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Applicazioni innovative nella

applicazioniinnovative rilevazione di virus


nellarilevazione divirus

1. Peste suina africana (ASFV)


E’ una malattia virale sistemica contagiosa, febbrile, che si manifesta nei suini ed è trasmessa da zecche molli, che si trovano in Africa.
Non interessa l’uomo ma può avere un impatto notevole, in quanto non esistono vaccini o cure.
E’ una malattia estremamente contagiosa, perchè quando arriva in allevamenti provoca mortalità anche del 100% e i maiali muoiono a
causa di febbre emorragica.
Si trova principalmente in Africa, sito di origine, ma si è poi diffusa in varie aree, come il sud est asiatico e l’Europa orientale (coinvolti
principalmente allevamenti, pochi animali selvatici). A livello di sanità veterinaria, è molto monitorato visti i danni economici e
alimentari (carne di maiale è fondamentale) che provoca. Prima del Covid, c’è stata un’epidemia massiva in Cina, in cui le carni di maiale
sono state introvabili e vendute a prezzi molto alti —> crisi che ha aumentato il consumo di cacciagione, con possibile promozione del
salto di specie del SARS-Cov2 nella popolazione cinese (può avere contribuito, anche se non ci sono prove).
E’ arrivato anche in Italia, con lento aumento della circolazione nella popolazione selvatica (principalmente cinghiali). Anche quest’anno
si prevede un monitoraggio e abbattimento degli animali positivi.
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E’ un virus a dsDNA con involucro lipoproteico icosaedrico; è chiamato ASFV ed è del genere Asfivirus; è classificato tra gli Arbovirus, che
indica virus trasmessi per vettore artropode, trasmesso per contatto diretto (è l’unico virus a DNA considerato Arbovirus, mentre gli altri
sono tutti ad RNA).
Esistono alcune varianti, ceppi, associati anche a diversa mortalità, alcuni altamente virulenti (fino al 100% negli animali da
allevamento che sono più sensibili), alcuni moderatamente virulenti (solo alcuni animali muoiono, c’è alta % di sopravvivenza) o a bassa
virulenza (non c’è sviluppo di malattia, ma solo sieroconversione).
E’ temibile perché è un virus stabile nell’ambiente e può mantenere vitalità anche per 15 settimane nelle carni refrigerate e per 5-6
mesi nei prosciutti lavorati. Bisogna evitare che si inserisca in un ciclo stabile di circolazione negli animali, per limitare la diffusione.
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Esiste una diagnostica per confermare l’infezione, ma porta dei rischi perchè si lavora con virus pericoloso, anche se non infetta l’uomo
(bisogna evitare la diffusione nell’ambiente).
• isolamento in coltura
• inoculazione in animale
• rilevamento di antigeni su tessuti tramite fluorescenza
• sistema di PCR, con rilevamento del genoma, per tipizzare gli isolati e per epidemiologia
• ELISA (test sierologico), ma poco utile nelle fasi precoci (più per conferma)
E’ importante sviluppare metodi veloci e facili, nel caso di sospetto, per attuare il prima possibile le misure di contenimento.

Vediamo alcuni esempi innovativi


• Uso di un sistema di amplificazione mediato da un sistema di ricombinazione (ricombinasi): tecnica isotermica che vede l’uso di
enzimi particolari, che intervengono nei normali processi di riparazione del DNA.
La replicasi lega i primer presenti nella miscela di reazione e, scorrendo nel dsDNA templato, quando trova
una sequenza di omologia perfetta, promuove l’apertura del ds e inserisce il primer, che si ibrida al posto del
filamento complementare. Viene inserita anche la SSBP, che stabilizza l’apertura del ds, favorendo il legame
del primer, che diventa innesco per la polimerasi BSU (porzione grande della polimerasi di un batterio).
Questa polimerasi ha attività polimerasica 5’-3’, ma non esonucelasica 5’-3’; ha anche capacità di indurre la
separazione del ds, favorendo la formazione di due ampliconi. Non c’è denaturazione termica del DNA, che è invece favorita dagli
enzimi; le condizioni sono quindi isotermiche, che permettono di attuare la tecnica senza richiedere condizioni di lab particolari.
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Il processo continua, fino ad ottenne ampliconi visualizzabili (non su gel se si vuole rapidità), usando una sonda particolare, che
permette il rilevamento con sistemi fluorescenti o tramite lateral flow. La sonda ha al 5’ la biotina e all’interno un tetraidrofurano,
target di una endonucleasi specifica messa nella miscela; queste endonucelasi taglia la sequenza, con eliminazione al 3’ di un
frammento di blocco della polimerizzazione (si forma un primer di innesco per la polimerasi) —> la sonda diventa essa stessa un primer,
per cui nelle fasi iniziali lavorano i primer, mentre man mano che aumentano i substrati la sonda diventa competitiva, aumentando la
specificità perché il segnale sarà legato più alla sonda. Per rilevare il segnale, il primer deve essere modificato al 3’, utile per il
rilevamento con lateral flow, prelevando un’aliquota.
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Il sistema lateral flow ha sempre le due linee; nella test line per verificare la positività, sono presenti
molecole di vidina, fissate nella nitrocellulosa; l’amplificato viene assorbito, diffonde e a livello della
vidina viene bloccato; nella mix del sistema lateral flow sono presenti anche Ab coniugati con oro
colloidale (solubilizzati quando viene caricato il campione) e riconoscono il FAM del primer.
Quindi, l’amplicone viene bloccato e, se c’è il FAM, gli Ab si legano ad esso, coniugato con l’oro colloidale, che dà la sezione
colorimetrica. Nella linea controllo sono usati Ab immobilizzati che riconoscono gli Ab anti-FAM, per verificare la corretta esecuzione del
test. Questo sistema, quindi, amplifica in condizioni isotermiche ed è rilevabile con laterale flow.
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Un altro sistema di rilevamento si basa sulla fluorescenza, con rilevamento diretto dalla macchina. Dopo estrazione ed
amplificazione dell’acido nucleico, la fluorescenza prodotta viene letta (tipo PCR). Ma serve una sonda modificata, con
tetraidrofurano preceduto da un fluoroforo e seguito da un quencer; quando la sonda si lega non c’è fluorescenza, mentre quando
l’esonucleasi taglia la base, con eliminazione della porzione contenente il quencer, la sonda emette fluorescenza, che aumenta man
mano che procede l’amplificazione.
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Lo scopo era la messa a punto un sistema di RT, associabile a un sistema portatile, per la sorveglianza del virus.
Sono stato testati su geni diversi e confrontati poi con sistema di RT-PCR classico per la valutazione.
Sono partiti dall’uso di F e R primer, con due sonde (sonda 2 già sviluppata, mentre la 1 è ottimizzata grazie all’aumento delle
conoscenze delle sequenze nucleotidiche dei genomi virali).
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È stata condotta una reazione, a data concentrazione e condizioni, confrontando le due sonde, usando diluizioni di
plasmide contenente la sequenza target —> la sonda 1 funziona meglio, con proporzionalità nelle diluizioni (la 2
funziona bene solo nelle diluizioni maggiori, perché non è ottimizzata).
Per mettere a punto un protocollo, si parte da concentrazioni che si sanno funzionare, per poi ottimizzare i vari parametri.
Si procede, quindi, tenendo fisso il primer F e la sonda e variando le concentrazioni del primer R —> sensibililità non cambia.
Si è fatto anche il caso opposto, cambiando le concentrazioni di il primer F —> non cambia niente neanche in questo caso.
Quindi i 2 microlitri sono sufficienti per avere una reazione che va bene.
Scelte le contrazioni dei primer, si varia la sonda; la concentrazione, se cambia di poco, è in quantità sufficiente per garantire il
rilevamento; se si varia di molto, perde sensibilità a basse concentrazioni, con perdita di un ordine di grandezza di ampliconi. Quindi la
concentrazione selezionata è di 0.6 microlitri di sonda —> massima sensibilità alla minima concentrazione possibile (uguale che con 0.8).
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Come può impattare invece la temperatura?


La reazione è isotermica e sono testate varie T: 35°C la prestazione è la peggiore, a 37°C e 39°C la reazione è simile,
mentre a 42°C sembra essere la migliore. Sono stati scelti i 37°C per portare avanti i test e vedere la sensibilità del
sistema, con 1 copia, 10 copie e via via aumentando, e si vede che con 1 copia non si rileva nulla —> 10^1 è il minimo
di copie rilevabili.
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Un aspetto importante è la valutazione della riproducibilità, con il coefficiente di variazione, usando gli stessi
reagenti in giorni diversi. Si è vista una buona riproducibilità, perché le curve sono abbastanza sovrapposte —>
coefficiente: 0.38 - 10%.
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Va fatta anche la valutazione della specificità, selezionando delle varianti del virus (ASFV-1 è quello su cui è stato
disegnato il sistema), per vedere se funziona nelle diverse varianti allo stesso modo. Si può perdere qualche ciclo
per alcuni virus, mentre per altri virus rilevabili nel maiale non si ha rilevamento —> quindi si conferma la
specificità per questo virus.
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Come si comporta in confronto a una RT-PCR classica? Il confronto avviene su una serie di campioni, alcuni negativi e alcuni sospetti
positivi; si è visto che su 100 negativi, il sistema classico e quello innovativo hanno lo stesso risultato negativo (no falsi positivi da
malfunzionamento). Nei positivi, la classica ne rileva solo 95 su 100, mentre quello innovativo 98 su 100; quindi il sistema isotermico
sembra molto valido, con risultato anche migliore del classico.
Risulta, quindi, un metodo specifico, sensibile e riproducibile —> metodo valido.

Si è provato a targettare anche un altro gene, EP402R, perchè il virus circola molto in Cina, per cui si è cercato di sviluppare un vaccino,
basato su virus vivo attenuato, con delezione di due geni di virus, uno dei quali è il gene target.
Per questi vaccini, importante è la sorveglianza, per esser sicuri che i virus non abbiano fenomeni di reversione con acquisizione di
virulenza; per cui se ci sono casi di malattia bisogna distinguere i virus wt da quelli modificati geneticamente del vaccino.
Con questo sistema, si può riconoscere questo gene, che dovrebbe mancare nel virus attenuato. Sono stati fatti i vari test e si è visto
che alcuni i primer e sonda indicati funzionano meglio —> permette di rilevare anche 1 sola copia nel campione, quindi il sistema sembra
molto sensibile. La reazione avviene per 20 min (come anche per l’altro gene), sempre a 39°C, quindi molto rapida, traslabile nei sistemi
portatili.
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Per riconoscere il virus vaccinale, serve la doppia PCR, per cui sono stati confrontati questi sistemi con il primo sistema; esiste un tasso
di coincidenza del 100% per cui tutti i positivi per uno, sono positivi anche per l’altro (se virus wt). Se virus attenuato, per questo ultimo
sistema non dovrebbe esserci positività, perché manca il gene targettato.
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Conclusioni: sviluppo di un sistema RT.RAA specifico è sensibile per ASFV e per differenziare ceppi wt da ceppo vaccinale attenuato;
rispetto alla RT-PCR è trasportabile sul campo con strumentazione semplice, più veloce e non richiede particolari competenze; è
considerata una tecnica di next generation, perché è un’evoluzione di altre tecniche diagnostiche e risulta essere molto competitiva.

• Metodo di amplificazione a circolo rotante saltatorio: usa la polimerasi Bst (ha attività polimerasica 5’-3’ ma non esonucleasica
5’-3’), con amplificazione con displacement, senza necessità di un templato.
1. Si ha una denaturazione del campione, con aggiunta del primer che si lega al 3’ e sintetizza l’elica complementare.
2-3. All’amplicone, si lega il primer F, con formazione dell’altro filamento e i vari ampliconi.
4. In questa produzione di ampliconi, avendo l’enzima con capacità di displacement, i piccoli ampliconi tendono ad aprirsi; ma sono
molecole che assumono diverse conformazioni perché non sono rigidi, e si ritiene che possano assumere anche forme circolari.
5-6. Nel momento di legame del primer F, si ha amplificazione ma non si blocca a livello
del gap, perché la Bst può produrre delle estensioni anche in assenza di templato, per cui
continua nell’altro filamento spiazzando il filamento al 5’.
7. Il DNA che si stacca ha le sequenze per il primer, che si può quindi legare. L’enzima,
quindi, continua a produrre queste strutture, concatameri degli ampliconi, che legano altri
primer, producendo altri ampliconi a ds.
I concantameri che si formano possono legare in modo random i primer, con formazione di
amplificati di varie dimensioni; in gel, si osserva uno smeare, dove si vedono delle bande
più evidenti di altre (piccoli si formano più facilmente).
Per la rilevazione, si effettua una reazione in presenza di SYBR Green, che si intercala e si
vede fluorescenza. Non è necessaria la visione della fluorescenza, perche con il solo legame,
si ha un reazione valutabile ad occhio nudo perché cambia il colore della reazione (soluzione diventa da marrone a verde-olio).
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Visto che la reazione si è visto funzionare, si è proceduto con i vari test, tra cui è stata valutata anche la specificità, con controlli
negativi e vari virus/batteri suini. Il virus della peste è stata rilevata, mentre gli altri risultano negativi, con conferma anche caricando
su gel.
E’ stata valutata anche la sensibilità e, rispetto a una RT, il nuovo sistema ha positività anche con poche copie; inoltre, è un sistema più
apido, perchè non richiede neanche sistemi di rilevamento.
E’ stata fatta anche valutazione di campioni reali e non solo su diluizioni di plasmidi, e si è vista una concordanza tra questo sistema e
quello di RT-PCR.

2. Febbre della Rift Valley (RVF)


Virus presente nel continente africano e nella penisola arabica (è un attimo che passi il mediterraneo e arrivi in Italia), dà infezioni negli
animali (aborto) con trasmissione tramite zanzare, ma può dare infezioni anche nell’uomo, anche molto gravi. È uno dei virus emergenti
già rischiosi. I dati sono sottostimati, ma ci sono almeno 4.000 l’anno, con almeno 1.000 morti
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La trasmissione è legata alle zanzare aedes, ma anche alle culex. Il virus è mantenuto dalla zanzare, con trasmissione verticale alla
progenie; quando le zanzare infette succhiano il sangue degli animali, questi vengono infettati e fungono da amplificatori (diffusione).
I problemi ci sono soprattutto nei periodi di elevata piovosità, con allagamenti, perché le uova che rimangono nel terreno nelle
condizioni di siccità anche per lungo tempo, proliferano e possono infettare animali per l’allevamento (bovini, pecore), che sono più
suscettibili di quelli selvatici (causa aborti, mentre gli adulti sono più resistenti).
Può arrivare anche all’uomo, con sviluppo di una sintomatologia, che può essere simil-influenzale, con un’incubazione di 2-6gg, ma
anche grave, associata ad emorragie, infiammazioni della retina ed encefaliti —> elevato tasso di mortalità.
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E’ un bunyavirus, come molti altri virus emergenti, che spesso coesistono negli stessi ambienti (febbre gialla, malaria, shigellosi, febbri
emorragiche virali…). Quindi è fondamentale fare diagnosi differenziale, quando nelle prime fasi la sintomatologia è molto generica.
Sono stati sviluppati kit, però molti solo a scopo di ricerca, spesso per la diagnostica veterinaria.
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Esiste diagnosi diretta, tramite isolamento del virus, test molecolari con RT-PCR, amplificazione isotermica LAMP o rilevamento di
antigeni —> ma richiede una manipolazione e trattamento in laboratori attrezzati, in condizioni di massimo contenimento biologico e
personale addestrato e competente.

Esempio innovativo:
• Approccio di tipo qualitativo, rapido, che non prevede amplificazione: rilevamento diretto dell’RNA virale, tramite estrazione e
applicazione del metodo analitico.
Si usano delle probe (oligo), denaturate e messe con il campione a 35°C, per favorisce l’ibridazione con il target (se presente). Si procede
a T amb, aggiungendo l’oro collodiare a determinate condizioni di forza ionica; l’oro lega gli oligo, se non sono
legati al target (rosso); se l’oro non lega gli oligo, forma invece aggregati (blu)—> si hanno colori rosso se l’oro
lega l’oligo, blu se non lega.
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Le particelle di oro vengono prodotte, caratterizzate e introdotte nel campione.


E’ stata fatta una prova, con varie concentrazioni di oro e ioni, con il protocollo prima descritto.
Fatte le varie prove di sensibilità, si è visto che rispetto alla RT-PCR, vengono rilevate minimo 10 copie, anche se il colore sembra
intermedio. Sembra quindi un metodo semplice, a basso costo (bastano gli oligo e l’oro, senza enzimi).
E’ stata fatta la prova su campioni simulati, prendendo siero di capra, pecora e bovino, con aggiunta del materiale genetico del virus; si
è visto funzionare con concentrazioni di 10^3 e 10^4 di target.

Una delle frontiere su cui si sta lavorando è proprio lo sviluppo di tecniche rapide, da utilizzare fuori dai lab diagnostici, come in
ospedale o sul campo, per la sorveglianza di animali e outbreak in zone disagiate.

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