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DONNE E ARTE: LA STRADA VERSO L’EMANCIPAZIONE

LA DONNA NELL’ARTE, DALLA RAPPRESENTAZIONE FISICA AL CONCETTO


IDEALE DI BELLEZZA
Donne. Affascinanti, attraenti, misteriose. Il fascino femminile ha ispirato
poeti, romanzieri, pittori e scultori in ogni tempo, inducendoli a celebrare la
donna come madre, sposa, amica, amante o modella, perpetuando nelle loro
opere il ricordo della loro bellezza, il ricordo di un grande amore, l’angoscia di
un amore tradito o il tormento per un amore non corrisposto.
L’immagine della donna nel corso della storia dell’arte è stata l’oggetto
prediletto della creatività, ricoprendo diversi ruoli con diversi significati
simbolici. Il modo di rappresentarlo è cambiato non solo per via
dell’avanzamento delle tecniche pittoriche o scultoree, del cambiamento del
gusto estetico e del variare delle correnti artistiche, ma anche per il modo di
concepire il ruolo della donna nella società.
 BREVE EXCURSUS SULLA FIGURA DELLA DONNA DALLE ORIGINI A OGGI
In origine la donna era associata alla fecondità e alla natura, era veicolo del
principio della vita, simbolo di maternità e di procreazione. Nell’iconografia
antica tali simbolo prendevano forma in statuette antropomorfe chiamate
Veneri.

Nella civiltà egizia il ruolo della donna cambia parecchio e le immagini sono
molto più raffinate. Le decorazioni rinvenute nelle piramidi raffigurano scene
dove lo status della donna va dalla moglie del faraone a quella dei grandi
dignitari di corte, per arrivare alle ancelle, o, peggio, alle schiave, che hanno il
compito di servire il defunto anche nel mondo dei morti. Ma nonostante
questa rigida divisione in classi, la figura femminile comincia a mostrare il
fascino e l’attrazione che vediamo nel bellissimo viso di S, e nella sua
realizzazione la bellezza comincia ad assumere un ruolo fondamentale.

Nell’iconografia del Medioevo il ruolo della donna cambia e con l’avvento del
Cristianesimo essa viene raffigurata esclusivamente nell’immagini sacre,
identificata quasi esclusivamente con il ruolo della Vergine Maria, che diventa
protagonista dell’arte medievale.

Con l’avvento dell’Umanesimo e successivamente del Rinascimento, i temi dei


quadri si concentrano sull’uomo che riacquista il centro dell’interesse artistico-
letterario; la donna non è più rappresentata solo in veste di “santa”, ma si
rinnova e si evolve in aspetti sempre più diversificati, venendo raffigurata in
episodi di vita quotidiana o di natura mitologica che la esaltano agli occhi dei
fruitori.

Altri artisti, come Edvard Munch, esprimono nelle loro opere il loro personale
malessere nei confronti della figura femminile, concepita artisticamente in
maniera negativa come la donna-virago o la femme fatale, che vuole
“divorare” o soggiogare, attraverso la sua sensualità, l’uomo.

L’opera di Munch Madonna (1894-1895) racchiude in sé questa visione: qui


Maria è rappresentata in maniera totalmente contrapposta all’iconografia
classica: è dipinta nuda, in una posizione languida che accentua le forme
sinuose, la pelle è bianca, quasi cadaverica, mentre i lunghi capelli neri sono
sciolti e sembrano voler rimandare ai tentacoli di Medusa. L’aureola non è
quella classica dorata, ma è rossa che richiama il colore del sangue e
connotandole un’aria molto più profana che sacra.
LE DONNE ARTISTE
Nell’immaginario comune quando si pensa ad un artista ci viene subito in
mente un uomo con pennello e scalpello intento a realizzare un quadro o una
scultura. Una concezione completamente errata e maschilista, perché nel
mondo dell’arte le donne non sono state solo muse e modelle, sono state
anche pittrici e scultrici.
Sfogliando i libri di storia dell’arte la presenza delle donne artiste è quasi
assente: poche, pochissime, di sicuro nessuna di loro è riuscita a ricavarsi uno
spazio più ampio di una pagina, quella che di solito è riservata agli autori
minori.
In secoli di storia dell’arte, la donna è stata dipinta e raccontata dall’uomo,
come se il “femminile” potesse trovare espressione solo attraverso la mano
maschile e così nel mondo dell’arte la donna vive come sdoppiata: da un lato,
è la Musa che ispira l’artista uomo, dall’altro, quando le si consente l’accesso al
mondo artistico in veste di soggetto dipingente, si trova ai margini.
Le grandi artiste del passato, forse poco conosciute o nel corso del tempo
addirittura dimenticate, sono tutte accomunate da un prezioso talento e dalla
voglia di non piegarsi alle regole imposte dalla società della loro epoca.
Diventando così, oltre che artiste, anche un grande esempio di emancipazione
femminile.

Tra queste ricordiamo importanti personalità come Propezia De Rossi,


scultrice di nocciole, Fede Galizia, l’inventrice della natura morta, Elisabetta
Sirani, fondatrice della prima Accademia femminile, Rosalba Carriera e i suoi
ritratti con ritocco, Frida Kahlo e tante altre.
ROSALBA CARRIERA

Rosalba Carriera, artista veneziana tra le più richieste


dalle donne di corte, che facevano addirittura a gara
per farsi ritrarre da lei.
Quando ancora non c’era la fotografia e i matrimoni
erano combinati, la pittrice realizzava ritratti di giovani
donne da maritare, che poi venivano sottoposti al vaglio
dei vari pretendenti.
Con i suoi colori pastellati e le sue pennellate leggere, la
Carriera rendeva i volti delle modelle così freschi e
soffici, senza rughe né difetti, da sembrare una preziosa
tazzina di porcellana. Una tecnica che potremmo quasi
paragonare ai ritocchi fotografici di oggi.

Il suo talento l’ha portata ad essere la prima pittrice ammessa nelle


Accademie d’arte, all’epoca ancora riservate agli uomini, di Roma, Bologna e
Parigi, in quest’ultima prima donna e tra l’altro straniera!
Rosalba Carriera nasce a Venezia il 12 gennaio 1673 da Andrea Carriera,
cancelliere presso la Serenissima e Alba Foresti, abile merlettaia. Insieme alle
sue sorelle Giovanna e Angela ebbe il privilegio di ricevere un'ottima
educazione che, oltre alla letteratura, poesia e musica (violino) prevedeva
anche lo studio di francese e inglese. Sembra che le sue doti artistiche siano
state notate grazie ai disegni che elaborava per i merletti materni. La famiglia
decise di sviluppare questa sua abilità inviandola prima nello studio del pittore
Giuseppe Diamantini, poi da Antonio Balestra.
Cominciò la sua carriera artistica dipingendo le tabacchiere con quelle figure di
damine graziose che divennero poi la sua fortuna trasposte nelle miniature su
avorio. Intorno al 1703 appaiono i suoi primi lavori a pastello, tecnica che la
renderà famosa in tutta Europa. Nel 1705, grazie anche all'intermediazione del
suo amico Cristiano Cole, fu accettata all'Accademia nazionale di San Luca a
Roma, con l'opera Fanciulla con colomba. La sua fama cresceva rapidamente e
nel 1708 eseguì il ritratto di Federico IV di Danimarca che per alcuni mesi
soggiornò a Venezia, mentre è dell'anno seguente un suo autoritratto divenuto
molto noto perché conservato presso la Galleria degli Uffizi.

Rosalba Carriera, Autoritratto con il ritratto della sorella, 1715, Firenze, Galleria
degli Uffizi.
Con una reputazione già solida alle spalle, nel 1720 parte per Parigi insieme al
cognato Giovanni Antonio Pellegrini, che ebbe molta influenza sul suo stile
pittorico, e la sorella Giovanna. Durante il suo soggiorno parigino, che durerà
un anno e mezzo, realizza circa una quarantina di ritratti di cui il più noto è
quello del giovane Luigi XV, attualmente conservato presso il Gemäldegalerie
Alte Meister di Dresda. Fu lei che lanciò la moda dei ritratti a pastello nella
capitale francese, grazie anche ai commenti favorevoli del pittore Maurice
Quentin de La Tour inerenti alla sua opera Jeune fille tenant une couronne de
laurier, nymphe de la suite d'Apollon presentata in occasione della sua elezione
all'Académie royale de peinture et de sculpture. La nomina avvenne il 26
ottobre 1720 e fu considerato un evento particolarmente importante, non solo
per il prestigio dell'accademia, ma anche perché erano ormai quasi
quarant'anni che una donna non era eletta all'Accademia reale di pittura e
scultura di Parigi.
Commissioni importanti arrivano da tutta Europa e nel 1730 si reca da maggio
a ottobre a Vienna chiamata dall'imperatore Carlo VI per eseguirne il ritratto,
oggi perduto.
Nel 1746 una malattia agli occhi la colpisce. Quello è il suo ultimo anno di
lavoro ma, nonostante l'età ormai avanzata non si rassegna e si farà operare di
cataratta nell'agosto 1749, ma dopo un breve miglioramento diventa
completamente cieca nel 1750.
Morì, sempre a Venezia, il 15 aprile 1757. Fu sepolta nella vecchia Chiesa di
San Vio, situata nel sestiere di Dorsoduro, dove sempre abitò.

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