastica ovvero tutti questi territori sono uniti da una dinastia che è
↳ quella degli Asburgo di Spagna e tutti questi territori sono cattolici.
2. Una regione guida ovvero la Castiglia da cui il sistema trae forza economica, sociale e
politica
3. Interdipendenti tra le parte quindi ognuno di questi domini ha relazione tra di loro e con il
dominio.
4. Questo sistema si regge perché c’è un equilibrio tra dominio e consenso ( attraverso le
armi e l’uso della forza ma anche attraverso il consenso delle famiglie aristocratiche)
5. ha un egemonia nelle relazioni internazionali cioè si ha una prima forma di
globalizzazione politica

Per quanto riguarda il Mezzogiorno l’egemonia spagnola si stabilisce ufficialmente nel 1559 e
dura fino al 1713 ma per quanto riguarda Napoli invece entra a far parte del sistema spagnolo
già nel 1503 fino al 1707 durante i quali ebbe 7 sovrani spagnoli in tre dinastie diverse:
• Ferdinando D’Aragona
• Carlo I,il quale abdica e lascia il trono al figlio Filippo II e al fratello, a Filippo II succedette
Filippo III poi IV e infine la dinastia d’Asburgo terminò con Carlo II.
• Filippo V d’Angiò

La politica imperiale spagnola non può essere solo riguardata dalla visione dei costi che
comportò per i paesi soggetti.
Sul piano politico, la partecipazione delle élites alle spedizioni contro i barbareschi, alle guerre
d'Italia e di Fiandra, alla repressione delle rivolte catalana e napoletana, "consenti loro di
integrarsi all'interno del sistema imperiale e di ricoprire, finalmente con pari dignità rispetto ad
altri sudditi, importanti cariche civili e militari"
Quindi si parla di elites ovvero di una ristretta cerchia di nobili che entrò nell’amministrazione
del sistema imperiale e questa diviene transnazionale ovvero scavalca i confini nazionali
perché l’amministrazione era molto vasta (quindi un nobile aragonese poteva essere mandato
a Milano)
Un elemento importante di integrazione delle elites locali in questo sistema fu la loro
partecipazione alle spedizioni contro i barbareschi, le guerre d’Italia e di Fiandra e l’esercito
che appunto consenti loro di integrarsi all’interno del sistema imperiale e di ricoprire con pari
dignità rispetto ad a,tri sudditi, importanti cariche civili e militari.

Questo libro ricostruisce il percorso di una famiglia aristocratica, quella dell’Acquaviva di


Caserta, dalla sua origine fino alla sua estinzione ed evidenzia il percorso che i vari membri
della famiglia fanno in questa carriera transnazionale per diventare parte dell’elite che
gestisce e amministra il sistema imperiale spagnolo.
La famiglia Acquaviva era composta da due rami diversi: il ceppo originario e quello degli
Acquaviva d’atri (da quest’ultimo poi sorgerà un altro ramo ovvero quello degli Acquaviva di
Caserta).
Importante è:
1911529), VIl duca d'Atri,
sposo in prime nozze isabella
ANDREA MATTEO (1457-1529), VIl duca d'Atri, sposo in prime nozze isabella
Piccolomini dei duchi di Amali e, in seconde nozze, Caterina della Ratta, contessa di Caserta
e di Sant'Agata dei Goti. (Attraverso quest’ultimo matrimonio per la prima volta il feudo di
Caserta entra a far parte dei beni della famiglia Acquaviva)
Con la munione dei feudi abruzzesi del padre, quelli pugliesi della madre e quelli campani,
lucani e calabresi della seconda moglie, il Casato si affermò come una delle grandi sette
famiglie del Regno di Napoli.
Nei capitoli stipulati tra Caterina della Ratta e Andrea Matteo era stata posta un'interessante
condizione: il nipote dell'Acquaviva - sposo della Gambacorta - avrebbe dovuto aggiungere al
cognome Acquaviva anche quello dei Della Ratta per dare, in questo modo, continuità al
possesso dei conti di Caserta e assicurare nella discendenza la conservazione della memoria
del casato. In realtà però ciò non verrà fatto. ed è fondamentale perché aveva una spiccata
tendenza ad essere più fedele alla Francia che alla Spagna, le quali si contendevano
QUESTO FACEVA gù SPAGNOU
IN MODO CHE FOSSERO DIFFIDENTI verso di cui


l’egemonia sull’Italia. GIANFRANCESCO
III marchese di Bitonto
sp. Dorotea Gonzaga

GIULIO ANTONIO II
IV marchese di Bitonto
sp. Anna Gambacorta, contessa
di Caserta

GIANFRANCESCO II BALDASSARRE
riparato in Francia con il padre conte di Caserta
con lui si estingue la linea I marchese di bellante
primogenita maschile degli
Acquaviva -

GIULIO ANTONIO III MARCELLO


ANNA
conte e I principe di Caserta arcivescovo
di Otranto

SCIPIONE ANDREA MATTEO IV


il quale prese il nome II principe di Caserta
Acquaviva dalla madre
ANNA
III principessa di Caserta
GIANFRANCESCO, III marchese di Bitonto e figlio di Andrea Matteo, ma a differenza di
quest’ultimo, Gianfracesco si presenta come un condottiero fedelissimo agli spagnoli. Giovan
Francesco, memore della politica paterna, è colui il quale «bilancia» i precedenti passaggi di
campo che c'erano stati nella sua famiglia tra il partito francese e quello spagnolo. Giovan
Francesco viene infatti descritto come l'opposto del padre Andrea Matteo e come colui il quale
redime, in qualche modo, la famiglia dal reato di «fellonia».
• Giovan Francesco si impegna attivamente nelle campagne militari intraprese dal padre
contro la Francia. Egli, inoltre, prende parte alla Lega Santa promossa da papa Giulio II
della Rovere. Giovan Francesco partecipa come condottiero di una compagnia arruolata a
sue spese all'impresa guidata da Cardona contro i Francesi.
• Durante il conflitto verrà ferito gravemente alla testa (precisamente nella battaglia di
Ravenna del 1512) e, solo grazie ad un cospicuo rimborso del padre, verrà liberato dalla
prigionia nemica e ricondotto a Napoli.
Secondo le fonti, quando Giovan Francesco venne portato a Napoli, Giulio II della Rovere per
premiare I meriti di Guerra e la sua partecipazione alla Lega Santa, proibi in tutto il paese che
venissero suonate le campane cosicché il suono non potesse recar danno al povero invalido
di guerra.

Nel 1521, per premiare la ferma fedeltà che Giovan Francesco aveva dimostrato alla Spagna,
ma anche per rinsaldare una volta e per tutte i burrascosi rapporti con il partito spagnolo,
quanto con quello francese, Carlo V gli riconobbe il dominio feudale sulla città di Teramo
Il feudo di Teramo: questo possesso, già detenuto dagli Acquaviva e lungamente contrastato
dai sovrani per le numerose problematiche e defezioni politiche che presentava al suo interno
sin dal periodo aragonese. Teramo si oppose fermamente al dominio degli Acquaviva tanto
che, lo stesso Carlo V, otterrà alta 40.000 ducati per lacquisto dello status demaniale.
La situazione finanziaria del duca d'Atri peggiorò , però, a partire dal 1525, quando il figlio
Giovan Francesco, valoroso comandante al servizio degli spagnoli viene nuovamente fatto
prigioniero nella celebre battaglia di Pavia. Per poter pagare il nuovo riscatto, gli Acquaviva
sono costretti ad alienare la città di Bitonto che era stata assegnata con il titolo marchesale
proprio a Giovan Francesco.
Dal punto di vista matrimoniale Giovan Francesco sposò Dorotea Gonzaga appartenente al
ramo cadetto dei Gonzaga di Mantova. E da questo matrimonio nacquero Giulio Antonio e
Isabella.
Nel 1527, con la morte di Giovan Francesco, inizierà un periodo di profonda crisi per quanto
riguarda il ramo primogeniturale dal casato perché rimise in discussione la federata della
famiglia.

GIULIO ANTONIO II, figlio di Giovan Francesco, si ritrova infatti ad imitare l'antica politica
oscillante di Andrea Matteo.
La politica di Giulio Antonio non venne imitata da tutti i membri Acquaviva. Vi fu, infatti, chi tra
essi rimase fede al ramo spagnolo. Giovan Francesco ne è un chiaro esempio (a differenza
del padre e del figlio che si sono, a causa delle loro scelte, macchiati del crimine di fellonia.)
Gli spagnoli vinsero nella battaglia e Giulio Antonio venne accusato di tradimento e per
sfuggire al processo scappò in Francia e perse tutti i feudi.
Giulio Antonio sposò Anna Gambacorta, contessa di Caserta la quale svolse un ruolo
fondamentale per la continuazione politica e feudale della famiglia Acquaviva.
Infatti lei riuscì a trasmettere il suo feudo di Caserta al secondo genito, Baldassarre poiché il
primogenito Giànfrancesco II scappò in Francia insieme al padre e quindi tradì la monarchia
spagnola e con lui si estinse la linea primogenita maschile Acquaviva.
Con Baldassarre nacque il nuovo ramo della famiglia Acquaviva.
Gli esponenti del ramo atriano non si arresero facilmente dinanzi a questa situazione. La
questione, infatti, verrà portata dinanzi al Sacro Regio Consiglio e si trascinerà inutilmente e
in maniera sofferta per molti decenni (il tutto caratterizzato da ingenti spese).
BALDASSARRE non era un primogenito ma alla fine si trovò comunque a subentrare in tale
status. Egli, infatti, venne investito del compito di perpetuare la storia della sua famiglia
nell'universo aristocratico. Nel 1541 per Baldassarre Acquaviva sarà un anno decisivo infatti è
in questo periodo che ci furono tre eventi importanti:
1. Le nozze con Gironima Caetani
2. La trasmissione di alcuni feudi che provenivano dalla nonna paterna Dorotea Gonzaga
3. la trasmissione del feudo di Caserta della madre Anna Gambacorta.

Inoltre Nel 1558 Filippo II affida un altro titolo a Baldassarre ovvero quello di marchese di
Bellante, come segno di riconoscimento di fedeltà, specie in ambito militare.

GIULIO ANTONIO III, conte e I principe di Caserta, II marchese di Bellante, quindi fu il


consolidatore (Baldassarre invece il capostipite) della famiglia.
Al conferimento del titolo principesco sembra aver avuto un'importante incidenza la politica
matrimoniale intrapresa dall'Acquaviva. Per Giulio Antonio si profila un'interessante
opportunità: unire i destini del proprio casato a quelli di un lignaggio tra i più importanti e
compatti della dinastia asburgica. Il matrimonio viene contratto da Giulio Antonio con Vittoria
de Lannoy. Ella era parente del famoso Carlo che era venuto in Italia al seguito di Carlo V
morto prematuramente, però, egli aveva lasciato i suoi possedimenti alla vedova Francesca
de Mombel che, con molta abilità, era riuscita a gestire alla perfezione la successione,.
Proprio per la loro fedeltà alla corona, ma anche per la loro integrazione nell'ambito delle
élites internazionali, i Lannoy ricevettero il celebre Toson d'oro (era la ricompensa più grande
che il re poteva fare ad un nobile per ringraziarlo di averlo servito).
Le condotte delle due famiglie sono quindi molto simili ed è per tale motivo che il matrimonio
tra Vittoria e Giulio Antonio fu alquanto vantaggioso.

L’apogeo, il punto massimo di successo della famiglia Acquaviva di Caserta si ha con


ANDREA MATTEO IV, che riceve il titolo di II principe di Caserta e di III marchese di Bellante
Il nuovo principe di Caserta venne fin da subito proiettato verso la gloria e il successo infatti
proprio da quel momento, per gli Acquaviva, si assiste ad un'intesa ascesa verso il successo.
Purtroppo, però, con l'aumento del prestigio vi è l'esponenziale crescita del debito familiare.
Con Andrea Matteo si entra, ancora di più, nel ramo delle élites Trasnazionali.
Andrea Matteo era ben inserito nelle dinamiche politiche della Corona spagnola e
direttamente impegnato anche sul piano militare.
Per quanto riguarda il rapporto con le altre casate, queste riconoscevano l’apogeo del
principe di Caserta. Inoltre Andrea Matteo per sottolineare il suo lealismo partecipò a
attivamente agli organismi di governo della capitale napoletana ed intraprese numerosi ed
importanti relazioni con i membri della corte vicereale.
Egli è il «sommo delegato del re» ed è in stretto contatto con tutti i vertici della politica
madrilena. Attraverso il viceré, il monarca esercitava il pieno controllo sui territori sottoposti al
dominio spagnolo.
Sotto il viceré De Guzman si creerà un contrasto tra appunto il viceré e l’aristocrazia
napoletana perché De Guzman voleva accentrare la politica fiscale, in modo che fosse più
efficiente. L’aristocrazia si oppose a questa idea e la protesta venne condotta proprio da
Andrea Matteo Acquaviva e riuscì a fa valere le ragioni dell’aristocrazia dinanzi al viceré.

Entrato nelle grazie della famiglia vicerale - attraverso una fitta rete di alleanze con altre
famiglie aristocratiche - l'Acquaviva riesce ad ottenere un grande onore: la visita del viceré
presso la sua corte (Caserta). L'episodio è talmente rilevante da suscitare un'eco enorme e
da venire annoverato tra gli eventi più significativi registrati tra gli impegni di natura privata del
conte durante il suo breve governo napoletano.
La visita venne programmata nei minimi particolari dal solerte maestro cerimoniere del
palazzo di Napoli, Miguel de Aux, il quale si dedicò ad ogni aspetto dell'evento.

Andrea Matteo inoltre si impegnò anche ambito militare in particolare nel 1604 risultò capitano
di ben quattro compagnie di soldati nel Regno di Napoli e nel 1606 partecipò al guerra nelle
Fiandre considerata come una vera e propria scuola per soldati di ogni estrazione sociale e
come luogo di apprendistato militare.
Infine anche Andrea Matteo otterrà il celebre Toson d'Oro, dall'arciduca Alberto d'Austria
(siamo però incerti sulla data) intorno al 1606-1607. Tale
onorificenza era particolarmente importante poiché veniva attribuita solo a quei cavalieri che
si fossero distinti per eccelsa virtù. Il conferimento del Tosone d'oro consentì al principe di
Caserta un ulteriore passo nella gerarchia nobiliare.

A questo successo gerarchico, politico, sociale e d’onore corrisponde però una discesa dal
punto di vista finanziario ed economico e nel giro di pochi anni, il principe è
costretto a rinunciare all'allargamento territoriale per far fronte alle imminenti spese.
Per questo motivo vende il marchesato di Bellante, che era stato così importante perché
aveva segnato l’inizio dell’ascesa della sua famiglia Acquaviva di Caserta e inoltre proprio in
questo territorio, Andrea Matteo e i suoi avi si erano distinti tanto sotto il profilo sociale, quanto
economico e militare.
Andrea Matteo, negozia la vendita con Giuseppe Acquaviva, zio del Duca d'Atri e quindi del
ceppo originale della famiglia Acquaviva, nominato vescovo di Tebe.
Andrea Matteo farà del palazzo napoletano del Tesoriere la sua dimora privilegiata. È lì che
muore il 16 ottobre del 1634, per essere successivamente trasportato a Caserta, accolto da
un solenne corteo funebre.

Ultima erede della famiglia Acquaviva di Caserta è Anna III principessa di Caserta.
Sposò Francesco Caetani che diviene poi a sua volta principe di Caserta.

L'Antico Regime, specie per quanto concerne l'ambito femminile, si struttura su un forte livello
di disparità (in particolar modo nell'ambito familiare). Uomini e donne, infatti, sono posti su
due livelli completamente differenti. Le seconde sono quasi sempre poste ad un livello di forte
minoranza e di dipendenza dalle figure maschili.
Nonostante questo, però, sul piano informale esse diventano delle «punte diamantine» per la
risoluzione di questioni spinose dove, appunto, si
Nonostante questo, però, sul piano informale esse diventano delle «punte diamantine» per la
risoluzione di questioni spinose, come per esempio con Anna Gambacorta o con Caterina
della Ratta.
Le operazioni diplomatico-politiche condotte dalla Gambacorta si integrano perfettamente con
l'azione di un'altra gentildonna: Dorotea Gonzaga.
Senza quest'ultima, infatti, il nipote Baldassarre non avrebbe potuto facilmente spiccare il
volo. E grazie alla donazione della nonna di Dorotea che il giovane Acquaviva può ascendere
a più alte ricchezze e onori. Non bisogna dimenticare, a questo proposito, come l'entrata della
Gonzaga nel lignaggio Acquaviva fu eseguito ed accettato per scopi meramente politico-
economici. Sono proprio queste «reti di alleanze» a dimostrare come nell'Europa del XVI-XVII
secolo vi fosse la frequentissima pratica dei «matrimoni di interesse» o «combinati»
L'azione femminile della famiglia Acquaviva si chiude con la figura di Anna
in quanto ultima erede del principe Andrea Matteo.
La transizione del feudo alla gentildonna non appare solo complessa ma anche con esito
incerto. Andrea Matteo, di fatti, aveva lasciato una situazione alquanto precaria a causa dei
debiti contratti. La prima stima sul feudo viene stilata dal tavolario regio
Pietro de Marino su istanza di numerosi creditori. A questi si oppone la figura di Anna
Acquaviva che non intende «vendere» lo stato casertano. || suo obiettivo è quello di
ridimensionare il valore del complesso feudale, essendo interessata ad acquistarlo
esercitando il proprio diritto di prelazione.
Nonostante l'interesse di vari banchieri genovesi i quali offrirono ingenti somme per
ereditare il feudo casertano, Anna Acquaviva riuscì ad ottenere nel 1639 la completa
assegnazione del feudo.

Gli stessi abitanti di Caserta definiscono l'Acquaviva come «protettrice»


Anna è costretta ad intraprendere numerose battaglie legali contro un personaggio di spicco:
il duca di Maddaloni aristocratico arrogante e litigioso.
Dopo Anna Acquaviva, lo «stato» di Caserta passerà ai Catani di Sermoneta.
Con i Catani, un lento declino interesserà il complesso feudale di Caserta che conoscerà
ulteriori sviluppi - anche se in un'ottica differente - solo con la vendita dello «stato» al re Carlo
di Borbone, alla metà del XVIII secolo.

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