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RELAZIONE “YOU GOT WHAT IT TAKES”

Il brano che abbiamo registrato a scuola e sulla quale poi abbiamo lavorato in
maniera individuale si intitola “You got what it takes” ed è un estratto dell’album
“One More Go Around” di Giorgia (famosa cantautrice e produttrice italiana nata a
Roma il 26 Aprile 1971, è una delle cantanti più amate e note in Italia, ma ha avuto
successo con riscontri di vendite positive anche in altri paesi come Olanda, Regno
Unito, Spagna, Francia, Canada e Stati Uniti e nel mercato dell’America Latina).
Questo album è composto da una raccolta di pezzi suonati in live (tra cui anche “You
got what it takes”) ed insieme a Giorgia vi ci hanno lavorato anche Marco Rinalduzzi
(chitarre e voci), Massimo Calabrese (basso elettrico), Alberto Bartoli(batteria) e Ben
Sidran(produzione esecutiva, è un pianista, organista e cantautore statunitense nato
a Chicago il 4 agosto del 1933, si occupa principalmente di musica rock e jazz). Da
sottolineare anche che in realtà questo brano è una cover della canzone del 1960
chiamata “Baby, you’ve got what it takes” di Dinah Washington (nata il 29 agosto
1924 e deceduta il 14 dicembre 1963, è stata una cantante statunitense di blues,
jazz e gospel) e Brook Benton (nato il 19 settembre 1931 e deceduto il 9 aprile 1988,
è stato un cantautore statunitense dedito ai generi soul, pop e R&B).
Oltretutto la cover della cantante italiana non è l’unica e tanto meno la più famosa
tra le cover di questo pezzo, tra cui possiamo ricordare il brano di Micheal Bublè con
medesimo nome.
Di fatto quindi, non possiamo sicuramente mettere in dubbio che il pezzo originale
di Dinah Washington e Brook Benton, che vanta di essere stato nella top 5 della
“Billboard Hot 100” e che nonostante l’età conta ben 1,4 milioni di visualizzazioni su
Youtube, sia più famoso della cover di Giorgia, che ha all’incirca 3000 views sulla
stessa piattaforma, e di cui tra l’altro ho trovato dell’incongruenze di informazioni
riguardo l’anno di pubblicazione, infatti Wikipedia e Google in generale riportano
che il brano sia uscito nel 1993 mentre le piattaforme di streaming musicale come
Spotify riportano che il brano sia uscito effettivamente nel 1996. L’anno di
pubblicazione che sembra essere giusto, o comunque l’anno di pubblicazione che ci
fornisce l’etichetta discografica statunitense “Go Jazz” che ha prodotto l’album in cui
è contenuto il pezzo, è il 1996, anno in cui Ron e Tosca vincono Sanremo con la
canzone “Vorrei incontrarti fra 100 anni” mentre a livello mondiale Madonna e i
Queen dominavano le classifiche.
Di seguito la classifica dei 10 singoli più venduti in italia nel 1996:
1. Gangsta's Paradise – Coolio feat. L.V.
2. One and one - Robert Miles feat. Maria Nayler
3. Children - Robert Miles
4. Born slippy - Underworld
5. Fable - Robert Miles feat. Feralla Quinn
6. Killing me softly - The Fugees
7. Summer is crazy - Alexia
8. Don't stop movin' - Livin' Joy
9. Jesus to a child - George Michael
10.Profondo rosso – Flexter

La canzone realizzata dalla cantante italiana possiamo dire che appartiene al genere
blues anche se presenta forti influenze jazz, è in 4/4 a 76bpm (152 bpm nel mix) e
gira nella scala di Do# Maggiore. A cantare sono non una ma 2 voci, mentre la base è
formata da due chitarre, un basso ed una batteria. Il brano da noi registrato a scuola
sotto questi punti di vista risulta identico, con 2 uniche differenze sostanziali:
- al posto di 1 voce maschile e 1 voce femminile, a cantare sono 2 voci femminili
-la cover di Giorgia è suonata in live su un palco mentre noi a scuola il pezzo lo
abbiamo chiaramente registrato in studio.
Per la registrazione a scuola sono servite 3 sessioni di rec in 3 giorni diversi: prima
sessione dove abbiamo microfonato e registrato la batteria sotto la guida dei
docenti Federico Slaviero e Max Lotti, seconda sessione dedicata alle chitarre e al
basso e terza sessione dedicata alle voci (in queste 2 ultime sessioni ad indirizzarci
era sempre il docente Federico Slaviero).
Ne sono risultate ben 13 track di batteria (di cui 2 di overhead realizzati tramite
tecnica di microfonazione ORTF e 2 per la room stereo realizzata tramite tecnica di
microfonazione Blumlein, nell’immagine stereo abbiamo deciso di ascoltarla dal
punto di vista del batterista destroso) 2 track per chitarra(3 se contiamo la track di
DI che non è attiva nel mix finale) 1 track di basso e 1 track per voce.
Fortunatamente, i ragazzi che sono venuti in studio da noi sono risultati abbastanza
bravi, in particolare il batterista ha suonato con un suo groove che dava carattere
alla traccia e quindi abbiamo deciso di non andare a ritoccare quasi niente in fase di
editing, è bastato eseguire a scuola le operazioni basilari come l’inversione della
fase allo snare down, la scelta delle take selezionando per ogni take le parti che ci
suonavano meglio e sempre a scuola abbiamo applicato qualche equalizzazione e
utilizzato qualche gate per pulire le varie tracce dai rientri eccessivi. Per chitarre e
basso vale lo stesso discorso, i ragazzi che hanno suonato sono riusciti a stare dietro
in maniera abbastanza regolare al groove del batterista e non c’è stato bisogno di
editare nulla. Infine le voci sono state in grado di amalgamarsi bene con il ritmo del
pezzo e hanno seguito abbastanza fedelmente la traccia melodica a loro imposta
dalla reference track, quindi non c’è stato bisogno di attuare correzioni dal punto di
vista dell’intonazione. Parlando invece della parte di mix che ho effettuato da casa,
si tratta di un lavoro non troppo complicato, non ho utilizzato alcun plug-in esterno
a pro tools in quanto devo dire che mi sono trovato bene con quelli nativi della
DAW. Ho cercato di seguire in maniera quanto più fedele le istruzioni a noi fornite
dalla scuola(colorazione e ordine tracce, creazione dei bus per gestire al meglio le
tracce, bounce bus per registrazione del mix finito, aux send per effetti come
riverbero e delay, pan dove serviva in base all’apertura stereo del brano e in base al
punto di vista del batterista), con l’obiettivo di poter aggiungere qualcosa che ho
appreso durante le lezioni di Laboratorio di Mix, non a caso ho deciso di creare una
parallela del segnale di basso da distorcere e aggiungere al suono base per colorarlo
di qualche armonica in più così da renderlo maggiormente interessante proprio
come ci aveva consigliato il docente Davide Pantaleo nell’ultima lezione. Anche lo
slapback delay che ho applicato alle voci principalmente e un po’ alle chitarre è un
effetto che ho visto utilizzare dal docente Max Lotti in una di queste lezioni, che ci ha
spiegato che questo particolare tipo di delay è molto usato su vocals e guitars
perché crea un effetto riverberato senza coda, quindi non troppo invadente, che
serve a dare alla voce e alle chitarre una dimensione in più che normalmente non
hanno, in maniera tale da posizionarle in maniera più naturale all’interno del mix,
soprattutto se anche sulla batteria è applicato un riverbero, come nel caso di questo
pezzo. Per il resto ho utilizzato principalmente sulla maggioranza delle tracce degli
equalizzatori correttivi con l’obiettivo di creare un balance dal punto di vista delle
frequenze, in maniera tale che ogni strumento avesse il suo range di frequenze
prevalente per cercare di evitare quanto più possibile mascheramenti vari. Dove
ritenevo necessario ho anche applicato qualche compressore per limitare i picchi più
alti in alcuni casi, e in altri semplicemente per abbattere, sempre in maniera non
esagerata, la dinamica della traccia in maniera da renderla più coerente ed
amalgamata con il mix. In particolare ho utilizzato degli expander sui tom e solo su
di loro per cercare di limitare un po’ la risonanza della loro coda che ritenevo troppo
lunga ed esagerata. Ho provato anche ad applicare un gate reverb, sempre sui tom,
ma in particolare sullo snare come avevo visto fare dal docente Max Lotti, ma non
mi dava l’effetto che cercavo e quindi alla fine ho deciso di non utilizzare l’aux input
sulla quale lo avevo inserito. Come ultima cosa ho deciso di aggiungere un
automazione sul pan delle chitarre per dare loro un leggero movimento all’interno
dell’apertura stereo della traccia, in quanto di base comunque le chitarre si tende a
non pannarle al centro perché si potrebbero disturbare con le voci che invece
solitamente troviamo al centro(insieme a cassa, rullante e basso) in quanto suonano
in range di frequenze abbastanza simili e vicine. Non ho applicato un automazione
sul volume delle voci in quanto ascoltando più volte la traccia non lo ho ritenuto
necessario.

N.B. ho cercato di non dilungarmi troppo riguardo la parte del mix in quanto ho la
possibilità di commentare le mie scelte stilistiche direttamente alla presentazione
orale, mentre invece non ho parlato di che microfoni abbiamo utilizzato in quanto
mi avrebbe portato via molto spazio e comunque ho un foglio con scritti i microfoni
utilizzati in fase di registrazione a scuola che penso porterò con me alla
presentazione orale del mix.

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