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TR-ISPESL-010505
Paolo Bernardini
Enrico Sciubba
Giugno 2005
1 - Descrizione del progetto e piano delle attività.
Motivazioni:
L'esigenza di disporre di metodi che consentano di estendere i risultati ottenuti con le prove
sperimentali a diverse tipologie di fluidi e campi di pressione, limitando i costi ed i tempi che
dette prove comportano, richiede lo sviluppo di un modello fluido-termodinamico di tipo
numerico.
Obiettivi.
Foto 2.1.3
Figura 2.1. 2 – Sezione della valvola
in Foto 2.1.3
Foto 2.1.4
Foto 2.1.5
Foto 2.1.6
Dopo una valutazione preliminare, in accordo con l’ISPESL, è stata scelta la geometria
della Figura 2.1. 3 e Foto 2.1.4 e Foto 2.1.5.
Si tratta di una valvola (denominata Modello D-14) a carico diretto, a sede conica, con
molla, e a scarico libero in atmosfera. Presenta due feritoie di scarico diametralmente opposte.
La scelta della suddetta geometria è dettata principalmente dalla natura del presente lavoro:
essendo questo un progetto pilota, è finalizzato a definire la base per una metodologia innovativa
di valutazione delle prestazioni di questo tipo di dispositivi.
Si è individuata quindi la tipologia più diffusa dal punto di vista prettamente geometrico e
che offre un esempio chiaro e completo nella realizzazione della griglia tridimensionale di
calcolo e nell’analisi numerica e fisica dei risultati.
Infatti dall’analisi delle diverse geometrie, prevedendo per quanto possibile il moto
dell’aria attraverso esse, si è stabilito che nelle altre valvole, l’efflusso sarebbe stato più semplice
nel caso delle valvole del tipo in Foto 2.1.6, o con interazioni fluidodinamiche tra fluido e pareti
più accentuate come nel caso delle valvole a scarico convogliato della Foto 2.1.7.
Nella valvola presente si prevedeva (considerando l’efflusso da una delle due feritoie) un
flusso in uscita verosimilmente composto da un unico getto radiale idealmente divisibile in due
flussi principali controrotanti simmetrici rispetto ad un piano passante per l’asse della valvola e
per la mezzeria della feritoia.
Questo lavoro ha tra i suoi scopi quello di valutare se valvole analoghe potranno essere
“simulate” con lo stesso approccio numerico.
Sottoliniamo la necessità di una simulazione fluidodinamica tridimensionale, non essendo
l’efflusso riconducibile ad una trattazione bi-dimensionale per via del suo sviluppo naturale nelle
tre dimensioni spaziali.
I risultati (vedi capitoli 7 e 8) confermano la validità di questa scelta, e mostrano la natura
altamente tridimensionale dell’efflusso soprattutto all’interno della valvola.
Oltre alle geometrie delle valvole suddette, l’ISPESL ha fornito le relazioni sulle prove
sperimentali atte a rilevare le caratteristiche di funzionamento e di portata delle valvole di
sicurezza. Dalla relazione, ed in particolare dai rapporti di prova, si sono ricavati i valori assunti
dalle grandezze fisiche nelle condizioni di prova. I dati utili per le simulazioni sono i seguenti:
1. pressione relativa nel serbatoio di prova;
2. temperatura dell’aria nel serbatoio;
3. pressione ambiente (atmosferica);
4. alzata1 dell’otturatore nelle condizioni delle “prove di qualifica”2;
5. coefficiente di efflusso; da questo e dalla portata teorica si ricava la portata in
massa (non necessaria per il calcolo ma indispensabile per il confronto con i valori
calcolati).
1
Nota bene: tutte le simulazioni (quindi per tutti i valori della pressione relativa nel serbatoio) sono state effettuate
in relazione ai dati sperimentali delle “prove di qualifica” effettuate sulla valvola avente l’otturatore con l’alzata
bloccata a 5mm (rispetto alla sede).
2
Come specificato nella Circolare 15 novembre 1979, n.38468 – Raccolta E, le “prove di qualifica” servono alla
determinazione della portata di efflusso all’alzata h, ai fini di accertare il coefficiente di efflusso del tipo di valvola.
I valori non presenti nei rapporti di prova e necessari per le simulazioni numeriche sono
stati scelti arbitrariamente e sulla base di casi simulati in studi precedenti e di ciò che mette a
disposizione la letteratura scientifica. Essi sono la temperatura dell’aria (nell’ambiente esterno al
serbatoio), le temperature delle superfici metalliche della valvola e del serbatoio e i valori di
grandezze fisiche correlate alla turbolenza dell’efflusso. Come vedremo in seguito, si sono
ipotizzati valori in base allo scambio termico presunto nelle condizioni di prova, e si sono
attribuiti valori di temperatura sulle pareti suddette pari o molto vicini a quelle dell’aria nel
serbatoio. Si sono imposti valori decrescenti (gradienti dell’ordine di qualche grado/metro) sulle
superfici esterne della valvola. Le temperature delle superfici interne della valvola sono invece
stati assunti uguali a quella del serbatoio.
Anche la rugosità superficiale delle pareti solide a contatto con il fluido è stata scelta
arbitrariamente, ipotizzando la tipologia di lavorazione meccanica utilizzata per l’ottenimento
dei particolari costruttivi della valvola.
Al capitolo 6, paragrafo 6.4 Condizioni al contorno, si riportano i valori attribuiti alle
grandezze correlate alla turbolenza.
3.1. Introduzione
Il principio di conservazione della massa, nel caso del moto di un fluido, si esprime
dicendo che resta invariata nel tempo la massa contenuta in un volume che si muove insieme al
fluido.
Si scrive allora:
dM d
dt = dt ∫ ρdV = 0
V (t )
(3.2.1)
d
dt ∫V (t )
AdV =
∫V (t )
∂A
∂t dV + ∫ Au ⋅ nds
S (t )
(3.2.2)
Bisogna ora applicare all’integrale superficiale della (3.2.2) il teorema della divergenza:
∫S
a ⋅ udS =
∫ V
∇⋅ adV (3.2.3)
Il teorema della divergenza stabilisce che il flusso di un vettore uscente da una superficie
chiusa è uguale all’integrale della divergenza del vettore stesso, esteso al volume racchiuso.
Abbiamo così:
d
dt ∫ AdV =
V (t )
∫ ∂t + ∇ ⋅ ( Au)}dV
{∂A
V (t )
(3.2.4)
Osservando che:
dt = ∂t + ( u ⋅ ∇) A
dA ∂A
(3.2.6)
si ottiene:
d
dt ∫ AdV =
V (t )
∫ dt + A∇ ⋅ u}dV
{ dA
V (t )
(3.2.7)
La derivata sostanziale di una grandezza fisica esprime la variazione totale nel tempo della
grandezza stessa percepita da un osservatore solidale al moto della particella fluida.
Nell’espressione (3.2.6) possiamo individuare due termini a secondo membro; il primo, detto
derivata locale, esprime a livello fisico la variazione nel tempo della grandezza in un punto
fissato; il secondo termine, detto derivata convettiva, equivale alla variazione temporale dovuta
al movimento dell’elemento fluido da un punto all’altro di un campo fluido dove le proprietà del
flusso sono diverse nello spazio.
Riprendendo la (3.2.1) nella forma (3.2.4 ) o nella forma (3.2.7) e, inserendo per la generica
A(xi,t) la densità ρ, risulta che devono essere nulli gli integrali a secondo membro “qualunque sia
il volume di integrazione V(t)”; devono essere quindi identicamente nulli gli integrandi:
∂ρ
∂t + ∇ ⋅ ( ρu) = 0 (3.2.8)
dρ ∂u ∂v ∂w
+ρ +ρ +ρ =0 (3.2.9a)
dt ∂x ∂y ∂z
Se il moto è stazionario, ossia se le proprietà locali non variano nel tempo, la (3.2.8) si
riduce a:
∇ ⋅ ( ρu) = 0 (3.2.10)
Le (3.2.8) e la (3.2.9) sono valide nel caso generale di fluido compressibile e si equivalgono
solo se la densità ρ non è funzione della posizione.
dρ
dt = 0 ; la (3.2.9)
Altro caso particolare è quello di un fluido incompressibile, per il quale è
fornisce in questo caso:
∂ui
∇⋅u = 0 ⇔ ∂xi = 0 (3.2.11)
1 dV
La (3.2.11), essendo V dt = divu = ∇ ⋅ u , ci dice che la velocità di variazione relativa del
volume della particella fluida è nulla. Il fluido è quindi incompressibile.
L’equazione della quantità di moto applicata alla massa contenuta in un certo volume di
fluido, che si muove con esso, si scrive:
dQ
dt = Fe (3.3.1)
dove Fe è la risultante delle forze esterne di massa (ad es. la gravità, la forza centrifuga) e di
quelle di superficie, come gli sforzi dovuti al fluido esterno e agenti sulla superficie S di
contorno. La (3.3.1) diventa allora:
d
dt ∫
V (t )
ρudV =
∫ ρ f dV +
V (t )
∫ T ⋅ ndS
S (t )
(3.3.2)
dove f è la forza di volume che si esercita per unità di massa e T è il tensore degli sforzi.
Tale tensore permette di descrivere gli sforzi attorno ad un punto nelle varie direzioni
possibili: esso è un tensore a nove componenti scalari (a tre componenti vettoriali rispetto alle tre
direzioni degli assi coordinati prescelti). Rimane da sottolineare che T è un tensore simmetrico
per cui Tij = Tji , cosicché le nove componenti si riducono a sei quantità indipendenti.
Occorre ora esprimere il principio di conservazione della quantità di moto per un volume
che non varia nel tempo, cioè un volume fisso nello spazio (formulazione Euleriana). Ciò può
essere semplicemente realizzato esprimendo le derivate temporali degli integrali sul volume
materiale V ( t ) mediante il teorema del trasporto di Reynolds. Trasformiamo così il primo
membro e il secondo termine del secondo membro della (3.3.2) in modo che vi appaiano soltanto
integrali di volume, come è il primo termine a secondo membro.
Se poi applichiamo il teorema della divergenza:
∫
S
∫
T ⋅ ndS = divTdV
V
(3.3.3)
∫
du
ρ dt − ρ f − ∇ ⋅ T dV = 0 (3.3.4)
V
Dovendo valere la (3.3.4) per qualsiasi volume di integrazione, l’integrando deve essere
identicamente nullo; quindi:
du
ρ dt = ρ f + ∇ ⋅ T (3.3.5)
1
In ogni prodotto di termini, l’indice ripetuto implica una somma rispetto allo stesso indice per i valori
1,2,3. Quello non ripetuto può assumere uno qualsiasi dei valori 1,2,3.
du ∂
ρ dti = ρfi + ∂x Tij (3.3.6)
j
dove u i è la componente i-esima della velocità istantanea, ρ è la densità, Tij è il tensore degli
sforzi e fi è la componente i-esima della forza di volume per unità di massa.
Dalle ipotesi fatte il fluido è di tipo Newtoniano e a comportamento isotropo.
Per i “fluidi Newtoniani” le componenti del tensore degli sforzi sono funzioni lineari delle
componenti delle velocità di deformazione.
Per le componenti del tensore degli sforzi si dimostra che è:
Tij = 2µεij per (i ≠ j) (3.3.7)
Dalla (3.3.8) risulta che nel caso generale i tre sforzi normali sono diversi tra loro, e la loro
media non coincide con la pressione. Nelle (3.3.7) e (3.3.8) µ è la viscosità dinamica che riteniamo
costante, ed εij sono le componenti del tensore delle deformazioni.
La relazione tra sforzi e velocità di deformazione si scrive:
2
Tij = 2 µε ij − p + µ ∇ ⋅ u δ ij (3.3.9)
3
dove p è la pressione termodinamica e δ ij è il delta di Kronecker:
1 per i = j
δij =
0 per i ≠ j
Nella (3.3.8) il termine λ∇ ⋅ u descrive l’effetto della viscosità dovuto alla variazione di
volume di una particella fluida. I due coefficienti di viscosità λ e µ sono legati tra loro dalla
relazione:
2
µ′ = λ + 3 µ (3.3.10)
possiamo scrivere:
2
λ = −3µ (3.3.12)
Questo significa che un gas viscoso, sottoposto a pressione decrescente nel tempo, si espande
meno rapidamente di un gas non viscoso sottoposto alla stessa legge temporale delle pressioni
esterne e parità delle altre condizioni.
La (3.3.9) è detta “equazione costitutiva”. Come si vede, per i fluidi isotropi Newtoniani,
essa dipende dai due coefficienti di viscosità λ e µ e, in virtù della (3.3.12), dal solo coefficiente
µ.
A questo punto se introduciamo nelle (3.3.6) l’equazione costitutiva (3.3.9) e le componenti
del “tensore di deformazione”:
1 ∂u ∂u j
εij = 2 ∂x i + ∂x (3.3.14)
j i
∂p ∂ ∂ ∂u ∂u j
ρ dti = ρfi − ∂x + ∂x ( λ ∇ ⋅ u) + ∂x µ ∂x i + ∂x
du
(3.3.15)
i i j
j i
L’ultimo termine della (3.3.15) può essere scritto:
∂ ∂µ ∂u ∂u j
µ∇2ui + µ ∂x ∇ ⋅ u + ∂x ∂xi + ∂x (3.3.16)
i j j i
Nel caso in cui µ e λ possono essere ritenuti costanti la (3.3.15) diventa così:
∂u ∂u ∂p
ρ dti = ρ ∂ti + u j ∂x i = ρfi − ∂x + µ∇2ui + ( λ + µ) ∂x (∇ ⋅ u)
du ∂
(3.3.17)
j i i
La (3.3.17) può essere scritta in forma vettoriale ricordando però che la somma ( λ + µ ) è,
1
per via della (3.3.12), pari a 3 µ :
µ
= ρ f − ∇ p + µ∇2 u + ∇(∇ ⋅ u)
du
ρ (3.3.18)
dt 3
Nel caso particolare di fluido incompressibile si aggiunge la seguente:
∇⋅u = 0
e la (3.3.18) diventa:
du
ρ = ρ f − ∇ p + µ∇ 2 u (3.3.19)
dt
dE
= L −Q (3.4.1)
dt
Nella (3.4.1) la dE è l’energia totale del sistema (la particella fluida):
E = ∫ ρ edV (3.4.2)
V
essendo “e” l’energia totale locale per unità di massa. Quest’ultima è pari alla somma
dell’energia interna U (molecolare), posseduta in virtù del moto di agitazione “termica” attorno
u2
al baricentro, e della energia cinetica macroscopica 2 per unità di massa, dovuta al moto di
insieme della particella fluida.
L è il lavoro fatto nell’unità di tempo, sul sistema, dalle forze esterne di volume e di
superficie (sforzi). La Q equivale al calore che fluisce, per unità di tempo, verso l’esterno del
sistema.
Il principio della conservazione dell’energia può scriversi:
d
dt ∫
V
ρEdV =
∫ V
ρ f ⋅ udV +
∫(
S
)
T ⋅ u − K ⋅ ndS (3.4.3)
dove il lavoro L è così diviso in un lavoro della forze di volume L′ ed un lavoro degli sforzi
superficiali L′′ .
Il primo termine del secondo integrale a secondo membro esprime il lavoro degli sforzi
viscosi; infatti:
(T ⋅ u) ⋅ ndS = (T ⋅ ndS) ⋅ u = T dS ⋅ u = d R ⋅ u
n
(3.4.4)
dove d R è la risultante della forza totale agente sull’elemento di superficie dS ad opera delle
molecole situate sulla faccia opposta dell’areola dS ; quindi il lavoro totale che le forze d R
compiono per unità di tempo è proprio pari al prodotto d R ⋅ u .
Il secondo termine del secondo integrale a secondo membro della (3.4.3) equivale
all’energia trasmessa, per unità di tempo, attraverso la superficie dS e legata alla rapidità di
variazione spaziale della temperatura (gradienti termici) nella direzione normale n ; esprime
quindi il flusso termico.
Infatti la:
[
− ( K ⋅ n)dS = ( k ∇T ) ⋅ n dS ] (3.4.5)
esprime la legge di Fourier, dove il segno meno puntualizza il fatto che tale flusso di calore è
positivo nel verso in cui le temperature sono decrescenti. E’ da notare che la conducibilità
termica k del fluido è stata espressa mediante uno scalare.
Applicando ora alla (3.4.3) il teorema del trasporto di Reynolds al primo membro e il teorema
della divergenza all’integrale superficiale, si ottiene l’equazione della conservazione
dell’energia:
d
dt ∫
V
ρEdV =
∫V
d ( ρE ) + ρE ∇ ⋅ udV
dt (3.4.6)
ossia
d
dt ∫
V
ρEdV =
∫ V
ρ
dE
dt
dV +
∫ dρ
E + ρ∇ ⋅ udV
V
dt
(3.4.7)
∫ V
ρ dE − ρ f ⋅ u − ∇ ⋅ T ⋅ u − K
dt ( )dV = 0 (3.4.8)
Da questa, dovendo essere nullo l’integrando e poiché è del tutto arbitrario il volume di
integrazione, si scrive:
dE
( )
ρ dt = ρ f ⋅ u + ∇ ⋅ T ⋅ u − ∇ ⋅ K (3.4.9)
u2
e sottraendo la (3.4.7) dalla (3.4.6), tenuto conto della e = U + 2 , si ha allora:
dU
( ) ( )
ρ dt = ∇ ⋅ T ⋅ u − ∇ ⋅ T ⋅ u − ∇ ⋅ ( − k ∇T ) (3.4.11)
A questo punto, sostituendo al tensore degli sforzi l’espressione in funzione delle velocità di
deformazione, si ottiene:
p Dρ
ρ Dt = εijTij − ∇ ⋅ ( k ∇T ) = ρ Dt + µΦ + ∇ ⋅ ( k ∇T )
DU
(3.4.12)
dove è:
Φ = 2εijεij = 2 ∑∑ i j
εij2 −
2
3 ∑i
εii2 (3.4.13)
La (3.4.13), tenendo conto della (3.3.12), diventa (esplicitata) per il caso bidimensionale:
∂u 2 ∂v 2 ∂w 2 1 ∂u ∂v ∂w 2 2 ∂u ∂v ∂w 2
Φ = 2 + + + + + − + + (3.4.14)
∂x ∂y ∂z 2 ∂y ∂x ∂z 3 ∂x ∂y ∂z
Dρ
La (3.4.12), in virtù della equazione di continuità Dt + ρ∇ ⋅ u = 0 , diventa:
ρ dt = − p∇ ⋅ u + µΦ + ∇ ⋅ ( k ∇T )
dU
(3.4.15)
essendo:
p dρ dp d p
εij Tij = ρ dt + µΦ = dt − ρ dt ρ + µΦ (3.4.17)
e avendo introdotto l’entalpia del fluido:
p
h =U + ρ (3.4.18)
Ancora, la (3.4.15) può essere scritta anche in termini di entropia introducendo la definizione di
questa grandezza nell’espressione differenziale del primo principio della termodinamica:
dp
dh = ρ + Tds (3.4.19)
T dt = ρ ∇ ⋅ ( k ∇T ) + νΦ
ds 1
(3.4.20)
µ
dove è stata introdotta la viscosità cinematica ν = ρ e dh, dp, ds sono rispettivamente le
variazioni di entalpia, pressione ed entropia di una particella fluida. Il secondo membro della
(3.4.20) dà i contributi della conduzione termica e della dissipazione per attrito alla variazione
temporale dell’entropia. In particolare, si nota come l’ultimo termine (dissipativo) dà un
contributo definito positivo alla variazione di entropia.
diventa:
= ∇ ⋅ (k ∇T ) + µΦ
dT
ρc p (3.5.3)
dt
con cp pari al calore specifico a pressione costante.
Per fluidi compressibili l’equazione della conservazione dell’energia assume la forma seguente:
= − p∇ ⋅ u + µΦ + ∇ ⋅ (k ∇T )
dT
ρcv (3.6.1)
dt
ottenuta direttamente dalla (3.4.15) essendo cv il calore specifico a volume costante. Per un gas
ideale vale la relazione:
c p − cv = R (3.6.2)
4.1. Generalità
verso la sede. La pressione necessaria può essere invece mantenuta solo in presenza di
un’adeguata portata. Se ciò non accade si verificheranno oscillazioni della pressione che
comporteranno oscillazioni nel grado di apertura dell’otturatore. Quindi gli effetti dinamici si
vanno a sovrapporre localmente a livello di variazioni di pressione generando spinte risultanti
variabili nel tempo. In questo caso la turbolenza non è la causa dell’instabilità dell’otturatore.
Si deve notare inoltre che in funzione del valore dell’alzata variano le forme geometriche
delle sezioni a disposizione del fluido (in particolare la legge della variazione delle sezioni). Ciò
induce forti variazioni nel regime fluido-termodinamico e nella fenomenologia dell’efflusso.
Il percorso del fluido all’interno della valvola dipende dalle geometrie in gioco: dalla forma
dell’otturatore (la presenza su quest’ultimo di bordini che deviano il fluido); dalla forma della
sede e di tutta la camera interna; dalla forma delle feritoie di uscita (e da quella del convogliatore
se presente); da tutto ciò che è nelle immediate vicinanze della valvola ed in particolare nella
traiettoria del getto (o dei getti) di uscita.
Come è noto, le perdite a livello energetico valutabili in termini di perdita di carico sono
imputabili alle irreversibilità naturali dell’efflusso e dipendono dalla viscosità del fluido, dalla
sua comprimibilità e dai fenomeni ad essa legati in funzione delle velocità e della pressione.
L’interazione con le superfici solide, il percorso da esse stabilito e le perdite per attrito
viscoso, portano ad introdurre il concetto di rendimento fluidodinamico della valvola,
rendimento valutabile in funzione del coefficiente di efflusso: esso consiste nel rapporto fra
portata misurata (al valore di pressione prestabilito) e la portata teorica.
Teoricamente la valvola in oggetto può essere considerata come un ugello. È ovvio che la
sua geometria complessa e poco lineare la porti ad essere un ugello “mal disegnato”.
Il fluido è costretto a defluire da un ambiente “grande” passando attraverso un
restringimento per poi uscire nell’ambiente esterno, previa il passaggio in una zona in cui le
sezioni di passaggio aumentano. Quindi in base alle condizioni termodinamiche dell’ambiente
esterno ed interno si avranno fenomenologie analoghe a quelle di un ugello del tipo De Laval.
Accenniamo ora le basi teoriche dell’efflusso di un gas da un ugello convergente vedi
Figura 4.2.1.
Figura 4.2.1
La pressione nell’ambiente di uscita è p2. Dato che p2 è minore di p1, il gas “sente” una
differenza di pressione che lo accelera. Il gas si muove quindi dall’ambiente a pressione p1
all’ambiente a pressione p2 attraverso l’ugello. L'energia potenziale del gas sotto forma di
pressione si converte gradualmente in energia cinetica, quindi il gas acquista velocità.
Aumentando la pressione a monte il gas è soggetto ad un’ulteriore accelerazione ed
aumenta la velocità in gola (sezione di area minima). Varia certamente anche la sua densità (la
pressione si riduce ed il fluido si espande). Per un certo valore di pressione p1, la differenza in
pressione tra p1 e p2 è sufficiente per accelerare il gas alla velocità del suono locale a = kRTt
alle condizioni in gola (pt, Tt), un limite cinetico che non può essere oltrepassato, nel senso che
un ulteriore piccolo aumento della pressione p1 (energia potenziale) non può aumentare la
velocità (energia cinetica) in gola.
All’uscita dell’ugello il gas risulta non più “costretto” dalle pareti solide, ed espande
irreversibilmente (in condizioni reali) alla pressione circostante p2, decelerando rapidamente.
Se a questo punto si abbassa la pressione a valle, le condizioni del gas in gola non
cambiano e non varia la portata in massa.
Si verifica la stessa situazione se la pressione a valle viene aumentata, finché non si
raggiunge nuovamente la pressione di gola: non si ha nessuna influenza sulle condizioni di gola e
la portata rimane costante.
Questa situazione è nota come flusso in condizioni di “choking” (condizione per cui si
raggiunge la velocità limite in gola) in cui, per fissate condizioni a monte, si raggiunge una
portata in massa costante indipendentemente dalle condizioni dell’ambiente a valle.
Ma cosa accade se la pressione di gola è aumentata ulteriormente? Dato che solamente una
frazione dell’energia potenziale (sotto forma di pressione) è necessaria per accelerare il gas alla
velocità del suono (con trasformazione in energia cinetica), il surplus di energia si manifesta
nell’aumento della pressione in gola.
Aumentano così la velocità locale del suono e la densità del gas che si traducono
nell’aumento della portata in massa. Si osserva quindi che dalle condizioni di “choking”,
variazioni della pressione nell’ambiente di uscita non hanno effetto sulla portata, al contrario
delle variazioni della pressione in gola.
La relazione matematica per il calcolo della portata in condizioni di choking, anche dette
“critiche” è la seguente:
k +1 k +1
k 2 k −1 2 k −1
m& = At p1
*
= At ρ1a1 (4.2.1)
RT1 k + 1 k +1
dove:
• m& * è la portata critica (corrispondente alle condizioni del fluido a monte);
• At è l’area della sezione di gola; p1 , ρ1 , T1 sono rispettivamente la pressione, la densità e
la temperatura del fluido nell’ambiente a monte;
• a1 = kRT1 è la velocità del suono locale alle condizioni termodinamiche del fluido a
monte;
• R è la costante del gas;
• k è il rapporto delle capacità specifiche di calore a pressione e volume costante del fluido.
Da questa equazione si vede come la portata massica critica, fissata la sezione di gola (fisso
At), è una funzione esclusivamente della pressione di ingresso e della temperatura e della natura
del gas evoluente.
Figura 4.2.2
Nella Figura 4.2.3 invece si mostra l’andamento qualitativo della portata in massa
attraverso l’ugello al variare della pressione a monte (con pressione di scarico p2 costante).
Figura 4.2.3
Come abbiamo affermato in precedenza però, la valvola può essere assimilata ad un ugello
convergente-divergente. Ciò comporta la possibilità dell’instaurarsi di condizioni per cui
5.1. Dominio di calcolo: come isolare una porzione del sistema fisico completo.
Il dominio è limitato da pareti solide (quelle interne ed esterne della valvola e del
serbatoio etc.), e da superfici corrispondenti a sezioni del volume fluido intorno alla valvola (nel
nostro caso: aria a condizioni ambiente e aria in pressione all’interno del serbatoio). Nel caso in
questione, non considerando fenomeni di conduzione termica nel solido (valvola e serbatoio)
perché irrilevanti, il dominio non è altro che il volume “fluido” nel quale avviene l’efflusso
dell’aria.
Quindi la definizione dei limiti spaziali di tale dominio è imposta principalmente dalla
geometria e dalla configurazione della valvola nelle condizioni di prova (ad esempio si deve
tenere conto dell’alzata effettiva dell’otturatore che, come è stato indicato al paragrafo 2.2 Dati
sperimentali, in tutte le prove di qualifica è stata fissata a 5mm) ma, come si spiega oltre, anche
dalle sue eventuali simmetrie.
Un’assunzione riguardo alla geometria è stata fatta riguardo all’installazione della valvola
sul serbatoio di prova. La scelta arbitraria è stata quella di ipotizzare un collegamento diretto
della valvola sulla superficie orizzontale del serbatoio, senza interposizione di condotti appositi
e/o altri tipi di adattatori. L’altra assunzione si basa sull’aver ipotizzato una superficie superiore
esterna del serbatoio piana orizzontale ed estesa fino alle superfici verticali costituenti i confini
del dominio di calcolo.
Un’altra approssimazione consiste nell’aver semplificato (senza modifiche alle
dimensioni generali reali) con superfici semplici (cilindriche e piane) le superfici esterne della
valvola in realtà più complesse.
Si sono usati raccordi a spigolo vivo per tutte le linee di intersezione tra le varie superfici
senza tenere conto dei raggi di raccordo reali e delle tolleranze dimensionali di lavorazione.
Tali assunzioni sono state fatte valutando percentualmente poco influente il loro effetto ai
fini del calcolo soprattutto per le superfici esterne che il fluido lambisce a velocità molto basse.
In Figura 5.2.1 si riportano le sezioni significative con le quote di interesse della valvola in
studio.
Figura 5.2.1
In Figura 5.2.2 si riporta il disegno della valvola montata sul serbatoio. Si è assunto il
montaggio della valvola direttamente su di un serbatoio con superficie piana. Questa assunzione
è stata fatta per semplicità, prevedendone un’influenza trascurabile sulle simulazioni.
Figura 5.2.2
Nel caso della valvola in studio si sono individuati due piani ortogonali di simmetria
passanti per l’asse geometrico (vedi Figura 5.3.1 – Piani di simmetria). Essi fissano quattro
porzioni spaziali nelle quali si prevedeva verosimilmente che l’efflusso, a meno delle fluttuazioni
dovute alla turbolenza, mostrasse le stesse caratteristiche fluido-termodinamiche mediate nel
tempo. L’efflusso nelle quattro porzioni si ottiene “specchiando” quello ottenuto per una
porzione, rispetto ai piani di simmetria definiti.
Il vantaggio dell’utilizzo dei due piani di simmetria è quello di poter utilizzare le risorse
di calcolo in una porzione fisica (un quarto della totale) molto ridotta rispetto a quella
complessiva, senza perdere efficacia. Infatti i limiti di velocità (CPU) e di capacità (dimensioni
della memoria RAM) del calcolatore limitano il numero delle celle da poter generare per ottenere
risultati in tempi ragionevoli. Quindi la possibilità di ridurre lo spazio fisico da grigliare permette
un miglior utilizzo del numero di celle a disposizione.
I nomi delle entità che compongono le superfici sono: simx, simx:064 sul piano X-Z, e
simy, simy:066 sul piano YZ (vedi Figura 5.3.2- piano di simmetra X-Z, Figura 5.3.3- piano di
simmetra Y-Z, Figura 5.3.4– superfici sui piani di simmetria, superfici esterne della valvola e
superfici sul mantello superiore esterno del serbatoio e Figura 5.3.5– particolare delle superfici
sui piani di simmetria, superfici esterne della valvola e superfici sul mantello superiore esterno
del serbatoio).
Figura 5.3.2- piano di simmetra X-Z Figura 5.3.3- piano di simmetra Y-Z
simy – simy0:66
serbout1-2-3-4
Figura 5.3.4– superfici sui piani di simmetria, superfici esterne della valvola e superfici sul
mantello superiore esterno del serbatoio
Valvola
serbout1-2-3
Figura 5.3.5– particolare delle superfici sui piani di simmetria, superfici esterne della valvola e
superfici sul mantello superiore esterno del serbatoio
La scelta della posizione, della forma e della distanza delle superfici di contorno “fluide”
del dominio dipendono dalla natura attesa dell’efflusso, dalle necessità di costruzione della
griglia e della sua semplificazione. Limiti e/o vincoli di tipo numerico (tipo di condizione al
contorno da assegnare), geometria, fisica del problema, scelta della tipologia della “griglia di
calcolo” da applicare ed esperienza guidano quindi in questa fase.
Nel nostro caso le superfici di confine sono state definite nel modo seguente:
pressout1
pressoutup5
Pressin1-2-3
pressout3
pressout2
1
E’ conveniente, specie in studi “prototipali” di questo tipo, adimensionalizzare le geometria rispetto ad una
“lunghezza caratteristica” del problema. In questo caso la fenomenologia nota porta ad assumere il diametro D
dell’orifizio di ingresso della valvola come lunghezza caratteristica.
Per tutte le superfici le distanze sopra dette sono da interpretarsi come minime accettabili.
Infatti si deve evitare la coincidenza di tali superfici con zone in cui il flusso deve ancora
svilupparsi, zone di ricircolo, di riattacco, in generale zone in cui si possa prevedere l’esistenza
di alti gradienti delle grandezze fisiche.
Nella prima fase si procede quindi alla generazione della geometria 3D di tipo
“wireframe” con l’ausilio di un software CAD (o direttamente con programmi per la
modellazione 3D). In questa fase si delimita quindi il dominio di calcolo. Il disegno della
geometria si può limitare alla generazione dei punti, estremi dei segmenti o circonferenze o archi
che la formano. In questa fase le entità sono disegnate in funzione del tipo di griglia che si vuole
creare e dagli eventuali sottovolumi in cui la si prevede di dividere. Per la creazione di
quest’ultimi si è fatto uso del software commerciale GAMBIT® release 1.3.0 dopo avervi
importato le entità geometriche. GAMBIT® è un pre-processore integrato che permette, tramite
interfaccia grafica, di costruire la geometria e di generare e controllare la qualità della griglia di
modelli per simulazioni termofluidodinamiche ed altre applicazioni scientifiche. Altra sua
caratteristica è la possibilità dell’assegnazione del tipo di “boundary” alle diverse entità
geometriche e la completa compatibilità con il codice di calcolo usato per le simulazioni:
FLUENT 5.4.8.
Nel caso in esame è stata generata una griglia multiblocco con griglie strutturate e non
strutturate. Si è fatto anche uso di griglie dette “non conformi”, (vedi Figura 5.6.11 - Griglia)
caratterizzate dalla mancanza di coincidenza tra i nodi giacenti su due superfici affacciate e
L’utilizzo delle griglie strutturate presenta maggiori difficoltà nel generare la mesh poiché
il dominio di calcolo deve essere diviso in sottodomini per avere una forma che sia “trattabile” e
la distribuzione dei nodi sulle linee di confine dei sottovolumi deve essere tale da avere una
corrispondenza ‘nodo-nodo’ in ogni sottodominio (a meno dell’uso di mesh non conformi).
Facendo riferimento alla Figura 5.6.8- Griglia strutturata, i segmenti 1 e 2 devono avere lo
stesso numero di nodi, così come i segmenti 3 e 4.
Le griglie bidimensionali non strutturate possono essere generate attraverso elementi di due
forme, triangolare e quadrata. Le griglie tridimensionali non strutturate possono essere generate
attraverso tetraedri, piramidi, prismi a base triangolare e quadrata (esaedri) in funzione della
tipologia degli elementi bidimensionali. Le griglie costruite con elementi triangolari sono più
facili da generare intorno a geometrie complesse, ma presentano problemi per la velocità di
calcolo. Infatti per una data distribuzione di nodi il numero di elementi triangolari è maggiore di
quello dei corrispondenti elementi quadrangolari, quindi l’utilizzo di elementi triangolari è
penalizzante per la velocità di calcolo. Le griglie non strutturate permettono di avere una
diradazione dei nodi nelle zone di minor interesse, non essendo soggette ad una corrispondenza
uno a uno dei nodi, ma permettono un minore controllo nella generazione della griglia.
In questa simulazione sono state utilizzate entrambe le tipologie di griglia.
Ad esempio all’interno della valvola, dove i gradienti sono elevati, sono stati creati
sottovolumi dotati di griglie strutturate controllate negli strati adiacenti alle pareti. In alcuni di
essi (vedi quelli adiacenti contemporaneamente alla sede ed al bordino circonferenziale
dell’otturatore) le griglie di alcune facce sono non strutturate perché di più semplice generazione
e perché permettono infittimenti localizzati grazie al posizionamento opportuno dei nodi sui
segmenti costituenti i lati delle facce stesse; senza i vincoli delle strutturate. Nella Figura 5.6.9 –
Particolare della griglia all’interno della valvola, si osservano gli infittimenti proprio vicino alla
sede e al bordino. Il sottodominio in questione è stato grigliato adottando il “Cooper scheme”.
Vedi il seguente paragrafo 5.7 per un maggiore approfondimento su tale schema.
Altre griglie non strutturate sono state usate nel caso di facce triangolari (vedi Figura
5.6.10 – Particolare della griglia all’interno della valvola, in prossimità del bordino
dell’otturatore) sulla superficie dell’otturatore) o laddove non è richiesto un gran controllo delle
celle di calcolo (vedi Figura 5.6.9 – Particolare della griglia all’interno della valvola e Figura
5.6.11 - Griglia). Anche in questi casi si è adottato il “Cooper scheme”.
Ovviamente nulla vieta un approccio diverso alla generazione della griglia. Nelle zone con
gradienti molto elevati, per esempio al bordo della sede dove il flusso da assiale diventa radiale
con elevati gradienti dei parametri di flusso, la griglia strutturata avrebbe consentito celle più
regolari sia nella forma che nella distribuzione, ma sarebbe stato necessario introdurre un
maggior numero di sottovolumi.
Esempio di griglia
“non strutturata”
(Cooper scheme)
Esempio di griglia
“strutturata”
Esempi di griglia
“non strutturata”
(Cooper scheme)
In alternativa alla creazione delle meshes, a partire dal volume è possibile generare la
griglia in un volume utilizzando una faccia come sorgente. Nella letteratura tecnica questo
schema è chiamato “di Cooper” (Cooper scheme); la mesh di una delle facce viene presa come
modello di struttura da ripetere nel volume all’interno del quale essa viene estrusa. Quando si
applica questo schema, l’intero volume è trattato come se fosse costituito da uno o più cilindri
logici, quindi con le due facce superiore ed inferiore e la superficie laterale. La faccia superiore
ed inferiore sono le facce sorgente, mentre tutte le altre facce del volume generico non utilizzate
come sorgente sono viste come la superficie laterale del cilindro (Figura 5.7.1). Il metodo per
quanto sia estremamente potente è difficilmente generalizzabile in applicazioni complesse, per
cui spesso necessitano trattamenti correttivi che includono anche la creazioni di sottodomini.
Figura 5.7.1
La struttura della faccia sorgente oltre ad essere estrusa, può anche essere ruotata di 360°
intorno ad un asse; anche così si ottiene una mesh in 3D data dalla ripetizione di una struttura
base.
La creazione di una mesh non è un processo irreversibile: in qualsiasi momento deve
essere possibile cancellare una (parte della) mesh. Esistono però delle gerarchie: non è possibile
eliminare una mesh se essa serve per la creazione di una mesh di ordine superiore. Se si è
meshato il cubo, non è possibile ad esempio eliminare la mesh di una delle facce, mentre è
possibile eliminare la mesh del cubo e lasciare inalterate quelle delle facce, che solo a questo
punto possono essere cancellate.
q Simulazioni in stato stazionario (il campo di moto e termico sono indipendenti dal
tempo). Le proprietà caratteristiche del mezzo fluido sono considerate quindi come
funzioni dello spazio nel sistema di riferimento.
q Geometria fissa 3D (tutte le entità geometriche non cambiano di posizione e/o forma nel
tempo).
q Griglie di base: griglia multiblocco con uso di griglie strutturate e non strutturate e “non
conformal grids” con griglie di interfaccia.
q Griglie ottimizzate nei primi due o tre strati vicino alle pareti e/o in funzione della y+
(“solution-adaptive refinement”: l’ottimizzazione delle griglie è effettuata sulla griglia
base in funzione dei risultati ottenuti dal calcolo preliminare sulla griglia base stessa)1.
q 170.000 ÷ 420000 celle di calcolo (le griglie con maggior numero di elementi sono quelle
“ottimizzate”).
q Solutore: accoppiato, esplicito con discretizzazione “first order upwind”.
Significato:
§ “accoppiato”: tutte le equazioni sono risolte simultaneamente (cioè
“accoppiate”);
§ “esplicito”: metodo di linearizzazione delle equazioni di governo. Per una data
variabile, il valore incognito in ogni cella è calcolato usando una relazione che
include solo i valori esistenti. Inoltre ogni incognita appare in una sola
equazione nel sistema e le equazioni per i valori incogniti in ogni cella possono
essere risolti uno alla volta per fornire le quantità non note.
§ “first order upwind”: discretizzazione del primo ordine in avanti. FLUENT
memorizza i valori discreti delle grandezze scalari nei centri cella. Comunque, i
valori di tali grandezze sulle facce delle celle servono per i termini convettivi
delle equazioni di governo discretizzate e devono essere interpolati dai valori
nei centri cella. Ciò si può fare con uno schema “upwind” nel quale tali valori
sono derivati da quelli delle celle adiacenti a monte (nel senso dell’efflusso), da
cui il nome dello schema.
Il solutore impiegato è adatto alla risoluzione di flussi compressibili e ad alta velocità. Dato
che le equazioni di governo sono non lineari ed accoppiate, parecchi cicli iterativi devono essere
completati prima di raggiungere la convergenza. Ogni iterazione consiste nei seguenti passaggi:
1. Le proprietà del fluido sono aggiornate basandosi sulla soluzione corrente
(per il primo ciclo si parte dalla soluzione di inizializzazione di cui parleremo
in seguito).
2. Le equazioni di Navier-Stokes e dell’energia sono risolte simultaneamente.
3. Le equazioni per le grandezze scalari, quali quelle per la turbolenza, sono
risolte usando i valori aggiornati delle altre variabili.
4. Controllo della convergenza per il sistema di equazioni.
5. Il ciclo viene ripetuto sino al raggiungimento della “convergenza”, che viene
valutata sia in base ai valori assunti dai “residui” sia in base alla storia di
convergenza. Anche l’analisi del bilancio della massa entrante e uscente con
il procedere del procedimento iterativo (si è valutata la sua stabilizzazione) ha
permesso di stabilire la convergenza. Anche la stabilizzazione dei valori
1
Per il significato di y+ vedi i paragrafi 6.2 e 6.3
Nel campo di applicazione delle valvole in oggetto, i flussi dei fluidi sono quasi sempre
turbolenti.
Questo significa che il moto del fluido è stocastico, non stazionario e tridimensionale. Altre
caratteristiche dei flussi turbolenti sono le seguenti:
• la diffusività che causa rapidi mescolamenti e alti tassi di trasporto della quantità di moto, di
calore e di massa;
• la dissipazione: gli sforzi tangenziali viscosi producono lavoro di deformazione con relativi
incrementi di energia interna del fluido a spese della energia cinetica della turbolenza. Questa
ha bisogno di un continuo apporto di energia per compensare le perdite viscose: se non c’è
apporto di energia la turbolenza decade rapidamente.
Per queste ragioni, il moto turbolento ed i fenomeni di trasferimento di calore e di massa
con esso associati sono estremamente difficili da descrivere e da predire in maniera teorica.
Se si considera il moto di un fluido in un condotto rettilineo o a bassa curvatura, si osserva
che, finché la velocità si mantiene sufficientemente bassa, ogni particella fluida si muove con
velocità uniforme descrivendo una traiettoria parallela all’asse del condotto. Le forze viscose
rallentano le particelle vicino alle pareti. Nel contempo le particelle a diverse altezze, anche se
con velocità diverse, scorrono “ordinatamente” in strati contigui. In questo caso si è in condizioni
di regime laminare. All’aumentare del numero di Reynolds2 si osserva che, in corrispondenza ad
un certo Re critico, scompare improvvisamente questo comportamento ordinato, caratteristico
del moto laminare. Si verifica cioè la (brusca) transizione al regime turbolento, nel quale le
traiettorie descritte dalle diverse particelle non sono più rettilinee e la velocità in un dato punto è
diversa da istante a istante. Al moto medio nella direzione dell’asse del condotto si sovrappone
un moto fluttuante in direzione trasversale e longitudinale, che genera un trasferimento di
quantità di moto orizzontale da uno strato all’altro e dà luogo ad un mescolamento molto più
energico. In conseguenza di ciò, nel moto turbolento si ha una maggiore uniformità trasversale
della velocità (Figura 6.2.1). Nel caso di trasporto turbolento quindi, le dimensioni delle
particelle e la distanza che esse percorrono prima di “cedere” le loro proprietà (quantità di moto,
energia) dipendono oltre che dalla natura del fluido e dal suo stato termodinamico anche dal tipo
di moto.
Figura 6.2.1
La dimensione degli agglomerati fluidi, che si formano e si disintegrano continuamente e
che per brevi periodi si muovono quasi come un unico corpo, determina la scala della turbolenza
e per uno stesso fluido può essere sostanzialmente diversa a seconda della velocità, delle
condizioni al contorno (pareti, ecc.) e della “storia” del fluido. Le proprietà di trasporto
turbolento non sono quindi una caratteristica del fluido ma variano da un tipo di moto ad un
altro. In un moto turbolento il trasporto macroscopico predomina nettamente sul trasporto
microscopico nel quale le proprietà di trasporto (µ,k) dipendono dalle caratteristiche delle
molecole e dal loro libero cammino medio. Quest’ultima considerazione implica che ai fini degli
ρLu
2
Definizione del numero di Reynolds: Re = ; dove r è la densità, L è una lunghezza caratteristica, u indica la
µ
velocità media e µ è la viscosità dinamica. Tale parametro adimensionale quantifica il rapporto tra forze viscose e
forze d’inerzia.
Figura 6.2.2
Figura 6.2.3
La separazione dello strato limite, che avviene sempre in maniera più o meno marcata nella
zona posteriore di un corpo immerso in una corrente fluida, dà luogo alla cosiddetta scia che
altera sensibilmente la struttura del flusso esterno e dà origine a perdite energetiche aggiuntive
(Figura 6.2.4).
Figura 6.2.4
La maggior parte degli studi sono effettuati su flussi entro canali con pareti solide.
La presenza di tali superfici comporta una considerevole differenza nel comportamento del
flusso e nella formazione di turbolenza se paragonati a un flusso turbolento libero.
Il flusso vicino alle pareti è divisibile idealmente in tre strati:
• il sottostrato laminare (inner layer) nel quale sono preponderanti gli sforzi viscosi e il
profilo di velocità è lineare;
• lo strato esterno (outer layer) nel quale sono preponderanti gli sforzi turbolenti;
• lo strato di “sovrapposizione” (overlap layer o “log law” region) nel quale il profilo della
velocità media mostra un andamento logaritmico (da cui il nome di “log law” cioè legge
logaritmica).
L’effetto di una parete viene spiegato definendo un numero di Reynolds locale,
ρUy
Re = (6.3.1)
µ
Le differenti regioni nel flusso vicino alle pareti sono definite sulla base di un parametro
adimensionale y+
yp τw
y+ = (6.3.2)
v ρ
dove yp è la distanza dalla parete del punto più vicino nel quale viene calcolata la velocità, (nel
caso dei “volumi finiti” questo coincide con il centro cella ),ν è la viscosità cinematica del fluido
e τw è lo sforzo di taglio alla parete.
∂U
τw = µ (6.3.3)
∂y y =0
y+ è simile ad un numero di Reynolds locale, quindi il suo valore determina l’importanza relativa
del contributo viscoso e del contributo turbolento nello sforzo di taglio. Per valori di y+ minori di
50 esiste un forte contributo della viscosità molecolare allo sforzo di taglio, mentre per valori di
y+ maggiori di 30450 questo contributo diventa trascurabile.
La distanza dalla parete delle celle ad essa adiacenti deve essere determinata considerando
il campo oltre il quale è valida la “log-law”. Questa è valida per y+>30÷60. Un valore della y+
vicino al limite inferiore (y+ circa uguale a 30) è consigliato (da manuale di Fluent).
Un altro parametro dimensionale utile nella descrizione delle regioni di un flusso entro
canali con pareti è u+
u
u+ = (6.3.4)
uτ
dove uτ è la ‘friction velocity’ definita dalla relazione
τw
uτ = (6.3.5)
ρ
Lo sforzo di taglio τ(y) è la somma dello sforzo viscoso e dello sforzo di Reynolds − ρ uv .
Alla parete, la condizione è che la velocità sia nulla, quindi lo sforzo di Reynolds si
annulla, e lo sforzo alla parete τw è dovuto interamente al contributo viscoso. In Figura 6.3.1 -
Profili degli sforzi viscosi e degli sforzi di Reynolds sono presentati due grafici che mostrano i
profili degli sforzi viscosi e degli sforzi di Reynolds in un canale di raggio δ per due tipi di flussi,
entrambi turbolenti ma con numero di Reynolds pari a 5600 (linea tratteggiata) e 13750 (linea
continua).
Re=13750
Re=13750
Re=5600
Re=5600
Nella zona immediatamente adiacente ad una parete, gli sforzi sono totalmente dovuti agli
sforzi viscosi.
Questo strato è chiamato sottostrato laminare, o lineare, ed è molto sottile, con un basso
valore di y+ (y+<5). Lo sforzo di taglio è praticamente costante e uguale allo sforzo di taglio alla
parete τw.
In questa zona esiste una relazione lineare tra i due parametri dimensionali u+ e y+
u+ = y+ (6.3.6)
Nella Figura 6.3.2 - Profilo della velocità nel sottostrato laminare, la linea continua
rappresenta il profilo del parametro u+ ottenuto con una simulazione numerica diretta (DNS). Lo
scostamento per valori di y+ inferiori a 5 della relazione (6.2.6) è trascurabile.
Nella regione “log law region” in cui il valore di y+ è maggiore di trenta (y+>30) gli effetti
della viscosità molecolare sono trascurabili.
La relazione tra u+ e y+ è logaritmica, da cui il nome “log-law” velocity profile
1
u+ = ln y + + B (6.3.7)
k
Figura 6.3.3 - Profilo della velocità nel sottostrato laminare e nella regione ‘log-law’
La regione tra il sottostrato laminare e la regione ‘log-law’ è detta ‘buffer layer’. Questa è
la regione di transizione tra la parte del flusso dominato dalle forze viscose e la parte del flusso
dominato dalle forze di turbolenza. I valori di y+ sono compresi tra 5 e 30.
La zona esterna, con valori di y+ maggiori di 50, è una zona nella quale gli effetti della
viscosità molecolare sono quasi interamente trascurabili rispetto a quelli della “viscosità
turbolenta”.
Il profilo delle velocità è governato da una legge determinata da Von Karman (1930) e
sviluppata da Millikan (1938) detta ‘velocity-defect law’. Essa devia leggermente dalla “log law”
soprattutto nei boundary layers non in equilibrio con gradienti di pressione:
U max − U 1 y
= − ln + D (6.3.8)
ut k δ
Figura 6.3.4 - Schema riassuntivo delle regioni del flusso [adattato da Pope (2000)]
Secondo set di c.i. applicate alla regione cilindrica avente raggio pari a quello del mantello
esterno della valvola e coincidente con la feritoia e limitato dall’otturatore (vedi Figura 6.5.3 - II
set C.I.):
§ componente vx positiva (modulo assunto da simulazioni precedenti come sopra
esposto);
§ pressione relativa positiva (valore leggermente inferiore a quella del serbatoio
assunto da simulazioni precedenti). E’ scelto in funzione del valore da attribuire
alla zona del condotto verticale della valvola.
Terzo set di c.i. applicate alla regione cilindrica avente raggio pari a quello del ciglio della
sede e limitato alla quota z della sede stessa (vedi Figura 6.5.4 - III set C.I.):
§ componente vx nulla (annulla il valore positivo precedentemente assegnato);
§ componente vz positiva (modulo assunto da simulazioni precedenti come sopra
esposto);
§ pressione relativa positiva intermedia tra quella imposta nel II set di condizioni e
quella del serbatoio (valore assunto da simulazioni precedenti come sopra esposto);
Quarto set di c.i. applicate alla regione corrispondente alla zona del serbatoio (vedi Figura
6.5.5 - IV set C.I.):
§ pressione relativa positiva (pari alla pressione di prova nel serbatoio).
Una volta effettuati tutti i cicli iterativi e raggiunta la convergenza, il risultato ottenuto può
essere usato per l’inizializzazione di simulazioni che ad esempio comportano l’imposizione di
una pressione superiore nel serbatoio. Per talune simulazioni si è ricorso a questa metodologia
per abbreviare il tempo necessario all’esecuzione di altre simulazioni. Ovviamente sono state
modificate le altre condizioni al contorno laddove necessario.
7. Il procedimento di calcolo.
Come affermato nel paragrafo 6.5, per l’inizializzazione del problema numerico si sono
utilizzati risultati ottenuti da simulazioni preliminari.
In questa fase, definita Fase-1, si è cercato di effettuare il maggior numero di
semplificazioni possibili nella geometria del modello e di variazioni mirate nelle impostazioni
del codice di calcolo per valutare e verificare l’importanza di diversi parametri. Per gradi si sono
introdotte le variazioni geometriche che hanno portato il modello alle forme delle simulazioni
definitive con le ridotte approssimazioni già esposte nel paragrafo 5.2. In linea di massima sono
state effettuate simulazioni preliminari con la stessa sequenza di variazioni nelle impostazioni del
codice al variare delle geometrie. Le informazioni ottenute dalle simulazioni precedenti hanno
fornito le indicazioni per le successive. Non riporteremo le sequenza cronologica completa, come
pure non accompagneranno tale documento tutti i files generati. Si riporteranno (e si
accluderanno) soltanto quelli significativi.
Sottolineiamo come alla luce dei risultati che verranno in seguito mostrati, una parte
consistente di questi “tentativi” abbia non solo un ruolo per così dire “accademico”, ma
costituisca anche e soprattutto un’investigazione necessaria alla validazione del procedimento
generale per l’effettuazione di vere e proprie “prove numeriche” attendibili ed economicamente
accettabili.
1. le dimensioni e le forme del dominio fluido sono state oggetto di diverse modifiche
per la valutazione della loro importanza agli effetti dell’accuratezza e della
convergenza (i limiti del dominio sono stati allontanati gradualmente dalla valvola);
2. in diverse simulazioni non si è esteso il dominio di calcolo alla zona del serbatoio,
ma si è disegnato invece un semplice condotto diritto di sezione circolare di
diametro pari a quello nominale della valvola. (vedi Figura 7.1.2 relativa alla
geometria del Caso 5-1---147917;
3. il piattello è stato “disegnato” piano e senza il bordino: la superficie inferiore del
piattello è alla stessa quota del bordo superiore delle feritoie di uscita (vedi Figura
7.1.6, Figura 7.1.7 e Figura 7.1.8.
Nelle prime simulazioni la geometria del dominio è quella mostrata in Figura 7.1.1
L’otturatore è piatto come nei casi successivi Caso 5-1---147917 e Caso 5-2---160896 (vedi
Figura 7.1.6). Il nome del “caso” è 11-1---174010.
Le cartelle presenti nel DVD sono le seguenti:
1) 88100Pa-turb-segregated;
2) 88300Pa-turb-segregated-NO-ADAPT;
3) 88400Pa-turb-segregated-NO-ADAPT.
Il termine “caso”, che ricorrerà in seguito, fa riferimento al termine inglese “case” con cui
in Fluent sono memorizzati i files (con estensione “.cas”) delle simulazioni. In realtà nei
files.cas sono memorizzate tutte le impostazioni del solutore e la geometria (importata)1 del
“caso” in studio. I dati numerici delle simulazioni sono memorizzati nei rispettivi files con
estensione “.dat” sempre generati da Fluent.
Figura 7.1.1
I due volumi, quello del serbatoio e quello dell’ambiente esterno hanno, nell’ordine, le seguenti
dimensioni:
1) serbatoio: raggio pari a 0.35m e altezza pari a 0.35m;
2) volume ambiente esterno: raggio pari a 0.6m (circa 42 diametri) e altezza pari a
0.5m.
1
I files delle geometrie generati da Gambit hanno l’estensione “.dbs”; tali files convertiti per la successiva
importazione in Fluent hanno estensione “.msh”. Questi possono già includere la definizione delle diverse entità in
funzione delle condizioni al contorno che vi si debbono assegnare.
La geometria seguente relativa al caso 5-1---147917 è quella mostrata nella Figura 7.1.2.
In questo “caso” è stato abolito il serbatoio per facilitare la convergenza. Si riduce così
l’onere di calcolo nella zona d’imbocco nel condotto nella cui sezione d’entrata s’impone più
semplicemente il valore della pressione del serbatoio.
Il condotto e il volume dell’ambiente esterno hanno, nell’ordine, le seguenti dimensioni:
1) condotto: diametro pari a 14mm e lunghezza pari a 50mm;
2) volume ambiente esterno: lunghezza massima pari a 0.31m (circa 22 diametri),
larghezza pari a 0.16m e altezza pari a 0.5m.
E’ stata raggiunta la pressione nel serbatoio pari a 497000Pa in virtù dell’utilizzo del solutore
accoppiato e si è ottenuto un campo fluido-termodinamico che fornisce importanti indicazioni
numeriche per le simulazioni seguenti e soprattutto per l’inizializzazione del problema.
Le cartelle presenti nel DVD sono le seguenti:
1) 5-1-100Pa-segregated
2) 5-1-45000Pa-segregated;
3) 5-1-497000Pa-coupled.
I valori ottenuti nel calcolo con il solutore segregato hanno fornito l’inizializzazione per il
solutore accoppiato.
Figura 7.1.2
La geometria seguente relativa al caso 5-2---160896 è quella mostrata nella Figura 7.1.3.
Dalle indicazioni ottenute dai casi precedenti riguardo all’evoluzione della storia della
convergenza, è stato “reintrodotto il serbatoio” affinché il campo fluidodinamico all’imbocco del
canale sia risolto dal calcolatore. Questo per simulare più fedelmente le condizioni reali e per
non alterare con valori imposti di pressione non corretti il campo fluidodinamico.
Il volume del serbatoio e il volume dell’ambiente esterno hanno, nell’ordine, le seguenti
dimensioni:
1) serbatoio: raggio pari a 0.1m e altezza pari a 0.1m;
2) volume ambiente esterno: lunghezza massima pari a 0.31m (circa 22 diametri),
larghezza pari a 0.15m e altezza pari a 0.11m.
Figura 7.1.3
Si mostrano di seguito alcune figure della geometria della valvola del caso 5-2---160896.
I particolari messi in evidenza sono identici a quelli dei casi precedenti a meno di
differenze sulle griglie.
Figura 7.1.4
Figura 7.1.5
Figura 7.1.6
Figura 7.1.7
Figura 7.1.8
Figura 7.1.9
Anche i campi di velocità (vedi Figura 7.1.10), Mach (vedi Figura 7.1.11), pressione (vedi
Figura 7.1.12) totale e lo sviluppo dei getti (vedi Figura 7.1.13) sono accettabili. Per la geometria
considerata la fisica dell’efflusso appare nel complesso correttamente calcolata (simulata).
Figura 7.1.10
Figura 7.1.11
Figura 7.1.12
Figura 7.1.13
Si sono quindi effettuate le simulazioni per gli altri valori di pressione: 919000Pa e
1218000Pa corrispondenti rispettivamente ai valori delle prove sperimentali 2/b e 2/c.
Nella Figura 7.1.14 si riportano le relative storie di convergenza.
Figura 7.1.14
Per questi due valori di pressione il campo fluido-termodinamico del caso precedente, alla
pressione più bassa, ha fornito l’inizializzazione del calcolo. Si modificano semplicemente le
condizioni al contorno e si riavvia (si effettua il cosiddetto “restart”) il ciclo di iterazioni
successivo. Nella Figura 7.1.14 ai picchi nella storia di convergenza corrispondono le fasi iniziali
(al restart) del calcolo nel quale, avendo imposto nuovi e più alti valori della pressione sulle
superfici “fluide” interne del serbatoio, si vengono a determinare salti bruschi delle grandezze
fisiche. Con il procedere del calcolo il campo fluido-termodinamico si “assesta” e le curve
degradano con andamento mediamente monotono.
Dal confronto con i valori delle portate reali si sono osservati gli scostamenti riportati in
Tabella 1
Tabella 1
Caso 5-2---160896
Portata misurata Portata calcolata Scarto percentuale
Pressione
(kg/h) (kg/h) (%)
497000Pa 588 566 -3.74
919000Pa 1027 963 -6.23
1218000Pa 1297 1244 -4.08
Alla luce dei risultati preliminari si è deciso di apportare variazioni alla geometria del
modello, ed in particolare alla zona dell’otturatore ed alla posizione della superficie di confine
perpendicolare al getto.
Nella Fase 2 l’otturatore è stato rappresentato con le sue forme reali (non più piano) e la
superficie di confine suddetta è stata spostata a circa cento diametri dall’asse valvola (circa
1.4m) in direzione x.
Si tralasciano diverse simulazioni intermedie in cui è stata valutata l’opportunità della
scelta dello schema di discretizzazione del primo ordine.
La denominazione del caso della geometria in questione è Caso 6-3---171604.
Nelle figure seguenti si mostrano le geometrie del dominio, della valvola e dei particolari della
zona dell’otturatore in prossimità delle feritoie di scarico. Si nota la forma più complessa
dell’otturatore.
Figura 7.2.1
Figura 7.2.3
Figura 7.2.2
Figura 7.2.4
Figura 7.2.5
Figura 7.2.6
Figura 7.2.7
Figura 7.2.8
Figura 7.2.9
Si fa notare che l’inizializzazione del campo è stata effettuata come spiegato al paragrafo
6.4, con l’ausilio del “patching”. I valori assegnati alle grandezze fisiche sono stati desunti dai
valori ottenuti dalle simulazioni del caso 5-2---160896 per lo stesso valore di pressione nel
serbatoio. Nelle diverse “regioni” sono stati assegnati valori corrispondenti circa pari a quelli
medi riscontrati.
Lo sviluppo dei getti (vedi Figura 7.2.10), i campi di velocità (vedi Figura 7.2.11), Mach
(vedi Figura 7.2.12), pressione totale (vedi Figura 7.2.13) ed energia cinetica turbolenta (vedi
Figura 7.1.14) sono accettabili. Per la geometria considerata la fisica dell’efflusso appare, anche
in questa occasione, correttamente calcolata (simulata). Al paragrafo 7.3, si approfondirà lo
studio della fenomenologia dell’efflusso e si valuteranno le differenze con l’efflusso delle
simulazioni della Fase-1.
Figura 7.2.10
Figura 7.2.11
Figura 7.2.12
Figura 7.2.13
Figura 7.2.14
Si nota come la presenza del bordino dell’otturatore e della camera anulare interna
superiore alle feritoie modifichi il campo rispetto alle simulazioni precedenti.
Si sono poi effettuate le simulazioni per gli altri valori di pressione (919000Pa e
1218000Pa).
Anche per questi due valori di pressione il campo fluido-termodinamico del caso
precedente, a pressione inferiore, ha fornito l’inizializzazione del calcolo. Dal confronto con i
valori delle portate reali si sono osservati gli scostamenti riportati in Tabella 2.
Tabella 2
Caso 6-3---171604
Portata misurata Portata calcolata Scarto percentuale
Pressione
(kg/h) (kg/h) (%)
497000Pa 588 581.7 -1.12
919000Pa 1027 994.1 -3.51
1218000Pa 1297 1000.5 -1.17
Rispetto alle simulazioni della Fase-1, relative al Caso 5-2---160896, si è ottenuta una
prima riduzione degli scarti dalle prove sperimentali. Vedremo nel paragrafo seguente come gli
affinamenti successivi riducano ulteriormente tali scarti.
Figura 7.3.7
Dalle figure si notano le zone in cui il fluido è sottoposto alle maggiori accelerazioni. Le
pressioni in gioco e la geometria interna “tormentata” obbligano il fluido ad un percorso
complesso (meglio evidenziato nelle figure seguenti, le quali visualizzano le linee di flusso
colorate in base alle diverse grandezze fisiche).
Si può osservare (Figura 7.3.8) come il getto si allarghi (con simmetria rispetto al piano x-
z) allontanandosi dalla valvola (esso si espande in virtù dei gradienti di pressione).
Figura 7.3.8
Internamente alla valvola il flusso si suddivide in diversi rami principali alcuni dei quali
evidenziano un alto effetto di “swirl”.
Con riferimento alla geometria simulata (un quarto della valvola reale) le linee di flusso
centrali del condotto si dividono all’uscita del bordino dell’otturatore in due flussi contro rotanti
(vedi Figura 7.3.9 e Figura 7.3.10), in special modo in prossimità del piano di simmetria y-z.
Il primo ramo (con riferimento alle figure suddette ed alle Figura 7.3.11, Figura 7.3.12,
Figura 7.3.13, e Figura 7.3.14) rotante in senso antiorario al di sotto dell’otturatore, si dirige
verso la feritoia di uscita con moto approssimativamente elicoidale nella regione anulare
inferiore compresa tra la superficie interna del corpo valvola, l’otturatore e l’esterno della sede.
Regione anulare
superiore
Regione anulare
inferiore
Figura 7.3.9
Regione anulare
superiore
Regione anulare
inferiore
Figura 7.3.10
Figura 7.3.11
Figura 7.3.12
Figura 7.3.13
Figura 7.3.14
Il secondo flusso, ruota in senso orario (con rotazione mediamente più ampia ed allungata)
all’interno della regione anulare al di sopra del bordino compresa tra la superficie interna del
corpo valvola e quelle superiori dell’otturatore (vedi Figura 7.3.9, Figura 7.3.10, e le
“trasparenze” in Figura 7.3.15, Figura 7.3.16, e Figura 7.3.17.
Figura 7.3.15
Figura 7.3.16
Figura 7.3.17
Il primo vortice, nell’avvicinamento alla feritoia, viene stirato, distorto e ridotto nelle sue
dimensioni medie radiali dal flusso uscente dalla regione anulare superiore con conseguente
accelerazione (come si evince dalla Figura 7.3.3 Figura 7.3.4, 7.3.5 e 7.3.6, nella zona
intermedia tra i piani di simmetria e visibile grazie alle Figura 7.3.13 e Figura 7.3.14). Inoltre, in
prossimità della feritoia, il flusso uscente dalla regione anulare superiore schiaccia e devia verso
il basso il flusso principale già deviato dal bordino. Ne risulta una forte accelerazione con il
raggiungimento dei valori più elevati del numero di Mach nella zona esterna alla feritoia.
Tale accelerazione contribuisce allo “stiramento” del vortice sopra descritto.
Le linee di flusso adiacenti alla superficie del condotto che oltrepassano la sede sono
deviate e ruotate verso il basso nelle vicinanze della sede stessa. Sempre con riguardo alle linee
di flusso che lambiscono la superficie esterna della sede, si nota che in prossimità del piano di
simmetria x-z, esse si sollevano, decelerando, in direzione verticale su tale piano. Ciò dipende
dal flusso proveniente dall’altra metà (simmetrica) della valvola. Intorno alla sede, davanti alla
feritoia i due flussi convergono verso il piano di simmetria. Da tale convergenza (e relativa
decelerazione, come visibile nelle Figura 7.3.1 Figura 7.3.2 e Figura 7.3.17) risulta la
deviazione verso l’alto e l’immediata rotazione nella direzione (radiale) ad opera del flusso
principale uscente (vedi anche Figura 7.3.18).
Figura 7.3.18
Anche la “costrizione” dovuta al flusso ora descritto è una concausa dell’accelerazione del
flusso principale. L’area efficace (reale) di efflusso risulta mediamente inferiore alla geometrica
a disposizione.
Dalle Figura 7.3.1, Figura 7.3.2, Figura 7.3.6, Figura 7.3.10 e Figura 7.3.12 si osserva
come, in corrispondenza della feritoia, nella zona interna della sede dove il condotto si raccorda
con il ciglio (con raccordo circolare), il flusso sia accelerato vigorosamente. Si nota una vasta
zona nella quale il numero di Mach locale è superiore all’unità.
Proprio la presenza della camera anulare superiore, e la presenza del bordino modificano
nettamente il flusso rispetto alla geometria con otturatore piatto usato nella Fase-1. Infatti la
camera anulare permette una via secondaria per una portata aggiuntiva che aiuta ed è aiutata ad
essere smaltita dal flusso deviato dall’otturatore. Inoltre il bordino risulta dalla presenza di un
incavo cilindrico inferiormente all’otturatore. Tale incavo permette un’area efficace di efflusso
maggiore.
Per confronto mostriamo ora due figure relative al Caso 5-2---160896 a 497000Pa della
Fase-1.
Figura 7.3.19
Figura 7.3.20
Figura 7.3.21
Figura 7.4.1
Figura 7.4.2
Come si osserva, diverse zone (superfici) denunciano valori dell’y+ circa pari o superiori a
100÷150. Come descritto al paragrafo 6.3, sarebbe auspicabile riscontrare valori di y+>30÷60.
Un valore della y+ vicino al limite inferiore (y+ circa uguale a 30) è consigliato (da manuale di
Fluent). In realtà sono ancora accettabili valori come quelli sopra trovati ma non nelle zone più
critiche.
Per ridurre la y+ si è proceduto all’affinamento (o adapting) della mesh di calcolo. Tale
operazione è stata effettuata inizialmente sulla mesh del Caso 6-3---171604 e per il valore di
pressione pari a 497000Pa. Per l’affinamento è stato scelto di raddoppiare gli elementi costituenti
i primi due strati adiacenti alle pareti interne ed esterne alla valvola. Di seguito riportiamo le
figure che mostrano particolari delle griglie prima e dopo l’adapt.
Figura 7.4.3
Figura 7.4.4
Figura 7.4.5
Figura 7.4.6
Figura 7.4.7
Figura 7.4.8
Figura 7.4.11
Figura 7.4.12
Per confronto con le precedenti Figura 7.4.1, e Figura 7.4.2 si verifica un abbassamento
generalizzato dei valori nelle aree affette da alte velocità del flusso come sopra descritto (vedi
per esempio la zona interna in prossimità della sede.
1) 6-3-boundadapt2celle---384019-497000Pa;
2) 6-3-boundadapt2e3---415029-919000Pa;
3) 6-3-boundadapt2e3---415029-1218000Pa.
Per valutare il comportamento del codice di calcolo per valori della pressione nel serbatoio
per i quali non erano a disposizione prove sperimentali si è proceduto all’effettuazione di due
simulazioni per valori della pressione intermedi tra quelli precedentemente descritti.
Più precisamente si sono scelti i seguenti valori: 700000Pa e 1050000Pa. Le condizioni al
contorno sono state scelte ragionevolmente in base ai valori presenti nei rapporti di prova in
nostro possesso, ipotizzando valori di temperatura nel serbatoio poco diversi.
Figura 7.5.1
Figura 7.5.2
Per valutare il comportamento del codice di calcolo per valori della pressione nel serbatoio
abbastanza diversi dal campo in cui si sono svolte le prove di qualifica del modello della valvola,
si è proceduto all’effettuazione delle simulazioni delle prove a “bassa pressione” cioè per
pressioni inferiori a 3bar (300000Pa).
Più precisamente si sono effettuate “prove numeriche” a 50000Pa, 76000Pa, 101000Pa,
129000Pa, 147000Pa, 176000Pa, 217000Pa, 261000Pa e 309000Pa.
Si è scelta una sola griglia per tutte le simulazioni, le quali partendo da quella a 50000Pa
sono state ottenute con dei “restart”.
La griglia usata è stata quella ottimizzata per le prove ad alta pressione a 919000Pa e
1218000Pa, cioè la 6-3-boundadapt2e3---415029.
Questa scelta ha voluto essere una forzatura proprio per valutare l’attendibilità di una griglia
affinata per un campo di pressioni abbastanza diverso. Come si vedrà nel prossimo capitolo, i
risultati confermano l’importanza della griglia in relazione alla fisica dell’efflusso.
Dal confronto con i valori delle portate reali si sono osservati gli scostamenti riportati in
Tabella 4.
Tabella 4
6-3-boundadapt2e3---415029
Numero di Portata misurata Portata calcolata Scarto percentuale
Pressione Mach max
Reynolds (kg/h) (kg/h) (%)
50000Pa 176000 0.826 115.6 124.8 +7.4
76000Pa 221000 1.14 149.2 158.7 +6.0
100000Pa 259200 1.3 180.7 186.2 +3.0
129000Pa 302700 1.418 212.1 218.5 +2.9
147000Pa 330800 1.484 230.7 237.8 +3.0
176000Pa 372900 1.532 262.3 268.2 +2.2
217000Pa 430300 1.576 305.8 309.4 +1.2
261000Pa 493000 1.646 351.6 354.6 +0.8
309000Pa 558800 1.774 401.2 401.6 +0.1
Per quanto riguarda il primo punto possiamo affermare che, se gli scarti dipendono dalla
griglia usata, questa è stata ottimizzata per una tipologia di flusso che è giocoforza diversa per i
casi a bassa pressione (ed in particolare per i due in regime subsonico o transonico). La conferma
deriverebbe dall’evidenza del miglioramento (riduzione) dello scarto all’aumentare della
pressione di prova nel serbatoio. Tali risultati confermano l’importanza fondamentale della
griglia di calcolo.
Riguardo al secondo punto, per i valori più bassi di pressione, l’efflusso delle prove
numeriche potrebbe essere falsato dall’aver imposto l’alzata dell’otturatore pari a 5mm quando
invece essa era minore nelle condizioni di prova, sopravalutando la capacità di portata della
valvola.
Mostriamo nelle due figure seguenti i campi del Mach per i due casi in regime transonico.
Figura 7.6.1
Figura 7.6.2
NOTA: Per brevità, alleghiamo nel DVD diversi files in formato “.doc” nei quali riportiamo
figure significative relative agli efflussi per i diversi valori di pressione nel serbatoio.
In particolare essi aiutano a visualizzare l’evoluzione spaziale dell’efflusso.
Nel presente capitolo si farà riferimento a formule per la caratterizzazione del regime di
funzionamento delle valvole e alla terminologia presente nella Raccolta E – Edizione gennaio
1979 e nella INTERNATIONAL STANDARD ISO 4126-1 – Safety Valves. In particolare ci si
riferisce a:
§ paragrafi E.1.D.1, E.1.D.2 e E.1.D.3 del fascicolo “E.1-Accessori di sicurezza e
controllo” della suddetta Raccolta;
§ paragrafo “7-Determination of safety valve performance” della suddetta ISO 4126-
1.
Tutti i valori numerici delle grandezze fisiche e delle portate relativi alle prove sperimentali
sono stati estratti dalla “Relazione sulle prove sperimentali atte a rilevare le caratteristiche di
funzionamento e di portata della valvola di sicurezza” messa a disposizione da ISPESL, e dai
rapporti di prova relativi alla valvola (denominata Modello D-14) in studio.
Nel seguito useremo diverse denominazioni per le serie di prove sperimentali e numeriche
in funzione del campo di pressione e/o di altre caratteristiche salienti. Con il termine “prove ad
alta pressione” indicheremo le prove 2/a a 497000Pa, 2/b a 919000Pa e 2/c a 1218000Pa.
Le “prove intermedie” sono le due prove “numeriche” a 700000Pa e 1050000Pa, sempre
nel campo ad “alta pressione”.
Con il termine “prove a bassa pressione” indicheremo le nove prove a pressione inferiore
a 300000Pa.
Nelle norme sopra indicate si stabiliscono definizioni inerenti alle condizioni di
funzionamento di un generico dispositivo per il controllo della pressione e/o dell’efflusso di gas
o vapore tra due ambienti a pressione differente. Tale dispositivo generico come anche la valvola
in studio è assimilabile ad un orifizio (con area di efflusso a geometria variabile per via del
movimento dell’otturatore). Per questi dispositivi valgono le considerazioni di natura fisica fatte
al Capitolo.4.
In particolare si definiscono condizioni di “flusso o salto critico” quelle per cui risulta:
k
pb 2 k −1
≤ (8.1)
p k +1
dove:
§ p è la pressione (in bar assoluti) all'entrata della valvola alla quale si misura la
portata (essa è data dalla somma della pressione di taratura e della sovrapressione);
§ pb è la contropressione in bar assoluti a valle del dispositivo e k è l'esponente
dell'equazione dell'espansione isentropica.
Come già esposto in precedenza, per l’aria è k=1,4 e quindi si ha flusso critico se è:
pb
≤ 0.528 . (8.2)
p
La formula per il calcolo della portata, in queste condizioni è:
p
qmg = 0.2883 ⋅ C ⋅S . (8.3)
ν
In quest’ultima:
§ qmg indica la portata massica teorica espressa in kg/h;
§ C=2.7 (è funzione del coefficiente k);
§ p è espresso in bar;
§ ? è il volume specifico alle condizioni di pressione e temperatura del serbatoio
durante l’efflusso. Esso è espresso in m3/kg e, dalla legge di stato dei gas perfetti, è:
RT
ν= . (8.4)
p
Dalle formule precedenti si verifica che in tutte le prove effettuate, eccetto le prime due con
i valori di pressione relativa nel serbatoio a 50000Pa e 76000Pa, la valvola è in condizioni di
salto critico.
Infatti, con riferimento alla prova a 50000Pa, valore di prova più basso in assoluto, si ha:
§ p=(0.5+0.99)bar=1.49bar;
§ pb=0.99bar;
e quindi è pb/ p=0.664>0.528 (condizione di salto non critico).
Riportiamo ora sotto forma (sintetica) di tabelle i valori delle grandezze significative nelle
condizioni delle “prove ad alta pressione”.
Prova 2/a Prova 2/b Prova 2/c
Pressione (relativa) nel serbatoio espressa in bar e Pa: 4,97 9,19 12,18 bar
497000 919000 1218000 Pa
Pressione (assoluta) nel serbatoio espressa in bar e Pa: 5,96 10,18 13,17 bar
(assoluta=relativa+pressione atmosferica) 596000 1018000 1317000 Pa
2 2
Area della sezione trasversale del condotto in mm : S= 153,86 mm
3
Volume specifico ? 0,148 0,087 0,068 kg/m
Pressione
4,97 9,19 12,18 bar
-5% 0,742 565 961 1241 Kg/h Valori delle portate calcolati dalle
0,781 594 1011 1307 Kg/h portate teoriche e dai coefficienti di
+5% 0,820 624 1062 1372 Kg/h efflusso indicati a sinistra.
Nota: il calcolo fluidodinamico è stato effettuato su di un quarto della valvola scegliendo due piani di
simmetria tra essi perpendicolari. La portata calcolata equivale quindi ad un quarto della totale.
Per questa ragione nella tabella seguente si sono riportati i valori della portata calcolata indicati
come “portata/4”. E’ stato poi indicato lo scarto percentuale della portata totale calcolata rispetto alla
totale misurata.
scarto
portata/4 portata totale
percentuale
6-3-boundadapt2celle---384019 -497000Pa 0,041 0,163 kg/s
(384019 celle-460684 nodi) 585,24 kg/h -0,51%
Coefficiente di efflusso corrispondente
Dopo l’adapt 0,769 “
portata totale
portata/4 calcolata
calcolata
6-3-boundadapt2e3---415029 -1050000Pa 0,078 0,314 kg/s
(384019 celle-460684 nodi) 1129,20 kg/h
Dalle tabelle si osserva come tutte le portate calcolate siano inferiori rispetto alle misurate.
Gli scarti massimi si hanno per le griglie prima dell’operazione di affinamento. Lo scarto
massimo assoluto si verifica per la prova a 919000Pa. Sono stati effettuati diversi altri tentativi
numerici, ma lo scarto è rimasto sempre dello stesso ordine di grandezza. E’ stata anche
effettuata una prova di sensibilità all’alzata dell’otturatore nei limiti dell’accuratezza dichiarata
del sensore (trasduttore) di alzata dell’otturatore. Non si sono ottenute variazioni significative.
Per brevità non esponiamo i risultati, ma alleghiamo i files corrispondenti nella cartella
Fase-3-919000-Pa.
Riportiamo nelle pagine seguenti i grafici dei risultati descritti fino a questo punto. Tali
grafici evidenziano, accettando lo scarto percentuale del ±5% rispetto al “coefficiente di efflusso
del modello”, che tutte le “prove numeriche” rientrano nel campo di tolleranza accettabile.
Si disegnano i grafici delle prove sperimentali, delle prove prima dell’adapt (spezzate alle
quali è stato dato il nome di “Valori minimi calcolati”), di quelle successive all’operazione di
affinamento (spezzate alle quali è stato dato il nome di “Valori massimi calcolati”) e delle “prove
intermedie”. Si nota come queste ultime siano perfettamente allineate sui segmenti che uniscono
le prove ad esse precedenti e seguenti. Da questo risultato, si può anche ipotizzare una
deviazione del valore misurato relativo alla pressione di 919000Pa dal valore reale atteso,
addirittura in sede di prova.
Nella tabella seguente si riportano invece i valori della portata calcolata, di quella misurata
e dello scarto percentuale relativamente alle prove a “bassa pressione”.
Alla luce dei risultati esposti nei precedenti capitoli, possiamo affermare che la
metodologia scelta per l’effettuazione delle “prove numeriche” si rivela corretta ed attendibile
nei limiti del campo di tolleranza accettabile definito nell’ALLEGATO E.
Una conferma ulteriore della corretta impostazione del problema numerico deriva dalle
storie di convergenza delle simulazioni definitive sia prima che dopo l’affinamento delle griglie.
In effetti trattandosi di un efflusso complesso tridimensionale, supersonico (localmente), si
raggiungono valori accettabili dei residui con un numero ragionevolmente basso di cicli iterativi
(4000÷6000 iterazioni, come evidente dalle relative figure nel capitolo precedente). Inoltre, come
già esposto nel capitolo precedente, anche le modalità di decremento delle curve di convergenza
sono buone. Un limite che tali curve mettono in evidenza in alcune simulazioni, è l’impossibilità
di raggiungere limiti più bassi dei valori dei residui anche se gli scarti percentuali dei risultati
sono molto bassi. In effetti si osserva nella figura seguente (relativa alla simulazione con griglia
affinata a pressione pari a 1218000Pa) che raggiunto un determinato valore le curve dei residui
iniziano ad oscillare.
Come precedentemente spiegato, il “set-up” del problema e le scelte riguardo agli aspetti
“numerici” sono stati guidati dal know how acquisito in casi fluido-termodinamici svolti in
precedenza ed anche molto diversi dal “caso fisico” in studio.
Ovviamente nell’applicazione ad un caso analogo non sarebbero necessari tutti i tentativi
guida che si sono rivelati invece necessari per la “messa a punto” del problema.
Le numerose simulazioni numeriche effettuate sono state ritenute necessarie per le seguenti
ragioni:
1. Verificare lo scarto percentuale tra i valori misurati ed i valori calcolati;
2. Verificare l’importanza ed il “peso a livello numerico” della qualità della griglia di calcolo e
della minore o maggiore discretizzazione del dominio di calcolo;
3. Verificare la sensibilità a diverse opzioni a disposizione in virtù del solutore numerico
adottato;
4. Stabilire procedure generalizzate per la geometria in studio in funzione della fisica
dell’efflusso alle condizioni di prova.
5. Confermare l’affidabilità del calcolo in condizioni diverse da quelle, certificate, di prova.
Gli scarti assoluti delle portate calcolate dalle misurate sono evidentemente molto ridotti
per le “prove ad alta pressione”.
Nel caso delle prove a “bassa pressione”, come già spiegato, sussistono dei ragionevoli
dubbi sulle cause dell’aumento degli scarti che aumentano per i casi a pressione più bassa.
Le motivazioni addotte nel Capitolo 7 al paragrafo 7.6 e cioè:
q stessa griglia affinata, corrispondente alla prova a pressione 6-3-boundadapt2e3---415029 -
1218000Pa, usata per tutte le prove a bassa pressione ovvero;
q incertezza sulle modalità delle prove sperimentali (piattello bloccato o alzata limitata?),
spiegano il fenomeno, e confermano la presenza di un margine di miglioramento che esula
però dallo scopo di questo lavoro.
Per chiarezza e per completezza si riassumono ora i passi significativi per una proposta di
procedura per l’esecuzione di “prove numeriche” in problemi analoghi. Specifichiamo che non
riteniamo corretto prescindere dall’esecuzione di prove sperimentali, ma è ragionevole ridurne il
numero. Infatti esse devono avere lo scopo di porre dei punti di riferimento per le “prove
numeriche”, le quali possono “coprire” i campi o le configurazioni (caso in cui si abbia bisogno
di prove sulla stessa valvola dotata di accessori quali ad esempio cappellotti parapioggia) per cui
non si hanno dati sperimentali.
Geometria
q Nella fase preliminare si studia la geometria della valvola e dell’apparato sperimentale usato.
Specialmente per le valvole a scarico convogliato e dove si effettuano prove con
contropressione (backpressure) impressa, risulta fondamentale la conoscenza delle geometrie
(e delle condizioni fisiche) a valle del dispositivo. Si è confermata l’importanza della fedeltà
del disegno delle geometrie dei particolari specialmente nell’interno valvola e comunque
nelle zone “critiche” (vedi passaggio dalla geometria con otturatore piatto all’otturatore con
guarnizione, bordino e camera anulare). Si raccomanda inoltre un rilievo dal vero del
modello reale provato (ove possibile). Ciò per assicurare la corrispondenza tra disegno
costruttivo e valvola e verificare le tolleranze di lavorazione.
Le superfici di contorno
q Si stabiliscono i limiti (i confini) del dominio di calcolo. Come visto in precedenza la
superficie di contorno ortogonale al getto è stata posta a circa cento diametri dall’asse
valvola. In generale la distanza dalla valvola delle superfici di contorno, corrispondenti a
sezioni del dominio fluido, dipende dalle caratteristiche del campo fluido-termodinamico
atteso. Queste superfici si pongono alle distanze per cui non sussistono alti gradienti delle
grandezze fisiche. Quindi, esse possono essere poste anche in prossimità della valvola (come
nel caso della superficie di contorno superiore orizzontale del caso studiato).
La griglia di calcolo
q Come esposto nel Capitolo 5 e come indicato nei Manuali del Fluent, esistono molteplici
possibilità per questa operazione, a seconda della scelta della geometria degli elementi e dalla
“filosofia” adottata per la costruzione della griglia a livello macroscopico. Volendo seguire
l’esempio della valvola in studio, si deve dividere il dominio di calcolo in sotto domini da
grigliare. Si deve prestare attenzione però alla necessità di “matching”, cioè di
corrispondenza tra le facce dei sotto domini adiacenti una volta grigliati. Le posizioni dei
sotto domini devono essere scelte nell’ottica della successiva operazione di “meshing” degli
stessi. Essi devono aiutare ad aggirare i problemi derivanti da geometrie complesse nelle tre
dimensioni e ad ottimizzare la griglia nelle zone in questione (in special modo in prossimità
delle pareti ed eventualmente con l’ausilio dei boundary layers). Si genera quindi la “griglia
di base”: griglia multiblocco con uso di griglie strutturate e non strutturate ed eventuali “non
conformal grids” con griglie di interfaccia.
q Definizione del fluido evoluente. Si tiene conto della sua compressibilità e dei fenomeni ad
essa collegati (in generale si attinge al database del Fluent, altrimenti si introducono le
caratteristiche fisiche del fluido aggiungendole alle librerie esistenti).
q Pressione operativa: Fluent permette di stabilire una pressione detta “operativa”. La
relazione che lega pressione assoluta pabs, pressione operativa po e pressione relativa prel è:
p abs = p o + p rel
Tutte le pressioni inserite e calcolate nelle simulazioni in Fluent sono in termini di
pressione relativa prel. Nel caso in studio la pressione operative è stata posta coincidente
con quella “ambiente”.
q Modello di turbolenza: k-ε RNG (a due equazioni) con opzione attivata per “swirl dominated
flow”.
Condizioni al contorno
Le condizioni al contorno assegnate ai confini del dominio fluido sono le seguenti:
• “Pressure-Inlet”: nelle sezioni “fluide” all’interno del serbatoio o comunque nelle
sezioni di ingresso. Si devono specificare:
1. la sovrapressione (gauge total pressure) rispetto alla pressione di riferimento (pressione
ambiente come precedentemente spiegato);
2. la temperatura totale (coincidente con la statica per il fluido quasi in quiete nelle sezioni
scelte poste a debita distanza dalla sezione di ingresso alla valvola);
3. intensità della turbolenza “turbulence intensity” che è il rapporto tra il valore medio delle
fluttuazioni turbolente e la velocità media (Fluent suggerisce valori di default);
4. “turbulent viscosity ratio” per flussi all’interno di condotti questo parametro assume
valori compresi tra 1 e 10.
• “Pressure-Outlet”: all’uscita del dominio di calcolo, sulle sezioni di contorno del
dominio fluido. Si deve specificare il valore della pressione relativa ambiente nelle
sezioni di “uscita”. Nel caso in studio data la coincidenza con la pressione operativa, la
pressure-outlet ha valore nullo.
• “Wall”: per gli elementi del dominio che rappresentano le pareti, cioè corpo valvola
(interno ed esterno), otturatore con guarnizione di tenuta. Si impongono le distribuzioni
delle temperature (o dei flussi termici) sulle diverse pareti e si definisce soltanto la
rugosità superficiale tenendo conto della tipologia delle lavorazioni meccaniche
tradizionali (tornitura, fresatura, foratura) applicate per la costruzione.
• “Simmetry”: per le sezioni dei piani di simmetria sopra indicate. FLUENT attribuisce
flusso nullo a tutte le grandezze di trasporto attraverso un piano di simmetria.
Non esiste cioè flusso convettivo: la componente normale (al piano) della velocità è nulla.
Non esiste flusso diffusivo: i gradienti (normali al piano) di tutte le variabili sono nulli.
Condizioni iniziali
q L’inizializzazione del campo ha notevole importanza. Può essere necessario usare una
soluzione corrispondente ad un valore di pressione inferiore. Nel caso in studio abbiamo
inizializzato il campo operando tramite “patching”. Come discusso nel Capitolo 6, esso
consiste nel suddividere idealmente il dominio in zone diverse (regions). Questa caratteristica
di FLUENT permette una operazione di “patching” con successive sovrapposizioni di
condizioni iniziali. Si inizia infatti con c.i. identiche per tutto il dominio fluido.
La griglia “affinata”
q Come esposto nei precedenti capitoli si generano griglie ottimizzate nei primi due o tre strati
vicino alle pareti e/o in funzione della y+ (“solution-adaptive refinement”: l’ottimizzazione
delle griglie è effettuata sulla griglia base in funzione dei risultati ottenuti dal calcolo
preliminare sulla griglia base stessa).
Il calcolo definitivo
q In base agli affinamenti effettuati sulla griglia si ottiene una nuova soluzione che si
confronterà ovviamente con la precedente. Si valuterà lo scarto con i risultati sperimentali e
lo scarto percentuale rispetto alle prima simulazione.
condizioni molto diverse da quest’ultime può essere necessario inizializzare come esposto
nei passi precedenti addirittura rigenerando una griglia ad hoc.
Per concludere, possiamo affermare che lo studio effettuato risponde alle aspettative
prefissate ed evidenzia la validità dell’uso “intelligente” e sistematico delle simulazioni CFD
(che costituiscono d’altronde uno strumento di calcolo oramai diffusamente utilizzato in
molteplici campi dell’ingegneria) per la progettazione e l’ottimizzazione di una generica attività
di Progettazione Ingegneristica sotto il profilo tecnico ed economico.
In questa ottica, si può senz’altro affermare che la metodologia è valida sia nel particolare
caso esaminato che in generale, e meriterebbe di essere estesa ad altri tipi di verifiche di
collaudo.
RINGRAZIAMENTI
Desideriamo ringraziare gli ingegneri Corrado Delle Site, Fausto Di Tosto ed Emanuela Franchi
per la disponibilità e la cordiale collaborazione con cui ci hanno facilitato enormemente lo
svolgimento del lavoro qui presentato.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Cunsolo, D. Dispense delle lezioni del Corso di Aerodinamica. Università degli Studi di Roma
“La Sapienza”.
Mattiussi, C. The Finite Volume, Finite Element and Finite Difference Methods as Numerical
Methods for Physical Fields Problems (2000) – Swiss Federal Institute of Technology CH1015
Lausanne Switzerland
Millikan, C. B. A critical discussion of turbulent flows in channel and circular tubes (1938) –
Proc. 5th Int. Congr. Applied Mechanics, New York, pp386-392
Peyret, R.; Taylor, T.D., Computational Methods for Fluid Flow. Springer-Verlag 1984.
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