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FACOLTÀ DI INGEGNERIA
Tesi di Laurea in
INGEGNERIA MECCANICA
Instabilità termoacustiche in
un condotto
Relatore Candidato
Chiar.mo Prof. Alessandro Bottaro Matteo Bargiacchi
Correlatore
Dott. Ezio Cosatto
Introduzione 4
1 L’Humming 5
1.1 Il criterio di Rayleigh . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.1.1 Recenti sviluppi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
2 Calcolo 15
2.1 Caso stazionario in assenza di rilascio termico . . . . . . . . . 15
2.2 Presenza di moto base in assenza di rilascio termico . . . . . 18
2.3 Presenza di moto base e di rilascio termico . . . . . . . . . . 18
2.4 L’effetto dell’attrito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3 Risultati 24
3.1 Fiamma concentrata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
3.2 Autofunzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
3.2.1 Portata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
3.2.2 Quantità di moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
3.2.3 Energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
3.2.4 Pressione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
3.2.5 Velocità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
3.2.6 Densità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
3.2.7 Temperatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
4 Calcolo 64
2
4.1 Il modello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65
4.2 Risoluzione del moto base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
5 Risultati 72
5.1 Sezione variabile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72
5.2 Autofunzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
5.2.1 Pressione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80
5.2.2 Portata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
6 Fiamma distribuita 91
6.1 Calcolo del moto base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93
A Onde stazionarie 97
B Turbogas 101
D Codice 107
D.1 Fiamma concentrata e sezione costante . . . . . . . . . . . . . 107
D.2 Fiamma concentrata e sezione variabile . . . . . . . . . . . . 112
Bibliografia 117
3
Introduzione
4
Capitolo 1
L’Humming
5
attenuarsi spontaneamente. Le più pericolose sono ovviamente quelle insta-
bili che presentano il tasso di crescita più elevato. Esse possono avere due
evoluzioni: la prima, la più comune, è quella di essere limitate e poi arre-
state nella loro crescita da fenomeni di dissipazione non lineari che portano
il disturbo ad un ciclo limite; la seconda, quella più catastrofica, è il caso in
cui nessun fenomeno è abbastanza dissipativo da smorzare sufficientemente
la crescita senza la rottura di un qualche componente.
6
Le condizioni che rendono suscettibile l’instaurarsi di instabilità sono
quindi:
7
1.1 Il criterio di Rayleigh
Le instabilità termoacustiche sono state osservate per la prima volta da
Higgins, che nel 1777 si accorse che una fiamma intubata cantava. Rijke
studiò il fenomeno nel 1850, in un oscillatore acustico autoeccitato, costituito
da un tubo cilindrico (aperto da entrambi i lati), e una sorgente di energia
termica.
8
Rayleigh nel 1878 fu il primo a definire un criterio per la spiegazione delle
instabilità:
”Se il calore viene periodicamente fornito e tolto da una massa d’aria ri-
suonante, in un cilindro, l’effetto prodotto dipenderà dalla fase dell’oscilla-
zione a cui avviene il trasferimento di calore. Se il calore viene dato all’aria
nel momento di maggiore condesazione o preso nel momento di maggiore
rarefazione, la vibrazione è incoraggiata.”
• se 0◦ < θpq < 90◦ allora R < 0 e l’oscillazione viene attenuata (è come
se il calore aggiunto aumentasse lo smorzamento al sistema)
9
• se 90◦ < θpq < 180◦ allora R > 0 e l’oscillazione viene amplificata.
Se in questa semplificazione lo smorzamento del sistema non è troppo
elevato si può avere instabilità.
Il valor medio del rilascio termico può essere considerato come responsabile
per il flusso convettivo medio verso l’alto con velocità media nel tubo posto
in verticale, mentre q 0 guida l’onda acustica con velocità v 0 .
10
Figura 1.5: Prima armonica delle perturbazioni di pressione e velocità nel
condotto di lunghezza L = π
11
D~u
ρ = −∇P + ∇ · ~τ
Dt
dove si è indicato con ~τ il tensore degli sforzi viscosi e inserendo l’equazione di
continuità, dei gas perfetti, la definizione di velocità del suono e l’equazione
dell’energia sensibile
Des ~u
ρ = −P ∇ · ~u + q + ∇ · (λ∇T ) + ~τ · ∇~
Dt
si giunge a scrivere l’espressione esatta e non lineare riportata in [7]
D~u2 /2 1 DP 2 /2
ρ + 2 + ∇ · (P ~u) =
Dt ρc Dt
γ−1 ~ u + ~u · (∇ · ~τ ))
(q + ∇ · (λ∇T ) + ~τ · ∇~ (1.1)
γ
Linearizzando, trascurando i termini viscosi e definendo l’energia acusti-
ca come
2
ρ̄u~0 p02
e0 = +
2 2ρ̄c2
si scrive
∂e0 γ−1 0 0
+ ∇ · (p0 ~u0 ) = pq
∂t P̄ γ
che integrata nel volume di controllo e avendo posto la condizione di insta-
0
bilità ∂e
∂t > 0 porta ad un’estensione del criterio di Rayleigh
γ−1 0 0
Z Z Z Z Z
p q dΩ > p0 ~u0 · ~ndΣ
Ω P̄ γ Σ
12
Il criterio è tutt’ora in via di sviluppo dal momento che la definizione
di energia acustica utilizzata può risultare inconsistente. Infatti trattando
alcuni casi semplici intuitivi il criterio deve essere rispettato senza particolari
condizioni. Si consideri quindi un caso con moto base e rilascio termico nullo;
se è evidente come le perturbazioni debbano per forza di cose decrescere nel
tempo si può dimostrare come il criterio non porti alla stabilità per ogni
situazione, il che non è chiaramente accettabile [7]. Quindi si è introdotta
una definizione di energia che tenga conto anche delle fluttuazioni entropiche
[8].
2
ρ̄u~0 p02 P̄ s02
e0tot = + +
2 2ρ̄c2 2Rcp
T 0q0 P̄ 0 0
Z Z Z Z Z
( − s ~u · ∇s̄)dΩ > p0 ~u0 · ~ndΣ
Ω T̄ Rcp Σ
Le ultime evoluzioni si sono quindi spinte verso un’ analisi per mezzo di
principi variazionali [10] che forniscono criteri basati sul secondo principio
della termodinamica.
13
Parte I
Fiamma concentrata e
sezione costante
14
Capitolo 2
Calcolo
Ipotesi: Si suppone che ogni grandezza sia composta da una parte costante
e da una parte variabile di ordine di grandezza inferiore, cioè ogni grandezza
generica G si può scrivere come Ḡ+G0 dove Ḡ è la parte costante che descrive
le caratteristiche del flusso base non perturbato e G0 la parte variabile, ovvero
la perturbazione.
Si ipotizza che si possano trascurare, nell’equazione di conservazione della
quantità di moto, i termini di volume ρ~g e si possano considerare nulli tutti
i termini diffusivi1 .
15
l’equazione fondamentale dell’acustica di D’Alambert 2 . Nell’ipotesi quindi
che v̄ sia nulla riscriviamo le equazioni a nostra disposizione. Ricordando
che la derivata di una costante è nulla e trascurando infinitesimi di ordi-
ne superiore a quello del disturbo si perviene alle tre equazioni dove per
chiarezza si è sottinteso il segno di vettore per le velocità:
Continuità
∂(ρ̄ + ρ0 ) ~
+ ∇ · ((ρ̄ + ρ0 )v 0 ) = 0
∂t
∂ρ0 ~
+ ∇ · (ρ̄v 0 ) + ∇~ · (ρ0 v 0 ) = 0
∂t
∂ρ0 ~ · v0) = 0
+ ρ̄(∇ (2.1)
∂t
Quantità di moto
∂v 0
0
(ρ̄ + ρ ) ~ · v 0 = −∇(p̄
+ v0∇ ~ + p0 )
∂t
∂v 0 ~ 0
ρ̄ = −∇p (2.2)
∂t
Energia
∂
0
(T̄ + T ) (s̄ + s0 ) + v 0 · ∇(s̄
~ + s0 ) = 0
∂t
∂s0
=0 (2.3)
∂t
La variabile termodinamica ρ essendo funzione di pressione ed entropia
risulta
∂ρ ∂ρ
dρ = dp + ds
∂p s ∂s p
Ricordando la definizione di velocità del suono e notando che dall’equazione
dell’ energia ∂s0 /∂t è nullo si ottiene
ρ0 = c−2
s p
0
2
Si veda l’Appendice A per maggiori approfondimenti sulla propagazione delle onde
acustiche.
16
Derivando rispetto al tempo e inserendo l’equazione di continuità
c−2
s ∂p
0
~ · v0 = 0
+∇ (2.4)
ρ̄ ∂t
~
Premoltiplicando l’equazione di quantità di moto per ∇·
∂ ~ 0
ρ̄ ∇ · v = −∇2 p0
∂t
Sostituendo nella (2.4) si giunge infine a scrivere
∂ 2 p0
= c2s ∇2 p0
∂t2
che è appunto l’equazione fondamentale dell’acustica di D’Alambert.
p0 = Aei(kx−ωt) + Bei(kx+ωt)
17
2.2 Presenza di moto base in assenza di rilascio
termico
Inserendo ora un moto medio verso le x positive (ū 6= 0) si deve tener
conto dei termini convettivi presenti nelle equazioni di Eulero e in quella
dell’energia che risultano quindi essere
Dρ0 ~ · v0 = 0
+ ρ̄∇
Dt
Dv 0 ~ 0
ρ̄ = −∇p
Dt
Ds0 D ∂ ∂
=0 dove = + v̄
Dt Dt ∂t ∂x
q 0 (x, t) = Q0 (t)δ(x − b)
18
Esistono diversi modi per accoppiare il rilascio termico con il moto ba-
se. La fiamma sarà inevitabilmente influenzata dall’oscillare della portata
massica nella sezione considerata. Si deve ora capire quanto sia influente
tale perturbazione. Si possono considerare due casi limite. Il primo è quello
per cui si ritiene il rilascio termico indipendente dal variare nel tempo della
portata massica, qualsiasi portata attraversi la sezione la fiamma rilascia
sempre lo stesso quantitativo di calore. In termini matematici si considera
quindi un tempo di risposta infinito del sistema portata massica-fiamma. Il
secondo caso limite è invece quello per cui si ritiene tale tempo di rispo-
sta nullo, ovvero un sistema infinitamente pronto dove si considera quindi
la perturbazione del rilascio termico direttamente proporzionale al variare
della portata massica.
D 2 p0 2 2 0 Dq 0
− cs ∇ p = ρ̄(γ − 1)
Dt2 Dt
19
Per 0 < x < b
ρ01 u01
+ =0 in x = 0 (2.14)
ρ¯1 u¯1
Visto che si considera il condotto concludersi in un plenum la condizione al
contorno in x = L può essere specificata come
p02 = 0 in x = L (2.15)
20
anche se, in presenza di un moto base non nullo, tale condizione non è effet-
tivamente verificata in x = L ma in un’ascissa sempre più a valle all’aumen-
tare del numero di Mach. Ciononostante è da ritenersi un’approssimazione
comunque accettabile. Le condizioni all’interfaccia sono tutte basate su
principi di conservazione, quindi sia la portata che la quantità di moto che
l’energia si conservano nell’attraversamento della discontinuità. Si dovranno
quindi impostare tre equazioni valide in x = b:
Portata ρ1 u1 = ρ2 u2
1 1
Energia ρ1 cp T1 u1 + ρ1 u31 + Q0 = ρ2 cp T2 u2 + ρ2 u32
2 2
p01 + ρ01 ū21 + 2ρ¯1 u¯1 u01 = p02 + ρ02 ū22 + 2ρ¯2 u¯2 u02 (2.17)
cp T̄01 (ρ¯1 u01 + ρ01 u¯1 ) + ρ¯1 u¯1 (cp T10 + u¯1 u01 ) + Q0
= cp T̄02 (ρ¯2 u02 + ρ02 u¯2 ) + ρ¯2 u¯2 (cp T20 + u¯2 u02 ) (2.18)
21
Nel secondo caso invece il tempo di risposta è nullo e il rilascio termico
direttamente proporzionale alla portata. L’equazione di chiusura quindi
risulta
A
B
C
X =0 (2.21)
D
S(ρ2 c22 /cp )e−iωb/ū2
Q/c1
dove
e1 = e−iωb/c1 (1+M1 ) e2 = eiωb/c1 (1−M1 ) e3 = e−iωb/c2 (1+M2 )
iωb/c2 (1−M2 ) −iωL/c2 (1+M2 )
e4 = e e5 = e e6 = eiωL/c2 (1−M2 )
1 2 1 1 1
a1 = M1 + M1 + a2 = M1 − M12 −
2 γ−1 2 γ−1
1 1 1 1
a3 = M2 + M22 + a4 = M2 − M22 −
2 γ−1 2 γ−1
Nel caso invece in cui l’instabilità di rilascio termico sia proporzionale alla
portata massica l’ultima riga sarà da sostituire con
−cp (T̄02 − T̄01 )(1 + M1 )e1 /c21 cp (T̄02 − T̄01 )(1 − M1 )e2 /c21 0 0 0 1
22
solo le perturbazioni con determinati valori della parte reale di ω (Re(ω))
sono fisicamente accettabili, ovvero, solo disturbi con particolari frequenze
di oscillazione possono dare origine a onde che possono amplificarsi soltanto
se Im(ω) < 0.
dove s = 1 − 12 CD .
23
Capitolo 3
Risultati
Da questi risultati si può notare come tutti i modi trovati siano stabili e
come il tasso di crescita abbia un trend che tende verso l’instabilità all’au-
mentare della frequenza. Questo non deve però preoccupare oltremodo visto
24
che le frequenze di oscillazione tipiche dell’humming realmente in gioco non
superano i 500Hz che nell’adimensionalizzazione proposta, considerando il
condotto di lunghezza pari a 1m, corrispondono a valori di ωa inferiori al-
l’unità. Si possono quindi trascurare le alte frequenze andando ad indagare
solo quelle interessanti ed in particolar modo la più bassa e quella avente, a
basse frequenze, il tasso di crescita più instabile. Dalle figure (3.5) e (3.7)
si può notare come il tasso di crescita per bassi valori di Mach sia sostan-
zialmente uguale per ogni modo; ciò non avviene quando Mach è diverso da
zero, situazione in cui sussistono tassi di crescita ben distinguibili.
Vengono qui mostrati diversi risultati per diversi valori di Mach, rapporti
di temperature e modelli di fiamma. Si può già osservare quanto siano
differenti i primi risultati a pagina 30 per due modelli diversi di fiamma
calcolati nel caso di moto base nullo. Nel prossimo capitolo si andrà ad
indagare più a fondo questo problema.
Si osservi ora l’importanza del moto base nelle figure (3.11) e (3.12) :
se la tentazione di trascurarlo è forte, dal momento che i numeri di Mach
in gioco sono relativamente bassi, dell’ordine di un decimo, questi risultati
dovrebbero convincere del contrario. Già per numeri di Mach a monte della
fiamma di 0.15 si nota una diminuzione da circa 0.85 a 0.6 di ωa .
25
Figura 3.1: Tasso di crescita in funzione della frequenza per M1 → 0 e
T02 /T01 = 6 per il caso I
26
Figura 3.3: Tasso di crescita in funzione della frequenza per M1 = 0.15 e
T02 /T01 = 6 per il caso I
27
Figura 3.5: Tasso di crescita in funzione della frequenza per M1 → 0 e
T02 /T01 = 6 per il caso I a basse frequenze
28
Figura 3.7: Tasso di crescita in funzione della frequenza per M1 = 0.15 e
T02 /T01 = 6 per il caso I a basse frequenze
29
Figura 3.9: Minima frequenza di oscillazione per M1 → 0. Linea continua:
caso I. Linea tratteggiata: caso II. Dowling [1]
30
Figura 3.11: Minima frequenza di oscillazione per T̄02 /T̄01 = 6. Dowling [1]
31
La dipendenza del tasso di crescita dai termini diffusivi è rappresentata
in figura (3.13) per i modi a basse frequenze e si può notare come il tasso di
crescita sia attenuato dalla presenza di attrito, come si può intuitivamente
supporre.
Figura 3.13: Tasso di crescita a basse frequenze per T̄02 /T̄01 = 6. Blu:caso
I. Rosso: caso II. Cerchio: r=0. Croce: r=0.5.
La dipendenza dal numero di Mach è rilevante solo per le più basse fre-
quenze di oscillazione riscontrabili; quando infatti si va ad analizzare tale
dipendenza per il modo avente tasso di crescita più instabile si nota come
essa sia molto più contenuta soprattutto per il modello di fiamma del Caso
II (figura (3.14)).
Figura 3.14: Modi più instabili a basse frequenze per T̄02 /T̄01 = 6. Blu:caso
I. Rosso: caso II.
32
3.2 Autofunzioni
Noti quindi i valori di ωa che soddisfano detX = 0 si può risolvere il
sistema (2.21). Essendo il determinante di X nullo esistono quindi infinite
soluzioni per ogni valore di ω. È necessario quindi fissare una delle incognite
per trovare una soluzione numerica attraverso una scomposizione LU della
matrice ed una sostituzione all’indietro [5]. Fissato quindi arbitrariamente
Q̂ = 1 si trovano i valori di A, B, C, D, ed S. Note allora le costanti
di integrazione è possibile disegnare la perturbazione di tutte le grandezze
coinvolte nel fenomeno: portata, quantità di moto, energia, pressione, ve-
locità, densità e temperatura per diversi valori di Mach, diversi rapporti di
temperatura e modelli di fiamma. Ogni grafico è stato calcolato sia per le
ω con i modi a frequenza più bassa che per quelle aventi, a basse frequenze,
tasso di crescita più alto.
Per facilitare la lettura i risultati ottenuti per valori di Mach prossimi allo
zero sono stati indicati nelle figure con una linea sempre nera mentre per
altri valori di Mach le perturbazioni sono disegnate con tratto colorato.
33
3.2.1 Portata
Figura 3.15: Perturbazione della portata per il caso I, T̄02 /T̄01 = 6, minima
frequenza
Figura 3.16: Perturbazione della portata per il caso II, T̄02 /T̄01 = 6, minima
frequenza
34
Figura 3.17: Perturbazione della portata per il caso I, T̄02 /T̄01 = 2, minima
frequenza
Figura 3.18: Perturbazione della portata per il caso II, T̄02 /T̄01 = 2, minima
frequenza
35
Figura 3.19: Perturbazione della portata per il caso I, T̄02 /T̄01 = 6, modo
meno stabile a basse frequenze
Figura 3.20: Perturbazione della portata per il caso II, T̄02 /T̄01 = 6, modo
meno stabile a basse frequenze
36
Figura 3.21: Perturbazione della portata per il caso I, T̄02 /T̄01 = 2, modo
meno stabile a basse frequenze
Figura 3.22: Perturbazione della portata per il caso II, T̄02 /T̄01 = 2, modo
meno stabile a basse frequenze
37
3.2.2 Quantità di moto
Figura 3.23: Perturbazione della quantità di moto per il caso I, T̄02 /T̄01 = 6,
minima frequenza
Figura 3.24: Perturbazione della quantità di moto per il caso II, T̄02 /T̄01 = 6,
minima frequenza
38
Figura 3.25: Perturbazione della quantità di moto per il caso I, T̄02 /T̄01 = 2,
minima frequenza
Figura 3.26: Perturbazione della quantità di moto per il caso II, T̄02 /T̄01 = 2,
minima frequenza
39
Figura 3.27: Perturbazione della quantità di moto per il caso I, T̄02 /T̄01 = 6,
modo meno stabile a basse frequenze
Figura 3.28: Perturbazione della quantità di moto per il caso II, T̄02 /T̄01 = 6,
modo meno stabile a basse frequenze
40
Figura 3.29: Perturbazione della quantità di moto per il caso I, T̄02 /T̄01 = 2,
modo meno stabile a basse frequenze
Figura 3.30: Perturbazione della quantità di moto per il caso II, T̄02 /T̄01 = 2,
modo meno stabile a basse frequenze
41
3.2.3 Energia
Figura 3.32: Perturbazione dell’energia per il caso II, T̄02 /T̄01 = 6, minima
frequenza
42
Figura 3.33: Perturbazione dell’energia per il caso I, T̄02 /T̄01 = 2, minima
frequenza
Figura 3.34: Perturbazione dell’energia per il caso II, T̄02 /T̄01 = 2, minima
frequenza
43
Figura 3.35: Perturbazione dell’energia per il caso I, T̄02 /T̄01 = 6, modo
meno stabile a basse frequenze
Figura 3.36: Perturbazione dell’energia per il caso II, T̄02 /T̄01 = 6, modo
meno stabile a basse frequenze
44
Figura 3.37: Perturbazione dell’energia per il caso I, T̄02 /T̄01 = 2, modo
meno stabile a basse frequenze
Figura 3.38: Perturbazione dell’energia per il caso II, T̄02 /T̄01 = 2, modo
meno stabile a basse frequenze
45
3.2.4 Pressione
Figura 3.39: Perturbazione della pressione per il caso I, T̄02 /T̄01 = 6, minima
frequenza
Figura 3.40: Perturbazione della pressione per il caso II, T̄02 /T̄01 = 6,
minima frequenza
46
Figura 3.41: Perturbazione della pressione per il caso I, T̄02 /T̄01 = 2, minima
frequenza
Figura 3.42: Perturbazione della pressione per il caso II, T̄02 /T̄01 = 2,
minima frequenza
47
Figura 3.43: Perturbazione della pressione per il caso I, T̄02 /T̄01 = 6, modo
meno stabile a basse frequenze
Figura 3.44: Perturbazione della pressione per il caso II, T̄02 /T̄01 = 6, modo
meno stabile a basse frequenze
48
Figura 3.45: Perturbazione della pressione per il caso I, T̄02 /T̄01 = 2, modo
meno stabile a basse frequenze
Figura 3.46: Perturbazione della pressione per il caso II, T̄02 /T̄01 = 2, modo
meno stabile a basse frequenze
49
3.2.5 Velocità
Figura 3.47: Perturbazione della velocità per il caso I, T̄02 /T̄01 = 6, minima
frequenza
Figura 3.48: Perturbazione della velocità per il caso II, T̄02 /T̄01 = 6, minima
frequenza
50
Figura 3.49: Perturbazione della velocità per il caso I, T̄02 /T̄01 = 2, minima
frequenza
Figura 3.50: Perturbazione della velocità per il caso II, T̄02 /T̄01 = 2, minima
frequenza
51
Figura 3.51: Perturbazione della velocità per il caso I, T̄02 /T̄01 = 6, modo
meno stabile a basse frequenze
Figura 3.52: Perturbazione della velocità per il caso II, T̄02 /T̄01 = 6, modo
meno stabile a basse frequenze
52
Figura 3.53: Perturbazione della velocità per il caso I, T̄02 /T̄01 = 2, modo
meno stabile a basse frequenze
Figura 3.54: Perturbazione della velocità per il caso II, T̄02 /T̄01 = 2, modo
meno stabile a basse frequenze
53
3.2.6 Densità
Figura 3.55: Perturbazione della densità per il caso I, T̄02 /T̄01 = 6, minima
frequenza
Figura 3.56: Perturbazione della densità per il caso II, T̄02 /T̄01 = 6, minima
frequenza
54
Figura 3.57: Perturbazione della densità per il caso I, T̄02 /T̄01 = 2, minima
frequenza
Figura 3.58: Perturbazione della densità per il caso II, T̄02 /T̄01 = 2, minima
frequenza
55
Figura 3.59: Perturbazione della densità per il caso I, T̄02 /T̄01 = 6, modo
meno stabile a basse frequenze
Figura 3.60: Perturbazione della densità per il caso II, T̄02 /T̄01 = 6, modo
meno stabile a basse frequenze
56
Figura 3.61: Perturbazione della densità per il caso I, T̄02 /T̄01 = 2, modo
meno stabile a basse frequenze
Figura 3.62: Perturbazione della densità per il caso II, T̄02 /T̄01 = 2, modo
meno stabile a basse frequenze
57
3.2.7 Temperatura
Figura 3.64: Perturbazione della temperatura per il caso II, T̄02 /T̄01 = 6,
minima frequenza
58
Figura 3.65: Perturbazione della temperatura per il caso I, T̄02 /T̄01 = 2,
minima frequenza
Figura 3.66: Perturbazione della temperatura per il caso II, T̄02 /T̄01 = 2,
minima frequenza
59
Figura 3.67: Perturbazione della temperatura per il caso I, T̄02 /T̄01 = 6,
modo meno stabile a basse frequenze
Figura 3.68: Perturbazione della temperatura per il caso II, T̄02 /T̄01 = 6,
modo meno stabile a basse frequenze
60
Figura 3.69: Perturbazione della temperatura per il caso I, T̄02 /T̄01 = 2,
modo meno stabile a basse frequenze
Figura 3.70: Perturbazione della temperatura per il caso II, T̄02 /T̄01 = 2,
modo meno stabile a basse frequenze
61
Confrontando pagina per pagina i risultati ottenuti si nota subito quanto
sia influente la scelta del modello di rilascio termico. Per esempio drastica
è la differenza nei grafici delle portate (3.15) e (3.16) a pagina 34 dove per
Q̂ nullo si nota un’apprezzabile dipendenza da Mach mentre per Q̂ propor-
zionale a ṁ si osserva che inevitabilmente questa dipendenza viene meno
in particolar modo in prossimità della fiamma. Infatti il modello con Q̂
nullo esalta la dipendenza dalle velocità medie del flusso; al contrario la
modellazione che pone Q̂ proporzionale alla portata massica provoca una
minor dipendenza delle grandezze in gioco dalla velocità media del moto
base schiacciando cosı̀ i grafici l’uno sull’altro.
Si deve notare inoltre come per diversi modelli di fiamma alle volte il
comportamento in dipendenza da Mach sia totalmente antitetico come si
osserva per esempio nelle figure (3.19) e (3.20) e (3.27) e (3.28).
62
Parte II
Fiamma concentrata e
sezione variabile
63
Capitolo 4
Calcolo
Si esamina ora un caso più realistico dove la sezione del condotto è va-
riabile in funzione della coordinata x. Si tratta ancora di un caso monodi-
mensionale anche se si può dimostrare che tale semplificazione può cadere
in difetto nel caso in cui la misura più lunga del condotto non sia quella lon-
gitudinale ma quella circonferenziale. Infatti se cosı̀ accadesse la più bassa
frequenza di risonanza sarebbe quella associata ai modi che si propagano in
direzione azimutale e non longitudinale. Questo avviene in particolar modo
nei combustori anulari per i quali è quindi indispensabile una trattazione che
64
comprenda anche onde convettive di vorticità e dove si deve tenere conto
della variazione azimutale delle perturbazioni (il disturbo di pressione risul-
terà ad esempio p0 = Aeiωt+inϑ+iωx ). Se lo spessore radiale del condotto
anulare non è trascurabile sarà infine necessario trattare il problema per
mezzo di funzioni di Bessel per rappresentare adeguatamente la variazione
radiale delle componenti del disturbo.
4.1 Il modello
I combustori delle attuali turbine a gas presentano geometrie molto com-
plicate, come quella in figura (4.1), semplificata in figura (4.2): il flusso ad
alta velocità uscente dal compressore viene rallentato in un diffusore (ple-
num) per renderlo più uniforme in previsione dell’iniezione di carburante e
della combustione. Alla fine del plenum il flusso viene riaccelerato attraver-
so un condotto di premiscelazione (premixer ) dove si inietta il combustibile.
Infine la miscela cosı̀ generata attraversa un allargamento di sezione per
entrare nella camera di combustione.
65
Se la sezione del premixer è piccola abbastanza per consentire la propa-
gazione delle sole onde longitudinali ciò non è accettabile nel plenum e nel
combustore generalmente anulari o cilindrici. Si esamina comunque il caso
monodimensionale che considera solo la propagazione di onde longitudinali
(figura (4.3)).
66
4.2 Risoluzione del moto base
Si schematizza la figura (4.3) considerando brusche le variazioni di sezione
come in figura (4.4).
Per x = L1
Portata A1 ρ1 u1 = A2 ρ2 u2 (4.1)
u2 u2
Energia cp T1 + 1 = cp T2 + 2 (4.2)
2 2
p1 p2
Isoentropica = γ (4.3)
ργ1 ρ2
67
Per x = L2
Portata A2 ρ2 u2 = A3 ρ3 u3 (4.4)
u22 u2
Energia cp T2 + + Q = cp T3 + 3 (4.5)
2 2
Coanda A3 (p3 − p2 ) + A3 ρ3 u3 = A2 ρ2 u22
2
(4.6)
1 2 3
P 10210 P a 10160 P a 10100 P a
U 3.269 m · s−1 29.809 m · s−1 73.8177 m · s−1
ρ 1.186 kg · m−3 1.181 kg · m−3 0.1759 kg · m−3
T 300 K 299.563 K 2000 K
c 347.213 m · s−1 346.96 m · s−1 896.5 m · s−1
A 0.0129 m2 0.00142 m2 0.00385 m2
L 1.7 m 1.7345 m 2.7345 m
68
Equazioni del disturbo: Inserendo il disturbo, sviluppando i calcoli e
linearizzando si ottengono le equazioni:
Per x = L1
Per x = L2
ρ01 u01
+ =0 in x = 0 (4.14)
ρ̄1 ū1
p01 u0
+ (γ − 1)M a1 1 = 0 in x = 0 (4.15)
p̄1 ū1
p03 = 0 in x = L3 (4.16)
m02 −iωτ
Q0a = −k Q̄a e (4.17)
m̄2
dove k rappresenta la ’prontezza’ del sistema, τ il tempo di volo e Q̄a e Q0a
sono flussi termici [W · m−2 ]. In pratica k è un paramentro che permette
di variare con continuità il modello di fiamma da un sistema dove il rilascio
69
termico è indipendente dalla variazione di portata massica (in particolar
modo nullo) e un modello dove esso vi dipende in maniera direttamente
proporzionale. Il disturbo della portata massica viene valutato dove si inietta
il combustibile, ovvero all’inizio del premixer. Si vedrà in seguito come
questa equazione rivesta un ruolo cruciale nella risoluzione del problema.
a+ 2
i = (Mi + Mi /2 + (γ − 1))
a− 2
i = (Mi − Mi /2 − (γ − 1))
70
Si può infine scrivere la matrice dei coefficienti X che risulterà quindi di
dimensioni 10 × 10.
A1 M1+ A1 M1−
c1
e1d c1
e1u − A1 cU1 ρ1 e1s
p
A2 M2+ A2 M2−
A2 U2 ρ2
− c e2d − c e2u cp
e2s
2 2
0 0 0 0
0 0 0
A2 M2+ A2 M2−
− A2 cU2 ρ2 e3s
c2
e3d c2
e3u
p
A3 M3−
A3 M3+ A3 U3 ρ3
− c − c
e4d e4u cp
e4s 0
3 3
A1 ρ1 U13
A1 M1+ a+ A1 M1− a−
1 e1d c1 1 e1u c1 2cp
e1s
A2 ρ2 U23
+ +
−A2 M2 a2 e2d c2 −A2 M2− a−
2 e2u c2 − 2c e2s
p
0 0 0 A2
( ρ γc2 − P1 )e1d ( ρ γc2 − 1
)e − cγ e1s
1 1 1 1 1 P1 1u p
γ
(γ/(ρ2 c22 ) − 1/P2 )e2d (γ/(ρ2 c22 ) − 1/P2 )e2u −
e s
cp 2
0 0 0 0
0 0 0
A2 ρ2 U22
(−A3 − A2 (M22 + 2M2 ))e3d (−A3 − A2 (M22 − 2M2 ))e3u cp
e3s
A3 ρ3 U33
−A3 M3+ a+ A3 M2− a− − 2c
3 e4d c3 3 e4u c3 p
e4s 0
0 0 0
A2 ρ2 U23
+ +
A2 M2 a2 e3d c2 A2 M2− a−
2 e3u c2 2cp
e3s
A3 ρ3 U33
A3 M3− a−
−A3 M3+ a+ 3 e4d c3 3 e4u c3 − 2c e4s A3
p
M1+ M1− − ρ1cM1
p
0 0 0
0 0 0 0
1
+ ργ−2 1
− γ 1
P1 2 P1 ρ1 c2 cp
1 c1
1
0 0 0
0 0 0 0
0 0 0
0 0 0
e5d e5u 0 0
0 0 0
−χU2 ρ2 c2 et e2s
χM2+ et e2d χM2− et e2u cp
0 0 0 ρ 2 U2 c 2
71
Capitolo 5
Risultati
0 0 1 0 0 0 0 0 0 0
72
può osservare come per k = 0 tre modi sono particolarmente stabili (non
compaiono in figura) e come all’aumentare di k questi subiscano un forte
aumento del loro tasso di crescita mentre la frequenza rimane pressochè in-
variata. Altri modi invece, come quelli a circa 100, 200, 400, 500 Hz, sono
sostanzialmente indipendenti dal variare del modello di fiamma. Si può no-
tare, nonostante le difficoltà di risoluzione numerica, la buona concordanza
dei risultati ottenuti.
73
Figura 5.2: Modi di risonanza, metodo grafico per k → 0
74
Per rendere i grafici più leggibili si rappresentano in un unico grafico i
risultati calcolati al variare del parametro k da zero a quattro, sovrapposti
a quelli proposti da Dowling e Stow. Si nota una buona concordanza dei
comportamenti dei modi, malgrado l’approssimazione diversa nei due casi
della geometria del sistema.
Figura 5.4: × rosso: modi per k = 1, Dowling e Stow. ◦ blu: modi per
k = 0, Dowling e Stow. + azzurro: modi per k = 1, metodo grafico. ◦
verde: modi perk = 0, metodo grafico. % tendenza all’instabilità per k
crescente
Nei calcoli non è stato utilizzato il tempo di volo τ calcolato, pari a circa
0.0012, ma quello proposto in [3] pari a 0.006. Questa scelta ha un’influen-
za determinante nei risultati. Infatti si può notare come i tre modi a 164,
340 e 500 Hz sono fortemente influenzati dal variare di questo parametro
caratteristico della geometria del premixer. Si veda in figura (5.5) il calcolo
eseguito solo per queste tre frequenze al variare di τ . Un’attenta analisi
rivela che tali frequenze sono approssimativamente pari a 1/τ , 2/τ e 3/τ .
Nell’approssimazione fatta la fiamma è concentrata in x = L2 e quindi il
tempo di volo è presto calcolato in maniera esatta come mostrato in pre-
cedenza. Ma questa è, appunto, un approssimazione: infatti la fiamma è
effettivamente distribuita longitudinalmente e quindi τ non può essere valu-
tato in corrispondenza del solo inizio della fiamma ma deve essere valutato
per tutta la sua estensione. Oltretutto la fiamma potrà oscillare nel tempo
75
quindi anche i valori di τ diversificati per ogni x dovranno dipendere dal
tempo secondo la generica forma τ (x, t) = τ (x)eiωt . Si intravede subito da
queste figure quanto sia determinante il valore di τ che praticamente coman-
da i tre modi relativi alla fiamma. Si osserva inoltre in figura (5.6) come al
diminuire del tempo di volo le frequenze tendono verso l’instabilità. Visto
che τ compare solo insieme a k, se quest ultimo fosse nullo sarebbe inin-
fluente sui risultati. Nonostante tutto si deve notare che Qa assume valori
molto grandi dell’ordine di 107 e quindi anche piccoli valori di k (10−2 ) ri-
sultano essere determinanti per quanto riguarda l’influenza di τ sui modi di
fiamma. È quindi ovvio quanto il modello di fiamma, e in particolar modo
i suoi parametri k e τ siano critici nella risoluzione del problema.
Figura 5.5: Frequenza in funzione del tempo di volo τ delle tre frequenze di
fiamma (cerchi verdi, rossi e blu) sovrapposte a quelle teoriche (1/τ , 2/τ ,
3/τ )
76
Figura 5.6: Variazione del modo a più bassa frequenza relativo alla fiamma
al variare di τ per k piccolo (0.03)
77
Nonostante tutto i limiti del codice scritto sono evidenti per diverse
ragioni:
78
5.2 Autofunzioni
Si mostrano ora alcuni grafici di mode shape calcolati per k = 1 per i
10 modi di risonanza trovati. Vengono confrontati con i risultati ottenuti
da Dowling e Stow [3] mostrati in figura (5.7). L’accordo è accettabile
soprattutto viste le differenze geometriche tra le due configurazioni.
79
5.2.1 Pressione
80
Figura 5.10: Autofunzione della pressione per il modo a frequenza 195-Hz.
81
Figura 5.12: Autofunzione della pressione per il modo a frequenza 267-Hz.
82
Figura 5.14: Autofunzione della pressione per il modo a frequenza 384-Hz.
83
Figura 5.16: Autofunzione della pressione per il modo a frequenza 515-Hz.
84
5.2.2 Portata
85
Figura 5.20: Autofunzione della portata per il modo a frequenza 195-Hz.
86
Figura 5.22: Autofunzione della portata per il modo a frequenza 267-Hz.
87
Figura 5.24: Autofunzione della portata per il modo a frequenza 384-Hz.
88
Figura 5.26: Autofunzione della portata per il modo a frequenza 515-Hz.
89
Parte III
90
Capitolo 6
Fiamma distribuita
91
che, propagandosi per convezione a valle, ha una lunghezza d’onda di qual-
che ordine di grandezza più piccola (equazione (4.21) per esempio) di ordine
2πū/ω.
92
6.1 Calcolo del moto base
Figura 6.4: Modello della distribuzione spaziale del rilascio termico [2]
93
Si mostra di seguito un semplice esempio di risoluzione del moto base per
la semplice geometria considerata nella figura (6.3) eseguita con integrazione
diretta nel condotto. Nota la portata massica, le condizioni all’ingresso e
la pressione all’uscita e la sezione in funzione delle ascisse A(x) si possono
integrare le equazioni dalla sezione di ingresso ad una coordinata generica x
d
(ρuA) = 0
dx
d h i
(p + ρu2 )A
dx
" #
d u2
ρuA(cp T + ) = q(x)
dx 2
r
A0 (p0 +ρ0 u20 ) 2 u20 A0 (p0 +ρ0 u20 )
1 γ Q̄(x)
ṁA(x) −4 2 − γ−1 cp T0 + 2 + ṁ − ṁA(x)
ū(x) =
1 γ
2 2 − γ−1
m
ρ̄(x) =
A(x)ū(x)
p̄(x)
T̄ (x) =
Rρ̄(x)
94
Capitolo 7
I risultati ottenuti nella parte I hanno avuto in primo luogo il fine di esplo-
rare l’influenza delle velocità in gioco nell’instaurarsi di fenomeni di insta-
bilità termoacustica. Nel verificare tale influenza si era già notato quanto i
risultati ottenuti per i due modelli di fiamma proposti fossero dissimili. Sono
state osservate discrepanze significative sia nella frequenza che nella stabilità
dei modi e soprattutto nelle autofunzioni ricavate, sempre inevitabilmente
affette dalla scelta della transfer function della fiamma.
È stata valutata infine, nella Parte I, l’influenza che hanno molti metodi
di introdurre calore nel flusso (griglie) i quali comportano una perdita di
carico che stabilizza i modi di risonanza e ne attenua la frequenza.
95
Avendo quindi notato come una trattazione più realistica non possa pre-
scindere dal considerare la fiamma distribuita su una lunghezza significativa
del condotto, gli immediati sviluppi futuri potranno essere sicuramente l’a-
nalisi di una transfer function più complessa. È indubbiamente questa la
strada da intraprendere dal momento che le altre condizioni e approssimazio-
ni che si sono imposte non sembrano essere cosı̀ rilevanti come quest’ultima.
Cosı̀ si potrà analizzare un sistema che consideri un tempo τ variabile nel
tempo e nello spazio tridimensionale τ (~x, t), cosı̀ come elaborare un modello
che possa valutare il valore di k mediante il calcolo del disturbo sul rapporto
m /m
di equivalenza (equivalence ratio) definito come φ = m̄ff /m̄aa .
96
Appendice A
Onde stazionarie
97
la frequenza della perturbazione per determinare come le onde ancora non ri-
flesse si sovrapporranno a quelle già riflesse. Se le onde che si sovrappongono
hanno la stessa forma e ampiezza si possono formare delle onde staziona-
rie (standing waves). Si considerino ad esempio due onde momocromatiche
viaggianti in verso opposto e di uguale ampiezza a:
A + B = 2a sin(ωt) cos(kx).
Si nota come l’onda risultante sia formata da una parte fissa nel tempo
dipendente da x e da una parte tempovariante. Infatti le onde stazionarie
sono un particolare tipo di onda in cui non vi è trasporto netto di energia:
esse ’rimangono sul posto’, ovvero hanno dei nodi fissi nello spazio e nel
tempo in kx = π/2 + nπ (si veda l’esempio in figura (A.2)).
98
ricavato, ma solo alcuni non richiedono che le costanti di integrazione siano
tutte nulle. Ciò significa che perturbazioni con frequenze diverse da quelle
trovate possono effettivamente crearsi ma non possono formare nel condotto
onde stazionarie che sono alla base del fenomeno dell’humming.
99
che si propagano in aria possono viaggiare per chilometri prima che l’am-
piezza diminuisca fino a rendere l’onda impercettibile all’orecchio umano.
Questo fenomeno insieme ad importanti fenomeni dissipativi che avvengo-
no nella riflessione, consente la limitazione della crescita delle perturbazioni.
Queste dissipazioni contribuiscono con le non linearità, che provocano scam-
bi di energia fra i modi a diversa frequenza, alla formazione di un ciclo limite
avente tasso di crescita nullo.
100
Appendice B
Turbogas
101
di Carnot. Il fattore limitante è la capacità dei materiali che costituisco-
no la macchina (acciaio, super leghe a base di nichel o cobalto e materiali
ceramici) a resistere a temperature elevate sotto sforzo. Le palette delle
turbine sono infatti uno degli esempi più lampanti del fenomeno dello scor-
rimento a caldo (creep). La ricerca si è perciò concentrata verso le tecniche
rivolte al raffreddamento dei componenti e verso nuovi materiali che consen-
tono alle palette più sollecitate di resistere continuativamente, a temperature
superiori a 1500◦ C, alle sollecitazioni richieste.
Figura B.2: Fabbisogno energetico italiano in funzione delle ore del giorno
(giornata lavorativa estiva). Verde: preventivo. Rosso: consuntivo.
102
Visto il rendimento inferiore del ciclo Joule a causa soprattutto di tempe-
rature di scarico molto elevate dell’ordine di 600◦ C in molte applicazioni si
cerca anche di recuperare questo calore allo scarico, altrimenti dissipato. I
rigeneratori sono scambiatori di calore che trasferiscono il calore dei gas di
scarico all’aria compressa, prima della combustione nella caldaia a vapore.
Questi sono detti impianti combinati. Nella configurazione del ciclo combi-
nato, la caldaia a recupero trasferisce il calore ad un sistema che alimenta
una turbina a vapore che opera generalmente in un ciclo Rankine, cioè senza
surriscaldamento del vapore. L’obbiettivo è quello di ottenere combinando i
due cicli un ciclo complessivo il più vicino a quello ideale di Carnot. Si sfrut-
tano le alte temperature allo scarico del ciclo Joule del turbogas (Topping
Cycle) che, scambiando calore con il ciclo sottoposto a vapore (Bottoming
Cycle), opera un recupero di energia che altrimenti andrebbe perduta. Il
trasferimento di calore dal Topping al Bottoming avviene nella caldaia a
recupero. Se si considera idealmente che non vi sia calore non utilizzato,
ovvero calore che non si riesce a trasferire al ciclo sottoposto, allora si può
dimostrare come il rendimento del ciclo combinato sia:
ηc = ηt + ηb − ηt ηb
103
Figura B.3: Andamento delle temperature in funzione della potenza termica
104
Infine in figura (B.5) si nota come il calore dei fumi esausti scaricati dal
turbogas raggiunga mediante una grande tubazione la caldaia dell’impianto
a vapore sulla destra.
105
Appendice C
Equazioni a disposizione
Continuità
∂ρ ~
+ ∇ · (ρ~v ) = 0
∂t
Energia
Ds
ρT = q̇
Dt
Gas perfetti
p = ρRT
cp
γ=
cv
R = cp − cv
Gibbs
dp
T ds = cp dT − se gas perfetto
ρ
106
Appendice D
Codice
format long
k =1.4; R=287;
cp =1004; r =0; s =1/2+1/(1− r ) −(1/(2∗(1 − r ) ˆ 2 ) ) ; %r= b l o c k a g e r a t i o =[0 0 . 2 5 0.5]
T01 =288; T02=T∗T01 ; p2 = 1 0 1 3 2 5 ; % T= [ 1 : 1 0 ]
d e t A= d e t (X ) ;
107
% Q p r o p o r t i o n a l t o mass f l o w r a t e l a s t row
%
% −cp ∗ ( T02−T01 )∗(1+M1) ∗ e 1 / ( c 1 ˆ 2 ) cp ∗ ( T02−T01)∗(1 −M1) ∗ e 2 / ( c 1 ˆ 2 ) 0 0 0 1 ] ;
%
% no d r a g f o r c e t h i r d row
%
% (1+M1) ˆ 2 ∗ e 1 (1−M1) ˆ 2 ∗ e 2 −(1+M2) ˆ 2 ∗ e 3 −(1−M2) ˆ 2 ∗ e 4 M2ˆ2 0 ;
%
% drag f o r c e t h i r d row
%
% (1+2∗M1∗ s+M1ˆ2∗ s ) ∗ e 1 (1 −2∗M1∗ s+M1ˆ2∗ s ) ∗ e 2 −(1+M2) ˆ 2 ∗ e 3 −(1−M2) ˆ 2 ∗ e 4 M2ˆ2 0 ;
%
%
%
% T h i s program s o l v e s t h e problem :
% F(X) = 0 ; w i t h X complex ,
% u s i n g a Newton−Raphson method .
M1 = . . . ; T= . . . ;
%=============================================================================
% initialisation
%=============================================================================
tic ,
format long
lambda = . 9 ; %r e l a x a t i o n p a r a m e t e r
minRe = . . . ; maxRe = . . . ; Nr = . . . ;
minIm = . . . ; maxIm = . . . ; Ni = . . . ;
[ RE, IM]= m e s h g r i d ( l i n s p a c e ( minRe , maxRe , Nr ) , l i n s p a c e ( minIm , maxIm , Ni ) ) ;
RE=RE . ’ ; IM=IM . ’ ; omega = RE + i ∗IM ;
X= [ ] ;
%=============================================================================
% main l o o p
%=============================================================================
f o r n =1:Nr , f o r m=1: Ni ,
X1 = omega ( n ,m) ;
X2 = X1+1e −1∗( ( rand −.5)+ i ∗ ( rand − . 5 ) ); % initial guess
F1 = detA ( X1 , M1, T ) ;
F2 = detA ( X2 , M1, T ) ;
d i s p ( [ ’ The c p u t i m e i s : ’ , num2str ( c p u t i m e ) ] ) ,
%=============================================================================
% POST PROCESS
%=============================================================================
om=0; f o r n =1: l e n g t h (X) ,
i f a b s (om−X( n ) ∗ o n e s ( s i z e (om ) ) ) > 1 e −2 , om=[om ; X( n ) ] ; end
end , om=om ( 2 : end ) ;
[ eimag , i s ]= s o r t ( imag (om ) ) ;
om = om( i s ) %SOLUZIONI ! !
108
c o n t o u r f (RE, IM , l o g 1 0 ( a b s ( f l i p u d ( Fp ) ) ) ) , colorbar , h o l d on
p l o t ( r e a l (om ) , imag (om ) , ’ wo ’ , ’ m a r k e r s i z e ’ , 8 , ’ l i n e w i d t h ’ , 2 )
s e t ( gca , ’ f o n t s i z e ’ , 1 8 , ’ l i n e w i d t h ’ , 1 )
x l a b e l ( ’ R e a l \omega L / ( c 1 \ p i ) ’ ) , y l a b e l ( ’ Imag \omega L / ( c 1 \ p i ) ’ )
over all.m: script atto alla scelta dei parametri M1 e T per la rappresen-
tazione delle autofunzioni. Nel codice sotto per esempio si rappresentano le
autofunzioni al variare di M1 per T = 6.
% T= [ 3 : 6 ]
T=6; n =1;
f o r M1 = [ 0 . 0 1 : 0 . 0 1 : 0 . 1 5 ]
%M1= 0 . 0 1 ;
n=n +1;
h o l d on
om=f i n d l o w e s t o m e g a (M1, T)
v e c t o m a ( 1 , n)=om ;
p l o t c o n d o t t o (om , M1, T ) ;
end
f u n c t i o n om = f i n d l o w e s t o m e g a (M1, T)
%=============================================================================
% initialisation
%=============================================================================
tic ,
format long
lambda = . 9 ; %r e l a x a t i o n p a r a m e t e r
minRe = . . . ; maxRe = . . . ; Nr = . . . ;
minIm = . . . ; maxIm = . . . ; Ni = . . . ;
[ RE, IM]= m e s h g r i d ( l i n s p a c e ( minRe , maxRe , Nr ) , l i n s p a c e ( minIm , maxIm , Ni ) ) ;
RE=RE . ’ ; IM=IM . ’ ; omega = RE + i ∗IM ;
X= [ ] ;
%=============================================================================
% main l o o p
%=============================================================================
f o r n =1:Nr , f o r m=1: Ni ,
X1 = omega ( n ,m) ;
X2 = X1+1e −1∗( ( rand −.5)+ i ∗ ( rand − . 5 ) ); % initial guess
F1 = detA ( X1 , M1, T ) ;
F2 = detA ( X2 , M1, T ) ;
%d i s p ( [ ’ The c p u t i m e i s : ’ , num2str ( c p u t i m e ) ] ) ,
109
%=============================================================================
% POST PROCESS
%=============================================================================
om=0; f o r n =1: l e n g t h (X) ,
i f a b s (om−X( n ) ∗ o n e s ( s i z e (om ) ) ) > 1 e −2 , om=[om ; X( n ) ] ; end
end , om=om ( 2 : end ) ;
[ eimag , i s ]= s o r t ( imag (om ) ) ;
om = om( i s ) ;
plot condotto.m: rielaborazione come funzione del file ’detA’ per rap-
presentare alternativamente tutte le autofunzioni
[ L , U]= l u (X ) ;
U n u l l o=U( 6 , 6 )
C o n d i z i o n a m e n t o=cond (U)
c f=s o l v e U (U ) ;
A=c f (1 ,1);
B=c f (2 ,1);
C=c f (3 ,1);
D=c f (4 ,1);
S=c f ( 5 , 1 ) / (RHO2∗ c 2 ˆ2∗ exp(− i ∗oma∗ p i ∗ c 1 / ( 2 ∗M2∗ c 2 ) ) / cp ) ;
Q=c f ( 6 , 1 ) ∗ c1 ;
S o l u z i o n e n u l l a=X∗ c f
110
x=[0:0.01:0.5];
p l o t ( x , abs ( p o r t a t a 1 ) , ’ y ’ ) ;
%p l o t ( x , a b s ( qm1 ) , ’ r ’ ) ;
%p l o t ( x , a b s ( en1 ) , ’ g ’ ) ;
%p l o t ( x , a b s ( p1 ) , ’ b ’ ) ;
%p l o t ( x , a b s ( u1 ) , ’ r ’ ) ;
%p l o t ( x , a b s ( r h 1 ) , ’ k ’ ) ;
%p l o t ( x , a b s ( t 1 ) , ’m’ ) ;
x=[0.5:0.01:1];
p l o t ( x , abs ( p o r t a t a 2 ) , ’ y ’ )
%p l o t ( x , a b s ( qm2 ) , ’ r ’ ) ;
%p l o t ( x , a b s ( en2 ) , ’ g ’ ) ;
%p l o t ( x , a b s ( p2 ) , ’ b ’ ) ;
%p l o t ( x , a b s ( u2 ) , ’ r ’ ) ;
%p l o t ( x , a b s ( r h 2 ) , ’ k ’ ) ;
%p l o t ( x , a b s ( t 2 ) , ’m’ ) ;
function c f = s o l v e U (X)
d=s i z e (X ) ;
r=d ( 1 , 2 ) ;
cf ( r ,1)=1;
f o r k =[n +1: r ]
s=s+X( n , k ) ∗ c f ( k , 1 ) ;
end
c f ( n ,1)=( − s ) / (X( n , n ) ) ;
end
111
D.2 Fiamma concentrata e sezione variabile
Base.m: Risoluzione del moto base.
% Option t o d i s p l a y o u t p u t
o p t i o n s=o p t i m s e t ( ’ D i s p l a y ’ , ’ i t e r ’ ) ;
% Call optimizer
[ x , f v a l ] = f s o l v e ( @myfun , x0 , o p t i o n s ) ;
m= 0 . 0 5 ;
T1=300;
A1 = 0 . 0 1 2 9 ;
L1 = 1 . 7 ;
A2 = 0 . 0 0 1 4 2 ;
L2 = 1 . 7 3 4 5 ;
A3 = 0 . 0 0 3 8 5 ;
L3 = 2 . 7 3 4 5 ;
tau =0.006;
T3=2000;
P3 = 1 0 1 0 0 0 ;
R=287;
cp =1004;
g =1.4;
P1=x ( 1 )
P2=x ( 2 )
P3
U1=x ( 3 )
U2=x ( 4 )
U3=x ( 5 )
Rh1=x ( 6 )
Rh2=x ( 7 )
Rh3=x ( 8 )
T1
T2=x ( 9 )
T3
Qa=(A3∗Rh3∗U3 ∗ ( cp ∗T3+U3ˆ2/2) −A2∗Rh2∗U2 ∗ ( cp ∗T2+U2 ˆ 2 / 2 ) ) / A3
c 1=s q r t ( g ∗R∗T1 )
c 2=s q r t ( g ∗R∗T2 )
c 3=s q r t ( g ∗R∗T3 )
f u n c t i o n F = myfun ( x )
m= 0 . 0 5 ;
T1=300;
A1 = 0 . 0 1 2 9 ;
L1 = 1 . 7 ;
A2 = 0 . 0 0 1 4 2 ;
L2 = 1 . 7 3 4 5 ;
A3 = 0 . 0 0 3 8 5 ;
L3 = 2 . 7 3 4 5 ;
tau =0.006;
T3=2000;
P3 = 1 0 1 0 0 0 ;
R=287;
cp =1004;
g =1.4;
112
F = [ x ( 6 ) ∗ x ( 3 ) ∗ A1 − x ( 7 ) ∗ x ( 4 ) ∗ A2 ; %mass 1−2
x ( 7 ) ∗ x ( 4 ) ∗ A2 − x ( 8 ) ∗ x ( 5 ) ∗ A3 ; %mass 2−3
m − A3∗x ( 8 ) ∗ x ( 5 ) ; %p o r t a t a i n 3
x ( 1 ) − x ( 6 ) ∗R∗T1 ; %PGE1
x ( 2 ) − x ( 7 ) ∗R∗x ( 9 ) ; %PGE2
P3 − x ( 8 ) ∗R∗T3 ; %PGE3
cp ∗T1−cp ∗x ( 9 ) + ( x ( 3 ) ) ˆ 2 / 2 − ( x ( 4 ) ) ˆ 2 / 2 ; %e n e r g y 1−2
x (10) −m∗ ( cp ∗T3−cp ∗x ( 9 ) + ( x ( 5 ) ) ˆ 2 / 2 − ( x ( 4 ) ) ˆ 2 / 2 ) / A3 ; %e n e r g y 2−3
x ( 2 ) ∗ ( x ( 6 ) ) ˆ g−x ( 1 ) ∗ ( x ( 7 ) ) ˆ g ; %i s o e n t r o p i c a
A3 ∗ ( P3−x ( 2 ) ) +A3∗x ( 8 ) ∗ ( x (5))ˆ2 −A2∗x ( 7 ) ∗ ( x ( 4 ) ) ˆ 2 ] ; %coanda
Nr = . . . ; %a t l e a s t 200
Ni = . . . ; %a t l e a s t 200
[ x1 , x2 ] = m e s h g r i d ( l i n s p a c e ( 0 ∗ p i , 1 2 0 0 ∗ p i , Nr ) , l i n s p a c e ( − 1 2 0 0 , 1 2 0 0 , Ni ) );
w a i t=w a i t b a r ( 0 , ’ C a l c u l a t i n g . . . . . . ’ ) ;
f o r i r e =1: s i z e ( x1 ) , w a i t b a r ( i r e /Nr ) , f o r i i m =1: s i z e ( x2 )
om=x1 ( i r e , i i m )+ i ∗ x2 ( i r e , i i m ) ;
m= 0 . 0 5 ; A1 = 0 . 0 1 2 9 ; L1 = 1 . 7 ; A2 = 0 . 0 0 1 4 2 ; L2 = 1 . 7 3 4 5 ; A3 = 0 . 0 0 3 8 5 ; L3 = 2 . 7 3 4 5 ;
R= 2 8 7 . 0 4 ; cp = 1 0 0 4 . 6 4 ; g = 1 . 4 ;
k=....; %
% x= L 1
e1d=exp ( −( i ∗om∗L1 ) / ( c 1 ∗(1+M1 ) ) ) ;
e1u=exp ( ( i ∗om∗L1 ) / ( c 1 ∗(1−M1 ) ) ) ;
e 1 s=exp ( −( i ∗om∗L1 ) / U1 ) ;
%x= L 2
%x= L 3
%d e l a y
e t=exp(− i ∗om∗ t a u ) ;
113
A1∗(1+M1) ∗ (M1+M1ˆ2/2+( g −1))∗ e1d ∗ c 1 A1∗(1−M1) ∗ (M1−M1ˆ2/2 −( g −1))∗ e1u ∗ c 1
A1∗Rh1∗U1ˆ3∗ e 1 s / ( 2 ∗ cp ) −A2∗(1+M2) ∗ (M2+M2ˆ2/2+( g −1))∗ e2d ∗ c 2
−A2∗(1−M2) ∗ (M2−M2ˆ2/2 −( g −1))∗ e2u ∗ c 2 −A2∗Rh2∗U2ˆ3∗ e 2 s / ( 2 ∗ cp )
0 0 0 A2 ;
%i s o e n t r 1−2
( g / ( Rh1∗ c 1 ˆ2) −1/P1 ) ∗ e1d ( g / ( Rh1∗ c 1 ˆ2) −1/P1 ) ∗ e1u −g ∗ e 1 s / cp
( g / ( Rh2∗ c 2 ˆ2) −1/P2 ) ∗ e2d ( g / ( Rh2∗ c 2 ˆ2) −1/P2 ) ∗ e2u −g ∗ e 2 s / cp
0 0 0 0;
%coanda 2−3
0 0 0
(−A3−A2 ∗ (M2ˆ2+2∗M2) ) ∗ e3d (−A3−A2 ∗ (M2ˆ2−2∗M2) ) ∗ e3u A2∗Rh2∗U2ˆ2∗ e 3 s / cp
A3∗(1+M3) ˆ 2 ∗ e4d A3∗(1−M3) ˆ 2 ∗ e4u −A3∗Rh3∗U3ˆ2∗ e 4 s / cp 0;
%e n e r g y 2−3
0 0 0
A2∗(1+M2) ∗ (M2+M2ˆ2/2+( g −1))∗ e3d ∗ c 2 A2∗(1−M2) ∗ (M2−M2ˆ2/2 −( g −1))∗ e3u ∗ c 2
A2∗Rh2∗U2ˆ3∗ e 3 s / ( 2 ∗ cp ) −A3∗(1+M3) ∗ (M3+M3ˆ2/2+( g −1))∗ e4d ∗ c 3
−A3∗(1−M3) ∗ (M3−M3ˆ2/2 −( g −1))∗ e4u ∗ c 3 −A3∗Rh3∗U3ˆ3∗ e 4 s / ( 2 ∗ cp ) A3 ;
%choked i n l e t
1+M1 −(1−M1) −(Rh1∗M1) / cp 0 0 0 0 0 0 0;
%no e n e r g y p e r t u r b
%1/P1+(g −2)/(Rh1∗ c 1 ˆ 2 ) 1/P1−g / ( Rh1∗ c 1 ˆ 2 ) 1/ cp 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 1 0 0 0 0 0 0 0;
%no p r e s s u r e p e r t
0 0 0 0 0 0 e5d e5u 0 0 ;
%h e a t r e l e a s e
0 0 0 k∗Qa∗A3 ∗ (M2+1)∗ e t ∗ e2d
k∗Qa∗A3 ∗ (M2−1)∗ e t ∗ e2u −k∗Qa∗A3∗U2∗Rh2∗ c 2 ∗ e t ∗ e 2 s / cp
0 0 0 Rh2∗U2∗ c 2 ] ;
DET( i r e , i i m )= d e t (X ) ;
end
end
c l o s e ( wait )
p r e a l e=r e a l (DET ) ; pimag=imag (DET ) ;
x1Hz=x1 /2/ p i ; x 2 r e v=−x2 ;
%Dowling e Stow
%K=1
om r = [ 3 0 . 5 9 8 8 6 4 2 2 3 0 2 5 3 1 0 1 . 6 7 4 7 5 4 7 7 5 4 2 5 9 1 6 4 . 2 5 9 1 6 3 6 5 5 1 3 7
201.739803820341 301.791430046464 308.915849251420 396.422302529685
420.893133711926 496.473928755808 514.130098089830];
om i =[21.2734157034675 −10.3886010362694 113.294141092069
−4.31446791550421 71.3969709047429 60.7313670785173 −136.893184535672
−41.2809884416102 −61.1817457154245 3 5 . 3 8 2 6 2 2 5 5 8 7 8 8 4 ] ;
p l o t ( om r , om i , ’ k + ’)
%K=0
om r = [ 2 3 . 6 6 5 5 6 4 4 7 8 0 3 5 0 1 0 6 . 2 8 2 4 7 5 2 0 0 7 5 6 1 7 0 . 3 3 5 3 8 0 2 5 5 0 7 8
201.741615493623 293.136513934813 340.609352857818 359.801606046292
420.424185167690 526.249409541804 512.778932451582];
om i =[ −102.144120320635 −19.6881249483514 −600.435418560450
−12.1353607139906 −51.0739608296835 −121.630113213784 −520.359804974795
−28.3155111147839 −491.169820675977 −11.2094868192711];
p l o t ( om r , om i , ’ ko ’ )
om r = [ 2 2 . 7 1 1 1 2 . 7 1 8 1 . 9 1 2 0 6 . 3 5 2 9 4 . 9 6 3 2 3 . 7 5 3 5 4 . 8 6 4 1 9 . 9 7 5 1 7 . 3 8 5 2 9 . 4 9 ;
55.83 112.27 188.386 206.27 278.55 312.08 378.31 420.75 517.25 537.66;
61.31 110.52 192.29 206.07 270.27 311.72 382.4 420.84 516.45 541.3;
62.85 110.17 195.29 205.44 267.64 311.04 384.77 420.63 514.55 544.38;
66.66 108.12 201.56 204.14 261.92 309.98 389.98 417.64 511.7 550.16;
70.52 105.59 209.48 201.95 256.1 308.8 401.03 408.12 510.43 5 5 4 . 4 5 ] ;
114
for c =[1:10]
p l o t ( om r ( : , c ) , o m i ( : , c ) , ’ k : ’ )
h o l d on
p l o t ( om r ( 1 , c ) , o m i ( 1 , c ) , ’ go ’ )
p l o t ( om r ( 4 , c ) , o m i ( 4 , c ) , ’ c + ’)
end
om r = [ 2 3 . 6 6 5 5 6 4 4 7 8 0 3 5 0 1 0 6 . 2 8 2 4 7 5 2 0 0 7 5 6 1 7 0 . 3 3 5 3 8 0 2 5 5 0 7 8
201.741615493623 293.136513934813 340.609352857818 359.801606046292
420.424185167690 526.249409541804 512.778932451582;
30.5988642230253 101.6747547754259 164.259163655137
201.739803820341 301.791430046464 308.915849251420 396.422302529685
420.893133711926 496.473928755808 514.130098089830];
om i =[ −102.144120320635 −19.6881249483514 −600.435418560450
−12.1353607139906 −51.0739608296835 −121.630113213784 −520.359804974795
−28.3155111147839 −491.169820675977 −11.2094868192711;
21.2734157034675 −10.3886010362694 113.294141092069
−4.31446791550421 71.3969709047429 60.7313670785173 −136.893184535672
−41.2809884416102 −61.1817457154245 3 5 . 3 8 2 6 2 2 5 5 8 7 8 8 4 ] ;
for c =[1:10]
p l o t ( om r ( : , c ) , o m i ( : , c ) , ’ k . − ’ )
p l o t ( om r ( 1 , c ) , o m i ( 1 , c ) , ’ o ’ )
p l o t ( om r ( 2 , c ) , o m i ( 2 , c ) , ’ rx ’ )
end
115
Bibliografia
117