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Tesi di Laurea
Coerenza e decoerenza
Aspetti classici e quantistici
Relatori:
prof. Mario Vadacchino
prof. Mario Rasetti
Candidato:
Francesco Cascio
Settembre 2002
Sommario
La coerenza di fase, tra onde nella fisica classica, tra stati nella meccanica quanti-
stica, è la fonte di numerosi fenomeni dai notevoli risvolti teorici ed applicativi: in
questo lavoro abbiamo studiato l’origine della coerenza, i suoi effetti e i motivi del
suo venir meno, con particolare riguardo agli aspetti quantistici.
Dopo una breve analisi dell’interferenza di due sorgenti monocromatiche, nel
primo capitolo si discute la natura e l’interpretazione degli stati di sovrapposizione,
seguendo prima l’analisi proposta da Feynman, e poi tenendo conto delle posizioni
di Accardi. In particolare si analizza in dettaglio il criterio dell’invariante statistico
e la necessità di una probabilità quantistica.
Nel secondo capitolo si svolge un’analisi generale dei fenomeni di coerenza ottica.
Dapprima si discutono, nell’ambito classico, le conseguenze della natura estesa delle
sorgenti luminose, e soprattutto dell’incoerenza delle sorgenti termiche.
Dopo aver discusso brevemente le nozioni di coerenza spaziale e temporale, si
introduce e discute approfonditamente la nozione di coerenza ottica del primo e del
secondo ordine.
In quest’ambito si studia la coerenza ottica di alcuni semplici campi, consideran-
do in particolare gli stati di Fock, il campo prodotto da una sorgente laser (stato
coerente), e quello di una sorgente termica convenzionale, con riferimento all’inter-
ferenza di due fenditure per la coerenza ottica del primo ordine, e all’esperimento di
Hanbury-Brown e Twiss per quella del secondo ordine.
Nel terzo capitolo si analizza il fenomeno (quantistico) della decoerenza, ossia
del venir meno dei tratti caratteristici della meccanica quantistica in favore di ca-
ratteristiche classiche. Dopo aver introdotto la nozione di decoerenza, ed alcune
problematiche relative (in particolare il problema della misura e la riduzione de-
gli stati), si analizza la decoerenza indotta dall’ambiente mediante alcuni modelli
dell’ambiente di complessità crescente.
Infine si discute un metodo, proposto recentemente da Morigi e al., per misurare
la dinamica irreversibile (decoerente) di un oscillatore armonico interagente con un
sistema a due livelli.
I
II
Indice
Sommario I
1 Fenomeni di interferenza 1
1.1 Fenomeni classici di interferenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.1.1 L’interferenza di onde perfettamente sinusoidali . . . . . . . . 1
1.1.2 L’interferometro di Young . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.2 L’interferenza nella meccanica quantistica . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.2.1 Interferenza di stati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.2.2 L’interpretazione e il dualismo onda-corpuscolo . . . . . . . . 10
1.2.3 La radice probabilistica dei problemi . . . . . . . . . . . . . . 13
1.2.4 La soluzione ortodossa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
1.2.5 La soluzione delle logiche quantistiche . . . . . . . . . . . . . . 15
1.2.6 La soluzione della probabilità quantistica . . . . . . . . . . . . 16
1.2.7 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
III
3 La decoerenza 69
3.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
3.1.1 Cos’è la decoerenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
3.1.2 Il problema della misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71
3.2 Misure bit-a-bit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73
3.2.1 L’interazione sistema-rivelatore e la pre-misura . . . . . . . . . 74
3.2.2 L’interazione con un ambiente a due stati e la decoerenza . . . 80
3.3 La dinamica della decoerenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
3.4 Misurare la decoerenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
3.4.1 Misura della dinamica irreversibile . . . . . . . . . . . . . . . 87
Appendici 93
A La probabilità classica 97
A.1 Lo spazio delle probabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97
A.2 La probabilità condizionata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100
A.3 Prodotto cartesiano di spazi campione . . . . . . . . . . . . . . . . . 103
A.4 Indipendenza statistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104
IV
E Il formalismo dell’operatore densità 131
E.1 L’operatore densità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131
E.1.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131
E.1.2 Gli stati puri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133
E.1.3 Le miscele statistiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135
E.1.4 I sistemi composti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139
E.2 La master equation . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 140
E.2.1 Calcolo mediante il metodo delle perturbazioni . . . . . . . . . 140
Bibliografia 143
V
VI
Capitolo 1
Fenomeni di interferenza
In questo capitolo esamineremo in dettaglio l’interferenza, prima nella sua più nota
manifestazione nell’ambito della fisica classica (interferenza di due onde sinusoidali,
con riferimento, in particolare, al caso delle onde elettromagnetiche), e poi l’interfe-
renza di due stati nella meccanica quantistica, evidenziando le analogie e le differenze
tra i due casi.
1
1 – Fenomeni di interferenza
Figura 1.1.
ove E0i (r) > 0 è l’ampiezza del campo, ω0 = 2πf0 la sua pulsazione, e k la costante
di propagazione, che, nel vuoto, risulta k = 2π λ0
, essendo λ0 = c/f0 la lunghezza
d’onda, e c la velocità di propagazione della luce nel vuoto.
In base al principio di sovrapposizione degli effetti, il campo totale in un punto
di coordinata r, all’istante t, sarà
2
1.1– Fenomeni classici di interferenza
ove si è posto si = |r − r i |, e
E02 = E01
2
+ E022
+ 2E01 E02 cos δ (1.5a)
E01 sin ks1 + E02 sin ks2
tan α = − (1.5b)
E01 cos ks1 + E02 cos ks2
δ = k(s1 − s2 ) (1.5c)
ove δ = δ(r) racchiude la dipendenza dalle coordinate spaziali che ci interessa ai fini
dell’interferenza.
Dalla (1.5a) vediamo infatti che per δ = 2n π, con n = 0,1,2, . . . si ha un massimo
del modulo dell’ampiezza (interferenza costruttiva), mentre per δ = (2n + 1) π,
sempre con n = 0,1,2, . . ., si ha un minimo del modulo dell’ampiezza (interferenza
distruttiva), e quindi
(
2n π ⇒ E0,max = E01 + E02
δ= n = 0,1,2 . . . (1.6)
(2n + 1) π ⇒ E0,min = |E01 − E02 |.
2π
Ricordando che k = λ0
, tali condizioni equivalgono a
(
nλ0 interferenza costruttiva, E = E0,max
s1 − s 2 = (1.7)
(2n + 1) λ20 interferenza distruttiva, E = E0,min .
Queste condizioni definiscono, nello spazio, dei paraboloidi di rotazione con i fuo-
chi nelle due sorgenti. Le frange di interferenza che osserviamo sullo schermo di
osservazione non sono altro che l’intersezione di tali superfici con lo schermo. Per
uno schermo parallelo all’asse che congiunge le due sorgenti, come quello che stiamo
considerando, tali intersezioni sono curve iperboliche. Se tuttavia lo schermo è a
grande distanza dalle sorgenti (a/D 1) e ci limitiamo a regioni vicine al piano di
simmetria (x/D 1), le frange risultano pressoché rettilinee, tra di loro parallele,
e perpendicolari all’asse che congiunge le due sorgenti.
3
1 – Fenomeni di interferenza
Nel caso dell’onda monocromatica che risulta dalla (1.4), l’intensità è proporzio-
nale al quadrato del campo1
I(r,t) ∝ E 2 (r,t) = E02 (r) cos2 [ω0 t + α(r)]. (1.8)
Sviluppando l’espressione del coseno al quadrato, a meno di un fattore di pro-
porzionalità, risulta
E2
I(r,t) = 0 {1 + cos[2(ω0 t + α)]}. (1.9)
2
Dalla (1.9) rileviamo subito come l’intensità risulta una funzione sinusoidale con
frequenza doppia rispetto al campo.
Le frequenze ottiche sono dell’ordine di f0 ∼ 1015 Hz, ossia il periodo delle oscilla-
zioni è T0 = 1/f0 ∼ 10−15 s, mentre i tempi di risposta degli apparati usuali arrivano
al più a Tr ∼ 10−12 s. Ne segue che la grandezza effettivamente misurata dagli ap-
parecchi è la media temporale dell’intensità, effettuata sul tempo di risposta dello
strumento Z
1 t+Tr /2
I(r,t) ≡< I(r,t) >Tr , I(r,t0 ) dt0 . (1.10)
Tr t−Tr /2
Se poi teniamo conto che Tr T0 , per una funzione sinusoidale come la (1.9), I(r,t)
risulta indipendente dal tempo, ed è uguale quindi alla media temporale
Z
1 T /2 2 E 2 (r)
I(r) ' < I(r) >≡< I(r,t) >t = lim E (r,t) dt = 0 (1.11)
T →∞ T −T /2 2
Tenuto conto dell’espressione di E0 (1.5a), si ha quindi
q
I = I 1 + I 2 + 2 I 1 I 2 cos δ (1.12)
ove si è posto
1 2
E
Ii = i = 1,2. (1.13)
2 0i
Dalle (1.6) allora otteniamo i valori massimi e minimi dell’intensità che possiamo
vedere sullo schermo di osservazione al variare del punto di osservazione X (che
comporta una variazione della differenza di fase δ)
1
I max = (E01 + E02 )2 (1.14a)
2
1
I min = (E01 − E02 )2 . (1.14b)
2
1
Tenendo conto del campo magnetico si dimostra che il coefficiente di proporzionalità è Z1 , ove
p p
Z = µ/ è l’impedenza caratteristico del mezzo, che nel vuoto vale Z0 = µ0 /0 = 377 Ω. Nel
seguito per semplicità si scriverà che I = E 2 sottintendendo tale coefficiente di proporzionalità.
4
1.1– Fenomeni classici di interferenza
I max − I min
ν, . (1.15)
I max + I min
Evidentemente 0 ≤ ν ≤ 1, e
In pratica poi ν ' 1 per I max I min , cioè si ha massima visibilità delle frange di
interferenza quando i massimi sono molto pronunciati rispetto ai minimi.
Nel caso in esame la visibilità risulta
p √
2E01 E02 2 I 1I 2 2 %
ν= 2 2
= = (1.17)
E01 + E02 I1 + I2 %+1
ove % = I 1 /I 2 .
Tale funzione ha un unico massimo in corrispondenza di % = I 1 /I 2 = 1, ovvero
per E01 = E02 . In tale caso abbiamo E0,max = 2E01 , E0,min = 0, che in termini di
intensità vuol dire
2
I max = 4E01 = 4I 1 (1.18a)
I min = 0. (1.18b)
Per due sorgenti identiche, quindi, per via dell’interferenza, nei punti di massimo
l’intensità risulta ben il quadruplo dell’intensità che si avrebbe se ci fosse una sola
sorgente; d’altra parte l’intensità si annulla del tutto nei punti di minimo.
Ribadiamo infine un aspetto molto importante di quanto appena visto: la visibi-
lità delle frange di interferenza generate da due sorgenti monocromatiche identiche
risulta massima
ν = 1. (1.19)
5
1 – Fenomeni di interferenza
In questo caso possiamo stimare facilmente la differenza di fase tra i due percorsi
dei raggi luminosi. In base a semplici ragionamenti geometrici (si veda la figura 1.1)
risulta
δ = k(s1 − s2 ) = ka sin θ. (1.20)
Le condizioni (1.7) valgono allora
(
n λa0 interferenza costruttiva: massimo dell’intensità media,
sin θ = (2n+1) λ0
(1.21)
2 a
interferenza distruttiva: minimo dell’intensità media.
Per θ 1 si può approssimare il seno dell’angolo con l’angolo stesso: per θ 1 si
ha la semplice relazione sin θ ≈ θ ≈ Dx , e quindi si ottiene
q
a
I(x) = I 1 + I 2 + 2 I 1 I 2 cos 2π x (1.22)
λ0 D
che è l’espressione che cercavamo. Nel caso I 1 = I 2 si ha semplicemente
a
I(x) = 2I 1 1 + cos 2π x . (1.23)
λ0 D
Le posizioni dei massimi e dei minimi sono
D
xmax = n λ0 (1.24a)
a
(2n + 1) D
xmin = λ0 (1.24b)
2 a
ove n = 0,1,2 . . ., per cui risulta un massimo centrale per x = 0, e poi via via un
alternarsi lungo, l’asse x, di minimi e massimi, con un periodo spaziale pari a
D
∆x = λ0 . (1.25)
a
Per della luce visibile, essendo λ0 ∼ 0.5 µm, si ottengono delle frange separate di
circa ∆x ∼ 0.5 mm per D/a ∼ 103 .
Osserviamo infine che, se le due sorgenti avessero una differenza di fase (costante)
∆ϕ = ϕ1 − ϕ2 , allora si avrebbe
δ = k(s1 − s2 ) + ∆ϕ. (1.26)
L’intensità risulterebbe
a
I(x) = 2I 1 1 + cos 2π x − ∆ϕ (1.27)
λ0 D
e il massimo centrale, e tutta la figura di interferenza risulterebbero traslati di
λ0 D ∆ϕ
xm = = ∆x. (1.28)
2π a 2π
6
1.1– Fenomeni classici di interferenza
2
In pratica si usa una sorgente sufficientemente piccola da poterla considerare puntiforme, posta
a grande distanza dallo schermo con le due fenditure, in modo da poter considerare piana l’onda
nelle prossimità delle due fenditure. Analizzeremo nel capitolo successivo gli effetti dell’estensione
spaziale della sorgente.
7
1 – Fenomeni di interferenza
Diciamo subito che la radice dei fenomeni di interferenza risiede nella combinazione
tra
• il postulato secondo cui, dato un sistema nello stato normalizzato |ψi, la pro-
babilità di trovare come risultato della misura di una grandezza A l’autovalore
an del corrispondente operatore osservabile A è dato da
8
1.2– L’interferenza nella meccanica quantistica
nello stato |φi) in modo che possiamo considerare come esperimento elementare
quello relativo ad un solo fotone, e la successione di fotoni come la realizzazione di
un ensemble statistico (repliche dello stesso esperimento).
Sia poi |ψi i, con i = 1,2 il vettore di stato normalizzato relativo al passaggio del
fotone attraverso la fenditura i-esima.
Lo stato del fotone che trova entrambe le fenditure aperte sarà dato dalla somma
dei due stati |ψi i, opportunamente normalizzata:
√
|ψ12 i = (|ψ1 i + |ψ2 i)/ 2. (1.31)
9
1 – Fenomeni di interferenza
ove |ii indica che la fenditura i-esima è aperta e hi|ji = δij . Risulta infatti
1 1
P12 (x) = P1 (x) + P2 (x) + Re{ψ1 (x)ψ2∗ (x)} (1.36)
2 2
10
1.2– L’interferenza nella meccanica quantistica
11
1 – Fenomeni di interferenza
Questa, però, non è l’unica soluzione al problema. Lo stesso Feynman [5, §1-
5] avanza un’altra possibile argomentazione: non è la Proposizione A ad essere
falsa, bensı̀ c’è qualche sottile errore logico nella deduzione che porta alla (1.40). In
particolare è il metodo di calcolo delle probabilità a dover essere modificato, ossia
le probabilità non seguono più le consuete regole del calcolo delle probabilità, ma in
3
Per rendere le cose più esplicite, Feynman considera l’interferenza tra elettroni, e come rivela-
tore di percorso usa propone di usare sorgente luminosa posta dietro le fenditure, in modo che al
passaggio di un elettrone attraverso una fenditura, si generi un bagliore nei pressi della fenditura
interessata. Ora se la localizzazione è buona, le frange d’interferenza scompaiono, per via delle
perturbazioni della luce sugli elettroni.
Se invece si usa luce di lunghezza d’onda sufficientemente elevata (e quindi fotoni poco energetici)
che disturbino poco gli elettroni, quello che succede, è che il bagliore è cosı̀ ampio da non permettere
di risolvere da quale fenditura esso provenga, e quindi non riusciamo a sapere da quale fenditura
è passato l’elettrone. In questo caso però si ha interferenza.
12
1.2– L’interferenza nella meccanica quantistica
presenza di alternative indistinguibili occorre applicare delle nuove regole (che sono
poi quelle della meccanica quantistica).
1. Siano 1, 2 i punti campione “il fotone passa dalla fenditura i-esima” (i = 1, 2),
Uf = {1,2} lo spazio campione, e Bf = {∅,1,2,Uf } la σ-algebra, ove con abuso
di notazione, abbiamo indicato gli insiemi con lo stesso simbolo degli elementi
che li compongono.
In particolare si ha
1 ∪ 2 = Uf (1.42)
1 ∩ 2 = ∅. (1.43)
13
1 – Fenomeni di interferenza
14
1.2– L’interferenza nella meccanica quantistica
Se due eventi non sono disgiunti, si potrebbe applicare la (A.8), che contempla
il caso di eventi non disgiunti. Tuttavia è difficile definire correttamente l’evento
intersezione 1 ∩ 2 e la sua probabilità.
Peres [11, pag. 38] precisa allora che, nella meccanica quantistica, quando l’unio-
ne di due eventi comporta il passaggio attraverso un percorso indeterminato, essa
non è più un evento (non si ha più una σ-algebra, presupposto essenziale per co-
struire uno spazio di probabilità classico), e non vale la regola della somma delle
probabilità usata nel passo 3.
Si osservi che non è in discussione il teorema della somma delle probabilità in
sé (equazione (A.8)), ma ancora una volta la sua applicabilità, in quanto alcune
situazioni non definiscono un evento in senso quantistico (“il passaggio di un sistema
quantistico attraverso un cammino indeterminato non è il verificarsi di un evento”).
La meccanica quantistica può allora essere considerata come una nuova teoria
probabilistica che definisce il calcolo delle probabilità per un nuovo tipo di eventi
costruibili a partire da quelli elementari mediante un insieme nuovo di operazioni
che tuttavia non permettono di creare una σ-algebra di eventi.
Si osservi infine che il primo passo che non è valido è ancora il passo 1, cioè
siamo sempre nell’ambito dell’interpretazione ortodossa, sebbene l’approccio opera-
zionistico di Peres evita accuratamente affermazioni circa gli oggetti non guardati.
15
1 – Fenomeni di interferenza
16
1.2– L’interferenza nella meccanica quantistica
e condizionati
x|i = il fotone arriva in x dato che sia passato per la fenditura i. (1.54)
Quest’ultimo corrisponde a un esperimento in cui solo la fenditura i è aperta (con-
dizionamento fisico). Di più incerta interpretazione è l’evento congiunto: l’evento
“il fotone arriva in x e passa per la fenditura i”, in questo caso non prevede nessuna
verifica sperimentale, nel senso che entrambe le fenditure sono aperte e non c’è alcun
rivelatore di percorso (condizionamento tautologico o classico).
Ora la (1.48) non vale nel caso di condizionamento fisico, ma vale solo nel caso
del condizionamento tautologico o classico in cui le scelte sono sempre tutte possi-
bili. Ciò equivale a valutare sperimentalmente le probabilità P(x ∩ i), ma sappiamo
che non possiamo fare ciò senza disturbare il sistema: occorre quindi introdurre
esplicitamente un rivelatore R che individui attraverso quale fenditura sia passata il
fotone. In questo caso non si valuterà più P(x ∩ i) bensı̀ P(x ∩ i|R), e l’evento della
rivelazione della particella nel punto X sarà sempre condizionato dal rivelatore R,
cosicché alla fine misureremo P(x|R).
Sappiamo però già che questa è una situazione differente, nella quale in partico-
lare vale il teorema delle probabilità composte.
17
1 – Fenomeni di interferenza
siano descrivibili mediante uno stesso modello statistico classico le (1.55) devono
soddisfare la relazione [1, pag. 179]
P(x) − P(x|2)
∈ (0,1), (1.57a)
P(x|1) − P(x|2)
o equivalentemente
P(x) − P(x|1)
∈ (0,1). (1.57b)
P(x|2) − P(x|1)
Dimostrazione. Per semplicità di scrittura poniamo
x1 = P (x ∩ 1) x2 = P (x ∩ 2) (1.58a)
x3 = P (1) x4 = P (2) (1.58b)
c3 = P (x) (1.59b)
che sono i dati noti dagli esperimenti.
Affinché si possa usare un unico modello probabilistico classico per descrivere i dati
sperimentali dovranno essere verificate le (1.46), (1.47) e (1.48) ossia
x3 + x 4 = 1
x1 + x 2 = c 3
(1.60)
c1 x 3 − x 1 = 0
c2 x 4 − x 2 = 0
Inoltre le varie xi (i=1,2,3,4) dovranno rappresentare delle probabilità (cosı̀ come lo sono
le cj con j = 1,2,3). Escludendo i casi banali in cui le incognite e le costanti sono nulle o
uguali a uno, occorre che sia
Affinché poi 0 < x1 < 1, essendo x1 = c1 x3 , con 0 < c1 < 1 vediamo subito che basta
richiedere che 0 < x3 < 1.
18
1.2– L’interferenza nella meccanica quantistica
che, tenuto conto delle (1.58), è, a meno di moltiplicare numeratore e denominatore per
-1, il primo invariante statistico (1.57a) che cercavamo.
L’altro (1.57b) si ricava in maniera analoga dalla condizione 0 < x 4 < 1.
dalle quali otteniamo nuovamente la (1.65): le condizioni imposte dai due invarianti statistici sono
in realtà una sola, per questo basta verificare che risulti soddisfatto solo uno dei due.
Le (1.65) sono poi semplici da rappresentare graficamente: la regione da esse delimitata
all’interno del cubo 0 < cj < 1, j = 1,2,3 è rappresentata nella figura 1.4.
Può essere utile esprimere le condizioni dell’invariante statistico secondo la forma delle (1.65),
che in termini di probabilità valgono
P (x|1) < P (x) < P (x|2) per P (x|1) < P (x|2)
(1.67)
P (x|1) > P (x) > P (x|2) per P (x|1) > P (x|2) .
1.2.7 Conclusioni
Come evidenziato più volte da Accardi stesso, quello degli invarianti statistici è
un criterio per verificare a posteriori se i dati provenienti da vari esperimenti sono
descrivibili all’interno di un unico modello probabilistico classico. Al fisico si pone
tuttavia il problema, di scegliere quale modello probabilistico (classico o quantistico)
adottare per fare delle previsioni sui risultati di un esperimento.
Per essere concreti: in un esperimento di interferenza come quello analizzato,
date delle particelle con determinate caratteristiche fisiche (massa, ecc) ed uscenti
dalla sorgente σ con una certa velocità, si avranno frange d’interferenza? Ovvero
qual è la probabilità P (x) di rivelare le particelle in una determinata regione dello
schermo di osservazione?
19
1 – Fenomeni di interferenza
20
Capitolo 2
Nel paragrafo 1.1 abbiamo parlato di coerenza (di fase) con riferimento al caso di
onde o campi perfettamente sinusoidali la cui differenza di fase è costante, e abbiamo
visto che tale condizione genera fenomeni di interferenza.
In questo capitolo vedremo, in particolare, alcune ragioni per le quali il sempli-
ce modello usato nel paragrafo 1.1.1 di onde perfettamente sinusoidali, è incapace
di render conto del venir meno, in alcune situazioni sperimentali, dei fenomeni di
interferenza.
Inquadreremo poi l’interferenza prodotta da due onde in uno schema più generale,
mediante le nozioni di coerenza spaziale e temporale, per poi passare all’approccio
della coerenza ottica.
Ed infine affronteremo, dal punto di vista quantistico, il problema della coerenza
ottica, studiando la coerenza ottica di alcuni semplici campi, in particolare il campo
prodotto da una sorgente laser (che è altamente coerente) e quello di una sorgente
termica convenzionale.
21
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
essendo pτd (t) = 1 per −τd /2 < t < τd /2, e nulla altrove.
1
Il fatto che gli atomi siano in continuo moto per semplice agitazione termica, comporta che
durante l’emissione di una singola onda, la frequenza della radiazione emessa risulta, per effetto
Doppler, maggiore o minore di quella di un atomo idealmente fermo, a secondo del verso in cui si
muove l’atomo rispetto a quello in cui consideriamo la propagazione della luce.
22
2.1– Le origini della non perfetta monocromaticità
Lo spetto corrispondente non sarà più una riga in corrispondenza della frequenza
f0 , ma risulterà allargato secondo la funzione di riga
alle frequenza ottiche (f0 ∼ 1015 Hz, T0 = 10−15 s) nell’intervallo di tempo tra due
collisioni sono presenti sempre un elevato numero di oscillazioni complete e non
10−11
disturbate ( τTcoll
0
∼ 10 4
−15 = 10 ), tanto da poter parlare ancora ragionevolmente di
segnale sinusoidale.
Ora mentre i precedenti effetti di allargamento di riga comportavano sostan-
zialmente una lenta modulazione in ampiezza del segnale sinusoidale, le collisioni
comportano un suo brusco sfasamento casuale, cosı̀ che persino la radiazione emessa
da un singolo atomo ha una coerenza di fase (ovvero è continua) in media solo per
un tempo τcoll .
Solo nel caso dell’emissione stimolata (ovvero del laser) si riesce a mantenere la
coerenza di fase tra le emissioni dei vari atomi, superando anche i limiti imposti
dalle collisioni.
Rimuoviamo quindi l’ipotesi di campi perfettamente sinusoidali. Tuttavia è evi-
dente da quanto detto, che il campo mantiene certe caratteristiche sinusoidali, anche
23
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
se per intervalli di tempo limitati. Pertanto nel seguito considereremo dei campi
quasi-monocromatici, ovvero dei campi per i quali la larghezza di banda ∆f è molto
più piccola della frequenza di centro banda f0 : si tratta di un’ipotesi ragionevole per
molte applicazioni.
24
2.2– Coerenza della luce termica
ove, poiché le fasi φn variano in maniera casuale sul lungo periodo2 , il coseno ha
valor medio nullo, per cui l’intensità media risulta
I '< I >= N E02 ∀ Tr > τc . (2.14)
Si osservi in particolare che con un rivelatore con tempo di risposta Tr > τc le
fluttuazioni dell’intensità (che possono variare nell’intervallo [0, N 2 E02 ]) non vengono
rilevate.
25
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
si = |r i − r| λ0 (2.16a)
si
ti = t − (2.16b)
c
essendo c la velocità di propagazione della luce, il campo prodotto in r all’istante t
dalla fenditura i-esima sarà
1 1
Ei (r, t) = Ei (ti ) = E (r i , ti ) (2.17)
si si
ove Ei (t) ≡ E (r i , t) è il campo generato in r i dalla sorgente posta nell’origine.
La (2.15) vale allora
1 s1 1 s2
E(r, t) = E r1, t − + E r2, t − =
s1 c s2 c
1
' [E(r 1 , t − s1 /c) + E(r 2 , t − s2 /c)] (2.18)
R
ove si è supposto di limitarci a punti vicini all’asse di simmetria, per i quali s 1 ≈ s2 ≈
R. Tale approssimazione (all’ordine zero rispetto alla differenza s2 − s1 ) è valida solo
26
2.2– Coerenza della luce termica
per il termine 1/si . Per il termine presente all’interno dell’espressione del campo,
trattandosi di un termine di fase, l’approssimazione all’ordine zero in generale non
è sufficientemente buona visto che le fasi originano un termine del tipo k(s2 − s1 ),
che richiede un’approssimazione di ordine superiore.
L’intensità media osservata in un punto r vale allora
2
I(r,t) = I 1 (r,t) + I 2 (r,t) + Re{G(1) (x1 , x2 )}. (2.20)
R2
della quale vedremo nel paragrafo 2.4.1 un suo studio più approfondito, nell’ambito
dell’ottica quantistica.
Nell’espressione dell’intensità (2.20), riconosciamo le intensità prodotte da cia-
scuna fenditura I i (r,t) ∝ G(1) (xi , xi ), più un termine aggiuntivo proporzionale a
Re{G(1) (x1 , x2 )} che è proprio il termine di interferenza. Per evidenziare meglio
l’effetto di quest’ultimo, conviene riscrivere la funzione di correlazione come
27
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
28
2.2– Coerenza della luce termica
I max − I min
ν≡ =
I max + I min
|G(1) (r 1 ,r 2 ; τ )|
= 2 (1) =
G (r 1 ,r 1 ; 0) + G(1) (r 2 ,r 2 ; 0)
p
I 1 I 2 G(1) (r 1 ,r 2 ; τ )
=2 p =
I1 + I2 G (r 1 ,r 1 ; 0)G (r 2 ,r 2 ; 0)
(1) (1)
p
I 1 I 2 (1)
=2 |g (r 1 ,r 2 ; τ )| (2.28)
I1 + I2
ove si è introdotto il coefficiente di correlazione del primo ordine
A questo punto non resta che calcolare la funzione di correlazione nel caso speci-
fico di un campo con statistica gaussiana (2.5), che, in virtù dell’ergodicità del cam-
po, possiamo calcolare come media temporale (sul tempo di risposta del rivelatore
Tr τc ):
Z
(1) 1 Tr ∗
G (x1 ,x2 ) = E (r 1 ,t1 )E(r 2 ,t1 + τ )dt1
Tr 0
XN Z Tr
2 ik(s1 −s2 ) 1
= E0 e ei[φm (t1 +τ )−φn (t1 )] dt1 . (2.30)
n,m=1
Tr 0
G(1)
gauss (r 1 ,r 2 ; τ ) = 0 per τ ≥ τc . (2.31)
29
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
Figura 2.2. Grafici di una realizzazione delle fase φn (t), φn (t+τ ) e della differenza
di fase δn = φn (t) − φn (t + τ ), nel caso τ < τc .
e, se vogliamo calcolarne il valor medio, basta dividere tale espressione per τc . L’inte-
grale esteso a tutto l’intervallo Tr risulta allora uguale alla somma di tanti contributi
analoghi, e i termini τ eiδn tenderanno, in media, a cancellarsi lasciando solo quelli
del tipo τc − τ , che, se poniamo Tr = M τc , danno luogo ad un contributo M (τc − τ )
che poi dovendo essere diviso per Tr porge, in media, sempre un contributo del tipo
τc −τ
τc
.
In definitiva si ha
τc − τ ik(s1 −s2 )
G(1) 2
gauss (r 1 ,r 2 ; τ ) = N Eo e per τ < τc . (2.33)
τc
30
2.2– Coerenza della luce termica
Figura 2.3. Modulo del coefficiente di correlazione del primo ordine per un cam-
po monocromatico (perfettamente coerente) e uno termico (gaussiano), secondo il
semplice modello utilizzato e uno più realistico con spettro gaussiano.
(1)
Essendo poi Ggauss (xi ,xi ) = N E02 , il coefficiente di correlazione vale
(
τc −τ ik(s1 −s2 )
(1) τc
e per 0 ≤ τ < τc ,
ggauss (r 1 ,r 2 ; τ ) = (2.34)
0 per τ ≥ τc
con γ ∼ 1/τc .
31
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
per cui, per della luce termica visibile con τc ∼ 10−12 s, dovrebbero essere visibili
−12 s
circa n = Tτc0 ∼ 1010−15 s
= 103 frange di interferenza, in quanto durante il tempo di
coerenza la luce termica, dovrebbe comportarsi come un’onda monocromatica. In
pratica, tuttavia, i vari allargamenti di riga, e soprattutto gli effetti di diffrazione
dovuta alle dimensioni non trascurabili delle fenditure e l’estensione spaziale della
sorgente fanno sı̀ che siano visibili molte meno frange.
Se si usa un laser il tempo di coerenza è decisamente maggiore (anche se non
infinito): valori usuali, come detto anche in precedenza, sono dell’ordine di τc ∼
10−4 s.
A questo punto (ovvero tenuto conto della sola statistica del primo ordine) la
differenza tra la luce emessa da un laser e quella di una sorgente termica sembra solo
legata ad un tempo di coerenza maggiore. Vedremo che vi è anche una profonda
differenza qualitativa, ma a tal fine occorre analizzare le proprietà statistiche del
secondo ordine, e tenere in conto la natura quantistica della luce.
32
2.3– Introduzione alla coerenza
L’interferometro di Young
33
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
Figura 2.5. Effetti della traslazione della sorgente sulla figura d’interferenza. I i è
l’intensita dovuta solo alla sorgente σi , i = 0,1
ove ∆θ è l’angolo sotto il quale sono viste le due fenditure dalla sorgente, λ0 = c/f0 la
lunghezza d’onda media del fascio luminoso, e ∆S la dimensione caratteristica della
sorgente. La corrispondente massima distanza tra i due punti P2 P1 che permette di
avere interferenza è detta lunghezza di coerenza trasversale.
Dimostrazione. Si consideri inizialmente una sorgente singola puntiforme e monocromatica, dispo-
sta simmetricamente rispetto alle due fenditure. Il campo da essa generato
Ora nel caso in esame con una disposizione simmetrica E01 = E02 , e ϕ1 = kR1 = kR2 = ϕ2 , e a
tutti gli effetti possiamo applicare quanto visto nel paragrafo 1.1.1, con delle onde perfettamente in
fase (∆ϕ = ϕ1 −ϕ2 = 0), ottenendo una figura d’interferenza con il massimo principale in posizione
centrale rispetto alle due fenditure.
Se ora consideriamo una sorgente sempre puntiforme ma collocata ad una delle estremità
della sorgente estesa σ (σ1 nella figura 2.5), a parte una differenza nell’attenuazione dell’ampiezza,
trascurabile in prima approssimazione, avremo R10 6= R20 , e quindi una differenza di fase non nulla
tra i campi in P1 e P2 . Come visto nella (1.28) ciò comporta uno spostamento del massimo
principale della figura d’interferenza di
∆ϕ
xm = ∆x (2.42)
2π
essendo ∆x = D a λ0 la separazione tra due massimi (o due minimi) della figura d’interferenza.
Ora affinché non si abbia la cancellazione della figura di interferenza, richiediamo che i massimi
generati da una tale sorgente non cadano nei pressi dei minimi generati da una sorgente puntiforme
disposta simmetricamente:
∆x
|xm | < . (2.43)
2
34
2.3– Introduzione alla coerenza
ed esprimendo ∆ϕ in funzione della distanza della sorgente dallo schermo con le fenditure abbiamo
λ0
|R1 − R2 | < . (2.45)
2
Ora possiamo approssimare le espressioni di Ri come
r
a 2 1 (∆S − a/2)2
R1 = R2 + ∆S − 'R 1+ (2.46a)
2 2 R2
r
2
a 2 1 (∆S + a/2)2
R2 = R + ∆S + 'R 1+ (2.46b)
2 2 R2
a∆S λ0
< . (2.48)
R 2
Il ragionamento e le conclusioni viste non cambiano se si considerano due sorgenti elementari
poste ai due estremi della sorgente estesa σ, in quanto nella discussione svolta in precedenza si
faceva riferimento allo sfasamento ∆ϕ introdotto dalla disposizione asimmetrica della sorgente.
Infine, per esprimere la condizione di coerenza spaziale in termini di angoli, basta osservare
che
a ∆θ
= 2 tan ' ∆θ (2.49)
R 2
e quindi
λ0
∆θ < (2.50)
2∆S.
35
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
Figura 2.6. Scema che illustra l’origine della coerenza spaziale nei due punti P 1 e
P2 a partire da due sorgenti incoerenti S1 e S2 .
la coerenza tra i campi nei due punti P1 e P2 : pur di porsi a sufficiente distanza da
una qualsiasi sorgente, si possono ottenere fenomeni di interferenza.
Per rendersi conto di come avvenga ciò, si considerino due sorgenti puntiformi S1
e S2 quasi-monocromatiche, con la stesse caratteristiche spettrali ma incoerenti (o
in altri termini, statisticamente indipendenti: possiamo considerarle come il modello
di due atomi distinti della sorgente σ).
I due treni d’onda che da ciascuna di esse partono verso i punti P1 e P2 (si veda
la figura 2.6) generano in questi punti i campi:
36
2.3– Introduzione alla coerenza
Figura 2.7. Definizioni degli angoli per la condizione di coerenza spaziale, in base
λ0
alla quale deve essere ∆θ ≤ 2∆S , o equivalentemente ∆θ 0 ≤ λ2a0 corrispondenti
rispettivamente agli angoli solidi ∆ω e ∆ω 0 .
L’area di coerenza
Con riferimento alla figura 2.4, l’area di coerenza è la regione intorno al punto Q
nella quale possiamo scegliere i punti P1 e P2 per avere frange di interferenza con
una buona visibilità: 2
2 Rλ0
∆A ∼ (R∆θ) ∼ (2.54)
∆S
ove si è usata la (2.39).
Calcoliamo i valori delle aree di coerenza per alcuni casi significativi. Per agevo-
lare i calcoli conviene elaborare l’espressione dell’area di coerenza: osserviamo che
essendo
(∆A)2
∆Ω , ∼ (∆θ)2 (2.55)
R2
l’angolo solido sotteso dall’area di coerenza4 , usando la (2.54) si ha
2
λ0
∆Ω ∼ . (2.56)
∆S
Alternativamente possiamo definire l’angolo solido sotteso in Q dalla sorgente
(corrispondente all’angolo piano ∆ω 0 della figura 2.7)
(∆S)2
∆Ω 0 , (2.57)
R2
4
Un calcolo più preciso fornisce ∆Ω = π(∆θ)2 .
37
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
λ20
∆A ∼ (2.58)
∆Ω 0
indipendentemente dalla distanza R.
Considerando una lunghezza d’onda λ0 = 0,5 µm (ottenuta filtrando opportuna-
mente e in maniera uguale la luce delle varie sorgenti), si ha:
L’interferometro di Michelson
Un esperimento classico che permette di evidenziare le proprietà di coerenza tempo-
rale di un raggio di luce è quello proposto da Michelson nel 1881 mediante l’interfero-
metro che porta il suo nome (figura 2.8). La luce proviene da una sorgente luminosa
quasi-monocromatica σ, e viene divisa in due fasci dallo specchio semiriflettente D
nel punto P .
A partire da P i due raggi percorrono due percorsi diversi, per poi venire ricom-
binati sempre in P con una differenza di percorso ∆l = c∆t (ove c è la velocità della
luce). Come nell’interferometro di Young i due raggi arrivano poi su uno schermo
Σ sul quale si osserva l’intensità della luce, che, nelle opportune condizioni, mostra
le caratteristiche frange di interferenza.
38
2.3– Introduzione alla coerenza
39
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
ove ak , a†k sono gli operatori di annichilazione e creazione per il modo k, con relazioni
di commutazione
[ak ,ak0 ] = [a†k ,a†k0 ] = 0; [ak ,a†k0 ] = δk,k0 (2.61)
ωk la sua pulsazione, uk (r) delle funzioni modali dipendenti dalla geometria del
problema.
Si è posto r
X ~ωk
E+ (r,t) = i ak uk (r)e−iωk t (2.62)
k
2 0
40
2.4– Coerenza ottica
essendo |ii lo stato iniziale del campo prima dell’assorbimento, e |f i quello finale,
dopo l’assorbimento.
L’intensità media in un punto sarà, allora, proporzionale alla somma delle pro-
babilità relative a tutti6 i possibili stati finali |f i, e quindi a meno di un coefficiente
di proporzionalità,
X X
< I(r,t) > = Pif = hi| E− (r,t) |f i hf | E+ (r,t) |ii
f f
− +
= hi| E (r,t)E (r,t) |ii (2.65)
P
ove si è tenuto conto della relazione di completezza f |f i hf | = 1. Si osservi poi
che se |ii = |0i, cioè siamo in assenza di campo, allora, tenuto conto della (2.60), si
ottiene < I >= 0, com’è ragionevole che sia.
Se il campo Psi trova inizialmente in una miscela di stati descritta dalla matrice
densità ρ = i pi |ii hi| allora l’intensità risultante sarà data dalla somma delle
intensità relative a ciascuno stato iniziale, pesate secondo le probabilità p i
X
< I(r,t) >= pi hi| E− (r,t)E+ (r,t) |ii = Tr ρ E− (r,t)E+ (r,t) . (2.66)
i
6
Occorrerebbe considerare solo gli stati raggiungibili a partire da quello iniziale, ovvero che
differiscano da questo di un solo fotone. Tuttavia poiché E+ |ii ∝ a |ii ∝ |i − 1i, allora gli stati |f i
con f 6= i − 1 sono ortogonali |i − 1i e non danno contributo.
41
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
ove si è introdotta la notazione < · >ρ per evidenziare che si tratta di una media
d’insieme effettuata su un sistema descritto dalla matrice densità ρ. Si tratta del-
la versione adatta agli operatori delle medie d’insieme di un processo casuale z(t).
Valgono pertanto le usuali considerazioni della teoria dei processi casuali, in par-
ticolare, per processi ergodici le medie temporali coincidono con le corrispondenti
medie d’insieme.
Nel caso di sorgenti stazionarie, il campo elettromagnetico è, con ottima ap-
prossimazione, un processo casuale ergodico. Pertanto, nel seguito, tralasceremo di
indicare il pedice per specificare a quale media (quantistica, d’insieme o temporale)
ci stiamo riferendo.
Confrontando la (2.69) con la (2.66) si ha
9
Si osservi che per T0 < Tr < τc , in base alla (C.23), risulta
42
2.4– Coerenza ottica
Inoltre posto
(1)
G12 (τ ) = G(1) (x1 ,x2 ) (2.75)
con x1 = (r 1 ,t1 ), x2 = (r 2 ,t2 ) e τ = t2 − t1 , allora
(1)
G12 (0) è la funzione di correlazione spaziale (2.76a)
(1)
Gii (τ ) è la funzione di correlazione temporale (in r i ) (2.76b)
con ovvio riferimento alle proprietà di coerenza spaziale e temporale del campo.
Più in generale, poi, definiamo le funzioni di correlazione di ordine n-esimo del
campo elettromagnetico come
G(n) (x1 , . . . ,xn ,x0n , . . . ,x01 ) ,< E− (x1 ) . . . E− (xn ) E+ (x0n ) . . . E+ (x01 ) >ρ
≡ Tr ρ E− (x1 ) . . . E− (xn ) E+ (x0n ) . . . E+ (x01 ) (2.77)
ed quindi risulta
I(x) = 2 < I(x) >= 2G(1) (x,x) (2.73)
pur di intendere con I(x) l’intensità media non solo sul tempo Tr di risposta del fotorivelatore,
ma anche su un gran numero di fotorivelazioni relative allo stesso campo, per cui si è usata la
notazione
< I(x) >=< I(x) >= G(1) (x,x) (2.74)
ove si è pure tralasciato il fattore 2 che figurava nelle espressioni precedenti, includendolo di fatto
nel coefficiente di proporzionalità a meno del quale avevamo definito l’intensità.
43
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
che, a sua volta, segue dal fatto che A† A risulta non negativo10 , qualunque sia
l’operatore (lineare) A.
Con A = E+ (x) si ottiene
G(1) (x, x) ≥ 0 (2.80)
e più in generale con A = E+ (xn ) . . . E+ (x1 )
G(n) (x1 , . . . ,xn ,xn , . . . ,x1 ) G(n) (x01 , . . . ,x0n ,x0n , . . . ,x01 )
≥ |G(n) (x1 , . . . ,xn ,x0n , . . . ,x01 )|2 . (2.84)
per qualsiasi vettore |ui appartenente allo spazio di Hilbert su cui è definito l’operatore A.
Si dimostra che un operatore non negativo è hermitiano.
11
A proposito è utile ricordare che è possibile interpretare le funzioni di correlazione come prodot-
to scalare nello spazio dei processi casuali: la (2.82) equivale, allora, alla disuguaglianza triangolare,
che per due vettori v, w vale
|v · w|2 ≤ ||v|| ||w||. (2.83)
44
2.4– Coerenza ottica
ossia come prodotto di una funzione solo di x, calcolata in x, per la stessa funzione
(a meno del complesso coniugato) calcolata nel punto x0 .
G(n) (x1 , . . . ,xn ,x0n , . . . ,x01 ) = ε(x1 ) . . . ε(xn )ε∗ (x0n ) . . . ε∗ (x01 ) ∀n ≤ N (2.86)
e il significato è quello noto dal calcolo delle probabilità, che si deduce dall’espres-
sione della densità di probabilità condizionata che per processi indipendenti risulta
w (z,v;x,x0 )
wζ|ν (z; x,x0 |v) ≡ ζνwν (v;x0 ) = wζ (z; x): la conoscenza del fatto che si sia verificato
un evento non modifica la probabilità che si verifichi l’altro evento.
Vediamo ora la relazione tra il concetto di indipendenza e quello di correlazione
(o coerenza ottica, ma il discorso ovviamente è del tutto generale).
A tal fine conviene usare la notazione dei processi casuali, e in particolare la defi-
nizione di funzione di correlazione mediante la densità di probabilità. Dati due pro-
cessi casuali z(x), v(x0 ), con valor medio nullo, definiamo la funzione di correlazione12
come Z Z +∞
(1) 0 0
Gzv (x,x ) ,< z(x) v(x ) >= zv wζν (z,v; x,x0 ) dz dv (2.89)
−∞
e nel seguito, quando non ci siano dubbi sui processi casuali cui si fa riferimento,
ometteremo i pedici zv scrivendo semplicemente G(1) (x,x0 ).
12
Per processi non a valor medio nullo, si ha [4]
G(1) 0 0 0
zv (x,x ) ,< [z(x) − mz (x)] [v(x ) − mv (x )] > (2.88)
45
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
G(1) (x,x0 )
g (1) (x,x0 ) , p . (2.95)
G(1) (x,x)G(1) (x0 ,x0 )
Usando questa definizione si ha
in quanto l’integrale su tutto l’asse reale di una funzione dispari (prodotto di una
funzione dispari per una pari) è nullo. Quindi anche g (1) (x,x0 ) = 0, sebbene i due
processi abbiano una forte dipendenza funzionale.
Risulta che il coefficiente di correlazione e la funzione di correlazione del primo
ordine sono legati alla dipendenza lineare dei due processi casuali. Più precisamente:
13
In generale [4] il coefficiente di correlazione tra due processi casuali z(x) e v(x 0 ) è definito come
Nel caso di processi casuali a valor medio nullo, come quelli che stiamo considerando, si ottiene
< z(x)v ∗ (x0 ) >e
g(x,x0 ) = p (2.94)
< |z(x)|2 >e < |v(x0 )]2 >e
46
2.4– Coerenza ottica
un coefficiente di correlazione unitario vuol dire che esiste una dipendenza lineare
tra i due processi (ovvero i campi nei due punti). Un coefficiente di correlazione
nullo, viceversa, vuol solo dire la completa assenza di una relazione lineare, ma non
l’assenza di qualsiasi dipendenza tra i due processi: i processi possono quindi non
essere indipendenti.
In maniera più formale abbiamo:
Teorema 2.1. Dati due processi casuali z(x), v(x0 ), e fissati due punti x, x0
ove mz =< z > e σz =< z 2 − |mz |2 > sono (si veda il paragrafo B.2.2), rispettivamente la media
e la varianza del processo z(x), ed analogamente per v(x), (nel nostro caso m z = mv = 0, ma il
teorema ha validità generale).
Per questi nuovi processi risulta
e
g (1) (x,x0 ) =< ẑv̂ > . (2.100c)
Abbiamo poi
Si vede subito allora che se g (1) (x,x0 ) = 1 allora < (ẑ − v̂)2 >= 0, ovvero il processo casuale ẑ − v̂
ha varianza nulla, ovvero con probabilità pari a uno ẑ − v̂ assume un solo valore:
ẑ − v̂ = costante (2.102)
47
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
Tali proprietà, come visto, sono strettamente legate alle nozione di visibilità delle
frange di interferenza (in particolare si veda la (2.28)).
Un’altra proprietà molto importante è la seguente:
Dimostriamo ora che vale anche il viceversa, ossia che la condizione |g (1) (x,x0 )| = 1 implica la
(2.103).
Osserviamo a tal fine che la disuguaglianza di Schwarz, riformulata per le medie statistiche,
vale
| < A† B > |2 ≤ < A† A > < B † B > . (2.108)
In particolare se < A† A >= 0 allora < B† A >= 0 =< A† B > ∀B. Esplicitando le medie abbiamo
Tr ρA† A = 0 ⇒ Tr ρA† B = Tr ρB† A = 0 (2.109a)
48
2.5– Coerenza ottica del primo ordine
49
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
ed è quindi naturale indicare |g (1) (x,x0 )| come il grado di coerenza al primo ordine
del campo tra i due punti x,x0 .
Ricordiamo che nel caso di onde perfettamente monocromatiche risulta
(1)
|gmonoc (x1 ,x2 )| = 1 ∀ x1 ,x2 . (2.117)
Si può dimostrare che vale anche il viceversa, cioè se |g (1) (x1 ,x2 )| = 1 ∀x1 ,x2 ,
allora il campo è strettamente monocromatico15 .
50
2.5– Coerenza ottica del primo ordine
e in virtù dell’assunzione E+ +
i (xi ) ' E (xi ), l’intensità sullo schermo di osservazione relativa alla
fenditura i-esima vale
(1) +
I i (r,t) = Gi (x, x) = Tr ρE− i (x)Ei (xi ) =
1 +
' 2 Tr ρE− i (xi )Ei (xi ) =
R
1
= 2 Tr ρE− (xi )E+ (xi ) =
R
1
= 2 G(1) (xi , xi ) (2.124)
R
51
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
Supponendo che vi sia solo un modo con pulsazione ω, il campo dovuto a ciascuna
fenditura è r
+ ~ω
Ek (r, t) = i ak uk (r)e−iωt . (2.126)
20
La funzione modale per un’onda sferica emessa da una sorgente in r i è
r
1 eik·(r−rk )
uk (r) = êk (2.127)
4πL |r − r k |
E+ (r, t) = E+ +
1 (r, t) + E2 (r, t) =
r
~ω ê
'i √ e−iωt (a1 eiks1 + a2 eiks2 ) =
20 R 4πL
= f (r, t) (a1 eiks1 + a2 eiks2 ) (2.128)
ove si è posto r1 ≈ r2 ≈ R, e
r
~ω ê e−iωt
f (r, t) = i √ . (2.129)
20 4πL R
52
2.5– Coerenza ottica del primo ordine
ove
η = |f (r,t)|2 (2.133a)
Φ = k(s2 − s1 ) + φ (2.133b)
φ = ]Tr {ρ a†1 a2 } (2.133c)
ove |0,0i ≡ |0i è lo stato di vuoto, |1,0i lo stato del campo con un fotone che è
passato dalla fenditura 1, e analogamente |1,0i lo stato relativo al passaggio del
fotone dalla fenditura 2, con relazioni di ortonormalità h1,0|1,0i = h0,1|0,1i = 1,
h1,0|0,1i = 0.
Lo stato del campo corrispondente ad ambedue le fenditure aperte è esprimibile
come
|ψi = b† |0i , (2.136)
53
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
essendo b† l’operatore di creazione per un modo del campo con entrambe le fenditure
aperte, che possiamo esprimere in funzione degli operatori di creazione associati ai
modi del campo con solo una fenditura aperta come
√
b† = (a†1 + a†2 )/ 2 (2.137)
e quindi √
|ψi = (|1,0i + |0,1i)/ 2 (2.138)
che risulta quindi sovrapposizione dei due stati che individuano il passaggio da una
o dall’altra fenditura dell’unico fotone presente (si tratta di una maniera più tecnica
di esprimere la (1.31)).
L’operatore densità corrispondente è allora
ρ = |ψi hψ| =
1
= (|1,0i + |0,1i)(h1,0| + h0,1|) =
2
1
= (|1,0i h1,0| + |1,0i h0,1| + |0,1i h1,0| + |0,1i h0,1|). (2.139)
2
Per applicare la (2.132) calcoliamo preliminarmente
n o n o
† †
Tr ρa1 a1 = Tr a1 a1 ρ =
1
= Tr {|1,0i h1,0| + |1,0i h0,1|} =
2
1
= (2.140)
2
essendo a†1 a1 |0,1i = 0. Procedendo analogamente per gli altri casi si ha sempre
n o 1
Tr ρa†i aj = i,j = 1,2. (2.141)
2
Applicando la (2.132) si ottiene quindi
I(r,t) = η(1 + cos Φ) (2.142)
con Φ = k(s2 − s1 ), e la presenza del termine cos Φ indica la nascita di frange di
interferenza.
In termini di coefficiente di correlazione abbiamo
g (1) (x1 ,x2 ) = eik(s2 −s1 ) (2.143)
ed evidentemente esso ha modulo unitario,
|g (1) (x1 ,x2 )| = 1 (2.144)
e quindi i due stati sono otticamente coerenti al primo ordine in maniera completa,
e si ha massima visibilità delle frange di interferenza.
54
2.5– Coerenza ottica del primo ordine
Gli stati di Fock hanno un interesse prevalentemente teorico, visto che in pra-
tica sono piuttosto difficili da realizzare. Viceversa un modello di stati realizzabili
facilmente mediante un laser sono gli stati coerenti.
e quindi
2
|hβ|αi|2 = e−|β−α| (2.150)
per cui due stati coerenti non sono ortogonali, tuttavia risultano quasi ortogonali
per |β − α| 1.
Consideriamo ora un campo nello stato coerente (generato da un laser ideale)
incidente sulle fenditure. Lo stato del campo uscente sarà
55
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
prodotto tensoriale di due campi. Possiamo interpretare un tale campo come i due
raggi di luce distinti ma, come vedremo, coerenti uscenti dalle fenditure. D’al-
tra parte possiamo anche realizzare un tale stato mediante due laser distinti in un
esperimento in cui questi vengono fatti interferire direttamente sullo schermo di
osservazione, senza necessità delle due fenditure.
Ora usando la (2.148) con l’operatore (2.137)
† −α∗ b
|α1 i |α2 i = eαb |0i
† †
√1 (αa −α∗ a1 ) √1 (αa −α∗ a2 )
=e 2 1
e 2 2
|0i
αE αE
= (2.152)
2 2
l’operatore densità è αE αE Dα Dα
ρ = |ψi hψ| = (2.153)
2 2 2 2
e quindi
n o |α|2
Tr ρa†i aj = i,j = 1,2. (2.154)
2
Applicando la (2.132) si ha allora
e la presenza del termine cos Φ indica, ancora una volta, che si ottengono fenomeni
di interferenza facendo interagire due raggi distinti di fotoni coerenti. Come nel caso
di un singolo fotone risulta
2.5.2 Conclusioni
Si è visto che sia un singolo fotone, che uno stato coerente danno origine a fenomeni
di interferenza.
Nel caso quantistico non abbiamo considerato gli effetti dei disturbi (collisioni,
movimento degli atomi ecc.) che nel caso classico risultavano essenziali per la com-
prensione del comportamento della luce termica: ciò è dovuto al fatto che per una
sorgente che richiede una trattazione quantistica, quale il laser, possiamo in prima
approssimazione trascurare tali effetti.
Riassumiamo nella tabella 2.1 i risultati circa la coerenza ottica del primo ordine
dei casi che abbiamo visto.
56
2.6– Coerenza ottica del secondo ordine
57
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
ove la definizione della funzione ε(x) è quella già vista al primo ordine
G(1)∗ (x,z)
ε(x) = p . (2.161)
G(1) (z,z)
58
2.6– Coerenza ottica del secondo ordine
• in generale
(2)
gG (x,x,x,x) 6= 1; (2.166)
per cui il campo termico può manifestare coerenza ottica (secondo Glauber)
solo al primo ordine.
G(N ) (x, . . . ,x,x, . . . ,x) =< I N (x) >= N ! < I(x) >N (2.168)
59
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
(2)
• gM (x,x,x,x) = 1;
(2)
• |gM (x1 ,x2 ,x02 ,x01 )| = 1 ⇒ coerenza ottica del secondo ordine
nel senso della fattorizzazione della funzione di correlazione del secondo ordine
(2.157). La dimostrazione segue sostanzialmente quella vista per la (2.158);
(2)
• in generale (e in particolare per un campo quantizzato) |gM (x1 ,x2 ,x02 ,x01 )| non è
limitato superiormente: ciò ne limita l’interpretazione come grado di coerenza
(al secondo ordine);
(2) (N )
• generalizzando poi |gM | ad ordini superiori, ed assumendo |gM | = 1 come
condizione di coerenza (secondo Metha) all’ordine N , la coerenza di ordine N
(secondo Metha) implica quella di ordine M, ∀M ≤ n, essendo n il numero di
fotoni presenti (n = ∞ se non c’è limite al numero di fotoni).
e ora abbiamo
(2)
• gS (x,x,x,x) = 1;
(2)
• 0 ≤ |gS (x1 ,x2 ,x02 ,x01 )| ≤ 1;
(1) (N )
• |gS (x1 ,x01 )| = 1 ⇒ |gS (x1 , . . . ,xN ,x01 , . . . ,x0N )| = 1 ∀N
purché il numero dei fotoni non sia limitato: in altri termini, la coerenza
del primo ordine implica, nell’ipotesi data, quella secondo Metha di ordine
superiore;
(2)
• gS (x1 ,x2 ,x2 ,x1 ) = 1
ciò limita di molto l’utilità della definizione di Sudarshan, che per il resto aveva
mostrato di avere le giuste proprietà per poter definire un grado di coerenza
al secondo ordine: il caso x0i = xi è infatti proprio quello di cui ci occuperemo
nel seguito.
60
2.6– Coerenza ottica del secondo ordine
61
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
62
2.6– Coerenza ottica del secondo ordine
(1) 1 2 1
Gii (0) = I i (t) = E0i = E02 i = 1,2 (2.185)
2 2
e quindi si ha facilmente che
(2) 1 2 2 1 2 2 1
G12 (τ ) =< I 1 (t)I 2 (t + τ ) >= < E01 E02 >= E01 E02 = E04 (2.186)
4 4 4
e quindi segue facilmente la (2.181).
Luce termica. Si consideri ora un campo classico generato da una sorgente ter-
mica, che, come visto in precedenza, obbedisce ad una statistica gaussiana.
Per un tale tipo di campo, ossia per un processo casuale gaussiano, è possibile
esprimere i momenti centrali20 di ordine superiore in funzione di quelli del secondo
19
D’altra parte anche usando il segnale analitico si ha
1
E(t) = E0 eiφ e−iω0 t (2.183)
2
e quindi
1 2
I i (t) = 2|Ei (t)|2 = 2|E(t)|2 = E . (2.184)
2 0
20
Che sono le medie riferite al valor medio come la (B.17). Si tenga presente che nel nostro caso
il valore medio è nullo.
63
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
ordine (teorema dei momenti, [9, §1.6.1]). In particolare, nel caso di media nulla,
risulta
e tenuto conto della stazionarietà e delle proprietà delle correlazioni del primo ordine
abbiamo
(2)
G12 (τ ) =< E1− (t)E1+ (t) >< E2− (t)E2+ (t) > +| < E1− (t)E2+ (t + τ ) > |2 =
(1)
=< I 1 (t) >< I 2 (t) > +|G12 (τ )|2 =
(1)
=< I 1 (t) >< I 2 (t) > (1 + |g12 (τ )|2 ). (2.188)
si vede subito che per τ → ∞ (in pratica τ τc ) g (2) (∞) = 1; d’altra parte per
τ → 0 (ovvero τ τc ), risulta g (2) (0) = 2.
Si osservi poi come poi come la (2.158) non è applicabile visto che g (1) (τ ) = 1
solo per un punto, quello relativo a τ = 0.
In definitiva (
2 τ = 0,
g (2) (τ ) = (2.191)
gauss 1 τ →∞
cioè (si veda anche la figura 2.10) un campo termico, parzialmente coerente al primo
ordine, ha un coefficiente di correlazione al secondo ordine che, per ritardi tra le
due fotorivelazioni molto piccoli o nulli, è pari al doppio di quello di un campo
perfettamente monocromatico (perfettamente coerente), mentre ha un coefficiente
di correlazione unitario (uguale a quello di un campo monocromatico) per ritardi
molto grandi tra le due fotorivelazioni.
Tuttavia, poiché per la coerenza ottica del secondo ordine è richiesta anche quella
del primo, un campo termico non è otticamente nemmeno quando g (2) (τ ) → 1.
64
2.6– Coerenza ottica del secondo ordine
Figura 2.10. Coefficiente di correlazione del secondo ordine per un campo mono-
cromatico (o coerente) e per uno termico (secondo il semplice modello utilizzato
nei calcoli, e secondo uno più aderente ai risultati sperimentali).
65
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
Campo in uno stato di Fock. Consideriamo ora un campo che sia in uno stato
di Fock |ni, ovvero con un numero definito di fotoni; il corrispondente operatore
densità sarà
ρ = |ni hn| . (2.197)
Il numero medio di fotoni risulta21 allora n = n, e la varianza del numero di fotoni
Vn = 0. Il coefficiente di correlazione (2.195) risulta allora
1
(2)
g (0) =1− , n > 2. (2.202)
Fock n
La condizione n > 2 è legata al fatto che in questo caso stiamo rivelando due fotoni
sui due rivelatori, ed escludiamo il caso di un solo fotone, che, per quanto in una
sovrapposizione di stati, potrebbe essere rivelato da un solo fotorivelatore.
21
Si può effettuare molto semplicemente il calcolo in maniera diretta, ricordando che gli stati di
Fock sono autostati dell’operatore numero n = a† a
per cui
n = Tr ρa† a = Tr {|ni hn| n} = Tr {n |ni hn|} = n. (2.199)
Per la varianza occorre calcolare
< (a† a)2 >= Tr |ni hn| n2 = Tr n2 |ni hn| = n2 (2.200)
e quindi
Vn =< n2 > − < n >2 = 0. (2.201)
66
2.6– Coerenza ottica del secondo ordine
il che ci dice che un campo in uno stato coerente è otticamente coerente anche al
secondo ordine (e si può mostrare che lo è a tutti gli ordini).
2.6.2 Conclusioni
Si osservi che in generale risulta [9, §9.6.1]
Essendo quello descritto da ρ = |αi hα| uno stato puro, conviene calcolare le medie direttamente,
senza usare la matrice densità
e quindi
Vn =< n2 > − < n >2 = |α|2 . (2.207)
67
2 – Coerenza ed incoerenza ottica
non troppo piccolo rispetto al tempo di risposta dei fotorivelatori, presenta una sorta
di raggruppamento (bunching) dei fotoni, che tendono a far sı̀ che la probabilità 23
di due fotorivelazioni contemporanee (τ = 0) sia maggiore di due fotorivelazioni
separate da un intervallo τ (g (2) (0) > |g (2) (τ )|).
Di contro ciò non avviene con della luce in uno stato coerente (ossia quella emessa
da un laser nelle opportune condizioni) che si comporta come una sinusoide perfetta,
e la probabilità di una fotorivelazione su uno dei fotorivelatori è indipendente da
quello che avviene sull’altro; in altri termini possiamo dire che la probabilità di
due fotorivelazioni è indipendente dal tempo che le separa (ossia il coefficiente di
correlazione è costante).
Possiamo interpretare intuitivamente questi due comportamenti pensando che la
luce termica presenta fluttuazioni del campo ben maggiori di quella laser, pertanto
i fotorivelatori sono portati a rivelare i fotoni proprio durante i picchi di intensità,
il che ovviamente avviene per τ = 0.
Infine il caso in cui g (2) (0) < |g (2) (τ )| relativo al caso degli stati di Fock: que-
sto è un fenomeno non ammissibile classicamente, ma previsto solo dalla teoria
quantistica e noto come antibunching dei fotoni. Per quanto sia difficile realizzare
sperimentalmente campi in uno stato di Fock, sono state trovate situazioni (la ri-
sonanza fluorescente in particolare) che presentano antibunching, e che trovano una
spiegazione solo nella teoria quantistica (ne tralasciamo tuttavia l’analisi, visto che
esulerebbe dagli obbiettivi di questa tesi).
23
Risulta infatti, che la probabilità di rivelazione di un fotone è proporzionale all’intensità, ossia
e, almeno in generale,
< I(x1 )I(x2 ) >6=< I(x1 ) >< I(x2 ) > (2.212)
ovvero le due probabilità P1 (xi ) non sono indipendenti: sebbene infatti i due eventi di fotorive-
lazione non si influenzino a vicenda, essi sono relativi ad uno stesso campo, le cui fluttuazioni
comportano le correlazioni delle intensità, e la dipendenza statistica delle probabilità.
68
Capitolo 3
La decoerenza
3.1 Introduzione
Abbiamo visto nel paragrafo 1.2 che la sovrapposizione coerente origina (nella mec-
canica quantistica oltre che nella teoria classica delle onde) fenomeni d’interferen-
za. Un punto essenziale per avere gli effetti d’interferenza era la necessità di non
disturbare l’evoluzione del sistema, ossia di mantenerlo ben isolato.
Nella realtà non esistono sistemi perfettamente isolati (se non l’intero universo)
e dobbiamo aspettarci che i risultati ottenuti sotto l’ipotesi sottintesa di perfetto
isolamento potrebbero non trovare un esatto riscontro nella realtà.
69
3 – La decoerenza
70
3.1– Introduzione
71
3 – La decoerenza
72
3.2– Misure bit-a-bit
73
3 – La decoerenza
Assumiamo che inizialmente il sistema S sia isolato dal resto dell’universo: pos-
siamo allora descrivere un tale sistema mediante uno spazio degli stati ΣS bidimen-
sionale, e sia (|eiS , |giS ) una base ortonormale di tale spazio.
Analogamente l’apparato di misura A sarà descritto da uno spazio ΣA anch’esso
bidimensionale, con (|eiA , |giA ) una base ortonormale.
74
3.2– Misure bit-a-bit
e supponiamo che per via dell’interazione con il sistema S passi nello stato |giA
(rispettivamente |eiA ) quando rivela il sistema nello stato |eiS (risp. |giS ).
Supponiamo poi che il sistema si trovi inizialmente nello stato puro
Non essendoci stata interazione tra sistema ed apparato, lo stato iniziale del sistema
più l’apparato sarà descritto dal ket
|φi i ≡ |φ(t0 )iSA = |ϕ(t0 )iS ⊗ |χ(t0 )iA = (α |eiS + β |giS ) ⊗ |+iA (3.5)
HSA = γ(|ei he|S − |gi hg|S ) ⊗ (|⊥i h⊥|A − |>i h>|A ) (3.6)
ove, per semplicità di scrittura, i termini del tipo| ·iZ h·|Z sono stati scritti sempli-
cemente come| ·i h·|Z , omettendo nei ket il pedice relativo al sottosistema, g è una
costante di accoppiamento, e
√
|⊥iA = (|eiA + i |giA ) / 2)
√
|>iA = (|eiA − i |giA ) / 2). (3.7)
Tale interazione permette di passare (ad un opportuno istante) dallo stato iniziale
2
Si dà qui l’espressione più conveniente per il seguito. Volendo si può esprimere l’hamiltoniana
in funzione degli stati base |eiA , |giA , e si ottiene:
75
3 – La decoerenza
P
essendo A |ϕn i = an |ϕn i, e |φi = n cn |ϕn i (avendo supposto che l’insieme (|ϕn i) sia
una base)3 .
A questo punto conviene esprimere il vettore |+iA che figura nello stato iniziale in
termini dei due autostati |⊥iA , |>iA :
1 − i −iγδ 1 + i +iγδ
|φc i =α e |eiS ⊗ |⊥iA + α e |eiS ⊗ |>iA +
2 2
1 − i +iγδ 1 + i −iγδ
+β e |giS ⊗ |⊥iA + β e |giS ⊗ |>iA (3.14)
2 2
ed esprimendo gli stati |⊥iA , |>iA in funzione degli stati |eiA , |giA secondo la (3.7), dopo
3
Nel caso di operatori prodotto tensoriale, sarà comodo sostituire l’indice n con un doppio indice
i,j.
76
3.2– Misure bit-a-bit
Lo stato finale |φc i è uno stato entangled o correlato: per definizione, esso non è
esprimibile come prodotto diretto di due vettori relativi ai due sistemi componenti
Fisicamente possiamo dire che nello stato |φc i allo stato |giA del rivelatore
corrisponde lo stato |eiS del sistema, a |eiA corrisponde |giS .
Una verifica formale di tale affermazione può essere ottenuta proiettando lo stato
|φc i sui sottospazi di ΣA corrispondenti ai due stati che ci interessano:
77
3 – La decoerenza
Il risultato delle proiezioni sono pertanto i due stati nei quali si viene a trovare il
sistema composto dopo il collasso del vettore di stato conseguente alla misura.
Tuttavia |φc i rappresenta ancora uno stato puro, sovrapposizione dei due stati
che identificano i possibili risultati, e non è ciò che ci aspettiamo nel caso di una
misura classica in cui, alla fine della misura, l’apparato si trova in uno ed uno solo
dei suoi possibili stati, ovvero, prima che noi veniamo a conoscenza del risultato,
è descrivibile come una miscela statistica dei possibili risultati. In altri termini,
stando a |φc i la misura non è ancora propriamente avvenuta, ma c’è stata solo una
correlazione tra sistema ed apparato di misura, che è un passo essenziale verso la
misura vera e propria, e che pertanto è nota come pre-misura.
ρ = |φc i hφc | =
= |α|2 |ei he|S ⊗ |gi hg|A + αβ ∗ |ei hg|S ⊗ |gi he|A +
+ α∗ β |gi he|S ⊗ |ei hg|A + |β|2 |gi hg|S ⊗ |ei he|A = (3.21)
|α|2 0 0 αβ ∗
0 0 0 0
= 0 0 0 0
α∗ β 0 0 |β|2
ove la presenza dei due termini non nulli fuori dalla diagonale ci dice che ci troviamo
in uno stato puro correlato (entangled ).
Si osservi che già a questo punto potremmo pensare di eliminare i termini fuori
78
3.2– Misure bit-a-bit
dalla diagonale considerando l’operatore densità ridotto (si veda il paragrafo E.1.4)
ρr = TrS {ρ} = |α|2 |ei he|A + |β|2 |gi hg|A =
2
|α| 0
= (3.22)
0 |β|2
ottenuto tralasciando di considerare il sistema, e osservando solo l’apparato, e la
matrice finale è definita ora rispetto alla base (|eiA , |giA ). Tuttavia l’operazione di
trascurare il sistema sarebbe un’operazione puramente formale, senza alcuna reale
giustificazione: l’indice del nostro apparato di misura (nel nostro modello lo stato
dell’apparato) resterebbe in una (strana) sovrapposizione di stati.
79
3 – La decoerenza
Ora se il sistema composto dovesse subire il collasso di stato, non sarebbe ben
chiaro quali sono i possibili stati in cui collassare (ovvero i possibili risultati della
misura): |eiA , |giA oppure |+iA , |−iA , o una delle altre coppie definibile cambiando
in maniera analoga la base di ΣA . Ciò ci dice che ancora non è possibile dire che
cosa l’apparato abbia misurato sul sistema.
L’assurdo risulta ancora più evidente se si pensa al significato fisico di tali stati
nell’esperimento illustrato nella figura 3.1. Gli stati (3.25) indicano stati con spin
diciamo nella direzione x, ottenuti effettuando una misura con un apparato pre-
disposto per la misura di spin lungo la direzione z, che, com’è noto, sono misure
incompatibili.
Un’evoluzione unitaria può produrre solo risultati di tale natura, anche introdu-
cendo ulteriori passi intermedi dello stesso tipo.
È per questo che Von Neumann, discutendo tale problema, ha introdotto [14] un
“processo 1”, non unitario, per ottenere il collasso della funzione d’onda, ovvero per
passare dal caso puro ρ alla miscela statistica ρ0 ( o equivalentemente a ρr ). Tale
operazione, però, è poco soddisfacente dal punto di vista teorico (l’introduzione è
“ad hoc”, priva di una giustificazione elementare all’interno della teoria), ma ha il
pregio di evidenziare come gli operatori unitari della meccanica quantistica da soli
non riescono a risolvere il problema del collasso della funzione d’onda.
HAE = γ 0 (|ei he|A − |gi hg|A ) ⊗ (|gi hg|E − |ei he|E ) (3.27)
80
3.2– Misure bit-a-bit
allo stato
|Ψ i rappresenta ancora uno stato puro entangled di tre sistemi, il cui corrispon-
dente operatore densità è
ρSAE = |Ψ i hΨ | . (3.30)
È ora naturale ignorare gli stati dell’ambiente E, visto che ci interessa il risultato
della misura, e non una qualche informazione sull’ambiente. Supponendo che i due
stati |giE , |eiE siano ortogonali (hg|eiE = 0) si ottiene:
cioè considerando anche l’interazione con l’ambiente, e poi tenendo conto del fatto
che in pratica non rileviamo lo stato dell’ambiente, siamo riusciti ad ottenere la
corretta matrice densità (analoga cioè alla miscela statistica ρ0 vista nella (3.20)),
ed il tutto senza andare oltre l’ordinaria meccanica quantistica.
Il risultato precedente è il principale risultato della teoria della decoerenza: in
seguito ci occuperemo più in dettaglio della dinamica che porta a tale risultato, ma
esso resterà sempre il passo finale. Per comprenderne a fondo il significato allora,
analizziamo ulteriori aspetti dell’interazione tra l’apparato e l’ambiente.
81
3 – La decoerenza
nella quale non si riscontra più la correlazione tra sistema, apparato ed ambiente
vista in precedenza, e soprattutto, non è possibile ricondurre la (3.32) nella forma
ovvero degli stati prodotto diretto, che indicano la perfetta correlazione tra sistema,
apparato e ambiente.
Se invece proviamo a vedere cosa fornirebbe un test per vedere se l’apparato si
trova, ad esempio4 , nello stato |+iA , otteniamo:
1
|+i h+|A |Ψ i = √ α |eiS ⊗ |eiE + β |giS ⊗ |giE ⊗ |+iA (3.34)
2
che per via della presenza di un stato entangled tra il sistema e l’ambiente, a differen-
za della (3.26), non è più esprimibile come prodotto diretto di tre stati appartenenti
ai tre sottosistemi S, A, E che stiamo considerando.
È venuta meno, quindi, la possibilità di conoscere lo stato del sistema una volta
noto che l’apparato è nello stato |+iA : come evidenzia Zurek, parte dell’informazione
che l’apparato aveva acquisito sul sistema, è stata ora persa dall’apparato e trasferita
nell’ambiente.
Ma questo non è un fatto negativo, anzi è proprio ciò che cercavamo: la presenza
dell’ambiente ha selezionato la base dell’apparato (|eiA , |giA ), cui viene dato il nome
di base dell’indice (dell’apparato di misura), in quanto è essa che determina cosa è
stato misurato dall’apparato.
L’osservabile indice
Tenuto conto delle (3.33) l’osservabile (o meglio la famiglia di osservabili) che de-
scrive la misura effettuata dall’apparato, e che chiameremo osservabile dell’indice è
data da
Λ = λg |gi hg|A + λe |ei he|A (3.35)
ove λg ,λe ∈ R affinché l’operatore sia hermitiano, e λg 6= λe affinché i due risultati
della misura siano distinguibili.
4
Il ragionamento e le conclusioni non cambiano anche se si usa un qualunque altro proiettore
diverso da |ei he|A e |gi hg|A .
82
3.3– La dinamica della decoerenza
Risulta evidente che la base dell’indice costituisce una base di autostati per
l’osservabile indice.
Un’altra proprietà importante, è il fatto che l’osservabile indice commuti con
l’hamiltoniana di interazione tra apparato ed ambiente
[HAE , Λ] = 0 (3.36)
Aspetti dinamici
Accenniamo infine a due nozioni molto importanti legati all’evoluzione temporale
del sistema, ossia alla dinamica con cui avviene la decoerenza. Tuttavia per via del
modello dell’ambiente estremamente semplice, avranno valore molto limitato.
Possiamo definire il tempo di decoerenza come il tempo che occorre all’ambiente
per generare gli effetti di decoerenza: nel caso delle misure bit-a-bit esso coincide con
il tempo di interazione, visto che supponiamo che questa abbia una durata limitata.
In maniera analoga alla (3.17) risulta che per ottenere la giusta correlazione tra
apparato e ambiente, l’interazione tra i due deve durare esattamente tAE = π4 g~0 .
D’altra parte si vede che se l’interazione tra apparato ed ambiente continuasse
ulteriormente lo stato finale varierebbe ancora fino ad arrivare allo stato di partenza
per tr,AE = 2π g~0 : il tempo di ricorrenza, in questo semplice caso, risulta pertanto
confrontabile con quello di decoerenza.
Come vedremo nel prossimo paragrafo, il fatto che in questo caso il tempo di
ricorrenza risulti confrontabile con quello di decoerenza è dovuto al modello dell’am-
biente estremamente semplificato che abbiamo usato, e verrà meno considerando un
ambiente con N 1 atomi.
83
3 – La decoerenza
L’hamiltoniana
N
X (k)
HAE = HAE (3.38)
k=1
con Y
(k)
HAE = γk (|ei he|A − |gi hg|A ) ⊗ |gk i hg|E,k − |ek i he|E,k ⊗1j .
j=1
j6=k
permette, in un intervallo di tempo t, di fare evolvere tale stato nello stato finale
N
Y h i
iγk t −iγk t
|Ψf (t)i = α |eiS ⊗ |giA ⊗ αk e |eiE,k + βk e |giE,k +
k=1
N
Y h i
+ β |giS ⊗ |eiA ⊗ αk e−iγk t |eiE,k + βk e+iγk t |giE,k
k=1
ove
N
Y h i
|ζe (t)iE = ⊗ αk eiγk t |eiE,k + βk e−iγk t |giE,k (3.40a)
k=1
YN h i
−iγk t iγk t
|ζg (t)iE = ⊗ αk e |eiE,k + βk e |giE,k (3.40b)
k=1
sono i due stati dell’ambiente che corrispondenti ai due possibili risultati della
misura.
84
3.3– La dinamica della decoerenza
i
+ αk∗ βk e−i2γk t |gi he|E,k + |βk |2 |gi hg|E,k +
N
Y h
+ αβ ∗ |ei hg|S ⊗ |gi he|A ⊗ |αk |2 ei2γk t |ei he|E,k + αk βk∗ |ei hg|E,k +
k=1
i
+ αk∗ βk |gi he|E,k + |βk | e 2 −i2γk t
|gi hg|E,k +
N
Y h
∗
+ α β |gi he|S ⊗ |ei hg|A ⊗ |αk |2 e−i2γk t |ei he|E,k + αk βk∗ |ei hg|E,k +
k=1
i
+ αk∗ βk |gi he|E,k + |βk |2 ei2γk t |gi hg|E,k +
N
Y h
2
+ |β| |gi hg|S ⊗ |ei he|A ⊗ |αk |2 |ei he|E,k + αk βk∗ e−i2γk t |ei hg|E,k +
k=1
i
+ αk∗ βk ei2γk t |gi he|E,k + |βk |2 |gi hg|E,k (3.42)
che tenuto conto del fatto che |αk | + |βk |2 = 1, riscriviamo come
2
ρrSA =|α|2 |ei he|S ⊗ |gi hg|A + z(t) α∗ β |gi he|S ⊗ |ei hg|A +
+ z ∗ (t) α∗ β |gi he|S ⊗ |ei hg|A + |β|2 |gi hg|S ⊗ |ei he|A (3.44)
85
3 – La decoerenza
che è una misura di quanto, dopo l’interazione con l’ambiente, gli stati non diagonali
del sistema e dell’apparato sia ancora correlati.
L’ampiezza di correlazione dipende dalle condizioni iniziali dell’ambiente solo
attraverso le differenze |αk |2 −|βk |2 che sono le differenze tra la probabilità di trovare
l’ambiente negli autostati dell’hamiltoniana d’interazione |eiE,k e |giE,k .
In particolare l’ultima espressione ci dice che, a parte il caso in cui lo stato iniziale
dell’ambiente coincide con uno degli autostati dell’hamiltoniana d’interazione (α k =
1 e βk = 0, o viceversa), il valor medio di |z(t)|2 è molto più piccolo rispetto ad
1, assunto inizialmente, anche per N relativamente piccoli. Fisicamente ciò vuol
dire che anche ambienti relativamente piccoli sono molto efficaci nello smorzare le
correlazioni e definire l’osservabile dell’indice.
In particolare se αk = βk ∀k, allora < |z(t)|2 >= 21N .
Si osservi tuttavia che per N finito, z(t) è una funzione quasi-periodica, e quindi
in un tempo sufficientemente lungo |z(t)| ritornerà arbitrariamente vicino ad 1.
86
3.4– Misurare la decoerenza
Tempo di ricorrenza
Si è visto che a partire dal valore iniziale z(0) = 1, |z(t)| decresce, tendendo ad
assumere valori prossimi zero, con fluttuazioni dell’ordine di √1N .
Tuttavia abbiamo detto che essendo |z(t)| una funzione quasi-periodica, per ogni
> 0 esiste un intervallo di tempo T , che chiamiamo tempo di ricorrenza, dopo il
quale |z(t)| differirà da uno per meno di :
87
3 – La decoerenza
ove σ † = |ei hg|, σ = |gi he| sono gli operatori di incremento/decremento del livello
energetico5 . Si osservi che l’hamiltoniana (3.52) assume che la separazione di energia
tra i due livelli sia ∆E = ~ω, e che il livello energetico inferiore sia assunto come
riferimento (Eg = 0, e quindi Ee = ~ω).
Per l’oscillatore armonico useremo gli stati di base di Fock |ni, con n = 0,1,2, . . .,
autostati dell’operatore numero n = a† a, essendo a† e a rispettivamente gli operatori
di creazione e annichilazione fotonici. Assumiamo poi che la separazione tra i vari
livelli energetici dell’oscillatore armonico sia la stessa di quella tra i due livelli del
sistema a due stati (in modo che i due sistemi siano in risonanza); l’hamiltoniana
dell’oscillatore armonico sarà allora
1
Hosc = ~ω(a† a + ). (3.54)
2
Consideriamo ora un’interazione tra oscillatore armonico e sistema a due livelli
secondo il modello di Jaynes-Cummings [15, §10.3]: l’interazione tra i due sistemi è
data pertanto da
Hint,JC = ~g(σ † a + σa† ) (3.55)
ove g è la costante di accoppiamento.
L’hamiltoniana completa del sistema risulta allora
ove si è tralasciato il termine 12 ~ω (il che equivale ad una ridefinizione dello zero di
energia dell’oscillatore armonico).
Introduciamo infine un’hamiltoniana di sfasamento, definita come
il cui significato risulta evidente se osserviamo che essa determina un’evoluzione data
dall’operatore di evoluzione temporale6
i
R τ+
Ukick = e− ~ τ− Hkick dt
= σ † σ − σσ † = |ei he| − |gi hg| = σ 3 (3.60)
5
Si ha infatti
6
Fissata la base (|ei , |gi) risulta
0 0
σσ † = |gi hg| = (3.58)
0 1
88
3.4– Misurare la decoerenza
e che quindi, se applicata ad un generico stato del sistema a due livelli7 porge
σ 3 (α |ei + β |gi) = α |ei − β |gi (3.61)
dalla quale risulta evidente lo sfasamento che genera tra i due stati del sistema a
due livelli.
Possiamo studiare ora l’evoluzione totale del sistema composto dall’oscillatore ar-
monico e dal sistema a 2 livelli unitamente allo sfasamento dovuto ad Hkick , descritta
dall’hamiltoniana
H(t) = HJC + Hkick = H0 + Hint + Hkick . (3.62)
ove si è posto H0 = Hosc + H2L = ~ω (σ † σ + a† a), e Hint = Hint,JC .
Il corrispondente operatore di evoluzione temporale, per l’intervallo (0,T ), è
i
RT
U(T ) = e− ~ 0 H(t) dt
. (3.63)
Nel caso di operatori, per poter scrivere l’esponenziale di una somma come il
prodotto degli esponenziali
eA+B = eA eB (3.64)
occorre che gli operatori commutino: [A,B] = 0.
Nel nostro caso risulta
[H0 ,Hint ] = 0 (3.65a)
[H0 ,σ 3 ] = 0 (3.65b)
[Hint ,σ 3 ] = 2Hint σ 3 =
= −2~ω(σ † a + σa† ) 6= 0 (3.65c)
{Hint ,σ 3 } = 0.
Allora per agevolare il calcolo della (3.63) suddividiamo l’intervallo di evoluzione
(0, T ) in tre sottointervalli (0, τ − ), (τ − , τ + ) e (τ + , T ) in modo tale che in ciascun
sottointervallo gli operatori di evoluzione che effettivamente agiscono sul sistema
commutino tra loro, infatti
e quindi
0 0
−iπ
−iπσσ † 0 1 1 0 1 0
e =e = = = σ3 (3.59)
0 e−iπ 0 −1
ove si è tralasciato il fattore 1/2 che nella (D.19c) avevamo usato nella definizione della matrici di
Pauli.
7
Si osservi che Ukick (ovvero la sua estensione) agisce solo sullo stato del sistema a 2 livelli,
lasciando inalterato l’oscillatore armonico.
89
3 – La decoerenza
Avremo allora
Tenuto conto poi del fatto che H0 commuta sia con Hint che con σ 3 , possiamo
raggruppare l’azione di H0
i i i
U(T ) = e− ~ Hint (T −τ ) σ 3 e− ~ Hint τ e− ~ H0 T . (3.67)
Inoltre risulta
i i
e− ~ Hint t σ 3 = σ 3 e ~ Hint t . (3.68)
Osserviamo infatti che
Hint |n + 1, gi = ~g(aσ † + a† σ) |n + 1, gi
√ √
= ~g n + 1 |ni ⊗ |ei = ~g n + 1 |n, ei (3.69a)
90
3.4– Misurare la decoerenza
e quindi poiché
e∓Ωt
e∓Ωt |ϕ± i hϕ± | σ 3 = √ (|n, ei ± |n + 1, gi) (hn, e| ± hn + 1, g|) σ 3
2
e∓Ωt
= √ (|n, ei ± |n + 1, gi) (hn, e| ± hn + 1, g|) (|ei he| − |gi hg|)
2
e∓Ωt
= √ (|n, ei ± |n + 1, gi) (hn, e| ∓ hn + 1, g|)
2
= e∓Ωt |ϕ± i hϕ∓ | (3.72)
si ha
i
e− ~ Hint t σ 3 = e−Ωt |ϕ+ i hϕ+ | + eΩt |ϕ− i hϕ− | σ 3
= e−Ωt |ϕ+ i hϕ− | + eΩt |ϕ− i hϕ+ |
= σ 3 e−Ωt |ϕ− i hϕ− | + eΩt |ϕ+ i hϕ+ |
i
= σ 3 e ~ Hint t (3.73)
91
3 – La decoerenza
Nel nostro caso possiamo usare l’atomo come una sonda per indagare il campo
elettromagnetico all’interno della cavità.
L’interazione tra l’atomo e la radiazione all’interno della cavità sarà descritta
mediante il modello di Jaynes-Cummings, mentre lo sfasamento (Hkick ) può essere
realizzato mediante un laser che accoppi in maniera quasi-risonante lo stato di riposo
dell’atomo |gi con un terzo stato atomico, realizzando cosı̀ un rapido impulso di
2π.
Possiamo usare in particolare lo schema proposto da Morigi e al. per misura-
re il decadimento del campo nella cavità dovuto all’accoppiamento con un bagno
markoviano allo zero assoluto.
L’equazione di evoluzione temporale dello stato del sistema composto atomo-ra-
diazione della cavità, descritto mediante la matrice densità ρ(t), può essere posta
nella forma
ρ̇ = Lρ (3.77)
con L l’operatore di Liouville, definito dall’equazione
i † 1 † 1 †
Lρ = − [H, ρ] + κ aρa − a aρ − ρa a (3.78)
~ 2 2
essendo κ è il tasso di decadimento del campo9 .
La soluzione della (3.77) dopo un intervallo di tempo T , tenuto conto di quanto
osservato in precedenza a proposito della (3.66), può essere espressa formalmente
come
ρ(T ) = eL(T −τ ) K eLτ ρ(0) (3.79)
ove
Kρ = σ 3 ρσ 3
esprime l’effetto dello sfasamento (che avviene all’istante τ ).
Tenendo presente che il sistema a noi direttamente accessibile è l’atomo, dobbia-
mo trascurare lo stato del campo, ovvero calcolare la matrice densità ridotta
ρr (t) = Trosc ρ(t). (3.80)
Gli elementi di ρr (T ) ci daranno le probabilità di transizione tra i vari stati
dovute all’interazione con il campo.
Assumiamo ora che l’atomo sia inizialmente nello stato |gi, e calcoliamo la pro-
babilità di trovarlo in tale stato dopo l’interazione. L’operatore densità iniziale è
allora X
ρ(0) = |gi hg| ⊗ ρnm |ni hm| (3.81)
n,m
9
La forma particolare della parte non unitaria di L (analoga a quella che figura nella master
equation di un oscillatore armonico smorzato) è stata scelta essenzialmente per convenienza di
calcolo. Il procedimento tuttavia è valido anche per altre scelte.
92
3.4– Misurare la decoerenza
e quindi
Pg = [ρr (T )]22 = hg| ρr (T ) |gi . (3.82)
La probabilità che l’atomo inizialmente nello stato iniziale |gi, emerga dalla cavi-
tà sempre nello stato |gi, nel caso di un campo con un solo fotone (ovvero l’oscillatore
nello stato |1i, e quindi ρ(0) = |gi hg| ⊗ |1i h1|), vale
p
g 2 κ2 e−κT /2 4 1
Pg = 1 − 64 sin 16g 2 − κ2 T . (3.83)
(16g 2 − κ2 )2 8
il calcolo di ρ(T ), dato dalla (3.79), va effettuato mediante uno sviluppo perturbativo
al primo ordine in κT 1 e κ/g 1.
La probabilità che l’atomo emerga dalla cavità sempre nello stato |gi, vale:
∞ √ √
X κT sin(gT n) sin(gT n − 1)
Pg = 1 − ρnn (2n − 1) + κ √ −κ √
n=2
4 4g n 4g n − 1
κ h√ √ √
− n(4n − 3) sin(gT n) cos(gT n − 1) (3.85)
4g
√ √ √ i
− n − 1(4n − 1) sin(gT n − 1) cos(gT n)
Si osservi che Pg risulta uguale a 1 per ρ(0) = |gi hg| ⊗ |1i h1|, in quanto l’approssi-
mazione al primo ordine è insufficiente: in questo caso occorre usare la (3.83).
Conclusioni
Concludiamo osservando come lo schema visto, oltre a permetterci una misura della
dinamica di decoerenza dell’atomo e del campo nella cavità, permette una misu-
ra delle deviazioni dalla dinamica di Jaynes-Cummings (3.55) che abbiamo assunto
governare l’interazione atomo-radiazione (in particolare le deviazioni dall’approssi-
mazione di onda rotante).
93
3 – La decoerenza
94
Appendici
Appendice A
La probabilità classica
I. U è un elemento di B;
97
A – La probabilità classica
S
III. (additività
T numerabile) se A1 , A2 , . . . ,An , . . . sono elementi di B anche n An
e n An lo sono.
Se B soddisfa tutte e tre queste proprietà si parla di campo boreliano di eventi o
anche σ-algebra di eventi su U , e gli elementi della famiglia B si diranno eventi
casuali.
Un esempio di σ-algebra su U è l’insieme delle parti di U , ovvero la famiglia di
tutti i sottoinsiemi di U .
Chiameremo eventi elementari gli eventi casuali Ei ∈ B che non sono scomponi-
bili nell’unione di altri due eventi (non vuoti): formalmente @A,B ∈ B − {∅,E i } tali
che Ei = A ∪ B.
Si osservi, tuttavia, che gli eventi elementari non contengono necessariamente un
solo punto campione (anzi, gli insiemi con un solo punto campione potrebbero non
appartenere alla σ-algebra).
Assioma A.1.1 (Probabilità). Ad ogni evento casuale A è associato un numero
non negativo P (A) detto probabilità dell’evento A:
P (A) ≥ 0. (A.1)
98
A.1– Lo spazio delle probabilità
Figura A.1.
99
A – La probabilità classica
Probabilità congiunta
È usuale chiamare congiunto l’evento dato dall’intersezione di due eventi (A ∩ B),
corrispondente al verificarsi contemporaneo dei due eventi A e B, e si dice probabilità
congiunta la probabilià dell’evento congiunto P (A ∩ B).
Si osservi che risulta
P (A ∩ B)
P (A|B) , . (A.10)
P (B)
100
A.2– La probabilità condizionata
Sia
NA
P (A) =
N
con NA le occorrenze dell’evento A ed N il numero totale di volte che un esperimento viene ripetuto;
analogamente per B.
Risulta inoltre
NA∩B
P (A ∩ B) = .
N
Se ora consideriamo B come evento universale, allora per la probabilità di A condizionata
rispetto a B è ragionevole porre
NA∩B NA∩B N P (A ∩ B)
P (A|B) = = = .
NB N NB P (B)
Il secondo poi segue subito dalla non negatività di P (B) e P (A ∩ B), qualunque sia A:
P 0 (A0 ) ≥ 0 (A.13)
Infine per il terzo sull’additività, limitandoci per semplicità a due soli eventi A 01 ,A02 , con A01 ∩
A02 = ∅, (ossia (A1 ∩ B) ∩ (A2 ∩ B) = ∅ ) abbiamo
101
A – La probabilità classica
Figura A.3.
102
A.3– Prodotto cartesiano di spazi campione
X = (X ∩ A) ∪ (X ∩ B), (X ∩ A) ∩ (X ∩ B) = ∅ (A.19)
e quindi
P (X) = P (X ∩ A) + P (X ∩ B) (A.20)
ed essendo
P (X ∩ A) P (X ∩ B)
P (X|A) = , P (X|B) = (A.21)
P (A) P (B)
segue
P (X) = P (A) P (X|A) + P (B) P (X|B) . (A.22)
Teorema A.2.3 (di BayesS della probabilità a posteriori). Sia A1 , . . . ,AN una
partizione di U (ovvero N
j=1 = U , con Aj ∩ Ak = ∅ per j 6= k). Allora risulta
P (Ai ) P (X|Ai )
P (Ai |X) = PN (A.23)
j=1 P (Aj ) P (X|Aj )
103
A – La probabilità classica
104
Appendice B
Processi stocastici
105
B – Processi stocastici
• il valor medio: Z T /2
1
x ≡< x(t) >= lim x(t)dt (B.3)
T →∞ T −T /2
• la potenza media:
Z T /2
2 1
Px ≡< |x(t)| >= lim |x(t)|2 dt (B.4)
T →∞ T −T /2
∂
wξ (x,t) , Fξ (x; t). (B.7)
∂x
106
B.2– Medie statistiche
Molto spesso, quando non possono sorgere ambiguità, si userà poi la notazione
semplificata w(x,t).
Possiamo poi pensare di estrarre due (o più) variabili casuali da un processo:
∂2
wξ1 ξ2 (x1 ,t1 ; x2 ,t2 ) , Fξ ξ (x1 ,t1 ; x2 ,t2 ) (B.10)
∂x1 ∂x2 1 2
e anche in questo caso la si indicherà spesso semplicemente con w(x1 ,t1 ; x2 ,t2 ).
Tralasciamo la generalizzazione a funzioni di distribuzione cumulative e densità
di ordine n, peraltro immediate.
Si osservi che in questo caso non è corretto scrivere semplicemente w(x,t), visto
che in genere wξ (x,t) 6= wη (x,t).
107
B – Processi stocastici
108
B.2– Medie statistiche
UV P (U V ) P (U ) P (V )
↑U ↓V 1 1 1
↑U ↑V 0 1 0
↓U ↑V 0 0 0
↓U ↓V 0 0 1
Tabella B.1. Eventi possibili e relative probabilità nella scelta di due elementi uno
dall’insieme U con spin verso l’alto (↑U ), l’altro V costituito tutto da particelle con
spin verso il basso (↓V ).
109
B – Processi stocastici
ove f0 , θ sono costanti, mentre A è una variabile casuale con valor medio mA e
densità di probabilità fA (a).
ove f0 , è una costante come prima, mentre A e θ sono due variabili casuali statisti-
camente indipendenti. Per A vale quanto detto sopra, mentre per θ assumiamo che
sia uniformemente distribuita nell’intervallo (−π, π).
Tenendo conto dell’indipendenza statistica tra ampiezza e fase si ottiene
my (t) = 0 (B.30)
1
Cy (t1 ,t2 ) = E{A2 } cos[2πf0 (t1 − t2 )] = Cy (t1 − t2 ) (B.31)
2
Si osservi che il campo elettromagnetico emesso da una sorgente termica, non
è ancora adeguatamente descritto mediante un processo casuale di questo tipo, in
quanto, ad esempio, in una realizzazione di y(t) l’ampiezza e la fase restano costanti,
mentre nel campo di cui sopra la fase subisce bruschi cambiamenti in una stessa
realizzazione.
110
B.3– Processi stocastici stazionari
ove θ(t) è un processo casuale costante a tratti (nel senso che le sue realizzazioni
sono funzioni costanti a tratti) con valori nell’intervallo (−π,π)
mz (t) = 0 (B.33)
1
Cz (t1 ,t2 ) = Cq (t1 ,t2 ) cos[2πf0 (t1 − t2 )] (B.34)
2
mx (t) = mx (B.36a)
Cx (t1 ,t2 ) = Cx (t1 − t2 ). (B.36b)
111
B – Processi stocastici
112
Appendice C
Segnale analitico
Diamo qui dei brevi cenni alla teoria del segnale analitico: per ulteriori dettagli si
può consultare un testo specifico relativo all’analisi dei segnali come [13, cap. 9] o
anche [9, cap. 3], che, pur non essendo un testo specifico, propone un’ottima sintesi,
ed è quello a cui ci rifaremo per le convenzioni.
113
C – Segnale analitico
Figura C.1. Relazione tra lo spettro di un segnale e quello del segnale analitico
ad esso associato.
e in particolare
x(t) = 2Re{x̂(t)} = x̂(t) + [x̂(t)]∗ . (C.6)
114
C.2– Segnali quasi-monocromatici ed inviluppo complesso
1
ŷ(t) = Aeiφ s(t) e−i2πf0 t (C.8b)
2
= s(t)x̂(t). (C.8c)
purché s(t) sia a banda strettamente limitata (ossia S(f ) = 0 ∀f : |f | > f max ), e
z(t) sia un segnale passabandaT spettralmente separato da s(t) (ovvero le rispettive
bande non si intersecano: Bs Bz = ∅).
f2 − f 1
1 (C.10)
f0
X(f ) ≈ X0 (f − f0 ) + X0 (f + f0 ). (C.11)
e tenuto conto delle proprietà della convoluzione, un tale segnale può essere pensato
come un segnale in banda base (per il quale cioè lo spettro è concentrato in un’in-
tervallo contenente l’origine delle frequenze) detto inviluppo complesso modulato da
una portante alla frequenza f0
115
C – Segnale analitico
116
C.3– Funzione di correlazione di segnali reali e dei corrispondenti segnali analitici
si ha
(1)
G(1)
x1 x2 (τ ) = 2Re{Gx̂1 x̂2 (τ )}. (C.20)
(1)
Possiamo anche dire di più, e cioè che Gx̂1 x̂2 (τ ) risulta l’inviluppo complesso di
(1)
Gx1 x2 (τ )
(1)
Gx̂1 x̂2 (τ ) = Ĝ(1)
x1 x2 (τ ) (C.21)
e la (C.18) altro non è che una espressione della (C.6).
Per un singolo processo casuale, x(t) abbiamo che
(1)
G(1)
x (τ ) = 2Re{Gx̂ (τ )}. (C.22)
(1)
Nel caso di un processo quasi-monocromatico, poi, anche Gx (τ ) è quasi-monocro-
(1)
matica, e quindi il suo inviluppo istantaneo sarà dato da 2|Gx̂ (τ )| come mostrato
nella figura C.3.
L’utilizzo del segnale analitico ci permette pertanto di eliminare la parte for-
temente variabile legata alla portante sinusoidale, e concentrarci sulle correlazioni
2
In generale una realizzazione di un processo casuale non è necessariamente ad energia finita,
ovvero a quadrato integrabile. La definizione di segnale analitico va allora estesa opportunamente
nel campo delle funzioni generalizzate (distribuzioni). Tralasceremo nel seguito questi dettagli
matematici.
117
C – Segnale analitico
118
Appendice D
119
D – Sistemi a due stati
∗
con W11 ,W22 ∈ R e W21 = W12 affinché Hint sia hermitiano.
120
D.1– Gli effetti di una perturbazione
e quindi
iχ/2 θ 0 θ 0
|ψ(t)i = e cos e−iE+ t/~ |φ+ i − sin e−iE− t/~ |φ+ i (D.16)
2 2
e quindi
121
D – Sistemi a due stati
formano una base, e i primi tre operatori con le loro rappresentazioni nella base
(|ei , |gi) sono noti come operatori o matrici di Pauli.
Esplicitamente, dato un generico operatore
M11 M12
M= (D.20)
M21 M22
M11 + M22
M= 1 + (M11 − M22 ) σ 3 + (M12 + M21 ) σ 1 + i(M12 − M21 ) σ 2 (D.21)
2
che, con una notazione vettoriale, diventa:
M = a0 1 + a · σ (D.22)
122
D.2– Le matrici di Pauli
σ i = σ †i i = 1,2,3 (D.23)
Inoltre
1
σ i σ †i = σ i σ i = 1 i = 1,2,3 (D.24)
4
e ricordando che un operatore U per il quale risulti UU† = U† U = 1 si dice unitario,
allora 2σ i sono unitari.
Infine le matrici di Pauli definite nella (D.19) hanno la stessa equazione caratte-
ristica
1
λ2 − = 0 (D.25)
4
e quindi gli stessi autovalori
1
λ± = ± . (D.26)
2
L’operatore σ 3
1 1
σ 3 |ei = |ei , σ 3 |gi = − |gi (D.27)
2 2
Gli operatori σ 1 , σ 2
1 1
σ 1 |ei = |gi σ 1 |gi = |ei (D.28a)
2 2
1 1
σ 2 |ei = i |gi σ 2 |gi = − i |ei (D.28b)
2 2
dalle quali si intuisce che tali operatori quando applicati su uno degli stati di base
permettono si ottenere, a meno di una costante moltiplicativa, l’altro.
123
D – Sistemi a due stati
Gli operatori σ ±
Introduciamo ora delle opportune combinazioni lineari di σ 1 , σ 2 che troveremo
particolarmente utili. Poniamo
0 0
σ + , σ 1 + i σ 2 = |ei hg| = (D.29a)
1 0
0 1
σ − , σ 1 − i σ 2 = |gi he| = . (D.29b)
0 0
Osserviamo subito che applicando questi operatori agli stati di base |ei , |gi si
ha
σ + |ei = 0 σ + |gi = |ei (D.30a)
σ − |gi = 0 σ − |ei = |gi . (D.30b)
σ + permette di passare da |gi a |ei, ma non il viceversa, visto che se applicato a |ei
produce il vettore nullo, privo di alcun significato fisico. Analogamente σ − permette
di passare solo da |ei a |gi.
Si osservi poi che
σ + = (σ − )† (D.31)
per cui sovente si usa la notazione semplificata σ − ≡ σ, e σ + ≡ σ † .
L’interpretazione fisica
A questo punto, tenuto conto della (D.27) e delle (D.30), possiamo pensare ai due sta-
ti |ei , |gi come corrispondenti a due livelli energetici ± (figura D.1) e l’hamiltoniana
di un tale sistema sarà data da
h = + |ei he| + − |gi hg| (D.32)
e cosı̀ facendo infatti risulta
h |ei = + |ei , h |gi = − |gi . (D.33)
124
D.2– Le matrici di Pauli
I proiettori Pe e Pg
Altri due interessanti operatori sono quelli di proiezione
1 0 0 0
Pe = |ei he| = , Pg = |gi hg| = (D.36)
0 0 0 1
e la loro azione sugli stati di base è
Pe |ei = |ei Pe |gi = 0 (D.37a)
Pg |gi = |gi Pg |ei = 0. (D.37b)
2
Ciò è da intendersi in senso puramente formale, visto che gli operatori σ ± non sono hermitiani
(ma piuttosto σ + = σ †− ) e quindi non corrispondono ad una grandezza misurabile, né tantomeno
sono unitari, e quindi non possono essere assunti come un operatore di evoluzione temporale.
Volendo fare un’analogia, si può pensare agli operatori di creazione e annichilazione per un
sistema fermionico (con una sola particella), in cui |gi = |0f i sia lo stato di base senza alcuna
particella, e |ei = |1f i sia lo stato con la particella presente.
125
D – Sistemi a due stati
Com’è evidente essi hanno autovalori 0 e 1, ed autovettori gli stessi stati base (esat-
tamente per Pe all’autovalore 0 corrisponde l’autostato |gi, mentre all’autovalore 1
corrisponde |ei, viceversa per Pg ).
Nel caso di un generico stato |ψi = α |ei + β |gi avremo allora:
Pe |ψi = α |ei Pg |ψi = β |gi . (D.38)
L’interpretazione fisica di tali operatori è ora piuttosto semplice (come peral-
tro nel caso di un generico proiettore): la misura del proiettore Pe su un sistema
(preparato) nello stato |ψi = α |ei + β |gi fornirà con probabilità |P e |ψi |2 = |α|2
il risultato 1 (corrispondente all’ autostato |ei), e probabilità |P g |ψi |2 = |β|2 il ri-
sultato 0 (corrispondente all’ autostato |gi). Il valor medio delle misure sarà allora
< Pe >= |α|2 .
Analogamente per la misura di Pg su un sistema (preparato) sempre nello stato
|ψi fornirà con probabilità |Pe |ψi |2 = |α|2 il risultato 0 (corrispondente all’ auto-
stato |ei), e probabilità |Pg |ψi |2 = |β|2 il risultato 1 (corrispondente all’ autostato
|gi), e il valor medio delle misure sarà sarà allora < Pg >= |β|2 .
Conclusioni
Oltre ai tre operatori di Pauli (e all’operatore identità) abbiamo introdotto due
coppie di operatori: gli operatori di incremento/decremento del livello energetico
σ ± e i proiettori Pe e Pg . Si è visto poi come tali operatori agiscono nei confronti
degli stati di base |ei , |gi, e i risultati sono riassunti nella tabella D.1.
Possiamo ora vedere come questi operatori agiscono su di un generico stato |ψi =
α |ei + β |gi:
1
σ 1 |ψi = (α |gi + β |ei) (D.39)
2
1
σ 2 |ψi = i(α |gi − β |ei) (D.40)
2
1
σ 3 |ψi = (α |ei − β |gi) (D.41)
2
Si osservi che mentre tutti questi operatori sono osservabili, e quindi si può pensare
ad essi sia come corrispondenti ad una misura.
Si consideri, ad esempio, l’operatore σ 3 : nella (D.34) si è visto che la stessa
hamiltoniana del sistema a 2 livelli può essere espressa (con un opportuno riferimento
per le energie) in termini di σ 3 :
h0 = ∆σ 3 (D.42)
pertanto in questo caso possiamo pensare σ 3 come corrispondente alla misura del-
l’energia del sistema (in particolare, gli autovalori sono proporzionali ai possibili
risultati di una misura di energia).
126
D.2– Le matrici di Pauli
D’altra parte, visto che 2σ 3 risulta unitario, possiamo pensare tale operatore
come l’operatore di evoluzione temporale (per un dato intervallo di tempo) di un
qualche sistema3
U = |ei he| − |gi hg| = 2σ 3 . (D.44)
In tal caso, è proprio l’effetto di σ 3 sui vettori ad interessarci in quanto le (D.27)
esprimono realmente una trasformazione fisica del sistema (più o meno idealizzata):
il sistema evolve con una dinamica che comporta uno sfasamento tra i due stati di
base.
Nel caso di misure sul sistema due casi particolarmente significativi sono quelli
degli operatori di proiezione, di cui si è già detto in precedenza. In questo caso
|Pe |ψi |2 = |α|2 (risp. |Pg |ψi |2 = |β|2 ) è la probabilità di rilevare il sistema nello
stato |ei (risp. |gi) nella misura di un qualsiasi osservabile che abbia |±i come
autostati (e che quindi ha espressione generale A = a1 |ei he| + a2 |gi hg|).
Infine σ ± non sono né hermitiani né unitari, e pertanto essi vanno intesi solo come
operatori ausiliari, privi di un significato fisico diretto. È innegabile, tuttavia, la loro
utilità formale: molte osservabili si possono esprimere in termini di tali operatori,
ed è pertanto bene tenere presente come essi agiscono su di un generico stato |ψi.
Si trova facilmente
ma come detto prima a queste relazioni non corrisponde nessuna misura, né una
eventuale evoluzione dinamica del sistema.
det σ̂ j = −1 (D.47)
Tr σ̂ j = 0 j=1,2,3 (D.48)
σ̂ 2j = 1 (D.49)
σ̂ 1 σ̂ 2 = −σ̂ 2 σ̂ 1 = iσ̂ 3 (D.50)
σ̂ 1 σ̂ 2 σ̂ 3 = 1 (D.51)
3
Esplicitamente un tale sistema è uno con hamiltoniana
127
D – Sistemi a due stati
Tabella D.1. Riepilogo dell’azione dei vari operatori sugli stati di base, e su un
generico stato |ψi. Si osservi che per operatori che agiscono su spazi a dimensione
finita, gli operatori osservabili coincidono con quelli hermitiani.
e tutte le altre equazioni analoghe alla (D.50) ottenibili permutando ciclicamente gli
indici.
Dalla (D.50) e dalle equazioni analoghe si ottiene poi:
[σ 1 ,σ 2 ] = iσ 3 (D.52a)
[σ 2 ,σ 3 ] = iσ 1 (D.52b)
[σ 3 ,σ 1 ] = iσ 2 (D.52c)
che sono delle proprietà tipiche degli operatori di momento angolare: esse sono ca-
ratteristiche degli operatori di Pauli, tanto che a partire dalle (D.52) è possibile
derivare tutte le altre proprietà viste prima, studiare lo spettro e ricavare anche le
(D.19) che abbiamo usato per definire gli operatori, in maniera peraltro molto ele-
gante (non occorre riferirsi ad una specifica rappresentazione, come invece abbiamo
dovuto fare nelle (D.19)) e generale (ovvero non legata al numero di dimensioni dello
spazio).
Viceversa le matrici di Pauli anticommutano:
{σ 1 ,σ 2 } = σ 1 σ 2 + σ 2 σ 1 = 0 (D.53a)
1
{σ 1 ,σ 1 } = {σ 2 ,σ 2 } = 1 (D.53b)
2
e analoghe relazioni valgono permutando gli indici.
Dalle definizioni (D.29) si ottiene poi
σ + σ − = |ei he| = Pe (D.54a)
σ − σ + = |gi hg| = Pg (D.54b)
128
D.2– Le matrici di Pauli
[σ + ,σ − ] = 2 σ 3 (D.55)
e quelle di anticommutazione
{σ + ,σ + } = {σ − ,σ − } = 0 (D.56a)
{σ + ,σ − } = 1 (D.56b)
che ci confermano che gli operatori σ ± sono operatori fermionici (si veda quanto
detto nella nota 2, a pagina 125).
129
D – Sistemi a due stati
130
Appendice E
Il formalismo dell’operatore
densità
Stati puri
Iniziamo con il richiamare alcune definizioni e relazioni note.
Dato un sistema, diciamo che il sistema si trova in uno stato puro se lo stato
microscopico del sistema è perfettamente conosciuto. Un tale sistema viene descritto
da un vettore |ψi appartenete ad uno spazio di Hilbert Σ.
Sia poi (|ϕi i) una base ortonormale di Σ.
La proprietà di “base” ovvero di completezza è espressa dalla relazione (detta di chiu-
sura)
X
|ϕi i hϕi | = 1 (E.1)
i
ed esprime il fatto che qualsiasi vettore dello spazio Σ è esprimibile come combinazione
lineare dei vettori della base.
131
E – Il formalismo dell’operatore densità
I vettori della base possono essere scelti tra autostati di un insieme completo di osser-
vabili che commutano (in inglese Complete Set of Commuting Observables o brevemente
C.S.C.O. e spesso si usa pure la dicitura test massimale o completo in quanto nell’e-
sperimento che corrisponde ad un C.S.C.O. il numero di possibili risultati è il massimo
possibile).
Si osservi che, dato uno stato puro è possibile effettuare un’opportuna scelta delle
osservabili in modo che lo stato puro, sia lui stesso un autostato (basta considerare P =
|ψi hψ| come una delle osservabili) e quindi anche un elemento della base, per cui, in
una tale base tutti i coefficienti della combinazione lineare sono nulli, tranne uno. In
termini operazionistici ciò vuol dire che per uno stato puro esiste un test completo per il
quale possiamo predire con certezza (ovvero con probabilità uguale a uno) il risultato che
avremmo se lo effettuassimo sul sistema che si trova in uno stato puro.
Il vettore |ψi è esprimibile allora come combinazione lineare dei vettori della base
X
|ψi = αi |ϕi i (E.3)
i
ove i coefficienti αi sono dati dalle proiezioni del vettore di stato sugli elementi della base:
αi = hϕi |ψi. Inoltre supporremo spesso in seguito che i vettori di stato siano normalizzati,
cioè |hψ|ψi|2 = 1.
Ricordiamo poi, che se una grandezza fisica A viene misurata su di un sistema (pre-
parato) nello stato |ψi la probabilità di ottenere come risultato della misura l’autovalore
an della corrispondente osservabile A è data da
P (an ) = |hun |ψi|2 = hun |ψi∗ hun |ψi = hψ|un ihun |ψi = hψ| Pn |ψi (E.4)
1
Qualora lo spettro di A fosse degenere allora la formula precedente va sostituita con
gn
X
P (an ) = |huin |ψi|2
i=1
ove gn è il grado di degenerazione dell’autovalore an e {uin } un insieme ortonormale di autovettori
che forma un base dell’autospazio Σn associato all’autovalore an .
132
E.1– L’operatore densità
ove Anm = hun | A |um i è l’elemento di matrice di posizione n m della matrice corri-
spondente all’operatore A, e cn = hun |ψi sono le proiezioni del vettore di stato sugli
autostati2 .
Infine l’equazione che regola l’evoluzione temporale dello stato per un sistema che
all’istante t0 sia nello stato |ψ(t0 )i, è data da
d
i~ |ψ(t)i = H(t) |ψ(t)i (E.6)
dt
ove H(t) è l’hamiltoniana del sistema.
Miscele statistiche
Supponiamo ora di sapere soltantoP che il sistema si trovi nello stato |ψi i con probabilità
pi , con i = 1, . . . , N , e ovviamente i pi = 1. Diremo allora che il sistema si trova in una
miscela statistica degli stati |ψ1 i , . . . , |ψN i con probabilità p1 , . . . , pN .
Poiché la (E.4) ci permette di fare delle previsioni circa i risultati di un esperimento a
partire dagli stati |ψi i,allora per tenere conto del fatto che conosciamo solo la probalilità
che il nostro sistema sia in un certo stato basta pesare tali previsioni con le probabilità p i .
Si tenga presente comunque che le probalilità pi sono evidentemente epistemiche, cioè
dovute ad una nostra ignoranza circa lo stato effettivo del sistema. Ben diversa invece
sono le probabilità che ci vengono forniti dalla meccanica quantistica (sebbene sulla precisa
natura di queste ultime il dibattito sia tutt’ora piuttosto vivo).
133
E – Il formalismo dell’operatore densità
Tale definizione risulta ragionevole se si osserva che nella (E.5) figura il termine
per cui il valor medio di un osservabile sarà esprimibile mediante l’operatore densità come
X X
< A >= hum | ρ |un i Anm = ρmn Anm (E.8)
m,n m,n
conviene comunque rielaborare tale espressione per ottenerne una più compatta; usando
la relazione di chiusura per gli autostati si ottiene
X X
< A >= hum | ρ |un i hun | A |um i = hum | ρA |um i = Tr {ρA} (E.9)
m,n m
essendo Ann gli elementi di matrice diagonali della rappresentazione dell’operatore A nella
base scelta.
Come si vede si riesce a dare una espressione semplice del valor medio di un operatore in
termini dell’operatore densità, e questa descrizione evidenzia la dipendenza lineare dallo
stato, cosa che non era evidente nella (E.5), vista addirittura la presenza del termine
quadratico cm c∗n .
Un ulteriore vantaggio della rappresentazione di uno stato puro mediante l’operatore
densità consiste nel fatto che mentre un vettore di stato è determinato a meno di un fattore
di fase arbitrario (|ψi e eiθ |ψi rappresentano lo stesso stato), l’operatore densità, come
si vede facilmente dalla (E.7) non presenta tale indeterminazione: esso è unico per ogni
stato3 .
Non resta che vedere come calcolare la probabilità P (an ) e l’evoluzione temporale per
avere tutti gli strumenti per poter utilizzare l’operatore densità al posto dei vettori di
stato.
3
Poiché i vettori di stato erano assunti di norma unitaria, per l’operatore densità relativo al
caso puro risulta
ρ2 = |ψi hψ| |ψi hψ| = ρ
e X X X X
Tr ρ = hun | ρ |un i = hun | |ψi hψ| |un i = c∗n cn = |cn |2 = 1.
n n n n
2
Tr ρ = Tr ρ = 1
Si tenga presente che queste due proprietà sono valide solo per gli operatori densità associati ad
uno stato puro, mentre, come vedremo, non sono valide nel caso generale delle miscele statistiche.
134
E.1– L’operatore densità
La probabilità P (an ) dalla (E.4) risulta uguale al valor medio del proiettore Pn , ed
usando la (E.9) si ottiene
avendo posto X
ρ, pi ρi . (E.17)
i
4
Basta calcolare l’hermitiano coniugato di ambo i membri della (E.6) che si ottiene
d
−i~ hψ(t)| = hψ(t)| H(t)
dt
essendo ovviamente H† = H.
135
E – Il formalismo dell’operatore densità
Passiamo ora all’evoluzione temporale. Assumiamo ora che, contrariamente allo stato,
l’hamiltoniana del sistema H(t) sia perfettamente nota.
Se all’istante iniziale t0 il sistema è descritto dall’operatore densità ρ(t0 ) (cioè il sistema
è nello stato |ψi (t0 )i con probabilità pi ) allora all’istante t il sistema si troverà in una
miscela statistica di stati descritta dall’operatore densità ρ(t), soluzione dell’equazione
d
i~ ρ(t) = [H(t), ρ(t)] (E.20)
dt
d d X X 1 1
ρ(t) = pi ρi (t) = [H(t), ρi (t)] = [H(t), ρ(t)] (E.21)
dt dt i~ i~
i i
136
E.1– L’operatore densità
Popolazioni e correlazioni
Consideriamo gli elementi di matrice ρnn dell’operatore ρ nella base (|un i), di autovettori.
Dalla definizione (E.7) si ha
X
ρnn = pi [ρi ]nn (E.23)
i
c(i)
n = hun |ψi i (E.24)
P (i)
le componenti di |ψi i nella base |un i (ovvero |ψi i = n cn |un i), il cui significato fisico è
(i)
il solito, cioè, |cn |2 indica la probabilità che un sistema preparato nello stato |ψi i risulti,
a seguito di una misura, nello stato |un i.
Risulta allora X
ρnn = pi |c(i)
n |
2
(E.25)
i
(i)
la cui interpretazione, tenuto conto del significato fisico di pi , e di |cn |2 è: ρnn rappresenta
la media delle probabilità di trovare il sistema nello stato |un i. Pertanto ci si riferisce a
ρnn come alla popolazione dello stato |un i.
In maniera analoga a quanto visto sopra si ha
X
ρnm = pi c(i)
n cm
(i)∗
(E.26)
i
(i) (i)∗
e il termine cn cm è un temine incrociato del tipo di quelli che si hanno quando due stati
interferiscono, e quindi ρnm è la media, sui possibili stati della miscela, di questi termini
incrociati. Si noti poi ρnm essendo la somma di numeri complessi può risultare nulla anche
senza che i singoli addendi siano nulli: in media gli effetti dell’interferenza tra i due stati
|ni e |mi non sono visibili. Se d’altra parte ρnm 6= 0 allora si può pensare alla presenza
di una certa correlazione tra i due stati in questione, da cui il nome di correlazioni (o
coerenze) per i termini non diagonali del tipo ρnm .
Usando il fatto che ρ è un operatore positivo (E.22) allora risulta
Osservazioni. Si badi bene che la distinzione tra popolazioni (di uno stato) e coerenze
(tra due stati) è relativa ad una data base dello spazio degli stati.
In particolare, visto che l’operatore densità è hermitiano, esso è allora anche diagona-
lizzabile, ovvero esiste una base ortonormale (|φi i) in cui ρ risulta diagonale. In tale base
il sistema risulta una miscela statistica degli stati |φi i, senza tuttavia che fra di essi vi sia
nessuna coerenza.
137
E – Il formalismo dell’operatore densità
P
|ψi ρ = |ψi hψ| ρ= i pi ρ i
P ∗
Valor medio < A > hψ| A |ψi = n,m cn cm Anm Tr {ρ(t)A} Tr {ρ(t)A}
d d d
Evoluzione temporale i~ dt |ψ(t)i = H(t) |ψ(t)i i~ dt ρ(t) = [H(t), ρ(t)] i~ dt ρ(t) = [H(t), ρ(t)]
Normalizzazione hψ|ψi = 1 ρ2 = ρ , Tr ρ2 = 1 ρ2 6= ρ, Tr ρ2 ≤ 1
Conclusioni
Riportiamo nella tabella E.1 i risultati più significativi.
i
ρ̇(t) = [H(t), ρ(t)]
~
ovvero
ρ̇(t) = Lρ (E.29)
i
Lρ(t) , [H(t), ρ(t)]. (E.30)
~
Nel caso di un’hamiltoniana che non dipende esplicitamente dal tempo, possiamo
risolvere formalmente la (E.29) ottenendo
138
E.1– L’operatore densità
in base alla quale ρ(1) ci permette di calcolare i valori medi delle osservabili relative al
primo sistema, come se questo fosse un sistema isolato con operatore densità ρ(1).
Tenuto conto della (E.19), possiamo dire, infine, lo stesso delle probabilità di ottenere
determinati risultati relativi solo al primo sistema.
139
E – Il formalismo dell’operatore densità
Sia ora ρtot (t) la matrice densità del sistema composto, la cui equazione di evoluzione
temporale risulta, nella rappresentazione di interazione
dρtot (t)
i~ = [V(t), ρtot (t)] (E.37)
dt
ove si è evidenziata la dipendenza dal tempo, e si è posto
i
U(t) = exp[− (HS + HR )t]. (E.38)
~
Si osservi poi che anche la matrice densità che figura nella (E.37) è data nella rappresentazione
di interazione.
140
E.2– La master equation
ρ(t) = ρ(0)+
∞ n Z t
X Z tn−1
1
+ dt1 . . . dtn TrR {[V(t1 ), . . . , [V(tn ), ρtot (0)]]}. (E.42)
i~ 0 0
n=1
Se ore assumiamo che inizialmente il sistema e il serbatoio siano in uno stato prodotto
diretto (cioè non entangled ) avremo che
ove
Z t
1
G1 = TrR dt1 [U(t1 ), ρR ⊗ (·)] (E.45a)
i~ t0
Z t Z t1
1
G2 = − 2 TrR dt1 dt2 [U(t1 ), [U(t2 ) ρR ⊗ (·)]] (E.45b)
~ t0 t0
e in generale
n Z t Z tn−1
1
Gn = TrR dt1 . . . dtn [V(t1 ), . . . , [V(tn ), ρR ⊗ (·)]] (E.45c)
i~ t0 t0
141
E – Il formalismo dell’operatore densità
142
Bibliografia
143