Laurea in Fisica
Dipartimento di Matematica e Fisica
Relatore: Laureando:
Prof. Vittorio LUBICZ Riccardo AZZALI
Introduzione 3
3 La teoria GRW 23
3.1 Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3.2 Operatore densità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
3.2.1 Definizione dell’operatore densità . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
3.2.2 Matrice di densità ridotta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
3.2.3 L’evoluzione temporale dell’operatore densità . . . . . . . . . . . 26
3.3 Il lavoro di GRW . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
3.3.1 Analisi dei microsistemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
3.3.2 Il fattore di smorzamento F(k, q, t) . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
3.3.3 Analisi dei macrosistemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
3.3.4 Scelta dei parametri λ e α . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
1
4 Critiche alla teoria GRW 35
4.1 Il modello percettivo con la teoria GRW . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
4.2 L’assenza di una generalizzazione relativistica . . . . . . . . . . . . . . . 38
Bibliografia 49
2
Introduzione
L’argomento affrontato in questa tesi è il postulato del collasso della funzione d’onda
correllato inevitabilmente al processo di misura.
Nella meccanica quantistica vige il principio di sovrapposizione: se un sistema può trovarsi
in due o più stati distinti, potrà anche trovarsi nella sovrapposizione lineare di questi stati.
Per i sistemi macroscopici questo fenomeno di sovrapposizione non si è mai percepito ed
è stato la causa di numerosi dibattiti oltre che fisici anche filosofici.
Prima di proseguire soffermiamo l’attenzione sulle definizioni di “Misura in meccanica
quantistica” e “Collasso”:
1. La misura in meccanica quantistica indica l’interazione fra sistemi microscopici
(misurandi) e macroscopici (misuratori): la descrizione di tale processo risulta
complessa sia dal punto di vista pratico sia dal punto di vista concettuale.
2. Il collasso indica quel processo nel quale la funzione d’onda, rappresentante una
sovrapposizione lineare di stati di un qualche osservabile, si riduce (collassando) a
uno solo di questi stati, rappresentando quindi quel senso di realtà classica cui siamo
stati abituati dall’esperienze quotidiane (apparentemente il collasso è correlato alla
misura dell’osservabile in questione).
Se il sistema che vogliamo misurare si trova, secondo la teoria, nella sovrapposizione
di due o più stati e se la misura è un processo fisico descritto dalla meccanica quantistica,
che essendo una teoria lineare implica che le sovrapposizioni si conservano per evoluzione,
il come il quando e il perché avviene il collasso, ovvero il come il quando e il perché i
nostri processi di misura hanno esiti che corrispondono alle nostre definite percezioni,
sono ancora fonti di ricerca e di numerose interpretazioni.
La risposta ortodossa è che l’interazione con sistemi microscopici preserva le sovrappo-
sizioni, quindi non è l’interazione dell’elettrone con un altro elettrone o un quanto del
campo elettromagnetico che costringe il sistema a “scegliere” il suo stato (e questo è stato
sperimentalmente verificato). Tuttavia, secondo l’ortodossia, è la natura macroscopica
dell’apparato che viene innescato dalla particella o da quelle con cui essa ha interagito
che porta a una sola delle due o più situazioni possibili. Ecco perchè la teoria del collasso
è strettamente correllata a quella della misura in meccanica quantistica in quanto il
misuratore è supposto essere sempre macroscopico.
3
La questione che tutt’ora non è stata ancora risolta riguarda proprio quest’approccio
ortodosso: esso richiede di dividere il mondo in due, i microsistemi e i macrosistemi, i
processi reversibili e quelli irreversibili, i sistemi classici e quelli quantistici (un elettrone
è quantistico e un gatto è classico). Non ci sarebbe nulla di male se le cose stessero così,
e così accade in molti ambiti classici: dieci particelle non sono un gas ma un numero di
Avogadro di molecole ha comportamenti irreversibili che sembrano contrastare la perfetta
reversibilità della teoria (meccanica classica) che soggiace all’interazione tra particelle. Ma
qui esistono parametri precisi che ci dicono cosa richiede un trattamento deterministico e
cosa implica (per le nostre limitazioni pratiche) un trattamento statistico.
In meccanica quantistica non esiste alcun parametro che permetta di definire il “confine
ambiguo” (come viene definito da Ghirardi in [1]). Per descrivere lo stato di un macrocri-
stallo, o il comportamento di un superconduttore o tanti altri processi mesoscopici e/o
macroscopici, è essenziale una trattazione quantistica; perché e quando e dove dovremmo
abbandonarla per descrivere indici di apparecchi, tavoli e gatti?
In questa tesi saranno discusse le soluzioni più rilevanti di questo problema con una
dettagliata attenzione a quella che a mio avviso è la più interessante e (mi si conceda il
termine) “vicina alla realtà”: la teoria GRW.
Elaborata dai tre fisici italiani, Ghirardi, Rimini e Weber, questa teoria [2] assume che
ogni costituente del mondo fisico oltre ad ubbidire alla dinamica lineare di Schrödinger è
soggetto, a tempi casuali e con una certa frequenza media λ, a dei processi spontanei di
localizzazione spaziale.
In questo modo i tre fisici avendo modificato l’equazione di Schrödinger con l’aggiunta
di termini stocastici e non lineari, mostrano che la riduzione è un processo spontaneo
e indeterministico per qualunque sistema, indipendente quindi dal processo di misura.
Ogni sistema che sia microscopico o macroscopico sarà, per un certo tempo τ , descritto
dalla sovrapposizione di stati possibili; il tempo τ è inversamente proporzionale al numero
di particelle tale da rendere la durata della sovrapposizione impercettibile per i sistemi
macroscopici e significativa per i sistemi microscopici.
Galileo Galilei
Dialogo sopra i due massimi sistemi
del mondo
4
Ringraziamenti
Con immenso piacere ringrazio il relatore di questa tesi, il Prof. Vittorio Lubicz, che
con pazienza, disponibilità, gentilezza e professionalità mi ha assistito e sostenuto nella
stesura del presente lavoro.
5
Capitolo 1
1. Indicando con Σ gli stati di un sistema quantistico e con |Ψi i vettori dello spazio
di Hilbert H che descrive il sistema vale la seguente corrispondenza biunivoca:
Σ ⇔ |Ψi ∈ H
6
3. Sia |Ψi il vettore che descrive il sistema all’istante iniziale t0 e si supponga che
tra l’istante t0 e t non si effettuino misure sul sistema. Allora lo stato all’istante
t è descritto dal vettore |Ψt i = U (t0 , t) |Ψt0 i dove U è un operatore unitario.
L’evoluzione temporale del vettore di stato |Ψt i è governata dall’equazione di
Schrödinger.
uin (i = 1, 2, ..., gn ) è un sistema di vettori che forma una base nel sottospazio Hn
delle autofunzioni associate all’autovalore di Â.
dove
N =2
|ci |2 = 1
X
∀ci ∈ C.
i=1
7
Postulato 2 (Entanglement) Uno stato |Ψi ∈ H1 ⊗ H2 si definisce stato entangled se
non può essere scritto come prodotto tensoriale |αi1 ⊗ |βi2 con |αi1 ∈ H1 e |βi2 ∈ H2 ;
nel caso contrario lo stato si definisce come stato prodotto o non-entangled.
Per rappresentare meglio il fenomeno si pensi al caso specifico in cui gli spazi di Hilbert
H1 e H2 siano entrambi bidimensionali e che {|0i1 , |1i1 } e {|0i2 , |1i2 } rappresentino due
coppie di ket di base.
Dal postulato noi sappiamo che un generico stato sarà definito entangled qualora non
possa essere scritto nella forma :
Passiamo alla dimostrazione che uno stato entangled non è esprimibile come prodotto
di stati: si prenda uno stato più generico di quello dell’equazione (1.5) sempre riferito a
un sistema composto solo da due particelle
dove la coppia |ni1 , |n0 i1 è una base ortonormale nello spazio della prima particella, la
coppia |mi2 , |m0 i2 è una base ortonormale nello spazio della seconda particella e i valori
c1 , c2 sono due numeri complessi che verificano la relazione
Si assuma ora per assurdo che lo stato |Φi della (1.6) sia esprimibile con il prodotto di
due generici stati: |xi1 corrispondente alla prima particella e |yi2 corrispondente alla
seconda particella
|Φi = |xi1 |yi2 . (1.8)
8
i ket |xi1 e |yi2 si possono esprimere come combinazione delle due basi precedentemente
introdotte ovvero dalle coppie |ni1 , |n0 i1 e |mi2 , |m0 i2 :
c1 |ni1 |mi2 +c2 |n0 i1 |m0 i2 = a1 b1 |ni1 |mi2 +a1 b2 |ni1 |m0 i2 +a2 b1 |n0 i1 |mi2 +a2 b2 |n0 i1 |m0 i2 ,
si evince che
a1 b2 = a2 b1 = 0. (1.11)
La (1.11) implica a sua volta che si deve verificare almeno una delle due seguenti relazioni:
c1 = a1 b2 = 0, (1.12a)
c2 = a2 b1 = 0, (1.12b)
Quando due sistemi, dei quali conosciamo gli stati sulla base della loro rispettiva
rappresentazione, subiscono una interazione fisica temporanea dovuta a forze note
che agiscono tra di loro, e quando, dopo un certo periodo di mutua interazio-
ne, i sistemi si separano nuovamente, non possiamo più descriverli come prima
dell’interazione, cioè dotando ognuno di loro di una propria rappresentazione.
9
Figura 1.1: Raffigurazione della correllazione non-locale di due quanti nello stato entangled
Il problema come già anticipato è quello di trovare una linea di demarcazione tra il livello
in cui l’evoluzione rappresentata dall’interazione delle particelle microscopiche è descritta
dall’equazione di Schrödinger e il livello a cui si deve far ricorso per descrivere i processi
di misura descritto invece dal postulato della riduzione del pacchetto.
10
1.2 Il processo di misura
1.2.1 Il processo ideale
La misurazione nella meccanica quantistica consiste sempre nell’interazione fra un
sistema microscopico e un sistema macroscopico (strumento di misura). Qualsiasi tentativo
di ottenere informazioni su sistemi microscopici richiede un processo di amplificazione
che correli strettamente le loro proprietà a situazioni macroscopicamente percepibili e
percettivamente distinguibili. Affrontiamo il problema della misura facendo riferimento a
quello che tecnicamente si indica come il processo ideale di misura di Von Neumann, che
per primo lo ha formulato in termini precisi [4]. Si consideri uno dei casi più semplici: un
generico stato |Ψi espresso dalla combinazione lineare di due stati |αi e |βi:
1
|Ψi = √ {|αi + |βi}. (1.13)
2
Adesso s’ipotizzi uno strumento di misura ideale A (ovviamente macroscopico) che possa
indicare tre diverse posizioni: la posizione (+1) descritta dallo stato |A+1 i qualora legga
che il sistema si trovi nello stato |αi, la posizione (-1) descritta dallo stato |A−1 i qualora
legga che il sistema si trovi nello stato |βi e la posizione (0) descritta dallo stato |A0 i che
caratterizza l’apparecchio prima che esegua la misura.
In base all’equazione di Schrödinger l’evoluzione quantistica per i due stati, considerando
oltre al sistema microscopico anche quello dello strumento ideale macroscopico A, può
essere rappresentata (a meno di un fattore di fase):
Per la linearità si avrà uno stato generico |Ψ(0)i iniziale che al tempo t = 0 sarà la
sovrapposizione di |Ψ(0)i1 e |Ψ(0)i2 :
1
|Ψ(0)i = √ {|αi |A0 i + |βi |A0 i}, (1.15)
2
il quale, dopo aver effettuato la misura al tempo t > 0, in base alle equazioni (1.14)
evolverà nello stato (a meno di un fattore di fase e ipotizzando per semplicità che i due
stati abbiano uguale energia):
1
|Ψ(t)i = √ {|αi |A+1 i + |βi |A−1 i} (1.16)
2
11
che indica la sovrapposizione di due stati macroscopicamente differenti in quanto nel
primo l’apparecchio segna (+1) e nel secondo esso segna (-1).
La formulazione della (1.16) è stata fatta non considerando il collasso indotto dalla
riduzione del pacchetto esposto nell’assioma 5 dell’interpretazione di Copenaghen e
approfondito nella sezione 1.1.4. Questo è stato fatto perché la linearità, a cui la teoria
attribuisce validità illimitata, viene contraddetta dalla riduzione del pacchetto portando
quindi a sostenere che l’evoluzione del sistema che stiamo analizzando non è più governata
dalle leggi quantistiche, in altre parole la teoria non è in grado di spiegare la causa del
perché avviene quel peculiare processo di collasso quando interagiscono un misuratore
macroscopico ed un sistema microscopico.
Il problema della misura deriva dal fatto che l’atto pratico di misurazione va a favore
della riduzione del pacchetto e quindi contrasta con il risultato linerare elaborato nella
(1.16): un misuratore alla fine rileva un solo risultato definito.
Tutto ciò fa supporre che la teoria quantistica sia limitata e che quindi esista un confine
oltre il quale vigono le leggi classiche. La domanda che ci si pone diventa dunque: Questo
confine dove sta?
12
A questo si potrebbe ancora pensare che non si è raggiunto il "confine” tra mondo
quantistico e mondo classico e che quindi è necessaria un’ulteriore misura che accerti la
posizione dello strumento B. Si arriva così alla catena ideale di Von Neumann [4] che
coinvolge un numero sempre maggiore di sistemi che hanno lo scopo di descrivere lo stato
di quello che gerarchicamente lo precede.
Ad un tempo tn > t1 (sempre sotto le stesse ipotesi di uguale energia degli stati) a meno
di un fattore di fase la catena si può rappresentare come:
1
|Ψ(tn )i = √ {|αi |A+1 i |B+1 i , . . . , |Z+1 i + |βi |A−1 i |B−1 i , . . . , |Z−1 i}. (1.19)
2
Se da una parte sembra che la situazione si complichi sempre di più e che l’entanglement
si diffonda come un’epidemia a contagiare via via un numero sempre più grande di
sistemi fisici, dall’altra tutti i sistemi che prendono parte al processo risultano avere
indici perfettamente correlati. Questo significa che qualora si raggiunga il livello nel quale
la meccanica quantistica cessa di valere allora tramite il postulato della riduzione del
pacchetto lo stato a destra della (1.19) andrà sostituito con uno dei termini della somma,
per ciascuno dei quali si ha una perfetta coerenza tra tutti gli esiti.
Interessante è vedere che il crescente numero di sistemi entangled nella catena di Neumann
sembra in un primo momento indurre ad una possibile soluzione al problema della
sovrapposizione degli stati macroscopici: se si considera un ensemble di sistemi preparati
in maniera identica, su cui vengono fatte le stesse misure ognuna avente una propria
frequenza, per la legge dei grandi numeri ci si avvicinerà sempre di più alle probabilità
teoriche.
La domanda che ora ci si può porre è la seguente: “È possibile distinguere se il processo in
esame è governato dall’equazione lineare di evoluzione o dalla riduzione del pacchetto?” o
meglio “quali sono le condizioni che rendono indistinguibili la teoria lineare dagli ensemble
statistici formati dal postulato di riduzione del pacchetto?”
G.C.Ghirardi in [1] risponde a tali quesiti dicendo che non risulta possibile distinguere le
due situazioni che ci interessano:
3. Se si ignora uno dei costituenti della catena (riferendosi alla catena di von Neumann)
o si suppone che su di esso sia impossibile misurare osservabili incompatibili.
13
l’ambiente circostante, e questo porta ad un’ovvia difficoltà pratica anche se in teoria
fattibile.
Nonostante queste considerazioni il problema della misura nella meccanica quantistica
rimane inalterato in quanto qualora la validità della teoria fosse illimitata si arriverebbe
ad una logica che contrasta con l’esperienza comune. D’altra parte qualora fosse limitata
si dovrebbe avere un confine (come la velocità della luce lo è per la relatività) che indichi
quale sia la linea di demarcazione fra sistemi che ubbidiscono a leggi diverse (ossia
classiche e quantistiche).
Si possono anche costruire casi del tutto burleschi. Si rinchiuda un gatto in una
scatola d’acciaio insieme alla seguente macchina infernale (che occorre proteggere
dalla possibilità d’essere afferrata direttamente dal gatto): in un contatore Geiger
si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso
di un’ora forse uno dei suoi atomi si disintegrerà, ma anche, in modo parimenti
probabile, nessuno; se l’evento si verifica il contatore lo segnala e aziona un relais di
un martelletto che rompe una fiala con del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato
questo intero sistema per un’ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo
nessun atomo si fosse disintegrato, mentre la prima disintegrazione atomica lo
avrebbe avvelenato. La funzione Ψ dell’intero sistema porta ad affermare che in
essa il gatto vivo e il gatto morto non sono degli stati puri, ma miscelati con uguale
peso.
Interessante è vedere come Schrödinger sia riuscito a creare con un esperimento im-
maginario a coinvolgere le conseguenze della teoria quantistica al mondo macrospico
rappresentato dal gatto.
Schrödinger descrisse uno diabolico congegno per cui un felino diventerebbe entangled
con un singolo atomo. Il sistema sarebbe descritto da una funzione d’onda che
rappresenta, al tempo stesso, il gatto vivo con l’atomo eccitato e il gatto morto
14
Figura 1.2: Raffigurazione dell’esperimento immaginario del gatto di Schrödinger
con l’atomo tornato nello stato fondamentale, dopo che il suo decadimento ha
innescato il dispositivo letale. Gli esperti di fisica quantistica obietteranno che il
gatto è un sistema complesso e aperto, che non può, neanche all’inizio del crudele
esperimento, essere descritto da una funzione d’onda. Il ragionamento, tuttavia,
solleva un’importante domanda: Perché, e come, la stranezza del mondo quantistico
scompare nei sistemi macroscopici?.
15
Capitolo 2
Interpretazioni al problema di
misura
16
Al fine di vedere l’applicabilità di questa teoria al problema della misura conviene riferirci
a quella che ancora oggi è considerata la teoria a variabili nascoste meglio formulata: la
meccanica bohmiana.
17
dove la densità di probabilità ρ(x1 , x2 , ..., t) è
Sostituendo la (2.3) alla (2.2) e separando parte reale e parte immaginaria si ottengono
le seguenti due equazioni:
∂ρ X ∇i S
− = ∇i · (ρ ) (2.5)
∂t i mi
!2
∂S X ~2 ∇2 ρ ∇i ρ 1
i − (∇i S)2 .
X
− =V − + (2.6)
∂t i 2mi 2ρ 2ρ i 2mi
La (2.5) è una equazione di continuità che esprime la conservazione di probabilità, mentre
la (2.6) esprime l’energia totale come somma dell’energia potenziale, del potenziale
quantistico e delle energie cinetiche.
Riscriviamo l’equazione (2.6) nella forma:
" #
∂S X 1
=− (∇i S)2 + V + Q , (2.7)
∂t i 2m i
18
La particella si comporta in pratica come una nave che arriva al porto grazie alla potenza
dei suoi motori (vale a dire all’azione dei campi classici che conosciamo) ma sotto la guida
di un radar (vale a dire il potenziale quantico) che le indica la strada da seguire. Nell’am-
bito della teoria di Bohm, è proprio il potenziale quantico a determinare la non località
dei processi microscopici e la comunicazione istantanea tra le particelle subatomiche.
Inoltre, mentre ad ogni particella è sempre associata un’onda pilota, non si verifica la
situazione opposta: esistono infatti onde definite «vuote». Le onde vuote sono dotate
d’energia e momento, ma non sono associate ad alcuna particella. In numerose situazioni
d’interesse fisico, l’onda associata alla particella si divide in più parti aventi sovrapposizio-
ne spaziale trascurabile. Di queste, un’onda funge da guida alla particella e resta associata
ad essa, mentre le altre sono onde vuote. Un’onda vuota, dal punto di vista fisico, è
un’onda a tutti gli effetti e se rientrasse in contatto con la particella ne influenzerebbe
nuovamente il moto. Tuttavia i tentativi sperimentali di rivelare l’esistenza di onde vuote
con metodi ottici non hanno dato esito. Le onde pilota, se esistono, sono dotate d’energia
e momento non misurabili con le tecniche d’interferometria ottica disponibili. Questo
risultato, benché non definitivo, rende difficile considerare l’onda pilota come un’entità
fisica.
19
Figura 2.1: Rappresentazione del modello a multimondi del paradosso del gatto di Schrödinger
20
2.3 Wigner e il collasso con la coscienza
Ispirato ai lavori di Von Neumann [4] di cui si è già discusso nel paragrafo (1.2.2)
Wigner riprese l’equazione (1.19):
1
|Ψ(tn )i = √ {|αi |A+1 i |B+1 i , . . . , |Z+1 i + |βi |A−1 i |B−1 i , . . . , |Z−1 i}
2
e considerò come ultimi misuratori invece che due apparecchi Y e Z due persone coscienti:
lui stesso ed un suo amico.
In questo esperimento mentale, Wigner immagina che, in sua assenza, un amico compia
l’esperimento del gatto di Schrödinger; Wigner, poi, verrà a sapere se il gatto sia vivo o
morto solo al proprio ritorno al laboratorio.
Ci sono, dunque, due sistemi differenti: il sistema "scatola", che contiene il gatto di
Schrödinger e la fiala con il cianuro, e il sistema "laboratorio", all’interno del quale c’è
l’amico di Wigner. Qualora il gatto dovesse essere morto l’amico diventa triste, nel caso
contrario felice.
Il punto cruciale dell’esperimento mentale è nella seguente domanda: al ritorno Wigner,
vedrà che lo stato del sistema "laboratorio" sarà rappresentato dalla sovrapposizione tra
«gatto morto e amico triste» e «gatto vivo e amico felice» che collasserà non appena il
fisico verrà a conoscenza del risultato (diventando, quindi, un osservatore), oppure troverà
che la sovrapposizione è stata dissolta già da prima a causa della presenza dell’amico?
Nel celebre paradosso del gatto, si afferma che la scatola non si trovi in uno stato definito,
almeno dal punto di vista di un osservatore esterno, finché non viene aperta. Analo-
gamente dovrebbe essere per il laboratorio (osservatore esterno del quale, è Wigner),
visto che, concettualmente, non c’è alcun motivo per supporre diversamente; questo
vuol dire che, finché Wigner è lontano, deve valere la sovrapposizione tra i due stati del
laboratorio, quelli di cui sopra si è fatto menzione: "gatto vivo e amico felice" e "gatto
morto e amico triste". Il punto è che nel laboratorio c’è l’amico del fisico, che, aprendo la
scatola mentre quest’ultimo è lontano, svolge il ruolo di osservatore del sistema "scatola"
e fa "collassare" lo stato di quest’ultima su uno dei due possibili ("gatto vivo" e "gatto
morto"); per logica, allora, poiché l’indeterminazione dello stato del sistema "laboratorio"
è dovuta solo all’indeterminazione del sistema "scatola", si ha che anche lo stato del
sistema "laboratorio" dovrebbe collassare già prima che Wigner ritorni, in contraddizione
con quanto appena affermato. Qui sta il paradosso.
Esposto questo problema Wigner si chiede se esiste qualche elemento caratteristico nella
catena che possa permettere di individuare uno stadio in cui risulti ragionevole porre la
riduzione e l’unico punto che può considerarsi peculiare è quello che coinvolge il passaggio
da stati fisici puri alla loro percezione ovvero la coscienza.
Assunto quindi che le leggi fisiche e le percezioni coscienti vadano messe su due piani
differenti Wigner attribuisce all’osservatore un ruolo fondamentale e non più passivo nella
fisica quantistica dando degli spunti filosofici riguardo a quanto la consapevolezza possa
21
influenzare il mondo a noi circostante.
22
Capitolo 3
La teoria GRW
3.1 Premessa
Al fine di risolvere le difficoltà del problema della misura nella meccanica quantistica
Ghirardi, Rimini e Weber proposero nel 1985 una teoria [2] in cui a venire modificata
fu proprio l’equazione di Schrödinger. Lo studio di questa modifica non fu affatto facile
in quanto bisognava unificare la teoria quantistica con la contraddittoria esperienza
macroscopica senza però apportare cambiamenti apprezzabili al mondo microscopico.
La base di questa teoria si fonda assumendo che ogni costituente del mondo fisico dotato
di massa (elettroni, protoni, neutroni e così via) oltre ad ubbidire alla dinamica lineare di
Schrödinger è soggetto, a tempi casuali e con una certa frequenza media λ, a dei processi
spontanei di localizzazione spaziali.
Come riassumono G.C.Ghirardi in [1] e J.S.Bell in [11] la teoria GRW cerca di porre
rimedio alla mancanza nell’interpretazione di Copenaghen riguardo al motivo per cui
avviene il collasso della funzione d’onda intendendo questo processo come assolutamente
naturale e non dovuto all’interazione con lo strumento di misura o da azioni di osservatori
coscienti.
Più in generale, data una funzione d’onda spaziale di N particelle Ψ(t, r1 , r2 , ..., rN ), la
teoria GRW afferma che, oltre ad evolversi nel tempo secondo l’equazione di Schrödinger,
quest’ultima possa occasionalmente fare un "salto" con probabilità nell’unità di tempo
uguale a N /τ , cioè decadere in una nuova funzione d’onda Ψ0 . La lettera τ indica una
nuova costante naturale con le dimensioni di un tempo: per rendere conto del fatto che
non è mai stata osservata una localizzazione spontanea in sistemi microscopici (in cui il
valore di N è piccolo), Ghirardi, Rimini e Weber propongono che τ debba assumere un
valore estremamente grande (dell’ordine di 1016 secondi). Per i sistemi macroscopici inve-
ce N ' 1023 e questo comporta, essendo N /τ grande, ad un’alta probabilità di localizzarsi.
23
3.2 Operatore densità
Il lavoro di GRW [2] comincia considerando l’evoluzione temporale dell’operatore
densità, ragion per cui di seguito esso verrà descritto seguendo la definizione tratta da
[12] e [13].
Si tratta quindi della somma, pesata con le probabilità, degli operatori di proiezione sugli
stati | ψi i.
Se il sistema è in uno stato puro |ψi, la somma si riduce al proiettore |ψihψ|. La matrice
densità è la matrice che rappresenta l’operatore densità in una certa base ortonormale
|un i. Gli elementi di matrice sono dati dall’espressione
X
ρmn = pi hum |ψi ihψi |un i.
i
24
a seconda dello stato |ψi i in cui il sistema si trova. Il valore medio di A per la miscela
statistica è allora la somma dei valori di aspettazione di A per ogni stato puro |ψi i, pesata
con le probabilità pi :
m hum |ρA|um i
P
= = tr(ρA)
ovvero la traccia del prodotto tra ρ e A. In altre parole, Si può inoltre dimostrare che:
4. tr(ρ2 ) ≤ 1
25
{|ΨB1 i , . . . , |ΨBn i} ∈ HB .
La traccia su B dell’operatore ρAB è:
Pn
trB (ρAB ) = i=1 hΨBi | ρAB |ΨBi i =
Pn
= i=1 hΨBi | ρA ρB |ΨBi i =
(3.4)
Pn
= ρA i=1 hΨBi | ρB |ΨBi i =
= ρA tr ρB = ρA .
La matrice densità ridotta ha tutte le caratteristiche di una matrice densità (nello spazio
del sottosistema).
dove con [ρ, Ĥ] si intende il commutatore di ρ e Ĥ. L’evoluzione temporale dell’operatore
densità sarà quindi rappresentata dall’equazione:
d i
ρ = − [Ĥ, ρ]. (3.8)
dt ~
26
3.3 Il lavoro di GRW
L’idea di base di questo lavoro è riuscire ad inserire nell’evoluzione di Schrödinger
termini stocastici e non lineari in modo da passare da uno stato puro ad una miscela
statistica. Il vantaggio di questo passaggio è che, qualora il sistema si trovi in una miscela
statistica, nella rappresentazione delle coordinate dell’operatore densità i termini non
diagonali scompaiono, o detto in maniera semplice, la sovrapposizione lineare scompare.
Analizziamo nel dettaglio questo fatto, lavorando in una dimensione q, nella rappresenta-
zione delle coordinate l’operatore ρ viene scritto
dove q1 e q2 sono punti della coordinata q. Lo stato |ψi viene scritto come sovrapposizione
degli stati |ψ1 i e |ψ2 i che indicano quando il sistema si trova rispettivamente in q1 e q2
1. Si consideri il caso in cui il sistema è in uno stato puro |ψi, sappiamo quindi che
l’operatore densità ρ sarà il proiettore |ψihψ|. Gli elementi non diagonali della
matrice (3.9) in questo caso saranno diversi da zero poiché:
2. Nel caso in cui il sistema si trova in una miscela statistica l’operatore densità sarà
scritto come ρ = p1 |ψ1 i hψ1 | + p2 |ψ2 i hψ2 |, poiché p1 e p2 indicano la probabilità che
si verifichi rispettivamente o lo stato |ψ1 i o lo stato |ψ2 i gli elementi non diagonali
della matrice (3.9) in questo caso saranno nulli infatti:
hq1 | ρ |q2 i = p1 hq1 |ψ1 ihψ1 |q2 i + p2 hq1 |ψ2 ihψ2 |q2 i = 0. (3.12)
27
α è una costante con dimensione inversa al quadrato della lunghezza, q̂ è l’operatore
posizione.
Nella rappresentazione delle coordinate l’operatore T [ρ] è espresso da:
1 Z +∞
α 2 αh
i
0 00
hq | T [ρ] |q i = dx exp − (q 0 − x)2 + (q 00 − x)2 hq 0 | ρ |q 00 i , (3.15)
π −∞ 2
cosicché possa diventare facilmente:
1 Z +∞
α 2 αh
i
0 00 2 2
hq | T [ρ] |q i = dx exp − 2x2 + q 0 + q 00 − 2(q 0 − q 00 ) hq 0 | ρ |q 00 i .
π −∞ 2
(3.16)
Ricordando la risoluzione dell’integrale di Gauss:
!
Z +∞
π c2
r
−bx2 +cx+f
ae dx = a exp +f . (3.17)
−∞ b 4b
Adesso si consideri il termine non Hamiltoniano λ(ρ − T [ρ]) della (3.13) che nella
rappresentazione di coordinate diventa:
α 0 00 )2
λ hq 0 | ρ − T [ρ] |q 00 i = λ ( 1 − e− 4 (q −q ) hq 0 | ρ |q 00 i . (3.19)
Dalla (3.19) si vede che per distanze molto vicine |q 0 − q 00 | √1α , cioè quando q 0 ' q 00 , gli
elementi di matrice non Hamiltoniani tendono ad annullarsi facendo quindi evolvere il
sistema come stabilito dall’equazione di Schrödinger.
Differentemente se le distanze sono sufficientemente lontane |q 0 − q 00 | ≥ √1α la parte non
Hamiltoniana non scompare e influenzerà la soluzione della (3.13) sotto forma di una
funzione esponenziale approssimabile a e−λt .
Questo fattore di smorzamento (che verrà approfondito nella sezione seguente) è molto
importante poiché per gli stati separati da una distanza più larga di √1α in un intervallo
di tempo di ordine τ con
1
τ= , (3.20)
λ
si passerà da una sovrapposizione coerente ad una miscela statistica.
In altre parole lo stato del sistema subirà spontaneamente una localizzazione dopo aver
raggiunto un tempo di ordine τ . Questa è l’innovazione del lavoro GRW, ipotizzare che
la localizzazione sia un fenomeno spontaneo indipendente dall’atto di misura.
28
3.3.2 Il fattore di smorzamento F(k, q, t)
2
Si consideri l’equazione (3.13) nel caso di una particella libera, per cui Ĥ = − 2m
~
∇2 .
Nella rappresentazione delle coordinate avremo:
" #
∂ 0 00 i~ ∂ 2 ∂2 0 00 −α (q 0 −q 00 )2
hq | ρ(t) |q i = 0 2 − 00 2 hq | ρ(t) |q i−λ(1−e 4 ) hq 0 | ρ(t) |q 00 i . (3.21)
∂t 2m ∂q ∂q
dove
1Z t
α kτ 2
F(k, q, t) = exp −λt 1 − dτ e 4 (q− m ) . (3.23)
t 0
Nell’appendice (B) si mostra come la soluzione (3.22) si è ottenuta.
Studiamo alcune proprietà della funzione F(k, q, t) che ci saranno utili in seguito; si trova
facilmente che:
αλ 3
F(0, 0, t) = 1, Fk (0, 0, t) = 0, Fq (0, 0, t) = 0, Fkk (0, 0, t) = − t,
6m2
αλ 2 αλ
Fkq (0, 0, t) = t, Fkk (0, 0, t) = − t, (3.24)
4m 2
dove i pedici segnano la derivata rispetto alle variabili indicate.
Per capire l’evoluzione dinamica descritta dall’equazione (3.21) valutiamo adesso, facendo
uso delle equazioni che vanno dalla (3.22) alla (3.24) e della proprietà dell’operatore
densità (3.1), il valore medio e la propagazione degli operatori posizione q e impulso p
per un qualunque valore assegnato a t.
Il pedice S sarà messo per indicare il valore associato all’evoluzione pura di Schrödinger,
ovvero quando si pone λ = 0 nella (3.21).
Prima di proseguire riporto tre proprietà della δ di Dirac che saranno utili in seguito.
Z +∞
f (y)δ(y) d y = f (0), (3.25)
−∞
Z ∞
∂ Z∞ ∂
dK eiKy K = i dK eiKy = 2πi δ(y), (3.26)
−∞ ∂y −∞ ∂y
Z +∞
d +∞
Z +∞
d
δ(y)φ(y) d t = [δ(y)φ(y]−∞ − δ(y) φ(y) d t. (3.27)
−∞ dt −∞ dy
29
Nella (3.27) il termine [δ(y)φ(y)]+∞
−∞ si annulla grazie alla definizione della δ.
La media della posizione è:
Z ∞ Z ∞
hq̂i = tr[q̂ρ(t)] = dq hq| qρ(t) |qi = dq q hq| ρ(t) |qi =
−∞ −∞
1 Z∞ Z ∞ Z ∞
iky
= dk dy dq (q − y)e ~ F(k, 0, t) hq| ρS (t) |qi .
2π~ −∞ −∞ −∞
Integrando per parti la (3.30) sulla variabile y e usando la proprietà (3.27) si ottiene:
Z ∞ Z ∞
hq̂iS F(0, 0, t) + i~ Fk (0, 0, t) dq dy δ(y) hq| ρS (t) |qi =
−∞ −∞
dove nell’ultimo passaggio si è fatto uso delle (3.24). È facile verificare che poiché la
variabile y all’interno della (3.30) è di primo grado qualsiasi sviluppo ulteriore al primo
ordine della funzione F (k, 0, t) sarebbe stato nullo una volta effettuata l’integrazione per
parti.
In maniera analoga per il valore medio dell’impulso si trova:
hq̂ 2 i = hq̂ 2 iS F(0, 0, t) + 2i~ hq̂iS Fk (0, 0, t) − ~2 tr[ρS (t)] Fkk (0, 0, t) =
2 αλ~2 3
= hq̂ iS + t. (3.33)
6m2
30
In questo caso lo sviluppo della funzione F (k, 0, t) è stato protratto fino al secondo ordine
in quanto dovendo calcolare un valore quadratico la variabile y sarà di secondo grado, gli
ordini superiori avranno sempre valore nullo quando si effettua l’integrazione per parti.
Analogamente il valore quadratico medio dell’impulso è:
hp̂2 i = hp̂2 iS F(0, 0, t) − 2i~ hqiS Fq (0, 0, t) − ~2 tr[ρS (t)] Fqq (0, 0, t) =
αλ~2
= hp̂2 iS + t. (3.34)
2
Riassumendo per una particella libera l’equazione GRW (3.21) conduce ai seguenti valori
medi:
αλ~2 3
hq̂i = hq̂iS , hp̂i = hp̂iS , {q̂} ≡ hq̂ 2 i − hq̂i2 = {q̂}S + t,
6m2
αλ~2
{p̂} ≡ hp̂2 i − hp̂i2 = {p̂}S + t. (3.35)
2
Le equazioni (3.35) mostrano che negli scarti quadratici medi appare l’effetto dell’evolu-
zione non Hamiltoniana, e che questa comporta in particolare ad una non conservazione
dell’energia:
αλ~2
hEi = hEiS + t, (3.36)
4m
dove hEiS è l’energia conservata per una particella libera associato all’evoluzione pura di
Schrödinger. Nelle sezioni 3.3.4 e 4.2 si approfondirà la rilevanza di questa conclusione.
Introducendo gli operatori del moto del centro di massa Q̂ e del moto relativo r̂j (j =
1, 2, . . . , N − 1)
N
X −1
q̂k = Q̂ + ckj r̂j ,
j=1
31
e considerando che l’Hamiltoniana si scompone nella forma Ĥ = ĤQ + Ĥr , la (3.37)
diventa:
N
d i i X
ρ = − [ĤQ , ρ] − [Ĥr , ρ] − λk (ρ − Tk [ρ]), (3.38)
dt ~ ~ k=1
L’equazione (3.45) mostra che l’operatore densità relativo al centro di massa di un sistema
macroscopico soddisfa un’equazione della stessa forma della (3.13) valida per un sistema
microscopico dove il parametro λ è sostituito dalla somma dei λk appartenenti ai singoli
costituenti del macrosistema.
Il centro di massa di un sistema macroscopico, dunque, si comporterà a tutti gli effetti come
32
se subisse dei processi stocastici di localizzazione con frequenza λmacro = N k=1 λk ' N ,
P
L’ipotesi di GRW è che gli elementi di matrice di hQ0 , r0 | ρ |Q00 , r 00 i siano significativamente
P −1
diversi da zero solo quando viene soddisfatta la condizione N 0 00
j=1 ckj [rj − rj ]
√1 ,
α
quindi scegliendo in maniera opportuna il parametro α la (3.46) diventa della forma (3.43)
e quindi vale l’approssimazione:
Tk [ρ] = TQ [ρ]. (3.47)
Il significato fisico della (3.47) è che una localizzazione di un singolo costituente di un
sistema rigido è equivalente alla localizzazione del centro di massa. Riprendendo la (3.38)
e ricordando che l’operatore densità ρ si può scomporre nella forma ρ = ρQ ⊗ ρr = ρQ ρr
si calcola facilemente che l’operatore ρr ubbidirà all’equazione:
d i
ρr = − [Ĥr , ρ] (3.48)
dt ~
Mettendo a confronto la (3.48) con la (3.45) si conclude che ρr a differenza di ρQ non è
influenzato dal termine non Hamiltoniano introdotto nella (3.38).
33
La scelta numerica di √1α rappresenta la distanza oltre la quale si passerà da una
sovrapposizione lineare ad una miscela statistica.
Con questi valori in un sistema microscopico la localizzazione non avviene praticamente
mai mantenendo quindi la validità della meccanica quantistica “standard”.
Per i corpi macroscopici invece la frequenza del centro di massa varrà:
ossia ogni secondo circa 107 particelle verranno localizzate. Quindi in un decimilionesimo
di secondo almeno una particella del macrosistema verrà localizzata e come si è visto
nella (3.47) una localizzazione di un singolo costituente di un sistema rigido è equivalente
alla localizzazione del centro di massa. In conclusione, un macrosistema fisico tollererà
una sovrapposizione quantistica solamente per un decimilionesimo di secondo poi subirà
una localizzazione.
Riassumendo ipotizziamo di studiare un sistema macroscopico in un intervallo spaziale
di ampiezza |q 0 − q 00 | = 4 × 10−5 cm in un periodo di tempo τ = 10−7 sec. Dopo un
tempo di ordine τ , secondo la teoria GRW, le sovrapposizioni degli stati separati da una
distanza più grande di |q 0 − q 00 | = 4 × 10−5 cm si trasformeranno in miscele statistiche in
cui avvengono localizzazioni casuali e spontanee.
Riprendendo la (3.36), si può stimare quantitativamente il valore della quantità dell’energia
non conservata
αλ~2
δE = t. (3.52)
4m
Nel caso di un corpo microscopico in cui m ' 10−23 g si avrà che:
δE
' 10−25 eV sec−1 , (3.53)
t
che corrisponde con l’incremento di 1 eV ogni 1018 anni.
Nel caso macroscopico ovviamente l’incremento della massa e della frequenza è identico
di conseguenza l’energia non conservata rimane della stessa quantità del modello micro-
scopico.
Questo risultato verrà ripreso successivamente riguardo la ricerca di una generalizzazione
relativistica della teoria GRW nella sezione 4.2.
34
Capitolo 4
La teoria GRW presenta dei limiti che hanno dato luogo alle seguenti critiche:
2. Il modello GRW contiene due nuove costanti che se la teoria dovesse essere considera-
ta come reale acquisterebbero l’importanza di due costanti naturali, analogamente a
quanto è successo alla luce per la relatività e alla costante di Planck per la meccanica
quantistica. L’introduzione di due nuove ulteriori costanti è stata argomento di
discussione poichè per alcuni studiosi appare eccessiva.
3. Il modello GRW fornisce alla teoria l’irreversibilità (questo può essere visto sia
come un pregio sia come un difetto, a seconda del punto di vista).
35
fascio di fotoni che si propagano verso un osservatore cosciente. Si avranno così fotoni
emessi dalla parte alta dello schermo e circa altrettanti fotoni emessi dalla parte bassa
dello schermo.
Un fatto ben noto è che la soglia della percezione visiva risulta estremamente bassa:
è stato dimostrato che basta che 7 o più fotoni colpiscano la retina di un osservatore
cosciente per produrre una percezione non ambigua. Avvalendosi di questa nozione i tre
autori del [14] fanno le seguenti considerazioni:
1. Prima che l’osservatore guardi lo schermo non v’è alcun dubbio che, secondo la teoria
GRW, si ha effettivamente la sovrapposizione delle due situazioni, fotoni emergenti
dalla parte alta dello schermo e fotoni emergenti dalla parte bassa dello schermo, che
portano a due differenti percezioni. Infatti, poiché il numero dei sistemi coinvolti
(l’atomo originale, gli atomi dello schermo, i fotoni) è estremamente piccolo, è
improbabile che un processo di localizzazione possa avvenire in tempi umanamente
brevi.
2. L’osservatore cosciente non finirà in uno stato mentale confuso; egli percepirà
esattamente solo uno dei due casi sovrapposti.
Queste considerazioni inducono a trarre tale conclusione [14]: la teoria GRW comporta
che nessuna misura è del tutto terminata, nessuna misura deve assolutamente avere un
esito, finché non vi sia un osservatore senziente che acquista coscienza dell’esito.
Ghirardi difende la sua teoria in due modi: il primo dicendo che non è assolutamente
necessaria la presenza alla fine della misura di un osservatore cosciente (in quanto
sostituendo egli con un apparecchio di indice macroscopico la riduzione avverrebbe come
prestabilito dalla teoria) e il secondo approfondendo lo studio biofisico sulla trasmissione
nervosa durante la percezione. Il processo di percezione implica i seguenti passi: Ogni
neurone possiede un prolungamento, detto assone, lungo il quale viaggiano, in uscita dal
36
neurone stesso, gli impulsi elettrici diretto ad altre cellule nervose o muscolari. Affinché
la conduzione di tali impulsi sia la più rapida possibile (circa 100 m/s) l’assone possiede
un rivestimento isolante (la guaina mielinica, composta da una sostanza detta mielina)
che limita il tempo impiegato per il passaggio di ioni positivi attraverso la membrana
cellulare, dal quale dipende lo spostamento dell’impulso stesso. L’impulso impiegherebbe
un tempo maggiore ad attraversare l’assone se non ci fosse la guaina mielinica. La guaina
mielinica presenta delle interruzioni (più precisamente delle zone di spessore minimo),
dette nodi di Ranvier.
Figura 4.2: Raffigurazione della trasmissione nervosa lungo un assone, la freccia indica la
direzione dell’impulso. Gli ioni N a+ e K + escono ed entrano dai nodi di Ranvier
portando alla trasmissione del segnale elettrico lungo l’assone stesso
37
si arriva alla soppressione di uno dei due termini di sovrapposizione.
In conclusione, se ci si concentra sui fenomeni che avvengono nel cervello affinché si abbia
una percezione definita, il modello GRW assicura che la potenziale sovrapposizione di
segnali fisici che in un tempo t creerebbero percezioni definite e distinte viene soppressa
dinamicamente in un tempo inferiore a t.
Questa è una posizione incredibile [...] io penso che essa sia logicamente consistente,
ma dopo che uno ha colto il significato dell’ipotesi di invarianza di Lorentz nella
fisica moderna, io penso che uno non possa più accettare questa posizione [...]
Questo per me è un grande difetto. Tuttavia, ciò su cui si deve insistere è che la
teoria è in perfetto accordo coi dati sperimentali.
Il modello GRW a differenza della teoria dell’onda pilota non ha il problema di assumere
un sistema di riferimento privilegiato per essere formulato e quindi sembra consentire una
generalizzazione relativistica; di rilievo sono gli articoli pubblicati da parte di Tumulka
[17] e, indipendentemente, da Ghirardi stesso [18] sulle quali si sta svolgendo un vivace
dibattito a livello internazionale.
Una difficoltà s’incontra considerando che il modello GRW incorpora, come si è visto
nell’equazione (3.36), la non conservazione dell’energia: i termini non lineari sembrano
indurre ad un aumento infinito di energia e questo ovviamente si rivela inaccettabile in
quanto, nell’esperienza comune, l’energia sembra essere una quantità conservata. Tuttavia
38
dalla scelta dei parametri di cui si è discusso nella sezione 3.3.4 si mostra che la quantità
dell’energia non conservata, calcolata nell’equazione (3.53), è talmente piccola rispetto al
tempo umano che si può ritenere accettabile un suo incremento (in quanto impossibile per
gli umani da percepire); questo conferma la fattibilità di una generalizzazione relativistica
per il modello GRW: al giorno d’oggi però non si è ancora riusciti a formularne una che
soddisfi completamente le condizioni richieste.
39
Appendice A
Uno spazio di Hilbert H=(H, h·, ·i) è uno spazio vettoriale H reale o complesso sul
quale è definito un prodotto interno h·, ·i tale che, detta d la distanza indotta da h·, ·i
su H, lo spazio metrico (H, d)sia completo(in cui tutte le successioni di Cauchy sono
convergenti ad un elemento dello spazio. Si tratta di un importante caso particolare di
spazio uniforme completo). Uno spazio di Hilbert è dunque uno spazio prehilbertiano, in
cui il prodotto interno definisce una norma, attraverso la quale si definisce una distanza
che è tale da rendere lo spazio completo.Esplicitamente, detto V uno spazio vettoriale
sul campo reale o complesso e h·, ·i un prodotto scalare (nel caso complesso, una forma
hermitiana) definito positivo su V, allora è naturalmente definita una norma k · k sullo
stesso spazio ponendo:
q
kvk := hv, vi
per ogni vettore v ∈ V Si può associare a uno spazio normato (V, k · k) una naturale
struttura metrica, ottenuta definendo la distanza d come:
d(u, v) := ku − vk per ogni u, v ∈ V Secondo la usuale identificazione di uno spazio
vettoriale con uno spazio affine costruito prendendo come punti i vettori stessi, si pone
come distanza tra due vettori la norma della loro differenza. Nel caso in cui la norma
derivi da un prodotto
q scalare, vale dunque la seguente uguaglianza:
d(u, v) = hu − v, u − vi La presenza di un prodotto scalare fornisce il modo di
definire in generale alcune nozioni proprie dell’ambito degli spazi di Hilbert. Dati due
vettori u, v ∈ H, si può definire l’angolo θ da essi formato mediante la relazione:
40
hu, vi
cos θ =
kuk kvk
Coerentemente con la precedente definizione, dato un insieme qualsiasi K ⊂ H, si definisce
il complemento ortogonale di K come il sottospazio:
K ⊥ = {v ∈ H |hu, vi = 0 ∀u ∈ K} In particolare, due vettori u e v si dicono ortogonali
se hu, vi = 0, ossia se l’uno è nel complemento ortogonale dell’altro. Inoltre, una famiglia
di vettori si dice ortonormale se i vettori che la compongono sono a due a due ortogonali
e hanno norma 1.
Dati due vettori v, e ∈ H, si definisce la componente di v lungo e lo scalare hv, ei, e la
proiezione di v su e il vettore
hv, ei
e
he, ei
.
41
3. ∀ |αi ∈ H1 ∀ |β1 i , |β2 i ∈ H2
42
Appendice B
x = q − q0, (B.3a)
y = q + q0, (B.3b)
e chiamando
x+y y−x
ρ̂(x, y, t) = ρ̃ , ,t ,
2 2
otteniamo con facili passaggi algebrici
" #
∂ ρ̂(x, y, t) i~ ∂ 2 ρ̂(x, y, t) α 2 ∂ ρ̂(x, y, t)
= 2 − αλtx e− 4 x . (B.4)
∂t m ∂x∂y ∂y
43
Ponendo la funzione g(y) nella forma:
dg(y)
+ iµg(y) = 0, (B.6)
dy
da cui
i dg(y)
µ= , (B.7)
g(y) dy
l’equazione (B.5) diventa:
" #
∂f (x, t) i~ ∂f (x, t) dg(y) α 2 dg(y)
g(y) = 2 − αλtxe− 4 x f (x, t) , (B.8)
∂t m ∂x dy dy
raccogliendo ed usando la (B.7)
" #
∂f (x, t) µ~ ∂f (x, t) α 2
= 2 − αλtxe− 4 x f (x, t) , (B.9)
∂t m ∂x
con µ costante arbitraria d’integrazione.
La soluzione della (B.6) è banale:
g(y) = e−iµy . (B.10)
La soluzione della (B.9) è più complessa e si ottiene con il cambio di variabili:
µ~ 1
z=− t + x, (B.11a)
m 2
µ~ 1
w= t + x, (B.11b)
m 2
da cui
!
µ~ 1
f (x, t) = V t+ x ×
m 2
!2 !2
αλµ Z x/2−(µ~/m)t µ~ 1 α µ~ 1
02
× exp dz 0 t+ x −z exp − t + x + z0 .
4µ~ 0 m 2 4 m 2
(B.12)
Usando le equazioni (B.12), (B.10), (B.5) e (B.3) si ottiene finalmente
!
0 µ~ 1 0
ρ̃(q, q , t) = V t + (q − q 0 ) e−iµ(q+q ) ×
m 2
!2 !2
αλm Z (q−q0 )/2−(µ~/m)t µ~ 1 α µ~ 1
2
× exp dz 0 t + (q − q 0 ) − z 0 exp − t + (q − q 0 ) + z 0 .
4µ~ 0 m 2 4 m 2
(B.13)
44
La (B.13) è una soluzione dell’equazione (B.2) per ogni scelta opportuna della funzione V.
In maniera più compatta, servendoci delle (B.11) e delle (B.3), la (B.13) si può riscrivere
come:
αλm Z z 0 2 2 α 2 2
ρ̃(w, z, y) = V(w)e−iµy exp dz (w − z 0 )e− 4 (w+z ) . (B.14)
4µ~ 0
Effettuando il cambio di variabile y 0 = w + z 0 si avrà per la parte integrale della (B.14):
Z z Z w+z
0 02 −α (w+z 2 )2 α 2 )2
2
dz (w − z )e 4 → dy 0 [w2 − (w − y)2 ]e− 4 (w+z =
0 w
Z w+z Z w
α 2 )2 α 2 )2
= dy 0 [w2 − (w − y)2 ]e− 4 (w+z − dy 0 [w2 − (w − y)2 ]e− 4 (w+z .(B.15)
0 0
n α 2 2
o
La quantità − 0w dy 0 [w2 − (w − y)2 ]e− 4 (w+z ) , essendo funzione solo di w, la riassorbo
R
45
Ora se si considerino tali sostituzioni:
" #
λm λm αZ x α 2
δµ = , Eλ (µ, x) = exp x− dy y 2 e− 4 y , (B.20)
2µ~ 2µ~ 2 0
Saranno utili, per arrivare alla soluzione finale, le seguenti relazioni; ricordando che il
pedice S sarà messo per indicare il valore associato all’evoluzione pura di Schrödinger,
ovvero quando si pone λ = 0, (Eλ = 1) in questo caso la (B.21) sarà:
Z ∞
ρS (x, y, t) = dµ VS (µ, x + δµ t) e−iµy ; (B.22)
−∞
46
Prima di proseguire soffermiamo la nostra attenzione sulla quantità
Eλ (µ, x)
= F(µ, x, t), (B.29)
Eλ (µ, x + δµ t)
esplicitandola otteniamo:
( " #)
Eλ (µ, x) λm Z x+δµ t
α 2
= exp x − (x − δµ t) + dy e− 4 y =
Eλ (µ, x + δµ t) 2µ~ x
" Z δµ t # Z t
−α (x+z)2 −α (x+ 2µ~ t)2
= exp λt + λ dz e 4 = exp λt + λ dt e4 m , (B.30)
0 0
1 Z∞ Z +∞
y0 y0 0
dµ dy 0 ρS (q + , q 0 + , t)eiµy F(k, q − q 0 , t). (B.32)
2π −∞ −∞ 2 2
y0 k
Infine ponendo y = 2
eµ= 2~
avrò che
dk 1
dµdy 0 = 2dy = dkdy,
2~ ~
inserite nella (B.32) mi daranno proprio l’equazione (3.22):
0 1 Z∞ Z ∞
iky
ρ(q, q , t) = dk dy e ~ F(k, q 0 − q 00 , t)ρS (q + y, q 0 + y, t) (B.33)
2π~ −∞ −∞
47
Bibliografia
[8] S. Kochen and E.P. Specker. The problem of hidden variables in quantum mechanics.
Journal of Mathematics and Mechanics, (17):58–87, 1967.
[9] Hugh Everett III. “relative state” formulation of quantum mechanics. Reviews of
Modern Physics, 29:454–462, 1957.
[10] David Z.Albert. Quantum Mechanics and Experience. Harvard University Press,
1994.
48
[14] David Z. Albert Yakir Aharonov and Lev Vaidman. How the result of a measurement
of a component of the spin of a spin-1/2 particle can turn out to be 100. Phys. Rev.,
60, 1988.
[16] D. Bohm e B.J. Hiley. Non-locality and locality in the stochastic interpretation of
quantum mechanics,. Phys. Rep., 172:93–122, 1989.
[18] Grassi R. Pearle P. Ghirardi, G.C. Relativistic dynamical reduction models: general
framework and examples. Found. Phys., 20:1271–1316, 1990.
[19] Avner Friedman. Foundations of Modern Analysis. Courier Dover Publications, 1982.
[20] Mladinska Knjiga Walter Rudin. Real and Complex Analysis. McGraw-Hill, 1970.
49