Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Bassi Andrea
A.A. 2017-18
Indice
1 Irraggiamento 1
1.1 Introduzione al fenomeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.1.1 Coordinate sferiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.1.2 Angolo solido . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2 L'intensità di radiazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.2.1 Indipendenza dell'intensità di radiazione dall'angolo di
incidenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.3 Grandezze emisferiche monocromatiche . . . . . . . . . . . . . 8
1.3.1 Relazione tra intensità di radiazione e grandezze emi-
sferiche monocromatiche . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.3.2 Integrazione del'intensità di radiazione su un generico
angolo solido . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.4 Grandezze emisferiche totali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
1.5 Il corpo nero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
1.5.1 La legge di Stefan-Boltzmann . . . . . . . . . . . . . . 15
1.5.2 La legge di Planck . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
1.5.3 Emissione di banda di un corpo nero . . . . . . . . . . 18
1.5.4 La legge di Wien . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
1.5.5 Conclusioni sulla radiazione di corpo nero . . . . . . . 21
1.6 Corpi reali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
1.6.1 Caratterizzazione delle prestazioni emissive di un corpo
reale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
1.6.2 Caratterizzazione non emissiva di un corpo reale . . . . 28
1.6.3 Il teorema di Kirchho . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
1.6.4 Interazioni radiazione-atmosfera terrestre . . . . . . . . 38
i
1.6.4.1 Radiatore atmosferico . . . . . . . . . . . . . 41
1.6.4.2 Radiatore solare . . . . . . . . . . . . . . . . 42
1.6.4.3 Scambio termico di un satellite . . . . . . . . 42
1.7 Scambio radiativo tra due o più superci . . . . . . . . . . . . 43
1.7.1 Fattore di vista di una supercie 1 verso una supercie 2 43
1.7.2 Risoluzione di problemi di scambio radiativo tra 2 su-
perci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
1.7.2.1 Radiazione diusa, 2 superci grigie e opache 47
1.7.2.2 Radiazione diusa, n superci grigie e opache 55
1.8 Scambio radiativo nei gas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
1.8.1 Particolarità dei gas nello scambio termico radiativo . . 62
1.8.1.1 Profondità ottica e trasmittanza . . . . . . . 62
1.8.1.2 Riettanza e assorbanza . . . . . . . . . . . . 64
1.8.1.3 Radiazione diusa . . . . . . . . . . . . . . . 64
1.8.2 Gas in una cavità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64
1.8.2.1 Calcolo di assorbanza ed emissività totali per
un gas in una cavità . . . . . . . . . . . . . . 66
1.9 Corpi trasparenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
ii
2.4.3.1 Metodo alternativo per giungere alla deni-
zione del numero di Biot . . . . . . . . . . . . 99
2.4.3.2 Superci alettate . . . . . . . . . . . . . . . . 101
2.4.3.3 Problema bidimensionale con scambio avvettivo112
2.5 Problemi di scambio conduttivo in regime variabile . . . . . . 119
2.5.1 Problemi zero-dimensionali a generazione nulla . . . . . 120
2.5.1.1 Risposta a gradino . . . . . . . . . . . . . . . 124
2.5.1.2 Risposta in frequenza all'onda quadra . . . . 125
2.5.1.3 Risposta alla sollecitazione tempovariabile . . 125
2.5.1.4 Risposta alla rampa . . . . . . . . . . . . . . 127
2.5.1.5 Risposta in frequenza alla generica armonica . 129
2.5.1.6 Schematizzazione problemi instazionar 0D mul-
tistrato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132
2.5.2 Problemi monodimensionali in regime variabile in as-
senza di generazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134
2.5.2.1 Soluzione per mezzi semi-inniti (con condi-
zioni di Dirichlet) . . . . . . . . . . . . . . . . 134
2.5.2.2 Soluzioni al problema di scambio termico dif-
fusivo per mezzo semi-innito con condizioni
di Neumann e Robin . . . . . . . . . . . . . . 145
2.5.2.3 Soluzione con metodo integrale . . . . . . . . 145
2.5.2.4 Soluzione con la tecnica di separazione delle
variabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149
2.5.2.5 Mezzo semi-innito con sollecitazione termica
variabile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164
2.6 Muddy points . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171
iii
1 Irraggiamento
1.1 Introduzione al fenomeno
Lo scambio termico radiativo dierisce dagli altri due meccanismi di scambio
termico (conduttivo e convettivo ), nel principio sico di base che consente il
trasporto dell'energia da un corpo a un altro. Nel caso della conduzione e
della convezione infatti si rende necessaria allo scambio termico la presen-
za di materia interposta, mentre questa condizione non è richiesta nello
scambio termico radiativo. Quest'ultimo infatti richiede la sola presenza di
un campo elettromagnetico su cui possano viaggiare le onde elettroma-
gnetiche, vere responsabili dello scambio termico radiativo.
L'idea che fosse possibile uno scambio termico anche in assenza di materia
interposta nacque nell'Ottocento e per comprenderla si pensi di eseguire il
seguente esperimento: si immagini un corpo cavo A al cui interno sia fatto il
vuoto assoluto, ad eccezione della presenza di un secondo corpo, B, contenuto
in A in assenza di contatto tra i due corpi. Si immagini inoltre che il corpo A
sia completamente isolato dall'esterno (e così anche il corpo B). Sia noto che
A B
il corpo A si trova a temperatura T1 e il corpo B a temperatura T1 tali che
A B
T1 > T1 . Lasciando evolvere la situazione si giungerebbe a una situazione
di equilibrio termico all'istante 2, in cui si misurerebbero le temperature dei
A B
due corpi, scoprendo che T2 = T2 .
1 Si
sperimenta che ad alte temperature vengono emessi più fotoni e a frequenze mag-
giori, ovvero a contenuto energetico maggiore, secondo la legge che determina l'energia
contenuta in un fotone:
EF = hν
dove h è la costante di Planck e vale h = 6.63 · 10−34 Js
1
no un contenuto energetico adatto all'aumento diretto di energia interna di
un corpo. Alcune onde saranno invece troppo deboli per assolvere questo
compito, mentre altre saranno troppo potenti e causeranno altri eetti.
È a questo punto necessario fare alcune premesse alla trattazione che se-
gue: per studiare le radiazioni ci si avvarrà delle leggi dell' ottica geometrica.
2 Esse
infatti entrano in risonanza con il campo instaurato no a quando si instaura un
moto caotico a livello molecolare.
2
Questo approccio è valido a patto che venga rispettata un'ipotesi fondamen-
tale: le onde elettromagnetiche devono essere di lunghezza d'onda trascurabile
rispetto ai corpi con cui interagiscono.
def. dl
dα = (1.1)
r
Estendendo questo concetto alle tre dimensioni, si giunge alla denizione
di angolo solido.
Data una sfera di raggio r, si prenda sulla supercie della stessa un'areola
3
Figura 1: Coordinate sferiche
def. dA
dω = (1.2)
r2
4
Si immagini una porzione di supercie sferica rettangolare come in gura
3, di altezza innitesima h e base b. È evidente che l'area di questo rettangolo
sarà determinata dal prodotto di base e altezza, quindi si cerca di denire
queste due grandezze in funzione delle coordinate sferiche introdotte in pre-
cedenza, che contemplano l'utilizzo di una misura di distanza e due angoli
piani.
dA
dω = = sinθ dφ dθ (1.3)
r2
5
Figura 3: Riferimenti per il cambio di coordinate
(a) (b)
4 Per semplicità di notazione, d'ora in avanti si indica con dQ una potenza e non
un'energia.
6
dQ W
Iλ = 3
(1.5)
dAcosθ dω dλ m · sr
È necessario specicare che l'utilizzo della grandezza intensità di radia-
zione può essere variabile a seconda del tipo di potenza che si sceglie di con-
siderare: infatti, sebbene nell'introduzione all'argomento dell'irraggiamento
sia stato accennato al solo meccanismo sico alla base dell' emissione di ra-
diazione termica, è bene sottolineare che la radiazione termica può in genere
anche essere riessa da un corpo verso l'esterno, rappresentando un ulteriore
contributo radiativo per i corpi che ne saranno colpiti a seguito del rimbal-
zo subito dalle onde elettromagnetiche incidenti sul primo corpo.
Si distinguono pertanto tre casi:
Angolo solido: una supercie grande vede una supercie piccola entro
un piccolo angolo solido dω1 . Accade il contrario per una supercie
piccola verso una supercie grande, individuando un angolo solido più
grande dω2 .
7
Per risolvere questo problema si deve far richiamo all'introduzione di natura
geometrica fatta nel capitolo 1.1.2. Per questo, si ricorda la denizione di
angolo solido dall'equazione (1.2), denito come il rapporto tra area innite-
sima della supercie sferica di raggio r e quadrato del raggio stesso, si nota
che la supercie che viene identicata è normale alla congiungente il punto di
partenza e la supercie sferica, ovvero è pari alla supercie vista dal centro
della sfera.
Per la generica supercie, orientata secondo l'angolo θ2 , ciò comporta che la
supercie vista A⊥ sia pari ad A2⊥ = A2 cosθ2 . Per questo motivo l'angolo
solido individuato dalla supercie 2 per la supercie 1 sarà pari a
A2⊥ A2 cosθ2
ω1 = 2
= (1.6)
r r2
Per questo motivo, considerando uno stesso intervallo di lunghezza d'onda dλ,
si può dire che nel caso di potenza irradiata dalla supercie 1 alla supercie
2, cioè nel caso in cui
dQe1 = dQi2 = dQ (1.7)
dQ
e
Iλ,1 = dA1 cosθ1 dω1 dλ
(1.8)
dQ
I i =
λ,2 dA2 cosθ2 dω2 dλ
sono uguali, poichè sono uguali anche i prodotti
A2⊥ A2 cosθ2
dA1 cosθ1 dω1 = dA1 r2 cosθ1 = dA1 r2 cosθ1
(1.9)
dA cosθ dω = dA A1⊥ cosθ = dA A1 cosθ1 cosθ
2 2 2 2 2 2 2
r2 r2
8
radiazione nelle varie direzioni, prendendo come supercie di riferimento la
calotta emisferica centrata nel punto P. Da questa idea nascono le grandezze
5
emisferiche monocromatiche , ovvero:
def. dQ(e)
Eλ = (1.10)
dA dλ
e riguarda la sola potenza termica emessa da una supercie.
def. dQ(e+r)
Jλ = (1.11)
dA dλ
e riguarda la somma delle potenze termiche emessa e riessa da una su-
percie, ovvero la totalità della radiazione che abbandona la supercie
considerata.
9
1.3.1 Relazione tra intensità di radiazione e grandezze emisferiche
monocromatiche
dEλ (e)
= Iλ cosθ (1.13)
dω
A questo punto, portando dω al secondo membro è possibile eettuare un'in-
tegrazione:
Z Eλ Z 2π[sr]
dEλ = Iλ cosθ dω
0 0
Z 2π Z π/2
= Iλ senθ cosθ dθdφ (1.14)
0 0
Z 2π Z π/2
1
= Iλ sen2θ dθdφ
2 0 0
10
Pertanto, dopo questa analisi dell'ipotesi, si conclude che anch'essa può
essere plausibile.
Eλ
1 2π π/2
Z Z Z
dEλ = Iλ sen2θ dθdφ
0 2 0 0
Z 2π Z π/2
hp Iλ
= dφ sen2θ dθ
2 0 0 (1.15)
π
−cos2θ 2
= πIλ
2 0
= πIλ
Con lo stesso ragionamento e gli stessi procedimenti è possibile collegare ogni
grandezza emisferica all'intensità di radiazione correlata.
Radiosità totale:
∞ ∞
dQ(e+r)
Z Z
sup.dif f. (e+r)
J= = Jλ dλ = π Iλ dλ (1.18)
dA 0 0
Irradianza totale:
∞ ∞
dQ(i)
Z Z
sup.dif f. (i)
G= = Gλ dλ = π Iλ dλ (1.19)
dA 0 0
12
L'origine del nome va individuata nell'aspetto che un elemento con queste
caratteristiche avrebbe nella realtà: non riettendo in alcun modo la radiazio-
ne che lo colpisce esso apparirebbe nero agli occhi di un osservatore, a meno
che non emetta una suciente percentuale della radiazione nello spettro del
visibile (non può però riettere in alcun modo la radiazione incidente).
Il corpo nero è di grande importanza teorica e pratica, poichè essendo un
assorbitore perfetto (e, come sarà presto introdotto, anche un emettitore
perfetto), si pone come standard di confronto per i corpi reali.
La denizione appena enunciata comporta alcune conseguenze, che aggiun-
gono altre caratteristiche al corpo nero:
13
varrà l'equazione
(e) (e)
∂IλBB ∂I
= λBB = 0 (1.20)
∂θ ∂φ
Ovviamente l'intensità di radiazione emessa da un corpo nero, così
come quella assorbita, variano al variare della lunghezza d'onda, lungo
lo spettro elettromagnetico.
14
che il sistema AB possa spostarsi spontaneamente dallo stato di equilibrio,
aspetto che rappresenterebbe un assurdo.
Tuttavia non avendo fatto alcuna ipotesi sulla natura della cavità (che quin-
di generalmente non sarà emettitore totale), risulta che il potere emissivo
monocromatico del corpo nero Eλ,BB debba essere pari alla sua irradianza
monocromatica Gλ,BB ; è noto però che la cavità non è in grado di emettere
una potenza tale da avere potere emissivo monocromatico pari a quello del
corpo nero (ciò andrebbe contro la denizione stessa di corpo nero). Risul-
terebbe quindi che la radiazione incidente sul corpo nero proveniente dalla
cavità non sarebbe suciente a mantenere l'equilibrio. Pertanto è necessario
che il corpo nero possa riassorbire una parte della radiazione che emette, in
qualche modo. Ciò avviene grazie alla diretta riessione della porzione di
radiazione non assorbita da parte della cavità. In questo modo il corpo nero,
pur non trovandosi all'interno di un altro corpo della stessa natura, riceve
radiazione di corpo nero. Quindi in una generica cavità isoterma isolata con-
tenente un corpo nero (per qualsiasi cavità di questo tipo), si instaura un
campo di radiazione di corpo nero.
Un campo di radiazione di questo tipo ha interessanti proprietà:
EBB ∝ T 4 (1.21)
15
relazione tra il potere emissivo totale del corpo nero EBB e la temperatura
assoluta dello stesso:
EBB = σT 4 (1.22)
In cui σ = 5, 67 · 10−8 W
m2 K 4
.
16
Figura 5: Graci sperimentali e curva correlata alla teoria classica
Planck trovò per questa curva una spiegazione diversa: egli si rese conto
che se veniva consentito alla materia di assorbire energia dalla radiazione
solo per multipli interi di un valore base (variabile con la lunghezza dell'onda
incidente), era possibile giungere alla distribuzione riscontrata nei dati speri-
mentali. Egli rimase tuttavia convinto per anni che questa spiegazione fosse
solo un astuto espediente per far tornare i conti, mentre altro non era che il
primo mattone della sica quantistica. La formula per l'energia di un fotone
associato ad un'onda elettromagnetica di frequenza ν è
E = hν (1.23)
17
In cui h = 6.626 · 10−34 J · s.
L'energia che un corpo in tali condizioni poteva assorbire era pertanto limi-
tata a
E = nhν n∈N (1.24)
Questa assunzione era assolutamente inedita per la sica del tempo e avrebbe
comportato il crollo della sica classica, sostituita dalla teoria dei quanti che
nacque proprio in questo modo.
Considerando che per un corpo non è possibile ricevere o emettere fotoni in
numero non intero, appare logico che per una radiazione di frequenza ssata
l'energia emessa non varia con continuità, ma assume valori discreti di cui i
valori calcolati con l'equazione (1.23) rappresenta il minimo e la distanza tra
valori successivi.
Finalmente quindi era stata trovata una teoria in grado di spiegare le curve
sperimentali, per le quali da tempo Planck aveva trovato una formula precisa
7
interpolando i punti individuati dai dati raccolti: tale formula è
2πhc20
Eλ,BB = hc0 (1.25)
λ5 (e kλT − 1)
In cui
18
La formula per il calcolo di questa grandezza è ricavabile dalla denizione
fornita:
R λ1
Eλ,BB dλ
F0→λ1 = R0∞
0
Eλ,BB dλ
R λ1
0
Eλ,BB dλ
=
EBB
(1.26)
T /T λ1 2πhc20
Z
= hc0 dλ
σT 4 0 λ5 (e kλT − 1)
2πc20 h λ1
Z
1
= hc0 d(λT ) = F0→λ1 (λT )
σ 0 (λT )5 (e kλT − 1)
Questa equazione stabilisce pertanto che l'emissione di banda di un corpo
nero è una funzione unicamente del prodotto tra lunghezza d'onda della ra-
diazione e temperatura assoluta del corpo nero.
Una curva del tipo indicato dalla funzione trovata è ovviamente compresa tra
0 e 1, cui tende asintoticamente, e rientra nelle cosiddette curve sigmoidi. Un
esempio di questa curva può essere visto in gura 6: Si noti inoltre come sia
19
quali presentano il picco (e quindi la maggior parte di energia emessa) per
lunghezze d'onda sempre minori all'aumentare della temperatura.
∂Eλ,BB
= 0 → λmax T = costante (1.27)
∂λ
Questa costante risulta essere pari a 2879.6 µmK .
Pertanto si può scrivere la legge, nota come legge di Wien, come segue:
Emerge peraltro da un'analisi di λ01 eλ99 che gli spettri di emissione dei due
corpi neri alle due temperature sarebbero (quasi) completamente disgiunti,
come evidenziato nella tabella seguente.
T = 293K T = 5800K
λ01 = 5 µm λ01 = 0.26 µm
λ99 = 85 µm λ99 = 4.2 µm
20
1.5.5 Conclusioni sulla radiazione di corpo nero
Si potè dedurre, alla luce delle nuove scoperte sulla radiazione di corpo nero,
che essa non è aatto una proprietà della materia (ovvero non è una proprie-
tà esclusiva di un corpo), ma degli stati di equilibrio tra radiazione e
materia.
21
come aermato in precedenza, è un assorbitore ed emettitore diuso. Tut-
tavia ciò costituisce un caso molto particolare ed in generale non tutte le
superci possono essere Lambertiane. Valutando quindi l'intensità di radia-
8
zione rispetto all'angolo di zenit si ottiene, in generale, un graco del tipo
indicato in gura 7. Da questo graco si possono già trarre alcune conclusioni
Figura 7: Intensità di radiazione per un corpo nero (in blu), per il ferro
arrugginito (in rosso) e per un generico corpo reale (in verde)
8 Si
tenga presente che in generale la dipendenza dall'angolo azimutale è trascurabile, a
meno di lavorazioni superciali particolari.
22
Figura 8: Intensità di radiazione per un corpo nero (in nero), un laser He-Ne
(in rosso), un generico corpo reale (in blu) e un corpo che verrà presentato
in seguito: il corpo grigio (in verde)
Iλe (λ, θ, φ, T )
ελ,(θ,φ) := e
(1.29)
Iλ,BB (λ, T )
23
problemi, nella pratica si necessita di una grandezza in grado di espri-
mere le prestazioni emissive di un corpo reale in maniera meno detta-
gliata e fondamentale. Si procede quindi facendo una media integrale
dell'intensità di radiazione di un corpo sull'intero spettro elettromagne-
tico. La grandezza che ne risulta è detta emissività totale direzionale e
viene pertanto denita come segue
Z ∞
Iλe dλ
0
ε(θ,φ) := Z ∞ (1.30)
e
Iλ,BB dλ
0
24
Figura 9: Dierenze tra emissività totali direzionali in un corpo nero, in un
corpo dielettrico e in un corpo metallico
εN := ε(θ=0,T ) (1.32)
25
Questo rapporto, no a circa 80°, varia in [0,95;1] per superci dielettri-
che, mentre assume valori compresi in [0,95;1,3] per superci metalliche.
∂ελ
=0 (1.36)
∂λ
26
Un corpo di questo tipo è detto corpo grigio.
E
ε := (1.37)
EBB
Una grandezza di questo tipo dipende unicamente dalla temperatura
del corpo emittente.
27
Si tenta di ottenere una elaborazione dell'espressione precedente, per-
tanto si operano alcune sostituzioni:
Z ∞ Z ∞
1 1 c.grigio
ε= Eλ dλ = ελ Iλ,BB dλ = ελ (1.38)
EBB 0 EBB 0
mente, una parte penetra attraverso la supercie colpita del materiale e una
volta all'interno del corpo in parte viene assorbita e in parte trasmessa
all'esterno.
È importante osservare che in questi passaggi la radiazione a causa dell'inte-
razione con la materia, subisce dirazioni, rifrazioni e altre trasformazioni che
ne rendono davvero complicata la caratterizzazione direzionale. Per questo
28
motivo è molto più comodo utilizzare le grandezze emisferiche per la descri-
zione di questi fenomeni (sebbene infatti nella gura siano presenti frecce, si
ricordi che essendo l'irradianza una grandezza emisferica, quando la si utiliz-
za non ha senso parlare di direzione della radiazione). È possibile, viste le
condizioni presentate in gura 12, scrivere la seguente relazione:
Gaλ
αλ := (1.41)
Giλ
Denizione 10 (Riettanza monocromatica). La riettanza monocroma-
tica, indicata con ρλ è denita come il rapporto tra l'irradianza e la porzione
della stessa che viene riessa dalla supercie del corpo colpita dalla radiazio-
ne esterna.
Pertanto essa si esprime come
Grλ
ρλ := i (1.42)
Gλ
29
Denizione 11 (Trasmittanza monocromatica). La trasmittanza mono-
cromatica, indicata con τλ è denita come il rapporto tra l'irradianza e la
porzione della stessa che viene trasmessa attraverso il corpo no ad uscire
dalla supercie opposta a quella colpita dalla radiazione.
Pertanto essa si esprime come
Grλ
τλ := (1.43)
Giλ
È quindi possibile riesprimere l'equazione (1.40) alla luce delle nuove
denizioni:
αλ + ρλ + τλ = 1 (1.44)
Queste grandezze non rappresentano delle proprietà del corpo, poichè non
dipendono solo dallo stato dello stesso, ma da caratteristiche della radiazione
incidente. Ad esempio, si noti come al variare della lunghezza d'onda possa
variare completamente la risposta di un materiale: i muri che circondano gli
ambienti indoor ad esempio presentano un valore nullo della trasmittanza
monocromatica per la lunghezza d'onda del visibile, ma prossimo all'unità
per le radiofrequenze, tanto che all'interno di una stanza chiusa è general-
mente possibile accedere alla rete senza preoccuparsi della presenza dei muri.
Si potrebbe, per le ragioni già spiegate in precedenza, avere necessità di
grandezze meno dettagliate, che spieghino come la radiazione si comporta a
seguito dell'interazione con un corpo considerando una media sullo spettro
elettromagnetico.
Queste grandezze sono ottenute valutando l'equazione (1.39) ma consideran-
do non l'irradianza monocromatica, bensì l'irradianza totale. A questo punto
si scrive quindi:
Gi = Gr + Ga + Gt (1.45)
Ancora una volta, dividendo la (1.45) per l'irradianza totale, si ottiene l'e-
spressione analoga alla (1.40):
Gr Ga Gt
+ i + i =1 (1.46)
Gi G G
Come in precedenza, è opportuno introdurre a questo punto alcune deni-
zioni:
Ga
α := (1.47)
Gi
30
Denizione 13 (Riettanza totale). La riettanza totale, indicata con ρ
è denita come il rapporto tra l'irradianza totale e la porzione della stessa
che viene riessa dalla supercie del corpo colpita dalla radiazione esterna.
Pertanto essa si esprime come
Gr
ρ := (1.48)
Gi
Denizione 14 (Trasmittanza totale). La trasmittanza totale, indicata
con τ è denita come il rapporto tra l'irradianza totale e la porzione della
stessa che viene trasmessa attraverso il corpo no ad uscire dalla supercie
opposta a quella colpita dalla radiazione.
Pertanto essa si esprime come
Gr
τ := (1.49)
Gi
È quindi possibile riesprimere l'equazione (1.46) alla luce delle nuove
denizioni:
α+ρ+τ =1 (1.50)
Iλr (λ, θ, φ, T, θr , φr )
(1.51)
Iλi (λ, θ, φ, T )
10 Lastragrande maggioranza dei corpi reali si comporta in riessione proprio come le
superci miste.
31
Figura 13: I tre tipi di riessione presentati
Iλa (λ, θ, φ, T )
αλ,θ = (1.52)
Iλi (λ, θ, φ, T )
32
2. Assorbanza monocromatica emisferica αλ :
Z 2π Z 2π
αλ,θ Iλi cosθ dω αλ,θ cosθ dω
Gaλ 0 sup.dif f. 0
αλ := = 2π =
Giλ π
Z
Iλi cosθ dω
0
(1.54)
Si vogliono passare ora in rassegna due esempi notevoli: quello di una su-
percie zero-riettente e quello di una supercie opaca.
αλ + τ λ = 1 (1.56)
33
Questa equazione porta alla possibilità di costruire un graco in cui vengono
presentate alcune diverse situazioni, come in gura 14 in cui sono presenti
un corpo nero (che ha valore di trasmittanza nullo essendo un assorbitore
totale), una supercie perfettamente trasparente (ovvero caratterizzata da un
valore unitario della trasmittanza per ogni lunghezza d'onda), una supercie
semitrasparente a blocco netto (che passa da trasmittanza unitaria a nulla per
una lunghezza d'onda denita, per il vetro ad esempio 2µm) e una supercie
11
semitrasparente a blocco non netto.
αλ + ρ λ = 1 (1.57)
11 Leserre sono esempi di superci semitrasparenti: in virtù della quasi completa scis-
sione dei diagrammi di emissione di corpi a temperatura ambiente e del sole, esse lasciano
passare completamente la radiazione solare, mentre tengono al loro interno le radiazioni
provenienti dal terreno e da ciò che contengono. Anche l'eetto serra si manifesta con que-
sta modalità, sfruttando l'azione dei gas-serra come anidride carbonica e vapore acqueo.
Ciò in passato ha permesso la vita sul nostro pianeta, ma negli ultimi decenni l'attivi-
tà umana ha esasperato questo meccanismo, con conseguenze climatiche potenzialmente
catastroche.
34
Questa equazione porta alla possibilità di costruire un graco in cui vengano
presentate alcune superci opache: un corpo nero (che essendo un assorbito-
re totale avrà riettanza nulla) e uno specchio perfetto (rigorosamente: una
supercie perfettamente riettente), in grado di riettere (non necessaria-
mente in maniera speculare, come verrebbe forse da pensare) ogni radiazione
incidente, caratterizzato pertanto da riettanza unitaria per ogni lunghezza
d'onda.
Un graco di questo tipo si può osservare in gura 15 dove il corpo nero è
riportato in nero e lo specchio perfetto in rosso.
Si consideri una cavità isolata B all'equilibrio termico. È noto che essa pre-
senta all'interno una radiazione di corpo nero. Si ponga un corpo reale A
all'interno della suddetta cavità.
Dopo un intervallo di tempo sucientemente lungo sarà stato raggiunto l'e-
quilibrio termodinamico tra corpo e cavità. Essendo il sistema isolato, esso
non si potrà allontanare dalla condizione di equilibrio in virtù del secondo
principio della termodinamica e dovrà pertanto valere il bilancio alle potenze:
35
(1.52), la quale aerma che l'intensità di radiazione assorbita corrisponde al-
l'assorbanza per l'intensità della radiazione incidente, si riscrive l'equazione
(1.58) come segue:
e
αλ,θ Iλi = ελ,θ Iλ,BB (TA ) (1.59)
Noto che Iλi = Iλ,BB (TB ), dato che tutta la radiazione incidente sul corpo A
proviene dalla supercie nera interna alla cavità B, si scrive l'equazione:
e
αλ,θ Iλ,BB (TB ) = ελ,θ Iλ,BB (TA ) (1.60)
αλ = ελ (1.62)
12 Si ricorda che la radiazione avviene tramite oscillazione del campo elettrico e del campo
magnetico, ad esso sempre ortogonale. L'emissione da parte degli atomi di radiazione
elettromagnetica è in genere caotica, poichè caratterizzata da piani di oscillazione del
campo associati alla vibrazione possibile in ogni direzione. Vi sono però alcuni casi in
cui i piani d'oscillazione del campo elettrico sono tutti paralleli. In tal caso si dice che
la radiazione è linearmente polarizzata. Le altre polarizzazioni possibili sono quella
circolare (quando è consentito un moto di rotazione al vettore individuato dal campo
elettrico) ed ellittica (quando è consentita anche la variazione d'intensità del campo).
Si possono pertanto individuare direzioni di polarizzazione e sono stati messi a punto
ltri che sfruttano la polarizzazione delle onde elettromagnetiche per bloccarle (per ltri
metallici si ricordi che la radiazione che passa è quella con il campo ortogonale alle righe
del ltro, a causa dell'interazione tra campo elettromagnetico della radiazione e materiale
metallico). Sarebbe auspicabile avere vetri molto polarizzanti d'estate (per poter bloccare
la radiazione), tuttavia ciò non avrebbe eetti positivi d'inverno, in cui la radiazione
termica sarebbe invece benaccetta.
36
Questa relazione è rigorosamente valida in equilibrio e con radiazione dif-
fusa. Si consideri ora in aggiunta alle ipotesi già introdotte il corpo grigio,
introdotto dalla denizione 8. Per un corpo di questo tipo, l'emissività e l'as-
sorbanza non dipendono dalla lunghezza d'onda, ma sono costanti su tutto
lo spettro elettromagnetico. Per questo motivo è possibile scrivere una terza
versione del Teorema di Kirchho, espressa secondo l'equazione seguente:
α=ε (1.63)
sup.dif f.
αλ = 1 − ρ λ = ελ (1.65)
Ciò signica che superci opache molto riettenti sono in genere basso-
emittenti, sotto l'ipotesi di radiazione diusa. Questa conclusione ha
importanza applicativa nell'ingegneria spaziale: infatti nello spazio l'u-
nico (o quasi) contributo allo scambio termico è quello radiativo, per-
tanto sotto l'ipotesi di radiazione diusa il miglior modo per creare
una supercie adiabatica è quello di cerare una supercie totalmente
riettente. Uno specchio perfetto è pertanto una supercie adiabatica
in tali condizioni.
37
riessa dal metallo e non lo penetra, mentre l'emissione interna del vetro
verso l'esterno, anch'essa riessa, rimane all'estremità dello specchio da cui
è partita. In questo modo si ha completo isolamento dallo scambio termico
radiativo ed è possibile dire che questo tipo di supercie, in assenza di scam-
bio termico conduttivo e convettivo, è adiabatica. Specchi di questo tipo
sono spesso utilizzati nella costruzione di grandi telescopi. Si può osservare
quanto appena descritto nella gura 16
Nel caso del SSM lo specchio è costituito come un PSM ma con gli strati
invertiti: all'esterno vi è lo strato di vetro trasparente, mentre all'interno
è presente lo strato metallico perfettamente riettente. In questo modo un
oggetto posto dalla parte metallica dello specchio può trasferire calore alla
supercie metallica tramite conduzione o convezione. L'energia viene quindi
trasferita dal metallo al vetro trasparente con cui è a contatto e da quì può
essere dispersa nell'ambiente esterno con scambio radiativo.
È invece invariato l'isolamento termico dall'esterno, purchè anche in questo
caso non vi sia scambio termico radiativo. Una supercie di questo tipo è
detta semipermeabile.
L'atmosfera della Terra ha consentito la vita sul nostro pianeta, grazie al-
l'eetto serra, e ne ha comportato un certo tipo di sviluppo grazie all'eetto
di schermo contro gran parte della radiazione ultravioletta proveniente dal
sole. In base a quanto detto nel capitolo 1.2.1, integrando su una calotta
semisferica, si può concludere che il potere emissivo del sole Eλ,sun coincide
38
con l'irradianza dell'atmosfera Gλ,atm .Il valore di queste grandezze è pari a
Gλ,atm = 1350W/m2 all'inizio dell'atmosfera terrestre e si riduce a 1000W/m2
al suolo, a causa dell'assorbimento debole, ma prolungato per diversi chilome-
tri, operato dall'atmosfera. Si costruisce un graco contenente sia l'irradianza
all'inizio dell'atmosfera, sia quella che giunge al suolo e si nota che rispetto
ai valori opportunamente scalati (considerando un modello di corpo grigio
per l'atmosfera), il graco presenta gole in corrispondenza di alcuni valori
di lunghezza d'onda, denotando una dipendenza dell'assorbanza dalla stessa,
come è evidente dal graco in gura 17.
13 È bene precisare che l'assorbimento da parte dei gas è molto diverso dall'assorbimento
nei solidi e nei liquidi, prevalentemente a causa dell'enorme dierenza dei .
14 Negli anni passati l'ozono era seriamente minacciato dai composti con alogeni (cloro,
uoro su tutti, contenuti ad esempio in molti uidi frigoriferi), che ne hanno ridotto
fortemente lo spessore dello strato formato dall'ozono soprattutto al Polo Sud. Negli
ultimi anni l'allarme pare essere rientrato.
15 La temperatura apparente del cielo è la temperatura equivalente a quella di un corpo
nero la cui curva si comporterebbe come in gura 18.
39
causa della grande variabilità della presenza di acqua in atmosfera. In genere
infatti giornate più terse sono molto più fredde di giornate umide e magari
anche piovose.
Dalle temperature indicate in precedenza è possibile capire come avvenga il
40
diusione, che quindi diondono anche, e all'aumentare della distanza
da percorrere, soprattutto, nel giallo e nel rosso.
41
1.6.4.2 Radiatore solare I radiatori solari devono irradiare la radiazio-
ne solare disperdendone l'energia. L'ideale sarebbe quindi poter disperdere
verso lo spazio profondo, ovvero avere un'elevata emissività nel range di lun-
ghezze d'onda in cui giace la maggior parte dell'intensità di radiazione alla
temperatura del radiatore; in aggiunta a ciò sarebbe auspicabile poter evitare
di assorbire troppa potenza dal sole, evitando alti valori di assorbanza per le
lunghezze d'onda in cui il sole emette maggiormente.
Grazie alla disgiunzione degli intervalli di emissione tra un corpo a tempera-
tura del sole e un corpo a temperatura ambiente (come illustrato nella gura
6 e nella tabella 1.5.4) ciò è possibile, a patto che si riesca a costruire un di-
spositivo opaco con i valori di riessività ed assorbanza riportati in gura 20,
in cui il blocco sia operato a valori prossimi a 4.3µm, o comunque compresi
nel range che va da λ99,sun a λ01,amb .
42
radiativo.
Si distinguono peraltro vari apporti:
Durante lo scambio termico radiativo tra due superci, assume una note-
vole importanza la geometria della situazione in esame. Si prenda ad esempio
una supercie di area A1 , che irradia con intensità di radiazione Iλ,1 secondo
la denizione di intensità di radiazione fornita dall'equazione 1.5. Si decide di
43
esplicitare la potenza (in questo caso emessa e riessa), secondo l'equazione
Z Z Z ∞ Z 2π
(e+r) (e+r)
Q1 = dQe+r
1 = Iλ,1 cosθ dω dλ dA0 (1.67)
A1 0 0
Per superci diuse è già stato calcolato l'integrale sulla calotta sferica pre-
sente nella precedente equazione, come si può vedere nell'equazione 1.15.
Pertanto si riscrive l'equazione precedente come segue
Z Z ∞ Z
(e+r) 0
Q1 = Jλ,1 dλ dA = J1 dA0 (1.68)
A1 0 A
Se si fa inoltre l'ipotesi che la radiosità non varia su tutta l'area della super-
cie irradiante. In questo modo si riscrive l'integrale precedente come
(e+r)
Q1 = J1 A1 (1.69)
44
tra ω12,1 e ω12,2 :
Z Z ∞ Z ω12,2
(e+r)
Q1→2 = Iλ,1 cosθ1 dω1 dλ dA01 (1.70)
A1 0 ω12,1
(e+r)
Q1→2 + Q1→3 + · · · + Q1→n = Q1 (1.73)
(e+r)
Dividendo tutti i termini di questa equazione per Q1 e ricordando la
relazione espressa dall'equazione 1.69 si giunge all'equazione seguente.
Qi→j
Fij := (1.75)
Ji Ai
Nelle ipotesi assunte in precedenza, per le due superci 1 e 2, partendo
dall'equazione (1.72) si può giungere alla forma seguente del fattore di vista:
Q1→2
F12 =
J1 A1Z
(1.76)
1 cosθ1 cosθ2
= 2
dA01 dA02
A1 π A1 ,A2 r
Considerando quanto detto nora, si può giungere alla determinazione di tre
proprietà del fattore di vista:
45
1. Somma a 1 dei fattori di vista: partendo dall'equazione (1.74) e
ricordando la denizione di fattore di vista data dall'espressione (1.75),
si ottiene la seguente proprietà:
N
X
F1i = 1 (1.77)
i=1
n
X
Fij = Fijk (1.83)
k=1
Per concludere la presentazione del fattore di vista si noti che dagli indici
delle sommatorie ecc. è contemplata l'esistenza di F11 , un valore che indica
la quantità relativa di potenza che una supercie irradia verso sè stessa.
Chiaramente questo valore sarà nullo per superci piane o convesse, mentre
può assumere valori maggiori di zero per superci concave.
46
1.7.2 Risoluzione di problemi di scambio radiativo tra 2 superci
16 Se
il volume avesse spigoli nell'ipotesi di radiazione diusa non cambierebbero le
conclusioni
47
Figura 22: Situazione di scambio termico in analisi
T1 = T2 ⇒ Q12 = 0 (1.85)
(1.80)
Q12 = F12 A1 J1 − F21 A2 J2 = F12 A1 (J1 − J2 ) (1.87)
17 Una supercie nera è un caso molto particolare di supercie grigia. Tuttavia am-
mettere che due superci siano grigie è già un'ipotesi non da poco (è necessario che una
percentuale ragionevole dell'emissività sia costante o quasi nello spettro elettromagnetico,
in genere almeno il 90%) e quindi le conclusioni trovate per superci nere introdurrebbero
errori enormi.
48
Abbandonando questo caso decisamente troppo restrittivo e di dicile ap-
plicabilità a causa dell'eccessivo grado di approssimazione, si considerino ora
le due superci come da ipotesi iniziale, ovvero semplicemente grigie.
Riprendendo la formula (1.87) per la potenza netta scambiata, che si vuole
determinare in funzione di parametri che si prestino a misurazioni non ec-
cessivamente complicate. Per questo risulta necessario operare sui valori di
radiosità nel tentativo di esprimerli in funzione di grandezze caratteristiche
delle superci coinvolte.
Prima di ciò tuttavia è d'uopo fare un'osservazione sull'equazione (1.87):
in questa equazione è possibile osservare una chiara analogia elettrica, in
particolare:
1 (1.80) 1
Rij = = = Rji (1.90)
Fij Ai Fji Aj
49
Per esprimere i due valori di radiosità in funzione di altre grandezze, si
consideri il bilancio alla radiazione delle singole superci (si osserverà il caso
della supercie 1, ma le conclusioni saranno ovviamente valide anche per la
supercie 2). Si consideri un bilancio alla supercie i-esima in cui si valutano
i termini seguenti:
La potenza entrante
18
poichè incidente sulla supercie vale, nell'ipotesi
di radiazione diusa Gi Ai .
Pertanto, formalmente:
Ji Ai − Gi Ai = Q←
i (1.91)
J1 = E1 + ρ1 G1 (1.92)
18 Si
consideri il volume di controllo che ammette come entrante ed uscente anche la
potenza riessa
50
(s.op.) si giunge all'espressione seguente:
J1 − ε1 E1,B
G1 =
ρ1
J
s.op. 1 − ε1 E1,B
= (1.93)
1 − α1
T K J1 − ε1 E1,B
=
1 − ε1
Sostituendo questa espressione nell'equazione (1.91) del bilancio precedente
si ottiene l'espressione
J1 − ε1 E1,B
Q←
1 = A1 J1 −
1 − ε1
ε1 A1
= E1,B − J1
1 − ε1
(1.94)
E1,B − J1
=
1 − ε1
ε1 A 1
In questa equazione è possibile osservare un'altra analogia elettrica, in par-
ticolare:
51
Figura 25: Seconda analogia elettrica
52
scambiata:
σ(T14 − T24 )
Q12 = (1.100)
1 − ε1 1 1 − ε2
+ +
ε1 A 1 F12 A1 ε2 A2
A1 πr2 1
F21 = F12 =1· 2
= (1.102)
A2 2πr 2
A1 2rL 2
F21 = F12 =1· = (1.103)
A2 πrL π
19 Si considera la supercie innitamente lunga per poter trascurare le aree laterali non
chiuse.
53
Concavità: il corpo interno 1 ha un fattore di vista ovviamente uni-
tario, mentre il corpo 2 ha fattore di vista che dipende dal rapporto
tra le due aree. Pertanto più piccola è la supercie del corpo interno,
più la supercie della cavità irradierà verso sè stessa, causando valori
di F21 prossimi allo zero.
σ(T14 − T24 )
Q12 =
1 − ε1 1 1 − ε2
+ +
ε1 A1 F12 A1 ε2 A2
(1.104)
Aσ(T14 − T24 )
=
2−ε
ε
Aggiungendo tra le due lastre la lastra 3, caratterizzata dalla stessa
area e dalla stessa emissività sui due lati, applicando l'analogia elettrica
come in gura 26, si ottiene
1 Aσ(T14 − T24 )
Q132 = (1.107)
2 2−ε
ε
Si osserva come aggiungendo una terza supercie si dimezzi la potenza,
con una quarta si ridurrebbe a un terzo, e così via.
Questo eetto è noto come schermo radiativo ed è molto usato
soprattutto (ma non solo) nell'ingegneria spaziale. Pertanto per n
generiche lastre piane, nelle ipotesi enunciate, vale la relazione:
Q12
Q1...2 = (1.108)
n+1
54
Figura 26: Analogia elettrica per lo schermo radiativo
(Ji − Gi )Ai = Q←
i (1.109)
n n n n
(1.79)
X X X X
Ai Gi = Q←
j→i = Fji Aj Jj = Fij Ai Jj = Ai Fij Jj (1.110)
j=1 j=1 j=1 j=1
55
È ora possibile semplicare le aree giungendo a una forma del tipo:
n
X
Gi = Fij Jj (1.111)
j=1
n
X
Q←
i = Ai (Ji − Fij Jj ) (1.112)
j=1
n
X
Fij = 1 (1.113)
j=1
n
X
Q←
i = Ai Fij (Ji − Jj )
j=1
n
X
= Ai Fij (Ji − Jj )
(1.114)
j=1
n
X Ji − Jj
=
1
j=1
Ai Fij
Ancora una volta è possibile notare l'analogia elettrica per la situazio-
ne in analisi, in cui si possono individuare tutti i nodi di interesse, i
potenziali, le varie correnti e le resistenze geometriche (basta conside-
rare separatamente il contributo di ogni j-esimo termine). Ciò delinea
la situazione illustrata in gura 27. Si noti come in generale i termini
di dierenza di radiosità (corrispondente alla dierenza di potenziale
nell'analogia elettrica) possano essere positivi o negativi, indicando po-
tenza entrante o uscente dal nodo i. Non si dimentichi inoltre che per
giungere a una forma facilmente calcolabile è necessario per ogni super-
cie riferirsi al particolare potere emissivo di corpo nero, introducendo
56
Figura 27: Analogia elettrica per lo scambio tra n superci
57
Figura 29: Scambio radiativo tra 3 superci di cui una adiabatica (analogia
elettrica)
1
Req = R11 + + R33 (1.115)
1 1
+
R12 + R23 R31
58
A questo punto è elementare il calcolo della potenza netta scambiata,
equivalente in situazione di regime alle potenze che attraversano le due
superci, ovvero a
EB1 − EB3
Q← →
1 = Q3 = Q13 = (1.116)
Req
J1 − J2 J2 − J3 J1 J3 1 1
= =⇒ + =( + )J2 (1.117)
R12 R23 R12 R23 R12 R23
Qi
= Ji − Fi1 J1 + · · · + Fii Ji + · · · + Fin Jn (1.118)
Ai
Pertanto è possibile scrivere l'equazione
Qi
− = Fi1 J1 + · · · + (Fii − 1)Ji + · · · + Fin Jn (1.119)
Ai
A questo punto è chiaro il ruolo che ogni termine ricoprirà nel sistema:
59
Incognite: le incognite sono costituite dalle radiosità di ogni
supercie.
Qi EB,i − Ji εi εi
− = =− EB,i + Ji (1.122)
Ai 1 − ε i 1 − εi 1 − εi
εi
Pertanto, portando a destra dell'uguaglianza il termine relativo alla
radiosità i-esima, risulta, riprendendo l'equazione (1.119):
Qi εi
− = Fi1 J1 + · · · + (Fii − 1 − )Ji + · · · + Fin Jn (1.123)
Ai 1 − εi
(
Fij i 6= j
Cij0 = εi (1.124)
Fij − 1 − 1 − εi i=j
Ovvero (
Fij i 6= j
Cij0 = 1 (1.125)
Fij − 1 − εi i=j
mentre i secondi sono deniti, secondo l'unico termine rimasto a sinistra
nell'uguaglianza (1.122) e secondo la Legge di Stefan-Boltzmann come
εi (1.22) εi
− EB,i = − σTi4 (1.126)
1 − εi 1 − εi
60
Si può pertanto riscrivere il sistema (1.121) alla luce delle nuove consi-
derazioni:
ε1 σT 4 = C 0 J + C 0 J + · · · + C 0 J
−1 − ε1 1 11 1 12 2 1n n
ε
− 2 σT 4 = C 0 J1 + C 0 J2 + · · · + C 0 Jn
1 − ε2 2 21 22 2n
(1.127)
. . . . .
. . . . .
. . . . .
ε
− n σT 4 = C 0 J1 + C 0 J2 + · · · + C 0 Jn
1−ε n
n
n1 n2 nn
Fino a questo momento tra due superci è sempre stata considerata l'as-
senza di qualsiasi mezzo interposto, nell'approssimazione che l'aria sia com-
pletamente trasparente (in senso letterale e sico) alla radiazione termica.
Sebbene essa sia composta per la maggior parte da gas senza momenti di
dipolo e senza possibilità di indurre momenti di dipolo tramite vibrazione
(azoto ed ossigeno molecolari), e che quindi interagiscono in minima parte
20
con la radiazione termica , non è sempre trascurabile nei problemi di scam-
61
bio termico radiativo. Infatti l'ipotesi di trascurabilità cade decisamente nei
casi di
Un altro aspetto che dierenzia i gas dai solidi e liquidi è lo spettro di emis-
sione ed assorbimento. Mentre infatti per questi ultimi lo spettro è almeno
in alcuni range quasi uniforme e l'ipotesi di corpo grigio sia, talvolta, ac-
cettabile, per i gas l'ipotesi di corpo grigio non potrà valere praticamente
in nessun caso. Gli spettri di emissione ed assorbimento sono infatti molto
disuniformi e sarebbe troppo approssimativo ed errato considerare emissività
e/o assorbanza costanti.
Iλ,loss = kλ Iλ dx (1.128)
62
È possibile sviluppare in serie di potenze il termine Iλ (x)
dIλ (x)
Iλ (x) = Iλ (x) + dx + o(dx2 ) + kλ Iλ dx (1.130)
dx
Si trascura il termine dell'o-piccolo, evidenziando inoltre il valore della deri-
vata dell'intensità di radiazione rispetto ad x, ovvero
dIλ
− = kλ Iλ (1.131)
dx
Si separano le variabili e si integrano i membri:
Iλ x
dIλ0
Z Z
Iλ
=− kλ dx =⇒ ln = −kλ x (1.132)
Iλ0 Iλ 0 Iλ0
Iλ
ι := ln (1.133)
Iλ0
63
1.8.1.2 Riettanza e assorbanza Per un gas la riettanza si conside-
ra sempre nulla. È infatti sempre possibile aermare che un gas è zero-
riettente21 . Alla luce delle conclusioni a cui si è giunti no a questo
momento è possibile riscrivere l'equazione (1.44) per un gas:
1 = αλ + ρλ + τλ = αλ + e−kλ x (1.136)
αλ = 1 − e−kλ x (1.137)
21 Non ci si lasci ingannare da esempi fuorvianti in questo caso: è noto che ad esempio
puntare i fari abbaglianti in una sera di nebbia causa bagliore riesso verso il guidatore.
Tuttavia ciò è dovuto alle goccioline di acqua da cui è costituita la nebbia, che certamente
non rientrano nella denizione di gas.
22 Attenzione: l'atmosfera può non essere un buon esempio di gas se si pensa al parti-
colato (soprattutto quello più grande) che essa contiene. Queste particelle infatti possono
non essere emettitori/assorbitori diusi.
64
Equilibrio termico: se Twall = Tgas per quanto detto nella sezione
1.5.5, è possibile aermare che il gas si troverà in equilibrio radiazione-
materia con il campo di radiazione elettromagnetica instauratosi all'in-
terno della cavità. Tale campo è un campo di corpo nero, e pertanto,
analizzando nuovamente le conseguenze apportate all'intensità di una
radiazione in qualsiasi direzione di lunghezza d'onda compresa tra λe
λ + dλ che attraversa una porzione di gas dx, si ottiene che a fronte di
una radiazione assorbita dal gas Iλ,abs = kλ Iλ,B dx = Iλ,em deve neces-
sariamente essere presente una intensità di radiazione che viene emessa
dal gas, di pari valore, per conservare l'equilibrio, come stabilito dal
secondo principio della termodinamica.
dIλ (x)
Iλ (x) + kλ Iλ,B dx = Iλ (x) + dx + o(dx2 ) + kλ Iλ dx (1.139)
dx
È ora possibile giungere alla forma
23
la quale può essere integrata come segue :
Iλ x
dIλ0
Iλ − Iλ,B
Z Z
=− kλ dx =⇒ ln = −kλ x (1.141)
Iλ0 Iλ − Iλ,B 0 Iλ0 − Iλ,B
23 Sinoti come il termine Iλ sia il solo a dipendere dalla coordinata x. Infatti la radia-
zione emessa dal gas, essendo esso a temperatura uniforme, non dipende da x. Invece la
radiazione proveniente dalla parete si attenua attraversando il gas e dipende quindi da x.
Tutto ciò accade mantenendo punto per punto l'equilibrio complessivo tra emissione ed
assorbimento.
65
Si può passare alla forma esponenziale della relazione come segue:
αλ = 1 − e−kλ x = ελ (1.144)
4V
L := (1.147)
Asup.cav.
66
Per quanto riguarda invece l'assorbanza totale è possibile scrivere
m
Tg Twall
αg = · ε0g pg L , Twall Cg (1.148)
Twall Tg
In cui m è una costante che dipende dal gas scelto.
Nel caso di più specie presenti, ad esempio vapore acqueo e anidride carbo-
nica, si procede come segue per il calcolo dell'emissività:
p1
εg = εH2 O + εCO2 + ∆ε , pg , Tg (1.149)
p1 + p2
A questo punto è possibile esprimere lo scambio di potenza tra pareti della
cavità e gas come segue:
67
trasporto di energia e/o massa nella materia. Essi vengono distinti sulla base
della scala su cui agiscono:
Solidi cristallini:
Solidi cristallini metallici: caratterizzati dalla presenza di elet-
troni in banda di conduzione (elettroni liberi di muoversi all'inter-
no della materia), sono in grado prevalentemente grazie alla migra-
zione di questi elettroni di trasmettere energia a livello microsco-
pico (trasporto elettronico). Oltre a ciò possono trasmettere
energia diusivamente tramite vibrazione del reticolo cristallino
(trasporto reticolare).
Solidi cristallini dielettrici: non avendo elettroni in banda di
conduzione non possono trasmettere energia a livello microscopico
se non tramite vibrazione del reticolo cristallino.
68
2.2 Equazione di conservazione dell'energia
2.2.1 Richiami matematici - Calcolo vettoriale
In questa sezione si farà ampio utilizzo dei vettori e del calcolo vettoriale più
in generale. È bene quindi operare una distinzione tra i vari modi di indicare
un vettore e le operazioni che lo coinvolgono diverse da quelle possibili per
uno scalare.
In questo testo i vettori (eccetto il vettore ∇ che verrà introdotto in seguito)
sono evidenziati da un soprassegno: a è uno scalare,a è un vettore. Parti-
colarmente critico è il prodotto che tra due vettori può assumere tre diverse
forme: in questo testo verrà usata la seguente notazione:
69
di un innito pari di cardinalità pari all'innito dei numeri reali. Var-
ranno pertanto su linee, superci, volumi eccetera le regole dell'analisi
e del calcolo dierenziale.
W (r) = 0 ∀ r (2.1)
dQ
q := (2.2)
dA
In particolare, si considera che questo usso di potenza sia funzione del
punto considerato e dell'orientamento della supercie che taglia il volume
identicato. Pertanto è possibile scrivere
q = q̃(r, n) (2.3)
Valide le dipendenze espresse, ovvero che il valore del usso di potenza scalare
dipende sia dal punto sia dalla direzione, si rende necessario trattare il usso
70
di potenza non più come una quantità scalare ma come un vettore:
∃ q :\ q·n=q (2.4)
Ciò non deve ingannare sulla reale natura del usso, che è ovviamente uno
scalare. Il motivo dell'introduzione del usso vettoriale è legato unicamen-
te alla facilità con cui questo può essere trattato al variare dell'inclinazio-
ne della supercie considerata, grazie alle proprietà del prodotto scalare e
all'introduzione del vettore normale alla supercie n.
dE
= P← (2.7)
dt
71
In cui P← indica la potenza positiva se entrante nel sistema. A questo punto
è doveroso eettuare alcune precisazioni: è noto che la potenza entrante nel
sistema può essere dovuta ad interazioni di trasporto di massa, interazioni di
tipo lavoro e/o interazioni di tipo calore. Nel caso in esame tuttavia è stata
formulata l'ipotesi di campo di velocità nullo, pertanto non sarà possibile un
trasporto avvettivo di massa che fornisca potenza al sistema. Inoltre non è
possibile compiere lavoro senza spostamento, di cui è privo lo spazio consi-
derato sempre nell'ipotesi di campo di moto nullo ovunque.
Pertanto si può precisare che il termine di potenza indica una potenza ter-
mica e si adotta la simbologia più appropriata:
dE
= Q← (2.8)
dt
Si consideri inoltre il termine variazionale dell'energia rispetto al tempo. È
noto che l'energia in questione può essere di vario tipo (energia cinetica,
potenziale, elettrochimica, interna, eccetera) Nell'ipotesi di campo di moto
sempre nullo ovunque è immediato tuttavia concludere che l'unico termine
la cui derivata rispetto al tempo è non nulla sia il termine di energia interna.
Pertanto si riscrive la (2.8) come segue:
dU
= Q← (2.9)
dt
Nel bilancio eettuato è opportuno inserire un termine che valuti l'azione di
pozzi e/o sorgenti di potenza, di cui non si valuterà la dinamica sica, ma
solo il risultato energetico: si introduce pertanto il termine Σ:
dU
= Q← + Σ (2.10)
dt
Si rende ora utile trasferire l'equazione a livello puntuale, esprimendo le
quantità estensive tramite integrali. Si dovranno quindi apportare modiche
all'espressione dei tre termini:
72
il prodotto scalare q·n è positivo se il usso termico è equidirezionale
al vettore normale la supercie del volume in oggetto. Quest'ultimo
vettore tuttavia è per convenzione uscente dalla supercie, pertanto
il termine considerato è positivo quando la potenza è uscente dalla
supercie. Considerando questi aspetti si riscrive il termine che indica
la potenza termica come segue:
Z
→
Q = q · n dA0 (2.12)
A
Si nota che il dominio di integrazione del primo termine non dipende dalla
variabile di derivazione e viceversa, nell'ipotesi di campo di moto nullo, per-
tanto è possibile portare la derivazione sotto il segno di integrale. Inoltre si
nota che, sempre nell'ipotesi di campo di velocità nullo non si ha dipendenza
nè della massa, nè del volume dal tempo. Pertanto anche la densità ρ non
dipenderà dal tempo e sarà quindi possibile riscrivere la (2.14) come segue:
Z Z Z
du
ρ dV 0 = − q · n dA + 0
σ dV 0 (2.15)
V dt A V
73
Si riscrive pertanto l'equazione (2.15) come segue:
Z Z Z
dT
ρCV dV 0 = − q · n dA +0
σ dV 0 (2.18)
V dt A V
Z
dT
ρCV + ∇ · q − σ dV 0 = 0 (2.20)
V dt
74
2.3 L'equazione di Fourier e il coeciente di scambio
termico conduttivo
Si rende necessaria l'introduzione di un'equazione costitutiva fenomeno-
logica, ovvero un'equazione che descriva la risposta di un certo elemento ad
una sollecitazione imposta. In questo caso è richiesta la risposta in termini
di variazione della temperatura a seguito dell'introduzione nel sistema di una
certa potenza termica.
Tale equazione fu postulata da Jean Baptiste Joseph Fourier, il quale, sulla
base di numerosi dati sperimentali concluse che la relazione tra temperatura
e usso di potenza termica avrebbe potuto essere descritta dall'equazione
q = −k∇T (2.22)
Per quanto riguarda invece il segno dell'equazione (2.22) esso è dato dalla
realtà sica che prevede che il calore scorra spontaneamente dalle tempera-
ture alte verso le zone più fredde, ovvero in senso opposto al gradiente di
temperatura.
75
comunque dipendervi anche indirettamente attraverso la temperatura).
Si consideri inoltre che la il coeciente di scambio termico conduttivo in uno
stesso punto può variare anche in funzione della direzione di propagazione
del usso termico. Ciò non avviene mai nei mezzi isotropi, può avvenire
invece in un mezzo anisotropo come il legno o la bra di carbonio (in que-
sti mezzi spesso l'anisotropia è causata proprio dalla presenza di bre nella
25
struttura del materiale) . Il caso intermedio tra i mezzi anisotropi e quelli
isotropi è costituito dai mezzi ortotropi, i quali presentano anisotropia solo
in direzione perpendicolare a un piano.
Per mezzi non isotropi il coeciente di scambio termico conduttivo deve per-
tanto gestire una dipendenza direzionale operando su un vettore. È pertanto
necessario rappresentarlo in forma tensoriale e la relazione (2.22) si riscrive
nella sua forma più generale come
q = −k · ∇T (2.23)
k = kI (2.24)
k ∝ nvλ (2.25)
76
(a) Valori di k per materiali solidi (b) Valori di k per uidi
Figura 33: Graci che indicano il valore del coeciente di scambio termico
conduttivo.
1
λ∝ (2.27)
n
Pertanto si può riscrivere la relazione che lega il coeciente di scambio
termico conduttivo nei gas ideali come segue
√
k∝ T (2.28)
Per gas e uidi non ideali vale comunque la dipendenza dalla radice della
temperatura assoluta, ma anche dalla viscosità del uido µ, che a sua volta
dipende dalla temperatura. Per i gas la temperatura cresce con la viscosità,
mentre per i liquidi la dipendenza è esattamente opposta.
Dalla gura 33 è possibile osservare il comportamento anomalo dell'acqua
rispetto agli altri uidi.
77
Per l'aria inoltre è possibile sfruttare alcune comode relazioni per il calcolo
del coeciente k. Noto un valore k0 per una temperatura di riferimento T0
si può scrivere l'equazione seguente:
r
T
k = k0 (2.29)
T0
La stessa relazione regola il valore della viscosità:
r
T
µ = µ0 (2.30)
T0
∇ · q = ∇ · [−k(T ) · T (r)]
= −[∇k · ∇T + k∇ · ∇T ]
∂k 2
=− ∇T · ∇T + k∇ T (2.31)
∂T
∂k 2 2
=− |∇T | + k∇ T
∂T
Quindi ipotizzando che non vi sia dipendenza della temperatura la (2.31) si
riscrive come segue:
∇ · q = −k∇2 T (2.32)
∂ 2T
∂T
ρCV =k +σ (2.34)
∂t ∂x2
e come l'equazione in più dimensioni da cui deriva è un'equazione dieren-
ziale alle derivate parziali di tipo parabolico. Questo tipo di equazioni è
78
adatto a descrivere problemi sici di tipo diusivo con velocità innita di pro-
pagazione delle perturbazioni. Ciò è chiaramente falso nella realtà, tuttavia
l'approssimazione introdotta è bassissima e l'equazione (2.33) è comunemen-
26
te usata nelle applicazioni dell'ingegneria senza restrizioni. Considerando
quindi l'equazione (2.33) si può originare un problema ben posto, ovvero un
problema che ammette soluzioni la cui dipendenza dai dati iniziali non è
sensibile (tipica dei problemi non caotici), solo se viene assegnato uno dei
seguenti tre tipi di condizioni:
26 Gli altri due tipi di equazioni dierenziali sono le equazioni dierenziali alle derivate
parziali iperboliche , che descrivono problemi con velocità di propagazione nita e sono
utilizzate nella meccanica, e le equazioni dierenziali alle derivate parziali ellittiche, che
pure descrivono problemi in cui la velocità di propagazione delle perturbazioni è nita ma
nel caso stazionario.
79
Per osservare un esempio di soluzioni ottenibili con l'imposizione di ognuna
delle condizioni può essere utile osservare la gura 34.
Si sarà notato che in queste condizioni non è stato scritto il vettore usso
termico ma uno scalare. Questo scalare è infatti il usso termico necessario
a risolvere il problema, ovvero la componente normale al bordo del dominio
interessato dal problema di scambio termico diusivo. Fisicamente non è in-
fatti possibile porre controlli al usso tangente al dominio di interesse, dato
che questo usso non rientra nemmeno a pieno titolo nel bilancio scritto in
precedenza.
È certamente importante sottolineare, al ne di una buona risoluzione dei
problemi, che vanno rispettate anche le condizioni di raccordo del pro-
blema. Si immagini di sezionare il corpo del quale si desidera conoscere la
situazione termica. Alla supercie di contorno è possibile individuare per la
prima parte del corpo sezionato una normale n1 e per la seconda parte una
normale n2 = −n1 . Si impone su questa supercie, non la continuità della
temperatura, ma del usso termico : pertanto deve valere la formula
80
causa delle resistenze di contatto RC , ovvero delle resistenze al usso termico
27
dovute a un contatto non perfetto tra due solidi .
Nel caso di problemi monodimensionali si può considerare nel caso più sem-
plice l'assenza di generazione di potenza. Per immaginare come deve essere
un problema senza generazione interna di potenza si immagini un problema
in cui non è presente un assorbimento di radiazione che va a scaldare una
supercie. Tipicamente infatti, per una supercie colpita dalla radiazione si
ha una generazione di potenza σ che ha la tipica forma
σ = σ0 e−kx (2.42)
Un altro modo in cui si può avere generazione di potenza è causato dall' eetto
Joule, ovvero in presenza di un lo attraversato da corrente, o con reazioni
chimiche eccetera (in tal caso si avrebbe anche una dipendenza della genera-
28
zione di potenza dalla temperatura) .
27 Questo valore nella realtà dipende da variabili come la nitura del pezzo, la struttura
granulometrica dello stesso, il serraggio applicato, la presenza di un campo gravitazionale
o l'inserimento di appositi ller termici, ovvero materiali che inlandosi negli interstizi
riempiono i vuoti e promuovono lo scambio termico diusivo
coeciente di temperatura della generazione di potenza
28 Esiste in generale il ,
denito come
∂σ
(2.43)
∂T
Il valore di questa grandezza può essere nullo se vi è indipendenza della generazione di
potenza dalla temperatura, negativo se il corpo presenta feedback negativo in risposta
alla generazione di potenza (smorzandola all'aumentare della temperatura) o addirittura
positivo, caso in cui il corpo aumentando di temperatura premia la generazione di potenza
in uno scenario che va instabilizzandosi.
81
I problemi analizzati ora saranno pertanto esenti dai fenomeni sopra de-
scritti e varrà σ = 0, oltre a k = costante.
L'equazione (2.41) pertanto diventa
k∇2 T = 0 (2.44)
∂ 2T
=0 (2.45)
∂x2
Che risolvendosi presenta i seguenti valori per la temperatura e il usso
termico:
T = C1 x + C2 (2.46)
∂T
q = −k = −C1 k (2.47)
∂x
È ovvio che in tali condizioni di assenza di accumulo e di generazione la di-
vergenza del usso (che indica la quantità netta entrante in una supercie)
dovrà essere nulla.
Tornando al problema introdotto sarà possibile scrivere per il problema in
geometria piana monodimensionale, note le temperature al contorno (consi-
derando delle coordinate da 0 as):
(
T1 = T (0)
(2.48)
T2 = T (s)
(
T1 = C2
(2.49)
T2 = C1 s + C2
82
È possibile ottenere il valore della potenza che attraversa la supercie inte-
grando la (2.51) sull'area della lastra o del corpo indagato:
Z
Q→
s = q · ndA
ZA
T1 − T2
= k i · ndA
A s
T1 − T2 (2.52)
Z
i=n
= k dA
A s
T1 − T2
= s
kA
Si noti come si è scelto di scrivere l'ultima forma dell'equazione: in que-
sto modo è possibile, anche per lo scambio termico conduttivo, introdurre
l'analogia elettrica. Ciò comporta che si consideri
T1 − T2
Q= (2.54)
RK1 − RK2
È importante prendere familiarità con i proli di temperatura che riguardano
problemi di questo tipo: per questo caso è presentato in gura 35 .
29 Si considera la serie in virtù del fatto che la potenza termica deve attraversare tutti
gli strati obbligatoriamente
83
Figura 35: Problema in geometria piana
Nel caso di una nestra in una parete è invece di aiuto l'analogia elettrica
per poter studiare lo scambio termico considerando un sistema di resistenze
in parallelo30 .
dT
r = C1 (2.56a)
dr
dT C1
= (2.56b)
dr r
T = C1 ln(r) + C2 (2.56c)
C1
q = −k (2.57)
r
30 Inquesto caso è possibile considerare il parallelo in virtù del fatto che il usso termico
può distribuirsi sulle varie resistenze seguendo il percorso di minore resistenza complessiva.
84
In questo caso è importante notare come al contrario del problema in geo-
metria piana ci sia una diminuzione del usso all'aumentare della coordinata
radiale. Ciò è motivabile pensando che a ogni aumento di raggio il usso
incontra un'area resistente maggiore e si riduce di intensità.
Fissando le condizioni al contorno con le temperature T1 e T2 rispettivamente
ai raggi R1 e R2 si delinea il sistema riportato per la determinazione delle
due costanti di integrazione:
(
T1 = C1 ln(R1 ) + C2
(2.58)
T2 = C1 ln(R2 ) + C2
T1 − T2
q=k (2.60)
R1
ln
R2
Considerando ora la potenza scambiata, dopo aver semplicato l'integrale
sull'area come fatto per la geometria piana si giunge alla forma che prevede
la moltiplicazione dell'area per il usso termico:
T1 − T2
Q(r) = q(r)A(r) = k (2.61)
R1
ln
R2
αkh
Pertanto per geometria cilindrica la resistenza allo scambio termico
conduttivo RK vale
R1
ln
R2
RKC = (2.62)
αkh
In cui come nella gura (36) α indica l'angolo di cilindro considerato. Si
osservino come nel caso della geometria piana i proli sottostanti riferiti a
85
una parete cilindrica multistrato. Si noti in particolare come la pendenza del
prolo (proporzionale al usso termico) vada attenuandosi all'aumentare del
raggio. Si noti anche come per due intervalli radiali di pari entità e per pari
coeciente k la temperatura al raccordo sia inferiore rispetto alla media tra
le temperature al contorno. Tutto ciò è osservabile in gura (36):
1 d 2 dT
r =0 (2.63)
r2 dr dr
2 dT
r = C1 (2.64a)
dr
C1
T =− + C2 (2.64b)
r
(2.64c)
86
Ricordando la relazione che lega il usso termico alla temperatura secondo
la legge di Fourier introdotta nella (2.22) si può scrivere il usso come segue:
C1
q = −k (2.65)
r2
In questo caso è importante notare come al contrario del problema in geo-
metria piana e analogamente al problema in geometria cilindrica ci sia una
diminuzione del usso all'aumentare della coordinata radiale, con il quadrato
del raggio. Ciò è motivabile pensando che a ogni aumento di raggio il usso
incontra un'area resistente maggiore e si riduce di intensità secondo una di-
pendenza quadratica dal raggio stesso.
Fissando le condizioni al contorno con le temperature T1 e T2 rispettivamente
ai raggi R1 e R2 si delinea il sistema riportato per la determinazione delle
due costanti di integrazione:
T1 = − C1 + C2
R1 (2.66)
T2 = − C1 + C2
R2
Sottraendo la seconda equazione dalla prima si trova un'importante relazione
che consente di calcolare il valore della prima costante di integrazione:
1 1
T1 − T2 = −C1 − (2.67a)
R1 R2
T1 − T2
C1 = − (2.67b)
1 1
−
R1 R2
Quindi alla luce di queste considerazioni il usso termico nel problema in
geometria sferica si scrive come segue:
k T − T2
q= 2
1 (2.68)
r 1 1
−
R1 R2
Considerando ora la potenza scambiata, dopo aver semplicato l'integrale
sull'area come fatto per la geometria piana e cilindrica si giunge alla forma
che prevede la moltiplicazione dell'area per il usso termico:
k 2 T1 − T2
Q(r) = q(r)A(r) = · ωr
r2 1 1
−
R1 R2
T1 − T2 (2.69)
=
1 1
−
R1 R2
ωk
87
Pertanto per geometria sferica la resistenza allo scambio termico con-
duttivo RK vale
1 1
−
R1 R2
RKS = (2.70)
ωk
In cui al posto del termine ω in generale sarà presente l'angolo solido in
steradianti entro cui si considera il mantello sferico oggetto del problema
come nella gura (37).
Si osservino anche in questo caso i proli di temperatura nel caso di mantello
sferico a doppio strato. Anche in questo caso a parità di intervallo radiale
e di coeciente di scambio termico conduttivo la temperatura all'interfaccia
sarà minore (ancora più sensibilmente del caso cilindrico) rispetto alla media
delle temperature al contorno.
88
Resistenza convettiva: è la resistenza allo scambio termico convet-
tivo, che verrà introdotta in seguito. Essa è regolata dal coeciente h
1
e vale RC =
Ah
Rcont. 1 1 1
h0 A h0 A(rc ) h0 A(rc )
Rf oul 1 1 1
h00 A h00 A h00 A
RC 1 1 1
hA hA hA
Per questo caso si scrive l'equazione dello scambio termico conduttivo come
nella (2.41), ovvero secondo l'equazione
k∇2 T + σ = 0 (2.71)
La quale può essere analizzata con una certa semplicità nel caso delle geo-
metrie piana e cilindrica.
∂ 2T σ
2
=− (2.72a)
∂x k
∂T σ
= − x + C1 (2.72b)
∂x k
σ 2
T = − x + C1 x + C2 (2.72c)
2k
Per quanto visto nell'equazione di Fourier (2.22) è possibile scrivere come
segue il usso termico che interessa la supercie in analisi:
dT
q = −k = σx − C1 k (2.73)
dx
89
Nota la temperatura al contorno T (0) = T1 e T (s) = T2 è possibile determi-
nare le due costanti di integrazione con il sistema seguente:
(
T1 = C2
(2.74)
σ 2
T2 = − 2k x + C1 x + C2
σ 2 σs
T =− x + x + T1 (2.77a)
2k 2k
σs
q = σx − (2.77b)
2
Dallo studio delle due funzioni si nota come la temperatura abbia un an-
damento parabolico con un punto di massimo per il valore nullo del usso,
s
ovvero in questo caso per x= . Il risultato delle ipotesi introdotte è ben
2
visibile in gura 38
Nel caso in cui invece vi sia dierenza tra i due valori di temperatura
la situazione può assumere aspetti diversi che è interessante indagare. Si
prenda, ad esempio T (0) = T1 e T (s) = T2 con T1 > T2 . Si può scrivere
la formula per il prolo di temperatura e per il usso termico presentata
in (2.76). Si studia in particolare il segno del usso che avrà poi precise
ripercussioni sul prolo di temperatura.
Nel primo caso che si analizza il usso è negativo no a uno zero per
poi diventare positivo. Come nel caso visto in precedenza lo zero del
usso corrisponde a un punto di stazionarietà per la temperatura che in
90
Figura 38: Prolo di temperatura e usso termico nel caso di simmetria
termica
σs T1 − T2
>k (2.78)
2 s
Ciò si traduce in un prolo di temperatura come quello proposto in
gura, con una quota di usso uscente dalla parete sulla coordinata
nulla (causato dalla generazione) σs/2 maggiore della quota di usso
entrante a causa del gradiente di temperatura k(T1 − T2 /2).
La situazione è visibile nel graco in gura (39)
Nel secondo caso che si analizza il usso è nullo a un'estremità per poi
diventare positivo. Come nel caso visto in precedenza lo zero del usso
corrisponde a un punto di stazionarietà per la temperatura che in questo
caso è un massimo (considerando la generazione positiva e non nega-
tiva). In questi casi in cui il usso presenta uno zero ad un'estremità
signica che, in modulo, vale la seguente relazione:
σs T1 − T2
=k (2.79)
2 s
Ciò si traduce in un prolo di temperatura come quello proposto in -
gura, con una quota di usso uscente dalla parete sulla coordinata nulla
91
Figura 39: Proli di temperatura e usso termico nel primo caso di situazione
termica asimmetrica
σs T1 − T2
>k (2.80)
2 s
Ciò si traduce in un prolo di temperatura come quello proposto in -
gura, con una quota di usso uscente dalla parete sulla coordinata nulla
(causato dalla generazione) σs/2 minore della quota di usso entrante
92
Figura 40: Proli di temperatura e usso termico nel secondo caso di
situazione termica asimmetrica
Figura 41: Proli di temperatura e usso termico nel terzo caso di situazione
termica asimmetrica
93
pratica nello studio dello scambio termico agente su un conduttore cilindrico
cavo in cui scorre corrente (di comune impiego nelle linee di trasporto dell'e-
lettricità per l'alimentazione dei treni).
In questo caso si è già visto come cambia l'espressione del laplaciano della
temperatura, e l'equazione (2.71) si riscrive come segue
1 d dT σ
r =− (2.81)
r dr dr k
È possibile risolvere l'equazione dierenziale a variabili separabili presentata:
1 d dT σ
r =− (2.82a)
r dr dr k
dT σ
d r = − rdr (2.82b)
dr k
dT σ
r = − r 2 + C1 (2.82c)
dr 2k
σr2
T =− + C1 ln(r) + C2 (2.82d)
4k
In base all'espressione trovata per la temperatura e all'equazione di Fourier
presentata nella (2.22) è possibile scrivere la formula per il usso termico:
dT σr C1 k
q = −k = − (2.83)
dr 2 r
Ovviamente nell'equazione (2.83) si considererà nullo il coeciente C1 nel
caso in cui si giunga al raggio nullo, per evitare irrealistiche divergenze del
usso e della temperatura.
Nel caso di problemi non monodimensionali per la maggior parte dei casi
la soluzione non può essere trovata con carta e penna (eccetto problemi con
geometrie particolarmente semplici e quindi banali), ma con adeguati modelli
al calcolatore con programmi basati su metodi alle dierenze nite.
Sono tuttavia presenti, esistenti ed utilizzati molti metodi per migliorare la
situazione computazionale.
Ad esempio, per particolari geometrie (corpi immersi in altri corpi comple-
tamente, o per buona parte) è disponibile una forma standard basata sulla
denizione di particolari coecienti conduttivi k da parte del calcolatore. La
forma è la seguente
q = Sk(T1 − T2 ) (2.84)
94
In altri casi è possibile ridurre la natura dimensionale del problema da più
dimensioni ad una sola dimensione e risolvere il problema con i metodi ana-
litici applicabili anche senza l'utilizzo del calcolatore.
Il metodo risolutivo che sarà proposto può essere utilizzato rispettate de-
terminate condizioni che saranno precisate, per risolvere problemi con dati
iniziali di Neumann (usso imposto), o di Robin (usso funzione della tem-
peratura).
Si ipotizzi un dominio di interesse compreso lungo x in [0, L] e lungo y in
[0, H], come in gura 42.
∂ 2T ∂ 2T
+ =0 (2.85)
∂x2 ∂y 2
Si desidera integrare questa espressione in dy , mantenendo pertanto l'ugua-
glianza:
H H
∂ 2T ∂ 2T
Z Z
dy + dy = 0 (2.86)
0 ∂x2 0 ∂y 2
È di immediata comprensione il fatto che il secondo integrale non costituisce
un problema: esso per il teorema fondamentale del calcolo integrale
corrisponde alla derivata prima della temperatura rispetto alla coordinata
y. Il primo integrale tuttavia può causare problemi: non è certamente di
∂2T
facile determinazione la funzione , e lo sarà ancor meno l'integrazione
∂x2
95
in dy . Pertanto si richiede la prima ipotesi: ovvero che valga la seguente
espressione:
∂ ∂ 2T
=0 (2.87)
∂y ∂x2
In questo modo è possibile riscrivere l'integrale (2.86) come segue:
H H
∂ 2T
Z
∂T
dy + =0 (2.88a)
∂x2 0 ∂y 0
H
∂ 2T ∂T
H 2 + =0 (2.88b)
∂x ∂y 0
H
∂ 2T q
H 2 − =0 (2.89a)
∂x k 0
∂ 2T 1
H 2 − qc (H) − qc (0) (2.89b)
∂x k
∂ 2T h
H i − (T H − T∞ ) · (i) − (T0 − T∞ ) · (−i) =0 (2.89c)
∂x2 k
∂ 2T h
H 2 − (TH − T∞ ) + (T0 − T∞ ) = 0 (2.89d)
∂x k
Giunti a questo punto si prosegue formulando una seconda ipotesi, ovvero
che le temperature agli estremi del dominio selezionato siano uguali. Pertanto
secondo l'ipotesi vale l'equazione
Questa ipotesi risulta sostenibile, come si può vedere nella gura 43 soltanto
se la dierenza tra la massima temperatura nel dominio e la temperatura al
contorno è trascurabile rispetto alla dierenza tra temperatura al contorno
e temperatura di riferimento per lo scambio convettivo, ovvero se
Tmax − TH
1 (2.91)
TH − T∞
96
Figura 43: Rappresentazione graca della seconda ipotesi
∂ 2T h
H 2
= 2 (T − T∞ ) (2.92)
∂x k
Si può ora indagare più approfonditamente la condizione imposta in prece-
denza. Si immagini di ruotare gli assi e di traslare il dominio selezionato
nella direzione negativa della coordinata y di una lunghezza pari a H/2. A
questo punto il dominio risulta sezionato equamente in due parti simmetriche
dall'asse x, come può essere visto in gura 44.
97
l'asse delle temperature (coincidente con l'asse x) nel punto a temperatura
∗
Tmax . Per la denizione di derivata è possibile scrivere
∗
∂T TH − Tmax
= (2.93)
∂y H/2
Quindi si scrive l'equazione (2.88) alla luce di quanto scritto nella (2.93) per
ottenere la relazione:
2k ∗
− (TH − Tmax ) = h(TH − T0 ) (2.94a)
H
Hh T ∗ − T0 Tmax − T0
= max > (2.94b)
2k TH − T0 TH − T0
È pertanto possibile, in ipotesi conservativa, applicare il vincolo di trascura-
Hh
bilità sul termine . Infatti questo termine è uguale a un valore maggiore
2k
del termine su cui si deve imporre la trascurabilità: pertanto si stabilisce la
condizione suciente ma non necessaria che impone
Hh
1 (2.95)
2k
Vericata la quale si sarà certi della relazione (2.91)
Questa condizione, seppur vincolante più del dovuto, è molto comoda da
vericare poichè esclude qualsiasi considerazione della situazione termica: è
infatti suciente vericare
Geometria
Materiale (attraverso k)
Coeciente convettivo h
Noti questi parametri è possibile determinare se si possa applicare con cer-
tezza la monodimensionalizzazione del problema bidimensionale.
∂ 2θ h
H 2 −2 θ =0 (2.97)
∂x k
Ora è immediato riconoscere nella (2.97) un'equazione dierenziale lineare
omogenea a coecienti costanti del secondo ordine. È noto che la soluzione
98
a una generica equazione dierenziale di questo tipo di ordine n è data dalla
somma di n esponenziali. Si scrive pertanto
2h
θ00 − θ=0 (2.98)
kH
Ovvero
θ00 − m2 θ = 0 (2.99)
2h
m2 := (2.100)
kH
Si coglie pertanto l'occasione per denire il termine adimensionale noto come
numero di Biot della lastra, correlato al valore di m, ovvero
LC h
Bi := (2.101)
k
In cui è opportuno precisare la formula generale per la lunghezza carat-
teristica (da valutare in realtà caso per caso a seconda del risultato che
comporta):
A
LC = (2.102)
P
Si noti quindi che il numero di Biot altro non è che il valore su cui applicare
il controllo scritto nella (2.95), in cui il termine che compare è proprio Bi
nel caso particolare. Pertanto la condizione denitiva da valutare per essere
certi della possibilità di considerare uguali le temperature alle estremità del
dominio (e quindi di poter applicare la risoluzione presentata) è la seguente:
Bi 1 (2.103)
99
Figura 45: Dominio utilizzato nel metodo alternativo per la denizione del
numero di Biot
∂QK
QK (x) = qc dx + QK (x) + dx + o(dx2 ) (2.104b)
∂x
∂QK
0 = qc + (2.104c)
∂x
Pertanto ricordando le denizioni fornite nell'elenco puntato precedente è
possibile riscrivere l'ultima equazione delle espressioni (2.104) come segue:
d dT
h(T∂ − T∞ ) − kH =0 (2.105)
dx dx
Applicando quindi lo stesso cambio di variabile visto in precedenza (si veda
l'equazione (2.96) per maggiori dettagli) e applicando la derivata ai termini
dipendenti da x, si giunge alla forma seguente:
d2 θ
hθ − kH 2 = 0 (2.106)
dx
Che si riscrive a questo punto come trovato in precedenza secondo la formula
θ00 − m2 θ = 0 (2.107)
100
Casi applicativi di questo tipo d'indagine possono essere pannelli solari,
lastre di metallo esposte al sole oppure le superci alettate. Per for-
nire un esempio pratico e di importante interesse ingegneristico si valuterà
l'ultimo caso, ovvero quello delle alette.
Qc = hAS (T − T∞ ) (2.108)
101
Figura 46: Esempio di scambiatore alettato. Fonte [1]
Una singola aletta di uno scambiatore di questo tipo può essere schema-
tizzata come nella gura 47. È pertanto possibile considerare il problema di
Prima ipotesi
∂ ∂ 2T
=0 (2.109)
∂y ∂x2
Seconda ipotesi, accettabile considerando il ridottissimo spessore del-
l'aletta che ne comporta certamente un valore massimo di temperatura
102
di pochissimo superiore ai valori al contorno
Hh
1 (2.110)
2k
θ00 − m2 θ = 0 (2.111)
λ2 − m2 = 0 =⇒ λ = ±m (2.114)
Per stabilire i valori dei coecienti si consideri che C2 deve essere nullo
per non far divergere la soluzione per L → ∞, mentre si impone la
condizione espressa nella (2.113) per la coordinata nulla. Risulta in
questo modo
θ(0) = θ0 = C1 em·0 =⇒ C1 = θ0 (2.116)
103
Questa equazione denisce una soluzione come quelle riportate in gu-
ra48. Si osservi la particolare relazione coinvolgente la retta tangente
al punto alla base dell'aletta. Scrivendo la derivata della soluzione si
ottiene
∂T
= −m(T0 − T∞ ) (2.118)
∂x 0
Pertanto la retta avrà equazione
T − T0 = −m(T0 − T∞ )x (2.119)
lc = 1/m (2.120)
.
Studiata questa particolarità è opportuno occuparsi della forma gene-
rale della funzione, riportata in gura 48.
104
fatte si trascura lo spessore dell'aletta).
Z Z L
QC = qc dA = h(T − T∞ )P dx
A 0
Z L
= hP (T0 − T∞ )e−mx dx
0
L
e−mx
= hP θ0 − (2.121)
m 0
0
hP θ0 −mx
= e
m L
hP θ0
= (1 − e−mL )
m
Nella forma trovata si può esprimere la potenza reale asportata grazie
all'aletta considerando il valore innito della lunghezza, ovvero come
hP θ0 (2.112)
QC,reale = = kmAc θ0 (2.122)
m
Si consideri a questo punto un'aletta ideale. Essa porgerà, a dieren-
za delle altre alette, sempre il maggior ∆T possibile al uido con cui
scambia convettivamente, ovvero T0 − T∞ = θ0 . Pertanto per questa
aletta la potenza scambiata sarà una potenza ideale ed avrà la forma
seguente:
QC,ideale = hP Lθ0 (2.123)
hP θ0
QC,reale 1
ηf in := = m = (2.124)
QC,ideale hP Lθ0 mL
Quest'ultima forma si può scrivere anche come segue:
√ √ √
kH kHP kAc
ηf in =√ =√ =√ (2.125)
2hL 2hP L 2hP L
La conclusione più importante che si può trarre dalla (2.124) è che
l'ecienza di un'alettatura aumenta all'aumentare del coeciente di
scambio termico conduttivo dell'aletta stessa, aumenta ovviamente al-
l'aumentare della potenza scambiata e diminuisce all'aumentare del
105
coeciente di scambio convettivo (questo a causa dell'eetto che un
alto valore di questo coeciente ha sulla temperatura nell'aletta).
È immediato notare dall'ultima formula scritta come il rendimento di
aletta così denito tenda a zero nell'ipotesi assunta di lunghezza in-
nita. Ciò a causa del fatto che il confronto operato è assolutamente
impari: la potenza ideale scambiata è innita mentre risulta nita la
potenza realmente scambiata dall'aletta a numeratore (si può vedere
questo aspetto facilmente considerando l'area sottesa alle curve in -
gura 48).
Si introduce inoltre il parametro ecacia dell'aletta εf in , denito
come
hP
Qf in kmAc θ0 P 2
εf in := = = m = = (2.126)
Qno−f in hW Hθ0 hW H mW H mH
q(L) = 0 → dT dθ
= dx =0
dx
x=L x=L (2.127)
θ(0) = θ0
106
Da cui si ricava facilmente sostituendo x=L il valore della costante
C1 , nota la quale si determina con altrettanta facilità il termine C2 :
θ0 emL
C1 =
e + e−mL
mL
(2.130)
mL −mL
C2 = θ0 1 − mL
e = θ0 mLe −mL
−mL
e +e e +e
Si ricordano a questo punto le espressioni per alcune funzioni che è
utile richiamare a questo punto: esse sono le seguenti.
Coseno iperbolico:
ex + e−x
cosh(x) := (2.131)
2
Seno iperbolico:
ex − e−x
sinh(x) := (2.132)
2
Tangente iperbolica:
sinh(x)
tanh(x) := (2.133)
cosh(x)
θ0
θ= (emL e−mx + e−mL emx ) (2.134)
emL + e−mL
Che si riscrive come segue, per mettere poi in evidenza termini di
interesse:
θ0
θ= (em(L−x) + e−m(L−x) )
emL + e−mL
+ e−m(L−x)
m(L−x)
2θ0 e
= mL (2.135)
e + e−mL 2
ch m(L − x)
= θ0
cosh(mL)
Il graco che riporta l'andamento della variabile θ legata alla tempera-
tura è presente nella gura 49.
107
Figura 49: Prolo di temperatura nel caso di adiabaticità della punta.
108
rispetto al caso a lunghezza innita dato che vale la seguente relazione
mL tanh(mL)
0 0
... ...
2.472 0.95
2.647 0.99
2.994 0.995
∞ 1
Sulla base dell'errore che si considera accettabile e dei valori quì pro-
posti si possono prendere decisioni consapevoli riguardo il modello da
utilizzare in ogni problema.
109
3. Condizione di Robin al contorno: per il terzo caso invece di con-
siderare nulla la potenza scambiata dalla punta dell'aletta si valuta la
condizione al contorno seguente (di Robin):
dθ
q(L) = −k = h(TL − T∞ ) = hθL (2.141)
dx x=L
(
θ(0) = θ0 = C1 + C2 =⇒ C2 = θ0 − C1
(2.142)
km(C1 e−mx − (θ0 − C1 )emx ) = hθL
h
cosh(m(L − x)) + km
sinh(m(L − x))
θ = θ0 h
(2.143)
cosh(mL) + km
sinh(mL)
dT dθ
Q = −kAc = −kAc (2.144)
dx x=0 dx x=0
110
potenza:
dθ
Q = −kAc
dx x=0
h
−m sinh(m(L − x)) − m km cosh(m(L − x))
= −kAc θ0 h
cosh(mL) + km sinh(mL) x=0
h
sinh(m(L − x)) + km cosh(m(L − x))
= mkAc θ0 h
cosh(mL) + km sinh(mL)
x=0
sinh(mL) h cosh(mL)
= mkAc θ0 h
+ h
cosh(mL) + km sinh(mL) km cosh(mL) + km sinh(mL)
tanh(mL) h 1
= mkAc θ0 h
+ h
1 + km tanh(mL) km 1 + km tanh(mL)
(2.145)
(2.136)
lim Q = mkAc θ0 tanh(mL) = Qad.f in (2.146)
h
km
→0
h
Emerge pertanto che nel caso in cui la frazione tenda a zero (ovve-
km
ro secondo l'approccio ingegneristico, qualora essa ), è sia trascurabile
possibile adottare il modello con punta di aletta adiabatica. Perchè ciò
sia accettabile deve essere vera la seguente relazione:
h h
1→ < 0.1 (2.147)
km km
vericata la quale si potrà procedere con la considerazione del secondo
caso studiato.
Si osserva inoltre un'interessante proprietà che riguarda questa gran-
dezza su cui eettuare il controllo: infatti si può scrivere
r
√
r r
h (2.112) h kAc (2.102) h2 kLc h (2.101)
= = = = Bi (2.148)
km k hP k2h kLc
Pertanto si eettua ancora una volta il controllo sul numero di Biot,
per determinare una semplicazione nella trattazione del problema. Si
procede in questo modo: si valuta Bi < 0.1, in modo da poter ap-
plicare la semplicazione dimensionale del problema; si valuta poi
111
√
Bi < 0.01, ovvero Bi < 0.1 per poter applicare il metodo risolutivo
dell'aletta a punta adiabatica; si valuterà poi 1/mL > zi per applica-
re il metodo risolutivo che considera un'aletta di lunghezza innita,
dove zi è il limite scelto dalla tabella 2 (nella versione completa).
Ac
L0 = L + = L + Lc (2.150)
P
Perciò è stata trovata la lunghezza ttizia su cui scalare i calcoli con le
formule della punta adiabatica per ridurre gli errori introdotti.
Sebbene meno rigoroso del metodo precedente, quest'ultimo modo di
considerare la non adiabaticità dell'estremità dell'aletta è talvolta uti-
lizzato per la sua comodità e per il buon grado di approssimazione che
riesce a raggiungere.
112
Figura 50: Rappresentazione semplicata del processo di laminazione
meccanica.
Q← = qc← P dx (2.151)
113
Scambio avvettivo: per lo scambio avvettivo si può dimostrare
32
che
la forma per valutare il contributo energetico è pari a
Qa = ṁh (2.153)
∂QK ∂h
QK (x) + ṁh(x) = QK (x) + dx + ṁh(x) + ṁ dx + qc← P dx + o(dx2 )
∂x ∂x
(2.156a)
∂QK ∂h
dx + ṁ dx + qc← P dx = 0 (2.156b)
∂x ∂x
∂QK ∂h
+ ṁ + qc← P = 0 (2.156c)
∂x ∂x
A questo punto è possibile esprimere i termini introdotti in funzione della
temperatura:
dT
QK = −kAc (2.157)
dx
32 Per una dimostrazione dettagliata si rimanda al testo [3]
114
Flusso convettivo: il usso convettivo si esprimerà come già visto
secondo l'espressione
qc← = hc (T − T∞ ) (2.158)
A questo punto è possibile alla luce delle equazioni (2.157), (2.158), (2.159),
riscrivere l'equazione di bilancio al volume di controllo appartenente alla
lastra in fase di laminazione (2.156):
∂ 2T ∂T
− kAc 2
+ ṁC + P hc (T − T∞ ) = 0 (2.160)
∂x ∂x
Si nota inoltre che la portata massica può essere riscritta come prodotto tra
densità e portata volumetrica, ovvero
ṁ = ρU Ac (2.161)
∂ 2T ρU C ∂T P hc
2
− − (T − T∞ ) = 0 (2.162)
∂x k ∂x kAc
ρC
È quindi opportuno soermarsi sul termine . Questo termine è stato incon-
k
trato per la prima volta nel bilancio energetico al corpo espresso nella (2.33),
in cui riveste il ruolo di coeciente moltiplicativo della derivata temporale
della temperatura; esso riguarda pertanto l'accumulo di energia nel corpo. È
2
facilmente dimostrabile che le dimensioni di questo termine sono [s/m ].
L'inverso del termine riportato, ovvero
k
ρC
rappresenta quindi una veloci-
tà areolare 33
è indicata con la lettera greca α ed è nota come diusività
33 La velocità areolare è l'area spazzata dal vettore posizione di un punto materiale per
unità di tempo. Per comprendere meglio questa grandezza si pensi alla legge di Keplero
che stabilisce l'uguaglianza delle aree spazzate dalle traiettorie di un pianeta nella sua
orbita. Di fatto questa condizione implica la costanza della velocità areolare.
115
dell'energia34 . Fisicamente indica la velocità areolare con cui dionde l'e-
nergia.
A questo punto è possibile esprimere la (2.162) come segue, ricordando anche
2
la denizione del coeciente m fornita nella (2.112):
∂ 2T U ∂T
2
− − m2 (T − T∞ ) = 0 (2.163)
∂x α ∂x
Introducendo la nuova variabile θ come fatto nel caso già esaminato presente
nella (2.96), si può riscrivere la (2.163).
∂ 2 θ U ∂θ
− − m2 θ = 0 (2.164)
∂x2 α ∂x
A conferma di quanto fatto no a questo punto giunge il fatto che annullando
la velocità macroscopica U si torna alla forma precedentemente trovata nello
studio dello scambio termico sull'aletta in cui in eetti era stato annullato il
contributo avvettivo (si controlli a tal proposito l'equazione (2.111)).
L'equazione (2.164) è, come anche la (2.111), un' equazione dierenziale or-
dinaria35 , del secondo ordine, lineare36 , omogenea a coecienti costanti.
È noto che queste equazioni ammettono soluzioni nella forma di sommato-
rie di esponenziali, ognuna moltiplicata per opportuni coecienti correttivi.
In questo caso la soluzione generale è data dalla somma di due esponenziali
(dato che l'ordine dell'equazione è proprio il secondo) della forma
s
2
U 1 U
λ1,2 = ∓ + 4m2 (2.167)
2α 2 α
34 Esistono anche diusività di massa e di quantità di moto, le altre due grandezze che
si possono trasferire.
35 Non compaiono derivate diverse dalla derivata spaziale
36 Le derivate non sono elevate a potenza e non compaiono derivate miste
116
annullare il coeciente C2 per non incorrere in una singolarità della tempe-
ratura che non sarebbe aatto rappresentativa della realtà.
Considerando quindi il solo primo termine della (2.165) si ottiene la forma
che verrà presentata a breve, in cui si considera alla coordinata nulla la tem-
peratura θ nota e pari a θ0 . Si determina in tal modo il valore del coeciente
C1 ed è quindi possibile scrivere nalmente la soluzione pari a:
θ = θ0 e−λ1 x (2.168)
r
1 U U2 2
λ1 = − + 4m (2.169)
2 α α2
La soluzione trovata presenta grande somiglianza con la (2.117) e pertanto
il graco assumerà una forma similea quello in gura 48, visibile nella gura
51
Figura 51
Si nota che anche per questa soluzione esiste una lunghezza, ovvero 1/λ1
di interesse per comprendere la pendenza iniziale del prolo di temperatura,
come 1/m per il problema dell'aletta. Si studiano alcuni casi notevoli per
comprendere meglio la soluzione scritta e vericarne la correttezza e il senso
sico. Per studiare il caso in cui si annulla l'avvezione, dapprima si rac-
2
colga il termine 4m all'interno della soluzione proposta. Si estragga questo
117
termine dalla radice no a giungere alla forma seguente:
s 2
U U
λ1 = −m − + +1 (2.170)
2mα 2mα
Si torna pertanto alla soluzione trovata nella (2.117). Si noti che quanto
fatto, ovvero porre a zero il termine U/2mα corrisponde a trascurare l'av-
vezione, ponendo a zero un termine che dipende linearmente dalla velocità
macroscopica della lastra.
r
U 4α2 m2
λ1 = 1− 1+ (2.172)
2α U2
Si noti come il fatto di imporre un grande contributo avvettivo corrisponda a
porre a zero il termine 2mα/U . Ciò comporta la scrittura del limite seguente,
37
che si scrive secondo una nota relazione asintotica :
1 4α2 m2
U
lim λ1 = 1− 1+
(2mα/U )→0 2α 2 U2
2α2 m2
U
= − (2.173)
2α U2
αm2
=−
U
A questo punto si analizza la forma della lunghezza di interesse per il pro-
blema, ovvero il valore
1 U 1 U
= · = · lc,f in (2.174)
λ1 mα m mα
Avendo posto nel limite il valore (2mα/U ) a zero, è immediato notare come
la lunghezza d'interesse del problema vada ad innito per il caso considerato.
Il signicato sico di questo termine si ritrova nel prolo di temperatura che
118
comporta: infatti la temperatura è costante e pari ovunque alla temperatura
all'inizio del sistema di coordinate considerato. Ciò a causa del fatto che
avendo posto il termine indicato in precedenza a zero, si è implicitamente
fatto tendere la velocità macroscopica della lastra ad innito e pertanto il
prolo è piatto poichè riporta in ogni punto il valore dello stesso intervallo
iniziale che si sposta con velocità innita. Si ha avuto quindi prova del fatto
che quando è presente ed esaltata, l'avvezione sovrasta e copre ogni eetto
diusivo.
U
Si nota inoltre che il termine evidenziato in precedenza è adimensio-
mα
nale e può essere un buon indice della prevalenza degli eetti avvettivi su
quelli diusivi, al crescere del valore assunto. Si nota peraltro introducendo
il termine ν che indica in questo caso la viscosità del uido, si scrive
U U ν U lc,f in
= lc,f in = = P r · Re = P e (2.175)
mα α α ν
In cui si distinguono i gruppi adimensionali seguenti
Numero di Prandtl Pr
Numero di Reynolds Re
Numero di Peclet P e = Re · P r
119
2.5.1 Problemi zero-dimensionali a generazione nulla
Tmax − T∞
1 (2.176)
T∂ − T∞
ovvero la stessa relazione studiata per il prolo dell'aletta ed espressa nella
(2.91). Come è stato visto proprio in quella trattazione, per vericare questa
ipotesi è suciente, ma non necessario vericare l'ipotesi sul numero di Biot
(per la denizione del quale si rimanda alla (2.101)):
Bi 1 (2.177)
120
Si rimanda pertanto a quella trattazione per quanto riguarda un approfon-
dimento delle condizioni imposte, ricordando che il problema del prolo di
temperatura è geometricamente identico e pertanto possono essere denite
∗
le medesime temperature (Tmax , TL , . . . ). Infatti, secondo l'equilibrio al con-
torno imposto dalla condizione di Robin, si può pertanto scrivere l'equazione
seguente
dT
qk = qc→ =⇒ −k i · n = h(TL − T∞ ) (2.178)
dx
Ricordando le relazioni trovate nella (2.93) e ripetibili per quanto scritto no
a questo momento, si giunge alla scrittura dell'equazione analoga alla (2.94)
k ∗
− (TL − Tmax ) = h(TL − T∞ ) (2.179a)
L
Lh T ∗ − T∞ Tmax − T∞
= max > (2.179b)
k TH − T∞ TH − T∞
Proseguendo quindi nella trattazione, come già fatto per il caso dello studio
del problema stazionario menzionato, si giunge alla condizione sul numero di
Biot espressa nella (2.177).
q · n= qc= hc (T∂ − T∞ )
(2.181)
∂ ∂T
∂V ∂t
T t
dT 0
Z Z
hA 0
=− dt (2.184)
Ti T 0 − T∞ 0 ρCV
T − T∞ t t
= e− τ =⇒ T = T∞ + Ti − T∞ e− τ (2.187)
Ti − T∞
La soluzione è ancora una volta dello stesso tipo di quelle viste sia per l'a-
letta sia per la laminazione nell'ambito dei problemi stazionari. La costante
di tempo del sistema gode della stessa proprietà della lunghezza di interesse
in quei problemi: coincide con l'ascissa alla quale la retta tangente al pro-
lo di temperatura nell'istante iniziale interseca la retta orizzontale pari alla
temperatura T∞ . Ciò può essere visto nella gura 53.
Pertanto il tempo τ indica una sorta di tempo di risposta del sistema alla
sollecitazione termica: più è alto e più il sistema necessita di tempi lunghi
per portarsi a livelli di temperatura vicini alla temperatura T∞ . Per la trat-
tazione ingegneristica dei problemi, si considererà d'ora in poi concluso il
transitorio per un tempo t > 3τ in cui il 95% dell'adattamento alla solleci-
tazione è stato completato.
È curioso notare come ancora una volta sia possibile, al ne di comprendere
meglio il sistema, adottare un'analogia elettrica, in cui un sistema con una ri-
sposta di questo tipo è paragonato ad un condensatore. Infatti, osservando
meglio il termine τ si possono individuare due contributi che si moltiplicano:
1
hA
: è analogo alla resistenza del condensatore e di fatto rappresenta la
resistenza termica convettiva Rc . Un sistema con bassa resistenza
122
Figura 53: Prolo di temperatura per il problema non stazionario con
generazione nulla.
Per una visualizzazione graca di questo modello si può fare riferimento alla
gura 54.
Modelli come quello proposto consentono la caratterizzazione di proble-
mi multicorpo, come può essere quello di una guaina che ricopre un corpo
cilindrico. Per questo tipo di problema la schematizzazione in analogia elet-
trotecnica può essere quella rappresentata in gura 55 (considerando anche
la resistenza di contatto): Fino a questo momento si sono considerati solo
sistemi in cui la risposta alle condizioni esterne era considerata immediata.
In poche parole sono stati considerati solo sistemi ad inerzia nulla. Tuttavia
questi sistemi sono solo un'idealizzazione della realtà, non sempre applicabile
123
Figura 55: Rappresentazione graca dell'analogia elettrica nel caso di cilindro
protetto da guaina investita da usso convettivo.
e non sempre fedele a ciò che realmente accade. Per questo motivo è neces-
sario approfondire lo studio del sistema non stazionario e caratterizzarne il
comportamento dinamico.
Il sistema oggetto della trattazione è evidentemente un sistema dinamico,
per il quale risulta quindi di interesse caratterizzare la risposta a diversi tipi
di sollecitazioni tipiche nell'analisi di sistemi di questo genere.
124
È proprio la costante di tempo ad essere la grandezza oggetto di studio
in quanto caratterizza interamente la risposta del sistema alla sollecitazione:
infatti un sistema con bassi valori di τ si adatterà prima al gradino, nel sen-
so che andrà ad assumere valori di temperatura simili a quelli imposti dal
gradino in minor tempo. In questo senso la costante di tempo può essere
vista come un indice della prontezza del sistema, nel senso metrologico del
38
termine.
125
Figura 57: Risposta di due diversi sistemi all'onda quadra. Si noti la dif-
ferenza tra i proli in relazione alla dierenza tra le due costanti di tempo
τ.
∂T
τ +T =0 (2.192)
∂t
Che si riconduce facilmente a
∂T 1
= − ∂t (2.193a)
T τ
t
ln(T ) = − + C10 (2.193b)
τ
126
Quindi la soluzione all'omogenea associata si esprime come segue
t
G(t) = C1 e− τ (2.194)
t
d(g(t)e− τ ) t
τ + g(t)e− τ = T∞ (t) (2.196)
dt
Questa condizione si traduce nella forma
t 1 t t
τ (g 0 (t)e− τ − e− τ g(t)) + g(t)e− τ = T∞ (t) (2.197a)
τ
t
τ g 0 (t)e− τ = T∞ (t) (2.197b)
T∞ (t)
g 0 (t) = − t (2.197c)
e τ
Ciò comporta la determinazione della funzione g(t) che corrisponde quindi a
Z
1 t
g(t) = T∞ e τ dt + C2 (2.198)
τ
Pertanto l'integrale particolare si scrive come
t
e− τ
Z
t
I(t) T∞ e dt +
τ C20 (2.199)
τ
Quindi si può nalmente scrivere la soluzione per il problema con sollecita-
zione tempovariabile:
0
T∞ = T∞ + Bt (2.201)
127
È possibile utilizzare la metodologia risolutiva per la risposta a forzanti tem-
povariabili presentata in precedenza, pertanto si richiede necessariamente per
prima cosa la determinazione della funzione g secondo la denizione della
∗ ∗
(2.198), cambiando la variabile da t a t = t/τ (dt = τ dt ):
Z
1 t
g(t) = T∞ (t)e τ dt + C2 (2.202a)
τ
Z
∗
g(t∗ ) = (T∞ 0
+ Bt∗ τ )et dt + C2 (2.202b)
Z
0 t∗ ∗
g(t ) = T∞ e + Bt∗ τ et dt + C2
∗
(2.202c)
∗ ∗
g(t∗ ) = T∞ e + Bτ (t∗ − 1)et + C2
0 t
(2.202d)
∗ ∗
I(t) = g(t∗ )e−t = T∞
0
+ Bτ (t∗ − 1) + C2 e−t (2.203)
∗ ∗ ∗
T (t∗ ) = T∞
0
+Bτ (t∗ −1)+C2 e−t +C1 e−t = T∞
0
+Bτ (t∗ −1)+Ce−t (2.204)
∗
Ce−t (2.206)
0
T∞ + Bτ (t∗ − 1) (2.207)
t
0
T (t) = T∞ + B(t − τ ) + Ce− τ (2.208)
128
Per tempi sucientemente lunghi si ignora la parte relativa al transitorio di
risposta mentre ci si focalizza sul restante termine che caratterizza la risposta
a regime:
0
T (t) = T∞ + B(t − τ ) (2.209)
T (tD ) = T∞ (t)
0 0 (2.210)
T∞ + B(tD − τ ) = T∞ + Bt
tD = t + τ (2.211)
che evidenzia che il ritardo della risposta rispetto alla forzante è dato proprio
da τche conferma il proprio signicato di inerzia termica del sistema.
∗
Si osservi la gura per osservare la forma della risposta in un graco T, t , con-
0
siderando la temperatura iniziale del sistema Ti > T∞ (si otterrebbe una so-
luzione analoga anche per una temperatura iniziale inferiore al valore iniziale
della forzante).
0
T∞ = T∞ + ∆T sin(ωt) (2.212)
2π
ω= = 2πν (2.213)
T
Sebbene sia sicuramente sostenibile la tesi per cui non è aatto comune che
il sistema sia sollecitato da una forzante della forma espressa, va ricordato
che l'importanza della risposta alla generica armonica risiede nel ruolo fonda-
mentale che quest'ultima ricopre nella teoria dei segnali: infatti secondo gli
studi di Fourier un qualsiasi segnale periodico (e qualora non fosse periodico
viene interrotto dopo un tempo sucientemente lungo e considerato tale)
può essere approssimato da una serie di armoniche di frequenza crescente. In
questo modo conoscendo la risposta ad un'armonica fondamentale è possibile
conoscere la risposta del sistema a qualsiasi forzante: infatti una volta nota
129
la risposta per l'armonica generica è suciente eettuare una combinazione
lineare delle risposte secondo la rappresentazione in serie di Fourier della
forzante per ottenere la risposta a quella forzante.
Per lo studio della sollecitazione armonica si ripetono i passaggi eettuati
nello studio della risposta alla rampa.
Per prima cosa si studia la forma della funzione g come denito nella (2.198)
∗ ∗
cambiando la variabile da t a t = t/τ (dt = τ dt ):
Z
1 t
g(t) = T∞ e τ dt∗ + C2 (2.214a)
τ
Z
∗
g(t∗ ) = (T∞ 0
+ ∆T sin(ωt∗ τ ))et dt∗ + C2 (2.214b)
Z
0 t∗ ∗
g(t ) = (T∞ e + ∆T sin(ωt∗ τ )et dt∗ + C2
∗
(2.214c)
∗
et
Z
∗ t∗ ∗
sin(ωt τ )e dt = [sin(ωτ t∗ ) − ωτ cos(ωτ t∗ )] (2.216)
1 + ω2τ 2
Si può scrivere quindi l'espressione dell'integrale sommando questo risultato
alla formula generale ricavata nella (2.214)
∗
∗ 0 t∗ ∆T et
g = g(t ) = (T∞ e + [sin(ωτ t∗ ) − ωτ cos(ωτ t∗ )] + C2 (2.217)
1 + ω2τ 2
Si può quindi scrivere l'integrale particolare per la forzante scelta, secondo
la formula
∗ ∆T ∗
I(t∗ ) = ge−t = T∞
0
+ 2 2
[sin(ωτ t∗ ) − ωτ cos(ωτ t∗ )] + C2 e−t (2.218)
1+ω τ
130
È ora opportuno sfruttare alcune relazioni trigonometriche per riscrivere la
(2.218): si è infatti in una situazione del tipo α sin(x)+β cos(x) = γ sin(x+φ)
(
α = γ cos(φ)
→ γ(sin(x) cos(φ) + cos(x) sin(φ)) = γ sin(x + φ) (2.219)
β = γ sin(φ)
t ∆T
T (t) = Ce− τ + T∞ + √ sin(ωt − φ) (2.221)
1 + ω2τ 2
Si possono eettuare a questo punto alcune osservazioni:
2. La risposta oscilla con uno sfasamento pari al valore di −φ. Per ana-
lizzare questo ritardo si considera la seguente equazione che valuta il
valore del ritardo ponendolo in relazione con la frequenza.
ωt − φ = π (2.223)
131
Pertanto questi sistemi possono essere considerati adatti a non sfasare ecces-
sivamente i segnali per le frequenze alte e non eccessivamente modulanti per
frequenze basse. È tuttavia evidente che il ritardo nella risposta termica può
avere applicazioni nell'edilizia ad esempio, per dierire carichi termici impor-
tanti in un secondo momento in cui essi sono percepiti con minor discomfort
dagli utilizzatori.
132
dell'ordine n come segue: si considera innanzitutto la relazione per la tempe-
ratura T2 , scaturita dalla prima equazione del sistema precedente (si ricordi
anche la denizione del tempo caratteristico τ ).
dT1
T2 = T1 + τ1 (2.226)
dt
A questo punto è possibile riscrivere la seconda equazione che diventerà
un'equazione dierenziale di secondo grado, come ci si attendeva.
dT1 dT1 dT1
d T1 + τ1 τ1 T1 − T∞ + τ1
dt
= − dt − dt (2.227a)
dt τ12 τ2
d2 T1 1 dT1 1 dT1 T1 − T∞ 1 dT1
2
+ =− − − (2.227b)
dt τ dt τ12 dt τ1 τ2 τ2 dt
2
1
d T1 1 1 1 dT1 1
2
+ + + (T1 − T∞ ) = 0 (2.227c)
dt τ1 τ12 τ2 dt τ1 τ2
Per un'equazione come quella appena presentata, dopo numerosi e pesanti
calcoli in cui non ci si addentra viene determinata una funzione per la tem-
peratura nella solita variabile θ. In generale la funzione si esprime come una
somma di esponenziali:
θ = C 1 e λ1 t + C 2 e λ2 t (2.228)
prima alla forzante esterna rispetto agli strati più interni, come era lecito
aspettarsi.
133
2.5.2 Problemi monodimensionali in regime variabile in assenza
di generazione
∂ 2T
∂T
ρCV =k (2.229)
∂t ∂x2
134
caratteristico. Se ad esempio nel problema di scambio termico si valutasse un
mezzo in cui non è denita una lunghezza caratteristica, sarebbe certamente
possibile eliminare con questo metodo la dipendenza da due variabili andan-
do a considerare una sola variabile. La coordinata spaziale non è associata
ad un valore di lunghezza caratteristica quando il mezzo che si considera è di
lunghezza innita. Si considererà pertanto la soluzione al problema di scam-
bio termico per mezzi deniti semi-inniti. Questo mezzo ha una frontiera
denita ad un'estremità mentre si estende innitamente nella direzione op-
posta.
Sebbene questa ipotesi sembri restringere l'applicabilità della trattazione a
pochi casi, si scoprirà che essa è molto più valida di quanto questa introdu-
zione lasci intendere: per avere un'idea della possibile estensione del ragio-
namento anche per mezzi non geometricamente semi-inniti, si consideri un
corpo a temperatura Ti a cui è applicata a un'estremità la temperatura T0
all'inizio dell'intervallo di tempo considerato.
Osservando il prolo in gura si può osservare come, specialmente per gli
istanti iniziali sia possibile individuare una coordinata spaziale oltre la quale
la perturbazione applicata non si è ancora propagata nel mezzo considerato.
In questo senso il mezzo può essere considerato, per quell'istante e i prece-
denti, semi-innito.
135
1 ∂T (t0 (t), x)
0
∂ 2T
dt
= (2.233a)
α ∂t0 dt ∂x2
1 ∂T (t0 (t), x) ∂ 2T
α = (2.233b)
α ∂t0 ∂x2
0 2
∂T (t (t), x) ∂ T
0
= (2.233c)
∂t ∂x2
È stato così possibile eliminare i coecienti presenti nell'equazione ed è ora
possibile eettuare un triplo cambio di variabile per adimensionalizzare il
problema:
x∗ = Cx
[C1 ] = lungh.
1
0
t∗ = Ct [C2 ] = lungh.2 (2.234)
2
T ∗ = T
C3 [C3 ] = temp.
In questo modo l'equazione (2.233) si riscrive, applicando ancora la chain-
rule di derivazione (e la sua generalizzazione, la formula di Faà di Bru-
no41 ).
2 ∗ ∗ 2
∂T ∗
∗
∂t ∂ T ∂x
C3 ∗ 0
= C3 ∗2
(2.235a)
∂t ∂t ∂x ∂x
∗ 2 ∗ 2
1 ∂T ∂ T 1
= (2.235b)
C2 ∂t∗ ∂x∗2 C1
L'equazione a questo punto può essere ulteriormente semplicata se si con-
sidera l'uguaglianza
C12 = C2 (2.236)
∂T ∗ ∂ 2T ∗
= (2.237)
∂t∗ ∂x∗2
Questa equazione, si sarà notato, è formalmente identica alla (2.233) e per-
tanto ammetterà le stesse soluzioni, per cui può essere espressa la relazione
funzionale seguente
∗ ∗ ∗ ∗ ∗ x t
T = T̃ (x , t ) = T̃ , (2.238)
C1 C12
41 Francesco Faà di Bruno: matematico italiano.
136
È evidente che la dimensione di C1 è la lunghezza e che essa adimensionalizza
la variabile x. Pertanto essa è proprio la lunghezza caratteristica. Ma se
questa lunghezza caratteristica avesse valore innito (come nel caso in esame)
non sarebbe possibile la trattazione adimensionale del problema. È quindi
necessario far riferimento ad una variabile di similitudine, denita come
segue:
a
xa t0
∗ a ∗ x t
y := (x ) t = = (2.239)
C1 C12 C1a+2
A questo punto se si considera a = −2 è possibile dare esponente nullo
alla potenza della lunghezza caratteristica, risolvendo il problema del valore
innito di quest'ultima. Quindi la (2.239) diventa
αt
y = x−2 t0 = (2.240)
x2
È stata pertanto denita questa variabile y ad hoc per eliminare la lunghezza
caratteristica innita dal problema.
Si può quindi aermare che la variabile di similitudine è generalmente una
funzione omogenea di ogni variabile del problema di grado 1 nelle variabili
con grandezza caratteristica non innita e di grado a nella variabile di cui
si ha grandezza caratteristica innita in cui a è un valore opportunamente
scelto per eliminare dal problema la grandezza caratteristica divergente e
consentire la trattazione adimensionale del problema.
Nel caso in questione si decide poi di considerare una variabile di similitudine
diversa da quella presentata, per avere una maggiore facilità nello sviluppo
della soluzione. La variabile di similitudine che si sceglie è η, secondo la
denizione
x 1
η := √ = √ (2.241)
2 αt 2 y
Introducendo ancora una volta la variabile alternativa θ per lo studio del
prolo termico (in cui T = Ti + (T0 − Ti )θ), perciò si può riscrivere la (2.231)
come segue, applicando la chain rule di derivazione e la formula di Faà di
Bruno:
2 2
1 ∂θ ∂η ∂ θ ∂η
(T0 − Ti ) = (T0 − Ti ) 2
(2.242a)
α ∂η ∂t ∂η ∂x
2 2
1 ∂θ ∂η ∂ θ ∂η
= 2
(2.242b)
α ∂η ∂t ∂η ∂x
137
Riprendendo la denizione di η si possono esprimere le derivate della stessa
che compaiono, come segue:
∂η x 1 −3 x 1 3 η
= − αt 2 = − α− 2 t− 2 = − (2.243a)
∂t 2 2 4 2t
2 2
∂η 1 1
= √ = (2.243b)
∂x 2 αt 4αt
1 ∂ 2θ
1 ∂θ η
− = (2.244a)
α ∂η 2t 4αt ∂η 2
∂ 2θ ∂θ
2
+ 2η =0 (2.244b)
∂η ∂η
A questo punto per procedere più agevolmente nella risoluzione della pre-
sente equazione dierenziale lineare del secondo ordine a coecienti costanti
si eettua un'ulteriore cambio di variabili. Si consideri tuttavia quest'ulti-
mo cambio di variabili su un piano diverso rispetto ai precedenti: mentre
l'introduzione della variabile di similitudine è strettamente necessaria alla
risoluzione analitica di questo tipo di problema, quest'ultimo cambio di va-
riabile ha il solo scopo di alleggerire i conti.
Si prosegue quindi con la variabile z, denita come la derivata di θ rispetto
a η:
∂θ
z := (2.245)
∂η
L'equazione (2.244) diventa in questo modo
∂z
+ 2ηz = 0 (2.246)
∂η
ovvero un'equazione dierenziale a variabili separabili, facilmente integrabile
come segue
Z Z
dz
= − 2ηdη (2.247a)
z
ln(z) = −η 2 + C10 (2.247b)
2 ∂θ
z = C1 e−η = (2.248)
∂η
138
Pertanto è possibile scrivere la forma per la soluzione del problema di scam-
bio diusivo nel mezzo semi-innito nella variabile θ esprimendo l'integrale
seguente: Z
2
θ = C1 e−η dη + C2 (2.249)
T (0, t) − Ti T0 − Ti
BC)θ(η(x = 0)) = θ(η = 0) = = =1 (2.252a)
T0 − Ti T0 − Ti
T (x, 0) − Ti Ti − Ti
IC) lim θ(η(t)) = θ(η → ∞) = = =0 (2.252b)
t→0 T0 − Ti T0 − Ti
Inserendo la condizione al contorno nella soluzione trovata si determina im-
mediatamente il valore del coeciente C2 :
Z 0
2
θ(0) = C1 e−η dη + C2 = C2 = 1 (2.253)
0
139
Pertanto si riscrive la soluzione alla luce della determinazione dei valori dei
due coecienti: Z η
2 2
θ =1− √ e−η dη (2.255)
π 0
È possibile osservare l'andamento della erfc nella gura 60 in cui si nota che
partendo da un valore di 1 giunge presto a smorzarsi tendendo a zero al-
l'innito (si ricordi che queste condizioni sono quelle attraverso cui è stato
risolto il problema). È di interesse individuare un valore della variabile in-
dipendente per cui la funzione erfc presenta valore nullo in approssimazione.
Considerando in ottica ingegneristica trascurabili i valori inferiori a θ = 0, 01
si individua dalle tabelle della funzione errore complementare che ciò accade
quando
η = 1, 8 =⇒ erf(η) ≥ 0, 99 =⇒ erfc(η) ≤ 0, 01 (2.259)
140
Figura 60: Error function complementare.
δ = δ̃(t) (2.261)
δ Lc (2.262)
Lc
δ< (2.263)
10
La condizione (2.262) si riscrive come segue, ricordando l'espressione per δ
presentata nella (2.260) e considerando suciente ai ni di poter corretta-
mente applicare questo metodo che la lunghezza a cui è giunta la pertur-
bazione δ sia inferiore alla lunghezza caratteristica del mezzo in questione:
141
√
3, 6 αt < Lc (2.264a)
L2 L2
αt < c 2 . c (2.264b)
3, 6 10
2
αt Lc (2.264c)
L2
t c (2.264d)
α
Si è espressa pertanto una condizione sul tempo entro il quale è valida la
considerazione di un mezzo di geometria nita come mezzo semi-innito e
quindi un intervallo temporale entro cui è valida la soluzione trovata per la
temperatura nella variabile θ espressa dalla funzione errore complementare
erfc.
Come nel caso del numero di Biot è possibile denire un adimensionale il
cui valore sarà da controllare per la validità dell'approccio introdotto no a
questo momento. Esso è il numero di Fourier, si esprime con la notazione
Fo ed è denito come
αt
F o := (2.265)
L2c
La condizione da imporre, secondo quanto visto no alla (2.264) è
Fo 1 (2.266)
142
che interessa il mezzo in questione. Esso si esprime, secondo l'equazione di
Fourier (2.22) come
∂T ∂θ
q = −k = −k(T0 − Ti ) (2.267)
∂x ∂x
Ovvero, ricordando la chain rule di derivazione
∂θ ∂η (T0 − Ti ) ∂θ
q = −k(T0 − Ti ) = −k √ (2.268)
∂η ∂x 2 αt ∂η
x2
k(T0 − Ti ) − 4αt
q= √ e (2.270)
παt
Si può subito constatare come per un tempo tendente ad innito la soluzione
tenda ovunque a zero per coordinate nite: ciò è in accordo con l'idea che
in un intervallo grande quanto si vuole di tempo si raggiungerà l'equilibrio
termico se il mezzo non è innitamente esteso. È di ancora maggior interesse
osservare il valore del usso all'estremità perturbata del corpo in oggetto:
k(T0 − Ti )
q(0, t) = √ (2.271)
παt
Questa scrittura porta ad individuare una proprietà del corpo in questione,
ovvero l'eusività termica, denita come segue ed indicata con la lettera
greca ε
k 1 p
ε := √ = k r = kρC (2.272)
α k
ρC
Questa grandezza è certamente un buon indice della velocità con cui una per-
turbazione termica propaga nel mezzo. Pertanto per l'estremità perturbata
vale certamente la relazione
ε
q0 (t) = √ (T0 − Ti ) (2.273)
πt
143
Per comprendere meglio il signicato sico di questa proprietà, si osservi il
caso che si presenta: si supponga di opporre un mezzo semi-innito a un
secondo, creando un'interfaccia di scambio termico in cui il mezzo 1 e il
mezzo 2 sono a contatto perfetto. In questo modo si applica una condizione
come quella descritta nella presente sezione per entrambi i mezzi. Il prolo
di temperatura che si osserva nel tempo è rappresentato dalla gura 61 Si
144
al tatto rispetto ad esempio a fogli di carta o pezzi di legno? Questo eetto
è dovuto proprio all'azione dei diversi valori di eusività: infatti essendo i
termorecettori posti in prossimità dell'epidermide, è normale che essi avverta-
no una temperatura prossima alla temperatura all'interfaccia mano-oggetto.
Ebbene questa temperatura sarà determinata dalla media fatta in preceden-
za e quindi corpi con eusività alta come i metalli o la ceramica tenderanno
a portare la temperatura dell'interfaccia a valori più vicini alla temperatura
dell'oggetto stesso (quindi più bassi) mentre oggetti con minor eusività por-
teranno la temperatura dell'interfaccia più vicina alla temperatura del corpo
umano e quindi sentiremo più caldo.
145
1. Scrittura forma integrale e applicazione formula di deriva-
zioe sotto il segno di integrale: si scrive l'integrale per l'equazione
(2.231) tra la coordinata nulla e la coordinata δ con δ: erfc(δ) = 0, 99
punto in cui in approssimazione si esaurisce la perturbazione.
Z δ Z δ 2 δ
1 ∂T ∂ T ∂T
dx = 2
dx = (2.279)
0 α ∂t 0 ∂x ∂x 0
È possibile osservare che vale la seguente equazione
Z δ Z δ
∂T d ∂δ ∂(0)
dx = T dx − T (δ) + T (0) (2.280)
0 ∂t dt 0 ∂t ∂t
A questo punto, ricordando che ovviamente il primo estremo di integra-
zione è costante, si può considerare la riscrittura dell'equazione (2.279)
che si esprime come segue:
Z δ δ
d ∂δ ∂T
T dx − T (δ) =α (2.281)
dt 0 ∂t ∂x 0
Si eettua quindi il solito cambio di variabile per passare dalla consi-
derazione della temperatura T alla variabile θ denita come
T − Ti
θ := → T = Ti + θ(T0 − Ti ) =⇒ dT = (T0 − Ti )dθ (2.282)
T0 − Ti
44
Si scrive nuovamente la (2.281) nella nuova variabile :
Z δ
d ∂δ
[Ti + θ(T0 − Ti )]dx − [Ti + θ(δ)(T0 − Ti )](δ) = (2.284a)
dt 0 ∂t
δ
∂θ
= α(T0 − Ti ) (2.284b)
∂x 0
Z δ Z δ
d d ∂δ ∂δ
Ti dx + (T0 − Ti ) θdx − Ti − θ(δ)(T0 − Ti ) (2.284c)
dt 0 dt 0 ∂t ∂t
δ
∂θ
= α(T0 − Ti ) (2.284d)
∂x 0
Z δ δ
d ∂δ ∂θ
= θdx − θ(δ) =α (2.284e)
dt 0 ∂t ∂x 0
44 Al terzo passaggio si noti la semplicazione derivante dall'uguaglianza dei termini
Z δ
d ∂δ
Ti dx = Ti (2.283)
dt 0 ∂t
146
Si è pertanto giunti all'equazione che prende la forma seguente
Z δ δ
d ∂δ ∂θ
θdx − θ(δ) =α (2.285)
dt 0 ∂t ∂x 0
A questo punto è necessario per proseguire eettuare alcune ipotesi.
147
A questo punto si trasferiscono queste condizioni sulla variabile θ for-
mulata secondo Pohlhausen, ottenendo le equazioni seguenti per la
determinazione di a, b, c, d:
θ(0) = a = 1
θ(1) =1 + b +c + d = 0
∂x∗
∂θ 0 1
= θ (1) = b + 2c + 3d = 0 (2.290)
∂x ∗ ∂x δ
2 ∗ 2
∂ θ ∂x
= θ00 (0) = 2c = 0
∗2
∂x ∂x
Il sistema si risolve agevolmente e si giunge ai valori delle costanti come
segue
a=1
b = − 3
2 (2.291)
c = 0
d = 1
2
Si scrive quindi la variabile θ come segue
3 1
θ(x∗ ) = 1 − x∗ + x∗3 (2.292)
2 2
4. Inserimento soluzione approssimata nella forma integrale: si
può inserire la soluzione trovata per la variabile θ nell'equazione in
forma integrale (2.286) trovata in precedenza applicando solo la pri-
ma delle ipotesi formulate. In questo modo è possibile scrivere una
relazione per ricavare l'espressione di δ:
1
d 1 ∂θ ∂x∗
Z
∗
δθ(x )dx = α
dt 0 ∂x∗ ∂x 0
Z 1
d α 0
δ θ(x∗ )dx = θ (0) − θ0 (1)]10
dt 0 δ (2.293)
d 3 3α
δ =
dt 8 2δ
dδ
δ = 4α
dt
Si ottiene quindi la formula seguente per determinare un'espressione
per δ:
δ2
= 4αt (2.294)
2
148
E quindi si trova l'espressione
√
δ= 8αt (2.295)
149
Si impone quindi la conoscenza della temperatura iniziale Ti che costituisce
l'informazione fondamentale per la condizione iniziale:
IC : T (x, 0) = Ti (2.299)
∂ 2T
1 ∂T
= (2.300)
α ∂t ∂x2
A questo punto si applica un opportuno cambio di variabili per adimensio-
nalizzare il problema. Il vantaggio dell'adimensionalizzazione, già introdotta
peraltro in alcuni svolgimenti precedenti è doppio:
150
Pertanto è possibile riscrivere l'equazione (2.300) inserendo le nuove variabili
come segue:
2 ∗ ∗ ∗ ∗ 2
Ti − T∞ ∂θ∗ (x∗ , t∗ )
∗
∂t ∂ θ (x , t ) ∂x
∗
= (Ti − T∞ ) ∗2
(2.303)
α ∂t ∂t ∂x ∂x
Applicando le relazioni trovate in precedenza nella (2.302) si riscrive la (2.303)
come
1 ∂θ∗ (x∗ , t∗ ) α
2 ∗ ∗ ∗
∂ θ (x , t ) 1
∗
= (2.304)
α ∂t 2
Lc ∂x∗2 L2c
Pertanto l'equazione da studiare diventa la seguente:
∂θ∗ ∂ 2 θ∗
= (2.305)
∂t∗ ∂x∗2
Applicando le regole e le relazioni contenute nella (2.302) si possono riscrivere
le condizioni al contorno della (2.298) e le condizioni iniziali nella (2.299) nelle
variabili adimensionali: si osservi che la derivata rispetto alla coordinata x
assume la forma seguente
∗
∂T ∂θ 1
= (Ti − T∞ ) ∗
(2.306)
∂x ∂x Lc
mentre l'espressione della condizione del terzo tipo convettiva assume la
forma
∂T
−k = h(T (L) − T∞ ) = (Ti − T∞ )θ∗ (1, t∗ ) (2.307)
∂x x=L
k(Ti − T∞ ) ∂θ∗
− ∗
= h(Ti − T∞ )θ∗ (1, t∗ ) (2.309a)
Lc ∂x ∗
∗ x =1
∂θ hLc ∗
∗
=− θ (1, t∗ ) (2.309b)
∂x x∗ =1 k
∗
∂θ
= −Bi · θ∗ (1, t∗ ) (2.309c)
∂x∗ x∗ =1
151
È pertanto possibile scrivere in forma denitiva le condizioni al contorno nelle
variabili adimensionali:
∗
∂θ
=0
∂x∗ x∗ =0
BC : (2.310)
∗
∂θ
= −Bi · θ∗ (1, t∗ )
∂x∗ x∗ =1
IC : θ∗ (x∗ , 0) = 1 (2.311)
∗
∂θ ∂τ
= ∗ X(x∗ ) = τ̇ (t∗ )X(x∗ )
∂t
∂t
(2.313)
2 ∗ 2
∂ θ = ∂ X τ (t∗ ) = τ (t∗ )X 00 (x∗ )
∂x2 ∂x∗2
Si riscrive quindi la (2.305) come
τ̇ X = τ X 00 (2.314)
152
arontare separatamente le due funzioni che costituiscono la soluzione.
∗
Per quanto riguarda τ (t ) si può risolvere facilmente l'equazione
dτ ∗
= cost. → τ = CeC1 t (2.316)
τ
È facile dimostrare che C1 deve essere per forza negativa. Infatti se fosse
positiva si avrebbe una divergenza del prolo di temperatura che certamente
non corrisponde alla situazione sica che si sta analizzando. Se fosse nulla si
avrebbe una soluzione di temperatura indipendente dal tempo, in contrasto
con le ipotesi del problema e la situazione iniziale tutt'altro che all'equilibrio.
Pertanto l'unico valore assumibile dalla costante C1 è un valore negativo,
pertanto ci si riferirà d'ora in poi questa costante utilizzando la relazione
seguente:
C1 = −λ2 (2.317)
X 00 + λ2 X = 0 (2.318)
∗ ∗ ∗ ∗
X = C10 ez1 x + C20 ez2 x = C10 eiλx + C20 e−iλx (2.319)
46
Sfruttando la formula di Eulero si giunge alla scrittura dell'equazione
2 t∗
θ∗ = τ · X = Ce−λ C100 cos(λx∗ ) + C200 sin(λx∗ )
(2.322)
153
È ora necessario applicare le condizioni al contorno e le condizioni iniziali per
ricavare i valori dei coecienti presenti in questa equazione. In particolare,
si applicano le condizioni al contorno alla derivata della funzione trovata
∗
rispetto alla variabile spaziale adimensionale x . Tale derivata si calcola
facilmente ed è espressa nella formulazione seguente:
∂θ∗ −λ2 t∗
∗ ∗
= e C 2 λ cos(λx ) − C 1 λ sin(λx ) (2.324)
∂x∗
Applicando la condizione per x∗ = 0 che impone l'annullamento della derivata
si ottiene
∂θ∗
2 t∗
= e−λ C2 λ = 0 =⇒ C2 = 0 (2.325)
∂x∗ x∗ =0
A questo punto si studia la derivata alla luce di questa importante infor-
mazione (la quale ne semplica notevolmente la forma), ovvero si studia la
funzione
∂θ∗ 2 ∗
∗
= −e−λ t C1 λ sin(λx∗ ) (2.326)
∂x
∗
Applicando la condizione per x = 1 si ottiene
∂θ∗ 2 ∗
= −e−λ t C1 λ sin(λ) = −Bi(θ∗ (1, t∗ ))
(2.327)
∗
∂x x∗ =1
Ovvero, secondo la forma aggiornata della funzione θ∗ :
2 t∗
θ∗ = e−λ C1 cos(λx∗ ) (2.328)
∂θ∗ 2 ∗ 2 ∗
∗
= −e−λ t C1 λ sin(λ) = −Bi · e−λ t C1 cos(λx∗ ) (2.329)
∂x x∗ =1
Operando le opportune semplicazioni si giunge ad un risultato inatteso ri-
spetto alle aspettative di trovare un valore per C1 che si nutrivano all'inizio
di questi ultimi calcoli. Infatti il coeciente si semplica e si rimane con
un'equazione implicita in λ del tipo
λ tan(λ) = Bi (2.331)
154
Figura 62: Soluzioni per l'equazione (2.331) ponendo Bi = 1. Le conclusioni
generali non variano per altri valori del numero di Biot
valore qualsiasi si ottiene, come nella gura 62 che esistono innite soluzioni
all'equazione (2.331).
A questo punto è chiaro che in base alla seconda condizione al contorno
sarà necessario considerare come soluzione la combinazione lineare delle so-
luzioni con ogni valore valido di λ, per non trascurarne alcuno. Pertanto è
∗
necessario esprimere θ come sommatoria in cui si cicla l'indice delle varie
soluzioni all'equazione implicita da 1 all'innito, poichè innite sono appunto
le soluzioni secondo il graco riportato.
∗
Pertanto la nuova forma della θ sarà:
∞
2 t∗
X
∗
θ = e−λ Cn cos(λn x∗ ) (2.332)
n=1
Denizione 18 (Prodotto scalare tra funzioni). Siano f (x) e g(x) due fun-
zioni continue su [a, b]. Si denisce il prodotto scalare tra le due funzioni
155
come l'operazione
Z b
< f, g >:= f (x)g(x)dx (2.333)
a
A questo punto, ricordando cosa accade per i vettori, ovvero che il pro-
dotto scalare tra due vettori ortogonali è nullo, si può per analogia denire
una regola per individuare funzioni ortogonali:
Dalla denizione enunciata si nota che alcune funzioni notevoli sono or-
togonali, in particolare, se le condizioni al contorno sono del tipo
∞
X
∗
θ(x , 0) = Cn cos(λn x∗ ) = 1 (2.335)
n=1
156
Si nota che essendo il termine cos(λm x∗ ) indipendente dalla sommatoria che
moltiplica, è possibile inserirlo come coeciente, per poi estrarre la som-
matoria dall'integrale. Si risolve inoltre l'integrale a destra per ottenere la
relazione seguente:
∞ 1 1
sin(λm x∗ ) sin(λm x∗ )
X Z
∗ ∗ ∗
Cn cos(λm x ) cos(λn x )dx = = (2.337)
n=1 0 λm 0 λm
1
cos α cos β = cos(α + β) + cos(α − β) (2.339)
2
L'integrale si riscrive pertanto come
1 1
sin(λn x∗ )
Z Z
Cn ∗ ∗ ∗
cos(2λn x )dx + cos(0)dx = (2.340)
2 0 0 λn
sin(λn x∗ )
Cn sin(2λn )
1− = (2.341)
2 2λn λn
sin(λn x∗ )
Cn sin(2λn )
1− = (2.342)
2 2λn λn
Cn
λn − cos(λn ) sin(λn ) = sin(λn x∗ ) (2.343)
2
Si giunge quindi alla formulazione del coeciente Cn
2 sin(λn )
Cn = (2.344)
λn − cos(λn ) sin(λn )
157
Si può quindi nalmente scrivere la soluzione del problema ora che ogni
termine ha trovato una formulazione in funzione di variabili del problema.
In particolare la soluzione risulta essere la seguente:
∞
2 t∗
X
∗
θ = Cn e−λ cos(λn x∗ ) (2.345)
n=1
In cui
λn tan(λn ) = Bi
(2.346)
2 sin(λn )
C n =
λn − cos(λn ) sin(λn )
Da un'analisi della soluzione si ottiene che essa è ben approssimata anche dal
solo primo termine (n = 1) nel caso in cui valga la relazione F o > 0.2.
Si delinea pertanto per i vari valori di Fo la possibilità di considerare diver-
samente il corpo e di ottenere diversi valori per la grandezza adimensionale
θ∗ , che comporta la situazione illustrata in gura (63).
In cui
J1 (λn )
λn = Bi
J2 (λn )
(2.348)
2J1 (λn )
Dn =
J02 (λn )+ J12 (λn )
158
Mentre nel caso di geometria sferica si ottengono i risultati seguenti:
∞
∗
X 2 t∗ sin(λn x∗ )
θ = En e−λ (2.349)
n=1
λn r∗
In cui
λn
1− = Bi −→ sin(λn ) − λn cos(λn ) = Bi sin(λn )
tan(λn )
(2.350)
4 sin(λn ) − λn cos(λn ) 4Bi sin(λn )
En =
=
2λn − sin(2λn ) 2λn − sin(2λn )
A questo punto si desidera indagare un valore medio spaziale della tempera-
∗
tura T partendo dalle conoscenze dei valori della funzione θ e dei coecienti
a cui è associata. Questo valore è di interesse poichè sarà importante con-
frontarlo con i risultati ottenuti per la modellazione zerodimensionale del
problema, per vericarne il grado di approssimazione.
Questa operazione verrà ripetuta per la geometria piana, cilindrica e sferica.
159
λn
Introducendo una moltiplicazione per al valore dentro la somma-
λn
toria nell'integrale di certo si mantiene l'identità del termine e si può
inoltre estrarre dal segno di integrale ogni sua parte che non dipenda
dalla variabile di integrazione. Si giungerà pertanto alla forma
∞ Z 1
−λ2 t∗
X
T = T∞ + (Ti − T∞ ) Cn e λn cos(λn x∗ )dx∗ (2.356)
n=1 0
dV = dz · dφ · rdr (2.360)
160
Figura 64: Coordinate cilindriche.
λ2n
Introducendo una moltiplicazione per al valore dentro la somma-
λ2n
toria nell'integrale di certo si mantiene l'identità del termine e si può
inoltre estrarre dal segno di integrale ogni sua parte che non dipenda
dalla variabile di integrazione. Si giungerà pertanto alla forma
∞ 2 ∗ Z λn
X Dn e−λ t
T = T∞ + 2(Ti − T∞ ) J0 (λn r∗ )λn r∗ d(λn r∗ ) (2.363)
n=1
λ2n 0
161
Quindi è possibile scrivere
Z
n
x Jn (x) = y n Jn−1 (x)dx (2.366)
∞ 2 ∗ λ n
X Dn e−λ t
T = T∞ + 2(Ti − T∞ ) zc J1 (zc ) (2.367)
n=1
λ2n 0
Ovvero
∞ 2 ∗
X Dn e−λ t
T = T∞ + 2(Ti − T∞ ) λn J1 (λn ) (2.368)
n=1
λ2n
Z
1
T = T (x, t)dV 0 (2.369)
V V
A questo punto si scrive il termine dierenziale del volume secondo la
geometria di riferimento: nel caso di geometria cilindrica, secondo la
rappresentazione fornita in gura (65) (si consideri al posto dell'angolo
azimutale theta rappresentato che può essere confuso con la grandezza
di riferimento di questo problema l'angolo η) esso si scrive come
Ti − T∞ π
Z Z 2π Z R
T = T∞ + sin(η)dη dφ θ∗ r2 dr
V 0 0 0
Z R
Ti − T∞
= T∞ + 3 · 2 · 2π θ∗ r2 dr
4πR3
Z0 1 2
(2.371)
Ti − T∞ ∗ r r
= T∞ + 3 · 2 · 2π θ 2d
4π 0 R R
Z 1
= T∞ + 3(Ti − T∞ ) θ∗ r∗2 dr∗
0
162
Figura 65: Coordinate sferiche.
λ3n
Introducendo una moltiplicazione per al valore dentro la somma-
λ3n
toria nell'integrale di certo si mantiene l'identità del termine e si può
inoltre estrarre dal segno di integrale ogni sua parte che non dipenda
dalla variabile di integrazione. Si giungerà pertanto alla forma
P∞ 2 t∗ 1
En e−λ sin(λn x∗ ) 2 ∗2
Z
T = T∞ + 3(Ti − T∞ ) n=1
∗
λn r dλn r∗ (2.373)
λ3n 0 λn r
Introducendo la variabile zs = λn x∗ è possibile semplicare la forma
dell'integrale per risolverlo senza complessità di calcolo:
P∞ 2 t∗ λn
En e−λ
Z
n=1 sin(zs ) 2
T = T∞ + 3(Ti − T∞ ) zs dzs
λ3n 0 zs
P∞ (2.374)
−λ2 t∗ Z λn
n=1 En e
= T∞ + 3(Ti − T∞ ) sin(zs )zs dzs
λ3n 0
163
Per questo tipo di integrale, è necessario procedere per parti:
Z Z
x sin(x)dx = −x cos(x) + cos(x)dx = −x cos(x) + sin(x) (2.375)
∂ 2T
1 ∂T
= (2.380)
α ∂t ∂x2
47 Il
sistema in questione non raggiungerà il regime nel senso proprio del termine: infatti
anche una volta concluso il transitorio nessuna grandezza sarà indipendente dal tempo dato
che la forzante stessa dipende dal tempo. Tuttavia sarà possibile individuare grandezze
medie sul periodo che non dipenderanno a quel punto dal tempo. Questa particolare
stazionarietà è quindi una stazionarietà media sul periodo
164
Studiando l'adimensionalizzazione del problema si mantengono tre grup-
pi adimensionali per la caratterizzazione dello stesso. I tre gruppi deniti
saranno √
x ω
∗
x = √
α
t∗ = ωt (2.381)
θ∗ = T − T0,m
∆T
∗
Si nota che in questo modo è ammessa una variabilità della grandezza θ
∗
che varia nell'intervallo θ ∈ [−1; 1] in accordo con il tipo di sollecitazione
studiato, in cui si ha il valore nullo per la temperatura pari a T0,m .
∗
In base alla denizione di θ si individua facilmente la derivata della tempe-
∗
ratura rispetto a θ , ovvero
∂T
= ∆T (2.382)
∂θ∗
A questo punto ricordando la chain rule di derivazione e la formula di Faà di
Bruno è possibile riscrivere la (2.380) come segue:
2 ∗ ∗ 2
∂θ∗
∗
∆T ∂t ∂ θ ∂t
∗
= ∆T ∗2
(2.383a)
α ∂t ∂t ∂x ∂t
∗ 2 ∗ √ 2
ω ∂θ ∂ θ ω
= √ (2.383b)
α ∂t∗ ∂x∗2 α
∗ 2 ∗
∂θ ∂ θ
∗
= (2.383c)
∂t ∂x∗2
Si riscrive quindi la condizione al contorno espressa nella (2.379) nelle varia-
bili adimensionali:
∗
∂θ ∂ 2 θ∗
∗ =
∂t ∂x∗2
(2.385)
∗
θ (0, t∗ ) = cos(t∗ )
Si aronta questo problema ancora una volta con il metodo della separazione
delle variabili, introdotto in precedenza. Omettendo i passaggi già scritti
165
nella sezione precedente si scrive la forma cui si giunge per l'equazione (2.383):
τ̇ X 00
= = C0 (2.386)
τ X
Si passa quindi in rassegna il valore delle due funzioni trovate:
dτ
dt = C 0 (2.387a)
τ
dτ
= C 0 dt (2.387b)
τ
ln(τ ) = C 0 t + C 00 (2.387c)
C 0 t∗
τ = Ce (2.387d)
166
2 t∗
τ + = Ceiλ (2.389a)
−iλ2 t∗
τ − = Ce (2.389b)
θ∗ = X + τ + + X − τ − (2.391)
z 2 = iλ2 (2.392a)
z 2 = −iλ2 (2.392b)
Si delineano le soluzioni
√
z1,2 = λ i (2.393a)
√
z3,4 = λ −i (2.393b)
π
i = 1∠ (2.394a)
2
3π
−i = 1∠ (2.394b)
2
167
Pertanto si individuano le soluzioni seguenti
π 1+i
z1 = 1∠ = √ (2.395a)
4 2
5π 1+i
z2 = 1∠ =− √ (2.395b)
4 2
3π −1 + i
z3 = 1∠ = √ (2.395c)
4 2
7π −1 + i
z4 = 1∠ =− √ (2.395d)
4 2
Si può quindi nalmente scrivere la soluzione per le due funzioni spa-
ziali:
1+i
√ λx∗ 1+i
√ λx∗
−
X =+
C10 e 2 + C20 e 2 (2.396a)
−1+i
√ λx∗ −1+i
√ λx∗
−
X − = C30 e 2 + C40 e 2 (2.396b)
x∗ x∗
∗ − √ i λ2 t∗ − √1 λx∗ − √ −i λ2 t∗ − √1 λx∗
θ = C200 e 2 e 2 + C300 e 2 e 2 (2.399)
168
In questo modo è possibile scrivere la soluzione nella forma seguente, ricor-
dando la formula di Eulero espressa nella (2.320):
x∗
∗ − √
θ =e 2 C200 eia + C300 e−ia
x∗
− √
C200 00
=e 2 cos(a) + i sin(a) + C3 cos(a) − i sin(a)
x∗
− √ 00 00
00 00
=e 2 C2 + C3 cos(a) + i C2 − C3 sin(a)
(2.401)
x∗
− √ 00 00
00 00
=e 2 C2 + C3 cos(a) + i C2 − C3 sin(a)
x∗
− √
=e 2 C2 cos(a) + iC3 sin(a)
− x∗
√ 2 ∗ 1 ∗
2 ∗ 1 ∗
=e 2 C2 cos λ t − √ λx + iC3 sin λ t − √ λx
2 2
Imponendo la condizione al contorno nelle variabili adimensionali espressa
nella (2.384) si scrive quindi
θ (0, t ) = 1 · C2 cos λ t − 0 + iC3 sin λ t − 0 = cos(t∗ )
∗ ∗ 2 ∗
2 ∗
(2.402)
T (x, t) − T0,m x∗ 1
∗ ∗ ∗ − √
θ (x , t ) = =e 2 cos t∗ − √ x∗ (2.404)
∆T 2
È quindi possibile esprimere il valore delle grandezze dimensionali ricordando
la denizione dei gruppi adimensionali:
√ √
x ω
x ω
− √
T (x, t) = T0,m + ∆T e 2α cos ωt − √ (2.405)
2α
La risposta risulta quindi smorzata e ritardata rispetto alla forzante e
in questo senso sembra essere davvero cruciale il valore caratteristico del
problema
r
ω
(2.406)
2α
169
All'aumentare di questo valore aumentano smorzamento e ritardo, rendendo
possibile interpretarlo come un'inerzia del sistema alla sollecitazione non-
chè una resistenza al passaggio della perturbazione. Per quanto riguarda
il usso tremico è possibile applicare la legge di Fourier per determinarne
l'andamento:
∂T
q = −k (2.407)
∂x
Quindi si scrive il usso come segue:
ω −√ 2α
r r
ω ω
q = ∆T e cos ωt − x + (2.408a)
2α 2α
ω −√ 2α
r r
ω ω
+∆T e sin ωt − x (2.408b)
2α 2α
ω −√ 2α
r r r
ω ω ω
q = k∆T e cos ωt − x + sin ωt − x (2.409a)
2α 2α 2α
√ √
ω −√ 2α
r r r
2k ω 2 ω 2 ω
q = √ ∆T e cos ωt − x + sin ωt − x
2 2α 2 2α 2 2α
(2.409b)
Si scrive quindi
√
ω −√ 2α
r r
ω 2 ω π
q = k∆T e cos ωt − x+ (2.411)
α 2 2α 4
Si evince dal risultato che per problemi di questo tipo il usso è sfasato in
anticipo di π/4 rispetto alla temperatura, ma entrambi sono armoniche alla
stessa frequenza d'oscillazione. È sensato che sia la temperatura a seguire il
usso poichè l'incremento di temperatura è una conseguenza del trasporto
di energia indicato dal usso ed è sfasato a causa dell'inerzia non nulla del
mezzo considerato.
Data questa relazione tra usso e temperatura si possono indagare disconti-
nuità nel prolo termico di un mezzo per trarre conclusioni sulla struttura
interna del mezzo stesso. Infatti ogni discontinuità presenta una certa ri-
essione delle perturbazioni incidenti sulla stessa, che se opportunamente
170
individuata può fornire informazioni sulla struttura del mezzo in questione
anche mediante un prolo termico: la riessione della perturbazione infatti
concentra il usso in una zona in particolare, che verrà rilevata come più
calda del previsto.
171
valida solo nei limiti di validità delle ipotesi del continuo (a scala troppo pic-
cola, e comunque non di interesse per l'ingegneria energetica, non sarà più
valido questo modello).
Pensando la massa del componente i-esimo come una proprietà in grado di
essere scambiata anche quando il componente è nullo, si immagina che questa
sia in grado di migrare spontaneamente da zone in cui la concentrazione è
elevata a zone in cui è più bassa, nella ricerca dell'equilibrio cui ogni sistema
tende.
mk
ωk := Pr (3.1)
k=1 mk
mk
ρk := (3.2)
V
Si può alternativamente ragionare in quantità molari e non massiche ed a tal
proposito è utile denire la frazione molare della specie k-esima la quantità
indicata con x̃k :
Nk
x̃k := Pr (3.3)
k=1 Nk
A questo punto è di interesse denire la concentrazione molare della specie
k-esima nel volume scelto come la quantità rappresentata dalla notazione ck
pari a
Nk
ck := (3.4)
V
È possibile esprimere l'additività delle concentrazioni a determinare la com-
posizione totale del sistema selezionato, ovvero
Pr r
N k=1 Nk X
c= = = ck (3.5)
V V k=1
172
Si ricorda inoltre la denizione di massa molare della specie k-esima, ovvero
mk
M̃k = (3.6)
Nk
Riferendosi al volume precedentemente menzionato, è possibile ragionare
pensando al volume innitesimo dV di massa innitesima dm che quindi
risulta associabile al vettore posizione r. A questo punto le proprietà indica-
te in precedenza divengono quindi funzioni continue nello spazio e nel tempo.
In virtù di quanto detto no a questo punto è possibile scrivere alcune
relazioni di interesse per il tema trattato:
mk mk mk /V ρk
ωk = Pr = = = (3.7)
k=1 mk m m/V ρ
Nk Nk Nk /V ck
x̃k = Pr = = = (3.8)
k=1 Nk N N/V c
mk mk /V ρk
M̃k = = = (3.9)
Nk Nk /V ck
mk M̃k Nk
ρk = = = M̃k ck (3.10)
V V
Nk Mk /M̃k ρk
ck = = = (3.11)
V V M̃k
Si sottolinea inne una proprietà forse scontata per i più, ma che è bene
specicare:
r
X r
X
ωk = x̃k = 1 (3.12)
k=1 k=1
173
3.1.2 Analisi dei meccanismi alla base del moto diusivo
vk = vk (r, t) (3.14)
r
X
mk vk r r
k=1
X ρk vk X
v= = = ωk v k (3.15)
m k=1
ρ k=1
174
punto materiale (si indica con Nk il numero di moli della sola specie k):
N
X NA
p= mi wi
i=1
r NX
X k NA
= mk,i wi
k=1 i=1
r NXk NA
X mk
= wi (3.16)
k=1 i=1
Nk NA
r NX
k NA
X wi
= mk
k=1 i=1
Nk NA
r
X
= mk vk
k=1
N
X NA
wi r r
∗ i=1
X Nk NA vk X Nk vk
v = = = (3.17)
N NA k=1
N NA k=1
N
r
X
∗
v = x̃k vk (3.19)
k=1
vk − v (3.20)
175
mentre quella relativa all'approccio molare è pari a
vk − v ∗ (3.21)
jk = ρi (vk − v) (3.23)
Jk = ci (vk − v∗ ) (3.27)
176
Si scrive la relazione seguente in forma massica e molarein base alla deni-
zione è possibile scrivere la seguente relazione:
r
X r
X r
X r
X
jk = ρi v k − v = ρi vk − v ρi = ρv − ρv = 0 (3.30)
k=1 k=1 k=1 k=1
o, in termini molari
J1 = −J2 (3.33)
177
un osservatore solidale con il treno sarebbe in grado di distinguere la sola
velocità del passeggero. Nella metafora ogni vagone è un punto materiale, i
passeggeri che migrano possono essere visti come le specie che si traseriscono
da un punto materiale all'altro (da un vagone all'altro).
Consolidata l'immagine sica del fenomeno con questo esempio si consideri a
questo punto una situazione di scambio solo diusivo (treno fermo, passegge-
ri in movimento). In questo contesto la quantità di moto volumica osservata
ed attribuita ai passeggeri vi è interamente dovuta alla diusione, ovvero
ρvi = ji (3.34)
ρ2 v = −j2 (3.35)
178
partita una stessa quantità di specie diretta verso l'esterno del volume di
controllo del punto materiale, il quale è impermeabile solo alla specie 2.
Questo tipo di situazione è quella che nella realtà si verica considerando un
bicchiere d'acqua esposto all'aria. L'acqua dopo un tempo sucientemente
lungo sarà diminuita nel bicchiere e si sperimenta una diusione dell'acqua
nell'aria. L'aria ovviamente sperimenta una retrodiusione che la porterebbe
a diluirsi in acqua non fosse per l'avvezione che la trasporta in senso opposto.
Si sperimenta quindi un calo dell'acqua ma non si ha trasporto netto di aria.
Questo scenario in realtà non è aatto nuovo a chi abbia seguito questo te-
sto: un caso simile è il caso in cui si ha un prolo di temperatura mantenuto
costante da un apporto opportuno dovuto a un usso termico imposto dal-
l'esterno. Anche in quel caso la situazione potrebbe sembrare statica ma in
realtà si ha un preciso equilibrio dinamico che mantiene la stazionarietà del
sistema (così come in questo caso l'equilibrio mantiene la stazionarietà della
specie 2).
Queste equazioni sono valide solo se si ammette che per la miscela ρ, oppure
c rimangono costanti.
48 Esiste
anche la versione per miscele qualsiasi della legge di Fick, che si riporta di
seguito per completezza ma la cui applicazione non verrà approfondita in questo testo.
r
M̃j M̃k
(3.37)
X
jk = −ρ Dkj ∇ωk
j=1
M̃ 2
179
Il coeciente di diusione Dkj è una proprietà della specie che dipende ol-
tre che dal tipo di accoppiamento scelto per quella specie, anche da altri
parametri che variano a seconda dello stato di aggregazione scelto:
1 RT
λ∝ = (3.41)
ρ p
Quindi per questo caso il coeciente di diusione di massa gode della
seguente proporzionalità
√ Rk T T 1.5
D∝ T ∝ (3.42)
p p
Pertanto si denisce un coeciente di diusione di massa di riferimen-
to ad uno stato termodinamico ssato convenzionalmente (p0 , T0 ) e si
esprime la formula
1.5
T p0
D = D0 (3.43)
T0 p
Per miscele gas-gas tipicamente i valori di D sono intorno ai 10−5 m2 /s.
Liquido-liquido: per una miscela di due liquidi il coeciente di dif-
fusione è proporzionale al rapporto tra temperatura e viscosità µ del
uido. Come per il caso dei gas si esprime un coeciente di riferi-
mento per una temperatura di riferimento ed una viscosità misurata a
temperatura e pressione di riferimento, per esprimere la legge
∂µ
T µ(p0 , T0 ) ∂p
=0 T µ(T0 )
D = D0 = D0 (3.44)
T0 µ(p, T ) T0 µ(T )
Per miscele liquido-liquido tipicamente i valori di D sono intorno ai
10−9 m2 /s.
In generale comunque per il coeciente di diusione vale la reciprocità,
ovvero la proprietà seguente:
180
Tale proprietà può essere facilmente dimostrata considerando la legge di Fick
e applicando l'equazione (3.30) o (3.31).
ρ1
ω1 = 1 (3.46)
ρ
Mentre l'ipotesi di mezzo quiescente comporta di fatto la stazionarietà (e
l'omogeneità), ovvero che non vi sia variazione della densità del mezzo 2
rispetto al tempo e allo spazio:
∇ρ2 = 0 (3.47)
Scrivendo la legge di Fick in questo caso per la specie 1 si ottiene (in termini
ponderali)
j1 = −ρD12 ∇ω1 (3.48)
ρ1
Ma essendo ω1 = si esprime il termine ∇ω1 come
ρ
1 1
∇ω1 = ∇ρ1 + ρ1 ∇ (3.49)
ρ ρ
Considerando che
1 ∂(1/ρ) 1 1
∇ = ∇ρ = − 2 ∇(ρ1 + ρ2 ) = − 2 ∇(ρ1 ) (3.50)
ρ ∂ρ ρ ρ
Quindi si può riscrivere la (3.49) come
1 ρ1 1 ρ1 1
∇ω1 = ∇ρ1 − 2 ∇(ρ1 ) = ∇ρ1 1 − = (1 − ω1 )∇ρ1 (3.51)
ρ ρ ρ ρ ρ
Quindi si può esprimere la legge di Fick per il caso considerato come
D12 ρ
j1 = − (1 − ω1 )∇ρ1 = D12 (ω1 − 1)∇ρ1 (3.52)
ρ
181
Considerando la relazione espressa dalla condizione di bassa concentrazio-
legge di Fick per
ne della specie 1 nell'equazione (3.46) si scrive quindi la
diusione a bassa concentrazione entro mezzi stazionari omogenei:
j1 = −D12 ∇ρ1 = −D12 M̃1 ∇c1 (3.53)
dmk
(3.55)
dt
dmk
= −ṁ→
1 + ṙk (3.58)
dt
Evidenziando gli integrali che costituiscono questi termini si giunge alla
scrittura del bilancio nella forma seguente
Z Z Z
d 0
ρk dV = − ṁ00k · n dA + 0
ṙk000 dV 0 (3.59)
dt V A V
182
Si nota che il dominio di integrazione del primo termine non dipende dalla
variabile di derivazione e viceversa, nell'ipotesi di volume ssato, pertanto è
possibile portare la derivazione sotto il segno di integrale. Inoltre in ipotesi
di volume ssato si esclude la possibilità di velocità macroscopiche non nulle
e sarà quindi possibile riscrivere la (2.14) come segue:
Z Z Z
∂ρk 0 0
dV = − jk · n dA + ṙk000 dV 0 (3.60)
V ∂t A V
∂(M̃k ck )
= ∇ · (Dkj ∇M̃k ck ) + ṙk000 = Dkj M̃k ∇2 ck + γ̇k000 M̃k (3.66)
∂t
183
Semplicando le masse molari quindi si scrive
∂(ck )
= ∇ · (Dkj ∇ck ) + ṙk000 = Dkj ∇2 ck + γ̇k000 (3.67)
∂t
Si tenga presente che la (3.64) e la (3.67) sono riferite al componente dei due
che è alla più bassa concentrazione e nelle ipotesi specicate.
Le due equazioni trovate sono equazioni dierenziali alle derivate parziali di
tipo parabolico. Questo tipo di equazioni è adatto a descrivere problemi
49
sici di tipo diusivo con velocità innita di propagazione delle perturba-
zioni. Ciò è chiaramente falso nella realtà, tuttavia l'approssimazione intro-
dotta è bassissima e le equazioni così scritte sono comunemente usate nelle
50
applicazioni dell'ingegneria senza restrizioni. Considerando quindi le equa-
zioni scritte si può originare un problema ben posto, ovvero un problema che
ammette soluzioni la cui dipendenza dai dati iniziali non è sensibile (tipica
dei problemi non caotici), solo se viene assegnato uno dei seguenti tre tipi
di condizioni al contorno (oltre alle condizioni iniziali ovviamente necessarie
per trovare la soluzione a problemi di questo tipo):
n1 p1,sat (T )
= c1 = (3.70)
V RT
49 Come nel caso dello scambio termico anche in questo frangente l'assurdo è causato
dalla particolare forma dell'equazione costitutiva fenomenologica.
50 Gli altri due tipi di equazioni dierenziali sono le equazioni dierenziali alle derivate
parziali iperboliche, che descrivono problemi con velocità di propagazione nita e sono
utilizzate nella meccanica, e le equazioni dierenziali alle derivate parziali ellittiche, che
pure descrivono problemi in cui la velocità di propagazione delle perturbazioni è nita ma
nel caso stazionario.
184
2. Condizioni di Neumann: nelle condizioni di Neumann o del secondo
tipo viene assegnato il usso diusivo che attraversa il dominio, ovvero
si assegna
jk (r, t) ∀r ∈ ∂V ∧ t > t0 (3.71)
185
temperature e del usso, in questo caso solo il usso diusivo viene conside-
rato uguale all'interfaccia, mentre le concentrazioni possono cambiare, tanto
che si denisce un coeciente K che tenga conto di questa variabilità tra due
mezzi all'interfaccia (coordinata nulla):
(1)
x̃A,0
K := (2)
(3.77)
x̃A,0
Legge di Raoult:
(1) (2) pk,puro
pk = x̃k (3.78)
RT
Legge di Henry: per gas poco solubili in una miscela liquida può
essere di interesse conoscere la frazione molare di gas disciolta nel li-
quido. Dalla legge di Henry si ottiene una relazione tra questa quantità,
la pressione di saturazione del gas nel liquido alla temperatura T e il
coeciente di Henry.
pk,sat (T )
x̃k = (3.79)
kH
In questo modo si può esprimere per gas disciolti in liquidi la (3.77)
ponendo in evidenza il valore di K
(1)
x̃A,0 kH (T )
K= (2)
= (3.80)
x̃A,0 p
(2) (1)
ck = Spk (3.81)
186
In cui S si misura in mol/m3 P a. Questa relazione è utile ad esempio
nei problemi in cui si studia la penetrazione di vapore all'interno di una
parete.
187
In cui n è l'ordine della reazione catalittica (si noti come l'ordine 0
corrisponda ad una reazione non catalittica e in tal caso la condizione
diverrebbe una condizione del secondo tipo 00
), mentre kA,n è la costante
della reazione, che nelle unità del sistema internazionale si misura in
(mol/m2 s)/(mol/m3 )n .
00
Il valore di kA,n è di fondamentale importanza: un valore positivo avreb-
be infatti un eetto distruttivo secondo una risposta a feedback posi-
tivo, ovvero innescherebbe reazioniautocatalittiche, mentre un valore
negativo avrebbe un eetto di feedback negativo stabilizzante.
γ̇A000 = kA,n
000
cna (3.83)
000
Ancora una volta il valore di kA,n è cruciale: un valore positivo avrebbe
infatti un eettodistruttivo, ovvero innescherebbe reazioni autocatalit-
tiche, mentre un valore negativo avrebbe un eetto stabilizzante.
Riferimenti bibliograci
[1] John H. Lienhard IV, John H. Lienhard V - A Heat Transfer
Textbook. Phlogiston Press, Cambridge, Massachusetts.
[2] Frank P. Incropera, David P. DeWitt, Theodore L. Bergman,
Adrienne S. Lavine - Fundamentals of Heat and Mass Transfer.
John Wiley & Sons, Inc., 2007.
188
[3] Elias P. Gyftopoulos, Gian Paolo Beretta. Thermodynamics
- Foundations and Applications. Dover Publications, inc.,
Mineola, New York, 2005.
[4] Hans Dieter Baehr, Karl Stephan - Heat and Mass Transfer.
Springer, New York, 2006.
189