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Dipartimento di Meccanica ed Aeronautica

TR-ISPESL-010505

Linee guida per l'applicazione della fluidodinamica computazionale (CFD)


per la caratterizzazione dell'efflusso nei dispositivi di protezione e regolazione
di attrezzature in pressione. Realizzazione di un modello su geometrie
assegnate, al fine di estendere i risultati ottenuti in prove sperimentali a
diverse tipologie di fluidi, campi di pressione e condizioni di esercizio.
[B120/DOM/03]

Paolo Bernardini
Enrico Sciubba

Giugno 2005
1 - Descrizione del progetto e piano delle attività.

1. Descrizione del progetto e piano delle attività.

1.1. Descrizione del progetto.

Lavoro di ricerca svolto dalla Cattedra di Turbomacchine del Dipartimento di


Meccanica e Aeronautica dell’Università di Roma “La Sapienza” per conto di ISPESL
nell’ambito dell’AREA TEMATICA DI RICERCA n. 9:
Affidabilità, manutenzione e conservazione. Verifica dell'efficacia di applicazioni
tecnologiche e normative di prevenzione infortuni su impianti, macchine, strutture, attrezzature e
sistemi. Armonizzazione delle prassi tecnologiche dell'Istituto con i criteri imposti dalla
evoluzione normativa nazionale ed internazionale.

Motivazioni:

L'esigenza di disporre di metodi che consentano di estendere i risultati ottenuti con le prove
sperimentali a diverse tipologie di fluidi e campi di pressione, limitando i costi ed i tempi che
dette prove comportano, richiede lo sviluppo di un modello fluido-termodinamico di tipo
numerico.

Obiettivi.

L'attività di ricerca si propone la messa a punto di un modello di calcolo fluido-termodinamico


che, applicato a geometrie reali di dispositivi di protezione e regolazione, permetta di simulare
l'efflusso e prevedere il comportamento del dispositivo in esame a condizioni non sperimentate.

1.2. Piano delle attività e scadenze.

Durata del progetto: annuale


Assegnazione: inizio 2003. Inizio dei lavori: giugno 2004.
Termine per la consegna: giugno 2005.

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2 – Scelta delle geometrie.

2. Scelta delle geometrie rappresentative di apparati reali (“geometrie tipo”). Dati


sperimentali.

2.1. Geometrie tipo.

L’ISPESL ha messo a disposizione diverse geometrie di valvole di sicurezza a molla di


diversi produttori italiani del tipo a scarico libero e a scarico convogliato.
Si sottolinea che tutte le geometrie a disposizione caratterizzano tipologie di valvole
ampiamente diffuse in commercio e normalmente utilizzate nelle apparecchiature industriali.
Di seguito sono illustrati alcuni disegni schematici delle due tipologie insieme ad alcune
foto.

Valvole a scarico libero (con e senza cappellotto di protezione):

Foto 2.1.1 – Valvole a scarico libero

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2 – Scelta delle geometrie.

Foto 2.1.2 Figura 2.1. 1 – Sezione della valvola in


Foto 2.1.2

Foto 2.1.3
Figura 2.1. 2 – Sezione della valvola
in Foto 2.1.3

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2 – Scelta delle geometrie.

Figura 2.1. 3 – Vista e sezione della valvola in


Foto 2.1.4

Foto 2.1.4
Foto 2.1.5

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2 – Scelta delle geometrie.

Figura 2.1. 4 – Vista e sezione della valvola in


Foto 2.1.6

Foto 2.1.6

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2 – Scelta delle geometrie.

Valvole a scarico convogliato:

Foto 2.1.7 – Valvole a scarico convogliato

Foto 2.1.8 Figura 2.1. 5 – Sezione della valvola


in Foto 2.1.8

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2 – Scelta delle geometrie.

Dopo una valutazione preliminare, in accordo con l’ISPESL, è stata scelta la geometria
della Figura 2.1. 3 e Foto 2.1.4 e Foto 2.1.5.
Si tratta di una valvola (denominata Modello D-14) a carico diretto, a sede conica, con
molla, e a scarico libero in atmosfera. Presenta due feritoie di scarico diametralmente opposte.
La scelta della suddetta geometria è dettata principalmente dalla natura del presente lavoro:
essendo questo un progetto pilota, è finalizzato a definire la base per una metodologia innovativa
di valutazione delle prestazioni di questo tipo di dispositivi.
Si è individuata quindi la tipologia più diffusa dal punto di vista prettamente geometrico e
che offre un esempio chiaro e completo nella realizzazione della griglia tridimensionale di
calcolo e nell’analisi numerica e fisica dei risultati.
Infatti dall’analisi delle diverse geometrie, prevedendo per quanto possibile il moto
dell’aria attraverso esse, si è stabilito che nelle altre valvole, l’efflusso sarebbe stato più semplice
nel caso delle valvole del tipo in Foto 2.1.6, o con interazioni fluidodinamiche tra fluido e pareti
più accentuate come nel caso delle valvole a scarico convogliato della Foto 2.1.7.
Nella valvola presente si prevedeva (considerando l’efflusso da una delle due feritoie) un
flusso in uscita verosimilmente composto da un unico getto radiale idealmente divisibile in due
flussi principali controrotanti simmetrici rispetto ad un piano passante per l’asse della valvola e
per la mezzeria della feritoia.
Questo lavoro ha tra i suoi scopi quello di valutare se valvole analoghe potranno essere
“simulate” con lo stesso approccio numerico.
Sottoliniamo la necessità di una simulazione fluidodinamica tridimensionale, non essendo
l’efflusso riconducibile ad una trattazione bi-dimensionale per via del suo sviluppo naturale nelle
tre dimensioni spaziali.
I risultati (vedi capitoli 7 e 8) confermano la validità di questa scelta, e mostrano la natura
altamente tridimensionale dell’efflusso soprattutto all’interno della valvola.

2.2. Dati sperimentali.

Oltre alle geometrie delle valvole suddette, l’ISPESL ha fornito le relazioni sulle prove
sperimentali atte a rilevare le caratteristiche di funzionamento e di portata delle valvole di
sicurezza. Dalla relazione, ed in particolare dai rapporti di prova, si sono ricavati i valori assunti
dalle grandezze fisiche nelle condizioni di prova. I dati utili per le simulazioni sono i seguenti:
1. pressione relativa nel serbatoio di prova;
2. temperatura dell’aria nel serbatoio;
3. pressione ambiente (atmosferica);
4. alzata1 dell’otturatore nelle condizioni delle “prove di qualifica”2;
5. coefficiente di efflusso; da questo e dalla portata teorica si ricava la portata in
massa (non necessaria per il calcolo ma indispensabile per il confronto con i valori
calcolati).

1
Nota bene: tutte le simulazioni (quindi per tutti i valori della pressione relativa nel serbatoio) sono state effettuate
in relazione ai dati sperimentali delle “prove di qualifica” effettuate sulla valvola avente l’otturatore con l’alzata
bloccata a 5mm (rispetto alla sede).
2
Come specificato nella Circolare 15 novembre 1979, n.38468 – Raccolta E, le “prove di qualifica” servono alla
determinazione della portata di efflusso all’alzata h, ai fini di accertare il coefficiente di efflusso del tipo di valvola.

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2 – Scelta delle geometrie.

I valori non presenti nei rapporti di prova e necessari per le simulazioni numeriche sono
stati scelti arbitrariamente e sulla base di casi simulati in studi precedenti e di ciò che mette a
disposizione la letteratura scientifica. Essi sono la temperatura dell’aria (nell’ambiente esterno al
serbatoio), le temperature delle superfici metalliche della valvola e del serbatoio e i valori di
grandezze fisiche correlate alla turbolenza dell’efflusso. Come vedremo in seguito, si sono
ipotizzati valori in base allo scambio termico presunto nelle condizioni di prova, e si sono
attribuiti valori di temperatura sulle pareti suddette pari o molto vicini a quelle dell’aria nel
serbatoio. Si sono imposti valori decrescenti (gradienti dell’ordine di qualche grado/metro) sulle
superfici esterne della valvola. Le temperature delle superfici interne della valvola sono invece
stati assunti uguali a quella del serbatoio.
Anche la rugosità superficiale delle pareti solide a contatto con il fluido è stata scelta
arbitrariamente, ipotizzando la tipologia di lavorazione meccanica utilizzata per l’ottenimento
dei particolari costruttivi della valvola.
Al capitolo 6, paragrafo 6.4 Condizioni al contorno, si riportano i valori attribuiti alle
grandezze correlate alla turbolenza.

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3 - Le equazioni di governo del moto di un fluido.

3. Le equazioni di governo del moto di un fluido.

3.1. Introduzione

Il moto di un mezzo continuo è governato dai principi della meccanica e della


termodinamica classica. Esso è rappresentato mediante le equazioni esprimenti le leggi della
conservazione della massa, della quantità di moto e dell’energia.
Nell’applicazione di questi principi ci si avvale della descrizione Euleriana del moto in un
sistema di riferimento Galileiano (assoluto). Il punto di vista Euleriano fissa una data posizione
x,y,z ed osserva, al trascorrere del tempo, quel che accade in tale posizione. Le variabili
indipendenti sono quindi le x,y,z (in notazione compatta xi ) ed il tempo t. Dato che il presente
studio avviene in condizioni stazionarie la variabile tempo non comparirà esplicitamente. Le
proprietà caratteristiche del mezzo fluido sono considerate quindi come funzioni dello spazio nel
sistema di riferimento.
Il mezzo fluido è ritenuto continuo: questa assunzione implica che esistono le derivate di
tutte le variabili dipendenti; in altre parole, proprietà locali come la densità e la velocità sono
definite come medie su elementi “grandi” se comparati con la struttura microscopica del fluido,
ma abbastanza “piccoli” in confronto alla scala dei fenomeni macroscopici. Ciò permette di
descriverli con l’uso del calcolo differenziale.
Laddove necessario, per tenere conto della natura reale e turbolenta dell’efflusso il fluido è
considerato viscoso e si introducono modelli ad una o più equazioni per simulare le interazioni
turbolente.
Nei paragrafi seguenti vengono presentate le diverse forme delle equazioni di
conservazione nella loro applicazione ai fluidi incompressibili e compressibili.

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3 - Le equazioni di governo del moto di un fluido.

3.2. Equazione di continuità o di conservazione della massa.

Il principio di conservazione della massa, nel caso del moto di un fluido, si esprime
dicendo che resta invariata nel tempo la massa contenuta in un volume che si muove insieme al
fluido.
Si scrive allora:

dM d
dt = dt ∫ ρdV = 0
V (t )
(3.2.1)

Applichiamo ora il teorema del trasporto di Reynolds. Quest’ultimo permette di


determinare la derivata temporale dell’integrale di una certa quantità A(xi,t) esteso ad un volume
arbitrario che si muove con il fluido.
Nel caso generale si scrive:

d
dt ∫V (t )
AdV =
∫V (t )
∂A
∂t dV + ∫ Au ⋅ nds
S (t )
(3.2.2)

Bisogna ora applicare all’integrale superficiale della (3.2.2) il teorema della divergenza:

∫S
a ⋅ udS =
∫ V
∇⋅ adV (3.2.3)

Il teorema della divergenza stabilisce che il flusso di un vettore uscente da una superficie
chiusa è uguale all’integrale della divergenza del vettore stesso, esteso al volume racchiuso.
Abbiamo così:

d
dt ∫ AdV =
V (t )
∫ ∂t + ∇ ⋅ ( Au)}dV
{∂A
V (t )
(3.2.4)

Osservando che:

∇ ⋅ ( Au) = (u ⋅∇) A + A∇ ⋅ u (3.2.5)

ed utilizzando l’espressione della derivata sostanziale:

dt = ∂t + ( u ⋅ ∇) A
dA ∂A
(3.2.6)

si ottiene:

d
dt ∫ AdV =
V (t )
∫ dt + A∇ ⋅ u}dV
{ dA
V (t )
(3.2.7)

La derivata sostanziale di una grandezza fisica esprime la variazione totale nel tempo della
grandezza stessa percepita da un osservatore solidale al moto della particella fluida.
Nell’espressione (3.2.6) possiamo individuare due termini a secondo membro; il primo, detto
derivata locale, esprime a livello fisico la variazione nel tempo della grandezza in un punto
fissato; il secondo termine, detto derivata convettiva, equivale alla variazione temporale dovuta
al movimento dell’elemento fluido da un punto all’altro di un campo fluido dove le proprietà del
flusso sono diverse nello spazio.

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3 - Le equazioni di governo del moto di un fluido.

Riprendendo la (3.2.1) nella forma (3.2.4 ) o nella forma (3.2.7) e, inserendo per la generica
A(xi,t) la densità ρ, risulta che devono essere nulli gli integrali a secondo membro “qualunque sia
il volume di integrazione V(t)”; devono essere quindi identicamente nulli gli integrandi:
∂ρ
∂t + ∇ ⋅ ( ρu) = 0 (3.2.8)

oppure in forma equivalente:



+ ρ∇ ⋅ u = 0 (3.2.9)
dt
La (3.2.8), o la (3.2.9), costituisce la “equazione di continuità” per un fluido. La forma in cui
è espressa la (3.2.8), viene chiamata “conservativa”; la forma della (3.2.9) è detta “non
conservativa”.
Le (3.2.8) e (3.2.9) possono essere scritte nelle rispettive forme esplicite:
∂ρ ∂ρ ∂ρ ∂ρ  ∂u ∂v ∂w 
+u +v +w + ρ  + +  = 0 (3.2.8a)
∂t ∂x ∂y ∂z  ∂x ∂y ∂z 

dρ ∂u ∂v ∂w
+ρ +ρ +ρ =0 (3.2.9a)
dt ∂x ∂y ∂z
Se il moto è stazionario, ossia se le proprietà locali non variano nel tempo, la (3.2.8) si
riduce a:

∇ ⋅ ( ρu) = 0 (3.2.10)

Le (3.2.8) e la (3.2.9) sono valide nel caso generale di fluido compressibile e si equivalgono
solo se la densità ρ non è funzione della posizione.

dt = 0 ; la (3.2.9)
Altro caso particolare è quello di un fluido incompressibile, per il quale è
fornisce in questo caso:
∂ui
∇⋅u = 0 ⇔ ∂xi = 0 (3.2.11)

1 dV
La (3.2.11), essendo V dt = divu = ∇ ⋅ u , ci dice che la velocità di variazione relativa del
volume della particella fluida è nulla. Il fluido è quindi incompressibile.

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3.3. Equazione della conservazione della quantità di moto

L’equazione della quantità di moto applicata alla massa contenuta in un certo volume di
fluido, che si muove con esso, si scrive:
dQ
dt = Fe (3.3.1)

dove Fe è la risultante delle forze esterne di massa (ad es. la gravità, la forza centrifuga) e di
quelle di superficie, come gli sforzi dovuti al fluido esterno e agenti sulla superficie S di
contorno. La (3.3.1) diventa allora:

d
dt ∫
V (t )
ρudV =
∫ ρ f dV +
V (t )
∫ T ⋅ ndS
S (t )
(3.3.2)

dove f è la forza di volume che si esercita per unità di massa e T è il tensore degli sforzi.
Tale tensore permette di descrivere gli sforzi attorno ad un punto nelle varie direzioni
possibili: esso è un tensore a nove componenti scalari (a tre componenti vettoriali rispetto alle tre
direzioni degli assi coordinati prescelti). Rimane da sottolineare che T è un tensore simmetrico
per cui Tij = Tji , cosicché le nove componenti si riducono a sei quantità indipendenti.
Occorre ora esprimere il principio di conservazione della quantità di moto per un volume
che non varia nel tempo, cioè un volume fisso nello spazio (formulazione Euleriana). Ciò può
essere semplicemente realizzato esprimendo le derivate temporali degli integrali sul volume
materiale V ( t ) mediante il teorema del trasporto di Reynolds. Trasformiamo così il primo
membro e il secondo termine del secondo membro della (3.3.2) in modo che vi appaiano soltanto
integrali di volume, come è il primo termine a secondo membro.
Se poi applichiamo il teorema della divergenza:


S

T ⋅ ndS = divTdV
V
(3.3.3)

all’integrale superficiale avremo:


 du 
ρ dt − ρ f − ∇ ⋅ T dV = 0 (3.3.4)
V 
Dovendo valere la (3.3.4) per qualsiasi volume di integrazione, l’integrando deve essere
identicamente nullo; quindi:
du
ρ dt = ρ f + ∇ ⋅ T (3.3.5)

Passando dalla espressione vettoriale a quella delle componenti ed introducendo la


simbologia della somma introdotta da Einstein, o notazione indiciale1:

1
In ogni prodotto di termini, l’indice ripetuto implica una somma rispetto allo stesso indice per i valori

1,2,3. Quello non ripetuto può assumere uno qualsiasi dei valori 1,2,3.

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du ∂
ρ dti = ρfi + ∂x Tij (3.3.6)
j

dove u i è la componente i-esima della velocità istantanea, ρ è la densità, Tij è il tensore degli
sforzi e fi è la componente i-esima della forza di volume per unità di massa.
Dalle ipotesi fatte il fluido è di tipo Newtoniano e a comportamento isotropo.
Per i “fluidi Newtoniani” le componenti del tensore degli sforzi sono funzioni lineari delle
componenti delle velocità di deformazione.
Per le componenti del tensore degli sforzi si dimostra che è:
Tij = 2µεij per (i ≠ j) (3.3.7)

Tjj = ( − p + λ ∇ ⋅ u) + 2µε jj (senza somma su j) (3.3.8)

Dalla (3.3.8) risulta che nel caso generale i tre sforzi normali sono diversi tra loro, e la loro
media non coincide con la pressione. Nelle (3.3.7) e (3.3.8) µ è la viscosità dinamica che riteniamo
costante, ed εij sono le componenti del tensore delle deformazioni.
La relazione tra sforzi e velocità di deformazione si scrive:
 2 
Tij = 2 µε ij −  p + µ ∇ ⋅ u δ ij (3.3.9)
 3 
dove p è la pressione termodinamica e δ ij è il delta di Kronecker:

1 per i = j
δij = 
0 per i ≠ j

Nella (3.3.8) il termine λ∇ ⋅ u descrive l’effetto della viscosità dovuto alla variazione di
volume di una particella fluida. I due coefficienti di viscosità λ e µ sono legati tra loro dalla
relazione:
2
µ′ = λ + 3 µ (3.3.10)

Essendo per i gas poliatomici:


0 < µ ′ << µ (3.3.11)

possiamo scrivere:
2
λ = −3µ (3.3.12)

La quantità µ ′ , detta “bulk viscosity” o viscosità di massa, descrive la differenza esistente,


e dovuta alla viscosità, tra sforzo normale medio e pressione in un fluido in espansione. In altre
parole, supponendo di avere una massa di gas viscoso che si espande rapidamente (se ∇ ⋅ u > 0 ),
il suo comportamento coincide con quello di un gas non viscoso a pressione p′ inferiore. Si
dimostra, infatti, che è:
p′ = p − µ ′ div u (3.3.13)

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Questo significa che un gas viscoso, sottoposto a pressione decrescente nel tempo, si espande
meno rapidamente di un gas non viscoso sottoposto alla stessa legge temporale delle pressioni
esterne e parità delle altre condizioni.
La (3.3.9) è detta “equazione costitutiva”. Come si vede, per i fluidi isotropi Newtoniani,
essa dipende dai due coefficienti di viscosità λ e µ e, in virtù della (3.3.12), dal solo coefficiente
µ.
A questo punto se introduciamo nelle (3.3.6) l’equazione costitutiva (3.3.9) e le componenti
del “tensore di deformazione”:

1  ∂u ∂u j 
εij = 2  ∂x i + ∂x  (3.3.14)
 j i

otteniamo le “equazioni di Navier-Stokes” in forma differenziale:

∂p ∂ ∂   ∂u ∂u j  
ρ dti = ρfi − ∂x + ∂x ( λ ∇ ⋅ u) + ∂x µ ∂x i + ∂x  
du
(3.3.15)
i i   j
j  i 

L’ultimo termine della (3.3.15) può essere scritto:

∂ ∂µ  ∂u ∂u j 
µ∇2ui + µ ∂x ∇ ⋅ u + ∂x  ∂xi + ∂x  (3.3.16)
i j j i

Nel caso in cui µ e λ possono essere ritenuti costanti la (3.3.15) diventa così:
 ∂u ∂u  ∂p
ρ dti = ρ ∂ti + u j ∂x i  = ρfi − ∂x + µ∇2ui + ( λ + µ) ∂x (∇ ⋅ u)
du ∂
(3.3.17)
 j i i

La (3.3.17) può essere scritta in forma vettoriale ricordando però che la somma ( λ + µ ) è,
1
per via della (3.3.12), pari a 3 µ :

µ
= ρ f − ∇ p + µ∇2 u + ∇(∇ ⋅ u)
du
ρ (3.3.18)
dt 3
Nel caso particolare di fluido incompressibile si aggiunge la seguente:
∇⋅u = 0
e la (3.3.18) diventa:
du
ρ = ρ f − ∇ p + µ∇ 2 u (3.3.19)
dt

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3.4. Equazione dell’energia

Il primo principio della termodinamica, definita l’equivalenza tra energia e calore,


stabilisce il principio della conservazione dell’energia:

dE
= L −Q (3.4.1)
dt
Nella (3.4.1) la dE è l’energia totale del sistema (la particella fluida):

E = ∫ ρ edV (3.4.2)
V

essendo “e” l’energia totale locale per unità di massa. Quest’ultima è pari alla somma
dell’energia interna U (molecolare), posseduta in virtù del moto di agitazione “termica” attorno
u2
al baricentro, e della energia cinetica macroscopica 2 per unità di massa, dovuta al moto di
insieme della particella fluida.
L è il lavoro fatto nell’unità di tempo, sul sistema, dalle forze esterne di volume e di
superficie (sforzi). La Q equivale al calore che fluisce, per unità di tempo, verso l’esterno del
sistema.
Il principio della conservazione dell’energia può scriversi:

d
dt ∫
V
ρEdV =
∫ V
ρ f ⋅ udV +
∫(
S
)
T ⋅ u − K ⋅ ndS (3.4.3)

dove il lavoro L è così diviso in un lavoro della forze di volume L′ ed un lavoro degli sforzi
superficiali L′′ .
Il primo termine del secondo integrale a secondo membro esprime il lavoro degli sforzi
viscosi; infatti:

(T ⋅ u) ⋅ ndS = (T ⋅ ndS) ⋅ u = T dS ⋅ u = d R ⋅ u
n
(3.4.4)

dove d R è la risultante della forza totale agente sull’elemento di superficie dS ad opera delle
molecole situate sulla faccia opposta dell’areola dS ; quindi il lavoro totale che le forze d R
compiono per unità di tempo è proprio pari al prodotto d R ⋅ u .
Il secondo termine del secondo integrale a secondo membro della (3.4.3) equivale
all’energia trasmessa, per unità di tempo, attraverso la superficie dS e legata alla rapidità di
variazione spaziale della temperatura (gradienti termici) nella direzione normale n ; esprime
quindi il flusso termico.
Infatti la:

[
− ( K ⋅ n)dS = ( k ∇T ) ⋅ n dS ] (3.4.5)

esprime la legge di Fourier, dove il segno meno puntualizza il fatto che tale flusso di calore è
positivo nel verso in cui le temperature sono decrescenti. E’ da notare che la conducibilità
termica k del fluido è stata espressa mediante uno scalare.

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Applicando ora alla (3.4.3) il teorema del trasporto di Reynolds al primo membro e il teorema
della divergenza all’integrale superficiale, si ottiene l’equazione della conservazione
dell’energia:

d
dt ∫
V
ρEdV =
∫V
 d ( ρE ) + ρE ∇ ⋅ udV
 dt  (3.4.6)

ossia

d
dt ∫
V
ρEdV =
∫ V
ρ
dE
dt
dV +
∫  dρ 
E  + ρ∇ ⋅ udV
V 
dt 
(3.4.7)

Ma l’ultimo integrale è nullo in conseguenza della continuità (3.2.8), e utilizzando il secondo


membro della (3.4.3) si ottiene:

∫ V
ρ dE − ρ f ⋅ u − ∇ ⋅ T ⋅ u − K
 dt ( )dV = 0 (3.4.8)

Da questa, dovendo essere nullo l’integrando e poiché è del tutto arbitrario il volume di
integrazione, si scrive:
dE
( )
ρ dt = ρ f ⋅ u + ∇ ⋅ T ⋅ u − ∇ ⋅ K (3.4.9)

Volendo esprimere l’equazione della conservazione dell’energia in termini di variazione


dell’energia interna, bisogna combinare la (3.4.6) con la equazione relativa ai soli scambi di
energia meccanica, ottenibile dal lavoro delle forze che figurano nell’equazione della quantità di
moto (3.3.5):
du
ρ dt = ρ f + ∇ ⋅ T

Da questa infatti si scrive:


du d  u2 
ρ dt ⋅ u ≡ ρ dt  2  = ρ f ⋅ u + ∇ ⋅ T ⋅ u
  ( ) (3.4.10)

u2
e sottraendo la (3.4.7) dalla (3.4.6), tenuto conto della e = U + 2 , si ha allora:

dU
( ) ( )
ρ dt = ∇ ⋅ T ⋅ u − ∇ ⋅ T ⋅ u − ∇ ⋅ ( − k ∇T ) (3.4.11)

A questo punto, sostituendo al tensore degli sforzi l’espressione in funzione delle velocità di
deformazione, si ottiene:
 p Dρ 
ρ Dt = εijTij − ∇ ⋅ ( k ∇T ) =  ρ Dt + µΦ + ∇ ⋅ ( k ∇T )
DU
(3.4.12)
 
dove è:

Φ = 2εijεij = 2 ∑∑ i j
εij2 −
2
3 ∑i
εii2 (3.4.13)

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3 - Le equazioni di governo del moto di un fluido.

La (3.4.13), tenendo conto della (3.3.12), diventa (esplicitata) per il caso bidimensionale:
 ∂u  2  ∂v  2  ∂w  2 1  ∂u ∂v ∂w  2  2  ∂u ∂v ∂w  2
Φ = 2   +   +   +  + +   −  + +  (3.4.14)
 ∂x   ∂y   ∂z  2  ∂y ∂x ∂z   3  ∂x ∂y ∂z 


La (3.4.12), in virtù della equazione di continuità Dt + ρ∇ ⋅ u = 0 , diventa:

ρ dt = − p∇ ⋅ u + µΦ + ∇ ⋅ ( k ∇T )
dU
(3.4.15)

e scritta in forma esplicita per un caso bidimensionale:


 ∂U ∂U ∂U   ∂u ∂v   ∂ 2T ∂ 2T 
ρ  +u +v + p +  = k  2 + 2  + µΦ
∂y 
(3.4.15a)
 ∂t ∂x  ∂x ∂y   ∂x ∂y 

La quantità Φ è detta “funzione di dissipazione”: essa si può dimostrare essere definita


positiva, e rappresenta la frazione di energia meccanica che si trasforma in energia termica e che
viene dissipata sotto questa forma. La Φ è quindi pari al tasso di generazione di calore dovuto
alla dissipazione viscosa.
La (3.4.15) può essere scritta anche nella forma seguente:
µ
dh 1 dp 1
= +
dt ρ dt ρ ∇ ⋅ ( k ∇ ⋅ T ) + ρΦ (3.4.16)

essendo:
p dρ dp d  p
εij Tij = ρ dt + µΦ = dt − ρ dt  ρ  + µΦ (3.4.17)
 
e avendo introdotto l’entalpia del fluido:
p
h =U + ρ (3.4.18)

Ancora, la (3.4.15) può essere scritta anche in termini di entropia introducendo la definizione di
questa grandezza nell’espressione differenziale del primo principio della termodinamica:
dp
dh = ρ + Tds (3.4.19)

ed ottenendo così, confrontando la (3.4.16) con la (3.4.19):

T dt = ρ ∇ ⋅ ( k ∇T ) + νΦ
ds 1
(3.4.20)

µ
dove è stata introdotta la viscosità cinematica ν = ρ e dh, dp, ds sono rispettivamente le
variazioni di entalpia, pressione ed entropia di una particella fluida. Il secondo membro della
(3.4.20) dà i contributi della conduzione termica e della dissipazione per attrito alla variazione
temporale dell’entropia. In particolare, si nota come l’ultimo termine (dissipativo) dà un
contributo definito positivo alla variazione di entropia.

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3 - Le equazioni di governo del moto di un fluido.

3.5. Fluidi incompressibili

Se si assume che il fluido sia incompressibile, si ottengono considerevoli semplificazioni.


Di solito tale assunzione è ritenuta ragionevole quando la velocità caratteristica del fluido è
minore di 0.3 volte la velocità del suono alle condizioni di temperatura e pressione a cui si trova
il fluido stesso.
Per un fluido incompressibile vale la seguente relazione (dalla (3.2.8)):
∂ui
∇⋅u = 0 ⇔ =0 (3.5.1)
∂xi
In questo caso l’espressione della conservazione dell’energia (3.4.15), con l’introduzione della:
dU = ρc pdT (3.5.2)

diventa:

= ∇ ⋅ (k ∇T ) + µΦ
dT
ρc p (3.5.3)
dt
con cp pari al calore specifico a pressione costante.

3.6. Fluidi compressibili

Per fluidi compressibili l’equazione della conservazione dell’energia assume la forma seguente:

= − p∇ ⋅ u + µΦ + ∇ ⋅ (k ∇T )
dT
ρcv (3.6.1)
dt
ottenuta direttamente dalla (3.4.15) essendo cv il calore specifico a volume costante. Per un gas
ideale vale la relazione:
c p − cv = R (3.6.2)

dove R è la costante del gas in questione.

3.7. Equazione di stato

Per completare l’impostazione del problema è necessario aggiungere un’ulteriore relazione


tra le variabili indipendenti, l’equazione di stato, e cioè una relazione termodinamico-fisica tra
densità, temperatura, pressione. Viene anche richiesto un parametro caratteristico del fluido in
questione mediante l’immissione del valore della costante del gas. Esiste però una differenza
nella forma dell’equazione di stato dipendente dalla considerazione o dall’esclusione della
compressibilità del fluido.

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3 - Le equazioni di governo del moto di un fluido.

3.8. Fluidi incompressibili

Per i fluidi incompressibili l’equazione di stato assume semplicemente la forma seguente:


ρ = ρ0 (3.8.1)

cioè, la pressione non compare nella equazione e la densità rimane costante.


E’ opportuno sottolineare come l’ipotesi di incomprimibilità non sia equivalente a quella di
densità costante; la densità, infatti, è in generale funzione della temperatura oltre che della
pressione.

3.9. Fluidi compressibili

L’equazione di stato per un gas ideale e omogeneo si scrive:


m m R0
pv = R0T ⇒ p = T ⇒ p = ρRT (3.9.1)
M v M
dove M è il peso molecolare del gas ed R0 è la costante universale dei gas.
Nelle simulazioni (vedi capitolo 6) eseguite è stata considerata la comprimibilità, ma ne
sono state trascurate le variazioni con la temperatura.

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3 - Le equazioni di governo del moto di un fluido.

3.10. Condizioni al contorno e condizioni iniziali

L’equazione di continuità (3.2.8), l’equazione della quantità di moto (3.3.15), equivalente a


tre equazioni scalari, e l’equazione dell’energia (3.6.1), costituiscono insieme all’equazione di
stato un sistema di sei equazioni differenziali nelle sei incognite u, v, w, ρ , p, T . Esse possono
essere risolte, analiticamente o numericamente, con opportune condizioni al contorno. In realtà la
soluzione analitica delle equazioni di Navier-Stokes (in genere è così chiamato tutto il sistema di
equazioni) presenta in generale difficoltà insormontabili, principalmente per il fatto che le
equazioni stesse sono alle derivate parziali e non lineari. Da questo risulta l’importanza e la
necessità dell’impiego di solutori numerici che possono sfruttare la velocità di calcolo e la
precisione del calcolatore elettronico. La risoluzione del sistema necessita della specifica delle
cosiddette condizioni al contorno, e delle condizioni iniziali. Sono proprio queste condizioni che
decidono le soluzioni da ottenere dalle equazioni di governo. Su ciascuna “linea” o “superficie”
di confine del dominio di calcolo Ω è necessario specificare appropriate condizioni. Dato che le
equazioni di Navier-Stokes stazionarie sono di tipo ellittico, se il fluido è incompressibile o
compressibile con valori del numero di Mach minori dell’unità, la loro soluzione necessita della
specificazione di due condizioni al contorno per ogni coordinata, ed una condizione iniziale
(tranne che per la pressione per la quale il valore si ricava, senza l’imposizione di condizioni
esplicite, a meno di una costante). L’ellitticità delle equazioni implica il fatto che una variazione
del valore di una condizione al contorno in un punto qualsiasi del bordo modifica
istantaneamente la soluzione in tutto il dominio di calcolo.

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4 – La fisica del fenomeno dell’efflusso in una valvola.

4. La fisica del fenomeno dell’efflusso in una valvola.

4.1. Generalità

La geometria ed il principio di funzionamento della tipologia delle valvole oggetto di


questo lavoro sono molto semplici. Più complessa risulta invece la previsione e l’analisi
approfondita dell’efflusso. Ci riferiremo alla valvola oggetto delle simulazioni.
La parte mobile della valvola è l’otturatore (vedi
Figura 4.1.1). La molla tarata esercita la sua forza elastica
sull’otturatore che è premuto, con l’interposizione di una
Gruppo
guarnizione di tenuta, contro la sede. In tal modo, si evita
stelo-molla
la fuoriuscita del gas o vapore contenuto all’interno del e
serbatoio da controllare. Il fluido esercita la sua pressione vite di regolazione
sulla superficie della guarnizione limitata internamente della taratura
dal ciglio della sede.
Sull’area di questa superficie si calcola la spinta
necessaria della molla per la corretta taratura (ovviamente
non si può prescindere dalla taratura al banco).
Otturatore con
Quando si raggiunge o si supera la pressione di
guarnizione di
taratura (anche detta impropriamente “di sfioro”), tenuta
l’otturatore inizia a sollevarsi. Tanto maggiore è la
sovrapressione (rispetto alla pressione di taratura)
all’interno del serbatoio, tanto maggiore è la spinta
sull’otturatore e l’altezza raggiunta dall’otturatore rispetto Corpo con:
alla sede. • sede integrata
In funzione della taratura della molla, delle portate •attacco filettato
•condotto d’entrata
da smaltire e dell’andamento temporale della pressione
•feritoie di scarico
nel serbatoio (dipendente dalle condizioni
termodinamiche al suo interno e dalla sua capacità), la
legge di alzata dell’otturatore può differire in modo
sostanziale.
La forma dell’otturatore, ed in particolare il suo profilo laddove il fluido
viene da esso guidato al momento del distacco, può comportare differenze Figura 4.1.1
nella spinta risultante.
Questa sua caratteristica, insieme al suo sviluppo diametrale, gioca un ruolo importante
soprattutto alla richiusura del gruppo otturatore e nel fenomeno del blowdown (differenza che si
riscontra fra il valore della pressione relativa all’apertura e alla chiusura). In effetti in condizioni
dinamiche, il fluido uscente dalla sede esercita una spinta su di una sezione maggiore.
Si deve inoltre evidenziare come soprattutto all’apertura e/o alla richiusura, si possono
manifestare fenomeni di chatter o flutter che consistono in oscillazioni più o meno marcate
dell’otturatore che possono comportare anche urti continuati contro la sede. Tali fenomeni sono
direttamente collegati alla natura turbolenta dell’efflusso e ad un campo fluidodinamico nel quale
le variazioni e le oscillazioni di velocità e pressione locali comportano squilibri ed instabilità.
Immaginiamo infatti una valvola avente un otturatore molto ampio ed una pressione nel
serbatoio che cresca molto lentamente. Alla pressione di taratura l’otturatore si solleva, ma il
deflusso del fluido causa una veloce riduzione della pressione e l’otturatore si abbassa quindi

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4 – La fisica del fenomeno dell’efflusso in una valvola.

verso la sede. La pressione necessaria può essere invece mantenuta solo in presenza di
un’adeguata portata. Se ciò non accade si verificheranno oscillazioni della pressione che
comporteranno oscillazioni nel grado di apertura dell’otturatore. Quindi gli effetti dinamici si
vanno a sovrapporre localmente a livello di variazioni di pressione generando spinte risultanti
variabili nel tempo. In questo caso la turbolenza non è la causa dell’instabilità dell’otturatore.
Si deve notare inoltre che in funzione del valore dell’alzata variano le forme geometriche
delle sezioni a disposizione del fluido (in particolare la legge della variazione delle sezioni). Ciò
induce forti variazioni nel regime fluido-termodinamico e nella fenomenologia dell’efflusso.
Il percorso del fluido all’interno della valvola dipende dalle geometrie in gioco: dalla forma
dell’otturatore (la presenza su quest’ultimo di bordini che deviano il fluido); dalla forma della
sede e di tutta la camera interna; dalla forma delle feritoie di uscita (e da quella del convogliatore
se presente); da tutto ciò che è nelle immediate vicinanze della valvola ed in particolare nella
traiettoria del getto (o dei getti) di uscita.
Come è noto, le perdite a livello energetico valutabili in termini di perdita di carico sono
imputabili alle irreversibilità naturali dell’efflusso e dipendono dalla viscosità del fluido, dalla
sua comprimibilità e dai fenomeni ad essa legati in funzione delle velocità e della pressione.
L’interazione con le superfici solide, il percorso da esse stabilito e le perdite per attrito
viscoso, portano ad introdurre il concetto di rendimento fluidodinamico della valvola,
rendimento valutabile in funzione del coefficiente di efflusso: esso consiste nel rapporto fra
portata misurata (al valore di pressione prestabilito) e la portata teorica.

4.2. La valvola vista come un ugello

Teoricamente la valvola in oggetto può essere considerata come un ugello. È ovvio che la
sua geometria complessa e poco lineare la porti ad essere un ugello “mal disegnato”.
Il fluido è costretto a defluire da un ambiente “grande” passando attraverso un
restringimento per poi uscire nell’ambiente esterno, previa il passaggio in una zona in cui le
sezioni di passaggio aumentano. Quindi in base alle condizioni termodinamiche dell’ambiente
esterno ed interno si avranno fenomenologie analoghe a quelle di un ugello del tipo De Laval.
Accenniamo ora le basi teoriche dell’efflusso di un gas da un ugello convergente vedi
Figura 4.2.1.

Figura 4.2.1

Prendiamo in considerazione un gas in un grande contenitore alla pressione p1, temperatura


T1 e velocità v1 trascurabile.

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La pressione nell’ambiente di uscita è p2. Dato che p2 è minore di p1, il gas “sente” una
differenza di pressione che lo accelera. Il gas si muove quindi dall’ambiente a pressione p1
all’ambiente a pressione p2 attraverso l’ugello. L'energia potenziale del gas sotto forma di
pressione si converte gradualmente in energia cinetica, quindi il gas acquista velocità.
Aumentando la pressione a monte il gas è soggetto ad un’ulteriore accelerazione ed
aumenta la velocità in gola (sezione di area minima). Varia certamente anche la sua densità (la
pressione si riduce ed il fluido si espande). Per un certo valore di pressione p1, la differenza in
pressione tra p1 e p2 è sufficiente per accelerare il gas alla velocità del suono locale a = kRTt
alle condizioni in gola (pt, Tt), un limite cinetico che non può essere oltrepassato, nel senso che
un ulteriore piccolo aumento della pressione p1 (energia potenziale) non può aumentare la
velocità (energia cinetica) in gola.
All’uscita dell’ugello il gas risulta non più “costretto” dalle pareti solide, ed espande
irreversibilmente (in condizioni reali) alla pressione circostante p2, decelerando rapidamente.
Se a questo punto si abbassa la pressione a valle, le condizioni del gas in gola non
cambiano e non varia la portata in massa.
Si verifica la stessa situazione se la pressione a valle viene aumentata, finché non si
raggiunge nuovamente la pressione di gola: non si ha nessuna influenza sulle condizioni di gola e
la portata rimane costante.
Questa situazione è nota come flusso in condizioni di “choking” (condizione per cui si
raggiunge la velocità limite in gola) in cui, per fissate condizioni a monte, si raggiunge una
portata in massa costante indipendentemente dalle condizioni dell’ambiente a valle.
Ma cosa accade se la pressione di gola è aumentata ulteriormente? Dato che solamente una
frazione dell’energia potenziale (sotto forma di pressione) è necessaria per accelerare il gas alla
velocità del suono (con trasformazione in energia cinetica), il surplus di energia si manifesta
nell’aumento della pressione in gola.
Aumentano così la velocità locale del suono e la densità del gas che si traducono
nell’aumento della portata in massa. Si osserva quindi che dalle condizioni di “choking”,
variazioni della pressione nell’ambiente di uscita non hanno effetto sulla portata, al contrario
delle variazioni della pressione in gola.
La relazione matematica per il calcolo della portata in condizioni di choking, anche dette
“critiche” è la seguente:
k +1 k +1
k  2  k −1  2  k −1
m& = At p1
*
  = At ρ1a1   (4.2.1)
RT1  k + 1   k +1
dove:
• m& * è la portata critica (corrispondente alle condizioni del fluido a monte);
• At è l’area della sezione di gola; p1 , ρ1 , T1 sono rispettivamente la pressione, la densità e
la temperatura del fluido nell’ambiente a monte;
• a1 = kRT1 è la velocità del suono locale alle condizioni termodinamiche del fluido a
monte;
• R è la costante del gas;
• k è il rapporto delle capacità specifiche di calore a pressione e volume costante del fluido.
Da questa equazione si vede come la portata massica critica, fissata la sezione di gola (fisso
At), è una funzione esclusivamente della pressione di ingresso e della temperatura e della natura
del gas evoluente.

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La portata massica critica è realizzata se si è nelle condizioni in cui è rispettata la seguente:


k
p2  2  k −1
≤  (4.2.2)
p1  k + 1 
dove p2 è la pressione di uscita dall’ugello.
Da questa equazione si vede che il rapporto di pressione critico (p2/p1) è funzione
esclusivamente della natura del gas. Per l’aria (ed in generale per i gas biatomici a condizioni
ambiente) quando il rapporto delle pressioni assolute è 0.528, cioè quando la pressione assoluta
(p2) a valle è 52.8% della pressione assoluta (p1) a monte.
Per flusso di aria attraverso un orifizio con temperatura dell’aria di gola di 20°C la velocità
di “bloccaggio” (sonica) risulta circa 345 m/s (circa 1239 km/h).
Quando la velocità dell’aria raggiunge la velocità sonica, gli ulteriori aumenti in p1 non
causano ulteriore aumento della velocità di gola ma la densità aumenta; e dato che la portata in
massa è anche funzione della densità, la portata aumenta linearmente con la pressione a monte.
Anche se la velocità dell’aria attraverso l'orifizio è limitata dalla velocità del suono, la
portata massica continua ad aumentare con la pressione assoluta p1 (vedi Figura 4.2.2 nella quale
si riporta l’andamento qualitativo della portata in massa in funzione delle variazioni della
pressione di scarico p2 con, a parametro la pressione a monte p1.

Figura 4.2.2
Nella Figura 4.2.3 invece si mostra l’andamento qualitativo della portata in massa
attraverso l’ugello al variare della pressione a monte (con pressione di scarico p2 costante).

Figura 4.2.3
Come abbiamo affermato in precedenza però, la valvola può essere assimilata ad un ugello
convergente-divergente. Ciò comporta la possibilità dell’instaurarsi di condizioni per cui

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4 – La fisica del fenomeno dell’efflusso in una valvola.

l’efflusso può raggiungere almeno localmente velocità supersoniche: parleremo di efflusso


transonico. Dalla letteratura e dalla sperimentazione si evince che la presenza del tratto
divergente permette il raggiungimento di tali velocità. Tutto dipende dalle condizioni fluido-
termodinamiche a monte e a valle. Sempre in funzione della differenza di pressione tra monte e
valle si sperimenteranno fenomeni quali onde d’urto attraverso le quali il flusso da supersonico
viene riportato bruscamente a velocità subsoniche. Gli spessori di questi fronti sono dell’ordine
delle decine di micron e quindi tali bruschi salti sono accompagnati ad un repentino aumento di
entropia connesso con fenomeni dissipativi ed irreversibili in virtù della viscosità del fluido
nonché dal forte gradiente di temperatura che si genera localmente. Si può affermare che la
posizione (a valle della sezione di gola) in corrispondenza della quale si produce l’onda d’urto
dipende, per ogni valore di p1, dalla pressione di scarico p2, e che in generale essa si sposta verso
valle al decrescere di quest’ultima.
Si deve notare come la trattazione teorica relativa al classico ugello De Laval può essere
ritenuta valida per il caso della valvola in oggetto con la riserva sul reale orientamento (e forma)
delle onde d’urto che è molto influenzato dalle sedi degli attriti. Infatti l’interazione fra onda
d’urto e strato limite e la geometria “tormentata” delle valvole introducono generazione di onde
che si influenzano vicendevolmente.
Inoltre al valore minimo delle sezioni di passaggio (sezione alla quale corrisponde la
cosiddetta “area critica”) non corrisponde necessariamente la velocità sonica. Infatti in un flusso
reale tridimensionale le sezioni minime di efflusso non corrispondono necessariamente con
quelle minime geometriche proprio a causa della realtà dell’efflusso ed ai fenomeni di
compressibilità.
Da tutti questi fattori deriva la difficoltà della previsione di questi fenomeni e dell’evolversi
dell’efflusso.

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5 - Realizzazione delle meshes “caratteristiche”: la discretizzazione del continuo.

5. Realizzazione delle meshes “caratteristiche”: la discretizzazione del continuo.

5.1. Dominio di calcolo: come isolare una porzione del sistema fisico completo.

Per chiarezza e praticità applicheremo la seguente trattazione teorica ed applicativa alle


geometrie della valvola in studio.
Per la realizzazione delle simulazioni fluidodinamiche (calcolo fluido-termodinamico), si
applicano metodi matematici di risoluzione numerica delle equazioni di Navier-Stokes nel
dominio fluido con determinate condizioni al contorno ed iniziali. Tali metodi offrono la
possibilità di discretizzare anche le equazioni differenziali alle derivate parziali, tipiche dei
problemi della fluidodinamica. Si ottiene così una “soluzione “ con una approssimazione molto
buona.
Esistono varie metodologie di risoluzione ma tutte, come base della loro teoria,
introducono il concetto di “discretizzazione”. Esso consiste nella rappresentazione (mappatura)
del dominio spaziale continuo (quindi contenente infiniti punti) come un dominio discreto avente
un limitato e quindi finito numero di punti e/o volumi, definiti usualmente nodi e celle
rispettivamente.
Il dominio di calcolo è una porzione spaziale, nelle tre dimensioni, del sistema fisico
completo.
Inizialmente si deve definire tale porzione con criteri legati alla fisica del fenomeno ed al
procedimento numerico di calcolo che si prevede di applicare.

5.2. Superfici di contorno: pareti e sezioni del volume fluido completo.

Il dominio è limitato da pareti solide (quelle interne ed esterne della valvola e del
serbatoio etc.), e da superfici corrispondenti a sezioni del volume fluido intorno alla valvola (nel
nostro caso: aria a condizioni ambiente e aria in pressione all’interno del serbatoio). Nel caso in
questione, non considerando fenomeni di conduzione termica nel solido (valvola e serbatoio)
perché irrilevanti, il dominio non è altro che il volume “fluido” nel quale avviene l’efflusso
dell’aria.
Quindi la definizione dei limiti spaziali di tale dominio è imposta principalmente dalla
geometria e dalla configurazione della valvola nelle condizioni di prova (ad esempio si deve
tenere conto dell’alzata effettiva dell’otturatore che, come è stato indicato al paragrafo 2.2 Dati
sperimentali, in tutte le prove di qualifica è stata fissata a 5mm) ma, come si spiega oltre, anche
dalle sue eventuali simmetrie.
Un’assunzione riguardo alla geometria è stata fatta riguardo all’installazione della valvola
sul serbatoio di prova. La scelta arbitraria è stata quella di ipotizzare un collegamento diretto
della valvola sulla superficie orizzontale del serbatoio, senza interposizione di condotti appositi
e/o altri tipi di adattatori. L’altra assunzione si basa sull’aver ipotizzato una superficie superiore
esterna del serbatoio piana orizzontale ed estesa fino alle superfici verticali costituenti i confini
del dominio di calcolo.
Un’altra approssimazione consiste nell’aver semplificato (senza modifiche alle
dimensioni generali reali) con superfici semplici (cilindriche e piane) le superfici esterne della
valvola in realtà più complesse.

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5 - Realizzazione delle meshes “caratteristiche”: la discretizzazione del continuo.

Si sono usati raccordi a spigolo vivo per tutte le linee di intersezione tra le varie superfici
senza tenere conto dei raggi di raccordo reali e delle tolleranze dimensionali di lavorazione.
Tali assunzioni sono state fatte valutando percentualmente poco influente il loro effetto ai
fini del calcolo soprattutto per le superfici esterne che il fluido lambisce a velocità molto basse.
In Figura 5.2.1 si riportano le sezioni significative con le quote di interesse della valvola in
studio.

Figura 5.2.1

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5 - Realizzazione delle meshes “caratteristiche”: la discretizzazione del continuo.

In Figura 5.2.2 si riporta il disegno della valvola montata sul serbatoio. Si è assunto il
montaggio della valvola direttamente su di un serbatoio con superficie piana. Questa assunzione
è stata fatta per semplicità, prevedendone un’influenza trascurabile sulle simulazioni.

Figura 5.2.2

5.3. Individuazione di piani di simmetria.

Nel caso della valvola in studio si sono individuati due piani ortogonali di simmetria
passanti per l’asse geometrico (vedi Figura 5.3.1 – Piani di simmetria). Essi fissano quattro
porzioni spaziali nelle quali si prevedeva verosimilmente che l’efflusso, a meno delle fluttuazioni
dovute alla turbolenza, mostrasse le stesse caratteristiche fluido-termodinamiche mediate nel
tempo. L’efflusso nelle quattro porzioni si ottiene “specchiando” quello ottenuto per una
porzione, rispetto ai piani di simmetria definiti.
Il vantaggio dell’utilizzo dei due piani di simmetria è quello di poter utilizzare le risorse
di calcolo in una porzione fisica (un quarto della totale) molto ridotta rispetto a quella
complessiva, senza perdere efficacia. Infatti i limiti di velocità (CPU) e di capacità (dimensioni
della memoria RAM) del calcolatore limitano il numero delle celle da poter generare per ottenere
risultati in tempi ragionevoli. Quindi la possibilità di ridurre lo spazio fisico da grigliare permette
un miglior utilizzo del numero di celle a disposizione.

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5 - Realizzazione delle meshes “caratteristiche”: la discretizzazione del continuo.

I nomi delle entità che compongono le superfici sono: simx, simx:064 sul piano X-Z, e
simy, simy:066 sul piano YZ (vedi Figura 5.3.2- piano di simmetra X-Z, Figura 5.3.3- piano di
simmetra Y-Z, Figura 5.3.4– superfici sui piani di simmetria, superfici esterne della valvola e
superfici sul mantello superiore esterno del serbatoio e Figura 5.3.5– particolare delle superfici
sui piani di simmetria, superfici esterne della valvola e superfici sul mantello superiore esterno
del serbatoio).

Figura 5.3.1 – Piani di simmetria

Figura 5.3.2- piano di simmetra X-Z Figura 5.3.3- piano di simmetra Y-Z

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5 - Realizzazione delle meshes “caratteristiche”: la discretizzazione del continuo.

simx – simx0:64 Valvola

simy – simy0:66

serbout1-2-3-4

Figura 5.3.4– superfici sui piani di simmetria, superfici esterne della valvola e superfici sul
mantello superiore esterno del serbatoio

Valvola

simx – simx0:64 simy – simy0:66

serbout1-2-3

Figura 5.3.5– particolare delle superfici sui piani di simmetria, superfici esterne della valvola e
superfici sul mantello superiore esterno del serbatoio

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5.4. Definizione delle superfici di contorno

La scelta della posizione, della forma e della distanza delle superfici di contorno “fluide”
del dominio dipendono dalla natura attesa dell’efflusso, dalle necessità di costruzione della
griglia e della sua semplificazione. Limiti e/o vincoli di tipo numerico (tipo di condizione al
contorno da assegnare), geometria, fisica del problema, scelta della tipologia della “griglia di
calcolo” da applicare ed esperienza guidano quindi in questa fase.
Nel nostro caso le superfici di confine sono state definite nel modo seguente:

5.4.1. Sezioni “fluide”.

1) La superficie verticale parallela alla feritoia, e verso la quale il getto ha direzione


predominante, è stata posta a circa cento diametri1 di distanza. Nome dell’entità:
pressout3.
2) Le altre superfici verticali al di sopra del serbatoio, sono state poste ad una distanza
minima pari a circa 10 diametri. Nomi delle entità: pressout1, pressout2. Allontanandosi
dalla valvola, in direzione x la superficie verticale pressout2 si allarga in direzione y per
tenere conto del previsto allargamento del getto (vedi Figura 5.4.1 – Sezioni “fluide”). La
superficie verticale all’interno del serbatoio ha forma cilindrica ed è posta a circa sette
pressoutup1-2-3-4

pressout1

pressoutup5
Pressin1-2-3

pressout3
pressout2

Figura 5.4.1 – Sezioni “fluide”

diametri dalla sezione di entrata nella valvola. Nome dell’entità: pressin3.


3) Le superfici orizzontali parallele al piano del serbatoio e sopra ad esso, sono state poste
ad una distanza minima pari a circa sette diametri dal serbatoio stesso. La quota
corrisponde a quella massima della valvola. Nomi delle entità che compongono la

1
E’ conveniente, specie in studi “prototipali” di questo tipo, adimensionalizzare le geometria rispetto ad una
“lunghezza caratteristica” del problema. In questo caso la fenomenologia nota porta ad assumere il diametro D
dell’orifizio di ingresso della valvola come lunghezza caratteristica.

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5 - Realizzazione delle meshes “caratteristiche”: la discretizzazione del continuo.

superficie: pressoutup1, pressoutup2, pressoutup3, pressoutup4. Allontanandosi dalla


valvola, in direzione x (vedi Figura 5.4.1 – Sezioni “fluide” e Figura 5.4.2 – Sviluppo del
dominio di calcolo nella direzione x) la superficie superiore ha una pendenza positiva
sempre per tenere conto dell’allargamento del getto. Nome dell’entità: pressoutup5. La
superficie orizzontale sulla quale giace la sezione fluida all’interno del serbatoio è stata
posta a circa sette diametri dalla sezione di entrata nella valvola. Nomi delle entità che
compongono la superficie: pressin1, pressin2.

Figura 5.4.2 – Sviluppo del dominio di


calcolo nella direzione x

Figura 5.4.3 – Particolare del dominio di


calcolo intorno alla valvola

Figura 5.4.4 – Particolare del


dominio di calcolo in prossimità
dell’otturatore e della feritoia di
uscita

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5 - Realizzazione delle meshes “caratteristiche”: la discretizzazione del continuo.

Per tutte le superfici le distanze sopra dette sono da interpretarsi come minime accettabili.
Infatti si deve evitare la coincidenza di tali superfici con zone in cui il flusso deve ancora
svilupparsi, zone di ricircolo, di riattacco, in generale zone in cui si possa prevedere l’esistenza
di alti gradienti delle grandezze fisiche.

5.4.2. Pareti solide.

4) Parete interna del serbatoio. Nome dell’entità: serbin.


5) Parete esterna del serbatoio. Nomi delle entità che compongono la superficie: serbout1,
serbout2, serbout3, serbout4.
6) Condotto interno della valvola e sede conica. Nomi delle entità componenti: condotto,
sede1in, sede2in, sede1out, sede2out, sedevert1, sedevert2.
7) Superficie dell’otturatore (bordino compreso). Nomi delle entità componenti: orizzout5,
orizzout6, vertwall6, vertwall7, inclinup1, inclinup2, bordup1, bordup2, bordvertup1,
bordvertup2, upwall1, upwall2, upwall3, upwall4.
8) Superfici orizzontali all’interno della valvola. Nomi delle entità: upwall5, upwall6,
orizzout1, orizzout2, orizzout3, orizzout4.
9) Superfici verticali all’interno della valvola. Nomi delle entità: vertwall1, vertwall2,
vertwall3, vertwall4, vertwall5, vertwall8, vertwall9.
10) Superfici esterne della valvola. Nomi delle entità: ext1, ext2, ext3, ext4, ext5, ext6, extup.

Individuato il dominio di calcolo si è effettuata la generazione della griglia (o mesh) di


calcolo suddividendolo in un elevato numero di volumi e sottovolumi (discretizzazione spaziale).

5.5. Generazione della griglia di calcolo.

Nella prima fase si procede quindi alla generazione della geometria 3D di tipo
“wireframe” con l’ausilio di un software CAD (o direttamente con programmi per la
modellazione 3D). In questa fase si delimita quindi il dominio di calcolo. Il disegno della
geometria si può limitare alla generazione dei punti, estremi dei segmenti o circonferenze o archi
che la formano. In questa fase le entità sono disegnate in funzione del tipo di griglia che si vuole
creare e dagli eventuali sottovolumi in cui la si prevede di dividere. Per la creazione di
quest’ultimi si è fatto uso del software commerciale GAMBIT® release 1.3.0 dopo avervi
importato le entità geometriche. GAMBIT® è un pre-processore integrato che permette, tramite
interfaccia grafica, di costruire la geometria e di generare e controllare la qualità della griglia di
modelli per simulazioni termofluidodinamiche ed altre applicazioni scientifiche. Altra sua
caratteristica è la possibilità dell’assegnazione del tipo di “boundary” alle diverse entità
geometriche e la completa compatibilità con il codice di calcolo usato per le simulazioni:
FLUENT 5.4.8.

5.6. Tipologia di griglia impiegata.

Nel caso in esame è stata generata una griglia multiblocco con griglie strutturate e non
strutturate. Si è fatto anche uso di griglie dette “non conformi”, (vedi Figura 5.6.11 - Griglia)
caratterizzate dalla mancanza di coincidenza tra i nodi giacenti su due superfici affacciate e

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5 - Realizzazione delle meshes “caratteristiche”: la discretizzazione del continuo.

coincidenti, ma appartenenti a sottodomini separati. FLUENT elabora con interpolazione i


flussi delle grandezze attraverso tali “superfici di interfaccia”.
Per tutta la griglia sono stati impiegati elementi piani quadrilateri a quattro nodi ed
esaedrici ad otto nodi.
GAMBIT® permette un controllo avanzato delle celle vicino alle pareti mediante
l’attivazione dei “boundary layers” (vedi Figura 5.6.11 - Griglia). Si possono controllare gli strati
di celle vicino alle pareti impostando il numero e la legge di variazione dello spessore di
quest’ultime. I “boundary layers” possono servire anche per effettuare transizioni all’interno
della griglia per ridurre uniformemente il numero dei nodi (e delle celle) allontanandosi dal
primo strato di controllo. Tale primo strato può anche non essere adiacente ad una parete (vedi
Figura 5.6.11 - Griglia).
La qualità e l’efficienza della soluzione numerica sono fortemente dipendenti dalla
griglia usata nel modello di simulazione. La posizione delle celle della griglia esercita
un’influenza sostanziale sulla stabilità e la convergenza della soluzione numerica: per esempio,
se le celle non sono sufficientemente concentrate nelle zone con alti gradienti delle grandezze
fisiche del flusso, il solutore non può “catturare” tali gradienti. Quindi nelle regioni dove si
prevedono elevati gradienti, è necessario che la griglia sia abbastanza fine da minimizzare la
variazione delle variabili del flusso da cella a cella.
Nella costruzione della griglia occorre raggiungere un compromesso tra la densità dei
nodi, la velocità di calcolo e l’accuratezza della soluzione. Generalmente più punti vengono
assegnati in una griglia e più accurata sarà la soluzione, dal momento che diminuisce la
spaziatura della griglia nella discretizzazione del dominio di calcolo, ma anche più lento sarà il
processo di calcolo poiché aumentano le celle nelle quali vengono calcolate le variabili del
flusso. Quindi è necessario concentrare i nodi nelle zone con elevati gradienti cercando di
ottenere una griglia sufficientemente “raffinata” per la precisione della soluzione ma anche
abbastanza “larga” per la velocità di calcolo.
Esistono due tipi di griglie: la griglia strutturata (vedi Figura 5.6.1 - Griglia strutturata)
nella quale i nodi sono posizionati all’intersezione di due o tre famiglie di linee (che formano un
sistema di coordinate curvilinee) e la griglia non strutturata (vedi Figura 5.6.2 - Griglia non
strutturata) nella quale i nodi non possono essere identificati con linee coordinate.

Figura 5.6.1 - Griglia strutturata

Figura 5.6.2 - Griglia non strutturata

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5 - Realizzazione delle meshes “caratteristiche”: la discretizzazione del continuo.

Nelle griglie strutturate la trasformazione da spazio fisico a spazio di calcolo è introdotta


per “mappare” un sistema di coordinate non rettangolare nello spazio fisico in un sistema
rettangolare nello spazio di calcolo.
Le griglie strutturate permettono di controllare in modo più preciso la distribuzione dei
nodi e la forma delle celle. Nel caso dei volumi finiti due caratteristiche vengono considerate nel
determinare la forma delle celle: la “skewness” che è una misura della differenza tra la forma
della cella e la forma di una cella equilatera di pari volume (una griglia quadrilatera ottimale ha
tutte le celle con angoli prossimi a 90°) e lo “aspect ratio” che è una misura dell’allungamento
delle celle; una variazione rapida nel volume di celle adiacenti può portare ad errori di
troncamento elevati.
Questi due parametri, influenzando la soluzione, indicano l’effetto che ha la fattura della
mesh sul modello di discretizzazione.
Nel caso di elementi che presentano un alto fattore di skewness (Figura 5.6.3 - Esempi di non
ortogonalità-a), il calcolo del gradiente tra la faccia di separazione e la congiungente i centroidi a
destra e sinistra della faccia stessa restituisce un valore che non è la derivata rispetto alla normale
della superficie, bensì rispetto alla sopraccitata congiungente. In questo caso è necessario
modificare le equazioni discretizzate introducendo dei termini correttivi che in generale
rallentano il calcolo. Un secondo tipo di non ortogonalità è rappresentato in Figura 5.6.3 -
Esempi di non ortogonalità-b (non coincidenza tra il centro della faccia e l’intersezione della
stessa con la congiungente i centroidi)

Figura 5.6.3 - Esempi di non ortogonalità


Nel caso in cui le celle siano particolarmente allungate in una direzione (l’aspect ratio è alto) può
accadere che la massa che attraversa l’elemento non sia valutata correttamente e il flusso che
attraversa il lato minore sia valutato in maniera sbagliata. In questo caso la soluzione si dice
disaccoppiata e generalmente sono necessari un numero maggiore di iterazioni per raggiungere la
soluzione. Si deve comunque valutare il peso relativo dei due parametri posti a confronto.
Riportiamo un esempio riguardo alla griglia (non ottimizzata) in prossimità del bordino
dell’otturatore e della sede sul piano di simmetria x-z.
Nelle Figura 5.6.4 – equiangle skew-bordino, Figura 5.6.5 – aspect ratio-bordino, Figura
5.6.6 – equiangle skew-sede, Figura 5.6.7 – aspect ratio-sede sono evidenziate con i colori della
scala del rosso le celle con aspect ratio o equiangle skewness elevati. Si osserva che mentre lo
aspect ratio assume valori bassi in tutta la zona, la mappa corrispondente per il secondo
parametro (equiangle skew) evidenzia elementi da tenere sotto controllo.

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5 - Realizzazione delle meshes “caratteristiche”: la discretizzazione del continuo.

Figura 5.6.4 – equiangle skew-bordino Figura 5.6.5 – aspect ratio-bordino

Figura 5.6.6 – equiangle skew-sede Figura 5.6.7 – aspect ratio-sede

L’utilizzo delle griglie strutturate presenta maggiori difficoltà nel generare la mesh poiché
il dominio di calcolo deve essere diviso in sottodomini per avere una forma che sia “trattabile” e
la distribuzione dei nodi sulle linee di confine dei sottovolumi deve essere tale da avere una
corrispondenza ‘nodo-nodo’ in ogni sottodominio (a meno dell’uso di mesh non conformi).
Facendo riferimento alla Figura 5.6.8- Griglia strutturata, i segmenti 1 e 2 devono avere lo
stesso numero di nodi, così come i segmenti 3 e 4.

Figura 5.6.8- Griglia strutturata

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5 - Realizzazione delle meshes “caratteristiche”: la discretizzazione del continuo.

Le griglie bidimensionali non strutturate possono essere generate attraverso elementi di due
forme, triangolare e quadrata. Le griglie tridimensionali non strutturate possono essere generate
attraverso tetraedri, piramidi, prismi a base triangolare e quadrata (esaedri) in funzione della
tipologia degli elementi bidimensionali. Le griglie costruite con elementi triangolari sono più
facili da generare intorno a geometrie complesse, ma presentano problemi per la velocità di
calcolo. Infatti per una data distribuzione di nodi il numero di elementi triangolari è maggiore di
quello dei corrispondenti elementi quadrangolari, quindi l’utilizzo di elementi triangolari è
penalizzante per la velocità di calcolo. Le griglie non strutturate permettono di avere una
diradazione dei nodi nelle zone di minor interesse, non essendo soggette ad una corrispondenza
uno a uno dei nodi, ma permettono un minore controllo nella generazione della griglia.
In questa simulazione sono state utilizzate entrambe le tipologie di griglia.
Ad esempio all’interno della valvola, dove i gradienti sono elevati, sono stati creati
sottovolumi dotati di griglie strutturate controllate negli strati adiacenti alle pareti. In alcuni di
essi (vedi quelli adiacenti contemporaneamente alla sede ed al bordino circonferenziale
dell’otturatore) le griglie di alcune facce sono non strutturate perché di più semplice generazione
e perché permettono infittimenti localizzati grazie al posizionamento opportuno dei nodi sui
segmenti costituenti i lati delle facce stesse; senza i vincoli delle strutturate. Nella Figura 5.6.9 –
Particolare della griglia all’interno della valvola, si osservano gli infittimenti proprio vicino alla
sede e al bordino. Il sottodominio in questione è stato grigliato adottando il “Cooper scheme”.
Vedi il seguente paragrafo 5.7 per un maggiore approfondimento su tale schema.
Altre griglie non strutturate sono state usate nel caso di facce triangolari (vedi Figura
5.6.10 – Particolare della griglia all’interno della valvola, in prossimità del bordino
dell’otturatore) sulla superficie dell’otturatore) o laddove non è richiesto un gran controllo delle
celle di calcolo (vedi Figura 5.6.9 – Particolare della griglia all’interno della valvola e Figura
5.6.11 - Griglia). Anche in questi casi si è adottato il “Cooper scheme”.
Ovviamente nulla vieta un approccio diverso alla generazione della griglia. Nelle zone con
gradienti molto elevati, per esempio al bordo della sede dove il flusso da assiale diventa radiale
con elevati gradienti dei parametri di flusso, la griglia strutturata avrebbe consentito celle più
regolari sia nella forma che nella distribuzione, ma sarebbe stato necessario introdurre un
maggior numero di sottovolumi.

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5 - Realizzazione delle meshes “caratteristiche”: la discretizzazione del continuo.

Figura 5.6.9 – Particolare della griglia all’interno della valvola

Figura 5.6.10 – Particolare della griglia all’interno della valvola, in


prossimità del bordino dell’otturatore

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5 - Realizzazione delle meshes “caratteristiche”: la discretizzazione del continuo.

Esempio di griglia
“non strutturata”
(Cooper scheme)

Esempio di griglia
“strutturata”

Esempio di utilizzo dei


Griglie “non “boundary layers” con
conformi” con griglie elementi di transizione
d’interfaccia

Esempi di griglia
“non strutturata”
(Cooper scheme)

Figura 5.6.11 - Griglia

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5 - Realizzazione delle meshes “caratteristiche”: la discretizzazione del continuo.

5.7. Brevi cenni descrittivi sul “Cooper scheme”

In alternativa alla creazione delle meshes, a partire dal volume è possibile generare la
griglia in un volume utilizzando una faccia come sorgente. Nella letteratura tecnica questo
schema è chiamato “di Cooper” (Cooper scheme); la mesh di una delle facce viene presa come
modello di struttura da ripetere nel volume all’interno del quale essa viene estrusa. Quando si
applica questo schema, l’intero volume è trattato come se fosse costituito da uno o più cilindri
logici, quindi con le due facce superiore ed inferiore e la superficie laterale. La faccia superiore
ed inferiore sono le facce sorgente, mentre tutte le altre facce del volume generico non utilizzate
come sorgente sono viste come la superficie laterale del cilindro (Figura 5.7.1). Il metodo per
quanto sia estremamente potente è difficilmente generalizzabile in applicazioni complesse, per
cui spesso necessitano trattamenti correttivi che includono anche la creazioni di sottodomini.

Figura 5.7.1

La struttura della faccia sorgente oltre ad essere estrusa, può anche essere ruotata di 360°
intorno ad un asse; anche così si ottiene una mesh in 3D data dalla ripetizione di una struttura
base.
La creazione di una mesh non è un processo irreversibile: in qualsiasi momento deve
essere possibile cancellare una (parte della) mesh. Esistono però delle gerarchie: non è possibile
eliminare una mesh se essa serve per la creazione di una mesh di ordine superiore. Se si è
meshato il cubo, non è possibile ad esempio eliminare la mesh di una delle facce, mentre è
possibile eliminare la mesh del cubo e lasciare inalterate quelle delle facce, che solo a questo
punto possono essere cancellate.

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6 – Le simulazioni numeriche. Generalità.

6. Le simulazioni numeriche. Generalità.

Il software utilizzato per lo studio effettuato è FLUENT 5.4.8.


Il metodo di calcolo utilizzato è il metodo ai volumi finiti che consiste in:
1. Divisione del dominio di calcolo in volumi di controllo discreti utilizzando una
griglia di calcolo.
2. Integrazione delle equazioni di governo del flusso su ogni volume di controllo per
determinare le equazioni algebriche per le variabili incognite (velocità, pressione,
temperatura, etc.); l’integrazione porta ad equazioni discrete che comportano
comunque la conservazione di ogni grandezza sul singolo volume di controllo.
3. Linearizzazione delle equazioni discretizzate e soluzione del sistema di equazioni
per produrre valori aggiornati delle variabili.
Per la chiusura del sistema delle equazioni di Navier-Stokes (che esprimono l’equazione di
bilancio della quantità di moto nella quale si è introdotta l’equazione costitutiva del fluido), si
affiancano l’equazione della continuità, l’equazione dell’energia e l’equazione di stato per il
fluido sotto l’ipotesi di continuità di quest’ultimo; questa assunzione implica che esistono le
derivate di tutte le variabili dipendenti. In altre parole, proprietà locali come la densità e la
velocità sono definite come medie su elementi “grandi” se comparati con la struttura
microscopica del fluido, ma abbastanza “piccoli” in confronto alla scala dei fenomeni
macroscopici. Ciò permette di descriverli con l’uso del calcolo differenziale.
Per tenere conto della natura reale e turbolenta dell’efflusso il fluido è considerato viscoso
e si introduce il modello k-ε RNG per simulare le interazioni turbolente.
Un moto turbolento non è mai realmente stazionario e quando si parla di moto turbolento
stazionario si intende riferirsi alla invariabilità nel tempo della velocità mediata su di un tempo
sufficientemente lungo.
Si è optato per tale modello per i seguenti motivi:
§ È uno dei più utilizzati in campo industriale;
§ I suoi punti di forza, come pure i suoi limiti, sono ben documentati;
§ La variante “realizable k-ε” del modello di base “Standard k-ε” fornisce prestazioni
superiori per:
1. flussi in presenza di getti piani o circolari;
2. strati di celle sulle superfici di confine in cui esistono alti gradienti positivi
(nel senso del moto) della pressione e separazione;
3. rotazione e ricircoli;
4. linee di flusso ad alta curvatura
§ Fornisce un’accuratezza accettabile per una vasta tipologia di flussi turbolenti in
applicazioni industriali che comportano anche scambi di calore;
§ Siamo in possesso di un’ampia casistica di simulazioni basate sull’applicazione di
tale modello ad efflussi caratterizzati dal numero di Reynolds e da effetti dovuti alla
compressibilità anche molto diversi.
Tutte queste ragioni sono state infine confermate dai risultati che saranno mostrati nei
paragrafi successivi.

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6 – Le simulazioni numeriche. Generalità.

6.1. Impostazioni del calcolo.

Riportiamo nel seguente elenco le caratteristiche e le impostazioni del calcolo effettuato:

q Simulazioni in stato stazionario (il campo di moto e termico sono indipendenti dal
tempo). Le proprietà caratteristiche del mezzo fluido sono considerate quindi come
funzioni dello spazio nel sistema di riferimento.
q Geometria fissa 3D (tutte le entità geometriche non cambiano di posizione e/o forma nel
tempo).
q Griglie di base: griglia multiblocco con uso di griglie strutturate e non strutturate e “non
conformal grids” con griglie di interfaccia.
q Griglie ottimizzate nei primi due o tre strati vicino alle pareti e/o in funzione della y+
(“solution-adaptive refinement”: l’ottimizzazione delle griglie è effettuata sulla griglia
base in funzione dei risultati ottenuti dal calcolo preliminare sulla griglia base stessa)1.
q 170.000 ÷ 420000 celle di calcolo (le griglie con maggior numero di elementi sono quelle
“ottimizzate”).
q Solutore: accoppiato, esplicito con discretizzazione “first order upwind”.
Significato:
§ “accoppiato”: tutte le equazioni sono risolte simultaneamente (cioè
“accoppiate”);
§ “esplicito”: metodo di linearizzazione delle equazioni di governo. Per una data
variabile, il valore incognito in ogni cella è calcolato usando una relazione che
include solo i valori esistenti. Inoltre ogni incognita appare in una sola
equazione nel sistema e le equazioni per i valori incogniti in ogni cella possono
essere risolti uno alla volta per fornire le quantità non note.
§ “first order upwind”: discretizzazione del primo ordine in avanti. FLUENT
memorizza i valori discreti delle grandezze scalari nei centri cella. Comunque, i
valori di tali grandezze sulle facce delle celle servono per i termini convettivi
delle equazioni di governo discretizzate e devono essere interpolati dai valori
nei centri cella. Ciò si può fare con uno schema “upwind” nel quale tali valori
sono derivati da quelli delle celle adiacenti a monte (nel senso dell’efflusso), da
cui il nome dello schema.
Il solutore impiegato è adatto alla risoluzione di flussi compressibili e ad alta velocità. Dato
che le equazioni di governo sono non lineari ed accoppiate, parecchi cicli iterativi devono essere
completati prima di raggiungere la convergenza. Ogni iterazione consiste nei seguenti passaggi:
1. Le proprietà del fluido sono aggiornate basandosi sulla soluzione corrente
(per il primo ciclo si parte dalla soluzione di inizializzazione di cui parleremo
in seguito).
2. Le equazioni di Navier-Stokes e dell’energia sono risolte simultaneamente.
3. Le equazioni per le grandezze scalari, quali quelle per la turbolenza, sono
risolte usando i valori aggiornati delle altre variabili.
4. Controllo della convergenza per il sistema di equazioni.
5. Il ciclo viene ripetuto sino al raggiungimento della “convergenza”, che viene
valutata sia in base ai valori assunti dai “residui” sia in base alla storia di
convergenza. Anche l’analisi del bilancio della massa entrante e uscente con
il procedere del procedimento iterativo (si è valutata la sua stabilizzazione) ha
permesso di stabilire la convergenza. Anche la stabilizzazione dei valori

1
Per il significato di y+ vedi i paragrafi 6.2 e 6.3

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6 – Le simulazioni numeriche. Generalità.

assunti dalle grandezze fisiche in zone diverse e significative rappresenta un


criterio per la valutazione della convergenza e della validità del calcolo
stesso.
q Fluido: aria. Si tiene conto della sua compressibilità e dei fenomeni ad essa collegati.
L’aria è trattata come un gas ideale con viscosità dinamica µ pari a
µ = 1.7894*10-5Kg/m*s.
Quindi la densità ρ viene calcolata ad ogni iterazione con l’equazione dei gas ideali:
( p + p)
ρ= o
RT
dove po è la pressione ambiente, p è la pressione statica locale relativa alla pressione ambiente, R
che vale 287 J/(kg*K), è la costante del gas (aria nel nostro caso) e T è la temperatura locale del
fluido espressa in kelvin.
q Pressione operativa: Fluent permette di stabilire una pressione detta “operativa” per
evitare errori di troncamento in simulazioni a basso numero di Mach. Il codice sottrae la
pressione operativa dalla pressione assoluta e usa nei calcoli la pressione relativa. Nel
caso in oggetto (anche se si raggiungono valori del numero di Mach pari 2.5) la pressione
operativa è stata fatta coincidere con la pressione ambiente. La relazione che lega
pressione assoluta pabs, pressione operativa (ambiente) po e pressione relativa prel è:
p abs = p o + p rel
Tutte le pressioni inserite e calcolate nelle simulazioni in Fluent sono in termini di
pressione relativa prel, per cui, d’ora in avanti, il suffisso ‘rel’ sarà omesso.
q Modello di turbolenza: k-ε RNG (a due equazioni) con opzione attivata per “swirl
dominated flow”. Le RANS (Reynolds-averaged Navier-Stokes), equazioni di Navier-
Stokes mediate nel tempo, rappresentano le equazioni di trasporto per le sole grandezze
medie del flusso. Tutte le scale della turbolenza devono essere modellate e si devono
introdurre termini aggiuntivi nelle equazioni di governo. Per la “chiusura” del sistema si
introducono equazioni aggiuntive. L’approccio Reynolds-averaged è generalmente
adottato per problemi ingegneristici.
Il modello k-ε introduce due equazioni di trasporto insieme alla “energia cinetica
turbolenta” ed al “tasso di dissipazione dell’energia cinetica turbolenta”. La soluzione
delle due equazioni aggiuntive permette il calcolo della viscosità turbolenta per le
equazioni RANS. Esso è un modello semi empirico; la sua robustezza, l’economia in
termini di risorse di calcolo ed una ragionevole accuratezza per una vasta casistica di
flussi turbolenti rende conto del suo ampio uso in molteplici applicazioni. Il modello k-ε
RNG introduce termini aggiuntivi nelle sue equazioni che migliorano l’accuratezza per
flussi con alti effetti di “swirl” ed altamente ”stirati”.
q Funzioni di parete: standard. Funzioni che permettono la risoluzione del campo fluido-
termodinamico in prossimità delle pareti. Affinchè tali funzioni siano ben applicate si
devono controllare gli spessori degli strati di celle adiacenti alle pareti. Esistono
prescrizioni diverse in base al tipo di funzioni di parete applicate. Il controllo si esegue in
funzione dei valori assunti dalla grandezza y+.

6.2. Cenni sulla turbolenza.

Nel campo di applicazione delle valvole in oggetto, i flussi dei fluidi sono quasi sempre
turbolenti.

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6 – Le simulazioni numeriche. Generalità.

Questo significa che il moto del fluido è stocastico, non stazionario e tridimensionale. Altre
caratteristiche dei flussi turbolenti sono le seguenti:
• la diffusività che causa rapidi mescolamenti e alti tassi di trasporto della quantità di moto, di
calore e di massa;
• la dissipazione: gli sforzi tangenziali viscosi producono lavoro di deformazione con relativi
incrementi di energia interna del fluido a spese della energia cinetica della turbolenza. Questa
ha bisogno di un continuo apporto di energia per compensare le perdite viscose: se non c’è
apporto di energia la turbolenza decade rapidamente.
Per queste ragioni, il moto turbolento ed i fenomeni di trasferimento di calore e di massa
con esso associati sono estremamente difficili da descrivere e da predire in maniera teorica.
Se si considera il moto di un fluido in un condotto rettilineo o a bassa curvatura, si osserva
che, finché la velocità si mantiene sufficientemente bassa, ogni particella fluida si muove con
velocità uniforme descrivendo una traiettoria parallela all’asse del condotto. Le forze viscose
rallentano le particelle vicino alle pareti. Nel contempo le particelle a diverse altezze, anche se
con velocità diverse, scorrono “ordinatamente” in strati contigui. In questo caso si è in condizioni
di regime laminare. All’aumentare del numero di Reynolds2 si osserva che, in corrispondenza ad
un certo Re critico, scompare improvvisamente questo comportamento ordinato, caratteristico
del moto laminare. Si verifica cioè la (brusca) transizione al regime turbolento, nel quale le
traiettorie descritte dalle diverse particelle non sono più rettilinee e la velocità in un dato punto è
diversa da istante a istante. Al moto medio nella direzione dell’asse del condotto si sovrappone
un moto fluttuante in direzione trasversale e longitudinale, che genera un trasferimento di
quantità di moto orizzontale da uno strato all’altro e dà luogo ad un mescolamento molto più
energico. In conseguenza di ciò, nel moto turbolento si ha una maggiore uniformità trasversale
della velocità (Figura 6.2.1). Nel caso di trasporto turbolento quindi, le dimensioni delle
particelle e la distanza che esse percorrono prima di “cedere” le loro proprietà (quantità di moto,
energia) dipendono oltre che dalla natura del fluido e dal suo stato termodinamico anche dal tipo
di moto.

Figura 6.2.1
La dimensione degli agglomerati fluidi, che si formano e si disintegrano continuamente e
che per brevi periodi si muovono quasi come un unico corpo, determina la scala della turbolenza
e per uno stesso fluido può essere sostanzialmente diversa a seconda della velocità, delle
condizioni al contorno (pareti, ecc.) e della “storia” del fluido. Le proprietà di trasporto
turbolento non sono quindi una caratteristica del fluido ma variano da un tipo di moto ad un
altro. In un moto turbolento il trasporto macroscopico predomina nettamente sul trasporto
microscopico nel quale le proprietà di trasporto (µ,k) dipendono dalle caratteristiche delle
molecole e dal loro libero cammino medio. Quest’ultima considerazione implica che ai fini degli

ρLu
2
Definizione del numero di Reynolds: Re = ; dove r è la densità, L è una lunghezza caratteristica, u indica la
µ
velocità media e µ è la viscosità dinamica. Tale parametro adimensionale quantifica il rapporto tra forze viscose e
forze d’inerzia.

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6 – Le simulazioni numeriche. Generalità.

scambi energetici, tutto avviene come se la viscosità o la conduttività termica fossero


enormemente maggiori (anche più di 10000 volte). Pertanto nel moto turbolento gli sforzi
resistenti e la conduzione termica sono molto maggiori che nel moto laminare. Il fenomeno della
turbolenza comporta quindi il continuo rimescolamento della massa fluida, con cessione di
energia da parte di particelle di fluido animate da velocità medie più elevate a quelle più lente,
nonché il verificarsi di fenomeni di trasporto e dissipativi di rilevante entità.
Nel caso dei flussi ad elevato numero di Reynolds le forze viscose sono piccole rispetto a
quelle d’inerzia. Questo caso è frequente in quanto i due principali fluidi che si incontrano nella
pratica, l’aria e l’acqua, hanno una viscosità molto piccola e quindi il caso di Re molto elevati si
verifica anche per velocità moderate. Ciò non significa che, nelle equazioni di Navier-Stokes, si
possano trascurare semplicemente i termini viscosi, e ciò vale in particolare nel caso del flusso in
prossimità di una parete solida. Fisicamente ciò significa piuttosto che non è possibile trascurare
le forze viscose vicino alla parete poiché, essendo proprio queste forze la causa del “frenamento”
della corrente esterna, esse devono essere, in questa zona, dello stesso ordine di grandezza delle
forze d’inerzia.
Poiché le forze viscose sono del tipo
∂u
τ =µ
∂y
(relazione di Newton anche attribuita a Petroff e Maxwell), esse possono essere grandi, pur
essendo la viscosità molto piccola, se è molto grande il gradiente di velocità normale alla parete,
cioè se è molto piccolo lo spessore nel quale la velocità passa dal valore nullo alla parete al
valore finito della velocità della corrente.
Esiste cioè, in prossimità della parete, una zona detta strato limite (vedi il paragrafo
seguente 6.3), che è tanto più sottile quanto più grande è il numero di Reynolds e nella quale non
possono essere trascurate le forze viscose. Però quando il numero di Reynolds aumenta, anche il
fluido interno allo strato limite mostra una notevole transizione dal regime laminare a quello
turbolento. L’intero campo del fluido intorno ad un corpo immerso in una corrente, e in
particolare, le forze esercitate su esso, sono fortemente dipendenti dal fatto che il fluido nello
strato limite sia laminare o turbolento. La transizione in uno strato limite su un corpo solido in
una corrente dipende da molti parametri, i più importanti dei quali sono la distribuzione della
pressione nel flusso esterno, la natura della parete (scabrosità) e la natura dei disturbi nel fluido
libero (intensità della turbolenza).
Un fenomeno che spesso si verifica consiste nel distacco dello strato limite. In questo caso
si verificano delle circostanze (dipendenti molto spesso dalle forti curvature dei profili delle
pareti) per le quali il fluido, che è stato rallentato nello strato limite, viene trasportato man mano
nella corrente esterna. Ciò accade più facilmente nel caso in cui la pressione lungo la parete
cresca nella direzione del moto. In queste condizioni il fluido, che per effetto dell’attrito nello
strato limite ha perso energia cinetica, non riesce a vincere le forze di pressione che si
oppongono al moto ed a penetrare nella zona a pressione crescente. Il fluido in vicinanza della
parete tende quindi ad arrestarsi mentre nella zona a valle, per effetto del gradiente di pressione,
si genera un flusso che si muove in direzione opposta a quella della corrente principale e che
costringe lo strato limite a staccarsi dalla parete (Figura 6.2.2). Il punto di separazione S
rappresenta il confine fra la zona di flusso diretto e quella di flusso invertito ed è definito dalla
condizione
 ∂u 
  = 0
 ∂y  y = 0
come si può osservare da un esame dei profili di velocità nelle due zone (Figura 6.2.3).

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Figura 6.2.2

Figura 6.2.3
La separazione dello strato limite, che avviene sempre in maniera più o meno marcata nella
zona posteriore di un corpo immerso in una corrente fluida, dà luogo alla cosiddetta scia che
altera sensibilmente la struttura del flusso esterno e dà origine a perdite energetiche aggiuntive
(Figura 6.2.4).

Figura 6.2.4

6.3. Effetto delle pareti e significato del parametro dimensionale y+.

La maggior parte degli studi sono effettuati su flussi entro canali con pareti solide.
La presenza di tali superfici comporta una considerevole differenza nel comportamento del
flusso e nella formazione di turbolenza se paragonati a un flusso turbolento libero.
Il flusso vicino alle pareti è divisibile idealmente in tre strati:
• il sottostrato laminare (inner layer) nel quale sono preponderanti gli sforzi viscosi e il
profilo di velocità è lineare;
• lo strato esterno (outer layer) nel quale sono preponderanti gli sforzi turbolenti;
• lo strato di “sovrapposizione” (overlap layer o “log law” region) nel quale il profilo della
velocità media mostra un andamento logaritmico (da cui il nome di “log law” cioè legge
logaritmica).
L’effetto di una parete viene spiegato definendo un numero di Reynolds locale,
ρUy
Re = (6.3.1)
µ

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dove U è la velocità, µ è la viscosità dinamica del fluido, ρ è la sua densità e y rappresenta


la distanza normale dalla parete.
Le forze di inerzia prevalgono nel flusso lontano dalle pareti. Se la distanza diminuisce,
anche il numero di Reynolds diminuisce, e, poco prima che la distanza y si annulli, c’è un
insieme di valori di y per il quale il valore del numero di Reynolds locale è nell’ordine dell’unità.
A questa distanza dalle pareti, e più vicino, le forze viscose sono dello stesso ordine di
grandezza, o maggiori, delle forze di inerzia.

Le differenti regioni nel flusso vicino alle pareti sono definite sulla base di un parametro
adimensionale y+
yp τw
y+ = (6.3.2)
v ρ
dove yp è la distanza dalla parete del punto più vicino nel quale viene calcolata la velocità, (nel
caso dei “volumi finiti” questo coincide con il centro cella ),ν è la viscosità cinematica del fluido
e τw è lo sforzo di taglio alla parete.
∂U
τw = µ (6.3.3)
∂y y =0

y+ è simile ad un numero di Reynolds locale, quindi il suo valore determina l’importanza relativa
del contributo viscoso e del contributo turbolento nello sforzo di taglio. Per valori di y+ minori di
50 esiste un forte contributo della viscosità molecolare allo sforzo di taglio, mentre per valori di
y+ maggiori di 30450 questo contributo diventa trascurabile.
La distanza dalla parete delle celle ad essa adiacenti deve essere determinata considerando
il campo oltre il quale è valida la “log-law”. Questa è valida per y+>30÷60. Un valore della y+
vicino al limite inferiore (y+ circa uguale a 30) è consigliato (da manuale di Fluent).

Un altro parametro dimensionale utile nella descrizione delle regioni di un flusso entro
canali con pareti è u+
u
u+ = (6.3.4)

dove uτ è la ‘friction velocity’ definita dalla relazione

τw
uτ = (6.3.5)
ρ
Lo sforzo di taglio τ(y) è la somma dello sforzo viscoso e dello sforzo di Reynolds − ρ uv .
Alla parete, la condizione è che la velocità sia nulla, quindi lo sforzo di Reynolds si
annulla, e lo sforzo alla parete τw è dovuto interamente al contributo viscoso. In Figura 6.3.1 -
Profili degli sforzi viscosi e degli sforzi di Reynolds sono presentati due grafici che mostrano i
profili degli sforzi viscosi e degli sforzi di Reynolds in un canale di raggio δ per due tipi di flussi,
entrambi turbolenti ma con numero di Reynolds pari a 5600 (linea tratteggiata) e 13750 (linea
continua).

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Re=13750
Re=13750
Re=5600

Re=5600

Figura 6.3.1 - Profili degli sforzi viscosi e degli sforzi di Reynolds

6.3.1. Il sottostrato laminare.

Nella zona immediatamente adiacente ad una parete, gli sforzi sono totalmente dovuti agli
sforzi viscosi.
Questo strato è chiamato sottostrato laminare, o lineare, ed è molto sottile, con un basso
valore di y+ (y+<5). Lo sforzo di taglio è praticamente costante e uguale allo sforzo di taglio alla
parete τw.
In questa zona esiste una relazione lineare tra i due parametri dimensionali u+ e y+
u+ = y+ (6.3.6)

Nella Figura 6.3.2 - Profilo della velocità nel sottostrato laminare, la linea continua
rappresenta il profilo del parametro u+ ottenuto con una simulazione numerica diretta (DNS). Lo
scostamento per valori di y+ inferiori a 5 della relazione (6.2.6) è trascurabile.

Figura 6.3.2 - Profilo della velocità nel sottostrato laminare

6.3.2. Lo strato di ‘sovrapposizione’.

Nella regione “log law region” in cui il valore di y+ è maggiore di trenta (y+>30) gli effetti
della viscosità molecolare sono trascurabili.
La relazione tra u+ e y+ è logaritmica, da cui il nome “log-law” velocity profile

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1
u+ = ln y + + B (6.3.7)
k

dove k=0.41, B=5.2, il valore delle quali è stato trovato sperimentalmente.


Questa è la legge di parete dovuta a Von Karman (1930). B è inversamente proporzionale
alla rugosità delle pareti.
In Figura 6.3.3 - Profilo della velocità nel sottostrato laminare e nella regione ‘log-law’ è
mostrato il confronto tra la legge logaritmica e la simulazione numerica diretta. Si può notare la
perfetta rispondenza tra le due curve per valori di y+>30.

Figura 6.3.3 - Profilo della velocità nel sottostrato laminare e nella regione ‘log-law’
La regione tra il sottostrato laminare e la regione ‘log-law’ è detta ‘buffer layer’. Questa è
la regione di transizione tra la parte del flusso dominato dalle forze viscose e la parte del flusso
dominato dalle forze di turbolenza. I valori di y+ sono compresi tra 5 e 30.

6.3.3. Lo strato esterno.

La zona esterna, con valori di y+ maggiori di 50, è una zona nella quale gli effetti della
viscosità molecolare sono quasi interamente trascurabili rispetto a quelli della “viscosità
turbolenta”.
Il profilo delle velocità è governato da una legge determinata da Von Karman (1930) e
sviluppata da Millikan (1938) detta ‘velocity-defect law’. Essa devia leggermente dalla “log law”
soprattutto nei boundary layers non in equilibrio con gradienti di pressione:

U max − U 1  y
= − ln  + D (6.3.8)
ut k δ 

dove D è una costante che dipende dal moto.


In Figura 6.3.4 - Schema riassuntivo delle regioni del flusso è proposto uno schema
riassuntivo delle regioni che contraddistinguono un flusso entro un canale con pareti solide, in
termini di y+ e di y/δ dove y rappresenta la distanza dalla parete mentre δ è la grandezza
caratteristica del canale.

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Figura 6.3.4 - Schema riassuntivo delle regioni del flusso [adattato da Pope (2000)]

6.4. Condizioni al contorno.

Le condizioni al contorno assegnate ai confini del dominio fluido sono le seguenti:


• “Pressure-Inlet”: è stata assegnata per ogni simulazione nelle sezioni “fluide” (pressin1,
pressin2, pressin3) all’interno del serbatoio. Si devono specificare:
1. la sovrapressione (gauge total pressure) rispetto alla pressione di riferimento (pressione
ambiente come precedentemente spiegato);
2. la temperatura totale (coincidente con la statica per il fluido quasi in quiete nelle sezioni
scelte poste a debita distanza dalla sezione di ingresso alla valvola);
3. intensità della turbolenza “turbulence intensity” che è il rapporto tra il valore medio delle
fluttuazioni turbolente e la velocità media (è stato assunto un valore pari a 0.1% per i
motivi sopra detti);
4. “turbulent viscosity ratio” che è un parametro adimensionale dato dal rapporto tra la
viscosità turbolenta µt e la viscosità dinamica del fluido µ
µ
t.v.r = t
µ
per flussi all’interno di condotti questo parametro assume valori compresi tra 1 e 10. Nel
nostro caso è stato assegnato un valore pari a 10 perché la fenomenologia nota mostra una
forte prevalenza degli effetti turbolenti.
• “Pressure-Outlet”: all’uscita del dominio di calcolo (sulle facce pressout1, pressout2,
pressout3, pressoutup1, pressoutup2, pressoutup3, pressoutup4, pressoutup5). E’ stato
inserito il valore della pressione ambiente nelle sezioni di “uscita”.
• “Wall”: per gli elementi del dominio che rappresentano le pareti, cioè corpo valvola
(interno ed esterno), otturatore con guarnizione di tenuta. Per queste superfici la
condizione di “Wall” equivale ad imporre le condizioni delle componenti parallele alla
parete della velocità entrambe nulle (no-slip). Dato che si sono imposte distribuzioni
uniformi delle temperature sulle diverse pareti, e non considerando trasferimenti di calore
nel materiale solido della valvola e del serbatoio, si è definita soltanto la rugosità
superficiale tenendo conto della tipologia delle lavorazioni meccaniche tradizionali
(tornitura, fresatura, foratura) applicate per la costruzione.
• “Simmetry”: per le sezioni dei piani di simmetria sopra indicate. FLUENT attribuisce
flusso nullo a tutte le grandezze di trasporto attraverso un piano di simmetria.
Non esiste cioè flusso convettivo: la componente normale (al piano) della velocità è nulla.
Non esiste flusso diffusivo: i gradienti (normali al piano) di tutte le variabili sono nulli.

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Le condizioni di simmetria possono essere così riassunte:


1. velocità normale al piano di simmetria pari a zero;
2. gradienti di tutte le variabili (grandezze fisiche) normali al piano di simmetria pari a
zero.
Dato che non esiste shear stress (sforzo di taglio) sul piano di simmetria, quest’ultimo può
essere interpretato come una parete senza attrito (slip wall) se utilizzato nel calcolo di tipo
“viscoso”.

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6.5. Condizioni iniziali.

Per risolvere numericamente il problema, si devono specificare le “condizioni iniziali” (c.i.


in seguito). Queste coincidono con una inizializzazione del campo fluido-termodinamico. In
pratica si devono specificare in Fluent i valori puntuali, nel dominio di calcolo, assunti dalle
grandezze fisiche e corrispondenti ad un valore di primo tentativo (initial guess). Questo compito
è demandato completamente all’operatore. In realtà, la scelta delle condizioni segue criteri e
regole basate sulle necessità derivanti dal calcolo da produrre. Si può infatti usare la soluzione di
un flusso con caratteristiche più “semplici” nella stessa geometria. Ad esempio si può partire da
una simulazione “stazionaria” o nella quale è negata la viscosità del fluido. In sintesi, è buona
norma e talvolta necessario che la condizione iniziale si avvicini il più possibile alla soluzione
(approssimata). Questa affermazione implica che il problema sia stato “ben posto”. Con questo si
intende che la scelta dei limiti fisici del dominio di calcolo, la griglia di calcolo, le caratteristiche
del fluido e del solido e le condizioni al contorno specificate siano rispondenti alla fisica del
fenomeno.
La necessità di una corretta inizializzazione deriva da implicazioni di carattere numerico
che coinvolgono direttamente la “convergenza” del calcolo iterativo effettuato. Infatti una
condizione iniziale “mal posta” può facilmente non condurre alla convergenza. Quindi il nostro
sistema “discretizzato” non fornisce soluzione.
Nel presente caso di efflusso da una valvola in condizioni di “flusso critico” è stata posta
cura nell’inizializzazione del campo fluidodinamico assegnando valori iniziali di pressione,
velocità (modulo, direzione e verso mediante le tre componenti spaziali), temperatura, intensità
della turbolenza e “turbulent viscosity ratio” operando per zone; cioè dividendo idealmente il
dominio fluido in zone diverse (regions). Questa caratteristica di FLUENT permette una
operazione di “patching” con successive sovrapposizioni di condizioni iniziali.
Si inizia infatti con c.i. identiche per tutto il dominio fluido. Successivamente si effettuano
le sovrapposizioni nelle zone preventivamente individuate e contrassegnate (marked) con altre
c.i. che sostituiscono quelle ivi precedentemente assegnate. Si riesce in tal modo ad assegnare
gradienti (ovviamente a gradini) per tutte le grandezze.
I valori di primo tentativo sono stati scelti in base a simulazioni precedenti effettuate su
griglie molto rade (∼100000 celle) e con il solutore “segregato”. Ciò ha comportato un calcolo
preventivo con l’efflusso subsonico per via delle caratteristiche del solutore sopra detto, incapace
di trattare flussi supersonici o localmente supersonici. I valori poi assegnati sono stati maggiorati
per tenere conto dei salti di pressione maggiori corrispondenti alle prove in condizioni di
“efflusso critico”.
Mostriamo ora come è stato applicato l’operazione di “patching” nel caso in studio facendo
riferimento alla Figura 6.5.1 - Quote per il “patching” dove si indicano i valori delle coordinate
relative alle zone scelte per l’applicazione delle diverse condizioni iniziali.
Come primo input si sono imposte le seguenti condizioni sull’intero dominio (vedi Figura
6.5.2 - I set C.I.):
§ velocità nulla;
§ pressione (relativa) nulla:
§ temperatura: 300K
§ energia cinetica turbolenta: 1m2/s2;
§ tasso di dissipazione dell’energia cinetica turbolenta: 1m2/s3.
I valori assegnati a queste due ultime grandezze non influenzano sensibilmente la storia
iniziale di convergenza; non si dimostrano critici come pressione e velocità.

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6 – Le simulazioni numeriche. Generalità.

Secondo set di c.i. applicate alla regione cilindrica avente raggio pari a quello del mantello
esterno della valvola e coincidente con la feritoia e limitato dall’otturatore (vedi Figura 6.5.3 - II
set C.I.):
§ componente vx positiva (modulo assunto da simulazioni precedenti come sopra
esposto);
§ pressione relativa positiva (valore leggermente inferiore a quella del serbatoio
assunto da simulazioni precedenti). E’ scelto in funzione del valore da attribuire
alla zona del condotto verticale della valvola.
Terzo set di c.i. applicate alla regione cilindrica avente raggio pari a quello del ciglio della
sede e limitato alla quota z della sede stessa (vedi Figura 6.5.4 - III set C.I.):
§ componente vx nulla (annulla il valore positivo precedentemente assegnato);
§ componente vz positiva (modulo assunto da simulazioni precedenti come sopra
esposto);
§ pressione relativa positiva intermedia tra quella imposta nel II set di condizioni e
quella del serbatoio (valore assunto da simulazioni precedenti come sopra esposto);
Quarto set di c.i. applicate alla regione corrispondente alla zona del serbatoio (vedi Figura
6.5.5 - IV set C.I.):
§ pressione relativa positiva (pari alla pressione di prova nel serbatoio).
Una volta effettuati tutti i cicli iterativi e raggiunta la convergenza, il risultato ottenuto può
essere usato per l’inizializzazione di simulazioni che ad esempio comportano l’imposizione di
una pressione superiore nel serbatoio. Per talune simulazioni si è ricorso a questa metodologia
per abbreviare il tempo necessario all’esecuzione di altre simulazioni. Ovviamente sono state
modificate le altre condizioni al contorno laddove necessario.

Figura 6.5.1 - Quote per il “patching”

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6 – Le simulazioni numeriche. Generalità.

Figura 6.5.2 - I set C.I.

Figura 6.5.3 - II set C.I.

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Figura 6.5.4 - III set C.I.

Figura 6.5.5 - IV set C.I.

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7 – Il procedimento di calcolo.

7. Il procedimento di calcolo.

7.1. Le simulazioni preliminari.

Come affermato nel paragrafo 6.5, per l’inizializzazione del problema numerico si sono
utilizzati risultati ottenuti da simulazioni preliminari.
In questa fase, definita Fase-1, si è cercato di effettuare il maggior numero di
semplificazioni possibili nella geometria del modello e di variazioni mirate nelle impostazioni
del codice di calcolo per valutare e verificare l’importanza di diversi parametri. Per gradi si sono
introdotte le variazioni geometriche che hanno portato il modello alle forme delle simulazioni
definitive con le ridotte approssimazioni già esposte nel paragrafo 5.2. In linea di massima sono
state effettuate simulazioni preliminari con la stessa sequenza di variazioni nelle impostazioni del
codice al variare delle geometrie. Le informazioni ottenute dalle simulazioni precedenti hanno
fornito le indicazioni per le successive. Non riporteremo le sequenza cronologica completa, come
pure non accompagneranno tale documento tutti i files generati. Si riporteranno (e si
accluderanno) soltanto quelli significativi.
Sottolineiamo come alla luce dei risultati che verranno in seguito mostrati, una parte
consistente di questi “tentativi” abbia non solo un ruolo per così dire “accademico”, ma
costituisca anche e soprattutto un’investigazione necessaria alla validazione del procedimento
generale per l’effettuazione di vere e proprie “prove numeriche” attendibili ed economicamente
accettabili.

Le principali approssimazioni geometriche sopra dette sono state le seguenti:

1. le dimensioni e le forme del dominio fluido sono state oggetto di diverse modifiche
per la valutazione della loro importanza agli effetti dell’accuratezza e della
convergenza (i limiti del dominio sono stati allontanati gradualmente dalla valvola);
2. in diverse simulazioni non si è esteso il dominio di calcolo alla zona del serbatoio,
ma si è disegnato invece un semplice condotto diritto di sezione circolare di
diametro pari a quello nominale della valvola. (vedi Figura 7.1.2 relativa alla
geometria del Caso 5-1---147917;
3. il piattello è stato “disegnato” piano e senza il bordino: la superficie inferiore del
piattello è alla stessa quota del bordo superiore delle feritoie di uscita (vedi Figura
7.1.6, Figura 7.1.7 e Figura 7.1.8.

Le impostazioni del solutore e dei “modelli” matematici sono state le seguenti:

1. adozione del solutore “segregato” (con tutti i limiti riguardo all’impossibilità di


trattare flussi supersonici e/o localmente supersonici) per una valutazione
preliminare del campo fluidodinamico;
2. tentativo di utilizzare lo schema di discretizzazione (approssimazione) del secondo
ordine. Quando il flusso è allineato con la griglia (ad esempio un flusso laminare in
un condotto rettangolare modellato con griglia ad elementi quadrilateri o esaedrici)
la discretizzazione “upwind” del primo ordine può essere sufficiente. Quando il
flusso non è allineato con la griglia (cioè quando il flusso attraversa la griglia
obliquamente), tale discretizzazione è affetta da un errore numerico (diffusione
numerica). Per le griglie ad elementi triangolari e tetraedrici, dato che il flusso non
è allineato mai con la griglia, si ottengono risultati generalmente più accurati

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7 – Il procedimento di calcolo.

usando la discretizzazione del secondo ordine. Anche per griglie ad elementi


quadrilateri o esaedrici in genere si ottengono migliori risultati con il secondo
ordine, specialmente per flussi complessi. Mentre di solito il primo ordine produce
la migliore convergenza, fornisce per contro risultati meno accurati, specialmente
su griglie ad elementi triangolari o tetraedrici. Per la maggior parte dei casi si può
usare lo schema del secondo ordine dall'inizio del calcolo. A volte può essere
conveniente partire con uno schema del primo ordine, per poi passare allo schema
del secondo ordine dopo alcune iterazioni. Per esempio, per flussi ad alto numero di
Mach aventi una soluzione iniziale diversa da quella finale attesa, si possono
effettuare diverse iterazioni con lo schema del primo ordine e poi si attiva lo
schema del secondo ordine continuando il calcolo fino alla convergenza. Per flussi
semplici “allineati” con la griglia (ad esempio, flusso laminare in un condotto
rettangolare modellato con elementi quadrilateri o esaedrici), la diffusione numerica
sarà naturalmente bassa. Si può usare lo schema del primo ordine senza perdita
significativa dell'accuratezza. Nel caso si incontrino difficoltà di convergenza con lo
schema al secondo si può passare al primo. Nel presente lavoro lo schema al
secondo ordine è stato abbandonato dopo diversi tentativi proprio per problemi di
convergenza. Si sono comunque ottenuti risultati accettabili con lo schema del
primo ordine. Si è ipotizzato che sebbene le diverse griglie utilizzate siano adeguate
alla soluzione del problema, non sono sufficientemente “raffinate” (il numero degli
elementi nelle zone in cui esistono alti gradienti delle grandezze fisiche non è
abbastanza elevato) per la discretizzazione del secondo ordine.
3. scelta iniziale del modello di turbolenza k-ε standard, un modello semi empirico
basato su equazioni di trasporto sia per l’energia cinetica turbolenta (k) che sul tasso
di dissipazione (ε) di quest’ultima. L’equazione di trasporto per k coincide con la
sua espressione matematica esatta. Nell’equazione per la ε compaiono invece dei
coefficienti in alcuni termini. Questi valori di default per Fluent sono stati
determinati da esperimenti con aria ed acqua in “tipici” flussi turbolenti che
includono flussi omogenei e flussi isotropici con turbolenza indotta da griglie. Si è
sperimentato che tali coefficienti permettono una buona approssimazione anche nel
caso di flussi confinati entro pareti solide ed anche in flussi esterni. Essi possono
essere modificati da un utente esperto. Il modello suddetto è valido solo per flussi
completamente turbolenti e laddove l’effetto della viscosità molecolare può essere
trascurato. Notiamo come tale modello sia molto diffuso nell’ambito delle
simulazioni a carattere industriale e che si ha un’ampia casistica di applicazioni. Sia
la sua accuratezza che la sua “robustezza”, cioè la sua capacità intrinseca di
“risolvere” problemi appartenenti a tipologie abbastanza diverse, sono documentati
in modo esauriente.

Riassumendo, si è operato scegliendo i limiti del dominio di calcolo, la necessaria


rappresentazione geometrica della valvola, le impostazioni del solutore e il modello di
turbolenza.
Tale iter preliminare è stato adottato per le simulazioni della prova sperimentale
denominata 2/a a 497000Pa di pressione (relativa) nel serbatoio.
Dalle relazioni sulle prove sperimentali atte a rilevare le caratteristiche di funzionamento e
di portata sono stati desunti i dati delle grandezze fisiche che costituiscono le condizioni al
contorno, come esposto nel paragrafo 6.4.

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-1

7.1.1. Fase-1 - Caso 11-1---174010.

Nelle prime simulazioni la geometria del dominio è quella mostrata in Figura 7.1.1
L’otturatore è piatto come nei casi successivi Caso 5-1---147917 e Caso 5-2---160896 (vedi
Figura 7.1.6). Il nome del “caso” è 11-1---174010.
Le cartelle presenti nel DVD sono le seguenti:
1) 88100Pa-turb-segregated;
2) 88300Pa-turb-segregated-NO-ADAPT;
3) 88400Pa-turb-segregated-NO-ADAPT.
Il termine “caso”, che ricorrerà in seguito, fa riferimento al termine inglese “case” con cui
in Fluent sono memorizzati i files (con estensione “.cas”) delle simulazioni. In realtà nei
files.cas sono memorizzate tutte le impostazioni del solutore e la geometria (importata)1 del
“caso” in studio. I dati numerici delle simulazioni sono memorizzati nei rispettivi files con
estensione “.dat” sempre generati da Fluent.

Figura 7.1.1
I due volumi, quello del serbatoio e quello dell’ambiente esterno hanno, nell’ordine, le seguenti
dimensioni:
1) serbatoio: raggio pari a 0.35m e altezza pari a 0.35m;
2) volume ambiente esterno: raggio pari a 0.6m (circa 42 diametri) e altezza pari a
0.5m.
1
I files delle geometrie generati da Gambit hanno l’estensione “.dbs”; tali files convertiti per la successiva
importazione in Fluent hanno estensione “.msh”. Questi possono già includere la definizione delle diverse entità in
funzione delle condizioni al contorno che vi si debbono assegnare.

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-1

Su questa geometria si sono effettuate simulazioni con il solutore segregato raggiungendo


un numero di Mach massimo pari all’unità per una pressione nel serbatoio pari a 88400Pa. Il
campo fluido-termodinamico è però qualitativamente non accettabile come anche la storia di
convergenza. L’inizializzazione è stata effettuata imponendo valori delle incognite (velocità,
pressione, temperatura, k ed ε) costanti in tutto il dominio.

7.1.2. Fase-1 - Caso 5-1---147917.

La geometria seguente relativa al caso 5-1---147917 è quella mostrata nella Figura 7.1.2.
In questo “caso” è stato abolito il serbatoio per facilitare la convergenza. Si riduce così
l’onere di calcolo nella zona d’imbocco nel condotto nella cui sezione d’entrata s’impone più
semplicemente il valore della pressione del serbatoio.
Il condotto e il volume dell’ambiente esterno hanno, nell’ordine, le seguenti dimensioni:
1) condotto: diametro pari a 14mm e lunghezza pari a 50mm;
2) volume ambiente esterno: lunghezza massima pari a 0.31m (circa 22 diametri),
larghezza pari a 0.16m e altezza pari a 0.5m.
E’ stata raggiunta la pressione nel serbatoio pari a 497000Pa in virtù dell’utilizzo del solutore
accoppiato e si è ottenuto un campo fluido-termodinamico che fornisce importanti indicazioni
numeriche per le simulazioni seguenti e soprattutto per l’inizializzazione del problema.
Le cartelle presenti nel DVD sono le seguenti:
1) 5-1-100Pa-segregated
2) 5-1-45000Pa-segregated;
3) 5-1-497000Pa-coupled.
I valori ottenuti nel calcolo con il solutore segregato hanno fornito l’inizializzazione per il
solutore accoppiato.

Figura 7.1.2

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-1

7.1.3. Fase-1 - Caso 5-2---160896.

La geometria seguente relativa al caso 5-2---160896 è quella mostrata nella Figura 7.1.3.
Dalle indicazioni ottenute dai casi precedenti riguardo all’evoluzione della storia della
convergenza, è stato “reintrodotto il serbatoio” affinché il campo fluidodinamico all’imbocco del
canale sia risolto dal calcolatore. Questo per simulare più fedelmente le condizioni reali e per
non alterare con valori imposti di pressione non corretti il campo fluidodinamico.
Il volume del serbatoio e il volume dell’ambiente esterno hanno, nell’ordine, le seguenti
dimensioni:
1) serbatoio: raggio pari a 0.1m e altezza pari a 0.1m;
2) volume ambiente esterno: lunghezza massima pari a 0.31m (circa 22 diametri),
larghezza pari a 0.15m e altezza pari a 0.11m.

Figura 7.1.3

Si mostrano di seguito alcune figure della geometria della valvola del caso 5-2---160896.
I particolari messi in evidenza sono identici a quelli dei casi precedenti a meno di
differenze sulle griglie.

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-1

Figura 7.1.4

Figura 7.1.5

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Figura 7.1.6

Figura 7.1.7

Figura 7.1.8

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-1

Da questa simulazione si sono ottenuti risultati quantitativamente e qualitativamente


accettabili. Infatti la storia di convergenza del caso 5-2---160896 – 497000Pa mostra, nel
complesso, (vedi Figura 7.1.9) un andamento regolare e gradatamente decrescente.

Figura 7.1.9

Anche i campi di velocità (vedi Figura 7.1.10), Mach (vedi Figura 7.1.11), pressione (vedi
Figura 7.1.12) totale e lo sviluppo dei getti (vedi Figura 7.1.13) sono accettabili. Per la geometria
considerata la fisica dell’efflusso appare nel complesso correttamente calcolata (simulata).

Figura 7.1.10

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-1

Figura 7.1.11

Figura 7.1.12

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-1

Figura 7.1.13
Si sono quindi effettuate le simulazioni per gli altri valori di pressione: 919000Pa e
1218000Pa corrispondenti rispettivamente ai valori delle prove sperimentali 2/b e 2/c.
Nella Figura 7.1.14 si riportano le relative storie di convergenza.

I restart a 919000Pa II restart a 1218000Pa

Figura 7.1.14
Per questi due valori di pressione il campo fluido-termodinamico del caso precedente, alla
pressione più bassa, ha fornito l’inizializzazione del calcolo. Si modificano semplicemente le
condizioni al contorno e si riavvia (si effettua il cosiddetto “restart”) il ciclo di iterazioni
successivo. Nella Figura 7.1.14 ai picchi nella storia di convergenza corrispondono le fasi iniziali
(al restart) del calcolo nel quale, avendo imposto nuovi e più alti valori della pressione sulle

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-1

superfici “fluide” interne del serbatoio, si vengono a determinare salti bruschi delle grandezze
fisiche. Con il procedere del calcolo il campo fluido-termodinamico si “assesta” e le curve
degradano con andamento mediamente monotono.
Dal confronto con i valori delle portate reali si sono osservati gli scostamenti riportati in
Tabella 1

Tabella 1
Caso 5-2---160896
Portata misurata Portata calcolata Scarto percentuale
Pressione
(kg/h) (kg/h) (%)
497000Pa 588 566 -3.74
919000Pa 1027 963 -6.23
1218000Pa 1297 1244 -4.08

Le cartelle presenti nel DVD sono le seguenti:


1) 5-2---160896-coupled-497000Pa;
2) 5-2---160896-coupled-919000Pa;
3) 5-2---160896-coupled-1218000Pa.
Nota: è stata utilizzata la medesima griglia per tutti i tre valori di pressione e il valore dell’alzata
(rispetto alla sede) dell’otturatore è sempre pari a 5mm.

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

7.2. Fase-2 - Affinamento della geometria del modello.

Alla luce dei risultati preliminari si è deciso di apportare variazioni alla geometria del
modello, ed in particolare alla zona dell’otturatore ed alla posizione della superficie di confine
perpendicolare al getto.
Nella Fase 2 l’otturatore è stato rappresentato con le sue forme reali (non più piano) e la
superficie di confine suddetta è stata spostata a circa cento diametri dall’asse valvola (circa
1.4m) in direzione x.
Si tralasciano diverse simulazioni intermedie in cui è stata valutata l’opportunità della
scelta dello schema di discretizzazione del primo ordine.
La denominazione del caso della geometria in questione è Caso 6-3---171604.
Nelle figure seguenti si mostrano le geometrie del dominio, della valvola e dei particolari della
zona dell’otturatore in prossimità delle feritoie di scarico. Si nota la forma più complessa
dell’otturatore.

Figura 7.2.1

Figura 7.2.3

Figura 7.2.2

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

Figura 7.2.4

Figura 7.2.5

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

Figura 7.2.6

Figura 7.2.7

Figura 7.2.8

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

Anche da queste simulazioni si sono ottenuti risultati quantitativamente e qualitativamente


accettabili. Infatti la storia di convergenza del caso 6-3---171604 – 497000Pa mostra (vedi
Figura 7.2.9) un andamento regolare e gradatamente decrescente.

Figura 7.2.9
Si fa notare che l’inizializzazione del campo è stata effettuata come spiegato al paragrafo
6.4, con l’ausilio del “patching”. I valori assegnati alle grandezze fisiche sono stati desunti dai
valori ottenuti dalle simulazioni del caso 5-2---160896 per lo stesso valore di pressione nel
serbatoio. Nelle diverse “regioni” sono stati assegnati valori corrispondenti circa pari a quelli
medi riscontrati.
Lo sviluppo dei getti (vedi Figura 7.2.10), i campi di velocità (vedi Figura 7.2.11), Mach
(vedi Figura 7.2.12), pressione totale (vedi Figura 7.2.13) ed energia cinetica turbolenta (vedi
Figura 7.1.14) sono accettabili. Per la geometria considerata la fisica dell’efflusso appare, anche
in questa occasione, correttamente calcolata (simulata). Al paragrafo 7.3, si approfondirà lo
studio della fenomenologia dell’efflusso e si valuteranno le differenze con l’efflusso delle
simulazioni della Fase-1.

Figura 7.2.10

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

Figura 7.2.11

Figura 7.2.12

Figura 7.2.13

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

Figura 7.2.14
Si nota come la presenza del bordino dell’otturatore e della camera anulare interna
superiore alle feritoie modifichi il campo rispetto alle simulazioni precedenti.
Si sono poi effettuate le simulazioni per gli altri valori di pressione (919000Pa e
1218000Pa).
Anche per questi due valori di pressione il campo fluido-termodinamico del caso
precedente, a pressione inferiore, ha fornito l’inizializzazione del calcolo. Dal confronto con i
valori delle portate reali si sono osservati gli scostamenti riportati in Tabella 2.

Tabella 2
Caso 6-3---171604
Portata misurata Portata calcolata Scarto percentuale
Pressione
(kg/h) (kg/h) (%)
497000Pa 588 581.7 -1.12
919000Pa 1027 994.1 -3.51
1218000Pa 1297 1000.5 -1.17

Rispetto alle simulazioni della Fase-1, relative al Caso 5-2---160896, si è ottenuta una
prima riduzione degli scarti dalle prove sperimentali. Vedremo nel paragrafo seguente come gli
affinamenti successivi riducano ulteriormente tali scarti.

Le cartelle presenti nel DVD sono le seguenti:


1) 6-3---171604-497000Pa;
2) 6-3---171604-919000Pa;
3) 6-3---171604-1218000Pa.

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

7.3. Simulazioni definitive. Analisi numerica e fisica dei risultati.

Per migliorare l’accuratezza delle simulazioni si è proceduto all’analisi della griglia di


calcolo specialmente in prossimità delle pareti. In particolar modo si è valutata la necessità di
operare infittimenti (o diradamenti) nelle zone critiche, cioè nelle zone affette da alti gradienti
delle grandezze fisiche ed in particolar modo della velocità del flusso. Come spiegato ai
paragrafi 6.2 e 6.3, lo spessore degli strati di celle adiacenti alla pareti influenza la risoluzione
del campo fluidodinamico nello strato limite. In base al tipo di “near-wall treatment” cioè in base
al tipo di approccio usato per trattare la zona vicino alle pareti, diversi sono i requisiti per la
griglia. Per le simulazioni svolte, il campo fluido-termodinamico nella “inner region” cioè nel
”sottostrato limite” e nel “buffer layer”, non è risolto in modo diretto, bensì vengono adottate
funzioni semi empiriche chiamate “wall functions”. Esse funzionano da “ponte” tra la parete e la
regione completamente turbolenta. L’uso delle “wall functions” ovvia al bisogno di modificare i
modelli di turbolenza per tenere conto della presenza delle pareti.
Il metodo per controllare e modificare se necessario lo spessore degli strati suddetti
consiste nell’analisi del campo fluido-termodinamico e nella valutazione della y+.
Si è proceduto quindi all’analisi dei risultati del Caso 6-3---171604 – 497000Pa come
esposto nelle figure di seguito riportate, cercando di evidenziare i punti critici nell’evoluzione
spaziale del flusso.
Di seguito riportiamo le figure (dalla Figura 7.3.1 alla Figura 7.3.7) relative alla
distribuzione del numero di Mach su di un fascio di piani passanti per l’asse della valvola,
iniziando dal piano di simmetria x-z fino al piano denominato plane-75 passante vicino alla
parete verticale della feritoia.

Figura 7.3.1 Figura 7.3.2

Figura 7.3.3 Figura 7.3.4

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

Figura 7.3.5 Figura 7.3.6

Figura 7.3.7
Dalle figure si notano le zone in cui il fluido è sottoposto alle maggiori accelerazioni. Le
pressioni in gioco e la geometria interna “tormentata” obbligano il fluido ad un percorso
complesso (meglio evidenziato nelle figure seguenti, le quali visualizzano le linee di flusso
colorate in base alle diverse grandezze fisiche).
Si può osservare (Figura 7.3.8) come il getto si allarghi (con simmetria rispetto al piano x-
z) allontanandosi dalla valvola (esso si espande in virtù dei gradienti di pressione).

Figura 7.3.8
Internamente alla valvola il flusso si suddivide in diversi rami principali alcuni dei quali
evidenziano un alto effetto di “swirl”.
Con riferimento alla geometria simulata (un quarto della valvola reale) le linee di flusso
centrali del condotto si dividono all’uscita del bordino dell’otturatore in due flussi contro rotanti
(vedi Figura 7.3.9 e Figura 7.3.10), in special modo in prossimità del piano di simmetria y-z.
Il primo ramo (con riferimento alle figure suddette ed alle Figura 7.3.11, Figura 7.3.12,
Figura 7.3.13, e Figura 7.3.14) rotante in senso antiorario al di sotto dell’otturatore, si dirige

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

verso la feritoia di uscita con moto approssimativamente elicoidale nella regione anulare
inferiore compresa tra la superficie interna del corpo valvola, l’otturatore e l’esterno della sede.

Regione anulare
superiore

Regione anulare
inferiore

Figura 7.3.9

Regione anulare
superiore

Regione anulare
inferiore

Figura 7.3.10

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

Figura 7.3.11

Figura 7.3.12

Figura 7.3.13

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

Figura 7.3.14
Il secondo flusso, ruota in senso orario (con rotazione mediamente più ampia ed allungata)
all’interno della regione anulare al di sopra del bordino compresa tra la superficie interna del
corpo valvola e quelle superiori dell’otturatore (vedi Figura 7.3.9, Figura 7.3.10, e le
“trasparenze” in Figura 7.3.15, Figura 7.3.16, e Figura 7.3.17.

Figura 7.3.15

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

Figura 7.3.16

Figura 7.3.17

Il primo vortice, nell’avvicinamento alla feritoia, viene stirato, distorto e ridotto nelle sue
dimensioni medie radiali dal flusso uscente dalla regione anulare superiore con conseguente
accelerazione (come si evince dalla Figura 7.3.3 Figura 7.3.4, 7.3.5 e 7.3.6, nella zona
intermedia tra i piani di simmetria e visibile grazie alle Figura 7.3.13 e Figura 7.3.14). Inoltre, in
prossimità della feritoia, il flusso uscente dalla regione anulare superiore schiaccia e devia verso
il basso il flusso principale già deviato dal bordino. Ne risulta una forte accelerazione con il
raggiungimento dei valori più elevati del numero di Mach nella zona esterna alla feritoia.
Tale accelerazione contribuisce allo “stiramento” del vortice sopra descritto.
Le linee di flusso adiacenti alla superficie del condotto che oltrepassano la sede sono
deviate e ruotate verso il basso nelle vicinanze della sede stessa. Sempre con riguardo alle linee
di flusso che lambiscono la superficie esterna della sede, si nota che in prossimità del piano di
simmetria x-z, esse si sollevano, decelerando, in direzione verticale su tale piano. Ciò dipende
dal flusso proveniente dall’altra metà (simmetrica) della valvola. Intorno alla sede, davanti alla
feritoia i due flussi convergono verso il piano di simmetria. Da tale convergenza (e relativa
decelerazione, come visibile nelle Figura 7.3.1 Figura 7.3.2 e Figura 7.3.17) risulta la

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

deviazione verso l’alto e l’immediata rotazione nella direzione (radiale) ad opera del flusso
principale uscente (vedi anche Figura 7.3.18).

Figura 7.3.18
Anche la “costrizione” dovuta al flusso ora descritto è una concausa dell’accelerazione del
flusso principale. L’area efficace (reale) di efflusso risulta mediamente inferiore alla geometrica
a disposizione.
Dalle Figura 7.3.1, Figura 7.3.2, Figura 7.3.6, Figura 7.3.10 e Figura 7.3.12 si osserva
come, in corrispondenza della feritoia, nella zona interna della sede dove il condotto si raccorda
con il ciglio (con raccordo circolare), il flusso sia accelerato vigorosamente. Si nota una vasta
zona nella quale il numero di Mach locale è superiore all’unità.
Proprio la presenza della camera anulare superiore, e la presenza del bordino modificano
nettamente il flusso rispetto alla geometria con otturatore piatto usato nella Fase-1. Infatti la
camera anulare permette una via secondaria per una portata aggiuntiva che aiuta ed è aiutata ad
essere smaltita dal flusso deviato dall’otturatore. Inoltre il bordino risulta dalla presenza di un
incavo cilindrico inferiormente all’otturatore. Tale incavo permette un’area efficace di efflusso
maggiore.
Per confronto mostriamo ora due figure relative al Caso 5-2---160896 a 497000Pa della
Fase-1.

Figura 7.3.19

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

Figura 7.3.20

Sull’esterno del corpo valvola il campo fluidodinamico non presenta caratteristiche


particolari.
Le pareti verticali delle feritoie generano ricircoli esterni di entità limitata. Il richiamo di
aria dall’ambiente esterno (e che lambisce anche l’esterno del corpo valvola) contribuisce alla
riduzione di quest’ultimi (vedi Figura 7.3.21).

Figura 7.3.21

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

7.4. Affinamento delle griglie di calcolo.

Di seguito riportiamo le figure che rappresentano la distribuzione della y+ sulle superfici


nella zona critica dell’interno della valvola ed in prossimità delle feritoie di scarico. Le due
figure hanno la sola differenza nella scala attribuita alla colorazione. Infatti nella prima si è
imposto un valore massimo pari a 150 (tutte le zone nel quale la y+ ha un valore maggiore sono
colorate con lo stesso tono di colore rosso) per meglio evidenziare le zone più critiche (in questo
modo sono esaltate anche le zone con valori più bassi). Nella seconda figura sono rappresentati
tutti i valori calcolati lasciando la scalatura automatica del colore.

Figura 7.4.1

Figura 7.4.2
Come si osserva, diverse zone (superfici) denunciano valori dell’y+ circa pari o superiori a
100÷150. Come descritto al paragrafo 6.3, sarebbe auspicabile riscontrare valori di y+>30÷60.
Un valore della y+ vicino al limite inferiore (y+ circa uguale a 30) è consigliato (da manuale di
Fluent). In realtà sono ancora accettabili valori come quelli sopra trovati ma non nelle zone più
critiche.
Per ridurre la y+ si è proceduto all’affinamento (o adapting) della mesh di calcolo. Tale
operazione è stata effettuata inizialmente sulla mesh del Caso 6-3---171604 e per il valore di
pressione pari a 497000Pa. Per l’affinamento è stato scelto di raddoppiare gli elementi costituenti

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

i primi due strati adiacenti alle pareti interne ed esterne alla valvola. Di seguito riportiamo le
figure che mostrano particolari delle griglie prima e dopo l’adapt.

Figura 7.4.3

Figura 7.4.4

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Figura 7.4.5

Figura 7.4.6

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

Figura 7.4.7

Figura 7.4.8

Come si intuisce, l’operazione di affinamento ha comportato l’aumento del numero degli


elementi della griglia. Si è passati da 171604 a 384019 celle. Alla simulazione effettuata con
l’inizializzazione del campo con la stessa procedura di “patching” del Caso 6-3---171604 –
497000Pa, è stato assegnato il nome: 6-3-boundadapt2celle---384019 – 497000Pa.
Osserviamo ora le variazioni ottenute nella distribuzione della y+ nelle zone critiche.
Anche in questo caso si faccia attenzione alle diverse scale usate per la rappresentazione a colori.

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

Figura 7.4.9 Figura 7.4.10

Figura 7.4.11

Figura 7.4.12

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

Per confronto con le precedenti Figura 7.4.1, e Figura 7.4.2 si verifica un abbassamento
generalizzato dei valori nelle aree affette da alte velocità del flusso come sopra descritto (vedi
per esempio la zona interna in prossimità della sede.

L’affinamento ha comportato un miglioramento dell’accuratezza dato che lo scarto della


portata calcolata da quella misurata è sceso da –1.12% a –0.51%.
Si verifica inoltre come valori anche non prossimi al limite atteso di 30÷60 della y+ non
comportino, per le zone non critiche, elevati problemi numerici.
Per il Caso 6-3---171604-919000Pa avendo ottenuto nelle precedenti simulazioni lo scarto
maggiore si è scelto di effettuare l’affinamento non sui primi due, bensì sui primi tre strati vicino
alle pareti.
Il caso corrispondente ha nome: Caso 6-3-boundadapt2e3---415029 – 919000Pa. Anche
in quest’occasione l’affinamento ha comportato un miglioramento dell’accuratezza dato che lo
scarto della portata calcolata da quella misurata è sceso da –3.51% a –2.57%.
Per l’inizializzazione del campo fluido-termodinamico si è operato con l’operazione di
patching.
Per il Caso 6-3-boundadapt2e3---415029 – 1218000Pa invece, si è operato un “restart”
dal Caso 6-3-boundadapt2e3---415029 – 919000Pa usando perciò la stesa griglia del caso
precedente.
Il miglioramento della griglia ha comportato una riduzione dello scarto tra portata misurata
e calcolata e si è passati da –1.17% a –0.30%.
Riassumiamo nella seguente Tabella 3 i risultati definitivi dopo l’affinamento della griglia
per i casi corrispondenti alle “prove di qualifica” (prove 2/a a 4970000Pa, 2/b a 919000Pa e 2/c a
1218000Pa) della valvola in studio.
Nota:
• il numero di Reynolds è stato calcolato considerando le medie dei valori della
densità e della velocità dell’aria nel condotto di entrata e come lunghezza
caratteristica il suo diametro;
• nella tabella si riportano anche i valori del numero di Mach massimo raggiunto
nell’efflusso.
Tabella 3
Scarto
Numero di Portata misurata Portata calcolata
Pressione Mach max percentuale
Reynolds (kg/h) (kg/h)
(%)
6-3-boundadapt2celle---384019
497000Pa 814500 1.967 588 585.2 -0.51
6-3-boundadapt2e3---415029
919000Pa 1393800 2.249 1027 1000.5 -2.57
6-3-boundadapt2e3---415029
1218000Pa 1800600 2.508 1297 1292.7 -0.30

Le cartelle presenti nel DVD sono le seguenti:

1) 6-3-boundadapt2celle---384019-497000Pa;
2) 6-3-boundadapt2e3---415029-919000Pa;
3) 6-3-boundadapt2e3---415029-1218000Pa.

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

7.5. Le “prove intermedie”.

Per valutare il comportamento del codice di calcolo per valori della pressione nel serbatoio
per i quali non erano a disposizione prove sperimentali si è proceduto all’effettuazione di due
simulazioni per valori della pressione intermedi tra quelli precedentemente descritti.
Più precisamente si sono scelti i seguenti valori: 700000Pa e 1050000Pa. Le condizioni al
contorno sono state scelte ragionevolmente in base ai valori presenti nei rapporti di prova in
nostro possesso, ipotizzando valori di temperatura nel serbatoio poco diversi.

7.5.1. Prima prova intermedia: 700000Pa.

Per il caso a 700000Pa (6-3-boundadapt2celle---384019 – 70000Pa) si è semplicemente


effettuato il restart dal caso, a pressione inferiore pari a 497000Pa, 6-3-boundadapt2celle---
384019 – 497000Pa.
Il valore della portata calcolata è 783.5kg/h per un numero di Reynolds pari a 1090000 ed
un Mach massimo di 2.115.

7.5.2. Seconda prova intermedia: 1050000Pa.

Per questa prova ( Caso 6-3-boundadapt2e3---415029 – 1050000Pa) si è effettuato il


restart dal caso, a pressione inferiore pari a 919000Pa, 6-3-boundadapt2e3---415029 – 919000Pa.
Il valore della portata calcolata è 1129.2kg/h per un numero di Reynolds pari a 1565000 ed
un Mach massimo di 2.348.
Si riportano le rispettive curve dei residui.

Figura 7.5.1

Figura 7.5.2

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

7.6. Le “prove bassa pressione”.

Per valutare il comportamento del codice di calcolo per valori della pressione nel serbatoio
abbastanza diversi dal campo in cui si sono svolte le prove di qualifica del modello della valvola,
si è proceduto all’effettuazione delle simulazioni delle prove a “bassa pressione” cioè per
pressioni inferiori a 3bar (300000Pa).
Più precisamente si sono effettuate “prove numeriche” a 50000Pa, 76000Pa, 101000Pa,
129000Pa, 147000Pa, 176000Pa, 217000Pa, 261000Pa e 309000Pa.
Si è scelta una sola griglia per tutte le simulazioni, le quali partendo da quella a 50000Pa
sono state ottenute con dei “restart”.
La griglia usata è stata quella ottimizzata per le prove ad alta pressione a 919000Pa e
1218000Pa, cioè la 6-3-boundadapt2e3---415029.
Questa scelta ha voluto essere una forzatura proprio per valutare l’attendibilità di una griglia
affinata per un campo di pressioni abbastanza diverso. Come si vedrà nel prossimo capitolo, i
risultati confermano l’importanza della griglia in relazione alla fisica dell’efflusso.
Dal confronto con i valori delle portate reali si sono osservati gli scostamenti riportati in
Tabella 4.

Tabella 4
6-3-boundadapt2e3---415029
Numero di Portata misurata Portata calcolata Scarto percentuale
Pressione Mach max
Reynolds (kg/h) (kg/h) (%)
50000Pa 176000 0.826 115.6 124.8 +7.4
76000Pa 221000 1.14 149.2 158.7 +6.0
100000Pa 259200 1.3 180.7 186.2 +3.0
129000Pa 302700 1.418 212.1 218.5 +2.9
147000Pa 330800 1.484 230.7 237.8 +3.0
176000Pa 372900 1.532 262.3 268.2 +2.2
217000Pa 430300 1.576 305.8 309.4 +1.2
261000Pa 493000 1.646 351.6 354.6 +0.8
309000Pa 558800 1.774 401.2 401.6 +0.1

Dai risultati numerici si osserva che:


§ gli scarti sono tutti positivi, con un’inversione di tendenza rispetto a quelli relativi
alle prove precedenti;
§ esiste un salto tra i primi due valori ed i seguenti. Nei primi due casi, come vedremo
meglio al capitolo seguente, si è in condizioni di salto di pressione tali da non
instaurare il “choking” (il regime dell’effusso è subsonico). Le condizioni fluido-
termodinamiche delle prove successive invece rientrano nella situazione di flusso
“bloccato”;
§ gli scarti, dalla pressione di 100000Pa alla prova a 309000Pa, si riducono.
Le spiegazioni dei risultati e della loro “distribuzione” possono avere origine da due fattori
distinti e/o concomitanti: uso della stessa griglia per tutte le simulazioni e correlazione con la
fisica dell’efflusso; prove a bassa pressione in cui è stata limitata l’alzata dell’otturatore a 5mm
ma questo non è stato bloccato per quel valore di alzata.

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7 – Il procedimento di calcolo. Fase-2

Per quanto riguarda il primo punto possiamo affermare che, se gli scarti dipendono dalla
griglia usata, questa è stata ottimizzata per una tipologia di flusso che è giocoforza diversa per i
casi a bassa pressione (ed in particolare per i due in regime subsonico o transonico). La conferma
deriverebbe dall’evidenza del miglioramento (riduzione) dello scarto all’aumentare della
pressione di prova nel serbatoio. Tali risultati confermano l’importanza fondamentale della
griglia di calcolo.
Riguardo al secondo punto, per i valori più bassi di pressione, l’efflusso delle prove
numeriche potrebbe essere falsato dall’aver imposto l’alzata dell’otturatore pari a 5mm quando
invece essa era minore nelle condizioni di prova, sopravalutando la capacità di portata della
valvola.
Mostriamo nelle due figure seguenti i campi del Mach per i due casi in regime transonico.

Figura 7.6.1

Figura 7.6.2

NOTA: Per brevità, alleghiamo nel DVD diversi files in formato “.doc” nei quali riportiamo
figure significative relative agli efflussi per i diversi valori di pressione nel serbatoio.
In particolare essi aiutano a visualizzare l’evoluzione spaziale dell’efflusso.

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8 – Confronto con i risultati sperimentali.

8. Confronto con i risultati sperimentali.

8.1. Riferimenti normativi.

Nel presente capitolo si farà riferimento a formule per la caratterizzazione del regime di
funzionamento delle valvole e alla terminologia presente nella Raccolta E – Edizione gennaio
1979 e nella INTERNATIONAL STANDARD ISO 4126-1 – Safety Valves. In particolare ci si
riferisce a:
§ paragrafi E.1.D.1, E.1.D.2 e E.1.D.3 del fascicolo “E.1-Accessori di sicurezza e
controllo” della suddetta Raccolta;
§ paragrafo “7-Determination of safety valve performance” della suddetta ISO 4126-
1.

Tutti i valori numerici delle grandezze fisiche e delle portate relativi alle prove sperimentali
sono stati estratti dalla “Relazione sulle prove sperimentali atte a rilevare le caratteristiche di
funzionamento e di portata della valvola di sicurezza” messa a disposizione da ISPESL, e dai
rapporti di prova relativi alla valvola (denominata Modello D-14) in studio.
Nel seguito useremo diverse denominazioni per le serie di prove sperimentali e numeriche
in funzione del campo di pressione e/o di altre caratteristiche salienti. Con il termine “prove ad
alta pressione” indicheremo le prove 2/a a 497000Pa, 2/b a 919000Pa e 2/c a 1218000Pa.
Le “prove intermedie” sono le due prove “numeriche” a 700000Pa e 1050000Pa, sempre
nel campo ad “alta pressione”.
Con il termine “prove a bassa pressione” indicheremo le nove prove a pressione inferiore
a 300000Pa.
Nelle norme sopra indicate si stabiliscono definizioni inerenti alle condizioni di
funzionamento di un generico dispositivo per il controllo della pressione e/o dell’efflusso di gas
o vapore tra due ambienti a pressione differente. Tale dispositivo generico come anche la valvola
in studio è assimilabile ad un orifizio (con area di efflusso a geometria variabile per via del
movimento dell’otturatore). Per questi dispositivi valgono le considerazioni di natura fisica fatte
al Capitolo.4.
In particolare si definiscono condizioni di “flusso o salto critico” quelle per cui risulta:
k
pb  2  k −1
≤  (8.1)
p  k +1
dove:
§ p è la pressione (in bar assoluti) all'entrata della valvola alla quale si misura la
portata (essa è data dalla somma della pressione di taratura e della sovrapressione);
§ pb è la contropressione in bar assoluti a valle del dispositivo e k è l'esponente
dell'equazione dell'espansione isentropica.
Come già esposto in precedenza, per l’aria è k=1,4 e quindi si ha flusso critico se è:
pb
≤ 0.528 . (8.2)
p
La formula per il calcolo della portata, in queste condizioni è:

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p
qmg = 0.2883 ⋅ C ⋅S . (8.3)
ν
In quest’ultima:
§ qmg indica la portata massica teorica espressa in kg/h;
§ C=2.7 (è funzione del coefficiente k);
§ p è espresso in bar;
§ ? è il volume specifico alle condizioni di pressione e temperatura del serbatoio
durante l’efflusso. Esso è espresso in m3/kg e, dalla legge di stato dei gas perfetti, è:
RT
ν= . (8.4)
p
Dalle formule precedenti si verifica che in tutte le prove effettuate, eccetto le prime due con
i valori di pressione relativa nel serbatoio a 50000Pa e 76000Pa, la valvola è in condizioni di
salto critico.
Infatti, con riferimento alla prova a 50000Pa, valore di prova più basso in assoluto, si ha:
§ p=(0.5+0.99)bar=1.49bar;
§ pb=0.99bar;
e quindi è pb/ p=0.664>0.528 (condizione di salto non critico).

Per la prova a 76000Pa si ha:


§ p=(0.76+0.99)bar=1.75bar;
§ pb=0.99bar;
Risulta perciò pb/ p=0.566>0.528 (condizione di salto non critico).

Al paragrafo seguente esporremo i valori delle grandezze significative nelle condizioni


delle prove ad alta pressione ed i relativi valori dei coefficienti di efflusso e delle portate (reali).

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8 – Confronto con i risultati sperimentali.

8.2. Coefficienti di efflusso e portate reali.

Riportiamo ora sotto forma (sintetica) di tabelle i valori delle grandezze significative nelle
condizioni delle “prove ad alta pressione”.
Prova 2/a Prova 2/b Prova 2/c

Pressione (relativa) nel serbatoio espressa in bar e Pa: 4,97 9,19 12,18 bar
497000 919000 1218000 Pa

Pressione (assoluta) nel serbatoio espressa in bar e Pa: 5,96 10,18 13,17 bar
(assoluta=relativa+pressione atmosferica) 596000 1018000 1317000 Pa

Pressione atmosferica in bar e Pa: 0,99 0,99 0,99 bar


99000 99000 99000 Pa

R del gas (aria): 287 KJ/(kmol K)

Temperatura nel serbatoio in K: 308 310 311 K

2 2
Area della sezione trasversale del condotto in mm : S= 153,86 mm

3
Volume specifico ? 0,148 0,087 0,068 kg/m

Portata teorica in kg/h ed in kg/s: 759 1293 1670 kg/h

Nota: calcolate con la formula (8.3) 0,211 0,359 0,464 kg/s

Dati dichiarati da ISPESL

Prova 2/a Prova 2/b Prova 2/c


Coefficienti di efflusso: 0,773 0,793 0,775

Portata teorica in kg/h ed in kg/s: 761 1295 1673 kg/h


0,211 0,360 0,465 kg/s

Portata reale in kg/h ed in kg/s: 588 1027 1297 kg/h


(calcolata moltiplicando la portata teorica per il rispettivo
0,163 0,285 0,360 kg/s
coefficiente di efflusso)

Coefficiente di efflusso del modello (vedi ALLEGATO E): 0,781


(valore medio della serie di prove)
Scostamento percentuale accettato: ±5% -5% 0 5%
Valori corrispondenti del coefficiente di efflusso: 0,742 0,781 0,820
Nella tabella seguente si riportano i valori delle portate, in base al coefficiente di efflusso del
modello e ai suoi scostamenti percentuali accettati. Essi forniscono il campo di tolleranza per le prove
della valvola in studio.

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8 – Confronto con i risultati sperimentali.

Pressione
4,97 9,19 12,18 bar
-5% 0,742 565 961 1241 Kg/h Valori delle portate calcolati dalle
0,781 594 1011 1307 Kg/h portate teoriche e dai coefficienti di
+5% 0,820 624 1062 1372 Kg/h efflusso indicati a sinistra.

Nota: il calcolo fluidodinamico è stato effettuato su di un quarto della valvola scegliendo due piani di
simmetria tra essi perpendicolari. La portata calcolata equivale quindi ad un quarto della totale.
Per questa ragione nella tabella seguente si sono riportati i valori della portata calcolata indicati
come “portata/4”. E’ stato poi indicato lo scarto percentuale della portata totale calcolata rispetto alla
totale misurata.

Valori calcolati delle portate e corrispondenti coefficienti di efflusso.


Calcolo dello scarto percentuale dalle portate misurate.
Caso Prova 2/a - 4,97bar (497000Pa)
portata totale scarto
portata/4 calcolata
calcolata percentuale
6-3---171604-497000Pa 0,040 0,162 kg/s
(171604 celle-186677 nodi) 581,67 kg/h -1,12%
Coefficiente di efflusso corrispondente
Prima dell’adapt 0,764 “

scarto
portata/4 portata totale
percentuale
6-3-boundadapt2celle---384019 -497000Pa 0,041 0,163 kg/s
(384019 celle-460684 nodi) 585,24 kg/h -0,51%
Coefficiente di efflusso corrispondente
Dopo l’adapt 0,769 “

Caso Prova 2/b - 9,19bar (919000Pa)


portata totale scarto
(restart dai 4.97bar) portata/4 calcolata
calcolata percentuale
6-3---171604-919000Pa 0,069 0,276 kg/s
(171604 celle-186677 nodi) 994,08 kg/h -3,20%
Coefficiente di efflusso corrispondente
Prima dell’adapt 0,768 “

portata totale scarto


portata/4 calcolata
calcolata percentuale
6-3-boundadapt2e3---415029 -919000Pa 0,069 0,278 kg/s
(415029 celle-489410 nodi) 1000,55 kg/h -2,57%
Coefficiente di efflusso corrispondente
Dopo l’adapt 0,773 “

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8 – Confronto con i risultati sperimentali.

Caso Prova 2/c - 12,18bar (1218000Pa)


portata totale scarto
portata/4 calcolata
calcolata percentuale
6-3---171604-1218000Pa 0,089 0,356 kg/s
(171604 celle-186677 nodi) 1281,36 kg/h -1,17%
Coefficiente di efflusso corrispondente
Prima dell’adapt 0,766 “

portata totale scarto


portata/4 calcolata
calcolata percentuale
6-3-boundadapt2e3---415029 -1218000Pa 0,090 0,359 kg/s
(415029 celle-489410 nodi) 1292,75 kg/h -0,30%
Coefficiente di efflusso corrispondente
Dopo l’adapt 0,773 “

Valori calcolati delle portate delle prove “numeriche” intermedie.

Caso Prima prova intermedia a 7bar (70000Pa)


portata totale
portata/4 calcolata
calcolata
6-3-boundadapt2celle---384019 -70000Pa 0.054 0.218 kg/s
(384019 celle-460684 nodi) 783,46 kg/h

Caso Seconda prova intermedia a 10.5bar (1050000Pa)

portata totale
portata/4 calcolata
calcolata
6-3-boundadapt2e3---415029 -1050000Pa 0,078 0,314 kg/s
(384019 celle-460684 nodi) 1129,20 kg/h

Dalle tabelle si osserva come tutte le portate calcolate siano inferiori rispetto alle misurate.
Gli scarti massimi si hanno per le griglie prima dell’operazione di affinamento. Lo scarto
massimo assoluto si verifica per la prova a 919000Pa. Sono stati effettuati diversi altri tentativi
numerici, ma lo scarto è rimasto sempre dello stesso ordine di grandezza. E’ stata anche
effettuata una prova di sensibilità all’alzata dell’otturatore nei limiti dell’accuratezza dichiarata
del sensore (trasduttore) di alzata dell’otturatore. Non si sono ottenute variazioni significative.
Per brevità non esponiamo i risultati, ma alleghiamo i files corrispondenti nella cartella
Fase-3-919000-Pa.
Riportiamo nelle pagine seguenti i grafici dei risultati descritti fino a questo punto. Tali
grafici evidenziano, accettando lo scarto percentuale del ±5% rispetto al “coefficiente di efflusso
del modello”, che tutte le “prove numeriche” rientrano nel campo di tolleranza accettabile.
Si disegnano i grafici delle prove sperimentali, delle prove prima dell’adapt (spezzate alle
quali è stato dato il nome di “Valori minimi calcolati”), di quelle successive all’operazione di
affinamento (spezzate alle quali è stato dato il nome di “Valori massimi calcolati”) e delle “prove
intermedie”. Si nota come queste ultime siano perfettamente allineate sui segmenti che uniscono
le prove ad esse precedenti e seguenti. Da questo risultato, si può anche ipotizzare una
deviazione del valore misurato relativo alla pressione di 919000Pa dal valore reale atteso,
addirittura in sede di prova.

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8 – Confronto con i risultati sperimentali.

Nella tabella seguente si riportano invece i valori della portata calcolata, di quella misurata
e dello scarto percentuale relativamente alle prove a “bassa pressione”.

Misurati Calcolati Scarto


percentuale
portata/4 portata portata/4 portata totale
Prova pressione(Pa) (%)
(kg/s) totale(kg/h) (kg/s) (kg/h)
6/a 50000 0,0080 115,6 0.0087 124,8 7,4
6/b 76000 0,0104 149,2 0.0110 158,7 6,0
6/c 100000 0,0126 180,7 0.0129 186,2 3,0
6/d 129000 0,0147 212,1 0,0152 218,5 2,9
6/e 147000 0,0160 230,7 0,0165 237,8 3,0
6/f 176000 0,0182 262,3 0,0186 268,2 2,2
6/g 217000 0,0212 305,8 0,0215 309,4 1,2
6/h 261000 0,0244 351,6 0,0246 354,6 0,8
6I 309000 0,0279 401,2 0,0279 401,6 0,1

Ed alla pagina seguente si riportano tali risultati sotto forma di grafico.


Per il commento di questi risultati vedi il Capitolo7 al paragrafo7.6. Le “prove a bassa
pressione”.

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8 – Confronto con i risultati sperimentali.

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9 - Conclusioni e proposta di una procedura per le “prove numeriche”.

9. Conclusioni e proposta di una procedura per le “prove numeriche”.

Alla luce dei risultati esposti nei precedenti capitoli, possiamo affermare che la
metodologia scelta per l’effettuazione delle “prove numeriche” si rivela corretta ed attendibile
nei limiti del campo di tolleranza accettabile definito nell’ALLEGATO E.
Una conferma ulteriore della corretta impostazione del problema numerico deriva dalle
storie di convergenza delle simulazioni definitive sia prima che dopo l’affinamento delle griglie.
In effetti trattandosi di un efflusso complesso tridimensionale, supersonico (localmente), si
raggiungono valori accettabili dei residui con un numero ragionevolmente basso di cicli iterativi
(4000÷6000 iterazioni, come evidente dalle relative figure nel capitolo precedente). Inoltre, come
già esposto nel capitolo precedente, anche le modalità di decremento delle curve di convergenza
sono buone. Un limite che tali curve mettono in evidenza in alcune simulazioni, è l’impossibilità
di raggiungere limiti più bassi dei valori dei residui anche se gli scarti percentuali dei risultati
sono molto bassi. In effetti si osserva nella figura seguente (relativa alla simulazione con griglia
affinata a pressione pari a 1218000Pa) che raggiunto un determinato valore le curve dei residui
iniziano ad oscillare.

L’oscillazione si stabilizza mantenendosi limitata in ampiezza. Questo evidenzia limiti di


carattere numerico connessi alla discretizzazione del continuo: esiste un limite quantitativo e/o
qualitativo nella griglia di calcolo. Probabilmente (non sono stati effettuati tentativi in tal senso)
una griglia più fitta o di diversa fattura e la probabile connessa possibilità dell’utilizzo dello
schema del secondo ordine potrebbero portare miglioramenti.
Il presente lavoro fornisce indicazioni importanti per l’esecuzione di simulazioni su valvole
analoghe, stabilendo un iter procedurale ben definito. In realtà il software Fluent si presta
all’esecuzione di simulazioni basate su griglie dotate di elementi di forma diversa e/o su diverse
modelli per la soluzione della turbolenza, ma alla base del calcolo sussistono sempre le stesse
basi fisico-matematiche.

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9 - Conclusioni e proposta di una procedura per le “prove numeriche”.

Come precedentemente spiegato, il “set-up” del problema e le scelte riguardo agli aspetti
“numerici” sono stati guidati dal know how acquisito in casi fluido-termodinamici svolti in
precedenza ed anche molto diversi dal “caso fisico” in studio.
Ovviamente nell’applicazione ad un caso analogo non sarebbero necessari tutti i tentativi
guida che si sono rivelati invece necessari per la “messa a punto” del problema.
Le numerose simulazioni numeriche effettuate sono state ritenute necessarie per le seguenti
ragioni:
1. Verificare lo scarto percentuale tra i valori misurati ed i valori calcolati;
2. Verificare l’importanza ed il “peso a livello numerico” della qualità della griglia di calcolo e
della minore o maggiore discretizzazione del dominio di calcolo;
3. Verificare la sensibilità a diverse opzioni a disposizione in virtù del solutore numerico
adottato;
4. Stabilire procedure generalizzate per la geometria in studio in funzione della fisica
dell’efflusso alle condizioni di prova.
5. Confermare l’affidabilità del calcolo in condizioni diverse da quelle, certificate, di prova.

Gli scarti assoluti delle portate calcolate dalle misurate sono evidentemente molto ridotti
per le “prove ad alta pressione”.
Nel caso delle prove a “bassa pressione”, come già spiegato, sussistono dei ragionevoli
dubbi sulle cause dell’aumento degli scarti che aumentano per i casi a pressione più bassa.
Le motivazioni addotte nel Capitolo 7 al paragrafo 7.6 e cioè:
q stessa griglia affinata, corrispondente alla prova a pressione 6-3-boundadapt2e3---415029 -
1218000Pa, usata per tutte le prove a bassa pressione ovvero;
q incertezza sulle modalità delle prove sperimentali (piattello bloccato o alzata limitata?),
spiegano il fenomeno, e confermano la presenza di un margine di miglioramento che esula
però dallo scopo di questo lavoro.

Per chiarezza e per completezza si riassumono ora i passi significativi per una proposta di
procedura per l’esecuzione di “prove numeriche” in problemi analoghi. Specifichiamo che non
riteniamo corretto prescindere dall’esecuzione di prove sperimentali, ma è ragionevole ridurne il
numero. Infatti esse devono avere lo scopo di porre dei punti di riferimento per le “prove
numeriche”, le quali possono “coprire” i campi o le configurazioni (caso in cui si abbia bisogno
di prove sulla stessa valvola dotata di accessori quali ad esempio cappellotti parapioggia) per cui
non si hanno dati sperimentali.

Geometria
q Nella fase preliminare si studia la geometria della valvola e dell’apparato sperimentale usato.
Specialmente per le valvole a scarico convogliato e dove si effettuano prove con
contropressione (backpressure) impressa, risulta fondamentale la conoscenza delle geometrie
(e delle condizioni fisiche) a valle del dispositivo. Si è confermata l’importanza della fedeltà
del disegno delle geometrie dei particolari specialmente nell’interno valvola e comunque
nelle zone “critiche” (vedi passaggio dalla geometria con otturatore piatto all’otturatore con
guarnizione, bordino e camera anulare). Si raccomanda inoltre un rilievo dal vero del
modello reale provato (ove possibile). Ciò per assicurare la corrispondenza tra disegno
costruttivo e valvola e verificare le tolleranze di lavorazione.

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9 - Conclusioni e proposta di una procedura per le “prove numeriche”.

Ricerca di “periodicità” e/o simmetrie


q Si deve valutare la possibilità (come avvenuto nel caso in studio) di poter “simulare” una
porzione limitata del dispositivo (e di ciò che lo circonda). Infatti la presenza di “periodicità”
e/o “simmetrie” può ridurre considerevolmente il volume fisico da simulare. Ciò comporta
vantaggi per l’ottimizzazione delle risorse di calcolo e soprattutto per l’accuratezza della
soluzione. Infatti, come esposto nel Capitolo 5, si possono destinare le risorse di calcolo a
disposizione ad un volume limitato, e quindi operare le discretizzazione del “continuo” con
maggiore libertà e possibilità. Ciò equivale a poter destinare un maggior numero di nodi (e
celle) per le zone critiche, così com’esposto nei capitoli precedenti. Inoltre, si ha anche il
vantaggio di poter ottenere una griglia finale in cui il rapporto tra i volumi degli elementi più
piccoli e quelli più grandi (in genere destinati alle zone più lontane dalla zona critica dei
getti), risulterà meno ridotto a tutto vantaggio della perdita di accuratezza per problemi
“numerici”.

Le superfici di contorno
q Si stabiliscono i limiti (i confini) del dominio di calcolo. Come visto in precedenza la
superficie di contorno ortogonale al getto è stata posta a circa cento diametri dall’asse
valvola. In generale la distanza dalla valvola delle superfici di contorno, corrispondenti a
sezioni del dominio fluido, dipende dalle caratteristiche del campo fluido-termodinamico
atteso. Queste superfici si pongono alle distanze per cui non sussistono alti gradienti delle
grandezze fisiche. Quindi, esse possono essere poste anche in prossimità della valvola (come
nel caso della superficie di contorno superiore orizzontale del caso studiato).

La griglia di calcolo
q Come esposto nel Capitolo 5 e come indicato nei Manuali del Fluent, esistono molteplici
possibilità per questa operazione, a seconda della scelta della geometria degli elementi e dalla
“filosofia” adottata per la costruzione della griglia a livello macroscopico. Volendo seguire
l’esempio della valvola in studio, si deve dividere il dominio di calcolo in sotto domini da
grigliare. Si deve prestare attenzione però alla necessità di “matching”, cioè di
corrispondenza tra le facce dei sotto domini adiacenti una volta grigliati. Le posizioni dei
sotto domini devono essere scelte nell’ottica della successiva operazione di “meshing” degli
stessi. Essi devono aiutare ad aggirare i problemi derivanti da geometrie complesse nelle tre
dimensioni e ad ottimizzare la griglia nelle zone in questione (in special modo in prossimità
delle pareti ed eventualmente con l’ausilio dei boundary layers). Si genera quindi la “griglia
di base”: griglia multiblocco con uso di griglie strutturate e non strutturate ed eventuali “non
conformal grids” con griglie di interfaccia.

Impostazioni del calcolo


q Simulazioni in stato stazionario (il campo di moto e termico sono indipendenti dal tempo).
Le proprietà caratteristiche del mezzo fluido sono considerate quindi come funzioni dello
spazio nel sistema di riferimento: si attiva l’opzione “steady”.
q Geometria fissa 3D (tutte le entità geometriche non cambiano di posizione e/o forma nel
tempo).
q Solutore: accoppiato, esplicito con discretizzazione “first order upwind”. Tale solutore è
adatto alla risoluzione di flussi compressibili e ad alta velocità.

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9 - Conclusioni e proposta di una procedura per le “prove numeriche”.

q Definizione del fluido evoluente. Si tiene conto della sua compressibilità e dei fenomeni ad
essa collegati (in generale si attinge al database del Fluent, altrimenti si introducono le
caratteristiche fisiche del fluido aggiungendole alle librerie esistenti).
q Pressione operativa: Fluent permette di stabilire una pressione detta “operativa”. La
relazione che lega pressione assoluta pabs, pressione operativa po e pressione relativa prel è:
p abs = p o + p rel
Tutte le pressioni inserite e calcolate nelle simulazioni in Fluent sono in termini di
pressione relativa prel. Nel caso in studio la pressione operative è stata posta coincidente
con quella “ambiente”.
q Modello di turbolenza: k-ε RNG (a due equazioni) con opzione attivata per “swirl dominated
flow”.

Condizioni al contorno
Le condizioni al contorno assegnate ai confini del dominio fluido sono le seguenti:
• “Pressure-Inlet”: nelle sezioni “fluide” all’interno del serbatoio o comunque nelle
sezioni di ingresso. Si devono specificare:
1. la sovrapressione (gauge total pressure) rispetto alla pressione di riferimento (pressione
ambiente come precedentemente spiegato);
2. la temperatura totale (coincidente con la statica per il fluido quasi in quiete nelle sezioni
scelte poste a debita distanza dalla sezione di ingresso alla valvola);
3. intensità della turbolenza “turbulence intensity” che è il rapporto tra il valore medio delle
fluttuazioni turbolente e la velocità media (Fluent suggerisce valori di default);
4. “turbulent viscosity ratio” per flussi all’interno di condotti questo parametro assume
valori compresi tra 1 e 10.
• “Pressure-Outlet”: all’uscita del dominio di calcolo, sulle sezioni di contorno del
dominio fluido. Si deve specificare il valore della pressione relativa ambiente nelle
sezioni di “uscita”. Nel caso in studio data la coincidenza con la pressione operativa, la
pressure-outlet ha valore nullo.
• “Wall”: per gli elementi del dominio che rappresentano le pareti, cioè corpo valvola
(interno ed esterno), otturatore con guarnizione di tenuta. Si impongono le distribuzioni
delle temperature (o dei flussi termici) sulle diverse pareti e si definisce soltanto la
rugosità superficiale tenendo conto della tipologia delle lavorazioni meccaniche
tradizionali (tornitura, fresatura, foratura) applicate per la costruzione.
• “Simmetry”: per le sezioni dei piani di simmetria sopra indicate. FLUENT attribuisce
flusso nullo a tutte le grandezze di trasporto attraverso un piano di simmetria.
Non esiste cioè flusso convettivo: la componente normale (al piano) della velocità è nulla.
Non esiste flusso diffusivo: i gradienti (normali al piano) di tutte le variabili sono nulli.

Condizioni iniziali
q L’inizializzazione del campo ha notevole importanza. Può essere necessario usare una
soluzione corrispondente ad un valore di pressione inferiore. Nel caso in studio abbiamo
inizializzato il campo operando tramite “patching”. Come discusso nel Capitolo 6, esso
consiste nel suddividere idealmente il dominio in zone diverse (regions). Questa caratteristica
di FLUENT permette una operazione di “patching” con successive sovrapposizioni di
condizioni iniziali. Si inizia infatti con c.i. identiche per tutto il dominio fluido.

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Successivamente si effettuano le sovrapposizioni nelle zone preventivamente individuate e


contrassegnate (marked) con altre c.i. che sostituiscono quelle ivi precedentemente assegnate.
Si riesce in tal modo ad assegnare gradienti (ovviamente a gradini) per tutte le grandezze. I
valori di primo tentativo sono stati scelti in base a simulazioni precedenti effettuate su griglie
molto rade (∼100000 celle) e con il solutore “segregato”. Ciò ha comportato un calcolo
preventivo con l’efflusso subsonico per via delle caratteristiche del solutore sopra detto
incapace di trattare flussi supersonici o localmente supersonici. I valori poi assegnati sono
stati maggiorati per tenere conto dei salti di pressione maggiori corrispondenti alle prove in
condizioni di “efflusso critico”.

Valutazione della convergenza e dei primi risultati


q Una volta effettuati i cicli iterativi e raggiunta la convergenza (perché raggiunti tutti i limiti
inferiori impostati precedentemente per le incognite) si valutano i diagrammi relativi alle
incognite e le modalità di decremento. Essa è stata valutata sia in base ai valori assunti dai
“residui” sia in base alla storia di convergenza. Anche l’analisi del bilancio della massa
entrante e uscente con il procedere del procedimento iterativo (si è valutata la sua
stabilizzazione) ha permesso di stabilire la convergenza. In molti casi, la stabilizzazione dei
valori assunti dalle grandezze fisiche in zone diverse e significative fornisce criterio per la
valutazione della convergenza e della validità del calcolo stesso. Nel caso le storie di
convergenza siano accettabili, si può passare alla successiva fase di affinamento della griglia.
Nel caso non siano accettabili (per via della forma dei diagrammi non regolarmente
decrescenti o perché si rivela necessario un numero di cicli troppo elevato) o addirittura non
si raggiunga la convergenza, si devono ripercorrere i passi precedenti operando alcune
modifiche. Ad esempio il problema può derivare da una griglia non ben costruita; anche
l’inizializzazione può essere stata non efficace.
q Si verifica la correttezza della simulazione dal punto di vista fisico. Si controlla che sia stata
riprodotta la fenomenologia dell’efflusso.
q Si valuta lo scarto con i valori sperimentali (laddove presenti). Se ne valuta l’accettabilità.

La griglia “affinata”
q Come esposto nei precedenti capitoli si generano griglie ottimizzate nei primi due o tre strati
vicino alle pareti e/o in funzione della y+ (“solution-adaptive refinement”: l’ottimizzazione
delle griglie è effettuata sulla griglia base in funzione dei risultati ottenuti dal calcolo
preliminare sulla griglia base stessa).

Il calcolo definitivo
q In base agli affinamenti effettuati sulla griglia si ottiene una nuova soluzione che si
confronterà ovviamente con la precedente. Si valuterà lo scarto con i risultati sperimentali e
lo scarto percentuale rispetto alle prima simulazione.

Le simulazioni fuori “campo”


q Le simulazioni nei campi di funzionamento per cui non si hanno prove sperimentali usano,
per la loro inizializzazione, le simulazioni effettuate per valori di pressione inferiore. Per

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condizioni molto diverse da quest’ultime può essere necessario inizializzare come esposto
nei passi precedenti addirittura rigenerando una griglia ad hoc.

Per concludere, possiamo affermare che lo studio effettuato risponde alle aspettative
prefissate ed evidenzia la validità dell’uso “intelligente” e sistematico delle simulazioni CFD
(che costituiscono d’altronde uno strumento di calcolo oramai diffusamente utilizzato in
molteplici campi dell’ingegneria) per la progettazione e l’ottimizzazione di una generica attività
di Progettazione Ingegneristica sotto il profilo tecnico ed economico.

Qui, in particolare, si è dimostrato come l’applicazione sistematica di una procedura di


“prove numeriche” su una geometria di valvola di sovrapressione possa venire integrata con una
molto ristretta serie di prove sperimentali per fornire un risultato complessivo equivalente, sia in
termini di affidabilità che di completezza, a quello ottenibile mediante una serie molto più estesa
–e quindi molto più costosa in termini di tempo e di risorse- di prove sperimentali. Le prove
numeriche hanno fra l’altro il vantaggio di poter essere usate per incrementare la conoscenza
specifica del progettista, ponendolo di fronte a fenomeni che siano sì a lui noti, ma che vengono
quantizzati in modo nuovo dal codice numerico, o addirittura a fenomeni imprevisti che possano
giustificare certe caratteristiche delle prestazioni della valvola.

In questa ottica, si può senz’altro affermare che la metodologia è valida sia nel particolare
caso esaminato che in generale, e meriterebbe di essere estesa ad altri tipi di verifiche di
collaudo.

RINGRAZIAMENTI

Desideriamo ringraziare gli ingegneri Corrado Delle Site, Fausto Di Tosto ed Emanuela Franchi
per la disponibilità e la cordiale collaborazione con cui ci hanno facilitato enormemente lo
svolgimento del lavoro qui presentato.

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Roma, 16/06/2005 Pagina 105
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Bibliografia

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Celik, I.B. Introductory Turbulence Modeling (1999)

Cunsolo, D. Dispense delle lezioni del Corso di Aerodinamica. Università degli Studi di Roma
“La Sapienza”.

FLUENT 5 User’s guide (1998)

Mattiussi, C. The Finite Volume, Finite Element and Finite Difference Methods as Numerical
Methods for Physical Fields Problems (2000) – Swiss Federal Institute of Technology CH1015
Lausanne Switzerland

Millikan, C. B. A critical discussion of turbulent flows in channel and circular tubes (1938) –
Proc. 5th Int. Congr. Applied Mechanics, New York, pp386-392

Peyret, R.; Taylor, T.D., Computational Methods for Fluid Flow. Springer-Verlag 1984.

Pope, S.B. Turbulent Flows (2000) - Cambridge University Press

Quori, F., Aerodinamica (1998)

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Roma, 14/06/2005 Pagina 106
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Indice

INDICE

1. Descrizione del progetto e piano delle attività........................................................... 2


1.1 Descrizione del progetto................................................................................................. 2
1.2 Piano delle attività e scadenze........................................................................................ 2
2 Scelta delle geometrie rappresentative di apparati reali (“geometrie tipo”). Dati
sperimentali.................................................................................................................................. 3
2.1 Geometrie tipo................................................................................................................ 3
2.2 Dati sperimentali............................................................................................................ 8
3 Le equazioni di governo del moto di un fluido.......................................................... 10
3.1 Introduzione................................................................................................................... 10
3.2 Equazione di continuità o di conservazione della massa............................................... 11
3.3 Equazione della conservazione della quantità di moto.................................................. 13
3.4 Equazione dell’energia.................................................................................................. 16
3.5 Fluidi incompressibili.................................................................................................... 19
3.6 Fluidi compressibili....................................................................................................... 19
3.7 Equazione di stato.......................................................................................................... 19
3.8 Fluidi incompressibili.................................................................................................... 20
3.9 Fluidi compressibili....................................................................................................... 20
3.10 Condizioni al contorno e condizioni iniziali................................................................. 21
4 La fisica del fenomeno dell’efflusso in una valvola.................................................. 22
4.1 Generalità...................................................................................................................... 22
4.2 La valvola vista come un ugello................................................................................... 23
5 Realizzazione delle meshes “caratteristiche”: la discretizzazione del
continuo........…………………………………………………………………………………... 27
5.1 Dominio di calcolo: come isolare una porzione del sistema fisico completo............... 27
5.2 Superfici di contorno: pareti e sezioni del volume fluido completo............................. 27
5.3 Individuazione di piani di simmetria............................................................................. 29
5.4 Definizione delle superfici di contorno......................................................................... 32
5.4.1 Sezioni “fluide”.................................................................................................... 32
5.4.2 Pareti solide.......................................................................................................... 34
5.5 Generazione della griglia di calcolo.............................................................................. 34

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Indice

5.6 Tipologia di griglia impiegata....................................................................................... 34


5.7 Brevi cenni descrittivi sul “Cooper scheme”................................................................ 41
6 Le simulazioni numeriche. Generalità...................................................................... 42
6.1 Impostazioni del calcolo............................................................................................... 43
6.2 Cenni sulla turbolenza................................................................................................... 44
6.3 Effetto delle pareti e significato del parametro dimensionale y+................................. 47
6.3.1 Il sottostrato laminare.......................................................................................... 49
6.3.2 Lo strato di ‘sovrapposizione’............................................................................. 49
6.3.3 Lo strato esterno.................................................................................................. 50
6.4 Condizioni al contorno................................................................................................. 51
6.5 Condizioni iniziali........................................................................................................ 53
7 Il procedimento di calcolo.......................................................................................... 57
7.1 Le simulazioni preliminari............................................................................................ 57
7.1.1 Fase-1 - Caso 11-1---174010.............................................................................. 59
7.1.2 Fase-1 - Caso 5-1---147917................................................................................ 60
7.1.3 Fase-1 - Caso 5-2---160896................................................................................ 61
7.2 Fase-2 - Affinamento della geometria del modello..................................................... 68
7.3 Simulazioni definitive. Analisi numerica e fisica dei risultati..................................... 74
7.4 Affinamento delle griglie di calcolo............................................................................ 82
7.5 Le “prove intermedie”................................................................................................. 88
7.5.1 Prima prova intermedia: 700000Pa.................................................................... 88
7.5.2 Seconda prova intermedia: 1050000Pa.............................................................. 88
7.6 Le “prove a bassa pressione”....................................................................................... 89
8 Confronto con i risultati sperimentali...................................................................... 91
8.1 Riferimenti normativi...................................................................…............................ 91
8.2 Coefficienti di efflusso e portate reali...............................................................…....... 93
9 Conclusioni e proposta di una procedura per le “prove numeriche”................... 100
Bibliografia................................................................................................................. 106
Indice.......................................................................................................................... 107

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