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Meccanica Statistica
Appunti del corso A.A. 2008-09
Roberto Raimondi
Dipartimento di Fisica
Università Roma Tre
5 gennaio 2009
2
1 Ensembles statistici 5
1.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.2 Formulazione del problema . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.3 Medie temporali e medie sull’ensemble . . . . . . . . . . . . . 7
1.4 Teorema di Liouville . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.4.1 Invarianza della misura rispetto al moto hamiltoniano . 11
2 L’ensemble microcanonico 13
2.1 La funzione di distribuzione per un sistema isolato . . . . . . . 13
2.2 La definizione dell’entropia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.3 Condizioni di equilibrio e primo principio della termodinamica 19
3 Il gas perfetto 21
3.1 Ensemble microcanonico per il gas perfetto . . . . . . . . . . . 21
3.2 Proprietà della funzione gamma . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
3.3 Termodinamica del gas perfetto . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3.4 Il corretto conteggio di Boltzmann . . . . . . . . . . . . . . . . 27
3.5 Connessione con il limite quantistico . . . . . . . . . . . . . . 30
4 L’ensemble canonico 33
4.1 Distribuzione di Boltzmann . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
4.2 La definizione dell’energia libera . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
4.3 Il gas perfetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36
4.4 Distribuzione di Maxwell per le velocità . . . . . . . . . . . . . 37
4.5 Formula di Gibbs per l’entropia . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
5 L’ensemble grancanonico 41
5.1 La funzione di distribuzione grancanonica . . . . . . . . . . . . 41
5.2 Il granpotenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
5.3 Il gas perfetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
3
4 INDICE
9 Il gas di Fermi 67
9.1 Lo stato fondamentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68
9.2 Regime di basse temperature e sviluppo di Sommerfeld . . . . 69
10 Il gas di Bose 73
10.1 La condensazione di Bose-Einstein . . . . . . . . . . . . . . . . 73
10.2 Equazione di Clapeyron . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78
10.3 Alcune utili relazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
12 Calori specifici 85
12.1 Calori specifici nei gas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
12.1.1 Moto di una particella su una sfera . . . . . . . . . . . 88
12.2 Calori specifici nei solidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88
A Potenziali termodinamici 93
Capitolo 1
Ensembles statistici
1.1 Introduzione
5
6 CAPITOLO 1. ENSEMBLES STATISTICI
∂H ∂H
q̇i = , ṗi = − . (1.2)
∂pi ∂qi
In generale è tutt’altro che ovvio che la media statisitica (1.5) sia equi-
valente alla media temporale (1.3), anche se naturalmente è plausibile. Lo
studio delle condizioni sotto le quali tale equivalenza è effettivamente vera
costituisce l’argomento del cosidetto problema ergodico. L’ipotesi dell’equi-
valenza delle medie temporali e statistiche è quindi detta ipotesi ergodica. In
generale, dato un sistema meccanico arbitrario, è molto difficile dimostrare
la validità dell’ipotesi ergodica, o detto altrimenti, dimostrare che un siste-
ma meccanico è ergodico. Seguendo una prassi ben consolidata, prendiamo
come assunzione di base la validità dell’ipotesi ergodica, in modo che il pro-
blema della meccanica statistica diventa quello di determinare la funzione di
1.4. TEOREMA DI LIOUVILLE 9
∇ · (vρ) = (∇ · v)ρ + v · ∇ρ
= v · ∇ρ, (1.10)
da cui segue
∂ρ dρ
+ v · ∇ρ ≡ = 0. (1.11)
∂t dt
Quest’ultima equazione è la forma che assume il teorema di Liouville in
meccanica statistica. Essa afferma che la derivata totale rispetto al tem-
po della funzione di distribuzione dell’ensemble statistico è nulla. Quindi
la eventuale dipendenza esplicita dal tempo della funzione di distribuzione
deve esattamente compensare la dipendenza attraverso le coordinate e gli
impulsi. D’altro canto se la funzione di distribuzione deve descrivere un
ensemble di equilibrio non può avere una dipendenza esplicita dal tempo.
Quindi la funzione di distribuzione può dipendere dalle coordinate e dagli
impulsi solo attraverso una combinazione di questi costante. In altre parole,
la funzione di distribuzione deve dipendere solo da integrali primi del moto.
In un sistema isolato in quiete, l’energia è, in generale, l’unico integrale pri-
mo e quindi la funzione di distribuzione deve dipendere dalle coordinate ed
impulsi attraverso H({q}, {p}).
1.4. TEOREMA DI LIOUVILLE 11
L’ensemble microcanonico
13
14 CAPITOLO 2. L’ENSEMBLE MICROCANONICO
dove δ(x) è la funzione di Dirac. Per i nostri scopi δ(x) può essere definita
nel modo seguente
� � ∞
∞, x = 0
δ(x) = , dxδ(x) = 1. (2.3)
� 0
0, x = −∞
La costante C nella definizione (2.5) deve essere scelta in modo che sia
soddisfatta la condizione di normalizzazione, cioè
�
−1
C = d3N q d3N p. (2.6)
E<H<E+∆
S = k ln Γ (2.8)
In termini di ω(E) si ha
Γ(E) ≈ ω(E)∆. (2.12)
Nel limite termodinamico possiamo definire l’entropia alternativamente
S = k ln Σ (2.13)
oppure
S = k ln ω. (2.14)
Infatti le definizioni (2.8, 2.13, 2.14) differiscono per termini di ordine ln N
e quindi sono indistinguibili nel limite termodinamico.
È importante sottolineare che la (2.8) (ed ovviamente anche le (2.13,2.14))
è postulata. La sua giustificazione può essere fatta solo a posteriori verifi-
cando che le sue conseguenze sono in accordo con i fatti sperimentali, cioè
con i principi della termodinamica.
Cominciamo col verificare se la (2.8) è una buona definizione di entropia,
cioè se soddisfa la proprietà di:
• a) essere estensiva
• b) aumentare per un sistema isolato fuori dall’equilibrio.
Per dimostrare la sussistenza di queste due proprietà, dobbiamo usare
esplicitamente e per la prima volta la circostanza che abbiamo a che fare
con sistemi con un numero enorme di gradi di libertà, tale cioè che possiamo
assumere N → ∞. Più precisamente assumeremo il cosidetto limite termodi-
namico secondo il quale N, V → ∞, ma il rapporto N/V tende ad un valore
costante.
Supponiamo che il sistema in studio sia diviso in due sottosistemi, che
indichiamo con indici 1 e 2. Immaginiamo che le N particelle siano ripartite
tra i due sottosistemi in modo che N1 + N2 = N . Tra i due sottosistemi non
può esserci scambio di particelle. Inoltre immaginiamo che i sottosistemi
siano confinati nei volumi V1 e V2 , rispettivamente. Ciò è possibile per un
sistema non gassoso. Il caso dei sistemi gassosi sarà discusso nel prossimo
capitolo. Se i due sottosistemi sono macroscopici, il rapporto della superficie
di contatto e il volume è trascurabile. Se le interazioni tra le particelle sono
a corto raggio, le interazioni tra i due sottosistemi sono limitate alla regione
della superficie di contatto e quindi sono trascurabili rispetto alle interazioni
tra le particelle all’interno del volume di ciascun sottosistema. Quindi in
buona approssimazione i due sottosistemi sono indipendenti e la funzione
hamiltoniona del sistema intero può essere scritta come una somma delle
funzioni hamiltoniane dei due sottosistemi
H = H1 + H2 . (2.15)
2.2. LA DEFINIZIONE DELL’ENTROPIA 17
e riscriviamo la (2.16)
� E � �
ω(E) = dE1 d3N1 q d3N1 p δ(E1 − H1 ) d3N2 q d3N2 p δ(E − E1 − H2 )
0
� E
= d E1 ω(E1 ) ω(E − E1 ), (2.17)
0
e �
ω(E − E1 ) = d3N2 qd3N2 p δ(E − E1 − H2 ).
dove E1∗ è un opportuno valore appartenente all’intervallo (0, E). Ciò dimo-
stra la maggiorazione. Per dimostrare la minorazione, osserviamo che essa è
equivalente a dimostrare che
18 CAPITOLO 2. L’ENSEMBLE MICROCANONICO
� E1 −�/2 � E
dE1 ω(E1 ) ω(E − E1 ) + dE1 ω(E1 ) ω(E − E1 ) −
0 E1 +�/2
� E1 +�/2 � �
dE1 ω(E1 ) ω(E − E1 ) − ω(E1 ) ω(E − E1 ) > 0.
E1 −�/2
ω ∼ eN .
Ciò implica che il logaritmo del volume dello spazio delle fasi dipenda linear-
mente da N . Poiché E ∝ N ed � < E, i termini k ln E e k ln � della (2.20)
dipendono da N al più logaritmicamente e diventano trascurabili, nel limite
termodinamico. Quindi otteniamo
∂ω(E1 ) ∂ω(E2 )
ω(E2 ) = ω(E1 )
∂E1 ∂E2
o anche
1 ∂ω(E1 ) 1 ∂ω(E2 )
=
ω(E1 ) ∂E1 ω(E2 ) ∂E2
che quindi, usando la (2.19), può essere scritta
� � � �
∂S1 ∂S2
= . (2.22)
∂E1 E1 =E1
∂E2 E2 =E2
cioè che le due entropie differiscono a meno di una costante. Poichè entrambi
i differenziali sono presi tenendo costante il numero di particelle, la (2.27) non
può dire nulla a proposito della dipendenza dell’entropia del microcanonico
o dell’entropia termodinamica dal numero di particelle. Questo significa che
la definizione di entropia (2.8) è valida a meno di una funzione del numero
di particelle.
Capitolo 3
Il gas perfetto
21
22 CAPITOLO 3. IL GAS PERFETTO
gaussiano � ∞ � ∞
−x21 2
dx1 e ... dxn e−xn = π n/2
−∞ −∞
che d’altronde può essere riscritto
� ∞ � ∞ � ∞
2 2 2 1
... dn xe−(x1 +...+xn ) = Ωn e−r rn−1 dr = Ωn Γ(n/2)
−∞ −∞ 0 2
dove si è introdotta la funzione gamma di Eulero definita da (Cf. paragrafo
(3.2) per le sue principali proprietà)
� ∞
Γ(z) = e−t tz−1 dt. (3.4)
0
dove
f (t, z) = t − (z − 1) ln t.
La funzione f (t, z) ha un minimo in t∗ = z − 1. Infatti
z−1 z−1
f � (t, z) = 1 − , f �� (t, z) = 2
t t
dove l’apice indica la derivata rispetto a t. La funzione gamma può quindi
essere scritta
� ∞
∗ ,z)−(1/2)f �� (t∗ ,z)(t−t∗ )2
Γ(z) = dt e−f (t
0
� ∞
−(z−1)+(z−1) ln(z−1) ∗ )2 /(2(z−1))
= e dte−(t−t
� ∞0
−z+1 z−1 ∗ )2 /(2(z−1))
≈ (z − 1) e dte−(t−t
−∞
�
= (z − 1)z−1 e−z+1 2π(z − 1)
√
≈ z z e−z 2πz. (3.11)
N kT
P = . (3.17)
V
Consideriamo adesso un contenitore di volume V diviso in due parti da
un setto rimovibile. Le due parti hanno volumi V1 e V2 , rispettivamente.
Consideriamo ora due gas diversi composti di N1 e N2 molecole, rispettiva-
mente. Il primo gas si trova nel volume V1 e il secondo in V2 . Immaginiamo
che i due gas si trovino alla stessa temperatura, T1 = T2 = T , e pressione,
P1 = P2 = P . Ciò implica che i due gas abbiano la stessa densità
P N1 N2
=k =k .
T V1 V2
Le energie dei due gas sono naturalmente
3 3
E1 = N1 kT, E2 = N2 kT.
2 2
Se rimuoviamo il setto separatore, i due gas si mescolano. Come è noto questo
è un processo irreversibile che comporta un aumento di entropia. Prima di
rimuovere il setto separatore, l’entropia del sistema è la somma di quella dei
due gas, cioè
� � 3 � � 3
Sprima = N1 k ln V1 (2πm1 T )3/2 + N1 k + N2 k ln V2 (2πm2 T )3/2 + N2 k.
2 2
(3.18)
3.3. TERMODINAMICA DEL GAS PERFETTO 25
e quella finale è
� �
V 5
Sdopo = N k ln (2πmT )3/2 + N k. (3.23)
N 2
V N1 V N2
∆S = N1 k ln + N2 k ln = 0, (3.25)
N V1 N V2
V N1 V N2
∆S = N1 k ln + N2 k ln
N1 V1 N2 V2
f (N ) = −N ln N + N f (1), (3.32)
28 CAPITOLO 3. IL GAS PERFETTO
dove f (1) è una costante d’integrazione. Scegliendo tale costante della forma
f (1) = (3/2) ln(2πmk) + (5/2) si ritrova l’equazione di Sackur-Tetrode.
Ritorniamo alla meccanica statistica. Riprendiamo la discussione iniziata
nel capitolo precedente riguardo alle condizioni di equilibrio tra due sottosi-
stemi. Nel caso presente, rispetto a quanto fatto in precedenza, concediamo
ai due sottosistemi di poter scambiare particelle. Immaginiamo quindi di
dividere un sistema isolato di energia totale E, volume V e numero di parti-
celle N in due sottosistemi. Ad esempio immaginiamo un contenitore diviso
in due da un setto separatore. Il setto è fisso e quindi i volumi V1 e V2 dei
due sottosistemi sono tenuti costanti, ma nel setto è praticato un foro attra-
verso il quale i due sottosistemi possono scambiare particelle. Lo scambio di
energia è anche permesso come già discusso nel capitolo precedente. I due
sottosistemi hanno energia e numero di particelle E1 , E2 ed N1 , N2 , rispet-
tivamente, con le condizioni E1 + E2 = E ed N1 + N2 = N . In analogia alla
(2.17) dobbiamo scrivere
N! �
ω(E, N ) = dE1 ω(E1 , N1 ) ω(E − E1 ). (3.33)
N1 !N2 !
Il coefficiente binomiale che appare a membro di destra della (3.33) tiene
conto del fatto che se nel sottosistema 1 si trovano N1 particelle e nel sot-
tosistema 2 si trovano N2 particelle, esistono N !/(N1 !N2 !) modi di realizzare
tale situazione microscopica. Infatti bisogna considerare il numero di modi
in cui posso scegliere le N1 particelle da mettere nel sottosistema 1. Tale
conteggio si basa sul fatto che le particelle classiche sono distinguibili. Ab-
biamo visto che per quanto riguarda lo scambio di energia, la situazione di
equilibrio è quella corrispondente ad un valore di E1 ed E2 che rende mas-
simo l’integrando della (3.33). Da qui abbiamo introdotto la temperatura
come derivata dell’entropia rispetto all’energia. Vogliamo ora discutere quali
siano i valori di N1 ed N2 che rendono massimo l’integrando della (3.33).
Definiamo
ω(E1 , N1 ) ω(E2 , N2 )
ω1∗ = , ω2∗ = . (3.34)
N1 ! N2 !
La condizione di massimo diventa allora
∂ ln ω1∗ ∂ ln ω2∗
=
∂E1 ∂E2
∗
∂ ln ω1 ∂ ln ω2∗
= (3.35)
∂N1 ∂N2
Risulta quindi naturale definire l’entropia di ogni sottosistema come
ωi
Si = k ln ωi∗ ≡ k ln (3.36)
Ni !
3.4. IL CORRETTO CONTEGGIO DI BOLTZMANN 29
ω(E, N )
S = k ln ω ∗ ≡ k ln , (3.38)
N!
la (3.33) indica chiaramente l’estensività dell’entropia. In tal modo abbiamo
giustificato la divisione per N ! introdotta nella formula dell’entropia del gas
perfetto. Nella presente discussione, inoltre, oltre a tener conto del gas per-
fetto, sono considerati anche i gas reali per i quali la funzione hamiltoniana
contiene anche un termine di energia potenziale. La forma della funzione
hamiltoniana è comunque ininfluente.
Notiamo ancora che la deduzione della termodinamica fatta nel capitolo
precedente (cf. eq.(2.24)) resta valida, in quanto effettuata a numero di par-
ticelle costante. Consideriamo ora una trasformazione lenta che vari energia,
volume e numero di particelle. La (2.24) diventa
� �
1 P ∂S
dS = dS + dV + dN. (3.39)
T T ∂N E,V
L’ensemble canonico
E = Er + Es , (4.1)
33
34 CAPITOLO 4. L’ENSEMBLE CANONICO
Sempre in virtù del fatto che l’energia del reservoir è circa uguale a quella
totale � � � �
∂Sr ∂Sr (Er ) 1
≈ ≡ , (4.4)
∂E ∂Er T
dove T è la temperatura di equilibrio del sistema e del reservoir. Allora la
funzione di distribuzione del sistema diventa
Infatti
� �
∂ ∂ 1 � 3N 3N −βH
F = −kT ln d q d pe
∂T ∂T N!
1 � 3N 3N −βH � 3N 3N e−βH H
= −k ln d q d pe − d qd p
N! Z T
F U
= − , (4.10)
T T
dove si è usato che
�
3N 3N e−βH
U ≡< H >= d qd p H. (4.11)
Z
La (4.10) coincide con la (4.9) e quindi dimostra che la (4.8) definisce effet-
tivamente l’energia libera.
3/2
v 2 e−(m/2kT )v .
(2πmkT )
38 CAPITOLO 4. L’ENSEMBLE CANONICO
4πm3 2
f (v) = N 3/2
v 2 e−(m/2kT )v . (4.22)
(2πmkT )
∂F
S = −
∂T
∂
= kT ln Z
∂T
1 1 � −βEi
= k ln Z − e Ei
TZ i
1 � −βEi
= k ln Z + k e (− ln pi − ln Z)
Z i
�
= −k pi ln pi . (4.26)
i
L’ensemble grancanonico
41
42 CAPITOLO 5. L’ENSEMBLE GRANCANONICO
N ! e−βH({qs ,ps })
ρ({qs , ps }, Ns ) = Zr (T, Vr , N − Ns ). (5.1)
Z Ns !
Scrivendo la funzione di partizione del sottosistema r in termini della corri-
spondente energia libera abbiamo
5.2 Il granpotenziale
In termini della funzione di partizione grancanonica si introduce il granpo-
tenziale
Ω(T, V, µ) = −kT ln Z(T, V, µ). (5.5)
5.2. IL GRANPOTENZIALE 43
Ω = F − µN (5.6)
con le relazioni
� � � � � �
∂Ω ∂Ω ∂Ω
N =− , S=− , P =− .
∂µ T,V
∂T µ,V
∂V T,µ
G(T, P, N ) = N g(T, P )
G ≡ µN = F + P V,
Ω = F − µN = F − G = −P V. (5.10)
44 CAPITOLO 5. L’ENSEMBLE GRANCANONICO
kT
P = ln Z(T, V, µ), (5.11)
V
che insiema alla
∂
N = kT ln Z(T, V, µ) (5.12)
∂µ
produce l’equazione di stato in forma implicita. Infatti dalla (5.12) si ricava
il potenziale chimico come funzione di temperatura, volume e numero di
particelle µ = µ(T, V, N ). Tale funzione deve essere poi inserita nella (5.11).
Teorema di equipartizione e
fluttuazioni
45
46CAPITOLO 6. TEOREMA DI EQUIPARTIZIONE E FLUTTUAZIONI
dU = T dS − P dV,
3
cV = N k (6.12)
2
e la (6.11) diventa
� √
�(H − �H�)2 � 2
=√ . (6.13)
�H� 3N
�(N − �N �)2 � = �N 2 � − �N �2
� �� �2
N eβµN N 2 ZN N eβµN N ZN
= −
Z Z
∂
= kT �N �
∂µ
∂2Ω
= −kT 2
∂µ
∂2P
= kT V . (6.14)
∂µ2
6.3. FLUTTUAZIONI DEL NUMERO DI PARTICELLE 49
in modo che
∂P
= −f �� (6.17)
∂v
∂µ
= −vf �� , (6.18)
∂v
dove f �� indica la derivata seconda rispetto ad x di f (T, x). Quindi
∂P 1
= . (6.19)
∂µ v
Allora la derivata secondo della pressione rispetto al potenziale chimico di-
venta
∂2P ∂ 1 1 ∂v 1 ∂v N 2 ∂V
= = − = − = − . (6.20)
∂µ2 ∂µ v v 2 ∂µ v 3 ∂P V 3 ∂P
Se introduciamo la compressibilità isoterma
1 ∂V
κT = − , (6.21)
V ∂P
possiamo riscrivere la (6.14)
N
�(N − �N �)2 � = N kT .κT (6.22)
V
Il rapporto tra scarto quadratico e valor medio produce quindi
�
�(N − �N �)2 � 1 �
=√ kT (N/V )κT , (6.23)
<N > N
che nel limite termodinamico tende a zero, nell’ipotesi di un comportamento
regolare della compressibilità.
50CAPITOLO 6. TEOREMA DI EQUIPARTIZIONE E FLUTTUAZIONI
Capitolo 7
La meccanica statistica
quantistica
51
52 CAPITOLO 7. LA MECCANICA STATISTICA QUANTISTICA
con il granpotenziale
dove la somma è su tutti i possibili insiemi {nk } senza alcuna restrizione sul
numero totale di particelle. Se il sistema è costituito di particelle indipen-
denti, l’energia può essere espressa come somma delle energie relative agli
�
stati di singola particella, cioè E = k nk �k . La (7.16) diventa
� �
Z = e−β k
(�k −µ)nk
{nk }
��
= e−β(�k −µ)nk
{nk } k
� �
= e−β(�1 −µ)n1 . . . e−β(�k −µ)nk . . .
n1 nk
��
−β(�k −µ)nk
= e . (7.17)
k nk
Ω = −kT ln Z
��
= −kT ln e−β(�k −µ)nk
k nk
� �
= −kT ln e−β(�k −µ)nk
k nk
�
= Ωk , (7.18)
k
59
60CAPITOLO 8. IL METODO DELLA DISTRIBUZIONE PIÙ PROBABILE
i=1 i=1
W = N! . (8.3)
i=1 Ni !
S = k ln W, (8.4)
ln ni = λ�i + µ − 1, (8.8)
8.2 Bosoni
Secondo la meccanica quantistica le particelle sono indistinguibili. Nel caso
classico il conteggio dei modi di ripartire Ni particelle in Gi stati era basa-
to sul fatto che per ogni data particella, distinguibile dalle altre (anche se
identica), potevamo scegliere in quale stato metterla. Adesso con particelle
indistinguibili possiamo solo dire se in un dato stato ci sono particelle e quante
62CAPITOLO 8. IL METODO DELLA DISTRIBUZIONE PIÙ PROBABILE
ce ne sono. Nel caso dei bosoni non ci sono limitazioni al numero di particelle
che possono trovarsi in un dato stato. Una particolare configurazione può
essere rappresentata come nel caso particolare riportato sotto.
• • | • • • || • | • • • •||•
Le barre verticali rappresentano le divisioni tra uno stato ed un altro. Con
Gi stati, abbiamo bisogno di Gi − 1 barre verticali. Nell’esempio si ha Gi = 7
e Ni = 11. I punti neri indicano le particelle. Nel primo stato della cella
i-esima ci sono 2 particelle, 3 nel secondo, 0 nel terzo, etc. Fissato il numero
di particelle e di stati, una diversa configurazione corrisponde ad una diversa
permutazione dell’insieme delle barre e dei punti neri. La domanda che
dobbiamo porci è di determinare il numero di modi di disporre Gi − 1 + Ni
oggetti, di cui Gi − 1 di un tipo e Ni di un altro tipo. L’analisi combinatoria
immediatamente conduce a
K
� K
� (Gi − 1 + Ni )!
W = Wi = . (8.12)
i=1 i=1 Ni !(Gi − 1)!
Notiamo che ora il peso complessivo può essere scritto come un prodotto dei
pesi relativi alle singole celle. Infatti, essendo le particelle indistinguibili, c’è
un solo modo di assegnare N1 particelle alla prima cella, N2 alla seconda e
via fino a NK alla cella K-esima.
È utile vedere come il limite classico emerge dalla formula dovuta al
conteggio quantistico. Il comportamento classico si applica a sistemi diluiti
ad alta temperatura e bassa pressione. Ciò significa che in media in ogni
cella il numero di particelle presenti è piccolo rispetto al numero di stati
Ni � G i . (8.13)
In quest’ipotesi otteniamo
(Gi − 1 + Ni )!
= Gi (Gi + 1) . . . (Gi − 1 + Ni ) ≈ Gi Gi . . . Gi = GN
i , (8.14)
i
(Gi − 1)!
e se inseriamo tale risultato nella (8.12) riproduciamo il risultato classico
della (8.3).
Per determinare la funzione di disribuzione, procediamo come nel caso
classico. La variazione rispetto ai numeri di occupazione produce
δNi [ln(Gi − 1 + Ni ) − ln Ni − 1 + λ�i + µ] = 0. (8.15)
La funzione di distribuzione assume allora la forma di Bose-Einstein
Gi − 1 1
ni = −λ� +µ−1
. (8.16)
Gi e i −1
8.3. FERMIONI 63
8.3 Fermioni
Nel caso dei fermioni, oltre al carattere quantistico dell’indistinguibilità dob-
biamo aggiungere l’osservanza del principio di esclusione di Pauli in base al
quale uno stato può essere occupato al massimo da una sola particella. Ciò
significa che il numero di particelle Ni deve essere inferiore o uguale al nu-
mero di stati Gi . Una qualsiasi distribuzione consisterà nel fatto che alcuni
stati sono occupati, mentre gli altri sono vuoti. Il problema combinatorio
diventa allora quello di scegliere quali sono gli stati occupati. Naturalmente
gli stati occupati sono in numero di Ni . Allora il numero di modi di ripartire
Ni particelle in Gi stati diventa quello di determinare il numero di modi di
scegliere Ni oggetti in un insieme di Gi oggetti. Tale numero è determinato
dal coefficiente binomiale e conduce alla
K
� K
� Gi !
W = Wi = . (8.17)
i=1 i=1 Ni !(Gi − Ni )!
(Gi − Ni )!
Il fatto notevole è quello di poter usare lo stesso linguaggio nei due conte-
sti classico e quantistico in modo da poter concentrare il ragionamento sugli
aspetti squisitamente probabilistici. Come ci ha insegnato la (8.12) nel caso
del gas di Bose, il numero di modi di di assegnare Ni particelle a Gi stati è
(Gi − 1 + Ni )!
,
Ni !(Gi − 1)!
che nel limite classico diventa
GN
i
i
,
Ni !
cioè il valore classico GNi diviso per Ni !. Infatti il conteggio classico, a causa
i
classico dei modi relativo ad una data cella, abbiamo che il corrispondente
conteggio quantistico soddisfa la relazione
ωi,c
ωi,q = ,
Ni !
8.4. A PROPOSITO DEL CORRETTO CONTEGGIO DI BOLTZMANN65
Il gas di Fermi
V � 3 �p
U = gs d p (9.1)
(2πh̄)3 R3 eβ(�p −µ) + 1
�
V 1
N = gs 3
d3 p β(�p −µ) . (9.2)
(2πh̄) R3 e +1
È utile introdurre la cosidetta densità degli stati definita nel modo seguente
V �
ν(E) = gs d3 p δ(E − �p ). (9.3)
(2πh̄)3 R3
In termini della densità degli stati gli integrali nelle espressioni dell’energia
e del numero di particelle possono essere riscritti nella forma
� ∞
E
U = dE ν(E) (9.4)
−∞ eβ(E−µ) +1
� ∞
1
N = dE ν(E) . (9.5)
−∞ eβ(E−µ) +1
67
68 CAPITOLO 9. IL GAS DI FERMI
3
U = N kT,
2
E = µ + kT x. (9.13)
Entrambi gli integrali hanno la stessa forma e possono essere integrati per
parti
� ∞ � ∞
(x + µ/kT )n 1 (x + µ/kT )n+1 ∞ (x + µ/kT )n+1 ex
dx = |−µ/kT + dx
−µ/kT ex + 1 n+1 ex + 1 −µ/kT (n + 1)(ex + 1)2
(9.16)
70 CAPITOLO 9. IL GAS DI FERMI
3/2 3π 2 (kT )2
µ3/2 = EF − . (9.23)
24 µ1/2
Il gas di Bose
73
74 CAPITOLO 10. IL GAS DI BOSE
di particelle, otteniamo
� ∞ � ∞ √
ν(E)z V 3/2 3/2 xz
N= dE βE = 2π 3
(2m) (kT ) dx x . (10.6)
0 e −z (2πh̄) 0 e −z
Come abbiamo discusso in precedenza (cf. 7.34), nel limite classico la fugacità
tende a zero, poiché µ → −∞. Nell’espressione (10.6) la dipendenza dalla
temperatura proviene quindi, oltre che dal fattore T 3/2 , dalla funzione z(T ).
La dipendenza della fugacità dalla temperatura è determinata dal fatto che
deve compensare la dipendenza del fattore T 3/2 in modo che resti costante
il numero di particelle. Uno sguardo all’integrale che appare nella (10.6)
mostra che fintanto che z < 1, l’integrale è ben definito. Allora la condizione
sulla fugacità 0 < z < 1 implica che il potenziale chimico deve tendere
a zero nel regime quantistico. Il punto cruciale è a quale temperatura il
potenziale chimico raggiunge il valore zero. Notiamo che al diminuire della
temperatura, la diminuzione del fattore T 3/2 deve essere compensata da un
aumento dell’integrale dovuto a sua volta da un aumento dell’integrando.
Ciò accade a causa della diminuzione del denominatore ex − z al crescere di
z. Ponendo z = 1 nella (10.6) troviamo il valore della temperatura T0 a cui
ciò avviene
� ∞ √
V 3/2 3/2 x
N = 2π 3
(2m) (kT0 ) dx x . (10.7)
(2πh̄) 0 e −1
Utilizzando i risultati (10.34-10.39) per il calcolo degli integrali, la tempera-
tura T0 è data da
� �2/3
1 N (2πh̄)3
T0 = . (10.8)
2mk V 2πΓ(3/2)ζ(3/2)
Il significato fisico di questa temperatura può essere reso più trasparente
ricordando la definizione della lunghezza d’onda termica (cf. (7.31))
2πh̄
λ= .
(2πmkT )1/2
Infatti se indichiamo con λ0 il valore della lunghezza d’onda termica alla
temperatura T0 , la condizione (10.8) corrisponde al fatto che la lunghezza
d’onda termica è circa uguale alla distanza media tra le particelle l (cf. (7.32))
λ0 = (ζ(3/2))1/3 l ≈ 1.377l. (10.9)
Cosa accade per T < T0 ? Poiché z resta uguale a uno come richiesto dalla
convergenza dell’integrale, l’espressione (10.6) implica, per T < T0 , un nu-
mero di particelle più piccolo. Ciò naturalmente non può essere in quanto
10.1. LA CONDENSAZIONE DI BOSE-EINSTEIN 75
L’integrale tiene conto solo del secondo termine a membro di destra. Per
T > T0 , quando l’occupazione dello stato ad impulso nullo è dello stesso
ordine di tutte le altre occupazioni, il trascurarla implica un errore dell’ordine
1/N che diventa trascurabile nel limite termodinamico. Per T < T0 possiamo
quindi scrivere il numero di particelle come la somma di due termini: il
primo corrispondente alle particelle nello stato ad impulso nullo ed il secondo
corrispondente alle particelle in tutti gli altri stati
� ∞ √
V 3/2 3/2 x
N = N0 + 2π 3
(2m) T dx x
(2πh̄) 0 e −1
� �3/2 � ∞ √
T V 3/2 3/2 x
= N0 + 2π 3
(2m) T0 dx x
T0 (2πh̄) 0 e −1
� �3/2
T
= N0 + N . (10.10)
T0
Si dice che le particelle che si accumulano nello stato ad impulso nullo con-
densano e tale fenomeno di accumulo viene chiamato condensazione di Bose-
Einstein. Tale fenomeno di condensazione ha le modalità di una transizione
di fase con temperatura di transizione T0 . Un accumulo macroscopico nello
stato ad impulso nullo è detto condensato. La frazione di particelle nel con-
densato gioca un ruolo simile alla magnetizzazione in una transizione dallo
76 CAPITOLO 10. IL GAS DI BOSE
dove si è usato il fatto che z = 1 per T < T0 . Notiamo che per avere
l’equazione di stato, per T > T0 , dobbiamo eliminare z dalle due equazioni
kT
P = g5/2 (z) (10.14)
λ3
V
N = g3/2 (z). (10.15)
λ3
Alla coesistenza delle due fasi, dobbiamo avere necessariamente z = 1 affinché
ci siano particelle nel condensato. Ponendo z = 1 nella (10.14) si ottiene la
curva di coesistenza P (T ) nel diagramma di fase. Considerando la derivata
rispetto a T otteniamo
� �
∂P 5 1
= k 3 g5/2 (1). (10.16)
∂T 2 λ
F = G − P V = N µ − P V = N kT ln z − P V, (10.18)
V dg5/2 (z) V 1 1
kT = kT g3/2 (z) = N kT (10.20)
λ3 dz λ3 z z
che permette di semplificare notevolmente la (10.19) e di riscrivere in en-
trambi gli intervalli di temperatura
�
−N k ln z + 52 λV3 kg5/2 (z) , T > T0
S= 5 V (10.21)
2 λ3
kg5/2 (1) , T < T0 .
Osserviamo che l’entropia per T < T0 può essere riscritta nella forma
che mostra come l’entropia, per T < T0 sia dovuta solo al contributo delle
particelle fuori del condensato. Si ha quindi
5 g5/2 (1)
sc = 0, sn = k . (10.24)
2 g3/2 (1)
λ3
vn − vc = . (10.25)
g3/2 (1)
78 CAPITOLO 10. IL GAS DI BOSE
T dz 3 g3/2 (z)
=− . (10.28)
z dT 2 g1/2 (z)
G = Nl µl + Nv µv . (10.29)
11.1 Introduzione
Una delle conferme sperimentali più importanti della statistica quantistica è
fornita dallo spettro di emissione della radiazione di corpo nero. Più preci-
samente è proprio dallo studio dei risultati sperimentali sulla radiazione di
corpo nero che, storicamente, ha mosso i primi passi la teoria quantistica
attraverso il lavoro di Planck del 1900.
Nello studio dell’interazione tra materia e radiazione si definisce:
• e = potere emissivo di un corpo = energia irraggiata da un corpo per
unità di superficie e epr unità di tempo;
81
82 CAPITOLO 11. TEORIA DELLA RADIAZIONE DI CORPO NERO
� La
� legge di Wien è anche detta legge dello spostamento del massimo.
ν
F T
non può essere determinata con argomenti generali, ma bisogna uti-
lizzare un modello specifico. Planck propose come modello un insieme di
oscillatori carichi e calcolo la densità di energia della radiazione in equilibrio
con questo sistema di oscillatori. Il risultato di questa analisi è la deduzione
della legge sperimentale legge di Rayleigh-Jeans
8πν 2
u(ν, T ) = kT. (11.3)
c3
Questa legge è in accordo con i dati sperimentali a piccole frequenze, ma è
palesamente in disaccordo ad alte frequenze. Questo fenomeno è detto cata-
strofe ultravioletta. Planck trovò la legge corretta (1900) postulando che lo
scambio di energia tra radiazione e materia potesse avvenire solo in quantità
finite. Non riportiamo qui la derivazione di Planck, ma mostriamo la deriva-
zione della legge di Planck come un’applicazione della statistica quantistica
di Bose-Einstein al caso del gas di fotoni.
8πV � ∞ hν 3
U (T, V ) = dν , (11.6)
c3 0 eβhν − 1
da cui evidentemente si ricava la densità spettrale di energia
8πν 2 hν
u(ν, T ) = . (11.7)
c3 eβhν − 1
A basse frequenze, βhν � 1, sviluppando l’esponenziale a denominatore, si
ritrova la legge di Rayleigh-Jeans della (11.3). Ad alte frequenze, βhν � 1
si ottiene la legge sperimentale di Wien
8π 3 −βhν
u(ν, T ) = ν e . (11.8)
c3
Se deriviamo la (11.7) rispetto alla ferquenza otteniamo
d ν3 ν2
βhν
= βhν 2
((3 − βhν)eβhν − 3) = 0. (11.9)
dν e − 1 (e − 1)
3 − x = 3e−x , (11.10)
Calori specifici
85
86 CAPITOLO 12. CALORI SPECIFICI
ed anche
1
dpx dpy dpz = dpr dpθ dpφ . (12.16)
r2 sin(θ)
E = 3N kT, (12.17)
cV = 3N k ≡ R. (12.18)
12.2. CALORI SPECIFICI NEI SOLIDI 89
3N �20 eβ�0
cV = . (12.20)
T 2 (eβ�0 − 1)2
La formula (12.20) descrive abbastanza bene i dati sperimentali, anche se
ci sono discrepanze. L’origine di queste discrepanze è dovuta all’ipotesi
troppo semplificatrice di un’unica frequenza. Debye nel 1912 ha proposto
un’estensione dell’idea di Enstein.
Per capire l’estensione di Debye è utile ricordare che un sistema di oscilla-
tori, nel regime di piccole oscillazioni, è descritto in termini di modi normali,
ciascuno caratterizzato da una determinata frequenza di oscillazione. Inoltre
come è ben noto a basse energie i modi normali di vibrazione corrispondono
alle onde sonore. In analogia con la quantizzazione dei modi normali di un
campo elettromagnetico in una cavità, i modi normali quantizzati sono detti
fononi ed obbediscono alla statistica di Bose-Einstein1 . La velocità del suono
gioca, per i fononi, quindi un ruolo analogo a quello della alla velocità della
luce per i fotoni. La statistica dei fononi diventa quindi quella di un gas di
bosoni, i fononi appunto, con energia � = vs p dove vs è la velocità del suono.
L’impulso p è legato alla lunghezza d’onda del suono dalla relazione standard
h
λ= . (12.21)
p
Per un dato vettore d’onda k = p/h̄ l’onda sonora può trovarsi in uno di
tre diversi stati di polarizzazione, a differenza dei fotoni che hanno solo due
stati di polarizzazione. I fononi possono essere creati e distrutti e quindi il
1
È interessante notare che la statistica di Bose-Einstein arriva storicamente solo nel
1920.
90 CAPITOLO 12. CALORI SPECIFICI
loro numero non è una quantità conservata. Ciò richiede l’annullarsi del loro
potenziale chimico.
L’espressione dell’energia dei modi normali in funzione del vettore d’onda
deve essere, in generale, determinata dalla struttura geometrica specifica
del cristallo che descrive il solido in esame. L’insieme dei vettori d’onda
è anch’esso specificato dalla geometria. Quando usiamo l’approssimazione
in termini della velocità del suono, non abbiamo più alcuna informazione
sui vettori d’onda da considerare. Infatti nel caso dei fotoni esistono modi
normali del campo elettromagnetico di frequenza arbitraria, cioè esistono
infiniti modi normali. Nel solido sappiamo che il numero di modi normali
deve essere N . Debye nota quindi che la relazione di dispersione � = vs p deve
valere fino a lunghezze d’onda non troppo piccole, cioè fino ad un impulso
massimo pM . Tale impulso massimo è determinato dalla richiesta che il
numero di modi normali sia effettivamente pari a 3N (qui includiamo tutte
le possibili polarizzazioni). Abbiamo quindi
� pM
p2 4π � νM 2 4πV νM3
3N = 3V 4π dp = 3V ν dν = , (12.22)
0 h3 vs3 0 vs3
3V 4π � νM hν 3
U (T, V ) = . (12.24)
vs3 0 eβhν − 1
hνM
Θ= (12.25)
k
in termini della quale possiamo riscrivere, dopo un cambio di variabile x =
βhν, la (12.25)
3V 4πk 4 T 4 � Θ/T x3
U (T, V ) = . (12.26)
vs3 h3 0 ex − 1
La temperatura di Debye discrimina i regimi di bassa ed alta temperatura. A
bassa temperatura, T � Θ, l’integrale può essere calcolato mandando all’in-
finito il limite superiore senza commettere un errore rilevante. In tal modo
l’integrale diventa indipendente dalla temperatura e l’energia dipende dalla
12.2. CALORI SPECIFICI NEI SOLIDI 91
cV ∼ T 3 . (12.27)
Potenziali termodinamici
93
94 APPENDICE A. POTENZIALI TERMODINAMICI
G(T, P, N ) = N g(T, P )
µ = g(T, P ). (A.14)
dG = µ1 dN1 + µ2 dN2 ,
dove µ1,2 and N1,2 sono i potenziali chimici e i numeri di particelle nelle due
fasi. Se il numero totale di particelle è conservato dN1 = −dN2 e in equilibrio
si ha
µ1 = µ2 , (A.15)
che rappresenta la condizione per la coesistenza di due fasi.
96 APPENDICE A. POTENZIALI TERMODINAMICI
Bibliografia
97